L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA RAPPORTO 2009-2010 Indice navigabile PRESENTAZIONE 5 Prima parte L’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA E NEL MONDO CAPITOLO 1 9 Una grande opportunità CAPITOLO 2 11 Lo scenario economico CAPITOLO 3 17 Ambiente, sicurezza e qualità delle normative CAPITOLO 4 21 Sicurezza prodotti: i regolamenti europei CAPITOLO 5 23 Politiche energetiche e climatiche CAPITOLO 6 27 Logistica e competitività CAPITOLO 7 31 Ricerca e innovazione CAPITOLO 8 35 Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile CAPITOLO 9 Relazioni industriali e risorse umane 41 Seconda parte LA CHIMICA E I SUOI SETTORI Chimica di base organica, inorganica e tensioattivi 47 Materie plastiche e resine sintetiche 49 L’agricoltura e il mercato dei fertilizzanti 51 Fibre artificiali e sintetiche 53 Agrofarmaci 55 Principi attivi e intermedi di chimica farmaceutica 57 Chimica fine e delle specialità 58 La chimica per il settore alimentare 63 Prodotti sensibili 65 Oli lubrificanti 66 Abrasivi 68 Smalti per ceramica, pigmenti inorganici, ossidi metallici 69 Adesivi e sigillanti 70 Pitture e vernici 72 Gas tecnici, speciali e medicinali 74 Detergenti e specialità per l’industria e per la casa 77 Gli scenari dell’industria cosmetica 78 Farmaci di automedicazione 81 Prodotti per la salute animale 83 Biotecnologie 84 Gas di petrolio liquefatti 87 TORNA ALL’INDICE Questa pubblicazione documenta il momento di passaggio nel quale ci troviamo, come settore e come sistema Paese. Dopo la crisi drammatica che ha investito tutto il mondo, viviamo ora una fase delicata, fatta anche di timidi segnali di ripresa, inseriti però in un contesto ancora fortemente perturbato. L’industria chimica, in questa transizione, ha comunque posto basi ben solide per avviare la ricostruzione all’indomani del disastro finanziario globale. Mi riferisco soprattutto al rinnovo del contratto nazionale: un successo pieno, che rappresenta non solo una garanzia e una tutela per lavoratori e imprese, ma anche un modello per tutta la nostra economia, al quale speriamo altri settori possano ispirarsi per ritrovare stabilità. Se le basi sono solide, le prospettive ci sembrano stimolanti per la ripresa. L’ONU ha infatti deciso, nell’ambito del decennio per lo sviluppo sostenibile, che il 2011 sarà l’Anno della Chimica. Sono molte le iniziative che stiamo ponendo in essere per celebrare opportunamente questa ricorrenza, cogliendo questa grande opportunità di parlare di chimica, come scienza, come professione, come industria nella grande varietà di prodotti che essa ci offre. Noi speriamo che nel prossimo anno, oltre a celebrare la chimica come settore, si possano registrare segnali confortanti di crescita, tanto più significativi perché sarebbero anticipazioni positive per tutto il settore manifatturiero, di cui la chimica è l’alimentatore. Con il 2010 entriamo inoltre nel quinquennio che ci condurrà all’Expo, un momento di grande rilancio per l’Italia sulla scena internazionale, che vedrà la chimica protagonista per i temi prescelti, “Feeding the Planet, Energy for Life”: in tali ambiti la chimica è protagonista oggi e sempre di più in prospettiva futura. Se dunque la chimica, come abbiamo più volte sottolineato, è un indicatore efficace per anticipare gli andamenti economici, si potranno apprezzare i contenuti di questo rapporto, che descrive come negli ultimi dodici mesi il nostro settore abbia affrontato la crisi e si stia preparando ad uscirne, con la concretezza e lo sguardo al futuro che ci contraddistingue. Giorgio Squinzi Presidente > TORNA ALL’INDICE > 1 Una grande opportunità Il 2011 sarà l’Anno Internazionale della Chimica: lo ha proclamato l’ONU affidando la responsabilità dell’evento all’UNESCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, e a IUPAC, l’Unione Internazionale della Chimica Pura ed Applicata. plicando l’effetto delle nostre azioni, soprattutto nell’area education. Il mondo della scuola e i giovani dai 10 ai 13/14 anni sono infatti strategici per un ri-posizionamento della chimica nel medio/lungo termine. Il prossimo anno, celebrativo delle conquiste della chimica e del suo contributo al benessere dell’umanità, rappresenta uno degli appuntamenti che le Nazioni Unite hanno creato nell’ambito del decennio dedicato all’educazione allo sviluppo sostenibile (2005-2014). In particolare, le attività nazionali e internazionali che si svolgeranno saranno incentrate sull’importanza della chimica nella preservazione delle risorse naturali. Le alleanze La chimica è fondamentale per la nostra comprensione del mondo e dell’universo. Le trasformazioni molecolari sono essenziali alla produzione di cibo, medicine, carburante, e innumerevoli manufatti e prodotti. Il 2011 sarà un’occasione per il mondo per celebrare l’arte e la scienza chimica e il suo contributo fondamentale alla conoscenza, alla tutela dell’ambiente e allo sviluppo economico. L’industria chimica, insieme a tutti gli enti interessati, deve cogliere questa straordinaria opportunità per proseguire nello sforzo per migliorare la conoscenza dell’importanza della chimica. Ciò anche alla luce dell’effettivo cambiamento di atteggiamento che sta interessando la chimica, come risultato degli sforzi profusi negli ultimi anni. Si tratta dunque di una grande occasione per presentare il ruolo che essa ha nella nostra vita intensificando la portata dei messaggi che tradizionalmente la Federazione utilizza per la propria comunicazione, ma anche molti- Per un riscontro nazionale dell’avvenimento, che raggiunga però capillarmente i pubblici interessati, è indispensabile la costruzione di un sistema di alleanze con partner qualificati, che dovranno essere opportunamente motivati e coinvolti. Prioritariamente questi alleati saranno i Ministeri competenti, l’Unesco, e naturalmente la SCI Società Chimica Italiana. Ciò nel quadro di un’attivazione del sistema confindustriale, sia a livello nazionale, sia locale, coi Gruppi chimici e l’area education delle associazioni territoriali. Infine, andrà ricercata un’alleanza importante e significativa, soprattutto come caratteristica del settore nel nostro Paese: quella con le Organizzazioni sindacali. Attraverso il coinvolgimento fattivo di tutti questi soggetti sarà possibile entrare a contatto con porzioni significative di pubblico. Un altro importante elemento strategico è sfruttare le ampie sinergie con i temi scelti per Expo 2015. Il tema “Feeding the Planet, Energy for Life” chiama infatti in causa la chimica e il suo contributo. L’Anno della chimica può essere un primo pilastro significativo sul quale costruire il ponte di arrivo all’Expo; le sinergie create nel 2011 si potranno sviluppare con una ricaduta positiva negli anni successivi. 9 < TORNA ALL’INDICE Appuntamenti da non perdere Federazione e mostrare con trasparenza all’opinione pubblica e agli studenti la chimica e i suoi prodotti. Sono diverse le iniziative già pensate per celebrare questa data. L’ambizione è quella di promuovere gli eventi celebrativi insieme alle istituzioni. Tutte le iniziative rivolte all’attività scientifica ed educativa dovrebbero essere sviluppate insieme al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Anzitutto si intende organizzare un convegno inaugurale, una sorta di “Stati generali” della chimica nel nostro Paese, per aprire il 2011 attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema. Sono già disponibili, come corredo alle iniziative in programma, strumenti utili pensati in questi ultimi anni per avviare un nuovo modo di comunicare con il largo pubblico. Intendiamo potenziare “La settimana della chimica” − l’iniziativa proposta con successo nel 2009 a livello locale insieme all’Ufficio Regionale Scolastico della Lombardia, che ha coinvolto associazioni territoriali, imprese, università, scuole secondarie, parchi scientifici e musei per un totale di oltre 60 eventi − e trasformarla in un evento di carattere nazionale. In quest’ambito, Confindustria dedicherà alla chimica l’edizione nazionale di Orientagiovani. Sarà inoltre promosso un premio per le scuole medie, per stimolare le proposte del target considerato più strategico e consentire l’accrescimento della conoscenza della chimica in modo divertente e creativo. Con il rilancio di “Fabbriche Aperte” si intende dimostrare come è significativamente migliorato il modo di produrre e “di fare impresa” negli ultimi 20 anni dal punto di vista della sicurezza e salute dei lavoratori, della tutela ambientale e della cura del prodotto lungo tutto il ciclo di vita. L’edizione speciale di Fabbriche Aperte è lo strumento con il quale saranno coinvolte un gran numero di imprese associate per mostrarsi, nel modo che ritengono più opportuno (visite guidate, convegni, giornate celebrative, invito alle autorità locali…), a chi non ha confidenza con il nostro settore. La cassetta degli attrezzi Per diffondere l’evento è on line sul sito di Federchimica il banner che lo pubblicizza, con un countdown dei giorni mancanti all’inizio dello Year of Chemistry. L’Anno Internazionale della Chimica offre l’occasione per aggiornare la comunicazione recentemente proposta dalla 10 Dallo scorso autunno è on line il sito chimicaunabuonascelta.it realizzato nell’ambito del Progetto Lauree Scientifiche del Ministero dell’Istruzione. Il sito, ideato e gestito da Federchimica, è un’ampia vetrina destinata a tre target principali: università, scuole superiori e scuole medie. Oltre a raccogliere tutti gli strumenti realizzati da Federchimica nell’area dell’education offre anche spunti di riflessione inediti e divertenti e materiali utili all’orientamento e alla divulgazione della chimica. Tra le funzionalità disponibili: “Scopri la chimica dalla A alla Z”, i “Video-Slide-Show” delle presentazioni create per Orientagiovani e la “mappa” con i contatti delle scuole che partecipano alle attività della Federazione. L’agenda del sito ospita inoltre tutti gli eventi e le manifestazioni in ambito chimico di interesse per il mondo della scuola. Le pubblicazioni promosse per avviare un rapporto con la pubblica opinione e il materiale editoriale per studenti e insegnanti (le guide di orientamento e l’opuscolo “Tutti pazzi per la Chimica!”) verranno proposti come “collana” editoriale. Ai video già realizzati e visibili anche su “You Tube” (“Vivere senza Chimica?” e “Chimica oltre il luogo comune”) sarà affiancata la nuova serie di spot “Minuti di chimica”, attualmente in fase di realizzazione. L’intendimento finale di questa grande operazione è quello di fornire ai soggetti coinvolti una nuova chiave di interpretazione per avvicinarsi alla chimica leggendone le caratteristiche, senza pregiudizi. Il 2011 non sarà – soltanto – l’anno dell’industria chimica, ma un momento nel quale dare ai soggetti interessati a questa scienza un palcoscenico sul quale rappresentarla, nella sua vera dimensione, affinché “chimica” torni ad essere una parola comune, di facile comprensione e che possa stare sulla bocca di tutti in senso positivo. TORNA ALL’INDICE > 2 Lo scenario economico Il contesto mondiale ed europeo La crisi ha fortemente colpito l’industria chimica mondiale: nel 2009 i volumi prodotti sono calati del 4.7% (dopo un 2008 già in moderata contrazione) e, in conseguenza della tendenza al ribasso anche dei prezzi, il valore della produzione ha ripiegato verso i 1.770 miliardi di euro (dai 1.950 del 2008). Se la fase recessiva ha colpito indistintamente tutte le aree geografiche, la ripresa evidenzia marcate differenze. Complessivamente i paesi emergenti hanno già recuperato i livelli pre-crisi. Di fatto la recessione si è manifestata soltanto attraverso un profondo ciclo delle scorte, innescato dal blocco degli acquisti da parte degli operatori a cavallo tra 2008 e 2009. Il rapido rimbalzo della produzione testimonia che la crisi non ha in alcun modo compromesso i processi di sviluppo industriale ed economico alla base del forte dinamismo della domanda di chimica. Tra le aree emergenti, Asia e Medio Oriente non hanno mai interrotto la crescita, registrando variazioni positive anche nel 20082009 (rispettivamente +0.8% e +11%, quest’ultima legata all’entrata in operatività di nuova capacità produttiva nella petrolchimica). L’Europa centro-orientale, invece, ha mostrato un vero e proprio tracollo (-18.1%), che ha annullato più della metà della crescita sperimentata nei 5 anni precedenti e che genera incertezza sulle prospettive future dell’economia e della chimica (date anche le diffuse situazioni di fragilità finanziaria e il crollo del settore immobiliare). Nei paesi avanzati l’industria chimica fatica a tornare lungo un sentiero di sviluppo. Sia negli Stati Uniti, sia in Europa occidentale la produzione si colloca su livelli inferiori al 2002, con conseguente ampia capacità inutilizzata e problemi di efficienza operativa. Tra i principali produttori chimici europei, Germania e Italia hanno subito la contrazione più pesante (-18% nel 2009 rispetto al pre-crisi, vale a dire il 2007). La Francia, relativamente più specializzata nella chimica destinata al consumo, ha mostrato un calo – comunque pesante – ma più contenuto (-10.8%). In effetti la crisi accentua e accelera cambiamenti già in atto da tempo nel panorama mondiale. Il dinamismo intrinseco dei paesi emergenti e la necessità di razionalizzare gli impianti chimici causano la perdita di quote di mercato nei paesi avanzati (USA ed Europa occidentale arretrano rispettivamente di 2 punti percentuali in soli 2 anni). Importanti settori clienti presentano situazioni di sovraccapacità strutturale, che porteranno a una riallocazione della produzione a livello mondiale con effetti anche radicali sulla domanda chimica. Quest’ultima – soprattutto in Europa – sembra avviata verso un recupero estremamente lento e graduale e potrebbe subire rilevanti cambiamenti in termini sia di composizione settoriale, sia di caratteristiche qualitative. In presenza di un esteso eccesso di offerta, la concorrenza tenderà ad intensificarsi non solo nei confronti dei paesi emergenti, ma anche tra operatori delle aree avanzate. Nei prossimi anni un fattore di dinamismo importante per la chimica europea potrà derivare, invece, dalla crescente attenzione al tema della sostenibilità. Il settore infatti, che vede tradizionalmente la leadership europea anche sul piano EVOLUZIONE DELLA PRODUZIONE CHIMICA PER AREA GEOGRAFICA (var. % cumulate) Pre-crisi 2003-2007 Europa occidentale - Germania - Francia - Italia - Regno Unito Nord America America Latina Asia Europa centro-orientale Africa e Medio Oriente Mondo +12.1 +12.0 +10.9 +8.9 +3.5 +11.8 +27.5 +46.5 +33.0 +54.4 +27.6 Crisi 2008-2009 -14.1 - 18.0 - 10.8 - 18.0 - 14.0 - 12.4 - 7.2 +0.8 - 18.1 +11.0 - 6.4 Fonte: elaborazioni e stime su dati American Chemistry Council, Eurostat 11 < TORNA ALL’INDICE QUOTE DI MERCATO NELL’INDUSTRIA CHIMICA MONDIALE LA CHIMICA IN ITALIA NEL 2008-2009 (% di imprese) (miliardi di euro, salvo diversa indicazione) Chimica Produzione Esportazioni Importazioni Saldo commerciale Domanda interna Addetti (migliaia) Chimica e farmaceutica Produzione Esportazioni Importazioni Saldo commerciale Domanda interna Addetti (migliaia) Fonte: elaborazioni e stime su dati Cefic dell’innovazione, gioca un ruolo fondamentale nella ricerca di soluzioni tecnologiche in ambiti quali la lotta al riscaldamento globale e l’uso efficiente dell’energia e delle risorse. La chimica in Italia L’Italia è il terzo produttore chimico europeo, dopo Germania e Francia. Nel 2009 il valore della produzione (farmaceutica esclusa) si è attestato sui 45.5 miliardi di euro subendo un arretramento pesante sia della domanda interna (-17.6%), sia dell’export (-20.0%). Il deficit commerciale (pari a 7.7 miliardi di euro) si è ridotto di 2.3 miliardi di euro essenzialmente a causa della caduta dell’import (-20.8%) e dei prezzi. L’occupazione, pari a 119 mila addetti, ha mostrato – alla luce della contrazione dell’attività produttiva – un calo molto contenuto (-2.2%). Il settore ha affrontato la crisi facendo ampio ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (più che triplicata rispetto al 2008). In Italia sono attive circa 3.000 imprese chimiche. Tra le imprese a capitale italiano figurano numerose PMI, che rappresentano il 41% del valore della produzione, e gruppi medio-grandi, che rivestono un ulteriore 23%. Le imprese chimiche a capitale estero ricoprono il restante 36% della produzione, una quota sostanzialmente in linea con la media europea (a differenza dell’industria manifatturiera italiana che vede sottodimensionata la presenza estera). 12 2008 2009 54.6 22.2 32.2 -10.0 64.6 121.8 45.5 17.8 25.5 - 7.7 53.2 119.1 2008 2009 80.0 34.2 46.9 -12.7 92.7 189.3 70.5 30.0 41.6 - 11.6 82.1 184.7 Var. -16.7% -20.0% -20.8% +2.3 -17.6% -2.2% Var. -11.9% -12.2% -11.3% +1.1 -11.5% - 2.4% Fonte: Federchimica, Istat Negli anni recenti non si è assistito a un diffuso processo di disinvestimento, al contrario queste imprese hanno continuato a fare ricerca chimica in Italia e a generare un consistente flusso di esportazioni. L’attuale crisi tuttavia, imponendo il recupero di efficienza e la razionalizzazione degli impianti a livello mondiale, comporta rischi rispetto al mantenimento delle produzioni italiane, penalizzate da DISTRIBUZIONE DELLA PRODUZIONE IN ITALIA Nota: (*) vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro Fonte: stime Federchimica, anno 2008 TORNA ALL’INDICE RIPARTIZIONE DELL’EXPORT CHIMICO ITALIANO PER CLASSE DI ADDETTI EXPORT CHIMICO ITALIANO E DEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI (%) (in valore, indici 2000=100) < 50 50 - 249 > 250 1999 2007 12.7 25.9 61.4 14.6 38.9 46.4 > Nota: dati al netto degli agrofarmaci e delle fibre per i quali la disaggregazione per classi di addetti non è disponibile Fonte: Istat. Eurostat sempre dalle arretratezze del sistema paese ( in primis elevato costo dell’energia e inefficienza burocratica) che in questa fase diventano insostenibili. Per le imprese chimiche italiane la recessione globale è giunta in un periodo già per molti versi difficile, alla luce della crisi strutturale di importanti settori clienti (quelli del made in Italy ) e del limitato dinamismo dell’economia nazionale, ma anche caratterizzato da un forte impegno verso il cambiamento. Il settore ha visto un notevole aumento della quota di fatturato destinata all’export, soprattutto per effetto della crescente proiezione internazionale delle imprese di medie dimensioni (il peso sull’export totale delle imprese con 50-249 addetti è aumentato dal 26 al 39% in otto anni). Il confronto con i principali produttori europei evidenzia una performance all’export complessivamente buona, anche se il 2009 mostra per l’Italia una caduta particolarmente pesante. Emerge anche un processo di diversificazione dei mercati di sbocco, volto evidentemente a cogliere le opportunità di crescita dei paesi emergenti e proseguito anche durante la recessione (peso dei primi 15 mercati in calo dal 72% del 1995 al 67% del 2009). Considerato che nei prossimi anni la crescita sarà ancora più concentrata nei paesi emergenti più lontani, si tratta di un’evoluzione importante anche se probabilmente insufficiente a sostenere nel breve periodo le vendite di chimica, visto il peso ancora assolutamente predominante dei mercati tradizionali. Nell’ambito del sistema industriale italiano, le medie imprese sono quelle che mostrano, anche in una logica di uscita dalla recessione, le maggiori capacità di sviluppo. Le analisi di Mediobanca-Unioncamere delineano questa realtà, in particolare facendo riferimento alle imprese industriali a proprietà italiana con 50 - 499 dipendenti e un fatturato compreso tra i 13 e i 290 milioni di PRINCIPALI MERCATI DI DESTINAZIONE DELL’EXPORT CHIMICO (quota % sul totale) Germania Francia Spagna USA Regno Unito Belgio e Lussemburgo Turchia Paesi Bassi Grecia Polonia Svizzera Cina Austria Russia Egitto Quota primi 15 mercati 1995 2008 2009 14.7 13.0 6.2 5.8 5.7 4.5 3.4 3.4 2.6 1.0 4.4 1.0 2.3 0.5 0.6 71.9 14.6 10.5 7.0 4.9 4.2 3.8 3.6 3.1 3.2 2.8 2.7 2.2 2.4 2.0 1.4 68.3 14.2 10.1 6.8 4.9 4.3 3.6 3.4 3.2 3.0 3.0 2.7 2.3 2.2 1.8 1.5 67.0 Fonte: stime su dati Istat 13 < TORNA ALL’INDICE DEMOGRAFIA DELLE MEDIE IMPRESE CHIMICHE ITALIANE indici 1998=100 n° di imprese, salvo diversa indicazione 1998 Medie chimiche Medie industriali Incidenza chimiche su industriali 268 3.380 7.9% 2007 418 4.483 9.3% Note: medie imprese = 13-290 milioni di euro di fatturato e 50-499 dipendenti; chimica esclusa cosmetica Fonte: Mediobanca-Unioncamere, Le medie imprese industriali italiane (1998-2007), edizione 2010 euro. Nell’ultimo decennio questo gruppo si è ampliato, passando da 3.380 a 4.483 imprese, con un incremento del 33%. Le medie imprese chimiche hanno mostrato un dinamismo ancora più significativo, +56%, e supe- rano ora le 400 unità con un’incidenza sul totale delle medie imprese industriali pari al 9.3%. Ciò testimonia il ruolo dell’industria chimica quale fattore di dinamismo dell’industria manifatturiera italiana nel suo complesso e I PRINCIPALI GRUPPI CHIMICI ITALIANI - RISULTATI 2009 (milioni di euro) Polimeri Europa Gruppo Mapei Gruppo Mossi&Ghisolfi Radici Group Gruppo Bracco Gruppo P&R Gruppo SOL Polynt Gruppo C.O.I.M. Gruppo SIAD Gruppo Colorobbia Gruppo Sapio Gruppo Aquafil Gruppo Sipcam Oxon Dobfar Holding Gruppo Lamberti Sadepan Chimica Intercos Gruppo Zobele Gruppo Desa Vendite mondiali Produzione in Italia 4.203 1.670 1.508 774 666 611 463 420 420 415 400 390 338 335 320 287 226 226 211 199 3.128 654 298 465 498 441 276 340 240 250 178 377 201 155 241 156 170 127 54 199 Isagro Esseco Group Montefibre F.I.S. - Fabbrica Italiana Sintetici 3V Partecipazioni Industriali Mirato Group Indena/Gruppo IdB Holding FACI Reagens Index Inver Deborah Sinterama Paglieri Profumi Fluorsid Silvateam Giovanni Bozzetto Gruppo SOL.MAR. Syndial-Attività diversificate Lechler Note: imprese con capitale a maggioranza italiano; i valori si riferiscono ai prodotti chimici (esclusi farmaci) Fonte: Federchimica 14 Vendite mondiali Produzione in Italia 194 169 165 159 152 146 145 130 122 117 103 101 95 92 91 90 90 86 85 85 108 92 14 159 120 146 117 60 65 117 70 101 50 92 91 75 48 86 85 85 TORNA ALL’INDICE > INTERNAZIONALIZZAZIONE PRODUTTIVA DELLE IMPRESE CHIMICHE A CAPITALE ITALIANO 2000 2008 Var. % N° imprese investitrici 102 127 N° imprese estere partecipate 217 286 Dipendenti all’estero 19.905 25.100 Fatturato all’estero (*) 6.403 8.300 +24.5 +31.8 +26.1 +29.6 (*) milioni di euro Nota: sono considerati medio-grandi gruppi quelli con vendite mondiali superiori ai 100 milioni di euro nel 2008 Fonte: elaborazioni su banca dati Reprint la presenza nel settore di molte aziende che, avendo saputo cogliere le opportunità della globalizzazione, si trovano nelle condizioni per tornare a imboccare la via della crescita. soggetti investitori testimonia come siano coinvolti non solo i gruppi medio-grandi, ma sempre più anche realtà di medie e piccole dimensioni. In effetti, esse rappresentano ormai il 70% delle imprese chimiche internazionalizzate. In questo ambito rientrano molte delle imprese fotografate dalla classifica dei principali gruppi chimici italiani (dove figurano realtà di dimensione anche maggiore). Si tratta di imprese – spesso leader, a livello mondiale o europeo, nel loro segmento – fortemente orientate alla crescita, sempre più perseguita attraverso l’internazionalizzazione produttiva. Il 38% della produzione avviene, infatti, in stabilimenti esteri. Gli investimenti produttivi all’estero consentono di presidiare i mercati più dinamici, sfruttare i vantaggi di costo, acquisire competenze e spesso sono spinti anche dall’esigenza di proporsi come fornitori globali dei propri clienti. Soprattutto nel caso di imprese specializzate in particolari nicchie di mercato, permettono inoltre di raggiungere la massa critica necessaria a garantire un adeguato ritorno degli investimenti in ricerca. Un aspetto centrale dell’evoluzione recente dell’industria chimica italiana è il riposizionamento qualitativo, testimoniato dalla crescita più marcata dei valori medi unitari (che incorporano anche il contenuto qualitativo) rispetto ai prezzi all’esportazione a partire dal 2005. Il 2009 Nel settore i processi di internazionalizzazione produttiva si vanno diffondendo. Ad oggi sono 127 le imprese chimiche italiane con produzioni all’estero, dove risultano occupati 25 mila dipendenti, con un aumento del 26% rispetto al 2000. Fino a qualche anno fa il grado di internazionalizzazione della chimica era inferiore alla media dell’industria, ora la supera. Un risultato ancor più significativo in quanto realizzare un impianto chimico non è facile in termini tecnici e organizzativi. L’elevato numero di VALORI MEDI UNITARI E PREZZI ALL’ESPORTAZIONE NELL’INDUSTRIA CHIMICA (indici 2002=100) Fonte: elaborazioni su dati Istat 15 < TORNA ALL’INDICE mostra un arretramento di entrambi, che è andato ad aggravare la caduta dei volumi esportati, ma che risulta più contenuto nei valori medi unitari. La crisi, quindi, sembrerebbe avere rallentato ma non compromesso del tutto la tendenza di medio periodo al miglioramento del mix di prodotti esportati. Il fenomeno ha coinvolto anche l’industria manifatturiera in generale, ma nella chimica assume alcuni tratti peculiari. Innanzitutto, da una recente indagine condotta da Federchimica sulle imprese italiane di chimica fine e specialistica, emerge che la spinta verso il cambiamento era piuttosto diffusa anche prima della crisi, coinvolgendo il CAMBIAMENTI ATTUATI DALLE IMPRESE CHIMICHE ITALIANE A PARTIRE DAGLI ANNI DUEMILA (% di imprese) Totale imprese Piccole Nessun cambiamento Cambiamenti incrementali Cambiamenti radicali Qualità dei prodotti e servizio al cliente Strumentazione Diversificazione settori clienti Separazione R&S - controllo qualità Investimenti in R&S Addetti alla R&S Programmazione e controllo della ricerca Progetti di ricerca strutturati 27% 35% 38% 13% 25% 15% 6% 4% 42% 15% 21% 27% 53% 20% 17% 30% 20% 3% 3% 43% 3% 13% Nota: sono considerate piccole le imprese con meno di 50 addetti Fonte: Indagine Federchimica-Aispec sulle imprese italiane di chimica fine e specialità, anno 2006 73% del campione egualmente distribuito tra piccole e medio-grandi aziende. Tra le leve del riposizionamento rivestono certamente un ruolo importante il miglioramento continuo dei prodotti e il potenziamento dei servizi al cliente (13% delle imprese), gli investimenti in strumentazione tecnica (25%) e la diversificazione dei settori clienti (15%). Tuttavia, nell’industria chimica l’aspetto predominante risiede nel rafforzamento dell’innovazione su diversi fronti: la separazione del laboratorio di R&S dal controllo qualità (6%), l’aumento degli investimenti (4%) e degli addetti dedicati alla R&S (42%), l’introduzione di più efficienti processi di programmazione e valutazione dei progetti di ricerca (15%), il passaggio a un’innovazione 16 basata su progetti a medio lungo termine (21%) in grado, non solo di rispondere a specifiche richieste o esigenze del cliente, ma anche di anticipare il mercato con l’introduzione di effettive innovazioni di prodotto. Il 38% delle imprese italiane di chimica fine e specialistica ha da anni intrapreso la strada di un ripensamento radicale del proprio posizionamento, il 35% ha realizzato cambiamenti incrementali e un ulteriore 27% non ha ritenuto necessari particolari interventi. Nel 2010-2011 il ritmo di crescita dei settori clienti della chimica sarà limitato a causa di una situazione economica ancora critica (con disoccupazione in aumento lungo tutto il periodo), problemi di liquidità e chiusura definitiva di molte imprese industriali. La crisi non può quindi dirsi alle spalle nel senso che continuerà a sottoporre a forte stress l’industria chimica nel suo complesso. Un aumento della produzione chimica stimato pari al 8-9% nei due anni comporterà livelli produttivi nel 2011 ancora inferiori di oltre il 10% rispetto al 2007. Anche i settori meno colpiti dal calo della domanda (detergenza, cosmetica, chimica destinata all’alimentare e agli imballaggi) subiranno nel 2010 pressioni dal lato della redditività, in quanto l’inevitabile aggravio dei costi dettato dal recente rimbalzo del prezzo del petrolio non potrà facilmente essere trasferito sui prezzi di vendita. Le imprese chimiche che prima della crisi avevano seguito con più decisione la strada del cambiamento sono quelle che oggi mostrano la maggiore capacità di tenuta e, in alcuni casi, sono già in grado di cogliere gli stimoli della ripresa internazionale. D’altro canto, una crisi di tale intensità e durata modifica strutturalmente non solo il livello di riferimento della domanda di chimica (con il ridimensionamento del numero di utilizzatori) ma anche l’elasticità al prezzo dei clienti (finali e industriali), le connotazioni della domanda e, di conseguenza, la ricettività nei confronti della qualità, del servizio e dell’innovazione. In altre parole, non è detto che le politiche di differenziazione attuate dalle imprese chimiche italiane prima della crisi continuino ad essere efficaci in futuro. In particolare, i maggiori rischi riguardano le imprese (prevalentemente di piccole dimensioni) che negli anni duemila hanno realizzato cambiamenti di tipo incrementale, cioè volti a rafforzare fattori di successo tradizionali lungo una linea di sostanziale continuità rispetto al passato. TORNA ALL’INDICE > 3 Ambiente, sicurezza e qualità delle normative Abbiamo evidenziato in questi anni come le imprese troppo spesso riscontrino lentezza ed inefficienza burocratica, mancato rispetto dei termini previsti per il rilascio dei documenti, scarsa chiarezza procedurale. I dati sul peso burocratico e su quanto questo incida sul rendimento delle aziende sono noti a tutti. Federchimica ha più volte sollecitato una coerente azione di riduzione degli oneri amministrativi e di semplificazione del quadro normativo, al fine di rendere più efficiente l’operato della Pubblica Amministrazione. Gli effetti della difficile crisi economica che stiamo attraversando possono essere meglio contenuti se il mondo produttivo viene posto nelle condizioni di agire in un contesto chiaro da un punto di vista normativo ed efficiente da un punto di vista amministrativo. Su queste problematiche Federchimica continuerà la propria azione di stimolo verso le istituzioni, sottolineando in particolare come la coerenza del quadro normativo e la chiarezza e stabilità dell’assetto istituzionale siano elementi essenziali per lo sviluppo del Paese. Infatti, se poste nelle condizioni di agire al meglio, senza il peso della macchina burocratica o delle incertezze normative, le imprese chimiche possono giocare, a vario titolo, un ruolo decisivo nel miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente. Del resto, solo per fare alcuni esempi, problematiche come l’efficienza energetica, la gestione della rete idrica, la bonifica dei suoli contaminati possono ricevere risposta proprio dalla chimica. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, le imprese chimiche possono rispondere alle esigenze di innovazione sia attraverso la creazione di nuovi materiali in grado di rivolu- zionare i rendimenti di interi settori, sia contribuendo a migliorare i processi produttivi a maggior consumo energetico. Inoltre, la chimica può contribuire decisamente al miglioramento dell’ambiente attraverso lo sviluppo delle nanotecnologie il cui apporto è decisivo per rendere più efficienti molti processi produttivi relativamente al loro impatto ambientale. Fondamentale poi il contributo della chimica per quanto concerne la gestione delle acque. Senza entrare nel dibattito sulla privatizzazione della rete idrica, va registrato il dato estremamente preoccupante circa la carenza infrastrutturale della rete (idrica e fognaria) del nostro Paese. Infatti, oltre il 50% degli acquedotti e il 30% delle fognature richiedono ammodernamenti urgenti. Il costo di tali inefficienze è pari a circa cinque miliardi di euro, senza contare i danni ambientali causati dalle perdite della rete fognaria. Il contributo della chimica per la soluzione di tale problema è determinante, basti pensare all’utilizzo di materiali plastici tradizionali per il contenimento delle perdite e allo sviluppo di nuovi materiali in grado di garantire efficienze gestionali inimmaginabili con l’utilizzo di altre tecnologie. Uno sviluppo sostenibile, che riesca a garantire salute, sicurezza e salubrità dell’ambiente, passa quindi dalla chimica: minor utilizzo di materie prime, minori consumi, riduzione degli sprechi, riduzione delle emissioni, realizzazione di nuovi sistemi energetici, e ancora migliori rendimenti dei prodotti per l’edilizia, sviluppo di biotecnologie, ricerca di nuovi principi attivi farmaceutici, miglioramento della sicurezza dei prodotti per la salute umana e animale, sono solo alcune delle tante soluzioni che il nostro mondo può offrire per i numerosi problemi che affannano il Paese. Tutto questo la chimica è già impegnata a farlo. Un contesto normativo coerente, non soggetto a continui scossoni, ed un quadro istituzionale chiaro possono solo contribuire a perfezionare tale apporto. 17 < TORNA ALL’INDICE Ambiente Il Codice Ambientale continua ad essere materia di modifica e innovazione per il legislatore italiano: con la Legge 30/2009 il Parlamento ha conferito al Governo una nuova delega, che porterà all’emanazione di uno o più Decreti legislativi entro il 30 giugno 2010. L’auspicio è che con questo processo di revisione si giunga ad un testo chiaro e coerente e che finalmente si raggiunga un periodo di stabilità normativa: un periodo in cui le leggi in materia ambientale non siano sottoposte a continua modifica e, dunque, nel quale alle imprese sia consentito di gestire le proprie attività con maggiori certezze. In parallelo alla conduzione di tale processo di revisione, il legislatore è comunque intervenuto con alcuni nuovi provvedimenti in materia ambientale. Tutela delle acque Per quanto riguarda le acque sotterranee, è stato emanato il D. Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, in attuazione della Direttiva 2006/118/Ce relativa alla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento. Il provvedimento si inserisce nell’ambito del quadro di tutela delle acque dettato dalla Parte III del Codice Ambientale e definisce le specifiche tecniche per l’identificazione, la delimitazione e la caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei, gli standard di qualità ed i valori soglia per la valutazione del buono stato chimico delle acque, i criteri per individuare e contrastare alti valori di inquinamento, le modalità di monitoraggio. Per quanto riguarda lo stato chimico delle acque sotterranee, le Regioni devono adottare standard di qualità ambientale e valori soglia (in totale 49 contro i dieci della Direttiva, ma le bozze di decreto ne prevedevano addirittura 85!) indicati negli allegati del provvedimento. Tali obiettivi di qualità dovranno essere inseriti nei Piani di gestione di bacino e nei Piani di tutela e raggiunti entro il 22 dicembre 2015. Più in generale, in merito alla disciplina degli scarichi idrici, è stata pubblicata la Legge 25 febbraio 2010, n. 36, che, molto opportunamente, chiarisce che le sanzioni penali relative al superamento dei valori limite di acque reflue industriali nelle acque o sul suolo si applicano unicamente quando tale superamento riguarda le sostanze pericolose indicate nella tabella 5 dell’allegato 5 alla Parte III del Codice Ambientale. L’emanazione di tale provvedimento, fortemente richiesta e sostenuta dal sistema confindustriale, si è resa necessaria in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione n. 37279 del 2008, che aveva ampliato 18 l’ambito delle sanzioni di tipo penale, previste per l’appunto per le violazioni ai limiti relativi a sostanze pericolose, anche alle violazioni relative ad altri parametri normalmente considerate soggette a sanzioni di tipo amministrativo. Gestione dei rifiuti Con il D.M. 17 dicembre 2009 è stato istituito il SISTRI, nuovo sistema informatico sviluppato con l’obiettivo di garantire la tracciabilità dei rifiuti speciali su tutto il territorio nazionale, che innova profondamente l’attuale sistema di gestione dei rifiuti; le imprese produttrici di rifiuti, così come le imprese che li trasportano e li trattano, saranno chiamate ad utilizzare questa piattaforma informatica, che sostituirà in toto l’utilizzo registri di carico/scarico, formulari di trasporto e MUD, a partire dall’estate 2010. La Direzione Tecnico Scientifica di Federchimica ha programmato, per il 2010, tre incontri di approfondimento volti a guidare le imprese nell’adesione e nell’applicazione del nuovo sistema, tenuti direttamente da rappresentanti del Ministero dell’Ambiente. Bonifica dei siti inquinati e tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente Con la Legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 13, che ha apportato numerose modifiche al Decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, è stato definito lo strumento delle “transazioni globali” relative alla quantificazione degli oneri di bonifica, di ripristino e del danno ambientale nei siti di interesse nazionale. In particolare, tali transazioni possono essere stipulate fra Ministero dell’Ambiente e imprese interessate e comportano l’abbandono del contenzioso pendente e la preclusione di ogni ulteriore azione per il rimborso degli oneri di bonifica e di ripristino ed ogni ulteriore azione risarcitoria per danno ambientale. A livello europeo, intanto, continuano i lavori, avviati nel dicembre 2007, per la definizione della Direttiva sulle emissioni industriali, che sostituirà la vigente Direttiva europea in materia di IPPC. La proposta di Direttiva è finalizzata al riesame e alla rifusione in un unico testo giuridico di sette Direttive riguardanti le emissioni industriali, ovvero: la Direttiva 96/61/Ce (sostituita dalla Direttiva 2008/1/Ce sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, nota per l’appunto come Direttiva IPPC), le Direttive 78/176/Cee, 82/883/Cee e 92/112/Cee relative ai rifiuti provenienti dall’industria del biossido di titanio, la Direttiva 1999/13/Ce sui composti organici volatili, la Direttiva 2000/76/Ce sull’incenerimento dei rifiuti e la Direttiva 2001/80/Ce sugli inquinanti originati dai grandi impianti di combustione. TORNA ALL’INDICE Il dossier, dopo la prima lettura in Parlamento europeo e la posizione comune raggiunta a livello del Consiglio Ue, sta ora affrontando la seconda lettura in Parlamento europeo. Tra gli aspetti di maggiore importanza, e talvolta fonte di preoccupazione, che Federchimica segue con grande attenzione insieme al Cefic, si segnalano la nuova procedura per definire le “BAT conclusions” e i valori limite di emissione, la possibilità per gli stati membri di adottare delle deroghe, le disposizioni relative all’eventuale bonifica del suolo e della falda alla cessazione dell’attività (con la redazione del cosiddetto “baseline report”). A livello nazionale, in tema di IPPC, è purtroppo da segnalare il persistente grave ritardo nel rilascio delle autorizzazioni ambientali integrate (AIA) per gli impianti ricadenti sotto la competenza statale. > Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro Il D. Lgs. 81/2008 (cd. TU Sicurezza), pur costituendo un valido tentativo di riordinare e razionalizzare gran parte della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ha presentato fin dall’inizio difficoltà interpretative e applicative che hanno reso necessarie proroghe e rinvii fino ad arrivare a vere e proprie modifiche e integrazioni, operate tramite l’emanazione del D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106. L’attività di Federchimica si è dunque concentrata nel seguire l’iter di approvazione del decreto correttivo e nel dare indicazioni alle imprese associate sulle modifiche introdotte. I 27 Ministri dell’Ambiente dell’UE (Consiglio Ambiente) continuano a bloccare l’iter legislativo di approvazione della Direttiva sulla protezione del suolo, oggetto di forti resistenze da parte soprattutto di Germania, Inghilterra e Francia. Federchimica, al contrario, ritiene che sia necessaria l’adozione di tale Direttiva, con le dovute modifiche e sostiene la posizione assunta nel 2007 dal Parlamento europeo laddove si precisava che prima di effettuare la bonifica di un terreno, occorra procedere ad un’esame caso per caso, basandosi sull’analisi del rischio. A livello europeo, è stata adottata la Direttiva 2009/161/Ue che definisce un terzo elenco di valori indicativi di esposizione professionale in attuazione della Direttiva 98/24/Ce (la cosiddetta “3a Lista dei Valori Limite di Esposizione in Ambiente di Lavoro”), che ricomprende 19 nuovi composti. Tale novità legislativa è stata tenuta in considerazione nella fase di realizzazione del CD rom sui valori limite di esposizione professionale che Federchimica predispone in ottemperanza a quanto previsto dal nostro CCNL. Inoltre, la Commissione europea sta valutando di rivedere la Direttiva “Agenti Cancerogeni e Mutageni”: tale attività è presidiata in stretta collaborazione con il Cefic. Prosegue invece con speditezza l’esame della proposta di Regolamento relativo all’immissione sul mercato e all’uso dei biocidi. Federchimica ha partecipato attivamente all’elaborazione della posizione del Cefic. In sede parlamentare e in specifico nelle Commissioni Industria e Mercato interno (dove relatori sono stati eurodeputati italiani), il 90% dei suggerimenti di Federchimica sono stati approvati a larga maggioranza. Infatti la gran parte degli emendamenti relativi all’estensione dell’autorizzazione comunitaria a tutti i tipi di prodotto, della condivisione e protezione dei dati e delle procedure semplificate per l’autorizzazione, sono stati accettati. Non sono invece stati raggiunti risultati totalmente soddisfacenti per quanto riguarda definizione ed etichettatura dei materiali e articoli trattati e sui criteri di esclusione per le sostanze attive. Si è ora in attesa del voto in Commissione Ambiente dove relatrice è una parlamentare tedesca del Partito popolare europeo. I 27 Ministri dell’Ambiente (Consiglio Ambiente) dovrebbero raggiungere una posizione comune sotto la Presidenza belga (secondo semestre del 2010). L’approvazione finale del Regolamento che entrerà in vigore simultaneamente in tutto il territorio comunitario, senza necessità di misure di recepimento nazionali, è attesa per il 2011. Sempre a livello europeo, Federchimica si è fatta promotrice di un progetto di legge che disciplini il mercato dei principi attivi per i prodotti farmaceutici. Le richieste avanzate dalle imprese associate riguardano l’importazione in Europa di principi attivi provenienti da paesi extra-Ue che dovrebbero rispettare le stesse garanzie di qualità richieste alle imprese italiane ed europee, verificate con ispezioni obbligatorie da parte di autorità regolatorie europee che ne attestino la conformità alle norme di buona fabbricazione. La Direttiva riguarda la prevenzione dell’ingresso nella filiera farmaceutica legale di medicinali falsificati. Dal momento che durante l’evoluzione di tale norma, soprattutto a livello parlamentare, è emersa la volontà di inserire nel campo di applicazione anche gli eccipienti farmaceutici, Federchimica, su richiesta delle imprese associate coinvolte, ha cercato di emendare il testo in discussione per evitare che i produttori di eccipienti che rispettano sistemi di GMP equivalenti non debbano essere gravati da ulteriori obblighi, più stringenti e non necessari come l’applicazione di GMP relative agli API e/o ai medicinali. L’iter di approvazione della proposta di Direttiva sulla contraffazione dei medicinali dovrebbe concludersi entro il 2011. 19 TORNA ALL’INDICE > 4 Sicurezza prodotti: i regolamenti europei REACH, l’avvio della Registrazione Attività di supporto di Federchimica L’attuazione del REACH volge ormai verso la prima fase, quella della Registrazione, che prevede per i produttori e importatori di sostanze in quantità maggiori le 1.000 tonnellate annue (t/a), l’obbligo di presentare un dossier di registrazione all’ECHA (Agenzia europea per le sostanze chimiche) entro il 30 novembre 2010. Altre sostanze coinvolte sono: le sostanze cancerogene, mutagene e reprotossiche (CMR) di categoria 1 e 2 al di sopra di 1 t/a e le sostanze considerate altamente tossiche per gli organismi acquatici (R50/53) al di sopra di 100 t/a. A livello di Unione europea permane grande incertezza sul numero delle sostanze che saranno registrate alla prima scadenza prevista dal REACH: da una stima iniziale dell’ECHA si faceva riferimento a circa 55.000 sostanze, oggi si stima che saranno circa 9.000 le sostanze che saranno registrate al 2010 di cui 750 dall’Italia. Purtroppo le imprese nella loro maratona verso la registrazione sono “costrette” a operare in un clima di grande incertezza. Infatti alcune delle linee guida e degli strumenti informatici che Commissione e ECHA, avrebbero dovuto mettere a disposizione dell’industria, per adempiere agli obblighi del REACH non sono ancora disponibili. Singolare è poi il caso degli “intermedi”, di cui Commissione/ECHA ha messo in discussione la definizione, come anche la definizione di “Condizioni rigorosamente controllate” entrambe fondamentali per la identificazione di una sostanza come intermedio. Per quelle imprese che, basandosi su oramai definizioni superate, hanno considerato le loro sostanze come intermedi, non ci sarebbe il tempo necessario per redigere un dossier completo. A tutto ciò si sommano ostacoli di tipo procedurale legati all’attività nei SIEF (Substance Information Exchange Forum) quali: la mancata chiarezza degli obblighi e della responsabilità del Lead Registrant e lo scarso coordinamento tra le attività svolte nei SIEF e nei relativi consorzi. Il quadro delineato anticipa che per le imprese giungere preparate alla prima scadenza è arduo, ma nessuno può esimersi dal farlo pena l’esclusione dal mercato (no data no market). Tramite il Comitato Sicurezza Prodotti, Federchimica oltre ad avviare circa sei tra gruppi di lavoro e task force sul tema REACH, ha realizzato nel corso del 2009 eventi importanti per le proprie associate che hanno coinvolto circa 1.000 partecipanti. Tra questi la III Conferenza REACH svoltasi a ottobre, che ha visto la partecipazione dei più importanti soggetti istituzionali coinvolti nell’implementazione del REACH. È già stata pianificata per il 2010 l’organizzazione di seminari e workshop riferiti agli aspetti più critici dello stato di attuazione del REACH. In autunno si terrà la “VI Conferenza Sicurezza Prodotti: il Regolamento REACH”. Nel 2012 è prevista dal Regolamento una serie di revisioni, la più importante delle quali verte sul campo di applicazione e sull’esecuzione delle misure relative all’autorizzazione delle sostanze che destano maggiori preoccupazioni (PBT, vPvB, CMR e ad effetto equivalente). Federchimica ha già incontrato ai suoi massimi livelli il Commissario all’Industria e consolidato i contatti con il Gabinetto del Commissario all’Ambiente. Un costante monitoraggio dovrà essere garantito per evitare che la revisione nel 2012 si trasformi nella produzione di norme ancor più gravose per le imprese. Allo stesso tempo Federchimica è impegnata per fare in modo che norme equivalenti siano sviluppate in ambito internazionale per garantire un leale e coretto quadro competitivo per le imprese chimiche italiane. Il processo per le autorizzazioni delle sostanze Attualmente non si dispone di un elenco di sostanze soggette ad autorizzazione (Allegato XIV), anche se la pubblicazione di tale elenco è prevista entro il primo semestre 2010. Procedono invece i lavori per l’inserimento delle sostanze in “Candidate List”, la lista delle sostanze di elevata pericolosità (SVHC - Substances Very High Concern) 21 < TORNA ALL’INDICE candidate all’inclusione in Allegato XIV (elenco sostanze soggette alla procedura di autorizzazione) che attualmente comprende 30 sostanze. Federchimica, oltre a fornire adeguata informazione sugli obblighi previsti dal regolamento in merito a tale procedura, seguirà con una specifica task force l’evoluzione del processo di autorizzazione e di richiesta della stessa. Il Centro Reach Il Centro Reach, la società creata da Federchimica insieme ad altri partner per assistere le imprese nella definizione delle strategie e nella pianificazione operativa delle procedure del regolamento REACH, ha sviluppato la propria azione nel 2009 nelle seguenti aree: corsi di formazione, tenuti in sede e sul territorio nazionale con il coinvolgimento di circa 420 manager di imprese e 30 funzionari di Amministrazioni pubbliche; alcuni di questi corsi sono stati tenuti in collaborazione con il Reach Centrum (emanazione del Cefic) con cui esiste uno stretto rapporto di collaborazione, con Unichim e con l’Ordine dei chimici della Lombardia; consulenza alle imprese, soprattutto di piccola e media dimensione, per l’applicazione del Regolamento REACH e delle altre normative ad esso correlate; in particolare, il Centro Reach ha supportato 120 imprese attraverso gli audit del loro portafoglio prodotti lungo la catena del valore aggiunto chimico, con la messa a punto di un helpdesk per la gestione dei SIEF (Substance Information Exchange Forum), e per la revisione delle schede di sicurezza; avvio di consorzi: il Centro Reach gestisce 19 consorzi con il coinvolgimento di 42 imprese, che hanno avviato la procedura di Registrazione di oltre 100 sostanze; attività di ricerca e sviluppo: tale attività è stata condotta in stretta collaborazione con università e centri di ricerca sul territorio nazionale. Da aprile 2009, il Centro Reach diffonde una newsletter mensile ad una mailing list con più di 2.000 destinatari. Nel corso del 2009, ha attivato un corso di formazione indirizzato esclusivamente al nuovo Regolamento CLP (Classification Labelling Packaging), per il quale è prevista la notifica entro il 3 gennaio 2011. Il Regolamento CLP Il 20 gennaio 2009 è entrato in vigore il Regolamento Ce n. 1272/2008 (il cosiddetto “Regolamento CLP”) relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che modifica e abroga le Direttive 22 67/548/Cee e 1999/45/Ce e che reca modifica al Regolamento Ce n. 1907/2006. Il nuovo Regolamento, applicando nell’Unione europea i criteri internazionali mutuati dal Sistema Globale Armonizzato Mondiale GHS (Globally Harmonised System), ha l’obiettivo di armonizzare i criteri per la classificazione e le norme relative all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele pericolose garantendo la libera circolazione delle stesse sul mercato globale e al contempo un elevato livello di protezione per la salute dell’uomo e di tutela dell’ambiente. Il regolamento introduce grandi cambiamenti in ambito industriale: dalla classificazione delle sostanze e delle miscele, coinvolgendo in maniera pesante i cosiddetti utilizzatori a valle (si prevede un notevole aumento del numero di miscele classificate come pericolose), al cambiamento nelle schede di sicurezza, che andranno riformulate, e nelle etichette di pericolo, nelle quali muteranno gli attuali pittogrammi di pericolo, le indicazioni di pericolo, le frasi di rischio R e i consigli di prudenza S. L’applicazione dei nuovi criteri di classificazione ed etichettatura (anche ai fini del REACH) è obbligatoria a partire dall’1 dicembre 2010 per le sostanze e dall’1 giugno 2015 per le miscele. Entro il 3 gennaio 2011 inoltre, i produttori e importatori di sostanze immesse sul mercato l’1 dicembre 2010, e successivamente entro 30 giorni dall’immissione sul mercato, dovranno provvedere a notificarne la classificazione e l’etichettatura all’ECHA tramite il portale REACH-IT. La mancanza di una soglia legata al tonnellaggio e l’estensione dell’obbligo anche alle sostanze in ricerca e sviluppo immesse sul mercato determina il coinvolgimento di un numero elevatissimo di sostanze soggette a notifica, la stessa ECHA stima che il numero di notifiche arriverà a superare di gran lunga i 20 milioni (10 volte tanto la pre-registrazione per il REACH). Gli oneri derivanti dall’applicazione del nuovo Regolamento sono diversi. Le imprese dovranno valutare la necessità di formare il personale tecnico, riclassificare tutte le proprie sostanze e miscele e rielaborare di conseguenza le schede dati sicurezza e le etichette. Al fine di supportare le imprese nella comprensione e successiva implementazione della nuova normativa, evidenziando i cambiamenti introdotti e identificando gli obblighi previsti a carico dell’industria, all’interno del Comitato sicurezza prodotti di Federchimica, è stata istituita un’apposita task force che ha sviluppato una linea guida specifica a cui è stata dedicata una collana editoriale, disponibile in Banca Dati Documentale a tutte le imprese associate. TORNA ALL’INDICE > 5 Politiche energetiche e climatiche Nel campo dell’energia, settore importante per l’industria chimica, anche nel 2009 si sono verificati sviluppi significativi, non sempre però verso una situazione di semplificazione di un quadro già intrinsecamente complesso. L’incertezza causata dalla mancanza di un accordo generale è a sua volta un ostacolo per la decisione degli investimenti necessari, a livello globale, che richiederebbero un quadro certo di norme e quindi di valore delle emissioni di gas serra. Le politiche climatiche Possibili azioni come le “Border Adjustment Measures” (penalizzazioni dei prodotti importati da paesi con politiche climatiche non restrittive), che si presentano come soluzioni concrete per gestire la coesistenza di regole diverse in diverse regioni sulla politica climatica, devono scontare difficoltà dovute alla loro problematica fattibilità e al forte disturbo causato alle relazioni commerciali internazionali. Le politiche di contrasto alla minaccia di cambiamento climatico, la cui presenza è molto diffusa in tutte le agende mondiali, sono legate a quelle dell’energia: esse hanno subito certamente un contraccolpo negativo dagli esiti della Conferenza sul clima di Copenhagen (COP 15). Su tale Conferenza si erano concentrate le aspettative di conclusione di un accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di gas serra, che si erano tradotte in un programma temporale dettagliato fin dalla Conferenza di Bali del 2007 e noto come “Bali Roadmap”. Gli esiti negativi registrati hanno sottolineato la difficoltà di superare i limiti della politica finora realizzata con il Protocollo di Kyoto, basata sul principio delle “common but differentiated responsibilities”. L’assenza di impegni vincolanti di riduzione delle emissioni per i paesi in via di sviluppo, che concentrano le maggiori previsioni di crescita delle emissioni, toglie ogni efficacia ad un simile programma, che finora registra anche la mancata adesione di paesi come gli USA (singolare è poi che paesi come la Cina conservino, in queste classificazioni delle varie economie, la stessa posizione di alcuni decenni fa). La divergenza delle posizioni registrate a Copenhagen è stata tale da rendere difficilmente ipotizzabile il raggiungimento di un accordo internazionale ampio in tempi brevi: ciò dovrebbe essere motivo per l’Unione europea di riflettere sull’inefficacia della sua politica, che aspirava a fungere da esempio da seguire da parte delle altre regioni del mondo e da traino per un accordo globale. L’Europa comunque continua a sviluppare il proprio programma, di cui parte importante sono lo Schema Europeo di Emissions Trading (ET) post 2012 e l’impegno sulle fonti di energia rinnovabili (tradotti rispettivamente nelle Direttive 2009/29/Ce e 2009/28/Ce), delle quali un aspetto rilevante è l’impegno di sostituzione del 10% dei carburanti per il trasporto con biocarburanti. Il meccanismo intrinsecamente semplice dello Schema di Emissions Trading, quando applicato su scala universale, diviene tuttavia significativamente complicato nella sua applicazione su scala “regionale” (ad esempio, per proteggere la competitività delle imprese coinvolte rispetto ai concorrenti in paesi con politiche meno restrittive). Nel 2009 si è conclusa con esito soddisfacente la definizione della lista dei settori esposti al rischio di delocalizzazione delle emissioni di carbonio (Carbon Leakage), in attesa di perfezionare i criteri di benchmarking, base per l’assegnazione di quote gratuite di emissioni. In questo campo si segnalano le emergenti e non facilmente superabili difficoltà tecniche per il trattamento dei “flussi di calore” tra diversi impianti, soggetti o meno allo Schema ET. 23 < TORNA ALL’INDICE In Italia, nell’applicazione dello Schema ET, sono sorti problemi fin dall’estate 2009, causati dall’esaurimento della riserva di quote per i nuovi entranti: senza una soluzione di questo problema, si crea una discriminazione tra le imprese già soggette allo schema e quelle che avviano nuovi impianti, che sarebbero costrette a comprare le quote altrimenti di assegnazione gratuita. Infine, a proposito della recessione economica, che ha avuto un pesante effetto sulle economie nel 2009, e quindi anche sulle emissioni di gas serra che si sono ridotte, c’è da segnalare un paradosso, causato dall’impostazione della politica europea in campo climatico, che non distingue le riduzioni di emissioni ottenute per effetto di aumentata efficienza (situazioni positive) da quelle ottenute per riduzione del livello dell’attività produttiva, che vengono assimilate ad un successo della politica climatica. In particolare, i dati delle emissioni di gas serra dell’Italia fanno registrare: per il 2008, emissioni per 541 Mt CO2 eq, effetto del contenimento delle emissioni dopo il picco del 2005; per il 2009 (da dati di stime preliminari, non essendo disponibili quelli ufficiali) emissioni per 496 Mt CO2 eq, effetto della recessione e quindi non motivo di soddisfazione. Per quanto riguarda le fonti di energia rinnovabile, la Direttiva 2009/28/Ce assegna all’Italia obiettivi molto impegnativi: il valore del 17% di energia proveniente da fonti rinnovabili è praticamente impossibile da raggiungere con misure interne, e l’avvicinamento dell’obiettivo dipende purtroppo da una circostanza non augurabile, cioè un ridotto valore totale del consumo di energia al 2020. Le modalità di conteggio dei consumi finali di energia, ai fini della verifica del risultato che sarà raggiunto, danno un peso maggiore alle fonti di energia rinnovabili impiegate per usi termici, rispetto a quelli elettrici, e questo dovrebbe spingere a privilegiare questi impieghi, per quanto possibile. Tra le azioni da portare a termine a valle dell’approvazione della Direttiva 2009/28/Ce, si ricorda la definizione dei criteri di sostenibilità, che determineranno la possibilità di utilizzo delle fonti rinnovabili ai fini degli obiettivi stabiliti. Si tratta di una discussione molto complessa e con molte incertezze, dovute ai numerosi parametri da considerare per valutare il risparmio di emissioni per l’impiego di fonti rinnovabili, rispetto alle alternative preesistenti. 24 Per quanto riguarda l’impiego di fonti rinnovabili nel settore trasporto, che è il campo più “difficile”, il problema che si profila è quello di un alto costo di riduzione delle emissioni di carbonio, rispetto alle riduzioni in altri settori. I mercati dell’energia A più di un decennio dall’avvento della liberalizzazione, la situazione si presenta in maniera diversa nei due settori principali, energia elettrica e gas naturale, in entrambi i casi con un impegno da parte delle istituzioni e del Governo per affrontare i numerosi punti critici. Nel mercato dell’energia elettrica sono stati fatti molti passi avanti, con la borsa elettrica che ha raggiunto sostanzialmente lo scopo di fornire un efficace segnale di mercato. Tale segnale riflette però le diverse situazioni causate dalle persistenti difficoltà di congestione, a loro volta conseguenza di una rete di trasmissione ancora inadeguata per gli scopi e bisognosa di notevoli interventi sulle infrastrutture, che è in fase di attuazione ma con un consuntivo ancora lontano da un bilancio positivo. A rendere più complicata la situazione è l’esigenza di maggiore sofisticazione richiesta alle infrastrutture di trasmissione, per metterle in grado di gestire l’incremento previsto di energia generata in maniera discontinua e non programmabile, come quella proveniente da fonti rinnovabili. In conseguenza di ciò, i profitti dei produttori dipendono non dall’efficienza degli impianti di generazione, ma dalla loro presenza in zone con infrastrutture di trasmissione insufficienti, che spesso premiano impianti inefficienti (la remunerazione dei produttori è differenziata per zone), mentre i consumatori (che pagano un prezzo uniforme influenzato dalle inefficienze) sono anch’essi penalizzati. Un fatto positivo negli ultimi anni è rappresentato dal programma di rinnovo del parco di generazione, che oggi ha risolto i problemi di insufficienza della potenza installata, ed inoltre è ora forse il più efficiente d’Europa. Restano ancora i problemi strutturali causati da un mix di fonti eccessivamente sbilanciato sul gas, affrontati (ma per il lungo termine) con il recente riavvio di un programma nucleare. Inoltre, si è realizzata una politica di incentivazione delle fonti rinnovabili con lo scopo di recuperare i TORNA ALL’INDICE ritardi esistenti, che ha però bisogno di una correzione al suo eccesso di aggressività (gli incentivi non devono essere eccessivamente generosi, ma accompagnare verso una competitività delle tecnologie incentivate), e di una migliore gestione delle procedure di autorizzazione e realizzazione degli impianti (una situazione con richieste di installazione di eolico e fotovoltaico per una potenza complessiva doppia di quella totale del Paese è certamente un’anomalia da correggere). La sostenibilità degli oneri futuri di incentivazione, che si sommano ai significativi oneri “di sistema” esistenti, porta alla riflessione sulla loro possibile allocazione alla fiscalità generale anziché sui consumatori di energia (industriali e non). Proposte in tal senso sono formulate anche dall’Autorità di regolazione. Nonostante le molte difficoltà, si segnala un’iniziativa del Governo per intervenire sul divario delle condizioni competitive per i consumatori industriali intensivi, con la previsione di facilitazioni a fronte dell’impegno al finanziamento di infrastrutture di interconnessione con l’estero: si tratta dell’iniziativa di interconnector, su cui Federchimica esprime un giudizio positivo. Concludiamo la trattazione degli aspetti riguardanti il mercato elettrico con: > late comunque iniziative atte a migliorare le condizioni di mercato: ci riferiamo, oltre alla citata legge 99/2009, anche, ad esempio, all’iniziativa di gas release dell’estate 2009 che, seppure realizzata con aspetti che si ritengono migliorabili, costituisce un importante precedente. Federchimica ha contribuito con Confindustria, e con il supporto tecnico di McKinsey, ad elaborare uno studio che ha prodotto proposte che sono state affidate all’Autorità. Le proposte mirano, oltre che all’avviamento di una borsa gas, a intervenire su due aspetti importanti per i consumatori industriali: l’accesso alle strutture di stoccaggio, attualmente destinate totalmente agli “shipper” con clientela civile (con conseguente discriminazione a scapito della clientela industriale); la gestione in maniera flessibile delle esigenze di bilanciamento. L’obiettivo, da perseguire anche in maniera graduale, è di rendere possibile l’ingresso di nuove quantità di gas nel mercato italiano, e di valutare la realizzazione di opzioni (oggi non realizzabili) come l’acquisto di quantità spot sui mercati esteri, per utilizzarle in tempi differiti. l’esigenza di riorganizzazione del trattamento della cogenerazione, attualmente non ancora sufficiente a realizzare le sue potenzialità, tra l’altro rese possibili dall’industria chimica, con la sua capacità di assorbimento di energia termica. È necessario portare il trattamento della cogenerazione al livello di quello che si realizza negli altri paesi d’Europa. Ad avviso di Federchimica, si dovrebbe valorizzare anche l’altro fattore operativo, consentito da una domanda stabile e continua di calore; la revisione della normativa riguardante le reti interne di utenza, che potrà poi permettere di regolare le condizioni per favorire l’ulteriore sviluppo e attrazione di nuove iniziative nei poli industriali. I provvedimenti in queste e altre aree sono previsti nella Legge 2009/99, varata a fine luglio 2009, e che costituisce un importante riferimento per il mercato dell’energia in generale. Sul mercato del gas la situazione è meno soddisfacente rispetto al mercato dell’energia, ma nel 2009 si sono segna25 TORNA ALL’INDICE > 6 Logistica e competitività La strategia e gli strumenti L’attuale momento economico è complesso e tuttora in forte turbolenza. L’economia globalizzata, gli stabilimenti di produzione delocalizzati, gli approvvigionamenti e le scorte sono oggi più che mai elementi di differenziazione competitiva. La maggior parte dei macrofenomeni che hanno influenzato l’attuale fase congiunturale hanno ricadute dirette sui processi logistici delle imprese. La logistica svolge nell’economia e nella vita civile le funzioni che il sistema circolatorio del sangue ha nel corpo umano. Per assicurarne il benessere, occorre immettere e recuperare regolarmente dal circolo il prezioso fluido vitale. Se per logistica si intende quell’attività che serve a fare arrivare il prodotto giusto nel tempo giusto e a costi accettabili (ciò vale in particolare per l’industria chimica), è necessario e inevitabile aggiungere ulteriori elementi a costi socialmente e ambientalmente sostenibili. Ciò comporta realizzare infrastrutture ma anche sviluppare l’intermodalità e ridurre la movimentazione a vuoto. Nella chimica italiana giocano un ruolo molto forte i distributori, che a loro volta operano in un regime fortemente concorrenziale, più che in altri paesi europei. La concorrenza dovrebbe favorire il ribasso dei costi di distribuzione ma lo spedizioniere, nelle sue varie declinazioni spesso raggruppate genericamente nella definizione di “attività ausiliaria di trasporto”, è però vincolato da una serie di parametri rigidi imposti dalla domanda, quali la scarsa disponibilità di risorse finanziarie, i contenuti margini di tempo a disposizione, la ridotta volontà di “accorpamento logistico” tra imprese clienti. In base a tali parametri, l’offerta ha disegnato un sistema logistico di supporto i cui tratti caratteristici fondamentali possono essere riassunti nei seguenti punti: carichi medi molto contenuti; frequenza degli spostamenti molto elevata; punti di origine e di destinazione piuttosto diffusi sul territorio; livelli di programmazione a brevissimo termine. Trasporti sostenibili, sicurezza, integrazione modale, investimenti mirati e coerenti, liberalizzazione e protezione dei diritti dei viaggiatori sono i pilastri della nuova strategia per i trasporti messa a punto dal Vicepresidente e Commissario ai Trasporti che ha individuato sette aree di intervento sulle quali concentrare gli sforzi: creazione di un’area comune di trasporto europea a beneficio di imprese e cittadini e conseguente rimozione degli ostacoli alla libera circolazione; attuazione e rafforzamento del quadro normativo in materia di sicurezza e performance ambientali dei veicoli; riduzione delle emissioni di gas serra attraverso una corretta internazionalizzazione dei costi esterni dei diversi modi di trasporto, adeguati meccanismi di tariffazione, trasferimento modale ove giustificati; incentivazione delle tecnologie e dell’innovazione (ITS) per migliorare la sostenibilità dei trasporti e la gestione del traffico; sostegno alla dimensione internazionale dei trasporti, promuovendo la competitività nei comparti a vocazione globale quali i trasporti marittimi; incremento e concentrazione degli investimenti per le infrastrutture e creazione di nuovi strumenti di finanziamento degli investimenti da concentrare prevalentemente su nodi e sui collegamenti con l’Europa dell’est. La mobilità futura, all’interno dello spazio senza frontiere dell’Unione europea e nei singoli paesi membri che la compongono, può essere garantita solo da una comune politica dei trasporti secondo gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee alla cui definizione concorrono la condivisione di alcuni valori fondamentali quali la difesa ambientale e il diritto della libera circolazione delle persone, delle cose e dei capitali. La Ue deve favorire lo sviluppo dei trasporti, adottando provvedimenti normativi e interventi a sostegno delle migliori tecnologie innovative nel settore. 27 < TORNA ALL’INDICE Il concetto della intermodalità deve presiedere all’impostazione di ogni progetto infrastrutturale relativo al sistema di trasporto, ai tre livelli cui costantemente è necessario fare riferimento: locale, nazionale e internazionale, inteso quest’ultimo nella dimensione che supera i confini europei e si colloca sempre più nel contesto mondiale. In questa visione deve essere definita la politica europea dei trasporti, tenendo conto soprattutto dell’evoluzione tendenziale di alcune problematiche che più direttamente la condizionano o ne sono influenzate. Esse sono al centro della sfida al sistema di mobilità e andranno a influenzare lo sviluppo futuro della politica dei trasporti nei decenni a seguire: invecchiamento della popolazione, migrazione, mobilità interna, ambiente ed energia, urbanizzazione e globalizzazione. Tutto ciò dimostra la necessità di concentrare la futura politica europea per i trasporti verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di facile utilizzo per l’utente. Il trasporto delle merci pericolose e la gestione delle emergenze L’anno 2009 è stato caratterizzato, almeno in Italia, dal grave incidente di Viareggio che ha fortemente rifocalizzato l’attenzione sulla sicurezza, in particolare nella fase di trasporto, come nucleo centrale dell’azione di sviluppo sostenibile. Gestori dell’infrastruttura ferroviaria, imprese ferroviarie in competizione tra loro, operatori del trasporto e della logistica che comperano il servizio di trazione ferroviario, società che noleggiano carri e locomotive, imprese di manutenzione ordinaria e straordinaria dei carri, industrie produttrici di materiale rotabile costituiscono, per sommi capi, l’elenco dei soggetti che compongono la filiera del trasporto ferroviario in un contesto di liberalizzazione. Nel corso di pochi anni si è passati infatti da una “sicurezza di sistema”, assicurata dal produttore monopolistico ed integrata del servizio, ad una “sicurezza federativa”, frutto dell’azione concertata di una pluralità di soggetti senza che si sia tempestivamente acquisita, soprattutto da parte del regolatore, la consapevolezza di questa radicale trasformazione di scenario. L’Europa ha ormai comunemente convenuto sull’idea che la rete debba restare di proprietà dello Stato in quanto monopolio naturale, mentre il mercato ferroviario, aperto alla competizione, è costituito da servizi di trasporto di media e lunga distanza, sia merci che passeggeri, che possono essere esercitati in regime di concorrenza tra 28 diversi soggetti produttori del servizio con l’utilizzo delle tracce orarie messe a disposizione dai diversi gestori della rete ferroviaria europea. In un mercato di dimensione europea, con un sistema di regole orientato alla competizione senza più un presidio degli ex-monopolisti, diventa indispensabile che il sistema delle regole per la sicurezza sia di carattere comunitario. Regole solo nazionali sulla sicurezza del trasporto ferroviario delle merci non sono sufficienti, considerata la dimensione comunitaria del mercato e la tendenziale prevalenza della concorrenza proprio sui servizi di carattere sovrannazionale. Va quindi prioritariamente rafforzata l’Agenzia Ferroviaria Europea (ERA), affidando a tale organismo almeno quattro compiti cruciali: gestione/mantenimento di un registro comunitario sul materiale rotabile che circola sulla rete europea, così come accade per il trasporto aereo, con l’assunzione di provvedimenti restrittivi per i soggetti che evidenziano comportamenti devianti rispetto agli standard di sicurezza definiti; definizione degli standard manutentivi sugli asset, individuando protocolli che devono avere valore ed efficacia sull’intero territorio della Ue; certificazione dei soggetti abilitati ad interventi manutentivi sul materiale rotabile europeo, definendo le caratteristiche tecnologiche e professionali che possono abilitare un’impresa ed essere attori di una componente così sensibile nel processo della sicurezza; definizione del trasporto ferroviario. Attribuire più poteri all’ERA è l’orientamento della Commissione europea, per migliorare la sicurezza dei trasporti ferroviari in Europa, che dovrebbe avere competenza di certificazione per ogni singolo veicolo, certificare le attività delle singole agenzie nazionali, promuovere ispezioni a campione sul territorio e partecipare alle richieste relative agli incidenti ferroviari. Lo stesso rapporto annuale ERA sulla sicurezza del trasporto ferroviario dovrebbe avere una maggiore diffusione, non limitata alla sola Commissione. Interventi sono previsti anche sul fronte dei controlli che dovrebbero tenere conto non solo del chilometraggio ma anche dei tempi di utilizzo e dei pesi trasportati per arrivare ad una stima del logoramento effettivo sopportato dalle macchine. Nel frattempo la Commissione europea ha già approvato un piano per l’implementazione su larga scala dell’ERTMS (European Rail Traffic Management System), il sistema di segnalazione e gestione del traffico su rotaia che entro il 2015 equipaggerà i principali corridoi europei per un TORNA ALL’INDICE totale di 10.000 km di rete, laddove in Europa operano più di venti sistemi nazionali per il controllo della velocità, tutti incompatibili tra loro. Occorre in ogni caso porre attenzione anche alla ripartizione dei compiti tra ERA e organismi nazionali di vigilanza ai quali andrebbero affidati esclusivamente controlli ispettivi per assicurare una maggiore conformità dei diversi soggetti alle regole definite a livello comunitario. All’ERA dovrebbero invece essere demandati i compiti di armonizzazione su scala sovrannazionale delle regole per la sicurezza e la responsabilità per assicurare standard omogenei dei comportamenti a presidio della sicurezza europea. Reagire all’incidente di Viareggio, rafforzando solo l’organismo di vigilanza nazionale, sarebbe una misura inadeguata, soprattutto se si traducesse nell’emanazione di normative nazionali restrittive alla circolazione ferroviaria delle merci in un contesto europeo privo di una cornice unitaria di riferimento. Per scongiurare “fughe in avanti” dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF), relativamente ad iniziative a breve-medio termine riguardanti il trasporto delle merci pericolose, Federchimica, con altre associazioni, si è mossa per richiamare l’opportunità che tali disposizioni siano ricondotte in ambito europeo ove le norme comunitarie sono tuttora in fase di elaborazione, per dare risposta alla domanda di sicurezza che emerge a seguito dell’incidente di Viareggio. La proliferazione di iniziative scollegate, dettate solo dall’emotività del momento, rischia, in assenza di standard definiti e condivisi, di essere solo un ostacolo al già difficile sviluppo del traffico ferroviario che dovrebbe essere invece obiettivo del regolatore, anche per motivi di sicurezza, se si guarda al sistema dei trasporti nel suo complesso. Tra le attività istituzionali di Federchimica, oltre alla partecipazione attiva ai lavori, in sede di Commissioni e task force ministeriali e confindustriali, a tutela degli interessi del settore, vi è naturalmente quella della formazione e informazione che anche nel 2009 l’ha vista protagonista attraverso l’organizzazione di corsi, seminari e conferenze sia presso la propria sede che presso altre associazioni industriali. A ciò si deve aggiungere l’attività editoriale, con la diffusione di best -practices ma anche e soprattutto con la pubblicazione, di concerto con altri > partners, del 34° Emendamento del Codice IMDG per il trasporto per mare delle merci pericolose, così come era stato fatto con il Regolamento stradale ADR e quello ferroviario RID nell’anno precedente. Nel settore della gestione delle emergenze chimiche nel trasporto, Federchimica opera attraverso il S.E.T. (Servizio Emergenze Trasporti) relativamente al quale sono state sviluppate iniziative pilota con la Direzione Centrale per le Emergenze dei Vigili del Fuoco in tema di monitoraggio delle merci e sviluppo di un data-base per la raccolta organica di dati sulla incidentalità. Collegato al S.E.T., in occasione della VI Conferenza Logistica del 20 luglio 2009, è stato presentato dal Vicepresidente della Commissione europea e Responsabile della Politica dei Trasporti, il “Transperanto” (acronimo di “Transport”, “Transparency” ed “Esperanto”), un dizionario di parole chiave, tradotte in 26 lingue europee, per facilitare la comunicazione dei conducenti di veicoli stradali di diversa estrazione linguistica. Il Transperanto nasce da una iniziativa progettata in sede europea dal Cefic (Consiglio Europeo dell’Industria Chimica) che Federchimica ha voluto tradurre in un manuale per rispondere a una precisa esigenza di sicurezza nei trasporti, rappresentata dalla necessità di comprensione tra gli addetti: un problema avvertito anche dalle istituzioni. Il manuale infatti, pubblicato con il patrocinio del Ministero dell’Interno e del Ministero Infrastrutture e Trasporti e che può fregiarsi anche del logo del Dipartimento Protezione Civile presso la Presidenza Consiglio dei Ministri e del Ministero Affari Esteri, Unità di Crisi, sarà distribuito non solo alle imprese di Federchimica ma anche alle Forze di Polizia e ai Vigili del Fuoco per facilitare le operazioni di controllo e assistenza agli autotrasportatori presenti sulla nostra rete stradale. Il Transperanto si inserisce perciò a buon diritto tra gli strumenti per la sfida del rilancio della globalizzazione, che è prioritaria perché centrale a tutte le problematiche dello sviluppo economico, in grado di allargare e integrare il mercato, soprattutto in un momento in cui la crisi finanziaria e reale ha fortemente minato l’economia mondiale e da cui occorre ripartire per recuperare competitività. 29 TORNA ALL’INDICE > 7 Ricerca e innovazione Una delle strade che le imprese hanno cercato di percorrere per fronteggiare la crisi è stata l’intensificazione della ricerca e dell’innovazione, anche con il ricorso a nuove collaborazioni, purtroppo isolate, tra il sistema della ricerca privato e quello pubblico. È ancora difficile coniugare le attività dell’università e gli enti pubblici di ricerca, dove si svolge gran parte della ricerca di base, con le esigenze di un’industria focalizzata sul soddisfacimento a breve delle esigenze del mercato. In più, la stragrande maggioranza delle imprese chimiche operanti in Italia è di dimensione troppo piccola per avere la capacità economica adeguata a sostenere costi e rischi di progetti di ricerca di ampio respiro, che comprendano cioè tutti i necessari stadi di ricerca, e in particolare quella applicata. Per le PMI, come per tutte le altre aziende, il processo di forte cambiamento in atto nella chimica offre molte opportunità, ma anche notevoli rischi. Sono proprio le PMI, infatti, le imprese che soffrono di più le normative ambientali complesse e inutilmente penalizzanti (perché un costo fisso impatta di più su una struttura minore), e che sentono meno la vocazione ad innovare attraverso la ricerca. Questo fenomeno è negativo, in quanto porterà ad un calo ulteriore dell’economia del settore chimico, con la conseguente scomparsa di alcune di queste aziende. Sono quindi queste le imprese che potrebbero avvantaggiarsi di più da una vera collaborazione con la ricerca pubblica. Per cercare di risolvere questo problema e per supportare le imprese nel contatto con il mondo della ricerca pubblica, Federchimica continua a portare avanti rapporti e accordi con le istituzioni di R&S pubbliche, come il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), dove sarebbero presenti numerose soluzioni tecnologiche per i problemi di prodotto e processo delle imprese, le università, la SCI (Società Chimica Italiana) e l’AIDIC (Associazione Italiana di Ingegneria Chimica). Per favorire il trasferimento tecnologico delle innovazioni provenienti da questo settore, Federchimica supporta le imprese nell’applicazione dell’Accordo Quadro con il CNR. L’Accordo Quadro infatti prevede: definizione di specifici progetti elaborati congiuntamente, con obiettivi condivisi da CNR e impresa; assunzione da parte del CNR di costi e rischi relativi all’attività di ricerca applicata; garanzia, da parte dell’impresa, dell’utilizzo dei risultati con assunzione dei relativi costi di industrializzazione e rischi imprenditoriali. Nell’ambito di questo Accordo Quadro, si sono dimostrate utili specifiche azioni mirate alla presentazione dell’offerta CNR alle imprese associate e sono stati fondamentali gli incontri personalizzati, soprattutto diretti alle PMI, finalizzati all’esplicitazione della domanda. Questi incontri messi in atto da Federchimica hanno favorito la nascita di concrete collaborazioni tra imprese e CNR, attraverso la stipula di convenzioni operative e la realizzazione di progetti di ricerca. Fondamentale per implementare la ricerca nelle imprese è l’assunzione di personale qualificato, quali laureati e dottori di ricerca. Recentemente è infatti nato un dibattito sulla figura dei dottori di ricerca, le prospettive di inserimento nel mondo del lavoro e l’adeguatezza dei percorsi formativi alle esigenze del mondo delle imprese. Questo dibattito ha evidenziato un problema di coerenza tra la professionalità degli attuali dottori di ricerca – strettamente legata alla formazione ricevuta – e le esigenze dei nuovi settori di sbocco. L’assunzione di un dottore di ricerca, anziché di un neo-laureato magistrale, da parte di un’impresa dovrebbe essere basata sul riconoscimento di una superiore professionalità che possa giustificare la maggiore età del candidato al momento dell’assunzione e uno stipendio più elevato. Le caratteristiche professionali premianti sono, oltre alla preparazione tecnico scientifica, la cultura progettuale e il grado di autonomia che il dottore di ricerca deve dimostrare. In altri termini, l’impresa può giustificare l’assunzione di un dottore di ricerca anziché di un neo-laureato magistrale – e i maggiori oneri che ne derivano sia in termini di costi 31 < TORNA ALL’INDICE immediati che di aspettative di sviluppo della persona – solo se riconosce di poter affidare al più presto alla persona stessa un progetto di ricerca da gestire con un certo grado di autonomia, con attenzione non solo agli aspetti scientifici, ma anche a quelli gestionali e organizzativi. La competitività prospettica delle imprese chimiche italiane nell’economia della conoscenza non può prescindere da una significativa presenza di dottori di ricerca nei loro organici. È quindi necessario adeguare la formazione di queste figure professionali alle esigenze del sistema di imprese, anche al fine di migliorare la qualità della ricerca imprenditoriale. Per favorire il rilancio della politica industriale, il Governo aveva avviato, a partire dal 2008, una strategia di sostegno, prevedendo una serie di strumenti aventi l’obiettivo di valorizzare la vocazione manifatturiera del Paese, favorendo la partecipazione delle grandi imprese ai processi di collaborazione industriale europei e internazionali ed agevolando la diversificazione industriale in direzione dei settori meno tradizionali ed altamente innovativi. Di conseguenza, dopo un’analisi sulle cause della perdita di competitività del Paese, il Governo aveva individuato cinque aree strategiche di innovazione tecnologica (“Efficienza energetica”, “Mobilità sostenibile”, “Nuove tecnologie per il made in Italy”, “Nuove tecnologie della vita” e “Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche”) che sono state inserite nel programma di finanziamento “Industria 2015”. Ad ogni area corrisponde un Progetto di Innovazione Industriale (PII), sulla cui base sono finanziati grossi progetti di ricerca industriale e sviluppo competitivo utili per aumentare la competitività del mondo delle imprese operanti in Italia. Grazie al programma sono stati pubblicati bandi per tre delle cinque aree (“Efficienza Energetica”, “Mobilità Sostenibile” e “Nuove Tecnologie per il made in Italy”), e sono stati ammessi a finanziamento, rispettivamente, 30 progetti di ricerca e innovazione sui 92 presentati (che attiveranno circa 500 milioni di euro di investimenti), 25 progetti su 50, per investimenti complessivi pari a circa 450 milioni di euro e 104 progetti per un investimento complessivo di circa 638 milioni di euro. A livello europeo, il ruolo dell’industria chimica è fondamentale per l’aumento della competitività del proprio settore e di quelli a valle. Infatti, solo il 30% del consumo europeo di prodotti chimici è destinato direttamente agli end users: il 70% invece è utilizzato dai downstream users. Inoltre, l’industria chimica europea, in questo momento, sta affrontando una forte competizione con i paesi emergenti: 32 l’innovazione è fondamentale per superare questa sfida. Per implementare lo sviluppo dell’industria chimica sono fondamentali alcune azioni, come la più stretta cooperazione tra l’università, l’industria chimica e gli attori a valle, l’aumento dell’eccellenza dei risultati della ricerca e lo sviluppo di start up innovative. Sarebbe inoltre opportuno creare un sistema di incentivi all’innovazione più forte; promuovere l’accettazione dell’innovazione nell’opinione pubblica; stabilire priorità nella ricerca per la crescita, la salute e l’ambiente; favorire il trasferimento delle conoscenze e dell’innovazione; promuovere la cultura scientifica; adoperarsi per colmare il gap formativo; e favorire la presenza di fondi di venture capital per lo sviluppo iniziale di start up innovative. La proprietà intellettuale è fondamentale per la competitività dell’industria chimica, soprattutto per le PMI. In Europa però, rispetto alla situazione di USA e Cina, i costi di brevettazione sono troppo elevati, anche a causa di una forte frammentazione del sistema brevettuale. Per promuovere lo sviluppo di brevetti, sarebbe fondamentale l’adesione dei vari paesi al “London Agreement”, che consentirebbe una semplificazione rispetto al sistema attuale. Dal 2007, per promuovere le attività di R&S, in Europa è stato avviato il VII Programma Quadro RST della Commissione europea. Con questo programma, la Commissione europea ha stanziato oltre 50 miliardi di euro per progetti di ricerca previsti nel periodo 2007-2013. Fino ad oggi, la percentuale di successo nel VII Programma Quadro di imprese e centri di ricerca nazionali è ancora bassa (18%), anche se l’Italia ha aumentato la sua partecipazione ai bandi. Inoltre è stata data una maggiore considerazione alle piattaforme tecnologiche come strumenti per individuare i settori cui attribuire i fondi: in particolare per il settore chimico è molto importante il ruolo della piattaforma tecnologica europea “Suschem” (Sustainable Chemistry) e il suo rapporto con la Commissione europea. Per promuovere la partecipazione delle proprie imprese al VII Programma Quadro, Federchimica sta proseguendo un’attività di informazione e di supporto alla presentazione di progetti. Attraverso l’organizzazione di seminari operativi, Federchimica ha avviato uno specifico servizio attraverso la sua società controllata SC Sviluppo chimica. Dato che è molto importante che le imprese chimiche partecipino a questi schemi di finanziamento per aumentare la propria competitività sia a livello nazionale che europeo, TORNA ALL’INDICE la Federazione intende supportare le proprie associate nell’identificazione di contatti internazionali e nella gestione dei progetti di ricerca. Per questo Federchimica ha messo a disposizione uno specifico strumento informatico, già condiviso a livello europeo. lo sviluppo sostenibile. Gli obiettivi delle azioni di Federchimica sono quelli di creare una rete di contatti utile per avviare progetti di R&S nelle nanotecnologie e per sostenere le proprie imprese nella partecipazione a bandi di gara europei. In Europa le nanotecnologie hanno sempre maggiore rilevanza: nel VII Programma Quadro, infatti, è stata dedicata una parte consistente di finanziamento (3.5 miliardi di euro) a queste tecnologie emergenti. Le nanotecnologie rappresentano un nuovo approccio alla ricerca e allo sviluppo finalizzato a controllare la struttura fondamentale e il comportamento della materia a livello di atomi e di molecole. Attualmente stanno facendo la loro comparsa applicazioni in molti settori diversi fra loro quali la salute, le tecnologie dell’informazione, le scienze dei materiali, l’industria manifatturiera, l’energia, la sicurezza e lo spazio. Molte PMI inoltre utilizzano o producono materiali che sono e saranno condizionati dalle nanotecnologie. Maggiore rilievo è stato dato anche alle normative che possano regolare la produzione e l’utilizzo delle nanotecnologie. A livello europeo è infatti da anni in corso un dibattito sulla possibilità di adottare una legislazione comunitaria ad hoc per i nanomateriali, considerandoli così una classe di prodotti a se stante. Al contrario, i nanomateriali sono da considerare come altri prodotti chimici e quindi le imprese sono già impegnate a valutarne l’impatto seguendo la normativa esistente. Un aspetto però fondamentale è la mancanza di una definizione condivisa a livello europeo di “nano materiale”. Federchimica perciò, in collaborazione con il Cefic e le altre federazioni europee, sta avviando un dialogo con le autorità per arrivare a una definizione condivisa applicabile anche a livello normativo. Parallelamente, Federchimica si sta occupando anche della valutazione del biossido di titanio secondo le richieste del REACH e dei rischi e opportunità dei nanomateriali anche sul fronte della sicurezza negli ambienti di lavoro, in collaborazione con le autorità nazionali. Un ampio dibattito che coinvolga sia le imprese, sia i centri di ricerca, sia il pubblico è necessario. Questo può portare ad un’analisi efficace dei benefici e dei rischi sia reali che percepiti. > Federchimica, attraverso lo sviluppo del Programma “Nanotecnologie nell’Industria Chimica” (PNIC), si è attivata per coinvolgere le imprese in un dibattito, con l’aiuto di tutti gli stakeholders che possono essere interessati al settore (imprese, università, centri di ricerca, parchi scientifici e fondi di venture capital), sia dandone notizia a vari livelli, sia preparandosi alla possibilità di partecipare al dibattito in seno all’Unione europea. Dato che sia negli Stati Uniti che in Asia il mercato delle nanotecnologie è da anni avviato con un buon successo, è opportuno che l’Europa, e in particolare l’Italia, inizino ad affrontare con vigore questo nuovo campo. Le nanotecnologie infatti possono migliorare notevolmente la qualità della vita, la competitività dell'industria europea e 33 TORNA ALL’INDICE > 8 Responsible Care: il nostro impegno per lo sviluppo sostenibile L’etica alla base di Responsible Care Secondo la definizione della Commissione Burtland del 1987, lo sviluppo sostenibile è “lo sviluppo in grado di soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Un concetto riconosciuto come un obiettivo fondamentale da parte della comunità internazionale dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) di Rio de Janeiro del 1992, che richiede l’impegno e il contributo attivo di molti stakeholder. Parallelamente, la sicurezza nell’uso dei prodotti chimici è stata inserita come parte integrante dello sviluppo sostenibile, così come indicato dal processo di Agenda 21 e più recentemente nel programma di azione adottato dal summit mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg nel 2002. Il Programma Responsible Care rappresenta la colonna portante dell’industria chimica per lo sviluppo sostenibile. Infatti, esso rappresenta l’etica che guida l’industria chimica verso il miglioramento continuo delle prestazioni, grazie all’adozione di un sistema di gestione integrato di sicurezza, salute e ambiente e verso il dialogo trasparente nei confronti della collettività. Se storicamente i miglioramenti che l’industria chimica ha ottenuto grazie al Programma Responsible Care sono stati principalmente nell’area della sicurezza, della salute e dell’ambiente, è chiaro che gli importanti cambiamenti della società globale negli ultimi anni hanno reso necessaria l’elaborazione di nuove aree strategiche di azione rivolte alla creazione di una supply chain sostenibile, al miglioramento delle prestazioni dei prodotti lungo l’intero loro ciclo di vita, al mantenimento della biodiversità e all’utilizzo di tecnologie “pulite”. Di conseguenza, per l’industria chimica lo sviluppo sostenibile è naturalmente divenuto la continuazione e l’ampliamento del Programma Responsible Care oltre i suoi originari confini. La chimica quindi si pone oggi, attraverso le sue conoscenze, le sue tecnologie ed i suoi prodotti, come un settore portatore di soluzioni per risolvere alcuni dei problemi relativi alla sostenibilità del nostro pianeta: attraverso le innovazioni relative ai semi e alle protezioni delle colture, la chimica può contribuire a ridurre i problemi della fame nel mondo permettendo maggiori produzioni agricole, prezzi più bassi e quindi una più ampia disponibilità di prodotti alimentari; l’industria chimica è in grado di fornire nuove tecnologie per la depurazione dell’acqua e per un suo migliore utilizzo; infine, la chimica può contribuire alla mitigazione del fenomeno dei cambiamenti climatici attraverso soluzioni in grado di ridurre i consumi energetici (es. isolamento degli edifici, materiali leggeri per mezzi di trasporto) o di permettere la produzione di energia da fonti rinnovabili (es. biodiesel, tecnologie per il solare e per l’eolico). Con riferimento a questo ultimo punto l’ICCA (International Council of Chemical Industry) ha calcolato che ogni tonnellata di CO2 equivalente emessa dall’industria chimica ha permesso di ridurre di 2.6 tonnellate la quantità di gas serra emessi da altre industrie e dagli utilizzatori finali. In altre parole, senza le tecnologie e i prodotti chimici, sarebbero state emesse in atmosfera 5.2 miliardi di tonnellate in più, pari all’11% della quantità totale di CO2 emessa. Quindi una più ampia diffusione dei prodotti chimici innovativi è anche un buon modo di favorire una razionalizzazione dei consumi energetici e di contrastare i cambiamenti climatici. 35 < TORNA ALL’INDICE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI DI “GAS SERRA” NEL MONDO GRAZIE ALL’UTILIZZO DI PRODOTTI CHIMICI, NEL 2005 (*) Prodotti con alternative non disponibili nelle applicazioni considerate Fonte: Federchimica, ICCA Il grafico mostra le applicazioni di prodotti chimici che più contribuiscono al risparmio energetico e quindi alla riduzione delle emissioni di gas serra in atmosfera. Il Programma Responsible Care in Italia In Italia, il Programma è presente dal 1989 e attualmente vi partecipano 175 imprese di grande, media e piccola dimensione di proprietà nazionale ed estera. Esse rappresentano un campione dell’industria chimica in Italia statisticamente molto significativo, in quanto corrispondono a circa il 55% del fatturato e oltre il 50% dei dipendenti. I dati che annualmente le imprese aderenti al Programma raccolgono e che vengono pubblicati nel rapporto annuale Responsible Care dimostrano come l’industria chimica in Italia si sia profondamente impegnata per perseguire la sostenibilità dei suoi processi e dei suoi prodotti. 36 Emissioni in acqua e aria Le emissioni in atmosfera sono state ridotte dalle imprese aderenti a Responsible Care, rispetto al 1989, di valori compresi tra l’80% e il 95% a seconda dei parametri presi in considerazione. Questi risultati sono stati possibili grazie alle innovazioni di processo, alle nuove tecnologie e ai sistemi di abbattimento a camino degli impianti chimici. Il miglioramento continuo dei processi industriali e la maggiore efficienza degli impianti di trattamento degli scarichi sono i due fattori alla base della riduzione delle emissioni inquinanti nei corpi idrici. I cinque principali parametri presi in considerazione nel 2008 presentavano valori inferiori dal 40% all’80% rispetto al 1989. L’industria chimica è poi stata particolarmente efficiente nella riduzione delle emissioni di gas serra. Tale riduzione ha riguardato fondamentalmente due gas: la CO 2 derivante dai processi di combustione e l’N2O. La CO2 si è ridotta principalmente prima del 2005, anche grazie all’incremento dell’efficienza dei processi di combustione ed al miglioramento del mix di combustibili negli usi TORNA ALL’INDICE UNO SGUARDO D’INSIEME SULLE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI IN ARIA DA PARTE DELLE IMPRESE ADERENTI A RC UNO SGUARDO D’INSIEME SULLE RIDUZIONI DELLE EMISSIONI IN ACQUA DA PARTE DELLE IMPRESE ADERENTI A RC (indici 1989=100) (indici 1989=100) Fonte: Federchimica-Responsible Care energetici da parte delle imprese. Le emissioni di N2O si sono abbattute di quasi il 90% rispetto al 2005 grazie a nuove tecnologie di processo. Mentre in Italia assistiamo ad un aumento delle emissioni di gas serra di oltre il 7%, tra il 1990 e il 2007, sia > Fonte: Federchimica-Responsible Care l’industria chimica (-50%), sia le imprese aderenti a Responsible Care (- 61%) hanno ottenuto risultati migliori degli obiettivi indicati dal Protocollo di Kyoto e sono già in linea con quanto richiesto dagli obiettivi della Commissione europea per il post Kyoto al 2020. ANDAMENTO E STRUTTURA DELLE EMISSIONI DI “GAS SERRA” DELL’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA: CONFRONTI CON GLI OBIETTIVI DI KYOTO E DELL’UE Fonte: Ispra, Istat 37 < TORNA ALL’INDICE Lavorare in sicurezza ha finanziato investimenti in nuovi impianti e macchinari in grado di migliorare il proprio ciclo produttivo, ha sviluppato sistemi di gestione formalizzati (che in molti casi hanno ottenuto la certificazione), oltre a garantire elevati standard di performance. L’industria chimica non solo è rispettosa dell’ambiente ma dimostra anche una particolare attenzione nel garantire la sicurezza dei propri dipendenti all’interno dei luoghi di lavoro: l’indice di frequenza degli infortuni (ossia il numero di infortuni per milione di ore lavorate), elaborato da dati Inail per tutti i settori economici, dimostra come i luoghi di lavoro della chimica siano tra i più sicuri, registrando una performance di 9.7 mentre il valore mediano dell’industria manifatturiera si attesta a 21.2. Inoltre, circa 100 milioni di euro sono stati destinati a bonifica dei suoli e delle acque di falda e testimoniano l’approccio responsabile dell’industria chimica nel voler sanare eventuali inquinamenti pregressi. Per ottenere questi risultati le imprese chimiche aderenti a Responsible Care hanno impiegato ingenti risorse finanziare e professionali. Esse hanno investito complessivamente 914 milioni di euro nel 2008 per garantire standard sempre più elevati di rispetto ambientale, sicurezza e salute dei dipendenti. Le spese per sicurezza, salute e ambiente si confermano quindi molto importanti negli ultimi anni e sono strutturalmente dell’ordine del 3% del fatturato complessivamente generato. Attraverso queste risorse economiche, l’industria chimica Negli ultimi due anni, l’industria chimica italiana ha sofferto in modo importante le conseguenze della crisi economica e finanziaria generatasi a livello globale. Purtuttavia il contesto nazionale, sempre più fortemente caratterizzato da una domanda di sostenibilità delle attività economiche proveniente da tutti i principali stakeholder (autorità pubbliche, clienti, consumatori, opinion leader e cittadini), evidenzia la necessità per l’industria chimica di supportare attivamente la sfida in atto del cambiamento ambientale e sociale. Ciò permetterà alla chimica di INFORTUNI SUL LAVORO: CONFRONTO TRA SETTORI ECONOMICI (*) Media aritmetica del triennio 2006-2008 Fonte: Federchimica-Responsible Care, elaborazione su dati Inail 38 TORNA ALL’INDICE > IMPRESE ADERENTI A RESPONSIBLE CARE: ANDAMENTO E STRUTTURA DELLE SPESE IN HSE(*) (*) Spese HSE = Investimenti HSE (I) + Costi Operativi (CO) Fonte: Federchimica-Responsible Care superare le attuali difficoltà e di rimanere un settore strategico per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese. L’industria chimica, grazie ad un approccio che è andato oltre al mero rispetto dei limiti di legge, ha dimostrato negli anni il proprio contributo allo sviluppo sostenibile. Ora questo impegno deve continuare soprattutto spingendo l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti e di nuove tecnologie di processo che possano garantire la sostenibilità nostra e quella delle generazioni future. 39 TORNA ALL’INDICE > 9 Relazioni industriali e risorse umane Nella seconda parte del 2009 l’attività della Direzione Centrale Relazioni Industriali è stata caratterizzata dalla preparazione e dalla conduzione del negoziato per il rinnovo contrattuale che, avviato il 6 ottobre, si è concluso con l’accordo di rinnovo del 18 dicembre 2009, e quindi prima della naturale scadenza del CCNL, prevista per fine anno. Il rinnovo del CCNL La fase di preparazione interna al rinnovo, iniziata come consuetudine con largo anticipo e conclusa alla vigilia dell’avvio del negoziato, ha confermato e sviluppato lo stile partecipativo dell’attività della Direzione. Il contributo delle imprese, sia a livello politico-strategico sia a livello tecnico, ha accompagnato tutta la fase della trattativa ed è stato come sempre ampio e qualificato. Il dato quantitativo relativo agli incontri formali realizzati all’interno del sistema della Federazione, oltre 80, dà la misura di quanto siano state dibattute e approfondite al nostro interno le scelte contrattuali, con un’attività costante di confronto e condivisione delle stesse. Il negoziato contrattuale è stato realizzato in un momento particolarmente difficile, considerata la situazione di diffusa e generalizzata crisi economica. Nonostante tale contesto, reso ancor più complesso dalla delicata situazione tra le varie sigle sindacali che ha portato alla presentazione di ben cinque diverse piattaforme, la trattativa si è svolta, come consuetudine, in un clima costruttivo e trasparente, incentrato sul merito delle questioni oggetto del confronto. La capacità del settore di realizzare un rinnovo contrattuale ancora una volta fortemente innovativo, trova la sua motivazione in diversi fattori: la tradizione di buone relazioni della categoria, la consapevolezza dell’importanza del ruolo delle risorse umane per lo sviluppo delle imprese, la convinzione che sia necessario, per accrescere la competitività e l’ammodernamento del sistema produttivo, realizzare scelte contrattuali moderne, percorrendo la via del consenso e della partecipazione. Le scelte realizzate rappresentano un contributo reale per il miglioramento della competitività delle imprese, offrendo un CCNL caratterizzato da una forte attenzione alla responsabilità sociale, dal quale scompare anche l’ultimo automatismo economico rimasto, rappresentato dagli scatti di anzianità. Tali scelte hanno consentito alla delegazione imprenditoriale di valutare compatibile l’onere economico del rinnovo, certamente significativo considerate le difficoltà in essere. Tra gli elementi qualificanti del rinnovo si segnalano oltre alle citate innovazioni in materia di scatti di anzianità e di responsabilità sociale, le misure a sostegno del reddito e dell’occupazione, quelle inerenti la sicurezza, la salute e l’ambiente, l’allungamento dei periodi di prova, le normative mirate per le PMI e per le specificità settoriali. Scatti di anzianità A decorrere dal 1 gennaio 2010 sono stati aboliti gli scatti di anzianità. Con tale operazione è stato superato l’ultimo e desueto automatismo contrattuale e si è resa “più europea” la busta paga settoriale, eliminando una voce retributiva automatica sconosciuta all’estero. Da sottolineare che l’abolizione in parola non vuole rappresentare un disconoscimento del valore dell’esperienza connessa con l’anzianità aziendale e infatti è stato confermato l’impegno a valorizzare la stessa nell’ambito delle classificazioni. Responsabilità sociale Si è data piena dignità contrattuale a questo tema, non nuovo per il settore, con la creazione di un apposito capitolo in cui sono state evidenziate le innumerevoli scelte fatte in materia di welfare, formazione, occupazione, tutela della sicurezza, della salute e dell’ambiente. È stata tra l’altro prevista la possibilità di realizzare tra le Parti aziendali un Patto di responsabilità sociale volto a definire iniziative tese a sostenere e sviluppare l’impegno in questo ambito, prevedendo anche la premiazione delle migliori esperienze aziendali. 41 < TORNA ALL’INDICE Welfare: misure a sostegno del reddito e dell’occupazione In relazione all’emergenza occupazionale in atto è stata tra l’altro prevista la possibilità di istituire un Fondo bilaterale aziendale per il sostegno del reddito, gestito pariteticamente dalle Parti aziendali, alimentato da risorse delle imprese e dei lavoratori e finalizzato ad integrare il reddito di questi ultimi durante i periodi di CIG, di contratti di solidarietà o di interventi di riqualificazione. In materia di sostegno dell’occupabilità è stata condivisa, inoltre, l’opportunità di individuare azioni idonee a facilitare il reimpiego del personale nel mondo del lavoro. Piccole Medie Imprese La scelta condivisa di approfondire insieme e tenere nella dovuta considerazione le specifiche esigenze di questa tipologia di imprese è un segnale importante in un settore in cui il ruolo delle PMI è centrale. In tale ambito da segnalare l’introduzione di una specifica disciplina per agevolare la diffusione di un premio variabile aziendale attraverso la previsione di una formula, già definita in tutti i suoi aspetti, che oltre al parametro del fatturato (o del MOL) prevede indicatori relativi all’assenteismo medio e alla presenza individuale. Specificità settoriali Sicurezza, salute e ambiente In linea con la particolare attenzione del settore a queste tematiche, col rinnovo contrattuale, sono stati realizzati interventi normativi finalizzati a rafforzare l’impegno delle Parti per uno sviluppo sostenibile teso ad integrare al meglio crescita economica, protezione ambientale e responsabilità sociale. In tal modo si è inteso garantire una maggiore diffusione nelle imprese del metodo partecipativo che caratterizza le relazioni industriali del settore e che costituisce il fondamento per la gestione delle tematiche della sicurezza, della salute e della tutela dell’ambiente. Al fine di valorizzare l’impegno in tale direzione è stata prevista l’istituzione di una giornata nazionale della sicurezza nell’ambito della quale dare visibilità alle iniziative virtuose realizzate nelle imprese del settore. Sono state, inoltre, revisionate le linee guida sui criteri di gestione degli appalti e sulla gestione della sicurezza e salute dei lavoratori e della tutela dell’ambiente a livello aziendale. Infine le Parti hanno realizzato un programma informatico, progettato nell’ambito dell’Organismo Bilaterale Chimico per la formazione continua (OBC), denominato “Anagrafe RLSSA”, che consente di disporre di una banca dati utile ad agevolare la programmazione e l’aggiornamento dell’attività formativa congiunta destinata ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza, Salute e Ambiente (RLSSA). Con tale ulteriore strumento ci si prefigge l’obiettivo di favorire lo sviluppo della formazione a livello aziendale e realizzare le iniziative definite dalle Parti nazionali settoriali e la crescita in tutto il settore della cultura della sostenibilità e della prevenzione. Le specificità settoriali relative a fibre, abrasivi, GPL e lubrificanti sono state salvaguardate con apposite scelte contrattuali, tra le quali si segnalano: relativamente alla parte economica, la previsione di specifici importi per: minimi contrattuali, elemento aggiuntivo della retribuzione, valori punto; l’abolizione degli scatti di anzianità. L’operazione, effettuata come già esposto anche in tutti gli altri settori, assume particolare rilievo nel settore lubrificanti-GPL, in considerazione del numero maggiore di scatti (12 a fronte dei 5 del chimico) e dell’importo più elevato degli stessi. Le altre aree di attività Attività in materia di formazione A testimonianza dell’impegno delle Parti sociali sui temi ambientali, è da segnalare la continuazione dell’attività formativa congiunta nei confronti dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza svolta in collaborazione con i livelli territoriali con l’obiettivo di sviluppare, nei confronti dei lavoratori chiamati a questo compito, un’adeguata consapevolezza del proprio ruolo. Inoltre, nell’ambito delle scelte operate con il rinnovo del CCNL con specifico riferimento al tema della formazione, si è deciso di ribadire il ruolo fondamentale dell’Organismo Bilaterale Chimico per la formazione continua, disciplinandone struttura e compiti in una apposita ed autonoma Parte del CCNL e ampliando l’ambito delle iniziative formative. Periodi di prova Anche per favorire la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, in via sperimentale, sono stati raddoppiati i periodi di prova per tutte le categorie contrattuali, fatta eccezione per le categorie A e B già al massimo previsto dalla legge. 42 Attività in ambito confederale A livello confederale da sottolineare la partecipazione attiva a specifici comitati e gruppi di lavoro sui temi sindacali e del lavoro, al fine di garantire il necessario supporto TORNA ALL’INDICE agli uffici confederali sulle diverse tematiche legislative nonché su quelle contrattuali e di relazioni industriali. I fondi settoriali Indagini statistiche FASCHIM Come di consueto si sono svolte, in collaborazione con la Direzione Centrale AEI (Analisi Economiche e Internazionalizzazione), specifiche indagini riguardo a temi di interesse particolare e la ormai consolidata indagine retributiva annuale che, da oltre 20 anni, fornisce indicazioni sui livelli retributivi e sulle caratteristiche dell’occupazione nel settore. È stata inoltre realizzata un’indagine sulle tipologie di assunzioni effettuate, sui flussi dell’occupazione, sull’utilizzo da parte delle imprese degli strumenti di flessibilità forniti dalla legge di riforma del mercato del lavoro e dalle norme contrattuali e sugli orari e assenze dal lavoro. Infine è stata realizzata una specifica indagine sull’utilizzo effettuato e previsto degli strumenti normativi di gestione delle ricadute occupazionali indotte dalla crisi congiunturale. Ad inizio 2010 il Fondo registrava oltre 2.100 imprese associate e oltre 110.000 iscritti, tra lavoratori e loro familiari. La dimensione numerica del Fondo è il risultato dell’importante attività svolta dalle Parti a livello nazionale. Il Fondo ha, infatti, quasi raddoppiato il numero dei propri assistiti grazie all’ingresso di circa 51.000 nuovi associati, in relazione alla norma che ha previsto, per il periodo 1 luglio 2008 - 30 giugno 2009, l’iscrizione a FASCHIM di tutti i lavoratori non coperti da altra forma di assistenza sanitaria. A partire da aprile 2010, grazie all’accordo di rinnovo del CCNL, la quota associativa per il dipendente è stata dimezzata (da 6 euro a 3 euro mensili), con l’incremento di quella a carico delle aziende da 18 euro a 21 euro mensili. Con la medesima decorrenza sono state altresì ampliate le prestazioni rimborsabili dal Fondo. Per quanto riguarda le attività istituzionali, ad aprile 2010 è stato rinnovato il Consiglio di Amministrazione ed il Collegio dei Revisori. > Attività internazionale Nell’ambito dell’attività internazionale prosegue la partecipazione al Dialogo Sociale strutturato per il settore chimico, con il pieno supporto e coinvolgimento della Commissione europea. Il Dialogo si svolge, con incontri periodici, tra ECEG (European Chemical Employers Group), che rappresenta le organizzazioni imprenditoriali dei paesi membri, EMCEF (European Mine, Chemical and Energy Workers Federation), in rappresentanza dei lavoratori, e rappresentanti della Commissione stessa. Si tratta di un’importante sede nella quale evidenziare le specifiche esigenze settoriali, valorizzando nel contempo la nostra particolare esperienza di relazioni costruttive tra Parti sociali sui temi di diretto interesse quali la politica industriale, la formazione e la salvaguardia della sicurezza e salute dei lavoratori e la tutela dell’ambiente. È continuata inoltre l’attività interna all’ECEG di ricerca di linee di intervento comuni in merito all’evoluzione normativa in atto a livello comunitario sui temi del lavoro così come lo scambio di informazioni sulle situazioni in atto nei diversi paesi. In particolare l’attività prosegue nell’ambito di tre specifici gruppi di lavoro sui temi di: politica industriale, competitività e occupazione; educazione, addestramento e formazione continua; Responsible Care, sicurezza e salute. Fonchim Il risultato finanziario di Fonchim nel 2009 ha garantito una complessiva tenuta del sistema di previdenza complementare di natura negoziale in grado di contenere i ribassi nei periodi di maggiore turbolenza dei mercati finanziari, in particolare di quelli azionari. Tale risultato è confermato anche da un’analisi comparativa delle performance del Fondo rispetto a quelle delle forme pensionistiche “di mercato” (fondi pensione aperti): nell’ultimo anno la minor percentuale media di titoli di capitale dei profili bilanciati ha condotto ad un rendimento leggermente inferiore a quello conseguito dalla concorrenza; tuttavia, ampliando il periodo temporale di raffronto, emerge come la composizione dei portafogli di Fonchim abbia permesso una miglior tutela del capitale degli associati nei momenti di forte crisi, senza penalizzare la redditività complessiva del patrimonio, che anzi risulta sensibilmente superiore. Il Fondo ha raggiunto una copertura dell’83% dei potenziali associati con circa 158.000 iscritti e circa 2.400 aziende associate. Inoltre, con il rinnovo contrattuale del 18 dicembre 2009, si è previsto l’innalzamento del contributo a carico delle aziende dall’1.20% all’1.40%, a partire da luglio 2010, e all’1.65% da luglio 2011. Fonchim, oltre a raccogliere e gestire risparmio, fornisce altri servizi come l’anticipazione di parte delle somme accantonate per motivi di salute, per l’acquisto della prima casa o per altre ragioni previste dalla legge. Inoltre gli associati ricevono il servizio di copertura assicurativa per premorienza e invalidità permanente. 43 TORNA ALL’INDICE > La chimica e i suoi settori L’industria chimica è fatta di tanti settori e non solo di chimica di base, come comunemente si pensa. In Italia ci sono migliaia di imprese specializzate in tantissimi sottosettori collegati in una logica di filiera. Qui presentiamo i settori partendo dalla chimica di base, che produce i costituenti fondamentali della filiera a valle, poi la chimica fine e specialistica, che acquista gli intermedi dalla chimica di base per tramutarli in prodotti differenziati per tutti i settori manifatturieri e infine la chimica per il consumo, quella destinata direttamente al consumatore finale. CHIMICA DI BASE ORGANICA, INORGANICA E TENSIOATTIVI Andamento economico del settore Nonostante sia proseguito, nel secondo semestre del 2009, il lento recupero dei consumi nel settore dell’industria della chimica organica in Italia, anche grazie alle richieste pervenute dall’area asiatica che ha consentito ai produttori europei di adottare maggiormente le capacità produttive attualmente ancora sotto sfruttate, la produzione del settore è rimasta pur sempre inferiore ai livelli consuntivati ante crisi. Il consuntivo per le produzioni di chimica organica di base in Italia per il 2009 indica un calo complessivo di circa l’8% rispetto al 2008. Il comparto della chimica inorganica di base ha chiuso il 2009 con un forte calo della produzione in Italia rispetto all’anno precedente, stimato in circa il 26%. Il 2009 è stato caratterizzato dalla condizione di generale difficoltà dell’industria del cloro in Italia ed in Europa, a causa della debolezza della domanda di mercato dei derivati, aggravata dai costi in aumento delle materie prime legate all’andamento del prezzo del greggio. Il calo produttivo in Europa, attestatosi nel primo semestre 2009 a -19% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ha mostrato nel secondo semestre una significativa tendenza al miglioramento (-2%). Nel 2009, il calo produttivo in Italia si è attestato a -35% nel primo semestre e a -34% in quello successivo. Tale situazione, determinata principalmente dalla fermata degli impianti dei produttori nazionali di VCM e PVC, ha visto una con- temporanea ulteriore crescita delle importazioni domestiche di PVC e di soda caustica. Nel 2009, il mercato italiano dell’acido solforico ha risentito ancora del crollo della domanda verificatosi a livello globale già dal quarto trimestre 2008. La produzione totale in Italia nel 2009 è stata di circa 1.000.000 di tonnellate (-24% rispetto al 2008), corrispondente ad una rata di utilizzo degli impianti del 60%. Il consumo interno complessivo è stato di circa 700.000 tonnellate, con una flessione media del 30%, che si è manifestata trasversalmente a tutti i settori e, al di là delle note problematiche di mercato, è stata effetto, in molti casi, di politiche di ristrutturazione degli assetti produttivi. Tale violenta contrazione dei consumi interni si è manifestata, in particolare, nel primo semestre dell’anno ed ha reso disponibili volumi aggiuntivi di prodotto per le esportazioni, necessarie al mantenimento dei livelli produttivi minimi, benché non remunerative. Nel corso del secondo semestre la domanda nell’area mediterranea è leggermente cresciuta, grazie ai consumi per la produzione di fertilizzanti nell’area nordafricana ed in Turchia. Nonostante questo, i prezzi sono stati ancora estremamente svantaggiosi, a causa anche della concorrenza di prodotto di risulta da smelter, proveniente dal nord Europa. Il consumo dei tensioattivi ha visto una lieve ripresa durante gli ultimi mesi del 2009. Nonostante questo dato, il consuntivo dell’anno 2009 risulta essere ancora fortemente penalizzato dalla grave crisi economico-finanziaria. Si può 47 < TORNA ALL’INDICE stimare una diminuzione dei consumi di tensioattivi nell’ordine del 10/20% (a seconda del mercato/applicazione finale dei tensioattivi). I prezzi sono rimasti vincolati all’andamento delle materie prime ed all’andamento della domanda. La produzione italiana è allineata ai consumi. Attività di Assobase Nel corso del 2009 Assobase ha proseguito nella sua azione di salvaguardia degli interessi del settore. Particolare attenzione è stata data, unitamente a Euro Chlor, alla revisione della Direttiva IPPC per gli impianti di cloroalcali, all’aggiornamento del BREF sui cloro-alcali ed agli sviluppi del REACH, con particolare riferimento al mercurio. Costante è stata anche l’attività di monitoraggio in merito all’Emission Trading Scheme, all’energia, alla bonifica dei siti inquinati, al recepimento della Direttiva Quadro sui rifiuti, all’istituzione del nuovo “sistema informatico di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)”, al progetto di “telematizzazione delle accise” per quanto riguarda i prodotti energetici sottoposti ad accisa, al provvedimento di Trenitalia, volto a fermare il traffico diffuso dei prodotti chimici pericolosi. Costante è stata l’attività di monitoraggio in merito alla stesura dei criteri Ecolabel relativi ai mobili in legno ed agli edifici ed alla revisione di quelli relativi alle calzature. L’Associazione ha anche seguito il processo di revisione del Regolamento Ecolabel e l’elaborazione dei criteri GPP per alcune categorie di prodotti (isolamento termico, finestre, telefoni cellulari), nell’ambito del “GPP Toolkit”. Tramite quest’ultimo, la Commissione europea intende favorire la diffusione degli Acquisti Pubblici Verdi. La necessità di monitorare attentamente l’evoluzione di tale argomento nasce dal fatto che spesso i criteri sviluppati penalizzano, senza un reale fondamento scientifico, le sostanze chimiche. Su tale tematica, particolare interesse è stato mostrato dall’Associazione nel seguire anche gli sviluppi del GPP da parte della Pubblica Amministrazione nazionale, in particolare per quanto riguarda la stesura dei criteri minimi ambientali per i seguenti prodotti e servizi: materiali edili, finestre, arredi, alimenti e ristorazione. Le attività di comunicazione, sviluppate dai produttori di cloro, hanno mirato a diffondere una corretta informazione sul cloro e i suoi principali derivati, enfatizzandone il ruolo e l’importanza nella vita di tutti i giorni. Target di riferimento è stato prevalentemente quello dei giovani. Per raggiungere tale pubblico, i produttori di cloro hanno portato avanti diverse attività ed hanno partecipato ad iniziative mirate. Con la presentazione del progetto sul cloro, si sono incon48 trati e raggiunti insegnanti di scuole primarie e secondarie di primo grado, su tutto il territorio nazionale. Il sito www.cloro.org è stato completamente rinnovato nella sua forma grafica e riorganizzato in due sezioni principali: una dal tono più istituzionale, a sua volta suddivisa in cinque sottosezioni (il cloro in natura, il cloro nell’industria, il contributo del cloro, cloro e sostenibilità, il valore socio economico); l’altra dal tono più giocoso, dedicata, in particolare, al mondo della scuola, a sua volta suddivisa in tre sezioni (cloro puro, cloro che elemento, naturalmente cloro). Il sito, aggiornato anche nei contenuti, evidenzia sempre più il ruolo dell’elemento chimico cloro, fondamentale per la produzione di beni, prodotti e servizi necessari al miglioramento delle qualità della vita dell’uomo e ad assicurare uno sviluppo della società realmente sostenibile. Nel 2009, i produttori di cloro sono stati presenti al Festival della Scienza di Genova con la cerimonia di premiazione del Premio Federchimica Giovani, che ha avuto luogo il 30 ottobre 2009, a Palazzo Ducale. All’incontro, condotto dalla giornalista Emanuela Giordano, l’animatrice con cui l’Associazione collabora ormai da qualche anno, hanno partecipato circa quattrocento persone: ragazzi, insegnanti e genitori, provenienti da tutte le Regioni d’Italia, insieme a giornalisti e rappresentanti delle imprese associate. Al termine dell’incontro, le scolaresche hanno visitato i laboratori sul cloro e l’Acquario di Genova. Una decina gli articoli pubblicati da riviste tecniche e quotidiani, tra cui uno dal Secolo XIX. Con riferimento al Premio Federchimica Giovani, va inoltre segnalata l’introduzione, con l’edizione 2009/10, di una nuova sezione dedicata alla chimica di base che sostituisce e ingloba al suo interno la sezione dedicata al cloro. Nel 2009 è stata assegnata una borsa di studio, del valore di 2.500 euro, ad un neo laureato, su segnalazione di una delle imprese associate. Lo studente si è distinto per avere realizzato un’interessante tesi di laurea sulla chimica di base. Tra le iniziative di comunicazione trasversali ai gruppi di Assobase, si segnala il proseguimento della collaborazione con il Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano, per la realizzazione di una sezione interattiva dedicata alla chimica di base. Nel 2009 si è conclusa la prima parte del progetto, realizzata dai vertici dell’Associazione in collaborazione con il personale del Museo e dedicata all’individuazione del contenuto della nuova sezione. Il 2010 sarà dedicato all’identificazione degli strumenti più adatti per la realizzazione della sezione che sarà inaugurata nei primi mesi del 2011, anno internazionale della chimica. TORNA ALL’INDICE > MATERIE PLASTICHE E RESINE SINTETICHE Andamento economico del settore Nel 2009, l’andamento del mercato delle materie plastiche in Italia è risultato pesantemente negativo e peggiore di quello del 2008. Lo scorso anno, la domanda di polimeri da parte dei trasformatori è stata, infatti, di circa 6.200 kilotonnellate, in calo del 10% rispetto al 2008. Analizzando l’andamento specifico dei principali polimeri, si evidenzia che la decisa frenata della domanda dei polietileni bassa densità (-11%) è da ricondurre alla recessione dell’economia, al declino della produzione industriale ed alla stagnazione dei consumi finali. L’andamento pesantemente negativo dei polietileni alta densità (-9.9%) è da imputare soprattutto alla crisi dell’attività edilizia, al ridimensionamento/ritardo degli investimenti in opere pubbliche e infrastrutture, al forte calo dei consumi delle famiglie e all’esportazione in contrazione. Il consumo di polipropilene è risultato in frenata (-7.4%), a causa della contrazione dell’economia, della diminuzione generalizzata dei consumi finali, della produzione industriale e delle esportazioni e del ristagno dell’edilizia. Il PVC rigido ha mostrato anch’esso un consistente calo (-16.4%) dovuto principalmente al ristagno dell’edilizia e al ridimensionamento/ritardo di investimenti in opere pubbliche e infrastrutture. Anche se a livelli leggermente inferiori rispetto al PVC rigido, il PVC plastificato è calato del 15.1% a seguito principalmente della frenata del settore dell’edilizia, che ha avuto una pesante ricaduta sui cavi, e della contrazione della produzione industriale, che si è ripercossa su una serie di mercati (cavetteria, profilati per guarnizioni, tubi tecnici, finta pelle). La domanda di polistirene compatto è calata del 7.5% a causa del deterioramento del potere d’acquisto delle famiglie, che ha portato ad un taglio dei consumi di beni durevoli e di articoli monouso. A ciò si è aggiunto anche il ristagno dell’edilizia. Il polistirene espandibile ha subito un pesante calo del 10.7% a causa principalmente della crisi dell’edilizia e dell’ulteriore ridimensionamento della produzione di elettrodomestici. Il PET è l’unico polimero a far segnare una lieve crescita dei consumi (1.9%) grazie al comparto dell’imbottigliamento di liquidi alimentari e della foglia estrusa, e nonostante il calo del segmento della ristorazione aziendale per effetto della crisi occupazionale, le campagne mediatiche a supporto dell’acqua di rubinetto, l’alleggerimento delle bottiglie, l’elevata percentuale di utilizzo del riciclato nella produzione di foglia e il deterioramento del saldo commerciale per il film biorientato. Le poliammidi sono risultate in netta flessione (-16.1%) a causa dell’andamento negativo del mercato dell’auto e degli elettrodomestici e del ristagno dell’edilizia civile, che ha depresso la domanda di materiale elettrico. Da segnalare, infine, la consistente frenata degli espansi poliuretanici (-13%), da ricondurre al ristagno dell’edilizia civile e industriale, che ha limitato la crescita dell’isolamento, alla produzione, in contrazione, di frigoriferi e congelatori, alle difficoltà del settore del mobile imbottito conseguenti alle restrizioni del credito al consumo. Più che deludente è stata anche la produzione nazionale di materie plastiche che ha subito un calo di circa il 14% rispetto al 2008. Attività dell’Associazione Nel corso del 2009, PlasticsEurope Italia ha seguito e sviluppato numerose attività, volte alla salvaguardia degli interessi del settore. L’Associazione, infatti, in linea anche con le direttive di PlasticsEurope, e con il supporto dei vari gruppi di lavoro tecnici, ha costantemente ed attivamente monitorato l’ampia produzione normativa, europea ed italiana ed ha, inoltre, realizzato una intensa attività di comunicazione. A livello europeo, particolare attenzione è stata data agli sviluppi relativi alla Direttiva 2003/87/Ce (Emission Trading Scheme), alla revisione delle Direttive RoHS (restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e rendimento energetico in edilizia) ed alla proposta di regolamento relativo alla commercializzazione dei prodotti da costruzione. Costante è stata l’attività di monitoraggio in merito alla stesura dei criteri Ecolabel relativi ai mobili in legno ed agli edifici, ed alla revisione di quelli relativi ai servizi di campeggio, di ricettività turistica e delle calzature. L’Associazione ha anche seguito il processo di revisione del Regolamento Ecolabel e l’elaborazione dei criteri GPP per alcune categorie di prodotti (isolamento termico, finestre, telefoni cellulari), nell’ambito del “GPP Toolkit”. Tramite quest’ultimo, la Commissione europea intende favorire la diffusione degli Acquisti Pubblici Verdi. La necessità di monitorare attentamente l’evoluzione di tale argomento nasce dal fatto che spesso i criteri sviluppati penalizzano, senza un reale fondamento scientifico, le sostanze chimiche, in particolare le materie plastiche. A livello nazionale, particolare interesse è stato mostrato dall’Associazione nel seguire il recepimento della Direttiva Quadro sui rifiuti, l’istituzione del nuovo “sistema informatico di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI)” e gli 49 < TORNA ALL’INDICE sviluppi del GPP da parte della Pubblica Amministrazione nazionale, in particolare per quanto riguarda la stesura dei criteri minimi ambientali per i seguenti prodotti e servizi: materiali edili, finestre, arredi, alimenti e ristorazione. PlasticsEurope Italia ha seguito attivamente la ponderosa produzione normativa, a livello nazionale e locale, in tema di edilizia e riqualificazione energetica (es. “Piano Casa”, ddl “Sistema Casa Qualità”, ddl “Riqualificare l’Italia”). A tal proposito, nel mese di aprile, una delegazione composta da rappresentanti di Federchimica, Polimeri Europa, Centro Informazione PVC, PlasticsEurope Italia, AIPE (Associazione Italiana Polistirene Espanso) e ANPE (Associazione Nazionale Poliuretano Espanso rigido), è intervenuta all’audizione parlamentare sulla proposta di legge n. 1952 “Sistema Casa Qualità” presso la Commissione Ambiente della Camera dei Deputati. L’Associazione ha continuato la sua partecipazione al Gruppo di lavoro Interregionale, istituito presso ITACA (Istituto per l’Innovazione e la Trasparenza degli Appalti e la Compatibilità Ambientale), che sta predisponendo l’aggiornamento tecnico della struttura e delle schede di valutazione del “Protocollo ITACA” (strumento di lavoro che consente di attribuire un punteggio di eco-sostenibilità agli edifici sulla base di una serie di requisiti). PlasticsEurope Italia, unitamente ad altri attori della filiera delle materie plastiche (Federazione Gomma Plastica e IPPR), ha proseguito la sua partecipazione, in ambito ANCE, al Tavolo tecnico delle costruzioni, mirata alla stesura di una banca dati sui materiali utilizzati nelle costruzioni e alla definizione delle linee guida del prezzario nazionale, che ha lo scopo di uniformare le voci afferenti la filiera delle costruzioni contenute nei vari prezzari regionali. L’Associazione ha partecipato anche a due gruppi di lavoro “Coibentazione, climatizzazione e acqua calda sanitaria settore civile” e “Infrastrutture energetiche: elettricità, gas e acqua”, costituiti nell’ambito della task force “Efficienza energetica” di Confindustria, che intende aggiornare ed integrare il lavoro svolto negli scorsi anni che ha portato alla predisposizione del documento “Proposte di Confindustria per il piano nazionale di efficienza energetica”. PlasticsEurope Italia ha continuato a seguire l’applicazione del Regolamento REACH (congiuntamente ad AISPEC, Federchimica, Centro REACH e Federazione Gomma Plastica) per quanto riguarda le plastiche attraverso la partecipazione a specifici gruppi di lavoro, in particolar modo per quanto riguarda la valutazione degli scenari espositivi per la preparazione ed additivazione delle resine base. A livello europeo, PlasticsEurope continua a seguire il progetto “Exposure matrix”, congiuntamente a EuPC (Federazione Gomma Plastica/Unionplast per l’Italia) e FPE 50 (Flexible Packaging Europe). I dati mediati, a livello europeo, saranno probabilmente disponibili entro il primo semestre 2010. Sono proseguite le attività con il Ministero della Salute, il Ministero dell’Ambiente e con l’Istituto Superiore di Sanità per la tutela di alcune sostanze chimiche utilizzate come additivi per materiali plastici, in modo particolare per HBCD (esabromociclododecano), additivo antifiamma per le resine stireniche espanse utilizzate nel settore dell’edilizia come materiale da isolamento. Con l’Istituto Superiore di Sanità si è conclusa la prima parte del progetto CAST, finalizzato alla definizione delle linee guida per la corretta applicazione delle GMP nel settore degli imballaggi destinati al contatto con alimenti. Il volume delle linee guida è stato pubblicato ed è disponibile gratuitamente agli interessati. Si è inoltre approvato e dato il via ad una seconda parte del progetto CAST sempre in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Sono proseguite, in ambito UNIPLAST, le attività volte alla definizione e validazione di standard di materiale/prodotto/applicazione. Anche nell’ambito dell’Istituto Italiano dell’Imballaggio è continuata la presenza in gruppi tecnici ed ambientali. Il programma di comunicazione 2009 formulato dal Comitato Immagine Plastica è continuato nel corso dell’anno attraverso numerose iniziative che hanno avuto come target di riferimento privilegiato ancora una volta i giovani, in particolare la scuola, il pubblico generico e gli opinion leader. È proseguito il dialogo con la scuola, con la presentazione del progetto sulle plastiche, che ha raggiunto insegnanti di scuole primarie e secondarie di primo grado, su tutto il territorio nazionale. PlasticsEurope Italia, in collaborazione con le aziende associate, ha assegnato otto borse di studio, ognuna del valore di 2.500 euro, a studenti universitari e a neo laureati che si sono distinti per avere realizzato interessanti tesi di laurea sulle materie plastiche. È proseguita nel corso del 2009, la realizzazione del Premio Federchimica sezione Plastica. La cerimonia di premiazione ha avuto luogo il 30 ottobre 2009 nell’ambito del Festival della Scienza di Genova, a Palazzo Ducale. Hanno partecipato all’incontro circa quattrocento persone, tra studenti, insegnanti e genitori, provenienti da tutte le Regioni d’Italia, insieme a giornalisti e rappresentanti delle imprese associate. Al termine dell’incontro, le scolaresche hanno visitato i laboratori sulle materie plastiche e l’Acquario di Genova. Una decina gli articoli pubblicati da riviste tecniche e quotidiani, tra cui uno dal Secolo XIX. PlasticsEurope Italia ha partecipato al Festival della Scienza di Genova, dal 23 ottobre al 1 novembre 2009, con un TORNA ALL’INDICE proprio spazio situato presso i Magazzini dell’Abbondanza: un vero e proprio laboratorio sulle plastiche realizzato nella zona del Porto Antico. Il laboratorio delle plastiche è stato visitato da un gran numero di persone, oltre 3.000, la maggior parte delle quali facenti parte di scolaresche, che hanno potuto “toccare” la plastica da vicino. PlasticsEurope Italia ha proseguito, anche nel 2009, la sponsorizzazione della sezione permanente sulle materie plastiche al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano. La sezione ripercorre, tramite l’esposizione di oggetti particolarmente significativi e pannelli esplicativi, le tappe più importanti dello sviluppo delle materie plastiche, dando particolare risalto anche alla figura del Premio Nobel italiano per la chimica e inventore del polipropilene Giulio Natta. Nel 2009 è proseguita la campagna “Hey! Sono un Polimero!” per fidelizzare ed approfondire i rapporti già avviati, cercando di raggiungere nuovi contatti, in particolare attraverso il sito www.sonounpolimero.it, aggiornato con l’inserimento di giochi di ruolo, incentrati sul tema della sostenibilità. È proseguito, inoltre, il coordinamento con PlasticsEurope attraverso la realizzazione delle seguenti iniziative: “European Youth Parliament Debates Competition”. Ha avuto luogo il 28 settembre 2009 a Bologna, presso l’Aula Consigliare della Regione Emilia-Romagna. Alla manifestazione, presieduta dal Presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e dall’Assessore all’ambiente e allo sviluppo sostenibile hanno partecipato un centinaio di ragazzi accompagnati da una decina di insegnanti, provenienti da licei ed istituti tecnici della Regione. Una speciale giuria – composta dal Presidente del dibattito, dal Direttore Generale Ufficio Scolastico Emilia-Romagna, dal Vice Presidente Confindustria Emilia- > Romagna, dal Presidente dei Giovani Imprenditori Confindustria Emilia-Romagna, dal Vice Presidente di PlasticsEurope Italia, dal Direttore Rai Emilia Romagna e dal Direttore Editoriale Zanichelli Editore – ha individuato i 10 vincitori che hanno partecipato alla finale di Roma del 10 novembre, dove il primo posto è stato assegnato ad una studentessa belga; il quarto, l’ottavo e il nono posto a tre degli studenti italiani. “Futurenergia”. Il programma intende accrescere la consapevolezza sul consumo energetico e su come i materiali avanzati, quali la plastica, possano contribuire a preservare l’energia e le risorse planetarie. Consiste in dibattiti e chat organizzati durante l’anno. Il 13 gennaio 2010, PlasticsEurope Italia ha partecipato alla finale dell’edizione 2009, tenutasi a Bruxelles all’interno del Parlamento Europeo, con gli studenti vincitori della sezione dedicata alle abitazioni sostenibili, provenienti da un istituto tecnico di Sava, in provincia di Taranto, e un giornalista di una testata tecnica. “Toolbox”. Il progetto promosso da PlasticsEurope a livello europeo, intende fornire alle aziende associate uno strumento, da utilizzare durante incontri e presentazioni a target diversi. Il progetto è stato rivisitato durante l’anno così da essere più flessibile e facilmente adattabile alle esigenze di chi lo utilizzerà. Inizialmente progettato in sei diverse lingue (francese, inglese, italiano, polacco, spagnolo, tedesco) potrà ora essere tradotto più facilmente anche in altre lingue. È proseguito il coordinamento, da parte di PlasticsEurope Italia, del Mediterranean Cluster di cui, oltre all’Italia, fanno parte: Bulgaria, Cipro, Croazia, Grecia, Malta, Romania e Turchia. L’AGRICOLTURA ED IL MERCATO DEI FERTILIZZANTI Il contesto La crisi economica ha riportato al centro dell’attenzione politica il ruolo fondamentale che l’agricoltura svolge da sempre nell’economia globale, ponendo in drammatica evidenza come sia necessario incrementare la produzione per affrontare la crescente richiesta alimentare. La popolazione globale è passata infatti dai circa 3 miliardi del 1959 ai 6.7 miliardi di oggi e si prevede che entro il 2030 si aggiungeranno altri 2 miliardi di persone. La FAO stima che oggi più di 850 milioni di persone soffrono di malnutrizione ed almeno 6 milioni di bambini muoiono ogni anno entro il quinto anno di vita per fame o malattie legate ad una alimentazione insufficiente. L’agricoltura è quindi tenuta a fornire risposte importanti, che soltanto attraverso lo sviluppo tecnologico e l’innovazione sarà in grado di garantire. I fertilizzanti giocano in questo un ruolo determinante, in quanto rappresentano l’unica possibilità per ottenere raccolti adeguati e sicuri per la popolazione. Per ottimizzare le potenzialità di una coltura è necessario in primo luogo reintegrare il suolo che la ospita, in modo da garantire nel tempo un’adeguata risposta produttiva e, per farlo, sono necessari interventi correttivi per rendere ottimali le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche dei terreni. Allo stesso tempo i fertilizzanti sono l’unica possibilità per incrementare la produzione senza estendere le superfici coltivabili, ciò significa in primo luogo salvare dalla deforestazione numerose 51 < TORNA ALL’INDICE aree naturali che altrimenti sarebbero distrutte per creare nuove aree agricole. Inoltre consentono di fronteggiare in maniera più efficace la crescente siccità e scarsità di acqua che i cambiamenti climatici e lo sviluppo economico delle nuove economie emergenti stanno comportando. I fertilizzanti sono quindi indispensabili per mantenere la terra fertile, senza il loro utilizzo si sono stimate infatti delle perdite fino al 75% dei raccolti, secondo quanto è emerso dal XI Rapporto Nomisma sull’agricoltura in Italia, pubblicato a dicembre 2008. Non a caso, sempre secondo il Rapporto Nomisma, il 48% degli agricoltori afferma di trarre beneficio dall’utilizzo dei fertilizzanti in termini di produttività mentre il 43% degli intervistati dichiara che sono indispensabili a garantire la qualità e la sicurezza del prodotto finale. I fertilizzanti sono l’equivalente dei nostri alimenti nel mondo vegetale: le piante per vivere assorbono infatti gli elementi nutritivi (i sali minerali) che sono contenuti nel terreno e che con il tempo tendono ad esaurirsi, e pertanto debbono essere continuamente reintegrati. I fertilizzanti, sia di natura minerale che organica, nel terreno si riducono a sali minerali, che sono gli elementi che poi vengono effettivamente assorbiti dalle piante. La pasta, i vini, i formaggi di qualità italiana non potrebbero giungere al consumatore a prezzi accessibili senza l’impiego dei fertilizzanti. Insieme agli altri fattori che hanno determinato il grande sviluppo agricolo dell’ultimo mezzo secolo, i fertilizzanti hanno contribuito in maniera determinante alla soddisfazione del fabbisogno alimentare in molte aree del pianeta, in particolare in Asia, dove vive la maggioranza della popolazione mondiale. Non per nulla Jacques Diouf – Direttore Generale della FAO – ha dichiarato: “Non possiamo nutrire sei miliardi di persone oggi e nove miliardi nel 2050 senza un utilizzo responsabile dei fertilizzanti”. Il Presidente FAO ha pertanto lanciato nel giugno 2008 un appello ai paesi più evoluti per dare aiuti per 1.7 miliardi di dollari per garantire ai contadini dei paesi poveri fertilizzanti e sementi oltre a foraggio per gli animali. Il mercato dei fertilizzanti Lo scenario economico del settore dei fertilizzanti nel nostro Paese è rimasto complessivamente stabile nel corso degli ultimi cinque anni. L’offerta continua ad essere caratterizzata da un elevato grado di importazione di prodotti da paesi extra Ue, con un consumo complessivo che si aggira attorno ai 5.5 milioni di tonnellate di cui circa 4.4 milioni di tonnellate di concimi e 1.1 milioni di tonnellate di ammendanti e substrati. Il fatturato 2009 è stato di circa 900 milioni di euro e rappresenta il 2% dell’intero settore chimico italiano. Esso è calato rispetto al 2007 di circa il 52 20% avendo risentito della tensione dei prezzi dovuta alla situazione di crisi finanziaria che ha colpito indistintamente tutti i mercati. Negli ultimi anni si sono verificati cambiamenti repentini nel campo delle nuove tecnologie, nei cicli economici e nei consumi delle popolazioni in via di sviluppo, che hanno portato ad una richiesta sempre maggiore di derrate alimentari: in particolare la richiesta di cereali negli ultimi tempi è cresciuta in maniera esponenziale. A ciò si è aggiunta la spinta mondiale alla produzione di biomassa per ricavare biocarburanti a fini energetici, che sottrae superfici alle colture alimentari. Si stima che solo per l’Europa da qui al 2020 verrà convertito a colture per biocarburanti almeno il 25% della superficie agricola (circa 104 milioni di ettari) per raggiungere l’obiettivo prefissato dall’Unione Europea del 20% di biocarburanti prodotti sul totale dei carburanti immessi sul mercato europeo (fonte Enea). La riduzione dei prezzi iniziata nella prima parte dell’anno 2009 è continuata per tutto il resto dell’anno anche se non nelle stessa misura per ciascuno degli elementi nutritivi (NPK). Ma non sono calati solo i prezzi internazionali dei concimi; hanno proseguito infatti la discesa anche le quotazioni dei prodotti agricoli. Questo, insieme all’incertezza dei prezzi, ha mantenuto nel dubbio gli operatori rispetto alle scelte di acquisti di mezzi tecnici. Il 2009 sarà ricordato come uno dei peggiori degli ultimi 10 anni per quanto riguarda i consumi sia di prodotti nazionali che di prodotti importati. Non ha aiutato poi l’andamento climatico dell’anno che, anche in questo caso verrà ricordato come l’anno più piovoso di questo inizio secolo con i 87 mm di pioggia in più dell’ultimo trentennio di fine ‘900. Distribuzione del mercato dei fertilizzanti Ai fini di comprendere l’andamento del mercato italiano è interessante osservare i dati della distribuzione in Italia dei fertilizzanti, forniti dall’indagine Istat 2008 sui mezzi di produzione: dallo studio emerge chiaramente che l’agricoltore italiano tende ad acquistare prevalentemente i prodotti nazionali piuttosto che quelli stranieri. L’incremento delle vendite dei fertilizzanti, infatti, vede un aumento del 16% dei prodotti italiani, a fronte di un calo del 6% delle vendite dei prodotti stranieri. La dipendenza dall’estero resta invece preponderante per quanto riguarda i concimi azotati, l’86% dei quali vengono prodotti all’estero. Il mercato di utilizzo dei fertilizzanti è uniformemente distribuito su tutto il territorio nazionale con picchi nelle zone a più alta vocazione agricola quali la pianura Padano-Veneta. Il 59% della distribuzione complessiva dei fertilizzanti è infatti concentrato nel nord Italia, con Lombardia e Veneto che TORNA ALL’INDICE assorbono rispettivamente il 16.1% e il 16.6% del consumo nazionale. Molto più distante il sud, che consuma il 24.2% del fabbisogno nazionale e che vede la Puglia al primo posto, con un consumo pari all’8.7% di quello complessivo italiano. Il centro consuma invece il 16.1% del fabbisogno italiano e vede il Lazio rappresentare il 5.1% del consumo nazionale. Garanzia della sicurezza dei prodotti Assofertilizzanti da molti anni si impegna a collaborare con le forze dell’ordine per garantire la massima qualità dei prodotti che vengono distribuiti nel mercato italiano: l’ICQF (Istituto Controllo Qualità Fertilizzanti) è un organismo di autocontrollo nato nel 1996 aperto a tutti i produttori e importatori di fertilizzanti. La sua attività include il monitoraggio costante sulla qualità dei prodotti in commercio nel mercato italiano attraverso una continua analisi dei campioni di fertilizzanti, sia delle aziende asso- > ciate che di quelle non aderenti. Viene verificata non solo la conformità alle norme del prodotto ma anche la corrispondenza tra il contenuto e l’etichetta. L’ICQF, qualora siano rispettati tali requisiti, rilascia un marchio che certifica la qualità del prodotto. Assofertilizzanti collabora con i Nuclei Ecologici dei Carabinieri per il rispetto dell’ambiente e della terra, smascherando, rintracciando o denunciando truffe contro usi illeciti di prodotti potenzialmente rischiosi. L’Associazione da molti anni è impegnata a denunciare quei comportamenti scorretti che possono compromettere la salute dell’uomo e dell’ambiente, proteggendo la terra attraverso un’intensa attività di sensibilizzazione sul corretto uso dei fertilizzanti. L’Associazione insieme all’ICQF riconosce ai produttori ritenuti meritevoli un marchio di garanzia e fornisce consulenza ed appoggio agli agricoltori sul tema delle contraffazioni, provenienti soprattutto dai paesi asiatici e dall’Europa dell’est. FIBRE ARTIFICIALI E SINTETICHE La difficile situazione congiunturale non ha attenuato il ruolo crescente delle fibre man-made ma ha sicuramente accelerato i trend e i cambiamenti in atto in questo settore. Al di là della crisi, i consumi mondiali di fibre chimiche sono in continuo aumento e il consumo e la produzione tendono a concentrarsi sempre più nelle aree asiatiche. Le fibre man-made superano ormai il 60% dei consumi mondiali di fibre tessili. Grazie alle loro proprietà tecniche e all’elevato potenziale di innovazione queste fibre permettono di offrire soluzioni sempre nuove e personalizzate per i clienti a valle che operano nei più svariati comparti industriali. Le fibre chimiche trovano impiego non solo nel settore più tradizionale del tessile-abbigliamento, ma sempre più hanno applicazioni tecniche (prodotti per uso medicale, abbigliamento sportivo e di sicurezza, geotessile, prodotti per l’edilizia e per l’industria automobilistica e aerospaziale). Il contributo innovativo delle fibre chimiche si accompagna all’importante ruolo che esse sono in grado di ricoprire nell’ambito dello sviluppo sostenibile. I consumi di fibre tessili sono in costante aumento, sia per la crescita della popolazione mondiale, sia perché la ricerca e le nuove tecnologie hanno permesso al tessile di acquisire nuovi spazi e di sostituire altri materiali in diverse applicazioni. Se tali consumi fossero soddisfatti solo tramite fibre naturali si porrebbero dei conflitti drammatici in termini di destinazione delle risorse disponibili (terra, acqua ed energia). Le fibre chimiche permettono, invece, un notevole risparmio di risorse in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto, dalla produzione al trasporto e all’utilizzo. Basti pensare che un capo in fibre man-made, essendo di più facile manutenzione (si asciuga più in fretta e non si deve stirare), permette un risparmio non trascurabile di acqua, energia e detersivi. Inoltre, le fibre chimiche, che sono normalmente considerate poco ecologiche a causa della loro dipendenza dal petrolio, in realtà sono responsabili solo dello 0.4% del consumo mondiale di petrolio. Le imprese di fibre man-made condividono l’impegno per la riduzione delle emissioni di CO2. In particolare in Europa molte imprese hanno sviluppato tecnologie e processi che hanno permesso negli ultimi anni di ridurre significativamente i livelli di emissioni e di aumentare il risparmio energetico. Tuttavia, data l’intensa concorrenza nel settore delle fibre manmade e il rischio di ”Carbon Leakage” – che forzando la delocalizzazione produrrebbe un aumento globale delle emissioni di CO2 – è fondamentale che venga garantita una piena compensazione dell’aumento dei costi energetici risultanti dalla applicazione degli ETS, al fine di evitare distorsioni sia a livello globale, sia tra i paesi membri dell’Unione europea. Negli ultimi anni lo scenario geo-produttivo delle fibre man-made è fortemente cambiato: se la produzione di fibre di America e Europa è rimasta sostanzialmente invariata 53 < TORNA ALL’INDICE (circa cinque milioni di tonnellate annue), quella asiatica è cresciuta fino a raggiungere i 35 milioni di tonnellate. Questo spostamento è il risultato dell’attuazione delle strategie di contenimento dei costi da parte delle imprese occidentali ma anche e soprattutto dello sviluppo di un’industria locale che rapidamente è diventata dominante a livello mondiale. Per le imprese europee, inoltre, è diventata sempre più stringente la necessità come produttori di materie prime di essere presenti in quei mercati dove si è trasferita una parte rilevante della filiera tessile e dove i consumi di tessile sono destinati a crescere più velocemente nei prossimi anni. Come per molti altri settori industriali, l’inizio del 2009 è stato drammatico anche per le fibre man-made, ma già nel corso dell’anno si è iniziato a vedere un lento miglioramento. A livello europeo la produzione di fibre man-made ha chiuso l’anno con un calo in volume pari al 21%. La debolezza del mercato interno − con ridotti livelli di domanda sia da parte dei settori clienti più tradizionali (tessileabbigliamento), sia da parte dei settori dell’auto e delle fibre tecniche − non è stata compensata dall’export. I produttori hanno dovuto fronteggiare problemi di liquidità, acuiti dal razionamento del credito da parte delle banche e dai ritardati pagamenti da parte dei clienti. Le imprese hanno intrapreso processi di ristrutturazione e alcune sono state costrette alla chiusura di impianti. L’uscita dal mercato di alcune imprese ha permesso a quelle più forti, in grado di approfittare delle situazioni di difficoltà dei concorrenti, di trovare nella crisi l’opportunità per ampliare le loro quote di mercato. Nella media dell’anno in ogni caso le imprese hanno visto crescere grazie ad una domanda vivace anche in Italia le vendite dei prodotti più innovativi, quelli connessi agli usi tecnici e quelli relativi alle fibre da riciclo. I primi dati disponibili per il 2010 mostrano un deciso miglioramento tendenziale ma va ricordato che i primi mesi del 2009 erano caratterizzati da volumi produttivi molto bassi. La vendita di fibre dipende dalla domanda proveniente dai settori clienti: fintanto che i consumi finali non riprenderanno a crescere e i principali comparti industriali a valle non vedranno un recupero nei livelli di attività, la domanda di fibre non potrà ripartire. Pertanto, per il 2010 ci si aspetta una ripresa significativa ma che comporterà livelli produttivi a fine anno ancora inferiori rispetto a quelli del 2007/2008. La crisi ha colpito fortemente tutti i settori clienti a valle. L’abbigliamento è entrato in area negativa, dovendo scontare sia il deterioramento del mercato interno, già di per sé atonico da diverse stagioni, sia soprattutto, il crollo improvviso (e per certi verso inatteso) di alcuni tra i prin54 cipali mercati di sbocco esteri, che avevano assicurato nuova vitalità al comparto nel più recente passato. Nel tessile per l’arredamento la situazione rimane difficile a causa di una domanda interna ancora ferma e un recupero dell’export lento, in quanto legato al ciclo dell’edilizia. Tuttavia, pur in un contesto di debolezza dell’economia a livello mondiale, l’export di tessile e abbigliamento potrà trarre vantaggio nel 2010 da un euro più debole. Il settore dell’auto, dopo un 2009 negativo (-20% in volume), ha visto il primo trimestre 2010 beneficiare ancora dell’effetto incentivi. Gli incentivi non saranno rinnovati in Italia e sono in via di esaurimento nel resto d’Europa, pertanto le prospettive per il secondo trimestre sono sfavorevoli: il crollo delle vendite successivo alla cessazione degli incentivi avrà una ripercussione pesante sulla produzione di nuove vetture che potrà essere solo in parte compensata dalla buona tenuta della ricambistica. A livello mondiale la produzione di fibre man-made è cresciuta sotto l’effetto trainante della Cina (oltre 27 milioni di tonnellate annue prodotte). Gli stimoli fiscali e un’ampia disponibilità di liquidità hanno permesso alla Cina di far crescere la domanda interna e di aumentare gli investimenti in nuova capacità produttiva. I produttori di fibre man-made europei devono quindi confrontarsi da un lato con una minor domanda interna e dall’altro lato con una concorrenza cinese molto aggressiva sia sul mercato domestico che su quello estero. Allo stesso tempo le imprese si trovano a fronteggiare richieste sempre maggiori in termini di servizio e qualità da parte del cliente. La specializzazione e l’innovazione giocano un ruolo fondamentale per la crescita e per la salvaguardia dei margini e della competitività internazionale, non solo delle stesse imprese di fibre, ma anche di tutta le filiera del made in Italy. Solo le imprese che saranno in grado di offrire prodotti con un contenuto elevato in termini di valore aggiunto e innovazione potranno uscire dalla crisi e continuare a crescere. Molta dell’attività associativa a livello europeo e italiano ha riguardato gli aspetti connessi alla sostenibilità, come quella relativa alle definizioni dei tessili “organic/biologici”, quella sui prodotti tessili per il Green Public Procurement, sull’applicazione al settore della Direttiva sull‘IPPC. Di particolare importanza il lavoro svolto per uno specifico progetto sulle “Fibre da riciclo“ per un Disciplinare/Standard in collaborazione con UNITEX. Con il 2010 giunge a compimento il percorso sviluppato da Associazione Tessile & Salute per l’operatività di uno TORNA ALL’INDICE specifico Osservatorio pubblico sostenuto dal Ministero con il compito di monitorare sia gli aspetti che legano i prodotti tessili alla salute, sia le problematiche connesse all’importazione di prodotti che non rispecchiano le normative europee (aspetto diventato di grande importanza con l’introduzione del REACH). > Assofibre Cirfs Italia ha, infine, seguito con attenzione lo sviluppo delle normative italiane ed europee relative alla problematica alla marcatura dell’origine dei prodotti (Made in) nella consapevolezza che un sistema premiante le attività svolte in Europa e in Italia è necessario sia a tutela del consumatore, sia a difesa delle attività economiche della filiera tessile. AGROFARMACI L’industria italiana degli agrofarmaci, specialità per la cura delle colture agricole, rappresentata in Federchimica da Agrofarma, è un settore produttivo di dimensioni relativamente piccole (con circa 770 milioni di euro rappresenta l’1.5% del fatturato globale dell’industria chimica italiana), ma il suo contributo alla produzione agricola, e quindi all’economia nazionale, è essenziale. In termini di mercato degli agrofarmaci, l’Italia si colloca al sesto posto a livello mondiale e al terzo in Europa, preceduto soltanto da Francia e Germania. Le industrie del settore impiegano circa 2.000 persone pari al 12% dei dipendenti dell’intero comparto chimico. Inoltre il valore della produzione e degli investimenti per ogni addetto è tra i più elevati rispetto agli altri settori della chimica. L’industria degli agrofarmaci è una delle industrie a più alto investimento in ricerca, si stima infatti che il 5% circa del fatturato complessivo del comparto venga investito in ricerca e sviluppo, un valore che rende il settore paragonabile a quello dell’industria farmaceutica. Tali dati acquisiscono una valenza ancora più importante considerato che, in generale, l’investimento economico per la ricerca in Italia è estremamente basso rispetto alle altre realtà europee. A ulteriore conferma che l’industria degli agrofarmaci è tra le più attive in ricerca e innovazione, il dato sugli addetti impegnati in queste attività: sono infatti circa il 14% del totale di quelli del settore, l’85% dei quali ricercatori a tempo pieno. Si tratta di una vera e propria “ricerca made in Italy” che produce ricchezza e conoscenza e che contribuisce a sostenere l’eccellenza della nostra agricoltura riducendo la “fuga di cervelli” che affligge molti settori. La ricerca e l’introduzione di nuove tecnologie più avanzate e rispettose dell’ambiente e di prodotti più selettivi ha consentito la produzione di molecole sempre più efficienti ed efficaci, razionalizzando l’impiego degli agrofarmaci. Le imprese del comparto che aderiscono ad Agrofarma, realizzano il 95% del fatturato italiano e con l’adesione all’Associazione si impegnano all’osservanza rigorosa di un severo Codice di Autodisciplina e alla sottoscrizione di Responsible Care, il programma volontario dell’industria chimica finalizzato a migliorare le prestazioni delle imprese per la difesa della salute, la salvaguardia della sicurezza e la tutela dell’ambiente. Il mercato italiano degli agrofarmaci nel 2009 si è mantenuto sui livelli di valore dell’anno precedente, circa 770 milioni di euro, a fronte di una diminuzione delle quantità vendute. Tale andamento è in perfetta linea con il trend degli ultimi 15 anni dovuto ad una progressiva riduzione delle quantità di agrofarmaci utilizzate in campagna per effetto del miglioramento delle formule chimiche attive. Le diverse famiglie di prodotti hanno presentato gli andamenti che seguono: Erbicidi È il secondo settore di mercato per fatturato. Nel 2009 il valore del mercato di questa classe di prodotti è diminuito del 2%, tale decremento è da imputarsi ad una riduzione delle superfici coltivate a cereali. Fungicidi I fungicidi sono la principale classe di prodotti per il mercato italiano e presentano nel 2009 un decremento del mercato pari a circa l’1% rispetto all’anno scorso. Tale decremento è dovuto a particolari condizioni meteorologiche che hanno portato ad una minore manifestazione delle malattie fungine. Insetticidi Il segmento degli insetticidi è in crescita del 6% dovuto alla presenza di importanti parassiti su riso e mais e alla ripresa dell’impiego dei geodisinfestanti con prodotti granulari a causa della sospensione dei concianti per i semi di mais. Il settore degli agrofarmaci sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni che hanno visto nel 2009 le fasi 55 < TORNA ALL’INDICE conclusive e la pubblicazione di due importanti normative europee. L’obiettivo della Commissione europea, che si inserisce all’interno del VI Programma Quadro per l’ambiente, è quello di ridurre ulteriormente l’impatto degli agrofarmaci sulla salute umana e dell’ambiente. A tal fine sono stati appunto pubblicati un Regolamento che andrà a sostituire la Direttiva 91/414 che attualmente norma l’immissione in commercio degli agrofarmaci e la Direttiva per un uso sostenibile degli agrofarmaci con l’obiettivo di normare la fase dell’uso degli agrofarmaci a valle del processo registrativo. Agrofarma interverrà in tutte le sedi istituzionali coinvolte affinchè le norme sopra evidenziate vengano implementate in linea con le esigenze di tutta la filiera agricola. L’industria degli agrofarmaci si impegna costantemente a diffondere una gestione responsabile e professionale dei propri prodotti al fine di garantire la sicurezza dell’ambiente, del consumatore e dell’operatore professionale. Sicurezza ambientale Agrofarma è da sempre impegnata a promuovere un corretto utilizzo degli agrofarmaci, nel totale rispetto dell’ambiente e dell’ecosistema in cui operano. Oltre alle attività messe in atto dalle singole imprese associate, Agrofarma è stata coinvolta in un progetto cofinanziato dall’Associazione europea ECPA e dalla Commissione europea. Tale progetto (TOPPS: Train the Operator to Prevent Pollution from Point Sources), si pone l’obiettivo di ridurre l’inquinamento puntiforme delle acque diffondendo presso gli agricoltori le migliori pratiche esistenti in termini di gestione delle fasi di stoccaggio dei prodotti, riempimento e lavaggio delle macchine irroratrici, smaltimento degli imballaggi e dei residui di trattamenti. Nel mese di febbraio Agrofarma ha lanciato in collaborazione con UNACOMA (Unione Nazionale Costruttori Macchine Agricole) il progetto “SOFT”, che prevede la realizzazione di corsi di formazione sul corretto impiego degli agrofarmaci e delle macchine irroratrici a tecnici e operatori del settore. Agrofarma inoltre sostiene costantemente corsi di formazione per agricoltori e formatori del settore al fine di diffondere un uso corretto degli agrofarmaci in azienda agricola. Sicurezza del consumatore Anche per il 2008 l’Italia è risultata in netto vantaggio rispetto agli altri paesi europei per quanto riguarda la limitata presenza di residui di agrofarmaci sulla frutta e verdura. Agrofarma è impegnata ormai da anni per comunicare al consumatore la sicurezza dei prodotti agricoli che arrivano sulle tavole italiane. La sicurezza viene garantita 56 in Italia dal Ministero della Salute che effettua rigorose verifiche su migliaia di campioni di produzioni agroalimentari ogni anno. Infatti l’ultimo rapporto ufficiale del Ministero conferma che frutta e verdura sono sempre più sicure. Solo l’1.1% dei campioni analizzati è risultato sopra la soglia di legge. In due casi su tre (66.7%) i campioni sono risultati del tutto privi di residui. Negli altri casi (32.2%) rientra comunque nei limiti di legge. Agrofarmaci illegali Il settore degli agrofarmaci, come molti altri, è soggetto alla sempre maggiore diffusione di prodotti contraffatti. Nel 2008 si stima che il valore complessivo dei furti, contraffazioni e importazioni illegali di agrofarmaci sia di circa il 4% del mercato totale. Tale fenomeno, in continua crescita, porta con se numerosi elementi di rischio per la collettività, per l’agricoltore e per il consumatore. Al fine di ridurre il fenomeno Agrofarma ha lanciato la campagna “Stop agli agrofarmaci illegali”, con l’obiettivo di sensibilizzare gli operatori sui rischi legati all’uso di tali prodotti. In particolare, la campagna ha previsto l’organizzazione di corsi di formazione per le Forze dell’ordine al fine di migliorare la loro conoscenza della normativa, del mercato e del fenomeno della contraffazione degli agrofarmaci. È stato inoltre attivato un numero verde 800-913083 a cui si potranno rivolgere gratuitamente tutti coloro che riscontrino agrofarmaci a prezzi particolarmente anomali, distribuzione al di fuori dei canali tradizionali, vendite senza il rilascio della documentazione fiscale necessaria, confezioni non chiaramente identificabili come originali o con etichette non in lingua italiana, confezioni non integre, prodotti visibilmente riconfezionati, scarsa efficacia o danni alla coltura trattata. Sicurezza dell’operatore professionale Nel 2002 ECPA (European Crop Protection Association) ha lanciato il progetto “Uso Sicuro” con l’obiettivo di diffondere un corretto impiego dei dispositivi di protezione individuale per un corretto e sicuro impiego degli agrofarmaci. Il progetto è già stato implementato in alcuni paesi del sud Europa come la Spagna, il Portogallo e la Grecia. In Italia Agrofarma ha elaborato in collaborazione con Confagricoltura e 3M, il progetto denominato “Coltiva il tuo futuro”. A Roma, nel marzo 2010, è stato organizzato il primo corso di formazione rivolto a tecnici di Confagricoltura e si prevede la realizzazione di ulteriori incontri che verranno svolti in Puglia (Regione pilota del progetto) per gli imprenditori agricoli. È stato inoltre pubblicato il manuale tecnico sull’uso dei dispositivi di protezione individuale necessari all’impiego di agrofarmaci in agricoltura. TORNA ALL’INDICE Sicurezza dell’operatore non-professionale Gli agrofarmaci svolgono un ruolo importante nella protezione delle colture dai parassiti e dalle infestanti e il loro utilizzo non è riservato soltanto all’imprenditore agricolo, ma anche al consumatore hobbista che deve curare il proprio orto piuttosto che il piccolo frutteto domesti- > co, il giardino o le piante da balcone. Agrofarma ha elaborato un leaflet informativo che contiene le regole di base per una corretta conservazione, impiego e gestione delle eventuali emergenze, rivolto all’utilizzatore hobbista al fine di diffondere un corretto uso degli agrofarmaci anche fuori dall’ambito professionale. PRINCIPI ATTIVI E INTERMEDI DI CHIMICA FARMACEUTICA Il comparto italiano dei principi attivi farmaceutici è tra i più importanti a livello mondiale, rappresentando l’11% della produzione totale, ed è storicamente leader per quanto riguarda la qualità della sua produzione. Proprio grazie alla riconosciuta qualità del prodotto e alle tecnologie impiegate ha saputo imporsi su mercati estremamente severi e controllati come quello americano, sottoposto alle rigorose regole dell’FDA (Food and Drug Administration), così come sul mercato europeo e quello giapponese. I dati economici relativi al 2009 hanno fatto registrare un fatturato complessivo di 3.1 miliardi di euro. Oltre l’85% della produzione è stato esportato: il 40% del totale verso gli Stati Uniti, il 34% in Europa, il 17% in Giappone. Il settore sembra, nel suo complesso, aver superato la fase più critica e la domanda internazionale manifesta qualche segnale di ripresa. Aschimfarma, che all’interno di Federchimica rappresenta i produttori italiani di principi attivi e intermedi per l’industria farmaceutica, ha proseguito nelle iniziative finalizzate a mantenere la leadership qualitativa del settore e consentire una competizione “a parità di condizioni”, in particolare per quanto concerne il regulatory. Aschimfarma, con l’obiettivo di favorire il consolidamento dei rapporti di business con la propria migliore clientela internazionale e sensibilizzare le autorità sulle criticità del settore, ha organizzato dal 2004 al 2007 tre Bulk@Italy e un APIs Europe. Ora tali finalità vengono perseguite d’intesa con gli organismi europei di riferimento per il settore della chimica-farmaceutica. Più specificamente il 14 e 15 giugno 2010 l’EFCG (European Fine Chemicals Group), l’Associazione europea che fa parte del CEFIC ed alla quale Aschimfarma aderisce, terrà, su invito di Aschimfarma, le riunioni del PBC (Pharmaceutical Business Committee) e del Board presso Federchimica a Milano. L’attività svolta da Aschimfarma d’intesa con l’EFCG ha avuto riscontri particolarmente positivi per quanto riguarda il soste- gno alle necessarie modifiche alla Direttiva europea per la lotta alla contraffazione farmaceutica: ispezioni obbligatorie ai siti produttivi extra-Ue e tracciabilità. Aschimfarma ha presidiato, attraverso le competenti Direzioni della Federazione, le sedi ove vengono discusse e avviate azioni di interesse del settore. Europa. A seguito di un’intensa attività di sostegno di Aschimfarma, il Parlamento Europeo il 30 novembre 2006 ha approvato la Dichiarazione Scritta sui principi attivi farmaceutici nella quale si chiedeva l’introduzione nella normativa europea di ispezioni obbligatorie e la tracciabilità dei principi attivi farmaceutici (APIs). I decessi avvenuti a causa dell’uso di eparina contaminata di provenienza cinese hanno poi indotto la Commissione europea ad avviare nell’aprile 2008 una consultazione pubblica, il cui risultato ha portato alla necessità di modificare la legislazione vigente per quanto riguarda i farmaci per uso umano. Aschimfarma ha quindi proseguito le iniziative di sensibilizzazione nei confronti delle autorità europee e nazionali affinché la proposta di modifica di Direttiva sulla contraffazione dei farmaci, presentata dalla Commissione europea il 10 dicembre 2008, introducesse le ispezioni obbligatorie ai siti produttivi extraeuropei e la tracciabilità dei principi attivi farmaceutici. L’iter legislativo comunitario prevede che la Direttiva sia votata in Assemblea plenaria del Parlamento nel mese di giugno 2010 e che successivamente sia presa una decisione congiunta tra Parlamento e Consiglio dei Ministri. Italia. Il Decreto legge 30 dicembre 2009 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito in legge il 26 febbraio 2010, all’articolo 6, comma 4, prevede la proroga al giorno 1 gennaio 2012 per quanto riguarda l’obbligo di disporre del Certificato GMP per le materie prime provenienti da paesi extraeuropei. Al disegno di legge comunitaria 2009 è stato inserito su iniziativa di Aschimfarma un emendamento che modifica il 57 < TORNA ALL’INDICE D. Lgs. 219/2006 in materia di produzione di APIs per sperimentazione clinica in fase 1. Al riguardo si richiede che “la produzione di materie prime attive, da utilizzare esclusivamente nella produzione di medicinali sperimentali utilizzati nelle sperimentazioni cliniche, fino alla fase 1, possa essere effettuata in reparto che opera nel rispetto delle norme di buona fabbricazione di un’officina autorizzata alla produzione di APIs, previa notifica all’AIFA”. Una situazione che ormai da anni penalizza l’operatività delle imprese è l’eccessiva burocratizzazione e lentezza del sistema autorizzativo, anche se si rileva, a seguito della recente riorganizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), qualche segno di miglioramento. Sono in particolare le attività di custom synthesis e la necessità di rivedere il decreto relativo alle classi e tipologie di produzione, gli aspetti sui quali i produttori di APIs intendono formulare proposte di modifica, al fine di ottenere interventi migliorativi dell’operatività delle imprese da parte del legislatore. Infatti, per le attività indicate, le imprese italiane sono in una situazione di svantaggio rispetto agli altri paesi europei, che dispongono di una situazione autorizzativa più snella. Aschimfarma, consapevole che la formazione è una leva strategica di sviluppo per le imprese e che la crescita culturale delle risorse umane è un fattore essenziale per aumentare la competitività, ha realizzato, anche nel 2009, corsi di formazione su varie tematiche di diretto interesse delle imprese del settore, che hanno risposto con entusiasmo e soddisfazione all’iniziativa. Nel triennio 2007/2009 si sono tenuti 31 corsi di formazione con la presenza di 295 partecipanti. Aschimfarma è presente alle principali fiere di settore con un’area Italia o uno stand associativo. Di particolare rilievo nel 2009 il CPhI di Madrid, che si è svolto dal 13 al 15 ottobre 2009. Nel corso del 2010 Aschimfarma è stata presente all’Informex (16-19 febbraio 2010, San Francisco-CA), al CPhI Japan (21-23 aprile 2010, Tokyo) e parteciperà con uno stand istituzionale al CPhI Worldwide (5-7 ottobre 2010, Parigi). L’intensa attività di marketing associativo, facendo leva sugli evidenti successi conseguiti, e grazie all’appartenenza al sistema Federchimica, ha convinto anche nel 2009 e nei primi mesi del 2010 alcune nuove imprese ad aderire ad Aschimfarma. Oggi l’Associazione rappresenta il 73% del settore per numero di imprese e l’83% per fatturato. Le Commissioni Marketing, HSE, e Qualità hanno continuato le loro riunioni, che hanno consentito di svolgere l’attività istituzionale di aggiornamento sulle rispettive tematiche di competenza e di affrontare, con la presenza di esperti, argomenti specifici. Nell’ambito delle Commissioni sono stati realizzati diversi “Quaderni” su argomenti di particolare interesse per il settore, quali ad esempio: la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive; preparazione del DMF in formato CTD; autorizzazione ambientale integrata; recipienti a pressione; procedure di registrazione per APIs in paesi extra Ue; Regolamento REACH e materie prime per l’industria farmaceutica. CHIMICA FINE E DELLE SPECIALITÀ Additivi e ausiliari, chimica fine e specialità per l’industria Gli additivi e ausiliari sono prodotti chimici realizzati “mescolando” opportunamente numerosissime sostanze, diverse sia per natura, sia per provenienza. Le formulazioni ottenute sono quindi utilizzate congiuntamente per fornire al prodotto finito caratteristiche particolari richieste dal mercato sugli articoli destinati al consumo e per soddisfare l’industria manifatturiera a valle, che, nei diversi processi, può ottenere vantaggi anche sulla lavorabilità delle materie prime impiegate nelle produzioni. La gamma di funzioni svolte dai formulati è vastissima e ogni formulato è estremamente specifico, per questo si considerano anche come specialità chimiche. 58 I prodotti di chimica fine, ovvero alcune delle principali materie prime per l’industria degli additivi e degli ausiliari, sono invece ottenuti prevalentemente da sintesi e, per similitudine, ricoprono un ruolo affine a quello che additivi e ausiliari assumono per i settori manifatturieri. Quindi, la vasta gamma degli additivi e ausiliari specialty, necessaria per soddisfare le esigenze provenienti dai settori “finali” – ovvero l’industria tessile, cartaria, conciaria, per il trattamento delle acque e/o per materie plastiche, elastomeri, coating e altri – a sua volta utilizza innumerevoli intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica fine, insieme alle materie prime provenienti dalla chimica di base. TORNA ALL’INDICE Questa industria rappresenta il segmento di una filiera produttiva, di sintesi e di formulazione, a specifica o a comportamento, che soddisfa e caratterizza moltissimi settori a valle. I mercati di sbocco di questo segmento sono distribuiti sia in occidente, sia nei paesi emergenti, in particolare nelle aree in cui si stanno sviluppando industrie manifatturiere anche a seguito della delocalizzazione dai paesi occidentali per avvantaggiarsi delle situazioni economico-politiche locali. I prodotti di origine naturale sviluppati in questo settore sono sempre più diffusi e, comunque, la performance ambientale rimane uno dei principali obiettivi. Relativamente al segmento industriale in esame, a monte il mercato è concentrato e le imprese hanno una dimensione medio/grande; a valle alcuni settori presentano anche una moltitudine di imprese medio/piccole che nel complesso ricoprono un ruolo di grandissima importanza rispetto ai concorrenti europei. È forte la presenza di società multinazionali sul mercato italiano con unità produttive o con uffici commerciali/distributori, mentre risulta più limitata la presenza di società italiane. I mercati compresi nel segmento in questione, a monte sono costituiti da prodotti provenienti da un numero ristretto di società con quota di mercato rilevante. A valle la situazione è invertita, presentando una moltitudine di piccole imprese con quote di mercato più modeste. L’importanza del comparto è testimoniata dalle dimensioni strutturali: il Gruppo additivi e ausiliari per industria tessile, cartaria, conciaria e per il trattamento delle acque presenta un fatturato di circa 1.200 milioni di euro, impiegando più di 3.000 addetti in 72 imprese associate; il Gruppo additivi e ausiliari per materie plastiche, elastomeri, coating e altri presenta un fatturato di circa 1.300 milioni di euro, impiegando circa 2.300 addetti in 38 imprese associate; il Gruppo intermedi, principi attivi, catalizzatori e prodotti di chimica fine presenta un fatturato di 580 milioni di euro, impiegando più di 1.200 addetti in 27 imprese associate. Per le imprese dei settori sopra citati il 2009 ha mostrato forti cali in tutti i settori a valle, con punte più negative per la plastica, il cuoio e le costruzioni e una migliore tenuta degli agrofarmaci e del packaging alimentare. Solo nel secondo semestre si è assistito ai primi timidi segnali di ripresa, con un terzo trimestre più vivace e un quarto trimestre relativamente positivo grazie alla ricostituzione delle scorte, posticipata anche per le chiusure estive più lunghe degli anni passati. > La situazione è rimasta ancora piuttosto negativa per i settori tessile e conciario. Sui mercati esteri, specialmente nell’area asiatica, l’andamento nuovamente in crescita della domanda non è riuscito a controbilanciare le difficoltà e la debolezza del mercato nazionale. Sul fronte delle materie prime, il processo di forte calo dei prezzi che aveva caratterizzato la prima parte dell’anno ha già mostrato segni di inversione di tendenza, anche a causa delle decisioni di riduzione della capacità produttiva o della chiusura di alcune unità produttive a monte. I settori connessi a prodotti per uso industriale, che hanno mostrato le difficoltà maggiori nel 2009 e che hanno lievemente recuperato nella seconda parte dell’anno grazie al processo di restock a valle, iniziano a risentire di riduzioni sulla marginalità a causa dell’andamento dei prezzi di materie prime ed energia. La situazione occupazionale ha richiesto un ricorso importante alla Cassa Integrazione Guadagni, in alcuni casi conseguente la contrazione della capacità produttiva. I problemi di liquidità hanno causato dilazioni nei pagamenti e imposto una più attenta gestione di ordini e clienti. Gli aspetti strutturali della crisi e dei cali si sono aggravati a causa della selezione naturale delle imprese a valle, che in alcuni casi non hanno saputo internazionalizzarsi o non hanno ampliato abbastanza il differenziale di qualità sui propri prodotti. Per i produttori di ausiliari e additivi per le materie plastiche, elastomeri e coating continuano le difficoltà nel settore delle costruzioni, mentre dal settore dell’auto provengono segnali più positivi. In alcuni casi l’upgrading delle formulazioni e l’introduzione sul mercato di prodotti innovativi e più performanti, specialmente dal punto di vista ambientale, permette una crescita in termini di fatturato, a fronte di volumi sempre molto inferiori a quelli pre-crisi. La domanda di intermedi e catalizzatori ha continuato a calare (-10% sul primo semestre del 2009). A partire dagli ultimi mesi del 2009, a causa del rialzo dei prezzi di alcune materie prime, la marginalità continua a destare alcune preoccupazioni. Stabili i principi attivi, in particolare per agrofarmaci, anche a causa di un andamento climatico che ne ha reso necessario l’impiego. Tendenza negativa per il comparto degli additivi per industria tessile. Il settore a valle presenta difficoltà strutturali precedenti alla crisi oltre che problemi di concorrenza proveniente dall’est asiatico. Gli additivi destinati all’industria conciaria, tra i primi ad entrare in crisi, nel 2009 hanno mostrato qualche leggero segnale di risveglio della domanda. 59 < TORNA ALL’INDICE Gli additivi per l’industria cartaria giovano invece di un andamento stabile nel packaging, ma risentono di un rallentamento negli impieghi relativi alla produzione comune di carta. Il settore degli additivi e ausiliari per il trattamento delle acque ha mostrato segni negativi; cali in volume nell’ordine del 10/15% sono stati la conseguenza della minore attività dei clienti a valle. Tra gli operatori sono tuttavia diffuse aspettative di miglioramento. Dal punto di vista tecnico-normativo, in questo settore, i complessi adempimenti previsti dai Regolamenti europei REACH e CLP stanno impegnando pesantemente sia i bilanci sia l’attività associativa. La partecipazione ai consorzi REACH, ad esempio, impatta fortemente sulle imprese di tutte le dimensioni e nonostante le strategie attuate per contenere i costi di partecipazione o le pressioni per l’ottenimento di fondi pubblici a sostegno delle imprese. Al fine di limitare la deselection prevista per molte sostanze chimiche, a causa del REACH, si è operato per raccogliere e aggiornare i dati sulle modalità di utilizzo delle sostanze chimiche nei processi manifatturieri a valle, grazie alla collaborazione con le associazioni di filiera italiane e europee. In particolare SMI (Sistema Moda Italia), UNIC (Unione Nazionale Industria Conciaria) e TEGEWA (l’Associazione chimica tedesca consorella) hanno collaborato strettamente con il Gruppo per lo sviluppo degli Scenari Espositivi REACH relativi ai settori tessile e conciario; gli Scenari Espositivi per il settore materie plastiche e coating, invece, sono stati sviluppati all’interno del PEST (Plastics Exposure Scenario Team), in collaborazione con CEFIC, EuPC e PlasticsEurope. La sfida – difficile sia per gli aspetti tecnici, sia per gli aspetti politici – ha comportato un intenso lavoro, ma sarà di grande utilità per le filiere interessate. Continua l’intesa con l’Istituto Farmacologico Mario Negri relativa a metodi di analisi alternative “(Q)SAR” e a metodi di analisi in silico per il REACH, importanti per il risparmiare risorse aziendali in fase di Registrazione. La costituzione della piattaforma europea per l’industria tessile, di particolare rilievo per il settore – creata insieme a TEGEWA all’interno di Cefic, con il coinvolgimento di 60 tutte le associazioni nazionali e europee di riferimento – ha permesso di affrontare il tema trasversale delle “black list”, che, poiché diffuse spesso senza fondamenti scientifici dalla grande distribuzione (GDO) ai loro fornitori, limitano l’utilizzo di sostanze chimiche sicure. In tale ambito è in atto un confronto con la GDO, curato a livello europeo, finalizzato a offrire gli strumenti per una valutazione scientifica delle problematiche, a vantaggio sia del consumatore finale, sia dell’industria. Per quanto concerne la capacità di specializzazione nella chimica fine e specialistica, nel 2009 si è posta grande attenzione sul fronte della ricerca e innovazione. L’impegno di risorse per la realizzazione di progetti collaborativi è stato molto intenso e ha dato particolare rilevanza alla ricerca pubblica; tuttavia, nonostante alcuni successi minori, risultano necessari ulteriori e ingenti sforzi. Il consolidamento della partnership tra pubblico e privato, in una logica di suddivisone di compiti e di condivisione di obiettivi, rimane quindi fondamentale. Materie prime e specialità per la detergenza e la cosmetica Additivi e ausiliari per la detergenza. Oltre ai gesti dedicati alla cura della persona, la nostra giornata è accompagnata da azioni che servono a rendere più confortevole gli ambienti in cui viviamo, dalla casa, al luogo di lavoro e agli ambienti comuni, nonché a prendersi cura e proteggere le cose a cui teniamo (capi d’abbigliamento, stoviglie, mobili, oggetti, ecc.), sempre nel rispetto della natura e nella tutela della salute. Per permettere tutto ciò è necessario utilizzare, per esempio, dei prodotti detergenti, cioè delle miscele di sostanze chimiche in polvere o liquide che servono per rimuovere lo sporco da una superficie. I responsabili dell’attività di detersione sono i tensioattivi, essi vengono utilizzati per le proprie caratteristiche chimico-fisiche anche come disperdenti, emulsionanti, schiumogeni o antischiuma e solubilizzanti. I tensioattivi possono schematicamente essere rappresentati da una parte idrofila (testa polare) e una parte lipofila (coda apolare) formata da una catena di atomi di carbonio, la cui origine può essere naturale, animale o vegetale, o di natura petrolchimica. In genere i tensioattivi si classificano in: tensioattivi anionici (solfati, solfonati, carbossilati, ecc.) che costituiscono in media il 30% del totale tensioattivi cationici (ammonici, piridinici, ecc.) tensioattivi non ionici (per esempio acidi amminocarbossilici) tensioattivi anfoteri, sono zwitterioni e si comportano, a seconda dell'acidità della soluzione, da acidi o basi. TORNA ALL’INDICE I tensioattivi per le loro caratteristiche chimiche/fisiche trovano impiego in diversi ambiti, quello domestico, quello personale e quelli istituzionali o industriali. Il settore degli additivi e ausiliari e tensioattivi per la detergenza è rappresentato all’interno di Aispec, dal Gruppo additivi e ausiliari per la detergenza, polimerizzazione e tensioattivi, a sua volta costituito da diverse imprese multinazionali, alcune delle quali aderiscono all’Associazione Europea, attraverso il settore P.I.T.I.O. (Prodotti Industriali Tensioattivi e Intermedi Organici) e da aziende di piccole e medie dimensioni, nonché da alcune imprese oleochimiche. Complessivamente il settore è composto ad oggi da 32 imprese operanti in Italia con un fatturato medio annuo che si attesta intorno ai 480 milioni di euro. Nel corso dell’anno il Gruppo ha dedicato particolare attenzione alla valutazione ed all’esame dei contenuti della nuova proposta di Regolamento comunitario sui sottoprodotti di origine animale (Regolamento n.1069/2009 Ce), soprattutto in riferimento alla possibile esenzione dei prodotti oleochimici dal campo di applicazione della stessa. Ad oggi è ancora impegnato nella revisione delle misure attuative del Regolamento stesso, al fine di inserire, per l’esenzione, le condizioni operative già in atto presso le industrie oleochimiche. Il Gruppo è costantemente aggiornato sulle attività e gli sviluppi normativi, nello specifico in materia di REACH e CLP attraverso la pubblicazione di una newsletter da parte del Comite Européen des agents de Surface et de leurs Intermédiaires Organiques (CESIO). Con questo mezzo l’Associazione europea è in grado di divulgare le azioni e i progetti svolti dalle proprie task force e segnalare manifestazioni di interesse. A tal riguardo è opportuno ricordare che nei primi giorni di febbraio il CESIO insieme ad EFfCI (European Federation for Cosmetic Ingredients) e ad altre associazioni ha realizzato un workshop sul test dell’LLNA (Local Lymph Node Assay). Lo scopo dell’evento è stato quello di rendere consapevole la comunità scientifica e normativa delle difficoltà legate all’applicabilità del test LLNA per valutare la sensibilizzazione cutanea di alcune categorie di sostanze, tra cui i tensioattivi. Molte energie sono state infine indirizzate a valutare tutte le possibili azioni da intraprendere per potenziare la collaborazione con Assocasa, CID (Comitato Italiano Derivati Tensioattivi) e SSOG (Stazione Sperimentale Oli e Grassi). In particolare, il Gruppo ha partecipato con un proprio rappresentante al Comitato Tecnico Normativo di Assocasa dedicato al CLP tenutosi nel mese di settembre per presentare il proprio punto di vista, lo stato dell’arte, nonché le problematiche che i fornitori/produttori di materie prime per > la detergenza devono/dovranno affrontare nell’implementazione del Regolamento CLP. Ingredienti cosmetici e additivi farmaceutici. I prodotti cosmetici, prodotti di largo consumo e molto diffusi in tutto il mondo, appartengono ormai ad ogni piccolo gesto della nostra vita quotidiana quando ci laviamo le mani, i capelli, la doccia, quando ci esponiamo al sole o più semplicemente quando vogliamo dedicare un momento della giornata alla cura, al benessere e alla bellezza del nostro corpo. Forse non tutti sanno che un prodotto cosmetico deve essere inteso come una combinazione di più fattori quali: formula, efficacia, sicurezza, colore, profumazione, gradevolezza al tatto, scelta del packaging, compatibilità col packaging. A sua volta la formula è costituita da innumerevoli ingredienti cosmetici, tra questi vi sono più di 8.000 sostanze, estremamente diverse per origine, caratteristiche, proprietà chimico-fisiche e processi produttivi e campi d’impiego. I principali ingredienti cosmetici possono essere suddivisi nelle seguenti categorie: coloranti; emollienti (sostanze grasse); estratti naturali; filtri solari; principi funzionali; tensioattivi; fragranze ed altri ingredienti. Alcune materie prime sono esclusivamente di carattere cosmetico mentre altre sono comunemente utilizzate anche in campo alimentare e farmaceutico e non solo. Questo variegato e complesso settore è rappresentato in Aispec dal Gruppo Mapic, ad esso aderiscono, infatti, aziende produttrici e distributrici di ingredienti cosmetici sia d’origine vegetale, sia di natura chimica, e le aziende di servizi sempre rivolte al settore cosmetico, con un fatturato annuo medio che si attesta intorno ai 280 milioni di euro. Nel corso dell’anno il Gruppo è stato fortemente coinvolto nel monitoraggio prima, e nell’analisi poi, del nuovo Regolamento sui prodotti cosmetici, pubblicato lo scorso 22 dicembre 2009 (Regolamento Ce n. 1223/2009). Tale normativa rappresenta per il settore cosmetico una svolta, in particolare perché la forma giuridica scelta assicura che i requisiti previsti vengano implementati nello stesso momento in tutti gli stati membri, armonizza le regole in maniera chiara ed esaustiva all’interno della Comunità, e impone chiare e dettagliate disposizioni che non danno spazio a trasposizioni divergenti da parte degli stati membri. Molte energie sono state spese dal Gruppo anche per la promozione e la divulgazione delle EFfCI GMP (Good Manufacturing Practice) e del recente standard certificabile, sia a livello europeo, sia a livello nazionale. 61 < TORNA ALL’INDICE A tal riguardo è stato stipulato un accordo tra EFfCI e diversi enti certificatori tra cui Certiquality, SQS, SGS, BSI e AQA, in modo da permettere agli stessi di verificare e assicurare in modo indipendente la conformità della azienda auditata ai criteri descritti nella guida. A livello nazionale è stato inoltre organizzato insieme a Certiquality per le imprese associate e non, un corso di formazione gratuito sulle EFfCI GMP; il Gruppo si è fatto, inoltre, promotore all’interno del gruppo di lavoro cosmetici di UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) della realizzazione di una norma tecnica nazionale sulle GMP degli ingredienti cosmetici, che utilizza come documento guida le EFfCI GMP. Durante l’anno il Gruppo è stato impegnato nell’organizzazione delle Giornate Mapic, una come di consuetudine tenutasi nel mese di novembre, e l’altra organizzata recentemente in occasione dell’incontro assembleare del 26 marzo scorso. Gli eventi sono stati dedicati ancora con più attenzione a temi che impattano direttamente sul mondo industriale, tra cui: il nuovo Regolamento CLP, che rivoluzionerà il modo di classificare e etichettare anche le materie prime cosmetiche negli anni a venire; il recente bando sulla sperimentazione animale degli ingredienti cosmetici (Animal Testing Ban - ATB, 11 marzo 2009) stabilito dalla Direttiva cosmetici, e per il quale è stata condotta un’analisi degli interrogativi e predisposta e presentata un’interpretazione comune da parte dell’EFfCI; il Regolamento cosmetici, nonché una panoramica, fatta a più voci, delle attività del Gruppo. Diverse sono state anche le occasioni per collaborare con Unipro, prima fra tutte la costituzione del sistema produttivo della filiera cosmetica in Lombardia (nuovo metadistretto lombardo), un’aggregazione di imprese che collaborano tra loro, scambiandosi conoscenze e competenze al fine di promuovere la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione del prodotto, del processo e dell’organizzazione per il settore cosmetico. Nell’ultimo periodo il Gruppo è stato inoltre impegnato, insieme ad altri Gruppi di Aispec, a monitorare e a predisporre emendamenti alla proposta di Direttiva relativa alla contraffazione dei farmaci. Molte imprese dell’Associazione producono e distribuiscono, infatti, materie prime (additivi alimentari, ingredienti cosmetici) impiegate anche come eccipienti farmaceutici, che qualora nel testo in esame venisse esteso l’obbligo delle più rigide GMP farmaceutiche potrebbero essere gra62 vate da oneri non necessari e dispendiosi. È stato infine pubblicato il sito internet del Gruppo, fortemente voluto, che permetterà al settore di acquisire maggior consapevolezza del proprio ruolo all’interno della filiera cosmetica. Il sito dà libero accesso alle ultime circolari pubblicate, all’agenda, nella quale sono riportati gli appuntamenti istituzionali, ai documenti realizzati dal Gruppo per tutelare il settore (position papers) e per promuovere l’adesione di nuove imprese (VadeMapic), nonché al Repertorio delle materie prime cosmetiche. Fragranze. L’insieme delle imprese operanti in Italia nel settore delle fragranze è costituito da realtà di vario genere: alle imprese di piccola-media dimensione legate al territorio (ma con importanti rapporti con il mercato internazionale) si affiancano le sedi italiane di grandi gruppi multinazionali, che operano su ampia scala. Le imprese di questo settore che aderiscono a Federchimica sono organizzate nel Gruppo aromi e fragranze, visto il legame tra le imprese delle fragranze (utilizzo non alimentare) e quelle degli aromi (utilizzo alimentare). Le fragranze sono prodotti che reagiscono sui recettori olfattivi. Il compito infatti della fragranza è quello di impartire una specifica nota, un “profumo” a moltissimi prodotti, tra i quali quelli di cosmetica e profumeria, quelli per la pulizia della casa, i detersivi, i deodoranti per ambiente e gli oggetti profumati. Anche in alcune di queste applicazioni, come ad esempio i profumi e i deodoranti per ambiente, è la fragranza, da sola, che crea l’identità del prodotto e ne determina il successo commerciale. Le fragranze sono costituite sia da materie prime di origine naturale, sia da sostanze prodotte per sintesi chimica. In ogni caso entrambi devono rispondere a precisi requisiti di sicurezza e innocuità per la salute del consumatore, in base a quanto disposto dalla legislazione comunitaria generale (Regolamento REACH) e da quelle specifiche sui prodotti di loro destinazione (per esempio cosmetici e detergenti). Per quanto riguarda i componenti che costituiscono le fragranze, le 20 imprese del settore aderenti a Federchimica fanno parte di IFRA (International Fragrance Association), che sin dal 1973 ha finanziato la creazione di un codice di autoregolamentazione (Codice di Buona Pratica IFRA) mantenuto sempre aggiornato in base alle più recenti conoscenze scientifiche. L’osservanza del Codice IFRA, obbligatorio per tutte le associate, permette di produrre fragranze sicure per i consumatori in ogni applicazione in cui vengono impiegate. TORNA ALL’INDICE > LA CHIMICA PER IL SETTORE ALIMENTARE I settori dell’industria chimica legati alla filiera alimentare sono quelli rappresentati dalle industrie produttrici di ingredienti specialistici particolari: gli aromi, gli additivi alimentari, le materie prime per integratori alimentari e alimenti arricchiti, gli amidi e i loro derivati. Lo scenario delle imprese operanti in Italia in questi settori è costituito da realtà differenti tra loro: imprese di piccolamedia dimensione radicate sul territorio (con uno sbocco importante verso il mercato internazionale) e filiali di grandi gruppi multinazionali che operano su ampia scala. Una realtà di tale portata permette da una parte di valorizzare l’esperienza, l’innovazione e la cultura industriale italiana, dall’altra garantisce la presenza di grosse realtà, generando un insieme che ha permesso di affrontare la pesante situazione economica del periodo con minori difficoltà rispetto ad altri settori industriali. Il settore alimentare infatti, pur nel perdurare del cattivo momento congiunturale, mantiene una discreta vivacità derivante dalla forza di alcuni settori particolari (ad esempio gli integratori alimentari) che hanno risentito solo in parte della crisi generale. La variabilità dei prezzi, la disponibilità delle materie prime, le problematiche legate ai prezzi al consumo dei prodotti finiti e le difficoltà legate al credito sono comunque dei fattori che il settore deve monitorare, per evitare le difficoltà del periodo economico corrente. Additivi alimentari e coadiuvanti tecnologici Gli additivi alimentari e i coadiuvanti tecnologici sono tra gli ingredienti funzionali più importanti e più utilizzati dalla moderna industria alimentare. La differenza tra queste due tipologie di ingredienti è chiaramente definita dalla normativa di settore: gli additivi alimentari sono quegli ingredienti il cui effetto si esplica sul prodotto finito, mentre i coadiuvanti tecnologici sono quelli che, aggiunti per un particolare effetto desiderato durante il processo produttivo, non svolgono poi nessuna funzione sull’alimento finito. Le norme europee permettono anche di classificare in modo chiaro i diversi additivi alimentari in funzione del loro effetto sul prodotto finito: si hanno, tra gli altri, i conservanti, che impediscono il proliferare di microrganismi dannosi per il prodotto o potenzialmente pericolosi per la salute; gli antiossidanti, che ritardano le reazioni di irrancidimento di oli e grassi; gli emulsionanti, che permettono di realizzare prodotti costituiti da una matrice acquosa e una grassa; gli addensanti, che migliorano consistenza e stabilità di prodotti semisolidi; gli edulcoranti, che permettono di addolcire i prodotti garantendo nel contempo un basso apporto calorico. Tra i coadiuvanti tecnologici più importanti e utilizzati vi sono gli enzimi alimentari, sostanze che, tra l’altro, sono naturalmente presenti in tutti gli organismi viventi, dai microrganismi più semplici, alle piante, fino all’uomo stesso. L’industria alimentare moderna li impiega con profitto in vari processi di produzione. Si possono così avere importanti vantaggi tecnologici, per ottenere prodotti di alta qualità, sicuri e stabili, con grande attenzione alle esigenze dei consumatori. Gli enzimi sono utilizzati ad esempio nelle fasi di produzione e maturazione di prodotti caseari, nella produzione di bevande alcoliche fermentate e non (birra, vino) nonché nelle produzioni carnee (salumi, insaccati). Dal punto di vista normativo il settore si trova ora ad un vero e proprio punto di svolta, dopo la pubblicazione, alla fine del 2008, dei Regolamenti che armonizzano completamente il mercato europeo degli additivi e degli enzimi: il Regolamento 1333/2008/Ce riunisce e aggiorna le precedenti normative sugli additivi alimentari, mentre il Regolamento 1332/2008/Ce delinea per la prima volta un quadro normativo unico per gli enzimi alimentari che, fino ad ora, avevano solo alcuni riferimenti specifici in normative verticali di settori particolari (p.e. nell’enologia). Le nuove norme inoltre, al pari delle precedenti, stabiliscono le liste degli additivi e degli enzimi ammessi negli alimenti e i criteri di purezza, sempre con lo scopo principale di garantire la massima sicurezza del consumatore, unita alla più accurata informazione possibile sul contenuto di questi prodotti negli alimenti. Particolare attenzione deriverà nei prossimi anni dall’aggiornamento degli elenchi degli additivi e degli enzimi impiegabili e dei loro campi di utilizzo nei differenti prodotti. Amidi e derivati La produzione di amido in Italia, che rappresenta circa il 10% della produzione europea, viene effettuata a partire da cereali, principalmente mais. L’amido possiede la caratteristica di essere un prodotto finito oppure diventare una materia prima per ottenere una lunga serie di altri prodotti. Infatti l’amido come tale è un ingrediente alimentare impiegato diffusamente per la preparazione di prodotti da forno, dolciumi, budini, salse, e anche medicinali, oppure, al di fuori dell’ambito alimentare, è componente fondamentale di carta e cartone, manufatti per edilizia, collanti, materiali 63 < TORNA ALL’INDICE plastici. Quando è impiegato come materia prima costituisce la base per la produzione di maltodestrine, amidi modificati, glucosio, isoglucosio e sciroppo di glucosio. Lo sciroppo di glucosio a sua volta è impiegato daIl’industria delle fermentazioni microbiologiche per produrre acidi organici, aminoacidi, antibiotici, mentre il glucosio, oltre ad essere un diffusissimo ingrediente alimentare, serve anche da intermedio per la produzione di polioli, edulcoranti a basso contenuto calorico. Come si vede quindi l’industria dell’amido trasforma un semplice chicco di mais in una miriade di prodotti specialistici impiegati da moltissimi comparti industriali. La situazione congiunturale del comparto ha registrato, nel finale del 2009, una leggera ripresa dei consumi di amido, passando da un -17% ad un -10% rispetto all’anno precedente. Permangono difficoltà negli sbocchi della mangimistica, a seguito di forti importazioni di carne bovina e di crisi nei consumi di latte. Un altro punto di sofferenza è costituito dal credito difficilissimo verso i paesi dell’est Europa. Il settore si trova poi ad affrontare le problematiche derivanti dalle normative sul cosiddetto “Gas Release” e sull’Emission Trading Scheme. Diventa infatti sempre più sentito il problema dell’acquisto delle quote per chi produce energia, soprattutto per chi fa produzione per autoconsumo e non può quindi trasferire a valle il costo dell’acquisto delle quote. Al momento, purtroppo, anche chi fa cogenerazione (e contribuisce a limitare l’impatto ambientale) è assimilato ai grandi produttori di energia elettrica. Aromi Gli aromi sono prodotti specialistici che hanno la funzione di impartire note organolettiche tipiche a prodotti di diverso tipo. Gli aromi agiscono sui recettori olfattivi e su quelli gustativi e vengono impiegati per la maggior parte nei prodotti alimentari e nelle bevande, costituendo spesso l’identità del prodotto stesso. Sono inoltre impiegati nei medicinali, nei mangimi e per la concia dei tabacchi. Gli aromi sono prodotti sia a partire da materie prime di origine naturale con procedimenti fisici, enzimatici e microbiologici, sia con sostanze prodotte per sintesi chimica. In ogni caso devono rispondere a precisi requisiti di purezza, sicurezza e innocuità per la salute del consumatore, in base a quanto disposto dalla sempre più severa legislazione comunitaria vigente in materia. grassi essenziali e polinsaturi, sali minerali, amminoacidi, peptidi, estratti naturali, fermenti lattici probiotici, fibre vegetali e tutte le altre materie prime con caratteristiche funzionali. Queste particolari tipologie di prodotti alimentari hanno registrato negli ultimi anni una sempre più forte richiesta da parte dei consumatori e questo trend si mantiene positivo nonostante il generale periodo di crisi economica. L’attenzione del legislatore per questo tipo di prodotti, interessati comunque dalla normativa generale sui prodotti alimentari (Regolamento 178/2002/Ce), è rivolta alla massima sicurezza del consumatore e alla libera circolazione di alimenti sani e sicuri. Le basi della legislazione del settore sono la Direttiva 2002/46/Ce, che regolamenta gli integratori e il Regolamento 1925/2006/Ce sull’aggiunta di vitamine e minerali e di talune altre sostanze agli alimenti. Di importanza fondamentale per il settore è poi il Regolamento 1924/2006/Ce che stabilisce norme armonizzate in merito alle modalità con cui indicare sulle etichette dei prodotti le informazioni nutrizionali e salutistiche per il consumatore. Tale Regolamento vede, a cavallo tra la fine del 2009 e tutto il 2010, la pubblicazione da parte della EFSA delle liste delle indicazioni salutistiche e nutrizionali ammesse o non ammesse per i vari prodotti alimentari. L’evoluzione di questa normativa è monitorata con particolare attenzione, poiché una parte importante del mercato dei prodotti finiti, di cui le imprese del settore sono fornitrici, deriva direttamente dalle informazioni che possono essere trasmesse al consumatore mediante i cosiddetti “claim”. Attualmente inoltre prosegue la revisione della normativa europea sui cosiddetti “Novel Food”, ovvero gli alimenti e gli ingredienti innovativi per i quali è richiesta una particolare autorizzazione di prodotto se non vi è una tradizione d’uso documentata precedente al 1997. A contorno di tutte queste norme esistono poi una serie di decreti e circolari del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, che regolamentano alcuni aspetti pratici relativi alla presentazione, l’etichettatura e l’autorizzazione alla produzione e commercializzazione degli integratori alimentari e dei prodotti cosiddetti “salutistici” nonché degli ingredienti in essi contenuti. La chimica e l’alimentazione: i progetti informativi Materie prime per integratori alimentari e alimenti funzionali Le materie prime impiegate nella preparazione di integratori alimentari, alimenti destinati a regimi dietetici particolari, alimenti per sportivi e prodotti alimentari arricchiti sono ad esempio vitamine e prodotti similvitaminici, lipidi, acidi 64 Chimica e alimentazione sono settori che possono apparire lontani e tra loro incompatibili, ma sono invece uniti da legami solidi e di fondamentale importanza. Mostrare il ruolo della chimica nella filiera agro-alimentare è insieme una sfida importante e un doveroso tributo alla completezza dell’informazione. Un compito che Federchimica si TORNA ALL’INDICE è assunta, con la volontà di mostrare la realtà della chimica e dei suoi imprescindibili legami col mondo che ci circonda. È stato quindi realizzato un documento, “La chimica nella filiera agroalimentare”, che si propone di evidenziare i benefici che la chimica è in grado di apportare a tutta la filiera. Il percorso seguito è quello “dal campo alla tavola”, partendo dai contributi della chimica all’agricoltura e all’allevamento, arrivando poi agli ingredienti specialistici direttamente usati negli alimenti, fino al ruolo della chimica nell’ambito del confezionamento alimentare, non tralasciando infine il ruolo del chimico, ovvero il professionista che di questa scienza ha fatto un lavoro. Nel documento si presta particolare attenzione alla normativa comunitaria di settore che, attraverso norme armonizzate e di ampio respiro, derivanti da solide basi scientifiche espresse da autorità indipendenti di altissimo livello, garantisce al consumatore prodotti sicuri e controllati. Attenzione particolare è stata poi rivolta alla spiegazione nei dettagli di alcuni specifici contributi della chimica al settore agro-alimentare, che spesso sono poco conosciuti o male interpretati, a causa di limitata conoscenza del settore o preconcetti, derivanti da un’idea sbagliata di chimica “cattiva”, pericolosa e irrispettosa dell’uomo e dell’ambiente. Con informazioni chiare e documentate, l’obiettivo finale è dunque quello di mostrare la vera faccia della chimica nel settore agro-alimentare, al di là del luogo comune: una chimica che fornisce un aiuto fondamentale in termini di innovazione, miglioramento e maggiore disponibilità della produzione, di fornitura di materie prime sicure e controllate, di rispetto per l’ambiente e sostenibilità. Seguendo la stessa filosofia si è intrapresa anche una collaborazione importante con il Museo della Scienza e > della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano. Il nuovo “iLab Alimentazione” è un laboratorio interattivo cui partecipano principalmente gli studenti, ma anche gli altri utenti del museo. Si presenta come una sorta di cucina in cui costruire comprensione e consapevolezza sugli aspetti scientifici legati al cibo, con un percorso guidato attraverso le domande che ci si pone tutti i giorni: conosci cosa mangi? Il cibo ti cura? Come si producono gli alimenti? Come trasformi i cibi? Se ogni cucina è un laboratorio in cui trasformare molecole e fare reagire sostanze, nell’i.lab Alimentazione si può scoprire, sperimentando insieme agli animatori scientifici, che cosa si nasconde in quello che mangiamo e nelle nostre scelte alimentari. Naturalmente la chimica gioca un ruolo importante in questo processo: dai fertilizzanti agli agrofarmaci, dalle biotecnologie ai medicinali per gli animali d’allevamento, dagli additivi alimentari agli aromi, dalle materie plastiche ai gas industriali, la chimica fornisce un aiuto fondamentale in termini di innovazione, miglioramento e maggiore disponibilità della produzione, fornitura di materie prime sicure e controllate, rispetto per l’ambiente e sostenibilità. L’importanza di una tale campagna informativa si inserisce poi con pieno merito nell’ambito della preparazione all’Expo 2015 di Milano, il cui tema “Nutrire il pianeta” ben si sposa con un settore, quello della chimica agro-alimentare, che permette di ottenere prodotti alimentari innovativi, di ampia disponibilità, con migliorate caratteristiche tecnologiche, che deperiscono con minor velocità o destinati a tutte quelle persone che hanno esigenze nutrizionali specifiche, derivanti da particolari condizioni metaboliche o da stili di vita differenti. PRODOTTI SENSIBILI L’industria del cosiddetto imaging, ovvero del trattamento dell’immagine, richiede elevate capacità d’investimento in ricerca e innovazione tecnologica, che costituiscono perciò grosse barriere all’entrata: troviamo infatti in questo comparto caratterizzato da uno straordinario progresso tecnologico, una percentuale elevatissima, vicina al 90%, di imprese di grandi dimensioni, appartenenti ad affermati gruppi internazionali noti in tutto il mondo. Quando si parla di trattamento, acquisizione ed elaborazione dell'immagine, il consumatore probabilmente pensa alla fotografia; in realtà quest’industria altamente specializzata produce immagini dei più svariati tipi e campi di utilizzo. Di competenza del Gruppo prodotti sensibili di Federchimica-Aispec sono le immagini radiografiche (medical imaging) indispensabili nella moderna medicina e le immagini grafiche (graphic imaging) o più semplicemente la stampa, nei suoi molteplici impieghi, dall’editoria alla cartotecnica, all’arte decorativa artigianale. Ecco una breve rassegna illustrativa di queste due aree merceologiche. Diagnostica medicale per immagini o medical imaging La radiologia medica, o meglio la diagnostica per immagini, è un’importantissima branca della medicina, essenziale in tema di prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie ricorrenti. Nella struttura dell’offerta troviamo tre fondamentali segmenti: sistemi di cattura dell’immagine con attrezzature tradizionali 65 < TORNA ALL’INDICE per la radiologia (sistemi schermo-pellicola), sistemi digitali, sistemi di gestione e archiviazione dati. Nel 2009 il settore ha molto sofferto le ripercussioni della crisi: sono state bandite pochissime gare pubbliche per l’acquisto di attrezzature e sistemi informatici, dalle 160 del 2008 alle 120 del 2009; vi è stato un calo complessivo di oltre il 5% del fatturato, molto più accentuato nel convenzionale (-22% nelle pellicole) dove, peraltro, prosegue il trend negativo in atto già da anni. Altro dato rilevante: tra le Computer Radiography, ovvero quelle attrezzature che abbinano la tradizionale tecnologia analogica con quella innovativa digitale, sono stati più venduti i modelli piccoli e meno costosi, in quanto gli ospedali hanno preferito risparmiare; questo ha contribuito al generale calo del fatturato, anche se le vendite delle più innovative Direct Radiology, completamente digitali, sono proseguite, ma con prezzi in discesa. In questi anni le imprese hanno esteso il loro portafoglio prodotti includendo soluzioni di informatizzazione ospedaliera che trasformano informazioni finora nettamente separate in una rete integrata: esistono infatti sistemi di gestione completa dei flussi d’informazione, dalle prenotazione alla refertazione. Con l’esperienza acquisita si riesce ad assistere le strutture ospedaliere lungo tutto il processo di pianificazione, implementazione ed integrazione, per ottimizzare le procedure cliniche ed amministrative e creare un sistema di informatizzazione ospedaliero, creando così un flusso d’informazioni continuo. Questo flusso consente di effettuare diagnosi accurate in tempo reale e di ricostruire in ogni momento la storia clinica del paziente. Ma anche in questo segmento, dove peraltro i prodotti sono molto più costosi, la domanda è rimasta decisamente debole. Principale difficoltà: ritardi nei pagamenti delle fatture. Le imprese, al pari di tutti gli altri fornitori della Pubblica Amministrazione e degli Enti pubblici, soffrono da sempre le conseguenze dei ritardi nel pagamento delle fattu- re. L’iniziativa avviata l’anno scorso dalla Regione Lazio, che ha istituito il primo sistema di gestione on line dei pagamenti, sta dando buoni risultati, anche se sono ancora troppo poche le aziende che vi ricorrono, a causa di notevoli incompatibilità tra i sistemi informatici del portale regionale e quelli dei fornitori. Occorre però proseguire su questo cammino, risolvere le incongruità ed estenderlo ad altre Regioni. Arti grafiche o graphic imaging Come il comparto della diagnostica medicale, anche quello della stampa è caratterizzato da un’ imponente evoluzione tecnologica con il passaggio dai processi analogici a quelli digitali, e alla sempre maggior applicazione dell’informatica. L’offerta è composta da un grande assortimento di prodotti di consumo (film e lastre per stampa offset), attrezzature, stampanti digitali e software. Anche qui nell’anno 2009 la crisi economica ha causato una diminuzione generale del fatturato di circa il 10%, soprattutto per le lastre offset analogiche (tradizionali); una nota positiva: il totale dei metri quadri venduti è diminuito, però all’interno continua il progressivo aumento delle vendite delle innovative lastre low chemicals o free chemicals.Tale crescita però non compensa il calo delle tecnologie tradizionali. Infatti si tratta di un mercato di sostituzione continua: le nuove lastre low chem, a basso impatto ambientale, che ormai le principali case produttrici hanno nel portafoglio prodotti e propongono sempre più alla loro clientela, richiedono bassissimi o nulli quantitativi di liquidi chimici di sviluppo e fissaggio. L’incremento delle vendite consegue al notevole risparmio per il cliente (l’azienda grafica o editoriale o cartotecnica che realizza i prodotti finiti) che può evitare o ridurre l’acquisto dei liquidi chimici, garantendosi al contempo la stessa qualità di stampa. Infine un grosso calo, del 50%, si è registrato nel fatturato delle attrezzature per la prestampa: computer to plate, software, sviluppatrici. OLI LUBRIFICANTI Gli oli lubrificanti svolgono la fondamentale funzione di diminuire l’attrito tra corpi meccanici in movimento relativo, attraverso la formazione, tra di essi, di una pellicola fluida. Un olio lubrificante è il risultato della miscelazione di un olio base minerale – che può essere di prima raffinazione od ottenuto dalla rigenerazione di oli esausti – con un “pacchetto” di additivi la cui composizione è determinante per il tipo di applicazione finale. Le imprese del settore in Italia producono centinaia di formulazioni diverse per rispondere, con un’ampia gamma 66 di oli lubrificanti specialistici e personalizzati, alle esigenze della clientela nazionale. I lubrificanti si dividono in due macro famiglie di utilizzo: oli auto e oli industria. In entrambi i campi è continuo lo sforzo dei ricercatori del settore per ottenere dal prodotto finito prestazioni sempre più elevate. Naturalmente negli ultimi anni il concetto di “prestazione elevata” è andato via via mutando: se fino agli anni ’90 l’obiettivo principale era quello di allungare la vita media dell’olio aumentandone nel contempo le performance di lubrificazione, oggi si mira soprattutto a TORNA ALL’INDICE formulati a basso impatto ambientale, capaci di contribuire al risparmio energetico e di rispettare le nuove e più restrittive normative vigenti, tra cui il Regolamento REACH. La sfida degli oli per autotrazione consiste ora nel rispetto di limiti di emissioni sempre più stringenti (Euro 4, Euro 5, Euro 6), per questo gli additivi per oli motore puntano a un sempre maggiore potere detergente, al fine di minimizzare la formazione di residui e particelle finissime che contribuiscono ad aumentare il livello di PM10. La ricerca nel campo degli oli per uso industriale guarda invece alla sostituzione, laddove tecnicamente possibile, delle basi minerali con quelle vegetali, e a pacchetti di additivi votati ad elevati standard ambientali. Quasi ogni attività economica necessita di un prodotto di questo settore e questo lascia comprendere facilmente perché in esso si annoverino le società petrolifere e alcune multinazionali chimiche, particolarmente orientate ad una vision energetica e a un’ottica del lubrificante come large commodity, ma anche numerose aziende specializzate di piccole e medie dimensioni, più orientate al lubrificante come specialty e abili nell’individuare insieme ai clienti di nicchia le soluzioni più soddisfacenti. In Italia vi sono un centinaio di operatori, inclusi alcuni distributori che hanno una piccola attività produttiva. Il comparto dà lavoro a circa 3000 addetti, di cui circa 1800 sono “blendatori”, mentre gli altri si frammentano fra società commerciali che rietichettano e rappresentanti esclusivi di marchi stranieri. Nel 2009 il mercato si è ridotto del 20%, in particolare gli oli lubrificanti per uso industriale hanno avuto una contrazione più elevata, pari al 23%. Le previsioni per il biennio 2010-2011, pur considerando gli effetti di una lenta ripresa a livello macroeconomico, indicano un recupero produttivo che non dovrebbe superare nei due anni il 5- 6%. La contrazione del mercato a fine 2011 risulterà superiore al 20% rispetto ai valori relativamente “normali” del 2007. La necessaria flessibilità, per rispondere al bisogno di avere a catalogo centinaia di formulazioni, impone alle imprese di operare strutturalmente con ampia capacità inutilizzata degli impianti. In condizioni normali tale onere è sopportabile, ma oggi la flessione produttiva a medio termine del 20% comporta un utilizzo degli impianti spesso sotto il 50%, con effetti drammatici sugli equilibri economici, finanziari e occupazionali. In questo scenario si paventano chiusure di impianti, in particolare da parte di imprese a capitale estero, e serie difficoltà per le piccole e medie imprese italiane. Nel 2009 la domanda del mercato interno è risultata in diminuzione, per volumi che sfiorano le 400.000 tonnel- > late di prodotti venduti. Il fatturato dell’attività produttiva si stima prossimo al miliardo di euro (da 1.4 miliardi di euro nel 2008). Oltre ai tradizionali ostacoli alla competitività industriale, la crisi del settore è ulteriormente aggravata da due particolari strumenti fiscali che penalizzano direttamente le imprese italiane rispetto a quelle che operano negli altri paesi europei: la “Robin Hood Tax” e l’imposta di consumo. Il settore degli oli lubrificanti è inserito nell'ambito di applicazione della Robin Hood Tax (concepita per tassare i maggiori profitti delle compagnie petrolifere) in quanto “statisticamente” compreso tra i prodotti energetici, ma l’assimilazione agli altri comparti è impropria: l’attività di produzione di oli lubrificanti finiti, così come di basi lubrificanti rigenerate, non è integrata con il ciclo del petrolio; si tratta, infatti, di attività manifatturiere nettamente distinte, che utilizzano un prodotto petrolifero come materia prima. Inspiegabile poi l’ulteriore tassazione di un’attività come quella della rigenerazione, che dà un forte contributo alla sostenibilità ambientale. L’imposta di consumo affligge invece il settore da oltre 60 anni. La capacità delle singole imprese di adattarsi alle diverse situazioni di mercato e di creare vantaggio competitivo è fortemente limitata nel nostro Paese da una realtà che si differenzia rispetto a quella dei concorrenti comunitari nella presenza, pressoché unica in Europa, di questa specifica tassazione sui prodotti del settore. Sebbene i recenti provvedimenti normativi (Legge 166/ 2009, conversione del Decreto legge 135/2009), tramite la parificazione delle imposte di consumo sugli oli nuovi e su quelli rigenerati, siano stati risolutivi riguardo alla procedura d’infrazione europea che riteneva gli oli rigenerati stranieri (tenuti a pagare l’imposta piena prevista per gli oli nuovi) discriminati rispetto a quelli nazionali (tenuti a pagare il 50% dell’imposta prevista per gli oli nuovi), è rimasto insoluto il problema della discriminazione dell’industria italiana rispetto agli altri paesi dell’Unione europea. A tanto si aggiungano i conseguenti fenomeni di evasione ed elusione fiscale che continuano da anni a falsare il mercato creando continui casi di concorrenza sleale, soprattutto da parte di operatori commerciali che trasferiscono prodotti da altri paesi comunitari sul territorio nazionale. Il Gail (Gruppo aziende industriali della lubrificazione) ad oggi rappresenta in seno ad Aispec 33 aziende produttrici operanti in Italia nel settore della lubrificazione e degli additivi, per quasi 1.200 addetti. La composizione del Gruppo è estesa e fortemente eterogenea. Oltre ad annoverarsi accanto 67 < TORNA ALL’INDICE ad importanti multinazionali moltissime realtà medio piccole, le aziende sono frammentate in diversi settori merceologici: imprese produttrici di basi lubrificanti da raffinazione e da rigenerazione di oli usati, aziende produttrici di oli lubrificanti finiti, produttori di additivi. Grazie alla capacità di armonizzare settori merceologici diversificati, ai tradizionali servizi mirati per le aziende del settore e all’autonomia decisionale, nel corso degli anni il Gail è divenuto il riferimento italiano del settore, il luogo di aggregazione e di produttivo confronto sui problemi comuni ideale per gli operatori. Il Gail assicura costantemente ai propri associati un’intensa attività di rappresentanza e tutela, servizio e consulenza sulle svariate tematiche attinenti al prodotto lubrificante in quanto “preparato chimico” e non petrolifero. Collabora inoltre con la UEIL (Indipendent Union of the European Lubricant Industry) – di cui è socio fondatore – che opera a livello europeo per la tutela delle aziende associate e resta il principale punto di riferimento del Gruppo in ambito internazionale. ABRASIVI Abrasivi rigidi (mole convenzionali a legante ceramico e mole a centro depresso e troncatrici a legante organico) e abrasivi flessibili (tele, carte e fibre) rappresentano le due macro aree di business dell’industria italiana degli abrasivi tradizionali. Alcune grosse multinazionali e molte importanti realtà nazionali compongono l’offerta in Italia. Il settore conta una quarantina di aziende, concentrate principalmente in Lombardia, Piemonte e Veneto, e dà lavoro a più di 2.000 addetti. Gli effetti della recessione continuano a farsi sentire e anche le prospettive per il 2010 presentano aspetti problematici, in particolare nell’ambito dei due principali mercati di sbocco: edilizia e auto. Il settore delle costruzioni non ha ancora arrestato la caduta e risulterà in contrazione anche nell’anno in corso. Il comparto auto, che durante il 2009 aveva manifestato timidi segnali di recupero, presenta prospettive incerte a causa del mancato rinnovo degli incentivi statali. La concorrenza orientale, costantemente presente sui mercati con produzioni a basso costo e marchi contraffatti, e la presenza sempre più forte di superabrasivi diamantati di precisione, continuano a costituire ulteriori sfide per il settore. Per l’industria degli abrasivi si stimano vendite in Italia nel 2009 per circa 206 milioni di euro e il calo del mercato domestico in valore rispetto al 2008 è stato all’incirca del 25%. Cadute di entità paragonabile si sono verificate anche sull’export. Il segmento più colpito dalla crisi nelle vendite nazionali è stato quello degli abrasivi convenzionali, seguito, sebbene in misura più moderata, dagli abrasivi flessibili. Le mole troncatrici e a centro depresso hanno registrato invece la flessione maggiore, fra i tre, nell’export. La raccolta, l’elaborazione e la corretta diffusione dei dati statistici nazionali del comparto, si confermano in 68 questo ambito un servizio da parte dell’Associazione molto utile agli operatori, uno strumento prezioso, oggi più che mai, per meglio valutare la “rotta” dei mercati di riferimento. I fattori vincenti delle imprese del comparto sono e saranno probabilmente in chiave prospettica gli elevati livelli innanzitutto di qualità e sicurezza, ma anche di automazione e tecnologia di processo, esperienza e know-how. Il 2009 ha costantemente impegnato i produttori sul fronte degli standard tecnici internazionali che determinano i requisiti di sicurezza, i test e i metodi di prova dei prodotti. Gli operatori esercitano un presidio costante delle attività di normazione di UNI, CEN e ISO, in virtù dei continui aggiornamenti delle norme. L’Associazione è fondamentale nell’affiancare e assistere le imprese nell’attività di controllo delle modifiche ai testi proposte, nel coordinamento − anche attraverso l’Associazione europea FEPA − con gli altri stati membri, nei processi di votazione relativi agli standard. Agli operatori è richiesta una crescente attenzione e sensibilità nel rispetto degli adempimenti derivanti dalla normativa sulla classificazione e gestione dei rifiuti, oggi in Italia ulteriormente integrata dal SISTRI, il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, alla sicurezza dei prodotti (i produttori di abrasivi sono utilizzatori a valle rispetto al REACH), alla normativa che regolamenta in Italia la gestione della salute e della sicurezza dei lavoratori. Anche a questo proposito Federchimica gioca un ruolo chiave nell’assistenza e nella rappresentanza delle specifiche necessità del comparto. Il Gruppo abrasivi di Federchimica- Aispec, che raduna ad oggi 24 imprese, per un totale di circa 1.600 addetti, rappresenta all’incirca l’80% del mercato, per un fatturato annuo di oltre 340 milioni di euro (da 450 milioni di euro nello scorso anno). TORNA ALL’INDICE L’Associazione raggruppa i maggiori produttori dell’industria nazionale di abrasivi, in particolare rigidi e flessibili, che costituisce certamente uno dei maggiori mercati di riferimento per il settore, a livello internazionale, insieme a quelli di Germania, Inghilterra e Francia. Il comparto, anche in quest’ultimo rinnovo contrattuale, ha potuto mantenere la propria autonomia sindacale, tutelando le peculiarità proprie delle aziende degli abrasivi attraverso la conferma delle specifiche norme settoriali, > già a suo tempo individuate insieme a Federchimica, che in questa vicenda contrattuale hanno consentito risultati soddisfacenti in termini di costo. Le principali aree di assistenza di Federchimica utilizzate dalle imprese oltre a quella contrattuale, sono quella della lobby e dei rapporti con le istituzioni, oltre naturalmente all’assistenza tecnica per l’applicazione delle normative afferenti a salute, ambiente, sicurezza e igiene del lavoro. SMALTI PER CERAMICA, PIGMENTI INORGANICI, OSSIDI METALLICI Il settore comprende tradizionalmente la produzione di smalti, fritte, pigmenti, coloranti usati nell’industria ceramica (piastrelle, stoviglieria, sanitari, ecc.) e in misura minore nell’industria meccanica (soprattutto per finitura superficiale di elettrodomestici e prodotti per la casa). Il settore include anche alcune aziende produttrici di ossidi metallici che trovano diffusione, per ben oltre la metà del loro impiego, nei processi di reazione chimica intesi all'ottenimento di pigmenti e fritte e nella composizione di prodotti antiruggine e di stabilizzanti. In Italia il settore è rappresentato da Ceramicolor, Associazione italiana colorifici ceramici e produttori di ossidi metallici, a cui aderiscono 21 imprese. I colorifici sono prevalentemente ubicati nell’area di Sassuolo. Il comparto infatti costituisce, insieme ai costruttori di macchinari e ai produttori di piastrelle, il terzo attore necessario alla creazione di piastrelle da pavimento e rivestimento. Le più importanti multinazionali del settore hanno in Italia filiali e stabilimenti che, data l’importanza strategica del mercato, rivestono un ruolo spesso determinante per la stessa capogruppo. Le aziende di Ceramicolor sono un importante esempio di chimica al servizio della ceramica alla quale viene fornito il vero valore aggiunto che permette al prodotto italiano di eccellere su tutti i mercati mondiali. Il processo di studio e ricerca nell'applicazione dello smalto riveste un ruolo fondamentale per la ceramica. Questi aspetti sono il vero punto forte dei colorifici che effettuano annualmente investimenti molto rilevanti e spesso in percentuale superiore a quelli delle aziende chimiche tradizionali. Tale processo di affinamento dei prodotti, associati ai necessari servizi forniti per l'applicazione dei medesimi, ha ormai spostato il settore verso le specialità. In effetti il colorificio, quale fornitore di ricerca ed estetica, spesso all'atto della presentazione del proprio prodotto propone la piastrella finita e non un intermedio chimico. Le forti concentrazioni e le acquisizioni tra colorifici avvenuti negli ultimi anni dimostrano che le aziende del settore sono abituate a competere a livello globale. La competitività, soprattutto con la Spagna, ha avuto un ruolo fondamentale nella riorganizzazione di un settore che spesso per necessità ha dovuto reinventarsi e che ha permesso con la propria ricerca di fare crescere il mondo della piastrella. Nel 2009 le aziende produttrici coloranti, fritte e smalti per la ceramica, hanno realizzato circa 500 milioni di euro di fatturato. Per quanto concerne l’andamento del mercato, le imprese associate a Ceramicolor hanno subito nel corso del 2009 la pesante crisi mondiale che si è sommata alla crisi del settore dell’edilizia che, in misura differente, ha ricadute estremamente pesanti in tutta Europa ed è in taluni casi diventata strutturale. Il settore della piastrella, in particolare, risulta essere estremamente penalizzato da questa congiuntura che ha subìto in modo più accentuato rispetto ad altri settori dell’industria. Purtroppo, si registra tale situazione anche in mercati che fino a pochi mesi fa potevano comunque compensare una costante erosione dei volumi registrati in Italia. Ceramicolor, indirizza prevalentemente le proprie attività alle tematiche ambientali e di sicurezza; in linea generale esse sono volte principalmente allo studio delle problematiche inerenti alla classificazione, all'etichettatura ed all’imballaggio delle sostanze e dei preparati pericolosi. Nel corso del 2009, nell’ambito del Comitato Ecologia, sono continuate le attività per gestire l’impatto che il REACH avrà sul settore. Nello specifico, al fine di dare seguito alla fase di registrazione delle sostanze, le imprese, con il supporto della struttura di Ceramicolor, hanno preso parte alle attività realizzate in ambito internazionale che hanno visto 69 < TORNA ALL’INDICE la formazione dei consorzi in funzione delle principali tipologie di prodotti rappresentate dall’Associazione. Ceramicolor è stata molto impegnata, insieme alle altre associazioni europee e ad Eurocolour nell’ambito dell’applicazione della normativa ed in particolare per chiarire l’applicabilità di alcune esenzioni derivanti dall’Allegato V. Esistono ancora delle incognite per il settore, in quanto per alcune tipologie di sostanze non vi è ancora un orientamento su quali debbano essere gli adempimenti ai quali si dovrà dare seguito per il REACH. Visto l’elevato numero di sostanze prodotte, si guarda con particolare preoccupazione agli investimenti (non solo economici ma anche in termini di risorse umane) necessari per ottemperare agli onerosi adempimenti richiesti. Tale preoccupazione risulta essere molto accentuata dalla situazione congiunturale estremamente negativa. Una seconda area di interesse per il settore, che ha visto la nascita di numerose attività, è stata quella relativa all’IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control). Nel 2009 è stato rivisto il BREF (BAT Reference Document) per il settore del vetro, del quale le fritte fanno parte, che è un importante riferimento per il rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali. Proprio per gestire al meglio le problematiche del settore e portare all’attenzione le necessità specifiche, si sono intensificati gli incontri con i principali organismi di controllo a livello sia locale sia nazionale, con i Ministeri competenti, con l’Istituto Superiore di Sanità e con le istituzioni scientifiche. Occorre inoltre sottolineare che Ceramicolor ha attivamente partecipato anche a numerose altre attività in ambito europeo, sia attraverso l’associazione di settore, Eurocolour, sia con contatti diretti con alcune associazioni di interesse tra cui ANNFECC che rappresenta in Spagna i produttori di fritte e pigmenti inorganici. In funzione del carattere sempre più europeo che avranno le future norme appare oltremodo necessario affrontare tali problematiche a livello globale e non solo a livello nazionale. ADESIVI E SIGILLANTI L’industria italiana degli adesivi e dei sigillanti ha chiuso il 2009 con un significativo calo della domanda, generalizzato a tutti i mercati di sbocco. Sin dalle prime battute il 2009 ha presentato un ciclo economico critico per tutti i comparti industriali di riferimento che si è manifestato con livelli preoccupanti di contrazione dei volumi, quale inevitabile riflesso di una domanda ai minimi storici, dovuta alla pesante crisi finanziaria globale. È stata ampiamente confermata la preoccupante flessione del mercato dell’edilizia. L’industria dell’auto e dei mezzi di trasporto in genere ha registrato notevoli cali dei volumi, così come i comparti del legno, dell’arredamento, della cartotecnica e dell’imballaggio. La situazione critica è stata confermata, ancora una volta, anche per il comparto calzaturiero. Anche il mercato estero, che negli anni scorsi aveva avuto un ruolo fondamentale di sostegno alla produzione, ha registrato una flessione. Il quadro complessivo è stato reso ancora più preoccupante per le proporzioni della crisi di liquidità della clientela. D’altra parte le grandi difficoltà registrate dalle imprese nell’accesso al credito, ne hanno limitato fortemente la capacità di innovare e, conseguentemente, di accrescere la propria competitività. Inoltre, le imprese si sono confrontate con livelli di redditività ulteriormente ridotti rispetto al recente passato. 70 La dinamica dei differenti settori di applicazione può essere così riassunta: il 2009 ha registrato, su base annua, una contrazione significativa dei volumi come conseguenza della crisi che ha toccato il settore dell’edilizia nel nostro Paese. La durissima crisi che ha investito l’intero settore delle costruzioni, dal residenziale e non residenziale privato a quello pubblico, si è riversata inevitabilmente sulla richiesta di adesivi e sigillanti che ha subito un significativo calo. Alle perdite registrate nella prima parte dell’anno, già di per sé di dimensioni tali da rendere impossibile un’inversione di tendenza su base annua, si sono aggiunte le contrazioni dei mesi successivi. Il 2010 si è aperto sotto cattivi auspici: il cosiddetto “Piano casa” approvato dal Governo alla fine del 2009 appare poco incisivo per potere avere effetti realmente efficaci. Tutto dipenderà dagli strumenti attuativi che le singole amministrazioni locali predisporranno sul provvedimento. Gli operatori del settore che auspicavano che gli strumenti da mettere in campo determinassero un graduale risveglio della domanda, tale da produrre benefici almeno a partire dalla seconda metà del 2010, alla luce di quanto finora registrato dal mercato appaiono scettici sulla possibilità di un’inversione di tendenza nella seconda parte dell’anno. TORNA ALL’INDICE L’andamento negativo della domanda degli adesivi impiegati dall’industria del mobile e dell’arredamento si è protratto per tutto il 2009. La crisi del comparto edilizio ha giocato un ruolo determinante in tale dinamica. Con il passare dei mesi si è assistito all’aggravarsi della situazione negativa nei segmenti del mobile e dell’imbottito, solo per citare alcuni tra i comparti più significativi fra quelli serviti. Per i prodotti impiegati nell’industria calzaturiera il 2009 ha confermato una dinamica dei volumi in rilevante contrazione. Negli ultimi mesi dell’anno è apparsa senza soluzione di continuità l’incertezza assoluta: estrema frammentazione degli ordini, richiesta di consegne immediate, crisi di liquidità della clientela sono tutti elementi che non hanno concesso tregua ad un settore già profondamente colpito da perdita di competitività. Il 2010 sembra mostrare segni evidenti di ulteriore debolezza. Per gli adesivi e sigillanti utilizzati nei mezzi di trasporto il 2009 ha portato la flessione dei volumi, per effetto della dinamica negativa registrata dall’industria di riferimento. In questo comparto occorre fare una differenziazione tra i due segmenti che lo compongono: il settore auto ha beneficiato, verso la fine del secondo semestre 2009, dei primi effetti degli incentivi fiscali decisi dal governo; il settore dei veicoli industriali e commerciali ha, al contrario, assistito al perdurare della situazione di difficoltà della prima parte del 2009. La “ripresina” dell’auto è stata spinta anche dalle esportazioni verso paesi Ue che hanno adottato misure fiscali analoghe a quelle interne al nostro Paese (p.e. Germania). Nel complesso il settore ha chiuso l’anno con il segno negativo. Per il 2010, non ci sono i presupposti per parlare di vero e proprio risveglio della domanda. La tanto attesa inversione di tendenza pare essere ancora non troppo vicina. La dinamica dei volumi per gli adesivi impiegati nel settore della cartotecnica e dell’imballaggio ha mostrato una contrazione nel 2009 pressoché generalizzata ai settori di applicazione dei propri prodotti, dalla carta e cartone, all’imballaggio, alla legatoria, anche se in generale con performance leggermente migliori a quelle degli altri settori. Ha fatto eccezione, in positivo, il solo segmento dell’igienico-sanitario. Il risultato negativo messo a segno nella prima parte dell’anno è andato accentuandosi con il passare dei mesi, fino a determinare una situazione complessiva di contrazione importante dei volumi su base annua. Ciò ha significato una importante caduta per quanto riguarda la carta e il cartone; in tale ambito gli unici segmenti stabili, con lieve tendenza positiva, sono stati > quelli della carta da cucina e della carta igienica. Anche il settore dell’imballaggio ha risentito delle difficoltà, chiudendo con un segno negativo. Il segmento delle etichette è stato condizionato in maniera sensibile dal calo delle vendite di bibite in bottiglia. Il calo degli adesivi destinati al mercato della legatoria è stato decisamente drammatico, per molteplici ragioni: il trasferimento della produzione di libri nel far east (Cina in testa), la drastica riduzione delle pagine pubblicitarie all’interno delle riviste che ha determinato un cambiamento tecnologico (dall’adesivo alle graffette metalliche) e, da ultimo, con l’avvento di Internet la conseguente scomparsa di pubblicazioni quali, per esempio, le Pagine Gialle. Alla luce di quanto evidenziato si può parlare di drastico ridimensionamento delle aspettative di “piccola ripresina” per il 2010: tutti gli indicatori economici più recenti indicano una situazione ancora molto critica per tutti i comparti della chimica e non fa eccezione il settore degli adesivi e dei sigillanti. In questo scenario appare davvero arduo prevedere una chiusura del 2010 all’insegna di una vera inversione di tendenza. Se si considera, inoltre, la situazione dal punto di vista dei pagamenti, allora il quadro si aggrava di un ulteriore elemento critico, come ha ampiamente dimostrato “l’Indagine sullo stato di salute dei settori adesivi, inchiostri, vernici” condotta da Avisa all’inizio del 2010 tra le imprese associate. I risultati hanno mostrato un sensibile peggioramento dei termini di pagamento da parte della clientela. Sul piano delle attività condotte dall’Associazione, il 2009 è stato caratterizzato, come di consueto, da un’intensa attività sul versante delle tematiche tecnico-legislative: dalle fasi di implementazione del REACH, agli sviluppi del Regolamento CLP, alla continua implementazione delle norme in materia di contatto alimentare, al Tavolo di lavoro “Biocidi” istituito presso il Ministero della Salute al quale Avisa partecipa direttamente con un proprio rappresentante. Tra le iniziative di rilievo rientra il “Progetto CAST”, giunto alla sua conclusione, promosso e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, al quale Avisa ha preso parte, sia con la struttura dell’Associazione, sia con i rappresentanti delle imprese associate, che hanno contribuito in modo concreto alla redazione delle linee guida interpretative del Regolamento 2023/2006/Ce sulle GMP. Gli esiti del Progetto segnano il successo dell’intera filiera coinvolta nel lavoro di due anni: le linee guida sono state 71 < TORNA ALL’INDICE presentate il 20 novembre 2009, presso Palazzo Brancaccio a Roma, alla presenza di un pubblico numeroso e sono state trasmesse dal Ministero della Salute alla Commissione europea che le ha prese a modello per il resto d’Europa. Alla luce dell’interesse suscitato dalla prima parte del progetto, l’Istituto Superiore di Sanità ha tratto la conclusione che fosse utile dare seguito all’esperienza ed ha lanciato un altro biennio del Progetto CAST (Contatto Alimentare Sicurezza Tecnologia) a cui Avisa ha deciso di aderire. Tra le numerose iniziative condotte, si ricorda la partecipazione del Gruppo adesivi e sigillanti al Flexo Day 2009, il 6 novembre a Mestre, organizzato da ATIF, (Associazione Tecnica Italiana per lo sviluppo della Flessografia). Alla manifestazione l’Associazione ha partecipato con due relazioni tenute rispettivamente, in rappresentanza del Gruppo adesivi e sigillanti, da Attilio Borlenghi di Henkel e, in rappresentanza del Gruppo inchiostri da stampa, da Marco Borsani di Flint Group. ATIF ha dato risalto alla presenza di Avisa ed ha rivolto un ringraziamento all’Associazione per la disponibilità concretamente manifestata. Il settore “Adesivi per legno e arredamento” ha realizzato il primo di una serie di seminari di formazione indirizzati alla clientela. L’iniziativa si colloca nell’ambito di un progetto di lungo termine che si prefigge l’obiettivo di “accompagnare” gli utilizzatori professionali degli adesivi impiegati nel processo produttivo della filiera del legno e dell’arredamento in un percorso di conoscenza delle varie tipologie di adesivi. Ciò allo scopo di sensibilizzarli alla necessità di coinvolgere il fornitore dell’adesivo nella fase di progettazione del manufatto finito per ottimizzare la performance del prodotto e prevenire l’insorgere di problemi. Il 18 novembre 2009, presso l’Hotel Holiday Inn - Congress Centre, di San Martino Buonalbergo si è tenuto per l’intera giornata il “Seminario di formazione adesivi per legno e arredamento” al quale hanno preso parte circa 150 persone. Questa prima esperienza − dalla quale il settore ha tratto alcune indicazioni per l’affinamento delle attività in futuro – incita ad andare avanti. Il settore ha, pertanto, programmato una serie di interventi formativi anche presso le fiere di settore di maggior interesse. Il prosieguo delle iniziative in tal senso è stata la partecipazione a Technodomus, presso la Fiera di Rimini il 23 aprile 2010. Le imprese associate appartenenti al settore “adesivi per cartotecnica e imballaggio” sono state invitate ad iscrivere il proprio personale tecnico al corso di formazione europeo “Migresives”, concernente un modello matematico di calcolo della migrazione degli adesivi destinati agli imballaggi alimentari. Il corso si è svolto il 18 marzo 2010 presso Federchimica. Un ulteriore passo verso l’approfondimento delle problematiche in materia di contatto alimentare è costituito dal FACET, acronimo di “Flavouring, Additive and Food Contact Material Exposure Task”, progetto di filiera europeo relativo alla determinazione della dose massima giornaliera di sostanze chimiche assumibile dall’uomo senza danni per la sua salute, al quale FEICA (l’Associazione Europea delle industrie degli adesivi e sigillanti) partecipa attivamente. Sul fronte internazionale il 2009 ha registrato un fortissimo ed accresciuto impegno del Gruppo adesivi e sigillanti presso i numerosi Comitati e Working Group di FEICA. L’assiduità della presenza ai tavoli internazionali sia dei rappresentanti aziendali, sia del personale della struttura associativa ha consentito di assicurare il necessario aggiornamento ed approfondimento delle tematiche di maggiore interesse dell’industria. PITTURE E VERNICI Il settore delle pitture e vernici rappresenta una componente molto rilevante della chimica italiana. Con un valore della produzione superiore ai 3 miliardi di euro, l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Germania. In Italia sono attive sia importanti imprese a capitale italiano di dimensioni medie e piccole, sia filiali produttive di gruppi internazionali. I prodotti trovano impiego in svariati settori: i più importanti in termini quantitativi sono l’edilizia (circa il 60% delle vendite complessive), l’industria metalmeccanica (20%) e il mobile (15%), ma figurano anche l’auto, la 72 protezione industriale, la nautica, la marina, il can coatings. Le imprese di pitture e vernici – attraverso la qualità dei propri prodotti, l’innovazione e la capacità di dare efficacemente risposte alle esigenze dei clienti – sono spesso alla base dei successi di molte imprese del made in Italy. Una parte significativa e tendenzialmente crescente della produzione è rivolta ai mercati esteri. Nel 2009 la produzione di vernici in Italia ha rilevato forti rallentamenti in tutti i settori di applicazione. Dopo una partenza d’anno molto critica in tutti i settori clienti, nei mesi TORNA ALL’INDICE successivi si è riscontrato un rallentamento della caduta, più marcato in alcuni comparti rispetto ad altri. Da un lato, il settore ha giovato dell’effetto positivo degli incentivi per le ristrutturazioni edilizie, delle leggi sul risparmio energetico e degli incentivi sull’auto. Dall’altro lato, pesano la generale tendenza dei settori a valle a mantenere livelli di scorte molto bassi, il prolungarsi della restrizione del credito da parte delle banche e l’allungamento dei tempi di pagamento dei clienti. In un contesto di domanda che permarrà debole, ci si attende un 2010 ancora difficile. Lo scenario dell’industria delle pitture e vernici nel 2009 è stato caratterizzato a livello internazionale, ma anche europeo ed italiano, da numerose operazioni di fusione ed acquisizione tra gruppi ma anche tra medie e grandi imprese, confermando una tendenza in atto già negli ultimi due anni. L’aumento della dimensione industriale dei nuovi soggetti si accompagna ad una contestuale crescita delle aree di business aziendale; la tendenza è quella di diversificare la propria produzione in più settori (edilizia, legno, navale, marina, polveri). L’entrata in vigore del D. Lgs. n. 161 del 27 marzo 2006 (D. Lgs. 161/2006), recante “attuazione della Direttiva 2004/42/Ce, per la limitazione delle emissioni di composti organici volatili conseguenti all’uso di solventi in talune pitture e vernici, nonché prodotti per carrozzeria” ha imposto un limite specifico del contenuto massimo di composto organico volatile (COV) nei prodotti vernicianti utilizzati in edilizia, in carrozzeria, ma anche nel settore legno. Dal primo gennaio 2008, tutti i prodotti soggetti a tale decreto, possono essere immessi sul mercato solo se hanno un contenuto di COV inferiore ai limiti consentiti, ancora più stringenti a partire dal giorno 1 gennaio 2010. Il D. Lgs. 161/2006 ha avuto pertanto importanti ricadute sulla produzione e sull’attività di ricerca e sviluppo dei produttori di pitture e vernici; le imprese hanno investito significative risorse (umane ed economiche) per la formulazione di prodotti a basso contenuto di COV. Il Gruppo pitture e vernici ha seguito fin dall’inizio l’iter legislativo del suddetto decreto e le implicazioni tecnico-normative conseguenti. L’impegno dell’Associazione si è concretizzato attraverso una puntuale e tempestiva informazione, circolari di chiarimento, riunioni interassociative, incontri tra tecnici, realizzazioni di position paper e un continuo confronto con le istituzioni. Proprio grazie all’attività di lobby, i Ministeri competenti hanno accolto le istanze associative prorogando al 2011 il divieto di esportare – in paesi extra Ue – prodotti “non conformi al Decreto”, riallineando di fatto l’Italia alla legislazione degli altri paesi dell’Ue. La disposizione, contenuta nel Decreto legge “milleproroghe” pubblicato sulla G.U. il 30 dicembre > 2009, ha generato un risparmio complessivo per tutte le imprese operanti in Italia, comprese le multinazionali, associate e non, di 100 milioni di euro per il solo 2010. Il Gruppo pitture e vernici ha partecipato da protagonista alla fiera MADE expo 2010, la Fiera dell’Architettura, Design ed Edilizia tenutasi a Milano Rho dal 3 al 6 febbraio. Il Gruppo, in tale occasione, ha realizzato uno spazio espositivo molto ampio pari a 620 mq destinato ad ospitare, oltre all’Associazione, gli stand delle imprese associate. L’area, allestita nella sezione Decor&Color Show, è stata progettata come una piazza arredata con tavoli e sedie, “Piazza Avisa” per l’appunto, attorno alla quale si affacciavano gli stand delle 14 aziende che hanno aderito all’iniziativa come si vede nell’immagine. Piazza Avisa ha rappresentato uno spazio comune per un interscambio costruttivo a beneficio dei moltissimi visitatori dello stand associativo. È stato inoltre realizzato un convegno organizzato sul tema “Pitture e vernici oltre la crisi”, molto apprezzato, che ha registrato la presenza di oltre 90 partecipanti, di cui 50 referenti di imprese non associate ad Avisa. Nell’ambito del convegno sono stati inoltre presentati i risultati dell’indagine associativa sullo stato di salute delle imprese di adesivi, inchiostri e vernici condotta nei primi giorni di gennaio, risultati che hanno messo in luce, oltre alla debolezza della domanda, anche la gravità del problema dei ritardati pagamenti. L’industria delle pitture e vernici italiana ha manifestato, negli ultimi anni, una grande necessità di formazione specifica per i propri tecnici, anche tenuto conto che è scarsa l’offerta di corsi post-diploma o universitari in grado di preparare un tecnico alla produzione delle pitture e vernici. Per questo il Gruppo pitture e vernici collabora con la Stazione Sperimentale Oli e Grassi e con l’Associazione Italiana dei 73 < TORNA ALL’INDICE tecnici di industrie di vernici ed affini nel programma di formazione permanente denominato forVER. Seguendo le indicazioni di interesse manifestate dalle stesse imprese produttive, sono stati organizzati con successo, i corsi: “Il supporto murario: la formulazione, i prodotti” (marzo 2009), secondo modulo del corso edilizia; “Normative, metodologie di caratterizzazione, sistemi di pitturazione, sistemi speciali” (giugno 2009), terzo modulo del corso edilizia; “Colore e Colorimetria” (ottobre 2009); “La caratterizzazione dei prodotti vernicianti: la normativa” (novembre 2009); “La tecnologia di produzione: dalla formula al prodotto” (marzo 2010), tenuto da un corpo docente proveniente dalla scuola ITECH di Lione, il rinomato Istituto tessile e chimico riconosciuto dalla Francia, che assegna la laurea in ingegneria (Master) e rappresenta una delle più importanti scuole europee del settore. GAS TECNICI SPECIALI E MEDICINALI Le imprese che operano nel settore dei gas tecnici, speciali e medicinali, quali: ossigeno, azoto, argon, elio e gas rari, idrogeno, acetilene, anidride carbonica, anidride solforosa, idrofluorocarburi, aria, gas speciali e miscele di gas, sono rappresentate in Italia da Assogastecnici. L’Associazione è articolata in due gruppi merceologici: Il Gruppo gas tecnici e speciali, che rappresenta il settore dei gas destinati ad usi industriali, tecnologici e di ricerca; Il Gruppo gas medicinali, che rappresenta il settore dei gas per uso terapeutico e diagnostico. Fanno parte di Assogastecnici 24 aziende che rappresentano circa il 95% del mercato nazionale. Il fatturato di settore ammonta a circa 1.3 miliardi di euro. Le applicazioni dei gas tecnici sono estremamente diffuse, estendendosi dalla grande industria alle attività artigianali, ai laboratori di analisi e ricerca. Il settore dei gas industriali ha chiuso il 2009 con una perdita dei volumi di produzione del 17% in base alle rilevazioni dell’Istat. Fra i principali settori di sbocco si distinguono, per una tenuta relativamente soddisfacente della domanda di gas, l'industria alimentare, l'ambientale e, in misura minore, il petrolchimico. Domanda industriale in forte calo, invece, dai comparti siderurgico, metallurgico, plastiche, mezzi di trasporto e macchinari, industria cartaria e industria chimica. Positivo, infine, l’andamento della domanda sul fronte medicale. Sia per l'area domiciliare che per quella ospedaliera, la fornitura del gas si accompagna a prestazioni accessorie – quali la fornitura di servizi, apparecchi e impianti – che trainano la crescita del valore del comparto. Tra gli effetti preoccupanti della crisi, oltre al calo occupazionale e alla “mortalità” imprenditoriale diffusa (soprattutto nel nord-est), si lamenta una perdita dei volumi prodotti che rischia di assumere carat74 tere strutturale perché difficilmente recuperabile nei prossimi anni. Preoccupa inoltre la brusca frenata degli investimenti, effetto del taglio del credito alle imprese. Per il settore dei gas in generale si aggiunge poi il problema dei costi energetici che hanno sperimentato una leggera riduzione nel 2009, ma continuano ad assestarsi su livelli ben superiori a quelli degli altri paesi europei, situazione che penalizza il mercato italiano e che mina pericolosamente la redditività del settore. Purtroppo le prospettive per il 2010 non indicano significativi recuperi dell’attività economica e produttiva. Per il settore dei gas industriali si prevede una lieve ripresa, del 2-3% dei volumi, restando comunque su valori ben lontani dai livelli pre-crisi. Diverso il contesto per i gas medicinali, per i quali nel 2010 si ipotizza un’ulteriore crescita, seppur di portata minore di quella del 2009. Per il comparto dei gas medicinali – ormai completamente integrato con le relative prestazioni accessorie – ci si attende quindi un moderato incremento dei volumi accompagnato però da alcune incognite legate al nuovo inquadramento normativo, in quanto l’aumento dei costi di gestione, se non recuperato attraverso l’adeguamento del prezzo dei prodotti, potrebbe avere effetti negativi in termini di redditività. Anche sul fronte dei ritardi di pagamento della Pubblica Amministrazione, l’Italia non ha “approfittato” della crisi, come in altri paesi, per ridurre i tempi di attesa aumentando il cash flow disponibile per le imprese. Al contrario, le ultime indicazioni segnalano un ulteriore peggioramento della situazione, già mediamente sopra i 300 giorni. A fianco della normale attività istituzionale e progettuale, anche nel 2009 si sono organizzati importanti momenti in termini di visibilità e rappresentanza di Assogastecnici. TORNA ALL’INDICE Nel corso dell’anno il progetto di sperimentazione sull’idrogeno – che ha visto il realizzarsi di una stretta e fattiva collaborazione del Comitato idrogeno Assogastecnici con l’Università di Pisa e i Vigili del Fuoco – è arrivato al suo momento conclusivo. Dopo un’intensa e delicata fase sperimentale, si è proceduto con le necessarie elaborazioni di calcolo, simulazioni e confronti con il metano, con l’obiettivo di poter intervenire con proposte condivise alla definizione delle prossime norme sulle tubazioni. Nel mese di maggio si è svolto un primo incontro di presentazione al pubblico dei risultati del progetto; il convegno ha visto la partecipazione di rappresentanti delle aziende associate, Vigili del Fuoco, esponenti accademici, rappresentanti dell’ASL di Milano e di Regione Lombardia. Una platea variegata che ha permesso di ottimizzare la qualità della discussione sulle prossime iniziative da intraprendere a livello istituzionale. È previsto un secondo momento di presentazione del progetto il 19 maggio 2010, a Roma, con una platea rappresentata per la maggior parte da Vigili del Fuoco. Attraverso il portale dedicato all’idrogeno (http:// idrogeno.assogastecnici.federchimica.it ) utilizzato da Assogastecnici per promuovere l’utilizzo dell’idrogeno nei vari ambiti industriali ed energetici si potranno anche divulgare i risultati della sperimentazione realizzata con l’Università di Pisa. Assogastecnici ha affiancato altre associazioni di Federchimica nella promozione del contributo dell’industria chimica al rispetto dell’ambiente presso la fiera Ecomondo che si è svolta a Rimini nel mese di ottobre. È stato realizzato materiale divulgativo di vario genere per la comunicazione di messaggi inerenti l’utilizzo e le potenzialità dell’idrogeno come vettore energetico, dell’ossigeno come gas utilizzato per l’abbattimento delle emissioni in aria e acqua, e dei gas rari. > L’assemblea annuale di Assogastecnici è stata, come ogni anno, l’occasione per assegnare i Premi Assogastecnici per la sicurezza sul lavoro, un riconoscimento ai risultati conseguiti dalle aziende nel corso dell’anno precedente, che certifica l’attenzione alla sicurezza dei lavoratori negli stabilimenti, attestata dall’assenza di incidenti. Assogastecnici è da tempo impegnata nel miglioramento continuo delle prestazioni ambientali e di sicurezza delle imprese di settore. L’Associazione si avvale del supporto tecnico del Comitato sicurezza gas, composto da esperti delle aziende associate, che ha il compito di sviluppare linee guida, strumenti di prevenzione e formazione, monitoraggio degli indicatori di prestazione. Grazie a questa intensa attività, l’incidenza e la gravità degli infortuni sul lavoro si è drasticamente ridotta (-85%) negli ultimi vent’anni. L’indice di frequenza è infatti sceso in tale periodo da 19 a 3.1 infortuni per milione di ore lavorate, mentre l’indice di gravità è passato da circa 300 a circa 51 giornate di lavoro perse per infortunio per migliaio di ore lavorate. Sebbene questi dati siano fra i migliori di tutto il comparto chimico, l’obiettivo è quello di avvicinarsi il più possibile all’assenza totale di infortuni. Gas tecnici e speciali Il Gruppo gas tecnici e speciali si è dedicato in modo particolare all’approfondimento, interpretazione e formulazione di linee guida per l’adempimento agli obblighi di legge da parte degli associati. È stata istituita una Newsletter sulla normativa, documento con cui l’Associazione informa periodicamente sulle novità legislative attinenti il settore nei vari ambiti di interesse. Per ogni nuova disposizione si fornisce una descrizione generale della norma e un commento specifico sulle dirette implicazioni a livello operativo a carico delle imprese. Con riferimento al comparto dei gas alimentari è stato poi completato un lavoro di organica raccolta e organizzazione di tutte le norme italiane ed europee che disciplinano il settore. A compimento del lavoro di mappatura, sono state pubblicate le “linee guida Assogastecnici sulla normativa per i gas alimentari” ad uso di tutte le imprese associate, un documento corredato dalle singole normative che è possibile visualizzare grazie a link interni al documento stesso. A fronte delle disposizioni del Regolamento sul REACH e del Regolamento sulla classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele (il cosiddetto 75 < TORNA ALL’INDICE Regolamento CLP), che obbligano alla revisione delle etichette e delle schede di sicurezza a partire dal dicembre 2010, si è provveduto a rettificare le suddette etichette e schede compatibilmente con le nuove norme, così da fornire alle imprese associate dei modelli standard cui fare riferimento. Nell’ambito delle iniziative a salvaguardia della sicurezza, è stata istituito il “Safety Alert” Assogastecnici, una segnalazione alle imprese associate volta ad informare in modo mirato e tempestivo su episodi incidentali legati a possibili difetti di apparecchi o materiale specifico al settore. Sempre in tema di sicurezza è stato realizzato un documento di autoregolamentazione per il riempimento bombole, una linea guida contenente alcune norme di buona pratica da seguire nell’attività di riempimento di recipienti per gas. Tra le principali pubblicazioni Assogastecnici del 2009 si ricordano: le linee guida per la formazione e l’addestramento del personale coinvolto nel trasporto di merci pericolose su strada (ADR 2009); le linee guida sui gas fluorurati, dedicate ai più recenti sviluppi della normativa europea e al chiarimento delle modalità di autorizzazione e di etichettatura appropriate. Come ogni anno infine, sono state realizzate importanti traduzioni e adattamenti di documenti EIGA, quali quella sui pericoli relativi ai gas inerti e alla carenza di ossigeno, le raccomandazioni per un riempimento sicuro di bombole e pacchi bombola di CO2, il documento sui centri revisione bombole e il “Training Package” che sintetizza le principali novità dell’ADR 2009 per la Classe 2. Gas medicinali Il Gruppo gas medicinali prosegue una strategia di sensibilizzazione e di coinvolgimento di tutti gli operatori della sanità per promuovere il settore dal punto di vista del valore in termini terapeutici, etici, industriali e sociali. Infatti, a seguito dell’approvazione del Nuovo Codice Farmaceutico (D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219) e del relativo decreto di modifica (D. Lgs. 29 dicembre 2007, n. 274, recante la proroga dell’entrata in vigore dell’AIC (Autorizzazione all’Immissione in Commercio per i gas medicinali), i gas medicinali hanno assunto a tutti gli effetti lo status di farmaci, con il conseguente innalzamento dei requisiti minimi di qualità e sicurezza da soddisfare e la necessità, al termine di un periodo transitorio, di ottenere l’AIC. Da qui emerge l’importanza del ruolo che riveste 76 il Gruppo gas medicinali nell’informare gli operatori sanitari pubblici e privati sull’importanza della qualità e della sicurezza di questi medicinali, affinché sia sempre tutelata in primis la salute dei cittadini. Per adeguarsi al meglio alla fase di evoluzione dalla quale sta emergendo la normativa di riferimento, il Gruppo gas medicinali ha mantenuto e intensificato i rapporti verso gli interlocutori istituzionali: Ministero della Salute; AIFA; Istituto Superiore di Sanità; Segreteria Generale della Farmacopea Ufficiale Italiana; Commissione Unica sui Dispositivi Medici. Il Comitato tecnico del Gruppo gas medicinali, attraverso gruppi di lavoro costituiti ad hoc, ha dedicato particolare attenzione all’elaborazione e all’aggiornamento delle linee guida di riferimento destinate alle aziende associate, proponendosi come punto di riferimento per gli operatori del settore. Nel contesto del Gruppo gas medicinali le tematiche specifiche riguardanti l’ossigenoterapia domiciliare sono trattate dalla Commissione ossigenoterapia domiciliare. Ad essa aderiscono le principali aziende operanti nello specifico settore, che rappresentano circa il 95% del mercato nazionale. La Commissione ha il compito di: promuovere l’attività dell’ossigenoterapia domiciliare, elaborare linee guida di comportamento per gli associati e per gli operatori del settore, sviluppare studi e ricerche specifiche. Prosegue infine la campagna di sensibilizzazione sull’impiego corretto e sicuro dei gas medicinali e in particolare sulle modalità di manipolazione e dispensazione di tali farmaci all’interno delle strutture sanitarie pubbliche e private, portata avanti in questi anni insieme alle Direzioni della Federazione. La campagna di comunicazione – che ha già visto l’organizzazione di vari congressi istituzionali di grande seguito – è stata pubblicizzata sul Sole24Ore Sanità a più riprese e ha portato, nel 2007, alla realizzazione di quattro corsi regionali, accreditati ECM, destinati ai farmacisti SIFO che utilizzano i gas medicinali a contatto con i pazienti nella vita di tutti i giorni; nel corso del 2010 si prevede la realizzazione di altri corsi regionali di questo tipo, unitamente ad altri interventi di carattere istituzionale finalizzati anch’essi alla sensibilizzazione verso un impiego corretto e sicuro dei gas medicinali. TORNA ALL’INDICE > DETERGENTI E SPECIALITÀ PER L'INDUSTRIA E PER LA CASA Da quanto emerso nel corso del VII Osservatorio sul mercato dei detergenti e dei prodotti per la casa, il settore, nel 2009, ha saputo fronteggiare la crisi, mantenendo una sostanziale stabilità. Il 2010 vedrà crescere l’impegno delle aziende sul fronte dell’innovazione nelle formulazioni e della sostenibilità, concetto divenuto ormai un importante valore nelle scelte di acquisto dei consumatori. I dati hanno inoltre confermato una significativa attenzione alla leva del risparmio: crescono le politiche promozionali e l’assortimento dei prodotti in promozione e si registra un nuovo incremento della marca privata e del canale dei discount. Gli italiani, anche in una fase di crisi, continuano tuttavia a premiare le aziende che propongono soluzioni innovative e attente a soddisfare le loro esigenze; esse, infatti, in un’ottica di continua evoluzione, promuovono nuove modalità volte a rafforzare il legame con il consumatore, valorizzando, ad esempio, gli aspetti sensoriali come il colore e i profumi. Per quanto concerne le principali attività associative, anche nel corso del 2009, sono stati organizzati due Osservatori sul mercato dei detergenti, a cui hanno partecipato numerose imprese associate e non associate, operatori dei settori legati alla filiera e dei media. Il “Market Monitor” che, come sempre, è stato organizzato con la collaborazione di The Nielsen Company Italy, ha fornito un quadro dettagliato del mercato dei principali segmenti del settore con una particolare focalizzazione su alcune categorie che hanno visto nel 2009 incrementi o situazioni di particolare interesse. Tra gli argomenti di approfondimento che hanno suscitato maggiore attenzione da parte delle imprese, si è provveduto ad analizzare i cambiamenti nei comportamenti del consumatore a seguito del difficile contesto economico e il “Shopper Marketing”, tema legato sempre alle relazioni con il cliente. Il 2009 è stato per Assocasa un anno molto importante: non solo perchè si sono celebrati i 25 anni di fondazione dell’Associazione, ma anche perché è stato avviato un importante piano di comunicazione, di respiro triennale, con lo scopo di dare visibilità all’Associazione e accreditarla verso tutti gli stakeholder di interesse. Sulla base dei numerosi programmi e progetti attivati da Assocasa, su indirizzo anche dell’Associazione Europea di settore A.I.S.E, sono state organizzate numerose attività orientate al concetto di sostenibilità, molto caro alle imprese. Tali iniziative infatti sono volte alla riduzione dell’impatto ambientale del settore e alla massimizzazione della tutela del consumatore. Nel corso dell’assemblea annuale, particolarmente focalizzata su questo concetto, è stata presentata una ricerca commissionata da Assocasa e condotta da un importante istituto su un campione di 1.200 responsabili degli acquisti. L’indagine ha rivelato l’attenzione crescente dei consumatori nei confronti della sostenibilità dei prodotti: il 30% degli intervistati dichiara di dare moltissima importanza alla ecosostenibilità dei prodotti che acquista e il 60% sarebbe disposto a pagare fino al 10% in più per prodotti certificati, ovvero realizzati garantendo il pieno rispetto delle persone e dell’ambiente. La ricerca, in particolare, ha avuto l’obiettivo di porre una lente di ingrandimento sul percepito dei consumatori, delle imprese e della grande distribuzione organizzata nei confronti dello sviluppo sostenibile. La crisi del mercato sta accelerando il cambiamento e non solo i consumatori, ma anche le imprese e la GDO vedono come opportunità da cogliere quelli che un tempo erano percepiti come problemi e come vincoli. La conseguenza è che la sostenibilità assume oggi una valenza molto più concreta e viene percepita come leva da utilizzare per avviare una nuova fase di sviluppo dell’economia. Durante l’assemblea di Assocasa sono stati presentati anche due esempi illuminanti di come la sostenibilità possa diventare una vera e propria chiave di volta per lo sviluppo di territori e aziende. Sul fronte dei settori istituzionale e industriale, Assocasa ha organizzato un evento presso la Fiera Pulire 2009, nel corso del quale è stata presentata la seconda parte dell’indagine sulla sostenibilità svolta, in questo caso, tra i principali clienti del settore. Il 67% degli intervistati ritiene che il rispetto ambientale sia un criterio di grande importanza nella scelta dei prodotti per la pulizia e il 69% dichiara che sarebbe disposto a pagare mediamente anche il 18% in più per prodotti sostenibili, ovvero realizzati garantendo il pieno rispetto delle persone e dell’ambiente. La ricerca è stata illustrata durante la tavola rotonda “Il Charter per una pulizia sostenibile: un modo nuovo della detergenza professionale e industriale a favore della 77 < TORNA ALL’INDICE sostenibilità per migliorare la relazione con il cliente”, con lo scopo di fornire uno spaccato di come le imprese, le istituzioni e gli enti pubblici si relazionano nei confronti dello sviluppo sostenibile. Essa ha evidenziato come la maggior parte delle imprese private, delle istituzioni e degli enti pubblici abbia già oggi un alto livello di consapevolezza nei confronti della sostenibilità e sia convinta che questo tema continuerà ad essere di grande rilievo anche in futuro: una percentuale molto elevata degli intervistati, infatti, ritiene che l’attenzione al tema della sostenibilità, da parte di tutti, sia destinata ad aumentare. Tali importanti riscontri evidenziati dall’indagine, sia per la parte sui consumatori sia per quella sulle imprese, hanno permesso di avere un’ulteriore conferma della validità e dell’autorevolezza del “Charter A.I.S.E. per una Pulizia Sostenibile” che è un programma volontario, implementato in Italia da Assocasa, che ha l’obiettivo di promuovere il continuo miglioramento nell’ambito della sostenibilità per i settori rappresentati dall’A.I.S.E., l’associazione internazionale dei produttori di saponi, detergenti e prodotti per la manutenzione. Il miglioramento continuo si applica a tutti gli stadi relativi al ciclo di vita del prodotto e si fonda sui tre “pilastri” della sostenibilità: sociale, ambientale ed economico. Il Charter si propone così come terreno di alleanza e di comune impegno tra tutti gli attori coinvolti, per rendere le iniziative di sviluppo sostenibile molto più sinergiche e condivise. Assocasa opera da sempre per seguire tutti gli aspetti correlati all’evoluzione normativa, fornendo ai propri associati una costante consulenza in tale ambito con uno sportello dedicato. I temi specifici seguiti sono stati: La Direttiva Biocidi. L’interesse a livello europeo per la Direttiva Biocidi è ritornato ad essere molto elevato, sia per le attività che hanno portato al posticipo di quattro anni del periodo transitorio, sia per le attività per la revisione della legislazione in questo campo. Assocasa, per quanto concerne l’ambito nazionale, lavora attivamente con il Ministero della Salute, con il quale ha attivato uno specifico tavolo di lavoro per la gestione del periodo transitorio che porterà quelli che oggi sono definiti PMC (Presidi Medico Chirurgici) ad essere classificati come Biocidi. Per quanto riguarda invece la revisione della normativa a livello europeo, Assocasa opera attivamente collaborando con tutti i settori interessati all’argomento sia all’interno di Federchimica sia a livello internazionale coordinandosi con A.I.S.E. REACH. Assocasa è stata molto impegnata, insieme ad A.I.S.E., nell’ambito dell’applicazione della normativa REACH, in particolare per chiarire l’applicabilità di alcune esenzioni derivanti dall’Allegato V. CLP (Classificazione, etichettatura e imballaggio). L‘entrata in vigore del CLP ha portato alla necessità di riconsiderare la classificazione di alcune importanti materie prime con un importante impatto sul settore. Nel corso del 2009 è stato organizzato un Gruppo di lavoro dedicato, che ha analizzato nello specifico il contenuto di tale norma allo scopo di evidenziare l’impatto che essa avrà con la sua piena attuazione. Per il 2010, Assocasa ha predisposto un piano di comunicazione ben articolato, che prevede attività finalizzate al miglioramento della sua immagine, con una particolare attenzione alla visibilità verso l’esterno. GLI SCENARI DELL’INDUSTRIA COSMETICA La tenuta dei consumi in un momento di pesanti condizionamenti sulla propensione d’acquisto di ampie fasce di consumatori conferma come il cosmetico è entrato da tempo nel vissuto quotidiano e nelle abitudini degli italiani. Proseguono gli sforzi delle aziende per assecondare un mercato sempre più attento alla qualità e al servizio. I processi di polarizzazione dei consumi e di segmentazione dell’offerta caratterizzano le scelte dell’industria, sempre più vicina ai bisogni dei consumatori anche in tema di sicurezza e affidabilità. 78 Il fatturato dell’industria cosmetica italiana È in calo (-2.5%) il valore della produzione nel 2009 con un fatturato che scende a 8.137 milioni di euro. Se il mercato interno, cresciuto dello 0.3%, non incide più di tanto, è il significativo calo delle esportazioni a pesare sulle imprese nazionali. Le vendite all’estero sono infatti scese di 9.8% punti percentuali per un valore prossimo ai 2.080 milioni di euro. Tra i canali di sbocco sul mercato interno incide negativamente l’andamento dei canali professionali, diminuiti di 5 TORNA ALL’INDICE punti percentuali con un valore di sell-in poco oltre i 745 milioni di euro: è la conferma del rallentamento delle frequentazioni dei saloni dei centri estetici che più di tutti hanno sofferto della crisi congiunturale innescata nell’autunno 2008. In crescita i fatturati delle imprese che hanno investito sui canali tradizionali, cresciuti dell’1.1% con un valore di oltre 5.300 milioni di euro. La grande distribuzione organizzata, la profumeria ma soprattutto l’erboristeria e la farmacia hanno saputo rispondere alle modificazioni di atteggiamento dei consumatori in un momento di forte rallentamento dei consumi. Un rallentamento che sui mercati internazionali è stato ben più evidente, in alcuni casi con pesanti trend negativi. Questo spiega il crollo delle esportazioni italiane anche se non ha portato ad una contrazione delle quote delle nostre imprese. Il mercato: i canali Il valore del consumo di cosmetici in Italia nel 2009 è pari a 9.100 milioni di euro, la crescita rispetto al precedente esercizio è dello 0.3%. Un risultato più che soddisfacente se si considerano gli effetti sulla propensione d’acquisto che hanno condizionato i consumatori nel periodo successivo alla crisi mondiale dell’autunno 2008. Nel canale farmacia i consumi di cosmetici proseguono con trend costanti anche se in rallentamento rispetto alle performance di qualche anno fa. Nel 2009 le vendite hanno toccato i 1.431 milioni di euro con un tasso del 3.2%. I cosmetici venduti in farmacia rappresentano il 15.7% del totale, una quota in costante crescita, a conferma della fiducia dei consumatori che riconoscono alla farmacia livelli di specializzazione e cura del servizio superiori ad altre superfici di distribuzione. Interessante è il fenomeno delle parafarmacie ancora difficile da quantificare, ma sicuramente fondamentale nell’affermazione del canale. Per quanto concerne i fenomeni più caratterizzanti, si segnala un cambio del mix di prodotti che ha generato una crescita dei valori a fronte di volumi costanti. Anche i cosmetici venduti nel canale erboristeria confermano un trend positivo, superiore alla media annuale. Con un valore delle vendite di 330 milioni di euro e una crescita del 4.9% il canale erboristeria si rafforza ulteriormente sui livelli più alti dei listini, grazie a opzioni d’acquisto sempre più decise e orientate a concetti salutistici e naturalistici. Cede quote ai due precedenti canali la profumeria che conferma una stagione negativa con la contrazione di 3.5 punti percentuali e un valore del mercato di 2.244 milioni di > euro che resta comunque la quota di consumo più alta (25% del mercato) dopo quella del mass market. Nuovi lanci, riduzione degli stock e controllo dei prezzi sono i fenomeni che hanno caratterizzato il canale nel 2009 ma non sono stati sufficienti a stimolare la ripresa soprattutto a causa della crisi di molti punti vendita indipendenti. In generale, nel canale, hanno tenuto le marche selettive a scapito di quelle mass. A sostenere in maniera evidente il consumo di cosmetici in Italia è ancora una volta la grande distribuzione organizzata che nel 2009 ha registrato vendite per oltre 4.100 milioni di euro con la crescita del 2.6%. Con una quota di consumo dei cosmetici del 45%, il mass market, in un anno di pesante condizionamento congiunturale, ha beneficiato della dinamica dei punti vendita specializzati, una realtà recente molto moderna per la sua capacità di proporre un servizio più specifico e completo. All’interno della categoria si osserva un andamento più cauto delle grandi superfici, cresciute dell’1% per un valore di 2.264 milioni di euro. Anche le vendite porta a porta registrano una crescita superiore alla media. Il valore delle vendite nel 2009 ha superato i 391 milioni di euro consentendo un incremento di 4 punti percentuali. Le nuove modalità di offerta, unite ad una specializzazione di servizio alla clientela, spiegano il successo di un canale che ormai copre oltre il 4% del totale consumi di cosmetici. Simmetricamente si assiste alla pesante contrazione delle vendite per corrispondenza, scese di dieci punti percentuali, con un valore del mercato di 50.4 milioni di euro. È probabile che il canale sia stato penalizzato dallo spostamento verso gli acquisti via Internet, un fenomeno ancora marginale ma in evidente evoluzione. Sicuramente nel 2009 hanno pesato più di altri le flessioni dei consumi di cosmetici nei canali professionali il cui valore complessivo tocca i 890 milioni di euro. Prosegue da un paio di esercizi la diminuzione del consumo negli istituti di bellezza, - 4.5% per un valore di 196 milioni di euro. Il fenomeno, al di là della diminuzione delle visite, è condizionato da una serie di ristrutturazioni distributive che evidentemente non si sono ancora stabilizzate. Anche per i saloni di acconciatura, con un calo del 5.1% e un valore di 693 milioni di euro, pesa non poco la contrazione delle frequentazioni medie che hanno evidentemente condizionato numero e valore degli scontrini. Diminuisce il consumo dei cosmetici usati nei saloni e diminuisce quindi anche la rivendita. Tuttavia il canale ha 79 < TORNA ALL’INDICE saputo fronteggiare il momento poco dinamico proponendo strategie di segmentazione sia nei servizi che nei trattamenti. Elementi che consentiranno di sviluppare una ripresa più repentina. L’evoluzione dei canali di distribuzione, in un periodo di rallentamento congiunturale, se da un lato ribadisce l’irrinunciabilità del consumo di cosmetici, dall’altro conferma una serie di tendenze ormai consolidate. La farmacia è sicuramente il canale che più di tutti ha saputo assecondare le nuove opzioni di acquisto dei consumatori passando dai 1.050 milioni di cosmetici venduti nel 2004 agli attuali 1.431 milioni con una crescita media del 4.1%. Ma anche la grande distribuzione organizzata, che nell’ultimo quinquennio ha registrato una crescita media dell’1.2%, ha saputo adeguarsi fronteggiando la polarizzazione dei consumi e la diversificazione delle tipologie di consumatori. Il mercato: i prodotti L’andamento dei canali nel 2009 porta ad una lettura più dettagliata dei consumi per prodotto, tradizionale approfondimento curato dal Centro Studi e Cultura d’Impresa di Unipro che da quest’anno ha ulteriormente perfezionato la rilevazione acquisendo i data base delle società di ricerca, incrociandoli con le statistiche interne. I prodotti per il corpo sono la famiglia che tradizionalmente sviluppa il valore di consumo più alto. Nel 2009 si sono toccati i 1.267 milioni di euro per una crescita dell’1.8%. Significativa performance dei deodoranti e antitraspiranti, +4.1% con un valore delle vendite di quasi 400 milioni di euro, e dei depilatori, +6.8% per oltre 73 milioni di euro. Superiore alla media anche la crescita dei solari e pigmentanti, +3% con valori vicini ai 360 milioni di euro. Cala di molto il segmento prodotti per la cellulite, - 9.1% con poco più di 100 milioni di euro, e quello dei rassodanti, zone specifiche e antietà corpo, -3.8% per 55 milioni di euro. È la conferma di fenomeni di revisione del mix offerto e soprattutto della rivisitazione di alcune proposte per i prodotti più specifici. I prodotti per il viso, con 1.170 milioni di euro e una lieve contrazione dello 0.3%, rappresentano la terza famiglia per peso specifico. A parte le salviettine viso che con 41 milioni di euro crescono del 5.6%, e le creme antietà e antirughe che crescono di quasi un punto percentuale per un valore superiore ai 450 milioni di euro, si assiste ad un ridimensio80 namento degli altri segmenti, in particolare i contorno occhi e zone specifiche che con 127 milioni di euro calano di 3.2 punti percentuali. Passano al secondo posto tra le famiglie di prodotto vendute sul mercato cosmetico i prodotti per capelli e cuoio capelluto con una crescita dello 0.6% e un valore di 1.181 milioni di euro. Sicuramente il fenomeno è legato alla contrazione delle vendite nei canali professionali. Gli shampoo, con oltre 490 milioni di euro venduti e una crescita dell’1.7%, pesano in misura evidente sulla categoria, così come i dopo shampoo, balsami e maschere con 155 milioni di euro e un tasso di +1.8%. In calo fissatori e mousse strutturanti e gel, acque e gommine con un volume di 124 milioni di euro e un tasso di -3.9%. I prodotti igiene corpo seguono i trend generali con una crescita dell’1.8% e un valore di mercato prossimo ai 1.070 milioni di euro. Significativa la crescita dei saponi liquidi, +4.2% per oltre 153 milioni di euro e quelle dei prodotti igiene intima, +4% prossimi ai 265 milioni di euro. La particolare attenzione delle imprese all’evoluzione del mercato, costantemente impegnate nella ricerca e nell’innovazione, ha sicuramente spinto la crescita di alcuni item in un momento in cui l’ampliamento del mix e la segmentazione dell’offerta sono fenomeni molto caratterizzanti. È il caso delle vendite di dentifrici, la più alta famiglia in termini di valore, 497 milioni di euro, cresciuta dello 0.7% a conferma che anche un prodotto maturo, in momenti di crisi, riceve spinte sia di carattere promozionale che formulativo. Meritano una segnalazione quei prodotti che nel 2009 hanno evidenziato crescite superiori alla media: sono i prodotti per le mani passati a 191.2 milioni di euro con una crescita del 6.9% che nel canale farmacia è stata addirittura del 10.4%; i delineatori e matite occhi, +4.9% venduti per poco meno di 74 milioni di euro; i colluttori e deodoranti alito con una crescita di 6.8% e un valore di mercato prossimo a i 160 milioni di euro; infine si segnalano le confezioni regalo uomo cresciute di 7 punti percentuali con un valore di 47 milioni di euro. Anche nel 2009 il consumatore medio non ha rinunciato al cosmetico; casomai si assiste alla costante ricerca di coniugazioni di prodotto sempre più specifiche e personalizzate all’interno dei vari canali, segno di una vitalità che dovrebbe garantire risultati ancora più positivi una volta che si allenteranno le pressioni congiunturali sulla propensione agli acquisti. TORNA ALL’INDICE > FARMACI DI AUTOMEDICAZIONE Andamento economico del settore I dati a consuntivo del 2009 relativi alle vendite dei farmaci senza obbligo di prescrizione mostrano una sostanziale stabilità delle dinamiche di mercato. Mentre i ricavi permangono pressoché stabili (2.153 mila euro) con una flessione dello 0.8% rispetto al 2008, i volumi venduti, pari a 331 milioni di confezioni, si contraggono dell’1.5%. I dati registrati nel 2009 confermano un trend in linea con l’andamento dell’ultimo triennio caratterizzato, da un lato, da una lieve ma costante erosione dei volumi venduti e dall’altro da una variazione, seppur di misura, dei fatturati i quali si muovono in un range molto ristretto. In Italia i farmaci senza obbligo di ricetta si suddividono, diversamente dal dettato europeo, in due differenti categorie: i cosiddetti farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP), per i quali non è possibile fare pubblicità e quelli di automedicazione o comunemente detti farmaci da banco dall’inglese “over the counter” (OTC) per i quali è consentita la pubblicità al pubblico. I primi, che rappresentano il 28.5% del mercato a volumi (93 milioni di confezioni) e il 27.1% a valori (528 milioni di euro), registrano anche per il 2009 un aumento del fatturato e dei volumi di vendita pari rispettivamente al 2.2% e al 5%. Per i secondi si assiste sui 12 mesi ad una leggera flessione dello 0.7% delle vendite a valori pari a 1.570 mila euro mentre le vendite a volumi si contraggono del 2.9% pari a 233 milioni di confezioni vendute verso i 239 milioni dell’anno scorso. In generale, si evidenzia e si conferma come l’andamento del mercato sia legato a fenomeni epidemiologici e stagionali con abitudini al consumo difficilmente inducibili da fenomeni mediatici come quello di quest’anno relativo all’influenza A-H1N1. Infatti, dai dati si osserva che le vendite del 2009 hanno registrato aumenti, soprattutto nell’ultima parte dell’anno (+5% rispetto allo stesso periodo del 2008), riconducibili più ad un inverno particolarmente rigido e lungo che al fenomeno mediatico dell’influenza A, conservando pertanto un andamento complessivo del tutto ordinario. Per comprendere meglio le dinamiche di questo comparto, che rappresenta il 18.2% del totale del mercato farmaceutico a volumi e l’11.3% a valori, è interessante guardare l’andamento dei prezzi medi al pubblico per canale distributivo. Il processo di liberalizzazione del sistema di determinazione dei prezzi, che a partire dal gennaio 2007 (L. 296/2006, Legge Finanziaria 2007) permette al responsabile del punto vendita di determinare il prezzo finale dei farmaci senza obbligo di ricetta, ha innescato dinamiche competitive con una conseguente calmierazione dei prezzi di queste specialità medicinali a favore del cittadino. Si ricorda inoltre che il 24 settembre 2008 è stato sottoscritto, da parte di istituzioni e categorie (tra cui Anifa), un protocollo d’intesa sulla trasparenza dei prezzi dei farmaci senza obbligo di ricetta nei diversi punti vendita, che rappresenta un passo importante per la costruzione di un servizio di informazione per il cittadino. Anche nel 2009, infatti, gli aumenti dei prezzi registrati sono sostanzialmente in linea con le dinamiche registrate dall’Istat con un valore medio di vendita in farmacia pari a 6.7 euro, in parafarmacia di 6.2 euro e presso la GDO di 5.0 euro. La farmacia, anche se risulta il canale distributivo con un prezzo medio al consumatore maggiore rispetto agli altri, ha registrato aumenti di prezzo contenuti rispetto gli altri canali, nonostante i maggiori costi di distribuzione. Inoltre, bisogna tenere presente il maggiore assortimento medio delle farmacie, nelle quali il numero medio delle referenze si attesta intorno alle 1.277 contro le 1.047 delle parafarmacie e le 686 della GDO che infatti presenta una maggiore concentrazione sia in termini di mercato che di confezioni. I dati di vendita per canale evidenziano come la farmacia, con il 92% del totale delle vendite a volumi e il 93% a valori, continui ad essere il canale di acquisto dei farmaci di automedicazione preferito dagli italiani. Sebbene sussista, con minore evidenza rispetto agli anni scorsi, un leggero avanzamento della GDO con il 3.5% dei volumi e delle parafarmacie con il 4.1% (rispettivamente al 3.1% e al 3.7% nel 2008), di fatto, il maggiore numero e la diversificazione dei punti vendita e una più forte concorrenza sui prezzi non sembrano influire sulle abitudini di acquisto dei cittadini né tanto meno incidere, dato l’andamento stabile del comparto, sul processo di acquisto di un farmaco. Piuttosto, in un mercato che vede nel cittadino il proprio interlocutore di elezione, sembra essere necessario rafforzare il percorso virtuoso all’insegna della cooperazione fra istituzioni e categorie. La strategia di sviluppo intrapresa è caratterizzata dal passaggio da una logica di prodotto ad una logica di servizio e responsabilità verso i cittadini e, da parte loro, nell’uso corretto e consapevole dei farmaci di automedicazione. 81 < TORNA ALL’INDICE Attività di Anifa In tal senso possono essere lette alcune delle attività intraprese da Anifa nel corso del 2009 tese da una lato alla responsabilizzazione dei consumatori e dall’altro, all’attivo coinvolgimento di tutti gli attori del Sistema Sanitario (istituzioni, aziende, medici, farmacisti, etc.) sui temi e sulle priorità del settore. Rilevante in questo quadro la campagna di comunicazione televisiva e a mezzo stampa (ottobre 2009 - gennaio 2010) che Anifa ha realizzato in collaborazione con il Ministero della Salute. L’obiettivo della campagna era quello di informare ed educare il cittadino sulle caratteristiche distintive dei farmaci di automedicazione al fine di favorirne il riconoscimento e un uso corretto e consapevole. Elemento vincente nel veicolare con efficacia, in modo semplice ed immediato, i messaggi della campagna è stato l’utilizzo del bollino che deve obbligatoriamente essere presente (legge 245 del 2001) sulla confezione dei farmaci di automedicazione e che, anche grazie alla campagna stessa, è diventato un chiaro simbolo di identificazione del comparto e di riconoscibilità dei farmaci di automedicazione come farmaci, efficaci, sicuri e approvati dal Ministero. GFK Eurisko ha condotto, per conto di Anifa, una ricerca al fine di valutare i risultati della campagna e l’impatto che questa ha avuto sulla percezione e la conoscenza dei farmaci di automedicazione. I risultati della ricerca indicano che il 55% del campione analizzato ricorda spontaneamente (31%) o dietro sollecito (24%) il bollino e il suo significato. Il dato sottolinea inoltre il successo di un’iniziativa nata dalla condivisione di intenti tra l’Associazione e il Ministero in una logica di sistema che offre un servizio al cittadino e crea vantaggi per tutti gli attori coinvolti. Al fine di rafforzare gli obiettivi di informazione e di educazione all’automedicazione Anifa ha creato all’interno del proprio sito istituzionale un portale dedicato ai cittadini dove, in maniera semplice ed interattiva, è possibile comprendere cosa sono i farmaci di automedicazione e come e quando è possibile utilizzarli. È inoltre possibile trovare utili consigli e strumenti di informazione facilmente scaricabili realizzati in collaborazione con l’Unione Nazionale Consumatori (opuscolo sulle regole dell’automedicazione e sull’automedicazione quando si va in vacanza) e con Federfarma (opuscolo multilingue sull’automedicazione). In un’ottica di valorizzazione condivisa dell’automedicazione, Anifa ha realizzato in collaborazione con FOFI (Federazione Ordini Farmacisti Italiani) una sessione di educazione via web sui temi della sicurezza dell’automedicazione all’interno del programma FarmaFAD 2009 che ha coinvolto 19.945 farmacisti di cui il 49.5% ha seguito il corso sui farmaci di automedicazione. 82 Anifa è consapevole che lo sviluppo del comparto e l’impiego responsabile, da parte del cittadino, del farmaco di automedicazione debba passare attraverso il coinvolgimento del medico di medicina generale. Da anni, infatti, Anifa partecipa attivamente al Congresso Nazionale della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale). Fondamentale è il loro ruolo per concretizzare le potenzialità dei farmaci OTC da considerarsi effettivamente una risorsa verso la quale educare il paziente in caso di lievi disturbi. Ciò al fine di contribuire ad azioni di educazione sanitaria con effetti anche su una diversa allocazione delle risorse pubbliche e alla valorizzazione del ruolo della medicina di base, permettendo ai medici di migliorare la qualità della pratica clinica quotidiana nel dedicare maggiore tempo alla cura dei pazienti con patologie importanti. Appare evidente che il futuro dell’automedicazione sembra passare anche attraverso cambiamenti culturali e comportamentali di tutti gli attori coinvolti al fine di permettere una migliore allocazione delle risorse disponibili specie in un contesto, come quello del Sistema Sanitario Nazionale, caratterizzato da una parte da una maggiore autonomia e consapevolezza dei cittadini nelle scelte di salute, dall’altra da una costante attenzione alla spesa sanitaria pubblica. Ciò è stato discusso lo scorso 10 novembre attraverso il tradizionale appuntamento di confronto istituzionale dell’Osservatorio Anifa, in occasione del quale sono stati presentati i risultati di uno studio realizzato dal Cergas Bocconi in collaborazione con SIMG (Società Italiana di Medicina Generale). Dallo studio è emerso che la cura di alcune patologie minori attraverso l’automedicazione potrebbe generare un risparmio stimato, a seconda degli scenari, dai 40 ai 110 milioni di euro ottimizzando la spesa farmaceutica pubblica, senza intaccare né i livelli di assistenza garantita a tutti i cittadini, né l’appropriatezza della scelta terapeutica. In sintesi, i tempi sembrano effettivamente maturi a che il comparto dell’OTC, che ha ormai una sua chiara identificazione e caratterizzazione (rinforzata nell’immagine del bollino), trovi quello sviluppo che fino ad ora è mancato. Gli elementi di novità introdotti negli ultimi anni nel campo dei prezzi e della distribuzione non sono sufficienti a sostenere un cambiamento che invece deve necessariamente passare attraverso un ampliamento dell’offerta terapeutica e quindi dell’aumento dei principi attivi disponibili. Sarebbe opportuno intervenire favorendo il passaggio dei farmaci dallo status di obbligo di prescrizione a quello di automedicazione, il cosiddetto switch, per migliorare la qualità dell’offerta terapeutica a disposizione dei TORNA ALL’INDICE cittadini e favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo delle aziende a sostegno della crescita del settore. L’introduzione di modifiche anche sul piano normativo oltre che su quello culturale richiede la comunione di intenti e la collaborazione dei soggetti coinvolti all’interno di un > quadro di regole chiare comuni e condivise. Continuo e costante deve inoltre rimanere l’investimento verso strumenti di comunicazione e di collaborazione moderni, efficaci e capaci di cogliere le istanze e le esigenze degli interlocutori del settore. PRODOTTI PER LA SALUTE ANIMALE La crescente consapevolezza del benessere animale, strettamente correlato al tema della sicurezza alimentare e la migliore attenzione dei proprietari dei nostri amici a quattro zampe, ha determinato negli ultimi anni un’attenzione sempre maggiore all’evoluzione del farmaco veterinario, sia dal punto di vista normativo che in termini di qualità, efficacia e sicurezza; il mercato del farmaco veterinario tuttavia non è immune dalla naturale flessione dei consumi dovuta alla crisi. Nel 2009, il mercato italiano della salute animale ha totalizzato 520 milioni di euro registrando una leggera flessione rispetto al 2008 imputabile a diversi fattori tra cui, soprattutto, il contesto macroenomico che continua ad essere precario: terminata la caduta, i livelli di attività internazionale sono in ripresa ma con un ritmo assai lento e i consumi si mantengono ancora cauti. Un’analisi più dettagliata dei tre singoli segmenti di cui si compone il comparto (farmaci per animali da compagnia, da reddito e premiscele medicate) mostra tuttavia un dato incoraggiante: il mercato dei farmaci per gli animali da compagnia ha registrato un incremento rispetto allo scorso anno, nonostante la complessità della catena distributiva. Animali da compagnia La crescita complessiva di questo mercato a fine 2009 è di + 6.6% rispetto al 2008, progressione che non è stata costante nel corso dell’anno ma che ha registrato un recupero soprattutto negli ultimi mesi, anche se si mantiene ancora distante dai livelli raggiunti da paesi come Francia, Germania e Inghilterra. Questo incremento è dovuto soprattutto alle vendite degli antiparassitari che hanno beneficiato non solo di una lunga stagione climatica, ma anche di una accresciuta sensibilità dei proprietari verso la cura dei propri animali anche nei confronti di patologie croniche, che comportano un maggiore interesse e medicalizzazione. Altro settore in costante crescita è quello dei nutraceutici: prodotti naturali, somministrabili solo per via orale. I fattori principali sono due: la sempre maggiore attenzione al benessere dei nostri piccoli amici aumenta l’interesse verso tutti quei prodotti che possono aiutare gli animali a vivere meglio e più a lungo, unitamente all’impegno delle aziende farmaceutiche nella ricerca, nello sviluppo e in una campagna di comunicazione mirata che evidenzia gli effetti benefici di questi specifici prodotti. Gli ottimi risultati ottenuti dagli antiparassitari e dai nutraceutici non vengono purtroppo eguagliati dalle vendite del medicinale veterinario che rimane più debole soprattutto a causa dalla riduzione delle terapie ritenute non strettamente necessarie. Non si prevede per il 2010 una sostanziale inversione di tendenza. Ci si aspetta dunque che anche quest’anno siano gli antiparassitari esterni a guidare la classifica, ovviamente condizioni climatiche permettendo. Animali da reddito e premiscele medicate Il segmento di mercato relativo ai farmaci per animali da reddito risulta essere quello più penalizzato del 2009, con un calo del 6.7% rispetto al 2008. Le cause sono di diversa natura, impatto e portata nei vari segmenti produttivi a seconda delle particolarità relative ad ognuno. Nel mercato del bovino da latte, il prezzo del latte che da diversi mesi a questa parte continua purtroppo ad essere inferiore al relativo costo di produzione, ha spinto gli allevatori che hanno superato l’anno senza essere obbligati a cessare l’attività, a rivedere l’organizzazione degli allevamenti intensivi (aumentando il numero di animali per unità produttiva) oltre che le principali tecniche di management profilattico e terapeutico. Il risultato conseguente è stato un calo della produzione e una crescita della richiesta del mercato di prodotti generici a basso costo. Flessione anche per il mercato del bovino da carne: la tendenza è stata quella d’importare meno animali di giovane età decrementando così le pratiche di profilassi vaccinale e registrando una minore morbilità giovanile. Inoltre, a causa della crisi, i consumatori sono portati a scegliere tagli di carne più economici, alternativi a quella bovina. Ma il comparto che ha sofferto più di tutti, in particolare 83 < TORNA ALL’INDICE nella prima parte del 2009, è quello dei suini che ha dovuto affrontare una crisi finanziaria tra le più gravi degli ultimi anni. La causa più rilevante è stato un importante calo dei consumi che ha indotto gli allevatori ad utilizzare specialità medicinali, mangime e acqua di bevanda low cost. Nonostante il battage mediatico su quella che è stata definita impropriamente “influenza suina” il mercato della carne suina non ne ha risentito. I consumatori, infatti, hanno reagito con più maturità rispetto al passato, in quanto non si sono basati esclusivamente su fattori emotivi, ma hanno valutato il tema con maggiore razionalità. L’industria della salute animale ha risposto inoltre con puntualità e competenza alle esigenze di prevenzione e cura, anche relativamente a patologie emergenti sia di origine virale sia batterica. Nell’ambito di questo scenario, una nota decisamente positiva: il mercato dei prodotti destinati all’allevamento avicolo ha registrato nell’arco di tutto il 2009 una sostanziale tenuta, in particolare per quanto riguarda la profilassi anticoccidica. In controtendenza anche il settore delle premiscele medicate che cresce del 3.2% rispetto al 2009 e il cui mercato complessivo si attesta sui 66 milioni di euro. La somministrazione di medicinali attraverso le premiscele medicate, detta medicazione orale, è il metodo ideale nel caso degli allevamenti dove lo spazio ridotto e l’elevata densità di popolazione animale favoriscono il veloce diffondersi di malattie infettive. Se è vero infatti che il principio di base rimane quello originario e cioè “ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo e nel minimo spazio possibile (per semplificare le operazioni di alimentazione e cura)” è anche vero che oggi intervengono fortemente altri fattori, quali condizioni igieniche adeguate, biosicurezza, monitoraggio dello stato di salute, programma sanitario ben impostato, impatto ambientale, tutti finalizzati alla tutela della salute e del benessere degli animali, nonché alla garanzia degli alimenti di qualità pienamente rispondenti alle attese dei consumatori. BIOTECNOLOGIE Quest’anno Assobiotec, per il suo report sulle biotecnologie ha lavorato in partnership con Ernst & Young, che ormai da molti anni produce in diversi paesi, e a livello globale, rapporti sul settore biotech considerati lo standard internazionale di riferimento. Per questo motivo il Rapporto sulle Biotecnologie in Italia è stato realizzato con gli stessi parametri adottati a livello internazionale, consentendo di fare dei paragoni omogenei con lo scenario degli altri paesi, e quindi di confrontare il comparto biotech italiano con quello delle realtà più avanzate. Il comparto, giovane e dinamico, è costituito da numerose realtà, tra cui: imprese dedicate (Pure Biotech), filiali di multinazionali estere, imprese farmaceutiche italiane, oltre che parchi scientifici ed incubatori. infatti nate per lo più tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, originate nel 53% dei casi con meccanismi di start up e nel 24% come spin off accademici. Le imprese pure biotech risultano prevalentemente micro (41%) o di piccole dimensioni (27%). Maggiore concentrazione geografica in alcune regioni Da un punto di vista geografico, le imprese del settore si concentrano in alcune regioni: Lombardia (36% del totale delle imprese), Piemonte (12%), Toscana (9%), Veneto (8%), Sardegna (7%) e Lazio (6%). Questa distribuzione è correlata alla presenza territoriale di numerosi attori qualificati quali: imprese farmaceutiche italiane e filiali di multinazionali straniere, partner scientifici (centri di ricerca e clinici), finanziari e professionali (studi legali, brevettuali, di trasferimento tecnologico e società di consulenza), oltre che parchi scientifici, dove è localizzato il 24% delle imprese. Il biotech italiano è giovane ma in forte crescita Nonostante la difficile congiuntura internazionale, l’industria biotecnologica italiana è in continua crescita: a fine 2009 si contano 319 imprese impegnate nella ricerca e sviluppo in ambito biotech, di cui 187 cosiddette pure biotech, in accordo con la definizione adottata da Ernst & Young, che permette di ottenere risultati omogenei e confrontabili con i dati degli altri paesi. Il biotech italiano è giovane e in evoluzione: le imprese sono 84 Il red biotech traina l’intero comparto Il biotech italiano è impegnato soprattutto nell’ambito della salute umana (Red Biotech): 197 aziende, pari al 61% delle imprese, è infatti attivo in questo settore. Questo dato è sostanzialmente allineato alla percentuale media europea, mentre i settori di applicazione white (biotecnologie industriali, 7%) e green (biotecnologie agro-alimentari, 13%), rivelano un peso percentuale superiore alla media europea. TORNA ALL’INDICE Nell’ambito delle red biotech, oltre il 50% delle imprese sono pure biotech, mentre le altre sono filiali italiane di multinazionali, aziende farmaceutiche italiane attive anche nel biotech, ed altre aziende che rientrano comunque nella definizione OCSE di impresa biotecnologica (tra cui, ad esempio, società di servizi, società consortili miste oppure imprese non riconducibili alle precedenti categorie). È comunque da sottolineare che le imprese farmaceutiche, nel complesso, coprono circa il 70% degli investimenti in R&S del settore red biotech. Il fatturato è stabile In Italia, il giro d’affari dei prodotti biotecnologici nel 2008 ammonta a 6.8 miliardi di euro. Le pure biotech contribuiscono nella misura dell’11%, con un fatturato di 731 milioni di euro. Considerando invece il giro d’affari complessivo delle imprese operanti nel settore, quindi generato anche da prodotti non biotech, il fatturato complessivo sale a 17.8 miliardi di euro nel 2008, in leggera crescita rispetto ai valori del 2007 (+3%). Le pure biotech mostrano una crescita superiore alla media (+4.6%). > La ricerca italiana La ricerca italiana si rivela particolarmente produttiva dal punto di vista scientifico anche nell’ambito delle Scienze della Vita. Nello specifico, gli ambiti attinenti ai temi delle biotecnologie sono stati tra le principali aree oggetto di pubblicazioni da parte della ricerca italiana. Purtroppo, non sempre gli ottimi risultati della ricerca, soprattutto in ambito accademico, vengono valorizzati adeguatamente dal punto di vista brevettuale e di sfruttamento industriale. Al trend positivo contribuiscono certamente i finanziamenti a supporto della ricerca biotecnologica: in questo ambito si registra una crescente attenzione rivolta al settore da parte dei Ministeri italiani, ma soprattutto delle Regioni, a seguito del processo di decentramento amministrativo e strategico. Nel complesso, l’erogazione di fondi pubblici per la ricerca biotech spinge ad un aumento della collaborazione e dell’integrazione pubblico-privato: ciò potrebbe avere importanti ricadute prospettiche, in termini di creazione di imprese e disponibilità di prodotti e tecnologie innovative, mentre i finanziamenti dedicati a specifici progetti del settore industriale non sembrano adeguati a sostenerne la competitività. Le pure biotech sono focalizzate sulla ricerca Gli addetti del settore sono oltre 50.000, e di questi solo il 9% è impegnato in imprese pure biotech. Tra gli addetti direttamente impegnati nella ricerca e sviluppo, oltre il 35% appartiene alle pure biotech: in altri termini quasi un addetto su due delle aziende pure biotech è dedicato alla ricerca. L’investimento annuo medio in ricerca delle pure biotech è di circa 2 milioni per azienda, di cui il 34% commissionata. Confrontando i dati relativi agli investimenti in R&S con quelli di fatturato, si rilevano investimenti pari al 6% del fatturato complessivo del comparto, con punte del 28% per le pure biotech. La pipeline di prodotti terapeutici è promettente L’analisi dei prodotti in sviluppo da parte delle imprese biotecnologiche che risiedono sul territorio nazionale (red biotech), rivela ben 233 progetti e prodotti in sviluppo, di cui 89 in fase preclinica e 144 in clinica. Considerando anche la presenza di ulteriori 69 progetti in fase early-stage (o “discovery”), il totale sale a 302 progetti e prodotti. In questo ambito è decisivo il ruolo delle realtà pure biotech, che contano ben 123 prodotti in sviluppo, di cui 66 in preclinica e 57 in clinica, a cui si aggiungono 62 progetti early-stage. 10 prodotti sviluppati dalle pure biotech hanno recentemente raggiunto la Fase III. La robusta e matura pipeline in late-stage lascia pronosticare che molti altri prodotti possano arrivare presto al medesimo traguardo. “Science manager” e centri di trasferimento tecnologico sono due concrete opportunità Guardando le esperienze di successo di altri paesi emergono due aree di possibile miglioramento, anche in ottica di innovazione: formare e sviluppare i “manager della scienza”, ovvero persone che siano capaci di trasformare un’idea in un prodotto, e capaci di convincere investitori privati e pubblici ad investire nelle loro idee; ed attivare e potenziare i centri per il trasferimento tecnologico, che rappresentano l’asse portante dell’interazione tra università e industria e la base per la creazione d’impresa. Nonostante i punti di debolezza, l’Italia è riuscita ad emergere nel panorama internazionale e porta avanti numerosi progetti di ricerca di elevata qualità. Le aziende farmaceutiche italiane sono partite in ritardo ma stanno recuperando Le maggiori possibilità di crescita del biotech ricadono attualmente nel campo della salute umana. Le aziende italiane hanno un potenziale ancora inespresso in termini di crescita del fatturato, a testimonianza della precoce fase evolutiva in cui si trovano. Il valore delle partnership tra imprese biotech e farmaceutiche, combinato all’eccellenza della ricerca italiana e alle costanti necessità finanziarie intrinseche del settore, rendono particolarmente appetibile l’investimento sul territorio nazionale, che oggi è ancor più dinamico e in evoluzione. 85 < TORNA ALL’INDICE La crescente integrazione tra le diverse discipline scientifiche ha reso possibile un maggiore impegno delle imprese biotech in settori di applicazione diversi tra loro quali red biotech, green biotech e nanobiotecnologie, queste ultime in grande sviluppo. Infatti, oggi in Italia si rilevano 54 imprese che lavorano nel settore nanobiotecnologico, di cui 17 in modo dedicato. Crisi economica e difficoltà strutturali non scoraggiano il biotech italiano In Italia, così come in Europa, gli investimenti nel biotech sono diminuiti a causa della crisi economica globale. Parallelamente si è registrata la riduzione dei finanziamenti, con un processo a cascata che ha portato a IPO quasi inesistenti, a Venture Capitalist che hanno preferito concentrarsi sul portafoglio di investimenti già in essere e a hedge fund che hanno ridotto gli investimenti di capitale nel business biotech. Le imprese italiane, pur avendo ottenuto minori finanziamenti rispetto agli altri paesi europei, restano in linea con il decremento medio delle disponibilità finanziarie Ue. A livello di trend, le imprese biotech italiane si mostrano sempre più orientate alla ricerca di finanziamenti attraverso il ricorso a Venture Capitalist specializzati e grants, e meno propense al debito, come in passato. Le imprese pure biotech, nonostante le difficoltà nel reperire fondi, acuite dalla crisi economica, e la fragilità economica tipica del modello di business (basti pensare che, nel 50% dei casi, l’orizzonte di cassa è inferiore all’anno), esprimono comunque ottimismo, prevedendo una chiusura del bilancio 2009 in attivo in più del 50% dei casi. La principale sfida per il futuro: i finanziamenti e le misure a supporto del settore L’industria biotecnologica italiana è cresciuta rapidamente negli ultimi dieci anni e rappresenta oggi una realtà in espansione. Infatti, il Paese, pur partito in ritardo nella competizione biotecnologica, è riuscito a recuperare terreno, diventando un player abbastanza importante a livello internazionale, ma per consolidare questa posizione e puntare a risultati di assoluto rilievo, occorre migliorare il sistema dei finanziamenti alla ricerca e sviluppare adeguate misure di supporto. Nel complesso, in Italia il finanziamento della ricerca pubblica e privata è poco efficiente, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo, con una gestione amministrativa lenta e non in linea con i tempi e le necessità competitive dei progetti. In prevalenza i fondi vengono allocati secondo procedure estremamente complesse e lente, spesso non correlate al contenuto scientifico dei progetti, 86 inadeguate al raggiungimento degli obiettivi, e soprattutto mancanti di criteri di valutazione ex-ante ed ex-post attendibili ed in linea con i rigorosi standard internazionali. Per compiere ulteriori passi in avanti, il biotech italiano dovrà cercare di rafforzare la capacità delle tante piccole imprese di proseguire la crescita e il consolidamento, e di portare sul mercato i tanti prodotti e tecnologie oggi in sviluppo. Ciò richiederà la disponibilità di importanti risorse finanziarie, che dovranno necessariamente arrivare da istituzioni (Regioni e Ministeri), ma anche dai diversi attori del mondo economico e finanziario. Purtroppo in Italia i Venture Capitalist specializzati nel settore biotech sono di fatto inesistenti, ed il resto del mondo finanziario non apprezza il livello di rischio che è tipico del settore biotech, faticando spesso a comprenderne le logiche ed i meccanismi. Infine, la normativa fiscale a sostegno della ricerca non è adeguata rispetto a quelle dei principali paesi europei, e il mantenimento e maggior peso degli sgravi fiscali, come il credito d’imposta per le imprese che fanno ricerca, su un periodo temporale adeguato ed in linea con le esigenze industriali, è un passaggio fondamentale per consentire al Paese di recuperare competitività industriale. La sfida a livello di sistema paese appare quella di essere sempre più in grado di intercettare flussi crescenti di investimenti e, al contempo, di evitare fenomeni di deflusso. In altri termini, occorre creare le condizioni affinché, da un lato, sempre più imprese scelgano l’Italia come location per le proprie attività e i propri investimenti e, dall’altro, perché le imprese già insediate non modifichino le scelte di localizzazione compiute. Ciò interessa sia le imprese domestiche sia quelle a capitale estero. È inoltre indispensabile supportare chi ha un’idea vincente a trasformarla in realtà d’impresa. In questo senso Assobiotec ha varato “Sportello Biotech”, un’area del proprio sito che fornisce consulenza gratuita alla creazione di start up e spin off nel settore biotecnologico. Con un obiettivo analogo l’Associazione ha promosso inoltre il BioInItaly Investment Forum (aprile 2010), dove 21 progetti selezionati, di cui 11 early-stage, si sono presentati ad un’ampia platea di investitori finanziari internazionali. La manifestazione quest’anno si è avvalsa inoltre della partnership con Intesa Sanpaolo, il maggiore gruppo bancario italiano, che ha unito a BioInItaly il proprio evento “Intesa Sanpaolo Start Up Initiative”, il percorso dedicato alle start up e agli investitori pronti a sostenerle. Occorre adesso puntare ancora di più sulla capacità del Paese di diventare attrattivo: per chi ha un’idea vincente e per chi vuole investire. TORNA ALL’INDICE > GAS DI PETROLIO LIQUEFATTI Il mercato del GPL nel 2009 Per quanto concerne il fabbisogno di GPL, va evidenziato che nell’ anno 2009 il Ministero per lo Sviluppo Economico riporta i seguenti dati non ancora definitivi: GPL uso combustione: tonn. 3.224.000 (-3% rispetto a gennaio-dicembre 2008); GPL uso autotrazione: tonn. 1.099.000 (+9,5% rispetto a gennaio-dicembre 2008); GPL totale: tonn. 2.125.000 (+0,9% rispetto a gennaio-dicembre 2008). Per quanto riguarda le vendite di GPL uso autotrazione, si sta confermando nel tempo un trend di crescita di circa il 10%, dovuto ad un significativo incremento del parco circolante che è tornato ai livelli di qualche anno fa, circa 1.270.000 unità. Ciò è la conseguenza della forte immissione sul mercato di nuove autovetture e di nuove conversioni a gas: le imma- tricolazioni a fine 2009 sono state circa 350.000 e le conversioni poco più di 150.000. Si è quindi registrato un aumento del 480% nelle vendite di auto nuove a GPL e una diminuzione del 30% nell’installazione in post-vendita dei sistemi di alimentazione a GPL, rispetto ai dati già positivi registrati nel 2008. Le vendite di veicoli nuovi a GPL hanno, pertanto, raggiunto livelli senza precedenti, passando da uno scarso 4% registrato a fine 2008 al 16% sul totale. Si è, inoltre, verificata per la prima volta nella storia del GPL auto, un’inversione di tendenza tra il mercato del nuovo e del convertito, che ha portato il primo ad inglobare il secondo laddove i due mercati entrano in competizione e che complessivamente ha portato alla conquista di quote importanti del settore riservate finora ai veicoli tradizionali. Per quanto concerne l’andamento delle quotazioni internazionali, nei grafici sotto riportati è indicato il trend delle stesse per i due prodotti di riferimento (propano e butano). 87 < TORNA ALL’INDICE GPL uso combustione Anche il 2009 ha visto le aziende e tutto il settore del GPL impegnate nell’attuazione delle fondamentali norme di riordino del comparto, contenute nel D. Lgs. 128/06. Nel corso del 2009 è continuata l’azione volta a rendere operativo il nuovo sistema di monitoraggio delle attività attraverso l’implementazione di un apposito sistema informatico presso il Ministero per lo Sviluppo Economico ed in grado di svolgere una funzione sia statistica sia di controllo del rispetto delle disposizioni riportate nel suddetto provvedimento. Il nuovo sistema di monitoraggio consente a tutte le amministrazioni competenti di effettuare i controlli sulle attività inerenti lo stoccaggio e la distribuzione del settore. Il sistema ha poi fornito, per l’anno 2008, i dati aggregati, diffusi dal Ministero per lo Sviluppo Economico, dati di notevole importanza ai fini statistici, disponibili sul sito del Ministero. L’anno 2009 ha poi visto l’avvio dell’applicazione in deroga della tecnica basata sull’Emissione Acustica anche alla verifica di integrità dei serbatoi di maggiori capacità, installati presso i distributori di carburanti e presso i depositi primari e secondari di GPL, nonché presso le reti canalizzate. Il livello di maturità raggiunto dalla tecnica e la possibilità di procedere alle verifiche, evitando la messa fuori servizio dei serbatoi, amplifica l’interesse del settore. Per tale motivo si è giunti alla definizione della struttura tecnico-normativa, necessaria a consentire in tempi certi l’impiego di questa tecnica, che non producendo rifiuti inquinanti, comporta anche un notevole miglioramento in termini di impatto ambientale, rispetto alle verifiche tradizionali che prevedono la prova idraulica. Dal punto di vista fiscale, va segnalato il grande impegno profuso dalle aziende e dall’Associazione nell’attuazione del progetto di telematizzazione della contabilità e dei documenti in materia di oli minerali, tra cui il GPL, ai sensi di quanto previsto nel D. Lgs. 262/06. Si tratta di un progetto molto ambizioso che sta portando avanti l’Agenzia delle Dogane tramite la consultazione aperta con le associazioni di categoria, tra cui Assogasliquidi. Il 2009 si è caratterizzato per l’entrata in vigore degli obblighi di telematizzazione della contabilità per i depositi commerciali, nonché per la prima fase di implementazione del DAA (Documento Amministrativo di Accompagnamento) telematico. Il progetto viene costantemente seguito da Assogasliquidi con la massima attenzione in merito agli importanti obiettivi di conformità dei comportamenti e di semplificazione degli adempimenti contabili che il progetto stesso intende raggiungere. Alcune importanti modifiche sono poi state inserite nell’ambito della regolamentazione dettata dall’Autorità per l’Energia 88 Elettrica ed il Gas (AEEG) in materia di reti urbane a GPL, per il periodo regolatorio 2009/2012, sia per quanto riguarda la definizione del nuovo sistema tariffario, sia in relazione alla disciplina degli aspetti di sicurezza e continuità del servizio. A tale proposito le aziende hanno risposto con notevole impegno all’applicazione della nuova metodologia tariffaria per il servizio di distribuzione e per la messa a disposizione all’AEEG dei dati inerenti la separazione contabile ed amministrativa. Per quanto riguarda questo ambito di mercato, va segnalato che gli adempimenti previsti per le reti urbane a GPL da parte dei provvedimenti adottati dall’AEEG risultano sempre più onerosi per le aziende associate, in quanto non tengono in debita considerazione le peculiarità del servizio reso dalle reti che servono le aree più marginali del territorio non raggiunte dalla rete dei metanodotti. Va poi evidenziato il continuo impegno delle aziende e dell’Associazione per garantire sempre un maggiore aumento dei livelli di sicurezza connessi all’impiego del GPL, nella convinzione che solo una gestione in sicurezza può portare ad uno sviluppo del comparto. A tale proposito, va evidenziato che anche nel 2009 si sono portati avanti con impegno i lavori della statistica del CIG sugli incidenti da gas, da cui continuano a giungere segnali positivi che si concretizzano nell’assenza di incidenti relativi all’uso di GPL in piccoli serbatoi per l’uso domestico e in reti canalizzate. GPL uso autotrazione Per quanto concerne il settore autotrazione, anche nel corso del 2009, i sistemi di incentivazione finora messi a disposizione hanno raggiunto il proprio scopo, avviando un processo industriale in larga scala che sta già generando significativi effetti di mercato. A tale riguardo, è risultato particolarmente efficace lo schema delle agevolazioni pubbliche varato con il D. Lgs. 5/09 di inizio 2009, che, grazie all’accumulo dei contributi ai gas e alla rottamazione, ha innalzato il livello di incentivazione, tanto da conquistare anche i clienti meno propensi all’uso di carburanti non tradizionali. Un sostegno così deciso da parte del Governo è frutto di anni di attività di informazione e di sensibilizzazione di tutti i livelli istituzionali, portato avanti con continuità da Assogasliquidi. Purtroppo, l’intervento di fattori dipendenti da dinamiche industriali estranee al settore del GPL hanno invece convinto il Governo a non prorogare per gli anni successivi al 2009 nessuno dei provvedimenti di incentivazione al settore automobilistico, e quindi al gas per auto. Tale decisione rischia di creare una battuta d’arresto nei progetti di sviluppo delle case automobilistiche oltre che un arre- TORNA ALL’INDICE tramento notevole del settore dell’after-market in questo momento di particolare crisi economica. Assogasliquidi sta quindi lavorando affinché siano rifinanziate le agevolazioni al nuovo e, soprattutto, al convertito a gas, anche se erogati con misure unitarie inferiori alle precedenti, al fine di razionalizzare il loro impatto sulle finanze pubbliche. La prima occasione è offerta dalla conversione del Decreto legge sugli incentivi ai settori in crisi, mentre un piano più organico di promozione del settore può trovare migliore collocazione in un progetto di legge già all’esame della Commissione Industria della Camera, che prevede, per ora, misure a favore solo del metano ma che, opportunamente emendato, potrebbe essere esteso al GPL. Per quanto riguarda, invece, il contesto normativo inerente al regime autorizzativo degli impianti di distribuzione carburanti, va evidenziata un’intensa attività di regolamentazione delle regioni, volta a recepire le disposizioni di liberalizzazione e qualificazione del servizio contenute nella Legge statale n.133 del 2008. La maggior parte delle regioni del centro nord e alcune del meridione, in previsione di un forte stimolo all’offerta di carburanti gassosi, come auspicato da Assogasliquidi, hanno già legiferato, non solo per qualificare l’attività della distribuzione della rete stradale in quanto tale, ma anche per rilanciare l’interesse delle amministrazioni regionali nei confronti dei carburanti gassosi. Sulla scorta di una nuova ondata mediatica in merito alla differenza dei prezzi medi italiani dei carburanti rispetto alla media Ue, il Ministero ha avviato un ulteriore processo di riforma del settore. Tale processo sarà finalizzato ad assorbire questo stacco attraverso più interventi normativi, non solo sulla parte della distribuzione ma su tutta la filiera, dalla produzione/importazione alla vendita al dettaglio. Assogasliquidi sta quindi partecipando alle prime consultazioni, condotte dal Ministero, delle categorie più rappresentative e sta condividendo con le altre associazioni una certa preoccupazione, non solo sui possibili interventi che si verranno ad adottare, ma soprattutto sul pericolo di vedere continuamente cambiate le regole amministrative del comparto. A tale proposito si sta lavorando affinché non ci siano stravolgimenti inutili e dannosi per le imprese o, comunque, inefficaci a ridurre la distanza – percepita o reale – del sistema italiano da quello europeo. Infine, è particolarmente importante il completamento del contesto legislativo atto a regolare la progettazione e costruzione delle imbarcazioni a GPL e dei relativi impianti di rifornimento. Con la pubblicazione di uno standard CEN, la cui produzione è stata realizzata sotto il coordinamento dell’Italia e di Assogasliquidi, si è completato il quadro normativo relativo > alla navigazione da diporto, mentre si attende che le stesse specifiche tecniche possano essere riprese nelle disposizioni nazionali riguardanti la navigazione commerciale affinché anche in questo settore si possa utilizzare il GPL. A tal fine, Assogasliquidi ha chiesto ed ottenuto un tavolo di concertazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al fine di definire in tempi brevi le misure di implementazione delle suddette normative, in modo tale da aprire questo nuovo mercato sia ai privati sia agli operatori commerciali. Per quanto riguarda gli impianti di distribuzione, dopo anni di consultazioni con gli organi tecnici e giuridici del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, si è giunti alla definizione di una disciplina specifica di prevenzione incendi che permetterà di installare nuovi punti vendita di GPL per uso nautico in via ordinaria e con regole ad hoc, cioè senza dover ricorrere a complicate e incerte procedure di deroga. Per quanto riguarda le funzioni comuni ad entrambi i Gruppi merceologici va evidenziato anche per il 2009 l’impegno profuso per l’attività di comunicazione: Assogasliquidi ha interagito in maniera proattiva con target differenti allo scopo di divulgare maggiormente la natura e le caratteristiche del GPL tramite interviste, articoli, redazionali, comunicati stampa e partecipazione a convegni. Oltre ai già collaudati strumenti di comunicazione quali la GPL Fax News, l’invio di una selezione accurata e commentata della rassegna stampa quotidiana ed il monitoraggio degli articoli critici tramite la Banca Dati Incidentale, vanno ricordate per l’anno 2009 alcune nuove iniziative: si è realizzata una campagna pubblicitaria sulla free press per divulgare la cultura della sicurezza per quanto riguarda l’utilizzo della bombola di GPL. La diffusione di tale campagna sulla free press, oltre a raggiungere gran parte del target di competenza del prodotto, ha suscitato notevole interesse da parte dei mass media. Sempre nell’ambito del Gruppo merceologico combustione, nell’anno 2009 Assogasliquidi ha implementato ulteriormente la collaborazione con il CIG ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco realizzando un progetto audiovisivo di informazione degli utenti del gas domestico intitolato “Sicuro gas”, con lo scopo di divulgare, attraverso un linguaggio semplice e diretto, una cultura della sicurezza nell’impiego di questo prodotto. Per quanto riguarda il GPL per autotrazione, molti sono stati i momenti offerti da fiere, convegni e conferenze in cui promuovere il ruolo fondamentale di questo carburante ecologico. Un esempio per tutti è dato dal convegno “Viva l’auto 2009” che si è tenuto a Firenze. Questo evento ha dedicato molto spazio ai carburanti ecologici ed Assogasliquidi ha avuto modo di intervenire attivamente durante la manifestazione, che ha avuto un notevole eco anche dal punto di vista dei media oltre che da parte degli utenti finali. 89