Anno VII - Numero 63 pro-manuscripto 2/98 Febbraio - Marzo v Parrocchia S. Maria della Visitazione Pace del Mela IL NICODEMO Fogli della Comunità Settant'anni dopo Riscoprire e conoscere MONS. SILVIO CUCINOTTA S e fosse capitato ad un altro paese di avere dato i natali ad un personaggio come Silvio Cucinotta, quanto meno gli avrebbero eretto un monumento. Noi, invece, abbiamo compiuto l'operazione inversa, quella di lasciarlo nell'oblio più completo. A settant'anni dalla morte, avvenuta a S. Lucia del Mela il 1° maggio 1928, nessun pacese ne conosce la figura e le opere e, se non fosse per l'intestazione della vecchia via Ficara rinnovata ed ampliata, ne avremmo dimenticato anche il nome. Il “Nicodemo”, erede spirituale del foglio parrocchiale “Pax”, che il Cucinotta fondò nel 1923, quando era “curato” della Parrocchia S. Maria della Visitazione, intende compiere un'operazione di recupero di questo illustre concittadino, il cui nome è inserito nel Dizionario storico del Movimento cattolico in Italia 1860-1980 (Marietti, Casale Monferrato 1984, vol. III/1, p. 271) tra le 1200 “figure rappresentative” del Movimento. Per comodità dei nostri lettori ne riportiamo il testo, redatto dal prof. Angelo Sindoni della Facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Messina. CUCINOTTA, Silvio (1873, Pace del Mela, Messina - 1928, S. Lucia del Mela, Messina). Ordinato sacerdote nel 1895, entrò subito dopo nel Collegio Leoniano in Roma, dove si laureò in Lettere e dove ebbe modo di venire in contatto con la generazione di Murri, di Sturzo (di cui fu amico). Insegnò quindi nel Seminario di Messina, dove diresse anche il settimanale cattolico “Il faro” per qualche tem- po e dove fondò la rivista letteraria “L'agave” nel 1901; collaborò a “Il sole” di Palermo e ad altri giornali della penisola. Apprezzato oratore sacro, fu chiesto per la predicazione in diverse città d'Italia. Entusiasta fautore della DC, la sostenne con la parola e con gli scritti. Fu autore di diversi scritti in prosa e in versi (le sue poesie sono caratterizzate da soavità e mitezza francescana) e sostenne che l'arte dev'essere “interprete fedele dei bisogni sociali”; collaborò alle riviste murriane per la parte letteraria e fece parte, si può dire, di quel variegato filone letterario che fiancheggiò il movimento dc. Con la crisi del movimento, nel 1904 dovette lasciare la diocesi di Messina ma fu invitato in quella di Piazza Armerina dal vescovo M. Sturzo che gli offrì diversi incarichi; accettò tuttavia solo l'insegnamento in seminario ritirandosi da parecchie attività precedenti. Nel 1915 volle tornare al paese natìo, dove fu parroco e si dedicò agli studi prediletti pubblicando anche scritti spirituali; pur vivendo in solitudine, fu consigliere spirituale e ispiratore di parecchi giovani del MC di Messina e dell'isola. FONTI E BIBLIOGRAFIA. Tra i suoi libri in prosa ricordiamo: D. Morelli e l'arte cristiana, Tip. S. Giuseppe, Messina 1902; La mite tristezza; da ricordare anche: Che cosa vogliamo?, Tip. S. Giuseppe, Messina 1900 (è una perorazione della DC); (Mons. X), Seminario e seminaristi in Italia. Osservazioni e proposte, ivi 1908. In versi: Le tenui, Trinchera, Palermo 1906; Le ballate francescane, ivi 1914. Non c'è uno studio su di lui ma notizie biografiche si possono vedere nel profilo tracciato da A. SALVATO- RE, Medaglioni, Tip. Puglisi, Messina 1956, 5-17; cfr. anche Nel primo anniversario della morte di S. Cucinotta. Tributo di preghiere e di ricordi, ivi 1929. Sull'attività giornalistica in campo murriano: L. BEDESCHI, La corrispondenza inedita fra Sturzo e Murri (18981906), in AA.VV., Modernismo, fascismo, comunismo. Aspetti e figure della cultura e della politica dei cattolici nel '900, a cura di G. ROSSINI, Il Mulino, Bologna 1972, 68; A. SINDONI, Un frutto tardivo dell'OC in Sicilia: “Il Sole del Mezzogiorno” (1901-1903), in “Rivista di studi salernitani”, gennaio-giugno 1969, 229-259.q Quaresima:TempodelloSpirito Appuntamenti settimanali: Martedì: Lectio divina - Atti degli Apostoli. Salone parrocchiale, ore 18.30; Giovedì: Adorazione Eucaristica, ore 21.00, chiesa parrocchiale; Venerdì: Via Crucis, ore 21.00, chiesa parrocchiale; Settimana di animazione missionaria a cura dei pp. Comboniani, dal 22 al 29 marzo. 2 Un fortunato ritrovamento D a tempo, come redazione, siamo alla ricerca di materiali (scritti, foto, documenti...) riguardanti don Silvio Cucinotta. Vorremmo che non passassse, del tutto inosservato, il settantesimo anniversario della morte. Invitiamo i nostri lettori, se in possesso di pubblicazioni e ricordi in genere, di volerli far pervenire presso la parrocchia. Frugando nell’Archivio storico del municipio di Messina, un nostro redattore ha avuto la fortuna di imbattersi in una lettera (inedita?) di don Luigi Sturzo all’on. Attilio Salvatore. La lettera è stata sicuramente dimenticata da qualcuno tra le pagine del volumetto “Medaglioni” dello stesso Attilio Salvatore. Ben volentieri la riproduciamo dalla fotocopia dell’originale.q Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 3 Incontro all’uomo della Croce “Il Signore disse a Caino: - Perché sei irritato e perché è arrabbiato il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta, verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo”. Gen. 4, 7 di Antonella Lipari E poi ti svegli un mattino, le luci del giorno sono come lampade fioche sulle case assopite; una strana ansia si agita dentro, si muove lentamente e ti lacera l’anima, turba ogni pensiero, ogni certezza; è il sapore amaro del peccato -. Esiste una coscienza d’Uomo, ed esiste un Super Io che la psicologia riconosce come depositario e duro custode dei valori del padre, costruttore dei principi, degli imperativi e dei veti etico sociali. E’ il Super Io che scatena i sensi di colpa. Ma poi c’è l’uomo cristiano e la fede nel Cristo morto e risorto per salvare i peccatori. Il tentatore ti guarda poco sopra le tue spalle, divora il tuo respiro, veglia sulle tue debolezze, ti scruta, e tu, a te viene chiesto come a Caino di dominarlo, ma quasi sempre ti colpisce affondando vittorioso la sua lama; ha vinto la carne, l’uomo di questa terra. Siamo esseri molto fragili, e vogliamo che Dio ci riconosca come tali, chiediamo a Lui soccorso nel pericolo, promettiamo purezza dell’animo e rigida osservanza alla sua legge. E poco dopo eccoci ancora con il naso per terra, graffiati e sanguinanti dopo una nuova caduta. Il Dio del perdono innalza chi riconosce la sua colpa. Come il Salmista anche noi vogliamo pregare ed innalzare la lode: “Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; nella tua grande bontà cancella il mio peccato. Riconosco la mia colpa, il mio peccato mi sta sempre dinnanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato. Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Rendimi la gioia di essere salvato.” dal Salmo 50 Nel nostro tempo il “peccato” ha buttato via i suoi veli. Sono forse considerate “colpe” gli atti continui di violenza contro il cielo, il mare, l’aria? Quanti danni a questa umanità diseredata; e tante volte la legge del Signore appare sorpassata rispetto ai fatti di ogni giorno che fanno la storia e fuggono veloci; e come ipocriti pensiamo che alcune volte Dio non serve, la sua legge non piace, possiamo fare da soli. Ogni cosa che riveste questo universo come pezzi perfetti di un mosaico appartiene a Dio. Nulla ci appartiene. E noi inventiamo artifizi per rubare attimo dopo attimo un pezzetto di terra, di cielo, di uomo. Ma c’è ancora un Dio, che veglia dall’alto sulle nostre azioni, c’è ancora il suo amore che dura in eterno. Andiamo incontro all’uomo della croce con la lampada accesa, umili al suo perdono che diviene gioia per la nostra vita.q IL VOLTO DEL PELLEGRINO DI NAZARETH di fr. Egidio Palumbo, carmelitano U no dei temi più ricorrenti nel Vangelo di Luca è il cammino di Gesù. Non si tratta di un semplice fatto di cronaca riportato dall’evangelista, ma di una narrazione intenzionalmente simbolica: indica il cammino della vita, con le sue asperità, i rinvii, gli affanni, le delusioni, la calma, i tempi di crescita, le scelte improrogabili... Il cammino di Gesù ha come meta Gerusalemme, la città della Fedeltà di Dio alle sue promesse di salvezza, la città santa, sede del Tempio, cioè del luogo della presenza del Signore in mezzo al suo popolo, la città della Pace e della Fraternità. In un parola: la meta è Dio, e il suo cammino è il cammino verso Dio. Poiché questa è la meta, Gesù si fa Pellegrino sulle strade della nostra vita, animato dalle stesse aspirazioni degli antichi “viandanti” d’Israele — Abramo, Mosè, Giacobbe, Giosuè... — e di tutti i pellegrini anonimi che ogni anno, per la celebrare la Pasqua o per altre feste religiose, si mettevano in viaggio verso la Città Santa. Vi è un libro nella Bibbia, il Libro dei Salmi, dove all’interno di esso è custodita una preziosa raccolta di salmi che ogni pellegrino recitava durante la salita a Gerusalemme prima di entrare nella zona del tempio: sono i cosiddetti “Canti delle Ascensioni”, cioè i Salmi dal 120 al 134. Questi salmi ripercorrono tutte le tappe del cammino del pellegrino, dal momento in cui decide di partire dal suo ambiente, fino al momento, dopo la sosta a Gerusalemme, del suo ritorno alla sede di provenienza. È interessante che questi salmi illuminano anche il viaggio di Gesù verIl Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 Ø 4 so Gerusalemme. Perciò sarebbe utile tenerli sempre sullo sfondo della nostra lettura del vangelo. Accanto al tema del cammino, quasi intrecciato ad esso, vi è il tema del Volto di Gesù. Anche qui siamo di fronte ad una narrazione intenzionalmente simbolica. Il volto è lo specchio dell’interiorità segreta dell’uomo, manifesta cioè in modo visibile le intenzioni e i progetti del suo cuore. A seconda di ciò che l’uomo ascolta, pensa e decide, il suo volto può essere sereno o tenebroso, gioviale o superbo, semplice e spontaneo o ambiguo e mascherato . Il vangelo di Luca ci parla spesso del volto di Gesù e dei suoi sguardi profondi orientati sia verso Dio, sia verso i discepoli, sia verso le folle e le persone singole. Anche in questo caso i Canti delle Ascensioni, e in particolare il Salmo 131, ci illuminano sul volto di Gesù. Proviamo, allora, ad accostarci più da vicino a questi due temi: il cammino e il volto. Il cammino “in salita”. “Mentre stavano per compiersi i giorni del suo essere levato, egli indurì il volto per camminare verso Gerusalemme”, così leggiamo di Gesù in Lc 9,51. A partire da qui l’esperienza del cammino si apre ad una prospettiva nuova e si fa sempre più intensa. Mentre nei capitoli precedenti (Lc 3,1-9,50) il cammino di Gesù era caratterizzato dagli sguardi degli uomini (discepoli, folla) su di lui, al fine di riconoscerlo come il Messia di Dio, ora, invece, a partire da Lc 9,51, Gesù non è più al centro degli sguardi degli uomini, anzi è rifiutato; il suo è il cammino del Pellegrino non-accolto. Sostiamo per un attimo su Lc 9,51. Troviamo due verbi che abbiamo tradotto alla lettera: “essere levato”, “indurì il volto”. “Essere levato” indica sia la morte per mano degli uomini, sia la risurrezione per opera di Dio che “solleva”, ridà la libertà e la vita a chi si riconosce come suo figlio. Nello stesso tempo questo verbo sta anche a sottolineare che il cammino di Gesù è un cammino “in salita”, vale a dire spiritualmente impegnativo, perché nell’esperienza del rifiuto subìto (Lc 9,53; Lc 11,15ss; 13,34ss; 19,41ss; 20,9ss) più impegnativa diventa la scelta di uno stile di vita povero (Lc 9,57ss; 12,13-32; 18,24ss), senza violenza (Lc 9,54-55), senza potere (Lc 10,3-4), senza gonfiamenti eccentrici (Lc 14,1ss), senza smanie di protagonismo (Lc 14,7-14), Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 senza amori umani egocentrici e possessivi (Lc 14,25ss). L’altro verbo, “indurì il volto”, non indica la durezza aggressiva, bensì la saldezza del cuore ben radicato in Dio; possiamo dire anche, la ferma decisione di proseguire nell’obbedienza all’amore del Padre. Nel riproporre queste scelte esigenti, l’evangelista Luca intuisce un orientamento di fondo che anima l’esistenza di Gesù: egli, il Pellegrino non-accolto, diventa il Pellegrino che tutti accoglie. Dalla condizione di rifiutato il Pellegrino di Nazareth contempla la grandezza della misericordia di Dio che con la sua povertà disarma e nullifica ogni rifiuto dell’uomo. Sono evidenti le dinamiche di tale orientamento nella parabola del Samaritano (Lc 10,30ss). Il Samaritano rifiutato (ricordiamo che c’era inimicizia tra i giudei e i samaritani) ha compassione (la misericordia che si fa accoglienza dell’altro) dell’uomo mezzo morto incontrato lungo il cammino, se ne fa carico e si prende cura di lui. Altre dinamiche sono rivelate nell’atteggiamento del Padre che dona la parte migliore di sé — lo Spirito Santo — a coloro che gliela chiedono, superando di gran lunga noi uomini che, pur essendo cattivi, sappiamo dare cose buone ai nostri figli (Lc 11,13). Altre dinamiche ancora le troviamo nelle parabole della misericordia (Lc 15), dove Gesù rivela il Volto del Padre che con ostinazione guarda e cerca il perduto, perché per lui il perduto è pur sempre un valore prezioso, è pur sempre un figlio. Educare il nostro sguardo. In questo cammino “in salita” Gesù coinvolge i discepoli, educandoli ad uno sguardo più semplice e più puro su Dio e sulle situazioni della vita. Per questo la catechesi di Luca focalizza molto gli sguardi di Gesù sui discepoli (Lc 10,23; 14,25), su Zaccheo (Lc 19,5), sulla città di Gerusalemme (Lc 19,41), sui ricchi e sulla vedova povera (Lc 21,1). Nello sguardo di Gesù si rispecchia lo sguardo amante di Dio. Per Dio guardare è amare gratuitamente e senza condizioni, è volontà di bene, è perdonare in anticipo i fallimenti dell’uomo. Lo sguardo amante di Dio è sguardo che disarma e muove a conversione, come lo sguardo di Gesù su Zaccheo. E anche nel pianto di Gesù su Gerusalemme si rivela l’amore appas- sionato, viscerale di Dio per la città della Pace (Lc 19,41ss). I discepoli sono chiamati a sintonizzarsi su tale sguardo: “La lucerna del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è sano anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada, dunque, che la luce che è in te non sia tenebra” (Lc 11,34-35). Uno sguardo amante rivela che tutta la nostra persona (“il tuo corpo”) è illuminata dall’amore gratuito di Dio. Più il nostro sguardo viene illuminato da questo amore, più sapremo discernere e valutare le situazioni della vita (Lc 12,54ss), sapremo vegliare e pregare per non soffocare nei nostri fallimenti (Lc 21,36), sapremo contemplare il Volto del Giusto che attira a sé nella tenerezza del suo amore (Lc 23,47), sapremo riconoscerlo nei segni del dono (Lc 24,30-31). Sapremo vivere la Pasqua, seguendo i passi del Pellegrino di Nazareth.q Il messaggio rivoluzionario del cristianesimo Un Dio diverso di Sarah Aloi io è amore”: una voce grida nel deserto dell'impassibilità e dell'indifferenza pagana. E’ la voce di Giovanni, la voce di chi annuncia un nuovo Dio: il Dio dei cristiani. “Dio è amore”: un nuovo senso del divino irrompe nella storia. Dio non è più l'assoluta trascendenza, non è più colui che, con aristocratico distacco, contempla il mondo dall'alto del suo cielo, ma è colui si è fatto carne, che è divenuto uomo tra gli uomini, povero tra i poveri, umile tra gli umili. Dio è sceso nel mondo, è divenuto Persona, ha sperimentato e vissuto su di sé la fatica dell'essere uomo. “E il Verbo si fece carne e dimorò tra noi”, ha conosciuto la sofferenza, il dolore fino al limite estremo di quel grido, “umano troppo umano”, urlato al Padre per l'abbandono cosmico al male, “D Ø 5 L'arcivescovo propone una “rivoluzione” pastorale LA PARROCCHIA SI RIVOLGA AI “LONTANI” di Franco Biviano all'odio, alla morte. Il Dio cristiano è un Dio terreno, fisico, concreto, che abbandona la dimensione dell'eterno per calarsi nel tempo e nella storia, a contatto con la relatività, con il sensibile, con il corruttibile. Parla con le prostitute, accoglie usurai e pubblicani, entra in contatto con i lebbrosi, lava i piedi ai suoi apostoli, divide il suo pane con loro, diviene amico dei dimenticati, perdona i suoi carnefici... E’ un Dio non-Dio, un Dio crocefisso, un Dio scandalo: “Noi predichiamo Cristo crocefisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”. Diventa uomo e dona se stesso, la propria vita: “Da ciò noi abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi. Quindi anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli”. Con Cristo nasce l'amore come dono di sé, l'amore che ama: “Chi non ama non ha conosciuto Dio, poiché Dio è amore. (...) In questo si è manifestato l'amore: non noi abbiamo amato Dio, ma egli ha amato noi ed ha inviato il Figlio suo come propiziazione per i nostri peccati. Carissimi, se così Dio ha amato noi, anche noi dobbiamo amarci gli uni con gli altri”. Il Dio dei cristiani è diverso dal “Motore Primo” aristotelico, perché questi è incapace di amare l'altro da se, è un dio che non ama, o che al massimo ama solo se stesso. Non è un dio amante, è solo oggetto e non soggetto d'amore. Può essere amato, ma non può amare. E’ un dio immobile, che non va incontro all'uomo, ma attira a sé, restando fermo, proprio come “l'oggetto d'amore attira l'amante”. Il Dio cristiano, invece, non ha paura d'amare, perché sa che l'amore non è mai una debolezza ma sempre e solo una forza. Questo il messaggio rivoluzionario del Cristianesimo.q G iunge nelle nostre parrocchie per essere oggetto di meditazione e di studio un opuscoletto di quaranta pagine nel quale l'arcivescovo mons. Giovanni Marra ha condensato le sue linee pastorali per i prossimi anni. Questo libretto dall'apparenza modesta mira espressamente a capovolgere criteri e metodi adottati fino ad oggi dalle chiese locali. “Il nostro – scrive mons. Marra – non è il tempo della semplice conservazione dell'esistente e non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e devozionali e all'ordinaria amministrazione, ma bisogna passare alla missione permanente”. Il discorso, se vogliamo, è vecchio. E il nuovo arcivescovo non si discosta dall'itinerario tracciato dodici anni fa dal suo predecessore (I.CANNAVO', Da una pastorale di conservazione ad una pastorale missionaria, 2.7.1986). Quello che adesso viene messo fortemente in risalto è l'urgenza di “uscire dal tempio” per andare verso i cosiddetti “lontani”, anziché occuparsi semplicemente e unicamente dei “vicini”. Si tratta in fondo di seguire l'esempio del Buon Pastore che lascia le novantanove pecorelle chiuse dentro il recinto del- l'ovile, per andare alla ricerca di quell'unica che aveva smarrito la strada. Da molto tempo, invece, tutte le attenzioni pastorali sono state rivolte a coloro che stanno dentro la parrocchia, lasciando abbandonati a se stessi coloro che non ne fanno parte. Il risultato è che adesso le proporzioni si sono capovolte: una sola pecorella è rimasta dentro l'ovile e le altre novantanove se ne stanno fuori del recinto. Alla primitiva pecorella, smarrita e lasciata in balìa di se stessa, si sono aggiunte a mano a mano quelle altre che sono sgattaiolate fuori perché attratte da un altro pastore, perché convinte di esse- Ø Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 6 Se un amico bussa alla tua porta Proposta per una quaresima di carità M olti di noi ricordano con simpatia P. Edgar Martin Lopez, il sacerdote colombiano che lo scorso anno ha celebrato con la nostra comunità parrocchiale la Pasqua ed è stato nostro ospite nel periodo estivo. Egli è tornato ad ottobre nella sua patria, dopo la specializzazione in Liturgia al Sant'Anselmo di Roma, ed è stato nominato parroco a Yondò, località situata sul corso del fiume Magdalena, nella diocesi di Barrancabermeja. 8 marzo: festa della donna Auguri anità! Il genio de ll a , un d o n o onn pe d a Padre Edgar Martin Lopez parroco di Yondò (Colombia). 'um Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 gosce, con le sue gioie e i suoi dolori. A tutti costoro bisogna annunciare la buona notizia che la “soluzione” è Gesù Cristo, che solo Lui è in grado di sciogliere le catene del male che opprimono l'umanità, che la “liberazione” di ogni uomo si realizza mettendo in pratica la sua Parola. Chi partirà per questa “missione” e con quale bagaglio? L'appello dell'arcivescovo è rivolto a tutti, sacerdoti, religiosi e laici (soprattutto ai laici!). E' chiaro che bisognerà studiare delle opportune strategie. Per questo le varie componenti delle singole comunità dovranno raccogliersi attorno al parroco per esaminare la situazione del proprio territorio e le misure più idonee da adottare. Ma si dovrà avere l'umiltà di non fidare sulle proprie forze e sulla propria preparazione, quanto piuttosto di lasciare agire in noi lo Spirito Santo, il quale “viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rom. 8, 26). E nel momento stesso in cui ci avviamo ad incontrare i “lontani” faremo insperati progressi nella nostra formazione, perché l'esigenza di presentare ad altri il Cristo in cui crediamo ci costringerà a riflettere sulle ragioni del nostro stesso credere. L'operazione suggerita da Mons. Marra è sicuramente ardua, ma la situazione attuale della chiesa messinese non ammette dilazioni. Domani potrebbe essere già tardi. Se il seminatore, infatti, non esce per gettare il seme, i suoi granai prima o poi sono destinati ad esaurirsi.q rl re trascurate o semplicemente per sentirsi libere di gestire in maniera autonoma la propria vita. Ed ecco allora che l'arcivescovo lancia l'allarme. E' giunto il momento di cambiare rotta e di “passare da una pastorale intra-ecclesiale ... ad una pastorale estroversa”. La distribuzione del tempo pastorale deve subire un capovolgimento. Bisognerà prendersi cura in primo luogo delle novantanove pecorelle che non conoscono l'ovile o se ne sono allontanate e non riescono a trovare la strada per rientrarvi. Sarà un'operazione facile? Nient'affatto. “Nessuno si nasconde le difficoltà”, scrive ancora l'arcivescovo Marra. Bisognerà utilizzare un nuovo linguaggio, attuale e capito da tutti; bisognerà trovare nuove motivazioni e giustificazioni alle indicazioni morali; bisognerà intraprendere nuove iniziative pastorali aderenti alle attese dell'uomo contemporaneo. Ma chi sono questi “lontani” da rievangelizzare? In parte sono battezzati che non vengono in chiesa o vi ritornano in modo occasionale, ma nella stragrande maggioranza sono coloro che la chiesa la frequentano come “stazione di servizio religioso”, alla quale ci si rivolge al bisogno per ottenere battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni, funerali. Lontani sono quelli che si dicono cristiani con la bocca, ma non hanno un comportamento evangelico. Sono coloro che ripongono la loro fiducia non in Dio, ma nei maghi; che non si affidano alla Provvidenza, ma alla schedina e alle lotterie; che in cuor loro credono che la morte sia la fine di tutto e che non ci sia resurrezione; che sono favorevoli alla pena di morte, all'aborto, al divorzio; che nutrono una tremenda paura della “fine del mondo”, mentre dovrebbero pregare perché essa arrivi al più presto; che, anziché perseguire l'ideale evangelico della povertà, corrono dietro al mito illusorio della ricchezza ad ogni costo. I “lontani”, insomma, sono molto vicini, si trovano in massima parte all'interno delle nostre comunità. Vivono, lavorano e soffrono accanto a noi, forse nella nostra stessa famiglia. Li incontriamo tutti i giorni nelle strade e nelle piazze, sui luoghi di lavoro, negli ospedali, nel mondo dello spettacolo e dello sport, nei parlamenti e nei tribunali, nelle associazioni culturali e ricreative, dovunque c'è gente con le sue speranze e le sue an- Dalla corrispondenza che alcuni della nostra comunità intrattengono con lui, abbiamo appreso che – pur essendo Yondò in un'area petrolifera – le condizioni di vita della popolazione, molto legata alla fede, sono assolutamente precarie a causa di una lotta incessante tra guerriglieri, forze paramilitari ed esercito. La Ø 7 gente deve abbandonare le proprie case, i propri campi, le proprie attività lavorative e cerca riparo dalla violenza in ricoveri di fortuna. La parrocchia costituisce il punto di ritrovo di tanti disperati che invocano giustizia e pace. Agli inizi di febbraio ci è giunta una richiesta di aiuto da parte di P. Edgar. La portiamo ora a conoscenza di tutti. “La parrocchia Santissisima Trinità di Yondò era stata sostenuta finanziariamente negli anni passati dall'Ente Statale ECOPETROL (Ente colombiano del petrolio), per i diversi cambiamenti che sono intervenuti, la parrocchia poi incominciò a dipendere da se stessa: la qual cosa era molto difficile. All'inizio il vescovo nominò un parroco che abitava qui, ma aveva altri compiti in Barrancabermeja per poter andare avanti; ora mi trovo solo qui e non ho soldi, vivo con quello che mi dà la comunità, che in realtà è molto poco. La comunità è molto povera, oltre a ciò, questa località è un centro di violenza e ciò rende molto difficile il lavoro pastorale. Ora ho alcuni bisogni urgenti come: riparazione del veicolo Chevrolet Samurai che serve per le visite pastorali ai 62 villaggi che appartengono alla parrocchia; riparazione della casa parrocchiale (molto deteriorata) che ho voluto sia la casa di tutti, dove tutti entrano, salgono, si dissetano e si sentono in famiglia; ripristino della chiesa. Il preventivo di spesa ammonta a 5.500 $. La parrocchia così com'è non ha la possibilità di realizzare tutti i lavori necessari; nonostante ciò faremo alcune iniziative che ci aiuteranno a raggiungere lo scopo. Pertanto, questo significa che non ci aspettiamo tutto da voi. Desidero soltanto che conosciate questa nostra necessità. Chi potrà collaborare è sempre da noi ben accetto. Che Dio vi ricompensi!”. Senza trascurare i notevoli impegni che la comunità pacese nel suo insieme ha già assunto (Progetto Chernobyl '98, Statua dell'Immacolata), vorremmo – in questa quaresima – dare ascolto anche a questa invocazione che viene da lontano. Se qualcuno volesse contribuire generosamente a questo progetto di collaborazione con la parrocchia di Yondò, si rivolga direttamente al nostro parroco.q Alloggi di fortuna a Yondò Il 24 maggio le Amministrative Come da copione di Carmelo Parisi S i avvicinano le elezioni amministrative, quelle che serviranno a rinnovare Sindaco e Consiglio Comunale, ed allora la vita politica del nostro paese, come per incanto, si rianima, rinvigorisce, riprende la propria forza e reclama importanza e preminenza. Basta fermarsi un poco nella nostra piazza principale, specie in un giorno festivo, per “sentire” l’aria delle amministrative che incalzano. Si vedono piccoli assembramenti, si discute animosamente, ci si scambiano pareri ed idee, si avanzano suggerimenti. La politica è questo! Da quando poi sono scomparse le vecchie sedi dei partiti che, volenti o nolenti, hanno fatto la storia dei nostri ultimi cinquant’anni, la piazza ha assunto la sua importanza; e poi la piazza, in queste occasioni, serve anche per farsi “vedere”. Le proposte sulle cose da fare non mancano ed allora anche la retorica impazza. C’è qualcuno che dice che quelle del prima delle elezioni sono solo “parole... e promesse..., promesse e ... parole!”. “Quando si avvicina il giorno decisivo le promesse si sprecano e le parole volano; sono le cose che costano meno! Ed allora se ne sentono!”. Certo, è vero, le riunioni preliminari fervono, gli incontri si moltiplicano, si costitui- scono comitati ma, lasciatemelo dire, non vorrei che la gente pensasse che questa è la solita politica, la solita routine. Si dice: “sono cose ormai vecchie, viste, riviste e risapute e per questo superate”. No! La politica è anche questo: è confronto, discussione, scambio, contraddittorio, compromesso anche. Quando le parti sono parecchio distanti, a volte il compromesso serve. E poi c'è la grande lotteria dei nomi dei candidati a sindaco. Chissà perché ma tutti cercano e vogliono l’uomo nuovo, il nuovo che dovrebbe tirare fuori dal Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 Ø 8 cilindro le soluzioni ai tanti problemi insoluti. Ma se analizziamo con buon fiuto ciò di cui si sente parlare, le proposte che vengono avanzate, i nomi che vengono fatti “girare”, allora non tarderemo a renderci conto che quando i politici propongono il nome nuovo è come se essi cercassero una “patente di credibilità” al loro operato, alle loro proposte; è come dare l’impressione che alla loro credibilità ormai non prestassero fede nemmeno essi stessi. E’ questo secondo me è un errore. Il politico deve scendere in campo in prima persona se vuole ottenere il consenso necessario alla realizzazione delle sue proposte e delle sue idee. Non deve mai agire per interposta persona! Certo la politica è un po’ in crisi, o meglio, è tramontato, secondo me, un vecchio modo di fare politica. Diciamocelo chiaro, i tempi sono difficili e spesso è problematico realizzare ciò che ci si è proposti di fare; spesso è arduo realizzare anche un minimo di concreto. Un sindaco ha bisogno soprattutto di tanto consenso e di una buona squadra di assessori ben registrata ed amalgamata, tendente unicamente al medesimo fine, perché cari amici, ammettiamolo, che, almeno per il momento, è una pia illusione il potere del sindaco di nominare da sé, a propria ed insindacabile discrezione, i propri assessori se poi non dispone del sostegno politico necessario ad amministrare e a tradurre nel concreto i propri progetti. Ed allora come farebbe un uomo “nuovo”, uno che fino ad allora è stato lontano, o quasi, dal “palazzo”, a realizzare un minimo di programma se non ha una Giunta che lo sostiene, capace ed affiatata ed un Consiglio Comunale favorevole, e per favorevole non intendo però compiacente, perché lo stimolo ed il confronto in politica sono sempre necessari, in democrazia indispensabili. Di questi tempi, la gente vuole il concreto, non si accontenta più di promesse. Vuole che la propria cittadina sia fatta a misura d'uomo. Vuole che le cose di ogni giorno funzionino a dovere. Vuole che ciò che paga in termini di imposte trovi il corrispettivo in servizi. Vuole che ci sia una buona illuminazione pubblica, una buona e ordinata viabilità stradale, vuole trovare parcheggi, un traffico ordinato, un ambiente pulito. Vuole che si faccia la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 non palliativi. Vuole trovare i cassonetti svuotati e puliti con regolarità e costanza. E quello dell’ambiente è un tema molto sentito e che ha acquistato grande rilevanza, in questi ultimi tempi. La coscienza dell’ambiente pulito e non inquinato è cresciuta enormemente, Non ci si può limitare, quindi, alla proclamazione di mere utopie. Occorrono interventi concreti e decisi. Basterebbe la soluzione della questione della raccolta dei rifiuti solidi urbani per caratterizzare in positivo una amministrazione comunale. E’ urgente un intervento deciso, concreto e col consenso degli elettori (anche a seguito di apposito referendum in merito alla destinazione dei r.s.u.) , per dare una soluzione definitiva al problema. Per quanto riguarda poi l’inquinamento atmosferico ed ambientale, se abbiamo a che fare con inquinatori, una amministrazione comunale unita, non un uomo solo, deve assumersi le proprie responsabilità quando si hanno come mira la salute pubblica ed il bene comune. Sono di questi giorni le ennesime denuncie di un comitato contro l’alto grado di inquinamento atmosferico che si è registrato ultimamente nel nostro circondario. E vorremmo auspicare che l’intervento della magistratura servisse a fermare l’arroganza degli inquinatori, siano essi semplici privati imprenditori o grandi multinazionali o enti pubblici. Per quanto riguarda poi il sociale, non ci si può limitare, alla mera assistenza o alle gite per gli anziani. Sarò pure drastico, ma se in una famiglia il capo famiglia o il primogenito sono disoccupati, come ci possiamo permettere il lusso di mandare il nonno alla settimana bianca? Noi che, nei nostri piccoli centri, siamo abituati a costruirci la casa in economia, come possiamo pensare di farci l'attico se prima non riusciamo ad avere cucina, bagno, e camera da letto decenti? Come pensiamo di spendere bene i soldi pubblici se, ad esempio, se non ci dotiamo di strutture per i nostri giovani. Come speriamo che crescano bene se non hanno modo di stare insieme se non al bar o alla sala giochi? Ecco, un Comune deve essere come una grande famiglia, come una casa. E se in una famiglia non vi è univocità di intenti ed unanimità nelle decisioni tutto va a in rovina.q di Carmelo Pagano L a visita del Papa a Cuba è uno di quegli avvenimenti che costituiranno gli eventi storici miliari dell'umanità e che caratterizzeranno tutti gli anni a venire. Il Papa ha infatti profetizzato un nuovo avvento per Cuba nella speranza ma sarebbe meglio dire nella convinzione “giusta” del “giusto” che in quella terra nulla sarà come prima. Belle ed impressionanti le immagini televisive che ci sono giunte con la contrapposizione tra la bianca figura di Karol Wojtyla, paladino della vera libertà, e Fidel Castro, l'ultimo grande rivoluzionario presente sulla terra che però, al di là delle speranze delle masse, non ha saputo costruire amore. Il Papa, nella grande piazza Josè Martì de L'Avana, con alle spalle la figura di Gesù Cristo vicina a quella di Che Guevara, ha invocato per Cuba ma anche per l'umanità intera un cammino di pace, giustizia e libertà, condannando senza mezzi termini lo scontro come metodo tipico e caratteristico dei sistemi estremi ed opposti che hanno in comune nei propri programmi i germi dell'opposizione e della disunione. Tali estremi, in tutta la storia e non soltanto nei tempi recenti, hanno condizionato pesantemente la stessa concezione dell'uomo ed i suoi rapporti con gli altri. 9 UN NUOVO AVVENTO PER CUBA E PER L’UMANITA' TUTTA “L'uomo sia libero di quella libertà con cui Cristo ci ha liberati” La Chiesa, in sostanza, aborrisce tutti quei sistemi di governo che subordinano la persona umana e condizionano lo sviluppo dei popoli alle forze cieche dello statalismo più estremo o a quelle del liberismo e del capitalismo più sfrenato. Quest'ultimo, addirittura, per dirla con le parole del Santo Padre “gravando dai propri centri di potere sui popoli meno favoriti fa si che le Nazioni più ricche si impongano a quelle povere ed impongano condizioni capestro per ricevere nuovi aiuti con programmi economici insostenibili che arricchiscono sempre più le une e depauperano le altre in modo da rendere le prime sempre più ricche e le seconde sempre più povere”. Karol Wojtyla esorta alla riscoperta della cultura dell'azione e della vita perché la posta in gioco è l'uomo che rischia di essere travolto dalle proprie angosce, dai propri dolori, dalle proprie miserie. In questo contesto si alza forte il grido del Papa che ammonisce al ripudio di tutte le degenerazioni, affermando in tono perentorio che la Chiesa è con tutti coloro che subiscono un'ingiustizia e che la libertà che non fosse fondata sulla verità rende l'uomo oggetto anziché soggetto del contesto sociale, culturale, economico e politico lasciandolo privo di iniziativa riguardo allo sviluppo personale. Altre volte, poi, – continua il Santo Padre – questa libertà è di tipo individualista e non tiene conto delle pari libertà degli altri. E' il concetto che sta al centro di tutto l'insegnamento sociale della Chiesa: la condanna degli opposti estremismi che tentano di impedire all'uomo la compiuta realizzazione della sua libertà. L'azione di qualsiasi sistema sia esso politico o economico si basa sull'unione, sul connubio, sulla stretta ed inscindibile connessione tra libertà e giustizia sociale, tra libertà e solidarietà. Ogni sistema deve garantire, cioè, il ri- spetto di quelli che sono i diritti inalienabili dell'uomo in modo che egli possa essere libero di realizzare le proprie aspirazioni più profonde e realizzarsi integralmente sia secondo la sua condizione di cittadino sia secondo quella di figlio di Dio. Il Papa esorta Cuba ed il mondo a rompere l'isolamento che li caratterizza in modo che Cuba si apra al mondo ed il mondo a Cuba. E' una critica ferma, que- sta, soprattutto agli Stati Uniti che, quali rappresentanti di un mondo capitalistico sempre più spietato e cieco, hanno contribuito con il proprio embargo economico a ridurre alla fame il popolo cubano. Il Santo Padre, ancora, per una effettiva liberazione dell'uomo invoca la riscoperta della vera e non bigotta religiosità, rivolgendosi non soltanto ai cubani ma a tutto il mondo, ricordando e menzionando le parole del patriota cubano Josè Martì: –“Un popolo non religioso è destinato a morire poiché in esso nulla alimenta la virtù.”– La vita a Cuba dopo la partenza di Karol Wojtyla non sarà più la solita e di questo ne è convinto il mondo intero e gli stessi cubani; la Chiesa cubana, poi, da alcuni accusata di troppo immobilismo, sarà sempre più servitrice del popolo e la stessa Chiesa mondiale con Karol Wojtyla si è resa finalmente conto che, per dirla con un'affermazione fatta da un commentatore della carta stampata, il comunismo ha conservato viva la religione proprio perché la perseguitava mentre il capitalismo con la sua cultura la disgrega. Una Nazione si costruisce sul progresso che viene dal rispetto dell'altro, sul progresso che deriva dalla verità e dalla giustizia. Ciò non sarà realizzato né dai sistemi totalitari né dal capitalismo selvaggio e mafioso ma solo e soltanto dalla vera solidarietà spirituale, libera e civile, basata sulla verità e la speranza. Il rigore economico, oggi tanto bramato, deve essere necessariamente coniugato alla solidarietà non rinnegando l'insostituibile contributo umano aborrendo qualsiasi forma di economia puramente speculativa che sotto la parvenza della solidarietà e del cooperativismo nasconda il più puro e bieco interesse personale. Il bilancio, poi, non conta più degli esseri umani tanto è vero che l'economia più spietata così come è avvenuto nel Sud-Est asiatico alla fine si autodistrugge. Sino a qualche tempo fa il liberalismo era la nobile bandiera contro ogni tipo di dittatura. Oggi esso con le sue degenerazioni non ammette opposizioni ed è divenuto, come dice la scrittrice francese Viviane Forrester, liberismo puro, cioè stalinismo del liberalismo. Bisognerebbe ascoltare sempre più le voci scaturenti dalle necessità primarie dell'umanità in modo che tutti gli uomini siano liberi ma, come dice il Santo Padre, siano liberi di quella libertà con cui Cristo e non altri o altro ci hanno liberato.q Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 10 VIVERE IN UNA ECONOMIA DI MERCATO “Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia che le sono proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità” (Centesimus Annus, 34) di Paolo Orifici U na convinzione trova in questi giorni larghi consensi, quella che vuole l’economia al centro di tutto. Certo il diffondersi all’interno della società di una cultura liberale alla quale tutti “dicono” di ispirarsi e la crescente importanza del mercato quale strumento ideale per distribuire le risorse, hanno facilitato questa affermazione. Ritengo, tuttavia, importante sottolineare – e cercherò qui di seguito di farlo – lo stretto, strettissimo legame esistente fra ordine economico e ordine sociale. Infatti, sebbene l’economia e la disciplina morale sembrino appoggiarsi su principi propri non sono, in nessun caso, fra loro estranei, anzi. Il problema è, piuttosto, quello di trovare un giusto equilibrio fra il liberismo economico e l’uomo. Da questo equilibrio non si può prescindere se non producendo delle disfunzioni, delle disparità. Del mercato si è detto, e si dice, quotidianamente di tutto, ma pare - ormai universalmente accettato quale strumento più efficace per distribuire le risorse, rispondendo ai bisogni dell’uomo. Tuttavia questo discorso è accettabile solo se ci si riferisce ai bisogni solvibili, bisogni che dispongono di un potere di acquisto e che possono essere espressi in termini monetari. Di contro, vi sono bisogni che il mercato non può in nessun caso soddisfare e, in alcuni casi, può addirittura distorcere. Poiché è difficile immaginare che i bisogni dell’uomo rimangano insoddisfatti, ecco comparire quella famosa regolamentazione del mercato. Il quesito che, però, occorre porsi riguarda chi debba provvedere a tale regolamentazione, aiutando quella umanizzazione dell’economia chiesta da più parti. Viene fuori a questo punto tutta l’importanza del Magistero sociale della Chiesa, quale rimedio per le disfunzioni che il capitalismo “sfrenato” comporta, così come le ha comportate – a suo tempo – il collettivismo, sottolineando allo Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 stesso tempo - con forza - l’importanza dell’uomo quale reale fattore decisivo: “la principale risorsa dell’uomo è l‘uomo stesso” (Centesimus Annus, 32/b). Infatti, la capacità di conoscere tempestivamente i bisogni degli altri uomini e le combinazioni dei fattori produttivi più idonei a soddisfarli è una delle maggiori fonti di ricchezza della società moderna, e solo l’uomo può attingere a tali conoscenze. Così – e non è paradossale – il ruolo del lavoro umano diventa sempre più determinante, quale base, disciplinata e creativa, delle capacità di iniziativa e di imprenditorialità. Tutto ciò è palesemente in accordo con la funzione che l’impresa, che l’economia ed il mercato assumono nella nostra società. Perché è vero che il mercato consente la migliore allocazione delle risorse ma lo strumento non è perfettamente capace di autoregolamentarsi – almeno questo bisogna ammetterlo. Il profitto, in questo contesto, assume una importanza notevole – è la stessa Chiesa a riconoscerlo – quale indicatore del buon andamento di una azienda. Ed una azienda solida economicamente può perseguire con una maggiore tranquillità un secondo obiettivo: quello di affermarsi come una comunità di uomini, come un luogo - dove - ciascun individuo possa realizzare le sue aspirazioni, realizzando quei bisogni fondamentali che sono propri di tutti noi. Dunque, il profitto come regolatore della vita aziendale, ma non l’unico. Ad esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che - nel lungo periodo - sono egualmente essenziali per la vita dell’impresa. È evidente che quanto sin qui detto stride con una realtà caratterizzata da molte aziende che non soltanto hanno come unico riferimento i conti economici ma che, addirittura, umiliano ed offendono nella loro dignità gli uomini, quegli stessi uomini che costituiscono il loro patrimonio più prezioso. Il guaio (per le aziende, si intende) è che ciò, oltre ad essere moralmente inaccettabile, produce – a lungo andare – dei riflessi negativi per la stessa efficienza economica dell’azienda. La Chiesa in tutto ciò non ha modelli da proporre. I modelli reali e veramente efficaci possono nascere solo nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo sforzo di tutti nell’affrontare i problemi concreti in tutti i loro molteplici aspetti, sia sociali, economici, politici e culturali. La Chiesa può offrire “solo” il proprio Magistero Sociale, il quale riconosce la positività del mercato e dell’impresa ma sottolinea la necessità che questi siano orientati al bene comune. Infatti, l’integrale sviluppo della persona umana, nel lavoro non solo non contraddice ma, anzi, favorisce la maggiore produttività ed efficacia del lavoro stesso. L’azienda deve essere vista, quindi, come una società di persone, dove ciascuno possa vedere soddisfatti i propri bisogni. Si comprende benissimo che tale soddisfazione avviene non solo offrendo a tutti una quantità sufficiente di beni, ma, soprattutto, garantendo una buona qualità della vita. Solo questo – e nessun altro – può essere il parametro per giudicare una società. Peraltro, quanto l’uomo sia importante lo si vede quando sottolineiamo l’incapacità che il mercato manifesta nei confronti di coloro i quali risultano impreparati ad operare in una economia di impresa. Ciò è tanto più vero nei paesi poveri, sottosviluppati, che finiscono con l’offrire terreno fertile per gli speculatori di ogni latitudine. Speculazione che assume oggi le forme più disparate, da quella finanziaria (con il continuo crollo delle “tigri asiatiche”) per non dire delle multinazionali che producono sfruttando i bambini. Tutti aspetti di una stessa degenerazione. Questa impreparazione colpisce, anche, i paesi economicamente più ricchi, Ø 11 come il nostro. Il mercato è molto esigente. Per accedervi – e per consentire un suo corretto funzionamento - è indispensabile essere preparati, capaci di esprimere delle creatività e delle potenzialità che debbono, comunque, esserci. La società che si sta, ormai, chiaramente delineando, presuppone il possesso di conoscenze specifiche: non c’è più spazio – e sempre meno ve ne sarà in futuro – per le approssimazioni, per gli approcci superficiali, per chi intende vivere di espedienti. Il mercato è, concludendo, lo strumento ideale per distribuire le risorse e soddisfare i bisogni degli uomini ma, se lo si affronta qualitativamente impreparati, se ci si aspetta che si autoregolamenti e che soddisfi tutti in automatico, abbiamo sbagliato tutto. Al suo interno vi sarà posto solo per persone consapevoli di essere attori del proprio futuro, disponibili a lavorare per fare e non solo aspettando di ricevere. Le condizioni per lavorare il libero mercato ce le fornisce: sta a noi saperle cogliere.q Per tutta la vita si può di Emanuela Fiore F ebbraio 1948: matrimonio. Febbraio 1998: NOZZE D'ORO. Due date. Due eventi distanti nel tempo che segnano la crescita di un'unica realtà: la famiglia. Fra i festeggiati, i signori Francesco e Concetta Colosi, genitori del nostro parroco. Sono lieta di unirmi a loro nel rendere grazie al Signore per il 50° anno di matrimonio dal quale sono stati raccolti frutti e tra questi un dono particolare: la consacrazione sacerdotale di uno dei loro figli, don Santino. Fa riflettere la celebrazione del sacramento del matrimonio e gli interrogativi non finiscono quando poi è la volta delle nozze d'oro. Che sarà mai ciò che muove un giovane a compiere la sua scelta? Si tratta di una scelta che prende l'intelligenza e gli affetti, la fatica e il riposo, i giorni e gli anni, fino al consu- marsi dell'esistenza. Ho voluto chiedere una riflessione ad un'altra coppia che cinquant'anni orsono si è unita in matrimonio. Sono i signori Giovanni e Giuseppina Grillo di Archi che con i segni della fatica degli anni, ma per nulla con aria di “pensionati” e pur con i loro settanta e passa, sono attivi e arzilli. l Qualunque uomo come ogni essere porta in sé, più o meno consapevolmente, un bisogno di felicità. A questo punto della vostra vita, qual è stata la ricetta di questo vostro matrimonio felice? L'AMORE, perché ci amavamo, ci volevamo bene. E questo vale tutt'ora, lo possiamo assicurare. Ci riteniamo molto, molto fortunati. l E ogni volta Dio esulta, quando vede sorgere dal fango informe belli, come all'alba del mondo, un uomo e una donna capaci d'amare. Quindi, “due cuori e una capanna”: lo rifareste? Quando mi sono sposato (parla il sig. Giovanni) avevo cinquecento lire e, a Messina, i carabinieri mi fecero una multa di 250 lire che dovetti pagare. Più “due cuori e una capanna” di così? L'unica cosa che contava, era veramente l'amore. Comunque, ho lavorato molto per migliorare la nostra condizione economica. Non volevo che mia moglie soffrisse di questo nostro disagio. l I problemi ci sono, si sa, ma voi vi siete fidati di Dio amando la vita ed il futuro. Vi siete spaventati del tempo e dell'imprevisto? Mai, abbiamo superato qualsiasi ostacolo con l'aiuto di Dio. All'età di 18 anni — prosegue il sig. Giovanni —, grazie ad un sorteggio, ho vinto un Bambin Gesù che ho sempre portato con me anche quando siamo andati ad abitare altrove per questione di lavoro, mi ha sempre dato coraggio e possa ancora darci forza, perseveranza e fermezza morale per completare questo nostro viaggio. l Un matrimonio significa progetto di futuro, un futuro positivo anche per i figli. Qual è stata la vostra funzione di genitori? Un figlio è una benedizione di Dio, quindi gli sposi possono e devono moltiplicare responsabilmente la vita. Abbiamo avuto una prima figlia, ma purtroppo l'abbiamo persa a tre anni e mezzo. Abbiamo impartito alla seconda, avuta dopo, una grande educazione. Volevamo che nostra figlia studiasse, anzi volevamo che diventasse medico per aiutare il prossimo, abbiamo dato comunque a lei la possibilità di decidere della sua vita e ne siamo ugualmente orgogliosi. l Passiamo ai ricordi. Sig. Giovanni, ha saputo dominare i suoi sentimenti, il suo cuore batteva con qualche paura, paura di amare e di non essere amato? C'è nel cuore di ogni uomo un grande bisogno di amare e di essere amto, ma spesso sento dire che essere legati per sempre provoca nei giovani una specie di panico. Io invece non ho mai avuto paura perchè amavo con la speranza che lei mi amasse allo stesso modo, quindi mi sono palesato subito e adesso siamo una coppia felice. l Signora Giuseppina, il ruolo di moglie e di madre non è certo dei più facili: come bisogna essere perchè un marito la consideri tale e le porti rispetto per 50 anni? Il nostro fu il classico matrimonio d'amore tra due persone cresciute insieme e che poi avevano scoperto d'esser fatte l'un per l'altro. Credo che per avere la sua stima fino ad oggi ho dovuto essere affettuosa, premurosa e ubbidiente, una figura materna che desse sicurezza e donasse le sue forze nei momenti di bisogno. l Secondo voi, il messaggio d'amore è solo di ieri o sarebbe bene dire che l'amore trova posto e luogo anche oggi? L'amore può trovare posto anche oggi, l'importante è scegliere bene, non bisogna che la scelta sia dettata dalla leggerezza ma seguire il cuore, quindi non avere personalità gracile e friabile. Amore è vita, vita insieme per sempre. l Quali sono i consigli che dareste ai giovani come “impulso” all'amore e non al divorzio? Nonostante la marea di sfaceli di coppie, esistono ancora coppie durature e felici, in quest'Italia. Il consiglio... sposarsi regolarmente in chiesa e amarsi per tutta la vita. Il divorzio... questo mai. l Sareste disposti a ripercorrere ogni attimo della vostra vita insieme? Si, se potessimo rifaremmo tutto. 50+50=100: e perché no, sarebbe bellissimo. Non lo pensa anche lei?q Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 12 LA POPOLAZIONE PACESE DAL 1931 AL 1997 di Franco Biviano 1. Premessa. Anche se la legge di istituzione del nostro Comune risale al 14 aprile 1921 e il primo podestà, cav. Francesco Lo Sciotto, si insediò il 18 luglio 1926, Pace del Mela dovette attendere ancora diversi anni prima di ottenere la sua effettiva e completa autonomia a causa della decisa resistenza del Comune di S. Lucia del Mela, il quale sperava in un ripensamento del legislatore, come era accaduto per Rodì (costituito in Comune autonomo con R.D. del 21.10.1923 e riunito nuovamente a Castroreale con R.D.L. del 17.2.1927). Gli amministratori luciesi, infatti, non intendevamo privarsi della parte migliore del territorio che era loro rimasto dopo la costituzione del Comune di S. Filippo (1.1.1854). Essi frapposero, quindi, mille impedimenti all'avvio delle strutture del nuovo Comune. La consegna dei registri anagrafici, per fare un esempio, venne effettuata alla fine del 1929 in seguito all'energico intervento di un Ispettore Provinciale (Il loro trasporto con carretto da S. Lucia a Pace del Mela venne effettuato da Nino Gallo). Solo allora poté essere istituito a Pace l'Ufficio di Anagrafe della popolazione, il cui funzionamento a pieno ritmo iniziò nel 1931. E' per questo che la compilazione degli elaborati statistici mensili e annuali prese avvio da quell'anno, che costituisce il limite temporale della mia ricerca. Per il periodo anteriore al 1931 disponiamo soltanto dei dati dei censimenti decennali effettuati negli anni 1861, 1871, 1881, 1901, 1911, 1921. Gli abitanti della frazione Pace era rispettivamente 1246, 1382, 1558, 2003, 2808, 2758. Una tesi di laurea di Giuseppe Tuttocuore analizza il periodo dal 1750 al 1900 sulla scorta dei registri parrocchiali. La notizia più antica sulla popolazione pacese è quella fornita dall'abate Francesco Sacco, il quale, scrivendo nel 1800, fa risalire la fondazione del nucleo abitato a meno di un secolo prima e dice che “il numero dei suoi abitanti si fa ascendere Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 a trecento in circa”. Notizia che si discosta leggermente da quella fornita nel 1806 da mons. Giacomo Coccia il quale assegna al feudo della Pace una popolazione di 265 anime. In quest'articolo mi limito ad esporre i dati grezzi relativi al movimento (naturale e migratorio) della popolazione pacese dal 1931 al 1997 che ho potuto trarre dagli appositi prospetti dell'Ufficio Anagrafe Comunale con la cortese collaborazione del Funzionario Dirigente, dott.ssa Francesca Puglisi, alla quale va il mio sentito ringraziamento. Spero che il mio lavoro, oltre che a soddisfare qualche curiosità immediata, possa servire a chi in futuro volesse affrontare lo studio del nostro Comune dal punto di vista demografico. 2. La popolazione residente. Dal 1972 ad oggi la popolazione ha subito un ininterrotto incremento. Nei pochi anni in cui si registra un decremento (13 su 67), il ribasso è così lieve che viene subito compensato negli anni seguenti, tanto che in meno di sette decenni il numero degli abitanti si è quasi raddoppiato. Questo fenomeno è stato favorito dal saldo positivo tanto del movimento naturale della popolazione (media delle nascite annuali uguale a 68, contro una media di 42 decessi), che di quello migratorio (153 immigrazioni all'anno in media, contro 134 emigrazioni). La densità della popolazione è salita dai 294 abitanti per Kmq. del 1931 ai 500 del 1997. Per quanto riguarda la distribuzione nelle varie fasce di età, attualmente la popolazione prescolastica (0-6 anni) è rappresentata da 504 individui, i ragazzi in età della scuola dell’obbligo (7-14 anni) sono 578, i giovani (15-29 anni sono 1411), gli adulti (30-65 anni) sono 2687 e gli anziani (oltre 65 anni) sono 861. 3. L'andamento delle nascite. Annate particolarmente fertili sono state quelle anteriori al 1943, ma anche nel periodo postbellico il tasso di natalità si è sempre mantenuto al di sopra della media nazionale. 4. L'andamento dei decessi. Annate particolarmente negative il 1944 (58 morti), il 1954 (57), il 1958 (58) e il 1997 (60). 5. Il movimento immigratorio. I flussi immigratori più elevati si sono registrati nel 1980 (255), negli anni 1984-87 e negli anni 1992-96, nei quali le iscrizioni nei registri anagrafici hanno superato le 200 unità. 6. L'emigrazione. Movimenti migratori consistenti si sono registrati soprattutto nell'anno 1968 (265 emigrati, di cui ben 146 verso paesi esteri) e nel 1939 (211 emigrati, 30 verso l'estero). L'emigrazione per l'estero ha avuto delle punte negli anni 1939 (30), 1943 (73), 1967 (50), 1968 (146), 1969 (53), 1970 (39), azzerandosi o mantenendosi entro limiti fisiologici negli anni rimanenti. Nel 1965 Serafino Scrofani, analizzando le realtà agricole del territorio di Pace del Mela, scriveva che “i due flussi, emigratorio e immigratorio, si chiudono sostanzialmente alla pari. Avviene precisamente che la gente del luogo si trasferisce altrove e al suo posto ne viene altra dai paesi vicini a più povera economia”. In tempi più vicini a noi il fenomeno è divenuto più complesso, essendo condizionato anche dalla presenza di attività industriali, e meriterebbe uno studio più approfondito. BIBLIOGRAFIA G. COCCIA, Notizia del numero delle anime, stato formale e materiale delle Chiese della Città di Santa Lucia e sua diocesi, ms. 1806, Archivio Capitolare di S. Lucia del Mela. ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA, Popolazione residente e presente dei Comuni. Censimenti dal 1861 al 1971. Provincia di Messina, Roma s.d. F. SACCO, Dizionario geografico del Regno di Sicilia, Palermo 1800, t. II, p. 16. S. SCROFANI, Azienda agraria e impresa di programma, in “Università di Messina - Annali della Facoltà di Economia e Commercio”, III (1965), pp. 200281. G. TUTTOCUORE, Analisi storico demografica di Pace del Mela dal 1750 al 1900, tesi di laurea, Università degli Studi di Messina, Facoltà di Scienze statistiche, demografiche e sociali, a.a. 1994-95.q Ø 13 Anno 1931 1932 1933 1934 1935 1936 1937 1938 1939 1940 1941 1942 1943 1944 1945 1946 1947 1948 1949 1950 1951 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 Nati Morti 97 89 95 81 78 88 83 70 72 83 83 91 68 79 73 75 71 70 69 59 56 49 45 64 69 52 61 78 68 57 61 64 81 84 65 84 56 47 74 67 65 69 77 73 55 58 70 66 53 76 61 69 61 62 60 60 62 59 52 66 52 64 68 55 76 67 69 50 49 32 33 33 33 50 33 32 42 55 41 52 58 51 42 40 44 35 31 35 42 44 57 34 44 44 31 33 39 30 34 47 44 35 45 38 33 47 40 41 52 43 37 54 53 37 58 51 41 36 35 46 42 37 48 39 39 41 42 36 41 51 48 42 48 60 Immigrati interno 188 63 101 118 70 166 124 172 173 164 96 81 74 118 162 138 86 116 86 103 116 156 81 139 118 112 140 103 103 173 96 94 178 153 113 101 135 139 134 130 111 112 149 152 154 143 174 134 182 236 169 163 170 204 198 189 216 142 152 165 154 192 199 247 199 193 174 Immigrati estero 15 6 0 0 1 2 1 0 6 2 0 0 0 0 3 5 3 0 1 0 0 1 0 1 6 1 3 1 0 1 1 2 11 20 12 4 18 9 11 26 25 31 46 15 30 33 20 18 13 19 29 19 23 26 25 18 12 25 16 12 16 11 7 6 6 15 4 Emigrati interno 92 77 107 112 149 164 110 113 181 159 64 105 67 112 85 186 133 111 90 121 91 165 121 143 124 106 123 157 152 130 113 141 139 139 138 130 94 119 129 90 134 109 144 152 119 98 146 106 96 105 104 98 139 140 175 117 126 135 149 168 106 66 145 120 177 120 168 Emigrati estero 11 6 5 1 0 1 0 0 30 1 0 0 73 0 2 0 0 0 13 1 0 4 0 0 2 0 0 53 8 5 5 2 4 0 8 11 50 146 53 39 7 1 0 1 6 12 6 22 7 7 3 8 2 1 13 3 1 2 0 1 2 0 1 1 3 1 7 Totale residenti 3554 3585 3647 3711 3677 3734 3782 3637 3661 3707 3754 3778 3737 3760 3864 3854 3830 3858 3876 3885 3903 3898 3862 3912 3940 3955 3992 3933 3911 3968 3774 3761 3859 3933 3942 3945 3972 3869 3859 3913 3923 3893 4107 4157 4217 4288 4363 4395 4489 4667 4702 4838 4944 5049 5098 5196 5317 5367 5397 5429 5473 5659 5737 5877 5934 6041 6053 S. LUCIA DEL MELA CITTA' D'ARTE di F. B. B ravi, bravi, bravi! Ho letto con vero piacere un opuscolo ancora fresco di stampa nel quale l'Associazione SocioCulturale “Padre Giovanni Parisi T.O.R. - Progetto Mela” illustra con un testo agile e scorrevole (in italiano e in inglese) e con dovizia di materiale fotografico tutte le bellezze della città di S. Lucia del Mela fornendo una dettagliata descrizione di quello che un visitatore vi può trovare, dai monumenti ai dipinti, dal folklore alla gastronomia all'artigianato. Fa piacere, fra tante associazioni che vivono di politica, trovarne una che fa veramente cultura e promuove fattivamente il proprio paese. Bravi per avere coinvolto nell'iniziativa gli operatori economici locali. Bravi per avere scelto la direzione del turismo culturale come unica “carta da giocare”, anziché correre dietro all'illusione di un “fallimentare sviluppo industriale” che ci ha dato lavoro e, al tempo stesso, pane avvelenato. Bravi per avere condensato tante notizie in una simpatica “guida” che si legge tutta d'un fiato. Si tratta, tra l'altro, di una eloquente risposta all'assessore Luigi Ragno che in un convegno tenuto nel nostro paese ebbe l’arroganza di sostenere che i Comuni del Mela non possono avere prospettive turistiche. Un solo appunto, se mi è permesso, al testo curato egregiamente dal prof. Libero Rappazzo. La storia è come una macchina: ogni tanto ha bisogno di una revisione. Sono finiti i tempi in cui la storia la scrivevano presuntuosi canonici, spesso inventando notizie di sana pianta. Oggi ogni affermazione deve essere supportata da idonea documentazione. Finiamola con la favola dei presunti soggiorni luciesi di Federico II di Svevia Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 Ø 14 e con l'assurda ipotesi di un suicidio di Pier delle Vigne sotto la torre del Castello; finiamola soprattutto con il falso storico della presunta “Prelatura nullius” più antica del mondo. Lo stesso P. Giovanni Parisi, del quale l'associazione vuole onorare la memoria e che notoriamente non poté esprimere tutto quello che pensava e sapeva, ha discretamente segnalato la mancanza di qualsiasi documento relativo alla creazione della Prelatura di S. Lucia (Diana Facellina, p. 227, nota 1) e l'abuso del titolo di “Cappellano Maggiore del Regno” da parte dei Prelati luciesi (ibidem, pp. 242-243). A parte questo neo facilmente eliminabile, l'operazione merita senz'altro un plauso incondizionato. Speriamo anzi che l'associazione, in adesione alla propria intestazione (Progetto Mela), estenda l'iniziativa anche ai due Comuni della Valle del Mela nati dalla costola di S. Lucia. q Aria di guai Gli organi di stampa siciliani e nazionali hanno risollevato l’attenzione sul degrado ambientale del milazzese e, in particolare, del nostro territorio comunale di Lino Andaloro E ’ quasi superfluo ricordare che si fanno sempre più pesanti le prove d’accusa per l’inquinamento atmosferico. Non solo quale causa di patologie respiratorie e di decessi conseguenti all’esposizione acuta, ma anche quale responsabile dl un aumento della mortalità in seguito a esposizione cronica a livelli facilmente presenti nell’aria che noi tutti respiriamo. Questi campanelli d’allarme risuonano ormai da decenni, senza che un’intera classe politica abbia mai conseguito un qualunque risultato nella lotta all’inquinamento dl origine industriale, anzi per decenni il miope miraggio dello sviluppo industriale e dell’occupazione connessa è stato volutamente barattato con la salute dei propri concittadini. È giunto ormai il momento Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 di richiamare l’attenzione di tutti su alcuni punti fondamentali del rapporto ambiente-salute: - la salute delle popolazioni umane è strettamente dipendente dall’integrità della biosfera e dagli equilibri fisico-chimici che permettono la vita sul pianeta. - le minacce alla salute derivanti dall’inquinamento e dal degrado ambientali sono numerosissime. Molte sono note in quanto documentate, altre sono deducibili da prove indiziarie o sospettabili in base alle conoscenze attuali. Altre infine non sono documentabili ora, in quanto si evidenzieranno in futuro. Riguardo ai soli composti chimici, le sostanze immesse quotidianamente nell’acqua, nei cibi, nell’aria, nel suolo sono circa 100.000. Solo dl poche centinaia dl queste sostanze si conoscono gli effetti tossicologici. Inoltre, i dati conosciuti solo raramente riguardano l’esposizione cronica e gli effetti sinergici e pertanto sono insufficienti a permettere dl valutare l’ecotossicità. -i sintomi del degrado ambientale e delle sue conseguenze sanitarie sono comunque evidenti. La gravita’ del problema si va rapidamente imponendo. L’OMS ha affermato che 3 persone su 4 muoiono per malattie legate allo stile dl vita e all’inquinamento. - le cause delle malattie fatali che colpiscono oggi il 70% delle popolazioni dei paesi industrializzati, quali le malattie cronico-degenerative (tumori, malattie cardiovascolari e broncopolmonari), sono molteplici ed ancora parzialmente sconosciute. Tuttavia, lo stile di vita centrato sui consumi, tipico di questi popoli, ne è considerato il maggior responsabile, sia come fonte di comportamenti a rischio che di inquinamento ambientale. Conseguenze operative. È pertanto giunto il momento di cambiare alcune priorità - venga data priorità, nelle politiche che riguardano l’ambiente, alla salute delle popolazioni e alla conservazione degli equilibri ecologici. -venga affermato, come implicito nel diritto alla salute, il diritto della popolazione Di conoscere la dannosità per la salute degli ambienti di vita così come quelli di lavoro, con particolare riguardo alla qualità dell’aria, dell’acqua e degli alimenti. Venga assicurato un sistema locale di informazione permanente sulle modalità dl attenuare il danno alla salute derivante da esposizione a fattori inquinanti. Queste informazioni siano tali da permettere al cittadini azioni individuali e collettive miranti alla salvaguardia della loro salute. - venga richiesta la dimostrazione dl innocuità delle sostanze immesse nell’ambiente, particolarmente se artificiali, non degradabili e se tendenti ad accumularsi negli organismi animali. Venga presunta quindi la tossicità o la dannosità per la salute dl qualunque prodotto fintantoché non se ne dimostri l’innocuità con studi adeguati. nel campo della politica sanitaria, venga attuata la prevenzione possibile con le attuali conoscenze. E non soltanto il trattamento delle malattie, avviando efficaci campagne educative nonché interventi e programmi atti a ridurre gli stili di vita patogeni e dannosi. - venga data la priorità a politiche agricole che consentano di avviare, sostenere. E diffondere pratiche di coltivazione che minimizzino i danni da inquinamento per la popolazione, i danni da tossicità professionale, e massimizzino il rispetto delle caratteristiche del suolo, della fauna e della flora locali. - venga data la prioritàin ultima analisi - a politiche energetiche, economiche e dei trasporti che riducano piuttosto che aumentare la pressione sull’ambiente, creando una apposita regolamentazione locale, nazionale ed internazionale che tuteli la salute e l’ambiente localmente e globalmente. A questo punto è ovvio ricordare al futuri amministratori locali che il tempo degli indugi è abbondantemente finito e che è giunto il momento di agire nell’interesse della salute dei propri concittadini, abbandonando senza rimpianti consorzi di sviluppo pseudoindustriale, revocando le autorizzazioni agli stabilimenti industriali che notoriamente inquinano infischiandosene di tutte le normative e restituendo il territorio alla propria vocazione naturale che resta l’unico tipo dl sviluppo sostenibile (Bagnoli docet).q 15 I FATTI NOSTRI a cura di Franco Biviano I l governo regionale ha deciso la data delle prossime elezioni amministrative, che si svolgeranno domenica 24 maggio, giorno dell'Ascensione. Fervono quindi, anche nel nostro paese, gli incontri per la preparazione delle liste e per le candidature a sindaco. Pare che il travaglio del parto sia particolarmente difficile perché si stenta a trovare elementi nuovi, mentre la popolazione se ne sta immobile a guardare. Il fatto è che a Pace del Mela non esistono partiti o movimenti politici. Se ci fossero li vedremmo presenti con continuità, impegnati ad affrontare i problemi del paese, a formare il ricambio politico-amministrativo, ad esplicitare un preciso programma d'azione. Invece esistono unicamente dei comitati che aprono sezioni e inalberano vessilli ad ogni scadenza elettorale e poi svaniscono improvvisamente nel nulla. Essi hanno il solo scopo di elaborare strategie di conquista del potere e non di servizio alla comunità e, non avendo seminato a tempo opportuno, raccolgono soltanto il generale disinteresse dei cittadini, che è il maggior male che un paese possa registrare e il peggior nemico della vera democrazia. *** Costerà 83 milioni alle casse del Comune l'occupazione di mq. 4562 di terreno di proprietà di Caterina Basile nella frazione di Giammoro, disposta con ordinanza sindacale del 7 novembre 1981 e divenuta illegittima per decorrenza dei termini. Agli attuali amministratori non resta altro da fare che pagare il danno e restituire alla ditta proprietaria, entro il 28 marzo 1998, il terreno indebitamente occupato. Chi è il responsabile di questo danno erariale? *** Quanto spende in un anno il nostro Comune per canoni e utenze telefoniche? L'onere presunto per il 1998 ammonta a lire 46.500.000, così suddivise: Servizi generali 35.000.000 Scuole materne 2.500.000 Scuole elementari 2.000.000 Scuolamedia 4.500.000 Asili nido 2.500.000 *** Saranno affidati con il sistema della trattativa privata i lavori di manutenzione del Palazzo Caprì, sede della Biblioteca Comunale. Il relativo preventivo ammonta a lire 15.355.000, IVA compresa. *** In seguito alla ripubblicazione del relativo bando sulla Gazzetta Ufficiale, le date di svolgimento delle gare di appalto per l'assegnazione di alcuni importanti lavori pubblici nel nostro Comune hanno subito uno slittamento, secondo il seguente calendario: 3 marzo 1998 - Lavori di ristrutturazione ed ampliamento del Cimitero Comunale (I lotto); 5 marzo 1998 - Lavori di potenziamento dell'acquedotto esterno (I lotto); 10 marzo 1998 - Lavori di ristrutturazione e completamento del Centro Diurno per Anziani. *** In seguito alla rinuncia al mandato da parte dell'avv. Giuseppe Rizzo, è stato affidato all'avv. Elvira Sibilla di Milazzo l'incarico di difendere gli interessi del Comune di Pace del Mela nei confronti del Consorzio A.S.I. che chiede insistentemente il pagamento dei canoni per i servizi di depurazione e fognatura relativi agli anni dal 1987 al 1992. Pare che i dirigenti del Consorzio avessero a suo tempo promesso, ma solo verbalmente, di esentare il nostro Comune dal pagamento dei canoni in questione. Purtroppo non esiste alcun verbale scritto di tale accordo da esibire al giudice del tribunale di Barcellona, davanti al quale la causa è attualmente pendente. La somma in ballo è veramente notevole: un miliardo e 155 milioni, oltre gli interessi e le spese legali. Una vera patata bollente per coloro che saranno chiamati ad amministrare il nostro Comune dal prossimo giugno. *** Ha avuto inizio giovedì scorso (26 febbraio) un corso di potatura ed innesto organizzato dal Comune di Pace del Mela e dall'Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste (Sezione Operativa 1 di Spadafora). Il corso, che intende rivolgersi soprattutto alle nuove generazioni ed è assolutamente gratuito, si tiene nei locali del Municipio ed avrà cadenza bisettimanale. E' ammirevole l'impegno quasi eroico con il quale l'assessore Franco De Gaetano cerca di dare spazio ed attenzione all'agricoltura, un settore che da decenni era stato completamente trascurato dagli amministratori comunali.q SPAZIO GIOVANI I l Comune di Pace del Mela ha ottenuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, un finanziamento di lire 200.000.000 per il progetto denominato “Spazio Giovani”. Il progetto coinvolge lo stesso Comune di Pace del Mela come capofila ed i Comuni di S. Lucia del Mela, Monforte S. Giorgio e S. Pier Niceto ed è stato affidato in gestione alla cooperativa sociale “Utopia” che ne curerà la realizzazione L'obiettivo generale è quello di sviluppare delle azioni progettuali per ciò che riguarda la funzione di orientamento e di informazione alle scelte scolastiche e professionali. In quest'ottica il progetto coinvolgerà una fascia di età che va dai dodici ai venticinque anni. Infatti, tutti gli adolescenti ed i giovani delle comunità territoriali interessate possono essere considerati potenziali fruitori di un'azione di orientamento per un ottimale inserimento nel mondo del lavoro. Il progetto mira a fornire un aiuto ed un sostegno nella fase problematica di transizione verso la vita adulta e nella scoperta delle proprie attitudini lavorative. In quest'ottica verrà istituito un Centro di Orientamento (C.O.G.A.) con una sede centrale a Pace del Mela (Via Palmiro Togliatti angolo via Libertà) in cui opererà un’équipe di operatori che sarà costantemente presente anche negli altri Comuni collegati al progetto. Il Centro, pertanto, in relazione alle finalità generali a suo tempo dichiarate, opererà in modo più specifico sui seguenti obiettivi: - sostenere adolescenti e giovani nella costruzione dell'identità personale stimolandone l'autonomia e l'autoprogettualità; - stimolare ed accrescere le capacità creative ed imprenditoriali dei giovani anche attraverso degli stages operativi; - sostenere ed aiutare adolescenti e Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63 Ø giovani delle scuole medie inferiori e superiori nel delicato momento di scelta e di passaggio tra un ordine di scuola e l'altro con l'allestimento di “pacchetti” di iniziative idonee allo scopo, organizzati e gestiti in collaborazione stretta con gli insegnanti dei diversi ordini scolastici ed in sinergia con quanto previsto dal Progetti Educativi di Istituto; - fornire un sostegno ed un accompagnamento educativo “forte” alle scelte professionali e/o lavorative dei giovani; - contribuire attraverso le attività di orientamento al contenimento del fenomeno della dispersione scolastica, della fuga verso la dipendenza da sostanze stupefacenti e dei fenomeni di disagio giovanile. Il Centro disporrà di locali atti alla frequentazione giovanile e muniti di attrezzature audiovisive e informatiche per la consultazione di sussidi, banche dati e strumenti multimediali riguardanti l'orientamento scolastico e professionale, l'educazione al lavoro e all'imprenditorialità. L’équipe del C.O.G.A. svolgerà inoltre un'azione di consulenza per genitori, insegnanti ed educatori al fine di sostenere e potenziare le attività ed i percorsi didattici in materia di orientamento predisposte dalle scuole ricadenti nel territorio dei quattro Comuni interessati. Gli operatori del Centro predisporranno anche interventi di singoli esperti che presenteranno ai giovani esperienze professionali, imprenditoriali ed artigianali particolarmente significative.q Grazie, Signore, per il tuo pastore fedele In memoria di Mons. Antonio Bucca di don Santino Colosi A l vespro del Giorno del Signore, 22 febbraio u.s., si concludeva - nella propria abitazione di Milazzo - la corsa terrena di Mons. Antonino Bucca, zelante pastore della nostra comunità parrocchiale per un trentennio. Lo affidiamo a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, perché lo presenti al Padre e possa partecipare alla liturgia del cielo, nella comunione dei santi. P. Antonio, come tutti familiarmente lo chiamavamo, era nato a S. Filippo del Mela il 7 giugno 1915. Figlio di una numerosa famiglia, di saldi principi religiosi, aveva compiuto gli studi nei seminari di S. Lucia del Mela, di Monreale, di Patti. Ordinato sacerdote per la Prelatura di S. Lucia del Mela da Mons. Angelo Ficarra, nella Cattedrale di Patti il 23 giugno 1940, dopo un periodo di sofferente permanenza in ospedale per un incidente, in diocesi ricopriva gli incarichi di mansionario, quindi canonico del capitolo cattedrale e vicario cooperatore a S. Filippo del Mela. Promosso parroco (1953) di S. Filippo del Mela doveva sperimentare tutta Mons. Antonio Bucca (1915-1998) l'amarezza di un ministero resogli difficile da numerose prove fino al trasferimento alla parrocchia dell'Annunziata in S. Lucia del Mela (1956). Mons. Francesco Ricceri, riconoscendo le sue qualità, gli affidava la cura pastorale di S. Maria della Visitazione in Pace del Mela, il 27 aprile 1958. Qui trovava una parrocchia viva, ma operante in un tessuto sociale fortemente segnato da campanilismi, da contrapposizioni partitiche, e contraddistinto dai nuovi processi sociali innescati dall'incipiente industrializzazione. L'animo del pastore si adoperava a ricucire il tessuto del paese, a tenere vive le tradizioni del passato e ad innovare la prassi pastorale, con molta prudenza ma fermamente, secondo lo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II. Curava la formazione del laicato promovuovendo le “adunanze” delle associazioni, gli esercizi spirituali nel periodo quaresimale, la predicazione per categorie sociali, le missioni a tutto il popolo affidate ai PP. Passionisti e Gesuiti. La vita liturgica era proposta come fulcro della parrocchia. Particolare rilievo dava al culto eucaristico, alla devozione mariana, al canto ed alla dignità dei sacri riti. Gli ammalati ed i giovani erano accostati, con intensità d'affetto, dal cuore del padre. La crisi dell'organizzazione pastorale, sopravvenuta negli anni del postConcilio, lo trovava impegnato nel tentativo di aprire nuove strade attraverso la catechesi dei fanciulli, i gruppi spontanei dei giovani, gli incontri per i fidanzati e per i cresimandi, la “peregrinatio Mariae” nel mese di maggio. Nel contempo i superiori lo chiamavano a svolgere altre mansioni a servizio della diocesi: minutante di Curia, direttore dell'Ufficio catechistico, padre spirituale nel Seminario prelatizio. Ed al Seminario avviava un buon gruppo di fanciulli, in genere chierichetti, per dare qualche Sacerdote in più alla Chiesa. Tre di quei fanciulli sono diventati presbiteri. La parrocchia deve a P. Antonio la costruzione della casa canonica, dei locali annessi alla chiesa del Redentore, la riparazione di quest'ultima e della chiesa parrocchiale con cantieri di lavoro. Mons. Salvatore Di Salvo, amministratore apostolico, lo faceva insignire del titolo di Monsignore, cappellano di S.S., nel 1975. L'amministrazione comunale di Pace del Mela gli conferiva la “cittadinanza onoraria” nel 1987. Dal 1988, al termine del suo mandato di parroco, risiedeva con la fedelissima sorella Maria in Milazzo. Fintantoché le forze fisiche glielo hanno consentito, prestava il suo aiuto alla chiesa Madre, ed anche nella propria abitazione era ancora disponibile per le confessione o per la direzione spirituale. Al pastore, al padre, all'amico e fratello diamo il nostro ultimo saluto qui sulla terra, con la certa speranza di poterci incontrare nella patria dei cieli!q Redazione e stampa presso Parrocchia S. Maria della Visitazione ((090) 93.31.65 - Pace del Mela - Anno VII n. 63 - 1° Marzo 1998 16