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NOVEMBRE 1930 - IX
VOLUME I - N. 3
Vecchio e
RIVISTA MERIDIONALE DI LETTERE - ARTE - TURISMO
IL COPPOLA
PITTORE Dl SANTI E DI BATTAGLIE
71
Non è ancora abbastanza conosciuto ed
apprezzato nel mondo dell'arte questo magnifico pittore, fiorito in Gallipoli nella prima metà del Seicento, che di elegantissimi
nudi di angeli e di santi decorò chiese e
conventi della sua città e di Lecce e di
altri paesi del Salento, e che tanti movimentati quadri di battaglie lasciò in palazzi e
castelli di signori del tempo, pure esercitando
l'arte della medicina e della chirurgia in cui
si era addottorato nell'Ateneo napoletano.
Giovanni Andrea Coppola nacque in Gallipoli nel . 1592 da nobile famiglia, che aveva
sua sede principale e vasti possedimenti nella
vicina Villa-Picciotti, piccolo aggregato urbano sorto sulle rovine della messapica Alelium, quando in quel luogo, nel 1284, cercarono rifugio le famiglie patrizie gallipolitane, fuggenti l'ira e la vendetta di Re Carlo
P d'Angiò, che distrusse la loro Città, parteggiante contro di lui per Re Pietro d'Aragona.
Più tardi, nel 16 settembre 1844, uno
di casa Coppola, Niccolò, figlio di un altro
Giannandrea, rivolgeva a Re Ferdinando
Secondo una supplica per chiedere ed ottenere che a Villa-Picciotti fosse dato il
classico nome di Alezio che oggi porta.
Della gioventù di Giovanni Andrea nulla
si conosce, nè dei suoi primi anni rimane
alcun ricordo d'arte, dedicato quale egli era
allo studio della medicina nella Capitale del
Regno, eppoi allo esercizio della stessa
nella sua Città natale. Certo egli, per una
sua naturale inclinazione, sin dalla gioventù
dovè dedicarsi allo studio della pittura, se,
nella maturità degli anni riuscì a dipingere
da maestro dell'arte e non, come egli modestamente firma nel quadro delle " Anime
del 'Purgatorio del Duomo di Gallipoli,
da piclurae perquam studiosus.
Proprio in quegli anni un altro esempio
di eccletismo artistico dava la famiglia Coppola con Giovan Carlo, poco più giovane
di Giovanni Andrea, essendo nato nel 1599,
il quale, pur coprendo la carica di vescovo di
Muro Lucano, dopo di essere stato segretario del Duca di Ossuna, Vicerè di Napoli, poeta di corte del Granduca Ferdinando II di Toscana, ed amico e seguace
in filosofia di Tommaso Campanella, che aveva
seguito a Firenze, trovò anche il tempo di
scrivere commedie e trattati filosofici, ed il
poema sacro " Maria Concetta " che lo fece
celebre, a quei tempi, e meritare il nome di
"Tasso sacro". Un altro della famiglia, Ercole, pochi anni dopo, mentre era vescovo
di Nicotera, si occupò di questioni economiche e sociali e scrisse, tra l'altro, un libro
sulle " Rivoluzioni Politiche ".
Con questi esempi di famiglia, dal dottor
fisico nacque in Giovanni Andrea Coppola
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66 il pittore, e gli furono propizii i tempi, quando il vescovo Consalvo de Rueda, avendo
ricostruito nel 1626 la cattedrale gallipolina
sotto la direzione dell'architetto paesano Gian
Bernardino Genuino, intese il bisogno di farne
decorare con quadri sacri gli altari.
È del 3 gennaio 1645 l'istrumento per
notar Sgura di Gallipoli, conservato nell'Archivio di Stato di Lecce, per il quale il
vescovo, in cambio della concessione dello
ius patronato di una cappella in Duomo, ottiene dal dott. Giovanni Andrea Coppola
1' impegno di dipingere il Martirio di Sant'Agata nella stessa Chiesa, nonché quello
di decorare di altro quadro la cappella donatagli; impegno che l'artista mantenne.
Sono del Coppola, nella Cattedrale gallipolina, che ha pure altri quadri magistrali
di un altro gallipolino, il Ribera (lo "Spagnoletto"), del Catalano, pure di Gallipoli, e
del Malinconico, napoletano, il " Martirio di
Sant'Agata ", " Le Anime del Purgatorio ",
Il "San Francesco di Paola ", " I Tre Magi ",
" L'Assunta ", 11 "Santi Oronzo " e gli undici
deliziosi quadretti del martirio di Sant'Andrea, nella cornice del quadro di questo
santo, dipinto dal Catalano.
Uno straniero, viaggiatore, artista e uomo
di affari, il barone Giuseppe Ermanno Riedesel, capitato in Gallipoli verso la fine del
Settecento, fu il primo, ammirando in Sant'Agata i quadri del Coppola, a metterne in
evidenza il nome ed il valore, che passavano
quasi inosservati in quella città fatta ricca
dal commercio degli olii, ed in cui palazzi
di patrizii e di grossi commercianti mecenati,
oratori di maestranze e di scaricatori di
porto e di navigatori, conventi di frati, e
chiese collegiate, affrescati da pittori nostri
e venuti di fuori, erano vere e proprie pinacoteche.
Neí suoi " Viaggi " il barone Riedesel
così scrive: " mi mostrarono nella Cattedrale
di Gallipoli varii ottimi quadri dipinti da
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un gentiluomo gallipolitano di Casa Coppola che esiste tuttavia : mi parve riconoscervi del tutto la maniera del Coypel. Molta
meraviglia mi fece l'eccellenza di quei guadri. Muta però lo stile quasi ad ogni quadro :
nel " San Francesco " segue il Guercino,
nella " Sant'Agata " il Tintoretto, nell' "Assunta" l'Albano. Nella casa dei discendenti
dal Coppola si conservano molte altre belle
opere sue, fra le quali ho visto una " Venere " che arieggia il Veronese, una " Battaglia " (Massenzio sul Tevere) sul tipo del
Lebrun, e i bozzetti serviti per la decorazione della Galleria del Palazzo del Duca
d'Orleans a Parigi ".
Lo spirito, del tutto orgiastico e pagano,
messo dal Coppola nelle sue concezioni pittoriche, fu causa di strane e piccanti vicende
per i suoi quadri ; quello delle Anime fu fatto
velare nel 1769, " per suoi scrupoli da
Monsignor Savastano, che mal sopportava gli
sguardi dei fedeli fissi più sul nudo incitante
a peccare delle due coppie volanti, strette in
un abbraccio carnale, che sul Cristo insanguinato dell'altare; eppoi, nel 1823, dal
Vescovo Botticelli, frate insofferente, fu tolto
addirittura dalla Chiesa. Vi fu rimesso in
tempo di Sede vacante dall' arciprete De
Pace, cinque anni dopo, con alcune correzioni, eseguite da Don Giacinto Stefanelli,
che, prolungando certe ali e maggiormente
svolgendo alcune pieghe di veli, riuscì a coprire curve troppo marcate e vellicamenti
di mani troppo ardite. " Con le quali penne prolungate si riesce a coprire ogni ap-
parenza che possa offendere la modestia
si legge negli Annuari capitolari.
Furono i padri liguoristi a suscitare, durante la loro Missione, gli scrupoli del Botticelli, che fece chiamare da Lecce il pittore Lenti, commettendogli di correggere di
quanto era poco religiosamente pudico anche
il quadro dei Miracoli di S. Francesco ; ed
al rifiuto di costui, che sentiva tutto il ri-
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spetto per 1' insigne opera d'arte, si ricorse
per questo quadro, come per quello delle
Anime, al compiacente Stefanelli paesano, che
copri la gravidanza della bella dama che vi
campeggia ed impiastricciò l'avambraccio del
puttino solleticante impudicamente l'eretto
roseo fiore del magnifico seno femminile.
Spirito libero e mordace. il Coppola mise
alla gogna dei secoli molti suoi nemici, rafficurandoli nelle sue veristiche pitture sotto
l'apparenza di personaggi ignobili : così un
suo detrattore presentò, nel quadro anzidetto,
nelle forme di Satana, mentre sè stesso dipinse nell'Arcangelo Michele, come è in Gallipoli tradizione e come in un suo recente
opuscolo ritiene il Vernole, benemerito studioso d'arte gallipolina.
Nè il Coppola, pittore di chiese, dipinse
soltanto per la sua Gallipoli, perché vi è di
lui in Lecce un Sant'Oronzo, buon quadro di
grandi dimensioni, che adorna il cappellone
del Patrono della Città, in Duomo, di cui
il De Simone, nella sua " Lecce e i suoi
monumenti " prendendo la notizia dalle rivelazioni di Don Domenico Aschinia raccolte
dal Palma, così scrive : " A diciassette dicembre 1656, fu portato in Lecce il quadro di Sant'Oronzo, dipinto da Andrea Coppola, medico, musico, pittore, gentiluomo di
Gallipoli ". Amilcare Foscarini crede che il
quadro fu messo a posto soltanto quattro
anni dopo, nel 1660, quando l'altare del
Santo in Duomo fu completato.
Altro quadro dello stesso Santo fu dal
Coppola dipinto per la Chiesa di S. Francesco della Scarpa di Lecce, ed ora è conservato nella pinacoteca del Liceo Palmieri
della stessa .Città; quadri di soggetto religioso egli ancora dipinse per varie chiese
della Terra d'Otranto, dove ancora rimangono, in cattivo stato, talvolta da sillici ignoranti tenuti in nessun conto, molto più spesso
ritenuti di ignoto autore ; altri quadri del
genere si trovano presso la famiglia Coppola
in Alezio ed in Gallipoli, ed anni or sono
erano pure presso la famiglia Tafuri, nella
villa di Alezio, e presso la famiglia Cinque
in Gallipoli.
Ma non soltanto come pittore paganeggiante di Madonne e di Santi il dottor fisico
Giovanni Andrea Coppola va notato : Egli è
degno di essere ammirato e studiato come pittore di battaglie, soggetto in cui la sua fantasia
violenta, la sua esuberanza di vita corporale ed
artistica, la sua febbre di colore, là sua tendenza agli studi dell'anatomia del corpo umano e di quello degli animali, specie del cavallo, ebbero campo di espandersi tutte e di
manifestarsi in pieno. Nella già menzionata pinacoteca leccese sono ben quattordici quadri
di lui a soggetto guerresco ; due quadri di
battaglia sono nel palazzo baronale dei D'Ameli in Melendugno ; sei di piccole dimensioni nel palazzo Maggiulli in Muro Leccese ; quello della Battaglia di Massenzio
sul Tevere, in cui emerge la più matura
e corretta manifestazione della maniera del
Coppola, credo ancora si conservi presso i
suoi viventi nepoti, forse presso l' ingegnere
Niccolò Coppola in Alezio ; mentre lo studio
anatomicamente perfetto della testa del cavallo di Massenzio in quel quadro, prima
posseduto da Carlo Balsamo, ricchissimo negoziante di olii in Gallipoli e poi dal dott.
Bonaventura Garzia, in un suo villino, è forse
oggi emigrato verso terre straniere, non trovandosene più alcuna notizia sul posto.
La travagliata vicenda di questo medico
pittore non si arrestò alla soglia della tomba,
con la morte di lui, avvenuta in patria nel
1659, perchè se ne è turbato recentemente
il riposo in una polemica letteraria in cui
si è molto discusso se proprio il medico Giovanni Andrea fosse l'autore dei quadri sinora
a lui attribuiti o non piuttosto essi fossero opera
di... un vescovo, Giovan Carlo Coppola, di cui
innanzi abbiamo fatto cenno, di quel Tasso
sacro che nessuno ancora aveva immaginato
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68 col pennello in mano invece dell' aspersorio.
E stato un giovane e colto studioso di storia
regionale gallipolina, il dott. Corrado Foscarini, che nel secondo fascicolo delle Monografie di arte e storia pugliese, dirette dal
Petrucci, è partito in armi a sostenere contro
tutti gli scrittori di memorie patrie e contro
l'universale e radicata credenza del paese e
le ininterrotte tradizioni familiari, e contro
lo stesso contenuto di pubblici istrumenti notarili, che Giovanni Andrea non avesse mai
dipinto un quadro e che la superba produzione pittorica, che a lui si attribuisce, sia
soltanto dovuta al vescovo di Muro Lucano.
Non è questo il luogo di combattere l'audace tesi del Foscarini, che, del resto, è
stata esaurientemente discussa e confutata da
Ettore Vernole nella pregevole, ultima sua
pubblicazione innanzi accennata, e da Amilcare Foscarini in un articolo pubblicato nella
" Voce del Salento ". Per metterne in
evidenza tutta la infondatezza, basta accennare, per esempio, che il Sant'Oronzo di
Lecce fu dipinto nel 1656, che i " Miracoli di S. Francesco " nel Duomo di Gallipoli, lo furono nel I 6 5 3 , quando il vescovo Gian Carlo Coppola era già morto
sin dal gennaio 1652, nella sua diocesi Lucana ; basta leggere il rogito Sgura (23 gennaio 1635) in cui si parla di un quadro
di Sant'Agata da dipingersi dal dottor fisico
Andrea Coppola; basta leggere le vecchie
cronache leccesi che registrano l'arrivo in
Lecce del quadro " dipinto da Andrea
Coppola, medico, musico, pittore, gentiluomo
gallipolino "; basta soltanto osservare che
a Muro Lucano, dove fu vescovo per dieci
anni, di Giovan Carlo Coppola non esiste un
quadro solo.
Piuttosto che agitarsi a bizantineggiare
su nomi e su date che poi nulla, in sostanza,
aggiungono o tolgono alla genialità imperi-
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uovo tura e sempre crescente della nostra stirpe
dalle molte vite, uniamo gli sforzi quanti
siamo in Puglia ad amare l'arte nostra nelle
suo fonti regionali, e facciamo conoscere i
nostri artisti, architetti, scultori, intagliatori,
incisori in ràme e in legno, di cui la fama
è rimasta nella cerchia ristretta dalla Murgia
al Capo di Leuca.
Per terra d' Otranto, in quest'ora di
ricostruzione e di rievocazione, è doveroso
far conoscere, fra i pittori, Andrea da
Lecce che dipinse alla Cappella Sistina, a
Siviglia, ed a Malta, e i due fratelli leccesi
Verrio, di cui il primo, Antonio, lasciò quadri pregiatissimi a Napoli ed in Francia dove
morì, giovanissimo, in una gara di nuoto, il
secondo, Giuseppe, fece fortuna a Londra,
nei primi del Seicento, decorando palazzi e
castelli di principi e di lords ; lo Strafella di
Copertino, discepolo di Leonardo e di Raffello ; l'Emanuele Passaby di Arnesano, squisito pittore di fiori, di frutta, di vivande,
che, nato contadino in Arnesano, fu dal
Marchese Prato mandato a studiare pittura
a Napoli e poi in Ispagna dove ebbe rinomanza ; il Tiso, pittore sacro dalla grande
visione, dalla tecnica impeccabile, dal morbido colorito, di cui un quadro, " Il trasporto dell'Arca " , anzi il bozzetto di quel
quadro, fu ammiratissimo alla Esposizione di
d'arte sacra di Firenze, dove fu mandato dal
Comune di Lecce, che lo ebbe dal locale
Seminario diocesano.
Rievocando i nostri grandi artisti, i nostri
uomini di guerra, i nostri pensatori, che furono ingiustamente per secoli dimenticati, noi
Salentini acquisteremo maggiore stima di noi
stessi e più cosciente sicurezza nel saliente
destino della nostra quadruplice civiltà che
è il più nobile passaporto per oltrepassare
la chiusa frontiera ideale sinora posta, forse
per nostra colpa, alle vie che portano lontano.
NICOLA DE SIMONE-PALADINI
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