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FICA !N
PUGLIA
A L SECOLO XVIII
Fu a Magonza che, intorno al 1445, Gutenberg e Fust usarono per
la prima volta nella storia della civiltà i caratteri di metallo nella composizione della famosa Biblia Sacra Latina, in folio, a due colonne, in
due grandi torni, che doveva essere la capostipite delle più belle edizioni
odierne.
E fu dalla Germania che calarono in Italia i primi stampatori, due
dei quali, lo Sweynheim e il Pannartz, si stabilirono a Subiaco, per pubblicare, accanto a volumi di grande formato e magistralmente impressi,
volumetti minori (la Grammatica Latina di Elio Donato...), e opuscoli
dei quali si è persa ogni traccia : libretti scolastici, quadernetti di preghiera per il popolo, che furono presto divorati dall'uso... Oggi, ogni
tanto, se ne trova qua e là qualche logoro foglio, qualche brano, quale
è appunto un frammento di sole 7 carte su la Passione di Gesù, scoperto nel 1926 a Monaco e che si vuole sia stato impresso nel 1462,
in una località non ben determinata tra il Po e l'Arno. Sarebbe esso,
quindi, il più antico testo italiano » (1).
Prima di avere tipografie proprie la Puglia dette dei tipografi, tra
cui Alessandro Minuziano da Sansevero (Morto nel 1521), che si rese
tristemente' celebre per certe furbizie adottate nei confronti dei suoi
colleghi, ma le cui opere godono ancora oggi la stima degli studiosi.
Dove imparò l'arte sua il Minuziano? In Puglia o fuori? Ecco un
quesito che sarebbe interessante risolvere, ma purtroppo non abbiamo
notizie riguardanti l'apprendistato del Minuziano. Del resto, tipografie
in Puglia in quell'epoca non ce n'erano. C'era (per lo meno così scrivono il Bolognini (2), il Di Tarsia Morisco (3), e il Bindi (citato dal Bolo(1) A.
1930.
CERVESATO,
Il Libro Italiano nei secoli, in « Almanacco It. », Bemborad,
Storia di Conversano, Canfora, Bari, 1935.
(3) P. A. TARSIA MORISCO, Historarium Cupersenensi, a cura di Bolognini, id.,
(2) A.
BOLOGNINI,
1936.
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gnini), è vero, una tipografia prima del '500 nel castello degli Acquaviva
a Conversano, allora sotto Andrea Matteo (1475-1528), che avrebbe stampato libri del Pontano e del Summonte, ma di questi libri non ci restano
tracce, sono stati divorati dal tempo, inghiottiti dalle tenebre. Dunque?
Al massimo possiamo azzardare che il Minuziano sia stato tra i tipografi di Andrea Matteo Acquaviva d'Aragona. Questa la preistoria.
La prima tipografia storica nacque a Bari nel 1535 ad opera di un
francese, Gilberto Nehou, che stampò le « Operette Morali » del Partenopeo Suavio, un autore che è stato un po' la dannazione degli studiosi
(si pensò al patrizio leccese Spinetto-Ventura, a Crisostomo Colonna,
ecc.), ma che ora, grazie al Rosalba (4), riconosciamo per Col'Antonio
Carmignano, tesoriere degli Sforza a Bari e accompagnatore e storico
del viaggio di Bona Sforza verso la Polonia.
Quali altri libri stampasse a Bari il Nehou non ci è dato sapere,
anche se il Perotti (5), con una fantasia degna di Carolina Invernizio,
immagina e in un certo modo assicura, la ristampa delle « Leggi Longobarde » di Carlo di Tocco, tradotte e postillate dal barese G. B. Nenna, la cui prima edizione era stata fatta a Venezia presso D. L. Lilium
nel 1537.
Da Bari dobbiamo spostarci a Copertino, dove un Giovan Bernardino Desa, forse del luogo, aprì la sua bella stamperia e pubblicò « La
Filosofia acerrima de Anima » di F. Scarpia (1584) e « Le Ordinazioni
per la Chiesa et Diocesi di Nardò » di F. Fornari (1591), ma anche dell'altro, perchè non è verosimile che ín 7 anni stampasse appena due
opere, né sappiamo se lo fece dopo il 1591.
Col sorgere del '600 arrivarono a Bari molti stampatori, tra cui Giulio Cesare Ventura, che stampò le « Lectionis Aureae in omne quod pertinet at artem Pharmacopeam » di G. P. Spinelli (1604) e « Oratio in
Aula Palatii Archiepiscopalis Barensis » di N. C. Cardassi (1607); Giulio
Cesare e Antonio Pace, che furono prima celebri stampatori in Venezia
e in Napoli, e che stamparono in Bari « I successi della penuria e della
mortalità dell'anno 1607 » di Scipione Cardassi (1607), « Il Sinodo Diocesano celebrato dall'Arcivescovo Caracciolo nel 1607 » (1607), « Relazione dell'irato Vesuvio, dei suoi fulminanti furori ed avvenimenti compassionevoli » di Scipione Cardassi (1632); Jacobo Guidone o Gaidone,
che ristampò le « Lectionis Aureae in omne pertinet ad artem Pharmacopeam » di G. P. Spinelli, a cura di F. A. Spinelli, figlio dell'autore, il
« Trionfo e martirio di S. Angelo carmelitano », tragedia di Davide Galle (1630) e il « Paragone Spirituale in risposta ad una lettera da lui
scritta » di Francesco da Seclì (1634); Pietro Micheli, di cui non abbia(4) G.
ROSALBA,
(5) A.
PEROTTI,
Chi è il Partenopeo Suavio?, in « Rass. Critica », Napoli, 1917.
Bari Ignota, Laterza, Bari, 1958.
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mo notizie delle opere, e che poi si trasferì a Lecce, e Zannetti e Balenii
(Valerii), che stamparono « La Fede Trionfante » di Carlo Ponzi (1655),
« Le Disavventure di Bari » di Fabrizio Veniero (1656), « Mirabilia Minoritica Provinciae S. Nicolis Ordinis Minorum Regularis » di P. Bonaventura da Fasano (1656), « Trasognamenti poetici » di F. A. Vitale (1660),
« Adamo ed Eva » di Carlo Ponzi (1661), « Il Lucido specchio » di D. G.
Maritato (1665), « San Nicola di Mira » di Fabrizio Veniero (1668), « Raccolta de' privilegi, gratie et indulgentie de' Religiosi e Religiose » di Angelo Rocco (1669), « Legalium Altercationis Centuria unica » di G. A.
Molignani, ecc.
Prima della società con lo Zannetti, Lorenzo Valerii, romano, aveva
aperto una stamperia a Trani, dove aveva stampato varie opere, tra le
quali il « Compendio della Descrittione dell'antica, et fidelissima città
di Taranto » di G. p . Morelli (1623), la « Barbara », tragedia di N. Viti
(1638), « Ragguagli della città di Avellino » di S. Della Bona (1654).
Nel 1667, sempre a Trani, gli Eredi del Valeri stampano « Lo Svegliatoio de' tepidi al Divino Amore » di S. D. Maritato.
Dell'unica tipografia foggiana" parla Francesco Antonio Mattei (in
Carlo Villani) (6), il quale dice di aver pubblicato nel 1633 presso Novello De Bonis, famoso tipografo napoletano, un trattato : « Della Scherma ».
Nel Salento, dopò la tipografia copertinese del , Desa, s'arrangiò una
tipografia nel palazzo vescovile di Brindisi, dove si stampò una « Pratica
brevis ac universalis Omnium Summarum » di D. Ioanne à S. Stephano
(1627), tipografo Lorenzo Valerii, chiamato da Trani dall'Arcivescovo
Falces (7).
A Brindisi troviamo ancora una Stamperia Arcivescovile, che dà alla
luce « Le Cronache » di Antonello Coniger (1700).
LECCE
Maggiore fortuna ebbero in Puglia i tipografi che si stanziarono a
Lecce, tanto che si può parlare veramente di risveglio intellettuale esteso
alle lettere,' arti, scienze e filosofia.
E' a Lecce che troviamo nel XVII secolo uno stampatore tipo Mondadori o Laterza. E' un francese, viene dalla Borgogna e si chiama Pietro Micheli (o Michel?). Da quale epoca inizia il Micheli la sua prodigiosa attività? Il libro più antico trovato con la sua sigla è del 1632. Si
tratta del « Tancredi » di Ascanio Grandi, colui cioè che avrebbe superato Omero, Virgilio e Tasso. Così dicono i suoi biografi, e sono tanti.
In realtà è un poeta che sta tra Marino e Tasso. Certamente il Micheli
dovè fare buoni affari, se nel 1635 stampò dello stesso i « Fasti Sacri »,
(6) C. VILLANI, Scrittori ed Artisti pugliesi, Vecchi, Trani, 1904.(7) N. VACCA, Brindisi ignorata, Vecchi, Trani, 1954.
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nel 1639 « La Vergine Disponsata » e nel 1642 « Le Egloghe simboliche ».
Ma le opere impresse dal Micheli ed eredi nei cento anni circa di attività sono centinaia. Nel 1634 stampa la famosa « Lecce Sacra » dell'Infantino, nel 1637 « Il Trionfo di morte dell'Ill.ma Signora D. Beatrice
Acquaviva d'Aragona » di Angelo Fusco, nel 1648 « L'Avvento » di. G. B.
Coccioli, nel 1674 la famosa « Memoria historica della città di Brindisi » di Frate Andrea della Monica, nel 1699 la « Cicada, sive Carmina »
di G. Cicala, ecc. Citare tutte le opere date' in luce dal Micheli, sarebbe
fare un affronto al lettore. Diremo solo che nel 1696 la tipografia passò
agli Heredi Micheli.
Nel 1644 un tal Nicola Francesco Rubeum stampò in società col
Micheli il « De Deo Trino et Uno » di Gregorio Scherio. Di questa società non sappiamo altro, tranne che dové finire ben presto.
Nel 1706 una Tipografia Arcivescovile stampò « Della Vita di Scipione Ammirato » di D. De Angelis, e nel 1768 « Le Leggi dell'Accademia dei Trasformati di Lecce » di G. O. Palma.
Un buon nome come tipografo acquistò Tommaso Mazzei, che nel
1700 stampò « Il Quaresimale primo » di. M. Capuano, nel 1707 « L'Apologia paradossica » di J. A. Ferrari, nel 1714 « I Primi Martiri di Lecce
di C. Bozzi, nel 1716 « Le Prediche Quaresimali » di A. T. Arcudi, nel
1718 « Della vita, e' miracoli del venerabil P. Bernardino Realino » di
Frate Elia Cazzato, ecc.
Anche una certa importanza raggiunse la tipografia di Oronzo Chiriatti, che stampò nel 1714 il « S. Atanasio Magno » di A. T. Arcudi, nel
1719 1'« Orbis Rectus » dello stesso, nel 1724 la « Cronica dei Minori
Osservanti della Provincia di S. Nicolò » del P. Bonaventura da Lama,
nel 1727 « Le Epistole sacre » di J. A. Margarita e dello stesso, nello
stesso anno, « L'Opusculum cui titulus De Zelo in tres partes divisus ».
Importanza pari a quella del Micheli ebbe a Lecce Domenico Viverito, che stampò nel 1736 « Risposta alle critiche annotazioni del signor
G. B. Tafuri sopra le antiche Cronache di A. Coniger » di P. Ampolo,
nel 1741 il « De Tarantulae anatomae, et morsu » di N. Caputi, nel 1744
« Per l'Aspettazione del Divin Parto » di P. D'Aloisio, nel 1745 il « Rapporto... » di F. S. De Blasi, nel 1752 il « Micarius, inquo Romano hilari
inscriptio » dello stesso, nel 1758 la « Vita e morte dei SS. Oronzo e
Fortunato martiri, e Vescovi di Lecce ».
Un Pasquale Viverito, figlio o nipote del precedente, ebbe anche
un certo nome. Egli stampò nel 1781 « Il Martirio di S. Oronzo » di S.
Carretti, nel 1792 il « Poema » di F. S. Candido, nel 1799 « A' Signori
Nobili, e Popolari della fedelissima città d'Otranto » di S. De' Marco.
Della stessa importanza dei precedenti ci sembrano i fratelli Marino, il cui titolare Vincenzo ebbe una bella attività di una cinquantina
d'anni. Il primo libro che troviamo registrato al suo nome' è del 1794.
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Si chiama « Nuova e copiosa raccolta di tutte le toscane poesie sparse
in Italia sulle più interessanti circostanze di Francia e d'Europa » dell'Anonimo Musurù. A questa seguono : « Le Quattro stagioni » di F.
Briganti (1795), «.Serie di fatti relativi alla vita di Giovanni Presta » di
L. Franza (1797), « Frammenti Lirici » dell'Anonimo Musurù (1814),
« Sviluppo teorico pratico del tifo pestilenziale » di P. Leccie (1814) e
« Ragioni dì diritto, e di fatto dedotte scambievolmente nelle loro rispettive istruzioni in iscritto dal Rev. Capitolo del comune di Salice,
da una parte, e dalli signori D. Lancellotti De Laurentíis » di P. Colonna (1828), ecc.
L'Ottocento' dette anche buone tipografie, specie la Cannone di
Bari, che stampò le « Opere » di Perticari, le opere del Garruba e centinaia ancora di altri volumi, tutti pregevoli, che la pongono certamente al primo posto fra le tipografie dell'epoca, e non solo di Bari
o della Puglia. Accanto a questa annoteremo, a puro titolo di cronaca,
alcune tipografie dell'800, come la Petruzzelli di Bari, che stampò le
poesie baresi dell'Abbrescia, la Gissi & Avellino di Bari, La Salentina di
Lecce, la Vecchi di Trani, che tanto lustro dette alla nostra cultura, la
Pappacena di Taranto, la Lacaita di Manduria, la Russo e la Verriento
di Foggia, ecc.
Buone tipografie sono sorte in Puglia nel '9oo, ma su queste s'innalza maestosa la Casa Editrice Laterza, tra le più importanti del mondo. A Bari si iniziò l'arte tipografica in Puglia e a Bari raggiunge oggi
il culmine.
A tutti quelli che ci dicono oziosi noi opponiamo i documenti del
fervore che ci arse.
PASQUALE SORRENTI
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