Anno VII - Numero 63
pro-manuscripto
2/98 Febbraio - Marzo
v
Parrocchia
S. Maria
della Visitazione
Pace del Mela
IL NICODEMO
Fogli della Comunità
Settant'anni dopo
Riscoprire e conoscere
MONS. SILVIO CUCINOTTA
S
e fosse capitato ad un altro
paese di avere dato i natali ad
un personaggio come Silvio
Cucinotta, quanto meno gli
avrebbero eretto un monumento. Noi, invece, abbiamo compiuto l'operazione inversa, quella di lasciarlo nell'oblio più
completo.
A settant'anni dalla morte, avvenuta
a S. Lucia del Mela il 1° maggio 1928,
nessun pacese ne conosce la figura e le
opere e, se non fosse per l'intestazione
della vecchia via Ficara rinnovata ed ampliata, ne avremmo dimenticato anche il
nome.
Il “Nicodemo”, erede spirituale del
foglio parrocchiale “Pax”, che il Cucinotta fondò nel 1923, quando era “curato” della Parrocchia S. Maria della
Visitazione, intende compiere un'operazione di recupero di questo illustre concittadino, il cui nome è inserito nel
Dizionario storico del Movimento cattolico in Italia 1860-1980 (Marietti, Casale Monferrato 1984, vol. III/1, p. 271) tra
le 1200 “figure rappresentative” del Movimento. Per comodità dei nostri lettori
ne riportiamo il testo, redatto dal prof.
Angelo Sindoni della Facoltà di Lettere
dell'Università degli Studi di Messina.
CUCINOTTA, Silvio (1873, Pace
del Mela, Messina - 1928, S. Lucia del
Mela, Messina).
Ordinato sacerdote nel 1895, entrò
subito dopo nel Collegio Leoniano in
Roma, dove si laureò in Lettere e dove
ebbe modo di venire in contatto con la
generazione di Murri, di Sturzo (di cui fu
amico). Insegnò quindi nel Seminario di
Messina, dove diresse anche il settimanale cattolico “Il faro” per qualche tem-
po e dove fondò la rivista letteraria
“L'agave” nel 1901; collaborò a “Il sole”
di Palermo e ad altri giornali della penisola.
Apprezzato oratore sacro, fu chiesto
per la predicazione in diverse città d'Italia. Entusiasta fautore della DC, la sostenne con la parola e con gli scritti. Fu
autore di diversi scritti in prosa e in versi
(le sue poesie sono caratterizzate da soavità e mitezza francescana) e sostenne
che l'arte dev'essere “interprete fedele
dei bisogni sociali”; collaborò alle riviste murriane per la parte letteraria e fece
parte, si può dire, di quel variegato filone
letterario che fiancheggiò il movimento
dc.
Con la crisi del movimento, nel 1904
dovette lasciare la diocesi di Messina ma
fu invitato in quella di Piazza Armerina
dal vescovo M. Sturzo che gli offrì diversi incarichi; accettò tuttavia solo l'insegnamento in seminario ritirandosi da
parecchie attività precedenti. Nel 1915
volle tornare al paese natìo, dove fu parroco e si dedicò agli studi prediletti pubblicando anche scritti spirituali; pur
vivendo in solitudine, fu consigliere spirituale e ispiratore di parecchi giovani
del MC di Messina e dell'isola.
FONTI E BIBLIOGRAFIA. Tra i
suoi libri in prosa ricordiamo: D. Morelli
e l'arte cristiana, Tip. S. Giuseppe, Messina 1902; La mite tristezza; da ricordare
anche: Che cosa vogliamo?, Tip. S. Giuseppe, Messina 1900 (è una perorazione
della DC); (Mons. X), Seminario e seminaristi in Italia. Osservazioni e proposte, ivi 1908. In versi: Le tenui, Trinchera, Palermo 1906; Le ballate francescane, ivi 1914. Non c'è uno studio su di lui
ma notizie biografiche si possono vedere
nel profilo tracciato da A. SALVATO-
RE, Medaglioni, Tip. Puglisi, Messina
1956, 5-17; cfr. anche Nel primo anniversario della morte di S. Cucinotta. Tributo di preghiere e di ricordi, ivi 1929.
Sull'attività giornalistica in campo
murriano: L. BEDESCHI, La corrispondenza inedita fra Sturzo e Murri (18981906), in AA.VV., Modernismo, fascismo, comunismo. Aspetti e figure della
cultura e della politica dei cattolici nel
'900, a cura di G. ROSSINI, Il Mulino,
Bologna 1972, 68; A. SINDONI, Un
frutto tardivo dell'OC in Sicilia: “Il Sole
del Mezzogiorno” (1901-1903), in “Rivista di studi salernitani”, gennaio-giugno 1969, 229-259.q
Quaresima:TempodelloSpirito
Appuntamenti settimanali:
Martedì: Lectio divina - Atti degli Apostoli. Salone parrocchiale,
ore 18.30;
Giovedì: Adorazione Eucaristica, ore 21.00, chiesa parrocchiale;
Venerdì: Via Crucis, ore 21.00,
chiesa parrocchiale;
Settimana di animazione missionaria a cura dei pp. Comboniani, dal
22 al 29 marzo.
2
Un fortunato ritrovamento
D
a tempo, come redazione, siamo alla ricerca di materiali (scritti, foto, documenti...) riguardanti don Silvio Cucinotta.
Vorremmo che non passassse, del tutto inosservato, il settantesimo anniversario della morte. Invitiamo i nostri lettori,
se in possesso di pubblicazioni e ricordi in genere, di volerli far pervenire presso la parrocchia.
Frugando nell’Archivio storico del municipio di Messina, un nostro redattore ha avuto la fortuna di imbattersi in una
lettera (inedita?) di don Luigi Sturzo all’on. Attilio Salvatore. La lettera è stata sicuramente dimenticata da qualcuno tra le pagine
del volumetto “Medaglioni” dello stesso Attilio Salvatore. Ben volentieri la riproduciamo dalla fotocopia dell’originale.q
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
3
Incontro
all’uomo
della Croce
“Il Signore disse a Caino: - Perché
sei irritato e perché è arrabbiato il tuo
volto?
Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto?
Ma se non agisci bene, il peccato è
accovacciato alla tua porta, verso di te è
il suo istinto, ma tu dominalo”. Gen. 4, 7
di Antonella Lipari
E
poi ti svegli un mattino, le
luci del giorno sono come
lampade fioche sulle case assopite; una strana ansia si
agita dentro, si muove lentamente e ti lacera l’anima, turba ogni pensiero, ogni
certezza; è il sapore amaro del peccato -.
Esiste una coscienza d’Uomo, ed esiste un Super Io che la psicologia riconosce come depositario e duro custode dei
valori del padre, costruttore dei principi,
degli imperativi e dei veti etico sociali.
E’ il Super Io che scatena i sensi di
colpa.
Ma poi c’è l’uomo cristiano e la fede
nel Cristo morto e risorto per salvare i
peccatori.
Il tentatore ti guarda poco sopra le
tue spalle, divora il tuo respiro, veglia
sulle tue debolezze, ti scruta, e tu, a te
viene chiesto come a Caino di dominarlo, ma quasi sempre ti colpisce affondando vittorioso la sua lama; ha vinto la
carne, l’uomo di questa terra.
Siamo esseri molto fragili, e vogliamo che Dio ci riconosca come tali, chiediamo a Lui soccorso nel pericolo,
promettiamo purezza dell’animo e rigida osservanza alla sua legge.
E poco dopo eccoci ancora con il
naso per terra, graffiati e sanguinanti
dopo una nuova caduta.
Il Dio del perdono innalza chi riconosce la sua colpa.
Come il Salmista anche noi vogliamo pregare ed innalzare la lode:
“Pietà di me, o Dio, secondo la tua
misericordia;
nella tua grande bontà cancella il
mio peccato.
Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinnanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Rendimi la gioia di essere salvato.”
dal Salmo 50
Nel nostro tempo il “peccato” ha buttato via i suoi veli.
Sono forse considerate “colpe” gli
atti continui di violenza contro il cielo, il
mare, l’aria?
Quanti danni a questa umanità diseredata; e tante volte la legge del Signore
appare sorpassata rispetto ai fatti di ogni
giorno che fanno la storia e fuggono veloci; e come ipocriti pensiamo che alcune volte Dio non serve, la sua legge non
piace, possiamo fare da soli.
Ogni cosa che riveste questo universo come pezzi perfetti di un mosaico appartiene a Dio. Nulla ci appartiene.
E noi inventiamo artifizi per rubare
attimo dopo attimo un pezzetto di terra,
di cielo, di uomo.
Ma c’è ancora un Dio, che veglia
dall’alto sulle nostre azioni, c’è ancora il
suo amore che dura in eterno.
Andiamo incontro all’uomo della
croce con la lampada accesa, umili al suo
perdono che diviene gioia per la nostra
vita.q
IL VOLTO DEL
PELLEGRINO DI
NAZARETH
di fr. Egidio Palumbo, carmelitano
U
no dei temi più ricorrenti nel
Vangelo di Luca è il cammino
di Gesù. Non si tratta di un
semplice fatto di cronaca riportato dall’evangelista, ma di una narrazione intenzionalmente simbolica:
indica il cammino della vita, con le sue
asperità, i rinvii, gli affanni, le delusioni,
la calma, i tempi di crescita, le scelte improrogabili... Il cammino di Gesù ha
come meta Gerusalemme, la città della
Fedeltà di Dio alle sue promesse di salvezza, la città santa, sede del Tempio,
cioè del luogo della presenza del Signore
in mezzo al suo popolo, la città della
Pace e della Fraternità. In un parola: la
meta è Dio, e il suo cammino è il cammino verso Dio. Poiché questa è la meta,
Gesù si fa Pellegrino sulle strade della
nostra vita, animato dalle stesse aspirazioni degli antichi “viandanti” d’Israele
— Abramo, Mosè, Giacobbe, Giosuè...
— e di tutti i pellegrini anonimi che ogni
anno, per la celebrare la Pasqua o per altre feste religiose, si mettevano in viaggio verso la Città Santa. Vi è un libro
nella Bibbia, il Libro dei Salmi, dove
all’interno di esso è custodita una preziosa raccolta di salmi che ogni pellegrino
recitava durante la salita a Gerusalemme
prima di entrare nella zona del tempio:
sono i cosiddetti “Canti delle Ascensioni”, cioè i Salmi dal 120 al 134. Questi
salmi ripercorrono tutte le tappe del
cammino del pellegrino, dal momento in
cui decide di partire dal suo ambiente,
fino al momento, dopo la sosta a Gerusalemme, del suo ritorno alla sede di provenienza. È interessante che questi salmi
illuminano anche il viaggio di Gesù verIl Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
Ø
4
so Gerusalemme. Perciò sarebbe utile tenerli sempre sullo sfondo della nostra
lettura del vangelo.
Accanto al tema del cammino, quasi
intrecciato ad esso, vi è il tema del Volto
di Gesù. Anche qui siamo di fronte ad
una narrazione intenzionalmente simbolica. Il volto è lo specchio dell’interiorità
segreta dell’uomo, manifesta cioè in
modo visibile le intenzioni e i progetti
del suo cuore. A seconda di ciò che l’uomo ascolta, pensa e decide, il suo volto
può essere sereno o tenebroso, gioviale o
superbo, semplice e spontaneo o ambiguo e mascherato . Il vangelo di Luca ci
parla spesso del volto di Gesù e dei suoi
sguardi profondi orientati sia verso Dio,
sia verso i discepoli, sia verso le folle e le
persone singole. Anche in questo caso i
Canti delle Ascensioni, e in particolare il
Salmo 131, ci illuminano sul volto di
Gesù. Proviamo, allora, ad accostarci
più da vicino a questi due temi: il cammino e il volto.
Il cammino “in salita”. “Mentre stavano per compiersi i giorni del suo essere levato, egli indurì il volto per
camminare verso Gerusalemme”, così
leggiamo di Gesù in Lc 9,51. A partire da
qui l’esperienza del cammino si apre ad
una prospettiva nuova e si fa sempre più
intensa. Mentre nei capitoli precedenti
(Lc 3,1-9,50) il cammino di Gesù era caratterizzato dagli sguardi degli uomini
(discepoli, folla) su di lui, al fine di riconoscerlo come il Messia di Dio, ora, invece, a partire da Lc 9,51, Gesù non è più
al centro degli sguardi degli uomini, anzi
è rifiutato; il suo è il cammino del Pellegrino non-accolto.
Sostiamo per un attimo su Lc 9,51.
Troviamo due verbi che abbiamo tradotto alla lettera: “essere levato”, “indurì il
volto”. “Essere levato” indica sia la morte per mano degli uomini, sia la risurrezione per opera di Dio che “solleva”, ridà
la libertà e la vita a chi si riconosce come
suo figlio. Nello stesso tempo questo
verbo sta anche a sottolineare che il cammino di Gesù è un cammino “in salita”,
vale a dire spiritualmente impegnativo,
perché nell’esperienza del rifiuto subìto
(Lc 9,53; Lc 11,15ss; 13,34ss; 19,41ss;
20,9ss) più impegnativa diventa la scelta
di uno stile di vita povero (Lc 9,57ss;
12,13-32; 18,24ss), senza violenza (Lc
9,54-55), senza potere (Lc 10,3-4), senza
gonfiamenti eccentrici (Lc 14,1ss), senza smanie di protagonismo (Lc 14,7-14),
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
senza amori umani egocentrici e possessivi (Lc 14,25ss).
L’altro verbo, “indurì il volto”, non
indica la durezza aggressiva, bensì la
saldezza del cuore ben radicato in Dio;
possiamo dire anche, la ferma decisione
di proseguire nell’obbedienza all’amore
del Padre.
Nel riproporre queste scelte esigenti,
l’evangelista Luca intuisce un orientamento di fondo che anima l’esistenza di
Gesù: egli, il Pellegrino non-accolto, diventa il Pellegrino che tutti accoglie.
Dalla condizione di rifiutato il Pellegrino di Nazareth contempla la grandezza
della misericordia di Dio che con la sua
povertà disarma e nullifica ogni rifiuto
dell’uomo.
Sono evidenti le dinamiche di tale
orientamento nella parabola del Samaritano (Lc 10,30ss). Il Samaritano rifiutato
(ricordiamo che c’era inimicizia tra i
giudei e i samaritani) ha compassione (la
misericordia che si fa accoglienza
dell’altro) dell’uomo mezzo morto incontrato lungo il cammino, se ne fa carico e si prende cura di lui.
Altre dinamiche sono rivelate
nell’atteggiamento del Padre che dona la
parte migliore di sé — lo Spirito Santo
— a coloro che gliela chiedono, superando di gran lunga noi uomini che, pur essendo cattivi, sappiamo dare cose buone
ai nostri figli (Lc 11,13). Altre dinamiche ancora le troviamo nelle parabole
della misericordia (Lc 15), dove Gesù rivela il Volto del Padre che con ostinazione guarda e cerca il perduto, perché per
lui il perduto è pur sempre un valore prezioso, è pur sempre un figlio.
Educare il nostro sguardo. In questo cammino “in salita” Gesù coinvolge i
discepoli, educandoli ad uno sguardo più
semplice e più puro su Dio e sulle situazioni della vita. Per questo la catechesi di
Luca focalizza molto gli sguardi di Gesù
sui discepoli (Lc 10,23; 14,25), su Zaccheo (Lc 19,5), sulla città di Gerusalemme (Lc 19,41), sui ricchi e sulla vedova
povera (Lc 21,1). Nello sguardo di Gesù
si rispecchia lo sguardo amante di Dio.
Per Dio guardare è amare gratuitamente
e senza condizioni, è volontà di bene, è
perdonare in anticipo i fallimenti
dell’uomo. Lo sguardo amante di Dio è
sguardo che disarma e muove a conversione, come lo sguardo di Gesù su Zaccheo. E anche nel pianto di Gesù su
Gerusalemme si rivela l’amore appas-
sionato, viscerale di Dio per la città della
Pace (Lc 19,41ss).
I discepoli sono chiamati a sintonizzarsi su tale sguardo: “La lucerna del tuo
corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è sano
anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma
se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre. Bada, dunque, che la luce che è in
te non sia tenebra” (Lc 11,34-35). Uno
sguardo amante rivela che tutta la nostra
persona (“il tuo corpo”) è illuminata
dall’amore gratuito di Dio. Più il nostro
sguardo viene illuminato da questo amore, più sapremo discernere e valutare le
situazioni della vita (Lc 12,54ss), sapremo vegliare e pregare per non soffocare
nei nostri fallimenti (Lc 21,36), sapremo
contemplare il Volto del Giusto che attira
a sé nella tenerezza del suo amore (Lc
23,47), sapremo riconoscerlo nei segni
del dono (Lc 24,30-31).
Sapremo vivere la Pasqua, seguendo
i passi del Pellegrino di Nazareth.q
Il messaggio
rivoluzionario del
cristianesimo
Un Dio
diverso
di Sarah Aloi
io è amore”: una voce
grida nel deserto dell'impassibilità e dell'indifferenza pagana.
E’ la voce di Giovanni, la voce di chi annuncia un nuovo Dio: il Dio dei cristiani.
“Dio è amore”: un nuovo senso del divino irrompe nella storia. Dio non è più
l'assoluta trascendenza, non è più colui
che, con aristocratico distacco, contempla il mondo dall'alto del suo cielo, ma è
colui si è fatto carne, che è divenuto
uomo tra gli uomini, povero tra i poveri,
umile tra gli umili. Dio è sceso nel mondo, è divenuto Persona, ha sperimentato
e vissuto su di sé la fatica dell'essere
uomo. “E il Verbo si fece carne e dimorò
tra noi”, ha conosciuto la sofferenza, il
dolore fino al limite estremo di quel grido, “umano troppo umano”, urlato al Padre per l'abbandono cosmico al male,
“D
Ø
5
L'arcivescovo propone una “rivoluzione” pastorale
LA PARROCCHIA SI
RIVOLGA AI
“LONTANI”
di Franco Biviano
all'odio, alla morte.
Il Dio cristiano è un Dio terreno, fisico, concreto, che abbandona la dimensione dell'eterno per calarsi nel tempo e
nella storia, a contatto con la relatività,
con il sensibile, con il corruttibile.
Parla con le prostitute, accoglie usurai e pubblicani, entra in contatto con i
lebbrosi, lava i piedi ai suoi apostoli, divide il suo pane con loro, diviene amico
dei dimenticati, perdona i suoi carnefici... E’ un Dio non-Dio, un Dio crocefisso, un Dio scandalo: “Noi predichiamo
Cristo crocefisso, scandalo per i Giudei,
stoltezza per i pagani”.
Diventa uomo e dona se stesso, la
propria vita: “Da ciò noi abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per
noi. Quindi anche noi dobbiamo dare la
nostra vita per i fratelli”. Con Cristo nasce l'amore come dono di sé, l'amore che
ama: “Chi non ama non ha conosciuto
Dio, poiché Dio è amore. (...) In questo si
è manifestato l'amore: non noi abbiamo
amato Dio, ma egli ha amato noi ed ha inviato il Figlio suo come propiziazione
per i nostri peccati. Carissimi, se così
Dio ha amato noi, anche noi dobbiamo
amarci gli uni con gli altri”.
Il Dio dei cristiani è diverso dal “Motore Primo” aristotelico, perché questi è
incapace di amare l'altro da se, è un dio
che non ama, o che al massimo ama solo
se stesso. Non è un dio amante, è solo oggetto e non soggetto d'amore. Può essere
amato, ma non può amare. E’ un dio immobile, che non va incontro all'uomo,
ma attira a sé, restando fermo, proprio
come “l'oggetto d'amore attira l'amante”. Il Dio cristiano, invece, non ha paura
d'amare, perché sa che l'amore non è mai
una debolezza ma sempre e solo una forza. Questo il messaggio rivoluzionario
del Cristianesimo.q
G
iunge nelle nostre parrocchie
per essere oggetto di meditazione e di studio un opuscoletto di quaranta pagine nel
quale l'arcivescovo mons. Giovanni
Marra ha condensato le sue linee pastorali per i prossimi anni. Questo libretto
dall'apparenza modesta mira espressamente a capovolgere criteri e metodi
adottati fino ad oggi dalle chiese locali.
“Il nostro – scrive mons. Marra – non è il
tempo della semplice conservazione dell'esistente e non ci si può limitare alle celebrazioni rituali e
devozionali e all'ordinaria amministrazione, ma bisogna
passare alla missione permanente”.
Il discorso, se vogliamo, è vecchio. E
il nuovo arcivescovo
non si discosta dall'itinerario tracciato
dodici anni fa dal suo
predecessore
(I.CANNAVO', Da
una pastorale di conservazione ad una
pastorale missionaria, 2.7.1986). Quello che adesso viene
messo fortemente in
risalto è l'urgenza di
“uscire dal tempio”
per andare verso i cosiddetti “lontani”,
anziché occuparsi
semplicemente
e
unicamente dei “vicini”.
Si tratta in fondo
di seguire l'esempio
del Buon Pastore che
lascia le novantanove pecorelle chiuse
dentro il recinto del-
l'ovile, per andare alla ricerca di quell'unica che aveva smarrito la strada. Da
molto tempo, invece, tutte le attenzioni
pastorali sono state rivolte a coloro che
stanno dentro la parrocchia, lasciando
abbandonati a se stessi coloro che non ne
fanno parte. Il risultato è che adesso le
proporzioni si sono capovolte: una sola
pecorella è rimasta dentro l'ovile e le altre novantanove se ne stanno fuori del recinto. Alla primitiva pecorella, smarrita
e lasciata in balìa di se stessa, si sono aggiunte a mano a mano quelle altre che
sono sgattaiolate fuori perché attratte da
un altro pastore, perché convinte di esse-
Ø
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
6
Se un amico bussa alla
tua porta
Proposta per
una
quaresima di
carità
M
olti di noi ricordano con simpatia P. Edgar Martin Lopez,
il sacerdote colombiano che
lo scorso anno ha celebrato
con la nostra comunità parrocchiale la
Pasqua ed è stato nostro ospite nel periodo estivo. Egli è tornato ad ottobre nella
sua patria, dopo la specializzazione in
Liturgia al Sant'Anselmo di Roma, ed è
stato nominato parroco a Yondò, località
situata sul corso del fiume Magdalena,
nella diocesi di Barrancabermeja.
8 marzo:
festa della donna
Auguri
anità!
Il genio
de
ll
a , un d o n o
onn
pe
d
a
Padre Edgar Martin Lopez
parroco di Yondò (Colombia).
'um
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
gosce, con le sue gioie e i suoi dolori.
A tutti costoro bisogna annunciare la
buona notizia che la “soluzione” è Gesù
Cristo, che solo Lui è in grado di sciogliere le catene del male che opprimono
l'umanità, che la “liberazione” di ogni
uomo si realizza mettendo in pratica la
sua Parola.
Chi partirà per questa “missione” e
con quale bagaglio? L'appello dell'arcivescovo è rivolto a tutti, sacerdoti, religiosi e laici (soprattutto ai laici!). E'
chiaro che bisognerà studiare delle opportune strategie. Per questo le varie
componenti delle singole comunità dovranno raccogliersi attorno al parroco
per esaminare la situazione del proprio
territorio e le misure più idonee da adottare. Ma si dovrà avere l'umiltà di non fidare sulle proprie forze e sulla propria
preparazione, quanto piuttosto di lasciare agire in noi lo Spirito Santo, il quale
“viene in aiuto alla nostra debolezza”
(Rom. 8, 26). E nel momento stesso in
cui ci avviamo ad incontrare i “lontani”
faremo insperati progressi nella nostra
formazione, perché l'esigenza di presentare ad altri il Cristo in cui crediamo ci
costringerà a riflettere sulle ragioni del
nostro stesso credere.
L'operazione suggerita da Mons.
Marra è sicuramente ardua, ma la situazione attuale della chiesa messinese non
ammette dilazioni. Domani potrebbe essere già tardi. Se il seminatore, infatti,
non esce per gettare il seme, i suoi granai
prima o poi sono destinati ad esaurirsi.q
rl
re trascurate o semplicemente per sentirsi libere di gestire in maniera autonoma
la propria vita.
Ed ecco allora che l'arcivescovo lancia l'allarme. E' giunto il momento di
cambiare rotta e di “passare da una pastorale intra-ecclesiale ... ad una pastorale estroversa”. La distribuzione del
tempo pastorale deve subire un capovolgimento. Bisognerà prendersi cura in
primo luogo delle novantanove pecorelle che non conoscono l'ovile o se ne sono
allontanate e non riescono a trovare la
strada per rientrarvi.
Sarà un'operazione facile? Nient'affatto. “Nessuno si nasconde le difficoltà”, scrive ancora l'arcivescovo Marra.
Bisognerà utilizzare un nuovo linguaggio, attuale e capito da tutti; bisognerà
trovare nuove motivazioni e giustificazioni alle indicazioni morali; bisognerà
intraprendere nuove iniziative pastorali
aderenti alle attese dell'uomo contemporaneo.
Ma chi sono questi “lontani” da rievangelizzare? In parte sono battezzati
che non vengono in chiesa o vi ritornano
in modo occasionale, ma nella stragrande maggioranza sono coloro che la chiesa la frequentano come “stazione di
servizio religioso”, alla quale ci si rivolge al bisogno per ottenere battesimi, prime comunioni, cresime, matrimoni,
funerali. Lontani sono quelli che si dicono cristiani con la bocca, ma non hanno
un comportamento evangelico. Sono coloro che ripongono la loro fiducia non in
Dio, ma nei maghi; che non si affidano
alla Provvidenza, ma alla schedina e alle
lotterie; che in cuor loro credono che la
morte sia la fine di tutto e che non ci sia
resurrezione; che sono favorevoli alla
pena di morte, all'aborto, al divorzio; che
nutrono una tremenda paura della “fine
del mondo”, mentre dovrebbero pregare
perché essa arrivi al più presto; che, anziché perseguire l'ideale evangelico della
povertà, corrono dietro al mito illusorio
della ricchezza ad ogni costo.
I “lontani”, insomma, sono molto vicini, si trovano in massima parte all'interno delle nostre comunità. Vivono,
lavorano e soffrono accanto a noi, forse
nella nostra stessa famiglia. Li incontriamo tutti i giorni nelle strade e nelle piazze, sui luoghi di lavoro, negli ospedali,
nel mondo dello spettacolo e dello sport,
nei parlamenti e nei tribunali, nelle associazioni culturali e ricreative, dovunque
c'è gente con le sue speranze e le sue an-
Dalla corrispondenza che alcuni della nostra comunità intrattengono con lui,
abbiamo appreso che – pur essendo Yondò in un'area petrolifera – le condizioni
di vita della popolazione, molto legata
alla fede, sono assolutamente precarie a
causa di una lotta incessante tra guerriglieri, forze paramilitari ed esercito. La
Ø
7
gente deve abbandonare le proprie case, i
propri campi, le proprie attività lavorative e cerca riparo dalla violenza in ricoveri di fortuna. La parrocchia costituisce il
punto di ritrovo di tanti disperati che invocano giustizia e pace.
Agli inizi di febbraio ci è giunta una
richiesta di aiuto da parte di P. Edgar. La
portiamo ora a conoscenza di tutti.
“La parrocchia Santissisima Trinità
di Yondò era stata sostenuta finanziariamente negli anni passati dall'Ente Statale ECOPETROL (Ente colombiano del
petrolio), per i diversi cambiamenti che
sono intervenuti, la parrocchia poi incominciò a dipendere da se stessa: la qual
cosa era molto difficile.
All'inizio il vescovo nominò un parroco che abitava qui, ma aveva altri
compiti in Barrancabermeja per poter
andare avanti; ora mi trovo solo qui e
non ho soldi, vivo con quello che mi dà la
comunità, che in realtà è molto poco. La
comunità è molto povera, oltre a ciò,
questa località è un centro di violenza e
ciò rende molto difficile il lavoro pastorale.
Ora ho alcuni bisogni urgenti come:
riparazione del veicolo Chevrolet Samurai che serve per le visite pastorali ai 62
villaggi che appartengono alla parrocchia; riparazione della casa parrocchiale (molto deteriorata) che ho voluto sia
la casa di tutti, dove tutti entrano, salgono, si dissetano e si sentono in famiglia;
ripristino della chiesa. Il preventivo di
spesa ammonta a 5.500 $.
La parrocchia così com'è non ha la
possibilità di realizzare tutti i lavori necessari; nonostante ciò faremo alcune
iniziative che ci aiuteranno a raggiungere lo scopo. Pertanto, questo significa
che non ci aspettiamo tutto da voi. Desidero soltanto che conosciate questa nostra necessità. Chi potrà collaborare è
sempre da noi ben accetto. Che Dio vi ricompensi!”.
Senza trascurare i notevoli impegni
che la comunità pacese nel suo insieme
ha già assunto (Progetto Chernobyl '98,
Statua dell'Immacolata), vorremmo – in
questa quaresima – dare ascolto anche a
questa invocazione che viene da lontano.
Se qualcuno volesse contribuire generosamente a questo progetto di collaborazione con la parrocchia di Yondò, si
rivolga direttamente al nostro parroco.q
Alloggi
di fortuna
a Yondò
Il 24 maggio le Amministrative
Come da copione
di Carmelo Parisi
S
i avvicinano le elezioni amministrative, quelle che serviranno a rinnovare Sindaco
e Consiglio Comunale, ed allora la vita politica del nostro paese,
come per incanto, si rianima, rinvigorisce, riprende la propria forza e reclama
importanza e preminenza.
Basta fermarsi un poco nella nostra
piazza principale, specie in un giorno festivo, per “sentire” l’aria delle amministrative che incalzano. Si vedono piccoli
assembramenti, si discute animosamente, ci si scambiano pareri ed idee, si avanzano suggerimenti. La politica è questo!
Da quando poi sono scomparse le vecchie sedi dei partiti che, volenti o nolenti,
hanno fatto la storia dei nostri ultimi cinquant’anni, la piazza ha assunto la sua
importanza; e poi la piazza, in queste occasioni, serve anche per farsi “vedere”.
Le proposte sulle cose da fare non
mancano ed allora anche la retorica impazza. C’è qualcuno che dice che quelle
del prima delle elezioni sono solo “parole... e promesse..., promesse e ... parole!”. “Quando si avvicina il giorno
decisivo le promesse si sprecano e le parole volano; sono le cose che costano
meno! Ed allora se ne sentono!”. Certo,
è vero, le riunioni preliminari fervono,
gli incontri si moltiplicano, si costitui-
scono comitati ma, lasciatemelo dire,
non vorrei che la gente pensasse che questa è la solita politica, la solita routine. Si
dice: “sono cose ormai vecchie, viste, riviste e risapute e per questo superate”.
No! La politica è anche questo: è confronto, discussione, scambio, contraddittorio, compromesso anche. Quando le
parti sono parecchio distanti, a volte il
compromesso serve.
E poi c'è la grande lotteria dei nomi
dei candidati a sindaco. Chissà perché
ma tutti cercano e vogliono l’uomo nuovo, il nuovo che dovrebbe tirare fuori dal
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
Ø
8
cilindro le soluzioni ai tanti problemi insoluti. Ma se analizziamo con buon fiuto
ciò di cui si sente parlare, le proposte che
vengono avanzate, i nomi che vengono
fatti “girare”, allora non tarderemo a renderci conto che quando i politici propongono il nome nuovo è come se essi
cercassero una “patente di credibilità” al
loro operato, alle loro proposte; è come
dare l’impressione che alla loro credibilità ormai non prestassero fede nemmeno essi stessi. E’ questo secondo me è un
errore.
Il politico deve scendere in campo in
prima persona se vuole ottenere il consenso necessario alla realizzazione delle
sue proposte e delle sue idee. Non deve
mai agire per interposta persona!
Certo la politica è un po’ in crisi, o
meglio, è tramontato, secondo me, un
vecchio modo di fare politica.
Diciamocelo chiaro, i tempi sono difficili e spesso è problematico realizzare
ciò che ci si è proposti di fare; spesso è
arduo realizzare anche un minimo di
concreto.
Un sindaco ha bisogno soprattutto di
tanto consenso e di una buona squadra di
assessori ben registrata ed amalgamata,
tendente unicamente al medesimo fine,
perché cari amici, ammettiamolo, che,
almeno per il momento, è una pia illusione il potere del sindaco di nominare da
sé, a propria ed insindacabile discrezione, i propri assessori se poi non dispone
del sostegno politico necessario ad amministrare e a tradurre nel concreto i propri progetti.
Ed allora come farebbe un uomo
“nuovo”, uno che fino ad allora è stato
lontano, o quasi, dal “palazzo”, a realizzare un minimo di programma se non ha
una Giunta che lo sostiene, capace ed affiatata ed un Consiglio Comunale favorevole, e per favorevole non intendo però
compiacente, perché lo stimolo ed il confronto in politica sono sempre necessari,
in democrazia indispensabili.
Di questi tempi, la gente vuole il concreto, non si accontenta più di promesse.
Vuole che la propria cittadina sia fatta a
misura d'uomo. Vuole che le cose di ogni
giorno funzionino a dovere. Vuole che
ciò che paga in termini di imposte trovi il
corrispettivo in servizi. Vuole che ci sia
una buona illuminazione pubblica, una
buona e ordinata viabilità stradale, vuole
trovare parcheggi, un traffico ordinato,
un ambiente pulito. Vuole che si faccia la
raccolta differenziata dei rifiuti urbani,
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
non palliativi. Vuole trovare i cassonetti
svuotati e puliti con regolarità e costanza.
E quello dell’ambiente è un tema
molto sentito e che ha acquistato grande
rilevanza, in questi ultimi tempi. La coscienza dell’ambiente pulito e non inquinato è cresciuta enormemente, Non ci si
può limitare, quindi, alla proclamazione
di mere utopie. Occorrono interventi
concreti e decisi. Basterebbe la soluzione della questione della raccolta dei rifiuti solidi urbani per caratterizzare in
positivo una amministrazione comunale. E’ urgente un intervento deciso, concreto e col consenso degli elettori (anche
a seguito di apposito referendum in merito alla destinazione dei r.s.u.) , per dare
una soluzione definitiva al problema.
Per quanto riguarda poi l’inquinamento atmosferico ed ambientale, se abbiamo a che fare con inquinatori, una
amministrazione comunale unita, non un
uomo solo, deve assumersi le proprie responsabilità quando si hanno come mira
la salute pubblica ed il bene comune.
Sono di questi giorni le ennesime denuncie di un comitato contro l’alto grado
di inquinamento atmosferico che si è registrato ultimamente nel nostro circondario.
E vorremmo auspicare che l’intervento della magistratura servisse a fermare l’arroganza degli inquinatori, siano
essi semplici privati imprenditori o grandi multinazionali o enti pubblici.
Per quanto riguarda poi il sociale,
non ci si può limitare, alla mera assistenza o alle gite per gli anziani. Sarò pure
drastico, ma se in una famiglia il capo famiglia o il primogenito sono disoccupati, come ci possiamo permettere il lusso
di mandare il nonno alla settimana bianca?
Noi che, nei nostri piccoli centri, siamo abituati a costruirci la casa in economia, come possiamo pensare di farci
l'attico se prima non riusciamo ad avere
cucina, bagno, e camera da letto decenti?
Come pensiamo di spendere bene i
soldi pubblici se, ad esempio, se non ci
dotiamo di strutture per i nostri giovani.
Come speriamo che crescano bene se
non hanno modo di stare insieme se non
al bar o alla sala giochi?
Ecco, un Comune deve essere come
una grande famiglia, come una casa. E se
in una famiglia non vi è univocità di intenti ed unanimità nelle decisioni tutto
va a in rovina.q
di Carmelo Pagano
L
a visita del Papa a Cuba è uno
di quegli avvenimenti che costituiranno gli eventi storici
miliari dell'umanità e che caratterizzeranno tutti gli anni a venire. Il
Papa ha infatti profetizzato un nuovo avvento per Cuba nella speranza ma sarebbe meglio dire nella convinzione
“giusta” del “giusto” che in quella terra
nulla sarà come prima.
Belle ed impressionanti le immagini
televisive che ci sono giunte con la contrapposizione tra la bianca figura di Karol Wojtyla, paladino della vera libertà, e
Fidel Castro, l'ultimo grande rivoluzionario presente sulla terra che però, al di
là delle speranze delle masse, non ha saputo costruire amore.
Il Papa, nella grande piazza Josè
Martì de L'Avana, con alle spalle la figura di Gesù Cristo vicina a quella di Che
Guevara, ha invocato per Cuba ma anche per l'umanità intera un cammino di
pace, giustizia e libertà, condannando
senza mezzi termini lo scontro come metodo tipico e caratteristico dei sistemi
estremi ed opposti che hanno in comune
nei propri programmi i germi dell'opposizione e della disunione. Tali estremi, in
tutta la storia e non soltanto nei tempi recenti, hanno condizionato pesantemente
la stessa concezione dell'uomo ed i suoi
rapporti con gli altri.
9
UN NUOVO AVVENTO
PER CUBA E PER
L’UMANITA' TUTTA
“L'uomo sia libero di quella libertà con cui
Cristo ci ha liberati”
La Chiesa, in sostanza, aborrisce tutti
quei sistemi di governo che subordinano
la persona umana e condizionano lo sviluppo dei popoli alle forze cieche dello
statalismo più estremo o a quelle del liberismo e del capitalismo più sfrenato.
Quest'ultimo, addirittura, per dirla con le
parole del Santo Padre “gravando dai
propri centri di potere sui popoli meno
favoriti fa si che le Nazioni più ricche
si impongano a quelle povere ed impongano condizioni capestro per ricevere nuovi aiuti con programmi
economici insostenibili che arricchiscono sempre più le une e depauperano le altre in modo da rendere le prime
sempre più ricche e le seconde sempre
più povere”.
Karol Wojtyla esorta alla riscoperta
della cultura dell'azione e della vita perché la posta in gioco è l'uomo che rischia
di essere travolto dalle proprie angosce,
dai propri dolori, dalle proprie miserie.
In questo contesto si alza forte il grido del Papa che ammonisce al ripudio di
tutte le degenerazioni, affermando in
tono perentorio che la Chiesa è con tutti
coloro che subiscono un'ingiustizia e che
la libertà che non fosse fondata sulla verità rende l'uomo oggetto anziché soggetto del contesto sociale, culturale,
economico e politico lasciandolo privo
di iniziativa riguardo allo sviluppo personale. Altre volte, poi, – continua il
Santo Padre – questa libertà è di tipo individualista e non tiene conto delle pari
libertà degli altri. E' il concetto che sta al
centro di tutto l'insegnamento sociale
della Chiesa: la condanna degli opposti
estremismi che tentano di impedire all'uomo la compiuta realizzazione della
sua libertà. L'azione di qualsiasi sistema
sia esso politico o economico si basa sull'unione, sul connubio, sulla stretta ed inscindibile connessione tra libertà e
giustizia sociale, tra libertà e solidarietà.
Ogni sistema deve garantire, cioè, il ri-
spetto di quelli che sono i diritti inalienabili dell'uomo in modo che egli possa
essere libero di realizzare le proprie aspirazioni più profonde e realizzarsi integralmente sia secondo la sua condizione
di cittadino sia secondo quella di figlio di
Dio.
Il Papa esorta Cuba ed il mondo a
rompere l'isolamento che li caratterizza
in modo che Cuba si apra al mondo ed il
mondo a Cuba. E' una critica ferma, que-
sta, soprattutto agli Stati Uniti che, quali
rappresentanti di un mondo capitalistico
sempre più spietato e cieco, hanno contribuito con il proprio embargo economico a ridurre alla fame il popolo cubano.
Il Santo Padre, ancora, per una effettiva liberazione dell'uomo invoca la riscoperta della vera e non bigotta
religiosità, rivolgendosi non soltanto ai
cubani ma a tutto il mondo, ricordando e
menzionando le parole del patriota cubano Josè Martì: –“Un popolo non religioso è destinato a morire poiché in esso
nulla alimenta la virtù.”–
La vita a Cuba dopo la partenza di
Karol Wojtyla non sarà più la solita e di
questo ne è convinto il mondo intero e gli
stessi cubani; la Chiesa cubana, poi, da
alcuni accusata di troppo immobilismo,
sarà sempre più servitrice del popolo e la
stessa Chiesa mondiale con Karol
Wojtyla si è resa finalmente conto che,
per dirla con un'affermazione fatta da un
commentatore della carta stampata, il
comunismo ha conservato viva la religione proprio perché la perseguitava
mentre il capitalismo con la sua cultura
la disgrega.
Una Nazione si costruisce sul progresso che viene dal rispetto dell'altro,
sul progresso che deriva dalla verità e
dalla giustizia. Ciò non sarà realizzato né
dai sistemi totalitari né dal capitalismo
selvaggio e mafioso ma solo e soltanto
dalla vera solidarietà spirituale, libera e
civile, basata sulla verità e la speranza.
Il rigore economico, oggi tanto bramato, deve essere necessariamente coniugato alla solidarietà non rinnegando
l'insostituibile contributo umano aborrendo qualsiasi forma di economia puramente speculativa che sotto la parvenza
della solidarietà e del cooperativismo
nasconda il più puro e bieco interesse
personale. Il bilancio, poi, non conta più
degli esseri umani tanto è vero che l'economia più spietata così come è avvenuto
nel Sud-Est asiatico alla fine si autodistrugge.
Sino a qualche tempo fa il liberalismo era la nobile bandiera contro ogni
tipo di dittatura. Oggi esso con le sue degenerazioni non ammette opposizioni ed
è divenuto, come dice la scrittrice francese Viviane Forrester, liberismo puro,
cioè stalinismo del liberalismo.
Bisognerebbe ascoltare sempre più
le voci scaturenti dalle necessità primarie dell'umanità in modo che tutti gli uomini siano liberi ma, come dice il Santo
Padre, siano liberi di quella libertà con
cui Cristo e non altri o altro ci hanno liberato.q
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
10
VIVERE IN UNA ECONOMIA DI MERCATO
“Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia che
le sono proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della
sua eminente dignità” (Centesimus Annus, 34)
di Paolo Orifici
U
na convinzione trova in questi giorni larghi consensi,
quella che vuole l’economia
al centro di tutto. Certo il diffondersi all’interno della società di una
cultura liberale alla quale tutti “dicono”
di ispirarsi e la crescente importanza del
mercato quale strumento ideale per distribuire le risorse, hanno facilitato questa affermazione. Ritengo, tuttavia,
importante sottolineare – e cercherò qui
di seguito di farlo – lo stretto, strettissimo legame esistente fra ordine economico e ordine sociale.
Infatti, sebbene l’economia e la disciplina morale sembrino appoggiarsi su
principi propri non sono, in nessun caso,
fra loro estranei, anzi.
Il problema è, piuttosto, quello di trovare un giusto equilibrio fra il liberismo
economico e l’uomo. Da questo equilibrio non si può prescindere se non producendo delle disfunzioni, delle disparità.
Del mercato si è detto, e si dice, quotidianamente di tutto, ma pare - ormai universalmente accettato quale strumento più efficace per distribuire le risorse,
rispondendo ai bisogni dell’uomo. Tuttavia questo discorso è accettabile solo
se ci si riferisce ai bisogni solvibili, bisogni che dispongono di un potere di acquisto e che possono essere espressi in
termini monetari. Di contro, vi sono bisogni che il mercato non può in nessun
caso soddisfare e, in alcuni casi, può addirittura distorcere.
Poiché è difficile immaginare che i
bisogni dell’uomo rimangano insoddisfatti, ecco comparire quella famosa regolamentazione del mercato. Il quesito
che, però, occorre porsi riguarda chi debba provvedere a tale regolamentazione,
aiutando quella umanizzazione dell’economia chiesta da più parti.
Viene fuori a questo punto tutta l’importanza del Magistero sociale della
Chiesa, quale rimedio per le disfunzioni
che il capitalismo “sfrenato” comporta,
così come le ha comportate – a suo tempo – il collettivismo, sottolineando allo
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
stesso tempo - con forza - l’importanza
dell’uomo quale reale fattore decisivo:
“la principale risorsa dell’uomo è l‘uomo stesso” (Centesimus Annus, 32/b).
Infatti, la capacità di conoscere tempestivamente i bisogni degli altri uomini
e le combinazioni dei fattori produttivi
più idonei a soddisfarli è una delle maggiori fonti di ricchezza della società moderna, e solo l’uomo può attingere a tali
conoscenze.
Così – e non è paradossale – il ruolo
del lavoro umano diventa sempre più determinante, quale base, disciplinata e
creativa, delle capacità di iniziativa e di
imprenditorialità.
Tutto ciò è palesemente in accordo
con la funzione che l’impresa, che l’economia ed il mercato assumono nella nostra società. Perché è vero che il mercato
consente la migliore allocazione delle risorse ma lo strumento non è perfettamente capace di autoregolamentarsi –
almeno questo bisogna ammetterlo.
Il profitto, in questo contesto, assume una importanza notevole – è la stessa
Chiesa a riconoscerlo – quale indicatore
del buon andamento di una azienda. Ed
una azienda solida economicamente può
perseguire con una maggiore tranquillità
un secondo obiettivo: quello di affermarsi come una comunità di uomini, come
un luogo - dove - ciascun individuo possa realizzare le sue aspirazioni, realizzando quei bisogni fondamentali che
sono propri di tutti noi.
Dunque, il profitto come regolatore
della vita aziendale, ma non l’unico. Ad
esso va aggiunta la considerazione di altri fattori umani e morali che - nel lungo
periodo - sono egualmente essenziali
per la vita dell’impresa.
È evidente che quanto sin qui detto
stride con una realtà caratterizzata da
molte aziende che non soltanto hanno
come unico riferimento i conti economici ma che, addirittura, umiliano ed offendono nella loro dignità gli uomini, quegli
stessi uomini che costituiscono il loro
patrimonio più prezioso. Il guaio (per le
aziende, si intende) è che ciò, oltre ad essere moralmente inaccettabile, produce
– a lungo andare – dei riflessi negativi
per la stessa efficienza economica
dell’azienda.
La Chiesa in tutto ciò non ha modelli
da proporre.
I modelli reali e veramente efficaci
possono nascere solo nel quadro delle diverse situazioni storiche, grazie allo
sforzo di tutti nell’affrontare i problemi
concreti in tutti i loro molteplici aspetti,
sia sociali, economici, politici e culturali.
La Chiesa può offrire “solo” il proprio Magistero Sociale, il quale riconosce la positività del mercato e
dell’impresa ma sottolinea la necessità
che questi siano orientati al bene comune.
Infatti, l’integrale sviluppo della persona umana, nel lavoro non solo non
contraddice ma, anzi, favorisce la maggiore produttività ed efficacia del lavoro
stesso.
L’azienda deve essere vista, quindi,
come una società di persone, dove ciascuno possa vedere soddisfatti i propri
bisogni.
Si comprende benissimo che tale
soddisfazione avviene non solo offrendo
a tutti una quantità sufficiente di beni,
ma, soprattutto, garantendo una buona
qualità della vita. Solo questo – e nessun
altro – può essere il parametro per giudicare una società.
Peraltro, quanto l’uomo sia importante lo si vede quando sottolineiamo
l’incapacità che il mercato manifesta nei
confronti di coloro i quali risultano impreparati ad operare in una economia di
impresa.
Ciò è tanto più vero nei paesi poveri,
sottosviluppati, che finiscono con l’offrire terreno fertile per gli speculatori di
ogni latitudine. Speculazione che assume oggi le forme più disparate, da quella
finanziaria (con il continuo crollo delle
“tigri asiatiche”) per non dire delle multinazionali che producono sfruttando i
bambini. Tutti aspetti di una stessa degenerazione.
Questa impreparazione colpisce, anche, i paesi economicamente più ricchi,
Ø
11
come il nostro.
Il mercato è molto esigente. Per accedervi – e per consentire un suo corretto
funzionamento - è indispensabile essere
preparati, capaci di esprimere delle creatività e delle potenzialità che debbono,
comunque, esserci.
La società che si sta, ormai, chiaramente delineando, presuppone il possesso di conoscenze specifiche: non c’è più
spazio – e sempre meno ve ne sarà in futuro – per le approssimazioni, per gli approcci superficiali, per chi intende
vivere di espedienti.
Il mercato è, concludendo, lo strumento ideale per distribuire le risorse e
soddisfare i bisogni degli uomini ma, se
lo si affronta qualitativamente impreparati, se ci si aspetta che si autoregolamenti e che soddisfi tutti in automatico,
abbiamo sbagliato tutto.
Al suo interno vi sarà posto solo per
persone consapevoli di essere attori del
proprio futuro, disponibili a lavorare per
fare e non solo aspettando di ricevere.
Le condizioni per lavorare il libero
mercato ce le fornisce: sta a noi saperle
cogliere.q
Per tutta la
vita si può
di Emanuela Fiore
F
ebbraio 1948: matrimonio.
Febbraio 1998: NOZZE
D'ORO. Due date. Due eventi distanti nel tempo che segnano la crescita di un'unica realtà: la
famiglia.
Fra i festeggiati, i signori Francesco e
Concetta Colosi, genitori del nostro parroco. Sono lieta di unirmi a loro nel rendere grazie al Signore per il 50° anno di
matrimonio dal quale sono stati raccolti
frutti e tra questi un dono particolare: la
consacrazione sacerdotale di uno dei
loro figli, don Santino.
Fa riflettere la celebrazione del sacramento del matrimonio e gli interrogativi non finiscono quando poi è la volta
delle nozze d'oro. Che sarà mai ciò che
muove un giovane a compiere la sua
scelta? Si tratta di una scelta che prende
l'intelligenza e gli affetti, la fatica e il riposo, i giorni e gli anni, fino al consu-
marsi dell'esistenza.
Ho voluto chiedere una riflessione ad
un'altra coppia che cinquant'anni orsono
si è unita in matrimonio. Sono i signori
Giovanni e Giuseppina Grillo di Archi
che con i segni della fatica degli anni, ma
per nulla con aria di “pensionati” e pur
con i loro settanta e passa, sono attivi e
arzilli.
l Qualunque uomo come ogni essere
porta in sé, più o meno consapevolmente, un bisogno di felicità. A questo
punto della vostra vita, qual è stata la
ricetta di questo vostro matrimonio felice?
L'AMORE, perché ci
amavamo, ci volevamo bene.
E questo vale tutt'ora, lo possiamo assicurare. Ci riteniamo molto, molto fortunati.
l E ogni volta Dio esulta,
quando vede sorgere dal
fango informe belli, come
all'alba del mondo, un
uomo e una donna capaci d'amare.
Quindi, “due cuori e una capanna”: lo
rifareste?
Quando mi sono sposato (parla il
sig. Giovanni) avevo cinquecento lire e,
a Messina, i carabinieri mi fecero una
multa di 250 lire che dovetti pagare. Più
“due cuori e una capanna” di così?
L'unica cosa che contava, era veramente
l'amore. Comunque, ho lavorato molto
per migliorare la nostra condizione economica. Non volevo che mia moglie soffrisse di questo nostro disagio.
l I problemi ci sono, si sa, ma voi vi siete fidati di Dio amando la vita ed il futuro. Vi siete spaventati del tempo e
dell'imprevisto?
Mai, abbiamo superato qualsiasi
ostacolo con l'aiuto di Dio. All'età di 18
anni — prosegue il sig. Giovanni —, grazie ad un sorteggio, ho vinto un Bambin
Gesù che ho sempre portato con me anche quando siamo andati ad abitare altrove per questione di lavoro, mi ha
sempre dato coraggio e possa ancora
darci forza, perseveranza e fermezza
morale per completare questo nostro
viaggio.
l Un matrimonio significa progetto di
futuro, un futuro positivo anche per i
figli. Qual è stata la vostra funzione di
genitori?
Un figlio è una benedizione di Dio,
quindi gli sposi possono e devono moltiplicare responsabilmente la vita. Abbiamo avuto una prima figlia, ma purtroppo
l'abbiamo persa a tre anni e mezzo. Abbiamo impartito alla seconda, avuta
dopo, una grande educazione. Volevamo
che nostra figlia studiasse, anzi volevamo che diventasse medico per aiutare il
prossimo, abbiamo dato comunque a lei
la possibilità di decidere della sua vita e
ne siamo ugualmente orgogliosi.
l Passiamo ai ricordi. Sig. Giovanni, ha
saputo dominare i suoi sentimenti, il
suo cuore batteva con qualche paura,
paura di amare e di non essere amato?
C'è nel cuore di ogni uomo un grande
bisogno di amare e di essere amto, ma
spesso sento dire che essere legati per
sempre provoca nei giovani
una specie di panico. Io invece
non ho mai avuto paura perchè
amavo con la speranza che lei
mi amasse allo stesso modo,
quindi mi sono palesato subito
e adesso siamo una coppia felice.
l Signora Giuseppina, il ruolo
di moglie e di madre non è certo dei
più facili: come bisogna essere perchè
un marito la consideri tale e le porti rispetto per 50 anni?
Il nostro fu il classico matrimonio
d'amore tra due persone cresciute insieme e che poi avevano scoperto d'esser
fatte l'un per l'altro. Credo che per avere
la sua stima fino ad oggi ho dovuto essere affettuosa, premurosa e ubbidiente,
una figura materna che desse sicurezza e
donasse le sue forze nei momenti di bisogno.
l Secondo voi, il messaggio d'amore è
solo di ieri o sarebbe bene dire che
l'amore trova posto e luogo anche
oggi?
L'amore può trovare posto anche
oggi, l'importante è scegliere bene, non
bisogna che la scelta sia dettata dalla
leggerezza ma seguire il cuore, quindi
non avere personalità gracile e friabile.
Amore è vita, vita insieme per sempre.
l Quali sono i consigli che dareste ai
giovani come “impulso” all'amore e
non al divorzio?
Nonostante la marea di sfaceli di
coppie, esistono ancora coppie durature
e felici, in quest'Italia. Il consiglio... sposarsi regolarmente in chiesa e amarsi
per tutta la vita. Il divorzio... questo mai.
l Sareste disposti a ripercorrere ogni attimo della vostra vita insieme?
Si, se potessimo rifaremmo tutto.
50+50=100: e perché no, sarebbe bellissimo. Non lo pensa anche lei?q
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
12
LA POPOLAZIONE
PACESE DAL
1931 AL 1997
di Franco Biviano
1. Premessa. Anche se la legge di
istituzione del nostro Comune risale al
14 aprile 1921 e il primo podestà, cav.
Francesco Lo Sciotto, si insediò il 18 luglio 1926, Pace del Mela dovette attendere ancora diversi anni prima di
ottenere la sua effettiva e completa autonomia a causa della decisa resistenza del
Comune di S. Lucia del Mela, il quale
sperava in un ripensamento del legislatore, come era accaduto per Rodì (costituito in Comune autonomo con R.D. del
21.10.1923 e riunito nuovamente a Castroreale con R.D.L. del 17.2.1927). Gli
amministratori luciesi, infatti, non intendevamo privarsi della parte migliore del
territorio che era loro rimasto dopo la costituzione del Comune di S. Filippo
(1.1.1854). Essi frapposero, quindi, mille impedimenti all'avvio delle strutture
del nuovo Comune. La consegna dei registri anagrafici, per fare un esempio,
venne effettuata alla fine del 1929 in seguito all'energico intervento di un Ispettore Provinciale (Il loro trasporto con
carretto da S. Lucia a Pace del Mela venne effettuato da Nino Gallo). Solo allora
poté essere istituito a Pace l'Ufficio di
Anagrafe della popolazione, il cui funzionamento a pieno ritmo iniziò nel
1931. E' per questo che la compilazione
degli elaborati statistici mensili e annuali prese avvio da quell'anno, che costituisce il limite temporale della mia ricerca.
Per il periodo anteriore al 1931 disponiamo soltanto dei dati dei censimenti decennali effettuati negli anni 1861, 1871,
1881, 1901, 1911, 1921. Gli abitanti della frazione Pace era rispettivamente
1246, 1382, 1558, 2003, 2808, 2758.
Una tesi di laurea di Giuseppe Tuttocuore analizza il periodo dal 1750 al 1900
sulla scorta dei registri parrocchiali. La
notizia più antica sulla popolazione pacese è quella fornita dall'abate Francesco
Sacco, il quale, scrivendo nel 1800, fa risalire la fondazione del nucleo abitato a
meno di un secolo prima e dice che “il
numero dei suoi abitanti si fa ascendere
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
a trecento in circa”. Notizia che si discosta leggermente da quella fornita nel
1806 da mons. Giacomo Coccia il quale
assegna al feudo della Pace una popolazione di 265 anime.
In quest'articolo mi limito ad esporre
i dati grezzi relativi al movimento (naturale e migratorio) della popolazione pacese dal 1931 al 1997 che ho potuto
trarre dagli appositi prospetti dell'Ufficio Anagrafe Comunale con la cortese
collaborazione del Funzionario Dirigente, dott.ssa Francesca Puglisi, alla quale
va il mio sentito ringraziamento. Spero
che il mio lavoro, oltre che a soddisfare
qualche curiosità immediata, possa servire a chi in futuro volesse affrontare lo
studio del nostro Comune dal punto di
vista demografico.
2. La popolazione residente.
Dal 1972 ad oggi la popolazione ha
subito un ininterrotto incremento. Nei
pochi anni in cui si registra un decremento (13 su 67), il ribasso è così lieve che
viene subito compensato negli anni seguenti, tanto che in meno di sette decenni
il numero degli abitanti si è quasi raddoppiato. Questo fenomeno è stato favorito dal saldo positivo tanto del
movimento naturale della popolazione
(media delle nascite annuali uguale a 68,
contro una media di 42 decessi), che di
quello migratorio (153 immigrazioni all'anno in media, contro 134 emigrazioni). La densità della popolazione è salita
dai 294 abitanti per Kmq. del 1931 ai 500
del 1997.
Per quanto riguarda la distribuzione
nelle varie fasce di età, attualmente la
popolazione prescolastica (0-6 anni) è
rappresentata da 504 individui, i ragazzi
in età della scuola dell’obbligo (7-14
anni) sono 578, i giovani (15-29 anni
sono 1411), gli adulti (30-65 anni) sono
2687 e gli anziani (oltre 65 anni) sono
861.
3. L'andamento delle nascite.
Annate particolarmente fertili sono
state quelle anteriori al 1943, ma anche
nel periodo postbellico il tasso di natalità
si è sempre mantenuto al di sopra della
media nazionale.
4. L'andamento dei decessi.
Annate particolarmente negative il
1944 (58 morti), il 1954 (57), il 1958
(58) e il 1997 (60).
5. Il movimento immigratorio.
I flussi immigratori più elevati si
sono registrati nel 1980 (255), negli anni
1984-87 e negli anni 1992-96, nei quali
le iscrizioni nei registri anagrafici hanno
superato le 200 unità.
6. L'emigrazione.
Movimenti migratori consistenti si
sono registrati soprattutto nell'anno
1968 (265 emigrati, di cui ben 146 verso
paesi esteri) e nel 1939 (211 emigrati, 30
verso l'estero). L'emigrazione per l'estero ha avuto delle punte negli anni 1939
(30), 1943 (73), 1967 (50), 1968 (146),
1969 (53), 1970 (39), azzerandosi o
mantenendosi entro limiti fisiologici
negli anni rimanenti. Nel 1965 Serafino
Scrofani, analizzando le realtà agricole
del territorio di Pace del Mela, scriveva
che “i due flussi, emigratorio e immigratorio, si chiudono sostanzialmente alla
pari. Avviene precisamente che la gente
del luogo si trasferisce altrove e al suo
posto ne viene altra dai paesi vicini a più
povera economia”.
In tempi più vicini a noi il fenomeno
è divenuto più complesso, essendo condizionato anche dalla presenza di attività
industriali, e meriterebbe uno studio più
approfondito.
BIBLIOGRAFIA
G. COCCIA, Notizia del numero delle anime, stato formale e materiale delle
Chiese della Città di Santa Lucia e sua
diocesi, ms. 1806, Archivio Capitolare
di S. Lucia del Mela.
ISTITUTO CENTRALE DI STATISTICA, Popolazione residente e presente dei Comuni. Censimenti dal 1861 al
1971. Provincia di Messina, Roma s.d.
F. SACCO, Dizionario geografico
del Regno di Sicilia, Palermo 1800, t. II,
p. 16.
S. SCROFANI, Azienda agraria e
impresa di programma, in “Università di
Messina - Annali della Facoltà di Economia e Commercio”, III (1965), pp. 200281.
G. TUTTOCUORE, Analisi storico
demografica di Pace del Mela dal 1750
al 1900, tesi di laurea, Università degli
Studi di Messina, Facoltà di Scienze statistiche, demografiche e sociali, a.a.
1994-95.q
Ø
13
Anno
1931
1932
1933
1934
1935
1936
1937
1938
1939
1940
1941
1942
1943
1944
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
Nati
Morti
97
89
95
81
78
88
83
70
72
83
83
91
68
79
73
75
71
70
69
59
56
49
45
64
69
52
61
78
68
57
61
64
81
84
65
84
56
47
74
67
65
69
77
73
55
58
70
66
53
76
61
69
61
62
60
60
62
59
52
66
52
64
68
55
76
67
69
50
49
32
33
33
33
50
33
32
42
55
41
52
58
51
42
40
44
35
31
35
42
44
57
34
44
44
31
33
39
30
34
47
44
35
45
38
33
47
40
41
52
43
37
54
53
37
58
51
41
36
35
46
42
37
48
39
39
41
42
36
41
51
48
42
48
60
Immigrati
interno
188
63
101
118
70
166
124
172
173
164
96
81
74
118
162
138
86
116
86
103
116
156
81
139
118
112
140
103
103
173
96
94
178
153
113
101
135
139
134
130
111
112
149
152
154
143
174
134
182
236
169
163
170
204
198
189
216
142
152
165
154
192
199
247
199
193
174
Immigrati
estero
15
6
0
0
1
2
1
0
6
2
0
0
0
0
3
5
3
0
1
0
0
1
0
1
6
1
3
1
0
1
1
2
11
20
12
4
18
9
11
26
25
31
46
15
30
33
20
18
13
19
29
19
23
26
25
18
12
25
16
12
16
11
7
6
6
15
4
Emigrati
interno
92
77
107
112
149
164
110
113
181
159
64
105
67
112
85
186
133
111
90
121
91
165
121
143
124
106
123
157
152
130
113
141
139
139
138
130
94
119
129
90
134
109
144
152
119
98
146
106
96
105
104
98
139
140
175
117
126
135
149
168
106
66
145
120
177
120
168
Emigrati
estero
11
6
5
1
0
1
0
0
30
1
0
0
73
0
2
0
0
0
13
1
0
4
0
0
2
0
0
53
8
5
5
2
4
0
8
11
50
146
53
39
7
1
0
1
6
12
6
22
7
7
3
8
2
1
13
3
1
2
0
1
2
0
1
1
3
1
7
Totale
residenti
3554
3585
3647
3711
3677
3734
3782
3637
3661
3707
3754
3778
3737
3760
3864
3854
3830
3858
3876
3885
3903
3898
3862
3912
3940
3955
3992
3933
3911
3968
3774
3761
3859
3933
3942
3945
3972
3869
3859
3913
3923
3893
4107
4157
4217
4288
4363
4395
4489
4667
4702
4838
4944
5049
5098
5196
5317
5367
5397
5429
5473
5659
5737
5877
5934
6041
6053
S. LUCIA DEL MELA
CITTA' D'ARTE
di F. B.
B
ravi, bravi, bravi! Ho letto
con vero piacere un opuscolo
ancora fresco di stampa nel
quale l'Associazione SocioCulturale “Padre Giovanni Parisi T.O.R.
- Progetto Mela” illustra con un testo
agile e scorrevole (in italiano e in inglese) e con dovizia di materiale fotografico
tutte le bellezze della città di S. Lucia del
Mela fornendo una dettagliata descrizione di quello che un visitatore vi può trovare, dai monumenti ai dipinti, dal
folklore alla gastronomia all'artigianato.
Fa piacere, fra tante associazioni che
vivono di politica, trovarne una che fa
veramente cultura e promuove fattivamente il proprio paese. Bravi per avere
coinvolto nell'iniziativa gli operatori
economici locali. Bravi per avere scelto
la direzione del turismo culturale come
unica “carta da giocare”, anziché correre dietro all'illusione di un “fallimentare
sviluppo industriale” che ci ha dato lavoro e, al tempo stesso, pane avvelenato.
Bravi per avere condensato tante notizie
in una simpatica “guida” che si legge tutta d'un fiato.
Si tratta, tra l'altro, di una eloquente
risposta all'assessore Luigi Ragno che in
un convegno tenuto nel nostro paese
ebbe l’arroganza di sostenere che i Comuni del Mela non possono avere prospettive turistiche.
Un solo appunto, se mi è permesso, al
testo curato egregiamente dal prof. Libero Rappazzo. La storia è come una macchina: ogni tanto ha bisogno di una
revisione. Sono finiti i tempi in cui la storia la scrivevano presuntuosi canonici,
spesso inventando notizie di sana pianta.
Oggi ogni affermazione deve essere supportata da idonea documentazione. Finiamola con la favola dei presunti
soggiorni luciesi di Federico II di Svevia
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
Ø
14
e con l'assurda ipotesi di un suicidio di
Pier delle Vigne sotto la torre del Castello; finiamola soprattutto con il falso storico della presunta “Prelatura nullius”
più antica del mondo. Lo stesso P. Giovanni Parisi, del quale l'associazione
vuole onorare la memoria e che notoriamente non poté esprimere tutto quello
che pensava e sapeva, ha discretamente
segnalato la mancanza di qualsiasi documento relativo alla creazione della Prelatura di S. Lucia (Diana Facellina, p. 227,
nota 1) e l'abuso del titolo di “Cappellano Maggiore del Regno” da parte dei
Prelati luciesi (ibidem, pp. 242-243).
A parte questo neo facilmente eliminabile, l'operazione merita senz'altro un
plauso incondizionato. Speriamo anzi
che l'associazione, in adesione alla propria intestazione (Progetto Mela), estenda l'iniziativa anche ai due Comuni della
Valle del Mela nati dalla costola di S. Lucia. q
Aria di guai
Gli organi di stampa siciliani
e nazionali hanno risollevato
l’attenzione sul degrado
ambientale del milazzese e,
in particolare,
del nostro territorio
comunale
di Lino Andaloro
E
’ quasi superfluo ricordare
che si fanno sempre più pesanti le prove d’accusa per
l’inquinamento atmosferico.
Non solo quale causa di patologie respiratorie e di decessi conseguenti all’esposizione acuta, ma anche quale
responsabile dl un aumento della mortalità in seguito a esposizione cronica a livelli facilmente presenti nell’aria che
noi tutti respiriamo. Questi campanelli
d’allarme risuonano ormai da decenni,
senza che un’intera classe politica abbia
mai conseguito un qualunque risultato
nella lotta all’inquinamento dl origine
industriale, anzi per decenni il miope miraggio dello sviluppo industriale e
dell’occupazione connessa è stato volutamente barattato con la salute dei propri
concittadini. È giunto ormai il momento
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
di richiamare l’attenzione di tutti su alcuni punti fondamentali del rapporto
ambiente-salute: - la salute delle popolazioni umane è strettamente dipendente
dall’integrità della biosfera e dagli equilibri fisico-chimici che permettono la
vita sul pianeta. - le minacce alla salute
derivanti dall’inquinamento e dal degrado ambientali sono numerosissime.
Molte sono note in quanto documentate,
altre sono deducibili da prove indiziarie
o sospettabili in base alle conoscenze attuali. Altre infine non sono documentabili ora, in quanto si evidenzieranno in
futuro.
Riguardo ai soli composti chimici, le
sostanze immesse quotidianamente
nell’acqua, nei cibi, nell’aria, nel suolo
sono circa 100.000. Solo dl poche centinaia dl queste sostanze si conoscono gli
effetti tossicologici. Inoltre, i dati conosciuti solo raramente riguardano l’esposizione cronica e gli effetti sinergici e
pertanto sono insufficienti a permettere
dl valutare l’ecotossicità. -i sintomi del
degrado ambientale e delle sue conseguenze sanitarie sono comunque evidenti. La gravita’ del problema si va
rapidamente imponendo. L’OMS ha affermato che 3 persone su 4 muoiono per
malattie legate allo stile dl vita e all’inquinamento. - le cause delle malattie fatali che colpiscono oggi il 70% delle
popolazioni dei paesi industrializzati,
quali le malattie cronico-degenerative
(tumori, malattie cardiovascolari e broncopolmonari), sono molteplici ed ancora
parzialmente sconosciute. Tuttavia, lo
stile di vita centrato sui consumi, tipico
di questi popoli, ne è considerato il maggior responsabile, sia come fonte di comportamenti a rischio che di inquinamento
ambientale. Conseguenze operative.
È pertanto giunto il momento di cambiare alcune priorità - venga data priorità, nelle politiche che riguardano
l’ambiente, alla salute delle popolazioni
e alla conservazione degli equilibri ecologici. -venga affermato, come implicito
nel diritto alla salute, il diritto della popolazione
Di conoscere la dannosità per la salute degli ambienti di vita così come quelli
di lavoro, con particolare riguardo alla
qualità dell’aria, dell’acqua e degli alimenti. Venga assicurato un sistema locale di informazione permanente sulle
modalità dl attenuare il danno alla salute
derivante da esposizione a fattori inquinanti. Queste informazioni siano tali da
permettere al cittadini azioni individuali
e collettive miranti alla salvaguardia della loro salute. - venga richiesta la dimostrazione dl innocuità delle sostanze
immesse nell’ambiente, particolarmente
se artificiali, non degradabili e se tendenti ad accumularsi negli organismi
animali. Venga presunta quindi la tossicità o la dannosità per la salute dl qualunque prodotto fintantoché non se ne
dimostri l’innocuità con studi adeguati. nel campo della politica sanitaria, venga
attuata la prevenzione possibile con le
attuali conoscenze. E non soltanto il trattamento delle malattie, avviando efficaci campagne educative nonché
interventi e programmi atti a ridurre gli
stili di vita patogeni e dannosi. - venga
data la priorità a politiche agricole che
consentano di avviare, sostenere. E diffondere pratiche di coltivazione che minimizzino i danni da inquinamento per la
popolazione, i danni da tossicità professionale, e massimizzino il rispetto delle
caratteristiche del suolo, della fauna e
della flora locali. - venga data la prioritàin ultima analisi - a politiche energetiche, economiche e dei trasporti che riducano piuttosto che aumentare la
pressione sull’ambiente, creando una
apposita regolamentazione locale, nazionale ed internazionale che tuteli la salute e l’ambiente localmente e
globalmente. A questo punto è ovvio ricordare al futuri amministratori locali
che il tempo degli indugi è abbondantemente finito e che è giunto il momento di
agire nell’interesse della salute dei propri concittadini, abbandonando senza
rimpianti consorzi di sviluppo pseudoindustriale, revocando le autorizzazioni
agli stabilimenti industriali che notoriamente inquinano infischiandosene di
tutte le normative e restituendo il territorio alla propria vocazione naturale che
resta l’unico tipo dl sviluppo sostenibile
(Bagnoli docet).q
15
I FATTI
NOSTRI
a cura di Franco Biviano
I
l governo regionale ha deciso
la data delle prossime elezioni amministrative, che si
svolgeranno domenica 24
maggio, giorno dell'Ascensione. Fervono quindi, anche nel nostro paese, gli incontri per la preparazione delle liste e per
le candidature a sindaco. Pare che il travaglio del parto sia particolarmente difficile perché si stenta a trovare elementi
nuovi, mentre la popolazione se ne sta
immobile a guardare. Il fatto è che a Pace
del Mela non esistono partiti o movimenti politici. Se ci fossero li vedremmo
presenti con continuità, impegnati ad affrontare i problemi del paese, a formare
il ricambio politico-amministrativo, ad
esplicitare un preciso programma d'azione. Invece esistono unicamente dei comitati che aprono sezioni e inalberano
vessilli ad ogni scadenza elettorale e poi
svaniscono improvvisamente nel nulla.
Essi hanno il solo scopo di elaborare
strategie di conquista del potere e non di
servizio alla comunità e, non avendo seminato a tempo opportuno, raccolgono
soltanto il generale disinteresse dei cittadini, che è il maggior male che un paese
possa registrare e il peggior nemico della
vera democrazia.
***
Costerà 83 milioni alle casse del Comune l'occupazione di mq. 4562 di terreno di proprietà di Caterina Basile nella
frazione di Giammoro, disposta con ordinanza sindacale del 7 novembre 1981 e
divenuta illegittima per decorrenza dei
termini. Agli attuali amministratori non
resta altro da fare che pagare il danno e
restituire alla ditta proprietaria, entro il
28 marzo 1998, il terreno indebitamente
occupato. Chi è il responsabile di questo
danno erariale?
***
Quanto spende in un anno il nostro
Comune per canoni e utenze telefoniche? L'onere presunto per il 1998 ammonta a lire 46.500.000, così suddivise:
Servizi generali
35.000.000
Scuole materne
2.500.000
Scuole elementari
2.000.000
Scuolamedia
4.500.000
Asili nido
2.500.000
***
Saranno affidati con il sistema della
trattativa privata i lavori di manutenzione del Palazzo Caprì, sede della Biblioteca Comunale. Il relativo preventivo
ammonta a lire 15.355.000, IVA compresa.
***
In seguito alla ripubblicazione del relativo bando sulla Gazzetta Ufficiale, le
date di svolgimento delle gare di appalto
per l'assegnazione di alcuni importanti
lavori pubblici nel nostro Comune hanno
subito uno slittamento, secondo il seguente calendario:
3 marzo 1998 - Lavori di ristrutturazione ed ampliamento del Cimitero Comunale (I lotto);
5 marzo 1998 - Lavori di potenziamento dell'acquedotto esterno (I lotto);
10 marzo 1998 - Lavori di ristrutturazione e completamento del Centro Diurno per Anziani.
***
In seguito alla rinuncia al mandato da
parte dell'avv. Giuseppe Rizzo, è stato
affidato all'avv. Elvira Sibilla di Milazzo
l'incarico di difendere gli interessi del
Comune di Pace del Mela nei confronti
del Consorzio A.S.I. che chiede insistentemente il pagamento dei canoni per i
servizi di depurazione e fognatura relativi agli anni dal 1987 al 1992. Pare che i
dirigenti del Consorzio avessero a suo
tempo promesso, ma solo verbalmente,
di esentare il nostro Comune dal pagamento dei canoni in questione. Purtroppo non esiste alcun verbale scritto di tale
accordo da esibire al giudice del tribunale di Barcellona, davanti al quale la causa
è attualmente pendente. La somma in
ballo è veramente notevole: un miliardo
e 155 milioni, oltre gli interessi e le spese
legali. Una vera patata bollente per coloro che saranno chiamati ad amministrare
il nostro Comune dal prossimo giugno.
***
Ha avuto inizio giovedì scorso (26
febbraio) un corso di potatura ed innesto
organizzato dal Comune di Pace del
Mela e dall'Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste (Sezione Operativa 1 di
Spadafora). Il corso, che intende rivolgersi soprattutto alle nuove generazioni
ed è assolutamente gratuito, si tiene nei
locali del Municipio ed avrà cadenza bisettimanale. E' ammirevole l'impegno
quasi eroico con il quale l'assessore
Franco De Gaetano cerca di dare spazio
ed attenzione all'agricoltura, un settore
che da decenni era stato completamente
trascurato dagli amministratori comunali.q
SPAZIO
GIOVANI
I
l Comune di Pace del Mela ha
ottenuto dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali, un finanziamento di lire
200.000.000 per il progetto denominato
“Spazio Giovani”.
Il progetto coinvolge lo stesso Comune di Pace del Mela come capofila ed
i Comuni di S. Lucia del Mela, Monforte
S. Giorgio e S. Pier Niceto ed è stato affidato in gestione alla cooperativa sociale
“Utopia” che ne curerà la realizzazione
L'obiettivo generale è quello di sviluppare delle azioni progettuali per ciò
che riguarda la funzione di orientamento
e di informazione alle scelte scolastiche
e professionali. In quest'ottica il progetto
coinvolgerà una fascia di età che va dai
dodici ai venticinque anni. Infatti, tutti
gli adolescenti ed i giovani delle comunità territoriali interessate possono essere considerati potenziali fruitori di
un'azione di orientamento per un ottimale inserimento nel mondo del lavoro.
Il progetto mira a fornire un aiuto ed
un sostegno nella fase problematica di
transizione verso la vita adulta e nella
scoperta delle proprie attitudini lavorative.
In quest'ottica verrà istituito un Centro di Orientamento (C.O.G.A.) con una
sede centrale a Pace del Mela (Via Palmiro Togliatti angolo via Libertà) in cui
opererà un’équipe di operatori che sarà
costantemente presente anche negli altri
Comuni collegati al progetto.
Il Centro, pertanto, in relazione alle
finalità generali a suo tempo dichiarate,
opererà in modo più specifico sui seguenti obiettivi:
- sostenere adolescenti e giovani nella costruzione dell'identità personale stimolandone
l'autonomia
e
l'autoprogettualità;
- stimolare ed accrescere le capacità
creative ed imprenditoriali dei giovani
anche attraverso degli stages operativi;
- sostenere ed aiutare adolescenti e
Il Nicodemo - Marzo 1998 - n. 63
Ø
giovani delle scuole medie inferiori e superiori nel delicato momento di scelta e
di passaggio tra un ordine di scuola e l'altro con l'allestimento di “pacchetti” di
iniziative idonee allo scopo, organizzati
e gestiti in collaborazione stretta con gli
insegnanti dei diversi ordini scolastici ed
in sinergia con quanto previsto dal Progetti Educativi di Istituto;
- fornire un sostegno ed un accompagnamento educativo “forte” alle scelte
professionali e/o lavorative dei giovani;
- contribuire attraverso le attività di
orientamento al contenimento del fenomeno della dispersione scolastica, della
fuga verso la dipendenza da sostanze
stupefacenti e dei fenomeni di disagio
giovanile.
Il Centro disporrà di locali atti alla
frequentazione giovanile e muniti di attrezzature audiovisive e informatiche
per la consultazione di sussidi, banche
dati e strumenti multimediali riguardanti
l'orientamento scolastico e professionale, l'educazione al lavoro e all'imprenditorialità.
L’équipe del C.O.G.A. svolgerà inoltre un'azione di consulenza per genitori,
insegnanti ed educatori al fine di sostenere e potenziare le attività ed i percorsi
didattici in materia di orientamento predisposte dalle scuole ricadenti nel territorio dei quattro Comuni interessati.
Gli operatori del Centro predisporranno anche interventi di singoli esperti
che presenteranno ai giovani esperienze
professionali, imprenditoriali ed artigianali particolarmente significative.q
Grazie, Signore, per il tuo
pastore fedele
In memoria di Mons.
Antonio Bucca
di don Santino Colosi
A
l vespro del Giorno del Signore, 22 febbraio u.s., si
concludeva - nella propria
abitazione di Milazzo - la
corsa terrena di Mons. Antonino Bucca,
zelante pastore della nostra comunità
parrocchiale per un trentennio. Lo affidiamo a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, perché lo presenti al Padre e possa
partecipare alla liturgia del cielo, nella
comunione dei santi.
P. Antonio, come tutti familiarmente
lo chiamavamo, era nato a S. Filippo del
Mela il 7 giugno 1915. Figlio di una numerosa famiglia, di saldi principi religiosi, aveva compiuto gli studi nei
seminari di S. Lucia del Mela, di Monreale, di Patti. Ordinato sacerdote per la
Prelatura di S. Lucia del Mela da Mons.
Angelo Ficarra, nella Cattedrale di Patti
il 23 giugno 1940, dopo un periodo di
sofferente permanenza in ospedale per
un incidente, in diocesi ricopriva gli incarichi di mansionario, quindi canonico
del capitolo cattedrale e vicario cooperatore a S. Filippo del Mela.
Promosso parroco (1953) di S. Filippo del Mela doveva sperimentare tutta
Mons. Antonio Bucca (1915-1998)
l'amarezza di un ministero resogli difficile da numerose prove fino al trasferimento alla parrocchia dell'Annunziata in
S. Lucia del Mela (1956).
Mons. Francesco Ricceri, riconoscendo le sue qualità, gli affidava la cura
pastorale di S. Maria della Visitazione in
Pace del Mela, il 27 aprile 1958.
Qui trovava una parrocchia viva, ma
operante in un tessuto sociale fortemente
segnato da campanilismi, da contrapposizioni partitiche, e contraddistinto dai
nuovi processi sociali innescati dall'incipiente industrializzazione.
L'animo del pastore si adoperava a ricucire il tessuto del paese, a tenere vive
le tradizioni del passato e ad innovare la
prassi pastorale, con molta prudenza ma
fermamente, secondo lo spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Curava la formazione del laicato promovuovendo le “adunanze” delle associazioni, gli esercizi spirituali nel
periodo quaresimale, la predicazione per
categorie sociali, le missioni a tutto il popolo affidate ai PP. Passionisti e Gesuiti.
La vita liturgica era proposta come fulcro della parrocchia. Particolare rilievo
dava al culto eucaristico, alla devozione
mariana, al canto ed alla dignità dei sacri
riti. Gli ammalati ed i giovani erano accostati, con intensità d'affetto, dal cuore
del padre.
La crisi dell'organizzazione pastorale, sopravvenuta negli anni del postConcilio, lo trovava impegnato nel tentativo di aprire nuove strade attraverso la
catechesi dei fanciulli, i gruppi spontanei dei giovani, gli incontri per i fidanzati e per i cresimandi, la “peregrinatio
Mariae” nel mese di maggio.
Nel contempo i superiori lo chiamavano a svolgere altre mansioni a servizio
della diocesi: minutante di Curia, direttore dell'Ufficio catechistico, padre spirituale nel Seminario prelatizio. Ed al
Seminario avviava un buon gruppo di
fanciulli, in genere chierichetti, per dare
qualche Sacerdote in più alla Chiesa. Tre
di quei fanciulli sono diventati presbiteri. La parrocchia deve a P. Antonio la costruzione della casa canonica, dei locali
annessi alla chiesa del Redentore, la riparazione di quest'ultima e della chiesa
parrocchiale con cantieri di lavoro.
Mons. Salvatore Di Salvo, amministratore apostolico, lo faceva insignire
del titolo di Monsignore, cappellano di
S.S., nel 1975.
L'amministrazione comunale di Pace
del Mela gli conferiva la “cittadinanza
onoraria” nel 1987.
Dal 1988, al termine del suo mandato
di parroco, risiedeva con la fedelissima
sorella Maria in Milazzo. Fintantoché le
forze fisiche glielo hanno consentito,
prestava il suo aiuto alla chiesa Madre,
ed anche nella propria abitazione era ancora disponibile per le confessione o per
la direzione spirituale.
Al pastore, al padre, all'amico e fratello diamo il nostro ultimo saluto qui
sulla terra, con la certa speranza di poterci incontrare nella patria dei cieli!q
Redazione e stampa presso Parrocchia S. Maria della Visitazione ((090) 93.31.65 - Pace del Mela - Anno VII n. 63 - 1° Marzo 1998
16
Scarica

N. 63 - 1 Marzo 1998 - Associazione "Tutela della Salute dei Cittadini"