Dalla CO2 al glucosio e
dal glucosio alla CO2
L'amido, principale carboidrato
di riserva delle piante, si forma
a partire dal glucosio prodotto
dalle
piante
verdi
con
la
fotosintesi clorofilliana, secondo
la seguente reazione
Energia
6CO2 + 6H2O
C6H12O6 + 6O2
Si accumula nelle radici, nei tuberi,
nei semi, dai quali si estrae. Si
presenta sotto forma di polvere
bianca i cui granuli al microscopio
mostrano aspetti caratteristici per
ogni specie vegetale
UTILIZZAZIONE DELL'AMIDO NELLA
ALIMENTAZIONE
L' amido, che è un polimero del glucosio
(C6H10O5) si estrae macinando i semi dei
cereali (farine) o raspando le patate
(fecola). Per l'uomo rappresenta la più
cospicua parte dei carboidrati alimentari,
infatti la introduciamo sotto forma di:
pane, pasta, pizza, dolci, patate
Rappresenta un polisaccaride
di riserva ed è formato da
amilosio
(catena
non
ramificata) ed amilopectina
(catena ramificata)
La prima digestione avviene in bocca e grazie
alla masticazione e all’azione degli enzimi
contenuti nelle ghiandole salivari, come la
ptialina e la saliva, trasformano il cibo in
bolo alimentare. Il bolo passa poi
nell’esofago dove viene riscaldato se freddo
e viceversa. Dopodiché attraverso il cardias
giunge nello stomaco dove si mantiene due
ore e grazie ai succhi gastrici viene digerito
e diventa una massa fluida ed acida il chimo.
Dopo passa nell’intestino tenue tramite il
piloro che grazie alla bile vengono digeriti i
grassi, poi passa attraverso l’intestino
crasso e si trasforma in chilo e vengono
assorbite le sostanze come acqua e proteine
e le altre vengono trasformate in feci ed
espulse tramite l’ano.
DIGESTIONE
La maggior parte delle sostanze
nutritizie non può essere utilizzata
tal quale dall’organismo, ma deve
essere degradata in molecole più
piccole per essere assorbite e
metabolizzate.
Idrolisi ed assorbimento delle sostanze nutritizie
La digestione dell' amido inizia nella bocca ad opera della
amilasi salivare o ptialina
La sua demolizione però è parziale in quanto il "bolo" rimane
poco tempo nella bocca prima di essere deglutito
Viene spinto nell'esofago e da qui passa nello stomaco
attraverso
un
muscolo
ad
anello:
il
cardias
Lo stomaco è un organo a forma di sacco, che ha le pareti
costituite esternamente da un tessuto muscolare che ne
permette la contrazione e la dilatazione e internamente da
una mucosa ricca di ghiandole che producono il succo
gastrico.
Il succo gastrico non attua la scomposizione dell'amido
ingerito che continuerà il suo viaggio verso l'intestino,
mentre comincia la digestione delle proteine e dei grassi.
Il passaggio del chimo dallo stomaco all'intestino (duodeno)
è regolato dal piloro valvola a forma di anello che si apre in
maniera intermittente
Nel duodeno sboccano il condotto del fegato,
che riversa la bile, e quello pancreatico che
riversa il succo pancreatico.
Il succo pancreatico contiene 3 importanti
enzimi: la tripsina che spezza i peptidi;
l'amilasi che continua la digestione degli
zuccheri
(prodotto
di
decomposizione
dell'amido) trasformandole in maltosio; la
lipasi che demolisce i grassi
Per completare la digestione, interviene il
succo enterico prodotto dalle ghiandole
enteriche di cui è tappezzato l'intestino
tenue.
Questo succo completa la digestione dei
carboidrati infatti scinde il maltosio in singole
molecole di glucosio.
Nell'intestino, il chimo digerito prende il
nome di chilo.
Il chilo continua il suo viaggio nell'intestino tenue, dove in
particolare nel digiuno, le piccole molecole, tra cui il
glucosio, vengono assorbite dai villi intestinali, escrescenze
ricche di piccoli capillari, e immesse nel circolo sanguigno
L'intestino crasso ha la
funzione di assorbire l'acqua
rimasta e di accumulare le
sostanze che non possono
essere assorbite e che poi
verranno
eliminate
sotto
forma di feci attraverso
l'ultimo tratto, il retto, che
sbocca all'esterno con l'ano.
DEFICIT DI DISACCARIDASI
Il deficit più comune di disaccaridasi è quello della lattasi che
provoca intolleranza al latte.
L’intolleranza al lattosio è una modifica
risultante da una carenza acquisita di lattasi.
fisiologica,
L’attività della lattasi diminuisce ingenerale con l’aumentare
dell’età nei bambini e la sua entità è geneticamente
determinata e varia a seconda della razza.
Il deficit di lattasi è comune nell'adulto, nella maggioranza
della popolazione africana di colore ( dal 45 al 95%) e nella
quasi totalità delle popolazioni asiatiche.
ASSORBIMENTO DEGLI ESOSI
Sono stati identificati due gruppi di trasportatori di esosi:
-Trasportatori
che
operano
secondo
gradiente
di
concentrazione (GLUT1, GLUT2, GLUT3, GLUT4 e GLUT5:
trasportatori
uniporto).
-Trasportatori
che
operano
contro
gradiente
di
concentrazione utilizzando l'energia messa a disposizione dal
gradiente elettrochimico del Na+che è mantenuto ad opera
della pompa Na+/ K+, che a sua volta richiede ATP.
(SGLUT1:simporto
Na+dipendente
)
Il glucosio entra nelle cellule intestinali ad opera di
un
trasportatore (SGLUT1) localizzato nella membrana
luminale delle cellule dell'orletto a spazzola.
Passa
nel
sangue
capillare
con
un
trasportatore uniporto localizzato sulla membrana basale
delle cellule
Modello di trasportatore del glucosio
Trasportatore
GLUT-2
GLUT-3
Localizzazione
Fegato, cellule beta del
pancreas, intestino tenue
e rene
Cervello, placenta e
testicoli
Caratteristiche
Trasporta glucosio, galattosio e
fruttosio. E' un trasportatore a
bassa affinità, ma con una
grande capacità di trasporto.
Funziona da "sensore di
glucosio" per le cellule beta del
pancreas.Oltre una certa
concentrazione di glucosio il
pancreas risponde con la
secrezione di insulina.
Trasporta glucosio con elevata
affinità; galattosio, ma non
fruttosio. E' il trasportatore
principale dei neuroni
Trasportatore
GLUT-4
GLUT-5
Localizzazione
Caratteristiche
Muscolo scheletrico e E' il trasportatore di
cardiaco, adipociti
glucosio ad elevata
affinità sensibile all'
insulina
Intestino
tenue,cellule
spermatiche, ma
anche cervello, rene,
adipociti e muscolo
Trasporta fruttosio, ma
non glucosio e galattosio.
TRASPORTO DEL GLUCOSIO ALL'INTERNO
DELL'ORGANISMO
Il
glucosio
(prodotto
dalla
digestione dell'amido) immesso
nel circolo sanguigno, viene
trasportato dalla vena porta al
fegato, che è in grado di
accumularlo sotto forma di
glicogeno
(polisaccaride
di
riserva) quindi a tutte le cellule
dell'organismo, per poter essere
ossidato
L'assorbimento dei nutrienti digeriti avviene con modalità diverse:
- i prodotti della digestione dei lipidi (monogliceridi, acidi grassi,
lisofosfolipidi, colesterolo libero e le vitamine liposolubili) formano micelle
che
entrano
negli
entrociti
per
semplice
diffusione,
- gli amminocidi, il glucosio e il galattosio, per varcare la membrana degli
enterociti, richiedono un trasporto attivo (carrier proteico sodio
dipendente), con consumo di energia,
- gli altri monosaccaridi utilizzano carrier proteici, senza consumo di
energia (diffusione facilitata).
Con queste ultime due modalità vengono assorbite anche le vitamine
idrosolubili
Lungo il tenue si assorbe anche la maggior parte dell'acqua e dei minerali.
I lipidi, con poche eccezioni, prendono la via linfatica, in forma di
chilomicroni (lipoproteine), gli altri nutrienti la via ematica (sangue portale).
DIGESTIONE ED ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE
ALIMENTARI
L'assorbimento intestinale degli aminoacidi e il loro
trasferimento in circolo avviene con modalità molto
simili a quelle dell'assorbimento del glucosio. Sono noti
almeno sei differenti trasportatori
I peptidi provenienti dalla parziale digestione delle
proteine nello stomaco vengono idrolizzati da una
serie di enzimi di origine pancreatica che li
trasformano in oligopeptidi, tripeptidi e dipeptidi:
- tripsina (endopeptidasi),
- chimotripsina (endopeptidasi),
- carbossipeptidasi (esopeptidasi),
- elastasi (endopeptidasi)
anch'essi secreti in forma inattiva e attivati
successivamente.
L'idrolisi completa delle proteine nei singoli
amminoacidi si ha grazie anche ad enzimi
enterici: amminopeptidasi (esopeptidasi), situata
sull'orletto a spazzola e dipeptidasi e tripetidasi
presenti nel citoplasma degli enterociti.
I processi digestivi hanno termine nell'intestino tenue, ma
l'assorbimento di alcuni principi nutritivi, in particolare
dell'acqua e dei minerali continua anche nel crasso.
Ogni giorno nel canale digerente si riversano da 6 a 10 litri di
acqua proveniente dalle bevande, dagli alimenti e dalle
secrezioni. L'acqua viene assorbita nel tenue e in minor misura
nel crasso con un meccanismo passivo seguendo per osmosi i
monosaccaridi, gli ammioacidi e i Sali.
L'assorbimento intestinale dei minerali avviene con diverse
modalità ed è condizionato dal tipo di alimenti che compongono
il pasto: sodio, potassio e cloruro vengono assorbiti insieme
all'acqua. Per l'assorbimento del calcio è necessaria la vitamina
D.
Nell'intestino crasso la flora batterica si riproduce attaccando
la fibra, con formazione di molecole volatili, gas e aumento
della massa fecale. I batteri intestinali producono inoltre
vitamine (gruppo B e K), che contribuiscono ad arricchire
FASI DELLA DIGESTIONE
LA DIGESTIONE DEI LIPIDI SI PUÒ RIASSUMERE IN 7 FASI:
1.
Emulsionamento dei Trigliceridi (TG),
2.
Formazioni di micelle miste con i Sali biliari, fosfolipidi e colesterolo
3.
Idrolisi dei trigliceridi ad opera della lipasi pancreatica
4.
Assunzione dei prodotti di idrolisi da parte delle cellule intestinali
5.
Ri-sintesi dei trigliceridi da parte delle cellule intestinali
6.
Formazione dei chilomicroni da parte delle cellule intestinali
7. Esocitosi dei chilomicroni ed immissione nella linfa
LIPOPROTEINE:
SONO AGGREGATI MICELLARI DEPUTATI
AL TRASPORTO DEI LIPIDI NEL SANGUE:
Esse si formano dall’aggregazione dei lipidi
con strutture proteiche (apo-proteine).
SONO COSTITUITE DA:
- CORE
formato da colesterolo
esterificato e trigliceridi.
- SHELL
formato da fosfolipidi e
apoproteine con funzioni
enzimatiche e recettoriali
CLASSIFICAZIONE DELLE LIPOPROTEINE
In base alla
DENSITÀ:
Si individuano 5 classi di lipoproteine:
• CHILOMICRONI
• VLDL (very low density lipoproteins)
• IDL
(intermediate density lipoproteins)
• LDL
(low density lipoproteins)
• HDL
(high density lipoproteins)
Lipoproteine
densita’ componente apoproteine
(Kg/L) principale
diametro
Chilomicroni
0,95
TG
B48
75-1200
VLDL
0,951,006
TG
B100
30-80
1,0061,019
TG e
colesterolo
B100, E
LDL
1,0191,063
colesterolo
HDL
1,0631,210
IDL
proteina
25-35
B100
18-25
AI, AII
5-12
METABOLISMO DELLE LIPOPROTEINE
LA LIPOPROTEINA LIPASI (LpL-asi)
presente sul versante endoteliale dei capillari di molti
tessuti e specialmente del tessuto adiposo,
SI LEGA ALL’EPARANSOLFATO DEI PROTEOGLICANI
SULLE SUPERFICIE DELLE CELLULE ENDOTELIALI
Una volta rimossi i TG,
rimangono le Apo C ed A ed i fosfolipidi
che vengono trasferiti sulle HDL;
a questo punto residuano particelle di colesterolo
dette "remnants" o resti dei chilomicroni,
che contengono la ApoB48 + Apo E.
Esse si legano alla superficie dell’epatocita che
riconosce il complesso costituito dalle apoproteine
B100 ed E (recettore B100:E).
VLDL
La principale sede di neosintesi endogena dei grassi è il
fegato,
che converte in TG gli acidi grassi liberi (FFA) veicolati
nel plasma dall’albumina e quelli da esso sintetizzati a
partire da precursori diversi.
Il fegato immagazzina nei grassi l’energia dei substrati
non lipidici, come i carboidrati e le proteine,
ma non li accumula
e li trasferisce al tessuto adiposo affinchè li conservi.
Si rende necessario un sistema di trasporto dei lipidi
di origine epatica, dato dalle VLDL (lipoproteine a
bassissima densità), simili ai chilomicroni.
I trigliceridi di sintesi endogena sono trasportati dalle VLDL,
assemblate nel fegato.
Le VLDL si accrescono attorno alla Apo-B, denominata B100
Una volta in circolo le VLDL ricevono dalle HDL una quota di
apoproteine (la ApoE, ApoC) e colesterolo esterificato con ac. grasso
insaturo, che proviene dai tessuti (trasporto inverso del colesterolo).
Gli esteri del colesterolo respinti dall’ambiente acquoso che circonda la
lipoproteina, vanno a concentrarsi nel nucleo della molecola.
In tal modo le VLDL sono più ricche in colesterolo rispetto ai
chilomicroni.
Su di esse agisce la LPL-asi che provvede alla rimozione dei TG;
ne residuano i "remnants" delle VLDL
che contengono Apo B100 ed Apo-E e sono riconosciute dal recettore
B100:E degli epatociti.
Le lipoproteine che residuano dall’ azione della
LpL-asi endoteliale sulle VLDL, sono:
•le più grandi, captate dal fegato
•le più piccole, poichè ulteriormente idrolizzate,si
trasformano in IDL, che, perdendo ancor più
trigliceridi, si trasformano in LDL.
•LE LDL SONO RICCHE IN COLESTEROLO,
CEDONO LA APO-E ALLE HDL E TRASPORTANO
IL COLESTEROLO A TUTTE LE CELLULE
DELL’ORGANISMO.
: VIA ENDOGENA
I trigliceridi di sintesi endogena sono trasportati dalle VLDL,
assemblate nel fegato.
Le VLDL si accrescono attorno alla Apo-B, denominata B100
Una volta in circolo le VLDL ricevono dalle HDL una quota di
apoproteine (la ApoE, ApoC) e colesterolo esterificato con ac. grasso
insaturo, che proviene dai tessuti (trasporto inverso del colesterolo).
Gli esteri del colesterolo respinti dall’ambiente acquoso che circonda la
lipoproteina, vanno a concentrarsi nel nucleo della molecola.
In tal modo le VLDL sono più ricche in colesterolo rispetto ai
chilomicroni.
Su di esse agisce la LPL-asi che provvede alla rimozione dei TG;
ne residuano i "remnants" delle VLDL
che contengono Apo B100 ed Apo-E e sono riconosciute dal recettore
B100:E degli epatociti.
Le lipoproteine che residuano dall’ azione della
LpL-asi endoteliale sulle VLDL, sono:
•le più grandi, captate dal fegato
•le più piccole, poichè ulteriormente idrolizzate,si
trasformano in IDL, che, perdendo ancor più
trigliceridi, si trasformano in LDL.
•LE LDL SONO RICCHE IN COLESTEROLO,
CEDONO LA APO-E ALLE HDL E TRASPORTANO
IL COLESTEROLO A TUTTE LE CELLULE
DELL’ORGANISMO.
Mentre chilomicroni e VLDL sono alla base della
rete di distribuzione dei lipidi ai tessuti, le LDL
fanno parte di una via di “eccedenza”,
proveniente dalla distribuzione.
HDL.
L’uomo non è in grado di metabolizzare il
colesterolo, che per l’escrezione va trasportato al
fegato ed eliminato:
• IN FORMA LIBERA
•COME ACIDI BILIARI
con la bile.
Questo trasporto è mediato dalle HDL.
Lecitina:Colesteroloacil trasferasi, enzima
associato alle HDL
LE HDL VENGONO DEFINITE
“COLESTEROLO BUONO.”
HDL
Secrete dall’intestino e dal fegato, all’inizio hanno aspetto discoidale
dovuto al doppio strato di fosfolipidi e contengono le AI, AII e D e
nella frazione epatica, le Apo E.
Le HDL diffondono facilmente nell’interstizio e vengono a contatto con
le cellule dell’intero organismo, sottraendone colesterolo, attraverso
l’intervento della proteina CERP o trasportatore a cassetta A1 (ATP
dipendente), che media l’uscita del colesterolo dalla cellula.
Una quota di colesterolo deriva alle HDL dalle lipoproteine, dai resti
delle VLDL e dalle LDL.
Trasferito sulla superficie delle HDL il colesterolo viene esterificato
dalla LCAT. L’estere di colesterolo è idrofobico e passa nel core della
HDL.
Le HDL acquisiscono così una forma sferica (HDL-3).
Successivamente scambiano colesterolo per trigliceridi dalle lipoproteine
ricche in trigliceridi: diventano più grandi e capaci di legarsi ai
recettori epatici, per trasferirvi colesterolo
Studio elettroforetico delle lipoproteine
CHILOMICRONI
LDL/IDL
VLDL
HDL
+
b
pre-b
a
-
Tracciato elettroforetico normale:
Lipidogramma a digiuno
Sullo studio elettroforetico si basa la
CLASSIFICAZIONE DELLE DISLIPIDEMIE,
patologie del metabolismo lipidico, che assumono diverse forme a
seconda del tipo di lipoproteina e della classe lipidica maggiormente
coinvolta.
DISLIPIDEMIE
Con il termine dislipidemia o iperlipoproteinemia si intende l'alterazione della
quantità di grassi o lipidi normalmente presenti nel sangue.
Clinicamente, un segno comune delle dislipidemie è la presenza di depositi di
grasso nel tessuto sottocutaneo, chiamati xantomi, localizzati ai tendini,
soprattutto a livello dei gomiti, od in sede parapalpebrale (in questo caso vengono
chiamati xantelasmi); oppure sono situati in zone d'appoggio del corpo. In
quest'ultimo caso i grassi in eccesso sono prevalentemente trigliceridi.
Ci sono forme ereditarie che condizionano la manifestazione della malattia,
indipendentemente da fattori esterni, e forme più comuni, nelle quali le malattia si
manifesta solo in concomitanza a fattori esterni, come l'eccessiva assunzione di
grassi dalla dieta, o la complicanza di una patologia (dislipidemie secondarie).
L'ipercolesterolemia (troppo elevato tasso di colesterolo nel sangue) ad esempio,
può essere il risultato di un aumentata conversione delle lipoproteine VLDL in
LDL, oppure di un difetto nella rimozione di quest'ultime.
Come regola generale si parla di iperlipoproteinemia quando il colesterolo
plasmatico è superiore a 180-200mg/dl e quando i trigliceridi sono superiori a
200mg/dl.
Informazioni più dettagliate sulle singole lipoproteine si ottengono mediante
la tecnica dell'elettroforesi.
Genericamente, si può dire che i livelli di LDL consigliabili devono essere
compresi fra 130 e 160 mg/dl.
I livelli di HDL consigliabili devono essere superiori a 60 mg/dl.
Valori di HDL inferiori a 35 mg/dl sono associati ad aumentato rischio di
aterosclerosi.
La valutazione dei livelli pericolosi per lo sviluppo di aterosclerosi è
strettamente correlata alla presenza di altri fattori di rischio.
A scopo preventivo il colesterolo totale dovrebbe essere misurato in tutta la
popolazione di età superiore ai 45 anni e ricontrollato periodicamente. I
controlli devono avvenire più precocemente (20 anni) e frequentemente in
presenza di familiarità positiva per dislipidemia.
Classificazione delle dislipidemie
Un famoso studio, lo studio di Framingham, iniziato nel 1949 nel paese omonimo situato
negli Stati Uniti, nel 1971, mise in luce i fattori di rischio, distinti fra sicuri e probabili,
dell'insorgenza della malattia cardiovascolare.
Fattori di rischio sicuri
1
Età (uomini > 45anni, donne > 55anni)
2
Sesso (l'uomo ha una maggiore probabilità di ammalarsi, anche se attualmente le differenze stanno
scomparendo)
3
Ipercolesterolemia
4
Ipertensione arteriosa
5
Fumo di sigarette
6
Diabete
Fattori di rischio probabili
6
Obesità
6
Ipertrigliceridemia
6
Scarsa attività fisica
Dopo alcuni anni venne dimostrata l'importanza delle HDL come fattore di
protezione della parete vasale.
Successivamente vennero individuati altri fattori di rischio:
aumento dell'acido urico nel sangue
aumento delle LDL e del fibrinogeno
aumentata aggregazione e adesività piastrinica
storia familiare di malattia coronarica o di altra vasculopatia aterosclerotica
diabete mellito
Venne dimostrata l'esistenza di disordini genetici che determinano difetti di
produzione o di funzionalità delle molecole responsabili del metabolismo dei
grassi.
Si tratta di una situazione morbosa denominata Dislipidemia Familiare:
Questa condizione è caratterizzata dalla presenza nel sangue di elevati livelli di
una o più frazioni lipoproteiche e dall'elevato rischio di sviluppare precocemente
malattie cardiovascolari.
Le dislipidemie o iperlipoproteinemie sono state finora classificate secondo la
classificazione di Frederickson, basata sull'individuazione delle frazioni
lipoproteiche aumentate:
Classificazione di Frederickson
Iperlipoproteinemia di tipo I : aumento dei chilomicroni, cioè aumento dei trigliceridi provenienti dalla dieta
Iperlipoproteinemia di tipo II a : aumento delle LDL, quindi del colesterolo
Iperlipoproteinemia di tipo II b : aumento delle LDL e delle VLDL, quindi sia del colesterolo che dei trigliceridi
Iperlipidemia di tipo III : aumento del colesterolo e dei trigliceridi totali, non accompagnato dall'aumento di
lipoproteine, per aumento di prodotti intermedi derivanti dalla scissione delle VLDL prima di formare le frazioni
LDL
Iperlipoproteinemia di tipo IV : aumento delle VLDL e quindi dei trigliceridi, provenienti dal metabolismo dei
carboidrati
Iperlipoprotidemia di tipo V : aumento dei chilomicroni e delle VLDL, quindi dei trigliceridi provenienti dalla dieta
e da quelli sintetizzati a partire dai carboidrati a livello del fegato
Nei soggetti già portatori di patologia coronarica, si parla di prevenzione secondaria,
cioè intesa a prevenire la comparsa di un nuovo episodio e rallentare l'evoluzione della
malattia, e di prevenzione terziaria, il cui obiettivo è impedire la comparsa o rallentare la
progressione delle complicanze. Il trattamento sarà quindi più "aggressivo": i livelli di
colesterolo LDL dovranno essere inferiori a 100 mg/dl, mentre nel caso di pazienti senza
patologie correlate il target potrà essere rappresentato da livelli di LDL inferiori a 130160 mg/dl, considerando la presenza di fattori di rischio
Esistono numerosi studi che dimostrano come la riduzione del colesterolo, ed in
particolare delle LDL, riducono non solo l'insorgenza di eventi coronarici, ma anche la
progressione
delle
placche
aterosclerotiche.
Si
ribadisce
l'importanza
che
mantenere valori normali di colesterolo significa ridurre la mortalità.
L'aterosclerosi, sia sotto forma di cardiopatia ischemica (angina, infarto o morte
improvvisa), sia di ictus cerebrale, è la prima causa di morte nelle popolazioni
industrializzate. Diventa allora importante l'approccio ai fattori di rischio modificabili.
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