Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - [email protected] Velletri-Segni Chiesa Suburbicaria Anno 4 - numero 3 (29) Marzo 2007 ? Vincenzo Apicella “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!”. L’affermazione perentoria di S. Paolo è risuonata nella liturgia del Mercoledì delle Ceneri e ci esorta ad accogliere il dono della Quaresima come tempo sacramentale della nostra conversione. Se i sacramenti sono i segni con cui il Signore opera per la nostra salvezza, allora anche il tempo acquista questo valore, purché lo viviamo nella verità e serietà delle sue esigenze e non ci limitiamo semplicemente ad “ammazzarlo”. In che modo possiamo mettere a frutto questo tempo ce lo ha insegnato Gesù stesso nella pagina evangelica proclamata in quella medesima liturgia: la triplice via che ci è stata indicata è quella dell’elemosina, della preghiera e del digiuno. Non sono mezzi alternativi, ma si completano a vicenda, perché il digiuno non è fine a se stesso, l’elemosina non è la semplice beneficenza e la preghiera non è un’evasione dalle nostre responsabilità. Insieme essi ci permettono di riprendere con più slancio e decisione il nostro cammino di cristiani, che spesso corrono il rischio di perdere di vista il senso e la meta della propria vocazione battesimale. Ecco perché il Papa Benedetto XVI nel suo messaggio per questa Quaresima ci ripropone il gesto e l’atteggiamento che sono la base e il riferimento continuo della nostra fede: “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto!”. Il cammino quaresimale ci mette nella condizione di contemplare, con rinnovato stupore, la persona di Gesù Cristo, nel “crescendo” delle cinque Domeniche, che ci preparano a rivivere il mistero della nostra salvezza, compiuto nella sua Pasqua di morte e resurrezione. Lo vediamo anzitutto tentato, come ognuno di noi, ma vincitore, anche per noi, nella triplice tentazione dell’avere, del potere e dell’apparire. Quindi confermato nella sua vocazione di Figlio obbediente, con la Potenza dello Spirito Santo, nella Trasfigurazione, perché sappia affrontare la lotta decisiva, senza la quale non potrebbe aprire per noi la strada che ci permetta di superare l’abisso del male e della morte. Nelle successive tre Domeniche, prima Luca e poi Giovanni ci presentano “Colui che hanno trafitto” come la sorgente della inesauribile e sconvolgente misericordia divina. Quella misericordia che sa attendere che l’albero porti il suo frutto, che non esclude nessuno dei suoi figli, ma vuole tutti rivestirli e trasformarli col suo amore, che non condanna la sposa adultera, ma la purifica e la rinnova col suo sangue. Siamo tutti chiamati in questo tempo quaresimale ad aprire il nostro cuore a questa Parola di riconciliazione e di speranza, a questa “dichiarazio- ne d’amore”, che Dio continua a farci nel Figlio suo, nonostante la nostra superficialità e la nostra infedeltà. Per questo, al termine della Quaresima, nell’itinerario pastorale della nostra Diocesi intendiamo celebrare in Cattedrale una liturgia che possa raccogliere e presentare al Signore proprio queste nostre intenzioni e propositi di ritornare sempre di nuovo a Lui, che ci viene incontro mostrando i segni della sua Passione, sofferta a causa di noi uomini e per la nostra salvezza. (continua a pagina 2) 2 Ricorre Marzo 2007 Ringraziamenti e scuse Nello scusarci per la mancanza del consueto sommario di pagina 2, utile alla lettura e spesso il vero punto di partenza per la consultazione di Ecclesia, vogliamo anche ringraziare tutti quelli che a vario titolo hanno partecipato alla stesura di questo numero. Tutti questi contributi, che testimoniano un’affezione sempre maggiore per quello che dovrebbe essere uno strumento di tutta la Diocesi, hanno fatto sì che anche aumentando le pagine stampate non fosse possibile inserire tutto il materiale arrivato. In questo mese inoltre temi importanti come quello della Quaresima o la ricorrenza del 25° dell’unione delle due Diocesi di Velletri e Segni in un solo Vescovo rappresentano argomenti impossibili da ridurre a poche righe di commento. Per questo ci scusiamo per la mancanza del sommario ma siamo comunque soddisfatti per la crescita di Ecclesia che continua, tuttavia, ad avere bisogno del contributo e dei suggerimenti di tutte le realtà diocesane. Ecclesia in cammino Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri-Segni (segue dalla prima pagina) E’ il gesto che Egli fece quando si presentò risorto ai discepoli, che erano fuggiti al momento della Croce, ma che non potevano essere privati della contemplazione delle sue piaghe senza essere esclusi da quella esperienza fondamentale dell’amore di Dio, che è la radice di ogni vera conversione. E’ questa l’unica via per accogliere lo Spirito della Vita, che da quelle piaghe continua a sgorgare per sempre sull’umanità intera. “Contemplare “Colui che hanno trafitto” ci spingerà in tal modo ad aprire il cuore agli altri, riconoscendo le ferite inferte alla dignità dell’essere umano; ci spingerà, in particolare, a combattere ogni forma di dis- IN COPERTINA: Antonello da Messina, Cristo alla Colonna 1476 c.a Parigi, Museo del Louvre prezzo della vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi della solitudine e dell’abbandono di tante persone” (Benedetto XVI). Per noi battezzati tutto questo significa riscoprire il tesoro che ci è stato affidato, ma siamo anche chiamati, in questa Quaresima, ad aiutare coloro che lo riceveranno nella Notte di Pasqua con i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana. Nella nostra Cattedrale, infatti, una giovane catecumena si sta preparando a ricevere il Battesimo, che la renderà, insieme con noi, parte vivente del Corpo di Cristo crocefisso e risorto e attende, quindi, anche da noi la testimonianza di una fede vissuta nella gioiosa speranza e nella carità concreta. Buona Quaresima! Il contenuto di articoli, servizi, foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degli artefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione. Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propria insindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubblicati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizzazione del direttore. Direttore Responsabile Don Angelo Mancini Vicedirettore Fabio Ciarla Collaboratori Stanislao Fioramonti Tonino Parmeggiani Proprietà Diocesi di Velletri-Segni Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi s.r.l. - Marigliano (NA) Redazione C.so della Repubblica 343 00049 VELLETRI RM 06.9630051 fax 96100596 [email protected] A questo numero hanno collaborato inoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicella,don Dario Vitali, Francesco Cipollini, S. E.za Card. Francis Arinze, don Cesare Chialastri, Dorina e Nicolino Tartagione, diac. Pietro Latini, Pier Giorgio Liverani, Mons. Leonardo D’Ascenzo, Antonio Galati, Mara Della Vecchia, Sara Gilotta, Emanuela Ciarla, don Marco Nemesi. Consultabile online in formato pdf sul sito: www.diocesi.velletri-segni.it DISTRIBUZIONE GRATUITA Marzo 2007 Secondo la rivista Fortune, dopo l’industria petrolifera è di Stanislao Fioramonti quella farmaceutica a generare i profitti maggiori; il fatturato globale in sei anni è raddoppiato (da 300 a 600 miliardi di dollari, tra il 1999 e il 2005), con un profitto che arriva al 19% degli investimenti. Prima azienda del settore nel 2006 è stata la Pfizer (quella che produce tra l’altro il Viagra), con un fatturato di 52 miliardi di dollari e un utile di 11,3; terza in classifica è un’altra industria, la svizzera Novartis, con 37 e 7,2 miliardi di dollari rispettivamente. Ma, accusa l’UNICEF, la moderna ricerca farmaceutica investe molto in prodotti di benessere estetico (il Viagra appunto, gli anticalvizie, i dimagranti ecc.) piuttosto che in farmaci salvavita, tanto che i tre maggiori flagelli dell’umanità – Aids, Tubercolosi e Malaria – sono ancora molto lontani dall’essere debellati. Inoltre, un terzo della popolazione mondiale (quella del Sud del mondo) non ha accesso nemmeno ai farmaci salvavita; e così l’Africa costituisce solo il 2% del fatturato farmaceutico mondiale, contro il 50% degli USA e il 25% dell’Unione Europea. Il 1 gennaio 1995 fu costituita da 150 paesi l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che si occupa delle regole del commercio mondiale e ha tra le sue basi il cosidetto accordo Trips, che regola tutti gli aspetti della proprietà intellettuale (diritti d’autore, brevetti ecc.); in base a tale accordo dal 1996, la produzione locale a basso costo dei farmaci brevettati venne vietata: anche se poi i paesi occidentali hanno riconosciuto l’interesse collettivo come limite al copyright, veniva così frenata di fatto la produzione dei farmaci generici, quelli cioè di costo più basso dei prodotti di marca, ma di qualità analoga. L’India, che fino al 1995 non riconobbe il brevetto sui farmaci, divenne una delle principali fonti di farmaci generici, sfornando per anni la metà dei prodotti destinati ai paesi poveri. Ad esempio, il presidente internazionale di “Medici senza Frontiere” (MSF) ha affermato che, “per estendere a più persone possibile i programmi di lotta all’AIDS, dipendiamo interamente dalla disponibilità di farmaci economici e di qualità prodotti in India. Con essi trattiamo l’80% dei nostri 80mila pazienti sieropositivi. Non possiamo permettere che questa fonte essenziale d farmaci generici si esaurisca”. Infatti gli antiretrovirali indiani hanno permesso di abbattere i costi della lotta all’AIDS nel Terzo Mondo: con essi un trattamento annuale costa adesso solo 130 dollari, da 10mila che ne occorrevano prima. (Ciononostante, aggiungiamo tra parentesi, dice l’OMS che il 74% dei farmaci anti-AIDS è ancora soggetta a mono- Grandi polio e il 77% degli africani, la popolazione più colpita, non ha ancora accesso alle cure). Da alcuni mesi però è nata una assurda guerra di molecole tra Nord e Sud del Mondo, a causa della proprietà intellettuale e dei brevetti, nella quale il diritto alla salute di miliardi di persone si scontra con gli interessi privati delle grandi multinazionali farmaceutiche. E’ successo che l’industria indiana, per produrre a basso costo un farmaco essenziale contro la leucemia mieloide cronica, ha copiato un prodotto, il Glivec, brevettato dalla Novartis; la quale ha fatto causa al governo indiano rivendicando i suoi diritti tutelati dall’accordo Trips del WTO. I termini del conflitto sono abbastanza evidenti, specie se si considera che una terapia annuale col Glivec costa 27.000 dollari, col farmaco generico indiano invece solo 2700, dieci volte di meno! In questi costi, dice la multinazionale svizzera, pesa importanti dello schieramento terzomondista (OXFAM, ONG ecc.), ma il colosso farmaceutico di Basilea non vuole sentire ragioni, tanto da far dire a Gianfranco Di Maio, direttore di MSFItalia: “Non avremmo mai pensato di dover assistere di nuovo ai tentativi di un’industria farmaceutica di opporsi al diritto dei malati dei paesi più poveri di ricevere farmaci essenziali a prezzi sostenibili”. Eppure Novartis non è sembrata insensibile alle grandi questioni sociali. Alcuni anni fa ha inaugurato a Singapore un istituto di ricerca sulle malattie tropicali da 50 milioni di euro l’anno, il Biopolis, che dal 2008 produrrà nuove terapie contro la tubercolosi e la febbre Dengue. Ancora, vende a prezzo di costo alla OMS l’antimalarico Coartem, valido contro una patologia che ogni anno provoca la morte di 1-2 milioni di persone, specie in Africa e in Asia. Inoltre in India fornisce gratuitamente lo stes- molto il costo della ricerca, che l’industria indiana non ha svolto; ed è vero. Ma se in questa vertenza, il cui esito è atteso il 15 febbraio presso la corte di Chennai (India), vincesse Novartis, il governo indiano dovrebbe modificare le sue leggi e la produzione locale di generici andrebbe in crisi; la diffusione di farmaci salvavita in Africa e in Asia si fermerebbe, perché la produzione di generici è stato l’unico fattore capace di abbassare i prezzi dei medicinali essenziali. Di questa preoccupazione si è fatta portavoce “Medici senza Frontiere”, l’organizzazione internazionale umanitaria che nel 1999 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, che fin dal 20 dicembre 2006 ha denunciato all’opinione pubblica mondiale la vicenda NovartisGoverno Indiano, sollecitando la multinazionale svizzera a desistere dalla sua azione giudiziaria. All’appello si sono associate altre voci so Glivec al 99% dei pazienti che lo usano, perché quasi nessuno di essi potrebbe pagarselo. Sta di fatto che assistiamo a questo scontro tra grandi interessi: quello di una industria privata a investire, produrre e guadagnare secondo le leggi di mercato; e quello di milioni di persone che reclamano il loro giusto diritto alla salute; che è poi l’eterno scontro tra pochi ricchi e tanti poveri. E nell’attesa della sentenza, ricordiamo che contemporaneamente sono in vigore gli impegni, proposti dall’ONU e sottoscritti da governi, enti no profit, ONG e privati, a produrre nuovi vaccini e a raccogliere un fondo globale per la lotta alle tre grandi malattie mondiali che abbiamo citato prima. Impegni possibili, anche se gravosi: serviranno 100 milioni di dollari nel 2008, 250 milioni nel 2009…L’Italia, finora, risulta inadempiente. 3 4 Anno liturgico Dal vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù, prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; tuttavia restarono svegli e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui. Facciamo tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quel che diceva. Mentre parlava così, venne una nube e li avvolse; all’entrare in quella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo». Appena la voce cessò, Gesù restò solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. La seconda domenica di quaresima contiene la narrazione della trasfigurazione secondo Luca; il racconto è un vero anticipo di Pasqua. I discepoli stanno camminando verso Gerusalemme e lo fanno in modo sempre meno segnato dall’entusiasmo dell’inizio, dal momento che appare sempre più evidente che ci sarà da percorrere un cammino di sofferenza. L’episodio della trasfigurazione è fitto di allusioni a quella che sarà la vita dei discepoli quando dovranno fare i primi passi nel mondo e, dunque alla vita di tutti i discepoli di tutti i tempi. Luca ricorda a Teofilo, il discepolo che ha bisogno di essere confermato nella sua fede ed incoraggiato sulla solidità degli insegnamenti che ha ricevuto, il momento della Trasfigurazione perché il cammino non sia un pellegrinaggio cupo verso una Gerusalemme che appare scura all’orizzonte, ma verso Gerusalemme che è illuminata dalle prime luci dell’alba. Marzo 2007 Mentre Gesø pregava il suo volto cambi d aAi discepoli che faranno l’esperienza della trasfigurazione Gesù fa intravedere la luce dietro, oltre e nella croce. Il racconto comincia con le parole : circa otto giorni dopo queste parole , ci si riferisce alle parole che parlavano della croce. Nell’ottavo giorno accade qualcosa che deve dare significato a quelle parole. La croce trova significato nell’ottavo giorno; appare immediatamente la somiglianza con il racconto dei discepoli di Emmaus in Luca 24: anche lì i discepoli appaiono come traumatizzati dalla croce e Gesù fa con loro lo stesso che fa con Pietro, Giacomo e Giovanni, si accosta a loro per aiutarli a trovare un significato a quegli eventi. L’ottavo giorno è il giorno in cui la luce rientra nel cuore dei discepoli. Tornando al racconto della trasfigurazione ci sono alcuni elementi che Luca mette a disposizione del lettore per comprendere bene che cosa sia questo giorno e sono le azioni e le parole che accadono sul monte. La prima azione che Gesù fa è quella della preghiera. La preghiera avviene mentre i discepoli sono stanchi, sono, ci dice Luca, gravati dal sonno, aprendo anche qui a parallelismi evidenti. la preghiera appare come la strada per non addormentarsi, per non stancarsi ed è, nel caso, la via della gloria. La croce si trasforma in gloria, ma questo accade solo se si resta vicini a Dio, se ci si unisce a Lui. Nella preghiera accade, racconta Luca, che Gesù cambia d’aspetto, la luce che in abbondanza viene evocata dalla descrizione è allusiva a Dio; accade, cioè che nel volto di Gesù si manifesta Dio. Al discepolo che legge Luca sembra regalare questa immagine di Gesù perché contemplandola veda Dio ogni volta che segue il maestro e soprattutto quando il cammino appare molto poco glorioso. Il dialogo con Mosè ed Elia, serve soprattutto a collocare Gesù nella storia della salvezza e precisamente al centro del tempo. Mentre la visione sta per finire Pietro interviene per bloccare quel momento, Luca commenta le parole di Pietro osservando che non sapeva ciò che diceva. Pietro non dice per sé nulla di strano, c’è nelle sue parole il desiderio di fissare il momento dell’esperienza di Dio, la menzione della tenda è molto chiara, richiama alla dimora di Dio con gli uomini. L’insipienza delle parole di Pietro sta probabilmente nel non pensare possibile nessuna altra esperienza di Dio che non sia quella sul monte ed anche nel non comprendere pienamente che Gesù è ormai in modo definitivo la presenza di Dio nella vita del discepolo. Alla fatica di Pietro viene in aiuto la voce che indica che Cristo è il figlio di Dio, l’eletto: ascoltatelo! La nube, presenza di Dio resta anche quando la visione finisce, essa indica la presenza di Dio che si manifesta a loro con la voce, con la Parola. La Parola, infatti è il segno della presenza di chi cerchiamo. Il dis- di mons. Luigi Vari cepolo che cammina nel mondo e cerca la Gloria parroco e biblista di Dio la trova nella Parola. In più quella voce dice che non tutte le parole sono strada di gloria, ma quelle che escono dalla bocca di Cristo: ascoltatelo! A Teofilo un po’ disorientato e forse scoraggiato Luca offre il Vangelo che sta scrivendo dicendo che la solidità dell’insegnamento ricevuto non la deve trovare tanto nella precisione del racconto, quanto in Cristo stesso, di Lui ci si può fidare. Gesù solo, con queste parole Luca conclude il suo racconto. Non rimane che Gesù solo per orientarsi nel cammino della Gloria, per trovare il sentiero della gioia. Il brano porta il discepolo a cercare la luce e dice che essa si trova nella preghiera, si trova nella Bibbia, si trova nel Vangelo, si trova in Cristo, si trova, ma questo meriterebbe un’altra considerazione , nella bellezza che Pietro scopre come unica categoria a sua disposizione per esprimere la sua esperienza di Dio. Di questo, però bisognerà parlare in un’altra occasione. Marzo 2007 Anno 5 CROCIFISSIONE (affresco di scuola locale,prima metà del sec. XV, abside di San Clemente) Riemerso, durante un restauro murario del 1918, insieme ad altri affreschi votivi che ornavano la parte inferiore dell’abside prima che venissero coperti prima dall’imponente Coro ligneo dei Canonici e poi imbiancati quando il Balducci venne chiamato dal card. Gesualdo a dipingere nel catino absidale la gloria di San Clemente. L’ignoto artista, che qualcuno ha ipotizzato essere quel Giovanni da Velletri noto solo perchè appare in un documento del 1414, dimostra di non aver senso delle proporzioni e della prospettiva dipingendo la Vergine e il Discepolo prediletto alti quanto la Croce dalla quale pende il Cristo dal corpo legnoso; la quarta figura dipinta è Sant’Onofrio, forse il Santo a cui è devoto il committente che si intravede in basso a sinistra del dipinto; che sia un desiderio espresso dal committente non veliterno, lo si deduce dal fatto che questo Santo non è stato mai in venerazione nelle chiese della Diocesi e non si trova memoria di esso anche nei “proprii” più antichi; mentre è conosciuto nella Valle del Sacco e nelle zone limitrofe. L’affresco è stato restaurato nel 1999 asportando le ridipinture che lo avevano abbellito dopo il suo ritrovamento. F.E. Il messaggio di papa Benedetto XVI per la Quaresima 2007, reso pubblico il 13 febbraio ma scritto fin dal 21 novembre 2006, ha per titolo “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37) e per oggetto, dunque, Cristo crocifisso per amore dell’intera umanità. Il gesto d’amore del Figlio di Dio richiama al papa la sua enciclica, Deus charitas est, nella quale egli ha descritto le due forme fondamentali dell’amore, l’agape e l’eros. L’agape, ricorda il papa, indica l’amore oblativo, che cerca esclusivamente il bene dell’amato; l’eros è invece l’amore possessivo, che vuole l’unione con l’amato. L’amore di Dio è senz’altro agape, perché è la creatura ad avere bisogno di Dio sempre e in tutto; ma l’amore di Dio per papa Ratzinger è anche eros: nell’Antico Testamento (il papa cita i profeti Osea ed Ezechiele) Dio attende il “si” delle creature come un giovane sposo quello della sua sposa. Ma l’umanità, fin da Adamo, ha rifiutadi Stanislao Fioramonti to l’amore di Dio illudendosi di poter bastare a sé stessa. Non per questo Dio si è arreso, anzi il “no” dell’uomo lo ha indotto a dare il massimo: per riconquistare l’amore della sua creatura ha accettato di versare il sangue del suo Figlio Unigenito. Nella Croce dunque si manifesta l’eros di Dio per l’uomo, eros come forza che, dice lo Pseudo-Dionigi, spinge l’amante ad unirsi all’amato. Cristo crocifisso è allora la più sconvolgente rivelazione dell’amore di Dio, un amore in cui eros ed agape non si contrappongono, ma si illuminano a vicenda. Sulla Croce Dio mendica l’amore di ciascuno, anzi, la rivelazione dell’eros di Dio per l’uomo è in realtà l’espressione suprema della sua agape, perché solo l’amore in cui si uniscono il dono di sé e il desiderio di reciprocità è inebriante al punto da rendere leggeri i sacrifici più pesanti. Ciò che vuole il Crocifisso allora è che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui, che corrispondiamo a questo amore e che ci impegniamo a comunicarlo agli altri. Dal costato trafitto del Crocifisso, dice il Vangelo, sgorgarono acqua e sangue, che già i Padri della Chiesa interpretarono come simboli dei sacramenti del Battesimo e dell’Eucaristia. In Quaresima, memori del nostro Battesimo, siamo esortati ad uscire da noi e ad aprirci all’abbraccio del Padre; con l’Eucaristia invece, simbolizzata dal sangue del Crocifisso, siamo coinvolti nell’atto di donazione che Gesù fa di sé stesso: potremo così accogliere l’amore di Gesù e diffonderlo intorno a noi con le parole e i gesti, potremo riconoscere le ferite inferte alla dignità dell’essere umano; potremo combattere ogni forma di disprezzo della vita e di sfruttamento della persona, e alleviare la solitudine e l’abbandono di tanta gente. Se nella Quaresima facciamo esperienza dell’amore che Dio ci ha donato tramite Cristo, potremo ogni giorno ridonare questo amore al prossimo, spe- Alla scoperta del modello della evangelizzazione e dell’evangelizzatore, così si potrebbe definire il filo conduttore del corso di esercizi spiri- cie se sofferente o bisognoso; solo così potremo partecipare pienamente alla gioia della Pasqua. Messaggio bello, quello quaresimale del papa, che ha il grande dono di rendere comprensibili a tutti i misteri a volte ostici della dottrina cristiana, e che a spiegare la bellezza e la grandezza di tali misteri dedica ogni occasione. Presentando questo messaggio, il presidente del Pontificio Consiglio “Cor unum” mons. Paul Cordes ha detto che il papa non può arrendersi al fatto che Dio appaia il grande assente della nostra epoca, che la quotidianità non sembri aver bisogno della trascendenza, che la vita risulti così gravemente impoverita. E don Oreste Benzi, fondatore dell’Associazione Giovanni XXIII, nella stessa circostanza ha affermato che “mai come oggi i giovani si accorgono che questa è una società di vecchi, capaci solo di spegnere le realtà più belle create da Dio: il matrimonio, la famiglia, la dignità della donna, la libertà dello spirito, l’amore di Dio e del prossimo. Una società vecchia con dei governi capaci solo di schiavizzare”. Se solo ce ne rendessimo conto, certamente lotteremmo perché non sia più così. tuali offerto dalla diocesi ai sacerdoti, e svoltosi dal 12 al 16 febbraio. A guidare le riflessioni il vescovo emerito di Saluzzo Mons. Diego Natale Bona, che partendo dalla sua lunga esperienza pastorale di sacerdote, parroco e vescovo, ha cercato di far emergere il carattere più vero dei passi del vangelo di Luca in cui Gesù si mostra come evangelizzatore e come insegna ai suoi apostoli a fare altrettanto. Il Centro S. Maria dell’Acero con la sua preziosa ospitalità ha offerto la cornice migliore a questo evento che ha visto la partecipazione di una quindicina di sacerdoti, qualche diacono e un seminarista. A conclusione tutto il clero ha celebrato il suo ritiro mensile. 6 Dioce - Il cammino dell’unione tra le due diocesi di Velletri e di Segni inizia il 23 settembre 1974 quando all’Amministratore Apostolico di Velletri mons. Luigi Punzolo fu affidata anche la Diocesi di Segni, (3 ottobre 1974) vacante per la traslazione di mons. Luigi Maria Carli da Segni alla sede arcivescovile di Gaeta. Fino ad allora per Segni si prospettava una unione con la diocesi limitrofa di Palestrina, anche se il clero sosteneva il mantenimento dell’autonomia diocesana. Per questa autonomia il clero firmò una petizione, inviata al S. Padre Paolo VI tramite il Cardinale segnino Pericle Felici. Al nuovo vescovo di Velletri mons. Dante Bernini, 10 luglio 1975, fu unita in persona episcopi anche la chiesa segnina. Quasi alla fine del suo episcopato veliterno e segnino, il 20 ottobre 1981 con Bolla della Congregazione dei Vescovi le chiese veliterna e signina furono unite “aeque S.E. Mons. principaliter” e mons. Bernini Dante Bernini fu il primo della breve serie dei Vescovi di questa nuova diocesi. Durante il breve episcopato del suo successore mons. Martino Gomiero, il 30 settembre 1986, veniva emaS.E. nato il decreto della piena unioMons. ne delle due diocesi. Nello Martino spazio di dodici anni si era Gomiero concretizzata la realizzazione della nuova diocesi che contava 27 parrocchie di cui tredici nel territorio veliterno e quattordici in quello segni- Marzo 2007 realtà nel 1975 con la nomina di Mons. Bernini. no, dove vennero soppresse numerose parCrediamo che per alcuni basti citare i camrocchie e rivisti i confini di altre. L’intensa pi nella villa del seminario di Norma per riporopera di riorganizzazione della nuova diotare alla memoria momenti faticosi ma intencesi intrapresa da mons. Gomiero fu contisi, belli. Crediamo che per alcuni, oggi quarantennuata da mons. Erba, oggi affidata alle cure ni o poco più, basti dire Centro Giovanile pastorali di mons. Vincenzo Apicella al quaInterdiocesano per risvegliare quell’entule spetta il compito di completare il lavosiasmo giovanile che faceva di tutti i grupro dei suoi predecessori trasformando quel pi parrocchiali una grande realtà, pronta ad trattino che divide i due soggetti geograincontrarsi in ogni punto del territorio delfici in un punto di unione vera e fattiva. le due diocesi. Pensiamo che non appeQuella sopradescritta è la sintesi della stona si alzi il velo dei ricordi tornino alla menria che portò all’unione di due chiese sorelte le Giornate della Fraternità, con grandi le, di mezzo però c’è la vita pastorale di protagonisti a parlare ai giovani, tra queentrambe che da allora hanno cercato e sti giornalisti come il quirinalista Paolo Giuntella, cercano ancora oggi di fondersi in un’unistudiosi ed esperti. Si evocavano figure come ca realtà. Per fare il punto di questo camDon Milani o P. Kolbe. Per altri giovani e mino abbiamo fissato un momento di quemeno giovani giova il ricordo degli inconsta storia, che è come un punto privilegiato di osservazione sia per quanto vi era stato in precedenze sia per quanto è Un acceso dibattito teologico seguito. Questo punto lo fissiamo nel- tra il compianto l’anno 1982, quando Mons. Bernini rice- Mons. Bruno Navarra vuto l’incarico ufficiale di fondere nel- e Mons. Luigi Vari la persona dell’unico vescovo le due chiese, (con la Bolla papale del 20 ottobre 1981), portò a momenti ecclesialmente esaltanti questo cammino che poi consegnò (8.05.1982), al suo successore Mons. Gomiero (5-06.1982). Lo speciale che il mensile diocesano Ecclesìa apre con questo numero, con il titolo di 25° aeque principaliter, vuole sottri con S.E. Mons. Giovanni Fallani, che incantolineare questo punto di osservazione. Cioè tava quanti accorrevano ad ascoltare le sue vuole offrire uno spazio in cui raccogliere conferenze sull’arte sacra. Erano tutti la memoria degli anni precedenti per meglio momenti di grande fraternità e di notevointerpretare gli anni che si sono succedule spessore formativo ecclesiale e cultuti a quella data. Per questo chiederemo conrale. Poi venne il tempo dell’Acero, la grantribuiti ai protagonisti della vita pastorale de stagione dell’ACR, l’inizio dei Convegni di quegli anni. Per quanto precede il 1982 Diocesani, l’apporto dei presbiteri religioci aspettiamo sia dai laici che dai sacersi come p. Stefano Pettoruto e tanti altri, doti di raccogliere sentimenti, ricordi e impresma anche l’inizio di una formazione biblisioni sui primi contatti delle due comunico-teologica. Quelli sopra citati volevano tà, le prime iniziative che cominciarono in essere solo degli spunti, ai quali si aggiunge in questo numero la testimonianza di un protagonista di allora Don Lorenzo Loppa parroco segnino, oggi Vescovo di AnagniAlatri. Altre testimonianze le attendiamo, altre le sollecitiamo. Il Vescovo Dante Bernini con i giova della Diocesi al centro di S. Maria de Dio - 7 Marzo 2007 In punta di … memoria In quel momento di grande grazia e di forte responsabilità che è stato il Convegno di Verona, nella costellazione di suggestioni e di tematiche venute a emergere, ha preso decisamente rilievo la questione “educativa” e “formativa”, soprattutto nei riguardi delle giovani generazioni. E ciò dall’inizio del grande evento ecclesiale, all’intervento centrale e sostanziale del S. Padre, fino alle conclusioni del Card. Camillo Ruini che, tra l’altro, affermava: “Per parte mia vorrei solo confermare che il nostro Convegno … ci ha offerto una impostazione della vita e della pastorale della Chiesa particolarmente favorevole al lavoro educativo e formativo … Non è necessario aggiungere che l’opera formativa, sebbene oggi debba essere rivolta a tutti, mantiene un orientamento e una rilevanza speciale per i bambini e i ragazzi, gli adolescenti e i giovani …” (n. 4). Il clima e le parole evocate rendono facile riandare con un ponte ideale a 25 anni fa, a quel 1982, in cui quell’ “Aeque principaliter unitae” sanciva alcuni anni di cammino insieme delle Diocesi di Velletri e di Segni (unite in “persona Episcopi”) su alcuni capitoli fondamentali, il più importante dei quali era la pastorale giovanile, con il Centro Giovanile Interdiocesano. Erano state la dedizione e la passione formativa in ordine alle giovani generazioni di Mons. Dante Bernini a mettere sul tavolo tante iniziative e a movimentare il panorama delle nostre Chiese. Erano gli anni del rinnovamento catechistico, del fervore delle prime Scuole di Teologia, era da poco terminato il decennio di “Evangelizzazione e Sacramenti” e si era all’inizio di quello caratterizzato da “Comunione e Comunità”. Sulla spinta e l’incoraggiamento di Mons. Bernini, era nato un Centro giovanile per tutte e due le Diocesi sorelle, con un lavoro di anima- ni ll’Acero S.E. Mons. Lorenzo Loppa zione, di coordinamento e di formazione, con molte iniziative, tra le quali feceva spicco un Convegno annuale per gli adolescenti e i giovani. Ricordo i campi-scuola di quegli anni benedetti sia nella villa del Seminario di Velletri a Norma (per i giovani adulti) sia nel centro di S. Maria dell’Acero (acquistato da poco). Debbo riconoscere poi che, negli anni seguenti, sono migliorati tanti segmenti della pastorale interdiocesana e, poi, diocesana, ma raramente si è ritrovata la freschezza, l’incanto e la passione che sono state spese in quel periodo per le giovani generazioni. Questo – è ovvio – è un parere personale che non chiede assolutamente di essere vagliato e condiviso da chicchessia. Mi viene in mente un testo della “Gaudium et Spes” che sta diventando ultimamente un manifesto della Pastorale Giovanile e che suona come parola di grande complimento e augurio per tutti coloro che pongono mani e cuore alla formazione dei giovani: “Legittimamente si può pensare che il futuro dell’umanità sia riposto nelle mani di tutti coloro che sono capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza” (n. 31). Un modo per dire che la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 non sono stati proprio da buttare e sono di scuola anche per il nostro “oggi” ecclesiale in cui deve emergere la Chiesa del grande “sì” che Dio ha detto in Gesù Cristo ai giovani, alla loro ricerca di senso, di vita e di felicità. Scrivo queste brevi note nel giorno della memoria di S. Giovanni Bosco “padre e maestro della gioventù” con l’augurio che il suo notevole senso pedagogico, la sua serenità comunicativa e la sua dedizione senza limiti rivivano e prendano corpo in tutti coloro che si fanno compagni di adolescenti e giovani nel cammino verso la Vita. Anagni, 31 gennaio 2007 Memoria di S. Giovanni Bosco LORENZO LOPPA Vescovo di Anagni-Alatri 8 V ocaz Marzo 2007 di mons. Leonardo D’Ascenzo dir. Centro Dioc. Vocazioni Dopo aver considerato le attenzioni che un pastore-accompagnatore dovrebbe avere su di sé nello svolgimento del ministero dell’accompagnamento vocazionale, vogliamo ora indirizzare la nostra riflessione su un ipotetico giovane che chiede aiuto, che desidera capire la chiamata, che porta con sé una domanda, o molte domande (chiarimenti, problemi da risolvere, dubbi, richiesta di sostegno nel cammino di crescita umana e cristiana…). C’è sempre qualche domanda che la persona porta con sé. È questo il punto di partenza di un dialogo per arrivare al cuore, alla domanda di senso profonda. Dalle domande alla domanda. Dalle domande non sempre ben formulate, non sempre adeguate ad esprimere il vero vissuto della persona o i suoi più profondi e veri desideri e bisogni di crescita e di realizzazione, alla domanda sul senso della vita e sulla modalità di realizzarla in pienezza, secondo la volontà di Colui che la vita ce l’ha donata e vuole che la viviamo come un bene prezioso da ri-donare. Dalle domande al punto d’incontro della propria storia con Dio. È soprattutto su questo aspetto che va concentrato inizialmente il lavoro dell’accompagnatore. Una domanda che potrebbe nascondere dipendenza A volte la persona potrebbe intendere in modo inesatto la richiesta di essere guidato-accom- che una certa dipendenza si stabilirà sempre nel rapporto di accompagnamento. La presenza dell’accompagnatore non potrà mai essere totalmente neutra. Però, un accompagnatore accorto saprà cogliere una eventuale dipendenza, saprà metterla in luce e orientarla verso una dipendenza nei riguardi dell’unico accompagnatore che è lo Spirito Santo: da una dipendenza psicologica nei suoi riguardi ad una dipendenza a motivo della fede verso lo Spirito. pagnato, pensando l’accompagnamento in termini di una passività completa nel campo decisionale. Una passività che gli darebbe diritto al “ditemi che cosa devo fare”, senza impegnarsi nel faticoso lavoro di ricerca. Si cadrebbe in un quietismo (eresia del XVI secolo) che partendo dal presupposto che tutto è opera di Dio, arriva alla conclusione che per l’uomo è meglio non far nulla, per non ostacolare l’opera di Dio: meno l’uomo fa, meglio è. Un accompagnatore che stesse al gioco e cadesse nella trappola, relazionandosi in modo fortemente direttivo e appellandosi magari alla buona docilità del giovane, dovrebbe interrogarsi sul suo bisogno di potere o dominazione nei confronti degli altri che, tra le molteplici radici potrebbe avere anche lo scetticismo e mancanza di fiducia nei confronti dell’azione di Dio educatore, oltre che l’insufficiente stima di se stesso. È chiaro Nel ricordo e sull’esempio di ‘Padre Curato’ L’associazione che porta il suo nome ha ricordatola figura dell’indimenticabile padre Italo Laracca, chierico regolare somasco, nel decimo anno della scomparsa Lo scorso 14 febbraio ricorreva per Velletri e per la nostra Diocesi una data molto importante, dieci anni fa infatti si spense nella sua amata San Martino padre Italo Laracca, chierico regolare somasco nato a Minturno nel 1904. Alcuni giornali dell’epoca titolarono ‘Si è spento il cuore di Velletri’, riassumendo in poche parole l'importanza del sacerdote nella vita pubblica di una città che a lui doveva, solo per citare alcuni esempi, il formidabile aiuto nei tristi e drammatici mesi della seconda guerra mondiale, l’orfanotrofio del dopoguerra, il libro-diario che testimonia l’olocausto della nostra città. Un sacerdote rimasto nell’animo e nei ricordi di molti, che dieci anni fa si spense serenamente in una mattina come tante che però sarà ricordata come una delle più tristi. Nella mancanza di qualsiasi celebrazione civile, e ‘padre Curato’ era tra l’altro anche cittadino onorario di Velletri, e da parte della congregazione di cui faceva parte, l’associazione che porta il suo nome e che si impegna a perpetuare la sua memoria e il suo esempio, si è riunita domenica 18 febbraio nella rettoria di Sant’Apollonia per una messa in memoria del sacerdote che tanto bene Padre Italo Laracca con il nostro Vescovo Emerito Andrea Maria Erba ha profuso nella sua vita. Rimane indimenticata e indimenticabile la figura del religioso e dell’uomo che ha accompagnato Velletri ed è stato un punto di riferimento della nostra Diocesi per almeno cinquant’anni. Una domanda che potrebbe veicolare ricerca di sicurezza Chi chiede accompagnamento potrebbe anche essere spinto dalla ricerca di sicurezza. Non è difficile trovare giovani che, sentendosi insicuri o, a volte, quasi paralizzati di fronte alle decisioni per il loro futuro, cerchino un accompagnatore che possa rassicurarli sulla bontà delle loro decisioni o, peggio ancora, sostituirsi al loro impegno personale di fare discernimento e di scegliere responsabilmente come vivere il dono della propria vita. L’accompagnatore non può corrispondere a questo tipo di richiesta se questa è ricerca di garanzie di tipo autoritario, di protezioni affettive che dispensano il giovane dalla ricerca e dalla fatica personale. Ciò significherebbe andare nella direzione di una deresponsabilizzazione del giovane, orientamento tutt’altro che educativo. Un principio di riferimento in questo ambito potrebbe essere questo: può essere bene cercare sicurezza attraverso l’accompagnamento, ma non nell’accompagnamento. Scopo dell’accompagnamento Lo scopo è fare la volontà di Dio. Ma è proprio scontato che il significato dato a questa espressione sia rettamente inteso? A questo proposito c’è un lavoro da fare nel cammino di accompagnamento che richiede tempo e attenzione. C’è un piano oggettivo della volontà di Dio (il piano dei comandamenti, della Parola, della voce e dell’insegnamento del magistero della chiesa), un piano che è proposto alla libertà dell’uomo perché lo conosca, lo accetti e lo incarni nella sua vita. La conoscenza del piano oggettivo è necessaria e valida per tutti, sarà compito dell’accompagnatore verificare e, nel caso ce ne fosse bisogno, integrare questa conoscenza. Ma proprio perché valida per tutti, in qualche modo è insufficiente per il singolo. C’è una conoscenza di questo piano in sé, dei valori in sé, e una coscienza di ciò che domandano a me: si tratta di aiutare il giovane a compiere il passaggio dal piano oggettivo a quello personale, da ciò che è richiesto a tutti a ciò che è richiesto a me, dalle proposte del vangelo rivolte a tutti alla modalità di attuarle nella mia vita, dalle proposte per tutti alle scelte da fare per me. Conoscenza ma anche incarnazione, intreccio di oggettività e soggettività. Chie - 9 Marzo 2007 ne, secondo quelle parole: “a ciascuno … la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio”». Accanto alla duplice azione dello Spirito, pacificamente affermata nella tradizione cristiana, di santificare e guidare la Chiesa attraverso i sacramenti e i ministeri e di adornarla mediante le virtù – soprattutto la fede, la speranza, la carità –, il testo ricorda una terza azione dello Spirito, che è appunto quella di «dispensare tra i fedeli» i carismi. Il testo tende quindi a superare il silenzio di secoli sui carismi, intesi come fenomeni straordinari circoscritti nel mondo della mistica. Si avverte tale intenzione nell’espressione «Spiritus sanctus… distribuit gratis quoque speciales», dove il quoque non specifica il fatto che lo Spirito, oltre alle virtù, distribuisca “anche” i carismi, ma che distribuisce «grazie anche speciali». Tale chiarimento emerge nel periodo seguente: «Questi carismi, straordinari o anche più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto appropriati e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione». L’affermazione è di grande impatto, soprattutto se si pensa alla Chiesa pre-conciliare, dove tutte le funzioni nella Chiesa erano circoscritte nelle mani della gerarchia: papa, vescovi, preti. La frase è generica, ma efficace: se il testo, infatti, non specifica di quali necessità si tratti, afferma però che per tali necessità esistono nella Chiesa doni adatti che provengono dallo Spirito. Né serve specificare oltre, perché la costituzione aveva già affermato in precedenza Dopo la presentazione del sensus fidelium po di Cristo vige la diversità delle membra e – la capacità e la funzione che hanno tutti i batdelle funzioni. Uno è lo Spirito, il quale per l’utezzati di essere voce della Tradizione – il § 12 tilità della Chiesa distribuisce i suoi vari doni della Lumen Gentium continua a sviluppare la con magnificenza proporzionata alla sua ricdimensione profetica della vita cristiana, tratchezza e alle necessità dei ministeri. Fra quetando un altro tema scottante: quello dei caristi doni viene al primo dono la grazia degli aposmi. stoli, alla cui autorità lo stesso spirito sottoIl termine è venuto fortemente di moda nel mette anche i carismatici. Ed è ancora lo Spirito post-concilio per alcune questioni di grande impatstesso che , con la sua forza e mediante l’intito in teologia e nella vita della Chiesa. Le quema connessione delle membra, produce e stistioni sono fondamentalmente tre, e molto distanmola la carità dei fedeli. E quindi, se un memti tra di loro: una prima che oppone il carisma bro soffre, soffrono con lui tutte le altre memall’istituzione, la libertà dello Spirito ai fissibra; se un membro è onorato, ne gioiscono con smi della gerarchia; una seconda che inquadra esso tutte le altre membra». i religiosi – ordini, congregazioni, istituti di vita Come si vede, la dottrina di riferimento è consacrata – ma anche i movimenti nella proquella di 1Cor 12, che contiene una descriziospettiva del «carisma del Fondatore»; un terne ampia e articolata della presenza dei carizo – forse quello che maggiormente ha contrismi nella comunità di Corinto. «Vi sono poi diverbuito a una diffusione del termine nel linguaggio sità di carismi, ma uno solo è lo Spirito… E a e nell’esperienza ecclesiale – che fa capo al Rinnociascuno è data una manifestazione particolare vamento Carismatico Cattolico, un movimendello Spirito per l’utilità comune», dice l’apoto che dall’immediato post-concilio si è diffustolo, che elenca nove carismi: il linguaggio di so nella Chiesa cattosapienza e quello di scienza, la fede, le guarilica, coinvolgendo miliogioni, i miracoli, la profezia, il discernimento di don Dario Vitali ni di persone. degli spiriti, la varietà delle lingue e l’interpretazione A causa di questi delle lingue. Carismi «straordinari o anche più fenomeni, il termine si comuni», ha precisato LG 12, che Paolo non Parroco e Teologo è caricato di significacancella per il fatto che siano fonte di contrati intensi, spesso a carattere ideologico, che il sti e di gelosie nella comunità; piuttosto, fortesto della Lumen Gentium non conosce, per quannisce i criteri e le regole, perché i carismi serto anche in aula conciliare il dibattito sia stato vano per l’edificazione della comunità e di tutmolto serrato. Il testo, infatti, è passato attrati nella comunità. Così precisa che sono doni verso un fuoco di sbarramento della per la Chiesa- corpo di Cristo, e se nel minoranza – celebre l’intervento del card. corpo tutti siamo membra, il dono di uno Ruffini, arcivescovo di Palermo – che riserè dono di tutti, e nessuno può rivendicare vava i carismi ai tempi della fondazione l’uso di un dono per eccellere sugli altri I carismi, un termine della Chiesa. Contro questa posizione, il o per prevaricarli. D’altronde, se tutti i card. Suenens, arcivescovo di Bruxellesdoni sono utili, il criterio fondamentale che si è caricato di significati Malines, uno dei grandi protagonisti del per regolare i carismi e il loro uso nella concilio, sostenne che i carismi sono doni comunità è quello della carità, che non intensi, spesso a carattere per tutti i tempi della Chiesa; non solo straorè il più grande dei carismi, ma la condidinari, ma anche «più semplici e ordinazione stessa dei carismi. Senza carità, infatideologico, che il testo della ri»; non riservati a pochi – i santi – ma destiti, anche i doni più grandi diventato struLumen Gentium non conosce menti di vanagloria, che nutrono l’amor nati a tutti i battezzati. Il paragrafo si apre qualificando i cariproprio e non edificano la Chiesa. smi come doni che lo Spirito santo distribuisce Si capisce, allora, perché il concilio per la santificazione del Popolo di Dio: «Inoltre, domandi che i carismi, soprattutto quello stesso Spirito santo non solo santifica e guili «straordinari, non si devono chiedere temeche «lo Spirito unifica la Chiesa nella comuda il Popolo di Dio per mezzo dei sacramenti rariamente, né con presunzione si devono da nione e nel servizio, la provvede di diversi doni e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo essi sperare i frutti dei lavori apostolici; ma il gerarchici e carismatici, con i quali la dirige, adorna di virtù, ma, “distribuendo a ciascuno giudizio sulla loro genuinità e sul loro esercila abbellisce dei suoi frutti» (LG 4). In LG 7, i propri doni come piace a lui”, dispensa pure zio ordinato appartiene a quelli che presiedoillustrando dettagliatamente la figura della Chiesa tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con no nella Chiesa, ai quali spetta specialmente corpo di Cristo, aveva ulteriormente precisato: le quali li rende adatti e pronti ad assumersi non di estinguere lo Spirito, ma di esaminare «Come tutte le membra del corpo umano, anche varie opere o uffici, utili al rinnovamento deltutto e ritenere ciò che è buono (1Ts 5,12. 19se numerose, formano un solo corpo, così i fedela Chiesa e allo sviluppo della sua costruzio21)». li in Cristo. Anche nella edificazione del cor- 10 Caritas «… come io vi ho amato» (Gv 13,34): ecco il tema dell’itinerario per vivere la Quaresima e la Pasqua 2007 in famiglia, insieme pensato da Caritas Italiana, dalla Conferenza Episcopale Italiana e dall’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia. Come negli ultimi anni, il sussidio affida ad alcune famiglie, operatori, persone in difficoltà, giovani in servizio civile, di “commentare” la parola del giorno in base alle loro esperienze; e lascia uno spazio… per ognuno di noi, per tradurre a parole la nostra preghiera. Prendiamone insieme qualche spunto che possa servirci per rileggere l’impegno che nel corso dei giorni viviamo, in quanto singoli, in quanto comunità, nei confronti delle persone in difficoltà. L’augurio del Papa «“Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Guardiamo con fiducia al costato trafitto di Gesù, da cui sgorgano “sangue ed acqua” (Gv 19,34). Contemplare “Colui che hanno trafitto” ci spingerà ad aprire il cuore agli altri riconoscendo le ferite inferte alla dignità dell’essere umano; ci spingerà in particolare, a combattere ogni forma di disprezzo della vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi della solitudine dell’abbandono di tante persone». Questo sostanzialmente il significato della “misericordia”, parola composta da “miseria” e da “cuore”: un amore che guarda alla miseria della persona umana, che se ne prende cura per liberarla. L’anticipazione della richiesta – dice il profeta Isaia (1, 17): «Cessate di fare il male e imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendere giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova». Questa Parola si fa riflessione e preghiera: «Nelle nostre preghiere siamo soliti dirti “Signore, se hai bisogno di noi, delle nostre mani per aiutare qualcuno, della nostra casa per ospitare qualcuno, della nostra dispensa per sfamare qualcuno, vieni, bussa alla nostra porta, serviti di noi”. Tu ci hai fatto il dono di venire nella nostra famiglia, di servirti della nostra piccolezza. Ma forse oggi ci stai dicendo che non è sufficiente aprirti la porta di casa e del cuore quando ci vieni a cercare, forse vuoi da noi qual- cosa di più. Ecco le parole di Isaia. Tu ci inviti a fare noi il primo passo, ad essere ricercatori, a desiderare di alleviare le sofferenze di chi non ha la forza di venire a chiedere aiuto, ad anticipare le richieste dei nostri fratelli più piccoli, per portare nel nostro tempo il tuo Regno e far assaporare fin da ora le cose di Dio». Il cubo del ricordo – al centro Marzo 2007 sione, mancanza di fede: di Sara Bianchini queste le realtà negative che sperimentiamo sempre e in cui siamo inviCaritas diocesana tati ad affidarci al ricordo. Signore, se ti credo assente, ricordami che mi cammini accanto. Signore, se mi sento confuso, Crocifissione con Maria e San Giovanni, Michelangelo Buonarroti Parigi - Louvre del sussidio, il cubo della preghiera; ogni sua faccia raccoglie una preghiera diversa, che trae spunto sempre da ciò che noi viviamo e chiede l’aiuto del ricordo. È importante questa insistenza sulla memoria, prima di agire noi in prima persona, ci aiuta a guardare all’azione di Dio che ci precede e che è quella che più facilmente scordiamo. Assenza, confusione, orgoglio, solitudine, delu- ricordami di fidarmi di te. Signore, se mi sento importante, ricordami che preferisci gli ultimi. Signore, se mi sento deluso, ricordami che aspetti di consolarmi. Signore, se mi sento solo, ricordami che stai bussando alla mia porta. Signore, se la mia fede è poca, ricordami di pregare. Signore, aiutami a ricordare. Marzo 2007 Continua il lavoro congiunto della Casa di Accoglienza San Lorenzo (della Caritas Diocesana) e di Vol.A.Re. per accompagnare i reclusi del carcere di Velletri e le loro famiglie. Sono stati compiuti tanti piccoli passi in questo tempo: nomi, volti e storie concrete nelle azioni che tutta la diocesi, per mezzo di San Lorenzo e di Vol.A.Re., ha così realizzato. Tante sono le possibilità di sostenere la presa di coscienza del male compiuto, il desiderio di cambiamento, la ricerca di un lavoro e di una casa, il ricongiungimento familiare e affettivo. Ogni possibilità è però anche richiesta di persone disposte ad accompagnare tale possibilità verso la concretizzazione. Per questo abbiamo organizzato un secondo ciclo di incontri “Itinerari nel mondo del carcere”: per tutti coloro che desiderino conoscere e rendersi partecipi del mondo della giustizia e del carcere. Gli incontri si svolgeranno presso la Sala Tersicore del Comune di Velletri, dalle ore 15 alle ore Associazione Vol.A.Re. 18 e terminee Casa di Accoglienza ranno con un San Lorenzo cineforum il 5 maggio alle ore 17. Angelo Bottaro, presidente dell’associazione Vol.A.Re., presenta in questo modo l’iniziativa: “Nonostante l’estrema attualità, la particolare rilevanza e le sue innumerevoli implicazioni, il carcere è un ‘pianeta’ poco conosciuto, intorno al quale permangono stereotipi, pregiudizi, ostilità, condanne, sentimenti di rivalsa, disinformazione, diffidenza e indifferenza. Attraverso sei incontri ed un filmato alcuni operatori che vivono quotidianamente e nei molteplici aspetti questa realtà, ci offrono la loro esperienza e la loro testimonianza per proporre fatti, elementi, interrogativi, riflessioni. A tutti i partecipanti è offerta l’opportunità di una interazione attraverso domande, interventi, confronti diretti. L’intento è quello di contribuire a prospettare e a formare nella nostra comunità un’idea del carcere il più possibile aderente alla realtà”. Caritas 11 22 marzo 2007 ore 15: saluto di benvenuto di Franca Del Giudice, Assessore alle Politiche sociali del Comune di Velletri. Il carcere, le istituzioni e la società: perché la società punisce, come punisce. La funzione della pena. I risultati della pena per le vittime e per gli autori del reato. Conducono Giuseppe Makovec, Direttore Casa circondariale di Velletri, e Marina Bonucci, Responsabile Area pedagogica dello stesso istituto 29 marzo 2007 ore 15 Il sistema penitenziario, le principali figure istituzionali, come funziona un carcere. Conducono Nadia Fontana e Donata Iannantuono, Vice Direttrici Casa circondariale di Velletri. 12 aprile 2007 ore 15 Da dove, come e perché nasce la criminalità a Velletri e nell’area dei Castelli Romani. Chi sono, da dove vengono, cosa fanno coloro che delinquono? Cosa succede in un carcere. Conducono Domenico Cristofori, sottufficiale Arma Carabinieri, Stefano Perica, avvocato penalista, Gabriella Mezzetti, agente di Polizia penitenziaria 19 aprile 2007 ore 15: Il volontariato fuori e dentro il carcere: finalità, obiettivi, valori e percorsi da proporre. Conducono Daniela de Robert, giornalista e volontaria, e Claudia Piano con la sua storia da raccontare 26 e 27 aprile 2007 ore 15: Il volontario a confronto con sé stesso, con la sua scelta e con le sue motivazioni... Come e perché autovalutarsi. Conduce Silvio Roscioli, psicoterapeuta e volontario. 5 maggio 2007 ore 17: Proiezione del film “ Raccontamela giusta ” e a seguire dibattito finale. Conducono Suor Teresa Braccio, responsabile settore media Paoline Roma, e Maria Mezzina, insegnante e giornalista Moderatori degli incontri: Don Vittorio Trani, Cappellano del carcere Regina Coeli, Lorena Carluccio, Sara Bianchini e Angelo Bottaro Gli incontri indicativamente termineranno alle ore 18, la proiezione del 5/5 alle 12 Marzo 2007 Fami- di Dorina e Nicolino Tartaglione Si dice che l’unione fa la forza e questo vale certo anche nella vita di coppia, dove il reciproco apporto dimezza la fatica di ciascuno e raddoppia la forza dei due. È davvero così? La Bibbia, come fa spesso, solleva sulle vicende umane il velo di ciò che appare ovvio, scoprendo l’abisso di male in cui una coppia unita può precipitare. Tutto ha inizio dal fermo rifiuto che Acab, re di Israele, si vede opporre da un suo umile suddito, il quale non vuole cedergli la sua piccola vigna adiacente alla regia. Risentimento e frustrazione riempiono l’animo del re, che se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Jzreèl, che aveva affermato: “Non ti cederò l’eredità dei miei padri”. Si coricò sul letto, si girò verso la parete e non volle mangiare (1 Re 21,4). Non è detto che gli adulti, che magari hanno importanti responsabilità, non siano come i bambini. E non nel senso dell’innocenza, ma in quello dei capricci. Sarebbe certo saggio in simili frangenti che almeno l’altro coniuge restasse adulto e come un buon genitore nei confronti del figlio capriccioso si facesse una bella risata o non facesse mancare una doverosa sgridata. Ma come ci sono mamme e papà sempre pronti a scusare e difendere i figli anche quando hanno torto marcio, così ci sono coniugi che in nome dell’onore proprio e di coppia invece che gettare acqua sul fuoco vi spruzzano benzina. E così, come nel caso che abbiamo sott’occhio, se il cattivo proposito del marito s’arresta, interviene la moglie, che alla capricciosa volontà di lui aggiunge la sua diabolica determinazione. Allora la moglie Gezabele gli disse: “ Tu ora eserciti il regno su Israele?Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di Nabot di Jzreèl!» (iRe 21,7). L’amarezza del coniuge affranto o frustrato non può certo rallegrare, e tuttavia il desiderio di farlo felice o l’incapacità di vederlo soffrire non sono sempre buoni consiglieri. La giusta solidarietà può anche trasformarsi in complicità nel male. È questo il caso dei regnanti d’Israele, dove risentimento maschile e perfidia femminile innescano una forza mortale. Il piano omicida della regina va a segno e l’obiettivo della coppia di usurpare la legittima proprietà di un suddito viene raggiunto. Appena sentì che Nabot era stato lapidato e che era morto, disse ad Acab: “Su, impadronisciti della vigna di Nabot di Jzreèl, il quale ha rifiutato di vendertela, perché Nabot non vive più, è morto». Quando sentì che Nabot era morto, Acab si mosse per scendere nella vigna di Nabot di Jzreèl a prenderla in possesso (1 Re 21,1516). Acab, che avrebbe potuto far tesoro del legittimo rifiuto del suo suddito per ravvedersi, riceve in offerta dalla cattiveria della moglie ciò che da solo non aveva il coraggio di prendere. E come già alle origini nel caso di Adamo ed Eva, lui non resiste alla tentazione di lei. Possiamo trarre una preziosa verità sull’unità di coppia: l’unione è buona nella misura in cui tende al bene; qualora invece mirasse al male, altro non sarebbe che una cattiveria elevata alla doppia potenza. Il bene poi, anche quello di coppia, è bene autentico nella misura in cui è rispettoso dei diritti altrui e benefico verso gli altri. Diversamente, diventa un egoismo al quadrato. “Amare e desiderare la vita” La Giornata della Vita promossa dalla CEI nella sintesi di Stanislao Fioramonti Il tema della Giornata della vita, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana domenica 4 febbraio, è stato sviluppato dal papa all’”Angelus” dello stesso giorno. Papa Ratzinger ha salutato le persone convenute in piazza San Pietro “per testimoniare il loro impegno a sostegno della vita dal concepimento fino al suo termine naturale”; e si è unito ai vescovi italiani e ai suoi predecessori nell’appello “a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché si mostrino accoglienti verso il grande e misterioso dono della vita”. “La vita, che è opera di Dio, non va negata ad alcuno, neppure al più piccolo e indifeso nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità. Allo stesso tempo, facendo eco ai Pastori della Chiesa in Italia, invito a non cadere nell’inganno di pensare di poter disporre della vita fino a ‘legittimarne l’interruzione con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di umana pietà’. “Nella diocesi di Roma, ha proseguito Benedetto XVI, inizia oggi la ‘Settimana della vita e della famiglia’, occasione importante per pregare e riflettere sulla famiglia, che è culla della vita e di ogni vocazione. Sappiamo bene come la famiglia fondata sul matrimonio costituisca l’ambiente naturale per la nascita e per l’educazione dei figli, e quindi per assicurare l’avvenire dell’intera umanità. Sappiamo pure come essa sia segnata da una profonda crisi e debba oggi affrontare molteplici sfide. Occorre pertanto difenderla, aiutarla, tutelarla e valorizzarla nella sua unicità irripetibile. Se questo impegno compete in primo luogo agli sposi, è anche prioritario dovere della Chiesa e di ogni pubblica istituzione sostenere la famiglia attraverso iniziative pastorali e politiche, che tengano conto dei reali bisogni dei coniugi, degli anziani e delle nuove generazioni. Un clima familiare sereno, illuminato dalla fede e dal santo timor di Dio, favorisce inoltre lo sbocciare ed il fiorire delle vocazioni al servizio del Vangelo. (…) Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché attraverso uno sforzo costante a favore della vita e dell’istituto familiare, le nostre comunità siano luoghi di comunione e di speranza dove si rinnova, pur tra tante difficoltà, il grande “si” all’amore autentico e alla realtà dell’uomo e della famiglia secondo il progetto originario di Dio. Chiediamo al Signore, per intercessione di Maria Santissima, che cresca il rispetto per la sacralità della vita, si prenda sempre più coscienza delle vere esigenze familiari, ed aumenti il numero di quanti contribuiscono a realizzare nel mondo la civiltà dell’amore”. Famiglia& 13 Marzo 2007 A rischio il matrimonio e l’idea stessa di uomo I ‘Dico’: se la Costituzione è difesa da Papa e Vescovi Al fondo delle accuse di ‘ingerenza’ alla Chiesa un’antropologia che nega la verità sugli esseri umani - Il flop dei registri comunali C’è una profonda motivazione antropologica, che i giornali tentano di nascondere all’opinione pubblica, ma che spiega assai bene la preoccupazione del Papa e dei Vescovi per i “Dico” (“Diritti dei Conviventi”), vale a dire per la legalizzazione – dopo il divorzio, l’aborto e la fecondazione artificiale (ormai manca soltanto l’eutanasia) – anche delle unioni di fatto e soprattutto di quelle tra omosessuali. La motivazione riguarda l’idea stessa di uomo e dovrebbe, perciò, essere condivisa dalla società civile e dalle Istituzioni della Repubblica. È una questione, infatti, anche di etica civile e, quindi, nient’affatto esclusiva della Chiesa e che comprende, ma va ben oltre, l’ambito della fede. Gli aspetti puramente giuridici e ordinativi delle unioni di fatto, che pure non sono argomenti di scarsa gravità sono secondari di fronte a questa nuova e deleteria antropologia. Per chiarire questa motivazione bisogna rifarsi alla “questione antropologica” (di cui Ecclesìa si occupò nel marzo del 2005), vale a dire della risposta da dare a un interdi Pier Giorgio Liverani rogativo antico – “Chi è l’uomo?” – da cui dipendono il comportamento, le relazioni degli esseri umani, l’organizzazione della società e, infine, il rapporto dell’uomo con Dio o, per chi non crede, con se stesso e con la natura da cui proviene. A questa domanda, che già Davide poneva a Dio nel Salmo 8 («Chi è l’uomo perché te ne ricordi e te ne curi?»), la fede risponde con la celebre definizione della Genesi,: è «immagine e somiglianza del suo Creatore». Da questa discendono anche le leggi morali, comprese quelle della società civile, perfino di quelle società dichiaratamente atee: non uccidere, non rubare, non dire il falso, il matrimonio con il suo impianto binario (un uomo e una donna), le relazioni familiari, la struttura e la forza delle parentele, il divieto di incesto, il senso del dovere e via dicendo. L’UOMO-FAI-DA-TE Tutto ciò significa anche riconoscimento dei limiti dell’uomo, così evidenti nell’esistenza del male, nella morte, nella malattia, nel dolore, nell’impossibilità di darsi la vita. Oggi, però, l’uomo va verso un delirio di onnipotenza: si crede capace di superare i propri limiti e, dunque, di vincere la morte (ma anche di avere il diritto di darla a sé e agli altri), di manipolare il processo della generazione e di annullare la differenza tra maschio e femmina. Sarebbe quest’ultima, dicono, un prodotto non della natura, bensì della cultura e, quindi, accessibile per scelta e mutabile a piacimento. Insomma, si sta progettando un uomo, che, negando il Creatore e se stesso, si proclama “autopoietico”: l’uomo-che-si-fa-da-sé. Si comprende, allora, che parificare le relazioni omosessuali a quelle normali tra uomo e donna, come accade nei Dico, significa negare la verità sull’uomo”, come scriveva Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae, e rispondere con una menzogna alla domanda di chi è l’uomo. La questione omosessuale, come quella relativa al gender (il genere prescelto, di cui converrà trattare un’altra volta), si basa su questa falsa antropologia: la sessualità non sarebbe più il dato essenziale costitutivo della persona, ma soltanto un attributo accessorio che. essendo rifiutata anche l’idea di anomalia, può essere scelto. SESSUALITÀ OMO ED “ETERO” Si basa su questa idea l’asserita equivalenza dell’omosessualità a quella che – malamente – viene chiamata eterosessualità. Anche il linguaggio, infatti, è stato piegato a questa operazione. Il sesso sta perdendo la sua idea fondamentale di relazione fra alterità, cioè fra diversi: dopo aver per necessità inventato la parola “omosessualità” (rapporto con l’uguale) onde definire una situazione anomala rispetto al concetto stesso di sessualità come rapporto con l’altro, è stato artificiosamente costruito il termine “eterosessualità”, che deriva palesemente da “omosessualità” ed è una specie di tautologia: dice, cioè, due volte la stessa cosa: alterità e sessualità. Sarebbe bastato parlare di normo-sessualità, ma si temeva un automatico e non politicamente corretto riferimento all’omosessualità come anomalia. Ormai “eterosessuale” è purtroppo divenuta parola di uso comune con la conseguenza di una parità di valore con “omosessuale”. Si comprende meglio, con il riferimento appena fatto al linguaggio, quanto anche un uguale I ‘registri’ in Italia Il “partito dei Dico” sostiene che la nuova proposta di legge costituisce la risposta a una domanda del Paese, perché le coppie di fatto sarebbe in crescita e, a tutt’oggi, poco più di 500mila. Vediamo come stanno le cose. In alcuni comuni italiani grandi e piccoli i registri delle un ioni di fatto sono stati già istituiti e danno diritto di concorrere all’assegnazione di case dell’edilizia pubblica. E però sono rimasti quasi inutilizzati (dati non aggiornati, ma indicativi della situazione). Arezzo, capofila dei Dico comunali: registro dal 1996, coppie registrate una decina. Bolzano: registro vuoto. Padova: registro recentissimo, tre coppie (una omosessuale). Ferrara: la proposta è caduta nel vuoto. Cento (Ferrara): il registro pare smarrito. Pisa: registro dal 1997, 34 coppie (una omosessuale). Piombino (Livorno): gran chiasso per la decisione, ma del registro nessuna traccia. Scandicci (Firenze): dal 199 tre coppie, poi scese a una (due cancellate). Bagheria (Palermo), unico caso in Sicilia: dal 2004 una coppia omosessuale. valore giuridico dato all’affettività e, per di più, indifferentemente alle sue diverse forme sia anch’esso un tradimento dell’identità dell’uomo. A questa prima considerazione si aggiunga l’assurdità del riconoscimento giuridico: il concetto di “affettività” non esiste in diritto. Primo, perché non è rilevabile né misurabile: un matrimonio può essere istituito e sussistere anche senza affettività e allo Stato non interessa se due persone si vogliono bene o no. Secondo, perché i Dico mettono insieme e parificano affettività tra loro diversissime: quella tra due amici non è quella tra due fratelli, queste non equivalgono all’affettività tra coniugi, dove la componente sessuale è determinante, ma è diversa da quella di una coppia di fatto mentre in entrambe questa componente è l’opposto di quella fra due persone dello stesso sesso. Anche una regolazione giuridica di affettività diverse è, dunque, una negazione della verità dell’uomo. Così come sono false le nuove e assurde parentele temporanee e provvisorie che i Dico istituiscono creando aspettative di eredità, di pensioni reversibili, di assegni di mantenimento e di altre forme di garanzie che sono specifiche del matrimonio e giustificate solo da un autentico rapporto coniugale. Per altre aspettative già provvede il diritto civile o è possibile fare leggi specifiche. La verità è che i Dico costituiscono, con la loro dote di diritti e di garanzie, una vera alternativa al matrimonio, ma di questo molto meno impegnativa e che essi costituirebbero, se approvati, un grimaldello per arrivare in seguito a un vero e proprio “omo-matrimonio”. PER UN DIRITTO IN PIÙ? Si deve considerare, poi, che anche la richiesta, che a molti sembra fondata, di riconoscere agli omosessuali gli stessi diritti dei normosessuali è già per se stessa un inganno, un trabocchetto. Gli omosessuali hanno certamente diritto, come tutti, al rispetto della loro dignità di persone e a non essere discriminati, ma in quanto maschi e femmine non sono un genere diverso (un gender) e hanno già gli stessi identici diritti di tutti anche in materia matrimoniale. Ciò che vogliono è almeno un diritto in più: l’omosessuale maschio (gay) reclama il diritto di sposare anche un uomo, che l’ordinamento giuridico non riconosce ai maschi, e così l’omosessuale femmina (lesbica) una donna e così via fino al bisessuale e al transessuale che vorrebbero analoghi diritti di opzione. Questo, però, è impossibile anche sulla base della nostra Costituzione italiana, che nega anche le ipotetiche discriminazione in positivo e per la quale (art. 2) «tutti i cittadini italiani hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». I Dico, come si vede, si richiamano a una idea di uomo, vale a dire a un’antropologia, che non è quella su cui poggia la Chiesa e su cui si fonda la Repubblica. In conclusione, essi potrebbero essere sostituiti da qualche norma di legge che garantisca alcune situazioni reali di vita come l’assistenza in ospedale, il subentro nei contratti di affitto in caso di morte del convivente, definendo cioè diritti già riconosciuti dai tribunali. Non debbono, però, realizzare di fatto dei “piccoli matrimoni” provvisori e, in certi casi, innaturali. Quei laici e quei cattolici che rivendicano e difendono i Dico dovrebbero protestare perché, in definitiva, la Costituzione della Repubblica è difesa dal Papa e dai Vescovi e non dalle istituzioni civili. 14 C h i e s a & D Marzo 2007 IL VESCOVO VELITERNO PIER DAMIANI Dopo aver conosciuto meglio la figura di questo grande teologo medioevale, ci soffermiamo a riflettere sul legame tra Pier Damiani e la diocesi di Velletri. Per una trattazione esaustiva della problematica che travalica i limiti imposti al presente articolo, rimando al mio intervento pubblicato nel volume F. CIPOLLINI (cur.), Pier Damiani (+1072). Figura, aspetti dottrinali e memoria nella Diocesi di Velletri, Venafro 2003, 133-150. Nella produzione letteraria del solitario di Fonte Avellana, accanto alle lettere, ci forniscono preziose indicazioni gli oposculi, “che poi sono delle lettere più ampie“1. Nell’opuscolo n. 34 “Disputatio de variis apparitionibus et miraculis“2, considerato autentico dalla critica, Pier Damiani cita nell’introduzione i canonici di Velletri, , dapprima, descritti come incorreggibili e in seguito riabilitati, per l’opera di Pier Damiani: “Ti riferisco riguardo ai nostri canonici, evidentemente quelli della santa Chiesa Veliterna, perché essi che sembravano incorreggibili, dopo molNOTE 1 P. PALAZZINI, Pier Damiani, in Bibliotheca Sanctorum, Roma 1968, col. 562. 2 J.P. MIGNE, Patrologia Latina, CXLV, Parisiis 1853, coll. 584-590. 3 Cfr. Op 20, Apologeticum de dimissu episcopatu; PL CXLV, 443. ti lavori e fatiche nostri, già si ravvedono per grazia divina e procedono attraverso la regola canonica non già costretti ma con gioia. Inoltre ciascuno di loro completa quotidianamente il salterio durante il tempo di quaresima; tre giorni la settimana tutti si astengono comunitariamente dal vino e dal piatto di carne; e sembrano soltanto avere fervore di volgersi insieme in cose impegnate, in modo tale che per tutta la quaresima, che è precedente la Pasqua, per tre giorni a settimana ciascuno nel capitolo davanti ai fratelli si spogli, e confessati i propri peccati, sopporti con un duro scudiscio di corregge quella disciplina che per consuetudine precede la Natività di N.S.G.C.. Evidentemente, puoi manifestamente cogliere in questo indizio di santo uso ciò che riguarda i restanti modi di vita e devi valutarli con le regole. O disciplina salutifera, e senza dubbio afflizione della carne! nella quale mentre il corpo è denudato quanto all’aspetto umano, davanti agli occhi di Dio appare ornato di indumenti brillanti. […]”. Pier Damiani non si è occupato solo della diocesi di Ostia, infatti egli stesso ci dice che si è dovuto occupare di duorum episcopatuum, unius regendi, alterius visitandi;3 ma si è occupato anche della riforma dei canonici4 non solo di Velletri5. Allora mi pare degno di rilievo il fatto che non designi gli altri canonici, dei quali si è interessato, con gli stessi appellativi con cui designa i canonici di Velletri. È il caso, ad esempio, dei canonici di Fano6. Ad essi si rivolge nei cinque capitoli del suo oposcolo De communi vita canonicorum appellandoli di volta in volta ora dilectissimi, ora charissimi7. Espressioni di affetto ma che non raggiungono certo il grado di intimità dell’espressione ai “canonicis nostris, sanctae videlicet Velitrensis Ecclesiae“ dell’op. 34. Accanto a questo riferimento interno all’opera di Pier Damiani, occorre 4 Pier Damiani “molto si adoperava per promuovere nelle comunità degli ecclesiastici una vita regolare, simile a quella dei monaci. Difatti in molte chiese i chierici vivevano isolati come i laici. Nei capitoli delle Cattedrali e nelle Collegiate i vescovi si sforzavano analizzare una pergamena, conservata nell’archivio capitolare di Velletri, che ci illustra la concessione di alcuni benefici, da parte di Papa Alessandro II, su preghiera di Pier Damiani. Ad alcuni sacerdoti veliterni, il pontefice concede l’esenzione da qualsivoglia servizio, angheria, fodro8, obbligo militare, mantenendo soltanto l’obbligo, verso il vescovo, del pagamento · della terza parte del reddito dei testamenti · di un terzo delle oblazioni delle tre messe · di un quarto delle decime. In questa lettera, datata 11 giugno 1065, il pontefice conferisce i benefici “propter fidelissimis servitiis vestris, expressis a Petrus Damiani nostri Coepiscopo“. La concessione dei di Francesco Cipollini benefici fu caldeggiata dall’inDocente di religione tervento di Pier e storico della Chiesa Damiani, che aveva comunicato al pontefice la fedeltà dei servizi resi dal clero di Velletri. Non si capisce come, diversamente, Pier Damiani avrebbe potuto conoscere i servizi del clero di Velletri, se non occupandosi direttamente, o almeno indirettamente, della diocesi. Dando uno sguardo retrospettivo, balza immediatamente agli occhi che la bolla di Alessandro II9 divide gli studiosi già dal secolo scorso. P H I L I P U S J A F F È 10 , E N R I C O STEVENSON11 e PAULUS FRIDOLINUS KEHR12 si dichiarano tutti favorevoli alla autenticità, almeno contenutistica, della pergamena capitolare. Passate (troppo!?!) velocemente in rassegna le fonti, proviamo a tracciare una conclusione in merito alla presenza di Pier Damiani a Velletri. Un primo elemento da valutare credo sia il suo fervore in quella che noi (continua nella pagina successiva) di mantenere o stabilire una specie di vita comune mitigata in conformità alle prescrizioni della Regula Canonica del concilio di Aix dell’816, la quale autorizzava il peculio“: si veda J. LECLERCQ, San Pier Damiano. Eremita e uomo di chiesa, Brescia 1972. 5 Si veda la Ep. 14 (PL CXLIV, 224) in cui cita la diocesi di Gubbio o i diversi Opuscoli in cui cita la diocesi di Milano (Op. 42, PL CXLV; 667, Ep V,14, PL CXLIV, 367; o le lettere al clero di Faenza (Ep. V, 10, PL CXLIV, 352). 6 Cfr. Op 27, De communi vita C h i e s a & D 15 Marzo 2007 Il culto di San Pier Damiani in Velletri Il 6 maggio 1962, festa della Madonna delle Grazie, il vescovo di Velletri, cardinale Clemente Micara, al termine della Messa Pontificale benedice il quadro raffigurante San Pier Damiani, opera dell’artista Mazzoli, che poi viene posto sull’altare già dedicato alla Madonna del Rosario; nella stessa occasione il cardinale dona alla sua Cattedrale un’insigne reliquia del Santo Vescovo. Intenzione del nostro Vescovo e del Capitolo della Cattedrale è quella di dare il giusto valore e sottolineare l’importanza della presenza pastorale di San Pier Damiani in Velletri e della sua opera restauratrice che egli svolse tra il di Fausto Ercolani clero e il popolo veliterno, nel periodo che va dal Direttore Archivio 1059 al 1072, dopo che Diocesano la chiesa veliterna si era posta contro la Sede di Pietro, favorendo l’elezione a papa del suo vescovo Giovanni dei Conti, imposta con la forza dalla famiglia Conti e da altri potentati romani per riaffermare il primato del senato romano nell’elezione del pontefice e per usare questo per fini squisitamente politici. Pietro Damiano e Ildebrando di Soana si oppongono con fermezza a tale elezione e inducono il mite Giovanni, Benedetto X ad abbandonare. Pier Damiani, già vescovo di Ostia, viene inviato, nel 1060, dal nuovo pontefice Niccolò II a guidare pastoralmente la diocesi veliterna nell’intento di riformare il clero veliterno che si era fatto la fama di “incorreggibile”. Tre anni dopo scriven- (segue dalla pagina precedente) oggi definiremmo l’attività pastorale, tanto da riformare i costumi del clero in un periodo storico in cui i sacerdoti non brillavano certo per evangelicità; la storia stessa ci insegna come sia difficile e lungo il cammino (tanto da richiedere una presenza stabile, anche se, forse, mediata da qualche collaboratore!) per giungere ad una conversione che non sia solo superficiale ma che tocchi il cuore delle persone. Un altro dato è certamente rappresentato dalla convinzione, praticamente unanime, degli studiosi che hanno approfondito la problematica relativa alla presenza e all’attivicanonicorum. Ad clericos fanensis ecclesiae; PL CXLV, 503. 7 Si veda PL CXLV, 503D; 508C; 511A; 512B; 8 Lo Zingarelli ed. 1998 definisce così il fodro: “[ da francone fodar do all’arcivescovo di Salerno Alfano una cappella della Cattedrale non si è perloda il suo clero e in particolare i canofettamente realizzato. Ancora oggi pochi nici “che si sono ravveduti e camminaconoscono la figura e l’opera di questo no secondo la canonicale regola non costretgrande uomo di chiesa salito agli onori ti, ma lieti”. Se non vi sono documenti uffidegli altari per essere stato un fedele, umiciali che sanciscono la nomina di Pietro le, coraggioso seguace del messaggio evanDamiano a Vescovo di Velletri, il fatto che gelico. la sua opera pastorale duri ben tredici anCi auguriamo che aldilà delle parole celeni, travalica il semplice ruolo di amministratore; brative, dei convegni e delle analisi stod’altro canto anche il suo successore Geraldo riunisce nel- Il desiderio del Cardinale Micara la sua persona le sedi di Ostia e Velletri così come gli altri di incrementare la devozione nove vescovi che ci separadi San Pier Damiani no dalla Bolla di Unione fatta da Eugenio III nel 1149. con il dedicargli una cappella San Pier Damiano viene in Velletri con un compito ben nella Cattedrale non si è ancora preciso e particolare: neuperfettamente realizzato. tralizzare le fazioni vicine al deposto Benedetto X, dissiAncora oggi pochi conoscono pare dagli animi l’odio e la ribella figura e l’opera di questo lione, riportare popolo e clero all’obbedienza, togliere grande uomo di Chiesa quegli abusi che si erano infiltrati nell’amministrazione delle cose ecclesiastiche. riche sorga dal profondo del popolo una San Pier Damiani forse non portò ufficialmente vera riscoperta della santità dell’uomo inviail titolo di Vescovo di Velletri, ma il suo to tra noi in un momento difficile per la governo impregnato della sua santità, del Chiesa e per il popolo di Dio. suo austero distacco dalle ricchezze, dal Ci permettiamo di suggerire come primo rifiuto continuo di onori e titoli ecclesiapasso di evitare che la cappella a lui dedistici rappresentò per la Diocesi di Velletri cata sia conosciuta solo per essere il depoun momento di intensa vita spirituale che sito della macchina sulla quale viene espone innalzò il prestigio innanzi alle altre. sta l’immagine della Madonna delle Il desiderio del cardinale Micara di inGrazie e che la sua reliquia sia esposta crementarne la devozione con il dedicargli alla venerazione dei fedeli. tà del solitario di Fonte Avellana a Velletri. A tal proposito, la difficoltà principe resta, comunque, la definizione dei limiti cronologici della sua presenza; non sappiamo per quanto tempo si sia protratta l’attività veliterna di Pier Damiani, non potendo definire precisamente il momento d’inizio e di termine del suo episcopato a Velletri. Molto probabilmente l’esordio va inquadrato tra il 1061, anno dell’elezione di Aessandro II, e il 1065, anno in cui viene concesso il privilegio; mentre la fine di tale episcopato, presumibilmente, non va collocata prima del 1069, anno a cui va attribuito l’opuscolo 34, secondo il Lucchesi13. ‘nutrimento’] In epoca medievale, contribuzione di foraggio dovuta al sovrano e al suo esercito quando transitavano per un territorio”. Si veda N. ZINGARELLI, Il Vocabolario della lingua Italiana, Bologna: Un terzo elemento che, a mio avviso, comunque va considerato è la lettera per i benefici dei sacerdoti veliterni; una personalità della statura morale di Pier Damiani, che abbiamo visto aspirare più alla solitudine dell’eremo che agli onori della dignità episcopale, difficilmente, credo, avrebbe acconsentito a perorare la causa di persone che non fossero integerrime e corrette almeno quanto lui. Doveva conoscerlo bene il clero di Velletri, tanto da invocare per loro presso il pontefice la concessione dei benefici, ma tale conoscenza è frutto, senz’altro, di frequentazione! Zanichelli, 121998. Ovviamente il diritto di fodro, che all’origine consisteva nell’offrire il sostentamento materiale al sovrano in viaggio, con il passar del tempo, si trasformò in una imposta in denaro. 9 Anselmo da Baggio, eletto nel 1061 e morto nel 1073. 10 P. J AFFÈ , Regesta Pontificum Romanorum ab condita ecclesia ad annum post Christum natum MCXCVIII, I, Lipsiae 1885, 576. 16 P a r r o c c h i e & C Marzo 2007 UN PO’ DI STORIA La chiesa viene eretta in parrocchia il 19 giugno 1927, ma esisteva come luogo di culto fin dal 1400; era una chiesa campestre sempre officiata e in passato dedicata a S. Sebastiano. Nel 1822 vi predicò S. Gaspare Del Bufalo, e dal 1828 vi si celebra la festa di S. Antonio da Padova, attuale patrono della parrocchia. Nel 1937 fu costruito l’attuale campanile e nel 1950 la facciata della chiesa fu rivestita a “cortina romana”, per allinearla allo stile del campanile. Con il tempo l’antica chiesa campestre è divenuta la comunità più numerosa della città, perché nel suo territorio si è sviluppato e ancora si sviluppa l’insediamento demografico di Segni. E’ la parrocchia che ha dato alla Chiesa l’attuale vescovo di Anagni –Alatri, don Lorenzo Loppa, che fu vice-parroco di S. Maria degli Angeli dal 1972 al 1987 e poi parroco fino al settembre 2002. Prima di lui erano stati parroci don Guglielmo Coluzzi, don Angelo Prioreschi e don Fernando Calende. L’attuale parroco, don Claudio Sammartino, è dunque il quinto della serie. L’INTERVISTA A L PARROCO DON CLAUDIO SAMMARTINO Don Claudio, quando sei nato, e dove? Roma, 21 aprile (Natale di Roma) 1950. Che tipo di studi hai fatto? Mi sono laureato in Lettere Classiche alla Sapienza di Roma. Quando sei stato ordinato sacerdote, e da quale vescovo? Vocazione adulta, sono “rientrato” in Santa Madre Chiesa nel 1976; l’ordinazione sacerdotale è avvenuta il 12 settembre 1991 per mano di mons. Dante Bernini. Quali esperienze pastorali hai fatto prima di questa? Sono stato vice-parroco di S. Barbara a Colleferro e della Cattedrale di Segni, amministratore parrocchiale di S. Stefano in Segni e dal 1987 al 2002 vice parroco di S. Maria degli Angeli. Da quanti anni sei parroco qui? La nomina a vescovo del mio predecessore don Lorenzo Loppa determina la mia nomina, il 6 ottobre 2002. Ti definiresti uno che ha un carattere portato alla collaborazione? Certamente, visto che nessuno è un’isola e che senza l’unione delle forze oggi si è praticamente spiazzati. Come è fatta la tua parrocchia? La parrocchia si trova al di fuori del centro storico, nella zona che da decenni è divenuta la parte viva del paese. Si estende anche nella campagna circostante e comprende circa 4500 persone, che sono per la maggior parte assorbite nel terziario. Risiedono in parrocchia anche stranieri, soprattutto rumeni e bulgari, che non creano problemi e che sono in contatto con la Caritas parrocchiale. Esistono altre chiese o centri di culto, attivi o non, in parrocchia? Vi sono una casa-noviziato delle Angeliche di S. Paolo (con messe celebrate quotidianamente), con due suore, e la casa-noviziato delle Suore di Matarà, circa 30, con S. Messe. Quali sono le priorità pastorali della parrocchia? La gente “frequenta”? Le persone frequentano settimanalmente per la Messa; c’è però un gruppo di laici, impegnato nella catechesi e nella Caritas, che è più partecipe della vita comunitaria. Esistono scambi di esperienze tra parroci o tra parrocchie, nella tua città o tra città della stessa diocesi? Vi sono forme di gemellaggio con parrocchie di altre regioni o nazioni? Da alcuni mesi si è cominciato un tentativo di collaborazione pastorale con la parrocchia del centro storico. Quale attività pastorale impegna maggiormente, e quale è poco sviluppata e si vorrebbe far crescere? In che modo? La catechesi per i sacramenti assorbe la maggior parte del tempo pastorale. Si vorrebbe però sviluppare un discorso di maggior coinvolgimento delle famiglie. Quali iniziative sono presenti a favore di ragazzi, giovani (coppie), adulti e anziani? Quelle presenti nel resto delle altre parrocchie. Quali sono i rapporti della parrocchia con le autorità civili? I rapporti sono buoni, con interventi miranti a collaborazione nell’opera a favore di situazioni di disagio e di bisogno materiale. E’sentito tra la tua gente l’impegno missionario, caritativo, liturgico, biblico…? Sì, ma va sempre stimolato. P a r r o c c h i e & C 17 Marzo 2007 a cura della Redazione L’OPINIONE DI UN GRUPPO DI LAICI IMPEGNATI DELLA PARROCCHIA Descrivi il territorio, la gente della tua parrocchia. La parrocchia si estende nella zona nuova di Segni, interessata dal continuo sviluppo edilizio. Le famiglie sono prevalentemente giovani. Ti piace la tua chiesa? Non è una chiesa rilevante dal punto di vista artistico; tuttavia i lavori di ristrutturazione ed ampliamento, motivati dalle esigenze liturgiche, hanno reso l’aula più idonea ai bisogni della comunità parrocchiale. Cosa vorresti trovare entrando in una chiesa? Il senso della festa che si traduce in accoglienza, disponibilità, gioia. I preti ti sembrano persone degne di rispetto? La valutazione di un sacerdote dipende certamente dalle esperienze personali. Tuttavia ci sentiamo di dire che il ruolo del sacerdote è certamente unico e insostituibile, ma l’”incarnazione” nei singoli individui risente dei limiti e dei pregi della persona. Che ne pensi della posizione dei cattolici su divorzio, pacs, eutanasia, aborto manipolazione genetica …? La posizione dei cattolici in questa materia non può che essere quella rispettosa del Magistero ecclesiale. Ciò non toglie che tale adesione sia frutto di un approfondimento critico personale, aperto anche al confronto con coloro che esprimono convinzioni diverse. modo che la parrocchia sia per tutti un luogo familiare, sia sempre più “famiglia di famiglie”. Esistono momenti di confronto con altri laici impegnati della città per iniziative comuni? Si sta cominciando soltanto adesso a progettare in maniera sistematica e non sporadica un cammino comune alle due parrocchie cittadine. Descrivi la partecipazione alla vita ecclesiale dei tuoi parrocchiani. Per tanti la vita cristiana si riduce alla celebrazione festivo-domenicale. Accanto a costoro vi è comunque un gruppo che vive in maniera impegnata la scelta cristiana nei diversi ambiti dell’attività pastorale. Quali ti sembrano le priorità pastorali della tua parrocchia? Attualmente ci pare di poter indicare: la formazione per ogni fascia di età; il collegamento con i giovani “lontani” e difficili da raggiungere; gli extracomunitari sempre più presenti nel tessuto sociale. Gli extracomunitari e i non cattolici ti sembrano un problema? No; certamente sono una opportunità di confronto, interpellano il nostro “essere prossimo” per accoglierli, aiutarli e favorire il loro inserimento. Quale rimprovero principale fai alla Chiesa e al suo insegnamento? Pur condividendo la concretezza dottrinale, non sempre è condivisibile la “traduzione” pastorale. Infatti a volte il coinvolgimento del laicato è stato marginale e la sua formazione soltanto negli ultimi tempi è diventata una urgenza pastorale. Come pensi di raggiungere i cosiddetti cattolici non praticanti? La parrocchia è attenta a utilizzare ogni momento e ogni contatto per “fare” la proposta cristiana: catechesi ai genitori, battesimi, cene di solidarietà, catechesi per gli adulti… Si tratta di attività non sacramentali che però favoriscono lo stabilimento di un contatto. Sei uno di quelli che crede che la Chiesa dovrebbe pensare solo all’aspetto religioso della vita, oppure che fa bene a farsi sentire anche nelle questioni politiche e sociali? La missione della Chiesa è annunciare Cristo a tutto il mondo. Ne consegue che nessun ambito in cui opera l’uomo è estraneo all’attività della Chiesa. Resta tuttavia affidato ai laici interessarsi della costruzione della città degli uomini, non essendo compito della Chiesa entrare nell’agone politico. Quali iniziative proponi per le varie fasce di età? Per favorire la fascia 15-20 sarebbe opportuno iniziare un cammino comunitario, attraverso attività da affiancare agli incontri di formazione, facendo sì che la parrocchia diventi un luogo di incontro per tutti. A tal fine si sta pensando a una catechesi permanente (senza età) e globale, con al centro la famiglia in tutte le sue componenti, con attività diversificate per interesse e per fasce d’età. Cosa vorresti suggerire al tuo parroco? Chiediamo al nostro parroco di essere testimone dell’ottimismo derivante dalla gioia di essere figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo. Fare in E’ pensabile una nuova proposta pastorale e liturgica per rinnovare la devozione locale, in modo da rispondere meglio alle nuove esigenze dei tuoi parrocchiani? Si è già imboccata la strada per un rinnovamento della devozione popolare, puntando verso una maggiore interiorizzazione perché sia sempre meno esteriorità e sempre più adesione convinta. Quali attività parrocchiali svolgete? L’elenco comprende: gruppo liturgico; gruppo catechisti; Caritas (centro di ascolto…); Cene della solidarietà; Legio Mariae; Ordine Francescano Secolare; Centro estivo con i ragazzi “Madonna della Castagna”; incontri con i genitori dei ragazzi che si preparano a ricevere i sacramenti; incontri con i familiari dei battezzandi; incontri di catechesi per gli adulti. Quale elemento qualifica l’attività caritativa della tua parrocchia? La disponibilità di un centro di ascolto in grado di accogliere le problematiche e di offrire un aiuto concreto in alcune situazioni (cibo, spese…). A tale attività si affianca un’attenzione costante in diversi ambiti: le cene di solidarietà finalizzano il ricavato alle necessità della Caritas, alle adozioni a distanza, partecipate anche dal gruppo dei catechisti. Quale ambito della tua parrocchia resta più in ombra? La difficoltà più rilevante è coinvolgere un numero sempre maggiore di persone di buona volontà, che potrebbero essere di valido aiuto nel portare avanti e nell’ampliare le attività parrocchiali. Esprimi un parere complessivo sulle aggregazioni laicali nella vita ecclesiale. La loro importanza è indubbia come mediazione per la professione di fede, come accompagnamento a un cammino di fede maturo. Il rischio da evitare accuratamente è la chiusura in sé stessi e l’autoreferenzialità. C’è un collegamento con l’amministrazione comunale della tua città, perché prenda decisioni aderenti alle reali esigenze della popolazione? Il rapporto con l’amministrazione comunale è improntato al rispetto reciproco e alla collaborazione occasionale laddove se ne sia presentata l’occasione. Se il vescovo ti chiedesse un solo consiglio, a quale ambito pastorale daresti la priorità, e con quali indicazioni? Ci permettiamo di chiedere al vescovo di essere presente come padre nella vita delle comunità parrocchiali, per essere “lievito che fermenta la massa”, per essere di stimolo e di guida nelle varie attività sviluppate. 18 Seminario e Dal 2 al 9 febbraio tutti noi seminaristi, insieme a tutta la comunità educante del seminario, siamo andati in pellegrinaggio in Israele, ricalcando i passi del Signore. Il viaggio è iniziato a Nazareth, nella città in cui il Signore si è incarnato in Maria e nei luoghi in cui «Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52). Da Nazareth ci siamo spostati, per tre giorni, all’interno della Galilea, la terra che ha visto la predicazione del Vangelo e della chiamata dei primi apostoli. In quei primi giorni la nostra attenzione si era focalizzata sul confrontare la nostra vocazione, in special modo il momento in cui ognuno di noi ha sentito la sua chiamata, con la vocazione del Signore e degli apostoli. Per far ciò la nostra guida (il francescano padre Eugenio Agliata), oltre a momenti di spiegazione storica e archeologica che facilitavano la contemplazione dei luoghi in cui il Signore è vissuto, ci ha messo a disposizione tempi e luoghi per la riflessione personale: la discesa a piedi dal monte Tabor (il monte della Trasfigurazione), una sosta in barca al centro del lago di Tiberiade e, mentre ci spostavamo a Betlemme, la salita e la discesa a piedi dal monte delle Tentazioni a Gerico. Dopo la visita della Galilea, ci si siamo spostati in Giudea, prima a Betlemme e poi, gli ultimi due giorni, a Gerusalemme. A Betlemme abbiamo contemplato la grotta della Natività, ricordando il momento in cui Gesù si è consegnato totalmente indifeso all’uomo, mostrando a noi l’atteggiamento da tenere durante il ministero di fine settimana e tra noi in seminario. Dopo aver contemplato l’inizio della vita terrestre del Signore ci siamo spostati a Gerusalemme, per meditare sulla fine di questa, ricordando e celebrando la Passione, la Morte, la Risurrezione e l’Ascensione del Signore. Arrivati alla Città Santa abbiamo prima visitato i vari quartieri della città con i resti archeologici e tradizionali (come la casa della Veronica), per farci un’idea di cosa Gesù poteva vedere stando a Gerusalemme nei momenti più importanti della sua vita. Il giovedì prima del ritorno in Italia abbiamo vissuto, forse, il momento culminante del pellegrinaggio, con la preghiera della Via Crucis tra le strade di Gerusalemme, terminando quest’ultima con la messa in memoria della Risurrezione che abbiamo potuto celebrare al Santo Sepolcro (il primo luogo terrestre che ha visto la gloria del Signore dopo la vittoria sulla morte). Il ritorno in Italia è stato illuminato, infine, con il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35) e con l’invito a non mantenere un ricordo sterile del pellegrinaggio, ma di meditarlo durante il tempo avvenire per mantenere vive quelle esperienze e quelle sensazioni suscitate dal contatto diretto con la terra del Signore. Marzo 2007 di Antonio Galati Maestre Pie Venerini, ricordata la nascita della Fondatrice Viterbo 9 febbraio 1656 - Velletri 9 febbraio 2007 protagonisti tutti gli alunni dell’Istituto veliterno, dai bambini della Scuola dell’Infanzia, ai ragazzi della Secondaria. Gli alunni hanno dato vita ad un coro eccezionale di circa trecento voci, cantando benissimo alcuni canti dedicati alla fondatrice sull’altare maggiore della cattedrale. Un momento di gioia e allegria, ma anche di preghiera e raccoglimento, vissuto e partecipato anche dai genitori dei bambini presenti, certamente motivo di soddisfazione per i docenti della scuola e per tutta la comunità che hanno ideato, organizzato e coordinato il concerto. Il saluto del Vescovo Apicella durante la cerimonia del 9 febbraio All’incontro sono intervenuti il Vescovo della diocesi VelletriSegni, S.E. Vincenzo Apicella, il quale ha molto apprezzato l’impegno e l’entusiasmo degli alunni, particolarmente dei piccoli e la signora Franca Del Giudice, assessore alla Pubblica Istruzione del Comune di Velletri. Venerdì 9 febbraio la comunità delle Maestre Pie di Velletri ha voluto ricordare in modo particolare la ricorrenza della nascita della fondatrice della congregazione per festeggiare in particolare la canonizzazione di Rosa Venerini, celebrata il 15 ottobre 2006 in piazza San Pietro in Roma. Le Maestre hanno pensato che la maniera migliore per festeggiare, sarebbe stato testimoniare l’opera di Rosa e la sua passione educativa, attraverso i frutti che questa produce. Da qui è nato il concerto dello scorso 9 febbraio, nella cattedrale di San Clemente, che ha visto Marzo 2007 S toria&Di 19 Diario Veliterno dell’anno 1640 Da un manoscritto di Eugenio Braconi conservato nel Fondo Manoscritti della Biblioteca Comunale di Velletri (MS VIII 9) MARZO Il sole si leva à h. 12. m. 58 {le nostre ore 6:29; c’è un errore di calcolo di 18 minuti in anticipo}. Mezo dì à h. 18. m. 29 V 1. Giovedì turbato. Entrano li nuovi Offitiali {i pubblici ufficiali iniziano il loro mandato bimestrale, come previsto dagli Statuti; nella nostra cronaca li ritroviamo sempre presenti nelle funzioni religiose principali, cosa peraltro prescritta dalle norme statutarie} dell’Inclita Città di Velletri. Predica {in ognuno dei giorni di Quaresima} della Cananea. {Editti sull’osservanza della Quaresima ricordavano ai fedeli ciò che era vietato in questo tempo di mortificazione del corpo; in alcuni anni, per sopperire alla scarsità della produzione dell’olio, degli Indulti concedevano in deroga l’uso del lardo e dello strutto. V 2. Venerdì segue. quattro tempi {le Quattro Tempora: nella prima settimana di Quaresima, la Chiesa stabiliva il digiuno nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato, usanza che in antico era posta all’inizio della stagione della Primavera}. Predica della Piscina. In questo giorno, come in tutti gli altri venerdi di marzo si và alla statione {le stazioni quaresimali, sull’esempio romano, con momenti di celebrazione comunitaria} à S. Maria dell’Horto {Convento dei Padri Agostiniani, convento ed ordine religioso non più presente; su alcuni resti è stata edificata la chiedi Tonino Parmeggiani sa del SS. Crocifisso}, dove vanno tutte le Confraternità processionalmente. La Compagnia delle Stimmate espone la sera il SS. Sacramento nella Chiesa di S. Maria della Neve {conosciuta anche come Chiesa delle Stimmate, ora demolita}, dove si sermoneggia {recita dei Salmi}, come anco nella Chiesa di S. Martino da quelli RR. PP. {Somaschi} continuando ogni Venerdì di questo mese. 3. Sabbato humido. quattro tempi. Nella Cathedrale si fa l’ordinatione {Il Sabato delle Quattro Tempora di Quaresima era destinato dalla Liturgia alle Ordinazioni Sacerdotali e dei sacri Ministri}. Si và al mercato {nella Piazza del Palazzo Magistrale}. P 4. Domenica simile. seconda di quaresima. Predica della Transfiguratione. 5. Lunedì vario. Predica contro gli Ostinati. 6. Martedì simile. Predica dell’Humiltà. * 7. Mercordi turbato. S. Thomasso d’Aquino {dottore della Chiesa, la sua festa liturgica in antico cadeva nel giorno della sua morte, avvenuta per l’appunto, il 7 marzo 1274 a Fossanova; oggi lo festeggia al 28 gennaio, giorno della traslazione del suo corpo a Tolosa, nell’anno 1369}. Predica contro gli Ambitiosi. Luna piena h. 9. m. 32. N.S. V 8. Giovedì pioggia. Predica del Ricco Epulone. festa del B. Gio. di Dio, fondatore dè RR. PP. Fate ben fratelli { l’Ordine degli Ospedalieri di S. Giovanni di Dio}, si fa nella Chiesa dè detti Padri {Chiesa e Convento distrutti; questo ordine religioso, non più pre- sente oggi, gestiva l’Ospedale civile}, alla quale il Magistrato presenta la solita cera, è scudi ducento per mantenimento de poveri infermi nel Hospitale, come anco dalla (Compagnia, cancellato) Venerab. Archiconfraternita del Gonfalone, scudi cento l’anno. V 9. Venerdì migliora. Predica della Reprobatione de gli Hebrei. 10. Sabbato buono. si và al mercato. P 11. Domenica simile. terza di quaresima. Predica di chi osserva la parola di Dio. Il giorno la Communità fa bandire per un anno l’affitto della Baiocchetta {tassa sul vino venduto al minuto, detta anche tassa della foglietta} 12. Lunedì turbato. S. Gregorio Papa {S. Gregorio I Papa o Magno; la festa liturgica di questo dottore della Chiesa in antico cadeva nel giorno della sua morte, per l’appunto il 12 marzo dell’anno 604; oggi la Chiesa lo festeggia il 3 settembre, giorno della sua elezione al pontificato} festa in S. Lorenzo Chiesa dé RR. PP. Minori Osservanti di S. Francesco {ordine religioso non più presente} nella Cappella dè Muratori {l’Università dei Muratori aveva S. Gregorio come proprio Protettore}, alla quale il Magistrato fa il solito donativo di cera. La Compagnia del Suffraggio dà la dote à 4 zitelle, conforme al Legato fatto dall’Illustrissima Signora Caterina Ginnasia {Caterina Ginnasi, nipote del Cardinale, che aveva anche donato tremila scudi al Monte di Pietà}, e distribuisce scudi dodici dè pane à poveri. Predica, che nesun Profeta è accetto nella sua patria. V 13. Martedì simile. Predica della fraterna correttione. Nella Cathedrale si fa celebrare dall’ Illustrissima Communità l’Anniversario per la morte della buona memoria del Sig: Cardinal Ginnasio {Domenico Ginnasi, Vescovo diocesano dal 30 luglio 1630 al 12 marzo 1639, data della sua morte, avvenuta in Roma all’età di 89 anni; gli succedette il Card. Carlo Emanuele Pio di Savoia}, come anco frà l’ottava {l’ottavario, dopo otto giorni} nella Chiesa di S. Lorenzo. * 14. Mercordì non si muta. Predica dè Discepoli. Ultimo quarto h. 1. m. 12. N.S. V 15. Giovedì humido. Meza quaresima {nel giovedì, a metà della Quaresima, si interrompeva l’astinenza}. Predica della Suocera di S. Pietro. hoggi comincia la Stattione in S. Maria dell’Horto e dura per tutta l’ottava di Pasqua. Il Sole si leva à h. 12. m. 10 {le nostre ore 5:58; errore di 26 minuti in anticipo}. Mezo di à h. 18. m. 8. V 16. Venerdi migliora. Predica della Samaritana. V 17. Sabbato buono. si và al mercato. S. Gertrude verg. {è Santa Geltrude di Nivelles, morta il 17 marzo 1659}. Il Magistrato presenta la solita cera alla Chiesa di S. Chiara {annessa al convento delle Clarisse, ordine non più presente e chiesa distrutta} dove si fa festa di detta Santa. P 18. Domenica simile. Quarta di quaresima. Predica delli cinque Pani. Dalli RR. PP. Predicatori {nel periodo quaresimale erano stipendiati dalla Comunità, nelle parrocchie di S. Clemente, S. Martino e S. Maria in Trivio} si pubblicano li Signori Pacieri, è Paciere {figure che dovevano dirimere i casi di potenziale litigiosità} delle (Rioni, cancellato) Decarcie {le Decarcie erano le sei contrade che suddividevano la città e che potevano rapportarsi alle parrocchie in questo modo: le Decarcie di S. Salvatore, S. Lucia e S. Maria in Trivio si identificavano, in quanto al perimetro, con le omonime parrocchie, Castello con S. Michele Arcangelo, Collicello ed una parte di Portella con S. Clemente e la restante parte di Portella con S. Martino; proprio in questi anni si trovano gli ultimi documenti in cui viene usato questo termine, poi si parlerà dei Rioni di sopra e di sotto} della Città per l’anno seguente eletti dall’Illustrissimi Signori Priori. Dalla Communità si delibera l’Affitto della Baiocchetta . P 19. Lunedì segue. S. Giuseppe. festa Chiesa dè falegnami {nella omonima chiesa, ora non più esistente} alla quale il Magistrato presenta la solita cera, e dalla Compagnia di detti si fanno li nuovi Offitiali. Predica della redificatione del tempio. 20. Martedì si turba. Predica contro i temerarij Hebrei. Il sole entra in {nella costellazione dell’} Ariete à hore 6. m. 24 facendo l’Equinozio di Primavera {uno dei due giorni dell’anno in cui notte e giorno sono “a paro”, cioè hanno la stessa durata} . 21. Mercordì vario. Predica del Cieco nato. V* 22. Giovedì segue. Predica del figlio della vedova. Luna nuova h. 10. m. 27. V 23. Venerdi migliora. Predica di S. Lazaro. † 24. Sabbato buono. Si và al mercato. Si fa l’ordinatione nella Cathedrale da Monsignor Suffraganeo. Li SS. Canonici della Cathedrale vanno à cantare il Vespero nella Chiesa di S. Maria dell’Horto per la festa della SS. Annuntiata , come anco il giorno seguente, Messa, e Vespero {era un antico diritto del Capitolo della Cattedrale di celebrarvi la festa dell’Annunciazione; un curioso episodio accaduto nell’anno 1549 è narrato dal Tersenghi in “Velletri e le sue contrade”}. P 25. Domenica di Passione. turbato. L’Annuntiata {l’Annunciazione del Signore}. Il Magistrato presenta alla Chiesa di S. Maria dell’Horto la solita cera {cinque libre di cera in “fagole”, cioè in candele}, e si fa festa nella Cappella di S. Maria in Conca nella Cathedrale de jure patronato delli SS.ri Preti della … 26. Lunedì simile. Predica del SS. Sacramento 27. Martedì vario. Predica contro gli Increduli 28. Mercordì migliora. Predica della Predestinatione 29. Giovedi buono. Predica della Maddalena. Visita carcerati V * 30. Venerdì turbato. Predica del Consiglio. Primo quarto h. 22. m. ... 31. Sabbato acqua. Si và al mercato. Dichiaratione de segni - {legenda} P Significa di Precetto D Di Devozione V Vacanza delli fori (sospensione dell’attività lavorativa nei tribunali) † Processioni, che si fanno L * Aspetto della Luna col’ sole N.S. Notte seguente Z Quando si dà la dote alle Zitelle Per esigenze compositive con le lettere L e Z abbiamo sostituito i segni originali della mezzaluna e della manina 20 Dioce Marzo 2007 Il Cardinale Martini in visita al carcere di Velletri Festa e preghiera il 2 febbraio nella Casa Circondariale di Lazzaria a Velletri con la visita del Cardinale Carlo Maria Martini, un appuntamento molto atteso da tutta la struttura carceraria che ha visto particolarmente coinvolto anche il nostro vescovo S.E. Mons. Vincenzo Apicella. Il Cardinale ha fatto visita ai detenuti per festeggiare con loro alcune importanti ricorrenze della sua vita ecclesiastica in una giornata molto significativa nella liturgia, ovvero la presentazione di Gesù al Tempio (Lc 2,22-38). A spiegare i significati della festa conosciuta come la ‘candelora’ è stato proprio il porporato durante l’omelia celebrata nella cappella interna al carcere: “Oggi è la festa dell’Offerta, perché celebriamo l’offerta di Gesù con la sua presentazione al Tempio. Ma è anche la festa dell’Incontro con l’incontro appunto con Simeone e Anna che rappresentano il popolo di Dio e infine quella della Luce perché Gesù è definito da Simeone ‘luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele’”. Il discorso è poi passato a farsi offerta, incontro e luce per i detenuti che Martini ha chiamato fin dall’inizio “amici” e hai quali ha chiesto di avere coraggio perché “anche questo tempo passa e ci si ritrova con i frutti che si sono seminati”. Anche quando si è in condizioni di ristrettezza si può fare qualcosa di buono, questo ha voluto comunicare il Cardinale ai detenuti presenti attraverso un esempio personale: “Il tempo può essere velocissimo quando si hanno molte cose da fare e non passa mai quando si è in condizioni di ristrettezza e in questo senso sento molto vicini i detenuti, a questa età sento le difficoltà della malattia ma cerco di riempire la mia giornata. Auguro a tutti voi che il vostro tempo diventi pieno ma non delle cose esteriori, , che non sia inutile ma un tempi pieno della volontà di Dio. Dio è anche nelle cose che possiamo fare pur se piccole”. La giornata è proseguita con i festeggiamenti per le ricorrenze personali del Cardinale, il 2 febbraio del 1963 infatti Martini diede i voti solenni da Gesuita, lo stesso giorno del 1980 gli venne affidata l’arcidiocesi di Milano mentre il 2 febbraio del 1983 Papa Giovanni Paolo II lo nominò La benedizione al termine della celebrazione nella cappella interna al carcere Cardinale. A completare la coincidenza di ricorrenze il porporato ha ricordato come Il momento della comunione per la Chiesa Greca “oggi (il 2 febbraio appunto) corrisponde al 15 febbraio, giorno in cui compirò, se Dio vorrà, ottanta anni”. A concludere l’incontro, iniziato con un ringraziamento rivolto a tutti i presenti, l’invito del porporato a pregare per il Medio Oriente, perché arrivi la pace in una terra dove sono molte le persone che soffrono. Una bella mattinata di festa quella regalata dal Cardinale Martini a quedi Fabio Ciarla sta parte della nostra Diocesi, con la quale si è intrattenuvicedirettore to anche dopo la messa per un momento conviviale intorno ai dolci preparati per l’occasione da alcuni detenuti. Prima di andare via il Cardinale ha ricevuto l’invito del Vescovo Apicella a tornare, a stringere un rapporto più intenso con la nostra Diocesi. Visto che Martini nei suoi periodi di riposo in Italia passa molto tempo vicino a Velletri, la possibilità di riaverlo presto tra noi esiste e sicuramente il nostro Vescovo la perseguirà. L’abbraccio con il Vescovo Apicella Gli ottanta anni il Cardinale Carlo Maria Martini li ha festeggiati poi anche in maniera ufficiale nel suo ‘ritiro italiano’ che è la casa dei Gesuiti di Galloro. In particolare nella adiacente chiesa di S. Maria Assunta sabato 17 febbraio il Cardinale ha celebrato la santa messa con il Vescovo di Albano S.E. Marcello Semeraro e il Vescovo emerito della stessa comunità S.E. Gillét (vedi foto). Presenti anche la sorella Maris e il nipote Giovanni oltre a numerose autorità civili e centinaia di fedeli. 21 Chies Marzo 2007 Il ricordo della prima fase del processo di canonizzazione del Ven. Filippo Visi da Velletri Dopo la canonizzazione, avvenuta il 21 novembre 1999, di S. Tommaso da Cori (1655-1729) presbitero dell’Ordine dei Frati Minori nato, al tempo, nella diocesi veliterna, si è in attesa della beatificazione di un’altra figura parimenti degna di salire sugli altari, il Ven. Filippo Visi da Velletri (17041754), presbitero della stessa religione. L’occasione di riparlarne ci è data nel mese di marzo perché proprio in questi giorni cade il giorno della sua nascita, per l’esattezza il 4, mentre in questo anno cadono i 250 anni dalla chiusura della prima fase del suo processo di canonizzazione, istruito subito dopo la sua morte, negli anni 1756-57 - a fronte dei tanti miracoli ed apparizioni che iniziarono a manifestarsi - ed a seguito del quale furono dichiarate eroiche le sue virtù cristiane, con decreto del 24 marzo 1833, per cui il Nostro può essere chiamato con il titolo di Venerabile. Nella fase successiva, dopo il riconoscimento, da parte della “Congregazione per le Cause dei Santi” [della quale è membro anche il nostro Vescovo Emerito Mons. Andrea Maria Erba] di un primo miracolo ottenuto per Sua intercessione, si arriverebbe alla dichiarazione di Beato; con un secon- do miracolo ancora si perverrebbe alla proclamazione a Santo. Da due secoli e mezzo, si è in attesa del primo miracolo onde poter concludere positivamente il processo di beatificazione. Per molti santi la causa si è chiusa in pochi anni, altri dopo secoli… Presso la Biblioteca Comunale di Velletri, manoscritto MS V 9 [Processus Servi Dei P. Philippi Visi a Velitris…] ed altri volumi, è conservata la “Positio”, ovvero la raccolta delle testimonianze, dei documenti e della conseguente “dimostrazione ragionata” delle virtù eroiche. Al fine di favorirne la diffusione del culto, onde impetrarne il miracolo, nell’anno 1844 venne edita, in 85 pagine, una «VITADELVENERABILE SERVO DI DIO P. FILIPPO DA VELLETRI…» basata sulla documentazione del processo; dopo oltre un secolo, nell’anno 1961, il Convento di S. Lorenzo in Velletri stampò un libricino; un quadro del Venerabile è conservato presso la parrocchia di S. Martino in cui era nato. Nell’anno 1972 il Suo corpo venne trasferito dall’Aracoeli, dove era morto il 19 Maggio 1754, al Ritiro di Bellegra, nella cui chiesa oggi riposa assieme ad altri santi francescani. Alcuni anni orsono il Comune di Velletri intitolò al Ven. Visi una strada (la data di nascita sulla tabella in marmo è errata, 1707 invece del 1704). Una biografia ed alcuni documenti sono consultabili all’indirizzo internet http://www.velletri.net/a/filippi/filippo_visi.htm Bisognerebbe oggi mettere in atto delle iniziative per far conoscere questa figura, pubblicarne una biografia moderna, diffonderne delle immaginette, organizzare un di Tonino Parmeggiani gruppo di preghiera… Postulatore ne è P. Paolo Lombardo del Convento dell’Aracoeli Commentarium in septem Psalmos poenitentiales Mercoledì 7 marzo a Segni la presentazione dell’ultima fatica di Stanislao Fioramonti nella sua opera di traduzione delle opere di Papa Innocenzo III Innocenzo III, Miseria della condizione umana, Edizione italiana a cura di S. Mercoledì 7 marzo a Segni l’ Editrice del Verbo Incarnato (EDIVI) preFioramonti e G. B. Marinotti, Presentazione del card. Vincenzo Fagiolo, Edizioni senterà l’ultima fatica di Stanislao Fioramonti nei locali del seminario diocesi di Velletri-Segni 1998. vescovile in piazza San Pietro 2 alle ore 17. Si tratta della prima ediInnocenzo III, L’Eucaristia (De Sacro Altaris Mysterio Liber IV), I edizione itazione italiana del Commentarium in septem Psalmos poenitentiales di papa liana a cura di S. Fioramonti, Presentazione di mons. Andrea M. Erba, LEV, Innocenzo III (1198-1216). Il volume rappresenta anche il completamento 2000. della traduzione italiana di tutte le opere teologico-moraInnocenzo III, Elogio della Carità (Libellus de Eleemosyna, li del grande pontefice medievale, originario della dioceEncomium Charitatis), I edizione italiana a cura di S. Fioramonti, si di Segni; un lavoro sviluppato nel corso dell’ultimo decenPresentazione di mons. Andrea M. Erba, LEV, 2001. nio dallo stesso Fioramonti e pubblicato, oltre che dalla Innocenzo III, Il sacrosanto mistero dell’Altare (De Sacro Edivi, anche dalla Libreria Editrice Vaticana (LEV). Esso Altaris Mysterio, Libri I-VI), I edizione italiana a cura di viene a colmare, si spera, un vuoto culturale secolare, dovuS. Fioramonti, Presentazione di don Manlio Sodi, LEV, to al fatto che del “nostro” pontefice è stata molto studia2002. ta, apprezzandola o criticandola, solo la valenza politica Innocenzo III, I quattro tipi di matrimonio – Dialogo tra e giuridica, trascurando invece completamente il suo aspetDio e il peccatore (De quadripartita specie nuptiarum – to teologico, esegetico, morale e caritativo. Una personaDialogus inter Deum et peccatorem), I edizione italiana lità poliedrica, quella di Innocenzo III, ancora ricordata a cura di S. Fioramonti, Presentazione del p. Elvio Fontana, dagli ultimi suoi successori, in particolare Giovanni XXIII EDIVI, 2005. e Benedetto XVI. Innocenzo III, Sermoni (Sermones), I edizione italiana a In calce l’elenco dei volumi precedentemente accennati mencura di S. Fioramonti, Presentazione di mons. Andrea M. tre sono in corso di pubblicazione per la Edivi due altri Erba, Introduzione di don Ottorino Pasquato, LEV, 2006. lavori a cura di Stanislao Fioramonti: Gesta di papa Innocenzo Innocenzo III, Commento ai sette Salmi penitenziali III, biografia del pontefice redatta da un anonimo curia(Commentarium in septem Psalmos poenitentiales), I edile suo contemporaneo; 2) Miseria della condizione umana, zione italiana a cura di S. Fioramonti, Presentazione di mons. l’opera innocenziana più famosa, nota anche con il titolo tardivo di De contemptu mundi. La copertina del Commentarium Luigi Vari, Introduzione di p. Arturo Ruiz, EDIVI, 2006 Clausura e 22 Marzo 2007 “¡Beati coloro i cui giorni sono tutti uguali! Lo stesso significa un giorno che altro, lo stesso un mese che altro, lo stesso un anno che un mese. Hanno vinto il tempo, vivono su di esso e non sono soggetti ad esso. Non c’è per loro che le differenze dell’alba, il mattino, il mezzogiorno, la sera, la notte; la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno. Se coricano tranquilli aspettando il nuovo giorno e si alzano contenti a viverlo. Tornano ogni giorno a vivere lo stesso giorno. è raro che si formino una idea del suo Signore, perché vivono in Lui e non lo pensano, ma lo vivono. Vivono a Dio, che è più che pensarlo, sentirlo o volerlo. La loro preghiera non è qualcosa che risale e si separa dal resto dei suoi atti, né hanno bisogno di raccogliersi per farla, perché tutta la loro vita è di preghiera. Pregano vivendo. E finalmente muoiono come muore la chiarezza del giorno quando arriva la notte, andando a brillare in un’altra regione. Beata semplicità! Una volta persa non si ricupera” (Miguel de Unamunu, Diario Intimo). “Fin dai primi secoli della Chiesa vi sono stati uomini e donne che si sono sentiti chiamati ad imitare la condizione dal Convento di clausura di servo del Verbo incarnato, e si ‘Madonna delle Grazie’ sono posti alla sequela vivendo in modo specifico e radicale, nella professione monastica, le esigenze derivanti dalla partecipazione battesimale al mistero pasquale della sua morte e risurrezione. In questo modo, facendosi portatori della Croce, si sono impegnati a diventare portatori dello spirito, uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la storia con la lode e l’intercessione continua, con i consigli ascetici e le opere della carità”1. Ripetute volte ci hanno chiesto cosa succede dentro di un monastero mentre il mondo si dibatte nelle oscillazioni della vita. Possiamo descrivere la vita contemplativa come l’ha fatto la Beata Elisabetta della Trinità: “La vita di tutte le contemplative è una comunione ininterrotta con Dio dal mattino fino alla sera e dalla sera fino al mattino”2. In questo modo le religiose contemplative consacrano le loro vite all’unione con Dio e per quest’unione, tutte ed ognuna delle azioni che realizzano nella loro giornata hanno un chiaro valore redentore giacché si offrono con Cristo per la salvezza del mondo, perché come afferma l’Apostolo: chi si unisce une al Signore forma con Lui un solo spirito (1 Co 6, 17). La loro testimonianza silenziosa costituisce una chiamata alla preghiera ed alla verità dell’esistenza di Dio, ed è per questo che esse sono, per gli altri uomini, testimoni della trascendenza. Questa vita “lontana da tutto”, comporta una povertà radicale ed una rinuncia non solo alle cose, ma anche allo spazio3; significando non una diserzione egoistica dei problema che ci avvolgono ma piuttosto un’offerta occulta che inoltre all’aspetto di sacrificio ed espia- zione, acquisisce la dimensione dell’azione di grazia al Padre, partecipando dell’azione di grazia del figlio prediletto. In questo modo, lungi di dimenticarsi dei problemi del mondo attuale, la suora contemplativa si fa solidale con ogni uomo offrendo la sua vita di preghiera davanti a Dio, donatore di ogni bene: “le monache portano in cuore le sofferenze e le ansie di quanti ricorrono al loro aiuto e di tutti gli uomini e le donne”4. Ogni contemplativa consuma il proprio sacrificio nel cuore della Chiesa. Per il mistero di fede della comunione dei santi, la religiosa contemplativa si dispone e si offre a Dio perché tramite la sua donazione tut- ti i membri della Chiesa crescano in santità, avendo fiducia nella fecondità del loro allontanarsi del mondo. La vita nel Monastero è semplice, scandita per la preghiera, il lavoro, lo studio, la lettura spirituale e la lettura della Sacra Bibbia. La maggior parte del giorno si vive in silenzio perché è proprio lì, nella solitudine e nel silenzio, tramite l’ascolto della Parola di Dio, l’esercizio del culto divino, la ascesi personale, la preghiera, la mortificazione e la comunione nell’amore fraterno, dove si orientano tutta la loro vita e la loro attività alla contemplazione di Dio; ed in fine soltanto in questo consiste la vocazione contemplativa: “vivere in Lui”5, trasformandosi la loro vita in un anticipo del Cielo, dove tutto sarà un “eterno adesso”. 1 Esortazione Apostolica Postsinodale Vita Consecrata, 6. 2 Suor Elisabetta della Trinità, Lettera a Françoise de Sourdon, 1904. 3 Cf. Istruzione sulla vita contemplativa e la clausura delle monache Verbi Sponsa, della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica del 13 maggio 1999, n. 3. 4 Ibidem, n. 8. 5 Suor Elisabetta della Trinità, Lettera a Germaine de Gemeaux del 14 settembre 1902. avevano il diritto di sposare e di essere esonerati dall’obbligo del lavoro materiale per il proprio sostentamento, in modo di potersi dedicare completamente al ministero. Paolo questi diritti li afferma sulla linea di principio, ma li rinuncia in linea di fatto, date le sue possibilità di autosostentamento. Al di là della rinuncia di Paolo noi ci chiediamo perché è così importante per l’apostolo affermare il diritto di avere una “moglie cristiana” al seguito, tanto da doverlo non tanto praticare quanto ufficialmente affermare? Forse all’inizio potrebbero esserci state motivazioni pratiche, come il disbrigo delle pratiche domestiche poteva richiedere. Anche questo; ma soprattutto una “moglie cristiana” nel ministero degli apostoli avrà assolto al compito più importante di filtrare le situazioni difficili che il tempo delle persecuzioni comportava ed avrà confortato gli apostoli contro lo scoramento degli insuccessi e, come la madonna aveva insegnato in Galilea prima e a Cana poi, li avrà stimolati nel ministero quando le situazioni lo richiedevano ed essi erano per varie ragioni titubanti. Certamente per il Diaconato le mogli sono una risorsa preziosa. Intanto perché la chiamata al Diaconato, sia pur riferita al marito, è stata rivolta alla coppia ed anche le mogli hanno firmato l’atto di assenso. Soprattutto però esse sono importanti perché ricordano l’ascolto e servono il sostegno. Esse infatti, non essendo direttamente coinvolte ma sentendosi fortemente interrogate, come il sacramento del matrimonio e l’impegno sottoscritto richiedono, servono il ministero nell’ascolto ed al ministero offrono tutto il sostegno che possono dare, appunto con umiltà e generosità. I Diaconi si sono trovati spesso in situazioni difficili e la spossatezza talvolta li ha fiaccati; ma queste donne cristiane sono state loro vicine e li hanno sostenuti e stimolati con discrezione e determinazione come già fecero Aronne e Cur quando sostennero con efficacia le mani e la preghiera di Mosè (Es. 17, 12) o come aveva già fatto la moglie di Pilato quando, nel tentativo di salvare Gesù dalla condanna, aveva mandato a dire al marito senza esserne richiesta: “non avere a che fare con questo giusto, perché oggi fui molto turbata in sogno” (Mt. 27, 19). Ascolto, servizio, sostegno e stimolo sono le parole-chiave per un ministero che si muove nelle situazioni difficili. La moglie del diacono Diacono Pietro Latini Sabato 27 gennaio 2007 il Vescovo si è incontrato con i Diaconi e le loro famiglie. L’incontro si colloca all’interno del piano annuale di formazione che prevede ricerche personali dei Diaconi, verifiche periodiche con il Vescovo e con i parroci ed incontri con esperti qualificati. Il Vescovo nella riflessione ha parlato dell’importanza del matrimonio nella vita della Chiesa e del ruolo che riveste il coniuge specificamente nell’esercizio del ministero diaconale e più in generale in quello degli altri ministeri. E’ stata la provocazione che ci ha spinti in ulteriori riflessioni dopo la conclusione del vescovo. La moglie per il servizio apostolico non è né freno né impedimento, ma diritto. Lo afferma fortemente ed inequivocabilmente l’apostolo Paolo nella prima lettera ai Corinzi al verso cinque: “… non abbiamo forse il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?”. Qui il diritto che l’apostolo Paolo afferma è diritto fondamentale perché posto insieme a quello del sostentamento dell’apostolo da parte della Comunità e perché richiamato in linea di principio, dato che sul piano pratico l’apostolo lo ha già rinunciato. La donna cristiana secondo una comune interpretazione significherebbe la donna missionaria cooperatrice ed indicherebbe, come hanno pensato i Padri della Chiesa, quelle donne che accompagnavano Gesù nei viaggi del suo ministero pubblico e provvedevano alle necessità materiali del gruppo (Lc 8,2). Numerosi esegeti cattolici hanno riproposto una tale interpretazione. Ma adelph? – l’originale greco di donna cristiana significa <<sorella in Cristo>> cioè moglie cristiana, come la stessa lettera poche righe prima suggerisce al versetto 15 del capitolo 7 ed anche nell’uso del greco classico “gynaika periagein” significa <<avere una moglie>> e non <<avere una compagna di viaggio>>. Pietro era uomo sposato quando Gesù lo chiamò (Mc 1,30); probabilmente tutti e dodici erano sposati quando Gesù li chiamò, ad eccezione di Giovanni, l’apostolo vergine. Come gli atri apostoli anche Paolo e Barnaba D i o c e s 23 Marzo 2007 Tra novembre 2006 e l’inizio di febbraio del corrente anno tre classi del II° anno della scuola media statale “don Cesare Ionta” di Segni hanno frequentato l’Archivio per un ciclo di lezioni nell’ambito del progetto “Noi nella storia”, nato dalla collaborazione tra gli insegnanti della stessa scuola (rappresentati dalla prof.ssa Fernanda Spigone) e lo staff scientifico dell’istituzione diocesana. Alle nove lezioni hanno partecipato più di sessanta ragazzi che hanno scoperto (attraverso gli interventi del direttore dell’Archivio, di Giampaolo Buontempo, di Alessandro Capitani e di Francesca Blasetti che li ha seguiti costantemente più di ogni altro) il fascino unico della storia raccontata attraverso il contatto visivo ed emotivo con le carte originali dell’epoca: quale il caso di un gruppo di rarissimi documenti contabili del Cinquecento, ritrovati durante il riordinamento dell’Archivio (dopo il 1998) e restaurati con il sostegno di Alfredo Serangeli dell’Amministrazione Comunale. Un corpo di antiche carte con Direttore dell’Archivio Storico “Innocenzo III” i n f o r m a z i o n i assolutamente uniche sulla vita sociale ed economica, sulla storia dell’arte, sulla topografia, sul paesaggio agrario, sul sistema viario del territorio segnino, e non solo. Di questi registri, ben otto sono anteriori al famoso Sacco di Segni del 1557, durante la Guerra di Campagna che oppose il papa Paolo IV alla Spagna di Filippo II, e due (1514, 1518) contemporanei di Leonardo da Vinci, al quale sono anche idealmente legati in qualche modo dalla circostan- za del loro restauro avvenuto nello stesso laboratorio (Abbazia di Grottaferrata) cui si deve il recupero del Codice Atlantico. Quest’ultimo evento ha suscitato, in particolare, l’interesse più vivo dei ragazzi che, affascinati, chiedevano di poter toccare le antiche carte, quasi a carpirne il fluido segreto dei tanti secoli trascorsi dalla loro redazione. Altro stimolo particolare è venuto, poi, dalla singolarità delle note di un registro contabile del 1555, in cui sono state riportate meticolosamente le spese della generosa ospitalità offerta dal vescovo Ambrogio Monticola Ceccardi al delegato del principe Marcantonio Colonna, che solo due anni dopo, nell’agosto del 1557, guidò le truppe imperiali alla presa di Segni, dove: “oltre al sacco, et le uccisioni fu messo fuoco nelle case, et arsa di maniera la città tutta…”. La vita vera di una piccola comunità, dove la parsimonia era una regola costante ed importante, è affiorata ed apparsa del tutto evidente nel riutilizzo, come coperta di un registro del 1541, di un cartone proveniente da un antico e perduto protocollo notarile, recante il motto: “TUE-SO-CHIACHERE-CO-L’OCHIO-VEDITE-ELA lato Francesca Blasetti mostra uno dei preziosi documenti conservati nell’Archivio segnino In alto una delle classi durante le lezioni FATO-VERO”. Nel loro viaggio nel tempo i ragazzi hanno avuto modo di incontrare anche due personaggi, tanto sconosciuti ai più quanto importanti nella storia della città, ossia: il duca Alessandro Sforza e la sua consorte Eleonora Orsini, figlia nientemeno che di Isabella de’ Medici (la più bella e colta delle figlie di Cosimo ed Eleonora di Toledo, vero astro splendente della corte fiorentina) e Giordano Orsini (duca di Bracciano e valoroso condottiero, che partecipò anche alla battaglia di Lepanto contro i turchi nel 1571). In questo caso l’attenzione massima dei ragazzi si è avuta quando, attraverso il computer, hanno potuto ammirare lo splendido ritratto di Isabella de’ Medici, fatto dal Bronzino, ed il sigillo impresso su cera del duca Alessandro, corredato dalla sua firma autografa. Lo staff della nostra istituzione si è prodigato anche nel far capire una serie di concetti, solo apparentemente astrusi e lontani dall’interesse immediato: cos’è un archivio, come nasce, qual è la differenza con la biblioteca, cos’è un archivio corrente e cos’è un archivio storico, il riordinamento e l’inventario di un archivio storico. Dopo quest’ampia ma necessaria introduzione ai ragazzi è stata fatta una rapida storia dell’archivio di Segni e della sua struttura, nonché una esercitazione pratica attraverso una breve ricerca genealogica. Le lezioni si sono concluse con la conoscenza sorprendente dell’archivio fotografico, ormai in rapida crescita anche se non ancora in consultazione, che ha interessato i ragazzi oltre che per la varietà e molteplicità delle immagini dedicate alla città, al territorio ed ai suoi abitanti, anche per il sistema attraverso cui esse diventano un documento portatore di informazioni, al pari di ogni altro presente negli scaffali dell’Archivio “Innocenzo III”. 24 Socie Dall’analisi dei dati statistici elaborati in base agli indici ISTAT, relativi all’anno appena concluso, emerge una società che teme il futuro: ormai il 10% dei lavoratori è precario. Cresce in Italia l’incertezza nel futuro dall’analisi dei dati relativi al precariato e al lavoro a tempo determinato. Lo ha affermato recentemente il Presidente dell’Istat, Luigi Biggeri, illustrando in Parlamento alcuni dei dati già disponibili dell’anno appena concluso. Intervenendo alla Camera dei Deputati, Commissione Lavoro, per l’indagine conoscitiva “sulle cause e le dimensioni del precariato nel mondo del lavoro”, Buggeri ha dichiarato: “Nel secondo trimestre 2006 le persone con un rapporto lavorativo subordinato a termine erano 2milioni 214mila, pari al 9,5% del totale dell’occupazione. Se ai contratti a tempo determinato si associano le collaborazioni e le prestazioni d’opera occasionali (considerate tipologie di lavoro autonomi) si costituisce un insieme di persone che svolgono un lavoro temporaneo. Si tenga presente che tra collaboratori e prestatori d’opera occasionale oltre il 90 per cento lavora per un solo committente e che circa il 52% lavora sempre nella stessa sede e segue un orario imposto dal datore di lavoro, indicatori questi di forte parasubordinazione”. L’aggregato complessivo – continua l’analisi Istat – dei dipendenti con contratti a termine, dei collaboratori e dei prestatori d’opera nel secondo trimestre ammontava a circa 2milioni 735mila persone (11,8 per cento dell’occupazione totale), di cui 1milione 327mila uomini e 1milione 408mila donne. Un lavoratore su dieci ha un contratto a termine Sono, quindi, oltre 2,2milioni gli occupati che nel secondo trimestre del 2006 risultavano avere un contratto a termine, poco meno di un lavoratore su 10 (il 9,5%). Secondo gli ultimi dati Istat a fronte di 23.187 occupati complessivi di cui 17.015.000 dipendenti risultavano avere un rapporto di lavoro a tempo determinato 2.214 persone, in aumento di 166.000 unità (+8,1%) rispetto allo stesso trimestre del 2005. L’aumento dell’occupazione a termine è stata superiore rispetto a quello della media dell’occupazione (+2,4% nel secondo trimestre 2006 rispetto allo stesso periodo del 2005) e a quello della media dei dipendenti (+3%). Se gli occupati a tempo determinato nel secondo trimestre 2005 rappresentavano il 9% degli occupati la percentuale nel secondo trimestre del 2006 quest’anno è salita al 9,5%. Nel lavoro dipendente l’occupazione precaria è in continuo aumento e determina una fascia di “nuove povertà”, una categoria di persone quantitativamente crescente, che scivolano lentamente verso una condizione di bisogno. Un processo, che allo stato appare inarrestabile, di esclusione ed emarginazione sociale che allargato alle famiglie di questi precari arriva a coinvolgere un cerchio più ampio di popolazione direttamente coinvolta: Marzo 2007 ben sette-otto milioni di italiani. Nuove povertà e condizione giovanile In parallelo a questo dato ISTAT, da cui emerge come disoccupazione e lavoro precario penalizzano maggiormente il mezzogiorno d’Italia, si può leggere il Rapporto Eurispes – Telefono Azzurro su infanzia e adolescenza dal quale apprendiamo che i bambini del mezzogiorno sono i più poveri d’Europa e numerosissimi sono i minorenni sfruttati nel nostro Paese: Secondo le stime della Banca d’Italia il 20% dei minorenni italiani vive in condizioni di forte disagio economico. In Italia, secondo i dati forniti dall’Istat per il 2005, sono 2milioni 585mila le famiglie che vivono in condizione di povertà relativa (addirittura l’11,1% delle famiglie residenti). Come si rileva, sempre nel 2005 vi sono stati alcuni lievi segnali di miglioramento rispetto al 2004, anno in cui si è stata registrata un’incidenza del 11,7% di famiglie povere. Tra il 2003 e il 2004 invece gli unici segnali positivi si registravano al Nord, dove l’incidenza della povertà si riduceva dal 5,5% al 4,7%, mentre cresceva al Centro (dal 5,8% al 7,3%) e, in misura maggiore, al Sud (dal 21,6% al 25%). Nel 2005, invece, la situazione migliora leggermente in tutte le aree geografiche considerate (4,5% al Nord e 6% al Centro); tuttavia si può parlare di una certa stabilità del fenomeno. Inoltre, il Mezzogiorno mantiene elevati livelli di povertà (24%), confermando ancora una volta l’esistenza di un notevole divario tra il Nord e il Sud del Paese. L’incidenza della povertà tra le famiglie con minori assume connotazioni sempre più marcate man mano che aumenta il numero dei figli. Nelle regioni meridionali, in particolare, la percentuale di famiglie povere arriva a raggiungere il 42,7% quando si considerano i nuclei con tre o più figli. E, tra l’al- tro, le famiglie con figli minori hanno una probabilità più elevata rispetto alle altre, non solo di essere povere, ma anche di rimanere in questa condizione. La “cultura della povertà – rileva il Rapporto – è un vero e proprio ecosistema: un’interazione tra individui, famiglie, servizi pubblici, alloggio, trasporti, opportunità economiche, nonché fattori ambientali quali paura, squallore e violenza, dalla povertà minorile allo sfruttamento, il passo è breve”. In molte famiglie povere si riscontra una propensione favorevole al lavoro precoce dei figli allontanati dalla scuola. A tale proposito i dati del rapporto Ires-Cgil, 2005 mostrano quanto le dimensioni del fenomeno siano impressionanti: i minorenni sfruttati nel nostro Paese, sarebbero, numerosissimi. La Cgil stima, infatti, l’esistenza di un range di 460.000-500.000 minori (tra questi gli stranieri sono circa il 9-10%), che svolgono lavori precoci. Quanto al tipo di lavoro svolto, i minori collaborano prevalentemente ad attività di tipo commerciale, spesso gestite dalle famiglie (il 25,7% in un negozio e il 12,2% in un’attività legata alla ristorazione). Risultano presenti anche nei lavori svolti in strada, riconducibili prevalentemente alla vendita ambulante (9,8%), oppure in lavori artigianali a domicilio, a supporto di solito all’attività di familiari (12,2%), lavori in campagna (10,4%). Non mancano poi i minori addetti a lavori in casa (/%), in cantiere (6,1%), in fabbrica (4,9%), in officina e distributori di benzina (3,7%) e in campagna (3,4%). Si inizia, generalmente, fra gli 11 e 14 anni a sperimentare collaborazioni occasionali, quasi sempre sotto la spinta della famiglia stessa. Il precoce inserimento nel mondo del lavoro allontana i ragazzi dallo studio e dalla possibilità di miglioramento sociale per uscire da una condizione marginale, già vissuta e sperimentata in famiglia. Se le nuove generazioni rappresentano la strategia di sviluppo futuro debbono diventare anche il centro dell’impegno, non solo sociale quanto legislativo. Il lavoro, allora, non deve essere un episodio occasionale o un privilegio ma rappresenta il terreno di sfida per la costruzione di un’e- di Rigel Langella conomia etica e solidale. Una vera strategia “imprenditoriale” deve contemplare nella logica del profitto anche la giustizia: “scopo e misura intrinseca di ogni politica (cf Deus caritas est). Appare condivisibile, alla luce dei dati illustrati sopra, l’analisi di alcuni sociologi che affermano la necessità di “deprecarizzare il lavoro per deprecarizzare la società”. Il primo problema della questione giovanile e della questione famiglia non può prescindere dalla condizione del mercato del lavoro. Non è un caso che la Francia, uno stato certamente molto laicista, ma certamente anche molto attento alle politiche di concreto sostegno alla famiglia, alla casa e a tutte le situazioni di disagio o handicap, non conosca il calo demografico che investe il nostro paese. Ma questa è un’altra storia che forse merita un ulteriore approfondimento. 25 Marzo 2007 La discussione sempre aperta sulla scuola è positiva, perché evita ogni acquiescenza al modello esistente, spingendo alla ricerca di modelli più rispondenti alle esigenze di formazione degli individui e alle istanze di trasformazione e di miglioramento della società. E ciò è importante sia sul piano teorico, nella ricerca della giusta idea di scuola, sia sul piano pratico, in relazione alla scelta dei contenuti e dei metodi più adeguati da adottare. La “Casa gioiosa” di Vittorino da Feltre è la scuola più celebre dell’umanesimo, aperta a Mantova nel 1423, per desiderio del duca Gian Francesco Gonzaga. L’idea ispiratrice, per il grande educatore di quell’epoca di “rinascita” dell’uomo, secondo il principio della formazione “integrale” della personalità, è dunque la gioia. Anche oggi è bene insistere sulla necessità, per l’educazione, di un clima sereno, che stimoli l’alunno ad apprendere senza ostacoli e senza paure che, a cura del talvolta, al di là delprof. Antonio Venditti le proclamazioni, si instaurano negli ambienti scolastici, alla deriva rispetto ai loro fini. Se così non fosse, non si capirebbe il perché di denunce di disamore per lo studio in ambienti scolastici di scarsa “serenità”, dove lo studio è motivo di turbamento e di sfiducia. A scanso di equivoci c’è da dire che ancor più marcata è la denuncia di scuole molto “spensierate” dove, in un clima di sregolatezza, poco o niente ci si preoccupa del raggiungimento di obiettivi educativi e didattici, venendo così meno alla loro specifica funzione. camente e, a tal fine, cura il corpo, l’ingegno e il cuore. Le discipline d’insegnamento, basate su opere grecolatine e patristiche, secondo la ripartizione del “trivio” (grammatica, dialettica e retorica) e del “quadrivio” (aritmetica, geometria, astronomia e musica), erano integrate da elementi di algebra, filosofia, storia e pittura. Era praticata ampiamente l’educazione fisica. Fondamento di tutta l’opera educativa era la formazione cristiana e morale. Vittorino da Feltre è un esempio di educatore geniale, che ha avuto “successo” nel suo tempo, nonostante le sue scelte allora ardite. Nella sua Scuola, frequentata dai figli dei nobili e dei maggiori umanisti, accolse anche i figli dei poveri, purché avessero attitudine per gli studi e fossero virtuosi, perché allontanava comunque gli inetti e i viziosi. Il suo modello “direttivo” appare ancora valido, legato com’era profondamente al buon funzionamento scolastico, fondato sull’insegnamento. Egli stesso, nei primi anni, insegnò direttamente, data la sua vasta e profonda conoscenza degli autori classici. Si preparava con scrupolo alle lezioni. Il metodo adottato era certamente “attivo”, nel senso che si sforzava di rendere interessanti gli argomenti di studio e stimolava gli interventi degli alunni, che invitava alla “ricerca” personale nella Biblioteca , da lui allestita accuratamente. Prima ancora che attraverso le ore di lezione e di studio, egli scrutava le “personalità” in libere attività, tra cui il gioco, come spontaneamente rivelatrici delle facoltà dei discepoli, della loro indole, delle predisposizioni e degli interessi, partecipando direttamente con slancio, come se fosse uno di loro. Puntava molto sull’esempio: richiedeva quello che egli stesso dimostrava di fare puntualmente. Sapeva essere anche “severo”, ma restava sempre “tenero”, ossia mai veniva meno quel sentimento profondo che lo legava ad ogni suo alunno, la cui formazione gli stava veramente a cuore. Secondo le testimonianze degli stessi studenti, anche di notte era presente : la sua “dolce figura di maestro” si trovava vicina a chi era disturbato dall’insonnia e magari portava un libro di cui suggeriva la lettura. Di “maestri” del genere, che si lasciano coinvolgere con passione nell’insegnamento, assumendo pienamente il ruolo di guida e di sostegno dei soggetti in formazione, abbiamo bisogno più che mai oggi. Gli alunni, forse più soli del passato, devono poter contare su educatori sempre disponibili, a cui chiedere e da cui ricevere conforto ed aiuto, per superare i tanti ostacoli nel loro itinerario di crescita. Discorso questo improponibile per docenti distratti e svogliati, che sono mentalmente già fuori dalle aule prima del rituale suono della campanella ed escono senza alcuna considerazione di eventuali disagi di alunne/i. L’attività scolastica attuale si conclude nell’arco di cinque o sei ore, che sono una minima parte dell’intera giornata. Se poi, con motivazioni varie e discutibili, che poco hanno a che fare con le esigenze educative, le scuole restano chiuse per l’intera giornata del sabato, con pasticciati recuperi in ore pomeridiane, anche dove mancano mense e spazi ricreativi, allora il “vuoto” educativo è grande, specialmente se i genitori lavorano anche in quel giorno “festivo” per la scuola, perché i figli restano soli, in balia di se stessi. Se ragazze e ragazzi, prima di avventurarsi in certe esperienze, destinate a lasciare il segno nella loro fragile personalità, potessero rivolgersi ad una figura veramente “educatrice”, disposta ad ascoltare e ad aiutare sempre, senza limiti di tempo e senza condizioni, sicuramente sentiremmo parlare meno di sbagli gravi, di trasgressioni e deviazioni, con preoccupanti ripercussioni nel futuro dei giovani. Vittorino da Feltre resta, dopo secoli, un Vittorino da Feltre, volendo reagire all’opesempio luminoso da seguire, per il recupressione esistente nelle scuole del suo tempero della piena coscienza della funziopo, più simili a “prigioni” che ad istitune educativa : funzione di indirizzo, di aiuzioni educative, ideò una scuola lieta, molto, di facilitazione del percorso di formazione to rispettosa degli alunni, incentivadi alunne/i, che sono il “centro” attorti ad apprendere ed a crescere nel sapeno a cui gli operatori scolastici re e nella virtù. Così fece scrivere , devono ruotare, con dedizione assoLa “Casa Gioiosa” infatti, sulla porta d’ingresso: “Venite, luta, in umile spirito di servizio. fanciulli : qui si istruisce, non si torDipende in gran parte dagli educatori di Vittorino da Feltre, menta”. la “scuola nuova” di cui tanto si disUna scuola, quella fondata dal grancute e da tanto tempo. Nell’ideazione, aperta a Mantova nel 1423, de educatore, che sembra all’avanguardia da cui deve svilupparsi la pratica attuaper quei tempi, ma, a ben vedere, è zione, si delinea certamente una è la scuola più famosa fedele interprete dell’umanesimo, scuola serena e rassicurante come la perché è incentrata sull’uomo, che vuocasa e quindi luogo di vita lieta e prole formare integralmente ed armonificua: la “Casa gioiosa”. dell’Umanesimo 26 Cultu Il digiuno associato alla preghiera diventano il modo per Israele di scongiurare il castigo del Signore, ma allo stesso tempo la carestia viene considerata una sorta di punizione divina e per questo l’uomo giunge a volte a richiedere il digiuno collettivo e la preghiera per invocare la pietà del Signore: “…il grano è devastato, è venuto a mancare il vino nuovo, è esaurito il succo dell’olivo…la vite è seccata, il fico inaridito, il melograno, la palma, il melo, tutti gli alberi dei campi sono secchi, è inaridita la gioia tra i figli dell’uomo” (Gl 1,10). Daniele digiuna e prega perché finisca l’assedio di Babilonia; Giona dopo tre giorni nel ventre del pesce viene avvisato dal Signore della prossima distruzione di Ninive nei successivi quaranta giorni e per questo invita tutti a digiunare insieme a lui e grazie a ciò Dio impietositosi risparmiò la città. Digiunò anche Dario, costretto a gettare Daniele nella fossa dei leoni. Come abbiamo già evidenziato, il digiuno viene spesso associato alla preghiera, costituendone una forma di rafforzativo, ma anche uno stile di vita dell’uomo che dedica la sua vita interamente a Dio: è il caso di Giovanni Battista che trascorre molto tempo nel deserto, luogo indubbiamente eletto per la pratica in questione. Leggiamo infatti riferito al nostro personaggio: “…il suo cibo erano locuste e miele selvatico”(Mt 3,4) Mangiare locuste non era una stranezza riferibile solo al Battista, infatti sembra che diverse tribù nomadi confezionassero un pane altamente proteico prodotto appunto con una sorta di sfarinato di locuste, che previa tostatura venivano ridotte appunto in farina. Gesù che per primo invita a pregare il Padre parlando di “pane quotidiano” esorta al digiuno, ma ad un digiuno segreto, profumando e lavando il corpo in maniera tale che solo Dio ne sia a conoscenza. Così i discepoli di Gesù avranno un comportamento in apparenza anomalo nei giorni di digiuno: non lo osserveranno e strapperanno le spighe di sabato se colti dalla fame, perché non possono farlo in quanto Gesù è ancora con loro e per questo non posso- Marzo 2007 no essere in lutto. Riguardo al tema del sabato è Gesù stesso che sottolinea che anche lo stesso Davide mangiò del pane che era stato dato come offerta, da qui il detto “il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Mc 2, 25). Così anche Gionata non rispetta il digiuno proclamato da suo padre Saul, infatti dopo la battaglia contro i Filistei mangia del miele e “i suoi occhi si rischiararono” (1 Sam 14,27) e si convinse di quanto inopportuna fosse la decisine del padre. Gesù stesso viene presentato fanciullo che non si allontana mai dal tempio e digiuna e prega giorno e notte. Più volte la Scrittura ci presenta situazioni di digiuno forzato o apparente, come ad esempio nel caso del profeta Elia, che salvato in segreto dal Signore, viene dissetato dalle acque del torrente Cherit e nutrito dai corvi con “pane al mattino e carne alla sera” (1Re 17,2). Il profeta Elia nel deserto trova improvvisamente accanto a sé “una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d’acqua” e quel cibo gli basta per quaranta giorni e quaranta notti fino a quando non ha raggiunto il monte Oreb, dove il Signore lo attende. Nel libro dell’Apocalisse la donna insidiata dal drago che le vuole divorare il bimbo appena nato, fugge nel deserto, luogo non solo di preghiera, ma anche di rifugio per i perseguitati “dove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni” (Ap 12,6) In altri casi questa di Emanuela Ciarla pratica manifesta un dolore personale per un lutto o una Docente di materie malattia, come se la letterarie e sommelier persona volesse allontanare le gioie della vita, così faceva Giuditta in segno di lutto , oppure nel caso di Ester che per salvare Israele chiese anche alla sua gente di digiunare per essere aiutata nella sua missione. Anche i discepoli si prepararono al loro compito digiunando e pregando, ma le loro riunioni si svolgono a mensa , spezzando il pane e nutrendosi del pane di vita lasciato come dono dal Maestro. Cultur 27 Marzo 2007 La città prenestina, a poca distanza da Roma, entra nella storia della musica sacra, grazie al musicista Giovanni Pierluigi, detto il Palestrina, che qui nacque tra il 1524 e il 1525 da una famiglia benestante di commercianti. Giovanni fu introdotto fra i pueri choriales nella basilica romana di Santa Maria Maggiore, dove ricevette la sua educazione musicale da parte dei Maestri di Cappella, allora attivi a Roma, per lo più musicisti franco-fiamminghi che si erano stabiliti in Italia dopo il ritorno della sede papale a Roma da Avignone. All’età di diciannove anni Giovanni Pierluigi fu nominato organista e maestro di canto in S.Agapito, cattedrale della sua città natale. Negli durante i quali ricoprì tale incarico, ebbe modo di frasi apprezzare dal vescovo di Palestrina, il cardinale Giovanni Maria Ciocchi del Monte, che infatti lo volle con sé a Roma quando divenne papa con il nome di Giulio III . Nel 1500 la musidi Mara Della Vecchia ca sacra non si identificava più, ormai, con l’antico canto gregoriano e, non solo dal punto di vista stilistico, ma stava anche perdendo il significato e lo spirito religioso della musica delle origini; infatti il canto gregoriano è essenzialmente preghiera ed è strutturato per questo scopo, la polifonia rinascimentale, ricercata e raffinata, è soprattutto un’arte nella quale la musica è preponderante sulla parola, tanto da rendere spesso incomprensibile il testo cantato. Per questo, la Riforma luterana espresse la sua opposizione alla Chiesa di Roma anche attraverso la musica, Lutero promosse un repertorio di canti religiosi semplici, lineari, facili da eseguire e che rispondessero all’esigenza di preghiera da parte di un’assemblea di fedeli non musicalmente educati, ma desiderosi di partecipare attivamente alle celebrazioni liturgiche. Così il Palestrina, nella sua nuova posizione di Maestro di cappella a Roma, si trova a vivere uno dei periodi più cruciali della chiesa cattolica: la Controriforma, che nel nuovo corso della Chiesa Romana, dettò anche un nuova esigenza sul piano musicale: la musica doveva rispondere alla necessità di tornare ad una fede maggiormente vicina alla gente, ma allo stesso tempo, non poteva abbandonare la maestosità e lo splendore della polifonia per un utopico ritorno alla purezza del canto gregoriano. Da qui nacque l’immagine, consolidatasi nei secoli successivi, del Palestrina come salvatore della musica polifonica sacra dalla crisi generata dal nuovo corso controriformistico, grazie alla composizione della celebre Missa Papae Marcelli, in realtà egli ebbe un ruolo importante nella vita musicale romana del 1500, proprio perché dalla sua posizione privilegiata ebbe la possibilità di esprimere la sua idea di polifonia sacra e anche di capire quale nuova strada doveva seguire la musica religiosa, senza abbandonare o cancellare la tradizione, rendere il testo più comprensibile, ma non a detrimento del valore artistico. Ricordato a Segni un grande evento accaduto il 21 febbraio 1173 quando a Segni venne canonizzato l’Arcivescovo di Canterbury Thomas Becket. Per la sua tenace opposizione alle Costituzioni di Clerendon, con le quali Enrico II Plantegeneto intendeva sottomettere la Chiesa inglese all’autorità della corona, Thomas Becket dapprima venne accusato di tradimento e privato di tutti i beni, successivamente, dopo il ritorno dall’esilio francese, il 29 dicembre del 1170 venne assassinato nella Cattedrale di Canterbuy. Dopo poco più di due anni dal suo martirio il Papa Alessandro III, presente a Segni nel Palazzo Papale,(l’attuale seminario) firmò diverse bolle, tra queste la più importante, anche dal punto di vista politico, fu proprio quella della canonizzazione dell’arcivescovo martire. La solenne proclamazione probabilmente avvenne nell’antica chiesa di S. Lucia. A ricordo di questo evento la XVIII Comunità Montana dei Monti Lepini con il Patrocinio del Comune di Segni hanno dato vita ad un programma di appuntamenti culturali per la gior- nata di sabato 24 febbraio 2007 quali: una giornata di studio con l’apporto del Prof. Ludovico Gatto docente ordinario di Storia Medievale alla Sapienza di Roma e all’Ateneo Antonianum, presenti le autorità civili, il Vescovo Diocesano Mons. Apicella, il vescovo nativo di Segni Mons. Lorenzo Loppa. In serata nella chiesa di S. Lucia un folto e attento pubblico ha assistito a: In..Canto Gospel in concerto. Nel primo pomeriggio la Comunità Montana ha inaugurato i nuovi locali tra i quali la sala intitolata al santo martire Thomas Becket. 28 Arte Marzo 2007 L Annunciazione di don Marco Nemesi Secondo il racconto biblico, Dio invia l’arcangelo Gabriele a Maria per annunciarle la nascita di un figlio, concepito dallo Spirito Santo; dapprima spaventata e turbata, poi Maria si inchina alla volontà di Dio. Pagina altissima di mistica e poesia, l’Annunciazione è uno dei temi più affascinanti dell’intero Vangelo di Luca, l’unico dei canonici a narrare l’episodio, punto di snodo della storia cristiana. Soggetto che ben si presta all’evocazione di un contesto ambientale realistico e ricco di dettagli, artisticamente è stata variamente interpretata nei secoli, offrendo sempre l’occasione per ritrovare profonde suggestioni, riuscendo la sensibilità dei pittori e degli scultori a cogliere di volta in volta le reazioni psicologiche di Maria, la natura affascinante dell’Angelo, la volontà di Dio, l’arredo, il riverberarsi della scena su altri personaggi, i dettagli descrittivi. In epoca bizantina compare la rara iconografia, tratta dal protovangelo di Giacomo, che colloca l’Annunciata accanto ad un pozzo, dove si era recata ad attingere acqua con una brocca. Nella pittura rinascimentale italiana la scena si svolge per lo più sotto una loggia o in un portico aperto; più raramente nella stanza di Maria, nel qual caso tale ambientazione è l’occasione per soffermarsi su interessanti dettagli descrittivi. L’iconografia controriformista inaugura un’ambientazione completamente nuova, abbandonando ogni raffigurazione di strutture architettoniche e ponendo l’attenzione sulla colomba che scende dal cielo avvolta in una luce abbagliante. L’arcangelo Gabriele è alato, tradizionalmente porta una veste bianca e può essere raffigurato mentre scende verso la Madonna o più spesso inginocchiato di fronte a lei; solitamente regge un giglio, tuttavia nella pittura senese, per esempio nella fulgida Annunciazione di Simone Martini, reca un ramo di ulivo: il giglio, infatti, era anche il simbolo di Firenze, nei confronti della quale Siena aveva una ben radicata ostilità. L’immagine di Maria, in piedi, seduta o più spesso inginocchiata, è affiancata da attributi ricorrenti: il giglio bianco segno di verginità e purezza; il vaso che spesso lo contiene, simbolo dell’Incarnazione; il libro del quale interrompe la lettura all’arrivo dell’angelo, che secondo San Bernardo riporta la profezia di Isaia: “Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio”. fatto prima. Simone ha il coraggio di definire nei minimi dettagli un vaso di fiori come una figura e a uno sguardo più attento quei gigli appaiono aggressivi e fieri di sé; si ergono fra l’angelo e la Madonna senza il minimo timore di sfigurare, sono uno zampillo d’acqua che fuoriesce carnosa e prepotente da una fontana dorata. Ma questa è una di quelle opere che vanno lette come una partitura musicale, a partire dall’alto nella zona di sinistra. Le ali dell’angelo sono estremamente allungate; la genialità dell’artista risiede proprio nell’aver reso queste ali in un realismo inedito per l’epoca in cui furono dipinte, raffigurate nell’attimo precedente al loro ripiegarsi su se stesse (essendosi l’arcangelo appena posato sul suolo). Oltretutto, non se ne vedono le estremità: (soprattutto dell’ala principale) questo sembra produrre l’effetto di una lunghezza estrema senza, però, renderle deformi ai nostri occhi. Il mantello dell’angelo segue il dispiegarsi delle ali, essendo stato reso, a sua volta, mentre fa i conti con l’ultimo guizzo d’aria dopo il volo di Gabriele , ed è come se si servisse delle ali per cercare l’equilibrio definitivo. Oltre agli splendidi brani di natura morta vale la pena di concentrarsi sui gesti dell’arcangelo. Il ramo che tiene in mano è trattenuto con eleganza, le dita si piegano in maniera quasi sensuale. La mano destra, al cui polso si noti il fuoriuscire sottile della sottoveste, si contrappone alla sinistra ed assieme formano un’apertura magnifica, una gestualità dall’eleganza assoluta. Per apprezzare e sentire la potenza di quella splendida dama in veste di Maria il nostro occhio deve iniziare a posarsi sul panneggio lanceolato in basso, che è una sorta di primo gradino del gesto di pudore che progressivamente si amplifica nella parte centrale: il corpo della Vergine sembra infatti quasi spezzarsi fra il bacino e le gambe, il che enfatizza la sua sorpresa e il suo timore. La spalla e il volto inarcato sono l’ultimo “gradino” di questa figura che gradualmente si ritrae tutta in un’inse- natura di purezza che allo stesso tempo sembra quella di una dama corteggiata da un pretendente. Inutile insistere su altri particolari, tra cui le mani della Vergine che non fanno altro che contribuire al crescendo musicale partito dalle mani dell’annunciante; infatti, anch’esse si contrappongono, ma in maniera decisamente più ansiogena e non meno elegante. Il gesto dell’angelo è posato e calcolato, quello di Maria è frutto d’istinto, ma forse è proprio questo a renderlo unico. La parte più commovente delle mani sono i due pollici, che affondano l’uno nel libro di preghiere (come se la pressione esercitata fosse il segno di una repentina chiusura), mentre l’altro afferra e tira un lembo di veste con cui Maria ansiosamente si copre. Il contatto tra i due è inciso a mò di vignetta sul legno e sale dal basso verso l’alto suggerendoci un’intensità crescente. Il pavimento sembra fatto del più prezioso dei marmi; il vaso-fonte che si gonfia è la parte centrale di una bilancia e i tre archi acuti in alto non riescono più ad inquadrare i personaggi in modo preciso. L’intento è evidente: l’angelo non riesce, ma soprattutto non vuole stare chiuso nell’arco che lo sovrasta, protende verso Maria, sconfina nella parte centrale, si intromette in un momento di vita quotidiana della donna. L’arco centrale è una fase di passaggio: inquadra tutti i personaggi e terrebbe sotto di sé anche il volto di Maria se non si fosse ritratta per il sottile spavento. Lo stesso trono decorato da quei preziosi motivi miniatori sconfina nella parte centrale: oramai non è più tempo di tenere i personaggi imbrigliati in rigidi schematismi arcaici ed il genio di Simone lo sa. Ma perché tanta naturalezza? Il Trecento è il secolo in cui matura una coscienza religiosa che non sembra più sentire i sacri personaggi distanti dal modo di vivere, di essere e di esprimersi propri della dimensione umana; il primo artista a farsi interprete maturo di questa svolta è Giotto. Simone Martini ha interiorizzato la lezione giottesca e concede il lusso di trattare i santi non solo come uomini, ma come delicati personaggi di una fiaba cortese. L’Annunciazione fra Sant’Ansano e Santa Massima che Simone Martini realizzò nel 1333 insieme al cognato Lippo Memmi, autore dei due Santi laterali, è sicuramente una delle più belle opere pittoriche di tutto il Trecento europeo. In essa si concentra tutta l’eleganza un po’ astratta dell’arte del pittore che aggiunge alla serietà e profondità del messaggio cristiano un’atmosfera da corte principesca che dà all’immagine un carattere quasi profano. L’opera mancante, purtroppo, del tondo centrale in alto, con la raffigurazione del Padreterno andato perduto, fu realizzata per essere collocata sull’altare di Sant’Ansano nel Duomo di Siena, ma nel 1799 fu trasferita negli Uffizi di Firenze dove è attualmente conservata. Ciò che colpisce quando si osserva la tavola più celebre del pittore, è il modo in cui sono rappresentati l’angelo annunciante e la Madonna. Eppure, il terzo protagonista è quel vaso pregiato di preziosi gigli, trattato come non si sarebbe mai ANNUNCIAZIONE, 1333 - Simone Martini - Firenze, Galleria degli Uffizi Cultu 29 Marzo 2007 Vien da sorridere pensando alle ricchezze accumulate da mediocri scrittori contemporanei che per propinare e vendere i loro famigerati best-sellers le inventano di tutti i colori: penso alla famelica autrice di “Harry Potter” che per essere sicura (lei e il suo editore) di poter vendere il maggior numero di copie del suo ultimo libro in poco tempo, ha fatto aprire le librerie di Londra a mezzanotte in punto. Una volta mi raccontavano la fiaba di Cenerentola e del suo fortuito inciampo sulle scale: la scarpetta … il Principe … la carrozza … il destino … la mezzanotte che incombe. Ahimè, quelle erano altre mezzanotti… Così tutti hanno sentito parlare della signora Rowlings, del suo conto in banca e dei suoi ragazzini che, invece di nascondersi in armadi misteriosi e affacciarsi in ben altri luoghi (“Le cronache di Narnia”) o costruire casette sulla cima degli alberi (”Il buio oltre la siepe”), giocano a fare i maghi e maghetti come adulti incalliti. Bene, tutte queste spiacevoli considerazioni, mi sono venute alla mente rileggendo l’opera di un mito della letteratura del novecento, un nome che dirà ben poco ai lettori italiani, nonostante la pubblicazione presso l’editrice Adelphi. Lei si chiama Djuna Barnes e ha scritto tre libri: “La Passione”, “Bosco di notte” e una tragedia in versi. Tralascerò quest’ultima. I primi due, appunto, sono in libreria. La Barnes ha vissuto gli ultimi anni della sua vita con l’assegno assistenziale e un contributo di alcuni amici in un modesto appartamento del Greenwich Village a New York. Confrontando le due scrittrici, mi consola il fatto che tra vent’anni la Barnes sarà ancora in libreria. La prossima generazione di adolescenti leggerà non più Harry Potter ma John Sederinobagnato. Dunque, un’opera ogni vent’anni o giù di lì. Basterebbe questa notizia per aprire una dissertazione sul lavoro che ogni vero, grande artista è costretto a fare, non dico su ogni opera, ma su ogni verso, ogni riga, ogni parola. L’opera omnia di Giuseppe Ungaretti è racchiusa in un centinaio di pagine. Qui vogliamo alludere ad uno dei racconti della Barnes, l’ultimo, che dà il titolo al suo primo libro, “The passion”… E’ il racconto della decadenza di una dama aristocratica, la Principessa di Rholinghausen, giunta a tardissima età, decrepita e solitaria. La vicenda ruota attorno a questa vita: seguiamo la Principessa nei suoi luoghi perduti, scenari assolutamente controcorrente, ma i soli, oggi, dove è possibile descrivere il tormento di un’anima e un corpo: il parco, la casa consunta, le stanze che si chiudono per sempre, le parole appena sussurrate che esprimono e non dicono, i ninnoli, i ritratti, la carrozza, i giardini… la polvere. Estremamente crudele e raffinata nel descrivere la magione dove la Principessa vive, la Barnes raggiunge le vette della sua arte mediante la grande scuola della rinuncia (un prezzo segreto che pochi hanno saputo pagare): a procacciarsi la benevolenza del lettore, alla spiacevole retorica delle lungaggini e l’oscura, misteriosa manipolazione del tempo in un racconto brevissimo (si leggano le sue ultime parole a poche righe dalla fine: di Alessandro Gentili “L’ultimo corteggiatore di una vecchia è sempre un incurabile … ma se un uomo piccolo e leggero, con la barba, avesse detto ‘Ti amo’, avrei creduto in Dio”). Questo è il tema del Convegno promosso dalla Commissione Regionale del Lazio per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso, che si terrà giovedì 15 marzo 2007 presso il Teatro delle Fonti in Fiuggi. Al di là del dialogo, del rapporto attuale fra il cristianesimo e l’ebraismo, all’oggi con le continue tensioni che attraversano l’area mediterranea, è importante, per ogni cristiano, non dimenticare che la nostra fede ha le sue radici proprio nell’ebraismo. Parteciperanno al Convegno illustri relatori, sia da parte cattolica che da parte ebraica: Mons. Ambrogio Spreafico, Mons. Walter Ruspi, Mons. Chiarinelli, il Rav Riccardo Di Segni, il Rav Benedetto Carucci Viterbi, il Prof. Giorgio Israel. Per informazioni relative all’iscrizione, potete contattare il Diacono Massimo Facchini, delegato diocesano per l’ecumenismo, telefonicamente allo 0696142831 o via e-mail: [email protected] Leggere Djuna Barnes, oggi, è ritrovare nitidamente la vera, la grande storia degli artisti, dei profeti: la loro fedeltà direi sacerdotale ad una vocazione senza compromessi, quella, appunto, dei veri profeti: inascoltati al loro tempo ma letti e studiati nei tempi a seguire. Fedeltà metafisica, dunque, a un’idea che pervade queste menti e accudita con fermezza implacabile, quando ormai pochi osano viverla. Un’idea della letteratura infinitamente terribile. Leggere e rileggere autori come Djuna Barnes è esorcizzare le paure che la società di oggi vieta di appena sfiorare: la sofferenza… la morte. Dalla prima all’ultima riga de “La passione”, non c’è una sola parola fuori posto, nessun compiacimento stilistico, ma solo una fredda e lucida analisi di una vita terrena. Ripensarvi a lettura conclusa e tornandoci sopra per descriverne gli effetti, vien fatto di pensare al teatro elisabettiano o alla tragedia greca. Una dignità purtroppo perduta oggi, di come una storia, un personaggio possa restare indelebile nella nostra mente in poche pagine. Ad un giornalista che tentava di intervistarla, disse solo queste parole, convinta che nella vita ci sia un prezzo di sofferenza da pagare: “Sa, sono venuta qui per tener duro”. Una frase umile. Detta dalla Barnes ci ricorda che il tono e l’espressione deve essere umile perché propria della condizione degli infelici. 30 Cine Torna di nuovo sugli schermi Leonardo DiCaprio (dopo The Departed di Martin Scorsese), diretto dal regista de L’Ultimo Samurai, Edward Zwick. Un action movie politico che offre all’Occidente civilizzato l’occasione per riflettere su una delle guerre più tremende degli ultimi anni, per numero di vittime e di persone coinvolte, ma che pochi occidentali possono dire di conoscere. Perché in realtà pochi occidentali possono dire di sapere veramente cosa succede in Africa. Girato in Mozambico, il film è ambientato in Sierra Leone, durante la guerra civile che negli anni ‘90 ha insanguinato il paese per il controllo del mercato nero dei diamanti. Mercato nero che, come si può immaginare, era tacitamente avallato, finanziato e controllato dai Paesi occidentali (in questo caso dall’Inghilterra). Danny Archer (Leonardo DiCaprio) è un ex mercenario dello Zimbabwe che si guadagna da vivere trafficando diamanti in cambio di armi con i guerriglieri della Sierra Leone. I guerriglieri del Fronte Rivoluzionario saccheggiano la Sierra Leone riducendo gli uomini in schiavi da utilizzare nelle miniere di diamanti, e catturando bambini da addestrare come soldati. Danny incontra Solomon Vandy (Djimon Hounsou), un pescatore di Mende, passato per le miniere e liberato dai soldati del governo della Sierra Leone che cercano di arrestare l’avanzata dei guerriglieri. Danny e Solomon sono entrambi africani, ma le loro storie, le loro vite, i loro valori non potrebbero essere più diversi, fino a quando i loro destini non si incrociano nella ricerca di quello che è a loro più caro: Danny vuole un diamante rosa, per riuscire ad andar via dall’Africa e dal ciclo di violenza e corruzione nel quale ha sempre vissuto; Solomon vuole ritrovare suo figlio Dia, nelle mani dei guerriglieri, e riunire la sua famiglia, rifugiata in un campo profughi. Marzo 2007 di Valentina Fioramonti Ad aiutare entrambi sarà Maddy Bowen (Jennifer Connelly), un’idealistica giornalista americana che si trova in Sierra Leone per scoprire la verità che si nasconde dietro al traffico di “diamanti insanguinati”, nel quale crede implicati alcuni leader mondiali dell’industria diamantifera. L’impianto della sceneggiatura è tradizionale: il percorso tra bene e male compiuto dal protagonista Danny-DiCaprio lo porterà a raggiungere una nuova consapevolezza, a cercare la redenzione e il riscatto, che avverrà solo nel momento finale del film, con la morte di Danny, il ricongiungimento di Solomon con la sua famiglia e il j’accuse della giornalista, Maddy Bowen. Il cinema diventa sempre più spesso il canale di denuncia di crimini e situazione limite che spesso i media rifiutano di coprire per interesse o per evitare situazioni scomode. Se The Costant Gardener (di Fernando Meirelles, 2005) denunciava gli abusi delle multinazionali farmaceutiche ai danni della popolazione africana, Blood Diamond punta il dito contro l’industria dei diamanti e i commerci illegali che finanziano guerre civili in cui vengono impiegati bambini soldati e violati i diritti umani. A questo proposito, non sfugge e non infastidisce la dimensione critica e intellettuale del film, che mentre fa spettacolo e produce azione invita alla meditazione e alla responsabilizzazione del consumatore occidentale, grazie anche alla mediazione di Amnesty International e del World Food Programme, partner del film. Con Blood Diamond, Edward Zwick replica il percorso di formazione imperniato sul confronto tra etnie diverse che aveva intrapreso con L’Ultimo Samurai. Lo scontro tra africani, bianchi e neri, schia- vi e rivoluzionari; e sullo sfondo la dicotomia classica tra Paesi sfruttatori e Paesi sfruttati. Zwick riesce a coniugare la denuncia sociale con il cinema di genere (action movie), la meditazione dell’autore su soggetti gravi e urgenti con la tecnologia e l’impianto scenico hollywoodiano, decisamente esibito e ostentato più volte nel film. Nel complesso, Blood Diamond è un film di buone intenzioni, con un tema importante e rischioso, con ottime prove d’autore (sia Hounsou che DiCaprio sono candidati all’Oscar); quello che manca è il racconto, la narrazione. Nonostante il regista dimostri coraggio nella scelta dell’argomento, non riesce però a far partire il film, e nemmeno ad infondere un senso di partecipazione e di interesse empatico per le vicende raccontate. È un film sull’Africa diretto da un occidentale. E purtroppo si sente. Blood diamond (Blood diamond, USA, 2007) di Edward Zwick; con Leonardo DiCaprio, Djimon Hounsou, Jennifer Connelly, Michael Sheen, Chris Astoyan, David Harewood, Ntare Mwine, Stephen Collins, Ato Essandoh Marzo 2007 parazione al Matrimonio cristiano - Inizio Mov. Carismatico Italiano - “Cammino di crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore domenica - II Quaresima C II sett. 18) Valmontone - Parr. S.Anna (ore 20,30) Anniversario della nascita del Ven. Filippo mercoledì - S. Nicola di Flue 21 Visi da Velletri (4/3/1704) Anniversario della morte del Card. SeVelletri - USMI: Inc. mensile di ritiro e bastiano Baggio, titolare della Chiesa di vita fraterna - Apostolato Cattolico Suburbicaria di Velletri-Segni (21.03.1993) mercoledi - Ss. Perpetua e Felicita (mf) Velletri- S. Maria dell’Acero: 26° Anniversario Mov. Carismatico Italiano - Artena - Parr. Suore Apostoline S.Stefano: Incontro di preghiera (ore 18) Mov. Carismatico Italiano: Artena - Parr. S.Stefano: Inc. di preghiera (ore 18) giovedì - S. Giovanni di Dio (mf) Mov. Carismatico Italiano - Valmontone 22 giovedì - S. Benvenuto Scotivoli - Parr. S.Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30) Mov. Carismatico Italiano: Valmontone - Parr. S.Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30) venerdì - S. Francesca Romana (mf) Consiglio Presbiterale 23 venerdì - S. Turibio de Mogrovejo (mf) Mov. Carismatico Italiano - Valmontone Incontro del Vescovo con i Resp. Uffici - Parr. S. Anna: Seminario di preparadi Curia zione per l’effusione Mov. Carismatico Italiano: Valmontone - Parr. S. Anna : Seminario di preparazione sabato - S. Macario per l’effusione Colleferro - Parr. S. Barbara: oratorio per i giovani e i ragazzi presso le Suore 24 sabato - S. Alessandro 15a Giornata di Preghiera e di digiuno Salesiane (Tutti i sabato) in memoria dei Missionari Martiri domenica - III Quaresima C III sett. Velletri - Parr. S. M. del Carmine: meAssociaz. OMNIBUS: Seminario della moria dei Missionari Martiri (ore 20) Fede domenica - V Quaresima C I sett. 25 42° Anniversario di Morte di S.E. Card. Segni - Istituto del Verbo Incarnato: Clemente Micara (11.03.1965) 23°Anniversario della Fondazione lunedì - S. Fina dell’IVE Solennità dell’Annunciazione del Mov. Carismatico Italiano “Cammino di Signore. crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore Suore della Carità di S. Giovanna Antida: 18) - Valmontone - Parr. S. Anna (ore Rinnovo dei voti 20,30) Velletri - Parr. SS.Salvatore: Corso di mercoledì - S. Matilde preparazione al Matrimonio cristiano Mov. Carismatico Italiano: Artena - Parr. Fine S. Stefano: Inc. di preghiera (ore 18) S.M.dell’Acero: Convegno Caritas Dioc. Mov. Carismatico Italiano: Tivoli - Colgiovedì - S. Luisa de Marillac le Fiorito : Giornata di preghiera ed Effusione Artena: Festa di S. Luisa De Marillac, dello Spirito Santo (ore 9.30) Cofondatrice della Compagnia delle Figlie Anniversario Ordinazione Presbiterale della Carità di Mons. Angelo Lopes, Vicario GeneMov. Carismatico Italiano: Valmontone rale (25.03.1950) Parr. S. Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30) Mov. Cursillos di Cristianità - Centro S.M. 26 lunedì - ANNUNCIAZIONE DEL SIGNOdell’Acero: 12° Cursillo Uomini Inizio RE (s) P Mov. Carismatico Italiano “Cammino di venerdì - S. Eriberto crescita”: Artena - Parr. S.Stefano (ore Ritiro del Clero - Ritiro spirituale 18) Valmontone -Parr. S.Anna (ore 20,30) Lectio divina/Penitenziale Mov. Carismatico Italiano: Valmontone 27 martedì - S. Ruperto Parr. S. Anna: Seminario di preparaziVelletri - Sala riunioni della Curia: Inc. one per l’effusione “diaconi” (ore 19) sabato - S. Patrizio (mf) 28 mercoledì - S. Gontrano 51° Anniversario Ordinazione PresbiMov. Carismatico Italiano: Artena - Parr. terale di S.E. Mons. Andrea M. Erba S. Stefano: Inc. di preghiera (ore 18) (17.03.1956) 29 giovedì - S. Secondo di Asti domenica - IV Quaresima C IV sett. Mov. Carismatico Italiano: Valmontone Velletri - Centro S. M. dell’Acero: Itinerario Parr.S. Anna: Inc. di preghiera (ore 18,30) biblico-vocazionale per giovani “Vedi come venerdì- S.Giovanni Climaco 30 lo amava!” (Gv 11,36b) Come trattare Velletri - Parr. SS.Salvatore: Via Crui propri sentimenti cis per le strade della Parrocchia Mov. Cursillos di Cristianità - Centro Mov. Carismatico Italiano Valmontone S.M.dell’Acero: 12° Cursillo Uomini Fine - Parr. S. Anna: Seminario di preparaAnniversario di Ordinazione Presbiterale zione per l’effusione di P.Clemente Stefano Messore ofm capp. 31 sabato - S. Beniamino Parr. S.Paolo (18.03.1959) Colleferro - Parr. S. Barbara: Oratorio lunedì- S. Giuseppe (s) P per i giovani e i ragazzi presso le Suore Segni - Istituto Serve del Signore e delSalesiane; Catechesi e adorazione per la Vergine di Matarà:19° Anniversario le donne, guidata da P. Filippo Goyret dell’Istituto dell’Opus Dei. Velletri - Parr.SS.Salvatore: Corso di pre- MARZO 4 7 8 9 10 11 12 14 15 16 17 18 19 A p p u n t a - 31 In distribuzione l’Annuario Diocesano con l’agenda liturgica Il 18 febbraio è stato pubblicato e distribuito l’Annuario Diocesano 2007 con annessa agenda liturgico-pastorale. Tutte le comunità ecclesiali potranno usufruire di questo strumento che favorirà le comunicazioni e le relazioni non solo all’interno della nostra Chiesa Locale, tra le diverse realtà, ma anche per chi dall’esterno, desidera con queste comunicare. Il piccolo volume si compone di una introduzione che, necessariamente non poteva non essere che la Lettera Pastorale per l’anno in corso di Mons Vincenzo. Apicella, incentrata sull’accoglienza della Parola di Dio. Per questo stesso motivo l’immagine di copertina è la stessa che accompagnava sia la Lettera che il Convegno Pastorale Diocesano ovvero il “Salvator Mundi” che in trono presenta la Parola. Nella seconda parte troviamo l’agenda liturgico-pastorale, spazio utile ma che ancora non riesce a offrire nella sua interezza un quadro preciso e dal punto di vista liturgico che pastorale di tutti gli appuntamenti diocesani. Quindi per il prossimo anno si fa conto di una maggiore collaborazione di quanti, parroci, responsabili di uffici e organismi, religiosi/e ecc., sono coinvolti in questa operazione. La Terza parte contiene l’annuario vero e proprio della nostra Chiesa Locale. I dati, aggiornati, oltre ad offrire una descrizione esatta della Diocesi in tutte le sue componenti, permettono di individuare in fretta la persona, la parrocchia, la comunità l’ufficio o organismo di cui si ha bisogno. Uno sforzo è stato richiesto agli interessati nell’offrire tutti i recapiti di posta elettronica e di cellulare per favorire al massimo la possibilità di comunicare. L’Ufficio per le Comunicazioni Sociali, per la realizzazione dell’Annuario aveva predisposto in sito per l’inserimento i dati delle parrocchie, dei singoli sacerdoti, religiosi/e, dei diaconi, dei ministri e dei collaboratori. Lo stesso Ufficio, già nei mesi scorsi ha iniziato in via sperimentale ad inviare le convocazioni per gli organismi, il ritiro del clero ecc. via SMS e via e-mail. Questa sperimentazione di comunicazione rapida per via telematica è risultata efficace, per cui si renderà sempre più stabile. A questo scopo l’Annuario sicuramente si rivela necessario e prezioso. 32 D o c u m Prot. VSC 27A/2007 DECRETO DI NOMINA A MEMBRO DEL COLLEGIO DEI CONSULTORI DELLA DIOCESI Nella necessità di reintegrare il numero che compone l’importante organismo diocesano del Consiglio dei Consultori, dopo la morte del Rev.mo Mons. Bruno Navarra, con il presente decreto che ha immediata efficacia e validità per un quinquennio nomino te Rev.mo FAGIOLO mons. Franco n. in Segni 04.10.1949; ord. 14.07.1973 Parroco della Concattedrale di S. Maria Assunta in Segni Membro del Collegio dei Consultori Dalla residenza episcopale 26 gennaio 2007 Prot. VSC 28A/2007 DECRETO DI NOMINA A CANONICI DEL CAPITOLO DELLA CONCATTEDRALE DI SANTA MARIA ASSUNTA IN SEGNI La nostra bellissima Concattedrale, da sempre si è avvalsa della preziosa opera del suo capitolo. Volendo mantenere questa antica istituzione al livello della qualità che le compete, nella certezza aumentare il vostro affetto per la cattedrale, per la facoltà concessami dal can. 509§1 del C.I.C., con il presente decreto che avrà immediato vigore nomino voi Rev.mo FAGIOLO mons. FRANCO Parroco della Concattedrale di S. Maria Assunta Rev.mo VARI mons. LUIGI Parroco della Collegiata di S. Maria Maggiore in Valmontone Rev.do CAPPUCCI don GIORGIO Parroco di S. Anna in Valmontone Rev.do RAVIGLIA don ALBERTO Parroco di S. Sebastiano in Valmontone Rev.do FAGNANI don AUGUSTO Parroco di S. Bruno in Colleferro CANONICI del Capitolo della Concattedrale di Santa Maria Assunta in Segni Essendo Mons. Franco Fagiolo già parroco della Concattedrale assolverà anche alle funzioni di Legale Rappresentante del Capitolo stesso, che oltre ai sopraccitati rev.di già comprende mons. Fernando Calenne e don Claudio Sammartino. Dalla residenza episcopale Velletri, 05.02.2007 Prot. VSC 29A/2007 DECRETO DI NOMINA A MEMBRI DELLA COMMISSIONE PER I RAPPORTI DELLA DIOCESI CON L’ISTITUTO DEL VERBO INCARNATO Sin dalla fine degli anni ’90, il mio predecessore S.E. Rev.ma Mons. Andrea Maria Erba, accogliendo le richieste pervenutele da più parti, ivi compresa la Santa Sede, ha accolto in Diocesi il nascente Istituto Religioso del Verbo Incarnato, nei suoi due rami maschile e femminile assicurando accoglienza, assistenza e premura. Da allora questo Istituto ha compiuto molto cammino ricevendo inoltre da noi il riconoscimento di “Istituto di Diritto Diocesano”: il ramo femminile, il 24.03.2004, quello maschile l’8.05.2004. In continuità con quanto già attua- Marzo 2007 Atti ufficiali del Vescovo to, affinché l’Istituto possa crescere in maniera proficua e ordinata, nel rispetto delle sue caratteristiche e delle esigenze pastorali della diocesi, al fine di incrementare e precisare i rapporti e per una più continua e puntuale collaborazione ho ritenuto opportuno istituire una commissione permanente del clero diocesano costituita dai seguenti presbiteri nomino voi Rev.mo GABRIELLI mons. EUGENIO Parroco di S. Lucia in Velletri - Delegato Vesc.le per gli Istituti di Vita Consacrata Rev.mo LEPORE mons. LUCIANO Parroco di S. Barbara in Colleferro Presidente IDSC - Membro del Cons. Presbiterale e del Collegio dei Consultori Rev.mo FAGIOLO mons. FRANCO Parroco della Concattedrale di Segni - Membro del Cons. Presbiterale e del Collegio dei Consultori MEMBRI della Commissione Diocesana per i rapporti della Diocesi con L’istituto del Verbo Incarnato nei suoi due rami maschile e femminile. Dalla residenza episcopale Velletri, 05.02.2007 Prot. VSC 30A/2007 DECRETO DI NOMINA A MEMBRO DEL C.D.A DELL’ISTITUTO DIOCESANO SOSTENTAMENTO PER IL CLERO A seguito delle dimissioni dal C.d’A. del Rag. Nando Quattrocchi, si rende necessario ristabilire il numero dei componenti del suddetto Consiglio. Pertanto norma dell’art. n° 7 dello Statuto dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero (I.D.S.C.) della Diocesi di Velletri-Segni, approvato dal Ministero dell’Interno in data 23.04.1987 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21.05.1987, NOMINO il Rag. NANDO DI CORI membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero Dalla residenza episcopale Velletri, 15.02.2007 ? Vincenzo Apicella Mons. Angelo Mancini Cancelliere Vescovile La Cattedrale di San Clemente in un prezioso volume L’opera di Marina Cogotti sarà presentata venerdì 9 marzo alle ore 18 in Cattedrale alla presenza del Card. Francis Arinze “Fondata sulle vestigia di un antichissimo luogo di culto pagano, la cattedrale di San Clemente a Velletri riassume nella sua lunga e nobile storia quella della città che la ospita e della gente per la quale fu costruita” Con queste parole si presenta la preziosa opera di Marina Cogotti, architetto e funzionario della Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio del Lazio, che traccia la storia della Basilica dalle prime tracce del V secolo fino ai giorni nostri, in particolare illustrando gli importanti restauri effettuati nell’ultimo decennio. Per farlo il volume è impreziosito da oltre 400 immagini, da un’ampia appendice documentaria e dagli interventi delle archeologhe Giuseppina Ghini e Micaela Angle, della storica dell’arte Dora Catalano e da un escursus sulla storia della Diocesi del nostro Vescovo emerito Andrea Maria Erba, La presentazione si conclude, sulla quarta di copertina, con l’intento di riproporre “all’attenzione di studiosi e cultori dell’arte una della cattedrali più antiche e suggestive della provincia romana”. Un tesoro tutto veliterno che, appunto, deve essere amato e protetto in particolare dai veliterni e dalla loro devozione.