L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA
RAPPORTO 2009-2010
Indice navigabile
PRESENTAZIONE
5
Prima parte
L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA E NEL MONDO
CAPITOLO 1
9
Una grande opportunità
CAPITOLO 2
11
Lo scenario economico
CAPITOLO 3
17
Ambiente, sicurezza e qualità delle normative
CAPITOLO 4
21
Sicurezza prodotti: i regolamenti europei
CAPITOLO 5
23
Politiche energetiche e climatiche
CAPITOLO 6
27
Logistica e competitività
CAPITOLO 7
31
Ricerca e innovazione
CAPITOLO 8
35
Responsible Care: il nostro impegno
per lo sviluppo sostenibile
CAPITOLO 9
Relazioni industriali e risorse umane
41
Seconda parte
LA CHIMICA E I SUOI SETTORI
Chimica di base organica,
inorganica e tensioattivi
47
Materie plastiche e resine sintetiche
49
L’agricoltura e il mercato dei fertilizzanti
51
Fibre artificiali e sintetiche
53
Agrofarmaci
55
Principi attivi e intermedi
di chimica farmaceutica
57
Chimica fine e delle specialità
58
La chimica per il settore alimentare
63
Prodotti sensibili
65
Oli lubrificanti
66
Abrasivi
68
Smalti per ceramica,
pigmenti inorganici, ossidi metallici
69
Adesivi e sigillanti
70
Pitture e vernici
72
Gas tecnici, speciali e medicinali
74
Detergenti e specialità
per l’industria e per la casa
77
Gli scenari dell’industria cosmetica
78
Farmaci di automedicazione
81
Prodotti per la salute animale
83
Biotecnologie
84
Gas di petrolio liquefatti
87
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Questa pubblicazione documenta il momento di passaggio nel quale ci troviamo, come settore e come sistema Paese.
Dopo la crisi drammatica che ha investito tutto il mondo, viviamo ora una fase delicata, fatta anche di timidi segnali di
ripresa, inseriti però in un contesto ancora fortemente perturbato.
L’industria chimica, in questa transizione, ha comunque posto basi ben solide per avviare la ricostruzione all’indomani
del disastro finanziario globale.
Mi riferisco soprattutto al rinnovo del contratto nazionale: un successo pieno, che rappresenta non solo una garanzia e
una tutela per lavoratori e imprese, ma anche un modello per tutta la nostra economia, al quale speriamo altri settori
possano ispirarsi per ritrovare stabilità.
Se le basi sono solide, le prospettive ci sembrano stimolanti per la ripresa.
L’ONU ha infatti deciso, nell’ambito del decennio per lo sviluppo sostenibile, che il 2011 sarà l’Anno della Chimica.
Sono molte le iniziative che stiamo ponendo in essere per celebrare opportunamente questa ricorrenza, cogliendo
questa grande opportunità di parlare di chimica, come scienza, come professione, come industria nella grande varietà
di prodotti che essa ci offre.
Noi speriamo che nel prossimo anno, oltre a celebrare la chimica come settore, si possano registrare segnali confortanti
di crescita, tanto più significativi perché sarebbero anticipazioni positive per tutto il settore manifatturiero, di cui la
chimica è l’alimentatore.
Con il 2010 entriamo inoltre nel quinquennio che ci condurrà all’Expo, un momento di grande rilancio per l’Italia sulla
scena internazionale, che vedrà la chimica protagonista per i temi prescelti, “Feeding the Planet, Energy for Life”: in tali
ambiti la chimica è protagonista oggi e sempre di più in prospettiva futura.
Se dunque la chimica, come abbiamo più volte sottolineato, è un indicatore efficace per anticipare gli andamenti economici,
si potranno apprezzare i contenuti di questo rapporto, che descrive come negli ultimi dodici mesi il nostro settore abbia
affrontato la crisi e si stia preparando ad uscirne, con la concretezza e lo sguardo al futuro che ci contraddistingue.
Giorgio Squinzi
Presidente
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>
1 Una grande opportunità
Il 2011 sarà l’Anno Internazionale della Chimica: lo ha
proclamato l’ONU affidando la responsabilità dell’evento
all’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per
l’Educazione, la Scienza e la Cultura, e a IUPAC, l’Unione
Internazionale della Chimica Pura ed Applicata.
plicando l’effetto delle nostre azioni, soprattutto nell’area
education. Il mondo della scuola e i giovani dai 10 ai
13/14 anni sono infatti strategici per un ri-posizionamento della chimica nel medio/lungo termine.
Il prossimo anno, celebrativo delle conquiste della chimica e del suo contributo al benessere dell’umanità, rappresenta uno degli appuntamenti che le Nazioni Unite
hanno creato nell’ambito del decennio dedicato all’educazione allo sviluppo sostenibile (2005-2014). In particolare, le attività nazionali e internazionali che
si svolgeranno saranno incentrate sull’importanza della chimica nella preservazione delle
risorse naturali.
Le alleanze
La chimica è fondamentale per la nostra comprensione del mondo e dell’universo. Le trasformazioni molecolari sono essenziali alla produzione di cibo,
medicine, carburante, e innumerevoli manufatti e prodotti. Il 2011
sarà un’occasione per il mondo
per celebrare l’arte e la scienza
chimica e il suo contributo fondamentale alla
conoscenza, alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo economico.
L’industria chimica, insieme a tutti gli enti interessati, deve
cogliere questa straordinaria opportunità per proseguire
nello sforzo per migliorare la conoscenza dell’importanza della chimica.
Ciò anche alla luce dell’effettivo cambiamento di atteggiamento che sta interessando la chimica, come risultato degli sforzi profusi negli ultimi anni.
Si tratta dunque di una grande occasione per presentare il ruolo che essa ha nella nostra vita intensificando la
portata dei messaggi che tradizionalmente la Federazione
utilizza per la propria comunicazione, ma anche molti-
Per un riscontro nazionale dell’avvenimento, che raggiunga però capillarmente i pubblici interessati, è indispensabile la costruzione di un sistema di alleanze con partner qualificati, che dovranno essere opportunamente motivati e coinvolti.
Prioritariamente questi alleati saranno i Ministeri
competenti, l’Unesco, e naturalmente la SCI Società Chimica Italiana. Ciò nel quadro di
un’attivazione del sistema confindustriale, sia a livello nazionale,
sia locale, coi Gruppi chimici e
l’area education delle associazioni territoriali.
Infine, andrà ricercata un’alleanza importante e significativa, soprattutto come
caratteristica del settore nel nostro Paese: quella con le Organizzazioni sindacali.
Attraverso il coinvolgimento fattivo di tutti questi soggetti sarà possibile entrare a contatto con porzioni significative di pubblico.
Un altro importante elemento strategico è sfruttare le ampie
sinergie con i temi scelti per Expo 2015. Il tema “Feeding
the Planet, Energy for Life” chiama infatti in causa la chimica e il suo contributo.
L’Anno della chimica può essere un primo pilastro significativo sul quale costruire il ponte di arrivo all’Expo; le
sinergie create nel 2011 si potranno sviluppare con una
ricaduta positiva negli anni successivi.
9
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Appuntamenti da non perdere
Federazione e mostrare con trasparenza all’opinione pubblica e agli studenti la chimica e i suoi prodotti.
Sono diverse le iniziative già pensate per celebrare
questa data.
L’ambizione è quella di promuovere gli eventi celebrativi
insieme alle istituzioni. Tutte le iniziative rivolte all’attività
scientifica ed educativa dovrebbero essere sviluppate
insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca.
Anzitutto si intende organizzare un convegno inaugurale,
una sorta di “Stati generali” della chimica nel nostro Paese,
per aprire il 2011 attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema.
Sono già disponibili, come corredo alle iniziative in programma, strumenti utili pensati in questi ultimi anni per avviare un nuovo modo di comunicare con il largo pubblico.
Intendiamo potenziare “La settimana della chimica” − l’iniziativa proposta con successo nel 2009 a livello locale
insieme all’Ufficio Regionale Scolastico della Lombardia,
che ha coinvolto associazioni territoriali, imprese, università, scuole secondarie, parchi scientifici e musei per un
totale di oltre 60 eventi − e trasformarla in un evento di
carattere nazionale.
In quest’ambito, Confindustria dedicherà alla chimica l’edizione nazionale di Orientagiovani.
Sarà inoltre promosso un premio per le scuole medie, per
stimolare le proposte del target considerato più strategico
e consentire l’accrescimento della conoscenza della chimica in modo divertente e creativo.
Con il rilancio di “Fabbriche Aperte” si intende dimostrare
come è significativamente migliorato il modo di produrre e
“di fare impresa” negli ultimi 20 anni dal punto di vista della sicurezza e salute dei lavoratori, della tutela ambientale
e della cura del prodotto lungo tutto il ciclo di vita. L’edizione
speciale di Fabbriche Aperte è lo strumento con il quale
saranno coinvolte un gran numero di imprese associate per
mostrarsi, nel modo che ritengono più opportuno (visite guidate, convegni, giornate celebrative, invito alle autorità
locali…), a chi non ha confidenza con il nostro settore.
La cassetta degli attrezzi
Per diffondere l’evento è on line sul sito di Federchimica il
banner che lo pubblicizza, con un countdown dei giorni
mancanti all’inizio dello Year of Chemistry.
L’Anno Internazionale della Chimica offre l’occasione per
aggiornare la comunicazione recentemente proposta dalla
10
Dallo scorso autunno è on line il sito chimicaunabuonascelta.it
realizzato nell’ambito del Progetto Lauree Scientifiche del
Ministero dell’Istruzione. Il sito, ideato e gestito da Federchimica, è un’ampia vetrina destinata a tre target principali:
università, scuole superiori e scuole medie. Oltre a raccogliere tutti gli strumenti realizzati da Federchimica nell’area
dell’education offre anche spunti di riflessione inediti e divertenti e materiali utili all’orientamento e alla divulgazione della chimica.
Tra le funzionalità disponibili: “Scopri la chimica dalla A
alla Z”, i “Video-Slide-Show” delle presentazioni create
per Orientagiovani e la “mappa” con i contatti delle scuole che partecipano alle attività della Federazione. L’agenda
del sito ospita inoltre tutti gli eventi e le manifestazioni in
ambito chimico di interesse per il mondo della scuola.
Le pubblicazioni promosse per avviare un
rapporto con la pubblica opinione e il materiale editoriale per studenti e insegnanti (le
guide di orientamento e
l’opuscolo “Tutti pazzi
per la Chimica!”) verranno proposti come
“collana” editoriale.
Ai video già realizzati e
visibili anche su “You
Tube” (“Vivere senza Chimica?” e “Chimica oltre il luogo
comune”) sarà affiancata la nuova serie di spot “Minuti di
chimica”, attualmente in fase di realizzazione.
L’intendimento finale di questa grande operazione è quello di fornire ai soggetti coinvolti una nuova chiave di interpretazione per avvicinarsi alla chimica leggendone le
caratteristiche, senza pregiudizi.
Il 2011 non sarà – soltanto – l’anno dell’industria chimica, ma un momento nel quale dare ai soggetti interessati
a questa scienza un palcoscenico sul quale rappresentarla, nella sua vera dimensione, affinché “chimica” torni
ad essere una parola comune, di facile comprensione e
che possa stare sulla bocca di tutti in senso positivo.
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>
2 Lo scenario economico
Il contesto mondiale ed europeo
La crisi ha fortemente colpito l’industria chimica mondiale:
nel 2009 i volumi prodotti sono calati del 4.7% (dopo un
2008 già in moderata contrazione) e, in conseguenza della tendenza al ribasso anche dei prezzi, il valore della produzione ha ripiegato verso i 1.770 miliardi di euro (dai
1.950 del 2008). Se la fase recessiva ha colpito indistintamente tutte le aree geografiche, la ripresa evidenzia marcate differenze.
Complessivamente i paesi emergenti hanno già recuperato i livelli pre-crisi. Di fatto la recessione si è manifestata soltanto attraverso un profondo ciclo delle scorte, innescato
dal blocco degli acquisti da parte degli operatori a cavallo tra 2008 e 2009. Il rapido rimbalzo della produzione
testimonia che la crisi non ha in alcun modo compromesso
i processi di sviluppo industriale ed economico alla base
del forte dinamismo della domanda di chimica. Tra le aree
emergenti, Asia e Medio Oriente non hanno mai interrotto
la crescita, registrando variazioni positive anche nel 20082009 (rispettivamente +0.8% e +11%, quest’ultima legata
all’entrata in operatività di nuova capacità produttiva nella
petrolchimica). L’Europa centro-orientale, invece, ha mostrato un vero e proprio tracollo (-18.1%), che ha annullato più
della metà della crescita sperimentata nei 5 anni precedenti
e che genera incertezza sulle prospettive future dell’economia e della chimica (date anche le diffuse situazioni di fragilità finanziaria e il crollo del settore immobiliare).
Nei paesi avanzati l’industria chimica fatica a tornare lungo un sentiero di sviluppo. Sia negli Stati Uniti, sia in Europa
occidentale la produzione si colloca su livelli inferiori al
2002, con conseguente ampia capacità inutilizzata e problemi di efficienza operativa. Tra i principali produttori chimici europei, Germania e Italia hanno subito la contrazione più pesante (-18% nel 2009 rispetto al pre-crisi, vale a
dire il 2007). La Francia, relativamente più specializzata
nella chimica destinata al consumo, ha mostrato un calo –
comunque pesante – ma più contenuto (-10.8%).
In effetti la crisi accentua e accelera cambiamenti già in
atto da tempo nel panorama mondiale. Il dinamismo intrinseco dei paesi emergenti e la necessità di razionalizzare
gli impianti chimici causano la perdita di quote di mercato
nei paesi avanzati (USA ed Europa occidentale arretrano
rispettivamente di 2 punti percentuali in soli 2 anni). Importanti
settori clienti presentano situazioni di sovraccapacità strutturale, che porteranno a una riallocazione della produzione a livello mondiale con effetti anche radicali sulla domanda chimica. Quest’ultima – soprattutto in Europa – sembra
avviata verso un recupero estremamente lento e graduale
e potrebbe subire rilevanti cambiamenti in termini sia di
composizione settoriale, sia di caratteristiche qualitative. In
presenza di un esteso eccesso di offerta, la concorrenza
tenderà ad intensificarsi non solo nei confronti dei paesi
emergenti, ma anche tra operatori delle aree avanzate. Nei
prossimi anni un fattore di dinamismo importante per la chimica europea potrà derivare, invece, dalla crescente attenzione al tema della sostenibilità. Il settore infatti, che vede
tradizionalmente la leadership europea anche sul piano
EVOLUZIONE DELLA PRODUZIONE CHIMICA
PER AREA GEOGRAFICA
(var. % cumulate)
Pre-crisi
2003-2007
Europa occidentale
- Germania
- Francia
- Italia
- Regno Unito
Nord America
America Latina
Asia
Europa centro-orientale
Africa e Medio Oriente
Mondo
+12.1
+12.0
+10.9
+8.9
+3.5
+11.8
+27.5
+46.5
+33.0
+54.4
+27.6
Crisi
2008-2009
-14.1
- 18.0
- 10.8
- 18.0
- 14.0
- 12.4
- 7.2
+0.8
- 18.1
+11.0
- 6.4
Fonte: elaborazioni e stime su dati American Chemistry Council, Eurostat
11
<
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QUOTE DI MERCATO NELL’INDUSTRIA CHIMICA MONDIALE
LA CHIMICA IN ITALIA NEL 2008-2009
(% di imprese)
(miliardi di euro, salvo diversa indicazione)
Chimica
Produzione
Esportazioni
Importazioni
Saldo commerciale
Domanda interna
Addetti (migliaia)
Chimica e farmaceutica
Produzione
Esportazioni
Importazioni
Saldo commerciale
Domanda interna
Addetti (migliaia)
Fonte: elaborazioni e stime su dati Cefic
dell’innovazione, gioca un ruolo fondamentale nella ricerca
di soluzioni tecnologiche in ambiti quali la lotta al riscaldamento globale e l’uso efficiente dell’energia e delle risorse.
La chimica in Italia
L’Italia è il terzo produttore chimico europeo, dopo Germania
e Francia. Nel 2009 il valore della produzione (farmaceutica esclusa) si è attestato sui 45.5 miliardi di euro subendo un arretramento pesante sia della domanda interna
(-17.6%), sia dell’export (-20.0%). Il deficit commerciale
(pari a 7.7 miliardi di euro) si è ridotto di 2.3 miliardi di
euro essenzialmente a causa della caduta dell’import
(-20.8%) e dei prezzi. L’occupazione, pari a 119 mila
addetti, ha mostrato – alla luce della contrazione dell’attività produttiva – un calo molto contenuto (-2.2%). Il settore
ha affrontato la crisi facendo ampio ricorso alla Cassa
Integrazione Guadagni (più che triplicata rispetto al 2008).
In Italia sono attive circa 3.000 imprese chimiche. Tra le
imprese a capitale italiano figurano numerose PMI, che
rappresentano il 41% del valore della produzione, e gruppi medio-grandi, che rivestono un ulteriore 23%. Le imprese chimiche a capitale estero ricoprono il restante 36%
della produzione, una quota sostanzialmente in linea con
la media europea (a differenza dell’industria manifatturiera
italiana che vede sottodimensionata la presenza estera).
12
2008
2009
54.6
22.2
32.2
-10.0
64.6
121.8
45.5
17.8
25.5
- 7.7
53.2
119.1
2008
2009
80.0
34.2
46.9
-12.7
92.7
189.3
70.5
30.0
41.6
- 11.6
82.1
184.7
Var.
-16.7%
-20.0%
-20.8%
+2.3
-17.6%
-2.2%
Var.
-11.9%
-12.2%
-11.3%
+1.1
-11.5%
- 2.4%
Fonte: Federchimica, Istat
Negli anni recenti non si è assistito a un diffuso processo
di disinvestimento, al contrario queste imprese hanno continuato a fare ricerca chimica in Italia e a generare un consistente flusso di esportazioni. L’attuale crisi tuttavia, imponendo il recupero di efficienza e la razionalizzazione degli
impianti a livello mondiale, comporta rischi rispetto al
mantenimento delle produzioni italiane, penalizzate da
DISTRIBUZIONE DELLA PRODUZIONE IN ITALIA
Nota: (*) vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro
Fonte: stime Federchimica, anno 2008
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RIPARTIZIONE DELL’EXPORT CHIMICO ITALIANO
PER CLASSE DI ADDETTI
EXPORT CHIMICO ITALIANO
E DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI
(%)
(in valore, indici 2000=100)
< 50
50 - 249
> 250
1999
2007
12.7
25.9
61.4
14.6
38.9
46.4
>
Nota: dati al netto degli agrofarmaci e delle fibre per i quali la disaggregazione per
classi di addetti non è disponibile
Fonte: Istat. Eurostat
sempre dalle arretratezze del sistema paese ( in primis
elevato costo dell’energia e inefficienza burocratica) che
in questa fase diventano insostenibili.
Per le imprese chimiche italiane la recessione globale è
giunta in un periodo già per molti versi difficile, alla luce
della crisi strutturale di importanti settori clienti (quelli del
made in Italy ) e del limitato dinamismo dell’economia nazionale, ma anche caratterizzato da un forte impegno verso il
cambiamento.
Il settore ha visto un notevole aumento della quota di fatturato destinata all’export, soprattutto per effetto della crescente
proiezione internazionale delle imprese di medie dimensioni (il peso sull’export totale delle imprese con 50-249 addetti è aumentato dal 26 al 39% in otto anni). Il confronto con
i principali produttori europei evidenzia una performance
all’export complessivamente buona, anche se il 2009 mostra
per l’Italia una caduta particolarmente pesante.
Emerge anche un processo di diversificazione dei mercati
di sbocco, volto evidentemente a cogliere le opportunità di
crescita dei paesi emergenti e proseguito anche durante la
recessione (peso dei primi 15 mercati in calo dal 72% del
1995 al 67% del 2009). Considerato che nei prossimi
anni la crescita sarà ancora più concentrata nei paesi emergenti più lontani, si tratta di un’evoluzione importante anche
se probabilmente insufficiente a sostenere nel breve periodo le vendite di chimica, visto il peso ancora assolutamente
predominante dei mercati tradizionali.
Nell’ambito del sistema industriale italiano, le medie
imprese sono quelle che mostrano, anche in una logica
di uscita dalla recessione, le maggiori capacità di sviluppo. Le analisi di Mediobanca-Unioncamere delineano questa realtà, in particolare facendo riferimento alle
imprese industriali a proprietà italiana con 50 - 499 dipendenti e un fatturato compreso tra i 13 e i 290 milioni di
PRINCIPALI MERCATI DI DESTINAZIONE DELL’EXPORT CHIMICO
(quota % sul totale)
Germania
Francia
Spagna
USA
Regno Unito
Belgio e Lussemburgo
Turchia
Paesi Bassi
Grecia
Polonia
Svizzera
Cina
Austria
Russia
Egitto
Quota primi 15 mercati
1995
2008
2009
14.7
13.0
6.2
5.8
5.7
4.5
3.4
3.4
2.6
1.0
4.4
1.0
2.3
0.5
0.6
71.9
14.6
10.5
7.0
4.9
4.2
3.8
3.6
3.1
3.2
2.8
2.7
2.2
2.4
2.0
1.4
68.3
14.2
10.1
6.8
4.9
4.3
3.6
3.4
3.2
3.0
3.0
2.7
2.3
2.2
1.8
1.5
67.0
Fonte: stime su dati Istat
13
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TORNA ALL’INDICE
DEMOGRAFIA DELLE MEDIE IMPRESE CHIMICHE ITALIANE
indici 1998=100
n° di imprese, salvo diversa indicazione
1998
Medie chimiche
Medie industriali
Incidenza chimiche su industriali
268
3.380
7.9%
2007
418
4.483
9.3%
Note: medie imprese = 13-290 milioni di euro di fatturato e 50-499 dipendenti; chimica esclusa cosmetica
Fonte: Mediobanca-Unioncamere, Le medie imprese industriali italiane (1998-2007), edizione 2010
euro. Nell’ultimo decennio questo gruppo si è ampliato,
passando da 3.380 a 4.483 imprese, con un incremento del 33%. Le medie imprese chimiche hanno mostrato un dinamismo ancora più significativo, +56%, e supe-
rano ora le 400 unità con un’incidenza sul totale delle
medie imprese industriali pari al 9.3%. Ciò testimonia il
ruolo dell’industria chimica quale fattore di dinamismo
dell’industria manifatturiera italiana nel suo complesso e
I PRINCIPALI GRUPPI CHIMICI ITALIANI - RISULTATI 2009
(milioni di euro)
Polimeri Europa
Gruppo Mapei
Gruppo Mossi&Ghisolfi
Radici Group
Gruppo Bracco
Gruppo P&R
Gruppo SOL
Polynt
Gruppo C.O.I.M.
Gruppo SIAD
Gruppo Colorobbia
Gruppo Sapio
Gruppo Aquafil
Gruppo Sipcam Oxon
Dobfar Holding
Gruppo Lamberti
Sadepan Chimica
Intercos
Gruppo Zobele
Gruppo Desa
Vendite
mondiali
Produzione
in Italia
4.203
1.670
1.508
774
666
611
463
420
420
415
400
390
338
335
320
287
226
226
211
199
3.128
654
298
465
498
441
276
340
240
250
178
377
201
155
241
156
170
127
54
199
Isagro
Esseco Group
Montefibre
F.I.S. - Fabbrica Italiana Sintetici
3V Partecipazioni Industriali
Mirato Group
Indena/Gruppo IdB Holding
FACI
Reagens
Index
Inver
Deborah
Sinterama
Paglieri Profumi
Fluorsid
Silvateam
Giovanni Bozzetto
Gruppo SOL.MAR.
Syndial-Attività diversificate
Lechler
Note: imprese con capitale a maggioranza italiano; i valori si riferiscono ai prodotti chimici (esclusi farmaci)
Fonte: Federchimica
14
Vendite
mondiali
Produzione
in Italia
194
169
165
159
152
146
145
130
122
117
103
101
95
92
91
90
90
86
85
85
108
92
14
159
120
146
117
60
65
117
70
101
50
92
91
75
48
86
85
85
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>
INTERNAZIONALIZZAZIONE PRODUTTIVA DELLE IMPRESE CHIMICHE A CAPITALE ITALIANO
2000
2008
Var. %
N° imprese investitrici
102
127
N° imprese estere partecipate
217
286
Dipendenti all’estero
19.905 25.100
Fatturato all’estero (*)
6.403
8.300
+24.5
+31.8
+26.1
+29.6
(*) milioni di euro
Nota: sono considerati medio-grandi gruppi quelli con vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro nel 2008
Fonte: elaborazioni su banca dati Reprint
la presenza nel settore di molte aziende che, avendo
saputo cogliere le opportunità della globalizzazione, si
trovano nelle condizioni per tornare a imboccare la via
della crescita.
soggetti investitori testimonia come siano coinvolti non solo
i gruppi medio-grandi, ma sempre più anche realtà di
medie e piccole dimensioni. In effetti, esse rappresentano
ormai il 70% delle imprese chimiche internazionalizzate.
In questo ambito rientrano molte delle imprese fotografate dalla classifica dei principali gruppi chimici italiani
(dove figurano realtà di dimensione anche maggiore). Si
tratta di imprese – spesso leader, a livello mondiale o
europeo, nel loro segmento – fortemente orientate alla
crescita, sempre più perseguita attraverso l’internazionalizzazione produttiva.
Il 38% della produzione avviene, infatti, in stabilimenti
esteri. Gli investimenti produttivi all’estero consentono di
presidiare i mercati più dinamici, sfruttare i vantaggi di
costo, acquisire competenze e spesso sono spinti anche
dall’esigenza di proporsi come fornitori globali dei propri clienti. Soprattutto nel caso di imprese specializzate
in particolari nicchie di mercato, permettono inoltre di raggiungere la massa critica necessaria a garantire un adeguato ritorno degli investimenti in ricerca.
Un aspetto centrale dell’evoluzione recente dell’industria
chimica italiana è il riposizionamento qualitativo, testimoniato dalla crescita più marcata dei valori medi unitari (che incorporano anche il contenuto qualitativo) rispetto ai prezzi all’esportazione a partire dal 2005. Il 2009
Nel settore i processi di internazionalizzazione produttiva
si vanno diffondendo. Ad oggi sono 127 le imprese chimiche italiane con produzioni all’estero, dove risultano
occupati 25 mila dipendenti, con un aumento del 26%
rispetto al 2000. Fino a qualche anno fa il grado di internazionalizzazione della chimica era inferiore alla media
dell’industria, ora la supera. Un risultato ancor più significativo in quanto realizzare un impianto chimico non è facile in termini tecnici e organizzativi. L’elevato numero di
VALORI MEDI UNITARI E PREZZI ALL’ESPORTAZIONE
NELL’INDUSTRIA CHIMICA
(indici 2002=100)
Fonte: elaborazioni su dati Istat
15
<
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mostra un arretramento di entrambi, che è andato ad
aggravare la caduta dei volumi esportati, ma che risulta più contenuto nei valori medi unitari.
La crisi, quindi, sembrerebbe avere rallentato ma non
compromesso del tutto la tendenza di medio periodo al
miglioramento del mix di prodotti esportati. Il fenomeno
ha coinvolto anche l’industria manifatturiera in generale,
ma nella chimica assume alcuni tratti peculiari.
Innanzitutto, da una recente indagine condotta da
Federchimica sulle imprese italiane di chimica fine e specialistica, emerge che la spinta verso il cambiamento era
piuttosto diffusa anche prima della crisi, coinvolgendo il
CAMBIAMENTI ATTUATI DALLE IMPRESE CHIMICHE ITALIANE
A PARTIRE DAGLI ANNI DUEMILA
(% di imprese)
Totale imprese Piccole
Nessun cambiamento
Cambiamenti incrementali
Cambiamenti radicali
Qualità dei prodotti e servizio al cliente
Strumentazione
Diversificazione settori clienti
Separazione R&S - controllo qualità
Investimenti in R&S
Addetti alla R&S
Programmazione e controllo della ricerca
Progetti di ricerca strutturati
27%
35%
38%
13%
25%
15%
6%
4%
42%
15%
21%
27%
53%
20%
17%
30%
20%
3%
3%
43%
3%
13%
Nota: sono considerate piccole le imprese con meno di 50 addetti
Fonte: Indagine Federchimica-Aispec sulle imprese italiane di chimica fine e specialità,
anno 2006
73% del campione egualmente distribuito tra piccole e
medio-grandi aziende. Tra le leve del riposizionamento
rivestono certamente un ruolo importante il miglioramento continuo dei prodotti e il potenziamento dei servizi al
cliente (13% delle imprese), gli investimenti in strumentazione tecnica (25%) e la diversificazione dei settori
clienti (15%).
Tuttavia, nell’industria chimica l’aspetto predominante
risiede nel rafforzamento dell’innovazione su diversi fronti: la separazione del laboratorio di R&S dal controllo
qualità (6%), l’aumento degli investimenti (4%) e degli
addetti dedicati alla R&S (42%), l’introduzione di più efficienti processi di programmazione e valutazione dei progetti di ricerca (15%), il passaggio a un’innovazione
16
basata su progetti a medio lungo termine (21%) in grado, non solo di rispondere a specifiche richieste o esigenze del cliente, ma anche di anticipare il mercato con
l’introduzione di effettive innovazioni di prodotto.
Il 38% delle imprese italiane di chimica fine e specialistica ha da anni intrapreso la strada di un ripensamento
radicale del proprio posizionamento, il 35% ha realizzato cambiamenti incrementali e un ulteriore 27% non
ha ritenuto necessari particolari interventi.
Nel 2010-2011 il ritmo di crescita dei settori clienti della chimica sarà limitato a causa di una situazione economica ancora critica (con disoccupazione in aumento
lungo tutto il periodo), problemi di liquidità e chiusura
definitiva di molte imprese industriali.
La crisi non può quindi dirsi alle spalle nel senso che continuerà a sottoporre a forte stress l’industria chimica nel
suo complesso. Un aumento della produzione chimica
stimato pari al 8-9% nei due anni comporterà livelli produttivi nel 2011 ancora inferiori di oltre il 10% rispetto
al 2007. Anche i settori meno colpiti dal calo della
domanda (detergenza, cosmetica, chimica destinata all’alimentare e agli imballaggi) subiranno nel 2010 pressioni
dal lato della redditività, in quanto l’inevitabile aggravio
dei costi dettato dal recente rimbalzo del prezzo del
petrolio non potrà facilmente essere trasferito sui prezzi
di vendita.
Le imprese chimiche che prima della crisi avevano seguito con più decisione la strada del cambiamento sono
quelle che oggi mostrano la maggiore capacità di tenuta e, in alcuni casi, sono già in grado di cogliere gli stimoli della ripresa internazionale.
D’altro canto, una crisi di tale intensità e durata modifica
strutturalmente non solo il livello di riferimento della domanda di chimica (con il ridimensionamento del numero
di utilizzatori) ma anche l’elasticità al prezzo dei clienti
(finali e industriali), le connotazioni della domanda e, di
conseguenza, la ricettività nei confronti della qualità, del
servizio e dell’innovazione.
In altre parole, non è detto che le politiche di differenziazione attuate dalle imprese chimiche italiane prima
della crisi continuino ad essere efficaci in futuro.
In particolare, i maggiori rischi riguardano le imprese
(prevalentemente di piccole dimensioni) che negli anni
duemila hanno realizzato cambiamenti di tipo incrementale, cioè volti a rafforzare fattori di successo tradizionali lungo una linea di sostanziale continuità rispetto
al passato.
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>
3 Ambiente, sicurezza
e qualità delle normative
Abbiamo evidenziato in questi anni come le imprese troppo spesso riscontrino lentezza ed inefficienza burocratica,
mancato rispetto dei termini previsti per il rilascio dei documenti, scarsa chiarezza procedurale.
I dati sul peso burocratico e su quanto questo incida sul rendimento delle aziende sono noti a tutti.
Federchimica ha più volte sollecitato una coerente azione
di riduzione degli oneri amministrativi e di semplificazione
del quadro normativo, al fine di rendere più efficiente l’operato della Pubblica Amministrazione.
Gli effetti della difficile crisi economica che stiamo attraversando possono essere meglio contenuti se il mondo produttivo viene posto nelle condizioni di agire in un contesto chiaro da un punto di vista normativo ed efficiente da un punto
di vista amministrativo.
Su queste problematiche Federchimica continuerà la propria azione di stimolo verso le istituzioni, sottolineando in
particolare come la coerenza del quadro normativo e la
chiarezza e stabilità dell’assetto istituzionale siano elementi essenziali per lo sviluppo del Paese.
Infatti, se poste nelle condizioni di agire al meglio, senza
il peso della macchina burocratica o delle incertezze normative, le imprese chimiche possono giocare, a vario titolo, un ruolo decisivo nel miglioramento della qualità della
vita e dell’ambiente.
Del resto, solo per fare alcuni esempi, problematiche come
l’efficienza energetica, la gestione della rete idrica, la bonifica dei suoli contaminati possono ricevere risposta proprio
dalla chimica.
Per quanto riguarda l’efficienza energetica, le imprese chimiche possono rispondere alle esigenze di innovazione sia
attraverso la creazione di nuovi materiali in grado di rivolu-
zionare i rendimenti di interi settori, sia contribuendo a migliorare i processi produttivi a maggior consumo energetico.
Inoltre, la chimica può contribuire decisamente al miglioramento dell’ambiente attraverso lo sviluppo delle nanotecnologie il cui apporto è decisivo per rendere più efficienti molti
processi produttivi relativamente al loro impatto ambientale.
Fondamentale poi il contributo della chimica per quanto concerne la gestione delle acque. Senza entrare nel dibattito
sulla privatizzazione della rete idrica, va registrato il dato
estremamente preoccupante circa la carenza infrastrutturale
della rete (idrica e fognaria) del nostro Paese. Infatti, oltre il
50% degli acquedotti e il 30% delle fognature richiedono
ammodernamenti urgenti. Il costo di tali inefficienze è pari
a circa cinque miliardi di euro, senza contare i danni ambientali causati dalle perdite della rete fognaria.
Il contributo della chimica per la soluzione di tale problema è determinante, basti pensare all’utilizzo di materiali
plastici tradizionali per il contenimento delle perdite e allo
sviluppo di nuovi materiali in grado di garantire efficienze
gestionali inimmaginabili con l’utilizzo di altre tecnologie.
Uno sviluppo sostenibile, che riesca a garantire salute, sicurezza e salubrità dell’ambiente, passa quindi dalla chimica: minor utilizzo di materie prime, minori consumi, riduzione degli sprechi, riduzione delle emissioni, realizzazione di nuovi sistemi energetici, e ancora migliori rendimenti
dei prodotti per l’edilizia, sviluppo di biotecnologie, ricerca di nuovi principi attivi farmaceutici, miglioramento della
sicurezza dei prodotti per la salute umana e animale, sono
solo alcune delle tante soluzioni che il nostro mondo può
offrire per i numerosi problemi che affannano il Paese.
Tutto questo la chimica è già impegnata a farlo. Un contesto normativo coerente, non soggetto a continui scossoni,
ed un quadro istituzionale chiaro possono solo contribuire
a perfezionare tale apporto.
17
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Ambiente
Il Codice Ambientale continua ad essere materia di modifica e innovazione per il legislatore italiano: con la Legge
30/2009 il Parlamento ha conferito al Governo una nuova delega, che porterà all’emanazione di uno o più Decreti
legislativi entro il 30 giugno 2010. L’auspicio è che con
questo processo di revisione si giunga ad un testo chiaro e
coerente e che finalmente si raggiunga un periodo di stabilità normativa: un periodo in cui le leggi in materia ambientale non siano sottoposte a continua modifica e, dunque,
nel quale alle imprese sia consentito di gestire le proprie
attività con maggiori certezze.
In parallelo alla conduzione di tale processo di revisione,
il legislatore è comunque intervenuto con alcuni nuovi provvedimenti in materia ambientale.
Tutela delle acque
Per quanto riguarda le acque sotterranee, è stato emanato
il D. Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, in attuazione della Direttiva
2006/118/Ce relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento.
Il provvedimento si inserisce nell’ambito del quadro di tutela delle acque dettato dalla Parte III del Codice Ambientale
e definisce le specifiche tecniche per l’identificazione, la
delimitazione e la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei, gli standard di qualità ed i valori soglia per la valutazione del buono stato chimico delle acque, i criteri per
individuare e contrastare alti valori di inquinamento, le modalità di monitoraggio.
Per quanto riguarda lo stato chimico delle acque sotterranee, le Regioni devono adottare standard di qualità ambientale e valori soglia (in totale 49 contro i dieci della Direttiva,
ma le bozze di decreto ne prevedevano addirittura 85!) indicati negli allegati del provvedimento. Tali obiettivi di qualità dovranno essere inseriti nei Piani di gestione di bacino e
nei Piani di tutela e raggiunti entro il 22 dicembre 2015.
Più in generale, in merito alla disciplina degli scarichi idrici, è stata pubblicata la Legge 25 febbraio 2010, n. 36,
che, molto opportunamente, chiarisce che le sanzioni penali relative al superamento dei valori limite di acque reflue
industriali nelle acque o sul suolo si applicano unicamente
quando tale superamento riguarda le sostanze pericolose
indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte III del
Codice Ambientale. L’emanazione di tale provvedimento,
fortemente richiesta e sostenuta dal sistema confindustriale,
si è resa necessaria in relazione alla sentenza della Corte
di Cassazione n. 37279 del 2008, che aveva ampliato
18
l’ambito delle sanzioni di tipo penale, previste per l’appunto
per le violazioni ai limiti relativi a sostanze pericolose, anche
alle violazioni relative ad altri parametri normalmente considerate soggette a sanzioni di tipo amministrativo.
Gestione dei rifiuti
Con il D.M. 17 dicembre 2009 è stato istituito il SISTRI,
nuovo sistema informatico sviluppato con l’obiettivo di garantire la tracciabilità dei rifiuti speciali su tutto il territorio nazionale, che innova profondamente l’attuale sistema di gestione dei rifiuti; le imprese produttrici di rifiuti, così come le
imprese che li trasportano e li trattano, saranno chiamate
ad utilizzare questa piattaforma informatica, che sostituirà
in toto l’utilizzo registri di carico/scarico, formulari di trasporto e MUD, a partire dall’estate 2010. La Direzione
Tecnico Scientifica di Federchimica ha programmato, per
il 2010, tre incontri di approfondimento volti a guidare le
imprese nell’adesione e nell’applicazione del nuovo sistema, tenuti direttamente da rappresentanti del Ministero
dell’Ambiente.
Bonifica dei siti inquinati e tutela risarcitoria
contro i danni all’ambiente
Con la Legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 13,
che ha apportato numerose modifiche al Decreto legge 30
dicembre 2008, n. 208, è stato definito lo strumento delle “transazioni globali” relative alla quantificazione degli
oneri di bonifica, di ripristino e del danno ambientale nei
siti di interesse nazionale. In particolare, tali transazioni possono essere stipulate fra Ministero dell’Ambiente e imprese
interessate e comportano l’abbandono del contenzioso pendente e la preclusione di ogni ulteriore azione per il rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per danno ambientale.
A livello europeo, intanto, continuano i lavori, avviati nel
dicembre 2007, per la definizione della Direttiva sulle emissioni industriali, che sostituirà la vigente Direttiva europea
in materia di IPPC.
La proposta di Direttiva è finalizzata al riesame e alla rifusione in un unico testo giuridico di sette Direttive riguardanti
le emissioni industriali, ovvero: la Direttiva 96/61/Ce (sostituita dalla Direttiva 2008/1/Ce sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, nota per l’appunto come
Direttiva IPPC), le Direttive 78/176/Cee, 82/883/Cee
e 92/112/Cee relative ai rifiuti provenienti dall’industria
del biossido di titanio, la Direttiva 1999/13/Ce sui composti organici volatili, la Direttiva 2000/76/Ce sull’incenerimento dei rifiuti e la Direttiva 2001/80/Ce sugli inquinanti originati dai grandi impianti di combustione.
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Il dossier, dopo la prima lettura in Parlamento europeo e la
posizione comune raggiunta a livello del Consiglio Ue, sta
ora affrontando la seconda lettura in Parlamento europeo.
Tra gli aspetti di maggiore importanza, e talvolta fonte di
preoccupazione, che Federchimica segue con grande attenzione insieme al Cefic, si segnalano la nuova procedura
per definire le “BAT conclusions” e i valori limite di emissione, la possibilità per gli stati membri di adottare delle
deroghe, le disposizioni relative all’eventuale bonifica del
suolo e della falda alla cessazione dell’attività (con la redazione del cosiddetto “baseline report”).
A livello nazionale, in tema di IPPC, è purtroppo da segnalare il persistente grave ritardo nel rilascio delle autorizzazioni ambientali integrate (AIA) per gli impianti ricadenti sotto la competenza statale.
>
Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Il D. Lgs. 81/2008 (cd. TU Sicurezza), pur costituendo un
valido tentativo di riordinare e razionalizzare gran parte
della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, ha presentato fin dall’inizio difficoltà interpretative e applicative che hanno reso necessarie proroghe e rinvii fino ad arrivare a vere e proprie modifiche e integrazioni, operate tramite l’emanazione del D. Lgs. 3 agosto
2009, n. 106.
L’attività di Federchimica si è dunque concentrata nel seguire l’iter di approvazione del decreto correttivo e nel dare indicazioni alle imprese associate sulle modifiche introdotte.
I 27 Ministri dell’Ambiente dell’UE (Consiglio Ambiente)
continuano a bloccare l’iter legislativo di approvazione della Direttiva sulla protezione del suolo, oggetto di forti resistenze da parte soprattutto di Germania, Inghilterra e Francia.
Federchimica, al contrario, ritiene che sia necessaria l’adozione di tale Direttiva, con le dovute modifiche e sostiene
la posizione assunta nel 2007 dal Parlamento europeo laddove si precisava che prima di effettuare la bonifica di un
terreno, occorra procedere ad un’esame caso per caso,
basandosi sull’analisi del rischio.
A livello europeo, è stata adottata la Direttiva
2009/161/Ue che definisce un terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della Direttiva
98/24/Ce (la cosiddetta “3a Lista dei Valori Limite di
Esposizione in Ambiente di Lavoro”), che ricomprende 19
nuovi composti. Tale novità legislativa è stata tenuta in considerazione nella fase di realizzazione del CD rom sui valori limite di esposizione professionale che Federchimica predispone in ottemperanza a quanto previsto dal nostro CCNL.
Inoltre, la Commissione europea sta valutando di rivedere
la Direttiva “Agenti Cancerogeni e Mutageni”: tale attività
è presidiata in stretta collaborazione con il Cefic.
Prosegue invece con speditezza l’esame della proposta di
Regolamento relativo all’immissione sul mercato e all’uso dei
biocidi. Federchimica ha partecipato attivamente all’elaborazione della posizione del Cefic. In sede parlamentare e in
specifico nelle Commissioni Industria e Mercato interno (dove
relatori sono stati eurodeputati italiani), il 90% dei suggerimenti di Federchimica sono stati approvati a larga maggioranza. Infatti la gran parte degli emendamenti relativi all’estensione dell’autorizzazione comunitaria a tutti i tipi di prodotto,
della condivisione e protezione dei dati e delle procedure
semplificate per l’autorizzazione, sono stati accettati. Non
sono invece stati raggiunti risultati totalmente soddisfacenti per
quanto riguarda definizione ed etichettatura dei materiali e
articoli trattati e sui criteri di esclusione per le sostanze attive.
Si è ora in attesa del voto in Commissione Ambiente
dove relatrice è una parlamentare tedesca del Partito
popolare europeo. I 27 Ministri dell’Ambiente (Consiglio
Ambiente) dovrebbero raggiungere una posizione comune
sotto la Presidenza belga (secondo semestre del 2010).
L’approvazione finale del Regolamento che entrerà in vigore
simultaneamente in tutto il territorio comunitario, senza necessità di misure di recepimento nazionali, è attesa per il 2011.
Sempre a livello europeo, Federchimica si è fatta promotrice di un progetto di legge che disciplini il mercato dei principi attivi per i prodotti farmaceutici. Le richieste avanzate
dalle imprese associate riguardano l’importazione in Europa
di principi attivi provenienti da paesi extra-Ue che dovrebbero rispettare le stesse garanzie di qualità richieste alle
imprese italiane ed europee, verificate con ispezioni obbligatorie da parte di autorità regolatorie europee che ne attestino la conformità alle norme di buona fabbricazione. La
Direttiva riguarda la prevenzione dell’ingresso nella filiera
farmaceutica legale di medicinali falsificati.
Dal momento che durante l’evoluzione di tale norma, soprattutto a livello parlamentare, è emersa la volontà di inserire
nel campo di applicazione anche gli eccipienti farmaceutici, Federchimica, su richiesta delle imprese associate coinvolte, ha cercato di emendare il testo in discussione per evitare che i produttori di eccipienti che rispettano sistemi di
GMP equivalenti non debbano essere gravati da ulteriori
obblighi, più stringenti e non necessari come l’applicazione di GMP relative agli API e/o ai medicinali. L’iter di approvazione della proposta di Direttiva sulla contraffazione dei
medicinali dovrebbe concludersi entro il 2011.
19
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>
4 Sicurezza prodotti: i regolamenti europei
REACH, l’avvio della Registrazione
Attività di supporto di Federchimica
L’attuazione del REACH volge ormai verso la prima fase, quella della Registrazione, che prevede per i produttori e importatori di sostanze in quantità maggiori le 1.000 tonnellate
annue (t/a), l’obbligo di presentare un dossier di registrazione all’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) entro
il 30 novembre 2010. Altre sostanze coinvolte sono: le sostanze cancerogene, mutagene e reprotossiche (CMR) di categoria 1 e 2 al di sopra di 1 t/a e le sostanze considerate altamente tossiche per gli organismi acquatici (R50/53) al di sopra
di 100 t/a.
A livello di Unione europea permane grande incertezza sul
numero delle sostanze che saranno registrate alla prima scadenza prevista dal REACH: da una stima iniziale dell’ECHA
si faceva riferimento a circa 55.000 sostanze, oggi si stima
che saranno circa 9.000 le sostanze che saranno registrate
al 2010 di cui 750 dall’Italia. Purtroppo le imprese nella loro
maratona verso la registrazione sono “costrette” a operare in
un clima di grande incertezza. Infatti alcune delle linee guida
e degli strumenti informatici che Commissione e ECHA, avrebbero dovuto mettere a disposizione dell’industria, per adempiere agli obblighi del REACH non sono ancora disponibili.
Singolare è poi il caso degli “intermedi”, di cui Commissione/ECHA ha messo in discussione la definizione, come
anche la definizione di “Condizioni rigorosamente controllate” entrambe fondamentali per la identificazione di una sostanza come intermedio. Per quelle imprese che, basandosi su oramai definizioni superate, hanno considerato le loro sostanze
come intermedi, non ci sarebbe il tempo necessario per redigere un dossier completo. A tutto ciò si sommano ostacoli di
tipo procedurale legati all’attività nei SIEF (Substance Information
Exchange Forum) quali: la mancata chiarezza degli obblighi
e della responsabilità del Lead Registrant e lo scarso coordinamento tra le attività svolte nei SIEF e nei relativi consorzi. Il
quadro delineato anticipa che per le imprese giungere preparate alla prima scadenza è arduo, ma nessuno può esimersi
dal farlo pena l’esclusione dal mercato (no data no market).
Tramite il Comitato Sicurezza Prodotti, Federchimica oltre
ad avviare circa sei tra gruppi di lavoro e task force sul
tema REACH, ha realizzato nel corso del 2009 eventi importanti per le proprie associate che hanno coinvolto circa
1.000 partecipanti. Tra questi la III Conferenza REACH
svoltasi a ottobre, che ha visto la partecipazione dei più
importanti soggetti istituzionali coinvolti nell’implementazione
del REACH.
È già stata pianificata per il 2010 l’organizzazione di seminari e workshop riferiti agli aspetti più critici dello stato di
attuazione del REACH. In autunno si terrà la “VI Conferenza
Sicurezza Prodotti: il Regolamento REACH”.
Nel 2012 è prevista dal Regolamento una serie di revisioni, la più importante delle quali verte sul campo di applicazione e sull’esecuzione delle misure relative all’autorizzazione delle sostanze che destano maggiori preoccupazioni (PBT, vPvB, CMR e ad effetto equivalente). Federchimica
ha già incontrato ai suoi massimi livelli il Commissario
all’Industria e consolidato i contatti con il Gabinetto del
Commissario all’Ambiente.
Un costante monitoraggio dovrà essere garantito per evitare che la revisione nel 2012 si trasformi nella produzione di norme ancor più gravose per le imprese. Allo stesso
tempo Federchimica è impegnata per fare in modo che norme equivalenti siano sviluppate in ambito internazionale per
garantire un leale e coretto quadro competitivo per le imprese chimiche italiane.
Il processo per le autorizzazioni delle sostanze
Attualmente non si dispone di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione (Allegato XIV), anche se la pubblicazione di tale elenco è prevista entro il primo semestre
2010. Procedono invece i lavori per l’inserimento delle
sostanze in “Candidate List”, la lista delle sostanze di elevata pericolosità (SVHC - Substances Very High Concern)
21
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candidate all’inclusione in Allegato XIV (elenco sostanze
soggette alla procedura di autorizzazione) che attualmente comprende 30 sostanze.
Federchimica, oltre a fornire adeguata informazione sugli
obblighi previsti dal regolamento in merito a tale procedura, seguirà con una specifica task force l’evoluzione del
processo di autorizzazione e di richiesta della stessa.
Il Centro Reach
Il Centro Reach, la società creata da Federchimica insieme
ad altri partner per assistere le imprese nella definizione
delle strategie e nella pianificazione operativa delle procedure del regolamento REACH, ha sviluppato la propria
azione nel 2009 nelle seguenti aree:
corsi di formazione, tenuti in sede e sul territorio nazionale con il coinvolgimento di circa 420 manager di imprese e 30 funzionari di Amministrazioni pubbliche; alcuni
di questi corsi sono stati tenuti in collaborazione con il
Reach Centrum (emanazione del Cefic) con cui esiste uno
stretto rapporto di collaborazione, con Unichim e con
l’Ordine dei chimici della Lombardia;
consulenza alle imprese, soprattutto di piccola e media
dimensione, per l’applicazione del Regolamento REACH
e delle altre normative ad esso correlate; in particolare, il
Centro Reach ha supportato 120 imprese attraverso gli
audit del loro portafoglio prodotti lungo la catena del valore aggiunto chimico, con la messa a punto di un helpdesk
per la gestione dei SIEF (Substance Information Exchange
Forum), e per la revisione delle schede di sicurezza;
avvio di consorzi: il Centro Reach gestisce 19 consorzi
con il coinvolgimento di 42 imprese, che hanno avviato
la procedura di Registrazione di oltre 100 sostanze;
attività di ricerca e sviluppo: tale attività è stata condotta in stretta collaborazione con università e centri di ricerca sul territorio nazionale.
Da aprile 2009, il Centro Reach diffonde una newsletter
mensile ad una mailing list con più di 2.000 destinatari.
Nel corso del 2009, ha attivato un corso di formazione
indirizzato esclusivamente al nuovo Regolamento CLP
(Classification Labelling Packaging), per il quale è prevista
la notifica entro il 3 gennaio 2011.
Il Regolamento CLP
Il 20 gennaio 2009 è entrato in vigore il Regolamento Ce
n. 1272/2008 (il cosiddetto “Regolamento CLP”) relativo
alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle
sostanze e delle miscele che modifica e abroga le Direttive
22
67/548/Cee e 1999/45/Ce e che reca modifica al
Regolamento Ce n. 1907/2006.
Il nuovo Regolamento, applicando nell’Unione europea i criteri internazionali mutuati dal Sistema Globale Armonizzato
Mondiale GHS (Globally Harmonised System), ha l’obiettivo
di armonizzare i criteri per la classificazione e le norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle
miscele pericolose garantendo la libera circolazione delle
stesse sul mercato globale e al contempo un elevato livello di
protezione per la salute dell’uomo e di tutela dell’ambiente.
Il regolamento introduce grandi cambiamenti in ambito industriale: dalla classificazione delle sostanze e delle miscele,
coinvolgendo in maniera pesante i cosiddetti utilizzatori a
valle (si prevede un notevole aumento del numero di miscele classificate come pericolose), al cambiamento nelle schede di sicurezza, che andranno riformulate, e nelle etichette di pericolo, nelle quali muteranno gli attuali pittogrammi
di pericolo, le indicazioni di pericolo, le frasi di rischio R e
i consigli di prudenza S.
L’applicazione dei nuovi criteri di classificazione ed etichettatura (anche ai fini del REACH) è obbligatoria a partire dall’1 dicembre 2010 per le sostanze e dall’1 giugno
2015 per le miscele.
Entro il 3 gennaio 2011 inoltre, i produttori e importatori
di sostanze immesse sul mercato l’1 dicembre 2010, e successivamente entro 30 giorni dall’immissione sul mercato,
dovranno provvedere a notificarne la classificazione e l’etichettatura all’ECHA tramite il portale REACH-IT. La mancanza di una soglia legata al tonnellaggio e l’estensione
dell’obbligo anche alle sostanze in ricerca e sviluppo immesse sul mercato determina il coinvolgimento di un numero
elevatissimo di sostanze soggette a notifica, la stessa ECHA
stima che il numero di notifiche arriverà a superare di gran
lunga i 20 milioni (10 volte tanto la pre-registrazione per
il REACH).
Gli oneri derivanti dall’applicazione del nuovo Regolamento
sono diversi. Le imprese dovranno valutare la necessità di
formare il personale tecnico, riclassificare tutte le proprie
sostanze e miscele e rielaborare di conseguenza le schede dati sicurezza e le etichette.
Al fine di supportare le imprese nella comprensione e successiva implementazione della nuova normativa, evidenziando i cambiamenti introdotti e identificando gli obblighi
previsti a carico dell’industria, all’interno del Comitato sicurezza prodotti di Federchimica, è stata istituita un’apposita
task force che ha sviluppato una linea guida specifica a cui
è stata dedicata una collana editoriale, disponibile in Banca
Dati Documentale a tutte le imprese associate.
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>
5 Politiche energetiche e climatiche
Nel campo dell’energia, settore importante per l’industria
chimica, anche nel 2009 si sono verificati sviluppi significativi, non sempre però verso una situazione di semplificazione di un quadro già intrinsecamente complesso.
L’incertezza causata dalla mancanza di un accordo generale è a sua volta un ostacolo per la decisione degli investimenti necessari, a livello globale, che richiederebbero
un quadro certo di norme e quindi di valore delle emissioni di gas serra.
Le politiche climatiche
Possibili azioni come le “Border Adjustment Measures”
(penalizzazioni dei prodotti importati da paesi con politiche climatiche non restrittive), che si presentano come
soluzioni concrete per gestire la coesistenza di regole
diverse in diverse regioni sulla politica climatica, devono
scontare difficoltà dovute alla loro problematica fattibilità e al forte disturbo causato alle relazioni commerciali
internazionali.
Le politiche di contrasto alla minaccia di cambiamento climatico, la cui presenza è molto diffusa in tutte le agende
mondiali, sono legate a quelle dell’energia: esse hanno
subito certamente un contraccolpo negativo dagli esiti della Conferenza sul clima di Copenhagen (COP 15). Su
tale Conferenza si erano concentrate le aspettative di conclusione di un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di gas serra, che si erano tradotte in un programma temporale dettagliato fin dalla Conferenza di Bali
del 2007 e noto come “Bali Roadmap”.
Gli esiti negativi registrati hanno sottolineato la difficoltà
di superare i limiti della politica finora realizzata con il
Protocollo di Kyoto, basata sul principio delle “common
but differentiated responsibilities”. L’assenza di impegni
vincolanti di riduzione delle emissioni per i paesi in via di
sviluppo, che concentrano le maggiori previsioni di crescita delle emissioni, toglie ogni efficacia ad un simile programma, che finora registra anche la mancata adesione
di paesi come gli USA (singolare è poi che paesi come
la Cina conservino, in queste classificazioni delle varie
economie, la stessa posizione di alcuni decenni fa).
La divergenza delle posizioni registrate a Copenhagen è
stata tale da rendere difficilmente ipotizzabile il raggiungimento di un accordo internazionale ampio in tempi brevi: ciò dovrebbe essere motivo per l’Unione europea di
riflettere sull’inefficacia della sua politica, che aspirava a
fungere da esempio da seguire da parte delle altre regioni del mondo e da traino per un accordo globale.
L’Europa comunque continua a sviluppare il proprio programma, di cui parte importante sono lo Schema Europeo
di Emissions Trading (ET) post 2012 e l’impegno sulle
fonti di energia rinnovabili (tradotti rispettivamente nelle
Direttive 2009/29/Ce e 2009/28/Ce), delle quali un
aspetto rilevante è l’impegno di sostituzione del 10% dei
carburanti per il trasporto con biocarburanti.
Il meccanismo intrinsecamente semplice dello Schema di
Emissions Trading, quando applicato su scala universale,
diviene tuttavia significativamente complicato nella sua
applicazione su scala “regionale” (ad esempio, per proteggere la competitività delle imprese coinvolte rispetto ai
concorrenti in paesi con politiche meno restrittive).
Nel 2009 si è conclusa con esito soddisfacente la definizione della lista dei settori esposti al rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio (Carbon Leakage),
in attesa di perfezionare i criteri di benchmarking, base
per l’assegnazione di quote gratuite di emissioni.
In questo campo si segnalano le emergenti e non facilmente superabili difficoltà tecniche per il trattamento dei
“flussi di calore” tra diversi impianti, soggetti o meno allo
Schema ET.
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In Italia, nell’applicazione dello Schema ET, sono sorti problemi fin dall’estate 2009, causati dall’esaurimento della
riserva di quote per i nuovi entranti: senza una soluzione
di questo problema, si crea una discriminazione tra le
imprese già soggette allo schema e quelle che avviano
nuovi impianti, che sarebbero costrette a comprare le quote altrimenti di assegnazione gratuita.
Infine, a proposito della recessione economica, che ha
avuto un pesante effetto sulle economie nel 2009, e quindi anche sulle emissioni di gas serra che si sono ridotte,
c’è da segnalare un paradosso, causato dall’impostazione della politica europea in campo climatico, che non
distingue le riduzioni di emissioni ottenute per effetto di
aumentata efficienza (situazioni positive) da quelle ottenute per riduzione del livello dell’attività produttiva, che vengono assimilate ad un successo della politica climatica.
In particolare, i dati delle emissioni di gas serra dell’Italia
fanno registrare:
per il 2008, emissioni per 541 Mt CO2 eq, effetto del
contenimento delle emissioni dopo il picco del 2005;
per il 2009 (da dati di stime preliminari, non essendo
disponibili quelli ufficiali) emissioni per 496 Mt CO2
eq, effetto della recessione e quindi non motivo di soddisfazione.
Per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile, la Direttiva
2009/28/Ce assegna all’Italia obiettivi molto impegnativi: il valore del 17% di energia proveniente da fonti rinnovabili è praticamente impossibile da raggiungere con misure interne, e l’avvicinamento dell’obiettivo dipende purtroppo
da una circostanza non augurabile, cioè un ridotto valore
totale del consumo di energia al 2020.
Le modalità di conteggio dei consumi finali di energia, ai
fini della verifica del risultato che sarà raggiunto, danno
un peso maggiore alle fonti di energia rinnovabili impiegate per usi termici, rispetto a quelli elettrici, e questo
dovrebbe spingere a privilegiare questi impieghi, per quanto possibile.
Tra le azioni da portare a termine a valle dell’approvazione della Direttiva 2009/28/Ce, si ricorda la definizione dei criteri di sostenibilità, che determineranno la possibilità di utilizzo delle fonti rinnovabili ai fini degli obiettivi stabiliti. Si tratta di una discussione molto complessa e
con molte incertezze, dovute ai numerosi parametri da considerare per valutare il risparmio di emissioni per l’impiego di fonti rinnovabili, rispetto alle alternative preesistenti.
24
Per quanto riguarda l’impiego di fonti rinnovabili nel settore trasporto, che è il campo più “difficile”, il problema
che si profila è quello di un alto costo di riduzione delle
emissioni di carbonio, rispetto alle riduzioni in altri settori.
I mercati dell’energia
A più di un decennio dall’avvento della liberalizzazione,
la situazione si presenta in maniera diversa nei due settori principali, energia elettrica e gas naturale, in entrambi
i casi con un impegno da parte delle istituzioni e del
Governo per affrontare i numerosi punti critici.
Nel mercato dell’energia elettrica sono stati fatti molti passi
avanti, con la borsa elettrica che ha raggiunto sostanzialmente lo scopo di fornire un efficace segnale di mercato.
Tale segnale riflette però le diverse situazioni causate dalle persistenti difficoltà di congestione, a loro volta conseguenza di una rete di trasmissione ancora inadeguata per
gli scopi e bisognosa di notevoli interventi sulle infrastrutture, che è in fase di attuazione ma con un consuntivo
ancora lontano da un bilancio positivo.
A rendere più complicata la situazione è l’esigenza di maggiore sofisticazione richiesta alle infrastrutture di trasmissione, per metterle in grado di gestire l’incremento previsto di
energia generata in maniera discontinua e non programmabile, come quella proveniente da fonti rinnovabili.
In conseguenza di ciò, i profitti dei produttori dipendono
non dall’efficienza degli impianti di generazione, ma dalla loro presenza in zone con infrastrutture di trasmissione
insufficienti, che spesso premiano impianti inefficienti (la
remunerazione dei produttori è differenziata per zone),
mentre i consumatori (che pagano un prezzo uniforme
influenzato dalle inefficienze) sono anch’essi penalizzati.
Un fatto positivo negli ultimi anni è rappresentato dal programma di rinnovo del parco di generazione, che oggi
ha risolto i problemi di insufficienza della potenza installata, ed inoltre è ora forse il più efficiente d’Europa.
Restano ancora i problemi strutturali causati da un mix di
fonti eccessivamente sbilanciato sul gas, affrontati (ma per
il lungo termine) con il recente riavvio di un programma
nucleare. Inoltre, si è realizzata una politica di incentivazione delle fonti rinnovabili con lo scopo di recuperare i
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ritardi esistenti, che ha però bisogno di una correzione al
suo eccesso di aggressività (gli incentivi non devono essere eccessivamente generosi, ma accompagnare verso una
competitività delle tecnologie incentivate), e di una migliore gestione delle procedure di autorizzazione e realizzazione degli impianti (una situazione con richieste di installazione di eolico e fotovoltaico per una potenza complessiva doppia di quella totale del Paese è certamente
un’anomalia da correggere).
La sostenibilità degli oneri futuri di incentivazione, che si
sommano ai significativi oneri “di sistema” esistenti, porta
alla riflessione sulla loro possibile allocazione alla fiscalità generale anziché sui consumatori di energia (industriali e non). Proposte in tal senso sono formulate anche
dall’Autorità di regolazione.
Nonostante le molte difficoltà, si segnala un’iniziativa del
Governo per intervenire sul divario delle condizioni competitive per i consumatori industriali intensivi, con la previsione di facilitazioni a fronte dell’impegno al finanziamento di infrastrutture di interconnessione con l’estero: si
tratta dell’iniziativa di interconnector, su cui Federchimica
esprime un giudizio positivo.
Concludiamo la trattazione degli aspetti riguardanti il mercato elettrico con:
>
late comunque iniziative atte a migliorare le condizioni di
mercato: ci riferiamo, oltre alla citata legge 99/2009,
anche, ad esempio, all’iniziativa di gas release dell’estate 2009 che, seppure realizzata con aspetti che si ritengono migliorabili, costituisce un importante precedente.
Federchimica ha contribuito con Confindustria, e con il
supporto tecnico di McKinsey, ad elaborare uno studio
che ha prodotto proposte che sono state affidate
all’Autorità.
Le proposte mirano, oltre che all’avviamento di una borsa gas, a intervenire su due aspetti importanti per i consumatori industriali:
l’accesso alle strutture di stoccaggio, attualmente destinate totalmente agli “shipper” con clientela civile (con
conseguente discriminazione a scapito della clientela
industriale);
la gestione in maniera flessibile delle esigenze di bilanciamento.
L’obiettivo, da perseguire anche in maniera graduale, è
di rendere possibile l’ingresso di nuove quantità di gas nel
mercato italiano, e di valutare la realizzazione di opzioni (oggi non realizzabili) come l’acquisto di quantità spot
sui mercati esteri, per utilizzarle in tempi differiti.
l’esigenza di riorganizzazione del trattamento della
cogenerazione, attualmente non ancora sufficiente a
realizzare le sue potenzialità, tra l’altro rese possibili
dall’industria chimica, con la sua capacità di assorbimento di energia termica. È necessario portare il trattamento della cogenerazione al livello di quello che si
realizza negli altri paesi d’Europa.
Ad avviso di Federchimica, si dovrebbe valorizzare
anche l’altro fattore operativo, consentito da una domanda stabile e continua di calore;
la revisione della normativa riguardante le reti interne
di utenza, che potrà poi permettere di regolare le condizioni per favorire l’ulteriore sviluppo e attrazione di
nuove iniziative nei poli industriali.
I provvedimenti in queste e altre aree sono previsti nella
Legge 2009/99, varata a fine luglio 2009, e che costituisce un importante riferimento per il mercato dell’energia
in generale.
Sul mercato del gas la situazione è meno soddisfacente
rispetto al mercato dell’energia, ma nel 2009 si sono segna25
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>
6 Logistica e competitività
La strategia e gli strumenti
L’attuale momento economico è complesso e tuttora in forte turbolenza.
L’economia globalizzata, gli stabilimenti di produzione delocalizzati, gli approvvigionamenti e le scorte sono oggi più
che mai elementi di differenziazione competitiva. La maggior parte dei macrofenomeni che hanno influenzato l’attuale fase congiunturale hanno ricadute dirette sui processi
logistici delle imprese.
La logistica svolge nell’economia e nella vita civile le funzioni che il sistema circolatorio del sangue ha nel corpo
umano. Per assicurarne il benessere, occorre immettere e
recuperare regolarmente dal circolo il prezioso fluido vitale. Se per logistica si intende quell’attività che serve a fare
arrivare il prodotto giusto nel tempo giusto e a costi accettabili (ciò vale in particolare per l’industria chimica), è necessario e inevitabile aggiungere ulteriori elementi a costi socialmente e ambientalmente sostenibili. Ciò comporta realizzare infrastrutture ma anche sviluppare l’intermodalità e ridurre la movimentazione a vuoto.
Nella chimica italiana giocano un ruolo molto forte i distributori, che a loro volta operano in un regime fortemente
concorrenziale, più che in altri paesi europei. La concorrenza dovrebbe favorire il ribasso dei costi di distribuzione
ma lo spedizioniere, nelle sue varie declinazioni spesso raggruppate genericamente nella definizione di “attività ausiliaria di trasporto”, è però vincolato da una serie di parametri rigidi imposti dalla domanda, quali la scarsa disponibilità di risorse finanziarie, i contenuti margini di tempo a
disposizione, la ridotta volontà di “accorpamento logistico”
tra imprese clienti.
In base a tali parametri, l’offerta ha disegnato un sistema
logistico di supporto i cui tratti caratteristici fondamentali
possono essere riassunti nei seguenti punti:
carichi medi molto contenuti;
frequenza degli spostamenti molto elevata;
punti di origine e di destinazione piuttosto diffusi sul
territorio;
livelli di programmazione a brevissimo termine.
Trasporti sostenibili, sicurezza, integrazione modale, investimenti mirati e coerenti, liberalizzazione e protezione dei
diritti dei viaggiatori sono i pilastri della nuova strategia per
i trasporti messa a punto dal Vicepresidente e Commissario
ai Trasporti che ha individuato sette aree di intervento sulle
quali concentrare gli sforzi:
creazione di un’area comune di trasporto europea a beneficio di imprese e cittadini e conseguente rimozione degli
ostacoli alla libera circolazione;
attuazione e rafforzamento del quadro normativo in materia di sicurezza e performance ambientali dei veicoli;
riduzione delle emissioni di gas serra attraverso una corretta internazionalizzazione dei costi esterni dei diversi
modi di trasporto, adeguati meccanismi di tariffazione,
trasferimento modale ove giustificati;
incentivazione delle tecnologie e dell’innovazione (ITS)
per migliorare la sostenibilità dei trasporti e la gestione
del traffico;
sostegno alla dimensione internazionale dei trasporti, promuovendo la competitività nei comparti a vocazione globale quali i trasporti marittimi;
incremento e concentrazione degli investimenti per le infrastrutture e creazione di nuovi strumenti di finanziamento
degli investimenti da concentrare prevalentemente su nodi
e sui collegamenti con l’Europa dell’est.
La mobilità futura, all’interno dello spazio senza frontiere
dell’Unione europea e nei singoli paesi membri che la compongono, può essere garantita solo da una comune politica dei trasporti secondo gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee alla cui definizione concorrono la condivisione di alcuni valori fondamentali quali la difesa ambientale e il diritto della libera circolazione delle persone, delle cose e dei capitali. La Ue deve favorire lo sviluppo dei
trasporti, adottando provvedimenti normativi e interventi a
sostegno delle migliori tecnologie innovative nel settore.
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Il concetto della intermodalità deve presiedere all’impostazione di ogni progetto infrastrutturale relativo al sistema
di trasporto, ai tre livelli cui costantemente è necessario
fare riferimento: locale, nazionale e internazionale, inteso quest’ultimo nella dimensione che supera i confini europei e si colloca sempre più nel contesto mondiale.
In questa visione deve essere definita la politica europea
dei trasporti, tenendo conto soprattutto dell’evoluzione tendenziale di alcune problematiche che più direttamente la
condizionano o ne sono influenzate. Esse sono al centro
della sfida al sistema di mobilità e andranno a influenzare lo sviluppo futuro della politica dei trasporti nei decenni a seguire: invecchiamento della popolazione, migrazione, mobilità interna, ambiente ed energia, urbanizzazione e globalizzazione. Tutto ciò dimostra la necessità
di concentrare la futura politica europea per i trasporti verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di facile utilizzo per l’utente.
Il trasporto delle merci pericolose
e la gestione delle emergenze
L’anno 2009 è stato caratterizzato, almeno in Italia, dal
grave incidente di Viareggio che ha fortemente rifocalizzato l’attenzione sulla sicurezza, in particolare nella fase
di trasporto, come nucleo centrale dell’azione di sviluppo
sostenibile.
Gestori dell’infrastruttura ferroviaria, imprese ferroviarie in
competizione tra loro, operatori del trasporto e della logistica che comperano il servizio di trazione ferroviario, società che noleggiano carri e locomotive, imprese di manutenzione ordinaria e straordinaria dei carri, industrie produttrici di materiale rotabile costituiscono, per sommi capi, l’elenco dei soggetti che compongono la filiera del trasporto ferroviario in un contesto di liberalizzazione.
Nel corso di pochi anni si è passati infatti da una “sicurezza di sistema”, assicurata dal produttore monopolistico
ed integrata del servizio, ad una “sicurezza federativa”,
frutto dell’azione concertata di una pluralità di soggetti senza che si sia tempestivamente acquisita, soprattutto da parte del regolatore, la consapevolezza di questa radicale trasformazione di scenario.
L’Europa ha ormai comunemente convenuto sull’idea che
la rete debba restare di proprietà dello Stato in quanto
monopolio naturale, mentre il mercato ferroviario, aperto
alla competizione, è costituito da servizi di trasporto di
media e lunga distanza, sia merci che passeggeri, che
possono essere esercitati in regime di concorrenza tra
28
diversi soggetti produttori del servizio con l’utilizzo delle
tracce orarie messe a disposizione dai diversi gestori della rete ferroviaria europea.
In un mercato di dimensione europea, con un sistema di
regole orientato alla competizione senza più un presidio
degli ex-monopolisti, diventa indispensabile che il sistema
delle regole per la sicurezza sia di carattere comunitario.
Regole solo nazionali sulla sicurezza del trasporto ferroviario delle merci non sono sufficienti, considerata la dimensione comunitaria del mercato e la tendenziale prevalenza della concorrenza proprio sui servizi di carattere sovrannazionale.
Va quindi prioritariamente rafforzata l’Agenzia Ferroviaria
Europea (ERA), affidando a tale organismo almeno quattro compiti cruciali:
gestione/mantenimento di un registro comunitario sul
materiale rotabile che circola sulla rete europea, così
come accade per il trasporto aereo, con l’assunzione
di provvedimenti restrittivi per i soggetti che evidenziano comportamenti devianti rispetto agli standard di sicurezza definiti;
definizione degli standard manutentivi sugli asset, individuando protocolli che devono avere valore ed efficacia sull’intero territorio della Ue;
certificazione dei soggetti abilitati ad interventi manutentivi sul materiale rotabile europeo, definendo le caratteristiche tecnologiche e professionali che possono abilitare un’impresa ed essere attori di una componente
così sensibile nel processo della sicurezza;
definizione del trasporto ferroviario.
Attribuire più poteri all’ERA è l’orientamento della
Commissione europea, per migliorare la sicurezza dei trasporti ferroviari in Europa, che dovrebbe avere competenza di certificazione per ogni singolo veicolo, certificare le attività delle singole agenzie nazionali, promuovere
ispezioni a campione sul territorio e partecipare alle richieste relative agli incidenti ferroviari. Lo stesso rapporto annuale ERA sulla sicurezza del trasporto ferroviario dovrebbe
avere una maggiore diffusione, non limitata alla sola
Commissione.
Interventi sono previsti anche sul fronte dei controlli che
dovrebbero tenere conto non solo del chilometraggio ma
anche dei tempi di utilizzo e dei pesi trasportati per arrivare ad una stima del logoramento effettivo sopportato
dalle macchine.
Nel frattempo la Commissione europea ha già approvato
un piano per l’implementazione su larga scala dell’ERTMS
(European Rail Traffic Management System), il sistema di
segnalazione e gestione del traffico su rotaia che entro il
2015 equipaggerà i principali corridoi europei per un
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totale di 10.000 km di rete, laddove in Europa operano
più di venti sistemi nazionali per il controllo della velocità, tutti incompatibili tra loro.
Occorre in ogni caso porre attenzione anche alla ripartizione dei compiti tra ERA e organismi nazionali di vigilanza ai quali andrebbero affidati esclusivamente controlli ispettivi per assicurare una maggiore conformità dei diversi soggetti alle regole definite a livello comunitario. All’ERA dovrebbero invece essere demandati i compiti di armonizzazione
su scala sovrannazionale delle regole per la sicurezza e la
responsabilità per assicurare standard omogenei dei comportamenti a presidio della sicurezza europea.
Reagire all’incidente di Viareggio, rafforzando solo l’organismo di vigilanza nazionale, sarebbe una misura inadeguata, soprattutto se si traducesse nell’emanazione di
normative nazionali restrittive alla circolazione ferroviaria
delle merci in un contesto europeo privo di una cornice
unitaria di riferimento.
Per scongiurare “fughe in avanti” dell’Agenzia Nazionale
per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF), relativamente ad iniziative a breve-medio termine riguardanti il trasporto delle merci pericolose, Federchimica, con altre associazioni,
si è mossa per richiamare l’opportunità che tali disposizioni siano ricondotte in ambito europeo ove le norme
comunitarie sono tuttora in fase di elaborazione, per dare
risposta alla domanda di sicurezza che emerge a seguito dell’incidente di Viareggio. La proliferazione di iniziative scollegate, dettate solo dall’emotività del momento,
rischia, in assenza di standard definiti e condivisi, di essere solo un ostacolo al già difficile sviluppo del traffico ferroviario che dovrebbe essere invece obiettivo del regolatore, anche per motivi di sicurezza, se si guarda al sistema dei trasporti nel suo complesso.
Tra le attività istituzionali di Federchimica, oltre alla partecipazione attiva ai lavori, in sede di Commissioni e task force ministeriali e confindustriali, a tutela degli interessi del
settore, vi è naturalmente quella della formazione e informazione che anche nel 2009 l’ha vista protagonista attraverso l’organizzazione di
corsi, seminari e conferenze sia presso la propria
sede che presso altre associazioni industriali.
A ciò si deve aggiungere
l’attività editoriale, con la
diffusione di best -practices ma anche e soprattutto con la pubblicazione, di concerto con altri
>
partners, del 34° Emendamento del Codice IMDG per il
trasporto per mare delle merci pericolose, così come era
stato fatto con il Regolamento stradale ADR e quello ferroviario RID nell’anno precedente.
Nel settore della gestione delle emergenze chimiche nel
trasporto, Federchimica opera attraverso il S.E.T. (Servizio
Emergenze Trasporti) relativamente al quale sono state sviluppate iniziative pilota con la Direzione Centrale per le
Emergenze dei Vigili del Fuoco in tema di monitoraggio delle merci e sviluppo di un data-base per la raccolta organica di dati sulla incidentalità.
Collegato al S.E.T., in occasione della VI Conferenza
Logistica del 20 luglio 2009, è stato presentato dal
Vicepresidente della Commissione europea e Responsabile
della Politica dei Trasporti, il “Transperanto” (acronimo di
“Transport”, “Transparency” ed “Esperanto”), un dizionario
di parole chiave, tradotte in 26 lingue europee, per facilitare la comunicazione dei conducenti di veicoli stradali di
diversa estrazione linguistica.
Il Transperanto nasce da
una iniziativa progettata in
sede europea dal Cefic
(Consiglio Europeo dell’Industria Chimica) che Federchimica ha voluto tradurre
in un manuale per rispondere a una precisa esigenza di sicurezza nei trasporti, rappresentata dalla necessità di comprensione tra gli
addetti: un problema avvertito anche dalle istituzioni. Il manuale infatti, pubblicato con
il patrocinio del Ministero dell’Interno e del Ministero
Infrastrutture e Trasporti e che può fregiarsi anche del logo
del Dipartimento Protezione Civile presso la Presidenza
Consiglio dei Ministri e del Ministero Affari Esteri, Unità di
Crisi, sarà distribuito non solo alle imprese di Federchimica
ma anche alle Forze di Polizia e ai Vigili del Fuoco per
facilitare le operazioni di controllo e assistenza agli autotrasportatori presenti sulla nostra rete stradale.
Il Transperanto si inserisce perciò a buon diritto tra gli strumenti per la sfida del rilancio della globalizzazione, che
è prioritaria perché centrale a tutte le problematiche dello sviluppo economico, in grado di allargare e integrare
il mercato, soprattutto in un momento in cui la crisi finanziaria e reale ha fortemente minato l’economia mondiale
e da cui occorre ripartire per recuperare competitività.
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>
7 Ricerca e innovazione
Una delle strade che le imprese hanno cercato di percorrere per fronteggiare la crisi è stata l’intensificazione della ricerca e dell’innovazione, anche con il ricorso a nuove collaborazioni, purtroppo isolate, tra il sistema della
ricerca privato e quello pubblico.
È ancora difficile coniugare le attività dell’università e gli
enti pubblici di ricerca, dove si svolge gran parte della ricerca di base, con le esigenze di un’industria focalizzata sul
soddisfacimento a breve delle esigenze del mercato.
In più, la stragrande maggioranza delle imprese chimiche
operanti in Italia è di dimensione troppo piccola per avere la capacità economica adeguata a sostenere costi e
rischi di progetti di ricerca di ampio respiro, che comprendano cioè tutti i necessari stadi di ricerca, e in particolare quella applicata.
Per le PMI, come per tutte le altre aziende, il processo di
forte cambiamento in atto nella chimica offre molte opportunità, ma anche notevoli rischi. Sono proprio le PMI, infatti, le imprese che soffrono di più le normative ambientali
complesse e inutilmente penalizzanti (perché un costo fisso impatta di più su una struttura minore), e che sentono
meno la vocazione ad innovare attraverso la ricerca. Questo
fenomeno è negativo, in quanto porterà ad un calo ulteriore dell’economia del settore chimico, con la conseguente
scomparsa di alcune di queste aziende. Sono quindi queste le imprese che potrebbero avvantaggiarsi di più da una
vera collaborazione con la ricerca pubblica.
Per cercare di risolvere questo problema e per supportare le imprese nel contatto con il mondo della ricerca pubblica, Federchimica continua a portare avanti rapporti e
accordi con le istituzioni di R&S pubbliche, come il CNR
(Consiglio Nazionale delle Ricerche), dove sarebbero presenti numerose soluzioni tecnologiche per i problemi di
prodotto e processo delle imprese, le università, la SCI
(Società Chimica Italiana) e l’AIDIC (Associazione Italiana
di Ingegneria Chimica).
Per favorire il trasferimento tecnologico delle innovazioni
provenienti da questo settore, Federchimica supporta le
imprese nell’applicazione dell’Accordo Quadro con il
CNR. L’Accordo Quadro infatti prevede: definizione di
specifici progetti elaborati congiuntamente, con obiettivi
condivisi da CNR e impresa; assunzione da parte del
CNR di costi e rischi relativi all’attività di ricerca applicata; garanzia, da parte dell’impresa, dell’utilizzo dei risultati con assunzione dei relativi costi di industrializzazione
e rischi imprenditoriali.
Nell’ambito di questo Accordo Quadro, si sono dimostrate
utili specifiche azioni mirate alla presentazione dell’offerta CNR alle imprese associate e sono stati fondamentali
gli incontri personalizzati, soprattutto diretti alle PMI, finalizzati all’esplicitazione della domanda. Questi incontri
messi in atto da Federchimica hanno favorito la nascita di
concrete collaborazioni tra imprese e CNR, attraverso la
stipula di convenzioni operative e la realizzazione di progetti di ricerca.
Fondamentale per implementare la ricerca nelle imprese
è l’assunzione di personale qualificato, quali laureati e
dottori di ricerca. Recentemente è infatti nato un dibattito
sulla figura dei dottori di ricerca, le prospettive di inserimento nel mondo del lavoro e l’adeguatezza dei percorsi formativi alle esigenze del mondo delle imprese.
Questo dibattito ha evidenziato un problema di coerenza
tra la professionalità degli attuali dottori di ricerca – strettamente legata alla formazione ricevuta – e le esigenze
dei nuovi settori di sbocco. L’assunzione di un dottore di
ricerca, anziché di un neo-laureato magistrale, da parte
di un’impresa dovrebbe essere basata sul riconoscimento
di una superiore professionalità che possa giustificare la
maggiore età del candidato al momento dell’assunzione
e uno stipendio più elevato.
Le caratteristiche professionali premianti sono, oltre alla preparazione tecnico scientifica, la cultura progettuale e il grado di autonomia che il dottore di ricerca deve dimostrare.
In altri termini, l’impresa può giustificare l’assunzione di un
dottore di ricerca anziché di un neo-laureato magistrale –
e i maggiori oneri che ne derivano sia in termini di costi
31
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immediati che di aspettative di sviluppo della persona –
solo se riconosce di poter affidare al più presto alla persona stessa un progetto di ricerca da gestire con un certo
grado di autonomia, con attenzione non solo agli aspetti
scientifici, ma anche a quelli gestionali e organizzativi.
La competitività prospettica delle imprese chimiche italiane nell’economia della conoscenza non può prescindere
da una significativa presenza di dottori di ricerca nei loro
organici. È quindi necessario adeguare la formazione di
queste figure professionali alle esigenze del sistema di
imprese, anche al fine di migliorare la qualità della ricerca imprenditoriale.
Per favorire il rilancio della politica industriale, il Governo
aveva avviato, a partire dal 2008, una strategia di sostegno, prevedendo una serie di strumenti aventi l’obiettivo
di valorizzare la vocazione manifatturiera del Paese, favorendo la partecipazione delle grandi imprese ai processi
di collaborazione industriale europei e internazionali ed
agevolando la diversificazione industriale in direzione dei
settori meno tradizionali ed altamente innovativi.
Di conseguenza, dopo un’analisi sulle cause della perdita di competitività del Paese, il Governo aveva individuato
cinque aree strategiche di innovazione tecnologica
(“Efficienza energetica”, “Mobilità sostenibile”, “Nuove
tecnologie per il made in Italy”, “Nuove tecnologie della
vita” e “Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche”) che sono state inserite nel programma
di finanziamento “Industria 2015”. Ad ogni area corrisponde un Progetto di Innovazione Industriale (PII), sulla
cui base sono finanziati grossi progetti di ricerca industriale e sviluppo competitivo utili per aumentare la competitività del mondo delle imprese operanti in Italia.
Grazie al programma sono stati pubblicati bandi per tre
delle cinque aree (“Efficienza Energetica”, “Mobilità
Sostenibile” e “Nuove Tecnologie per il made in Italy”), e
sono stati ammessi a finanziamento, rispettivamente, 30
progetti di ricerca e innovazione sui 92 presentati (che
attiveranno circa 500 milioni di euro di investimenti), 25
progetti su 50, per investimenti complessivi pari a circa
450 milioni di euro e 104 progetti per un investimento
complessivo di circa 638 milioni di euro.
A livello europeo, il ruolo dell’industria chimica è fondamentale per l’aumento della competitività del proprio settore e di quelli a valle. Infatti, solo il 30% del consumo europeo di prodotti chimici è destinato direttamente agli end
users: il 70% invece è utilizzato dai downstream users.
Inoltre, l’industria chimica europea, in questo momento, sta
affrontando una forte competizione con i paesi emergenti:
32
l’innovazione è fondamentale per superare questa sfida.
Per implementare lo sviluppo dell’industria chimica sono
fondamentali alcune azioni, come la più stretta cooperazione tra l’università, l’industria chimica e gli attori a valle, l’aumento dell’eccellenza dei risultati della ricerca e lo
sviluppo di start up innovative. Sarebbe inoltre opportuno
creare un sistema di incentivi all’innovazione più forte; promuovere l’accettazione dell’innovazione nell’opinione pubblica; stabilire priorità nella ricerca per la crescita, la salute e l’ambiente; favorire il trasferimento delle conoscenze
e dell’innovazione; promuovere la cultura scientifica; adoperarsi per colmare il gap formativo; e favorire la presenza
di fondi di venture capital per lo sviluppo iniziale di start
up innovative.
La proprietà intellettuale è fondamentale per la competitività dell’industria chimica, soprattutto per le PMI. In Europa
però, rispetto alla situazione di USA e Cina, i costi di brevettazione sono troppo elevati, anche a causa di una forte frammentazione del sistema brevettuale. Per promuovere lo sviluppo di brevetti, sarebbe fondamentale l’adesione dei vari paesi al “London Agreement”, che consentirebbe una semplificazione rispetto al sistema attuale.
Dal 2007, per promuovere le attività di R&S, in Europa è
stato avviato il VII Programma Quadro RST della Commissione europea. Con questo programma, la Commissione
europea ha stanziato oltre 50 miliardi di euro per progetti
di ricerca previsti nel periodo 2007-2013.
Fino ad oggi, la percentuale di successo nel VII Programma
Quadro di imprese e centri di ricerca nazionali è ancora
bassa (18%), anche se l’Italia ha aumentato la sua partecipazione ai bandi.
Inoltre è stata data una maggiore considerazione alle piattaforme tecnologiche come strumenti per individuare i settori cui attribuire i fondi: in particolare per il settore chimico è molto importante il ruolo della piattaforma tecnologica europea “Suschem” (Sustainable Chemistry) e il suo
rapporto con la Commissione europea.
Per promuovere la partecipazione delle proprie imprese
al VII Programma Quadro, Federchimica sta proseguendo un’attività di informazione e di supporto alla presentazione di progetti.
Attraverso l’organizzazione di seminari operativi, Federchimica ha avviato uno specifico servizio attraverso la sua
società controllata SC Sviluppo chimica.
Dato che è molto importante che le imprese chimiche partecipino a questi schemi di finanziamento per aumentare la
propria competitività sia a livello nazionale che europeo,
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la Federazione intende supportare le proprie associate nell’identificazione di contatti internazionali e nella gestione
dei progetti di ricerca. Per questo Federchimica ha messo a disposizione uno specifico strumento informatico, già
condiviso a livello europeo.
lo sviluppo sostenibile. Gli obiettivi delle azioni di
Federchimica sono quelli di creare una rete di contatti utile per avviare progetti di R&S nelle nanotecnologie e per
sostenere le proprie imprese nella partecipazione a bandi di gara europei.
In Europa le nanotecnologie hanno sempre maggiore rilevanza: nel VII Programma Quadro, infatti, è stata dedicata una parte consistente di finanziamento (3.5 miliardi di
euro) a queste tecnologie emergenti. Le nanotecnologie
rappresentano un nuovo approccio alla ricerca e allo sviluppo finalizzato a controllare la struttura fondamentale e
il comportamento della materia a livello di atomi e di molecole. Attualmente stanno facendo la loro comparsa applicazioni in molti settori diversi fra loro quali la salute, le tecnologie dell’informazione, le scienze dei materiali, l’industria manifatturiera, l’energia, la sicurezza e lo spazio.
Molte PMI inoltre utilizzano o producono materiali che sono
e saranno condizionati dalle nanotecnologie.
Maggiore rilievo è stato dato anche alle normative che
possano regolare la produzione e l’utilizzo delle nanotecnologie. A livello europeo è infatti da anni in corso un
dibattito sulla possibilità di adottare una legislazione comunitaria ad hoc per i nanomateriali, considerandoli così
una classe di prodotti a se stante. Al contrario, i nanomateriali sono da considerare come altri prodotti chimici
e quindi le imprese sono già impegnate a valutarne l’impatto seguendo la normativa esistente.
Un aspetto però fondamentale è la mancanza di una definizione condivisa a livello europeo di “nano materiale”.
Federchimica perciò, in collaborazione con il Cefic e le
altre federazioni europee, sta avviando un dialogo con le
autorità per arrivare a una definizione condivisa applicabile anche a livello normativo.
Parallelamente, Federchimica si sta occupando anche della valutazione del biossido di titanio secondo le richieste
del REACH e dei rischi e opportunità dei nanomateriali
anche sul fronte della sicurezza negli ambienti di lavoro,
in collaborazione con le autorità nazionali.
Un ampio dibattito che coinvolga sia le imprese, sia i centri di ricerca, sia il pubblico è necessario. Questo può portare ad un’analisi efficace dei benefici e dei rischi sia reali che percepiti.
>
Federchimica, attraverso lo sviluppo del Programma
“Nanotecnologie nell’Industria Chimica” (PNIC), si è attivata per coinvolgere le imprese in un dibattito, con l’aiuto di tutti gli stakeholders che possono essere interessati
al settore (imprese, università, centri di ricerca, parchi scientifici e fondi di venture capital), sia dandone notizia a vari
livelli, sia preparandosi alla possibilità di partecipare al
dibattito in seno all’Unione europea.
Dato che sia negli Stati Uniti che in Asia il mercato delle
nanotecnologie è da anni avviato con un buon successo,
è opportuno che l’Europa, e in particolare l’Italia, inizino
ad affrontare con vigore questo nuovo campo. Le nanotecnologie infatti possono migliorare notevolmente la
qualità della vita, la competitività dell'industria europea e
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8 Responsible Care: il nostro impegno
per lo sviluppo sostenibile
L’etica alla base di Responsible Care
Secondo la definizione della Commissione Burtland del
1987, lo sviluppo sostenibile è “lo sviluppo in grado di
soddisfare i bisogni del presente senza compromettere
la capacità delle generazioni future di soddisfare i
propri”.
Un concetto riconosciuto come un obiettivo fondamentale da parte della comunità internazionale dalla
Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo
Sviluppo (UNCED) di Rio de Janeiro del 1992, che richiede l’impegno e il contributo attivo di molti stakeholder.
Parallelamente, la sicurezza nell’uso dei prodotti chimici è stata inserita come parte integrante dello sviluppo
sostenibile, così come indicato dal processo di Agenda
21 e più recentemente nel programma di azione adottato dal summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di
Johannesburg nel 2002.
Il Programma Responsible Care rappresenta la colonna
portante dell’industria chimica per lo sviluppo sostenibile.
Infatti, esso rappresenta l’etica che guida l’industria chimica verso il miglioramento continuo delle prestazioni,
grazie all’adozione di un sistema di gestione integrato
di sicurezza, salute e ambiente e verso il dialogo trasparente nei confronti della collettività.
Se storicamente i miglioramenti che l’industria chimica
ha ottenuto grazie al Programma Responsible Care sono
stati principalmente nell’area della sicurezza, della salute e dell’ambiente, è chiaro che gli importanti cambiamenti della società globale negli ultimi anni hanno reso
necessaria l’elaborazione di nuove aree strategiche
di azione rivolte alla creazione di una supply chain
sostenibile, al miglioramento delle prestazioni dei prodotti lungo l’intero loro ciclo di vita, al mantenimento
della biodiversità e all’utilizzo di tecnologie “pulite”.
Di conseguenza, per l’industria chimica lo sviluppo
sostenibile è naturalmente divenuto la continuazione e
l’ampliamento del Programma Responsible Care oltre i
suoi originari confini.
La chimica quindi si pone oggi, attraverso le sue conoscenze, le sue tecnologie ed i suoi prodotti, come un settore portatore di soluzioni per risolvere alcuni dei problemi relativi alla sostenibilità del nostro pianeta:
attraverso le innovazioni relative ai semi e alle protezioni delle colture, la chimica può contribuire a ridurre i problemi della fame nel mondo permettendo maggiori produzioni agricole, prezzi più bassi e quindi
una più ampia disponibilità di prodotti alimentari;
l’industria chimica è in grado di fornire nuove tecnologie per la depurazione dell’acqua e per un suo migliore utilizzo;
infine, la chimica può contribuire alla mitigazione del
fenomeno dei cambiamenti climatici attraverso soluzioni
in grado di ridurre i consumi energetici (es. isolamento degli edifici, materiali leggeri per mezzi di trasporto) o di permettere la produzione di energia da fonti
rinnovabili (es. biodiesel, tecnologie per il solare e per
l’eolico).
Con riferimento a questo ultimo punto l’ICCA (International
Council of Chemical Industry) ha calcolato che ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa dall’industria chimica ha permesso di ridurre di 2.6 tonnellate la quantità
di gas serra emessi da altre industrie e dagli utilizzatori
finali. In altre parole, senza le tecnologie e i prodotti
chimici, sarebbero state emesse in atmosfera 5.2 miliardi di tonnellate in più, pari all’11% della quantità totale
di CO2 emessa.
Quindi una più ampia diffusione dei prodotti chimici
innovativi è anche un buon modo di favorire una razionalizzazione dei consumi energetici e di contrastare i
cambiamenti climatici.
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RIDUZIONI DELLE EMISSIONI DI “GAS SERRA” NEL MONDO GRAZIE ALL’UTILIZZO DI PRODOTTI CHIMICI, NEL 2005
(*) Prodotti con alternative non disponibili nelle applicazioni considerate
Fonte: Federchimica, ICCA
Il grafico mostra le applicazioni di prodotti chimici che più
contribuiscono al risparmio energetico e quindi alla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera.
Il Programma Responsible Care in Italia
In Italia, il Programma è presente dal 1989 e attualmente vi partecipano 175 imprese di grande, media e piccola dimensione di proprietà nazionale ed estera.
Esse rappresentano un campione dell’industria chimica in
Italia statisticamente molto significativo, in quanto corrispondono a circa il 55% del fatturato e oltre il 50% dei
dipendenti.
I dati che annualmente le imprese aderenti al Programma
raccolgono e che vengono pubblicati nel rapporto annuale Responsible Care dimostrano come l’industria chimica
in Italia si sia profondamente impegnata per perseguire la
sostenibilità dei suoi processi e dei suoi prodotti.
36
Emissioni in acqua e aria
Le emissioni in atmosfera sono state ridotte dalle imprese
aderenti a Responsible Care, rispetto al 1989, di valori compresi tra l’80% e il 95% a seconda dei parametri presi in
considerazione. Questi risultati sono stati possibili grazie alle
innovazioni di processo, alle nuove tecnologie e ai sistemi
di abbattimento a camino degli impianti chimici.
Il miglioramento continuo dei processi industriali e la maggiore efficienza degli impianti di trattamento degli scarichi sono i due fattori alla base della riduzione delle emissioni inquinanti nei corpi idrici. I cinque principali parametri presi in considerazione nel 2008 presentavano valori inferiori dal 40% all’80% rispetto al 1989.
L’industria chimica è poi stata particolarmente efficiente
nella riduzione delle emissioni di gas serra. Tale riduzione ha riguardato fondamentalmente due gas: la CO 2
derivante dai processi di combustione e l’N2O. La CO2
si è ridotta principalmente prima del 2005, anche grazie
all’incremento dell’efficienza dei processi di combustione
ed al miglioramento del mix di combustibili negli usi
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UNO SGUARDO D’INSIEME SULLE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI
IN ARIA DA PARTE DELLE IMPRESE ADERENTI A RC
UNO SGUARDO D’INSIEME SULLE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI
IN ACQUA DA PARTE DELLE IMPRESE ADERENTI A RC
(indici 1989=100)
(indici 1989=100)
Fonte: Federchimica-Responsible Care
energetici da parte delle imprese. Le emissioni di N2O si
sono abbattute di quasi il 90% rispetto al 2005 grazie a
nuove tecnologie di processo.
Mentre in Italia assistiamo ad un aumento delle emissioni di gas serra di oltre il 7%, tra il 1990 e il 2007, sia
>
Fonte: Federchimica-Responsible Care
l’industria chimica (-50%), sia le imprese aderenti a
Responsible Care (- 61%) hanno ottenuto risultati migliori
degli obiettivi indicati dal Protocollo di Kyoto e sono
già in linea con quanto richiesto dagli obiettivi della
Commissione europea per il post Kyoto al 2020.
ANDAMENTO E STRUTTURA DELLE EMISSIONI DI “GAS SERRA” DELL’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA:
CONFRONTI CON GLI OBIETTIVI DI KYOTO E DELL’UE
Fonte: Ispra, Istat
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Lavorare in sicurezza
ha finanziato investimenti in nuovi impianti e macchinari
in grado di migliorare il proprio ciclo produttivo, ha sviluppato sistemi di gestione formalizzati (che in molti casi
hanno ottenuto la certificazione), oltre a garantire elevati
standard di performance.
L’industria chimica non solo è rispettosa dell’ambiente ma
dimostra anche una particolare attenzione nel garantire
la sicurezza dei propri dipendenti all’interno dei luoghi di
lavoro: l’indice di frequenza degli infortuni (ossia il numero di infortuni per milione di ore lavorate), elaborato da
dati Inail per tutti i settori economici, dimostra come i luoghi di lavoro della chimica siano tra i più sicuri, registrando
una performance di 9.7 mentre il valore mediano dell’industria manifatturiera si attesta a 21.2.
Inoltre, circa 100 milioni di euro sono stati destinati a bonifica dei suoli e delle acque di falda e testimoniano l’approccio responsabile dell’industria chimica nel voler sanare eventuali inquinamenti pregressi.
Per ottenere questi risultati le imprese chimiche aderenti a
Responsible Care hanno impiegato ingenti risorse finanziare
e professionali. Esse hanno investito complessivamente 914
milioni di euro nel 2008 per garantire standard sempre più
elevati di rispetto ambientale, sicurezza e salute dei dipendenti. Le spese per sicurezza, salute e ambiente si confermano quindi molto importanti negli ultimi anni e sono strutturalmente dell’ordine del 3% del fatturato complessivamente
generato.
Attraverso queste risorse economiche, l’industria chimica
Negli ultimi due anni, l’industria chimica italiana ha sofferto in modo importante le conseguenze della crisi economica e finanziaria generatasi a livello globale.
Purtuttavia il contesto nazionale, sempre più fortemente caratterizzato da una domanda di sostenibilità delle attività
economiche proveniente da tutti i principali stakeholder
(autorità pubbliche, clienti, consumatori, opinion leader e
cittadini), evidenzia la necessità per l’industria chimica
di supportare attivamente la sfida in atto del cambiamento
ambientale e sociale. Ciò permetterà alla chimica di
INFORTUNI SUL LAVORO: CONFRONTO TRA SETTORI ECONOMICI
(*) Media aritmetica del triennio 2006-2008
Fonte: Federchimica-Responsible Care, elaborazione su dati Inail
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IMPRESE ADERENTI A RESPONSIBLE CARE: ANDAMENTO E STRUTTURA DELLE SPESE IN HSE(*)
(*) Spese HSE = Investimenti HSE (I) + Costi Operativi (CO)
Fonte: Federchimica-Responsible Care
superare le attuali difficoltà e di rimanere un settore strategico per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
L’industria chimica, grazie ad un approccio che è andato oltre al mero rispetto dei limiti di legge, ha dimostrato
negli anni il proprio contributo allo sviluppo sostenibile.
Ora questo impegno deve continuare soprattutto spingendo
l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e di nuove
tecnologie di processo che possano garantire la sostenibilità nostra e quella delle generazioni future.
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9 Relazioni industriali e risorse umane
Nella seconda parte del 2009 l’attività della Direzione
Centrale Relazioni Industriali è stata caratterizzata dalla preparazione e dalla conduzione del negoziato per il rinnovo
contrattuale che, avviato il 6 ottobre, si è concluso con l’accordo di rinnovo del 18 dicembre 2009, e quindi prima
della naturale scadenza del CCNL, prevista per fine anno.
Il rinnovo del CCNL
La fase di preparazione interna al rinnovo, iniziata come
consuetudine con largo anticipo e conclusa alla vigilia dell’avvio del negoziato, ha confermato e sviluppato lo stile
partecipativo dell’attività della Direzione.
Il contributo delle imprese, sia a livello politico-strategico
sia a livello tecnico, ha accompagnato tutta la fase della
trattativa ed è stato come sempre ampio e qualificato.
Il dato quantitativo relativo agli incontri formali realizzati
all’interno del sistema della Federazione, oltre 80, dà la
misura di quanto siano state dibattute e approfondite al
nostro interno le scelte contrattuali, con un’attività costante
di confronto e condivisione delle stesse.
Il negoziato contrattuale è stato realizzato in un momento
particolarmente difficile, considerata la situazione di diffusa e generalizzata crisi economica.
Nonostante tale contesto, reso ancor più complesso dalla
delicata situazione tra le varie sigle sindacali che ha portato alla presentazione di ben cinque diverse piattaforme,
la trattativa si è svolta, come consuetudine, in un clima costruttivo e trasparente, incentrato sul merito delle questioni oggetto del confronto.
La capacità del settore di realizzare un rinnovo contrattuale ancora una volta fortemente innovativo, trova la sua motivazione in diversi fattori: la tradizione di buone relazioni
della categoria, la consapevolezza dell’importanza del ruolo delle risorse umane per lo sviluppo delle imprese, la convinzione che sia necessario, per accrescere la competitività e l’ammodernamento del sistema produttivo, realizzare
scelte contrattuali moderne, percorrendo la via del consenso
e della partecipazione.
Le scelte realizzate rappresentano un contributo reale per il
miglioramento della competitività delle imprese, offrendo un
CCNL caratterizzato da una forte attenzione alla responsabilità sociale, dal quale scompare anche l’ultimo automatismo
economico rimasto, rappresentato dagli scatti di anzianità.
Tali scelte hanno consentito alla delegazione imprenditoriale
di valutare compatibile l’onere economico del rinnovo, certamente significativo considerate le difficoltà in essere.
Tra gli elementi qualificanti del rinnovo si segnalano oltre
alle citate innovazioni in materia di scatti di anzianità e di
responsabilità sociale, le misure a sostegno del reddito e
dell’occupazione, quelle inerenti la sicurezza, la salute e
l’ambiente, l’allungamento dei periodi di prova, le normative mirate per le PMI e per le specificità settoriali.
Scatti di anzianità
A decorrere dal 1 gennaio 2010 sono stati aboliti gli scatti
di anzianità.
Con tale operazione è stato superato l’ultimo e desueto automatismo contrattuale e si è resa “più europea” la busta paga
settoriale, eliminando una voce retributiva automatica sconosciuta all’estero. Da sottolineare che l’abolizione in parola non vuole rappresentare un disconoscimento del valore
dell’esperienza connessa con l’anzianità aziendale e infatti è stato confermato l’impegno a valorizzare la stessa nell’ambito delle classificazioni.
Responsabilità sociale
Si è data piena dignità contrattuale a questo tema, non nuovo per il settore, con la creazione di un apposito capitolo in
cui sono state evidenziate le innumerevoli scelte fatte in materia di welfare, formazione, occupazione, tutela della sicurezza, della salute e dell’ambiente. È stata tra l’altro prevista
la possibilità di realizzare tra le Parti aziendali un Patto di
responsabilità sociale volto a definire iniziative tese a sostenere e sviluppare l’impegno in questo ambito, prevedendo
anche la premiazione delle migliori esperienze aziendali.
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Welfare: misure a sostegno del reddito
e dell’occupazione
In relazione all’emergenza occupazionale in atto è stata tra
l’altro prevista la possibilità di istituire un Fondo bilaterale
aziendale per il sostegno del reddito, gestito pariteticamente
dalle Parti aziendali, alimentato da risorse delle imprese e
dei lavoratori e finalizzato ad integrare il reddito di questi
ultimi durante i periodi di CIG, di contratti di solidarietà o
di interventi di riqualificazione. In materia di sostegno dell’occupabilità è stata condivisa, inoltre, l’opportunità di individuare azioni idonee a facilitare il reimpiego del personale nel mondo del lavoro.
Piccole Medie Imprese
La scelta condivisa di approfondire insieme e tenere nella
dovuta considerazione le specifiche esigenze di questa tipologia di imprese è un segnale importante in un settore in cui
il ruolo delle PMI è centrale.
In tale ambito da segnalare l’introduzione di una specifica
disciplina per agevolare la diffusione di un premio variabile aziendale attraverso la previsione di una formula, già
definita in tutti i suoi aspetti, che oltre al parametro del fatturato (o del MOL) prevede indicatori relativi all’assenteismo medio e alla presenza individuale.
Specificità settoriali
Sicurezza, salute e ambiente
In linea con la particolare attenzione del settore a queste tematiche, col rinnovo contrattuale, sono stati realizzati interventi
normativi finalizzati a rafforzare l’impegno delle Parti per uno
sviluppo sostenibile teso ad integrare al meglio crescita economica, protezione ambientale e responsabilità sociale.
In tal modo si è inteso garantire una maggiore diffusione
nelle imprese del metodo partecipativo che caratterizza le
relazioni industriali del settore e che costituisce il fondamento per la gestione delle tematiche della sicurezza, della salute e della tutela dell’ambiente.
Al fine di valorizzare l’impegno in tale direzione è stata prevista l’istituzione di una giornata nazionale della sicurezza
nell’ambito della quale dare visibilità alle iniziative virtuose
realizzate nelle imprese del settore.
Sono state, inoltre, revisionate le linee guida sui criteri di
gestione degli appalti e sulla gestione della sicurezza e
salute dei lavoratori e della tutela dell’ambiente a livello
aziendale.
Infine le Parti hanno realizzato un programma informatico,
progettato nell’ambito dell’Organismo Bilaterale Chimico
per la formazione continua (OBC), denominato “Anagrafe
RLSSA”, che consente di disporre di una banca dati utile
ad agevolare la programmazione e l’aggiornamento dell’attività formativa congiunta destinata ai Rappresentanti dei
Lavoratori per la Sicurezza, Salute e Ambiente (RLSSA).
Con tale ulteriore strumento ci si prefigge l’obiettivo di favorire lo sviluppo della formazione a livello aziendale e realizzare le iniziative definite dalle Parti nazionali settoriali e
la crescita in tutto il settore della cultura della sostenibilità e
della prevenzione.
Le specificità settoriali relative a fibre, abrasivi, GPL e lubrificanti sono state salvaguardate con apposite scelte contrattuali, tra le quali si segnalano:
relativamente alla parte economica, la previsione di specifici importi per: minimi contrattuali, elemento aggiuntivo della retribuzione, valori punto;
l’abolizione degli scatti di anzianità. L’operazione, effettuata come già esposto anche in tutti gli altri settori, assume particolare rilievo nel settore lubrificanti-GPL, in considerazione del numero maggiore di scatti (12 a fronte
dei 5 del chimico) e dell’importo più elevato degli stessi.
Le altre aree di attività
Attività in materia di formazione
A testimonianza dell’impegno delle Parti sociali sui temi
ambientali, è da segnalare la continuazione dell’attività formativa congiunta nei confronti dei Rappresentanti dei
Lavoratori per la Sicurezza svolta in collaborazione con i
livelli territoriali con l’obiettivo di sviluppare, nei confronti
dei lavoratori chiamati a questo compito, un’adeguata consapevolezza del proprio ruolo.
Inoltre, nell’ambito delle scelte operate con il rinnovo del
CCNL con specifico riferimento al tema della formazione, si
è deciso di ribadire il ruolo fondamentale dell’Organismo
Bilaterale Chimico per la formazione continua, disciplinandone struttura e compiti in una apposita ed autonoma Parte
del CCNL e ampliando l’ambito delle iniziative formative.
Periodi di prova
Anche per favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, in via sperimentale, sono stati raddoppiati i periodi di
prova per tutte le categorie contrattuali, fatta eccezione per
le categorie A e B già al massimo previsto dalla legge.
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Attività in ambito confederale
A livello confederale da sottolineare la partecipazione attiva a specifici comitati e gruppi di lavoro sui temi sindacali e del lavoro, al fine di garantire il necessario supporto
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agli uffici confederali sulle diverse tematiche legislative
nonché su quelle contrattuali e di relazioni industriali.
I fondi settoriali
Indagini statistiche
FASCHIM
Come di consueto si sono svolte, in collaborazione con
la Direzione Centrale AEI (Analisi Economiche e Internazionalizzazione), specifiche indagini riguardo a temi di interesse particolare e la ormai consolidata indagine retributiva annuale che, da oltre 20 anni, fornisce indicazioni
sui livelli retributivi e sulle caratteristiche dell’occupazione
nel settore.
È stata inoltre realizzata un’indagine sulle tipologie di
assunzioni effettuate, sui flussi dell’occupazione, sull’utilizzo da parte delle imprese degli strumenti di flessibilità
forniti dalla legge di riforma del mercato del lavoro e dalle norme contrattuali e sugli orari e assenze dal lavoro.
Infine è stata realizzata una specifica indagine sull’utilizzo effettuato e previsto degli strumenti normativi di gestione delle ricadute occupazionali indotte dalla crisi congiunturale.
Ad inizio 2010 il Fondo registrava oltre 2.100 imprese associate e oltre 110.000 iscritti, tra lavoratori e loro familiari.
La dimensione numerica del Fondo è il risultato dell’importante attività svolta dalle Parti a livello nazionale. Il Fondo
ha, infatti, quasi raddoppiato il numero dei propri assistiti
grazie all’ingresso di circa 51.000 nuovi associati, in relazione alla norma che ha previsto, per il periodo 1 luglio
2008 - 30 giugno 2009, l’iscrizione a FASCHIM di tutti i
lavoratori non coperti da altra forma di assistenza sanitaria.
A partire da aprile 2010, grazie all’accordo di rinnovo del
CCNL, la quota associativa per il dipendente è stata dimezzata (da 6 euro a 3 euro mensili), con l’incremento di quella a carico delle aziende da 18 euro a 21 euro mensili.
Con la medesima decorrenza sono state altresì ampliate le
prestazioni rimborsabili dal Fondo. Per quanto riguarda le
attività istituzionali, ad aprile 2010 è stato rinnovato il
Consiglio di Amministrazione ed il Collegio dei Revisori.
>
Attività internazionale
Nell’ambito dell’attività internazionale prosegue la partecipazione al Dialogo Sociale strutturato per il settore chimico, con il pieno supporto e coinvolgimento della
Commissione europea.
Il Dialogo si svolge, con incontri periodici, tra ECEG
(European Chemical Employers Group), che rappresenta
le organizzazioni imprenditoriali dei paesi membri, EMCEF
(European Mine, Chemical and Energy Workers Federation), in rappresentanza dei lavoratori, e rappresentanti
della Commissione stessa.
Si tratta di un’importante sede nella quale evidenziare le
specifiche esigenze settoriali, valorizzando nel contempo
la nostra particolare esperienza di relazioni costruttive tra
Parti sociali sui temi di diretto interesse quali la politica
industriale, la formazione e la salvaguardia della sicurezza
e salute dei lavoratori e la tutela dell’ambiente.
È continuata inoltre l’attività interna all’ECEG di ricerca di
linee di intervento comuni in merito all’evoluzione normativa in atto a livello comunitario sui temi del lavoro così
come lo scambio di informazioni sulle situazioni in atto nei
diversi paesi.
In particolare l’attività prosegue nell’ambito di tre specifici gruppi di lavoro sui temi di:
politica industriale, competitività e occupazione;
educazione, addestramento e formazione continua;
Responsible Care, sicurezza e salute.
Fonchim
Il risultato finanziario di Fonchim nel 2009 ha garantito una
complessiva tenuta del sistema di previdenza complementare di natura negoziale in grado di contenere i ribassi nei
periodi di maggiore turbolenza dei mercati finanziari, in particolare di quelli azionari.
Tale risultato è confermato anche da un’analisi comparativa
delle performance del Fondo rispetto a quelle delle forme
pensionistiche “di mercato” (fondi pensione aperti): nell’ultimo anno la minor percentuale media di titoli di capitale dei
profili bilanciati ha condotto ad un rendimento leggermente
inferiore a quello conseguito dalla concorrenza; tuttavia,
ampliando il periodo temporale di raffronto, emerge come
la composizione dei portafogli di Fonchim abbia permesso
una miglior tutela del capitale degli associati nei momenti di
forte crisi, senza penalizzare la redditività complessiva del
patrimonio, che anzi risulta sensibilmente superiore.
Il Fondo ha raggiunto una copertura dell’83% dei potenziali
associati con circa 158.000 iscritti e circa 2.400 aziende
associate. Inoltre, con il rinnovo contrattuale del 18 dicembre 2009, si è previsto l’innalzamento del contributo a carico delle aziende dall’1.20% all’1.40%, a partire da luglio
2010, e all’1.65% da luglio 2011. Fonchim, oltre a raccogliere e gestire risparmio, fornisce altri servizi come l’anticipazione di parte delle somme accantonate per motivi di salute, per l’acquisto della prima casa o per altre ragioni previste dalla legge. Inoltre gli associati ricevono il servizio di copertura assicurativa per premorienza e invalidità permanente.
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La chimica e i suoi settori
L’industria chimica è fatta di tanti settori e non solo di chimica
di base, come comunemente si pensa.
In Italia ci sono migliaia di imprese specializzate in tantissimi
sottosettori collegati in una logica di filiera.
Qui presentiamo i settori partendo dalla chimica di base, che
produce i costituenti fondamentali della filiera a valle, poi la
chimica fine e specialistica, che acquista gli intermedi dalla
chimica di base per tramutarli in prodotti differenziati per
tutti i settori manifatturieri e infine la chimica per il consumo,
quella destinata direttamente al consumatore finale.
CHIMICA DI BASE ORGANICA, INORGANICA E TENSIOATTIVI
Andamento economico del settore
Nonostante sia proseguito, nel secondo semestre del 2009,
il lento recupero dei consumi nel settore dell’industria della
chimica organica in Italia, anche grazie alle richieste pervenute dall’area asiatica che ha consentito ai produttori europei di adottare maggiormente le capacità produttive attualmente ancora sotto sfruttate, la produzione del settore è rimasta pur sempre inferiore ai livelli consuntivati ante crisi.
Il consuntivo per le produzioni di chimica organica di base
in Italia per il 2009 indica un calo complessivo di circa
l’8% rispetto al 2008.
Il comparto della chimica inorganica di base ha chiuso il
2009 con un forte calo della produzione in Italia rispetto
all’anno precedente, stimato in circa il 26%.
Il 2009 è stato caratterizzato dalla condizione di generale difficoltà dell’industria del cloro in Italia ed in Europa, a
causa della debolezza della domanda di mercato dei derivati, aggravata dai costi in aumento delle materie prime
legate all’andamento del prezzo del greggio.
Il calo produttivo in Europa, attestatosi nel primo semestre
2009 a -19% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ha mostrato nel secondo semestre una significativa
tendenza al miglioramento (-2%).
Nel 2009, il calo produttivo in Italia si è attestato a -35%
nel primo semestre e a -34% in quello successivo. Tale situazione, determinata principalmente dalla fermata degli impianti dei produttori nazionali di VCM e PVC, ha visto una con-
temporanea ulteriore crescita delle importazioni domestiche
di PVC e di soda caustica. Nel 2009, il mercato italiano
dell’acido solforico ha risentito ancora del crollo della domanda verificatosi a livello globale già dal quarto trimestre
2008. La produzione totale in Italia nel 2009 è stata di circa 1.000.000 di tonnellate (-24% rispetto al 2008), corrispondente ad una rata di utilizzo degli impianti del 60%.
Il consumo interno complessivo è stato di circa 700.000
tonnellate, con una flessione media del 30%, che si è manifestata trasversalmente a tutti i settori e, al di là delle note
problematiche di mercato, è stata effetto, in molti casi, di
politiche di ristrutturazione degli assetti produttivi.
Tale violenta contrazione dei consumi interni si è manifestata, in particolare, nel primo semestre dell’anno ed ha
reso disponibili volumi aggiuntivi di prodotto per le esportazioni, necessarie al mantenimento dei livelli produttivi minimi, benché non remunerative. Nel corso del secondo semestre la domanda nell’area mediterranea è leggermente cresciuta, grazie ai consumi per la produzione di fertilizzanti
nell’area nordafricana ed in Turchia. Nonostante questo, i
prezzi sono stati ancora estremamente svantaggiosi, a
causa anche della concorrenza di prodotto di risulta da
smelter, proveniente dal nord Europa.
Il consumo dei tensioattivi ha visto una lieve ripresa durante gli ultimi mesi del 2009. Nonostante questo dato, il consuntivo dell’anno 2009 risulta essere ancora fortemente
penalizzato dalla grave crisi economico-finanziaria. Si può
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stimare una diminuzione dei consumi di tensioattivi nell’ordine del 10/20% (a seconda del mercato/applicazione
finale dei tensioattivi). I prezzi sono rimasti vincolati all’andamento delle materie prime ed all’andamento della domanda. La produzione italiana è allineata ai consumi.
Attività di Assobase
Nel corso del 2009 Assobase ha proseguito nella sua azione di salvaguardia degli interessi del settore.
Particolare attenzione è stata data, unitamente a Euro Chlor,
alla revisione della Direttiva IPPC per gli impianti di cloroalcali, all’aggiornamento del BREF sui cloro-alcali ed agli sviluppi del REACH, con particolare riferimento al mercurio.
Costante è stata anche l’attività di monitoraggio in merito
all’Emission Trading Scheme, all’energia, alla bonifica dei siti
inquinati, al recepimento della Direttiva Quadro sui rifiuti, all’istituzione del nuovo “sistema informatico di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)”, al progetto di “telematizzazione
delle accise” per quanto riguarda i prodotti energetici sottoposti ad accisa, al provvedimento di Trenitalia, volto a fermare il traffico diffuso dei prodotti chimici pericolosi.
Costante è stata l’attività di monitoraggio in merito alla stesura dei criteri Ecolabel relativi ai mobili in legno ed agli
edifici ed alla revisione di quelli relativi alle calzature.
L’Associazione ha anche seguito il processo di revisione del
Regolamento Ecolabel e l’elaborazione dei criteri GPP per
alcune categorie di prodotti (isolamento termico, finestre,
telefoni cellulari), nell’ambito del “GPP Toolkit”. Tramite quest’ultimo, la Commissione europea intende favorire la diffusione degli Acquisti Pubblici Verdi. La necessità di monitorare attentamente l’evoluzione di tale argomento nasce
dal fatto che spesso i criteri sviluppati penalizzano, senza
un reale fondamento scientifico, le sostanze chimiche.
Su tale tematica, particolare interesse è stato mostrato
dall’Associazione nel seguire anche gli sviluppi del GPP da
parte della Pubblica Amministrazione nazionale, in particolare per quanto riguarda la stesura dei criteri minimi
ambientali per i seguenti prodotti e servizi: materiali edili,
finestre, arredi, alimenti e ristorazione.
Le attività di comunicazione, sviluppate dai produttori di cloro, hanno mirato a diffondere una corretta informazione sul
cloro e i suoi principali derivati, enfatizzandone il ruolo e
l’importanza nella vita di tutti i giorni. Target di riferimento
è stato prevalentemente quello dei giovani. Per raggiungere tale pubblico, i produttori di cloro hanno portato avanti
diverse attività ed hanno partecipato ad iniziative mirate.
Con la presentazione del progetto sul cloro, si sono incon48
trati e raggiunti insegnanti di scuole primarie e secondarie
di primo grado, su tutto il territorio nazionale.
Il sito www.cloro.org è stato completamente rinnovato nella sua forma grafica e riorganizzato in due sezioni principali: una dal tono più istituzionale, a sua volta suddivisa in
cinque sottosezioni (il cloro in natura, il cloro nell’industria,
il contributo del cloro, cloro e sostenibilità, il valore socio
economico); l’altra dal tono più giocoso, dedicata, in particolare, al mondo della scuola, a sua volta suddivisa in tre
sezioni (cloro puro, cloro che elemento, naturalmente cloro). Il sito, aggiornato anche nei contenuti, evidenzia sempre più il ruolo dell’elemento chimico cloro, fondamentale
per la produzione di beni, prodotti e servizi necessari al
miglioramento delle qualità della vita dell’uomo e ad assicurare uno sviluppo della società realmente sostenibile.
Nel 2009, i produttori di cloro sono stati presenti al Festival
della Scienza di Genova con la cerimonia di premiazione
del Premio Federchimica Giovani, che ha avuto luogo il 30
ottobre 2009, a Palazzo Ducale.
All’incontro, condotto dalla giornalista Emanuela Giordano,
l’animatrice con cui l’Associazione collabora ormai da qualche anno, hanno partecipato circa quattrocento persone:
ragazzi, insegnanti e genitori, provenienti da tutte le Regioni
d’Italia, insieme a giornalisti e rappresentanti delle imprese associate. Al termine dell’incontro, le scolaresche hanno
visitato i laboratori sul cloro e l’Acquario di Genova. Una
decina gli articoli pubblicati da riviste tecniche e quotidiani, tra cui uno dal Secolo XIX. Con riferimento al Premio
Federchimica Giovani, va inoltre segnalata l’introduzione,
con l’edizione 2009/10, di una nuova sezione dedicata
alla chimica di base che sostituisce e ingloba al suo interno la sezione dedicata al cloro. Nel 2009 è stata assegnata una borsa di studio, del valore di 2.500 euro, ad
un neo laureato, su segnalazione di una delle imprese associate. Lo studente si è distinto per avere realizzato un’interessante tesi di laurea sulla chimica di base.
Tra le iniziative di comunicazione trasversali ai gruppi di
Assobase, si segnala il proseguimento della collaborazione con il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo
da Vinci di Milano, per la realizzazione di una sezione
interattiva dedicata alla chimica di base. Nel 2009 si è
conclusa la prima parte del progetto, realizzata dai vertici dell’Associazione in collaborazione con il personale del
Museo e dedicata all’individuazione del contenuto della
nuova sezione. Il 2010 sarà dedicato all’identificazione
degli strumenti più adatti per la realizzazione della sezione che sarà inaugurata nei primi mesi del 2011, anno internazionale della chimica.
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MATERIE PLASTICHE E RESINE SINTETICHE
Andamento economico del settore
Nel 2009, l’andamento del mercato delle materie plastiche in Italia è risultato pesantemente negativo e peggiore
di quello del 2008. Lo scorso anno, la domanda di polimeri da parte dei trasformatori è stata, infatti, di circa 6.200
kilotonnellate, in calo del 10% rispetto al 2008.
Analizzando l’andamento specifico dei principali polimeri,
si evidenzia che la decisa frenata della domanda dei polietileni bassa densità (-11%) è da ricondurre alla recessione
dell’economia, al declino della produzione industriale ed
alla stagnazione dei consumi finali.
L’andamento pesantemente negativo dei polietileni alta densità (-9.9%) è da imputare soprattutto alla crisi dell’attività
edilizia, al ridimensionamento/ritardo degli investimenti in
opere pubbliche e infrastrutture, al forte calo dei consumi
delle famiglie e all’esportazione in contrazione.
Il consumo di polipropilene è risultato in frenata (-7.4%), a
causa della contrazione dell’economia, della diminuzione
generalizzata dei consumi finali, della produzione industriale e delle esportazioni e del ristagno dell’edilizia.
Il PVC rigido ha mostrato anch’esso un consistente calo
(-16.4%) dovuto principalmente al ristagno dell’edilizia e al
ridimensionamento/ritardo di investimenti in opere pubbliche e infrastrutture.
Anche se a livelli leggermente inferiori rispetto al PVC rigido,
il PVC plastificato è calato del 15.1% a seguito principalmente della frenata del settore dell’edilizia, che ha avuto una
pesante ricaduta sui cavi, e della contrazione della produzione industriale, che si è ripercossa su una serie di mercati
(cavetteria, profilati per guarnizioni, tubi tecnici, finta pelle).
La domanda di polistirene compatto è calata del 7.5% a
causa del deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie, che ha portato ad un taglio dei consumi di beni durevoli e di articoli monouso. A ciò si è aggiunto anche il ristagno dell’edilizia.
Il polistirene espandibile ha subito un pesante calo del 10.7%
a causa principalmente della crisi dell’edilizia e dell’ulteriore ridimensionamento della produzione di elettrodomestici.
Il PET è l’unico polimero a far segnare una lieve crescita
dei consumi (1.9%) grazie al comparto dell’imbottigliamento di liquidi alimentari e della foglia estrusa, e nonostante il calo del segmento della ristorazione aziendale per
effetto della crisi occupazionale, le campagne mediatiche
a supporto dell’acqua di rubinetto, l’alleggerimento delle
bottiglie, l’elevata percentuale di utilizzo del riciclato nella produzione di foglia e il deterioramento del saldo commerciale per il film biorientato.
Le poliammidi sono risultate in netta flessione (-16.1%) a
causa dell’andamento negativo del mercato dell’auto e degli
elettrodomestici e del ristagno dell’edilizia civile, che ha
depresso la domanda di materiale elettrico.
Da segnalare, infine, la consistente frenata degli espansi
poliuretanici (-13%), da ricondurre al ristagno dell’edilizia
civile e industriale, che ha limitato la crescita dell’isolamento,
alla produzione, in contrazione, di frigoriferi e congelatori, alle difficoltà del settore del mobile imbottito conseguenti
alle restrizioni del credito al consumo.
Più che deludente è stata anche la produzione nazionale
di materie plastiche che ha subito un calo di circa il 14%
rispetto al 2008.
Attività dell’Associazione
Nel corso del 2009, PlasticsEurope Italia ha seguito e sviluppato numerose attività, volte alla salvaguardia degli interessi del settore. L’Associazione, infatti, in linea anche con le
direttive di PlasticsEurope, e con il supporto dei vari gruppi
di lavoro tecnici, ha costantemente ed attivamente monitorato l’ampia produzione normativa, europea ed italiana ed
ha, inoltre, realizzato una intensa attività di comunicazione.
A livello europeo, particolare attenzione è stata data agli
sviluppi relativi alla Direttiva 2003/87/Ce (Emission Trading
Scheme), alla revisione delle Direttive RoHS (restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e rendimento energetico
in edilizia) ed alla proposta di regolamento relativo alla
commercializzazione dei prodotti da costruzione.
Costante è stata l’attività di monitoraggio in merito alla stesura dei criteri Ecolabel relativi ai mobili in legno ed agli
edifici, ed alla revisione di quelli relativi ai servizi di campeggio, di ricettività turistica e delle calzature. L’Associazione
ha anche seguito il processo di revisione del Regolamento
Ecolabel e l’elaborazione dei criteri GPP per alcune categorie di prodotti (isolamento termico, finestre, telefoni cellulari), nell’ambito del “GPP Toolkit”. Tramite quest’ultimo, la
Commissione europea intende favorire la diffusione degli
Acquisti Pubblici Verdi. La necessità di monitorare attentamente l’evoluzione di tale argomento nasce dal fatto che
spesso i criteri sviluppati penalizzano, senza un reale fondamento scientifico, le sostanze chimiche, in particolare le
materie plastiche.
A livello nazionale, particolare interesse è stato mostrato
dall’Associazione nel seguire il recepimento della Direttiva
Quadro sui rifiuti, l’istituzione del nuovo “sistema informatico di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)” e gli
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sviluppi del GPP da parte della Pubblica Amministrazione
nazionale, in particolare per quanto riguarda la stesura dei
criteri minimi ambientali per i seguenti prodotti e servizi:
materiali edili, finestre, arredi, alimenti e ristorazione.
PlasticsEurope Italia ha seguito attivamente la ponderosa
produzione normativa, a livello nazionale e locale, in tema
di edilizia e riqualificazione energetica (es. “Piano Casa”,
ddl “Sistema Casa Qualità”, ddl “Riqualificare l’Italia”). A
tal proposito, nel mese di aprile, una delegazione composta da rappresentanti di Federchimica, Polimeri Europa,
Centro Informazione PVC, PlasticsEurope Italia, AIPE
(Associazione Italiana Polistirene Espanso) e ANPE
(Associazione Nazionale Poliuretano Espanso rigido), è
intervenuta all’audizione parlamentare sulla proposta di legge n. 1952 “Sistema Casa Qualità” presso la Commissione
Ambiente della Camera dei Deputati.
L’Associazione ha continuato la sua partecipazione al
Gruppo di lavoro Interregionale, istituito presso ITACA (Istituto
per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la
Compatibilità Ambientale), che sta predisponendo l’aggiornamento tecnico della struttura e delle schede di valutazione del “Protocollo ITACA” (strumento di lavoro che consente di attribuire un punteggio di eco-sostenibilità agli edifici sulla base di una serie di requisiti).
PlasticsEurope Italia, unitamente ad altri attori della filiera
delle materie plastiche (Federazione Gomma Plastica e IPPR),
ha proseguito la sua partecipazione, in ambito ANCE, al
Tavolo tecnico delle costruzioni, mirata alla stesura di una
banca dati sui materiali utilizzati nelle costruzioni e alla definizione delle linee guida del prezzario nazionale, che ha
lo scopo di uniformare le voci afferenti la filiera delle costruzioni contenute nei vari prezzari regionali.
L’Associazione ha partecipato anche a due gruppi di lavoro “Coibentazione, climatizzazione e acqua calda sanitaria settore civile” e “Infrastrutture energetiche: elettricità, gas
e acqua”, costituiti nell’ambito della task force “Efficienza
energetica” di Confindustria, che intende aggiornare ed integrare il lavoro svolto negli scorsi anni che ha portato alla
predisposizione del documento “Proposte di Confindustria
per il piano nazionale di efficienza energetica”.
PlasticsEurope Italia ha continuato a seguire l’applicazione
del Regolamento REACH (congiuntamente ad AISPEC,
Federchimica, Centro REACH e Federazione Gomma
Plastica) per quanto riguarda le plastiche attraverso la partecipazione a specifici gruppi di lavoro, in particolar modo
per quanto riguarda la valutazione degli scenari espositivi
per la preparazione ed additivazione delle resine base.
A livello europeo, PlasticsEurope continua a seguire il
progetto “Exposure matrix”, congiuntamente a EuPC
(Federazione Gomma Plastica/Unionplast per l’Italia) e FPE
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(Flexible Packaging Europe). I dati mediati, a livello europeo, saranno probabilmente disponibili entro il primo semestre 2010.
Sono proseguite le attività con il Ministero della Salute, il
Ministero dell’Ambiente e con l’Istituto Superiore di Sanità
per la tutela di alcune sostanze chimiche utilizzate come
additivi per materiali plastici, in modo particolare per HBCD
(esabromociclododecano), additivo antifiamma per le resine stireniche espanse utilizzate nel settore dell’edilizia come
materiale da isolamento.
Con l’Istituto Superiore di Sanità si è conclusa la prima parte del progetto CAST, finalizzato alla definizione delle linee
guida per la corretta applicazione delle GMP nel settore
degli imballaggi destinati al contatto con alimenti.
Il volume delle linee guida è stato pubblicato ed è disponibile gratuitamente agli interessati. Si è inoltre approvato
e dato il via ad una seconda parte del progetto CAST sempre in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità.
Sono proseguite, in ambito UNIPLAST, le attività volte alla
definizione e validazione di standard di materiale/prodotto/applicazione. Anche nell’ambito dell’Istituto Italiano
dell’Imballaggio è continuata la presenza in gruppi tecnici
ed ambientali.
Il programma di comunicazione 2009 formulato dal
Comitato Immagine Plastica è continuato nel corso dell’anno
attraverso numerose iniziative che hanno avuto come target
di riferimento privilegiato ancora una volta i giovani, in particolare la scuola, il pubblico generico e gli opinion leader.
È proseguito il dialogo con la scuola, con la presentazione del progetto sulle plastiche, che ha raggiunto insegnanti
di scuole primarie e secondarie di primo grado, su tutto il
territorio nazionale.
PlasticsEurope Italia, in collaborazione con le aziende associate, ha assegnato otto borse di studio, ognuna del valore di 2.500 euro, a studenti universitari e a neo laureati
che si sono distinti per avere realizzato interessanti tesi di
laurea sulle materie plastiche.
È proseguita nel corso del 2009, la realizzazione del Premio
Federchimica sezione Plastica. La cerimonia di premiazione ha avuto luogo il 30 ottobre 2009 nell’ambito del Festival
della Scienza di Genova, a Palazzo Ducale. Hanno partecipato all’incontro circa quattrocento persone, tra studenti, insegnanti e genitori, provenienti da tutte le Regioni d’Italia,
insieme a giornalisti e rappresentanti delle imprese associate. Al termine dell’incontro, le scolaresche hanno visitato i laboratori sulle materie plastiche e l’Acquario di Genova.
Una decina gli articoli pubblicati da riviste tecniche e quotidiani, tra cui uno dal Secolo XIX.
PlasticsEurope Italia ha partecipato al Festival della Scienza
di Genova, dal 23 ottobre al 1 novembre 2009, con un
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proprio spazio situato presso i Magazzini dell’Abbondanza:
un vero e proprio laboratorio sulle plastiche realizzato nella zona del Porto Antico. Il laboratorio delle plastiche è stato visitato da un gran numero di persone, oltre 3.000, la
maggior parte delle quali facenti parte di scolaresche, che
hanno potuto “toccare” la plastica da vicino.
PlasticsEurope Italia ha proseguito, anche nel 2009, la sponsorizzazione della sezione permanente sulle materie plastiche
al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. La
sezione ripercorre, tramite l’esposizione di oggetti particolarmente significativi e pannelli esplicativi, le tappe più importanti dello sviluppo delle materie plastiche, dando particolare risalto anche alla figura del Premio Nobel italiano per la
chimica e inventore del polipropilene Giulio Natta. Nel 2009
è proseguita la campagna “Hey! Sono un Polimero!” per fidelizzare ed approfondire i rapporti già avviati, cercando di
raggiungere nuovi contatti, in particolare attraverso il sito
www.sonounpolimero.it, aggiornato con l’inserimento di giochi di ruolo, incentrati sul tema della sostenibilità.
È proseguito, inoltre, il coordinamento con PlasticsEurope
attraverso la realizzazione delle seguenti iniziative:
“European Youth Parliament Debates Competition”. Ha
avuto luogo il 28 settembre 2009 a Bologna, presso
l’Aula Consigliare della Regione Emilia-Romagna. Alla
manifestazione, presieduta dal Presidente dell’Assemblea
Legislativa della Regione Emilia-Romagna e dall’Assessore
all’ambiente e allo sviluppo sostenibile hanno partecipato
un centinaio di ragazzi accompagnati da una decina di
insegnanti, provenienti da licei ed istituti tecnici della
Regione. Una speciale giuria – composta dal Presidente
del dibattito, dal Direttore Generale Ufficio Scolastico
Emilia-Romagna, dal Vice Presidente Confindustria Emilia-
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Romagna, dal Presidente dei Giovani Imprenditori
Confindustria Emilia-Romagna, dal Vice Presidente di
PlasticsEurope Italia, dal Direttore Rai Emilia Romagna e
dal Direttore Editoriale Zanichelli Editore – ha individuato i 10 vincitori che hanno partecipato alla finale di Roma
del 10 novembre, dove il primo posto è stato assegnato ad una studentessa belga; il quarto, l’ottavo e il nono
posto a tre degli studenti italiani.
“Futurenergia”. Il programma intende accrescere la consapevolezza sul consumo energetico e su come i materiali avanzati, quali la plastica, possano contribuire a preservare l’energia e le risorse planetarie. Consiste in dibattiti e chat organizzati durante l’anno. Il 13 gennaio 2010,
PlasticsEurope Italia ha partecipato alla finale dell’edizione 2009, tenutasi a Bruxelles all’interno del Parlamento
Europeo, con gli studenti vincitori della sezione dedicata alle abitazioni sostenibili, provenienti da un istituto tecnico di Sava, in provincia di Taranto, e un giornalista di
una testata tecnica.
“Toolbox”. Il progetto promosso da PlasticsEurope a livello europeo, intende fornire alle aziende associate uno
strumento, da utilizzare durante incontri e presentazioni
a target diversi. Il progetto è stato rivisitato durante l’anno così da essere più flessibile e facilmente adattabile
alle esigenze di chi lo utilizzerà. Inizialmente progettato
in sei diverse lingue (francese, inglese, italiano, polacco, spagnolo, tedesco) potrà ora essere tradotto più facilmente anche in altre lingue.
È proseguito il coordinamento, da parte di PlasticsEurope
Italia, del Mediterranean Cluster di cui, oltre all’Italia, fanno parte: Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Romania
e Turchia.
L’AGRICOLTURA ED IL MERCATO DEI FERTILIZZANTI
Il contesto
La crisi economica ha riportato al centro dell’attenzione politica il ruolo fondamentale che l’agricoltura svolge da sempre nell’economia globale, ponendo in drammatica evidenza
come sia necessario incrementare la produzione per affrontare la crescente richiesta alimentare. La popolazione globale è passata infatti dai circa 3 miliardi del 1959 ai 6.7
miliardi di oggi e si prevede che entro il 2030 si aggiungeranno altri 2 miliardi di persone. La FAO stima che oggi
più di 850 milioni di persone soffrono di malnutrizione
ed almeno 6 milioni di bambini muoiono ogni anno entro
il quinto anno di vita per fame o malattie legate ad una
alimentazione insufficiente. L’agricoltura è quindi tenuta a
fornire risposte importanti, che soltanto attraverso lo sviluppo tecnologico e l’innovazione sarà in grado di garantire.
I fertilizzanti giocano in questo un ruolo determinante, in
quanto rappresentano l’unica possibilità per ottenere raccolti adeguati e sicuri per la popolazione. Per ottimizzare
le potenzialità di una coltura è necessario in primo luogo
reintegrare il suolo che la ospita, in modo da garantire nel
tempo un’adeguata risposta produttiva e, per farlo, sono
necessari interventi correttivi per rendere ottimali le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dei terreni. Allo stesso
tempo i fertilizzanti sono l’unica possibilità per incrementare
la produzione senza estendere le superfici coltivabili, ciò significa in primo luogo salvare dalla deforestazione numerose
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aree naturali che altrimenti sarebbero distrutte per creare
nuove aree agricole. Inoltre consentono di fronteggiare in
maniera più efficace la crescente siccità e scarsità di acqua
che i cambiamenti climatici e lo sviluppo economico delle
nuove economie emergenti stanno comportando. I fertilizzanti sono quindi indispensabili per mantenere la terra fertile, senza il loro utilizzo si sono stimate infatti delle perdite
fino al 75% dei raccolti, secondo quanto è emerso dal XI
Rapporto Nomisma sull’agricoltura in Italia, pubblicato a
dicembre 2008. Non a caso, sempre secondo il Rapporto
Nomisma, il 48% degli agricoltori afferma di trarre beneficio dall’utilizzo dei fertilizzanti in termini di produttività mentre il 43% degli intervistati dichiara che sono indispensabili a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto finale. I
fertilizzanti sono l’equivalente dei nostri alimenti nel mondo
vegetale: le piante per vivere assorbono infatti gli elementi nutritivi (i sali minerali) che sono contenuti nel terreno e
che con il tempo tendono ad esaurirsi, e pertanto debbono essere continuamente reintegrati. I fertilizzanti, sia di natura minerale che organica, nel terreno si riducono a sali minerali, che sono gli elementi che poi vengono effettivamente
assorbiti dalle piante.
La pasta, i vini, i formaggi di qualità italiana non potrebbero giungere al consumatore a prezzi accessibili senza
l’impiego dei fertilizzanti. Insieme agli altri fattori che hanno determinato il grande sviluppo agricolo dell’ultimo mezzo secolo, i fertilizzanti hanno contribuito in maniera determinante alla soddisfazione del fabbisogno alimentare in
molte aree del pianeta, in particolare in Asia, dove vive la
maggioranza della popolazione mondiale. Non per nulla
Jacques Diouf – Direttore Generale della FAO – ha dichiarato: “Non possiamo nutrire sei miliardi di persone oggi e
nove miliardi nel 2050 senza un utilizzo responsabile dei
fertilizzanti”. Il Presidente FAO ha pertanto lanciato nel giugno 2008 un appello ai paesi più evoluti per dare aiuti per
1.7 miliardi di dollari per garantire ai contadini dei paesi
poveri fertilizzanti e sementi oltre a foraggio per gli animali.
Il mercato dei fertilizzanti
Lo scenario economico del settore dei fertilizzanti nel nostro
Paese è rimasto complessivamente stabile nel corso degli
ultimi cinque anni. L’offerta continua ad essere caratterizzata da un elevato grado di importazione di prodotti da
paesi extra Ue, con un consumo complessivo che si aggira attorno ai 5.5 milioni di tonnellate di cui circa 4.4 milioni di tonnellate di concimi e 1.1 milioni di tonnellate di
ammendanti e substrati. Il fatturato 2009 è stato di circa
900 milioni di euro e rappresenta il 2% dell’intero settore
chimico italiano. Esso è calato rispetto al 2007 di circa il
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20% avendo risentito della tensione dei prezzi dovuta alla
situazione di crisi finanziaria che ha colpito indistintamente tutti i mercati.
Negli ultimi anni si sono verificati cambiamenti repentini nel
campo delle nuove tecnologie, nei cicli economici e nei
consumi delle popolazioni in via di sviluppo, che hanno
portato ad una richiesta sempre maggiore di derrate alimentari: in particolare la richiesta di cereali negli ultimi tempi è cresciuta in maniera esponenziale. A ciò si è aggiunta la spinta mondiale alla produzione di biomassa per ricavare biocarburanti a fini energetici, che sottrae superfici alle
colture alimentari. Si stima che solo per l’Europa da qui al
2020 verrà convertito a colture per biocarburanti almeno
il 25% della superficie agricola (circa 104 milioni di ettari) per raggiungere l’obiettivo prefissato dall’Unione Europea
del 20% di biocarburanti prodotti sul totale dei carburanti
immessi sul mercato europeo (fonte Enea).
La riduzione dei prezzi iniziata nella prima parte dell’anno
2009 è continuata per tutto il resto dell’anno anche se non
nelle stessa misura per ciascuno degli elementi nutritivi (NPK).
Ma non sono calati solo i prezzi internazionali dei concimi; hanno proseguito infatti la discesa anche le quotazioni
dei prodotti agricoli. Questo, insieme all’incertezza dei prezzi, ha mantenuto nel dubbio gli operatori rispetto alle scelte di acquisti di mezzi tecnici. Il 2009 sarà ricordato come
uno dei peggiori degli ultimi 10 anni per quanto riguarda
i consumi sia di prodotti nazionali che di prodotti importati. Non ha aiutato poi l’andamento climatico dell’anno che,
anche in questo caso verrà ricordato come l’anno più piovoso di questo inizio secolo con i 87 mm di pioggia in più
dell’ultimo trentennio di fine ‘900.
Distribuzione del mercato dei fertilizzanti
Ai fini di comprendere l’andamento del mercato italiano è
interessante osservare i dati della distribuzione in Italia dei
fertilizzanti, forniti dall’indagine Istat 2008 sui mezzi di produzione: dallo studio emerge chiaramente che l’agricoltore italiano tende ad acquistare prevalentemente i prodotti
nazionali piuttosto che quelli stranieri. L’incremento delle
vendite dei fertilizzanti, infatti, vede un aumento del 16%
dei prodotti italiani, a fronte di un calo del 6% delle vendite dei prodotti stranieri. La dipendenza dall’estero resta
invece preponderante per quanto riguarda i concimi azotati, l’86% dei quali vengono prodotti all’estero. Il mercato
di utilizzo dei fertilizzanti è uniformemente distribuito su tutto il territorio nazionale con picchi nelle zone a più alta
vocazione agricola quali la pianura Padano-Veneta. Il 59%
della distribuzione complessiva dei fertilizzanti è infatti
concentrato nel nord Italia, con Lombardia e Veneto che
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assorbono rispettivamente il 16.1% e il 16.6% del consumo nazionale. Molto più distante il sud, che consuma il
24.2% del fabbisogno nazionale e che vede la Puglia al
primo posto, con un consumo pari all’8.7% di quello complessivo italiano. Il centro consuma invece il 16.1% del fabbisogno italiano e vede il Lazio rappresentare il 5.1% del
consumo nazionale.
Garanzia della sicurezza dei prodotti
Assofertilizzanti da molti anni si impegna a collaborare
con le forze dell’ordine per garantire la massima qualità
dei prodotti che vengono distribuiti nel mercato italiano:
l’ICQF (Istituto Controllo Qualità Fertilizzanti) è un organismo di autocontrollo nato nel 1996 aperto a tutti i produttori e importatori di fertilizzanti. La sua attività include
il monitoraggio costante sulla qualità dei prodotti in commercio nel mercato italiano attraverso una continua analisi dei campioni di fertilizzanti, sia delle aziende asso-
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ciate che di quelle non aderenti. Viene verificata non solo
la conformità alle norme del prodotto ma anche la corrispondenza tra il contenuto e l’etichetta. L’ICQF, qualora
siano rispettati tali requisiti, rilascia un marchio che certifica la qualità del prodotto.
Assofertilizzanti collabora con i Nuclei Ecologici dei
Carabinieri per il rispetto dell’ambiente e della terra, smascherando, rintracciando o denunciando truffe contro usi
illeciti di prodotti potenzialmente rischiosi. L’Associazione
da molti anni è impegnata a denunciare quei comportamenti scorretti che possono compromettere la salute dell’uomo e dell’ambiente, proteggendo la terra attraverso
un’intensa attività di sensibilizzazione sul corretto uso dei
fertilizzanti. L’Associazione insieme all’ICQF riconosce ai
produttori ritenuti meritevoli un marchio di garanzia e fornisce consulenza ed appoggio agli agricoltori sul tema delle contraffazioni, provenienti soprattutto dai paesi asiatici
e dall’Europa dell’est.
FIBRE ARTIFICIALI E SINTETICHE
La difficile situazione congiunturale non ha attenuato il ruolo
crescente delle fibre man-made ma ha sicuramente accelerato i trend e i cambiamenti in atto in questo settore. Al di là
della crisi, i consumi mondiali di fibre chimiche sono in continuo aumento e il consumo e la produzione tendono a concentrarsi sempre più nelle aree asiatiche.
Le fibre man-made superano ormai il 60% dei consumi mondiali di fibre tessili. Grazie alle loro proprietà tecniche e all’elevato potenziale di innovazione queste fibre permettono di
offrire soluzioni sempre nuove e personalizzate per i clienti
a valle che operano nei più svariati comparti industriali. Le
fibre chimiche trovano impiego non solo nel settore più tradizionale del tessile-abbigliamento, ma sempre più hanno
applicazioni tecniche (prodotti per uso medicale, abbigliamento sportivo e di sicurezza, geotessile, prodotti per l’edilizia e per l’industria automobilistica e aerospaziale).
Il contributo innovativo delle fibre chimiche si accompagna
all’importante ruolo che esse sono in grado di ricoprire nell’ambito dello sviluppo sostenibile. I consumi di fibre tessili
sono in costante aumento, sia per la crescita della popolazione mondiale, sia perché la ricerca e le nuove tecnologie
hanno permesso al tessile di acquisire nuovi spazi e di sostituire altri materiali in diverse applicazioni. Se tali consumi fossero soddisfatti solo tramite fibre naturali si porrebbero dei
conflitti drammatici in termini di destinazione delle risorse
disponibili (terra, acqua ed energia). Le fibre chimiche permettono, invece, un notevole risparmio di risorse in tutte le fasi
del ciclo di vita del prodotto, dalla produzione al trasporto e
all’utilizzo. Basti pensare che un capo in fibre man-made,
essendo di più facile manutenzione (si asciuga più in fretta e
non si deve stirare), permette un risparmio non trascurabile di
acqua, energia e detersivi. Inoltre, le fibre chimiche, che sono
normalmente considerate poco ecologiche a causa della loro
dipendenza dal petrolio, in realtà sono responsabili solo
dello 0.4% del consumo mondiale di petrolio.
Le imprese di fibre man-made condividono l’impegno per la
riduzione delle emissioni di CO2. In particolare in Europa
molte imprese hanno sviluppato tecnologie e processi che
hanno permesso negli ultimi anni di ridurre significativamente i livelli di emissioni e di aumentare il risparmio energetico.
Tuttavia, data l’intensa concorrenza nel settore delle fibre manmade e il rischio di ”Carbon Leakage” – che forzando la
delocalizzazione produrrebbe un aumento globale delle emissioni di CO2 – è fondamentale che venga garantita una piena compensazione dell’aumento dei costi energetici risultanti
dalla applicazione degli ETS, al fine di evitare distorsioni sia
a livello globale, sia tra i paesi membri dell’Unione europea.
Negli ultimi anni lo scenario geo-produttivo delle fibre
man-made è fortemente cambiato: se la produzione di fibre
di America e Europa è rimasta sostanzialmente invariata
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(circa cinque milioni di tonnellate annue), quella asiatica è
cresciuta fino a raggiungere i 35 milioni di tonnellate. Questo
spostamento è il risultato dell’attuazione delle strategie di
contenimento dei costi da parte delle imprese occidentali
ma anche e soprattutto dello sviluppo di un’industria locale
che rapidamente è diventata dominante a livello mondiale.
Per le imprese europee, inoltre, è diventata sempre più stringente la necessità come produttori di materie prime di essere presenti in quei mercati dove si è trasferita una parte rilevante della filiera tessile e dove i consumi di tessile sono
destinati a crescere più velocemente nei prossimi anni.
Come per molti altri settori industriali, l’inizio del 2009 è
stato drammatico anche per le fibre man-made, ma già nel
corso dell’anno si è iniziato a vedere un lento miglioramento. A livello europeo la produzione di fibre man-made
ha chiuso l’anno con un calo in volume pari al 21%. La
debolezza del mercato interno − con ridotti livelli di domanda sia da parte dei settori clienti più tradizionali (tessileabbigliamento), sia da parte dei settori dell’auto e delle
fibre tecniche − non è stata compensata dall’export. I produttori hanno dovuto fronteggiare problemi di liquidità, acuiti dal razionamento del credito da parte delle banche e dai
ritardati pagamenti da parte dei clienti. Le imprese hanno
intrapreso processi di ristrutturazione e alcune sono state
costrette alla chiusura di impianti. L’uscita dal mercato di
alcune imprese ha permesso a quelle più forti, in grado di
approfittare delle situazioni di difficoltà dei concorrenti, di
trovare nella crisi l’opportunità per ampliare le loro quote
di mercato. Nella media dell’anno in ogni caso le imprese
hanno visto crescere grazie ad una domanda vivace anche
in Italia le vendite dei prodotti più innovativi, quelli connessi
agli usi tecnici e quelli relativi alle fibre da riciclo.
I primi dati disponibili per il 2010 mostrano un deciso miglioramento tendenziale ma va ricordato che i primi mesi del
2009 erano caratterizzati da volumi produttivi molto bassi.
La vendita di fibre dipende dalla domanda proveniente dai
settori clienti: fintanto che i consumi finali non riprenderanno
a crescere e i principali comparti industriali a valle non vedranno un recupero nei livelli di attività, la domanda di fibre non
potrà ripartire. Pertanto, per il 2010 ci si aspetta una ripresa significativa ma che comporterà livelli produttivi a fine
anno ancora inferiori rispetto a quelli del 2007/2008.
La crisi ha colpito fortemente tutti i settori clienti a valle.
L’abbigliamento è entrato in area negativa, dovendo scontare sia il deterioramento del mercato interno, già di per
sé atonico da diverse stagioni, sia soprattutto, il crollo
improvviso (e per certi verso inatteso) di alcuni tra i prin54
cipali mercati di sbocco esteri, che avevano assicurato
nuova vitalità al comparto nel più recente passato.
Nel tessile per l’arredamento la situazione rimane difficile a causa di una domanda interna ancora ferma e un
recupero dell’export lento, in quanto legato al ciclo dell’edilizia. Tuttavia, pur in un contesto di debolezza dell’economia a livello mondiale, l’export di tessile e abbigliamento potrà trarre vantaggio nel 2010 da un euro
più debole.
Il settore dell’auto, dopo un 2009 negativo (-20% in volume), ha visto il primo trimestre 2010 beneficiare ancora
dell’effetto incentivi. Gli incentivi non saranno rinnovati
in Italia e sono in via di esaurimento nel resto d’Europa,
pertanto le prospettive per il secondo trimestre sono sfavorevoli: il crollo delle vendite successivo alla cessazione degli incentivi avrà una ripercussione pesante sulla
produzione di nuove vetture che potrà essere solo in parte compensata dalla buona tenuta della ricambistica.
A livello mondiale la produzione di fibre man-made è cresciuta sotto l’effetto trainante della Cina (oltre 27 milioni di
tonnellate annue prodotte). Gli stimoli fiscali e un’ampia
disponibilità di liquidità hanno permesso alla Cina di far
crescere la domanda interna e di aumentare gli investimenti
in nuova capacità produttiva.
I produttori di fibre man-made europei devono quindi confrontarsi da un lato con una minor domanda interna e dall’altro lato con una concorrenza cinese molto aggressiva sia
sul mercato domestico che su quello estero. Allo stesso tempo le imprese si trovano a fronteggiare richieste sempre maggiori in termini di servizio e qualità da parte del cliente. La
specializzazione e l’innovazione giocano un ruolo fondamentale per la crescita e per la salvaguardia dei margini e
della competitività internazionale, non solo delle stesse imprese di fibre, ma anche di tutta le filiera del made in Italy. Solo
le imprese che saranno in grado di offrire prodotti con un
contenuto elevato in termini di valore aggiunto e innovazione potranno uscire dalla crisi e continuare a crescere.
Molta dell’attività associativa a livello europeo e italiano
ha riguardato gli aspetti connessi alla sostenibilità, come
quella relativa alle definizioni dei tessili “organic/biologici”, quella sui prodotti tessili per il Green Public Procurement,
sull’applicazione al settore della Direttiva sull‘IPPC. Di particolare importanza il lavoro svolto per uno specifico progetto sulle “Fibre da riciclo“ per un Disciplinare/Standard
in collaborazione con UNITEX.
Con il 2010 giunge a compimento il percorso sviluppato
da Associazione Tessile & Salute per l’operatività di uno
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specifico Osservatorio pubblico sostenuto dal Ministero
con il compito di monitorare sia gli aspetti che legano i
prodotti tessili alla salute, sia le problematiche connesse
all’importazione di prodotti che non rispecchiano le normative europee (aspetto diventato di grande importanza
con l’introduzione del REACH).
>
Assofibre Cirfs Italia ha, infine, seguito con attenzione lo sviluppo delle normative italiane ed europee relative alla problematica alla marcatura dell’origine dei prodotti (Made in)
nella consapevolezza che un sistema premiante le attività svolte in Europa e in Italia è necessario sia a tutela del consumatore, sia a difesa delle attività economiche della filiera tessile.
AGROFARMACI
L’industria italiana degli agrofarmaci, specialità per la cura
delle colture agricole, rappresentata in Federchimica da
Agrofarma, è un settore produttivo di dimensioni relativamente piccole (con circa 770 milioni di euro rappresenta
l’1.5% del fatturato globale dell’industria chimica italiana),
ma il suo contributo alla produzione agricola, e quindi
all’economia nazionale, è essenziale.
In termini di mercato degli agrofarmaci, l’Italia si colloca al
sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa, preceduto soltanto da Francia e Germania.
Le industrie del settore impiegano circa 2.000 persone pari
al 12% dei dipendenti dell’intero comparto chimico. Inoltre
il valore della produzione e degli investimenti per ogni addetto è tra i più elevati rispetto agli altri settori della chimica.
L’industria degli agrofarmaci è una delle industrie a più alto
investimento in ricerca, si stima infatti che il 5% circa del
fatturato complessivo del comparto venga investito in ricerca e sviluppo, un valore che rende il settore paragonabile
a quello dell’industria farmaceutica. Tali dati acquisiscono
una valenza ancora più importante considerato che, in generale, l’investimento economico per la ricerca in Italia è estremamente basso rispetto alle altre realtà europee. A ulteriore conferma che l’industria degli agrofarmaci è tra le più
attive in ricerca e innovazione, il dato sugli addetti impegnati in queste attività: sono infatti circa il 14% del totale
di quelli del settore, l’85% dei quali ricercatori a tempo pieno. Si tratta di una vera e propria “ricerca made in Italy”
che produce ricchezza e conoscenza e che contribuisce a
sostenere l’eccellenza della nostra agricoltura riducendo la
“fuga di cervelli” che affligge molti settori. La ricerca e l’introduzione di nuove tecnologie più avanzate e rispettose
dell’ambiente e di prodotti più selettivi ha consentito la produzione di molecole sempre più efficienti ed efficaci, razionalizzando l’impiego degli agrofarmaci.
Le imprese del comparto che aderiscono ad Agrofarma,
realizzano il 95% del fatturato italiano e con l’adesione
all’Associazione si impegnano all’osservanza rigorosa di
un severo Codice di Autodisciplina e alla sottoscrizione di
Responsible Care, il programma volontario dell’industria
chimica finalizzato a migliorare le prestazioni delle imprese per la difesa della salute, la salvaguardia della sicurezza e la tutela dell’ambiente.
Il mercato italiano degli agrofarmaci nel 2009 si è mantenuto sui livelli di valore dell’anno precedente, circa 770
milioni di euro, a fronte di una diminuzione delle quantità
vendute. Tale andamento è in perfetta linea con il trend
degli ultimi 15 anni dovuto ad una progressiva riduzione
delle quantità di agrofarmaci utilizzate in campagna per
effetto del miglioramento delle formule chimiche attive.
Le diverse famiglie di prodotti hanno presentato gli andamenti che seguono:
Erbicidi
È il secondo settore di mercato per fatturato. Nel 2009 il
valore del mercato di questa classe di prodotti è diminuito
del 2%, tale decremento è da imputarsi ad una riduzione
delle superfici coltivate a cereali.
Fungicidi
I fungicidi sono la principale classe di prodotti per il mercato italiano e presentano nel 2009 un decremento del
mercato pari a circa l’1% rispetto all’anno scorso. Tale decremento è dovuto a particolari condizioni meteorologiche che
hanno portato ad una minore manifestazione delle malattie fungine.
Insetticidi
Il segmento degli insetticidi è in crescita del 6% dovuto alla
presenza di importanti parassiti su riso e mais e alla ripresa dell’impiego dei geodisinfestanti con prodotti granulari
a causa della sospensione dei concianti per i semi di mais.
Il settore degli agrofarmaci sta attraversando un periodo di
grandi trasformazioni che hanno visto nel 2009 le fasi
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conclusive e la pubblicazione di due importanti normative
europee. L’obiettivo della Commissione europea, che si inserisce all’interno del VI Programma Quadro per l’ambiente,
è quello di ridurre ulteriormente l’impatto degli agrofarmaci sulla salute umana e dell’ambiente. A tal fine sono stati
appunto pubblicati un Regolamento che andrà a sostituire
la Direttiva 91/414 che attualmente norma l’immissione in
commercio degli agrofarmaci e la Direttiva per un uso sostenibile degli agrofarmaci con l’obiettivo di normare la fase
dell’uso degli agrofarmaci a valle del processo registrativo.
Agrofarma interverrà in tutte le sedi istituzionali coinvolte
affinchè le norme sopra evidenziate vengano implementate in linea con le esigenze di tutta la filiera agricola.
L’industria degli agrofarmaci si impegna costantemente a
diffondere una gestione responsabile e professionale dei
propri prodotti al fine di garantire la sicurezza dell’ambiente,
del consumatore e dell’operatore professionale.
Sicurezza ambientale
Agrofarma è da sempre impegnata a promuovere un corretto utilizzo degli agrofarmaci, nel totale rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema in cui operano. Oltre alle attività
messe in atto dalle singole imprese associate, Agrofarma
è stata coinvolta in un progetto cofinanziato dall’Associazione europea ECPA e dalla Commissione europea. Tale
progetto (TOPPS: Train the Operator to Prevent Pollution from
Point Sources), si pone l’obiettivo di ridurre l’inquinamento
puntiforme delle acque diffondendo presso gli agricoltori le
migliori pratiche esistenti in termini di gestione delle fasi di
stoccaggio dei prodotti, riempimento e lavaggio delle macchine irroratrici, smaltimento degli imballaggi e dei residui
di trattamenti.
Nel mese di febbraio Agrofarma ha lanciato in collaborazione con UNACOMA (Unione Nazionale Costruttori
Macchine Agricole) il progetto “SOFT”, che prevede la realizzazione di corsi di formazione sul corretto impiego degli
agrofarmaci e delle macchine irroratrici a tecnici e operatori del settore. Agrofarma inoltre sostiene costantemente
corsi di formazione per agricoltori e formatori del settore al
fine di diffondere un uso corretto degli agrofarmaci in azienda agricola.
Sicurezza del consumatore
Anche per il 2008 l’Italia è risultata in netto vantaggio
rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda la limitata presenza di residui di agrofarmaci sulla frutta e verdura. Agrofarma è impegnata ormai da anni per comunicare al consumatore la sicurezza dei prodotti agricoli che
arrivano sulle tavole italiane. La sicurezza viene garantita
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in Italia dal Ministero della Salute che effettua rigorose verifiche su migliaia di campioni di produzioni agroalimentari ogni anno. Infatti l’ultimo rapporto ufficiale del Ministero
conferma che frutta e verdura sono sempre più sicure. Solo
l’1.1% dei campioni analizzati è risultato sopra la soglia
di legge. In due casi su tre (66.7%) i campioni sono risultati del tutto privi di residui. Negli altri casi (32.2%) rientra
comunque nei limiti di legge.
Agrofarmaci illegali
Il settore degli agrofarmaci, come molti altri, è soggetto alla
sempre maggiore diffusione di prodotti contraffatti. Nel 2008
si stima che il valore complessivo dei furti, contraffazioni e
importazioni illegali di agrofarmaci sia di circa il 4% del
mercato totale. Tale fenomeno, in continua crescita, porta
con se numerosi elementi di rischio per la collettività, per
l’agricoltore e per il consumatore. Al fine di ridurre il fenomeno Agrofarma ha lanciato la campagna “Stop agli agrofarmaci illegali”, con l’obiettivo di sensibilizzare gli operatori sui rischi legati all’uso di tali prodotti. In particolare, la
campagna ha previsto l’organizzazione di corsi di formazione per le Forze dell’ordine al fine di migliorare la loro
conoscenza della normativa, del mercato e del fenomeno
della contraffazione degli agrofarmaci. È stato inoltre attivato un numero verde 800-913083 a cui si potranno rivolgere gratuitamente tutti coloro che riscontrino agrofarmaci a
prezzi particolarmente anomali, distribuzione al di fuori dei
canali tradizionali, vendite senza il rilascio della documentazione fiscale necessaria, confezioni non chiaramente identificabili come originali o con etichette non in lingua italiana, confezioni non integre, prodotti visibilmente riconfezionati, scarsa efficacia o danni alla coltura trattata.
Sicurezza dell’operatore professionale
Nel 2002 ECPA (European Crop Protection Association)
ha lanciato il progetto “Uso Sicuro” con l’obiettivo di diffondere un corretto impiego dei dispositivi di protezione
individuale per un corretto e sicuro impiego degli agrofarmaci. Il progetto è già stato implementato in alcuni paesi
del sud Europa come la Spagna, il Portogallo e la Grecia.
In Italia Agrofarma ha elaborato in collaborazione con
Confagricoltura e 3M, il progetto denominato “Coltiva
il tuo futuro”. A Roma, nel marzo 2010, è stato organizzato il primo corso di formazione rivolto a tecnici di
Confagricoltura e si prevede la realizzazione di ulteriori
incontri che verranno svolti in Puglia (Regione pilota del progetto) per gli imprenditori agricoli.
È stato inoltre pubblicato il manuale tecnico sull’uso dei
dispositivi di protezione individuale necessari all’impiego
di agrofarmaci in agricoltura.
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Sicurezza dell’operatore non-professionale
Gli agrofarmaci svolgono un ruolo importante nella protezione delle colture dai parassiti e dalle infestanti e il
loro utilizzo non è riservato soltanto all’imprenditore agricolo, ma anche al consumatore hobbista che deve curare il proprio orto piuttosto che il piccolo frutteto domesti-
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co, il giardino o le piante da balcone. Agrofarma ha elaborato un leaflet informativo che contiene le regole di
base per una corretta conservazione, impiego e gestione delle eventuali emergenze, rivolto all’utilizzatore hobbista al fine di diffondere un corretto uso degli agrofarmaci anche fuori dall’ambito professionale.
PRINCIPI ATTIVI E INTERMEDI DI CHIMICA FARMACEUTICA
Il comparto italiano dei principi attivi farmaceutici è tra i più
importanti a livello mondiale, rappresentando l’11% della
produzione totale, ed è storicamente leader per quanto
riguarda la qualità della sua produzione. Proprio grazie
alla riconosciuta qualità del prodotto e alle tecnologie impiegate ha saputo imporsi su mercati estremamente severi e
controllati come quello americano, sottoposto alle rigorose
regole dell’FDA (Food and Drug Administration), così come
sul mercato europeo e quello giapponese. I dati economici relativi al 2009 hanno fatto registrare un fatturato complessivo di 3.1 miliardi di euro. Oltre l’85% della produzione è stato esportato: il 40% del totale verso gli Stati Uniti,
il 34% in Europa, il 17% in Giappone.
Il settore sembra, nel suo complesso, aver superato la fase
più critica e la domanda internazionale manifesta qualche
segnale di ripresa.
Aschimfarma, che all’interno di Federchimica rappresenta
i produttori italiani di principi attivi e intermedi per l’industria farmaceutica, ha proseguito nelle iniziative finalizzate
a mantenere la leadership qualitativa del settore e consentire una competizione “a parità di condizioni”, in particolare per quanto concerne il regulatory.
Aschimfarma, con l’obiettivo di favorire il consolidamento
dei rapporti di business con la propria migliore clientela
internazionale e sensibilizzare le autorità sulle criticità del
settore, ha organizzato dal 2004 al 2007 tre Bulk@Italy e
un APIs Europe. Ora tali finalità vengono perseguite d’intesa con gli organismi europei di riferimento per il settore
della chimica-farmaceutica.
Più specificamente il 14 e 15 giugno 2010 l’EFCG
(European Fine Chemicals Group), l’Associazione europea
che fa parte del CEFIC ed alla quale Aschimfarma aderisce, terrà, su invito di Aschimfarma, le riunioni del PBC
(Pharmaceutical Business Committee) e del Board presso
Federchimica a Milano.
L’attività svolta da Aschimfarma d’intesa con l’EFCG ha avuto riscontri particolarmente positivi per quanto riguarda il soste-
gno alle necessarie modifiche alla Direttiva europea per la
lotta alla contraffazione farmaceutica: ispezioni obbligatorie ai siti produttivi extra-Ue e tracciabilità.
Aschimfarma ha presidiato, attraverso le competenti Direzioni
della Federazione, le sedi ove vengono discusse e avviate
azioni di interesse del settore.
Europa. A seguito di un’intensa attività di sostegno di
Aschimfarma, il Parlamento Europeo il 30 novembre 2006
ha approvato la Dichiarazione Scritta sui principi attivi farmaceutici nella quale si chiedeva l’introduzione nella normativa europea di ispezioni obbligatorie e la tracciabilità
dei principi attivi farmaceutici (APIs).
I decessi avvenuti a causa dell’uso di eparina contaminata di provenienza cinese hanno poi indotto la Commissione
europea ad avviare nell’aprile 2008 una consultazione
pubblica, il cui risultato ha portato alla necessità di modificare la legislazione vigente per quanto riguarda i farmaci per uso umano.
Aschimfarma ha quindi proseguito le iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle autorità europee e nazionali affinché la proposta di modifica di Direttiva sulla contraffazione dei farmaci, presentata dalla Commissione europea il 10 dicembre 2008, introducesse le ispezioni obbligatorie ai siti produttivi extraeuropei e la tracciabilità dei
principi attivi farmaceutici. L’iter legislativo comunitario prevede che la Direttiva sia votata in Assemblea plenaria del
Parlamento nel mese di giugno 2010 e che successivamente sia presa una decisione congiunta tra Parlamento e
Consiglio dei Ministri.
Italia. Il Decreto legge 30 dicembre 2009 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito in legge
il 26 febbraio 2010, all’articolo 6, comma 4, prevede la
proroga al giorno 1 gennaio 2012 per quanto riguarda
l’obbligo di disporre del Certificato GMP per le materie prime provenienti da paesi extraeuropei.
Al disegno di legge comunitaria 2009 è stato inserito su
iniziativa di Aschimfarma un emendamento che modifica il
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D. Lgs. 219/2006 in materia di produzione di APIs per
sperimentazione clinica in fase 1.
Al riguardo si richiede che “la produzione di materie prime attive, da utilizzare esclusivamente nella produzione di
medicinali sperimentali utilizzati nelle sperimentazioni cliniche, fino alla fase 1, possa essere effettuata in reparto
che opera nel rispetto delle norme di buona fabbricazione
di un’officina autorizzata alla produzione di APIs, previa
notifica all’AIFA”.
Una situazione che ormai da anni penalizza l’operatività
delle imprese è l’eccessiva burocratizzazione e lentezza
del sistema autorizzativo, anche se si rileva, a seguito della recente riorganizzazione dell’Agenzia Italiana del
Farmaco (AIFA), qualche segno di miglioramento.
Sono in particolare le attività di custom synthesis e la necessità di rivedere il decreto relativo alle classi e tipologie di
produzione, gli aspetti sui quali i produttori di APIs intendono formulare proposte di modifica, al fine di ottenere
interventi migliorativi dell’operatività delle imprese da parte del legislatore. Infatti, per le attività indicate, le imprese
italiane sono in una situazione di svantaggio rispetto agli
altri paesi europei, che dispongono di una situazione autorizzativa più snella.
Aschimfarma, consapevole che la formazione è una leva
strategica di sviluppo per le imprese e che la crescita culturale delle risorse umane è un fattore essenziale per aumentare la competitività, ha realizzato, anche nel 2009, corsi
di formazione su varie tematiche di diretto interesse delle
imprese del settore, che hanno risposto con entusiasmo e
soddisfazione all’iniziativa. Nel triennio 2007/2009 si
sono tenuti 31 corsi di formazione con la presenza di 295
partecipanti.
Aschimfarma è presente alle principali fiere di settore con
un’area Italia o uno stand associativo. Di particolare rilievo nel 2009 il CPhI di Madrid, che si è svolto dal 13 al
15 ottobre 2009. Nel corso del 2010 Aschimfarma è stata presente all’Informex (16-19 febbraio 2010, San
Francisco-CA), al CPhI Japan (21-23 aprile 2010, Tokyo)
e parteciperà con uno stand istituzionale al CPhI Worldwide
(5-7 ottobre 2010, Parigi).
L’intensa attività di marketing associativo, facendo leva sugli
evidenti successi conseguiti, e grazie all’appartenenza al
sistema Federchimica, ha convinto anche nel 2009 e nei
primi mesi del 2010 alcune nuove imprese ad aderire ad
Aschimfarma. Oggi l’Associazione rappresenta il 73% del
settore per numero di imprese e l’83% per fatturato.
Le Commissioni Marketing, HSE, e Qualità hanno continuato le loro riunioni, che hanno consentito di svolgere l’attività istituzionale di aggiornamento sulle rispettive tematiche di competenza e di affrontare, con la presenza di esperti, argomenti specifici. Nell’ambito delle Commissioni sono
stati realizzati diversi “Quaderni” su argomenti di particolare interesse per il settore, quali ad esempio: la sicurezza
e la salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive; preparazione del DMF in formato CTD; autorizzazione ambientale integrata; recipienti a pressione; procedure
di registrazione per APIs in paesi extra Ue; Regolamento
REACH e materie prime per l’industria farmaceutica.
CHIMICA FINE E DELLE SPECIALITÀ
Additivi e ausiliari, chimica fine e specialità
per l’industria
Gli additivi e ausiliari sono prodotti chimici realizzati “mescolando” opportunamente numerosissime sostanze, diverse sia
per natura, sia per provenienza. Le formulazioni ottenute
sono quindi utilizzate congiuntamente per fornire al prodotto finito caratteristiche particolari richieste dal mercato sugli
articoli destinati al consumo e per soddisfare l’industria manifatturiera a valle, che, nei diversi processi, può ottenere vantaggi anche sulla lavorabilità delle materie prime impiegate nelle produzioni. La gamma di funzioni svolte dai formulati è vastissima e ogni formulato è estremamente specifico,
per questo si considerano anche come specialità chimiche.
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I prodotti di chimica fine, ovvero alcune delle principali
materie prime per l’industria degli additivi e degli ausiliari,
sono invece ottenuti prevalentemente da sintesi e, per similitudine, ricoprono un ruolo affine a quello che additivi e
ausiliari assumono per i settori manifatturieri.
Quindi, la vasta gamma degli additivi e ausiliari specialty,
necessaria per soddisfare le esigenze provenienti dai settori
“finali” – ovvero l’industria tessile, cartaria, conciaria, per il
trattamento delle acque e/o per materie plastiche, elastomeri, coating e altri – a sua volta utilizza innumerevoli intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica fine,
insieme alle materie prime provenienti dalla chimica di base.
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Questa industria rappresenta il segmento di una filiera produttiva, di sintesi e di formulazione, a specifica o a comportamento, che soddisfa e caratterizza moltissimi settori a valle.
I mercati di sbocco di questo segmento sono distribuiti sia in
occidente, sia nei paesi emergenti, in particolare nelle aree
in cui si stanno sviluppando industrie manifatturiere anche a
seguito della delocalizzazione dai paesi occidentali per avvantaggiarsi delle situazioni economico-politiche locali.
I prodotti di origine naturale sviluppati in questo settore sono
sempre più diffusi e, comunque, la performance ambientale rimane uno dei principali obiettivi.
Relativamente al segmento industriale in esame, a monte il
mercato è concentrato e le imprese hanno una dimensione
medio/grande; a valle alcuni settori presentano anche una
moltitudine di imprese medio/piccole che nel complesso
ricoprono un ruolo di grandissima importanza rispetto ai
concorrenti europei. È forte la presenza di società multinazionali sul mercato italiano con unità produttive o con uffici commerciali/distributori, mentre risulta più limitata la presenza di società italiane.
I mercati compresi nel segmento in questione, a monte sono
costituiti da prodotti provenienti da un numero ristretto di
società con quota di mercato rilevante. A valle la situazione è invertita, presentando una moltitudine di piccole imprese con quote di mercato più modeste.
L’importanza del comparto è testimoniata dalle dimensioni
strutturali:
il Gruppo additivi e ausiliari per industria tessile, cartaria, conciaria e per il trattamento delle acque presenta
un fatturato di circa 1.200 milioni di euro, impiegando
più di 3.000 addetti in 72 imprese associate;
il Gruppo additivi e ausiliari per materie plastiche, elastomeri, coating e altri presenta un fatturato di circa 1.300
milioni di euro, impiegando circa 2.300 addetti in 38
imprese associate;
il Gruppo intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica fine presenta un fatturato di 580 milioni
di euro, impiegando più di 1.200 addetti in 27 imprese associate.
Per le imprese dei settori sopra citati il 2009 ha mostrato
forti cali in tutti i settori a valle, con punte più negative per
la plastica, il cuoio e le costruzioni e una migliore tenuta
degli agrofarmaci e del packaging alimentare.
Solo nel secondo semestre si è assistito ai primi timidi segnali di ripresa, con un terzo trimestre più vivace e un quarto
trimestre relativamente positivo grazie alla ricostituzione delle scorte, posticipata anche per le chiusure estive più lunghe degli anni passati.
>
La situazione è rimasta ancora piuttosto negativa per i settori tessile e conciario.
Sui mercati esteri, specialmente nell’area asiatica, l’andamento nuovamente in crescita della domanda non è riuscito a controbilanciare le difficoltà e la debolezza del mercato nazionale.
Sul fronte delle materie prime, il processo di forte calo dei
prezzi che aveva caratterizzato la prima parte dell’anno ha
già mostrato segni di inversione di tendenza, anche a causa delle decisioni di riduzione della capacità produttiva o
della chiusura di alcune unità produttive a monte.
I settori connessi a prodotti per uso industriale, che hanno
mostrato le difficoltà maggiori nel 2009 e che hanno lievemente recuperato nella seconda parte dell’anno grazie
al processo di restock a valle, iniziano a risentire di riduzioni sulla marginalità a causa dell’andamento dei prezzi
di materie prime ed energia.
La situazione occupazionale ha richiesto un ricorso importante alla Cassa Integrazione Guadagni, in alcuni casi conseguente la contrazione della capacità produttiva.
I problemi di liquidità hanno causato dilazioni nei pagamenti e imposto una più attenta gestione di ordini e clienti.
Gli aspetti strutturali della crisi e dei cali si sono aggravati
a causa della selezione naturale delle imprese a valle, che
in alcuni casi non hanno saputo internazionalizzarsi o non
hanno ampliato abbastanza il differenziale di qualità sui
propri prodotti.
Per i produttori di ausiliari e additivi per le materie plastiche, elastomeri e coating continuano le difficoltà nel settore delle costruzioni, mentre dal settore dell’auto provengono segnali più positivi. In alcuni casi l’upgrading delle
formulazioni e l’introduzione sul mercato di prodotti innovativi e più performanti, specialmente dal punto di vista
ambientale, permette una crescita in termini di fatturato, a
fronte di volumi sempre molto inferiori a quelli pre-crisi.
La domanda di intermedi e catalizzatori ha continuato a
calare (-10% sul primo semestre del 2009). A partire
dagli ultimi mesi del 2009, a causa del rialzo dei prezzi di alcune materie prime, la marginalità continua a
destare alcune preoccupazioni.
Stabili i principi attivi, in particolare per agrofarmaci,
anche a causa di un andamento climatico che ne ha reso
necessario l’impiego.
Tendenza negativa per il comparto degli additivi per industria tessile. Il settore a valle presenta difficoltà strutturali
precedenti alla crisi oltre che problemi di concorrenza
proveniente dall’est asiatico.
Gli additivi destinati all’industria conciaria, tra i primi ad
entrare in crisi, nel 2009 hanno mostrato qualche leggero segnale di risveglio della domanda.
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Gli additivi per l’industria cartaria giovano invece di un
andamento stabile nel packaging, ma risentono di un rallentamento negli impieghi relativi alla produzione comune di carta.
Il settore degli additivi e ausiliari per il trattamento delle
acque ha mostrato segni negativi; cali in volume nell’ordine del 10/15% sono stati la conseguenza della minore attività dei clienti a valle. Tra gli operatori sono tuttavia diffuse aspettative di miglioramento.
Dal punto di vista tecnico-normativo, in questo settore, i complessi adempimenti previsti dai Regolamenti europei REACH
e CLP stanno impegnando pesantemente sia i bilanci sia
l’attività associativa. La partecipazione ai consorzi REACH,
ad esempio, impatta fortemente sulle imprese di tutte le
dimensioni e nonostante le strategie attuate per contenere
i costi di partecipazione o le pressioni per l’ottenimento di
fondi pubblici a sostegno delle imprese.
Al fine di limitare la deselection prevista per molte sostanze chimiche, a causa del
REACH, si è operato per raccogliere e aggiornare i dati
sulle modalità di utilizzo delle sostanze chimiche nei processi manifatturieri a valle,
grazie alla collaborazione
con le associazioni di filiera
italiane e europee. In particolare SMI (Sistema Moda
Italia), UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) e
TEGEWA (l’Associazione chimica tedesca consorella) hanno collaborato strettamente con il Gruppo per lo sviluppo
degli Scenari Espositivi REACH relativi ai settori tessile e
conciario; gli Scenari Espositivi per il settore materie plastiche e coating, invece, sono stati sviluppati all’interno del
PEST (Plastics Exposure Scenario Team), in collaborazione
con CEFIC, EuPC e PlasticsEurope. La sfida – difficile sia
per gli aspetti tecnici, sia per gli aspetti politici – ha comportato un intenso lavoro, ma sarà di grande utilità per le
filiere interessate.
Continua l’intesa con l’Istituto Farmacologico Mario Negri
relativa a metodi di analisi alternative “(Q)SAR” e a metodi di analisi in silico per il REACH, importanti per il risparmiare risorse aziendali in fase di Registrazione.
La costituzione della piattaforma europea per l’industria tessile, di particolare rilievo per il settore – creata insieme a
TEGEWA all’interno di Cefic, con il coinvolgimento di
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tutte le associazioni nazionali e europee di riferimento – ha
permesso di affrontare il tema trasversale delle “black list”,
che, poiché diffuse spesso senza fondamenti scientifici dalla grande distribuzione (GDO) ai loro fornitori, limitano l’utilizzo di sostanze chimiche sicure. In tale ambito è in atto
un confronto con la GDO, curato a livello europeo, finalizzato a offrire gli strumenti per una valutazione scientifica
delle problematiche, a vantaggio sia del consumatore finale, sia dell’industria.
Per quanto concerne la capacità di specializzazione nella
chimica fine e specialistica, nel 2009 si è posta grande
attenzione sul fronte della ricerca e innovazione.
L’impegno di risorse per la realizzazione di progetti collaborativi è stato molto intenso e ha dato particolare rilevanza alla ricerca pubblica; tuttavia, nonostante alcuni successi
minori, risultano necessari ulteriori e ingenti sforzi.
Il consolidamento della partnership tra pubblico e privato,
in una logica di suddivisone di compiti e di condivisione di
obiettivi, rimane quindi fondamentale.
Materie prime e specialità per la detergenza
e la cosmetica
Additivi e ausiliari per la detergenza. Oltre ai gesti dedicati alla cura della persona, la nostra giornata è accompagnata da azioni che servono a rendere più confortevole gli ambienti in cui viviamo, dalla casa, al luogo di lavoro e agli ambienti comuni, nonché a prendersi cura e proteggere le cose a cui teniamo (capi d’abbigliamento, stoviglie, mobili, oggetti, ecc.), sempre nel rispetto della natura e nella tutela della salute. Per permettere tutto ciò è necessario utilizzare, per esempio, dei prodotti detergenti, cioè
delle miscele di sostanze chimiche in polvere o liquide che
servono per rimuovere lo sporco da una superficie. I responsabili dell’attività di detersione sono i tensioattivi, essi vengono utilizzati per le proprie caratteristiche chimico-fisiche
anche come disperdenti, emulsionanti, schiumogeni o antischiuma e solubilizzanti.
I tensioattivi possono schematicamente essere rappresentati da una parte idrofila (testa polare) e una parte lipofila
(coda apolare) formata da una catena di atomi di carbonio, la cui origine può essere naturale, animale o vegetale, o di natura petrolchimica.
In genere i tensioattivi si classificano in:
tensioattivi anionici (solfati, solfonati, carbossilati, ecc.)
che costituiscono in media il 30% del totale
tensioattivi cationici (ammonici, piridinici, ecc.)
tensioattivi non ionici (per esempio acidi amminocarbossilici)
tensioattivi anfoteri, sono zwitterioni e si comportano, a
seconda dell'acidità della soluzione, da acidi o basi.
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I tensioattivi per le loro caratteristiche chimiche/fisiche trovano impiego in diversi ambiti, quello domestico, quello
personale e quelli istituzionali o industriali.
Il settore degli additivi e ausiliari e tensioattivi per la detergenza è rappresentato all’interno di Aispec, dal Gruppo
additivi e ausiliari per la detergenza, polimerizzazione e
tensioattivi, a sua volta costituito da diverse imprese multinazionali, alcune delle quali aderiscono all’Associazione
Europea, attraverso il settore P.I.T.I.O. (Prodotti Industriali
Tensioattivi e Intermedi Organici) e da aziende di piccole
e medie dimensioni, nonché da alcune imprese oleochimiche. Complessivamente il settore è composto ad oggi da
32 imprese operanti in Italia con un fatturato medio annuo
che si attesta intorno ai 480 milioni di euro.
Nel corso dell’anno il Gruppo ha dedicato particolare attenzione alla valutazione ed all’esame dei contenuti della nuova proposta di Regolamento comunitario sui sottoprodotti di
origine animale (Regolamento n.1069/2009 Ce), soprattutto in riferimento alla possibile esenzione dei prodotti oleochimici dal campo di applicazione della stessa. Ad oggi è
ancora impegnato nella revisione delle misure attuative del
Regolamento stesso, al fine di inserire, per l’esenzione, le condizioni operative già in atto presso le industrie oleochimiche.
Il Gruppo è costantemente aggiornato sulle attività e gli sviluppi normativi, nello specifico in materia di REACH e CLP
attraverso la pubblicazione di una newsletter da parte del
Comite Européen des agents de Surface et de leurs
Intermédiaires Organiques (CESIO). Con questo mezzo
l’Associazione europea è in grado di divulgare le azioni e
i progetti svolti dalle proprie task force e segnalare manifestazioni di interesse. A tal riguardo è opportuno ricordare che nei primi giorni di febbraio il CESIO insieme ad EFfCI
(European Federation for Cosmetic Ingredients) e ad altre
associazioni ha realizzato un workshop sul test dell’LLNA
(Local Lymph Node Assay). Lo scopo dell’evento è stato
quello di rendere consapevole la comunità scientifica e normativa delle difficoltà legate all’applicabilità del test LLNA
per valutare la sensibilizzazione cutanea di alcune categorie di sostanze, tra cui i tensioattivi.
Molte energie sono state infine indirizzate a valutare tutte
le possibili azioni da intraprendere per potenziare la collaborazione con Assocasa, CID (Comitato Italiano Derivati
Tensioattivi) e SSOG (Stazione Sperimentale Oli e Grassi).
In particolare, il Gruppo ha partecipato con un proprio rappresentante al Comitato Tecnico Normativo di Assocasa
dedicato al CLP tenutosi nel mese di settembre per presentare il proprio punto di vista, lo stato dell’arte, nonché le
problematiche che i fornitori/produttori di materie prime per
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la detergenza devono/dovranno affrontare nell’implementazione del Regolamento CLP.
Ingredienti cosmetici e additivi farmaceutici. I prodotti cosmetici, prodotti di largo consumo e molto diffusi in tutto il mondo, appartengono ormai ad ogni piccolo gesto della nostra
vita quotidiana quando ci laviamo le mani, i capelli, la doccia, quando ci esponiamo al sole o più semplicemente quando vogliamo dedicare un momento della giornata alla cura,
al benessere e alla bellezza del nostro corpo.
Forse non tutti sanno che un prodotto cosmetico deve essere inteso come una combinazione di più fattori quali: formula, efficacia, sicurezza, colore, profumazione, gradevolezza al tatto, scelta del packaging, compatibilità col
packaging.
A sua volta la formula è costituita da innumerevoli ingredienti cosmetici, tra questi vi sono più di 8.000 sostanze,
estremamente diverse per origine, caratteristiche, proprietà
chimico-fisiche e processi produttivi e campi d’impiego. I
principali ingredienti cosmetici possono essere suddivisi
nelle seguenti categorie: coloranti; emollienti (sostanze
grasse); estratti naturali; filtri solari; principi funzionali; tensioattivi; fragranze ed altri ingredienti. Alcune materie prime sono esclusivamente di carattere cosmetico mentre altre
sono comunemente utilizzate anche in campo alimentare
e farmaceutico e non solo.
Questo variegato e complesso settore è rappresentato in
Aispec dal Gruppo Mapic, ad esso aderiscono, infatti,
aziende produttrici e distributrici di ingredienti cosmetici sia
d’origine vegetale, sia di natura chimica, e le aziende di
servizi sempre rivolte al settore cosmetico, con un fatturato
annuo medio che si attesta intorno ai 280 milioni di euro.
Nel corso dell’anno il Gruppo è stato fortemente coinvolto
nel monitoraggio prima, e nell’analisi poi, del nuovo Regolamento sui prodotti cosmetici, pubblicato lo scorso 22 dicembre 2009 (Regolamento Ce n. 1223/2009).
Tale normativa rappresenta per il settore cosmetico una svolta, in particolare perché la forma giuridica scelta assicura
che i requisiti previsti vengano implementati nello stesso
momento in tutti gli stati membri, armonizza le regole in
maniera chiara ed esaustiva all’interno della Comunità, e
impone chiare e dettagliate disposizioni che non danno spazio a trasposizioni divergenti da parte degli stati membri.
Molte energie sono state spese dal Gruppo anche per la
promozione e la divulgazione delle EFfCI GMP (Good
Manufacturing Practice) e del recente standard certificabile, sia a livello europeo, sia a livello nazionale.
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A tal riguardo è stato stipulato un accordo tra EFfCI e diversi enti certificatori tra cui Certiquality, SQS, SGS, BSI e
AQA, in modo da permettere agli stessi di verificare e assicurare in modo indipendente la conformità della azienda
auditata ai criteri descritti nella guida.
A livello nazionale è stato inoltre organizzato insieme a
Certiquality per le imprese associate e non, un corso di
formazione gratuito sulle EFfCI GMP; il Gruppo si è fatto,
inoltre, promotore all’interno del gruppo di lavoro cosmetici di UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) della realizzazione di una norma tecnica nazionale sulle GMP
degli ingredienti cosmetici, che utilizza come documento
guida le EFfCI GMP.
Durante l’anno il Gruppo è stato impegnato nell’organizzazione delle Giornate Mapic, una come di consuetudine tenutasi nel mese di novembre, e l’altra organizzata
recentemente in occasione dell’incontro assembleare del
26 marzo scorso. Gli eventi sono stati dedicati ancora
con più attenzione a temi che impattano direttamente sul
mondo industriale, tra cui: il nuovo Regolamento CLP, che
rivoluzionerà il modo di classificare e etichettare anche le
materie prime cosmetiche negli anni a venire; il recente
bando sulla sperimentazione animale degli ingredienti
cosmetici (Animal Testing Ban - ATB, 11 marzo 2009) stabilito dalla Direttiva cosmetici, e per il quale è stata condotta un’analisi degli interrogativi e predisposta e presentata un’interpretazione comune da parte dell’EFfCI; il
Regolamento cosmetici, nonché una panoramica, fatta a
più voci, delle attività del Gruppo.
Diverse sono state anche le occasioni per collaborare con
Unipro, prima fra tutte la costituzione del sistema produttivo della filiera cosmetica in Lombardia (nuovo metadistretto lombardo), un’aggregazione di imprese che collaborano tra loro, scambiandosi conoscenze e competenze al fine di promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione del prodotto, del processo e dell’organizzazione
per il settore cosmetico.
Nell’ultimo periodo il Gruppo è stato inoltre impegnato,
insieme ad altri Gruppi di Aispec, a monitorare e a predisporre emendamenti alla proposta di Direttiva relativa
alla contraffazione dei farmaci.
Molte imprese dell’Associazione producono e distribuiscono, infatti, materie prime (additivi alimentari, ingredienti
cosmetici) impiegate anche come eccipienti farmaceutici,
che qualora nel testo in esame venisse esteso l’obbligo
delle più rigide GMP farmaceutiche potrebbero essere gra62
vate da oneri non necessari e dispendiosi.
È stato infine pubblicato il sito internet del Gruppo, fortemente voluto, che permetterà al settore di acquisire maggior consapevolezza del proprio ruolo all’interno della filiera cosmetica. Il sito dà libero accesso alle ultime circolari
pubblicate, all’agenda, nella quale sono riportati gli appuntamenti istituzionali, ai documenti realizzati dal Gruppo per
tutelare il settore (position papers) e per promuovere l’adesione di nuove imprese (VadeMapic), nonché al Repertorio
delle materie prime cosmetiche.
Fragranze. L’insieme delle imprese operanti in Italia nel
settore delle fragranze è costituito da realtà di vario genere: alle imprese di piccola-media dimensione legate al territorio (ma con importanti rapporti con il mercato internazionale) si affiancano le sedi italiane di grandi gruppi multinazionali, che operano su ampia scala. Le imprese di
questo settore che aderiscono a Federchimica sono organizzate nel Gruppo aromi e fragranze, visto il legame tra
le imprese delle fragranze (utilizzo non alimentare) e quelle degli aromi (utilizzo alimentare).
Le fragranze sono prodotti che reagiscono sui recettori olfattivi. Il compito infatti della fragranza è quello di impartire
una specifica nota, un “profumo” a moltissimi prodotti, tra
i quali quelli di cosmetica e profumeria, quelli per la pulizia della casa, i detersivi, i deodoranti per ambiente e gli
oggetti profumati. Anche in alcune di queste applicazioni,
come ad esempio i profumi e i deodoranti per ambiente,
è la fragranza, da sola, che crea l’identità del prodotto e
ne determina il successo commerciale.
Le fragranze sono costituite sia da materie prime di origine
naturale, sia da sostanze prodotte per sintesi chimica. In
ogni caso entrambi devono rispondere a precisi requisiti di
sicurezza e innocuità per la salute del consumatore, in base
a quanto disposto dalla legislazione comunitaria generale
(Regolamento REACH) e da quelle specifiche sui prodotti
di loro destinazione (per esempio cosmetici e detergenti).
Per quanto riguarda i componenti che costituiscono le fragranze, le 20 imprese del settore aderenti a Federchimica
fanno parte di IFRA (International Fragrance Association),
che sin dal 1973 ha finanziato la creazione di un codice di autoregolamentazione (Codice di Buona Pratica
IFRA) mantenuto sempre aggiornato in base alle più recenti conoscenze scientifiche. L’osservanza del Codice IFRA,
obbligatorio per tutte le associate, permette di produrre
fragranze sicure per i consumatori in ogni applicazione
in cui vengono impiegate.
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LA CHIMICA PER IL SETTORE ALIMENTARE
I settori dell’industria chimica legati alla filiera alimentare
sono quelli rappresentati dalle industrie produttrici di ingredienti specialistici particolari: gli aromi, gli additivi alimentari, le materie prime per integratori alimentari e alimenti
arricchiti, gli amidi e i loro derivati.
Lo scenario delle imprese operanti in Italia in questi settori
è costituito da realtà differenti tra loro: imprese di piccolamedia dimensione radicate sul territorio (con uno sbocco
importante verso il mercato internazionale) e filiali di grandi gruppi multinazionali che operano su ampia scala.
Una realtà di tale portata permette da una parte di valorizzare l’esperienza, l’innovazione e la cultura industriale
italiana, dall’altra garantisce la presenza di grosse realtà,
generando un insieme che ha permesso di affrontare la
pesante situazione economica del periodo con minori difficoltà rispetto ad altri settori industriali.
Il settore alimentare infatti, pur nel perdurare del cattivo
momento congiunturale, mantiene una discreta vivacità derivante dalla forza di alcuni settori particolari (ad esempio gli
integratori alimentari) che hanno risentito solo in parte della
crisi generale. La variabilità dei prezzi, la disponibilità delle materie prime, le problematiche legate ai prezzi al consumo dei prodotti finiti e le difficoltà legate al credito sono
comunque dei fattori che il settore deve monitorare, per evitare le difficoltà del periodo economico corrente.
Additivi alimentari e coadiuvanti tecnologici
Gli additivi alimentari e i coadiuvanti tecnologici sono tra
gli ingredienti funzionali più importanti e più utilizzati dalla
moderna industria alimentare.
La differenza tra queste due tipologie di ingredienti è chiaramente definita dalla normativa di settore: gli additivi alimentari sono quegli ingredienti il cui effetto si esplica sul
prodotto finito, mentre i coadiuvanti tecnologici sono quelli che, aggiunti per un particolare effetto desiderato durante il processo produttivo, non svolgono poi nessuna funzione sull’alimento finito.
Le norme europee permettono anche di classificare in modo
chiaro i diversi additivi alimentari in funzione del loro effetto sul prodotto finito: si hanno, tra gli altri, i conservanti,
che impediscono il proliferare di microrganismi dannosi per
il prodotto o potenzialmente pericolosi per la salute; gli
antiossidanti, che ritardano le reazioni di irrancidimento di
oli e grassi; gli emulsionanti, che permettono di realizzare
prodotti costituiti da una matrice acquosa e una grassa;
gli addensanti, che migliorano consistenza e stabilità di
prodotti semisolidi; gli edulcoranti, che permettono di addolcire i prodotti garantendo nel contempo un basso apporto
calorico.
Tra i coadiuvanti tecnologici più importanti e utilizzati vi
sono gli enzimi alimentari, sostanze che, tra l’altro, sono
naturalmente presenti in tutti gli organismi viventi, dai microrganismi più semplici, alle piante, fino all’uomo stesso.
L’industria alimentare moderna li impiega con profitto in vari
processi di produzione. Si possono così avere importanti
vantaggi tecnologici, per ottenere prodotti di alta qualità,
sicuri e stabili, con grande attenzione alle esigenze dei consumatori. Gli enzimi sono utilizzati ad esempio nelle fasi di
produzione e maturazione di prodotti caseari, nella produzione di bevande alcoliche fermentate e non (birra, vino)
nonché nelle produzioni carnee (salumi, insaccati).
Dal punto di vista normativo il settore si trova ora ad un vero
e proprio punto di svolta, dopo la pubblicazione, alla fine
del 2008, dei Regolamenti che armonizzano completamente il mercato europeo degli additivi e degli enzimi: il
Regolamento 1333/2008/Ce riunisce e aggiorna le precedenti normative sugli additivi alimentari, mentre il
Regolamento 1332/2008/Ce delinea per la prima volta
un quadro normativo unico per gli enzimi alimentari che,
fino ad ora, avevano solo alcuni riferimenti specifici in normative verticali di settori particolari (p.e. nell’enologia). Le
nuove norme inoltre, al pari delle precedenti, stabiliscono
le liste degli additivi e degli enzimi ammessi negli alimenti
e i criteri di purezza, sempre con lo scopo principale di
garantire la massima sicurezza del consumatore, unita alla
più accurata informazione possibile sul contenuto di questi
prodotti negli alimenti.
Particolare attenzione deriverà nei prossimi anni dall’aggiornamento degli elenchi degli additivi e degli enzimi impiegabili e dei loro campi di utilizzo nei differenti prodotti.
Amidi e derivati
La produzione di amido in Italia, che rappresenta circa il
10% della produzione europea, viene effettuata a partire
da cereali, principalmente mais. L’amido possiede la caratteristica di essere un prodotto finito oppure diventare una
materia prima per ottenere una lunga serie di altri prodotti.
Infatti l’amido come tale è un ingrediente alimentare impiegato diffusamente per la preparazione di prodotti da forno,
dolciumi, budini, salse, e anche medicinali, oppure, al di
fuori dell’ambito alimentare, è componente fondamentale
di carta e cartone, manufatti per edilizia, collanti, materiali
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plastici. Quando è impiegato come materia prima costituisce la base per la produzione di maltodestrine, amidi modificati, glucosio, isoglucosio e sciroppo di glucosio. Lo sciroppo di glucosio a sua volta è impiegato daIl’industria delle fermentazioni microbiologiche per produrre acidi organici, aminoacidi, antibiotici, mentre il glucosio, oltre ad essere un diffusissimo ingrediente alimentare, serve anche da intermedio per la produzione di polioli, edulcoranti a basso contenuto calorico. Come si vede quindi l’industria dell’amido
trasforma un semplice chicco di mais in una miriade di prodotti specialistici impiegati da moltissimi comparti industriali.
La situazione congiunturale del comparto ha registrato, nel
finale del 2009, una leggera ripresa dei consumi di amido, passando da un -17% ad un -10% rispetto all’anno precedente. Permangono difficoltà negli sbocchi della mangimistica, a seguito di forti importazioni di carne bovina e di
crisi nei consumi di latte. Un altro punto di sofferenza è costituito dal credito difficilissimo verso i paesi dell’est Europa.
Il settore si trova poi ad affrontare le problematiche derivanti dalle normative sul cosiddetto “Gas Release” e
sull’Emission Trading Scheme. Diventa infatti sempre più sentito il problema dell’acquisto delle quote per chi produce
energia, soprattutto per chi fa produzione per autoconsumo e non può quindi trasferire a valle il costo dell’acquisto
delle quote. Al momento, purtroppo, anche chi fa cogenerazione (e contribuisce a limitare l’impatto ambientale) è
assimilato ai grandi produttori di energia elettrica.
Aromi
Gli aromi sono prodotti specialistici che hanno la funzione
di impartire note organolettiche tipiche a prodotti di diverso tipo. Gli aromi agiscono sui recettori olfattivi e su quelli
gustativi e vengono impiegati per la maggior parte nei prodotti alimentari e nelle bevande, costituendo spesso l’identità del prodotto stesso. Sono inoltre impiegati nei medicinali, nei mangimi e per la concia dei tabacchi.
Gli aromi sono prodotti sia a partire da materie prime di
origine naturale con procedimenti fisici, enzimatici e microbiologici, sia con sostanze prodotte per sintesi chimica. In
ogni caso devono rispondere a precisi requisiti di purezza,
sicurezza e innocuità per la salute del consumatore, in base
a quanto disposto dalla sempre più severa legislazione
comunitaria vigente in materia.
grassi essenziali e polinsaturi, sali minerali, amminoacidi, peptidi, estratti naturali, fermenti lattici probiotici, fibre vegetali e
tutte le altre materie prime con caratteristiche funzionali.
Queste particolari tipologie di prodotti alimentari hanno
registrato negli ultimi anni una sempre più forte richiesta da
parte dei consumatori e questo trend si mantiene positivo
nonostante il generale periodo di crisi economica.
L’attenzione del legislatore per questo tipo di prodotti, interessati comunque dalla normativa generale sui prodotti alimentari (Regolamento 178/2002/Ce), è rivolta alla massima sicurezza del consumatore e alla libera circolazione di
alimenti sani e sicuri. Le basi della legislazione del settore
sono la Direttiva 2002/46/Ce, che regolamenta gli integratori e il Regolamento 1925/2006/Ce sull’aggiunta di
vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti.
Di importanza fondamentale per il settore è poi il Regolamento
1924/2006/Ce che stabilisce norme armonizzate in merito alle modalità con cui indicare sulle etichette dei prodotti
le informazioni nutrizionali e salutistiche per il consumatore.
Tale Regolamento vede, a cavallo tra la fine del 2009 e tutto il 2010, la pubblicazione da parte della EFSA delle liste
delle indicazioni salutistiche e nutrizionali ammesse o non
ammesse per i vari prodotti alimentari. L’evoluzione di questa normativa è monitorata con particolare attenzione, poiché una parte importante del mercato dei prodotti finiti, di
cui le imprese del settore sono fornitrici, deriva direttamente
dalle informazioni che possono essere trasmesse al consumatore mediante i cosiddetti “claim”.
Attualmente inoltre prosegue la revisione della normativa
europea sui cosiddetti “Novel Food”, ovvero gli alimenti e
gli ingredienti innovativi per i quali è richiesta una particolare autorizzazione di prodotto se non vi è una tradizione
d’uso documentata precedente al 1997.
A contorno di tutte queste norme esistono poi una serie di
decreti e circolari del Ministero del Lavoro, della Salute e
delle Politiche Sociali, che regolamentano alcuni aspetti pratici relativi alla presentazione, l’etichettatura e l’autorizzazione alla produzione e commercializzazione degli integratori alimentari e dei prodotti cosiddetti “salutistici” nonché degli ingredienti in essi contenuti.
La chimica e l’alimentazione: i progetti informativi
Materie prime per integratori alimentari
e alimenti funzionali
Le materie prime impiegate nella preparazione di integratori alimentari, alimenti destinati a regimi dietetici particolari,
alimenti per sportivi e prodotti alimentari arricchiti sono
ad esempio vitamine e prodotti similvitaminici, lipidi, acidi
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Chimica e alimentazione sono settori che possono apparire lontani e tra loro incompatibili, ma sono invece uniti da
legami solidi e di fondamentale importanza.
Mostrare il ruolo della chimica nella filiera agro-alimentare è
insieme una sfida importante e un doveroso tributo alla completezza dell’informazione. Un compito che Federchimica si
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è assunta, con la volontà di mostrare la realtà della chimica
e dei suoi imprescindibili legami col mondo che ci circonda.
È stato quindi realizzato un documento, “La chimica nella filiera agroalimentare”, che si propone di evidenziare i benefici
che la chimica è in grado di apportare a tutta la filiera. Il percorso seguito è quello “dal campo alla tavola”, partendo dai
contributi della chimica all’agricoltura e all’allevamento, arrivando poi agli ingredienti specialistici direttamente usati negli
alimenti, fino al ruolo della chimica nell’ambito del confezionamento alimentare, non tralasciando infine il ruolo del chimico, ovvero il professionista che di questa scienza ha fatto
un lavoro. Nel documento si presta particolare attenzione alla
normativa comunitaria di settore che, attraverso norme armonizzate e di ampio respiro, derivanti da solide basi scientifiche espresse da autorità indipendenti di altissimo livello, garantisce al consumatore prodotti sicuri e controllati.
Attenzione particolare è stata poi rivolta alla spiegazione
nei dettagli di alcuni specifici contributi della chimica al settore agro-alimentare, che spesso sono poco conosciuti o
male interpretati, a causa di limitata conoscenza del settore o preconcetti, derivanti da un’idea sbagliata di chimica
“cattiva”, pericolosa e irrispettosa dell’uomo e dell’ambiente.
Con informazioni chiare e documentate, l’obiettivo finale è
dunque quello di mostrare la vera faccia della chimica nel
settore agro-alimentare, al di là del luogo comune: una chimica che fornisce un aiuto fondamentale in termini di innovazione, miglioramento e maggiore disponibilità della produzione, di fornitura di materie prime sicure e controllate,
di rispetto per l’ambiente e sostenibilità.
Seguendo la stessa filosofia si è intrapresa anche una
collaborazione importante con il Museo della Scienza e
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della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano. Il nuovo
“iLab Alimentazione” è un laboratorio interattivo cui partecipano principalmente gli studenti, ma anche gli altri utenti del museo. Si presenta come una sorta di cucina in cui
costruire comprensione e consapevolezza sugli aspetti scientifici legati al cibo, con un percorso guidato attraverso le
domande che ci si pone tutti i giorni: conosci cosa mangi?
Il cibo ti cura? Come si producono gli alimenti? Come trasformi i cibi?
Se ogni cucina è un laboratorio in cui trasformare molecole e fare reagire sostanze, nell’i.lab Alimentazione si può
scoprire, sperimentando insieme agli animatori scientifici,
che cosa si nasconde in quello che mangiamo e nelle nostre
scelte alimentari.
Naturalmente la chimica gioca un ruolo importante in questo processo: dai fertilizzanti agli agrofarmaci, dalle biotecnologie ai medicinali per gli animali d’allevamento, dagli
additivi alimentari agli aromi, dalle materie plastiche ai gas
industriali, la chimica fornisce un aiuto fondamentale in termini di innovazione, miglioramento e maggiore disponibilità della produzione, fornitura di materie prime sicure e controllate, rispetto per l’ambiente e sostenibilità.
L’importanza di una tale campagna informativa si inserisce
poi con pieno merito nell’ambito della preparazione all’Expo
2015 di Milano, il cui tema “Nutrire il pianeta” ben si sposa con un settore, quello della chimica agro-alimentare, che
permette di ottenere prodotti alimentari innovativi, di ampia
disponibilità, con migliorate caratteristiche tecnologiche, che
deperiscono con minor velocità o destinati a tutte quelle persone che hanno esigenze nutrizionali specifiche, derivanti da
particolari condizioni metaboliche o da stili di vita differenti.
PRODOTTI SENSIBILI
L’industria del cosiddetto imaging, ovvero del trattamento dell’immagine, richiede elevate capacità d’investimento in ricerca e innovazione tecnologica, che costituiscono perciò grosse barriere all’entrata: troviamo infatti in questo comparto caratterizzato da uno straordinario progresso tecnologico, una percentuale elevatissima, vicina al 90%, di imprese di grandi
dimensioni, appartenenti ad affermati gruppi internazionali noti
in tutto il mondo. Quando si parla di trattamento, acquisizione ed elaborazione dell'immagine, il consumatore probabilmente pensa alla fotografia; in realtà quest’industria altamente specializzata produce immagini dei più svariati tipi e campi di utilizzo. Di competenza del Gruppo prodotti sensibili
di Federchimica-Aispec sono le immagini radiografiche
(medical imaging) indispensabili nella moderna medicina e le
immagini grafiche (graphic imaging) o più semplicemente la
stampa, nei suoi molteplici impieghi, dall’editoria alla cartotecnica, all’arte decorativa artigianale.
Ecco una breve rassegna illustrativa di queste due aree merceologiche.
Diagnostica medicale per immagini o medical imaging
La radiologia medica, o meglio la diagnostica per immagini,
è un’importantissima branca della medicina, essenziale in tema
di prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie ricorrenti.
Nella struttura dell’offerta troviamo tre fondamentali segmenti:
sistemi di cattura dell’immagine con attrezzature tradizionali
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per la radiologia (sistemi schermo-pellicola), sistemi digitali,
sistemi di gestione e archiviazione dati.
Nel 2009 il settore ha molto sofferto le ripercussioni della crisi: sono state bandite pochissime gare pubbliche per l’acquisto di attrezzature e sistemi informatici, dalle 160 del 2008
alle 120 del 2009; vi è stato un calo complessivo di oltre il
5% del fatturato, molto più accentuato nel convenzionale (-22%
nelle pellicole) dove, peraltro, prosegue il trend negativo in
atto già da anni. Altro dato rilevante: tra le Computer
Radiography, ovvero quelle attrezzature che abbinano la tradizionale tecnologia analogica con quella innovativa digitale, sono stati più venduti i modelli piccoli e meno costosi, in
quanto gli ospedali hanno preferito risparmiare; questo ha contribuito al generale calo del fatturato, anche se le vendite delle più innovative Direct Radiology, completamente digitali,
sono proseguite, ma con prezzi in discesa.
In questi anni le imprese hanno esteso il loro portafoglio prodotti includendo soluzioni di informatizzazione ospedaliera
che trasformano informazioni finora nettamente separate in una
rete integrata: esistono infatti sistemi di gestione completa dei
flussi d’informazione, dalle prenotazione alla refertazione.
Con l’esperienza acquisita si riesce ad assistere le strutture
ospedaliere lungo tutto il processo di pianificazione, implementazione ed integrazione, per ottimizzare le procedure cliniche ed amministrative e creare un sistema di informatizzazione ospedaliero, creando così un flusso d’informazioni continuo. Questo flusso consente di effettuare diagnosi accurate
in tempo reale e di ricostruire in ogni momento la storia clinica del paziente. Ma anche in questo segmento, dove peraltro i prodotti sono molto più costosi, la domanda è rimasta
decisamente debole. Principale difficoltà: ritardi nei pagamenti
delle fatture. Le imprese, al pari di tutti gli altri fornitori della
Pubblica Amministrazione e degli Enti pubblici, soffrono da
sempre le conseguenze dei ritardi nel pagamento delle fattu-
re. L’iniziativa avviata l’anno scorso dalla Regione Lazio, che
ha istituito il primo sistema di gestione on line dei pagamenti,
sta dando buoni risultati, anche se sono ancora troppo poche
le aziende che vi ricorrono, a causa di notevoli incompatibilità tra i sistemi informatici del portale regionale e quelli dei fornitori. Occorre però proseguire su questo cammino, risolvere
le incongruità ed estenderlo ad altre Regioni.
Arti grafiche o graphic imaging
Come il comparto della diagnostica medicale, anche quello
della stampa è caratterizzato da un’ imponente evoluzione tecnologica con il passaggio dai processi analogici a quelli digitali, e alla sempre maggior applicazione dell’informatica.
L’offerta è composta da un grande assortimento di prodotti di
consumo (film e lastre per stampa offset), attrezzature, stampanti digitali e software.
Anche qui nell’anno 2009 la crisi economica ha causato una
diminuzione generale del fatturato di circa il 10%, soprattutto
per le lastre offset analogiche (tradizionali); una nota positiva:
il totale dei metri quadri venduti è diminuito, però all’interno
continua il progressivo aumento delle vendite delle innovative
lastre low chemicals o free chemicals.Tale crescita però non
compensa il calo delle tecnologie tradizionali. Infatti si tratta
di un mercato di sostituzione continua: le nuove lastre low
chem, a basso impatto ambientale, che ormai le principali
case produttrici hanno nel portafoglio prodotti e propongono
sempre più alla loro clientela, richiedono bassissimi o nulli
quantitativi di liquidi chimici di sviluppo e fissaggio. L’incremento
delle vendite consegue al notevole risparmio per il cliente
(l’azienda grafica o editoriale o cartotecnica che realizza i
prodotti finiti) che può evitare o ridurre l’acquisto dei liquidi chimici, garantendosi al contempo la stessa qualità di stampa.
Infine un grosso calo, del 50%, si è registrato nel fatturato delle attrezzature per la prestampa: computer to plate, software,
sviluppatrici.
OLI LUBRIFICANTI
Gli oli lubrificanti svolgono la fondamentale funzione di
diminuire l’attrito tra corpi meccanici in movimento relativo, attraverso la formazione, tra di essi, di una pellicola
fluida. Un olio lubrificante è il risultato della miscelazione
di un olio base minerale – che può essere di prima raffinazione od ottenuto dalla rigenerazione di oli esausti –
con un “pacchetto” di additivi la cui composizione è determinante per il tipo di applicazione finale.
Le imprese del settore in Italia producono centinaia di formulazioni diverse per rispondere, con un’ampia gamma
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di oli lubrificanti specialistici e personalizzati, alle esigenze
della clientela nazionale.
I lubrificanti si dividono in due macro famiglie di utilizzo: oli
auto e oli industria. In entrambi i campi è continuo lo sforzo
dei ricercatori del settore per ottenere dal prodotto finito prestazioni sempre più elevate. Naturalmente negli ultimi anni
il concetto di “prestazione elevata” è andato via via mutando: se fino agli anni ’90 l’obiettivo principale era quello di
allungare la vita media dell’olio aumentandone nel contempo
le performance di lubrificazione, oggi si mira soprattutto a
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formulati a basso impatto ambientale, capaci di contribuire
al risparmio energetico e di rispettare le nuove e più restrittive normative vigenti, tra cui il Regolamento REACH.
La sfida degli oli per autotrazione consiste ora nel rispetto
di limiti di emissioni sempre più stringenti (Euro 4, Euro 5,
Euro 6), per questo gli additivi per oli motore puntano a un
sempre maggiore potere detergente, al fine di minimizzare la formazione di residui e particelle finissime che contribuiscono ad aumentare il livello di PM10.
La ricerca nel campo degli oli per uso industriale guarda
invece alla sostituzione, laddove tecnicamente possibile,
delle basi minerali con quelle vegetali, e a pacchetti di additivi votati ad elevati standard ambientali.
Quasi ogni attività economica necessita di un prodotto di
questo settore e questo lascia comprendere facilmente perché in esso si annoverino le società petrolifere e alcune multinazionali chimiche, particolarmente orientate ad una vision
energetica e a un’ottica del lubrificante come large commodity, ma anche numerose aziende specializzate di piccole e medie dimensioni, più orientate al lubrificante come
specialty e abili nell’individuare insieme ai clienti di nicchia
le soluzioni più soddisfacenti.
In Italia vi sono un centinaio di operatori, inclusi alcuni distributori che hanno una piccola attività produttiva. Il comparto
dà lavoro a circa 3000 addetti, di cui circa 1800 sono
“blendatori”, mentre gli altri si frammentano fra società commerciali che rietichettano e rappresentanti esclusivi di marchi stranieri.
Nel 2009 il mercato si è ridotto del 20%, in particolare gli
oli lubrificanti per uso industriale hanno avuto una contrazione più elevata, pari al 23%. Le previsioni per il biennio
2010-2011, pur considerando gli effetti di una lenta ripresa a livello macroeconomico, indicano un recupero produttivo che non dovrebbe superare nei due anni il 5- 6%.
La contrazione del mercato a fine 2011 risulterà superiore
al 20% rispetto ai valori relativamente “normali” del 2007.
La necessaria flessibilità, per rispondere al bisogno di avere a catalogo centinaia di formulazioni, impone alle imprese di operare strutturalmente con ampia capacità inutilizzata degli impianti. In condizioni normali tale onere è sopportabile, ma oggi la flessione produttiva a medio termine
del 20% comporta un utilizzo degli impianti spesso sotto il
50%, con effetti drammatici sugli equilibri economici, finanziari e occupazionali. In questo scenario si paventano chiusure di impianti, in particolare da parte di imprese a capitale estero, e serie difficoltà per le piccole e medie imprese italiane.
Nel 2009 la domanda del mercato interno è risultata in
diminuzione, per volumi che sfiorano le 400.000 tonnel-
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late di prodotti venduti. Il fatturato dell’attività produttiva si
stima prossimo al miliardo di euro (da 1.4 miliardi di euro
nel 2008).
Oltre ai tradizionali ostacoli alla competitività industriale,
la crisi del settore è ulteriormente aggravata da due particolari strumenti fiscali che penalizzano direttamente le imprese italiane rispetto a quelle che operano negli altri paesi
europei: la “Robin Hood Tax” e l’imposta di consumo.
Il settore degli oli lubrificanti è inserito nell'ambito di applicazione della Robin Hood Tax (concepita per tassare i maggiori profitti delle compagnie petrolifere) in quanto “statisticamente” compreso tra i prodotti energetici, ma l’assimilazione agli altri comparti è impropria: l’attività di produzione di oli lubrificanti finiti, così come di basi lubrificanti rigenerate, non è integrata con il ciclo del petrolio; si tratta,
infatti, di attività manifatturiere nettamente distinte, che utilizzano un prodotto petrolifero come materia prima.
Inspiegabile poi l’ulteriore tassazione di un’attività come
quella della rigenerazione, che dà un forte contributo alla
sostenibilità ambientale.
L’imposta di consumo affligge invece il settore da oltre 60
anni. La capacità delle singole imprese di adattarsi alle
diverse situazioni di mercato e di creare vantaggio competitivo è fortemente limitata nel nostro Paese da una realtà che si differenzia rispetto a quella dei concorrenti comunitari nella presenza, pressoché unica in Europa, di questa
specifica tassazione sui prodotti del settore.
Sebbene i recenti provvedimenti normativi (Legge 166/
2009, conversione del Decreto legge 135/2009), tramite la parificazione delle imposte di consumo sugli oli nuovi e su quelli rigenerati, siano stati risolutivi riguardo alla
procedura d’infrazione europea che riteneva gli oli rigenerati stranieri (tenuti a pagare l’imposta piena prevista per
gli oli nuovi) discriminati rispetto a quelli nazionali (tenuti a
pagare il 50% dell’imposta prevista per gli oli nuovi), è rimasto insoluto il problema della discriminazione dell’industria
italiana rispetto agli altri paesi dell’Unione europea.
A tanto si aggiungano i conseguenti fenomeni di evasione
ed elusione fiscale che continuano da anni a falsare il mercato creando continui casi di concorrenza sleale, soprattutto da parte di operatori commerciali che trasferiscono
prodotti da altri paesi comunitari sul territorio nazionale.
Il Gail (Gruppo aziende industriali della lubrificazione) ad oggi
rappresenta in seno ad Aispec 33 aziende produttrici operanti in Italia nel settore della lubrificazione e degli additivi,
per quasi 1.200 addetti. La composizione del Gruppo è estesa e fortemente eterogenea. Oltre ad annoverarsi accanto
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ad importanti multinazionali moltissime realtà medio piccole, le aziende sono frammentate in diversi settori merceologici: imprese produttrici di basi lubrificanti da raffinazione e
da rigenerazione di oli usati, aziende produttrici di oli lubrificanti finiti, produttori di additivi. Grazie alla capacità di
armonizzare settori merceologici diversificati, ai tradizionali
servizi mirati per le aziende del settore e all’autonomia decisionale, nel corso degli anni il Gail è divenuto il riferimento
italiano del settore, il luogo di aggregazione e di produttivo
confronto sui problemi comuni ideale per gli operatori.
Il Gail assicura costantemente ai propri associati un’intensa
attività di rappresentanza e tutela, servizio e consulenza sulle
svariate tematiche attinenti al prodotto lubrificante in quanto
“preparato chimico” e non petrolifero. Collabora inoltre con
la UEIL (Indipendent Union of the European Lubricant Industry)
– di cui è socio fondatore – che opera a livello europeo per
la tutela delle aziende associate e resta il principale punto di
riferimento del Gruppo in ambito internazionale.
ABRASIVI
Abrasivi rigidi (mole convenzionali a legante ceramico
e mole a centro depresso e troncatrici a legante organico) e abrasivi flessibili (tele, carte e fibre) rappresentano
le due macro aree di business dell’industria italiana degli
abrasivi tradizionali.
Alcune grosse multinazionali e molte importanti realtà
nazionali compongono l’offerta in Italia. Il settore conta
una quarantina di aziende, concentrate principalmente
in Lombardia, Piemonte e Veneto, e dà lavoro a più di
2.000 addetti. Gli effetti della recessione continuano a
farsi sentire e anche le prospettive per il 2010 presentano aspetti problematici, in particolare nell’ambito dei
due principali mercati di sbocco: edilizia e auto.
Il settore delle costruzioni non ha ancora arrestato la caduta e risulterà in contrazione anche nell’anno in corso. Il
comparto auto, che durante il 2009 aveva manifestato
timidi segnali di recupero, presenta prospettive incerte a
causa del mancato rinnovo degli incentivi statali.
La concorrenza orientale, costantemente presente sui mercati con produzioni a basso costo e marchi contraffatti,
e la presenza sempre più forte di superabrasivi diamantati di precisione, continuano a costituire ulteriori sfide
per il settore.
Per l’industria degli abrasivi si stimano vendite in Italia
nel 2009 per circa 206 milioni di euro e il calo del mercato domestico in valore rispetto al 2008 è stato all’incirca del 25%. Cadute di entità paragonabile si sono
verificate anche sull’export. Il segmento più colpito dalla crisi nelle vendite nazionali è stato quello degli abrasivi convenzionali, seguito, sebbene in misura più moderata, dagli abrasivi flessibili. Le mole troncatrici e a centro depresso hanno registrato invece la flessione maggiore, fra i tre, nell’export.
La raccolta, l’elaborazione e la corretta diffusione dei
dati statistici nazionali del comparto, si confermano in
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questo ambito un servizio da parte dell’Associazione molto utile agli operatori, uno strumento prezioso, oggi più
che mai, per meglio valutare la “rotta” dei mercati di riferimento. I fattori vincenti delle imprese del comparto sono
e saranno probabilmente in chiave prospettica gli elevati
livelli innanzitutto di qualità e sicurezza, ma anche di
automazione e tecnologia di processo, esperienza e
know-how.
Il 2009 ha costantemente impegnato i produttori sul fronte degli standard tecnici internazionali che determinano
i requisiti di sicurezza, i test e i metodi di prova dei prodotti. Gli operatori esercitano un presidio costante delle
attività di normazione di UNI, CEN e ISO, in virtù dei
continui aggiornamenti delle norme. L’Associazione è
fondamentale nell’affiancare e assistere le imprese nell’attività di controllo delle modifiche ai testi proposte, nel
coordinamento − anche attraverso l’Associazione europea FEPA − con gli altri stati membri, nei processi di votazione relativi agli standard.
Agli operatori è richiesta una crescente attenzione e sensibilità nel rispetto degli adempimenti derivanti dalla normativa sulla classificazione e gestione dei rifiuti, oggi in
Italia ulteriormente integrata dal SISTRI, il nuovo sistema
di tracciabilità dei rifiuti, alla sicurezza dei prodotti (i produttori di abrasivi sono utilizzatori a valle rispetto al
REACH), alla normativa che regolamenta in Italia la gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori. Anche a
questo proposito Federchimica gioca un ruolo chiave nell’assistenza e nella rappresentanza delle specifiche necessità del comparto.
Il Gruppo abrasivi di Federchimica- Aispec, che raduna
ad oggi 24 imprese, per un totale di circa 1.600 addetti, rappresenta all’incirca l’80% del mercato, per un fatturato annuo di oltre 340 milioni di euro (da 450 milioni di euro nello scorso anno).
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L’Associazione raggruppa i maggiori produttori dell’industria nazionale di abrasivi, in particolare rigidi e flessibili, che costituisce certamente uno dei maggiori mercati di
riferimento per il settore, a livello internazionale, insieme
a quelli di Germania, Inghilterra e Francia.
Il comparto, anche in quest’ultimo rinnovo contrattuale,
ha potuto mantenere la propria autonomia sindacale, tutelando le peculiarità proprie delle aziende degli abrasivi
attraverso la conferma delle specifiche norme settoriali,
>
già a suo tempo individuate insieme a Federchimica, che
in questa vicenda contrattuale hanno consentito risultati
soddisfacenti in termini di costo.
Le principali aree di assistenza di Federchimica utilizzate dalle imprese oltre a quella contrattuale, sono quella
della lobby e dei rapporti con le istituzioni, oltre naturalmente all’assistenza tecnica per l’applicazione delle
normative afferenti a salute, ambiente, sicurezza e igiene del lavoro.
SMALTI PER CERAMICA, PIGMENTI INORGANICI, OSSIDI METALLICI
Il settore comprende tradizionalmente la produzione di smalti, fritte, pigmenti, coloranti usati nell’industria ceramica (piastrelle, stoviglieria, sanitari, ecc.) e in misura minore nell’industria meccanica (soprattutto per finitura superficiale di
elettrodomestici e prodotti per la casa). Il settore include
anche alcune aziende produttrici di ossidi metallici che trovano diffusione, per ben oltre la metà del loro impiego, nei
processi di reazione chimica intesi all'ottenimento di pigmenti e fritte e nella composizione di prodotti antiruggine e
di stabilizzanti. In Italia il settore è rappresentato da
Ceramicolor, Associazione italiana colorifici ceramici e produttori di ossidi metallici, a cui aderiscono 21 imprese.
I colorifici sono prevalentemente ubicati nell’area di Sassuolo.
Il comparto infatti costituisce, insieme ai costruttori di macchinari e ai produttori di piastrelle, il terzo attore necessario
alla creazione di piastrelle da pavimento e rivestimento.
Le più importanti multinazionali del settore hanno in Italia
filiali e stabilimenti che, data l’importanza strategica del
mercato, rivestono un ruolo spesso determinante per la stessa capogruppo.
Le aziende di Ceramicolor sono un importante esempio di
chimica al servizio della ceramica alla quale viene fornito il
vero valore aggiunto che permette al prodotto italiano di eccellere su tutti i mercati mondiali. Il processo di studio e ricerca
nell'applicazione dello smalto riveste un ruolo fondamentale
per la ceramica. Questi aspetti sono il vero punto forte dei
colorifici che effettuano annualmente investimenti molto rilevanti e spesso in percentuale superiore a quelli delle aziende
chimiche tradizionali. Tale processo di affinamento dei prodotti, associati ai necessari servizi forniti per l'applicazione
dei medesimi, ha ormai spostato il settore verso le specialità.
In effetti il colorificio, quale fornitore di ricerca ed estetica,
spesso all'atto della presentazione del proprio prodotto propone la piastrella finita e non un intermedio chimico.
Le forti concentrazioni e le acquisizioni tra colorifici avvenuti negli ultimi anni dimostrano che le aziende del settore
sono abituate a competere a livello globale. La competitività, soprattutto con la Spagna, ha avuto un ruolo fondamentale nella riorganizzazione di un settore che spesso per
necessità ha dovuto reinventarsi e che ha permesso con la
propria ricerca di fare crescere il mondo della piastrella.
Nel 2009 le aziende produttrici coloranti, fritte e smalti per
la ceramica, hanno realizzato circa 500 milioni di euro di
fatturato.
Per quanto concerne l’andamento del mercato, le imprese
associate a Ceramicolor hanno subito nel corso del 2009
la pesante crisi mondiale che si è sommata alla crisi del settore dell’edilizia che, in misura differente, ha ricadute estremamente pesanti in tutta Europa ed è in taluni casi diventata strutturale.
Il settore della piastrella, in particolare, risulta essere estremamente penalizzato da questa congiuntura che ha subìto
in modo più accentuato rispetto ad altri settori dell’industria.
Purtroppo, si registra tale situazione anche in mercati che
fino a pochi mesi fa potevano comunque compensare una
costante erosione dei volumi registrati in Italia.
Ceramicolor, indirizza prevalentemente le proprie attività
alle tematiche ambientali e di sicurezza; in linea generale
esse sono volte principalmente allo studio delle problematiche inerenti alla classificazione, all'etichettatura ed all’imballaggio delle sostanze e dei preparati pericolosi.
Nel corso del 2009, nell’ambito del Comitato Ecologia,
sono continuate le attività per gestire l’impatto che il REACH
avrà sul settore. Nello specifico, al fine di dare seguito alla
fase di registrazione delle sostanze, le imprese, con il supporto della struttura di Ceramicolor, hanno preso parte alle
attività realizzate in ambito internazionale che hanno visto
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la formazione dei consorzi in funzione delle principali tipologie di prodotti rappresentate dall’Associazione.
Ceramicolor è stata molto impegnata, insieme alle altre associazioni europee e ad Eurocolour nell’ambito dell’applicazione della normativa ed in particolare per chiarire l’applicabilità di alcune esenzioni derivanti dall’Allegato V. Esistono
ancora delle incognite per il settore, in quanto per alcune
tipologie di sostanze non vi è ancora un orientamento su quali debbano essere gli adempimenti ai quali si dovrà dare
seguito per il REACH. Visto l’elevato numero di sostanze prodotte, si guarda con particolare preoccupazione agli investimenti (non solo economici ma anche in termini di risorse
umane) necessari per ottemperare agli onerosi adempimenti richiesti. Tale preoccupazione risulta essere molto accentuata dalla situazione congiunturale estremamente negativa.
Una seconda area di interesse per il settore, che ha visto
la nascita di numerose attività, è stata quella relativa all’IPPC
(Integrated Pollution Prevention and Control). Nel 2009 è
stato rivisto il BREF (BAT Reference Document) per il settore
del vetro, del quale le fritte fanno parte, che è un importante riferimento per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali.
Proprio per gestire al meglio le problematiche del settore e
portare all’attenzione le necessità specifiche, si sono intensificati gli incontri con i principali organismi di controllo a livello sia locale sia nazionale, con i Ministeri competenti, con
l’Istituto Superiore di Sanità e con le istituzioni scientifiche.
Occorre inoltre sottolineare che Ceramicolor ha attivamente partecipato anche a numerose altre attività in ambito europeo, sia attraverso l’associazione di settore, Eurocolour, sia
con contatti diretti con alcune associazioni di interesse tra
cui ANNFECC che rappresenta in Spagna i produttori di
fritte e pigmenti inorganici. In funzione del carattere sempre più europeo che avranno le future norme appare oltremodo necessario affrontare tali problematiche a livello globale e non solo a livello nazionale.
ADESIVI E SIGILLANTI
L’industria italiana degli adesivi e dei sigillanti ha chiuso il
2009 con un significativo calo della domanda, generalizzato a tutti i mercati di sbocco.
Sin dalle prime battute il 2009 ha presentato un ciclo economico critico per tutti i comparti industriali di riferimento
che si è manifestato con livelli preoccupanti di contrazione dei volumi, quale inevitabile riflesso di una domanda
ai minimi storici, dovuta alla pesante crisi finanziaria globale. È stata ampiamente confermata la preoccupante flessione del mercato dell’edilizia. L’industria dell’auto e dei
mezzi di trasporto in genere ha registrato notevoli cali dei
volumi, così come i comparti del legno, dell’arredamento,
della cartotecnica e dell’imballaggio. La situazione critica
è stata confermata, ancora una volta, anche per il comparto calzaturiero.
Anche il mercato estero, che negli anni scorsi aveva avuto
un ruolo fondamentale di sostegno alla produzione, ha registrato una flessione.
Il quadro complessivo è stato reso ancora più preoccupante
per le proporzioni della crisi di liquidità della clientela. D’altra
parte le grandi difficoltà registrate dalle imprese nell’accesso al credito, ne hanno limitato fortemente la capacità di
innovare e, conseguentemente, di accrescere la propria competitività. Inoltre, le imprese si sono confrontate con livelli di
redditività ulteriormente ridotti rispetto al recente passato.
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La dinamica dei differenti settori di applicazione può essere così riassunta:
il 2009 ha registrato, su base annua, una contrazione
significativa dei volumi come conseguenza della crisi che
ha toccato il settore dell’edilizia nel nostro Paese. La durissima crisi che ha investito l’intero settore delle costruzioni, dal residenziale e non residenziale privato a quello
pubblico, si è riversata inevitabilmente sulla richiesta di
adesivi e sigillanti che ha subito un significativo calo. Alle
perdite registrate nella prima parte dell’anno, già di per
sé di dimensioni tali da rendere impossibile un’inversione di tendenza su base annua, si sono aggiunte le contrazioni dei mesi successivi. Il 2010 si è aperto sotto cattivi auspici: il cosiddetto “Piano casa” approvato dal
Governo alla fine del 2009 appare poco incisivo per
potere avere effetti realmente efficaci.
Tutto dipenderà dagli strumenti attuativi che le singole
amministrazioni locali predisporranno sul provvedimento. Gli operatori del settore che auspicavano che gli strumenti da mettere in campo determinassero un graduale
risveglio della domanda, tale da produrre benefici almeno a partire dalla seconda metà del 2010, alla luce di
quanto finora registrato dal mercato appaiono scettici sulla possibilità di un’inversione di tendenza nella seconda
parte dell’anno.
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L’andamento negativo della domanda degli adesivi impiegati dall’industria del mobile e dell’arredamento si è
protratto per tutto il 2009. La crisi del comparto edilizio
ha giocato un ruolo determinante in tale dinamica. Con
il passare dei mesi si è assistito all’aggravarsi della situazione negativa nei segmenti del mobile e dell’imbottito,
solo per citare alcuni tra i comparti più significativi fra
quelli serviti.
Per i prodotti impiegati nell’industria calzaturiera il 2009
ha confermato una dinamica dei volumi in rilevante contrazione. Negli ultimi mesi dell’anno è apparsa senza
soluzione di continuità l’incertezza assoluta: estrema frammentazione degli ordini, richiesta di consegne immediate,
crisi di liquidità della clientela sono tutti elementi che non
hanno concesso tregua ad un settore già profondamente colpito da perdita di competitività. Il 2010 sembra
mostrare segni evidenti di ulteriore debolezza.
Per gli adesivi e sigillanti utilizzati nei mezzi di trasporto
il 2009 ha portato la flessione dei volumi, per effetto della dinamica negativa registrata dall’industria di riferimento.
In questo comparto occorre fare una differenziazione tra
i due segmenti che lo compongono: il settore auto ha
beneficiato, verso la fine del secondo semestre 2009,
dei primi effetti degli incentivi fiscali decisi dal governo;
il settore dei veicoli industriali e commerciali ha, al contrario, assistito al perdurare della situazione di difficoltà
della prima parte del 2009.
La “ripresina” dell’auto è stata spinta anche dalle esportazioni verso paesi Ue che hanno adottato misure fiscali
analoghe a quelle interne al nostro Paese (p.e. Germania).
Nel complesso il settore ha chiuso l’anno con il segno
negativo. Per il 2010, non ci sono i presupposti per parlare di vero e proprio risveglio della domanda.
La tanto attesa inversione di tendenza pare essere ancora non troppo vicina.
La dinamica dei volumi per gli adesivi impiegati nel settore della cartotecnica e dell’imballaggio ha mostrato una
contrazione nel 2009 pressoché generalizzata ai settori
di applicazione dei propri prodotti, dalla carta e cartone,
all’imballaggio, alla legatoria, anche se in generale con
performance leggermente migliori a quelle degli altri settori. Ha fatto eccezione, in positivo, il solo segmento dell’igienico-sanitario. Il risultato negativo messo a segno nella prima parte dell’anno è andato accentuandosi con il
passare dei mesi, fino a determinare una situazione complessiva di contrazione importante dei volumi su base
annua. Ciò ha significato una importante caduta per quanto riguarda la carta e il cartone; in tale ambito gli unici
segmenti stabili, con lieve tendenza positiva, sono stati
>
quelli della carta da cucina e della carta igienica. Anche
il settore dell’imballaggio ha risentito delle difficoltà, chiudendo con un segno negativo. Il segmento delle etichette
è stato condizionato in maniera sensibile dal calo delle
vendite di bibite in bottiglia. Il calo degli adesivi destinati al mercato della legatoria è stato decisamente drammatico, per molteplici ragioni: il trasferimento della produzione di libri nel far east (Cina in testa), la drastica riduzione delle pagine pubblicitarie all’interno delle riviste che
ha determinato un cambiamento tecnologico (dall’adesivo alle graffette metalliche) e, da ultimo, con l’avvento di
Internet la conseguente scomparsa di pubblicazioni quali, per esempio, le Pagine Gialle.
Alla luce di quanto evidenziato si può parlare di drastico
ridimensionamento delle aspettative di “piccola ripresina”
per il 2010: tutti gli indicatori economici più recenti indicano una situazione ancora molto critica per tutti i comparti
della chimica e non fa eccezione il settore degli adesivi e
dei sigillanti.
In questo scenario appare davvero arduo prevedere una
chiusura del 2010 all’insegna di una vera inversione di
tendenza.
Se si considera, inoltre, la situazione dal punto di vista dei
pagamenti, allora il quadro si aggrava di un ulteriore elemento critico, come ha ampiamente dimostrato “l’Indagine
sullo stato di salute dei settori adesivi, inchiostri, vernici” condotta da Avisa all’inizio del 2010 tra le imprese associate.
I risultati hanno mostrato un sensibile peggioramento dei termini di pagamento da parte della clientela.
Sul piano delle attività condotte dall’Associazione, il 2009
è stato caratterizzato, come di consueto, da un’intensa attività sul versante delle tematiche tecnico-legislative: dalle fasi
di implementazione del REACH, agli sviluppi del Regolamento
CLP, alla continua implementazione delle norme in materia
di contatto alimentare, al Tavolo di lavoro “Biocidi” istituito
presso il Ministero della Salute al quale Avisa partecipa direttamente con un proprio rappresentante.
Tra le iniziative di rilievo rientra il “Progetto CAST”, giunto
alla sua conclusione, promosso e coordinato dall’Istituto
Superiore di Sanità, al quale Avisa ha preso parte, sia con
la struttura dell’Associazione, sia con i rappresentanti delle
imprese associate, che hanno contribuito in modo concreto alla redazione delle linee guida interpretative del
Regolamento 2023/2006/Ce sulle GMP.
Gli esiti del Progetto segnano il successo dell’intera filiera
coinvolta nel lavoro di due anni: le linee guida sono state
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presentate il 20 novembre 2009, presso Palazzo
Brancaccio a Roma, alla presenza di un pubblico numeroso e sono state trasmesse dal Ministero della Salute alla
Commissione europea che le ha prese a modello per il
resto d’Europa. Alla luce dell’interesse suscitato dalla prima parte del progetto, l’Istituto Superiore di Sanità ha tratto la conclusione che fosse utile dare seguito all’esperienza ed ha lanciato un altro biennio del Progetto CAST
(Contatto Alimentare Sicurezza Tecnologia) a cui Avisa
ha deciso di aderire.
Tra le numerose iniziative condotte, si ricorda la partecipazione del Gruppo adesivi e sigillanti al Flexo Day 2009,
il 6 novembre a Mestre, organizzato da ATIF, (Associazione
Tecnica Italiana per lo sviluppo della Flessografia). Alla
manifestazione l’Associazione ha partecipato con due relazioni tenute rispettivamente, in rappresentanza del Gruppo
adesivi e sigillanti, da Attilio Borlenghi di Henkel e, in rappresentanza del Gruppo inchiostri da stampa, da Marco
Borsani di Flint Group.
ATIF ha dato risalto alla presenza di Avisa ed ha rivolto
un ringraziamento all’Associazione per la disponibilità concretamente manifestata.
Il settore “Adesivi per legno e arredamento” ha realizzato
il primo di una serie di seminari di formazione indirizzati
alla clientela. L’iniziativa si colloca nell’ambito di un progetto di lungo termine che si prefigge l’obiettivo di “accompagnare” gli utilizzatori professionali degli adesivi impiegati nel processo produttivo della filiera del legno e dell’arredamento in un percorso di conoscenza delle varie tipologie di adesivi. Ciò allo scopo di sensibilizzarli alla necessità di coinvolgere il fornitore dell’adesivo nella fase di progettazione del manufatto finito per ottimizzare la performance del prodotto e prevenire l’insorgere di problemi.
Il 18 novembre 2009, presso l’Hotel Holiday Inn - Congress
Centre, di San Martino Buonalbergo si è tenuto per l’intera giornata il “Seminario di formazione adesivi per legno
e arredamento” al quale hanno preso parte circa 150 persone. Questa prima esperienza − dalla quale il settore ha
tratto alcune indicazioni per l’affinamento delle attività in
futuro – incita ad andare avanti. Il settore ha, pertanto, programmato una serie di interventi formativi anche presso le
fiere di settore di maggior interesse. Il prosieguo delle iniziative in tal senso è stata la partecipazione a Technodomus,
presso la Fiera di Rimini il 23 aprile 2010.
Le imprese associate appartenenti al settore “adesivi per
cartotecnica e imballaggio” sono state invitate ad iscrivere
il proprio personale tecnico al corso di formazione europeo
“Migresives”, concernente un modello matematico di calcolo della migrazione degli adesivi destinati agli imballaggi
alimentari. Il corso si è svolto il 18 marzo 2010 presso
Federchimica.
Un ulteriore passo verso l’approfondimento delle problematiche in materia di contatto alimentare è costituito dal
FACET, acronimo di “Flavouring, Additive and Food Contact
Material Exposure Task”, progetto di filiera europeo relativo alla determinazione della dose massima giornaliera di
sostanze chimiche assumibile dall’uomo senza danni per la
sua salute, al quale FEICA (l’Associazione Europea delle
industrie degli adesivi e sigillanti) partecipa attivamente.
Sul fronte internazionale il 2009 ha registrato un fortissimo ed
accresciuto impegno del Gruppo adesivi e sigillanti presso i
numerosi Comitati e Working Group di FEICA. L’assiduità della presenza ai tavoli internazionali sia dei rappresentanti aziendali, sia del personale della struttura associativa ha consentito di assicurare il necessario aggiornamento ed approfondimento delle tematiche di maggiore interesse dell’industria.
PITTURE E VERNICI
Il settore delle pitture e vernici rappresenta una componente molto rilevante della chimica italiana. Con un valore della produzione superiore ai 3 miliardi di euro, l’Italia è il
secondo produttore europeo dopo la Germania. In Italia
sono attive sia importanti imprese a capitale italiano di
dimensioni medie e piccole, sia filiali produttive di gruppi
internazionali. I prodotti trovano impiego in svariati settori:
i più importanti in termini quantitativi sono l’edilizia (circa il
60% delle vendite complessive), l’industria metalmeccanica (20%) e il mobile (15%), ma figurano anche l’auto, la
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protezione industriale, la nautica, la marina, il can coatings.
Le imprese di pitture e vernici – attraverso la qualità dei propri prodotti, l’innovazione e la capacità di dare efficacemente risposte alle esigenze dei clienti – sono spesso alla
base dei successi di molte imprese del made in Italy. Una
parte significativa e tendenzialmente crescente della produzione è rivolta ai mercati esteri.
Nel 2009 la produzione di vernici in Italia ha rilevato forti rallentamenti in tutti i settori di applicazione. Dopo una
partenza d’anno molto critica in tutti i settori clienti, nei mesi
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successivi si è riscontrato un rallentamento della caduta, più
marcato in alcuni comparti rispetto ad altri. Da un lato, il
settore ha giovato dell’effetto positivo degli incentivi per le
ristrutturazioni edilizie, delle leggi sul risparmio energetico
e degli incentivi sull’auto. Dall’altro lato, pesano la generale tendenza dei settori a valle a mantenere livelli di scorte molto bassi, il prolungarsi della restrizione del credito da
parte delle banche e l’allungamento dei tempi di pagamento dei clienti. In un contesto di domanda che permarrà
debole, ci si attende un 2010 ancora difficile.
Lo scenario dell’industria delle pitture e vernici nel 2009 è
stato caratterizzato a livello internazionale, ma anche europeo ed italiano, da numerose operazioni di fusione ed
acquisizione tra gruppi ma anche tra medie e grandi imprese, confermando una tendenza in atto già negli ultimi due
anni. L’aumento della dimensione industriale dei nuovi soggetti si accompagna ad una contestuale crescita delle aree
di business aziendale; la tendenza è quella di diversificare la propria produzione in più settori (edilizia, legno, navale, marina, polveri).
L’entrata in vigore del D. Lgs. n. 161 del 27 marzo 2006
(D. Lgs. 161/2006), recante “attuazione della Direttiva
2004/42/Ce, per la limitazione delle emissioni di composti organici volatili conseguenti all’uso di solventi in talune pitture e vernici, nonché prodotti per carrozzeria” ha imposto un
limite specifico del contenuto massimo di composto organico
volatile (COV) nei prodotti vernicianti utilizzati in edilizia, in
carrozzeria, ma anche nel settore legno. Dal primo gennaio
2008, tutti i prodotti soggetti a tale decreto, possono essere
immessi sul mercato solo se hanno un contenuto di COV inferiore ai limiti consentiti, ancora più stringenti a partire dal giorno 1 gennaio 2010. Il D. Lgs. 161/2006 ha avuto pertanto importanti ricadute sulla produzione e sull’attività di ricerca
e sviluppo dei produttori di pitture e vernici; le imprese hanno
investito significative risorse (umane ed economiche) per la formulazione di prodotti a basso contenuto di COV.
Il Gruppo pitture e vernici ha seguito fin dall’inizio l’iter legislativo del suddetto decreto e le implicazioni tecnico-normative conseguenti. L’impegno dell’Associazione si è concretizzato attraverso una puntuale e tempestiva informazione, circolari di chiarimento, riunioni interassociative, incontri tra tecnici, realizzazioni di position paper e un continuo
confronto con le istituzioni.
Proprio grazie all’attività di lobby, i Ministeri competenti hanno accolto le istanze associative prorogando al 2011 il divieto di esportare – in paesi extra Ue – prodotti “non conformi
al Decreto”, riallineando di fatto l’Italia alla legislazione degli
altri paesi dell’Ue. La disposizione, contenuta nel Decreto
legge “milleproroghe” pubblicato sulla G.U. il 30 dicembre
>
2009, ha generato un risparmio complessivo per tutte le
imprese operanti in Italia, comprese le multinazionali, associate e non, di 100 milioni di euro per il solo 2010.
Il Gruppo pitture e vernici ha partecipato da protagonista
alla fiera MADE expo 2010, la Fiera dell’Architettura, Design
ed Edilizia tenutasi a Milano Rho dal 3 al 6 febbraio. Il
Gruppo, in tale occasione, ha realizzato uno spazio espositivo molto ampio pari a 620 mq destinato ad ospitare,
oltre all’Associazione, gli stand delle imprese associate.
L’area, allestita nella sezione Decor&Color Show, è stata
progettata come una piazza arredata con tavoli e sedie,
“Piazza Avisa” per l’appunto, attorno alla quale si affacciavano gli stand delle 14 aziende che hanno aderito all’iniziativa come si vede nell’immagine.
Piazza Avisa ha rappresentato uno spazio comune per un
interscambio costruttivo a beneficio dei moltissimi visitatori
dello stand associativo.
È stato inoltre realizzato un convegno organizzato sul tema
“Pitture e vernici oltre la crisi”, molto apprezzato, che ha
registrato la presenza di oltre 90 partecipanti, di cui 50
referenti di imprese non associate ad Avisa.
Nell’ambito del convegno sono stati inoltre presentati i risultati dell’indagine associativa sullo stato di salute delle imprese di adesivi, inchiostri e vernici condotta nei primi giorni
di gennaio, risultati che hanno messo in luce, oltre alla debolezza della domanda, anche la gravità del problema dei
ritardati pagamenti.
L’industria delle pitture e vernici italiana ha manifestato, negli
ultimi anni, una grande necessità di formazione specifica per
i propri tecnici, anche tenuto conto che è scarsa l’offerta di
corsi post-diploma o universitari in grado di preparare un tecnico alla produzione delle pitture e vernici.
Per questo il Gruppo pitture e vernici collabora con la Stazione
Sperimentale Oli e Grassi e con l’Associazione Italiana dei
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tecnici di industrie di vernici ed affini nel programma di formazione permanente denominato forVER. Seguendo le indicazioni di interesse manifestate dalle stesse imprese produttive, sono stati organizzati con successo, i corsi:
“Il supporto murario: la formulazione, i prodotti” (marzo
2009), secondo modulo del corso edilizia;
“Normative, metodologie di caratterizzazione, sistemi
di pitturazione, sistemi speciali” (giugno 2009), terzo
modulo del corso edilizia;
“Colore e Colorimetria” (ottobre 2009);
“La caratterizzazione dei prodotti vernicianti: la normativa” (novembre 2009);
“La tecnologia di produzione: dalla formula al prodotto”
(marzo 2010), tenuto da un corpo docente proveniente
dalla scuola ITECH di Lione, il rinomato Istituto tessile e
chimico riconosciuto dalla Francia, che assegna la laurea in ingegneria (Master) e rappresenta una delle più
importanti scuole europee del settore.
GAS TECNICI SPECIALI E MEDICINALI
Le imprese che operano nel settore dei gas tecnici, speciali
e medicinali, quali: ossigeno, azoto, argon, elio e gas rari,
idrogeno, acetilene, anidride carbonica, anidride solforosa, idrofluorocarburi, aria, gas speciali e miscele di gas,
sono rappresentate in Italia da Assogastecnici.
L’Associazione è articolata in due gruppi merceologici:
Il Gruppo gas tecnici e speciali, che rappresenta il settore dei gas destinati ad usi industriali, tecnologici e di
ricerca;
Il Gruppo gas medicinali, che rappresenta il settore dei
gas per uso terapeutico e diagnostico.
Fanno parte di Assogastecnici 24 aziende che rappresentano circa il 95% del mercato nazionale. Il fatturato di settore ammonta a circa 1.3 miliardi di euro.
Le applicazioni dei gas tecnici sono estremamente diffuse,
estendendosi dalla grande industria alle attività artigianali,
ai laboratori di analisi e ricerca.
Il settore dei gas industriali ha chiuso il 2009 con una perdita dei volumi di produzione del 17% in base alle rilevazioni dell’Istat. Fra i principali settori di sbocco si distinguono, per una tenuta relativamente soddisfacente della
domanda di gas, l'industria alimentare, l'ambientale e, in
misura minore, il petrolchimico. Domanda industriale in
forte calo, invece, dai comparti siderurgico, metallurgico,
plastiche, mezzi di trasporto e macchinari, industria cartaria e industria chimica. Positivo, infine, l’andamento della domanda sul fronte medicale. Sia per l'area domiciliare che per quella ospedaliera, la fornitura del gas si accompagna a prestazioni accessorie – quali la fornitura di servizi, apparecchi e impianti – che trainano la crescita del
valore del comparto. Tra gli effetti preoccupanti della crisi, oltre al calo occupazionale e alla “mortalità” imprenditoriale diffusa (soprattutto nel nord-est), si lamenta una
perdita dei volumi prodotti che rischia di assumere carat74
tere strutturale perché difficilmente recuperabile nei prossimi anni. Preoccupa inoltre la brusca frenata degli investimenti, effetto del taglio del credito alle imprese. Per il
settore dei gas in generale si aggiunge poi il problema
dei costi energetici che hanno sperimentato una leggera
riduzione nel 2009, ma continuano ad assestarsi su livelli ben superiori a quelli degli altri paesi europei, situazione che penalizza il mercato italiano e che mina pericolosamente la redditività del settore.
Purtroppo le prospettive per il 2010 non indicano significativi recuperi dell’attività economica e produttiva. Per il
settore dei gas industriali si prevede una lieve ripresa, del
2-3% dei volumi, restando comunque su valori ben lontani dai livelli pre-crisi. Diverso il contesto per i gas medicinali, per i quali nel 2010 si ipotizza un’ulteriore crescita,
seppur di portata minore di quella del 2009. Per il comparto dei gas medicinali – ormai completamente integrato con le relative prestazioni accessorie – ci si attende
quindi un moderato incremento dei volumi accompagnato però da alcune incognite legate al nuovo inquadramento normativo, in quanto l’aumento dei costi di gestione, se non recuperato attraverso l’adeguamento del prezzo dei prodotti, potrebbe avere effetti negativi in termini
di redditività.
Anche sul fronte dei ritardi di pagamento della Pubblica
Amministrazione, l’Italia non ha “approfittato” della crisi,
come in altri paesi, per ridurre i tempi di attesa aumentando il cash flow disponibile per le imprese. Al contrario, le
ultime indicazioni segnalano un ulteriore peggioramento
della situazione, già mediamente sopra i 300 giorni.
A fianco della normale attività istituzionale e progettuale,
anche nel 2009 si sono organizzati importanti momenti in
termini di visibilità e rappresentanza di Assogastecnici.
TORNA ALL’INDICE
Nel corso dell’anno il progetto di sperimentazione sull’idrogeno – che ha visto il realizzarsi di una stretta e fattiva collaborazione del Comitato idrogeno Assogastecnici
con l’Università di Pisa e i Vigili del Fuoco – è arrivato al
suo momento conclusivo. Dopo un’intensa e delicata fase
sperimentale, si è proceduto con le necessarie elaborazioni di calcolo, simulazioni e confronti con il metano, con
l’obiettivo di poter intervenire con proposte condivise alla
definizione delle prossime norme sulle tubazioni.
Nel mese di maggio si è
svolto un primo incontro
di presentazione al pubblico dei risultati del
progetto; il convegno ha
visto la partecipazione di
rappresentanti
delle
aziende associate, Vigili
del Fuoco, esponenti
accademici, rappresentanti dell’ASL di Milano e
di Regione Lombardia.
Una platea variegata che
ha permesso di ottimizzare la qualità della
discussione sulle prossime
iniziative da intraprendere a livello istituzionale.
È previsto un secondo
momento di presentazione del progetto il 19
maggio 2010, a Roma,
con una platea rappresentata per la maggior
parte da Vigili del Fuoco.
Attraverso il portale dedicato all’idrogeno (http://
idrogeno.assogastecnici.federchimica.it ) utilizzato da
Assogastecnici per promuovere l’utilizzo dell’idrogeno
nei vari ambiti industriali ed energetici si potranno anche
divulgare i risultati della sperimentazione realizzata con
l’Università di Pisa.
Assogastecnici ha affiancato altre associazioni di
Federchimica nella promozione del contributo dell’industria
chimica al rispetto dell’ambiente presso la fiera Ecomondo
che si è svolta a Rimini nel mese di ottobre.
È stato realizzato materiale divulgativo di vario genere per
la comunicazione di messaggi inerenti l’utilizzo e le potenzialità dell’idrogeno come vettore energetico, dell’ossigeno come gas utilizzato per l’abbattimento delle emissioni
in aria e acqua, e dei gas rari.
>
L’assemblea annuale di Assogastecnici è stata, come ogni
anno, l’occasione per assegnare i Premi Assogastecnici
per la sicurezza sul lavoro, un riconoscimento ai risultati
conseguiti dalle aziende nel corso dell’anno precedente,
che certifica l’attenzione alla sicurezza dei lavoratori negli
stabilimenti, attestata dall’assenza di incidenti.
Assogastecnici è da tempo impegnata nel miglioramento
continuo delle prestazioni ambientali e di sicurezza delle
imprese di settore. L’Associazione si avvale del supporto
tecnico del Comitato sicurezza gas, composto da esperti delle aziende associate, che ha il compito di sviluppare linee guida, strumenti di prevenzione e formazione,
monitoraggio degli indicatori di prestazione. Grazie a
questa intensa attività, l’incidenza e la gravità degli infortuni sul lavoro si è drasticamente ridotta (-85%) negli ultimi vent’anni. L’indice di frequenza è infatti sceso in tale
periodo da 19 a 3.1 infortuni per milione di ore lavorate, mentre l’indice di gravità è passato da circa 300 a circa 51 giornate di lavoro perse per infortunio per migliaio di ore lavorate.
Sebbene questi dati siano fra i migliori di tutto il comparto chimico, l’obiettivo è quello di avvicinarsi il più possibile all’assenza totale di infortuni.
Gas tecnici e speciali
Il Gruppo gas tecnici e speciali si è dedicato in modo particolare all’approfondimento, interpretazione e formulazione di linee guida per l’adempimento agli obblighi di
legge da parte degli associati.
È stata istituita una Newsletter sulla normativa, documento con cui l’Associazione informa periodicamente sulle
novità legislative attinenti il settore nei vari ambiti di interesse. Per ogni nuova disposizione si fornisce una descrizione generale della norma e un commento specifico sulle dirette implicazioni a livello operativo a carico delle
imprese.
Con riferimento al comparto dei gas alimentari è stato poi
completato un lavoro di organica raccolta e organizzazione di tutte le norme italiane ed europee che disciplinano il settore. A compimento del lavoro di mappatura,
sono state pubblicate le “linee guida Assogastecnici sulla
normativa per i gas alimentari” ad uso di tutte le imprese
associate, un documento corredato dalle singole normative che è possibile visualizzare grazie a link interni al
documento stesso.
A fronte delle disposizioni del Regolamento sul REACH
e del Regolamento sulla classificazione, etichettatura e
imballaggio delle sostanze e delle miscele (il cosiddetto
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Regolamento CLP), che obbligano alla revisione delle etichette e delle schede di sicurezza a partire dal dicembre
2010, si è provveduto a rettificare le suddette etichette e
schede compatibilmente con le nuove norme, così da fornire alle imprese associate dei modelli standard cui fare
riferimento.
Nell’ambito delle iniziative a salvaguardia della sicurezza,
è stata istituito il “Safety Alert” Assogastecnici, una segnalazione alle imprese associate volta ad informare in modo
mirato e tempestivo su episodi incidentali legati a possibili
difetti di apparecchi o materiale specifico al settore.
Sempre in tema di sicurezza è stato realizzato un documento di autoregolamentazione per il riempimento bombole, una linea guida contenente alcune norme di buona
pratica da seguire nell’attività di riempimento di recipienti
per gas.
Tra le principali pubblicazioni Assogastecnici del 2009 si
ricordano:
le linee guida per la formazione e l’addestramento del
personale coinvolto nel trasporto di merci pericolose su
strada (ADR 2009);
le linee guida sui gas fluorurati, dedicate ai più recenti sviluppi della normativa europea e al chiarimento delle modalità di autorizzazione e di etichettatura appropriate.
Come ogni anno infine, sono state realizzate importanti traduzioni e adattamenti di documenti EIGA, quali quella sui
pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno, le
raccomandazioni per un riempimento sicuro di bombole e
pacchi bombola di CO2, il documento sui centri revisione
bombole e il “Training Package” che sintetizza le principali
novità dell’ADR 2009 per la Classe 2.
Gas medicinali
Il Gruppo gas medicinali prosegue una strategia di sensibilizzazione e di coinvolgimento di tutti gli operatori della sanità per promuovere il settore dal punto di vista del
valore in termini terapeutici, etici, industriali e sociali.
Infatti, a seguito dell’approvazione del Nuovo Codice
Farmaceutico (D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219) e del relativo decreto di modifica (D. Lgs. 29 dicembre 2007, n.
274, recante la proroga dell’entrata in vigore dell’AIC
(Autorizzazione all’Immissione in Commercio per i gas
medicinali), i gas medicinali hanno assunto a tutti gli effetti lo status di farmaci, con il conseguente innalzamento
dei requisiti minimi di qualità e sicurezza da soddisfare e
la necessità, al termine di un periodo transitorio, di ottenere l’AIC. Da qui emerge l’importanza del ruolo che riveste
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il Gruppo gas medicinali nell’informare gli operatori sanitari pubblici e privati sull’importanza della qualità e della
sicurezza di questi medicinali, affinché sia sempre tutelata in primis la salute dei cittadini.
Per adeguarsi al meglio alla fase di evoluzione dalla quale sta emergendo la normativa di riferimento, il Gruppo
gas medicinali ha mantenuto e intensificato i rapporti verso gli interlocutori istituzionali:
Ministero della Salute;
AIFA;
Istituto Superiore di Sanità;
Segreteria Generale della Farmacopea Ufficiale Italiana;
Commissione Unica sui Dispositivi Medici.
Il Comitato tecnico del Gruppo gas medicinali, attraverso
gruppi di lavoro costituiti ad hoc, ha dedicato particolare attenzione all’elaborazione e all’aggiornamento delle
linee guida di riferimento destinate alle aziende associate, proponendosi come punto di riferimento per gli operatori del settore.
Nel contesto del Gruppo gas medicinali le tematiche specifiche riguardanti l’ossigenoterapia domiciliare sono trattate dalla Commissione ossigenoterapia domiciliare. Ad
essa aderiscono le principali aziende operanti nello specifico settore, che rappresentano circa il 95% del mercato nazionale.
La Commissione ha il compito di: promuovere l’attività dell’ossigenoterapia domiciliare, elaborare linee guida di
comportamento per gli associati e per gli operatori del settore, sviluppare studi e ricerche specifiche.
Prosegue infine la campagna di sensibilizzazione sull’impiego corretto e sicuro dei gas medicinali e in particolare sulle modalità di manipolazione e dispensazione di tali
farmaci all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private, portata avanti in questi anni insieme alle Direzioni
della Federazione.
La campagna di comunicazione – che ha già visto l’organizzazione di vari congressi istituzionali di grande seguito – è stata pubblicizzata sul Sole24Ore Sanità a più riprese e ha portato, nel 2007, alla realizzazione di quattro
corsi regionali, accreditati ECM, destinati ai farmacisti
SIFO che utilizzano i gas medicinali a contatto con i pazienti nella vita di tutti i giorni; nel corso del 2010 si prevede
la realizzazione di altri corsi regionali di questo tipo, unitamente ad altri interventi di carattere istituzionale finalizzati anch’essi alla sensibilizzazione verso un impiego corretto e sicuro dei gas medicinali.
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DETERGENTI E SPECIALITÀ PER L'INDUSTRIA E PER LA CASA
Da quanto emerso nel corso del VII Osservatorio sul mercato dei detergenti e dei prodotti per la casa, il settore,
nel 2009, ha saputo fronteggiare la crisi, mantenendo
una sostanziale stabilità.
Il 2010 vedrà crescere l’impegno delle aziende sul fronte dell’innovazione nelle formulazioni e della sostenibilità, concetto divenuto ormai un importante valore nelle
scelte di acquisto dei consumatori.
I dati hanno inoltre confermato una significativa attenzione
alla leva del risparmio: crescono le politiche promozionali e l’assortimento dei prodotti in promozione e si registra un nuovo incremento della marca privata e del canale dei discount. Gli italiani, anche in una fase di crisi,
continuano tuttavia a premiare le aziende che propongono soluzioni innovative e attente a soddisfare le loro
esigenze; esse, infatti, in un’ottica di continua evoluzione, promuovono nuove modalità volte a rafforzare il legame con il consumatore, valorizzando, ad esempio, gli
aspetti sensoriali come il colore e i profumi.
Per quanto concerne le principali attività associative, anche
nel corso del 2009, sono stati organizzati due Osservatori
sul mercato dei detergenti, a cui hanno partecipato numerose imprese associate e non associate, operatori dei settori legati alla filiera e dei media.
Il “Market Monitor” che, come sempre, è stato organizzato con la collaborazione di The Nielsen Company Italy,
ha fornito un quadro dettagliato del mercato dei principali segmenti del settore con una particolare focalizzazione su alcune categorie che hanno visto nel 2009 incrementi o situazioni di particolare interesse.
Tra gli argomenti di approfondimento che hanno suscitato maggiore attenzione da parte delle imprese, si è provveduto ad analizzare i cambiamenti nei comportamenti
del consumatore a seguito del difficile contesto economico e il “Shopper Marketing”, tema legato sempre alle
relazioni con il cliente.
Il 2009 è stato per Assocasa un anno molto importante:
non solo perchè si sono celebrati i 25 anni di fondazione dell’Associazione, ma anche perché è stato avviato
un importante piano di comunicazione, di respiro triennale, con lo scopo di dare visibilità all’Associazione e
accreditarla verso tutti gli stakeholder di interesse. Sulla
base dei numerosi programmi e progetti attivati da Assocasa,
su indirizzo anche dell’Associazione Europea di settore
A.I.S.E, sono state organizzate numerose attività orientate
al concetto di sostenibilità, molto caro alle imprese. Tali
iniziative infatti sono volte alla riduzione dell’impatto
ambientale del settore e alla massimizzazione della tutela del consumatore.
Nel corso dell’assemblea annuale, particolarmente focalizzata su questo concetto, è stata presentata una ricerca
commissionata da Assocasa e condotta da un importante istituto su un campione di 1.200 responsabili degli
acquisti. L’indagine ha rivelato l’attenzione crescente dei
consumatori nei confronti della sostenibilità dei prodotti:
il 30% degli intervistati dichiara di dare moltissima importanza alla ecosostenibilità dei prodotti che acquista e il
60% sarebbe disposto a pagare fino al 10% in più per
prodotti certificati, ovvero realizzati garantendo il pieno
rispetto delle persone e dell’ambiente. La ricerca, in particolare, ha avuto l’obiettivo di porre una lente di ingrandimento sul percepito dei consumatori, delle imprese e
della grande distribuzione organizzata nei confronti dello sviluppo sostenibile.
La crisi del mercato sta accelerando il cambiamento e non
solo i consumatori, ma anche le imprese e la GDO vedono come opportunità da cogliere quelli che un tempo erano percepiti come problemi e come vincoli. La conseguenza
è che la sostenibilità assume oggi una valenza molto più
concreta e viene percepita come leva da utilizzare per
avviare una nuova fase di sviluppo dell’economia.
Durante l’assemblea di Assocasa sono stati presentati anche
due esempi illuminanti di come la sostenibilità possa diventare una vera e propria chiave di volta per lo sviluppo di
territori e aziende.
Sul fronte dei settori istituzionale e industriale, Assocasa
ha organizzato un evento presso la Fiera Pulire 2009,
nel corso del quale è stata presentata la seconda parte
dell’indagine sulla sostenibilità svolta, in questo caso, tra
i principali clienti del settore.
Il 67% degli intervistati ritiene che il rispetto ambientale
sia un criterio di grande importanza nella scelta dei prodotti per la pulizia e il 69% dichiara che sarebbe disposto a pagare mediamente anche il 18% in più per prodotti sostenibili, ovvero realizzati garantendo il pieno
rispetto delle persone e dell’ambiente.
La ricerca è stata illustrata durante la tavola rotonda “Il
Charter per una pulizia sostenibile: un modo nuovo della detergenza professionale e industriale a favore della
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sostenibilità per migliorare la relazione con il cliente”, con
lo scopo di fornire uno spaccato di come le imprese, le
istituzioni e gli enti pubblici si relazionano nei confronti
dello sviluppo sostenibile.
Essa ha evidenziato come la maggior parte delle imprese private, delle istituzioni e degli enti pubblici abbia già
oggi un alto livello di consapevolezza nei confronti della sostenibilità e sia convinta che questo tema continuerà ad essere di grande rilievo anche in futuro: una percentuale molto elevata degli intervistati, infatti, ritiene che
l’attenzione al tema della sostenibilità, da parte di tutti,
sia destinata ad aumentare.
Tali importanti riscontri evidenziati dall’indagine, sia per
la parte sui consumatori sia per quella sulle imprese, hanno permesso di avere un’ulteriore conferma della validità e dell’autorevolezza del “Charter A.I.S.E. per una Pulizia
Sostenibile” che è un programma volontario, implementato in Italia da Assocasa, che ha l’obiettivo di promuovere il continuo miglioramento nell’ambito della sostenibilità per i settori rappresentati dall’A.I.S.E., l’associazione internazionale dei produttori di saponi, detergenti
e prodotti per la manutenzione. Il miglioramento continuo
si applica a tutti gli stadi relativi al ciclo di vita del prodotto e si fonda sui tre “pilastri” della sostenibilità: sociale, ambientale ed economico. Il Charter si propone così
come terreno di alleanza e di comune impegno tra tutti
gli attori coinvolti, per rendere le iniziative di sviluppo
sostenibile molto più sinergiche e condivise.
Assocasa opera da sempre per seguire tutti gli aspetti correlati all’evoluzione normativa, fornendo ai propri associati una costante consulenza in tale ambito con uno sportello dedicato.
I temi specifici seguiti sono stati:
La Direttiva Biocidi. L’interesse a livello europeo per la
Direttiva Biocidi è ritornato ad essere molto elevato, sia
per le attività che hanno portato al posticipo di quattro
anni del periodo transitorio, sia per le attività per la revisione della legislazione in questo campo. Assocasa, per
quanto concerne l’ambito nazionale, lavora attivamente
con il Ministero della Salute, con il quale ha attivato uno
specifico tavolo di lavoro per la gestione del periodo transitorio che porterà quelli che oggi sono definiti PMC (Presidi
Medico Chirurgici) ad essere classificati come Biocidi.
Per quanto riguarda invece la revisione della normativa a
livello europeo, Assocasa opera attivamente collaborando con tutti i settori interessati all’argomento sia all’interno di Federchimica sia a livello internazionale coordinandosi con A.I.S.E.
REACH. Assocasa è stata molto impegnata, insieme ad
A.I.S.E., nell’ambito dell’applicazione della normativa
REACH, in particolare per chiarire l’applicabilità di alcune esenzioni derivanti dall’Allegato V.
CLP (Classificazione, etichettatura e imballaggio). L‘entrata in vigore del CLP ha portato alla necessità di riconsiderare la classificazione di alcune importanti materie prime con un importante impatto sul settore. Nel corso del
2009 è stato organizzato un Gruppo di lavoro dedicato,
che ha analizzato nello specifico il contenuto di tale norma allo scopo di evidenziare l’impatto che essa avrà con
la sua piena attuazione.
Per il 2010, Assocasa ha predisposto un piano di comunicazione ben articolato, che prevede attività finalizzate
al miglioramento della sua immagine, con una particolare attenzione alla visibilità verso l’esterno.
GLI SCENARI DELL’INDUSTRIA COSMETICA
La tenuta dei consumi in un momento di pesanti condizionamenti sulla propensione d’acquisto di ampie fasce
di consumatori conferma come il cosmetico è entrato da
tempo nel vissuto quotidiano e nelle abitudini degli italiani. Proseguono gli sforzi delle aziende per assecondare un mercato sempre più attento alla qualità e al servizio. I processi di polarizzazione dei consumi e di segmentazione dell’offerta caratterizzano le scelte dell’industria, sempre più vicina ai bisogni dei consumatori anche
in tema di sicurezza e affidabilità.
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Il fatturato dell’industria cosmetica italiana
È in calo (-2.5%) il valore della produzione nel 2009 con
un fatturato che scende a 8.137 milioni di euro.
Se il mercato interno, cresciuto dello 0.3%, non incide più
di tanto, è il significativo calo delle esportazioni a pesare sulle imprese nazionali. Le vendite all’estero sono infatti scese di 9.8% punti percentuali per un valore prossimo
ai 2.080 milioni di euro.
Tra i canali di sbocco sul mercato interno incide negativamente l’andamento dei canali professionali, diminuiti di 5
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punti percentuali con un valore di sell-in poco oltre i 745
milioni di euro: è la conferma del rallentamento delle frequentazioni dei saloni dei centri estetici che più di tutti hanno sofferto della crisi congiunturale innescata nell’autunno
2008. In crescita i fatturati delle imprese che hanno investito sui canali tradizionali, cresciuti dell’1.1% con un valore di oltre 5.300 milioni di euro.
La grande distribuzione organizzata, la profumeria ma
soprattutto l’erboristeria e la farmacia hanno saputo rispondere alle modificazioni di atteggiamento dei consumatori in un momento di forte rallentamento dei consumi.
Un rallentamento che sui mercati internazionali è stato ben
più evidente, in alcuni casi con pesanti trend negativi.
Questo spiega il crollo delle esportazioni italiane anche
se non ha portato ad una contrazione delle quote delle
nostre imprese.
Il mercato: i canali
Il valore del consumo di cosmetici in Italia nel 2009 è pari
a 9.100 milioni di euro, la crescita rispetto al precedente esercizio è dello 0.3%. Un risultato più che soddisfacente se si considerano gli effetti sulla propensione d’acquisto che hanno condizionato i consumatori nel periodo
successivo alla crisi mondiale dell’autunno 2008.
Nel canale farmacia i consumi di cosmetici proseguono
con trend costanti anche se in rallentamento rispetto
alle performance di qualche anno fa. Nel 2009 le vendite hanno toccato i 1.431 milioni di euro con un tasso
del 3.2%. I cosmetici venduti in farmacia rappresentano
il 15.7% del totale, una quota in costante crescita, a conferma della fiducia dei consumatori che riconoscono alla
farmacia livelli di specializzazione e cura del servizio superiori ad altre superfici di distribuzione.
Interessante è il fenomeno delle parafarmacie ancora difficile da quantificare, ma sicuramente fondamentale nell’affermazione del canale.
Per quanto concerne i fenomeni più caratterizzanti, si segnala un cambio del mix di prodotti che ha generato una crescita dei valori a fronte di volumi costanti.
Anche i cosmetici venduti nel canale erboristeria confermano un trend positivo, superiore alla media annuale. Con
un valore delle vendite di 330 milioni di euro e una crescita del 4.9% il canale erboristeria si rafforza ulteriormente sui livelli più alti dei listini, grazie a opzioni d’acquisto sempre più decise e orientate a concetti salutistici
e naturalistici.
Cede quote ai due precedenti canali la profumeria che conferma una stagione negativa con la contrazione di 3.5 punti percentuali e un valore del mercato di 2.244 milioni di
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euro che resta comunque la quota di consumo più alta (25%
del mercato) dopo quella del mass market.
Nuovi lanci, riduzione degli stock e controllo dei prezzi
sono i fenomeni che hanno caratterizzato il canale nel 2009
ma non sono stati sufficienti a stimolare la ripresa soprattutto a causa della crisi di molti punti vendita indipendenti.
In generale, nel canale, hanno tenuto le marche selettive
a scapito di quelle mass.
A sostenere in maniera evidente il consumo di cosmetici
in Italia è ancora una volta la grande distribuzione organizzata che nel 2009 ha registrato vendite per oltre 4.100
milioni di euro con la crescita del 2.6%.
Con una quota di consumo dei cosmetici del 45%, il mass
market, in un anno di pesante condizionamento congiunturale, ha beneficiato della dinamica dei punti vendita specializzati, una realtà recente molto moderna per la sua
capacità di proporre un servizio più specifico e completo.
All’interno della categoria si osserva un andamento più
cauto delle grandi superfici, cresciute dell’1% per un valore di 2.264 milioni di euro.
Anche le vendite porta a porta registrano una crescita
superiore alla media. Il valore delle vendite nel 2009 ha
superato i 391 milioni di euro consentendo un incremento di 4 punti percentuali. Le nuove modalità di offerta, unite ad una specializzazione di servizio alla clientela, spiegano il successo di un canale che ormai copre oltre il 4%
del totale consumi di cosmetici.
Simmetricamente si assiste alla pesante contrazione delle
vendite per corrispondenza, scese di dieci punti percentuali, con un valore del mercato di 50.4 milioni di euro.
È probabile che il canale sia stato penalizzato dallo spostamento verso gli acquisti via Internet, un fenomeno ancora marginale ma in evidente evoluzione.
Sicuramente nel 2009 hanno pesato più di altri le flessioni
dei consumi di cosmetici nei canali professionali il cui valore complessivo tocca i 890 milioni di euro.
Prosegue da un paio di esercizi la diminuzione del consumo negli istituti di bellezza, - 4.5% per un valore di 196
milioni di euro. Il fenomeno, al di là della diminuzione delle visite, è condizionato da una serie di ristrutturazioni distributive che evidentemente non si sono ancora stabilizzate.
Anche per i saloni di acconciatura, con un calo del 5.1%
e un valore di 693 milioni di euro, pesa non poco la contrazione delle frequentazioni medie che hanno evidentemente condizionato numero e valore degli scontrini.
Diminuisce il consumo dei cosmetici usati nei saloni e
diminuisce quindi anche la rivendita. Tuttavia il canale ha
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saputo fronteggiare il momento poco dinamico proponendo strategie di segmentazione sia nei servizi che nei
trattamenti. Elementi che consentiranno di sviluppare una
ripresa più repentina.
L’evoluzione dei canali di distribuzione, in un periodo di
rallentamento congiunturale, se da un lato ribadisce l’irrinunciabilità del consumo di cosmetici, dall’altro conferma
una serie di tendenze ormai consolidate.
La farmacia è sicuramente il canale che più di tutti ha saputo assecondare le nuove opzioni di acquisto dei consumatori passando dai 1.050 milioni di cosmetici venduti
nel 2004 agli attuali 1.431 milioni con una crescita media
del 4.1%.
Ma anche la grande distribuzione organizzata, che nell’ultimo quinquennio ha registrato una crescita media
dell’1.2%, ha saputo adeguarsi fronteggiando la polarizzazione dei consumi e la diversificazione delle tipologie
di consumatori.
Il mercato: i prodotti
L’andamento dei canali nel 2009 porta ad una lettura più
dettagliata dei consumi per prodotto, tradizionale approfondimento curato dal Centro Studi e Cultura d’Impresa di
Unipro che da quest’anno ha ulteriormente perfezionato
la rilevazione acquisendo i data base delle società di ricerca, incrociandoli con le statistiche interne.
I prodotti per il corpo sono la famiglia che tradizionalmente
sviluppa il valore di consumo più alto. Nel 2009 si sono
toccati i 1.267 milioni di euro per una crescita dell’1.8%.
Significativa performance dei deodoranti e antitraspiranti,
+4.1% con un valore delle vendite di quasi 400 milioni di
euro, e dei depilatori, +6.8% per oltre 73 milioni di euro.
Superiore alla media anche la crescita dei solari e pigmentanti, +3% con valori vicini ai 360 milioni di euro.
Cala di molto il segmento prodotti per la cellulite, - 9.1%
con poco più di 100 milioni di euro, e quello dei rassodanti, zone specifiche e antietà corpo, -3.8% per 55 milioni di euro.
È la conferma di fenomeni di revisione del mix offerto e
soprattutto della rivisitazione di alcune proposte per i prodotti più specifici.
I prodotti per il viso, con 1.170 milioni di euro e una lieve contrazione dello 0.3%, rappresentano la terza famiglia per peso specifico.
A parte le salviettine viso che con 41 milioni di euro crescono del 5.6%, e le creme antietà e antirughe che crescono di quasi un punto percentuale per un valore superiore ai 450 milioni di euro, si assiste ad un ridimensio80
namento degli altri segmenti, in particolare i contorno occhi
e zone specifiche che con 127 milioni di euro calano di
3.2 punti percentuali.
Passano al secondo posto tra le famiglie di prodotto vendute sul mercato cosmetico i prodotti per capelli e cuoio
capelluto con una crescita dello 0.6% e un valore di 1.181
milioni di euro. Sicuramente il fenomeno è legato alla contrazione delle vendite nei canali professionali.
Gli shampoo, con oltre 490 milioni di euro venduti e una
crescita dell’1.7%, pesano in misura evidente sulla categoria, così come i dopo shampoo, balsami e maschere
con 155 milioni di euro e un tasso di +1.8%. In calo fissatori e mousse strutturanti e gel, acque e gommine con
un volume di 124 milioni di euro e un tasso di -3.9%.
I prodotti igiene corpo seguono i trend generali con una
crescita dell’1.8% e un valore di mercato prossimo ai
1.070 milioni di euro.
Significativa la crescita dei saponi liquidi, +4.2% per oltre
153 milioni di euro e quelle dei prodotti igiene intima,
+4% prossimi ai 265 milioni di euro.
La particolare attenzione delle imprese all’evoluzione del
mercato, costantemente impegnate nella ricerca e nell’innovazione, ha sicuramente spinto la crescita di alcuni item
in un momento in cui l’ampliamento del mix e la segmentazione dell’offerta sono fenomeni molto caratterizzanti.
È il caso delle vendite di dentifrici, la più alta famiglia
in termini di valore, 497 milioni di euro, cresciuta dello
0.7% a conferma che anche un prodotto maturo, in momenti di crisi, riceve spinte sia di carattere promozionale che
formulativo.
Meritano una segnalazione quei prodotti che nel 2009
hanno evidenziato crescite superiori alla media: sono i
prodotti per le mani passati a 191.2 milioni di euro con
una crescita del 6.9% che nel canale farmacia è stata
addirittura del 10.4%; i delineatori e matite occhi, +4.9%
venduti per poco meno di 74 milioni di euro; i colluttori e
deodoranti alito con una crescita di 6.8% e un valore di
mercato prossimo a i 160 milioni di euro; infine si segnalano le confezioni regalo uomo cresciute di 7 punti percentuali con un valore di 47 milioni di euro.
Anche nel 2009 il consumatore medio non ha rinunciato
al cosmetico; casomai si assiste alla costante ricerca di
coniugazioni di prodotto sempre più specifiche e personalizzate all’interno dei vari canali, segno di una vitalità
che dovrebbe garantire risultati ancora più positivi una volta che si allenteranno le pressioni congiunturali sulla propensione agli acquisti.
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FARMACI DI AUTOMEDICAZIONE
Andamento economico del settore
I dati a consuntivo del 2009 relativi alle vendite dei farmaci senza obbligo di prescrizione mostrano una sostanziale stabilità delle dinamiche di mercato.
Mentre i ricavi permangono pressoché stabili (2.153 mila
euro) con una flessione dello 0.8% rispetto al 2008, i volumi venduti, pari a 331 milioni di confezioni, si contraggono dell’1.5%.
I dati registrati nel 2009 confermano un trend in linea con
l’andamento dell’ultimo triennio caratterizzato, da un lato,
da una lieve ma costante erosione dei volumi venduti e dall’altro da una variazione, seppur di misura, dei fatturati i
quali si muovono in un range molto ristretto. In Italia i farmaci senza obbligo di ricetta si suddividono, diversamente dal dettato europeo, in due differenti categorie: i cosiddetti farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP), per i
quali non è possibile fare pubblicità e quelli di automedicazione o comunemente detti farmaci da banco dall’inglese “over the counter” (OTC) per i quali è consentita la
pubblicità al pubblico. I primi, che rappresentano il 28.5%
del mercato a volumi (93 milioni di confezioni) e il 27.1%
a valori (528 milioni di euro), registrano anche per il 2009
un aumento del fatturato e dei volumi di vendita pari rispettivamente al 2.2% e al 5%. Per i secondi si assiste sui 12
mesi ad una leggera flessione dello 0.7% delle vendite a
valori pari a 1.570 mila euro mentre le vendite a volumi
si contraggono del 2.9% pari a 233 milioni di confezioni
vendute verso i 239 milioni dell’anno scorso.
In generale, si evidenzia e si conferma come l’andamento del mercato sia legato a fenomeni epidemiologici e stagionali con abitudini al consumo difficilmente inducibili da
fenomeni mediatici come quello di quest’anno relativo
all’influenza A-H1N1. Infatti, dai dati si osserva che le
vendite del 2009 hanno registrato aumenti, soprattutto nell’ultima parte dell’anno (+5% rispetto allo stesso periodo
del 2008), riconducibili più ad un inverno particolarmente
rigido e lungo che al fenomeno mediatico dell’influenza
A, conservando pertanto un andamento complessivo del
tutto ordinario.
Per comprendere meglio le dinamiche di questo comparto, che rappresenta il 18.2% del totale del mercato farmaceutico a volumi e l’11.3% a valori, è interessante guardare l’andamento dei prezzi medi al pubblico per canale distributivo.
Il processo di liberalizzazione del sistema di determinazione dei prezzi, che a partire dal gennaio 2007
(L. 296/2006, Legge Finanziaria 2007) permette al
responsabile del punto vendita di determinare il prezzo
finale dei farmaci senza obbligo di ricetta, ha innescato
dinamiche competitive con una conseguente calmierazione
dei prezzi di queste specialità medicinali a favore del cittadino. Si ricorda inoltre che il 24 settembre 2008 è stato sottoscritto, da parte di istituzioni e categorie (tra cui
Anifa), un protocollo d’intesa sulla trasparenza dei prezzi
dei farmaci senza obbligo di ricetta nei diversi punti vendita, che rappresenta un passo importante per la costruzione di un servizio di informazione per il cittadino.
Anche nel 2009, infatti, gli aumenti dei prezzi registrati
sono sostanzialmente in linea con le dinamiche registrate
dall’Istat con un valore medio di vendita in farmacia pari
a 6.7 euro, in parafarmacia di 6.2 euro e presso la GDO
di 5.0 euro. La farmacia, anche se risulta il canale distributivo con un prezzo medio al consumatore maggiore
rispetto agli altri, ha registrato aumenti di prezzo contenuti rispetto gli altri canali, nonostante i maggiori costi di
distribuzione. Inoltre, bisogna tenere presente il maggiore assortimento medio delle farmacie, nelle quali il numero medio delle referenze si attesta intorno alle 1.277 contro le 1.047 delle parafarmacie e le 686 della GDO che
infatti presenta una maggiore concentrazione sia in termini di mercato che di confezioni.
I dati di vendita per canale evidenziano come la farmacia,
con il 92% del totale delle vendite a volumi e il 93% a valori, continui ad essere il canale di acquisto dei farmaci di
automedicazione preferito dagli italiani. Sebbene sussista,
con minore evidenza rispetto agli anni scorsi, un leggero
avanzamento della GDO con il 3.5% dei volumi e delle
parafarmacie con il 4.1% (rispettivamente al 3.1% e al 3.7%
nel 2008), di fatto, il maggiore numero e la diversificazione dei punti vendita e una più forte concorrenza sui prezzi
non sembrano influire sulle abitudini di acquisto dei cittadini né tanto meno incidere, dato l’andamento stabile del
comparto, sul processo di acquisto di un farmaco.
Piuttosto, in un mercato che vede nel cittadino il proprio
interlocutore di elezione, sembra essere necessario rafforzare il percorso virtuoso all’insegna della cooperazione fra istituzioni e categorie. La strategia di sviluppo intrapresa è caratterizzata dal passaggio da una logica di prodotto ad una logica di servizio e responsabilità verso i cittadini e, da parte loro, nell’uso corretto e consapevole dei
farmaci di automedicazione.
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Attività di Anifa
In tal senso possono essere lette alcune delle attività intraprese da Anifa nel corso del 2009 tese da una lato alla
responsabilizzazione dei consumatori e dall’altro, all’attivo
coinvolgimento di tutti gli attori del Sistema Sanitario (istituzioni, aziende, medici, farmacisti, etc.) sui temi e sulle priorità del settore.
Rilevante in questo quadro la campagna di comunicazione televisiva e a mezzo stampa (ottobre 2009 - gennaio
2010) che Anifa ha realizzato in collaborazione con il
Ministero della Salute. L’obiettivo della campagna era quello di informare ed educare il cittadino sulle caratteristiche
distintive dei farmaci di automedicazione al fine di favorirne il riconoscimento e un uso corretto e consapevole.
Elemento vincente nel veicolare con efficacia, in modo semplice ed immediato, i messaggi della campagna è stato
l’utilizzo del bollino che deve obbligatoriamente essere presente (legge 245 del 2001) sulla confezione dei farmaci
di automedicazione e che, anche grazie alla campagna
stessa, è diventato un chiaro simbolo di identificazione del
comparto e di riconoscibilità dei farmaci di automedicazione come farmaci, efficaci, sicuri e approvati dal Ministero.
GFK Eurisko ha condotto, per conto di Anifa, una ricerca
al fine di valutare i risultati della campagna e l’impatto che
questa ha avuto sulla percezione e la conoscenza dei farmaci di automedicazione. I risultati della ricerca indicano
che il 55% del campione analizzato ricorda spontaneamente (31%) o dietro sollecito (24%) il bollino e il suo significato. Il dato sottolinea inoltre il successo di un’iniziativa
nata dalla condivisione di intenti tra l’Associazione e il
Ministero in una logica di sistema che offre un servizio al
cittadino e crea vantaggi per tutti gli attori coinvolti.
Al fine di rafforzare gli obiettivi di informazione e di educazione all’automedicazione Anifa ha creato all’interno del
proprio sito istituzionale un portale dedicato ai cittadini
dove, in maniera semplice ed interattiva, è possibile comprendere cosa sono i farmaci di automedicazione e come
e quando è possibile utilizzarli. È inoltre possibile trovare
utili consigli e strumenti di informazione facilmente scaricabili realizzati in collaborazione con l’Unione Nazionale
Consumatori (opuscolo sulle regole dell’automedicazione
e sull’automedicazione quando si va in vacanza) e con
Federfarma (opuscolo multilingue sull’automedicazione).
In un’ottica di valorizzazione condivisa dell’automedicazione, Anifa ha realizzato in collaborazione con FOFI
(Federazione Ordini Farmacisti Italiani) una sessione di
educazione via web sui temi della sicurezza dell’automedicazione all’interno del programma FarmaFAD 2009
che ha coinvolto 19.945 farmacisti di cui il 49.5% ha
seguito il corso sui farmaci di automedicazione.
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Anifa è consapevole che lo sviluppo del comparto e l’impiego responsabile, da parte del cittadino, del farmaco
di automedicazione debba passare attraverso il coinvolgimento del medico di medicina generale. Da anni, infatti, Anifa partecipa attivamente al Congresso Nazionale
della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina
Generale). Fondamentale è il loro ruolo per concretizzare le potenzialità dei farmaci OTC da considerarsi effettivamente una risorsa verso la quale educare il paziente in
caso di lievi disturbi. Ciò al fine di contribuire ad azioni
di educazione sanitaria con effetti anche su una diversa
allocazione delle risorse pubbliche e alla valorizzazione
del ruolo della medicina di base, permettendo ai medici
di migliorare la qualità della pratica clinica quotidiana nel
dedicare maggiore tempo alla cura dei pazienti con patologie importanti.
Appare evidente che il futuro dell’automedicazione sembra passare anche attraverso cambiamenti culturali e comportamentali di tutti gli attori coinvolti al fine di permettere una migliore allocazione delle risorse disponibili specie in un contesto, come quello del Sistema Sanitario
Nazionale, caratterizzato da una parte da una maggiore autonomia e consapevolezza dei cittadini nelle scelte
di salute, dall’altra da una costante attenzione alla spesa
sanitaria pubblica. Ciò è stato discusso lo scorso 10 novembre attraverso il tradizionale appuntamento di confronto
istituzionale dell’Osservatorio Anifa, in occasione del quale sono stati presentati i risultati di uno studio realizzato
dal Cergas Bocconi in collaborazione con SIMG (Società
Italiana di Medicina Generale). Dallo studio è emerso che
la cura di alcune patologie minori attraverso l’automedicazione potrebbe generare un risparmio stimato, a seconda degli scenari, dai 40 ai 110 milioni di euro ottimizzando la spesa farmaceutica pubblica, senza intaccare
né i livelli di assistenza garantita a tutti i cittadini, né l’appropriatezza della scelta terapeutica.
In sintesi, i tempi sembrano effettivamente maturi a che il
comparto dell’OTC, che ha ormai una sua chiara identificazione e caratterizzazione (rinforzata nell’immagine del
bollino), trovi quello sviluppo che fino ad ora è mancato.
Gli elementi di novità introdotti negli ultimi anni nel campo dei prezzi e della distribuzione non sono sufficienti a
sostenere un cambiamento che invece deve necessariamente passare attraverso un ampliamento dell’offerta terapeutica e quindi dell’aumento dei principi attivi disponibili. Sarebbe opportuno intervenire favorendo il passaggio dei farmaci dallo status di obbligo di prescrizione a
quello di automedicazione, il cosiddetto switch, per migliorare la qualità dell’offerta terapeutica a disposizione dei
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cittadini e favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo delle aziende a sostegno della crescita del settore.
L’introduzione di modifiche anche sul piano normativo oltre
che su quello culturale richiede la comunione di intenti e
la collaborazione dei soggetti coinvolti all’interno di un
>
quadro di regole chiare comuni e condivise. Continuo e
costante deve inoltre rimanere l’investimento verso strumenti
di comunicazione e di collaborazione moderni, efficaci e
capaci di cogliere le istanze e le esigenze degli interlocutori del settore.
PRODOTTI PER LA SALUTE ANIMALE
La crescente consapevolezza del benessere animale, strettamente correlato al tema della sicurezza alimentare e la
migliore attenzione dei proprietari dei nostri amici a quattro zampe, ha determinato negli ultimi anni un’attenzione
sempre maggiore all’evoluzione del farmaco veterinario,
sia dal punto di vista normativo che in termini di qualità,
efficacia e sicurezza; il mercato del farmaco veterinario
tuttavia non è immune dalla naturale flessione dei consumi dovuta alla crisi.
Nel 2009, il mercato italiano della salute animale ha totalizzato 520 milioni di euro registrando una leggera flessione rispetto al 2008 imputabile a diversi fattori tra cui,
soprattutto, il contesto macroenomico che continua ad essere precario: terminata la caduta, i livelli di attività internazionale sono in ripresa ma con un ritmo assai lento e i
consumi si mantengono ancora cauti. Un’analisi più dettagliata dei tre singoli segmenti di cui si compone il comparto (farmaci per animali da compagnia, da reddito e
premiscele medicate) mostra tuttavia un dato incoraggiante:
il mercato dei farmaci per gli animali da compagnia ha
registrato un incremento rispetto allo scorso anno, nonostante la complessità della catena distributiva.
Animali da compagnia
La crescita complessiva di questo mercato a fine 2009 è
di + 6.6% rispetto al 2008, progressione che non è stata
costante nel corso dell’anno ma che ha registrato un recupero soprattutto negli ultimi mesi, anche se si mantiene
ancora distante dai livelli raggiunti da paesi come Francia,
Germania e Inghilterra.
Questo incremento è dovuto soprattutto alle vendite degli
antiparassitari che hanno beneficiato non solo di una lunga stagione climatica, ma anche di una accresciuta sensibilità dei proprietari verso la cura dei propri animali
anche nei confronti di patologie croniche, che comportano un maggiore interesse e medicalizzazione.
Altro settore in costante crescita è quello dei nutraceutici:
prodotti naturali, somministrabili solo per via orale. I fattori principali sono due: la sempre maggiore attenzione
al benessere dei nostri piccoli amici aumenta l’interesse
verso tutti quei prodotti che possono aiutare gli animali a
vivere meglio e più a lungo, unitamente all’impegno delle aziende farmaceutiche nella ricerca, nello sviluppo e in
una campagna di comunicazione mirata che evidenzia
gli effetti benefici di questi specifici prodotti.
Gli ottimi risultati ottenuti dagli antiparassitari e dai nutraceutici non vengono purtroppo eguagliati dalle vendite
del medicinale veterinario che rimane più debole soprattutto a causa dalla riduzione delle terapie ritenute non strettamente necessarie.
Non si prevede per il 2010 una sostanziale inversione di
tendenza. Ci si aspetta dunque che anche quest’anno siano gli antiparassitari esterni a guidare la classifica, ovviamente condizioni climatiche permettendo.
Animali da reddito e premiscele medicate
Il segmento di mercato relativo ai farmaci per animali da
reddito risulta essere quello più penalizzato del 2009,
con un calo del 6.7% rispetto al 2008.
Le cause sono di diversa natura, impatto e portata nei vari
segmenti produttivi a seconda delle particolarità relative
ad ognuno.
Nel mercato del bovino da latte, il prezzo del latte che
da diversi mesi a questa parte continua purtroppo ad essere inferiore al relativo costo di produzione, ha spinto gli
allevatori che hanno superato l’anno senza essere obbligati a cessare l’attività, a rivedere l’organizzazione degli
allevamenti intensivi (aumentando il numero di animali per
unità produttiva) oltre che le principali tecniche di management profilattico e terapeutico. Il risultato conseguente
è stato un calo della produzione e una crescita della richiesta del mercato di prodotti generici a basso costo.
Flessione anche per il mercato del bovino da carne: la
tendenza è stata quella d’importare meno animali di giovane età decrementando così le pratiche di profilassi vaccinale e registrando una minore morbilità giovanile. Inoltre,
a causa della crisi, i consumatori sono portati a scegliere
tagli di carne più economici, alternativi a quella bovina.
Ma il comparto che ha sofferto più di tutti, in particolare
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nella prima parte del 2009, è quello dei suini che ha dovuto affrontare una crisi finanziaria tra le più gravi degli ultimi anni. La causa più rilevante è stato un importante calo
dei consumi che ha indotto gli allevatori ad utilizzare specialità medicinali, mangime e acqua di bevanda low cost.
Nonostante il battage mediatico su quella che è stata definita impropriamente “influenza suina” il mercato della carne suina non ne ha risentito. I consumatori, infatti, hanno
reagito con più maturità rispetto al passato, in quanto non
si sono basati esclusivamente su fattori emotivi, ma hanno
valutato il tema con maggiore razionalità.
L’industria della salute animale ha risposto inoltre con puntualità e competenza alle esigenze di prevenzione e cura,
anche relativamente a patologie emergenti sia di origine
virale sia batterica. Nell’ambito di questo scenario, una
nota decisamente positiva: il mercato dei prodotti destinati all’allevamento avicolo ha registrato nell’arco di tutto
il 2009 una sostanziale tenuta, in particolare per quanto
riguarda la profilassi anticoccidica.
In controtendenza anche il settore delle premiscele medicate che cresce del 3.2% rispetto al 2009 e il cui mercato complessivo si attesta sui 66 milioni di euro.
La somministrazione di medicinali attraverso le premiscele medicate, detta medicazione orale, è il metodo ideale
nel caso degli allevamenti dove lo spazio ridotto e l’elevata densità di popolazione animale favoriscono il veloce diffondersi di malattie infettive.
Se è vero infatti che il principio di base rimane quello originario e cioè “ottenere la massima quantità di prodotto
al minimo costo e nel minimo spazio possibile (per semplificare le operazioni di alimentazione e cura)” è anche
vero che oggi intervengono fortemente altri fattori, quali
condizioni igieniche adeguate, biosicurezza, monitoraggio dello stato di salute, programma sanitario ben impostato, impatto ambientale, tutti finalizzati alla tutela della
salute e del benessere degli animali, nonché alla garanzia degli alimenti di qualità pienamente rispondenti alle
attese dei consumatori.
BIOTECNOLOGIE
Quest’anno Assobiotec, per il suo report sulle biotecnologie ha lavorato in partnership con Ernst & Young, che ormai
da molti anni produce in diversi paesi, e a livello globale, rapporti sul settore biotech considerati lo standard internazionale di riferimento.
Per questo motivo il Rapporto sulle Biotecnologie in Italia
è stato realizzato con gli stessi parametri adottati a livello internazionale, consentendo di fare dei paragoni omogenei con lo scenario degli altri paesi, e quindi di confrontare il comparto biotech italiano con quello delle realtà più avanzate.
Il comparto, giovane e dinamico, è costituito da numerose
realtà, tra cui: imprese dedicate (Pure Biotech), filiali di multinazionali estere, imprese farmaceutiche italiane, oltre che
parchi scientifici ed incubatori.
infatti nate per lo più tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del
2000, originate nel 53% dei casi con meccanismi di start
up e nel 24% come spin off accademici. Le imprese pure
biotech risultano prevalentemente micro (41%) o di piccole dimensioni (27%).
Maggiore concentrazione geografica in alcune regioni
Da un punto di vista geografico, le imprese del settore si
concentrano in alcune regioni: Lombardia (36% del totale
delle imprese), Piemonte (12%), Toscana (9%), Veneto (8%),
Sardegna (7%) e Lazio (6%). Questa distribuzione è correlata alla presenza territoriale di numerosi attori qualificati
quali: imprese farmaceutiche italiane e filiali di multinazionali straniere, partner scientifici (centri di ricerca e clinici),
finanziari e professionali (studi legali, brevettuali, di trasferimento tecnologico e società di consulenza), oltre che parchi scientifici, dove è localizzato il 24% delle imprese.
Il biotech italiano è giovane ma in forte crescita
Nonostante la difficile congiuntura internazionale, l’industria biotecnologica italiana è in continua crescita: a fine
2009 si contano 319 imprese impegnate nella ricerca e
sviluppo in ambito biotech, di cui 187 cosiddette pure biotech, in accordo con la definizione adottata da Ernst &
Young, che permette di ottenere risultati omogenei e confrontabili con i dati degli altri paesi.
Il biotech italiano è giovane e in evoluzione: le imprese sono
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Il red biotech traina l’intero comparto
Il biotech italiano è impegnato soprattutto nell’ambito della
salute umana (Red Biotech): 197 aziende, pari al 61% delle imprese, è infatti attivo in questo settore. Questo dato è
sostanzialmente allineato alla percentuale media europea,
mentre i settori di applicazione white (biotecnologie industriali, 7%) e green (biotecnologie agro-alimentari, 13%),
rivelano un peso percentuale superiore alla media europea.
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Nell’ambito delle red biotech, oltre il 50% delle imprese
sono pure biotech, mentre le altre sono filiali italiane di
multinazionali, aziende farmaceutiche italiane attive anche
nel biotech, ed altre aziende che rientrano comunque nella definizione OCSE di impresa biotecnologica (tra cui,
ad esempio, società di servizi, società consortili miste
oppure imprese non riconducibili alle precedenti categorie). È comunque da sottolineare che le imprese farmaceutiche, nel complesso, coprono circa il 70% degli investimenti in R&S del settore red biotech.
Il fatturato è stabile
In Italia, il giro d’affari dei prodotti biotecnologici nel 2008
ammonta a 6.8 miliardi di euro. Le pure biotech contribuiscono nella misura dell’11%, con un fatturato di 731 milioni di euro. Considerando invece il giro d’affari complessivo delle imprese operanti nel settore, quindi generato anche
da prodotti non biotech, il fatturato complessivo sale a 17.8
miliardi di euro nel 2008, in leggera crescita rispetto ai
valori del 2007 (+3%). Le pure biotech mostrano una crescita superiore alla media (+4.6%).
>
La ricerca italiana
La ricerca italiana si rivela particolarmente produttiva dal
punto di vista scientifico anche nell’ambito delle Scienze
della Vita. Nello specifico, gli ambiti attinenti ai temi delle biotecnologie sono stati tra le principali aree oggetto
di pubblicazioni da parte della ricerca italiana. Purtroppo,
non sempre gli ottimi risultati della ricerca, soprattutto in
ambito accademico, vengono valorizzati adeguatamente
dal punto di vista brevettuale e di sfruttamento industriale.
Al trend positivo contribuiscono certamente i finanziamenti
a supporto della ricerca biotecnologica: in questo ambito si registra una crescente attenzione rivolta al settore da
parte dei Ministeri italiani, ma soprattutto delle Regioni, a
seguito del processo di decentramento amministrativo e
strategico. Nel complesso, l’erogazione di fondi pubblici
per la ricerca biotech spinge ad un aumento della collaborazione e dell’integrazione pubblico-privato: ciò potrebbe avere importanti ricadute prospettiche, in termini di
creazione di imprese e disponibilità di prodotti e tecnologie innovative, mentre i finanziamenti dedicati a specifici progetti del settore industriale non sembrano adeguati a sostenerne la competitività.
Le pure biotech sono focalizzate sulla ricerca
Gli addetti del settore sono oltre 50.000, e di questi solo
il 9% è impegnato in imprese pure biotech. Tra gli addetti direttamente impegnati nella ricerca e sviluppo, oltre il
35% appartiene alle pure biotech: in altri termini quasi un
addetto su due delle aziende pure biotech è dedicato alla
ricerca.
L’investimento annuo medio in ricerca delle pure biotech
è di circa 2 milioni per azienda, di cui il 34% commissionata. Confrontando i dati relativi agli investimenti in
R&S con quelli di fatturato, si rilevano investimenti pari al
6% del fatturato complessivo del comparto, con punte del
28% per le pure biotech.
La pipeline di prodotti terapeutici è promettente
L’analisi dei prodotti in sviluppo da parte delle imprese biotecnologiche che risiedono sul territorio nazionale (red biotech), rivela ben 233 progetti e prodotti in sviluppo, di cui
89 in fase preclinica e 144 in clinica. Considerando anche
la presenza di ulteriori 69 progetti in fase early-stage (o
“discovery”), il totale sale a 302 progetti e prodotti.
In questo ambito è decisivo il ruolo delle realtà pure biotech, che contano ben 123 prodotti in sviluppo, di cui 66
in preclinica e 57 in clinica, a cui si aggiungono 62 progetti early-stage. 10 prodotti sviluppati dalle pure biotech
hanno recentemente raggiunto la Fase III. La robusta e matura pipeline in late-stage lascia pronosticare che molti altri
prodotti possano arrivare presto al medesimo traguardo.
“Science manager” e centri di trasferimento tecnologico
sono due concrete opportunità
Guardando le esperienze di successo di altri paesi emergono due aree di possibile miglioramento, anche in ottica
di innovazione: formare e sviluppare i “manager della scienza”, ovvero persone che siano capaci di trasformare un’idea
in un prodotto, e capaci di convincere investitori privati e
pubblici ad investire nelle loro idee; ed attivare e potenziare i centri per il trasferimento tecnologico, che rappresentano l’asse portante dell’interazione tra università e industria e la base per la creazione d’impresa. Nonostante i
punti di debolezza, l’Italia è riuscita ad emergere nel panorama internazionale e porta avanti numerosi progetti di ricerca di elevata qualità.
Le aziende farmaceutiche italiane sono partite in
ritardo ma stanno recuperando
Le maggiori possibilità di crescita del biotech ricadono
attualmente nel campo della salute umana. Le aziende italiane hanno un potenziale ancora inespresso in termini di
crescita del fatturato, a testimonianza della precoce fase
evolutiva in cui si trovano. Il valore delle partnership tra
imprese biotech e farmaceutiche, combinato all’eccellenza della ricerca italiana e alle costanti necessità finanziarie intrinseche del settore, rendono particolarmente appetibile l’investimento sul territorio nazionale, che oggi è
ancor più dinamico e in evoluzione.
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La crescente integrazione tra le diverse discipline scientifiche ha reso possibile un maggiore impegno delle imprese biotech in settori di applicazione diversi tra loro quali
red biotech, green biotech e nanobiotecnologie, queste
ultime in grande sviluppo. Infatti, oggi in Italia si rilevano
54 imprese che lavorano nel settore nanobiotecnologico,
di cui 17 in modo dedicato.
Crisi economica e difficoltà strutturali non scoraggiano
il biotech italiano
In Italia, così come in Europa, gli investimenti nel biotech
sono diminuiti a causa della crisi economica globale.
Parallelamente si è registrata la riduzione dei finanziamenti, con un processo a cascata che ha portato a IPO
quasi inesistenti, a Venture Capitalist che hanno preferito
concentrarsi sul portafoglio di investimenti già in essere e
a hedge fund che hanno ridotto gli investimenti di capitale nel business biotech.
Le imprese italiane, pur avendo ottenuto minori finanziamenti rispetto agli altri paesi europei, restano in linea con
il decremento medio delle disponibilità finanziarie Ue. A
livello di trend, le imprese biotech italiane si mostrano sempre più orientate alla ricerca di finanziamenti attraverso il
ricorso a Venture Capitalist specializzati e grants, e meno
propense al debito, come in passato.
Le imprese pure biotech, nonostante le difficoltà nel reperire fondi, acuite dalla crisi economica, e la fragilità economica tipica del modello di business (basti pensare che, nel
50% dei casi, l’orizzonte di cassa è inferiore all’anno), esprimono comunque ottimismo, prevedendo una chiusura del
bilancio 2009 in attivo in più del 50% dei casi.
La principale sfida per il futuro: i finanziamenti e
le misure a supporto del settore
L’industria biotecnologica italiana è cresciuta rapidamente negli ultimi dieci anni e rappresenta oggi una realtà in
espansione. Infatti, il Paese, pur partito in ritardo nella
competizione biotecnologica, è riuscito a recuperare terreno, diventando un player abbastanza importante a livello internazionale, ma per consolidare questa posizione e
puntare a risultati di assoluto rilievo, occorre migliorare il
sistema dei finanziamenti alla ricerca e sviluppare adeguate misure di supporto.
Nel complesso, in Italia il finanziamento della ricerca pubblica e privata è poco efficiente, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo, con una gestione amministrativa lenta e non in linea con i tempi e le necessità
competitive dei progetti. In prevalenza i fondi vengono allocati secondo procedure estremamente complesse e lente,
spesso non correlate al contenuto scientifico dei progetti,
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inadeguate al raggiungimento degli obiettivi, e soprattutto
mancanti di criteri di valutazione ex-ante ed ex-post attendibili ed in linea con i rigorosi standard internazionali.
Per compiere ulteriori passi in avanti, il biotech italiano dovrà
cercare di rafforzare la capacità delle tante piccole imprese di proseguire la crescita e il consolidamento, e di portare sul mercato i tanti prodotti e tecnologie oggi in sviluppo. Ciò richiederà la disponibilità di importanti risorse finanziarie, che dovranno necessariamente arrivare da istituzioni (Regioni e Ministeri), ma anche dai diversi attori del mondo economico e finanziario. Purtroppo in Italia i Venture
Capitalist specializzati nel settore biotech sono di fatto inesistenti, ed il resto del mondo finanziario non apprezza il
livello di rischio che è tipico del settore biotech, faticando
spesso a comprenderne le logiche ed i meccanismi.
Infine, la normativa fiscale a sostegno della ricerca non è
adeguata rispetto a quelle dei principali paesi europei, e
il mantenimento e maggior peso degli sgravi fiscali, come
il credito d’imposta per le imprese che fanno ricerca, su un
periodo temporale adeguato ed in linea con le esigenze
industriali, è un passaggio fondamentale per consentire al
Paese di recuperare competitività industriale.
La sfida a livello di sistema paese appare quella di essere sempre più in grado di intercettare flussi crescenti di
investimenti e, al contempo, di evitare fenomeni di deflusso. In altri termini, occorre creare le condizioni affinché,
da un lato, sempre più imprese scelgano l’Italia come location per le proprie attività e i propri investimenti e, dall’altro, perché le imprese già insediate non modifichino le
scelte di localizzazione compiute. Ciò interessa sia le
imprese domestiche sia quelle a capitale estero.
È inoltre indispensabile supportare chi ha un’idea vincente
a trasformarla in realtà d’impresa. In questo senso Assobiotec
ha varato “Sportello Biotech”, un’area del proprio sito che
fornisce consulenza gratuita alla creazione di start up e spin
off nel settore biotecnologico.
Con un obiettivo analogo l’Associazione ha promosso inoltre il BioInItaly Investment Forum (aprile 2010), dove 21
progetti selezionati, di cui 11 early-stage, si sono presentati ad un’ampia platea di investitori finanziari internazionali. La manifestazione quest’anno si è avvalsa inoltre della partnership con Intesa Sanpaolo, il maggiore gruppo
bancario italiano, che ha unito a BioInItaly il proprio evento “Intesa Sanpaolo Start Up Initiative”, il percorso dedicato
alle start up e agli investitori pronti a sostenerle.
Occorre adesso puntare ancora di più sulla capacità del
Paese di diventare attrattivo: per chi ha un’idea vincente
e per chi vuole investire.
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GAS DI PETROLIO LIQUEFATTI
Il mercato del GPL nel 2009
Per quanto concerne il fabbisogno di GPL, va evidenziato
che nell’ anno 2009 il Ministero per lo Sviluppo Economico
riporta i seguenti dati non ancora definitivi:
GPL uso combustione: tonn. 3.224.000
(-3% rispetto a gennaio-dicembre 2008);
GPL uso autotrazione: tonn. 1.099.000
(+9,5% rispetto a gennaio-dicembre 2008);
GPL totale: tonn. 2.125.000
(+0,9% rispetto a gennaio-dicembre 2008).
Per quanto riguarda le vendite di GPL uso autotrazione, si
sta confermando nel tempo un trend di crescita di circa il
10%, dovuto ad un significativo incremento del parco circolante che è tornato ai livelli di qualche anno fa, circa
1.270.000 unità.
Ciò è la conseguenza della forte immissione sul mercato di
nuove autovetture e di nuove conversioni a gas: le imma-
tricolazioni a fine 2009 sono state circa 350.000 e le conversioni poco più di 150.000.
Si è quindi registrato un aumento del 480% nelle vendite
di auto nuove a GPL e una diminuzione del 30% nell’installazione in post-vendita dei sistemi di alimentazione a
GPL, rispetto ai dati già positivi registrati nel 2008.
Le vendite di veicoli nuovi a GPL hanno, pertanto, raggiunto
livelli senza precedenti, passando da uno scarso 4% registrato a fine 2008 al 16% sul totale.
Si è, inoltre, verificata per la prima volta nella storia del GPL
auto, un’inversione di tendenza tra il mercato del nuovo e
del convertito, che ha portato il primo ad inglobare il secondo laddove i due mercati entrano in competizione e che
complessivamente ha portato alla conquista di quote importanti del settore riservate finora ai veicoli tradizionali.
Per quanto concerne l’andamento delle quotazioni internazionali, nei grafici sotto riportati è indicato il trend delle stesse per i due prodotti di riferimento (propano e butano).
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GPL uso combustione
Anche il 2009 ha visto le aziende e tutto il settore del GPL
impegnate nell’attuazione delle fondamentali norme di riordino del comparto, contenute nel D. Lgs. 128/06.
Nel corso del 2009 è continuata l’azione volta a rendere
operativo il nuovo sistema di monitoraggio delle attività attraverso l’implementazione di un apposito sistema informatico
presso il Ministero per lo Sviluppo Economico ed in grado
di svolgere una funzione sia statistica sia di controllo del rispetto delle disposizioni riportate nel suddetto provvedimento.
Il nuovo sistema di monitoraggio consente a tutte le amministrazioni competenti di effettuare i controlli sulle attività inerenti lo stoccaggio e la distribuzione del settore. Il sistema ha
poi fornito, per l’anno 2008, i dati aggregati, diffusi dal
Ministero per lo Sviluppo Economico, dati di notevole importanza ai fini statistici, disponibili sul sito del Ministero.
L’anno 2009 ha poi visto l’avvio dell’applicazione in deroga della tecnica basata sull’Emissione Acustica anche alla
verifica di integrità dei serbatoi di maggiori capacità, installati presso i distributori di carburanti e presso i depositi primari e secondari di GPL, nonché presso le reti canalizzate.
Il livello di maturità raggiunto dalla tecnica e la possibilità
di procedere alle verifiche, evitando la messa fuori servizio
dei serbatoi, amplifica l’interesse del settore.
Per tale motivo si è giunti alla definizione della struttura tecnico-normativa, necessaria a consentire in tempi certi l’impiego di questa tecnica, che non producendo rifiuti inquinanti, comporta anche un notevole miglioramento in termini di impatto ambientale, rispetto alle verifiche tradizionali
che prevedono la prova idraulica.
Dal punto di vista fiscale, va segnalato il grande impegno
profuso dalle aziende e dall’Associazione nell’attuazione del
progetto di telematizzazione della contabilità e dei documenti in materia di oli minerali, tra cui il GPL, ai sensi di quanto previsto nel D. Lgs. 262/06. Si tratta di un progetto molto ambizioso che sta portando avanti l’Agenzia delle Dogane
tramite la consultazione aperta con le associazioni di categoria, tra cui Assogasliquidi. Il 2009 si è caratterizzato per
l’entrata in vigore degli obblighi di telematizzazione della
contabilità per i depositi commerciali, nonché per la prima
fase di implementazione del DAA (Documento Amministrativo
di Accompagnamento) telematico. Il progetto viene costantemente seguito da Assogasliquidi con la massima attenzione in merito agli importanti obiettivi di conformità dei comportamenti e di semplificazione degli adempimenti contabili che il progetto stesso intende raggiungere.
Alcune importanti modifiche sono poi state inserite nell’ambito della regolamentazione dettata dall’Autorità per l’Energia
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Elettrica ed il Gas (AEEG) in materia di reti urbane a GPL,
per il periodo regolatorio 2009/2012, sia per quanto riguarda la definizione del nuovo sistema tariffario, sia in relazione alla disciplina degli aspetti di sicurezza e continuità del
servizio. A tale proposito le aziende hanno risposto con
notevole impegno all’applicazione della nuova metodologia tariffaria per il servizio di distribuzione e per la messa
a disposizione all’AEEG dei dati inerenti la separazione
contabile ed amministrativa.
Per quanto riguarda questo ambito di mercato, va segnalato che gli adempimenti previsti per le reti urbane a GPL
da parte dei provvedimenti adottati dall’AEEG risultano sempre più onerosi per le aziende associate, in quanto non tengono in debita considerazione le peculiarità del servizio
reso dalle reti che servono le aree più marginali del territorio non raggiunte dalla rete dei metanodotti.
Va poi evidenziato il continuo impegno delle aziende e
dell’Associazione per garantire sempre un maggiore aumento dei livelli di sicurezza connessi all’impiego del GPL, nella convinzione che solo una gestione in sicurezza può portare ad uno sviluppo del comparto.
A tale proposito, va evidenziato che anche nel 2009 si
sono portati avanti con impegno i lavori della statistica del
CIG sugli incidenti da gas, da cui continuano a giungere
segnali positivi che si concretizzano nell’assenza di incidenti relativi all’uso di GPL in piccoli serbatoi per l’uso domestico e in reti canalizzate.
GPL uso autotrazione
Per quanto concerne il settore autotrazione, anche nel corso
del 2009, i sistemi di incentivazione finora messi a disposizione hanno raggiunto il proprio scopo, avviando un processo industriale in larga scala che sta già generando significativi effetti di mercato. A tale riguardo, è risultato particolarmente efficace lo schema delle agevolazioni pubbliche
varato con il D. Lgs. 5/09 di inizio 2009, che, grazie all’accumulo dei contributi ai gas e alla rottamazione, ha innalzato il livello di incentivazione, tanto da conquistare anche
i clienti meno propensi all’uso di carburanti non tradizionali.
Un sostegno così deciso da parte del Governo è frutto di
anni di attività di informazione e di sensibilizzazione di
tutti i livelli istituzionali, portato avanti con continuità da
Assogasliquidi.
Purtroppo, l’intervento di fattori dipendenti da dinamiche industriali estranee al settore del GPL hanno invece convinto il
Governo a non prorogare per gli anni successivi al 2009
nessuno dei provvedimenti di incentivazione al settore automobilistico, e quindi al gas per auto.
Tale decisione rischia di creare una battuta d’arresto nei progetti di sviluppo delle case automobilistiche oltre che un arre-
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tramento notevole del settore dell’after-market in questo momento di particolare crisi economica.
Assogasliquidi sta quindi lavorando affinché siano rifinanziate le agevolazioni al nuovo e, soprattutto, al convertito a gas,
anche se erogati con misure unitarie inferiori alle precedenti,
al fine di razionalizzare il loro impatto sulle finanze pubbliche.
La prima occasione è offerta dalla conversione del Decreto
legge sugli incentivi ai settori in crisi, mentre un piano più
organico di promozione del settore può trovare migliore collocazione in un progetto di legge già all’esame della
Commissione Industria della Camera, che prevede, per ora,
misure a favore solo del metano ma che, opportunamente
emendato, potrebbe essere esteso al GPL.
Per quanto riguarda, invece, il contesto normativo inerente
al regime autorizzativo degli impianti di distribuzione carburanti, va evidenziata un’intensa attività di regolamentazione delle regioni, volta a recepire le disposizioni di liberalizzazione e qualificazione del servizio contenute nella
Legge statale n.133 del 2008.
La maggior parte delle regioni del centro nord e alcune del
meridione, in previsione di un forte stimolo all’offerta di carburanti gassosi, come auspicato da Assogasliquidi, hanno
già legiferato, non solo per qualificare l’attività della distribuzione della rete stradale in quanto tale, ma anche per rilanciare l’interesse delle amministrazioni regionali nei confronti
dei carburanti gassosi.
Sulla scorta di una nuova ondata mediatica in merito alla differenza dei prezzi medi italiani dei carburanti rispetto alla
media Ue, il Ministero ha avviato un ulteriore processo di
riforma del settore. Tale processo sarà finalizzato ad assorbire questo stacco attraverso più interventi normativi, non solo
sulla parte della distribuzione ma su tutta la filiera, dalla produzione/importazione alla vendita al dettaglio.
Assogasliquidi sta quindi partecipando alle prime consultazioni, condotte dal Ministero, delle categorie più rappresentative e sta condividendo con le altre associazioni una
certa preoccupazione, non solo sui possibili interventi che si
verranno ad adottare, ma soprattutto sul pericolo di vedere
continuamente cambiate le regole amministrative del comparto. A tale proposito si sta lavorando affinché non ci siano stravolgimenti inutili e dannosi per le imprese o, comunque, inefficaci a ridurre la distanza – percepita o reale – del
sistema italiano da quello europeo.
Infine, è particolarmente importante il completamento del
contesto legislativo atto a regolare la progettazione e costruzione delle imbarcazioni a GPL e dei relativi impianti di
rifornimento.
Con la pubblicazione di uno standard CEN, la cui produzione è stata realizzata sotto il coordinamento dell’Italia e di
Assogasliquidi, si è completato il quadro normativo relativo
>
alla navigazione da diporto, mentre si attende che le stesse
specifiche tecniche possano essere riprese nelle disposizioni nazionali riguardanti la navigazione commerciale affinché
anche in questo settore si possa utilizzare il GPL.
A tal fine, Assogasliquidi ha chiesto ed ottenuto un tavolo di
concertazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
al fine di definire in tempi brevi le misure di implementazione delle suddette normative, in modo tale da aprire questo
nuovo mercato sia ai privati sia agli operatori commerciali.
Per quanto riguarda gli impianti di distribuzione, dopo anni
di consultazioni con gli organi tecnici e giuridici del Corpo
Nazionale dei Vigili del Fuoco, si è giunti alla definizione di
una disciplina specifica di prevenzione incendi che permetterà di installare nuovi punti vendita di GPL per uso nautico
in via ordinaria e con regole ad hoc, cioè senza dover ricorrere a complicate e incerte procedure di deroga.
Per quanto riguarda le funzioni comuni ad entrambi i Gruppi
merceologici va evidenziato anche per il 2009 l’impegno
profuso per l’attività di comunicazione: Assogasliquidi ha interagito in maniera proattiva con target differenti allo scopo di
divulgare maggiormente la natura e le caratteristiche del GPL
tramite interviste, articoli, redazionali, comunicati stampa e
partecipazione a convegni.
Oltre ai già collaudati strumenti di comunicazione quali la
GPL Fax News, l’invio di una selezione accurata e commentata della rassegna stampa quotidiana ed il monitoraggio degli articoli critici tramite la Banca Dati Incidentale, vanno ricordate per l’anno 2009 alcune nuove iniziative: si è
realizzata una campagna pubblicitaria sulla free press per
divulgare la cultura della sicurezza per quanto riguarda l’utilizzo della bombola di GPL. La diffusione di tale campagna
sulla free press, oltre a raggiungere gran parte del target di
competenza del prodotto, ha suscitato notevole interesse da
parte dei mass media. Sempre nell’ambito del Gruppo merceologico combustione, nell’anno 2009 Assogasliquidi ha
implementato ulteriormente la collaborazione con il CIG ed
il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco realizzando un progetto audiovisivo di informazione degli utenti del gas domestico intitolato “Sicuro gas”, con lo scopo di divulgare, attraverso un linguaggio semplice e diretto, una cultura della sicurezza nell’impiego di questo prodotto.
Per quanto riguarda il GPL per autotrazione, molti sono stati
i momenti offerti da fiere, convegni e conferenze in cui promuovere il ruolo fondamentale di questo carburante ecologico. Un esempio per tutti è dato dal convegno “Viva l’auto
2009” che si è tenuto a Firenze. Questo evento ha dedicato molto spazio ai carburanti ecologici ed Assogasliquidi ha
avuto modo di intervenire attivamente durante la manifestazione, che ha avuto un notevole eco anche dal punto di vista
dei media oltre che da parte degli utenti finali.
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L`industria chimica in Italia – Rapporto 2009-2010