Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale
per la vita della Diocesi di Velletri-Segni
Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica
343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected]
Velletri-Segni Chiesa Suburbicaria
Anno 4 - numero 3 (29)
Marzo 2007
? Vincenzo Apicella
“Ecco ora il momento
favorevole, ecco ora il
giorno della salvezza!”.
L’affermazione perentoria di S. Paolo è risuonata nella liturgia del Mercoledì
delle Ceneri e ci esorta ad
accogliere il dono della Quaresima come tempo sacramentale della nostra conversione.
Se i sacramenti sono i segni
con cui il Signore opera per
la nostra salvezza, allora
anche il tempo acquista questo valore, purché lo viviamo nella verità e serietà delle sue esigenze e non ci limitiamo semplicemente ad
“ammazzarlo”.
In che modo possiamo
mettere a frutto questo
tempo ce lo ha insegnato
Gesù stesso nella pagina
evangelica proclamata in
quella medesima liturgia:
la triplice via che ci è stata indicata è quella dell’elemosina, della preghiera e del digiuno.
Non sono mezzi alternativi, ma si completano a vicenda, perché il digiuno non
è fine a se stesso, l’elemosina non è la semplice beneficenza e la preghiera non
è un’evasione dalle nostre
responsabilità.
Insieme essi ci permettono
di riprendere con più slancio e decisione il nostro cammino di cristiani, che spesso corrono il rischio di perdere di vista il senso e la
meta della propria vocazione
battesimale.
Ecco perché il Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per questa Quaresima
ci ripropone il gesto e l’atteggiamento che sono la base
e il riferimento continuo della nostra fede: “Volgeranno
lo sguardo a Colui che hanno trafitto!”.
Il cammino quaresimale ci
mette nella condizione di
contemplare, con rinnovato
stupore, la persona di Gesù Cristo, nel “crescendo”
delle cinque Domeniche, che ci preparano a rivivere il mistero della nostra salvezza, compiuto nella sua Pasqua di morte e resurrezione.
Lo vediamo anzitutto tentato, come ognuno di noi,
ma vincitore, anche per noi, nella triplice tentazione dell’avere, del potere e dell’apparire.
Quindi confermato nella sua vocazione di Figlio
obbediente, con la Potenza dello Spirito Santo, nella Trasfigurazione, perché sappia affrontare la lotta decisiva, senza la quale non potrebbe aprire per
noi la strada che ci permetta di superare l’abisso del male e della morte.
Nelle successive tre Domeniche, prima Luca e poi
Giovanni ci presentano “Colui che hanno trafitto” come la sorgente della inesauribile e sconvolgente
misericordia divina.
Quella misericordia che sa attendere che l’albero porti il suo frutto, che non esclude nessuno dei
suoi figli, ma vuole tutti rivestirli e trasformarli
col suo amore, che non condanna la sposa adultera, ma la purifica e la rinnova col suo sangue.
Siamo tutti chiamati in questo tempo quaresimale ad aprire il nostro cuore a questa Parola di riconciliazione e di speranza, a questa “dichiarazio-
ne d’amore”, che Dio continua a farci nel Figlio
suo, nonostante la nostra superficialità e la nostra
infedeltà.
Per questo, al termine della Quaresima, nell’itinerario pastorale della nostra Diocesi intendiamo celebrare in Cattedrale una liturgia che possa raccogliere e presentare al Signore proprio queste nostre intenzioni e propositi di ritornare sempre di nuovo a Lui, che ci viene incontro mostrando
i segni della sua Passione, sofferta a causa di noi
uomini e per la nostra salvezza.
(continua a pagina 2)
2 Ricorre
Marzo
2007
Ringraziamenti
e scuse
Nello scusarci per la mancanza del consueto sommario di pagina 2, utile alla lettura e spesso il vero punto
di partenza per la consultazione di Ecclesia, vogliamo
anche ringraziare tutti quelli
che a vario titolo hanno partecipato alla stesura di questo numero. Tutti questi
contributi, che testimoniano
un’affezione sempre maggiore per quello che dovrebbe essere uno strumento di
tutta la Diocesi, hanno fatto
sì che anche aumentando le
pagine stampate non fosse
possibile inserire tutto il
materiale arrivato. In questo
mese inoltre temi importanti
come quello della Quaresima
o la ricorrenza del 25° dell’unione delle due Diocesi di
Velletri e Segni in un solo
Vescovo rappresentano
argomenti impossibili da
ridurre a poche righe di
commento. Per questo ci
scusiamo per la mancanza
del sommario ma siamo
comunque soddisfatti per la
crescita di Ecclesia che continua, tuttavia, ad avere
bisogno del contributo e dei
suggerimenti di tutte le realtà diocesane.
Ecclesia in cammino
Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia
Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per
gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni
(segue dalla prima pagina)
E’ il gesto che Egli fece quando si presentò risorto
ai discepoli, che erano fuggiti al momento della Croce,
ma che non potevano essere privati della contemplazione
delle sue piaghe senza essere esclusi da quella esperienza fondamentale dell’amore di Dio, che è la radice di ogni vera conversione.
E’ questa l’unica via per accogliere lo Spirito della
Vita, che da quelle piaghe continua a sgorgare per
sempre sull’umanità intera.
“Contemplare “Colui che hanno trafitto” ci spingerà
in tal modo ad aprire il cuore agli altri, riconoscendo
le ferite inferte alla dignità dell’essere umano; ci spingerà, in particolare, a combattere ogni forma di dis-
IN
COPERTINA:
Antonello da Messina,
Cristo alla Colonna
1476 c.a
Parigi, Museo del Louvre
prezzo della vita e di sfruttamento della persona e
ad alleviare i drammi della solitudine e dell’abbandono di tante persone” (Benedetto XVI).
Per noi battezzati tutto questo significa riscoprire il
tesoro che ci è stato affidato, ma siamo anche chiamati, in questa Quaresima, ad aiutare coloro che lo
riceveranno nella Notte di Pasqua con i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana.
Nella nostra Cattedrale, infatti, una giovane catecumena
si sta preparando a ricevere il Battesimo, che la renderà, insieme con noi, parte vivente del Corpo di Cristo
crocefisso e risorto e attende, quindi, anche da noi
la testimonianza di una fede vissuta nella gioiosa speranza e nella carità concreta.
Buona Quaresima!
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Direttore Responsabile
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Vicedirettore
Fabio Ciarla
Collaboratori
Stanislao Fioramonti
Tonino Parmeggiani
Proprietà
Diocesi di Velletri-Segni
Registrazione del Tribunale di Velletri n.
9/2004 del 23.04.2004
Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi s.r.l.
- Marigliano (NA)
Redazione
C.so della Repubblica 343
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A questo numero hanno collaborato
inoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicella,don
Dario Vitali, Francesco Cipollini, S. E.za
Card. Francis Arinze, don Cesare Chialastri,
Dorina e Nicolino Tartagione, diac. Pietro
Latini, Pier Giorgio Liverani, Mons. Leonardo
D’Ascenzo, Antonio Galati, Mara Della Vecchia,
Sara Gilotta, Emanuela Ciarla, don Marco
Nemesi.
Consultabile online in formato pdf sul sito:
www.diocesi.velletri-segni.it
DISTRIBUZIONE GRATUITA
Marzo
2007
Secondo la rivista Fortune, dopo l’industria petrolifera è
di Stanislao Fioramonti quella farmaceutica
a generare i profitti
maggiori; il fatturato
globale in sei anni è raddoppiato (da 300 a
600 miliardi di dollari, tra il 1999 e il 2005),
con un profitto che arriva al 19% degli investimenti. Prima azienda del settore nel 2006
è stata la Pfizer (quella che produce tra l’altro il Viagra), con un fatturato di 52 miliardi
di dollari e un utile di 11,3; terza in classifica
è un’altra industria, la svizzera Novartis, con
37 e 7,2 miliardi di dollari rispettivamente.
Ma, accusa l’UNICEF, la moderna
ricerca farmaceutica investe molto in prodotti di benessere estetico (il Viagra appunto, gli
anticalvizie, i dimagranti ecc.) piuttosto che
in farmaci salvavita, tanto che i tre maggiori
flagelli dell’umanità – Aids, Tubercolosi e Malaria
– sono ancora molto lontani dall’essere debellati.
Inoltre, un terzo della
popolazione mondiale
(quella del Sud del mondo) non ha accesso nemmeno ai farmaci salvavita; e così l’Africa costituisce
solo il 2% del fatturato farmaceutico mondiale, contro il 50% degli USA e il
25% dell’Unione Europea.
Il 1 gennaio 1995
fu costituita da 150 paesi l’Organizzazione Mondiale
del Commercio (WTO), che
si occupa delle regole del
commercio mondiale e
ha tra le sue basi il cosidetto accordo Trips, che
regola tutti gli aspetti della proprietà intellettuale (diritti d’autore, brevetti ecc.);
in base a tale accordo dal
1996, la produzione locale a basso costo dei farmaci brevettati venne vietata: anche se poi i paesi occidentali hanno riconosciuto l’interesse collettivo
come limite al copyright,
veniva così frenata di fatto la produzione dei farmaci generici, quelli cioè
di costo più basso dei prodotti di marca, ma di qualità analoga.
L’India, che fino al 1995 non riconobbe
il brevetto sui farmaci, divenne una delle principali fonti di farmaci generici, sfornando per
anni la metà dei prodotti destinati ai paesi poveri. Ad esempio, il presidente internazionale di
“Medici senza Frontiere” (MSF) ha affermato che, “per estendere a più persone possibile i programmi di lotta all’AIDS, dipendiamo
interamente dalla disponibilità di farmaci
economici e di qualità prodotti in India. Con
essi trattiamo l’80% dei nostri 80mila pazienti sieropositivi. Non possiamo permettere che
questa fonte essenziale d farmaci generici si
esaurisca”. Infatti gli antiretrovirali indiani hanno permesso di abbattere i costi della lotta all’AIDS
nel Terzo Mondo: con essi un trattamento annuale costa adesso solo 130 dollari, da 10mila che
ne occorrevano prima. (Ciononostante, aggiungiamo tra parentesi, dice l’OMS che il 74% dei
farmaci anti-AIDS è ancora soggetta a mono-
Grandi
polio e il 77% degli africani, la popolazione
più colpita, non ha ancora accesso alle cure).
Da alcuni mesi però è nata una assurda guerra di molecole tra Nord e Sud del Mondo,
a causa della proprietà intellettuale e dei brevetti, nella quale il diritto alla salute di miliardi di persone si scontra con gli interessi privati delle grandi multinazionali farmaceutiche.
E’ successo che l’industria indiana, per produrre a basso costo un farmaco essenziale
contro la leucemia mieloide cronica, ha
copiato un prodotto, il Glivec, brevettato dalla Novartis; la quale ha fatto causa al governo indiano rivendicando i suoi diritti tutelati dall’accordo Trips del WTO. I termini del conflitto sono abbastanza evidenti, specie se si considera che una terapia annuale col Glivec costa
27.000 dollari, col farmaco generico indiano
invece solo 2700, dieci volte di meno! In questi costi, dice la multinazionale svizzera, pesa
importanti dello schieramento terzomondista
(OXFAM, ONG ecc.), ma il colosso farmaceutico
di Basilea non vuole sentire ragioni, tanto da
far dire a Gianfranco Di Maio, direttore di MSFItalia: “Non avremmo mai pensato di dover assistere di nuovo ai tentativi di un’industria farmaceutica di opporsi al diritto dei malati dei
paesi più poveri di ricevere farmaci essenziali
a prezzi sostenibili”.
Eppure Novartis non è sembrata insensibile alle grandi questioni sociali. Alcuni anni
fa ha inaugurato a Singapore un istituto di ricerca sulle malattie tropicali da 50 milioni di euro
l’anno, il Biopolis, che dal 2008 produrrà nuove terapie contro la tubercolosi e la febbre Dengue.
Ancora, vende a prezzo di costo alla OMS l’antimalarico Coartem, valido contro una patologia che ogni anno provoca la morte di 1-2
milioni di persone, specie in Africa e in Asia.
Inoltre in India fornisce gratuitamente lo stes-
molto il costo della ricerca, che l’industria indiana non ha svolto; ed è vero. Ma se in questa
vertenza, il cui esito è atteso il 15 febbraio presso la corte di Chennai (India), vincesse Novartis,
il governo indiano dovrebbe modificare le sue
leggi e la produzione locale di generici
andrebbe in crisi; la diffusione di farmaci salvavita in Africa e in Asia si fermerebbe, perché la produzione di generici è stato l’unico
fattore capace di abbassare i prezzi dei medicinali essenziali.
Di questa preoccupazione si è fatta portavoce “Medici senza Frontiere”, l’organizzazione internazionale umanitaria che nel
1999 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace,
che fin dal 20 dicembre 2006 ha denunciato
all’opinione pubblica mondiale la vicenda NovartisGoverno Indiano, sollecitando la multinazionale svizzera a desistere dalla sua azione giudiziaria. All’appello si sono associate altre voci
so Glivec al 99% dei pazienti che lo usano,
perché quasi nessuno di essi potrebbe
pagarselo.
Sta di fatto che assistiamo a questo scontro tra grandi interessi: quello di una
industria privata a investire, produrre e guadagnare secondo le leggi di mercato; e quello di milioni di persone che reclamano il loro
giusto diritto alla salute; che è poi l’eterno scontro tra pochi ricchi e tanti poveri. E nell’attesa della sentenza, ricordiamo che contemporaneamente sono in vigore gli impegni, proposti dall’ONU e sottoscritti da governi, enti
no profit, ONG e privati, a produrre nuovi vaccini e a raccogliere un fondo globale per la
lotta alle tre grandi malattie mondiali che abbiamo citato prima. Impegni possibili, anche se
gravosi: serviranno 100 milioni di dollari nel
2008, 250 milioni nel 2009…L’Italia, finora, risulta inadempiente.
3
4
Anno liturgico
Dal vangelo
secondo Luca
In quel tempo, Gesù,
prese con sé Pietro,
Giovanni e Giacomo e salì sul monte
a pregare. E, mentre pregava, il suo
volto cambiò d’aspetto e la sua veste
divenne candida e sfolgorante. Ed
ecco due uomini parlavano con lui:
erano Mosè ed Elia, apparsi nella
loro gloria, e parlavano della sua
dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano
oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due
uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui,
Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello
per noi stare qui. Facciamo tre tende,
una per te, una per Mosè e una per
Elia». Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una
nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube
uscì una voce, che diceva: «Questi è
il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo».
Appena la voce cessò, Gesù restò
solo. Essi tacquero e in quei giorni
non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
La seconda domenica di quaresima contiene la narrazione della trasfigurazione
secondo Luca; il racconto è un vero anticipo di Pasqua. I discepoli stanno camminando verso Gerusalemme e lo fanno
in modo sempre meno segnato dall’entusiasmo
dell’inizio, dal momento che appare
sempre più evidente che ci sarà da percorrere un cammino di sofferenza.
L’episodio della trasfigurazione è fitto di
allusioni a quella che sarà la vita dei discepoli quando dovranno fare i primi passi
nel mondo e, dunque alla vita di tutti i discepoli di tutti i tempi. Luca ricorda a Teofilo,
il discepolo che ha bisogno di essere confermato nella sua fede ed incoraggiato sulla solidità degli insegnamenti che ha ricevuto, il momento della Trasfigurazione perché il cammino non sia un pellegrinaggio cupo verso una Gerusalemme che appare scura all’orizzonte, ma verso Gerusalemme
che è illuminata dalle prime luci dell’alba.
Marzo
2007
Mentre Gesø pregava il
suo volto cambi d aAi discepoli che faranno l’esperienza della trasfigurazione Gesù fa intravedere la
luce dietro, oltre e nella croce.
Il racconto comincia con le parole : circa otto giorni dopo queste parole , ci si
riferisce alle parole che parlavano della
croce. Nell’ottavo giorno accade qualcosa che deve dare significato a quelle parole. La croce trova significato nell’ottavo
giorno; appare immediatamente la somiglianza con il racconto dei discepoli di
Emmaus in Luca 24: anche lì i discepoli appaiono come traumatizzati dalla
croce e Gesù fa con loro lo stesso che fa
con Pietro, Giacomo e Giovanni, si accosta a loro per aiutarli a trovare un significato a quegli eventi. L’ottavo giorno è
il giorno in cui la luce rientra nel cuore
dei discepoli.
Tornando al racconto della trasfigurazione ci sono alcuni elementi che Luca mette a disposizione del lettore per comprendere
bene che cosa sia questo giorno e sono le
azioni e le parole che accadono sul monte. La prima azione che Gesù fa è quella
della preghiera. La preghiera avviene mentre i discepoli sono stanchi, sono, ci dice
Luca, gravati dal sonno, aprendo anche
qui a parallelismi evidenti. la preghiera
appare come la strada per non addormentarsi,
per non stancarsi ed è, nel caso, la via della gloria. La croce si trasforma in gloria,
ma questo accade solo se si resta vicini
a Dio, se ci si unisce a Lui. Nella preghiera
accade, racconta Luca, che Gesù cambia
d’aspetto, la luce che in abbondanza viene evocata dalla descrizione è allusiva a
Dio; accade, cioè che nel volto di Gesù
si manifesta Dio. Al discepolo che legge
Luca sembra regalare questa immagine di
Gesù perché contemplandola veda Dio ogni
volta che segue il maestro e soprattutto
quando il cammino appare molto poco glorioso.
Il dialogo con Mosè ed Elia, serve soprattutto
a collocare Gesù nella storia della salvezza
e precisamente al centro del tempo.
Mentre la visione sta per finire Pietro interviene per bloccare quel momento, Luca
commenta le parole di Pietro osservando
che non sapeva ciò che diceva. Pietro non
dice per sé nulla di strano, c’è nelle sue
parole il desiderio di fissare il momento
dell’esperienza di Dio, la menzione della tenda è molto chiara, richiama alla dimora di Dio con gli uomini. L’insipienza delle parole di Pietro sta probabilmente nel
non pensare possibile nessuna altra esperienza di Dio che non sia quella sul monte ed anche nel non comprendere pienamente che Gesù è ormai in modo definitivo la presenza di Dio nella vita del discepolo.
Alla fatica di Pietro viene in aiuto la voce
che indica che Cristo è il figlio di Dio, l’eletto: ascoltatelo!
La nube, presenza di Dio resta anche quando la visione finisce, essa indica la presenza di Dio che si manifesta a loro con
la voce, con la Parola. La Parola, infatti
è il segno della presenza di chi cerchiamo. Il dis- di mons. Luigi Vari
cepolo che cammina nel
mondo e cerca la Gloria
parroco e biblista
di Dio la trova nella Parola.
In più quella voce dice che non tutte le
parole sono strada di gloria, ma quelle che
escono dalla bocca di Cristo: ascoltatelo!
A Teofilo un po’ disorientato e forse scoraggiato Luca offre il Vangelo che sta scrivendo dicendo che la solidità dell’insegnamento ricevuto non la deve trovare tanto nella precisione del racconto, quanto
in Cristo stesso, di Lui ci si può fidare.
Gesù solo, con queste parole Luca conclude il suo racconto.
Non rimane che Gesù solo per orientarsi nel cammino della Gloria, per trovare
il sentiero della gioia.
Il brano porta il discepolo a cercare la luce
e dice che essa si trova nella preghiera,
si trova nella Bibbia, si trova nel Vangelo,
si trova in Cristo, si trova, ma questo meriterebbe un’altra considerazione , nella bellezza che Pietro scopre come unica categoria a sua disposizione per esprimere la
sua esperienza di Dio. Di questo, però bisognerà parlare in un’altra occasione.
Marzo
2007
Anno
5
CROCIFISSIONE
(affresco di scuola locale,prima metà del sec. XV, abside
di San Clemente)
Riemerso, durante un restauro murario del 1918, insieme ad altri affreschi votivi che ornavano la parte inferiore
dell’abside prima che venissero coperti prima dall’imponente Coro ligneo dei Canonici e poi imbiancati quando
il Balducci venne chiamato dal card. Gesualdo a dipingere nel catino absidale la gloria di San Clemente.
L’ignoto artista, che qualcuno ha ipotizzato essere quel Giovanni
da Velletri noto solo perchè appare in un documento del
1414, dimostra di non aver senso delle proporzioni e della prospettiva dipingendo la Vergine e il Discepolo prediletto alti quanto la Croce dalla quale pende il Cristo dal
corpo legnoso; la quarta figura dipinta è Sant’Onofrio,
forse il Santo a cui è devoto il committente che si intravede in basso a sinistra del dipinto; che sia un desiderio
espresso dal committente non veliterno, lo si deduce dal
fatto che questo Santo non è stato mai in venerazione nelle chiese della Diocesi e non si trova memoria di esso anche
nei “proprii” più antichi; mentre è conosciuto nella Valle
del Sacco e nelle zone limitrofe.
L’affresco è stato restaurato nel 1999 asportando le ridipinture che lo avevano abbellito dopo il suo ritrovamento.
F.E.
Il messaggio di papa Benedetto XVI per la Quaresima
2007, reso pubblico il 13 febbraio ma scritto fin dal
21 novembre 2006, ha per titolo “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37) e per oggetto, dunque, Cristo crocifisso per amore dell’intera
umanità. Il gesto d’amore del Figlio di Dio richiama
al papa la sua enciclica, Deus charitas est, nella quale egli ha descritto le due forme fondamentali dell’amore, l’agape e l’eros.
L’agape, ricorda il papa, indica l’amore oblativo, che
cerca esclusivamente il bene dell’amato; l’eros è invece l’amore possessivo, che vuole l’unione con l’amato. L’amore di Dio è senz’altro agape, perché è
la creatura ad avere bisogno di Dio sempre e in tutto; ma l’amore di Dio per papa Ratzinger è anche
eros: nell’Antico Testamento (il papa cita i profeti Osea
ed Ezechiele) Dio attende il “si” delle creature come
un giovane sposo quello della sua sposa. Ma l’umanità, fin da
Adamo, ha rifiutadi Stanislao Fioramonti to l’amore di Dio illudendosi di poter
bastare a sé stessa. Non per questo Dio si è arreso, anzi il “no” dell’uomo lo ha indotto a dare il massimo: per riconquistare l’amore della sua creatura
ha accettato di versare il sangue del suo Figlio Unigenito.
Nella Croce dunque si manifesta l’eros di Dio per
l’uomo, eros come forza che, dice lo Pseudo-Dionigi,
spinge l’amante ad unirsi all’amato.
Cristo crocifisso è allora la più sconvolgente rivelazione dell’amore di Dio, un amore in cui eros ed
agape non si contrappongono, ma si illuminano a
vicenda. Sulla Croce Dio mendica l’amore di ciascuno,
anzi, la rivelazione dell’eros di Dio per l’uomo è in
realtà l’espressione suprema della sua agape, perché solo l’amore in cui si uniscono il dono di sé e
il desiderio di reciprocità è inebriante al punto da
rendere leggeri i sacrifici più pesanti. Ciò che vuole il Crocifisso allora è che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui, che corrispondiamo a questo amore e che ci impegniamo a comunicarlo agli altri.
Dal costato trafitto del Crocifisso, dice il Vangelo,
sgorgarono acqua e sangue, che già i Padri della
Chiesa interpretarono come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. In Quaresima, memori del nostro Battesimo, siamo esortati ad uscire da
noi e ad aprirci all’abbraccio del Padre; con l’Eucaristia
invece, simbolizzata dal sangue del Crocifisso, siamo coinvolti nell’atto di donazione che Gesù fa di
sé stesso: potremo così accogliere l’amore di Gesù
e diffonderlo intorno a noi con le parole e i gesti,
potremo riconoscere le ferite inferte alla dignità dell’essere umano; potremo combattere ogni forma di
disprezzo della vita e di sfruttamento della persona, e alleviare la solitudine e l’abbandono di tanta
gente. Se nella Quaresima facciamo esperienza dell’amore che Dio ci ha donato tramite Cristo, potremo
ogni giorno ridonare questo amore al prossimo, spe-
Alla scoperta del modello della evangelizzazione
e dell’evangelizzatore, così si potrebbe definire il filo conduttore del corso di esercizi spiri-
cie se sofferente o bisognoso; solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua.
Messaggio bello, quello quaresimale del papa, che
ha il grande dono di rendere comprensibili a tutti i
misteri a volte ostici della dottrina cristiana, e che
a spiegare la bellezza e la grandezza di tali misteri dedica ogni occasione. Presentando questo messaggio, il presidente del Pontificio Consiglio “Cor unum”
mons. Paul Cordes ha detto che il papa non può
arrendersi al fatto che Dio appaia il grande assente della nostra epoca, che la quotidianità non sembri aver bisogno della trascendenza, che la vita risulti così gravemente impoverita. E don Oreste Benzi,
fondatore dell’Associazione Giovanni XXIII, nella stessa circostanza ha affermato che “mai come oggi i
giovani si accorgono che questa è una società di
vecchi, capaci solo di spegnere le realtà più belle
create da Dio: il matrimonio, la famiglia, la dignità
della donna, la libertà dello spirito, l’amore di Dio e
del prossimo. Una società vecchia con dei governi
capaci solo di schiavizzare”.
Se solo ce ne rendessimo conto, certamente lotteremmo perché non sia più così.
tuali offerto dalla diocesi ai sacerdoti, e svoltosi dal 12 al 16 febbraio. A guidare le riflessioni
il vescovo emerito di Saluzzo Mons. Diego Natale
Bona, che partendo dalla sua lunga esperienza
pastorale di sacerdote, parroco e vescovo, ha cercato di far emergere il carattere più vero dei passi del vangelo di Luca in
cui Gesù si mostra come
evangelizzatore e come
insegna ai suoi apostoli
a fare altrettanto. Il Centro
S. Maria dell’Acero con
la sua preziosa ospitalità ha offerto la cornice
migliore a questo evento che ha visto la partecipazione di una quindicina di sacerdoti, qualche
diacono e un seminarista.
A conclusione tutto il clero ha celebrato il suo ritiro mensile.
6 Dioce -
Il cammino dell’unione tra le due diocesi di Velletri e di Segni inizia il 23 settembre 1974 quando all’Amministratore
Apostolico di Velletri mons. Luigi
Punzolo fu affidata anche la Diocesi di
Segni, (3 ottobre 1974) vacante per la
traslazione di mons. Luigi Maria Carli
da Segni alla sede arcivescovile di Gaeta.
Fino ad allora per Segni si prospettava una unione con la diocesi limitrofa
di Palestrina, anche se il clero sosteneva il mantenimento dell’autonomia diocesana. Per questa autonomia il clero
firmò una petizione, inviata al S. Padre
Paolo VI tramite il Cardinale
segnino Pericle Felici.
Al nuovo vescovo di Velletri
mons. Dante Bernini, 10 luglio
1975, fu unita in persona episcopi anche la chiesa segnina.
Quasi alla fine del suo episcopato veliterno e segnino,
il 20 ottobre 1981 con Bolla
della Congregazione dei
Vescovi le chiese veliterna
e signina furono unite “aeque
S.E. Mons.
principaliter” e mons. Bernini
Dante Bernini
fu il primo della breve serie
dei Vescovi di questa nuova diocesi.
Durante il breve episcopato del suo successore mons.
Martino Gomiero, il 30 settembre 1986, veniva emaS.E.
nato il decreto della piena unioMons.
ne delle due diocesi. Nello
Martino
spazio di dodici anni si era
Gomiero
concretizzata la realizzazione
della nuova diocesi che
contava 27 parrocchie di cui
tredici nel territorio veliterno
e quattordici in quello segni-
Marzo
2007
realtà nel 1975 con la nomina di Mons. Bernini.
no, dove vennero soppresse numerose parCrediamo che per alcuni basti citare i camrocchie e rivisti i confini di altre. L’intensa
pi nella villa del seminario di Norma per riporopera di riorganizzazione della nuova diotare alla memoria momenti faticosi ma intencesi intrapresa da mons. Gomiero fu contisi, belli. Crediamo che per alcuni, oggi quarantennuata da mons. Erba, oggi affidata alle cure
ni o poco più, basti dire Centro Giovanile
pastorali di mons. Vincenzo Apicella al quaInterdiocesano per risvegliare quell’entule spetta il compito di completare il lavosiasmo giovanile che faceva di tutti i grupro dei suoi predecessori trasformando quel
pi parrocchiali una grande realtà, pronta ad
trattino che divide i due soggetti geograincontrarsi in ogni punto del territorio delfici in un punto di unione vera e fattiva.
le due diocesi. Pensiamo che non appeQuella sopradescritta è la sintesi della stona si alzi il velo dei ricordi tornino alla menria che portò all’unione di due chiese sorelte le Giornate della Fraternità, con grandi
le, di mezzo però c’è la vita pastorale di
protagonisti a parlare ai giovani, tra queentrambe che da allora hanno cercato e
sti giornalisti come il quirinalista Paolo Giuntella,
cercano ancora oggi di fondersi in un’unistudiosi ed esperti. Si evocavano figure come
ca realtà. Per fare il punto di questo camDon Milani o P. Kolbe. Per altri giovani e
mino abbiamo fissato un momento di quemeno giovani giova il ricordo degli inconsta storia, che è come un punto privilegiato
di osservazione sia per quanto vi era
stato in precedenze sia per quanto è Un acceso dibattito teologico
seguito. Questo punto lo fissiamo nel- tra il compianto
l’anno 1982, quando Mons. Bernini rice- Mons. Bruno Navarra
vuto l’incarico ufficiale di fondere nel- e Mons. Luigi Vari
la persona dell’unico vescovo le due
chiese, (con la Bolla papale del 20 ottobre 1981), portò a momenti ecclesialmente
esaltanti questo cammino che poi consegnò (8.05.1982), al suo successore Mons. Gomiero (5-06.1982). Lo speciale che il mensile diocesano Ecclesìa
apre con questo numero, con il titolo
di 25° aeque principaliter, vuole sottri con S.E. Mons. Giovanni Fallani, che incantolineare questo punto di osservazione. Cioè
tava quanti accorrevano ad ascoltare le sue
vuole offrire uno spazio in cui raccogliere
conferenze sull’arte sacra. Erano tutti
la memoria degli anni precedenti per meglio
momenti di grande fraternità e di notevointerpretare gli anni che si sono succedule spessore formativo ecclesiale e cultuti a quella data. Per questo chiederemo conrale. Poi venne il tempo dell’Acero, la grantribuiti ai protagonisti della vita pastorale
de stagione dell’ACR, l’inizio dei Convegni
di quegli anni. Per quanto precede il 1982
Diocesani, l’apporto dei presbiteri religioci aspettiamo sia dai laici che dai sacersi come p. Stefano Pettoruto e tanti altri,
doti di raccogliere sentimenti, ricordi e impresma anche l’inizio di una formazione biblisioni sui primi contatti delle due comunico-teologica. Quelli sopra citati volevano
tà, le prime iniziative che cominciarono in
essere solo degli spunti, ai quali si aggiunge in questo numero la testimonianza di un
protagonista di allora Don
Lorenzo Loppa parroco segnino, oggi Vescovo di AnagniAlatri. Altre testimonianze le
attendiamo, altre le sollecitiamo.
Il Vescovo Dante Bernini con i giova
della Diocesi al centro di S. Maria de
Dio - 7
Marzo
2007
In punta di … memoria
In quel momento di grande grazia
e di forte responsabilità che è stato il Convegno di Verona, nella costellazione di suggestioni e di tematiche venute a emergere, ha preso decisamente rilievo la questione “educativa” e “formativa”, soprattutto
nei riguardi delle giovani generazioni. E ciò dall’inizio del grande
evento ecclesiale, all’intervento
centrale e sostanziale del S. Padre,
fino alle conclusioni del Card.
Camillo Ruini che, tra l’altro,
affermava: “Per parte mia vorrei solo
confermare che il nostro Convegno
… ci ha offerto una impostazione della vita
e della pastorale della Chiesa particolarmente favorevole al lavoro educativo e formativo … Non è necessario aggiungere che
l’opera formativa, sebbene oggi debba essere rivolta a tutti, mantiene un orientamento e una rilevanza speciale per i bambini e
i ragazzi, gli adolescenti e i giovani …” (n.
4). Il clima e le parole evocate rendono facile riandare con un ponte ideale a 25 anni
fa, a quel 1982, in cui quell’ “Aeque principaliter unitae” sanciva alcuni anni di cammino insieme delle Diocesi di Velletri e di
Segni (unite in “persona Episcopi”) su alcuni capitoli fondamentali, il più importante
dei quali era la pastorale giovanile, con il
Centro Giovanile Interdiocesano.
Erano state la dedizione e la passione formativa in ordine alle giovani generazioni di
Mons. Dante Bernini a mettere sul tavolo
tante iniziative e a movimentare il panorama delle nostre Chiese. Erano gli anni del
rinnovamento catechistico, del fervore delle prime Scuole di Teologia, era da poco terminato il decennio di “Evangelizzazione e
Sacramenti” e si era all’inizio di quello caratterizzato da “Comunione e Comunità”. Sulla
spinta e l’incoraggiamento di Mons. Bernini,
era nato un Centro giovanile per tutte e due
le Diocesi sorelle, con un lavoro di anima-
ni
ll’Acero
S.E. Mons.
Lorenzo
Loppa
zione, di coordinamento e di formazione, con molte iniziative,
tra le quali feceva spicco un
Convegno annuale per gli adolescenti e i giovani. Ricordo i
campi-scuola di quegli anni benedetti sia nella villa del Seminario
di Velletri a Norma (per i giovani adulti) sia nel centro di S.
Maria dell’Acero (acquistato da
poco).
Debbo riconoscere poi che, negli
anni seguenti, sono migliorati
tanti segmenti della pastorale
interdiocesana e, poi, diocesana, ma raramente si è ritrovata la freschezza, l’incanto e la
passione che sono state spese
in quel periodo per le giovani
generazioni. Questo – è ovvio
– è un parere personale che non
chiede assolutamente di essere vagliato e condiviso da
chicchessia.
Mi viene in mente un testo della “Gaudium et Spes” che sta
diventando ultimamente un
manifesto della Pastorale
Giovanile e che suona come parola di grande complimento e augurio per tutti coloro che
pongono mani e cuore
alla formazione dei giovani: “Legittimamente
si può pensare che il futuro dell’umanità sia
riposto nelle mani di tutti coloro che sono capaci di trasmettere
alle generazioni di domani ragioni
di vita e di speranza” (n. 31).
Un modo per dire che la fine degli
anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 non
sono stati proprio da buttare e sono
di scuola anche per il nostro “oggi”
ecclesiale in cui deve emergere la Chiesa
del grande “sì” che Dio ha detto in
Gesù Cristo ai giovani, alla loro ricerca di senso, di vita e di felicità.
Scrivo queste brevi note nel giorno
della memoria di S. Giovanni Bosco
“padre e maestro della gioventù” con l’augurio che il suo notevole senso pedagogico, la sua serenità comunicativa e la sua dedizione senza limiti rivivano e prendano corpo in tutti coloro che si fanno compagni di
adolescenti e giovani nel cammino verso la
Vita.
Anagni, 31 gennaio 2007
Memoria di S. Giovanni Bosco
LORENZO LOPPA
Vescovo di Anagni-Alatri
8 V ocaz
Marzo
2007
di mons. Leonardo
D’Ascenzo
dir. Centro Dioc.
Vocazioni
Dopo aver considerato le
attenzioni che un pastore-accompagnatore dovrebbe avere su
di sé nello svolgimento del
ministero dell’accompagnamento vocazionale, vogliamo
ora indirizzare la nostra
riflessione su un ipotetico giovane che chiede aiuto, che desidera capire la chiamata, che
porta con sé una domanda, o
molte domande (chiarimenti, problemi da risolvere,
dubbi, richiesta di sostegno
nel cammino di crescita
umana e cristiana…). C’è sempre qualche domanda che la
persona porta con sé. È questo il punto di partenza di un
dialogo per arrivare al cuore, alla domanda di
senso profonda. Dalle domande alla domanda.
Dalle domande non sempre ben formulate, non
sempre adeguate ad esprimere il vero vissuto
della persona o i suoi più profondi e veri desideri e bisogni di crescita e di realizzazione, alla
domanda sul senso della vita e sulla modalità
di realizzarla in pienezza, secondo la volontà
di Colui che la vita ce l’ha donata e vuole che
la viviamo come un bene prezioso da ri-donare. Dalle domande al punto d’incontro della propria storia con Dio. È soprattutto su questo aspetto che va concentrato inizialmente il lavoro dell’accompagnatore.
Una domanda che potrebbe nascondere dipendenza
A volte la persona potrebbe intendere in modo
inesatto la richiesta di essere guidato-accom-
che una certa dipendenza
si stabilirà sempre nel rapporto di accompagnamento.
La presenza dell’accompagnatore non potrà mai essere totalmente neutra. Però,
un accompagnatore accorto saprà cogliere una eventuale dipendenza, saprà
metterla in luce e orientarla
verso una dipendenza nei
riguardi dell’unico accompagnatore che è lo Spirito
Santo: da una dipendenza
psicologica nei suoi riguardi ad una dipendenza a motivo della fede verso lo
Spirito.
pagnato, pensando l’accompagnamento in termini di una passività completa nel campo decisionale. Una passività che gli darebbe diritto al
“ditemi che cosa devo fare”, senza impegnarsi nel faticoso lavoro di ricerca. Si cadrebbe in
un quietismo (eresia del XVI secolo) che partendo dal presupposto che tutto è opera di Dio,
arriva alla conclusione che per l’uomo è
meglio non far nulla, per non ostacolare l’opera
di Dio: meno l’uomo fa, meglio è. Un accompagnatore che stesse al gioco e cadesse nella
trappola, relazionandosi in modo fortemente direttivo e appellandosi magari alla buona docilità
del giovane, dovrebbe interrogarsi sul suo bisogno di potere o dominazione nei confronti degli
altri che, tra le molteplici radici potrebbe avere anche lo scetticismo e mancanza di fiducia
nei confronti dell’azione di Dio educatore, oltre
che l’insufficiente stima di se stesso. È chiaro
Nel ricordo e sull’esempio di ‘Padre Curato’
L’associazione che porta il suo nome ha ricordatola figura
dell’indimenticabile padre Italo Laracca, chierico regolare
somasco, nel decimo anno della scomparsa
Lo scorso 14 febbraio ricorreva per Velletri
e per la nostra Diocesi una data molto importante, dieci anni fa infatti si spense nella sua
amata San Martino padre Italo Laracca, chierico regolare somasco nato a Minturno nel
1904. Alcuni giornali dell’epoca titolarono ‘Si
è spento il cuore di Velletri’, riassumendo in
poche parole l'importanza del sacerdote nella vita pubblica di una città che a lui doveva, solo per citare alcuni esempi, il formidabile
aiuto nei tristi e drammatici mesi della seconda guerra mondiale, l’orfanotrofio del dopoguerra, il libro-diario che testimonia l’olocausto
della nostra città. Un sacerdote rimasto nell’animo e nei ricordi di molti, che dieci anni
fa si spense serenamente in una mattina come
tante che però sarà ricordata come una delle più tristi.
Nella mancanza di qualsiasi celebrazione civile, e ‘padre Curato’ era tra l’altro anche cittadino
onorario di Velletri, e da parte della congregazione di cui faceva parte, l’associazione che porta il
suo nome e che si impegna a perpetuare la sua
memoria e il suo esempio, si è riunita domenica
18 febbraio nella rettoria di Sant’Apollonia per una
messa in memoria del sacerdote che tanto bene
Padre Italo Laracca con il nostro
Vescovo Emerito Andrea Maria Erba
ha profuso nella sua vita. Rimane indimenticata
e indimenticabile la figura del religioso e dell’uomo che ha accompagnato Velletri ed è stato un
punto di riferimento della nostra Diocesi per almeno cinquant’anni.
Una domanda che potrebbe veicolare ricerca
di sicurezza
Chi chiede accompagnamento potrebbe anche
essere spinto dalla ricerca di sicurezza. Non è
difficile trovare giovani che, sentendosi insicuri
o, a volte, quasi paralizzati di fronte alle decisioni per il loro futuro, cerchino un accompagnatore che possa rassicurarli sulla bontà delle loro decisioni o, peggio ancora, sostituirsi al
loro impegno personale di fare discernimento
e di scegliere responsabilmente come vivere il
dono della propria vita. L’accompagnatore non
può corrispondere a questo tipo di richiesta se
questa è ricerca di garanzie di tipo autoritario,
di protezioni affettive che dispensano il giovane
dalla ricerca e dalla fatica personale. Ciò significherebbe andare nella direzione di una deresponsabilizzazione del giovane, orientamento
tutt’altro che educativo. Un principio di riferimento in questo ambito potrebbe essere questo: può essere bene cercare sicurezza attraverso
l’accompagnamento, ma non nell’accompagnamento.
Scopo dell’accompagnamento
Lo scopo è fare la volontà di Dio. Ma è proprio scontato che il significato dato a questa espressione sia rettamente inteso? A questo proposito c’è un lavoro da fare nel cammino di accompagnamento che richiede tempo e attenzione.
C’è un piano oggettivo della volontà di Dio (il
piano dei comandamenti, della Parola, della voce
e dell’insegnamento del magistero della chiesa), un piano che è proposto alla libertà dell’uomo
perché lo conosca, lo accetti e lo incarni nella
sua vita. La conoscenza del piano oggettivo è
necessaria e valida per tutti, sarà compito dell’accompagnatore verificare e, nel caso ce ne
fosse bisogno, integrare questa conoscenza. Ma
proprio perché valida per tutti, in qualche modo
è insufficiente per il singolo. C’è una conoscenza
di questo piano in sé, dei valori in sé, e una coscienza di ciò che domandano a me: si tratta di aiutare il giovane a compiere il passaggio dal piano oggettivo a quello personale, da ciò che è
richiesto a tutti a ciò che è richiesto a me, dalle proposte del vangelo rivolte a tutti alla modalità di attuarle nella mia vita, dalle proposte per
tutti alle scelte da fare per me. Conoscenza ma
anche incarnazione, intreccio di oggettività e
soggettività.
Chie - 9
Marzo
2007
ne, secondo quelle parole: “a ciascuno … la
manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio”».
Accanto alla duplice azione dello Spirito,
pacificamente affermata nella tradizione cristiana,
di santificare e guidare la Chiesa attraverso i
sacramenti e i ministeri e di adornarla mediante le virtù – soprattutto la fede, la speranza, la
carità –, il testo ricorda una terza azione dello
Spirito, che è appunto quella di «dispensare tra
i fedeli» i carismi. Il testo tende quindi a superare il silenzio di secoli sui carismi, intesi come
fenomeni straordinari circoscritti nel mondo della mistica.
Si avverte tale intenzione nell’espressione «Spiritus sanctus… distribuit gratis quoque
speciales», dove il quoque non specifica il fatto che lo Spirito, oltre alle virtù, distribuisca “anche”
i carismi, ma che distribuisce «grazie anche speciali». Tale chiarimento emerge nel periodo seguente: «Questi carismi, straordinari o anche più
semplici e più largamente diffusi, siccome sono
soprattutto appropriati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione». L’affermazione è di grande impatto, soprattutto se si pensa alla Chiesa
pre-conciliare, dove tutte le funzioni nella Chiesa
erano circoscritte nelle mani della gerarchia: papa,
vescovi, preti. La frase è generica, ma efficace: se il testo, infatti, non specifica di quali necessità si tratti, afferma però che per tali necessità esistono nella Chiesa doni adatti che provengono
dallo Spirito. Né serve specificare oltre, perché
la costituzione aveva già affermato in precedenza
Dopo la presentazione del sensus fidelium
po di Cristo vige la diversità delle membra e
– la capacità e la funzione che hanno tutti i batdelle funzioni. Uno è lo Spirito, il quale per l’utezzati di essere voce della Tradizione – il § 12
tilità della Chiesa distribuisce i suoi vari doni
della Lumen Gentium continua a sviluppare la
con magnificenza proporzionata alla sua ricdimensione profetica della vita cristiana, tratchezza e alle necessità dei ministeri. Fra quetando un altro tema scottante: quello dei caristi doni viene al primo dono la grazia degli aposmi.
stoli, alla cui autorità lo stesso spirito sottoIl termine è venuto fortemente di moda nel
mette anche i carismatici. Ed è ancora lo Spirito
post-concilio per alcune questioni di grande impatstesso che , con la sua forza e mediante l’intito in teologia e nella vita della Chiesa. Le quema connessione delle membra, produce e stistioni sono fondamentalmente tre, e molto distanmola la carità dei fedeli. E quindi, se un memti tra di loro: una prima che oppone il carisma
bro soffre, soffrono con lui tutte le altre memall’istituzione, la libertà dello Spirito ai fissibra; se un membro è onorato, ne gioiscono con
smi della gerarchia; una seconda che inquadra
esso tutte le altre membra».
i religiosi – ordini, congregazioni, istituti di vita
Come si vede, la dottrina di riferimento è
consacrata – ma anche i movimenti nella proquella di 1Cor 12, che contiene una descriziospettiva del «carisma del Fondatore»; un terne ampia e articolata della presenza dei carizo – forse quello che maggiormente ha contrismi nella comunità di Corinto. «Vi sono poi diverbuito a una diffusione del termine nel linguaggio
sità di carismi, ma uno solo è lo Spirito… E a
e nell’esperienza ecclesiale – che fa capo al Rinnociascuno è data una manifestazione particolare
vamento Carismatico Cattolico, un movimendello Spirito per l’utilità comune», dice l’apoto che dall’immediato post-concilio si è diffustolo, che elenca nove carismi: il linguaggio di
so nella Chiesa cattosapienza e quello di scienza, la fede, le guarilica, coinvolgendo miliogioni, i miracoli, la profezia, il discernimento
di don Dario Vitali
ni di persone.
degli spiriti, la varietà delle lingue e l’interpretazione
A causa di questi
delle lingue. Carismi «straordinari o anche più
fenomeni, il termine si
comuni», ha precisato LG 12, che Paolo non
Parroco e Teologo
è caricato di significacancella per il fatto che siano fonte di contrati intensi, spesso a carattere ideologico, che il
sti e di gelosie nella comunità; piuttosto, fortesto della Lumen Gentium non conosce, per quannisce i criteri e le regole, perché i carismi serto anche in aula conciliare il dibattito sia stato
vano per l’edificazione della comunità e di tutmolto serrato. Il testo, infatti, è passato attrati nella comunità. Così precisa che sono doni
verso un fuoco di sbarramento della
per la Chiesa- corpo di Cristo, e se nel
minoranza – celebre l’intervento del card.
corpo tutti siamo membra, il dono di uno
Ruffini, arcivescovo di Palermo – che riserè dono di tutti, e nessuno può rivendicare
vava i carismi ai tempi della fondazione
l’uso di un dono per eccellere sugli altri
I carismi, un termine
della Chiesa. Contro questa posizione, il
o per prevaricarli. D’altronde, se tutti i
card. Suenens, arcivescovo di Bruxellesdoni sono utili, il criterio fondamentale
che
si
è
caricato
di
significati
Malines, uno dei grandi protagonisti del
per regolare i carismi e il loro uso nella
concilio, sostenne che i carismi sono doni
comunità è quello della carità, che non
intensi,
spesso
a
carattere
per tutti i tempi della Chiesa; non solo straorè il più grande dei carismi, ma la condidinari, ma anche «più semplici e ordinazione stessa dei carismi. Senza carità, infatideologico, che il testo della
ri»; non riservati a pochi – i santi – ma destiti, anche i doni più grandi diventato struLumen Gentium non conosce menti di vanagloria, che nutrono l’amor
nati a tutti i battezzati.
Il paragrafo si apre qualificando i cariproprio e non edificano la Chiesa.
smi come doni che lo Spirito santo distribuisce
Si capisce, allora, perché il concilio
per la santificazione del Popolo di Dio: «Inoltre,
domandi che i carismi, soprattutto quello stesso Spirito santo non solo santifica e guili «straordinari, non si devono chiedere temeche «lo Spirito unifica la Chiesa nella comuda il Popolo di Dio per mezzo dei sacramenti
rariamente, né con presunzione si devono da
nione e nel servizio, la provvede di diversi doni
e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo
essi sperare i frutti dei lavori apostolici; ma il
gerarchici e carismatici, con i quali la dirige,
adorna di virtù, ma, “distribuendo a ciascuno
giudizio sulla loro genuinità e sul loro esercila abbellisce dei suoi frutti» (LG 4). In LG 7,
i propri doni come piace a lui”, dispensa pure
zio ordinato appartiene a quelli che presiedoillustrando dettagliatamente la figura della Chiesa
tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con
no nella Chiesa, ai quali spetta specialmente
corpo di Cristo, aveva ulteriormente precisato:
le quali li rende adatti e pronti ad assumersi
non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare
«Come tutte le membra del corpo umano, anche
varie opere o uffici, utili al rinnovamento deltutto e ritenere ciò che è buono (1Ts 5,12. 19se numerose, formano un solo corpo, così i fedela Chiesa e allo sviluppo della sua costruzio21)».
li in Cristo. Anche nella edificazione del cor-
10 Caritas
«… come io vi ho amato» (Gv
13,34): ecco il tema dell’itinerario per
vivere la Quaresima e la Pasqua 2007
in famiglia, insieme pensato da Caritas
Italiana, dalla Conferenza Episcopale Italiana
e dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale
della Famiglia. Come negli ultimi anni,
il sussidio affida ad alcune famiglie, operatori, persone in difficoltà, giovani in
servizio civile, di “commentare” la parola del giorno in base
alle loro esperienze; e lascia uno
spazio… per ognuno di noi, per
tradurre a parole la nostra preghiera.
Prendiamone insieme
qualche spunto che possa servirci per rileggere l’impegno che
nel corso dei giorni viviamo, in
quanto singoli, in quanto comunità, nei confronti delle persone in difficoltà.
L’augurio del Papa «“Volgeranno lo sguardo a
Colui che hanno trafitto”.
Guardiamo con fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui
sgorgano “sangue ed acqua” (Gv
19,34). Contemplare “Colui
che hanno trafitto” ci spingerà ad aprire il cuore agli
altri riconoscendo
le ferite
inferte alla
dignità dell’essere umano; ci
spingerà in particolare, a combattere ogni forma di disprezzo
della vita e di sfruttamento
della persona e ad alleviare i drammi della solitudine dell’abbandono di tante persone».
Questo sostanzialmente il significato della “misericordia”,
parola composta da “miseria”
e da “cuore”: un amore che guarda alla miseria della persona umana, che se ne prende cura per
liberarla.
L’anticipazione della
richiesta – dice il profeta Isaia
(1, 17): «Cessate di fare il male
e imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete
l’oppresso, rendere giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». Questa Parola si fa riflessione e preghiera: «Nelle nostre
preghiere siamo soliti dirti
“Signore, se hai bisogno di noi,
delle nostre mani per aiutare qualcuno,
della nostra casa per ospitare qualcuno,
della nostra dispensa per sfamare qualcuno, vieni, bussa alla nostra porta, serviti di noi”. Tu ci hai fatto il dono di venire nella nostra famiglia, di servirti della nostra piccolezza. Ma forse oggi ci
stai dicendo che non è sufficiente aprirti la porta di casa e del cuore quando ci
vieni a cercare, forse vuoi da noi qual-
cosa di più. Ecco le parole di Isaia. Tu
ci inviti a fare noi il primo passo, ad essere ricercatori, a desiderare di alleviare
le sofferenze di chi non ha la forza di
venire a chiedere aiuto, ad anticipare le
richieste dei nostri fratelli più piccoli,
per portare nel nostro tempo il tuo Regno
e far assaporare fin da ora le cose di Dio».
Il cubo del ricordo – al centro
Marzo
2007
sione, mancanza di fede:
di Sara Bianchini
queste le realtà negative
che sperimentiamo sempre e in cui siamo inviCaritas diocesana
tati ad affidarci al ricordo.
Signore, se ti credo assente, ricordami che mi cammini accanto.
Signore, se mi sento confuso,
Crocifissione
con Maria
e San Giovanni,
Michelangelo
Buonarroti Parigi - Louvre
del sussidio, il cubo della preghiera; ogni
sua faccia raccoglie una preghiera
diversa, che trae spunto sempre da ciò
che noi viviamo e chiede l’aiuto del ricordo. È importante questa insistenza sulla memoria, prima di agire noi in prima persona, ci aiuta a guardare all’azione
di Dio che ci precede e che è quella che
più facilmente scordiamo. Assenza,
confusione, orgoglio, solitudine, delu-
ricordami di fidarmi di te.
Signore, se mi sento importante,
ricordami che preferisci gli ultimi.
Signore, se mi sento deluso, ricordami che aspetti di consolarmi.
Signore, se mi sento solo, ricordami che stai bussando alla mia porta.
Signore, se la mia fede è poca,
ricordami di pregare.
Signore, aiutami a ricordare.
Marzo
2007
Continua il lavoro congiunto
della Casa di Accoglienza San
Lorenzo (della Caritas Diocesana)
e di Vol.A.Re. per accompagnare i
reclusi del carcere di Velletri e le loro
famiglie. Sono stati compiuti tanti
piccoli passi in questo tempo:
nomi, volti e storie concrete nelle
azioni che tutta la diocesi, per mezzo di San Lorenzo e di Vol.A.Re., ha
così realizzato. Tante sono le possibilità
di sostenere
la presa
di coscienza
del male compiuto, il desiderio di cambiamento, la ricerca di un lavoro e di una casa,
il ricongiungimento familiare e affettivo. Ogni
possibilità è però anche richiesta di persone
disposte ad accompagnare tale possibilità verso la concretizzazione.
Per questo abbiamo organizzato un
secondo ciclo di incontri “Itinerari nel mondo
del carcere”: per tutti coloro che desiderino
conoscere e rendersi partecipi del mondo della giustizia e del carcere. Gli incontri si svolgeranno presso la Sala Tersicore del Comune
di Velletri, dalle ore 15 alle ore
Associazione Vol.A.Re.
18 e terminee Casa di Accoglienza
ranno con un
San Lorenzo
cineforum il 5
maggio alle ore
17.
Angelo Bottaro, presidente dell’associazione Vol.A.Re., presenta in questo
modo l’iniziativa: “Nonostante l’estrema attualità, la particolare rilevanza e le sue innumerevoli implicazioni, il carcere è un ‘pianeta’ poco
conosciuto, intorno al quale permangono
stereotipi, pregiudizi, ostilità, condanne, sentimenti di rivalsa, disinformazione, diffidenza
e indifferenza. Attraverso sei incontri ed un filmato alcuni operatori che vivono quotidianamente e nei molteplici aspetti questa realtà,
ci offrono la loro esperienza e la loro testimonianza
per proporre fatti, elementi, interrogativi,
riflessioni. A tutti i partecipanti è offerta l’opportunità di una interazione attraverso domande, interventi, confronti diretti. L’intento è quello di contribuire a prospettare e a formare nella nostra comunità un’idea del carcere il più
possibile aderente alla realtà”.
Caritas 11
22 marzo 2007 ore 15: saluto di benvenuto di Franca Del Giudice, Assessore
alle Politiche sociali del Comune di Velletri.
Il carcere, le istituzioni e la società: perché la società punisce, come punisce. La funzione della pena. I risultati della pena per le vittime e per gli
autori del reato.
Conducono Giuseppe Makovec, Direttore Casa circondariale di Velletri, e Marina
Bonucci, Responsabile Area pedagogica dello stesso istituto
29 marzo 2007 ore 15
Il sistema penitenziario, le principali figure istituzionali, come funziona un carcere.
Conducono Nadia Fontana e Donata Iannantuono, Vice Direttrici Casa circondariale di Velletri.
12 aprile 2007 ore 15
Da dove, come e perché nasce la criminalità a Velletri e nell’area dei Castelli
Romani. Chi sono, da dove vengono, cosa fanno coloro che delinquono?
Cosa succede in un carcere.
Conducono Domenico Cristofori, sottufficiale Arma Carabinieri, Stefano Perica,
avvocato penalista, Gabriella Mezzetti, agente di Polizia penitenziaria
19 aprile 2007 ore 15:
Il volontariato fuori e dentro il carcere: finalità, obiettivi, valori e percorsi da proporre.
Conducono Daniela de Robert, giornalista e volontaria, e Claudia Piano con
la sua storia da raccontare
26 e 27 aprile 2007 ore 15:
Il volontario a confronto con sé stesso, con la sua scelta e con le sue
motivazioni... Come e perché autovalutarsi.
Conduce Silvio Roscioli, psicoterapeuta e volontario.
5 maggio 2007 ore 17:
Proiezione del film “ Raccontamela giusta ” e a seguire dibattito finale.
Conducono Suor Teresa Braccio, responsabile settore media Paoline Roma, e
Maria Mezzina, insegnante e giornalista
Moderatori degli incontri: Don Vittorio Trani, Cappellano del carcere Regina
Coeli, Lorena Carluccio, Sara Bianchini e Angelo Bottaro
Gli incontri indicativamente termineranno alle ore 18, la proiezione del 5/5 alle
12
Marzo
2007
Fami-
di Dorina e Nicolino
Tartaglione
Si dice che l’unione fa la forza e questo vale certo anche nella vita di coppia, dove
il reciproco apporto dimezza la fatica di ciascuno e
raddoppia la forza dei due.
È davvero così? La Bibbia,
come fa spesso, solleva sulle vicende umane il velo di
ciò che appare ovvio, scoprendo l’abisso di male in
cui una coppia unita può precipitare. Tutto ha inizio
dal fermo rifiuto che Acab,
re di Israele, si vede opporre da un suo umile suddito, il quale non vuole
cedergli la sua piccola
vigna adiacente alla regia.
Risentimento e frustrazione riempiono l’animo del re,
che se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le
parole dettegli da Nabot di
Jzreèl, che aveva affermato:
“Non ti cederò l’eredità
dei miei padri”. Si coricò sul letto, si girò verso
la parete e non volle mangiare (1 Re 21,4). Non
è detto che gli adulti, che magari hanno
importanti responsabilità, non siano come
i bambini. E non nel senso dell’innocenza,
ma in quello dei capricci. Sarebbe certo
saggio in simili frangenti che almeno l’altro coniuge restasse adulto e come un buon
genitore nei confronti del figlio capriccioso
si facesse una bella risata o non facesse
mancare una doverosa sgridata. Ma come
ci sono mamme e papà sempre pronti a
scusare e difendere i figli anche quando
hanno torto marcio, così ci sono coniugi
che in nome dell’onore proprio e di coppia invece che gettare acqua sul fuoco vi
spruzzano benzina. E così, come nel caso
che abbiamo sott’occhio, se il cattivo proposito del marito s’arresta, interviene la moglie,
che alla capricciosa volontà di lui aggiunge
la sua diabolica determinazione. Allora la
moglie Gezabele gli disse: “ Tu ora eserciti il regno su Israele?Alzati, mangia e il
tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di
Nabot di Jzreèl!» (iRe 21,7). L’amarezza
del coniuge affranto o frustrato non può certo rallegrare, e tuttavia il desiderio di farlo felice o l’incapacità di vederlo soffrire non
sono sempre buoni consiglieri. La giusta
solidarietà può anche trasformarsi in complicità nel male. È questo il caso dei regnanti d’Israele, dove risentimento maschile e
perfidia femminile innescano una forza mortale. Il piano omicida della regina va a segno
e l’obiettivo della coppia di usurpare la legittima proprietà di un suddito viene raggiunto.
Appena sentì che Nabot era stato lapidato e che era morto, disse ad Acab: “Su,
impadronisciti della vigna di Nabot di Jzreèl,
il quale ha rifiutato di vendertela, perché Nabot
non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot
era morto, Acab si mosse
per scendere nella vigna di
Nabot di Jzreèl a prenderla
in possesso (1 Re 21,1516). Acab, che avrebbe potuto far tesoro del legittimo
rifiuto del suo suddito per
ravvedersi, riceve in offerta dalla cattiveria della
moglie ciò che da solo non
aveva il coraggio di prendere. E come già alle origini nel caso di Adamo ed
Eva, lui non resiste alla tentazione di lei. Possiamo trarre una preziosa verità sull’unità di coppia: l’unione è
buona nella misura in cui
tende al bene; qualora
invece mirasse al male, altro
non sarebbe che una cattiveria elevata alla doppia
potenza. Il bene poi, anche
quello di coppia, è bene
autentico nella misura in cui
è rispettoso dei diritti altrui
e benefico verso gli altri. Diversamente, diventa un egoismo al quadrato.
“Amare e desiderare la vita”
La Giornata della Vita promossa dalla CEI
nella sintesi di Stanislao Fioramonti
Il tema della Giornata della vita, promossa
dalla Conferenza Episcopale Italiana domenica 4 febbraio, è stato sviluppato dal papa
all’”Angelus” dello stesso giorno. Papa
Ratzinger ha salutato le persone convenute
in piazza San Pietro “per testimoniare il loro
impegno a sostegno della vita dal concepimento
fino al suo termine naturale”; e si è unito ai
vescovi italiani e ai suoi predecessori nell’appello
“a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché si mostrino accoglienti verso il grande e misterioso dono della vita”.
“La vita, che è opera di Dio, non va negata
ad alcuno, neppure al più piccolo e indifeso
nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità. Allo stesso tempo, facendo eco
ai Pastori della Chiesa in Italia, invito a non
cadere nell’inganno di pensare di poter disporre della vita fino a ‘legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà’.
“Nella diocesi di Roma, ha proseguito
Benedetto XVI, inizia oggi la ‘Settimana della vita e della famiglia’, occasione importante
per pregare e riflettere sulla famiglia, che è
culla della vita e di ogni vocazione. Sappiamo
bene come la famiglia fondata sul matrimonio costituisca l’ambiente naturale per la nascita e per l’educazione dei figli, e quindi per
assicurare l’avvenire dell’intera umanità.
Sappiamo pure come essa sia segnata da una
profonda crisi e debba oggi affrontare molteplici sfide. Occorre pertanto difenderla, aiutarla, tutelarla e valorizzarla nella sua unicità irripetibile. Se questo impegno compete in primo luogo agli sposi, è anche prioritario dovere della Chiesa e di ogni pubblica
istituzione sostenere la famiglia attraverso iniziative pastorali e politiche, che tengano conto dei reali bisogni dei coniugi, degli anziani e delle nuove generazioni. Un clima familiare sereno, illuminato dalla fede e dal santo timor di Dio, favorisce inoltre lo sbocciare ed il fiorire delle vocazioni al servizio del
Vangelo. (…)
Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché attraverso uno sforzo costante a favore della vita
e dell’istituto familiare, le nostre comunità siano luoghi di comunione e di speranza dove
si rinnova, pur tra tante difficoltà, il grande
“si” all’amore autentico e alla realtà dell’uomo
e della famiglia secondo il progetto originario di Dio. Chiediamo al Signore, per intercessione di Maria Santissima, che cresca il rispetto per la sacralità della vita, si prenda sempre più coscienza delle vere esigenze familiari,
ed aumenti il numero di quanti contribuiscono
a realizzare nel mondo la civiltà dell’amore”.
Famiglia& 13
Marzo
2007
A rischio il matrimonio e l’idea stessa di uomo
I ‘Dico’: se la Costituzione
è difesa da Papa e Vescovi
Al fondo delle accuse di ‘ingerenza’ alla Chiesa
un’antropologia che nega la verità sugli esseri
umani - Il flop dei registri comunali
C’è una profonda motivazione antropologica, che
i giornali tentano di nascondere all’opinione pubblica, ma che spiega assai bene la preoccupazione del Papa e dei Vescovi per i “Dico” (“Diritti
dei Conviventi”), vale a dire per la legalizzazione
– dopo il divorzio, l’aborto e la fecondazione artificiale (ormai manca soltanto l’eutanasia) – anche
delle unioni di fatto e soprattutto di quelle tra
omosessuali. La motivazione riguarda l’idea stessa di uomo e dovrebbe, perciò, essere condivisa dalla società civile e dalle Istituzioni della Repubblica.
È una questione, infatti, anche di etica civile e,
quindi, nient’affatto esclusiva della Chiesa e che
comprende, ma va ben oltre, l’ambito della fede.
Gli aspetti puramente giuridici e ordinativi delle unioni di fatto, che pure non sono argomenti di scarsa gravità sono secondari di fronte a questa nuova e deleteria antropologia.
Per chiarire questa motivazione bisogna rifarsi
alla “questione antropologica” (di cui Ecclesìa
si occupò nel marzo del 2005), vale a dire della risposta da
dare a un interdi Pier Giorgio Liverani
rogativo antico –
“Chi è l’uomo?”
– da cui dipendono il comportamento, le relazioni degli esseri umani, l’organizzazione della società e, infine, il rapporto dell’uomo con Dio
o, per chi non crede, con se stesso e con la natura da cui proviene. A questa domanda, che già
Davide poneva a Dio nel Salmo 8 («Chi è l’uomo perché te ne ricordi e te ne curi?»), la fede
risponde con la celebre definizione della
Genesi,: è «immagine e somiglianza del suo Creatore».
Da questa discendono anche le leggi morali, comprese quelle della società civile, perfino di quelle società dichiaratamente atee: non uccidere, non
rubare, non dire il falso, il matrimonio con il suo
impianto binario (un uomo e una donna), le relazioni familiari, la struttura e la forza delle parentele, il divieto di incesto, il senso del dovere e
via dicendo.
L’UOMO-FAI-DA-TE
Tutto ciò significa anche riconoscimento dei limiti dell’uomo, così evidenti nell’esistenza del male,
nella morte, nella malattia, nel dolore, nell’impossibilità di darsi la vita. Oggi, però, l’uomo
va verso un delirio di onnipotenza: si crede capace di superare i propri limiti e, dunque, di vincere la morte (ma anche di avere il diritto di darla a sé e agli altri), di manipolare il processo della generazione e di annullare la differenza tra maschio
e femmina. Sarebbe quest’ultima, dicono, un prodotto non della natura, bensì della cultura e, quindi, accessibile per scelta e mutabile a piacimento.
Insomma, si sta progettando un uomo, che, negando il Creatore e se stesso, si proclama “autopoietico”:
l’uomo-che-si-fa-da-sé.
Si comprende, allora, che parificare le relazioni omosessuali a quelle normali tra uomo e donna, come accade nei Dico, significa negare la verità sull’uomo”, come scriveva Giovanni Paolo II
nella Evangelium Vitae, e rispondere con una menzogna alla domanda di chi è l’uomo. La questione
omosessuale, come quella relativa al gender (il
genere prescelto, di cui converrà trattare un’altra volta), si basa su questa falsa antropologia:
la sessualità non sarebbe più il dato essenziale
costitutivo della persona, ma soltanto un attributo accessorio che. essendo rifiutata anche l’idea di anomalia, può essere scelto.
SESSUALITÀ
OMO ED
“ETERO”
Si basa su questa idea l’asserita equivalenza dell’omosessualità a quella che – malamente – viene chiamata eterosessualità. Anche il linguaggio, infatti, è stato piegato a questa operazione.
Il sesso sta perdendo la sua idea fondamentale
di relazione fra alterità, cioè fra diversi: dopo aver
per necessità inventato la parola “omosessualità” (rapporto con l’uguale) onde definire una situazione anomala rispetto al concetto stesso di sessualità come rapporto con l’altro, è stato artificiosamente costruito il termine “eterosessualità”, che deriva palesemente da “omosessualità”
ed è una specie di tautologia: dice, cioè, due volte la stessa cosa: alterità e sessualità. Sarebbe bastato parlare di normo-sessualità, ma si temeva un
automatico e non politicamente corretto riferimento all’omosessualità come anomalia. Ormai
“eterosessuale” è purtroppo divenuta parola di
uso comune con la conseguenza di una parità
di valore con “omosessuale”.
Si comprende meglio, con il riferimento appena fatto al linguaggio, quanto anche un uguale
I ‘registri’ in Italia
Il “partito dei Dico” sostiene che la nuova
proposta di legge costituisce la risposta a una
domanda del Paese, perché le coppie di fatto sarebbe in crescita e, a tutt’oggi, poco più
di 500mila. Vediamo come stanno le cose.
In alcuni comuni italiani grandi e piccoli i
registri delle un ioni di fatto sono stati già
istituiti e danno diritto di concorrere all’assegnazione di case dell’edilizia pubblica. E
però sono rimasti quasi inutilizzati (dati non
aggiornati, ma indicativi della situazione).
Arezzo, capofila dei Dico comunali: registro
dal 1996, coppie registrate una decina.
Bolzano: registro vuoto.
Padova: registro recentissimo, tre coppie (una
omosessuale).
Ferrara: la proposta è caduta nel vuoto.
Cento (Ferrara): il registro pare smarrito.
Pisa: registro dal 1997, 34 coppie (una omosessuale).
Piombino (Livorno): gran chiasso per la decisione, ma del registro nessuna traccia.
Scandicci (Firenze): dal 199 tre coppie, poi
scese a una (due cancellate).
Bagheria (Palermo), unico caso in Sicilia:
dal 2004 una coppia omosessuale.
valore giuridico dato all’affettività e, per di più,
indifferentemente alle sue diverse forme sia anch’esso un tradimento dell’identità dell’uomo. A questa prima considerazione si aggiunga l’assurdità del riconoscimento giuridico: il concetto di
“affettività” non esiste in diritto. Primo, perché
non è rilevabile né misurabile: un matrimonio
può essere istituito e sussistere anche senza affettività e allo Stato non interessa se due persone
si vogliono bene o no. Secondo, perché i Dico
mettono insieme e parificano affettività tra loro
diversissime: quella tra due amici non è quella
tra due fratelli, queste non equivalgono all’affettività tra coniugi, dove la componente sessuale
è determinante, ma è diversa da quella di una
coppia di fatto mentre in entrambe questa componente è l’opposto di quella fra due persone dello stesso sesso.
Anche una regolazione giuridica di affettività diverse è, dunque, una negazione della verità dell’uomo.
Così come sono false le nuove e assurde parentele temporanee e provvisorie che i Dico istituiscono
creando aspettative di eredità, di pensioni
reversibili, di assegni di mantenimento e di altre
forme di garanzie che sono specifiche del matrimonio e giustificate solo da un autentico rapporto
coniugale. Per altre aspettative già provvede il
diritto civile o è possibile fare leggi specifiche.
La verità è che i Dico costituiscono, con la loro
dote di diritti e di garanzie, una vera alternativa al matrimonio, ma di questo molto meno impegnativa e che essi costituirebbero, se approvati, un grimaldello per arrivare in seguito a un vero
e proprio “omo-matrimonio”.
PER
UN DIRITTO IN PIÙ?
Si deve considerare, poi, che anche la richiesta,
che a molti sembra fondata, di riconoscere agli
omosessuali gli stessi diritti dei normosessuali
è già per se stessa un inganno, un trabocchetto.
Gli omosessuali hanno certamente diritto, come
tutti, al rispetto della loro dignità di persone e a
non essere discriminati, ma in quanto maschi e
femmine non sono un genere diverso (un gender) e hanno già gli stessi identici diritti di tutti anche in materia matrimoniale. Ciò che vogliono è almeno un diritto in più: l’omosessuale maschio
(gay) reclama il diritto di sposare anche un uomo,
che l’ordinamento giuridico non riconosce ai maschi,
e così l’omosessuale femmina (lesbica) una donna e così via fino al bisessuale e al transessuale che vorrebbero analoghi diritti di opzione. Questo,
però, è impossibile anche sulla base della nostra
Costituzione italiana, che nega anche le ipotetiche discriminazione in positivo e per la quale
(art. 2) «tutti i cittadini italiani hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
I Dico, come si vede, si richiamano a una idea
di uomo, vale a dire a un’antropologia, che non
è quella su cui poggia la Chiesa e su cui si fonda la Repubblica. In conclusione, essi potrebbero essere sostituiti da qualche norma di legge che garantisca alcune situazioni reali di vita
come l’assistenza in ospedale, il subentro nei contratti di affitto in caso di morte del convivente,
definendo cioè diritti già riconosciuti dai tribunali. Non debbono, però, realizzare di fatto dei
“piccoli matrimoni” provvisori e, in certi casi,
innaturali.
Quei laici e quei cattolici che rivendicano e difendono i Dico dovrebbero protestare perché, in definitiva, la Costituzione della Repubblica è difesa dal Papa e dai Vescovi e non dalle istituzioni civili.
14 C h i e s a & D
Marzo
2007
IL VESCOVO VELITERNO
PIER DAMIANI
Dopo aver conosciuto meglio la
figura di questo grande teologo
medioevale, ci soffermiamo a riflettere sul legame tra Pier Damiani e la
diocesi di Velletri. Per una trattazione esaustiva della problematica che
travalica i limiti imposti al presente
articolo, rimando al mio intervento
pubblicato nel volume F. CIPOLLINI
(cur.), Pier Damiani (+1072).
Figura, aspetti dottrinali e memoria
nella Diocesi di Velletri, Venafro
2003, 133-150.
Nella produzione letteraria del
solitario di Fonte Avellana, accanto alle
lettere, ci forniscono preziose indicazioni gli oposculi, “che poi sono delle lettere più ampie“1. Nell’opuscolo
n. 34 “Disputatio de variis apparitionibus et miraculis“2, considerato
autentico dalla critica, Pier Damiani cita
nell’introduzione i canonici di Velletri,
, dapprima, descritti come incorreggibili
e in seguito riabilitati, per l’opera di
Pier Damiani:
“Ti riferisco riguardo ai nostri canonici, evidentemente quelli della santa
Chiesa Veliterna, perché essi che
sembravano incorreggibili, dopo molNOTE
1 P. PALAZZINI, Pier Damiani, in
Bibliotheca Sanctorum, Roma
1968, col. 562.
2 J.P. MIGNE, Patrologia Latina,
CXLV, Parisiis 1853, coll. 584-590.
3 Cfr. Op 20, Apologeticum de
dimissu episcopatu; PL CXLV, 443.
ti lavori e fatiche nostri, già si ravvedono per grazia divina e procedono
attraverso la regola canonica non già
costretti ma con gioia. Inoltre ciascuno
di loro completa quotidianamente il
salterio durante il tempo di quaresima; tre giorni la settimana tutti si astengono comunitariamente dal vino e dal
piatto di carne; e sembrano soltanto avere fervore di volgersi insieme in cose
impegnate, in modo tale che per tutta
la quaresima, che è precedente la Pasqua,
per tre giorni a settimana ciascuno nel
capitolo davanti ai fratelli si spogli, e
confessati i propri peccati, sopporti con
un duro scudiscio di corregge quella
disciplina che per consuetudine precede
la Natività di N.S.G.C.. Evidentemente,
puoi manifestamente cogliere in questo indizio di santo uso ciò che riguarda i restanti modi di vita e devi valutarli con le regole. O disciplina salutifera, e senza dubbio afflizione della
carne! nella quale mentre il corpo è denudato quanto all’aspetto umano, davanti agli occhi di Dio appare ornato di
indumenti brillanti. […]”.
Pier Damiani non si è occupato solo
della diocesi di Ostia, infatti egli stesso ci dice che si è dovuto occupare di
duorum episcopatuum, unius regendi,
alterius visitandi;3 ma si è occupato
anche della riforma dei canonici4 non
solo di Velletri5. Allora mi pare degno
di rilievo il fatto che non designi gli
altri canonici, dei quali si è interessato, con gli stessi appellativi con cui designa i canonici di Velletri.
È il caso, ad esempio, dei canonici di Fano6. Ad essi si rivolge nei cinque capitoli del suo oposcolo De communi vita canonicorum appellandoli di
volta in volta ora dilectissimi, ora charissimi7. Espressioni di affetto ma che
non raggiungono certo il grado di intimità dell’espressione ai “canonicis nostris,
sanctae videlicet Velitrensis Ecclesiae“
dell’op. 34.
Accanto a questo riferimento interno all’opera di Pier Damiani, occorre
4 Pier Damiani “molto si adoperava
per promuovere nelle comunità
degli ecclesiastici una vita regolare, simile a quella dei monaci.
Difatti in molte chiese i chierici
vivevano isolati come i laici. Nei
capitoli delle Cattedrali e nelle
Collegiate i vescovi si sforzavano
analizzare una pergamena, conservata nell’archivio capitolare di Velletri,
che ci illustra la concessione di alcuni benefici, da parte di Papa Alessandro
II, su preghiera di Pier Damiani.
Ad alcuni sacerdoti veliterni, il pontefice concede l’esenzione da qualsivoglia servizio, angheria, fodro8,
obbligo militare, mantenendo soltanto l’obbligo, verso il vescovo, del pagamento
· della terza parte del reddito dei
testamenti
· di un terzo delle oblazioni delle
tre messe
· di un quarto delle decime.
In questa lettera, datata 11 giugno
1065, il pontefice conferisce i benefici “propter fidelissimis servitiis
vestris, expressis a Petrus Damiani nostri
Coepiscopo“. La
concessione dei di Francesco Cipollini
benefici fu caldeggiata dall’inDocente di religione
tervento di Pier
e storico della Chiesa
Damiani, che aveva comunicato al
pontefice la fedeltà dei servizi resi dal
clero di Velletri.
Non si capisce come, diversamente, Pier Damiani avrebbe potuto conoscere i servizi del clero di Velletri, se
non occupandosi direttamente, o almeno indirettamente, della diocesi.
Dando uno sguardo retrospettivo,
balza immediatamente agli occhi che
la bolla di Alessandro II9 divide gli studiosi già dal secolo scorso.
P H I L I P U S J A F F È 10 , E N R I C O
STEVENSON11 e PAULUS FRIDOLINUS
KEHR12 si dichiarano tutti favorevoli alla autenticità, almeno contenutistica,
della pergamena capitolare.
Passate (troppo!?!) velocemente in
rassegna le fonti, proviamo a tracciare una conclusione in merito alla presenza di Pier Damiani a Velletri.
Un primo elemento da valutare credo sia il suo fervore in quella che noi
(continua nella pagina successiva)
di mantenere o stabilire una specie
di vita comune mitigata in conformità alle prescrizioni della Regula
Canonica del concilio di Aix
dell’816, la quale autorizzava il
peculio“: si veda J. LECLERCQ, San
Pier Damiano. Eremita e uomo di
chiesa, Brescia 1972.
5 Si veda la Ep. 14 (PL CXLIV,
224) in cui cita la diocesi di Gubbio
o i diversi Opuscoli in cui cita la
diocesi di Milano (Op. 42, PL
CXLV; 667, Ep V,14, PL CXLIV,
367; o le lettere al clero di Faenza
(Ep. V, 10, PL CXLIV, 352).
6 Cfr. Op 27, De communi vita
C h i e s a & D 15
Marzo
2007
Il culto di San Pier Damiani in Velletri
Il 6 maggio 1962, festa della Madonna delle Grazie, il vescovo di Velletri, cardinale Clemente Micara, al termine della
Messa Pontificale benedice il quadro raffigurante San Pier Damiani, opera dell’artista
Mazzoli, che poi viene posto sull’altare già
dedicato alla Madonna del Rosario; nella stessa occasione il cardinale dona alla
sua Cattedrale un’insigne reliquia del Santo
Vescovo.
Intenzione del nostro Vescovo e del Capitolo
della Cattedrale è quella di dare il giusto
valore e sottolineare l’importanza della
presenza pastorale di San Pier Damiani
in Velletri e della sua opera restauratrice che egli svolse tra il
di Fausto Ercolani
clero e il popolo veliterno,
nel periodo che va dal
Direttore Archivio
1059 al 1072, dopo che
Diocesano
la chiesa veliterna si era
posta contro la Sede di Pietro, favorendo l’elezione a papa del suo vescovo Giovanni
dei Conti, imposta con la forza dalla famiglia Conti e da altri potentati romani per
riaffermare il primato del senato romano
nell’elezione del pontefice e per usare questo per fini squisitamente politici.
Pietro Damiano e Ildebrando di Soana si
oppongono con fermezza a tale elezione
e inducono il mite Giovanni, Benedetto X
ad abbandonare.
Pier Damiani, già vescovo di Ostia, viene inviato, nel 1060, dal nuovo pontefice
Niccolò II a guidare pastoralmente la diocesi veliterna nell’intento di riformare il
clero veliterno che si era fatto la fama di
“incorreggibile”. Tre anni dopo scriven-
(segue dalla pagina precedente)
oggi definiremmo l’attività pastorale, tanto da riformare i costumi del clero in un periodo storico in cui i sacerdoti non brillavano
certo per evangelicità; la storia stessa ci insegna come sia difficile e lungo il cammino
(tanto da richiedere una presenza stabile, anche
se, forse, mediata da qualche collaboratore!)
per giungere ad una conversione che non sia
solo superficiale ma che tocchi il cuore delle persone.
Un altro dato è certamente rappresentato dalla convinzione, praticamente unanime,
degli studiosi che hanno approfondito la problematica relativa alla presenza e all’attivicanonicorum. Ad clericos fanensis
ecclesiae; PL CXLV, 503.
7 Si veda PL CXLV, 503D; 508C;
511A; 512B;
8 Lo Zingarelli ed. 1998 definisce
così il fodro: “[ da francone fodar
do all’arcivescovo di Salerno Alfano
una cappella della Cattedrale non si è perloda il suo clero e in particolare i canofettamente realizzato. Ancora oggi pochi
nici “che si sono ravveduti e camminaconoscono la figura e l’opera di questo
no secondo la canonicale regola non costretgrande uomo di chiesa salito agli onori
ti, ma lieti”. Se non vi sono documenti uffidegli altari per essere stato un fedele, umiciali che sanciscono la nomina di Pietro
le, coraggioso seguace del messaggio evanDamiano a Vescovo di Velletri, il fatto che
gelico.
la sua opera pastorale duri ben tredici anCi auguriamo che aldilà delle parole celeni, travalica il semplice ruolo di amministratore;
brative, dei convegni e delle analisi stod’altro canto anche il suo successore Geraldo riunisce nel- Il desiderio del Cardinale Micara
la sua persona le sedi di Ostia
e Velletri così come gli altri
di incrementare la devozione
nove vescovi che ci separadi San Pier Damiani
no dalla Bolla di Unione fatta da Eugenio III nel 1149.
con il dedicargli una cappella
San Pier Damiano viene in
Velletri con un compito ben nella Cattedrale non si è ancora
preciso e particolare: neuperfettamente realizzato.
tralizzare le fazioni vicine al
deposto Benedetto X, dissiAncora oggi pochi conoscono
pare dagli animi l’odio e la ribella figura e l’opera di questo
lione, riportare popolo e clero all’obbedienza, togliere
grande uomo di Chiesa
quegli abusi che si erano infiltrati nell’amministrazione delle cose ecclesiastiche.
riche sorga dal profondo del popolo una
San Pier Damiani forse non portò ufficialmente
vera riscoperta della santità dell’uomo inviail titolo di Vescovo di Velletri, ma il suo
to tra noi in un momento difficile per la
governo impregnato della sua santità, del
Chiesa e per il popolo di Dio.
suo austero distacco dalle ricchezze, dal
Ci permettiamo di suggerire come primo
rifiuto continuo di onori e titoli ecclesiapasso di evitare che la cappella a lui dedistici rappresentò per la Diocesi di Velletri
cata sia conosciuta solo per essere il depoun momento di intensa vita spirituale che
sito della macchina sulla quale viene espone innalzò il prestigio innanzi alle altre.
sta l’immagine della Madonna delle
Il desiderio del cardinale Micara di inGrazie e che la sua reliquia sia esposta
crementarne la devozione con il dedicargli
alla venerazione dei fedeli.
tà del solitario di Fonte Avellana a Velletri.
A tal proposito, la difficoltà principe resta,
comunque, la definizione dei limiti cronologici della sua presenza; non sappiamo per
quanto tempo si sia protratta l’attività veliterna di Pier Damiani, non potendo definire precisamente il momento d’inizio e di termine del suo episcopato a Velletri. Molto probabilmente l’esordio va inquadrato tra il 1061,
anno dell’elezione di Aessandro II, e il 1065,
anno in cui viene concesso il privilegio; mentre la fine di tale episcopato, presumibilmente,
non va collocata prima del 1069, anno a cui
va attribuito l’opuscolo 34, secondo il
Lucchesi13.
‘nutrimento’] In epoca medievale,
contribuzione di foraggio dovuta al
sovrano e al suo esercito quando
transitavano per un territorio”. Si
veda N. ZINGARELLI, Il Vocabolario
della lingua Italiana, Bologna:
Un terzo elemento che, a mio avviso, comunque va considerato è la lettera per i benefici dei sacerdoti veliterni; una personalità della statura morale di Pier Damiani, che abbiamo visto aspirare più alla solitudine dell’eremo che agli onori della dignità episcopale, difficilmente, credo, avrebbe acconsentito a perorare la causa di persone che non
fossero integerrime e corrette almeno quanto lui.
Doveva conoscerlo bene il clero di Velletri,
tanto da invocare per loro presso il pontefice la concessione dei benefici, ma tale conoscenza è frutto, senz’altro, di frequentazione!
Zanichelli, 121998. Ovviamente il
diritto di fodro, che all’origine consisteva nell’offrire il sostentamento
materiale al sovrano in viaggio, con il
passar del tempo, si trasformò in
una imposta in denaro.
9 Anselmo da Baggio, eletto nel
1061 e morto nel 1073.
10 P. J AFFÈ , Regesta Pontificum
Romanorum ab condita ecclesia ad annum
post Christum natum MCXCVIII, I, Lipsiae
1885, 576.
16 P a r r o c c h i e & C
Marzo
2007
UN PO’ DI STORIA
La chiesa viene eretta in parrocchia
il 19 giugno 1927, ma esisteva come
luogo di culto fin dal 1400; era
una chiesa campestre sempre officiata e in passato dedicata a S.
Sebastiano.
Nel 1822 vi predicò S. Gaspare
Del Bufalo, e dal 1828 vi si celebra la festa di S. Antonio da Padova,
attuale patrono della parrocchia.
Nel 1937 fu costruito l’attuale campanile e nel 1950 la facciata della chiesa fu rivestita a “cortina
romana”, per allinearla allo stile del campanile.
Con il tempo l’antica chiesa campestre è divenuta la comunità più
numerosa della città, perché nel
suo territorio si è sviluppato e ancora si sviluppa l’insediamento demografico di Segni.
E’ la parrocchia che ha dato alla
Chiesa l’attuale vescovo di
Anagni –Alatri, don Lorenzo
Loppa, che fu vice-parroco di S.
Maria degli Angeli dal 1972 al
1987 e poi parroco fino al settembre
2002. Prima di lui erano stati parroci don Guglielmo Coluzzi,
don Angelo Prioreschi e don
Fernando Calende. L’attuale
parroco, don Claudio Sammartino,
è dunque il quinto della serie.
L’INTERVISTA A L PARROCO
DON CLAUDIO SAMMARTINO
Don Claudio, quando sei nato, e dove?
Roma, 21 aprile (Natale di Roma) 1950.
Che tipo di studi hai fatto?
Mi sono laureato in Lettere Classiche alla
Sapienza di Roma.
Quando sei stato ordinato sacerdote, e da
quale vescovo?
Vocazione adulta, sono “rientrato” in Santa
Madre Chiesa nel 1976; l’ordinazione sacerdotale è avvenuta il 12 settembre 1991 per
mano di mons. Dante Bernini.
Quali esperienze pastorali hai fatto prima
di questa?
Sono stato vice-parroco di S. Barbara a Colleferro
e della Cattedrale di Segni, amministratore parrocchiale di S. Stefano in Segni e dal
1987 al 2002 vice parroco di S. Maria degli
Angeli.
Da quanti anni sei parroco qui?
La nomina a vescovo del mio predecessore don Lorenzo Loppa determina la mia nomina, il 6 ottobre 2002.
Ti definiresti uno che ha un carattere portato alla collaborazione?
Certamente, visto che nessuno è un’isola
e che senza l’unione delle forze oggi si è
praticamente spiazzati.
Come è fatta la tua parrocchia?
La parrocchia si trova al di fuori del
centro storico, nella zona che da decenni è divenuta la parte viva
del paese. Si
estende anche
nella campagna circostante e
comprende
circa 4500 persone, che
sono per la maggior parte assorbite nel terziario. Risiedono in parrocchia anche stranieri, soprattutto rumeni e bulgari, che non
creano problemi e che sono in contatto con
la Caritas parrocchiale.
Esistono altre chiese o centri di culto, attivi o non, in parrocchia?
Vi sono una casa-noviziato delle Angeliche
di S. Paolo (con messe celebrate quotidianamente), con due suore, e la casa-noviziato
delle Suore di Matarà, circa 30, con S. Messe.
Quali sono le priorità pastorali della parrocchia? La gente “frequenta”?
Le persone frequentano settimanalmente per
la Messa; c’è però un gruppo di laici, impegnato nella catechesi e nella Caritas, che è
più partecipe della vita comunitaria.
Esistono scambi di esperienze tra parroci o tra parrocchie, nella tua città o tra città della stessa diocesi? Vi sono forme di
gemellaggio con parrocchie di altre regioni o nazioni?
Da alcuni mesi si è cominciato un tentativo di collaborazione pastorale con la parrocchia del centro storico.
Quale attività pastorale impegna maggiormente,
e quale è poco sviluppata e si vorrebbe far
crescere? In che modo?
La catechesi per i sacramenti assorbe la maggior parte del tempo pastorale. Si vorrebbe però sviluppare un discorso di maggior
coinvolgimento delle famiglie.
Quali iniziative sono
presenti a favore di
ragazzi, giovani (coppie), adulti e anziani?
Quelle presenti nel resto delle altre parrocchie.
Quali sono i rapporti della parrocchia con
le autorità civili?
I rapporti sono buoni,
con interventi miranti a collaborazione
nell’opera a favore di
situazioni di disagio e
di bisogno materiale.
E’sentito tra la tua gente l’impegno missionario, caritativo, liturgico, biblico…?
Sì, ma va sempre stimolato.
P a r r o c c h i e & C 17
Marzo
2007
a cura della Redazione
L’OPINIONE
DI UN GRUPPO
DI LAICI IMPEGNATI
DELLA PARROCCHIA
Descrivi il territorio, la gente della tua parrocchia.
La parrocchia si estende nella zona nuova di Segni,
interessata dal continuo sviluppo edilizio. Le famiglie sono prevalentemente giovani.
Ti piace la tua chiesa?
Non è una chiesa rilevante dal punto di vista artistico; tuttavia i lavori di ristrutturazione ed ampliamento, motivati dalle esigenze liturgiche, hanno reso l’aula più idonea ai bisogni della comunità parrocchiale.
Cosa vorresti trovare entrando in una chiesa?
Il senso della festa che si traduce in accoglienza, disponibilità, gioia.
I preti ti sembrano persone degne di rispetto?
La valutazione di un sacerdote dipende certamente
dalle esperienze personali. Tuttavia ci sentiamo
di dire che il ruolo del sacerdote è certamente
unico e insostituibile, ma l’”incarnazione” nei
singoli individui risente dei limiti e dei pregi della persona.
Che ne pensi della posizione dei cattolici su divorzio, pacs, eutanasia, aborto manipolazione genetica …?
La posizione dei cattolici in questa materia non
può che essere quella rispettosa del Magistero
ecclesiale. Ciò non toglie che tale adesione sia
frutto di un approfondimento critico personale,
aperto anche al confronto con coloro che esprimono convinzioni diverse.
modo che
la parrocchia sia per
tutti un luogo familiare, sia sempre più “famiglia di famiglie”.
Esistono momenti di confronto con altri laici
impegnati della città per iniziative comuni?
Si sta cominciando soltanto adesso a progettare in maniera sistematica e non sporadica un cammino comune alle due parrocchie cittadine.
Descrivi la partecipazione alla vita ecclesiale
dei tuoi parrocchiani.
Per tanti la vita cristiana si riduce alla celebrazione festivo-domenicale. Accanto a costoro vi
è comunque un gruppo che vive in maniera impegnata la scelta cristiana nei diversi ambiti dell’attività pastorale.
Quali ti sembrano le priorità pastorali della tua
parrocchia?
Attualmente ci pare di poter indicare: la formazione
per ogni fascia di età; il collegamento con i giovani “lontani” e difficili da raggiungere; gli extracomunitari sempre più presenti nel tessuto sociale.
Gli extracomunitari e i non cattolici ti sembrano
un problema?
No; certamente sono una opportunità di confronto,
interpellano il nostro “essere prossimo” per accoglierli, aiutarli e favorire il loro inserimento.
Quale rimprovero principale fai alla Chiesa e
al suo insegnamento?
Pur condividendo la concretezza dottrinale, non
sempre è condivisibile la “traduzione” pastorale. Infatti a volte il coinvolgimento del laicato
è stato marginale e la sua formazione soltanto
negli ultimi tempi è diventata una urgenza pastorale.
Come pensi di raggiungere i cosiddetti cattolici non praticanti?
La parrocchia è attenta a utilizzare ogni momento e ogni contatto per “fare” la proposta cristiana: catechesi ai genitori, battesimi, cene di solidarietà, catechesi per gli adulti… Si tratta di attività non sacramentali che però favoriscono lo
stabilimento di un contatto.
Sei uno di quelli che crede che la Chiesa dovrebbe pensare solo all’aspetto religioso della vita,
oppure che fa bene a farsi sentire anche nelle questioni politiche e sociali?
La missione della Chiesa è annunciare Cristo a
tutto il mondo. Ne consegue che nessun ambito in cui opera l’uomo è estraneo all’attività della Chiesa. Resta tuttavia affidato ai laici interessarsi della costruzione della città degli uomini,
non essendo compito della Chiesa entrare nell’agone politico.
Quali iniziative proponi per le varie fasce di età?
Per favorire la fascia 15-20 sarebbe opportuno
iniziare un cammino comunitario, attraverso attività da affiancare agli incontri di formazione, facendo sì che la parrocchia diventi un luogo di incontro per tutti. A tal fine si sta pensando a una catechesi permanente (senza età) e globale, con al centro la famiglia in tutte le sue componenti, con attività diversificate per interesse e per fasce d’età.
Cosa vorresti suggerire al tuo parroco?
Chiediamo al nostro parroco di essere testimone dell’ottimismo derivante dalla gioia di essere figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo. Fare in
E’ pensabile una nuova proposta pastorale e
liturgica per rinnovare la devozione locale, in
modo da rispondere meglio alle nuove esigenze
dei tuoi parrocchiani?
Si è già imboccata la strada per un rinnovamento
della devozione popolare, puntando verso una
maggiore interiorizzazione perché sia sempre meno
esteriorità e sempre più adesione convinta.
Quali attività parrocchiali svolgete?
L’elenco comprende: gruppo liturgico; gruppo
catechisti; Caritas (centro di ascolto…); Cene della solidarietà; Legio Mariae; Ordine Francescano
Secolare; Centro estivo con i ragazzi “Madonna
della Castagna”; incontri con i genitori dei ragazzi che si preparano a ricevere i sacramenti; incontri con i familiari dei battezzandi; incontri di catechesi per gli adulti.
Quale elemento qualifica l’attività caritativa della tua parrocchia?
La disponibilità di un centro di ascolto in grado di accogliere le problematiche e di offrire un
aiuto concreto in alcune situazioni (cibo, spese…).
A tale attività si affianca un’attenzione costante in diversi ambiti: le cene di solidarietà finalizzano il ricavato alle necessità della Caritas, alle
adozioni a distanza, partecipate anche dal gruppo dei catechisti.
Quale ambito della tua parrocchia resta più in
ombra?
La difficoltà più rilevante è coinvolgere un numero sempre maggiore di persone di buona
volontà, che potrebbero essere di valido aiuto
nel portare avanti e nell’ampliare le attività parrocchiali.
Esprimi un parere complessivo sulle aggregazioni laicali nella vita ecclesiale.
La loro importanza è indubbia come mediazione per la professione di fede, come accompagnamento a un cammino di fede maturo. Il rischio
da evitare accuratamente è la chiusura in sé stessi e l’autoreferenzialità.
C’è un collegamento con l’amministrazione comunale della tua città, perché prenda decisioni aderenti alle reali esigenze della popolazione?
Il rapporto con l’amministrazione comunale è
improntato al rispetto reciproco e alla collaborazione occasionale laddove se ne sia presentata l’occasione.
Se il vescovo ti chiedesse un solo consiglio, a
quale ambito pastorale daresti la priorità, e con
quali indicazioni?
Ci permettiamo di chiedere al vescovo di essere presente come padre nella vita delle comunità parrocchiali, per essere “lievito che fermenta
la massa”, per essere di stimolo e di guida nelle varie attività sviluppate.
18 Seminario e
Dal 2 al 9 febbraio tutti noi seminaristi,
insieme a tutta la comunità educante del
seminario, siamo andati in pellegrinaggio
in Israele, ricalcando i passi del Signore.
Il viaggio è iniziato a Nazareth, nella città in cui il Signore si è incarnato in Maria
e nei luoghi in cui «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52). Da Nazareth ci siamo spostati, per tre giorni, all’interno della Galilea,
la terra che ha visto la predicazione del
Vangelo e della chiamata dei primi apostoli. In quei primi giorni la nostra
attenzione si era focalizzata sul confrontare la nostra vocazione, in special modo
il momento in cui ognuno di noi ha sentito la sua chiamata, con la vocazione del
Signore e degli apostoli. Per far ciò la nostra
guida (il francescano padre Eugenio
Agliata), oltre a momenti di spiegazione
storica e archeologica che facilitavano la
contemplazione dei luoghi in cui il Signore
è vissuto, ci ha messo a disposizione tempi e luoghi per la riflessione personale: la
discesa a piedi dal monte Tabor (il monte della Trasfigurazione), una sosta in barca al centro del lago di Tiberiade e, mentre ci spostavamo a Betlemme, la salita e
la discesa a piedi dal monte delle
Tentazioni a Gerico. Dopo la visita della
Galilea, ci si siamo spostati in Giudea, prima a Betlemme e poi, gli ultimi due giorni, a Gerusalemme. A Betlemme abbiamo contemplato la grotta della Natività,
ricordando il momento in cui Gesù si è
consegnato totalmente indifeso all’uomo,
mostrando a noi l’atteggiamento da tenere durante il ministero di fine settimana
e tra noi in seminario. Dopo aver contemplato
l’inizio della vita terrestre del Signore ci
siamo spostati a Gerusalemme, per meditare sulla fine di questa, ricordando e celebrando la Passione, la Morte, la Risurrezione
e l’Ascensione del Signore. Arrivati alla
Città Santa abbiamo prima visitato i vari
quartieri della città con i resti archeologici e tradizionali (come la casa della Veronica), per farci un’idea di cosa Gesù poteva vedere stando a Gerusalemme nei momenti più importanti della sua vita. Il giovedì prima del ritorno in Italia abbiamo
vissuto, forse, il momento culminante del
pellegrinaggio, con la preghiera della Via
Crucis tra le strade di Gerusalemme, terminando quest’ultima con la messa in memoria della Risurrezione che abbiamo potuto celebrare al Santo Sepolcro (il primo
luogo terrestre che ha visto la gloria del
Signore dopo la vittoria sulla morte). Il
ritorno in Italia è stato illuminato, infine, con il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) e con l’invito a non mantenere un ricordo sterile
del pellegrinaggio, ma di meditarlo
durante il tempo avvenire per mantenere vive quelle esperienze e quelle sensazioni suscitate dal contatto diretto con la
terra del Signore.
Marzo
2007
di Antonio Galati
Maestre Pie Venerini, ricordata
la nascita della Fondatrice
Viterbo 9 febbraio 1656 - Velletri 9 febbraio 2007
protagonisti tutti gli alunni dell’Istituto veliterno, dai bambini della Scuola dell’Infanzia, ai ragazzi della Secondaria.
Gli alunni hanno dato vita ad un coro eccezionale
di circa trecento voci, cantando benissimo alcuni canti dedicati alla fondatrice sull’altare maggiore della cattedrale.
Un momento di gioia e allegria, ma anche di preghiera e raccoglimento, vissuto e partecipato
anche dai genitori dei bambini presenti, certamente
motivo di soddisfazione per i docenti della scuola e per tutta la comunità che hanno ideato, organizzato e coordinato il concerto.
Il saluto del Vescovo Apicella durante la cerimonia del 9 febbraio
All’incontro sono
intervenuti il
Vescovo della
diocesi VelletriSegni,
S.E.
Vincenzo Apicella, il quale ha
molto apprezzato l’impegno e
l’entusiasmo degli
alunni, particolarmente dei piccoli e la signora
Franca Del Giudice, assessore
alla Pubblica Istruzione del Comune di Velletri.
Venerdì 9 febbraio la comunità delle Maestre
Pie di Velletri ha voluto ricordare in modo particolare la ricorrenza della nascita della fondatrice
della congregazione per festeggiare in particolare
la canonizzazione di Rosa Venerini, celebrata
il 15 ottobre 2006 in piazza San Pietro in Roma.
Le Maestre hanno pensato che la maniera migliore per festeggiare, sarebbe stato testimoniare
l’opera di Rosa e la sua passione educativa, attraverso i frutti che questa produce.
Da qui è nato il concerto dello scorso 9 febbraio,
nella cattedrale di San Clemente, che ha visto
Marzo
2007
S toria&Di 19
Diario Veliterno dell’anno 1640
Da un manoscritto di Eugenio Braconi conservato nel Fondo
Manoscritti della Biblioteca Comunale di Velletri (MS VIII 9)
MARZO
Il sole si leva à h. 12. m. 58 {le nostre ore
6:29; c’è un errore di calcolo di 18 minuti in anticipo}. Mezo dì à h. 18. m. 29
V 1. Giovedì turbato. Entrano li nuovi Offitiali
{i pubblici ufficiali iniziano il loro mandato bimestrale, come previsto dagli Statuti; nella nostra cronaca li ritroviamo sempre presenti nelle funzioni religiose principali,
cosa peraltro prescritta dalle norme statutarie} dell’Inclita Città di Velletri. Predica
{in ognuno dei giorni di Quaresima} della
Cananea. {Editti sull’osservanza della
Quaresima ricordavano ai fedeli ciò che era
vietato in questo tempo di mortificazione del
corpo; in alcuni anni, per sopperire alla scarsità della produzione dell’olio, degli Indulti
concedevano in deroga l’uso del lardo e dello strutto.
V 2. Venerdì segue. quattro tempi {le Quattro
Tempora: nella prima settimana di Quaresima,
la Chiesa stabiliva il digiuno nei giorni di
mercoledì, venerdì e sabato, usanza che in
antico era posta all’inizio della stagione della Primavera}. Predica della Piscina. In questo giorno, come in tutti gli altri venerdi di
marzo si và alla statione {le stazioni quaresimali, sull’esempio romano, con momenti
di celebrazione comunitaria} à S. Maria dell’Horto
{Convento dei Padri Agostiniani, convento
ed ordine religioso non più presente; su alcuni resti è stata
edificata la chiedi Tonino Parmeggiani
sa del SS. Crocifisso}, dove
vanno tutte le Confraternità processionalmente.
La Compagnia delle Stimmate espone la sera
il SS. Sacramento nella Chiesa di S. Maria
della Neve {conosciuta anche come Chiesa
delle Stimmate, ora demolita}, dove si sermoneggia {recita dei Salmi}, come anco nella Chiesa di S. Martino da quelli RR. PP.
{Somaschi} continuando ogni Venerdì di questo mese.
3. Sabbato humido. quattro tempi. Nella
Cathedrale si fa l’ordinatione {Il Sabato delle Quattro Tempora di Quaresima era destinato dalla Liturgia alle Ordinazioni Sacerdotali
e dei sacri Ministri}. Si và al mercato {nella Piazza del Palazzo Magistrale}.
P 4. Domenica simile. seconda di quaresima. Predica della Transfiguratione.
5. Lunedì vario. Predica contro gli Ostinati.
6. Martedì simile. Predica dell’Humiltà.
* 7. Mercordi turbato. S. Thomasso d’Aquino
{dottore della Chiesa, la sua festa liturgica
in antico cadeva nel giorno della sua morte, avvenuta per l’appunto, il 7 marzo 1274
a Fossanova; oggi lo festeggia al 28 gennaio, giorno della traslazione del suo corpo a Tolosa, nell’anno 1369}. Predica contro gli Ambitiosi. Luna piena h. 9. m. 32. N.S.
V 8. Giovedì pioggia. Predica del Ricco Epulone.
festa del B. Gio. di Dio, fondatore dè RR.
PP. Fate ben fratelli { l’Ordine degli
Ospedalieri di S. Giovanni di Dio}, si fa nella Chiesa dè detti Padri {Chiesa e Convento
distrutti; questo ordine religioso, non più pre-
sente oggi, gestiva l’Ospedale civile}, alla
quale il Magistrato presenta la solita cera, è
scudi ducento per mantenimento de poveri
infermi nel Hospitale, come anco dalla
(Compagnia, cancellato) Venerab.
Archiconfraternita del Gonfalone, scudi
cento l’anno.
V 9. Venerdì migliora. Predica della Reprobatione
de gli Hebrei.
10. Sabbato buono. si và al mercato.
P 11. Domenica simile. terza di quaresima.
Predica di chi osserva la parola di Dio. Il giorno la Communità fa bandire per un anno l’affitto della Baiocchetta {tassa sul vino venduto al minuto, detta anche tassa della foglietta}
12. Lunedì turbato. S. Gregorio Papa {S.
Gregorio I Papa o Magno; la festa liturgica di questo dottore della Chiesa in antico
cadeva nel giorno della sua morte, per l’appunto il 12 marzo dell’anno 604; oggi la Chiesa
lo festeggia il 3 settembre, giorno della sua
elezione al pontificato} festa in S. Lorenzo
Chiesa dé RR. PP. Minori Osservanti di S.
Francesco {ordine religioso non più presente}
nella Cappella dè Muratori {l’Università dei
Muratori aveva S. Gregorio come proprio
Protettore}, alla quale il Magistrato fa il solito donativo di cera. La Compagnia del Suffraggio
dà la dote à 4 zitelle, conforme al Legato fatto dall’Illustrissima Signora Caterina Ginnasia
{Caterina Ginnasi, nipote del Cardinale, che
aveva anche donato tremila scudi al Monte
di Pietà}, e distribuisce scudi dodici dè pane
à poveri. Predica, che nesun Profeta è accetto nella sua patria.
V 13. Martedì simile. Predica della fraterna
correttione. Nella Cathedrale si fa celebrare dall’ Illustrissima Communità l’Anniversario
per la morte della buona memoria del Sig:
Cardinal Ginnasio {Domenico Ginnasi, Vescovo
diocesano dal 30 luglio 1630 al 12 marzo
1639, data della sua morte, avvenuta in Roma
all’età di 89 anni; gli succedette il Card. Carlo
Emanuele Pio di Savoia}, come anco frà l’ottava {l’ottavario, dopo otto giorni} nella Chiesa
di S. Lorenzo.
* 14. Mercordì non si muta. Predica dè Discepoli.
Ultimo quarto h. 1. m. 12. N.S.
V 15. Giovedì humido. Meza quaresima {nel
giovedì, a metà della Quaresima, si interrompeva
l’astinenza}. Predica della Suocera di S. Pietro.
hoggi comincia la Stattione in S. Maria dell’Horto
e dura per tutta l’ottava di Pasqua.
Il Sole si leva à h. 12. m. 10 {le nostre ore
5:58; errore di 26 minuti in anticipo}. Mezo
di à h. 18. m. 8.
V 16. Venerdi migliora. Predica della Samaritana.
V 17. Sabbato buono. si và al mercato. S.
Gertrude verg. {è Santa Geltrude di Nivelles,
morta il 17 marzo 1659}. Il Magistrato presenta la solita cera alla Chiesa di S. Chiara
{annessa al convento delle Clarisse, ordine
non più presente e chiesa distrutta} dove si
fa festa di detta Santa.
P 18. Domenica simile. Quarta di quaresima. Predica delli cinque Pani. Dalli RR. PP.
Predicatori {nel periodo quaresimale erano
stipendiati dalla Comunità, nelle parrocchie
di S. Clemente, S. Martino e S. Maria in Trivio}
si pubblicano li Signori Pacieri, è Paciere {figure che dovevano dirimere i casi di potenziale
litigiosità} delle (Rioni, cancellato) Decarcie
{le Decarcie erano le sei contrade che suddividevano la città e che potevano rapportarsi alle parrocchie in questo modo: le Decarcie
di S. Salvatore, S. Lucia e S. Maria in Trivio
si identificavano, in quanto al perimetro, con
le omonime parrocchie, Castello con S. Michele
Arcangelo, Collicello ed una parte di
Portella con S. Clemente e la restante parte di Portella con S. Martino; proprio in questi anni si trovano gli ultimi documenti in
cui viene usato questo termine, poi si parlerà dei Rioni di sopra e di sotto} della Città
per l’anno seguente eletti dall’Illustrissimi
Signori Priori. Dalla Communità si delibera l’Affitto della Baiocchetta .
P 19. Lunedì segue. S. Giuseppe. festa Chiesa
dè falegnami {nella omonima chiesa, ora non
più esistente} alla quale il Magistrato presenta la solita cera, e dalla Compagnia di detti si fanno li nuovi Offitiali. Predica della redificatione del tempio.
20. Martedì si turba. Predica contro i temerarij Hebrei.
Il sole entra in {nella costellazione dell’} Ariete
à hore 6. m. 24 facendo l’Equinozio di Primavera
{uno dei due giorni dell’anno in cui notte e
giorno sono “a paro”, cioè hanno la stessa durata} .
21. Mercordì vario. Predica del Cieco nato.
V* 22. Giovedì segue. Predica del figlio della vedova. Luna nuova h. 10. m. 27.
V 23. Venerdi migliora. Predica di S. Lazaro.
† 24. Sabbato buono. Si và al mercato. Si
fa l’ordinatione nella Cathedrale da Monsignor
Suffraganeo. Li SS. Canonici della Cathedrale
vanno à cantare il Vespero nella Chiesa di
S. Maria dell’Horto per la festa della SS.
Annuntiata , come anco il giorno seguente,
Messa, e Vespero {era un antico diritto del
Capitolo della Cattedrale di celebrarvi la festa
dell’Annunciazione; un curioso episodio accaduto nell’anno 1549 è narrato dal Tersenghi
in “Velletri e le sue contrade”}.
P 25. Domenica di Passione. turbato.
L’Annuntiata {l’Annunciazione del Signore}.
Il Magistrato presenta alla Chiesa di S. Maria
dell’Horto la solita cera {cinque libre di cera
in “fagole”, cioè in candele}, e si fa festa
nella Cappella di S. Maria in Conca nella
Cathedrale de jure patronato delli SS.ri Preti
della …
26. Lunedì simile. Predica del SS.
Sacramento
27. Martedì vario. Predica contro gli Increduli
28. Mercordì migliora. Predica della
Predestinatione
29. Giovedi buono. Predica della
Maddalena. Visita carcerati
V * 30. Venerdì turbato. Predica del
Consiglio. Primo quarto h. 22. m. ...
31. Sabbato acqua. Si và al mercato.
Dichiaratione de segni - {legenda}
P Significa di Precetto
D Di Devozione
V Vacanza delli fori (sospensione dell’attività lavorativa nei tribunali)
† Processioni, che si fanno
L * Aspetto della Luna col’ sole
N.S. Notte seguente
Z Quando si dà la dote alle Zitelle
Per esigenze compositive con le lettere
L e Z abbiamo sostituito i segni originali
della mezzaluna e della manina
20 Dioce
Marzo
2007
Il Cardinale Martini in visita
al carcere di Velletri
Festa e preghiera il 2 febbraio nella Casa
Circondariale di Lazzaria a Velletri con la
visita del Cardinale Carlo Maria Martini,
un appuntamento molto atteso da tutta la
struttura carceraria che ha visto particolarmente
coinvolto anche il nostro vescovo S.E. Mons.
Vincenzo Apicella.
Il Cardinale ha fatto visita ai detenuti per
festeggiare con loro alcune importanti ricorrenze della sua vita ecclesiastica in una giornata molto significativa nella liturgia,
ovvero la presentazione di Gesù al Tempio
(Lc 2,22-38). A spiegare i significati della festa conosciuta come la ‘candelora’ è
stato proprio il porporato durante l’omelia celebrata nella cappella interna al carcere: “Oggi è la festa dell’Offerta, perché
celebriamo l’offerta di Gesù con la sua presentazione al Tempio. Ma è anche la festa
dell’Incontro con l’incontro appunto con
Simeone e Anna che rappresentano il popolo di Dio e infine quella della Luce perché Gesù è definito da Simeone ‘luce per
illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele’”.
Il discorso è poi passato a farsi offerta, incontro e luce per i detenuti che Martini ha chiamato fin dall’inizio “amici” e hai quali ha
chiesto di avere coraggio perché “anche questo tempo passa e ci si ritrova con i frutti
che si sono seminati”. Anche quando si è
in condizioni di ristrettezza si può fare qualcosa di buono, questo ha voluto comunicare il Cardinale ai detenuti presenti attraverso un esempio personale: “Il tempo può
essere velocissimo quando si hanno molte cose da fare e non passa mai quando si
è in condizioni di ristrettezza e in questo
senso sento molto vicini i detenuti, a questa età sento le difficoltà della malattia ma
cerco di riempire la mia giornata. Auguro
a tutti voi che il vostro tempo diventi pieno ma non delle cose esteriori, , che non
sia inutile ma un tempi pieno della volontà di Dio. Dio è anche nelle cose che possiamo fare pur se piccole”.
La giornata è proseguita con i festeggiamenti per le ricorrenze personali del
Cardinale, il 2 febbraio del 1963 infatti Martini
diede i voti solenni da Gesuita, lo stesso
giorno del 1980 gli venne affidata l’arcidiocesi di Milano mentre il 2 febbraio del
1983 Papa Giovanni Paolo II lo nominò
La benedizione al termine della celebrazione
nella cappella interna al carcere
Cardinale. A completare la coincidenza di
ricorrenze il porporato ha ricordato come
Il momento della comunione
per la Chiesa Greca “oggi (il 2 febbraio appunto) corrisponde al 15 febbraio, giorno in
cui compirò, se Dio vorrà, ottanta anni”.
A concludere l’incontro, iniziato con un ringraziamento rivolto a tutti i presenti, l’invito del porporato a pregare per il Medio
Oriente, perché arrivi la pace in una terra
dove sono molte le persone che soffrono.
Una bella mattinata di festa quella regalata dal Cardinale Martini a quedi Fabio Ciarla
sta parte della nostra Diocesi,
con la quale si è intrattenuvicedirettore
to anche dopo la messa per
un momento conviviale
intorno ai dolci preparati per l’occasione
da alcuni detenuti. Prima di andare via il
Cardinale ha ricevuto l’invito del Vescovo
Apicella a tornare, a stringere un rapporto più intenso con la nostra Diocesi. Visto
che Martini nei suoi periodi di riposo in Italia
passa molto tempo vicino a Velletri, la possibilità di riaverlo presto tra noi esiste e sicuramente il nostro Vescovo la perseguirà.
L’abbraccio con il Vescovo Apicella
Gli ottanta anni il Cardinale Carlo Maria
Martini li ha festeggiati poi anche in maniera ufficiale nel suo ‘ritiro italiano’ che è la
casa dei Gesuiti di Galloro. In particolare nella adiacente chiesa di S. Maria Assunta
sabato 17 febbraio il Cardinale ha celebrato
la santa messa con il Vescovo di Albano S.E.
Marcello Semeraro e il Vescovo emerito della stessa comunità S.E. Gillét (vedi foto).
Presenti anche la sorella Maris e il nipote
Giovanni oltre a numerose autorità civili
e centinaia di fedeli.
21 Chies
Marzo
2007
Il ricordo della prima fase del processo
di canonizzazione del Ven. Filippo Visi da Velletri
Dopo la canonizzazione, avvenuta il 21 novembre 1999, di S. Tommaso da Cori (1655-1729) presbitero dell’Ordine dei Frati Minori nato, al tempo,
nella diocesi veliterna, si è in attesa della beatificazione di un’altra figura parimenti degna di salire sugli altari, il Ven. Filippo Visi da Velletri (17041754), presbitero della stessa religione. L’occasione
di riparlarne ci è data nel mese di marzo perché
proprio in questi giorni cade il giorno della sua nascita, per l’esattezza il 4,
mentre in questo anno
cadono i 250 anni dalla chiusura della prima
fase del suo processo
di canonizzazione, istruito subito dopo la sua morte, negli anni 1756-57
- a fronte dei tanti miracoli ed apparizioni che
iniziarono a manifestarsi - ed a seguito del
quale furono dichiarate eroiche le sue virtù
cristiane, con decreto del
24 marzo 1833, per cui
il Nostro può essere chiamato con il titolo di
Venerabile. Nella fase
successiva, dopo il riconoscimento, da parte della “Congregazione per
le Cause dei Santi”
[della quale è membro
anche il nostro Vescovo
Emerito Mons. Andrea
Maria Erba] di un primo
miracolo ottenuto per Sua intercessione, si arriverebbe alla dichiarazione di Beato; con un secon-
do miracolo ancora si perverrebbe alla proclamazione
a Santo. Da due secoli e mezzo, si è in attesa del
primo miracolo onde poter concludere positivamente
il processo di beatificazione. Per molti santi la causa si è chiusa in pochi anni, altri dopo secoli…
Presso la Biblioteca Comunale di Velletri, manoscritto MS V 9 [Processus Servi Dei P. Philippi
Visi a Velitris…] ed altri volumi, è conservata la “Positio”,
ovvero la raccolta delle testimonianze, dei documenti e della conseguente
“dimostrazione ragionata” delle virtù eroiche.
Al fine di favorirne la diffusione del culto, onde
impetrarne il miracolo,
nell’anno 1844 venne edita, in 85 pagine, una
«VITADELVENERABILE
SERVO DI DIO P. FILIPPO DA VELLETRI…»
basata sulla documentazione del processo;
dopo oltre un secolo, nell’anno 1961, il Convento
di S. Lorenzo in Velletri
stampò un libricino; un
quadro del Venerabile è
conservato presso la parrocchia di S. Martino in
cui era nato. Nell’anno
1972 il Suo corpo venne trasferito dall’Aracoeli,
dove era morto il 19
Maggio 1754, al Ritiro
di Bellegra, nella cui chiesa oggi riposa assieme
ad altri santi francescani. Alcuni anni orsono il Comune
di Velletri intitolò al Ven. Visi una strada (la data
di nascita sulla tabella in marmo è errata, 1707
invece del 1704). Una biografia ed alcuni documenti sono consultabili all’indirizzo internet
http://www.velletri.net/a/filippi/filippo_visi.htm
Bisognerebbe oggi mettere in atto delle iniziative
per far conoscere questa figura, pubblicarne una
biografia moderna,
diffonderne delle immaginette, organizzare un di Tonino Parmeggiani
gruppo di preghiera…
Postulatore ne è P. Paolo Lombardo del Convento
dell’Aracoeli
Commentarium in septem Psalmos poenitentiales
Mercoledì 7 marzo a Segni la presentazione dell’ultima fatica di Stanislao Fioramonti
nella sua opera di traduzione delle opere di Papa Innocenzo III
Innocenzo III, Miseria della condizione umana, Edizione italiana a cura di S.
Mercoledì 7 marzo a Segni l’ Editrice del Verbo Incarnato (EDIVI) preFioramonti e G. B. Marinotti, Presentazione del card. Vincenzo Fagiolo, Edizioni
senterà l’ultima fatica di Stanislao Fioramonti nei locali del seminario
diocesi di Velletri-Segni 1998.
vescovile in piazza San Pietro 2 alle ore 17. Si tratta della prima ediInnocenzo III, L’Eucaristia (De Sacro Altaris Mysterio Liber IV), I edizione itazione italiana del Commentarium in septem Psalmos poenitentiales di papa
liana a cura di S. Fioramonti, Presentazione di mons. Andrea M. Erba, LEV,
Innocenzo III (1198-1216). Il volume rappresenta anche il completamento
2000.
della traduzione italiana di tutte le opere teologico-moraInnocenzo III, Elogio della Carità (Libellus de Eleemosyna,
li del grande pontefice medievale, originario della dioceEncomium Charitatis), I edizione italiana a cura di S. Fioramonti,
si di Segni; un lavoro sviluppato nel corso dell’ultimo decenPresentazione di mons. Andrea M. Erba, LEV, 2001.
nio dallo stesso Fioramonti e pubblicato, oltre che dalla
Innocenzo III, Il sacrosanto mistero dell’Altare (De Sacro
Edivi, anche dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV). Esso
Altaris Mysterio, Libri I-VI), I edizione italiana a cura di
viene a colmare, si spera, un vuoto culturale secolare, dovuS. Fioramonti, Presentazione di don Manlio Sodi, LEV,
to al fatto che del “nostro” pontefice è stata molto studia2002.
ta, apprezzandola o criticandola, solo la valenza politica
Innocenzo III, I quattro tipi di matrimonio – Dialogo tra
e giuridica, trascurando invece completamente il suo aspetDio e il peccatore (De quadripartita specie nuptiarum –
to teologico, esegetico, morale e caritativo. Una personaDialogus inter Deum et peccatorem), I edizione italiana
lità poliedrica, quella di Innocenzo III, ancora ricordata
a cura di S. Fioramonti, Presentazione del p. Elvio Fontana,
dagli ultimi suoi successori, in particolare Giovanni XXIII
EDIVI, 2005.
e Benedetto XVI.
Innocenzo III, Sermoni (Sermones), I edizione italiana a
In calce l’elenco dei volumi precedentemente accennati mencura di S. Fioramonti, Presentazione di mons. Andrea M.
tre sono in corso di pubblicazione per la Edivi due altri
Erba, Introduzione di don Ottorino Pasquato, LEV, 2006.
lavori a cura di Stanislao Fioramonti: Gesta di papa Innocenzo
Innocenzo III, Commento ai sette Salmi penitenziali
III, biografia del pontefice redatta da un anonimo curia(Commentarium in septem Psalmos poenitentiales), I edile suo contemporaneo; 2) Miseria della condizione umana,
zione italiana a cura di S. Fioramonti, Presentazione di mons.
l’opera innocenziana più famosa, nota anche con il titolo
tardivo di De contemptu mundi.
La copertina del Commentarium Luigi Vari, Introduzione di p. Arturo Ruiz, EDIVI, 2006
Clausura e 22
Marzo
2007
“¡Beati coloro i cui giorni sono tutti uguali! Lo stesso significa un giorno che altro, lo stesso un mese
che altro, lo stesso un anno che un mese. Hanno vinto il tempo, vivono su di esso e non sono soggetti ad
esso. Non c’è per loro che le differenze dell’alba, il
mattino, il mezzogiorno, la sera, la notte; la primavera,
l’estate, l’autunno e l’inverno. Se coricano tranquilli
aspettando il nuovo giorno e si alzano contenti a viverlo. Tornano ogni giorno a vivere lo stesso giorno. è
raro che si formino una idea del suo Signore, perché
vivono in Lui e non lo pensano, ma lo vivono. Vivono
a Dio, che è più che pensarlo, sentirlo o volerlo. La
loro preghiera non è qualcosa che risale e si separa
dal resto dei suoi atti, né hanno bisogno di raccogliersi
per farla, perché tutta la loro vita è di preghiera. Pregano
vivendo. E finalmente muoiono come muore la chiarezza del giorno quando arriva la notte, andando a
brillare in un’altra regione. Beata semplicità! Una volta persa non si ricupera” (Miguel de Unamunu, Diario
Intimo).
“Fin dai primi secoli della Chiesa vi sono stati
uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare la condizione
dal Convento di clausura di servo del Verbo
incarnato, e si
‘Madonna delle Grazie’
sono posti alla
sequela vivendo in modo specifico e radicale, nella
professione monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione battesimale al mistero pasquale della sua
morte e risurrezione. In questo modo, facendosi portatori della Croce, si sono impegnati a diventare portatori dello spirito, uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la storia con
la lode e l’intercessione continua, con i consigli ascetici e le opere della carità”1.
Ripetute volte ci hanno chiesto cosa succede dentro di un monastero mentre il mondo si dibatte nelle
oscillazioni della vita. Possiamo descrivere la vita contemplativa come l’ha fatto la Beata Elisabetta della
Trinità: “La vita di tutte le contemplative è una comunione ininterrotta con Dio dal mattino fino alla sera e
dalla sera fino al mattino”2. In questo modo le religiose contemplative consacrano le loro vite all’unione con Dio e per quest’unione, tutte ed ognuna delle azioni che realizzano nella loro giornata hanno un
chiaro valore redentore giacché si offrono con Cristo
per la salvezza del mondo, perché come afferma l’Apostolo:
chi si unisce une al Signore forma con Lui un solo
spirito (1 Co 6, 17). La loro testimonianza silenziosa
costituisce una chiamata alla preghiera ed alla verità dell’esistenza di Dio, ed è per questo che esse sono,
per gli altri uomini, testimoni della trascendenza.
Questa vita “lontana da tutto”, comporta una povertà radicale ed una rinuncia non solo alle cose, ma anche
allo spazio3; significando non una diserzione egoistica
dei problema che ci avvolgono ma piuttosto un’offerta
occulta che inoltre all’aspetto di sacrificio ed espia-
zione, acquisisce la dimensione
dell’azione di
grazia al Padre, partecipando dell’azione
di grazia del
figlio prediletto.
In questo modo,
lungi di dimenticarsi dei problemi del mondo attuale, la
suora contemplativa si fa solidale con ogni
uomo offrendo la
sua vita di preghiera davanti a
Dio, donatore
di ogni bene:
“le monache portano in cuore le sofferenze e le ansie di quanti ricorrono al loro aiuto e di tutti gli uomini e le donne”4.
Ogni contemplativa consuma il proprio sacrificio
nel cuore della Chiesa. Per il mistero di fede della comunione dei santi, la religiosa contemplativa si dispone
e si offre a Dio perché tramite la sua donazione tut-
ti i membri della Chiesa crescano in santità, avendo
fiducia nella fecondità del loro allontanarsi del mondo.
La vita nel Monastero è semplice, scandita per
la preghiera, il lavoro, lo studio, la lettura spirituale e
la lettura della Sacra Bibbia. La maggior parte del giorno si vive in silenzio perché è proprio lì, nella solitudine e nel silenzio, tramite l’ascolto della Parola di Dio,
l’esercizio del culto divino, la ascesi personale, la preghiera, la mortificazione e la comunione nell’amore
fraterno, dove si orientano tutta la loro vita e la loro
attività alla contemplazione di Dio; ed in fine soltanto in questo consiste la vocazione contemplativa: “vivere in Lui”5, trasformandosi la loro vita in un anticipo
del Cielo, dove tutto sarà un “eterno adesso”.
1 Esortazione Apostolica Postsinodale
Vita Consecrata, 6.
2 Suor Elisabetta della Trinità, Lettera a
Françoise de Sourdon, 1904.
3 Cf. Istruzione sulla vita contemplativa
e la clausura delle monache Verbi Sponsa,
della Congregazione per gli Istituti di Vita
Consacrata e le Società di Vita Apostolica del
13 maggio 1999, n. 3.
4 Ibidem, n. 8.
5 Suor Elisabetta della Trinità, Lettera a
Germaine de Gemeaux del 14 settembre 1902.
avevano il diritto di sposare e di essere
esonerati dall’obbligo del lavoro materiale per il proprio sostentamento, in modo
di potersi dedicare completamente al ministero.
Paolo questi diritti li afferma sulla linea di principio, ma li rinuncia in linea di fatto, date le sue
possibilità di autosostentamento. Al di là della
rinuncia di Paolo noi ci chiediamo perché è così
importante per l’apostolo affermare il diritto di
avere una “moglie cristiana” al seguito, tanto da
doverlo non tanto praticare quanto ufficialmente affermare? Forse all’inizio potrebbero esserci state motivazioni pratiche, come il disbrigo delle pratiche domestiche poteva richiedere. Anche
questo; ma soprattutto una “moglie cristiana” nel
ministero degli apostoli avrà assolto al compito più importante di filtrare le situazioni difficili che il tempo delle persecuzioni comportava ed
avrà confortato gli apostoli contro lo scoramento
degli insuccessi e, come la madonna aveva insegnato in Galilea prima e a Cana poi, li avrà stimolati nel ministero quando le situazioni lo richiedevano ed essi erano per varie ragioni titubanti. Certamente per il Diaconato le mogli sono una
risorsa preziosa. Intanto perché la chiamata al Diaconato,
sia pur riferita al marito, è stata rivolta alla coppia ed anche le mogli hanno firmato l’atto di assenso. Soprattutto però esse sono importanti perché
ricordano l’ascolto e servono il sostegno. Esse
infatti, non essendo direttamente coinvolte ma
sentendosi fortemente interrogate, come il sacramento del matrimonio e l’impegno sottoscritto
richiedono, servono il ministero nell’ascolto ed
al ministero offrono tutto il sostegno che possono
dare, appunto con umiltà e generosità. I Diaconi
si sono trovati spesso in situazioni difficili e la
spossatezza talvolta li ha fiaccati; ma queste donne cristiane sono state loro vicine e li hanno sostenuti e stimolati con discrezione e determinazione come già fecero Aronne e Cur quando sostennero con efficacia le mani e la preghiera di Mosè
(Es. 17, 12) o come aveva già fatto la moglie di
Pilato quando, nel tentativo di salvare Gesù dalla condanna, aveva mandato a dire al marito senza esserne richiesta: “non avere a che fare con
questo giusto, perché oggi fui molto turbata in
sogno” (Mt. 27, 19). Ascolto, servizio, sostegno
e stimolo sono le parole-chiave per un ministero che si muove nelle situazioni difficili.
La moglie del diacono
Diacono Pietro Latini
Sabato 27 gennaio 2007 il Vescovo si è incontrato con i Diaconi e le loro famiglie. L’incontro
si colloca all’interno del piano annuale di formazione che prevede ricerche personali dei Diaconi,
verifiche periodiche con il Vescovo e con i parroci ed incontri con esperti qualificati. Il
Vescovo nella riflessione ha parlato dell’importanza del matrimonio nella vita della Chiesa e
del ruolo che riveste il coniuge specificamente
nell’esercizio del ministero diaconale e più in generale in quello degli altri ministeri. E’ stata la provocazione che ci ha spinti in ulteriori riflessioni dopo la conclusione del vescovo. La moglie
per il servizio apostolico non è né freno né impedimento, ma diritto. Lo afferma fortemente ed
inequivocabilmente l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi al verso cinque: “… non
abbiamo forse il diritto di portare con noi una
donna credente, come fanno gli altri apostoli e
i fratelli del Signore e Cefa?”. Qui il diritto che
l’apostolo Paolo afferma è diritto fondamentale perché posto insieme a quello del sostentamento
dell’apostolo da parte della Comunità e perché
richiamato in linea di principio, dato che sul piano pratico l’apostolo lo ha già rinunciato. La donna cristiana secondo una comune interpretazione significherebbe la donna missionaria cooperatrice ed indicherebbe, come hanno pensato i
Padri della Chiesa, quelle donne che accompagnavano Gesù nei viaggi del suo ministero pubblico e provvedevano alle necessità materiali del
gruppo (Lc 8,2). Numerosi esegeti cattolici hanno riproposto una tale interpretazione. Ma
adelph? – l’originale greco di donna cristiana significa <<sorella in Cristo>> cioè moglie cristiana, come la stessa lettera poche righe prima
suggerisce al versetto 15 del capitolo 7 ed anche
nell’uso del greco classico “gynaika periagein”
significa <<avere una moglie>> e non <<avere
una compagna di viaggio>>. Pietro era uomo sposato quando Gesù lo chiamò (Mc 1,30); probabilmente tutti e dodici erano sposati quando Gesù
li chiamò, ad eccezione di Giovanni, l’apostolo
vergine. Come gli atri apostoli anche Paolo e Barnaba
D i o c e s 23
Marzo
2007
Tra novembre
2006 e l’inizio di febbraio
del corrente anno tre classi del II° anno della scuola media statale “don
Cesare Ionta” di Segni
hanno frequentato
l’Archivio per un ciclo
di lezioni nell’ambito del
progetto “Noi nella storia”, nato dalla collaborazione tra gli insegnanti
della stessa scuola (rappresentati dalla prof.ssa
Fernanda Spigone) e lo
staff scientifico dell’istituzione diocesana.
Alle nove lezioni hanno partecipato più
di sessanta ragazzi che
hanno scoperto (attraverso
gli interventi del direttore dell’Archivio, di
Giampaolo Buontempo,
di Alessandro Capitani e
di Francesca Blasetti
che li ha seguiti costantemente più di ogni
altro) il fascino unico della storia raccontata attraverso il contatto visivo ed
emotivo con le carte originali dell’epoca: quale il caso di un gruppo di rarissimi documenti contabili del Cinquecento,
ritrovati durante il riordinamento
dell’Archivio (dopo il 1998) e restaurati
con il sostegno
di Alfredo Serangeli
dell’Amministrazione Comunale. Un corpo di
antiche carte con
Direttore dell’Archivio
Storico “Innocenzo III” i n f o r m a z i o n i
assolutamente
uniche sulla vita sociale ed economica,
sulla storia dell’arte, sulla topografia, sul
paesaggio agrario, sul sistema viario del
territorio segnino, e non solo. Di questi registri, ben otto sono anteriori al famoso Sacco di Segni del 1557, durante la
Guerra di Campagna che oppose il papa
Paolo IV alla Spagna di Filippo II, e due
(1514, 1518) contemporanei di Leonardo
da Vinci, al quale sono anche idealmente
legati in qualche modo dalla circostan-
za del loro restauro avvenuto nello stesso laboratorio (Abbazia di Grottaferrata)
cui si deve il recupero del Codice Atlantico.
Quest’ultimo evento ha suscitato, in particolare, l’interesse più vivo
dei ragazzi che, affascinati, chiedevano
di poter toccare le antiche carte, quasi
a carpirne il fluido segreto dei tanti secoli trascorsi dalla loro redazione.
Altro stimolo particolare è
venuto, poi, dalla singolarità delle note
di un registro contabile del 1555, in cui
sono state riportate meticolosamente le
spese della generosa ospitalità offerta dal
vescovo Ambrogio Monticola Ceccardi
al delegato del principe Marcantonio
Colonna, che solo due anni dopo, nell’agosto del 1557, guidò le truppe
imperiali alla presa di Segni, dove: “oltre
al sacco, et le uccisioni fu messo fuoco
nelle case, et arsa di maniera la città
tutta…”.
La vita vera di una piccola comunità, dove la parsimonia era una regola costante ed importante, è affiorata ed
apparsa del tutto evidente nel riutilizzo,
come coperta di un
registro del 1541, di
un cartone proveniente
da un antico e perduto protocollo notarile, recante il motto: “TUE-SO-CHIACHERE-CO-L’OCHIO-VEDITE-ELA lato
Francesca Blasetti
mostra uno
dei preziosi
documenti conservati
nell’Archivio segnino
In alto
una delle classi
durante le lezioni
FATO-VERO”.
Nel loro viaggio nel tempo i ragazzi hanno avuto modo di incontrare anche
due personaggi, tanto sconosciuti ai più
quanto importanti nella storia della città, ossia: il duca Alessandro Sforza e la
sua consorte Eleonora Orsini, figlia nientemeno che di Isabella de’ Medici (la più
bella e colta delle figlie di Cosimo ed
Eleonora di Toledo, vero astro splendente
della corte fiorentina) e Giordano Orsini
(duca di Bracciano e valoroso condottiero, che partecipò anche alla battaglia
di Lepanto contro i turchi nel 1571). In
questo caso l’attenzione massima dei ragazzi si è avuta quando, attraverso il computer, hanno potuto ammirare lo splendido ritratto di Isabella de’ Medici, fatto dal Bronzino, ed il sigillo impresso
su cera del duca Alessandro, corredato
dalla sua firma autografa.
Lo staff della nostra istituzione si è prodigato anche nel far capire una
serie di concetti, solo apparentemente astrusi e lontani dall’interesse immediato: cos’è
un archivio, come nasce, qual è la differenza con la biblioteca, cos’è un archivio corrente e cos’è un archivio storico, il riordinamento e l’inventario di un
archivio storico. Dopo quest’ampia ma
necessaria introduzione ai ragazzi è stata fatta una rapida storia dell’archivio
di Segni e della sua struttura, nonché una
esercitazione pratica attraverso una
breve ricerca genealogica. Le lezioni si
sono concluse con la conoscenza sorprendente dell’archivio fotografico,
ormai in rapida crescita anche se non ancora in consultazione, che ha interessato
i ragazzi oltre che per la varietà e molteplicità delle immagini dedicate alla città, al territorio ed ai suoi abitanti, anche
per il sistema attraverso cui esse diventano un documento portatore di informazioni, al pari di ogni altro presente
negli scaffali dell’Archivio “Innocenzo
III”.
24 Socie
Dall’analisi dei dati statistici elaborati in base agli indici ISTAT, relativi all’anno appena concluso, emerge una società che teme il futuro:
ormai il 10% dei lavoratori è precario.
Cresce in Italia l’incertezza nel futuro dall’analisi dei dati relativi al precariato e al lavoro a tempo determinato. Lo ha affermato recentemente
il Presidente dell’Istat, Luigi Biggeri,
illustrando in Parlamento alcuni dei
dati già disponibili dell’anno appena concluso.
Intervenendo alla Camera dei
Deputati, Commissione Lavoro,
per l’indagine conoscitiva “sulle cause e le dimensioni del precariato nel
mondo del lavoro”, Buggeri ha dichiarato: “Nel secondo trimestre 2006
le persone con un rapporto lavorativo
subordinato a termine erano 2milioni 214mila, pari al 9,5% del totale
dell’occupazione. Se ai contratti a
tempo determinato si associano le
collaborazioni e le prestazioni d’opera occasionali (considerate tipologie di lavoro autonomi) si costituisce un insieme di persone che
svolgono un lavoro temporaneo. Si
tenga presente che tra collaboratori e prestatori d’opera occasionale
oltre il 90 per cento lavora per un
solo committente e che circa il 52%
lavora sempre nella stessa sede e
segue un orario imposto dal datore di lavoro, indicatori questi di forte parasubordinazione”.
L’aggregato complessivo – continua l’analisi Istat
– dei dipendenti con contratti a termine, dei collaboratori e dei prestatori d’opera nel secondo trimestre ammontava a circa 2milioni 735mila persone (11,8 per cento dell’occupazione totale), di
cui 1milione 327mila uomini e 1milione 408mila
donne.
Un lavoratore su dieci ha un contratto
a termine
Sono, quindi, oltre 2,2milioni gli occupati che nel
secondo trimestre del 2006 risultavano avere un
contratto a termine, poco meno di un lavoratore
su 10 (il 9,5%).
Secondo gli ultimi dati Istat a fronte di 23.187 occupati complessivi di cui 17.015.000 dipendenti risultavano avere un rapporto di lavoro a tempo determinato 2.214 persone, in aumento di 166.000 unità (+8,1%) rispetto allo stesso trimestre del 2005.
L’aumento dell’occupazione a termine è stata superiore rispetto a quello della media dell’occupazione
(+2,4% nel secondo trimestre 2006 rispetto allo
stesso periodo del 2005) e a quello della media
dei dipendenti (+3%). Se gli occupati a tempo determinato nel secondo trimestre 2005 rappresentavano il 9% degli occupati la percentuale nel secondo trimestre del 2006 quest’anno è salita al 9,5%.
Nel lavoro dipendente l’occupazione precaria è in
continuo aumento e determina una fascia di “nuove povertà”, una categoria di persone quantitativamente crescente, che scivolano lentamente verso una condizione di bisogno. Un processo, che
allo stato appare inarrestabile, di esclusione ed
emarginazione sociale che allargato alle famiglie
di questi precari arriva a coinvolgere un cerchio
più ampio di popolazione direttamente coinvolta:
Marzo
2007
ben sette-otto milioni di italiani.
Nuove povertà e condizione giovanile
In parallelo a questo dato ISTAT, da cui emerge
come disoccupazione e lavoro precario penalizzano maggiormente il mezzogiorno d’Italia, si può
leggere il Rapporto Eurispes – Telefono Azzurro
su infanzia e adolescenza dal quale apprendiamo che i bambini del mezzogiorno sono i più poveri d’Europa e numerosissimi sono i minorenni sfruttati nel nostro Paese: Secondo le stime della Banca
d’Italia il 20% dei minorenni italiani vive in condizioni di forte disagio economico. In Italia, secondo i dati forniti dall’Istat per il 2005, sono 2milioni 585mila le famiglie che vivono in condizione di
povertà relativa (addirittura l’11,1% delle famiglie
residenti).
Come si rileva, sempre nel 2005 vi sono stati alcuni lievi segnali di miglioramento rispetto al 2004,
anno in cui si è stata registrata un’incidenza del
11,7% di famiglie povere. Tra il 2003 e il 2004 invece gli unici segnali positivi si registravano al Nord,
dove l’incidenza della povertà si riduceva dal 5,5%
al 4,7%, mentre cresceva al Centro (dal 5,8% al
7,3%) e, in misura maggiore, al Sud (dal 21,6%
al 25%).
Nel 2005, invece, la situazione migliora leggermente
in tutte le aree geografiche considerate (4,5% al
Nord e 6% al Centro); tuttavia si può parlare di
una certa stabilità del fenomeno. Inoltre, il
Mezzogiorno mantiene elevati livelli di povertà (24%),
confermando ancora una volta l’esistenza di un
notevole divario tra il Nord e il Sud del Paese.
L’incidenza della povertà tra le famiglie con minori assume connotazioni sempre più marcate man
mano che aumenta il numero dei figli. Nelle regioni meridionali, in particolare, la percentuale di famiglie povere arriva a raggiungere il 42,7% quando
si considerano i nuclei con tre o più figli. E, tra l’al-
tro, le famiglie con figli minori hanno una probabilità più elevata
rispetto alle altre, non solo di
essere povere, ma anche di rimanere in questa condizione.
La “cultura della povertà – rileva il
Rapporto – è un vero e proprio ecosistema: un’interazione tra individui,
famiglie, servizi pubblici, alloggio,
trasporti, opportunità economiche,
nonché fattori ambientali quali paura, squallore e violenza, dalla
povertà minorile allo sfruttamento,
il passo è breve”. In molte famiglie
povere si riscontra una propensione favorevole al lavoro precoce dei
figli allontanati dalla scuola.
A tale proposito i dati del rapporto
Ires-Cgil, 2005 mostrano quanto le
dimensioni del fenomeno siano impressionanti: i minorenni sfruttati nel nostro
Paese, sarebbero, numerosissimi. La Cgil stima, infatti, l’esistenza di un range di 460.000-500.000
minori (tra questi gli stranieri sono
circa il 9-10%), che svolgono lavori precoci. Quanto al tipo di lavoro
svolto, i minori collaborano prevalentemente ad attività di tipo commerciale, spesso gestite dalle famiglie (il 25,7% in un negozio e il 12,2%
in un’attività legata alla ristorazione). Risultano presenti anche nei
lavori svolti in strada, riconducibili
prevalentemente alla vendita ambulante (9,8%), oppure in lavori artigianali a domicilio, a supporto di solito all’attività di familiari (12,2%),
lavori in campagna (10,4%). Non mancano poi i
minori addetti a lavori in casa (/%), in cantiere (6,1%),
in fabbrica (4,9%), in officina e distributori di benzina (3,7%) e in campagna (3,4%). Si inizia, generalmente, fra gli 11 e 14 anni a sperimentare collaborazioni occasionali, quasi sempre sotto la spinta della famiglia stessa. Il precoce inserimento nel
mondo del lavoro allontana i ragazzi dallo studio
e dalla possibilità di miglioramento sociale per uscire da una condizione marginale, già vissuta e sperimentata in famiglia. Se le nuove generazioni rappresentano la strategia di sviluppo futuro debbono diventare anche il centro dell’impegno, non solo
sociale quanto legislativo. Il lavoro, allora, non deve
essere un episodio occasionale o un privilegio ma
rappresenta il terreno di sfida per la costruzione di un’e- di Rigel Langella
conomia etica e solidale.
Una vera strategia “imprenditoriale” deve contemplare nella logica del profitto anche la giustizia: “scopo e misura intrinseca di ogni politica (cf Deus caritas est).
Appare condivisibile, alla luce dei dati illustrati sopra,
l’analisi di alcuni sociologi che affermano la necessità di “deprecarizzare il lavoro per deprecarizzare
la società”. Il primo problema della questione giovanile e della questione famiglia non può prescindere
dalla condizione del mercato del lavoro. Non è un
caso che la Francia, uno stato certamente molto
laicista, ma certamente anche molto attento alle
politiche di concreto sostegno alla famiglia, alla
casa e a tutte le situazioni di disagio o handicap,
non conosca il calo demografico che investe il nostro
paese.
Ma questa è un’altra storia che forse merita un ulteriore approfondimento.
25
Marzo
2007
La discussione sempre aperta sulla scuola è positiva, perché evita ogni acquiescenza
al modello esistente, spingendo alla ricerca di modelli più rispondenti alle esigenze di formazione degli individui e alle istanze di trasformazione e di miglioramento
della società. E ciò è importante sia sul
piano teorico, nella ricerca della giusta idea
di scuola, sia sul piano pratico, in relazione
alla scelta dei contenuti e dei metodi più
adeguati da adottare.
La “Casa gioiosa” di Vittorino da
Feltre è la scuola più celebre dell’umanesimo, aperta a Mantova nel 1423, per
desiderio del duca Gian Francesco
Gonzaga. L’idea ispiratrice, per il grande educatore di quell’epoca di “rinascita”
dell’uomo, secondo il principio della formazione “integrale” della personalità, è dunque la gioia. Anche oggi è bene insistere
sulla necessità, per l’educazione, di un clima sereno, che stimoli l’alunno ad apprendere senza ostacoli
e senza paure che,
a cura del
talvolta, al di là delprof. Antonio Venditti
le proclamazioni,
si instaurano negli
ambienti scolastici, alla deriva rispetto ai
loro fini. Se così non fosse, non si capirebbe il perché di denunce di disamore per
lo studio in ambienti scolastici di scarsa
“serenità”, dove lo studio è motivo di turbamento e di sfiducia. A scanso di equivoci c’è da dire che ancor più marcata è
la denuncia di scuole molto “spensierate”
dove, in un clima di sregolatezza, poco
o niente ci si preoccupa del raggiungimento
di obiettivi educativi e didattici, venendo
così meno alla loro specifica funzione.
camente e, a tal
fine, cura il
corpo, l’ingegno
e il cuore.
Le discipline
d’insegnamento, basate su
opere grecolatine e patristiche, secondo
la ripartizione
del “trivio” (grammatica, dialettica e
retorica) e del “quadrivio” (aritmetica, geometria, astronomia e musica), erano integrate da elementi di algebra, filosofia, storia e pittura. Era praticata ampiamente l’educazione fisica. Fondamento di tutta l’opera educativa era la formazione cristiana e morale.
Vittorino da Feltre è un esempio di educatore geniale, che ha avuto “successo” nel
suo tempo, nonostante le sue scelte allora ardite. Nella sua Scuola, frequentata
dai figli dei nobili e dei maggiori umanisti, accolse anche i figli dei poveri, purché avessero attitudine per gli studi e fossero virtuosi, perché allontanava comunque gli inetti e i viziosi.
Il suo modello “direttivo” appare ancora
valido, legato com’era profondamente al
buon funzionamento scolastico, fondato
sull’insegnamento. Egli stesso, nei primi
anni, insegnò direttamente, data la sua vasta
e profonda conoscenza degli autori classici. Si preparava con scrupolo alle lezioni. Il metodo adottato era certamente “attivo”, nel senso che si sforzava di rendere
interessanti gli argomenti di studio e stimolava gli interventi degli alunni, che invitava alla “ricerca” personale nella Biblioteca
, da lui allestita accuratamente.
Prima ancora che attraverso le ore di lezione e di studio, egli scrutava le “personalità” in libere attività, tra cui il gioco, come
spontaneamente rivelatrici delle facoltà dei
discepoli, della loro indole, delle predisposizioni e degli interessi, partecipando
direttamente con slancio, come se fosse
uno di loro.
Puntava molto sull’esempio: richiedeva quello che egli stesso dimostrava di fare puntualmente.
Sapeva essere anche “severo”, ma restava sempre “tenero”, ossia mai veniva meno
quel sentimento profondo che lo legava
ad ogni suo alunno, la cui formazione gli
stava veramente a cuore. Secondo le testimonianze degli stessi studenti, anche di
notte era presente : la sua “dolce figura
di maestro” si trovava vicina a chi era disturbato dall’insonnia e magari portava un
libro di cui suggeriva la lettura.
Di “maestri” del genere, che si lasciano
coinvolgere con passione nell’insegnamento,
assumendo pienamente il ruolo di guida
e di sostegno dei soggetti in formazione,
abbiamo bisogno più che mai oggi. Gli alunni, forse più soli del passato, devono poter
contare su educatori sempre disponibili,
a cui chiedere e da cui ricevere conforto
ed aiuto, per superare i tanti ostacoli nel
loro itinerario di crescita.
Discorso questo improponibile per docenti distratti e svogliati, che sono mentalmente
già fuori dalle aule prima del rituale suono della campanella ed escono senza alcuna considerazione di eventuali disagi di
alunne/i.
L’attività scolastica attuale si conclude nell’arco di cinque o sei ore, che sono una
minima parte dell’intera giornata. Se
poi, con motivazioni varie e discutibili, che
poco hanno a che fare con le esigenze educative, le scuole restano chiuse per l’intera giornata del sabato, con pasticciati recuperi in ore pomeridiane, anche dove
mancano mense e spazi ricreativi, allora il “vuoto” educativo è grande, specialmente
se i genitori lavorano anche in quel giorno “festivo” per la scuola, perché i figli
restano soli, in balia di se stessi.
Se ragazze e ragazzi, prima di avventurarsi in certe esperienze, destinate a
lasciare il segno nella loro fragile personalità, potessero rivolgersi ad una figura
veramente “educatrice”, disposta ad ascoltare e ad aiutare sempre, senza limiti di
tempo e senza condizioni, sicuramente sentiremmo parlare meno di sbagli gravi, di
trasgressioni e deviazioni, con preoccupanti ripercussioni nel futuro dei giovani.
Vittorino da Feltre resta, dopo secoli, un
Vittorino da Feltre, volendo reagire all’opesempio luminoso da seguire, per il recupressione esistente nelle scuole del suo tempero della piena coscienza della funziopo, più simili a “prigioni” che ad istitune educativa : funzione di indirizzo, di aiuzioni educative, ideò una scuola lieta, molto, di facilitazione del percorso di formazione
to rispettosa degli alunni, incentivadi alunne/i, che sono il “centro” attorti ad apprendere ed a crescere nel sapeno a cui gli operatori scolastici
re e nella virtù. Così fece scrivere ,
devono ruotare, con dedizione assoLa “Casa Gioiosa”
infatti, sulla porta d’ingresso: “Venite,
luta, in umile spirito di servizio.
fanciulli : qui si istruisce, non si torDipende in gran parte dagli educatori
di
Vittorino
da
Feltre,
menta”.
la “scuola nuova” di cui tanto si disUna scuola, quella fondata dal grancute e da tanto tempo. Nell’ideazione,
aperta
a
Mantova
nel
1423,
de educatore, che sembra all’avanguardia
da cui deve svilupparsi la pratica attuaper quei tempi, ma, a ben vedere, è
zione, si delinea certamente una
è la scuola più famosa
fedele interprete dell’umanesimo,
scuola serena e rassicurante come la
perché è incentrata sull’uomo, che vuocasa e quindi luogo di vita lieta e prole formare integralmente ed armonificua: la “Casa gioiosa”.
dell’Umanesimo
26 Cultu Il digiuno associato alla preghiera
diventano il modo per Israele di
scongiurare il castigo del Signore,
ma allo stesso tempo la carestia
viene considerata una sorta di punizione divina e per questo l’uomo giunge a volte a richiedere
il digiuno collettivo e la preghiera
per invocare la pietà del Signore:
“…il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito il succo dell’olivo…la vite
è seccata, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli
alberi dei campi sono secchi, è
inaridita la gioia tra i figli dell’uomo” (Gl 1,10).
Daniele digiuna e prega perché
finisca l’assedio di Babilonia; Giona
dopo tre giorni nel ventre del pesce
viene avvisato dal Signore della prossima distruzione di Ninive
nei successivi quaranta giorni e
per questo invita tutti a digiunare insieme a lui e grazie a ciò
Dio impietositosi risparmiò la città. Digiunò anche Dario, costretto a gettare Daniele nella fossa
dei leoni.
Come abbiamo già evidenziato,
il digiuno viene spesso associato
alla preghiera, costituendone una
forma di rafforzativo, ma anche
uno stile di vita dell’uomo che dedica la
sua vita interamente a Dio: è il caso di Giovanni
Battista che trascorre molto tempo nel deserto, luogo indubbiamente eletto per la pratica in questione. Leggiamo infatti riferito al nostro personaggio:
“…il suo cibo erano locuste e miele selvatico”(Mt 3,4)
Mangiare locuste non era una stranezza riferibile solo al Battista, infatti sembra che
diverse tribù nomadi confezionassero un
pane altamente proteico prodotto appunto con una sorta di sfarinato di locuste, che
previa tostatura venivano ridotte appunto
in farina.
Gesù che per primo invita a pregare il Padre
parlando di “pane quotidiano” esorta al digiuno, ma ad un digiuno segreto, profumando e lavando il corpo in maniera tale che
solo Dio ne sia a conoscenza. Così i discepoli di Gesù avranno un comportamento
in apparenza anomalo nei giorni di digiuno: non lo osserveranno e strapperanno le
spighe di sabato se colti dalla fame, perché non possono farlo in quanto Gesù è
ancora con loro e per questo non posso-
Marzo
2007
no essere in lutto. Riguardo al tema del sabato è Gesù stesso che sottolinea che anche
lo stesso Davide mangiò del pane che era
stato dato come offerta, da qui il detto “il
sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2, 25). Così anche
Gionata non rispetta il digiuno proclamato da suo padre Saul, infatti dopo la battaglia contro i Filistei mangia del miele e
“i suoi occhi si rischiararono” (1 Sam 14,27)
e si convinse di quanto inopportuna fosse la decisine del padre.
Gesù stesso viene presentato fanciullo che
non si allontana mai dal tempio e digiuna e prega giorno e notte.
Più volte la Scrittura ci presenta situazioni di digiuno forzato o apparente, come ad
esempio nel caso del profeta Elia, che salvato in segreto dal Signore, viene dissetato dalle acque del torrente Cherit e nutrito dai corvi con “pane al mattino e carne
alla sera” (1Re 17,2).
Il profeta Elia nel deserto trova improvvisamente accanto a sé “una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua” e
quel cibo gli basta per quaranta giorni e
quaranta notti fino a quando non ha raggiunto il monte Oreb, dove il Signore lo
attende.
Nel libro dell’Apocalisse la donna insidiata
dal drago che le vuole divorare il bimbo
appena nato, fugge nel deserto, luogo non
solo di preghiera, ma anche di rifugio per
i perseguitati “dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per
milleduecentosessanta giorni” (Ap 12,6)
In altri casi questa
di Emanuela Ciarla
pratica manifesta un
dolore personale
per un lutto o una
Docente di materie
malattia, come se la letterarie e sommelier
persona volesse
allontanare le gioie della vita, così faceva Giuditta in segno di lutto , oppure nel
caso di Ester che per salvare Israele chiese anche alla sua gente di digiunare per essere aiutata nella sua missione.
Anche i discepoli si prepararono al loro
compito digiunando e pregando, ma le loro
riunioni si svolgono a mensa , spezzando
il pane e nutrendosi del pane di vita lasciato come dono dal Maestro.
Cultur 27
Marzo
2007
La città prenestina, a poca distanza da Roma, entra nella
storia della musica sacra, grazie al musicista Giovanni
Pierluigi, detto il Palestrina,
che qui nacque tra il 1524 e
il 1525 da una famiglia benestante di commercianti.
Giovanni fu introdotto fra i pueri choriales nella basilica romana di Santa Maria Maggiore,
dove ricevette la sua educazione
musicale da parte dei Maestri
di Cappella, allora attivi a Roma,
per lo più musicisti franco-fiamminghi che si erano stabiliti
in Italia dopo il ritorno della
sede papale a Roma da
Avignone.
All’età di diciannove anni
Giovanni Pierluigi fu nominato
organista e maestro di canto in S.Agapito, cattedrale della sua città natale. Negli durante i quali ricoprì tale incarico,
ebbe modo di frasi apprezzare dal vescovo di Palestrina, il cardinale
Giovanni Maria Ciocchi del Monte, che infatti lo volle con sé a Roma quando divenne
papa con il nome di Giulio III .
Nel 1500 la musidi Mara Della Vecchia ca sacra non si
identificava più,
ormai, con l’antico canto gregoriano e, non
solo dal punto di vista stilistico, ma stava anche
perdendo il significato e lo spirito religioso
della musica delle origini; infatti il canto gregoriano è essenzialmente preghiera ed è strutturato per questo scopo, la polifonia rinascimentale,
ricercata e raffinata, è soprattutto un’arte nella quale la musica è preponderante sulla parola, tanto da rendere spesso incomprensibile il testo cantato.
Per questo, la Riforma luterana espresse
la sua opposizione alla Chiesa di Roma anche
attraverso la musica, Lutero promosse un repertorio di canti religiosi semplici, lineari, facili
da eseguire e che rispondessero all’esigenza
di preghiera da parte di un’assemblea di fedeli non musicalmente educati, ma desiderosi di partecipare attivamente alle celebrazioni
liturgiche. Così il Palestrina, nella sua nuova posizione di Maestro di cappella a
Roma, si trova a vivere uno dei periodi più
cruciali della chiesa cattolica: la Controriforma,
che nel nuovo corso della Chiesa Romana,
dettò anche un nuova esigenza sul piano musicale: la musica doveva rispondere alla necessità di tornare ad una fede maggiormente
vicina alla gente, ma allo stesso tempo, non
poteva abbandonare la maestosità e lo splendore della polifonia per un utopico ritorno alla
purezza del canto gregoriano.
Da qui nacque l’immagine, consolidatasi nei secoli successivi, del Palestrina come salvatore della musica polifonica sacra
dalla crisi generata dal nuovo
corso controriformistico, grazie alla composizione della celebre Missa Papae Marcelli, in
realtà egli ebbe un ruolo
importante nella vita musicale romana del 1500, proprio perché dalla sua posizione privilegiata ebbe la possibilità di esprimere la sua idea di polifonia
sacra e anche di capire quale nuova strada doveva seguire la musica religiosa, senza
abbandonare o cancellare la
tradizione, rendere il testo
più comprensibile, ma non a
detrimento del valore artistico.
Ricordato a Segni un grande evento accaduto il 21 febbraio 1173 quando a Segni venne canonizzato l’Arcivescovo di Canterbury
Thomas Becket.
Per la sua tenace opposizione alle Costituzioni
di Clerendon, con le quali Enrico II
Plantegeneto intendeva sottomettere la
Chiesa inglese all’autorità della corona, Thomas
Becket dapprima venne accusato di tradimento e privato di tutti i beni, successivamente, dopo il ritorno dall’esilio francese,
il 29 dicembre del 1170 venne assassinato
nella Cattedrale di Canterbuy. Dopo poco
più di due anni dal suo
martirio il Papa
Alessandro III, presente a Segni nel Palazzo
Papale,(l’attuale seminario) firmò diverse
bolle, tra queste la più
importante, anche dal punto di vista politico, fu proprio quella della canonizzazione dell’arcivescovo martire. La solenne proclamazione probabilmente avvenne nell’antica chiesa di S.
Lucia.
A ricordo di questo
evento la XVIII Comunità
Montana dei Monti
Lepini con il Patrocinio
del Comune di Segni hanno dato vita ad un programma di appuntamenti culturali per la gior-
nata di sabato 24 febbraio 2007 quali: una
giornata di studio con l’apporto del Prof. Ludovico
Gatto docente ordinario di Storia Medievale
alla Sapienza di Roma e all’Ateneo
Antonianum, presenti le autorità civili, il Vescovo
Diocesano Mons. Apicella, il vescovo nativo di Segni Mons. Lorenzo Loppa. In serata nella chiesa di S. Lucia un folto e attento pubblico ha assistito a: In..Canto Gospel
in concerto. Nel primo pomeriggio la
Comunità Montana ha inaugurato i nuovi
locali tra i quali la sala intitolata al santo martire Thomas Becket.
28 Arte
Marzo
2007
L Annunciazione
di don Marco Nemesi
Secondo il racconto biblico, Dio invia l’arcangelo Gabriele a Maria per annunciarle la nascita di un figlio, concepito dallo Spirito Santo; dapprima spaventata e turbata, poi Maria si inchina alla volontà di Dio.
Pagina altissima di mistica e poesia, l’Annunciazione
è uno dei temi più affascinanti dell’intero
Vangelo di Luca, l’unico dei canonici a narrare
l’episodio, punto di snodo della storia cristiana.
Soggetto che ben si presta all’evocazione di un
contesto ambientale realistico e ricco di dettagli, artisticamente è stata variamente interpretata nei secoli, offrendo sempre l’occasione per ritrovare profonde suggestioni, riuscendo la sensibilità
dei pittori e degli scultori a cogliere di volta in
volta le reazioni psicologiche di Maria, la natura affascinante dell’Angelo, la volontà di Dio,
l’arredo, il riverberarsi della scena su altri personaggi, i dettagli descrittivi.
In epoca bizantina compare la rara iconografia,
tratta dal protovangelo di Giacomo, che colloca l’Annunciata accanto ad un pozzo, dove si era
recata ad attingere acqua con una brocca. Nella
pittura rinascimentale italiana la scena si svolge per lo più sotto una loggia o in un portico aperto; più raramente nella stanza di Maria, nel qual
caso tale ambientazione è l’occasione per soffermarsi su interessanti dettagli descrittivi.
L’iconografia controriformista inaugura un’ambientazione completamente nuova, abbandonando
ogni raffigurazione di strutture architettoniche e
ponendo l’attenzione sulla colomba che scende
dal cielo avvolta in una luce abbagliante.
L’arcangelo Gabriele è alato, tradizionalmente
porta una veste bianca e può essere raffigurato
mentre scende verso la Madonna o più spesso
inginocchiato di fronte a lei; solitamente regge
un giglio, tuttavia nella pittura senese, per esempio nella fulgida Annunciazione di Simone Martini,
reca un ramo di ulivo: il giglio, infatti, era anche
il simbolo di Firenze, nei confronti della quale
Siena aveva una ben radicata ostilità.
L’immagine di Maria, in piedi, seduta o più spesso inginocchiata, è affiancata da attributi ricorrenti: il giglio bianco segno di verginità e purezza; il vaso che spesso lo contiene, simbolo
dell’Incarnazione; il libro del quale interrompe
la lettura all’arrivo dell’angelo, che secondo San
Bernardo riporta la profezia di Isaia: “Ecco, la
Vergine concepirà e partorirà un figlio”.
fatto prima. Simone
ha il coraggio di
definire nei minimi dettagli un vaso
di fiori come una
figura e a uno sguardo più attento quei gigli appaiono aggressivi e fieri di sé; si ergono fra l’angelo e la Madonna senza il minimo timore di sfigurare, sono uno zampillo d’acqua che fuoriesce carnosa e prepotente da una fontana dorata.
Ma questa è una di quelle opere che vanno lette come una partitura musicale, a partire dall’alto
nella zona di sinistra. Le ali dell’angelo sono estremamente allungate; la genialità dell’artista risiede proprio nell’aver reso queste ali in un realismo inedito per l’epoca in cui furono dipinte, raffigurate nell’attimo precedente al loro ripiegarsi su se stesse (essendosi l’arcangelo appena posato sul suolo). Oltretutto, non se ne vedono le estremità: (soprattutto dell’ala principale) questo sembra produrre l’effetto di una lunghezza estrema
senza, però, renderle deformi ai nostri occhi.
Il mantello dell’angelo segue il dispiegarsi delle ali, essendo stato reso, a sua volta, mentre fa
i conti con l’ultimo guizzo d’aria dopo il volo
di Gabriele , ed è come se si servisse delle ali
per cercare l’equilibrio definitivo.
Oltre agli splendidi brani di natura morta vale
la pena di concentrarsi sui gesti dell’arcangelo.
Il ramo che tiene in mano è trattenuto con eleganza, le dita si piegano in maniera quasi sensuale. La mano destra, al cui polso si noti il fuoriuscire sottile della sottoveste, si contrappone
alla sinistra ed assieme formano un’apertura magnifica, una gestualità dall’eleganza assoluta.
Per apprezzare e sentire la potenza di quella splendida dama in veste di Maria il nostro occhio deve
iniziare a posarsi sul panneggio lanceolato in basso, che è una sorta di primo gradino del gesto
di pudore che progressivamente si amplifica nella parte centrale: il corpo della Vergine sembra
infatti quasi spezzarsi fra il bacino e le gambe,
il che enfatizza la sua sorpresa e il suo timore.
La spalla e il volto inarcato sono l’ultimo “gradino” di questa figura che gradualmente si ritrae tutta in un’inse-
natura di purezza che allo stesso tempo sembra
quella di una dama corteggiata da un pretendente.
Inutile insistere su altri particolari, tra cui le mani
della Vergine che non fanno altro che contribuire
al crescendo musicale partito dalle mani dell’annunciante; infatti, anch’esse si contrappongono, ma in maniera decisamente più ansiogena e non meno elegante. Il gesto dell’angelo è
posato e calcolato, quello di Maria è frutto d’istinto, ma forse è proprio questo a renderlo unico. La parte più commovente delle mani sono i
due pollici, che affondano l’uno nel libro di preghiere (come se la pressione esercitata fosse il
segno di una repentina chiusura), mentre l’altro
afferra e tira un lembo di veste con cui Maria ansiosamente si copre.
Il contatto tra i due è inciso a mò di vignetta sul
legno e sale dal basso verso l’alto suggerendoci un’intensità crescente. Il pavimento sembra fatto del più prezioso dei marmi; il vaso-fonte che
si gonfia è la parte centrale di una bilancia e i
tre archi acuti in alto non riescono più ad inquadrare i personaggi in modo preciso. L’intento è
evidente: l’angelo non riesce, ma soprattutto non
vuole stare chiuso nell’arco che lo sovrasta, protende verso Maria, sconfina nella parte centrale, si intromette in un momento di vita quotidiana
della donna. L’arco centrale è una fase di passaggio: inquadra tutti i personaggi e terrebbe sotto di sé anche il volto di Maria se non si fosse
ritratta per il sottile spavento. Lo stesso trono decorato da quei preziosi motivi miniatori sconfina
nella parte centrale: oramai non è più tempo di
tenere i personaggi imbrigliati in rigidi schematismi
arcaici ed il genio di Simone lo sa.
Ma perché tanta naturalezza? Il Trecento è il secolo in cui matura una coscienza religiosa che non
sembra più sentire i sacri personaggi distanti dal
modo di vivere, di essere e di esprimersi propri
della dimensione umana; il primo artista a farsi
interprete maturo di questa svolta è Giotto. Simone
Martini ha interiorizzato la lezione giottesca e
concede il lusso di trattare i santi non solo come
uomini, ma come delicati personaggi di una fiaba cortese.
L’Annunciazione fra Sant’Ansano e Santa
Massima che Simone Martini realizzò nel 1333
insieme al cognato Lippo Memmi, autore dei due
Santi laterali, è sicuramente una delle più belle
opere pittoriche di tutto il Trecento europeo. In
essa si concentra tutta l’eleganza un po’ astratta dell’arte del pittore che aggiunge alla serietà
e profondità del messaggio cristiano un’atmosfera da corte principesca che dà all’immagine
un carattere quasi profano.
L’opera mancante, purtroppo, del tondo centrale in alto, con la raffigurazione del Padreterno
andato perduto, fu realizzata per essere collocata sull’altare di Sant’Ansano nel Duomo di Siena,
ma nel 1799 fu trasferita negli Uffizi di Firenze
dove è attualmente conservata.
Ciò che colpisce quando si osserva la tavola più
celebre del pittore, è il modo in cui sono rappresentati
l’angelo annunciante e la Madonna. Eppure, il
terzo protagonista è quel vaso pregiato di preziosi gigli, trattato come non si sarebbe mai
ANNUNCIAZIONE, 1333 - Simone Martini - Firenze, Galleria degli Uffizi
Cultu 29
Marzo
2007
Vien da sorridere pensando alle
ricchezze accumulate da mediocri scrittori contemporanei che per
propinare e vendere i loro famigerati best-sellers le inventano di
tutti i colori: penso alla famelica
autrice di “Harry Potter” che per
essere sicura (lei e il suo editore)
di poter vendere il maggior numero di copie del suo ultimo libro in
poco tempo, ha fatto aprire le librerie di Londra a mezzanotte in punto.
Una volta mi raccontavano la fiaba di Cenerentola e del suo fortuito inciampo sulle scale: la
scarpetta … il Principe … la carrozza … il destino … la mezzanotte che incombe. Ahimè, quelle erano altre mezzanotti…
Così tutti hanno sentito parlare della signora Rowlings, del suo conto in banca e dei suoi ragazzini che,
invece di nascondersi in armadi
misteriosi e affacciarsi in ben altri
luoghi (“Le cronache di Narnia”)
o costruire casette sulla cima degli
alberi (”Il buio oltre la siepe”), giocano a fare i maghi e maghetti come
adulti incalliti.
Bene, tutte queste spiacevoli
considerazioni, mi sono venute alla
mente rileggendo l’opera di un mito
della letteratura del novecento, un nome che dirà
ben poco ai lettori italiani, nonostante la pubblicazione presso l’editrice Adelphi.
Lei si chiama Djuna Barnes e ha scritto tre libri:
“La Passione”, “Bosco di notte” e una tragedia in
versi. Tralascerò quest’ultima. I primi due, appunto, sono in libreria. La Barnes ha vissuto gli ultimi anni della sua vita con l’assegno assistenziale e un contributo di alcuni amici in un modesto
appartamento del Greenwich Village a New York.
Confrontando le due scrittrici, mi consola il fatto
che tra vent’anni la Barnes sarà ancora in libreria. La prossima generazione di adolescenti leggerà non più Harry Potter ma John Sederinobagnato.
Dunque, un’opera ogni vent’anni o giù di lì. Basterebbe
questa notizia per aprire una dissertazione sul lavoro che ogni vero, grande artista è costretto a fare,
non dico su ogni opera, ma su ogni verso, ogni
riga, ogni parola. L’opera omnia di Giuseppe Ungaretti
è racchiusa in un centinaio di pagine.
Qui vogliamo alludere ad uno dei racconti della
Barnes, l’ultimo, che dà il titolo al suo primo libro,
“The passion”…
E’ il racconto della decadenza di una dama aristocratica, la Principessa di Rholinghausen,
giunta a tardissima età, decrepita e solitaria.
La vicenda ruota attorno a questa vita: seguiamo
la Principessa nei suoi luoghi perduti, scenari assolutamente controcorrente, ma i soli, oggi, dove è
possibile descrivere il tormento di un’anima e un
corpo: il parco, la casa consunta, le stanze che
si chiudono per sempre, le parole appena sussurrate
che esprimono e non dicono, i ninnoli, i ritratti, la
carrozza, i giardini… la polvere.
Estremamente crudele e raffinata nel descrivere
la magione dove la Principessa vive, la Barnes
raggiunge le vette della sua arte mediante la grande scuola della rinuncia (un prezzo segreto che
pochi hanno saputo pagare): a procacciarsi la benevolenza del lettore, alla spiacevole retorica delle
lungaggini e l’oscura, misteriosa manipolazione
del tempo in un racconto brevissimo (si leggano
le sue ultime parole a poche righe dalla fine:
di Alessandro Gentili
“L’ultimo corteggiatore di una vecchia è sempre
un incurabile … ma se un uomo piccolo e leggero,
con la barba, avesse detto ‘Ti amo’, avrei creduto in Dio”).
Questo è il tema del Convegno
promosso dalla Commissione
Regionale del Lazio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso,
che si terrà giovedì 15 marzo 2007
presso il Teatro delle Fonti in
Fiuggi.
Al di là del dialogo, del rapporto
attuale fra il cristianesimo e l’ebraismo, all’oggi con le continue tensioni che attraversano
l’area mediterranea, è importante, per ogni cristiano, non dimenticare che la nostra fede ha
le sue radici proprio nell’ebraismo.
Parteciperanno al Convegno illustri relatori, sia da parte cattolica
che da parte ebraica: Mons. Ambrogio Spreafico, Mons. Walter
Ruspi, Mons. Chiarinelli, il
Rav Riccardo Di Segni, il Rav
Benedetto Carucci Viterbi, il Prof.
Giorgio Israel.
Per informazioni relative all’iscrizione, potete contattare il Diacono Massimo Facchini, delegato
diocesano per l’ecumenismo, telefonicamente allo 0696142831 o
via e-mail: [email protected]
Leggere Djuna Barnes, oggi, è ritrovare nitidamente la vera, la grande storia degli artisti, dei profeti:
la loro fedeltà direi sacerdotale ad
una vocazione senza compromessi,
quella, appunto, dei veri profeti: inascoltati al loro tempo ma letti e studiati nei tempi a seguire. Fedeltà
metafisica, dunque, a un’idea che
pervade queste menti e accudita
con fermezza implacabile, quando ormai pochi osano viverla. Un’idea
della letteratura infinitamente terribile. Leggere e rileggere autori come
Djuna Barnes è esorcizzare le paure che la società di oggi vieta di
appena sfiorare: la sofferenza… la
morte.
Dalla prima all’ultima riga de “La
passione”, non c’è una sola parola fuori posto, nessun compiacimento
stilistico, ma solo una fredda e lucida analisi di una vita terrena.
Ripensarvi a lettura conclusa e tornandoci sopra per descriverne gli
effetti, vien fatto di pensare al teatro elisabettiano o alla tragedia greca. Una dignità purtroppo perduta oggi, di come una storia, un personaggio possa restare indelebile nella nostra mente in poche pagine. Ad un giornalista che tentava
di intervistarla, disse solo queste
parole, convinta che nella vita ci sia un prezzo di
sofferenza da pagare:
“Sa, sono venuta qui per tener duro”.
Una frase umile. Detta dalla Barnes ci ricorda che
il tono e l’espressione deve essere umile perché
propria della condizione degli infelici.
30 Cine Torna di nuovo sugli schermi Leonardo DiCaprio
(dopo The Departed di Martin Scorsese), diretto
dal regista de L’Ultimo Samurai, Edward Zwick.
Un action movie politico che offre all’Occidente civilizzato l’occasione per riflettere su una delle guerre più tremende degli ultimi anni, per numero di
vittime e di persone coinvolte, ma che pochi occidentali possono dire di conoscere. Perché in realtà pochi occidentali possono dire di sapere veramente cosa succede in Africa.
Girato in Mozambico, il film è ambientato in Sierra
Leone, durante la guerra civile che negli anni ‘90
ha insanguinato il paese per il controllo del mercato nero dei diamanti. Mercato nero che, come
si può immaginare, era tacitamente avallato, finanziato e controllato dai Paesi occidentali (in questo
caso dall’Inghilterra).
Danny Archer (Leonardo DiCaprio) è un ex mercenario dello Zimbabwe che si guadagna da vivere trafficando diamanti in cambio di armi con i guerriglieri della Sierra Leone. I guerriglieri del Fronte
Rivoluzionario saccheggiano la Sierra Leone riducendo gli uomini in schiavi da utilizzare nelle miniere di diamanti, e catturando bambini da addestrare come soldati.
Danny incontra Solomon Vandy (Djimon Hounsou),
un pescatore di Mende, passato per le miniere e
liberato dai soldati del governo della Sierra Leone
che cercano di arrestare l’avanzata dei guerriglieri.
Danny e Solomon sono entrambi africani, ma le
loro storie, le loro vite, i loro valori non potrebbero essere più diversi, fino a quando i loro destini
non si incrociano nella ricerca di quello che è a loro
più caro: Danny vuole un diamante rosa, per riuscire ad andar via dall’Africa e dal ciclo di violenza
e corruzione nel quale ha sempre vissuto; Solomon
vuole ritrovare suo figlio Dia, nelle mani dei guerriglieri, e riunire la sua famiglia, rifugiata in un campo profughi.
Marzo
2007
di Valentina Fioramonti
Ad aiutare entrambi sarà Maddy Bowen (Jennifer
Connelly), un’idealistica giornalista americana
che si trova in Sierra Leone per scoprire la verità
che si nasconde dietro al traffico di “diamanti insanguinati”, nel quale crede implicati alcuni leader mondiali dell’industria diamantifera.
L’impianto della sceneggiatura è tradizionale: il percorso tra bene e male compiuto dal protagonista
Danny-DiCaprio lo porterà a raggiungere una nuova consapevolezza, a cercare la redenzione e il
riscatto, che avverrà solo nel momento finale del film, con la morte di
Danny, il ricongiungimento di
Solomon con la sua famiglia e il
j’accuse della giornalista, Maddy
Bowen.
Il cinema diventa sempre più spesso il canale di denuncia di crimini e situazione limite che spesso
i media rifiutano di coprire per interesse o per evitare situazioni scomode.
Se The Costant Gardener (di
Fernando Meirelles, 2005) denunciava gli abusi delle multinazionali
farmaceutiche ai danni della
popolazione africana, Blood
Diamond punta il dito contro l’industria dei diamanti e i commerci illegali che finanziano guerre civili in cui vengono impiegati bambini soldati e violati i diritti umani. A questo proposito, non sfugge e non infastidisce la dimensione
critica e intellettuale del film, che
mentre fa spettacolo e produce azione invita alla meditazione e alla
responsabilizzazione del consumatore occidentale, grazie anche
alla mediazione di Amnesty
International e del World Food
Programme, partner del film.
Con Blood Diamond, Edward
Zwick replica il percorso di formazione
imperniato sul confronto tra etnie
diverse che aveva intrapreso
con L’Ultimo Samurai. Lo scontro tra africani, bianchi e neri, schia-
vi e rivoluzionari; e sullo sfondo la dicotomia classica tra Paesi sfruttatori e Paesi sfruttati.
Zwick riesce a coniugare la denuncia sociale con
il cinema di genere (action movie), la meditazione dell’autore su soggetti gravi e urgenti con la tecnologia e l’impianto scenico hollywoodiano, decisamente esibito e ostentato più volte nel film.
Nel complesso, Blood Diamond è un film di buone intenzioni, con un tema importante e rischioso, con ottime prove d’autore (sia Hounsou che DiCaprio
sono candidati all’Oscar); quello che manca è il racconto, la narrazione. Nonostante il regista dimostri coraggio nella scelta dell’argomento, non riesce
però a far partire il film, e nemmeno ad infondere
un senso di partecipazione e di interesse empatico per le vicende raccontate.
È un film sull’Africa diretto da un occidentale. E purtroppo si sente.
Blood diamond
(Blood diamond, USA, 2007)
di Edward Zwick; con Leonardo DiCaprio,
Djimon Hounsou, Jennifer Connelly,
Michael Sheen, Chris Astoyan, David
Harewood, Ntare Mwine, Stephen Collins,
Ato Essandoh
Marzo
2007
parazione al Matrimonio cristiano - Inizio
Mov. Carismatico Italiano - “Cammino
di crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore
domenica - II Quaresima C II sett.
18) Valmontone - Parr. S.Anna (ore 20,30)
Anniversario della nascita del Ven. Filippo
mercoledì - S. Nicola di Flue
21
Visi da Velletri (4/3/1704)
Anniversario della morte del Card. SeVelletri - USMI: Inc. mensile di ritiro e
bastiano Baggio, titolare della Chiesa
di vita fraterna - Apostolato Cattolico
Suburbicaria di Velletri-Segni (21.03.1993)
mercoledi - Ss. Perpetua e Felicita
(mf)
Velletri- S. Maria dell’Acero: 26° Anniversario
Mov. Carismatico Italiano - Artena - Parr.
Suore Apostoline
S.Stefano: Incontro di preghiera (ore 18)
Mov. Carismatico Italiano: Artena - Parr.
S.Stefano: Inc. di preghiera (ore 18)
giovedì - S. Giovanni di Dio (mf)
Mov. Carismatico Italiano - Valmontone 22 giovedì - S. Benvenuto Scotivoli
- Parr. S.Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30)
Mov. Carismatico Italiano: Valmontone
- Parr. S.Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30)
venerdì - S. Francesca Romana (mf)
Consiglio Presbiterale
23 venerdì - S. Turibio de Mogrovejo (mf)
Mov. Carismatico Italiano - Valmontone
Incontro del Vescovo con i Resp. Uffici
- Parr. S. Anna: Seminario di preparadi Curia
zione per l’effusione
Mov. Carismatico Italiano: Valmontone
- Parr. S. Anna : Seminario di preparazione
sabato - S. Macario
per l’effusione
Colleferro - Parr. S. Barbara: oratorio
per i giovani e i ragazzi presso le Suore 24 sabato - S. Alessandro
15a Giornata di Preghiera e di digiuno
Salesiane (Tutti i sabato)
in memoria dei Missionari Martiri
domenica - III Quaresima C III sett.
Velletri - Parr. S. M. del Carmine: meAssociaz. OMNIBUS: Seminario della
moria dei Missionari Martiri (ore 20)
Fede
domenica - V Quaresima C I sett.
25
42° Anniversario di Morte di S.E. Card.
Segni - Istituto del Verbo Incarnato:
Clemente Micara (11.03.1965)
23°Anniversario della Fondazione
lunedì - S. Fina
dell’IVE Solennità dell’Annunciazione del
Mov. Carismatico Italiano “Cammino di
Signore.
crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore
Suore della Carità di S. Giovanna Antida:
18) - Valmontone - Parr. S. Anna (ore
Rinnovo dei voti
20,30)
Velletri - Parr. SS.Salvatore: Corso di
mercoledì - S. Matilde
preparazione al Matrimonio cristiano Mov. Carismatico Italiano: Artena - Parr.
Fine
S. Stefano: Inc. di preghiera (ore 18)
S.M.dell’Acero: Convegno Caritas Dioc.
Mov. Carismatico Italiano: Tivoli - Colgiovedì - S. Luisa de Marillac
le Fiorito : Giornata di preghiera ed Effusione
Artena: Festa di S. Luisa De Marillac,
dello Spirito Santo (ore 9.30)
Cofondatrice della Compagnia delle Figlie
Anniversario Ordinazione Presbiterale
della Carità
di Mons. Angelo Lopes, Vicario GeneMov. Carismatico Italiano: Valmontone
rale (25.03.1950)
Parr. S. Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30)
Mov. Cursillos di Cristianità - Centro S.M. 26 lunedì - ANNUNCIAZIONE DEL SIGNOdell’Acero: 12° Cursillo Uomini Inizio
RE
(s) P
Mov. Carismatico Italiano “Cammino di
venerdì - S. Eriberto
crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore
Ritiro del Clero - Ritiro spirituale
18) Valmontone -Parr. S.Anna (ore 20,30)
Lectio divina/Penitenziale
Mov. Carismatico Italiano: Valmontone 27 martedì - S. Ruperto
Parr. S. Anna: Seminario di preparaziVelletri - Sala riunioni della Curia: Inc.
one per l’effusione
“diaconi” (ore 19)
sabato - S. Patrizio
(mf)
28 mercoledì - S. Gontrano
51° Anniversario Ordinazione PresbiMov. Carismatico Italiano: Artena - Parr.
terale di S.E. Mons. Andrea M. Erba
S. Stefano: Inc. di preghiera (ore 18)
(17.03.1956)
29 giovedì - S. Secondo di Asti
domenica - IV Quaresima C IV sett.
Mov. Carismatico Italiano: Valmontone
Velletri - Centro S. M. dell’Acero: Itinerario
Parr.S. Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30)
biblico-vocazionale per giovani “Vedi come
venerdì- S.Giovanni Climaco
30
lo amava!” (Gv 11,36b) Come trattare
Velletri - Parr. SS.Salvatore: Via Crui propri sentimenti
cis per le strade della Parrocchia
Mov. Cursillos di Cristianità - Centro
Mov. Carismatico Italiano Valmontone
S.M.dell’Acero: 12° Cursillo Uomini Fine
- Parr. S. Anna: Seminario di preparaAnniversario di Ordinazione Presbiterale
zione per l’effusione
di P.Clemente Stefano Messore ofm capp.
31 sabato - S. Beniamino
Parr. S.Paolo (18.03.1959)
Colleferro - Parr. S. Barbara: Oratorio
lunedì- S. Giuseppe
(s) P
per i giovani e i ragazzi presso le Suore
Segni - Istituto Serve del Signore e delSalesiane; Catechesi e adorazione per
la Vergine di Matarà:19° Anniversario
le donne, guidata da P. Filippo Goyret
dell’Istituto
dell’Opus Dei.
Velletri - Parr.SS.Salvatore: Corso di pre-
MARZO
4
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19
A p p u n t a - 31
In distribuzione
l’Annuario Diocesano
con l’agenda liturgica
Il 18 febbraio è stato pubblicato e distribuito l’Annuario
Diocesano 2007 con
annessa agenda liturgico-pastorale. Tutte
le comunità ecclesiali potranno usufruire di questo strumento che favorirà
le comunicazioni
e le relazioni non solo
all’interno della
nostra Chiesa Locale,
tra le diverse realtà, ma anche per chi
dall’esterno, desidera
con queste comunicare. Il piccolo
volume si compone
di una introduzione
che, necessariamente non poteva
non essere che la
Lettera Pastorale
per l’anno in corso
di Mons Vincenzo.
Apicella, incentrata sull’accoglienza della Parola di Dio. Per questo stesso motivo l’immagine di copertina è la stessa che accompagnava sia la Lettera che il Convegno Pastorale Diocesano ovvero il “Salvator Mundi” che in trono presenta la Parola. Nella seconda parte troviamo l’agenda liturgico-pastorale, spazio utile ma che
ancora non riesce a offrire nella sua interezza un quadro preciso e
dal punto di vista liturgico che pastorale di tutti gli appuntamenti
diocesani. Quindi per il prossimo anno si fa conto di una maggiore collaborazione di quanti, parroci, responsabili di uffici e organismi, religiosi/e ecc., sono coinvolti in questa operazione. La Terza
parte contiene l’annuario vero e proprio della nostra Chiesa Locale.
I dati, aggiornati, oltre ad offrire una descrizione esatta della Diocesi
in tutte le sue componenti, permettono di individuare in fretta la persona, la parrocchia, la comunità l’ufficio o organismo di cui si ha
bisogno. Uno sforzo è stato richiesto agli interessati nell’offrire tutti i recapiti di posta elettronica e di cellulare per favorire al massimo la possibilità di comunicare.
L’Ufficio per le Comunicazioni Sociali, per la realizzazione
dell’Annuario aveva predisposto in sito per l’inserimento i dati delle parrocchie, dei singoli sacerdoti, religiosi/e, dei diaconi, dei ministri e dei collaboratori. Lo stesso Ufficio, già nei mesi scorsi ha iniziato in via sperimentale ad inviare le convocazioni per gli organismi, il ritiro del clero ecc. via SMS e via e-mail. Questa sperimentazione
di comunicazione rapida per via telematica è risultata efficace, per
cui si renderà sempre più stabile. A questo scopo l’Annuario sicuramente si rivela necessario e prezioso.
32 D o c u m
Prot. VSC 27A/2007
DECRETO DI NOMINA
A MEMBRO DEL COLLEGIO
DEI CONSULTORI
DELLA DIOCESI
Nella necessità di reintegrare il numero che compone l’importante organismo diocesano del Consiglio dei
Consultori, dopo la morte del Rev.mo Mons. Bruno Navarra, con il presente decreto che ha immediata efficacia e validità per un quinquennio
nomino te
Rev.mo FAGIOLO mons. Franco
n. in Segni 04.10.1949; ord.
14.07.1973
Parroco della Concattedrale di S. Maria
Assunta in Segni
Membro del Collegio
dei Consultori
Dalla residenza episcopale
26 gennaio 2007
Prot. VSC 28A/2007
DECRETO DI NOMINA
A CANONICI DEL CAPITOLO
DELLA CONCATTEDRALE
DI SANTA MARIA ASSUNTA
IN SEGNI
La nostra bellissima Concattedrale,
da sempre si è avvalsa della preziosa opera del suo capitolo. Volendo
mantenere questa antica istituzione al livello della qualità che le compete, nella certezza aumentare il vostro
affetto per la cattedrale, per la facoltà concessami dal can. 509§1 del C.I.C.,
con il presente decreto che avrà immediato vigore
nomino voi
Rev.mo FAGIOLO mons. FRANCO
Parroco della Concattedrale di S. Maria
Assunta
Rev.mo VARI mons. LUIGI
Parroco della Collegiata di S.
Maria Maggiore in Valmontone
Rev.do CAPPUCCI don GIORGIO
Parroco di S. Anna in Valmontone
Rev.do RAVIGLIA don ALBERTO
Parroco di S. Sebastiano in
Valmontone
Rev.do FAGNANI don AUGUSTO
Parroco di S. Bruno in Colleferro
CANONICI
del Capitolo della Concattedrale
di Santa Maria Assunta in Segni
Essendo Mons. Franco Fagiolo
già parroco della Concattedrale assolverà anche alle funzioni di Legale
Rappresentante del Capitolo stesso, che oltre ai sopraccitati rev.di già
comprende mons. Fernando Calenne
e don Claudio Sammartino.
Dalla residenza episcopale
Velletri, 05.02.2007
Prot. VSC 29A/2007
DECRETO DI NOMINA A
MEMBRI DELLA
COMMISSIONE PER
I RAPPORTI DELLA DIOCESI
CON L’ISTITUTO DEL VERBO INCARNATO
Sin dalla fine degli anni ’90, il mio
predecessore S.E. Rev.ma Mons.
Andrea Maria Erba, accogliendo le
richieste pervenutele da più parti,
ivi compresa la Santa Sede, ha accolto in Diocesi il nascente Istituto Religioso
del Verbo Incarnato, nei suoi due rami
maschile e femminile assicurando
accoglienza, assistenza e premura.
Da allora questo Istituto ha compiuto
molto cammino ricevendo inoltre da
noi il riconoscimento di “Istituto di
Diritto Diocesano”: il ramo femminile,
il 24.03.2004, quello maschile
l’8.05.2004.
In continuità con quanto già attua-
Marzo
2007
Atti ufficiali del Vescovo
to, affinché l’Istituto possa crescere in maniera proficua e ordinata,
nel rispetto delle sue caratteristiche
e delle esigenze pastorali della diocesi, al fine di incrementare e precisare i rapporti e per una più continua e puntuale collaborazione ho
ritenuto opportuno istituire una
commissione permanente del clero diocesano costituita dai seguenti presbiteri
nomino voi
Rev.mo GABRIELLI mons. EUGENIO
Parroco di S. Lucia in Velletri - Delegato
Vesc.le per gli Istituti di Vita Consacrata
Rev.mo LEPORE mons. LUCIANO
Parroco di S. Barbara in Colleferro
Presidente IDSC - Membro del Cons.
Presbiterale e del Collegio dei
Consultori
Rev.mo FAGIOLO mons. FRANCO
Parroco della Concattedrale di
Segni - Membro del Cons. Presbiterale
e del Collegio dei Consultori
MEMBRI della Commissione Diocesana per i rapporti della
Diocesi
con L’istituto del Verbo Incarnato
nei suoi due rami maschile e femminile.
Dalla residenza episcopale
Velletri, 05.02.2007
Prot. VSC 30A/2007
DECRETO DI NOMINA
A MEMBRO DEL C.D.A
DELL’ISTITUTO DIOCESANO
SOSTENTAMENTO
PER IL CLERO
A seguito delle dimissioni dal
C.d’A. del Rag. Nando Quattrocchi,
si rende necessario ristabilire il numero dei componenti del suddetto Consiglio. Pertanto norma dell’art. n°
7 dello Statuto dell’Istituto Diocesano
per il Sostentamento del Clero (I.D.S.C.)
della Diocesi di Velletri-Segni,
approvato dal Ministero dell’Interno
in data 23.04.1987 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21.05.1987,
NOMINO
il Rag. NANDO DI CORI
membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Diocesano
per il Sostentamento del Clero
Dalla residenza episcopale
Velletri, 15.02.2007
? Vincenzo Apicella
Mons. Angelo Mancini
Cancelliere Vescovile
La Cattedrale di San Clemente
in un prezioso volume
L’opera di Marina Cogotti sarà presentata
venerdì 9 marzo alle ore 18 in Cattedrale
alla presenza del Card. Francis Arinze
“Fondata sulle vestigia di un antichissimo luogo di culto
pagano, la cattedrale di San Clemente a Velletri riassume nella sua lunga e nobile storia quella della città che
la ospita e della gente per la quale fu costruita”
Con queste parole si presenta la preziosa opera di
Marina Cogotti, architetto e funzionario della
Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio
del Lazio, che traccia la storia della Basilica dalle prime
tracce del V secolo fino ai giorni nostri, in particolare
illustrando gli importanti restauri effettuati nell’ultimo
decennio. Per farlo il volume è impreziosito da oltre
400 immagini, da un’ampia appendice documentaria e
dagli interventi delle archeologhe Giuseppina Ghini e
Micaela Angle, della storica dell’arte Dora Catalano e da
un escursus sulla storia della Diocesi del nostro
Vescovo emerito Andrea Maria Erba,
La presentazione si conclude, sulla quarta di copertina,
con l’intento di riproporre “all’attenzione di studiosi e
cultori dell’arte una della cattedrali più antiche e suggestive della provincia romana”.
Un tesoro tutto veliterno che, appunto, deve essere
amato e protetto in particolare dai veliterni e dalla loro
devozione.
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Marzo 2007 - Diocesi Suburbicaria Velletri