Allegato B PROGETTI PER LA REALIZZAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI CARATTERE PRIORITARIO E DI RILIEVO NAZIONALE DEL PSN 20062008 AI FINI DELL’UTILIZZO DELLE RISORSE VINCOLATE AI SENSI DELL’ART. 1, COMMA 34 E 34 BIS DELLA LEGGE 662/1996 PER L’ANNO 2009 (LINEE PROGETTUALI n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, 9) LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 1. CURE PRIMARIE Facilitazione della comunicazione nei pazienti con gravi patologie neuromotorie annuale con possibilità di proroga Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Responsabile Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze tel. 055 4383505 mail: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 616.755,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 616.755,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE La Regione Toscana ha anticipato l’importo del progetto, già messo a disposizione delle aziende sanitarie territoriali. IL PROGETTO CONTESTO La programmazione sanitaria sviluppata ed attuata dalla Regione Toscana prevede che per ogni cittadino con disabilità sia predisposto un progetto riabilitativo individuale, comprensivo sia delle prestazioni sanitarie di riabilitazione che, ove necessario, di quelle di assistenza protesica, finalizzato a consentire allo stesso il miglior recupero possibile delle funzioni lese e, conseguentemente, la migliore qualità di vita e la massima autonomia ed integrazione nel contesto familiare e nella vita sociale. Tra gli interventi che si configurano quali prestazioni di assistenza protesica sono oramai diffusi quelli che implicano l’utilizzo di tipologie di ausili ad alto contenuto tecnologico, tra i quali si collocano anche i comunicatori alfabetici e i puntatori oculari. La necessità di ricorrere a tali ausili è sempre più frequente, in quanto si registra un incremento, sia a livello regionale che nazionale, della incidenza e della prevalenza di patologie neurologiche degenerative e di altre patologie che provocano danno motorio permanente e significativa riduzione della capacità di comunicare. Il settore degli ausili tecnologici si caratterizza, in modo particolare, per la complessa articolazione e complementarietà delle soluzioni, la loro rapida evoluzione, la frequente necessità di specifica personalizzazione; pertanto il ricorso a tali ausili introduce aspetti culturali innovativi nelle pratiche riabilitative e assistenziali. In tale contesto assume rilievo fondamentale l’operato dei vari professionisti che collaborano per la valutazione del bisogno e la programmazione e attuazione dell’intervento. A tutela dell’utenza, deve essere evidenziato che la semplice possibilità di acquisire ausili complessi, in assenza di una valutazione competente, espone al rischio di collocare strumentazioni potenzialmente - o meglio teoricamente – “poderose” all’interno di setting del tutto inadeguati: questo crea frustrazioni e sofferenza sia alle persone con disabilità sia a familiari ed operatori, oltre a generare spreco di preziose risorse. Pertanto la proposta degli ausili ad alta tecnologia va sempre preceduta da una attenta e competente valutazione dei bisogni, delle potenzialità e degli obiettivi abilitativi della persona correlati al suo contesto di vita. DESCRIZIONE Finalità generale è la erogazione di ausili ad alta tecnologia per la facilitazione della comunicazione ai cittadini toscani con gravi patologie neurodegenerative o gravissime disabilità motorie. Il progetto prevede una fase iniziale nel corso della quale vengono rilevati dati epidemiologici regionali sulla prevalenza delle malattie neurodegenerative e sulle gravi lesioni midollari, con particolare riferimento ai disturbi severi della sfera comunicativa. E’ prevista la strutturazione di un database regionale, anche tramite la istituzione ed implementazione di specifici registri per patologia. La progettualità prevede come momento fondante la realizzazione di laboratori ausili aziendali con specifica vocazione per gli interventi nel settore degli ausili ad alta tecnologia per la comunicazione, l’apprendimento ed il controllo ambientale e la definizione, a livello regionale o di area vasta, di procedure omogenee per le fasi di valutazione del bisogno, di prescrizione degli ausili, di fornitura degli stessi e di addestramento degli utenti ed eventualmente dei care-givers. E’ inoltre prevista la realizzazione di un “parco ausili”, come dotazione stabile dei vari laboratori aziendali, al fine di permettere una efficace e tempestiva valutazione dello specifico bisogno che permetta una precoce presa in carico dell’utente a livello territoriale. OBIETTIVI Il primo obiettivo è di carattere quantitativo ed è mirato a soddisfare le richieste di ausili ad alta tecnologia (elettronici ed informatici) per la comunicazione e l’apprendimento, espresse da pazienti con gravi disabilità, che perverranno agli uffici competenti delle ASL toscane nell’anno 2009. Il progetto allo stesso tempo è teso a garantire un processo di fornitura degli ausili omogeneo a livello regionale e volto ad ottimizzare le risorse pubbliche, privilegiando la appropriatezza e l’efficacia degli interventi, che devono incidere in modo significativo sulla qualità di vita dell’utente. Altro obiettivo è quello di strutturare, a livello di aziende sanitarie, specifici laboratori per gli ausili ad alta tecnologia ove operi una equipe multiprofessionale in grado di valutare in modo appropriato e tempestivo il bisogno dell’utente. TEMPI DI ATTUAZIONE crono programma Il progetto è iniziato a Gennaio 2009 e si articola in interventi e programmazioni nelle singole aziende USL ed a livello dei Laboratori Ausili Aziendali. Il progetto ha durata di 12 mesi e si articola secondo quanto schematicamente illustrato nel diagramma seguente, ripetendosi nel 2010 dopo una revisione in base ai dati rilevati in fase di monitoraggio. Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 WP1- Individuazione griglia informazioni per gare WP2- Conduzione acquisti o service WP3- Costituzione parco ausili WP4- Costruzione data base WP5- Fornitura degli ausili WP6- Rendicontazione finale INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI • Numero laboratori aziendali ausili per la comunicazione, l’apprendimento ed il controllo ambientale attivati / aziende USL; • Costituzione equipe multiprofessionale per la valutazione del bisogno / numero laboratori ausili; • Adozione di protocolli di intervento; • Numero valutazioni e numero prescrizioni effettuate anno 2009 rispetto all’anno precedente; Principali risultati derivanti dalle azioni del progetto: • erogazione in modo appropriato ausili ad alta tecnologia ed ausili per la facilitazione della comunicazione a tutti i cittadini toscani che esprimono uno specifico bisogno; • costituzione di specifici centri ausili di riferimento in ogni azienda sanitaria locale toscana, o per lo meno a livello di area vasta; • ampliamento e potenziamento dei parchi ausili informatici dei laboratori aziendali, aumentando la possibilità di offerta all’utenza con aggiornamento delle dotazioni; • creazione di un archivio informatizzato di modelli di intervento sul disabile di origine neurologica mediante utilizzo di dotazioni tecnologiche ed informatiche che rappresenti un riferimento metodologico, esploda il potenziale di autonomia conseguibile, offra un utile patrimonio fruibile nelle esperienze di autonomia nei contesti di vita per la persona disabile e per le figure di riferimento; • promozione di azioni volte alla conservazione e alla diffusione delle esperienze maturate nella presa in carico del disabile sostenuta attraverso dotazioni tecnologiche; LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione toscana 1 CURE PRIMARIE – 1.1 ASSISTENZA H24 Riorganizzazione ed implementazione dei punti di primo soccorso nell’ambito della rete delle postazioni di emergenza sanitaria territoriale 118 annuale con possibilità di proroga Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Responsabile Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze tel. 055 4383505 mail: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 900.000,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 900.000,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO Oltre un milione e duecentomila cittadini si sono rivolti nell’ultimo anno ai Pronto Soccorso della Regione Toscana. Circa un terzo di questi accessi è costituito da codici a bassa priorità. Tale tipologia di accessi può essere soddisfatta da strutture territoriali alternative a quelle di Pronto Soccorso. I Punti di Primo Soccorso realizzati nelle postazioni di emergenza sanitaria territoriale 118 possono rappresentare tale risposta non ospedaliera a problemi urgenti di minore gravità. DESCRIZIONE Il progetto tende ad una riorganizzazione ed implementazione dei Punti di Primo Soccorso, in particolare definendo i criteri per l’individuazione dei Punti di Primo Soccorso nell’ambito delle postazioni medicalizzate 118, identificati in: - distanza dai Pronto Soccorsi e dagli altri Punti di Primo Soccorso; - valutazione orogeografica del territorio; - livello di operatività della postazione 118; - attività stagionale. Il medico incaricato di emergenza sanitaria territoriale 118 opera all’interno di tali presidi territoriali quando non impegnato nell’attività sul territorio ed è consultabile esclusivamente per la soluzione di problematiche cliniche, ben definite, insorte acutamente e comunque a bassa criticità. OBIETTIVI TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROGRA MA) Non sono disponibili ricettari né si svolge alcuna attività ambulatoriale. Laddove necessario, la risposta terapeutica si sostanzia con la somministrazione e consegna al paziente di farmaci adeguati al tipo di disturbo acutamente insorto. Il cittadino può accedere direttamente o a seguito di chiamata telefonica alla Centrale Operativa 118. Sono stati definiti i requisiti minimi strutturali e strumentali dei Punti di Primo Soccorso al fine di rispondere adeguatamente alle identificate patologie. Fornire un’offerta di salute ulteriore capace di andare incontro ai bisogni dei cittadini che si trovino in zone disagiate e lontane dai Presidi Ospedalieri. Nel luglio 2007 la Regione Toscana ha approvato le direttive da fornire alle Aziende definendo quindi l’impianto progettuale. Nell’anno 2008 è stata avviata la campagna informativa per l’utenza, in particolare mediante la stesura di un apposito opuscolo informativo. E’ stata inoltre effettuata un’analisi della rete dei punti di emergenza sanitaria territoriale 118 al fine di identificare quali postazioni 118 potevano essere ulteriormente adibite anche a Punti di Primo Soccorso. Sono stati quindi attivati nuovi punti di Primo Soccorso a livello regionale. Nell’anno 2009 il progetto si articolerà come indicato nel seguente cronoprogramma: Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 09 Azione 1- Uniformare l’attività dei Punti di Primo Soccorso nell’ambito della rete regionale delle postazioni 118 tramite i necessari adeguamenti strutturali, strumentali ed organizzativi Azione 2- Verifica della rispondenza dei Punti di Primo Soccorso alle indicazioni contenute negli indirizzi regionali Azione 3 – Adeguamento agli indirizzi regionali dei Punti di Primo Soccorso risultati non conformi INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI - N. Punti di Primo Soccorso già attivati prima delle direttive regionali N. Punti di Primo Soccorso di nuova attivazione N. accessi ai Punti di Primo Soccorso N. accessi risolti direttamente dai Punti di Primo Soccorso N. accessi non risolti dai Punti di Primo Soccorso Livelli di risposta alternativi ai quali sono stati indirizzati gli utenti non soddisfatti nei Punti di Primo Soccorso Implementare il numero dei Punti di Primo Soccorso nelle zone disagiate e lontane dai Pronto Soccorsi al fine di garantire un efficace livello di risposta sanitaria per le patologie di bassa complessità consentendo all’utente di trovare la soddisfazione al bisogno espresso in sede locale, evitando lunghi e disagevoli spostamenti. Riorganizzare i Punti di Primo Soccorso al fine di rendere uniforme a livello regionale tale servizio LINEA PROGETTUALE 1 – CURE PRIMARIE SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 1.CURE PRIMARIE-1.1 ASSISTENZA 24H Sperimentazione di un modello see&treat nei pronto soccorso della Regione Toscana come modello di risposta assistenziale alle urgenze minori 30 mesi Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Responsabile Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze tel. 055 4383505 mail: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 1.000.000,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 1.000.000,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO DESCRIZIONE Negli ultimi 15 anni si è assistito a un progressivo aumento degli accessi in PS dovuto anche a una modificazione della percezione del bisogno ritenuto urgente. Si è verificato così il fenomeno dell’iper-afflusso dei PS. Già dal 2004 (DGR 293 29/03/2004) la Regione Toscana aveva promosso in risposta a tale problematica l’attivazione di ambulatori presso i PS dei presidi Ospedalieri per la gestione dei codici di minore gravità. Con la Delibera 958 del 17/12/2007 è stato deciso di attivare in via sperimentale un modello di risposta ai Codici Minori in Pronto Soccorso gestito da personale infermieristico qualificato e opportunamente formato. Il modello See&Treat, di derivazione anglosassone, è basato essenzialmente sul principio di una precoce presa in carico dei pazienti con problematiche minori, che non richiedono nella maggioranza dei casi un impiego di diagnostica strumentale e/o di laboratorio, da parte di personale infermieristico. In tal modo il Medico di Pronto Soccorso è posto nelle condizioni di poter dedicare la maggior parte della sua attività ai pazienti con problemi di maggiore gravità clinica. Negli ambulatori See&Treat potranno essere tuttavia gestite dal personale infermieristico solo determinati quadri patologici sulla base di predefiniti e dettagliati protocolli di intervento. Tale modello, che rappresenta un’evoluzione degli ambulatori medici dedicati ai Codici minori, potrà essere esteso in futuro anche ai presidi ambulatoriali Distrettuali. OBIETTIVI TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROGR AMMA) INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI L’obiettivo principale è migliorare l’efficienza complessiva del Pronto Soccorso consentendo al personale medico di concentrarsi sulla casistica di maggiore complessità clinica e offrire in futuro un modello di possibile risposta a problemi urgenti minori anche in ambiente extra-ospedaliero. Nel 2008 è stato costituito il gruppo di lavoro nell’ambito del Gruppo Regionale per il Progetto di miglioramento del pronto soccorso (D.G.R. 24 21/01/2008 e DD 2015 12/05/2008) che ha selezionato i quadri patologici passibili di trattamento nell’Area See&Treat ed ha preparato i protocolli operativi per ogni singolo problema. Nel 2009: • elaborazione e progettazione delle modifiche informatiche necessarie alla sperimentazione dei gestionali di PS con elaborazione di una nuova scheda di Triage quale momemto iniziale della procedura del See& Treat. • Percorso formativo. Questo percorso prevede una prima fase di circa 2 mesi di formazione dei Medici Tutor e una seconda fase della durata di 6 mesi di formazione degli infermieri protagonisti della sperimentazione ad opera dei Medici Tutor Nel 2010 è previsto l’inizio della sperimentazione per una durata di 6 mesi in 6 Pronto Soccorso della Regione Toscana. Gli indicatori selezionati per la verifica della validità della sperimentazione sono i seguenti: - n. casi trattati in S&T rispetto al totale dei codici minori - tempo medio di attesa per tutti gli accessi - tempo medio di attesa per i codici minori - tempo medio di permanenza per i codici minori - tempo medio di permanenza per tutti gli accessi - n. reingressi nelle successive 72 ore per gli utenti trattati in S&T per lo stesso problema principale - n. casi ammessi in S&T/n. casi chiusi dal S&T - n. utenti del S&T soddisfatti/n. utenti del S&T Riduzione dei tempi di attesa e permanenza per tutti i codici colore e miglioramento del grado di soddisfazione dell’utenza LINEA PROGETTUALE 2 - LA NON AUTOSUFFICIENZA SCHEDA N…… GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 2. LA NON AUTOSUFFICIENZA L'assistenza continua alla persona non autosufficiente due anni con possibilità di proroga Dr. Patrizio Nocentini Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Responsabile Settore Integrazione Sanitaria e Non autosufficienza Via di Novoli 26, Firenze Tel. 055 4383317; email: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA DELLA REGIONE (cap. 23026 Fondo per la non autosufficienzaspese correnti) QUOTA FONDO SOCIALE NAZIONALE PER NON AUTOSUFFICIENZA (cap. 23036 Fondo per la non autosufficienza – Fondi statali) € 82.000.000,00 € 2.000.000,00 € 37.000.000,00 € 43.000.000,00 IL PROGETTO CONTESTO Con propria L.R. n. 66 del 18 dicembre 2008, la Regione Toscana istituisce il Fondo per la non autosufficienza, con il quale intende realizzare un insieme di servizi capace di rispondere ai bisogni accertati, per migliorare le condizioni di vita e l’autonomia delle persone non autosufficienti. Un sistema che si caratterizza per la certezza della prestazione, l’appropriatezza e la tempestività dell’intervento rivolto alla persona ed ai familiari, l’ampliamento della rete di servizi ed interventi, le procedure d’accesso facilitate e garantite, la definizione delle forme di assistenza e di compartecipazione alla spesa e la sottoscrizione di un patto interistituzionale per il governo integrato del Fondo. La non autosufficienza, tanto per gli aspetti legati alla pressione demografica quanto per le caratteristiche di perdita e/o di mancanza di autonomie, si connota come una problematica particolarmente complessa, in grande crescita ed in continua evoluzione. Il Progetto per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente, proprio a partire da tale complessità, intende accompagnare la organizzazione di un sistema locale di welfare in grado di tutelare le persone non autosufficienti e le loro famiglie. Tale Progetto si articola a partire da un’analisi di scenario che delimita sia il contesto che i beneficiari, cercando di quantificare il fenomeno della non autosufficienza nel suo complesso, il carico assistenziale delle famiglie e l’evoluzione attesa. Definiti i beneficiari degli interventi, la programmazione delinea gli obiettivi e la strategia dell’azione regionale, focalizzando in modo particolare quelli che sono i percorsi della programmazione stessa ed i soggetti coinvolti. Quindi attraverso delle Intese interistituzionali si delinea un percorso attraverso il quale dare piena attuazione alla gestione unitaria ed integrata del Fondo. Nella sua parte più operativa il progetto rappresenta innanzitutto le “azioni di sistema”, cioè tutte quelle azioni che attengono alla riqualificazione del sistema regionale di governo delle politiche e dei servizi alle persone. Tali azioni comprendono la comunicazione, la formazione, il sistema informativo, il sistema regionale di accreditamento e le modalità della compartecipazione. In secondo luogo, si delineano le procedure e la strumentazione attraverso cui si vengono a definire le modalità di accesso, di presa in carico e di valutazione della persona non autosufficiente e della sua famiglia. Infine si definiscono i cardini della rete integrata degli interventi, in grado di fornire un valido supporto alle persone anziane che vivono condizioni di fragilità sociale o alle persone che sono in situazioni più gravi di non autosufficienza. Pertanto il Progetto regionale sulla non autosufficienza fornisce indicazioni ai servizi territoriali perché organizzino e sviluppino interventi mirati verso l’area della non autosufficienza, nonché azioni promozionali, di prevenzione e di tutela, dirette all’area della “fragilità”, ovvero verso quelle persone che presentano condizioni di debolezza sotto il profilo della salute e sulla base delle condizioni socio/relazionali/abitative. In sostanza le politiche regionali di assistenza verso le persone anziane intendono affrontare, con respiro strategico, il tema del miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione anziana. La Legge regionale n. 66/2008, all’art. 19, prevede che la programmazione degli interventi destinati alle persone non autosufficienti anziani sia disciplinata con apposita modifica al piano sociale integrato regionale 2007/2010. DESCRIZIONE La non autosufficienza, tanto per gli aspetti legati alla pressione demografica quanto per le caratteristiche di perdita e/o di mancanza di autonomie, si connota come una problematica particolarmente complessa, in grande crescita ed in continua evoluzione. Per far fronte a tale complessità, si prevede la definizione del progetto regionale per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente, finalizzato ad accompagnare l’organizzazione di un sistema locale di welfare in grado di tutelare le persone non autosufficienti e le loro famiglie. Un impianto programmatorio che si assume anche il compito di dare indicazioni sulle modalità organizzative e gestionali di una struttura composta da un “reticolo di organizzazioni”. Il Progetto regionale sulla non autosufficienza fornisce indicazioni ai servizi territoriali perché realizzino gli interventi mirati verso l’area della non autosufficienza, e quelli nell’area della prevenzione, in modo da ritardare situazioni di gravità. In sostanza le politiche regionali di assistenza verso le persone anziane devono affrontare, con respiro strategico, il tema del miglioramento complessivo dello stato di salute della popolazione anziana. L’impianto del progetto regionale si fonda sul carattere universalistico dell’assistenza, riconoscendo alla persona non autosufficiente il diritto alla garanzia della prestazione sociosanitaria appropriata, rafforzando ed estendendo il diritto di cittadinanza. Tale obiettivo, coniugato al principio della valutazione del bisogno assistenziale e della presa in carico delle persone sulla base di progetti personalizzati ed integrati, deve avere caratteristica di certezza (prestazione certa per chiunque si trovi in una determinata condizione di bisogno) e realizzarsi come tipologia di offerta appropriata. Il sistema dei servizi e di interventi a favore della non autosufficienza deve fondarsi su una Intesa interistituzionale tra Regione, aziende USL ed Enti Locali, nella quale si indica la scelta di un rapporto di cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, nell’ambito delle rispettive competenze, con assunzione di responsabilità. L’intesa definisce un sistema di protezione sociale e di cura per le persone non autosufficienti, sulla base dei principi generali di universalità nell’accesso alle prestazioni, di integrazione delle politiche sanitarie e di quelle sociali, di sostegno alla domiciliarità, di coinvolgimento delle comunità locali nella attuazione degli interventi e nella valutazione degli esiti. Le intese interistituzionali, sottoscritte a livello di singolo territorio, contengono gli impegni dei diversi soggetti istituzionali a garantire adeguati livelli di assistenza sociale di base e ad assicurare il complesso delle risorse già dedicate alle politiche di sostegno della non autosufficienza. In particolare: • La Regione, al fine di assicurare risposte assistenziali certe ed omogenee in ambito regionale, si impegna a dedicare a questo progetto risorse già oggi impiegate per i servizi sanitari e socio sanitari per la non autosufficienza e risorse ulteriori determinate a seguito della definizione del progetto. La Regione inoltre assicura l’unitarietà del Fondo, anche a fronte della origine diversificata dei finanziamenti. • Gli Enti Locali e le aziende USL si impegnano a garantire il governo integrato del fondo anche attraverso il ruolo strategico delle Società della Salute, in grado di assicurare la realizzazione del sistema integrato dei servizi a livello territoriale. Nelle Zone dove non fosse costituita la Società della Salute tali impegni devono essere definiti e concordati tra l’azienda sanitaria ed i comuni, in coerenza con il Piano Integrato di Salute. Infine, attraverso l’Intesa interistituzionale si individuano gli obiettivi e requisiti regionali di assistenza che concorrono alla realizzazione di interventi adeguati (sia in termini qualitativi che quantitativi) ed appropriati per l’assistenza continua alla persona non autosufficiente, nonché le relative risorse umane e finanziarie necessarie alla loro realizzazione. Il sistema territoriale dei servizi per la non autosufficienza in Toscana delinea una articolazione organizzativa strutturata su due piani tra loro fortemente coordinati, che sono: 1. La funzione di indirizzo, di governo e di programmazione costituita dalle Società della Salute. Il sistema dei servizi territoriali acquisisce un ruolo ed una funzione strategica se riesce a strutturare e a mantenere un carattere fortemente integrato. Tale possibilità è assicurata dal nuovo assetto che, in Toscana, si configura con l’introduzione delle Società della Salute, che rappresentano il livello di governo dove si definiscono gli indirizzi di carattere generale, le priorità di intervento e le modalità di utilizzo del Fondo a livello territoriale, ad esito del processo concertativo partecipativo, che trova compiuta attuazione nella sottoscrizione dei patti (istituzionali e territoriali). 2. La funzione di coordinamento operativo è così presidiata: - Il Punto Unico di Accesso: livello direzionale affidato al Responsabile di zona, ovvero al Direttore della Società della Salute ove costituita, composto da uno staff dove sono presenti le figure professionali, indicate nel punto 3.4.2.1 del P.I.S.R. e quelle ritenute necessarie alle connesse funzioni di regia e di coordinamento. Pertanto il PUA rappresenta il luogo dove dal punto di vista operativo, professionale e gestionale, si realizza compiutamente l’integrazione sociosanitaria. Il responsabile di Zona distretto, attraverso il PUA, presente in ogni Zona distretto, assicura la presa in carico del cittadino attraverso la gestione e il coordinamento della rete territoriale dei servizi per la non autosufficienza. Il governo dell’accesso alle prestazioni integrate socio-sanitarie dovrà anche assicurare tempi certi per la valutazione e l’erogazione delle prestazioni, così come previsti dalla legge regionale 66/2008; - I Punti Insieme: costituiscono la porta di accesso al sistema integrato dei servizi per la non autosufficienza e si caratterizzano per la loro elevata prossimità al cittadino, sia nella localizzazione che nella strutturazione. I Punti Insieme, la cui articolazione organizzativa viene definita a livello di singola zona-distretto, devono garantire l’accoglienza e la raccolta della segnalazione del bisogno, l’orientamento e l’informazione del cittadino, nonchè l’avvio delle procedure relative alla presa in carico; - L’Unità di Valutazione Multidisciplinare: viene costituita presso ogni zona distretto. Individuata come un’articolazione operativa, è composta, così come previsto dall’art. 11 della LR 66/2008, da un medico di distretto, un assistente sociale ed un infermiere. È di volta in volta integrata dal medico di medicina generale della persona sottoposta a valutazione. In relazione ai casi in esame è anche integrata da professionalità specialistiche e dagli operatori coinvolti nella valutazione del caso e che si ritengono necessari ai fini della definizione del progetto di assistenza personalizzato, con particolare attenzione alla professionalità geriatrica per i PAP dedicati alle persone >65enni. Alla Unità di Valutazione compete la valutazione multidimensionale delle condizioni di bisogno della persona non autosufficiente, la individuazione dell’indice di gravità del bisogno, la definizione del Progetto Assistenziale Personalizzato (PAP), la sua condivisione con la persona e la famiglia e la individuazione e relativa nomina del responsabile del progetto. Al fine di orientare il modello toscano verso la priorità strategica della permanenza del soggetto non autosufficiente nel contesto familiare, attraverso l’incremento dell’ADI ed il sostegno domiciliare, così come previsto nel P.S.R. 2008-2010, limitando i casi di inserimento in strutture residenziali, il progetto, in coerenza con le indicazioni contenute nell’art. 7 della L.R. 66/2008, definisce all’interno delle aree (domiciliare, semiresidenziale e residenziale) la diversa articolazione delle tipologie di intervento. Fermo restando la necessità di garantire la circolarità e la flessibilità degli interventi, sinteticamente gli stessi possono essere suddivisi in: 1. Per l’area della domiciliarità gli interventi si riferiscono: • agli interventi domiciliari sociosanitari forniti in forma diretta dal servizio pubblico (assistenza domiciliare sociosanitaria); • agli interventi domiciliari in forma indiretta: - tramite titoli per l’acquisto di servizi, che saranno disciplinati dopo l’adozione delle procedure di accreditamento; - tramite il sostegno alle funzioni assistenziali della famiglia che si avvale di figure di assistenza regolarmente assunte; - tramite il sostegno della famiglia che si assume in proprio il carico assistenziale verso persone non autosufficienti con gravi forme di demenza senile. 2. Per l’area della semiresidenzialità gli interventi si riferiscono ad inserimenti nei centri diurni. 3. Per l’area della residenzialità gli interventi si riferiscono in via prioritaria agli inserimenti temporanei o di sollievo nelle RSA e, nei casi in cui non sia possibile attivare percorsi alternativi, agli inserimenti permanenti in RSA. Nell’ambito del sistema accreditato, i soggetti titolari delle prestazioni definite nel PAP, potranno esercitare il diritto di scelta nell’accesso alle strutture ed ai servizi disponibili (vedi articolo 8 LR 41/2005 e artt. 3 e 16 LR 40/2005) Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi di progetto e di assicurarne l’omogeneità su tutto il territorio regionale, si delineano nel progetto le azioni di sistema, che non sono rivolte prioritariamente alle persone fisiche, ma sono tese a migliorare gli aspetti organizzativi, gestionali e di governo, affinché si sviluppi “un sistema integrato di servizi sociosanitari che dia al cittadino la certezza su tempi, quantità e qualità delle risposte assistenziali idonee per affrontare e risolvere il proprio bisogno”. Tali azioni ricomprendono: Ÿ La comunicazione che è l’azione attraverso la quale i cittadini devono avere un’informazione chiara rispetto alle possibilità della risposta ai bisogni della persona non autosufficiente e della sua famiglia. È anche uno degli strumenti attraverso cui si promuove la domiciliarità. Ÿ La formazione attraverso cui rendere il sistema nel suo insieme e tutti gli attori, pubblici e privati, più competenti, sia rispetto alla complessità delle problematiche che la non autosufficienza pone, sia nei confronti della necessità dell’agire integrato che la rete ed i servizi (formali e informali) debbono sviluppare per aggredire al meglio quella stessa complessità. Ÿ L’accompagnamento. Il grado di innovazione e la complessità che il progetto regionale per la non autosufficienza porta con sé, implicano che siano previste azioni che seguano complessivamente tutte le zone distretto, evitando che ci siano disfunzioni e disallineamenti tra i diversi territori, tali da produrre poi diversità significative nelle risposte ai cittadini. Ÿ Il sistema informativo per la non autosufficienza, parte integrante del sistema di monitoraggio e valutazione progettuale, ha l’obiettivo di portare ad unità le differenziazioni e soprattutto le incomunicabilità degli attuali sistemi applicativi e gestionali già in essere, di parte sociale e di parte sanitaria e di definire l’insieme di tutti gli elementi che permettono di rilevare i dati, di produrre informazioni e di rendere disponibili le stesse nei tempi e nei modi che possano consentire alla cabina di regia regionale e alle direzioni zonali di avere le indicazioni necessarie per monitorare, verificare ed eventualmente intervenire nelle diverse fasi di progetto, avendo cura di poter controllare la sua sostenibilità, nel rispetto dell’universalismo e dell’equità del sistema. Ÿ L’accreditamento è oggetto di una specifica proposta di legge, che in Ÿ Ÿ OBIETTIVI TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROG RAMMA) base all’art. 25 della l.r. 41/2005, disciplinerà le modalità di accreditamento dei servizi alla persona e delle strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private, ivi inclusi quelle che operano nelle aree dell’integrazione socio-sanitaria, al fine di erogare prestazioni per conto degli enti pubblici competenti. Lo studio epidemiologico di popolazione attraverso cui definire il bisogno di assistenza socio-sanitaria nella popolazione ultra65enne residente al domicilio. Il monitoraggio e la valutazione. Il monitoraggio ha lo scopo di registrare puntualmente l’andamento delle azioni progettuali. La valutazione ha lo scopo di proporre percorsi e soluzioni di modifica e miglioramento delle azioni progettuali. I basamenti informativi saranno quelli del monitoraggio, integrati con strumenti e metodologie specifiche. A) piena funzionalità dei Punti Insieme, per garantire un accesso unificato ai servizi in modo da evitare difficoltà nella richiesta d’assistenza o attivazioni duplicate d’intervento, e per identificare il luogo fisico dove segnalare il bisogno e ottenere la valutazione; B) formazione e aggiornamento delle unità di valutazione multidisciplinare presenti in ogni zona/distretto, per la definizione del programma assistenziale individuale e della verifica periodica degli esiti del percorso assistenziale; C) piena realizzazione e funzionalità del PUA presso ogni zona distretto come struttura di coordinamento e di supporto al livello direzionale e di governo del territorio; D) sviluppo ed accompagnamento di azioni di prevenzione della non autosufficienza; E) continuità di assistenza tra ospedale e territorio; F) sviluppo di un sistema di risposte flessibili, in primo luogo territoriali, domiciliari e di sostegno alle funzioni assistenziali della famiglia, e quindi residenziali, sulla base del principio di appropriatezza; G) gestione unitaria ed integrata, da parte di soggetti istituzionali territoriali (Società della Salute), del Fondo per la non autosufficienza, composto da risorse derivanti dal fondo sanitario, dal fondo sociale, dalla spesa dei Comuni e di altri soggetti locali; H) realizzazione del sistema informativo per la non autosufficienza coerentemente con i principi del sistema informativo regionale. ob I iet semestre ti 2008 vi A B C D E F G H II semestre 2008 I semestre 2009 II semestre 2009 I semestre 2010 II semestre 2010 INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI Continuità assistenziale: − tasso di copertura e presa in carico delle dimissioni ospedaliere − tasso ricoveri programmati Sistema di accesso e presa in carico: − tasso casi presi in carico Attività UVM: − tasso valutazioni effettuate tasso PAP sosttoscritti − tasso predisposizione PAP domiciliari − tasso predisposizione PAP residenzialità − tasso rivalutazioni a 1 anno/PAP domiciliari attivati − tasso rivalutazioni a 1 anno / PAP residenziali attivati Interventi assistenziali: − prevalenza assistiti in AD diretta ed indiretta prevalenza assistiti in CD − tasso ricoveri permanenti in RSA − tasso ricoveri temporanei in RSA Tempi di attesa: − tempo medio dalla dimissione all'erogazione delle prestazioni tempo medio di attesa tra segnalazione e predisposizione PAP − tempo medio di attesa tra segnalazione ed erogazione delle prestazioni − tasso prevalenza lista di attesa RSA − sviluppo di azioni promozionali, informative e operative sugli “stili di vita”, con particolare riferimento ai temi della pratica motoria, dell’alimentazione, del tempo libero, della formazione permanente; − prevenzione della fragilità con azioni coordinate e servizi di sorveglianza diffusi e pianificati; − azioni che favoriscano l’invecchiamento attivo della persona anziana; − piani coordinati e integrati con gli altri strumenti della programmazione regionale per affrontare questioni che incidono sulla qualità della vita delle persone non autosufficienti, come la casa, la mobilità, le infrastrutture per l’integrazione; − sviluppo della rete dei servizi orientati alle risposte per le persone non autosufficienti. LINEA PROGETTUALE 3 PROMOZIONE DI MODELLI ORGANIZZATIVI E ASSISTENZIALI DEI PAZIENTI IN STATO VEGETATIVO E DI MINIMA COSCIENZA NELLE FASI DI CRONICITA’ SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 3. PROMOZIONE DI MODELLI ORGANIZZATIVI E ASSISTENZIALI DEI PAZIENTI IN STATO VEGETATIVO Valutazione del livello di coscienza in pazienti in stato vegetativo nell’ambito di un percorso innovativo di assistenza Biennale Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Responsabile Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, 50139 Firenze tel. 055 4383505 mail: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 982.550,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 982.550,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO La diagnosi dello stato vegetativo (SV) è correntemente basata sull’osservazione clinica del paziente, in accordo con criteri definiti indicati dal “The MultiSociety Task Force on Persistent PVS” (1994). Tuttavia nelle ultime decadi sono sempre più richieste indagini strumentali per la conferma della diagnosi clinica e per definizione della prognosi, essendo ad essa connessi problemi etici, terapeutici e di gestione. Per la definizione della prognosi sono stati usati l’ Elettroencefalogramma (EEG), i Potenziali Evocati (EPs) e i Potenziali Evento Correlati (ERPs) in pazienti in coma o SV sia di natura traumatica, vascolare o da danno anossico cerebrale. Tuttavia queste metodiche hanno presentato limiti per quanto riguarda la sensibilità (esclusione di falsi negativi) e la specificità (esclusione di falsi positivi). Inoltre i reperti neuro anatomici non possono diagnosticare da sole lo SV. Usando la risonanza magnetica funzionale (fRMN) Owen et al. (2006) hanno dimostrato che pazienti con un prolungato disturbo della coscienza presentano, nell’immaginazione di un’azione, attivazioni cerebrali simili a quelle dei soggetti sani,. Questi aspetti di intenzionalità nei pazienti in SV hanno dimostrato come la fMRI sia una metodica particolarmente sensibile per definire o riconoscere aspetti peculiari della coscienza. La diagnosi di stato vegetativo ha notevoli implicazioni nella scelta del percorso assistenziale di questi pazienti. Attualmente si tende a distinguere una fase acuta, una fase post-acuta (riabilitativa) ed una fase degli esiti dove i pz. in stato vegetativo vengono indirizzati verso speciali strutture di assistenza o al domicilio. Il limite di questo modello è rappresentato da una perdita di collegamento tra fase degli esiti e fase riabilitativa con il risultato di non riuscire ad intercettare e far rientrare nel percorso riabilitativo le persone che riprendono il contatto con l’ambiente in epoche più tardive (fino a qualche anno dopo l’evento acuto). DESCRIZIONE Lo scopo generale di questo progetto multidisciplinare è l’individuazione di affidabili modelli predittivi di recupero da condizioni di SV, studiando sia la funzione cerebrale a riposo (default-mode) che la risposta cerebrale a specifici paradigmi percettivi. Il progetto può contribuire a meglio definire l’eventuale presenza di funzioni cognitive residue in pazienti con SV e di minima coscienza (MCS), i differenti livelli di coscienza che possono differenziare sottopopolazioni di pazienti in SV e MCS e, infine, attendibili indici predittori di recupero. Parallelamente verrà sperimentato un nuovo modello di intervento che non prevede passaggi in una sola direzione (dalla fase acuta verso quella degli esiti), ma sono possibili rientri in fasi precedenti oppure passaggi in fasi successive saltando parte del percorso. La possibilità di passaggi da fasi più tardive (ad es. fase degli esiti) verso fasi più precoci con rientro nel percorso di riabilitazione ospedaliera, consente di intercettare anche quei casi, piuttosto rari, dove la ripresa del contatto con l’ambiente avviene tardivamente durante il ricovero in strutture dedicate D’altra parte il passaggio diretto dalla fase acuta a quella degli esiti (RSD), previsto per casi selezionati, offre il vantaggio di evitare che tutti i ricoveri passino in riabilitazione ospedaliera consentendo una maggiore appropriatezza ed una riduzione delle liste di attesa. L’implementazione di questo modello prevede però una serie di valutazioni del paziente, in alcuni casi anche a notevole distanza temporale dall’evento acuto, alle quali sono legate decisioni importanti per assicurare un corretto e completo percorso. Ad esempio la decisione del passaggio diretto da fasi acute direttamente verso RSD è legata all’espressione di un giudizio prognostico non favorevole o alla consapevolezza che un trattamento riabilitativo intensivo non sia in grado di influenzare la prognosi; nel caso in cui un trattamento riabilitativo intensivo diventi indicato in fase successiva, si prevede un ingresso in riabilitazione ospedaliera da RSD o da domicilio. OBIETTIVI Obiettivo primario del progetto è la sperimentazione di questo nuovo modello di intervento “circolare” nel quale la fase di riabilitazione ospedaliere può essere in alcuni casi saltata, ma è comunque possibile un rientro del paziente nel percorso riabilitativo se, anche a distanza di tempo, questo dovesse diventare indicato ed in particolare nei casi di “risveglio” tardivo. Per la scelta della prosecuzione del percorso, verranno utilizzati anche indici prognostici che sono resi oggi disponibili dalle moderne tecniche di neuroimaging e neurofisiopatologia che consentono la rilevazione della eventuale presenza di funzioni cognitive residue in pazienti in SV e MCS. Obiettivo secondario è una migliore comprensione delle basi neurali del recupero di ulteriori funzioni cognitive. Questa linea del progetto sarà perseguita studiando i correlati anatomo funzionali tra sito ed estensione delle lesioni e i relativi deficit psicofisiologici. Infatti, per avere una maggiore affidabilità della diagnosi clinica, è necessario effettuare osservazioni ripetute e prolungate di questi pazienti anche se ospitati in speciali strutture di assistenza o a domicilio. Si ottiene quindi anche una risposta ai crescenti quesiti etici, terapeutici e di gestione del paziente in stato vegetativo. TEMPI DI ATTUAZIONE crono programma Fasi del progetto in mesi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 inizio progetto arruolamento pazienti screening clinico e neurofisiologico dei pazienti selezione dei pazienti – fMR Invio paziente alle varie fasi Fasi del progetto in mesi 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 inizio progetto Rivalutazione pazienti screening clinico e neurofisiologico dei pazienti anche in tele-assistenza fMRI INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI Elaborazione dei risultati • numero Unità Operative partecipanti al progetto / numero Unità Operative toscane che ospitano pazienti in SV o in SMC • numero pazienti valutati • numero di pazienti avviati alle varie fasi/numero totale di pazienti arruolati • numero di pazienti che “saltano” la fase di riabilitazione ospedaliera/ numero totale di pazienti arruolati • numero di pazienti che rientrano in riabilitazione ospedaliera da fasi più tardive/ numero totale di pazienti arruolati. Principali risultati derivanti dalle azioni del progetto: • Individuare un percorso riabilitativo più efficiente per le persone in stato vegetativo. • stimare la presenza di coscienza in pazienti in SV o in SMC; • verificare la possibilità di differenziare livelli intermedi di coscienza tra SV e SMC come possibili fattori predittivi del recupero di questi pazienti; • effettuare una correlazione anatomo-funzionale tra il tempo di recupero e funzioni cognitive nei pazienti che riprendono il contatto con l’ambiente. LINEA PROGETTUALE 4 - LE CURE PALLIATIVE E LA TERAPIA DEL DOLORE GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 4. LE CURE PALLIATIVE E LA TERAPIA DEL DOLORE Le cure palliative e la terapia del dolore 2 anni Dr. Galileo Guidi Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Area di Coordinamento Politiche Sociali Integrate Via di Novoli 26, Firenze Tel. 055 4383010 – fax 055 4383120 Email: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 6.368.750,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 6.167.547,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE € 201.000,00 (capitolo 24047, prenotati con DGR 143/2008) IL PROGETTO CONTESTO La Regione Toscana ha dedicato molte energie nell’ambito delle politiche finalizzate ad una sensibilizzazione etica dell’intero sistema sanitario sul tema dolore. Da alcuni anni sono stati attivati programmi per garantire una risposta assistenziale sulle tematiche riguardanti il dolore, acuto, cronico e riferito alla fase terminale della vita, anche a livello pediatrico. Con questo progetto si intende portare a compimento l’attivazione della rete regionale degli Hospice, compresa una struttura pediatrica, completare la rete assistenziale territoriale di cure palliative, attivare la rete regionale per trattare il dolore cronico. Queste azioni saranno accompagnate da un piano di formazione e di aggiornamento del personale e da specifiche campagne di informazione della popolazione. L’indicatore utilizzato per valutare l’efficacia di quanto realizzato è stato il consumo di farmaci oppiacei da parte dei cittadini toscani. La misura di questo fenomeno ci dà delle informazioni positive infatti il monitoraggio sul consumo dei farmaci oppiacei in termini di dosi giornaliere x 1.000 abitanti (DDD) in Toscana è più del doppio della media nazionale ed è in aumento passando da 3.3 DDD x 1000 abitanti del 2007 a 3.9 del 2008. DESCRIZIONE Azione A: Cure Palliative La Regione Toscana ha istituito, con deliberazione della giunta regionale n. 996 del 26/9/2000, le unità di cure palliative in tutte le aziende della regione, collegandole alla rete territoriale per l’assistenza domiciliare. La Regione Toscana ha approvato nel 2007 il documento “Gli Hospice in Toscana” che regola le modalità di accesso e di utilizzo degli Hospice. Con deliberazione della giunta regionale n. 143 del 25/2/2008 sono già state assegnate le risorse per l’attivazione del progetto di cure palliative e centri residenziali Hospice. Il programma regionale Hospice avviato nel 2000 prevedeva la realizzazione di 18 strutture per un totale di 170 posti letto più 8 in regime diurno. Allo stato attuale per 4 Hospice non sono ancora iniziati i lavori, nemmeno per la realizzazione della struttura pediatrica prevista nell’ambito dell’ A.O.U. Meyer. L’Hospice opera nel rispetto di principi di unitarietà e continuità con l’assistenza domiciliare, in conformità al modello organizzativo regionale. I soggetti coinvolti nella funzionalità del sistema sono: le Aziende Sanitarie, gli Enti Locali, le associazioni di volontariato e la cooperazione sociale. Questi soggetti configurano un sistema nel quale la persona malata e la sua famiglia possono essere guidati e coadiuvati nel percorso assistenziale tra il proprio domicilio, sede privilegiata dell’intervento, e le strutture di degenza dedicate al ricoverosoggiorno temporaneo o definitivo. Dalla stretta collaborazione tra questi diversi attori può svilupparsi lo spostamento dell’attenzione pressoché esclusiva dalla malattia e dalla guarigione, alla considerazione della qualità della vita come parte integrante e strutturale dei percorsi assistenziali. Azione B: Terapia del Dolore Il progetto si propone di implementare la rete assistenziale per la terapia del dolore riorganizzando e sistematizzando l’esistente, al fine di ottenere una maggiore facilità di accesso alle risorse assistenziali disponibili, rafforzando l’offerta assistenziale nel territorio sia per il paziente adulto che pediatrico. Ci proponiamo di sperimentare un nuovo modello organizzativo, integrato nel territorio organizzato su 3 livelli di cura integrati (Territorio, Ospedale, Centri di Terapia del dolore), con competenze e specifici ruoli dei diversi operatori sanitari. La risposta dovrà essere data in relazione all’assetto organizzativo-strutturale dei servizi dedicati alla Terapia del dolore; al percorso formativo degli operatori sanitari; all’identificazione di adeguati standard di informazione e comunicazione rivolti ai cittadini. Azione C: Piano Formativo Con riferimento ai temi del Dolore e della Palliazione si rilevano carenze di ordine sia di cultura generale, sia strettamente professionale. All’assenza, infatti, di un reale, organico approccio culturale alle questioni in oggetto, corrisponde la difficoltà di dar luogo a una risposta sanitaria omogenea e uniforme. È indispensabile affrontare questa realtà, ed è possibile farlo coinvolgendo le diverse figure sociali e professionali interessate, attraverso azioni culturali e medico-cliniche, promozione di attività di ricerca, didattiche, formative, col fine ultimo di offrire al malato operatori sanitari in grado di riconoscere, curare o indirizzare i pazienti verso le azioni terapeutiche più opportune per la tipologia del dolore sofferto. E’ previsto quindi un coordinamento regionale di proposte formative che verteranno sui seguenti temi: - - OBIETTIVI L’analgosedazione nelle procedure Appropriato uso degli oppiacei per il trattamento del dolore Il management del dolore nel paziente con lesioni osteoarticolari traumatiche Azione D: Piano della comunicazione E’ necessario continuare il lavoro avviato dalla campagna informativa “Abbasso il dolore” rivolta sia ai pazienti adulti che ai bambini, mantenendo un’attenzione particolare anche ai pazienti stranieri che accedono ai servizi sanitari. La possibilità per il paziente di esprimere il proprio dolore è considerato molto importante per permettere agli operatori di intervenire in maniera adeguata dato che il dolore ha una forte componente soggettiva ed è influenzata da numerosi fattori fra cui quelli culturali. Utilizzare strumenti informativi permette di coinvolgere il paziente nella cura fin dal primo approccio in un ambito così delicato quale è quello del dolore. Pur rivolgendosi in primo luogo ai cittadini, le azioni e gli strumenti realizzati hanno un compito anche più ambizioso perché puntano a “parlare” al mondo dei medici ospedalieri e dei medici di famiglia e agli infermieri. Essi infatti rappresentano le prime risorse da mobilitare per agire sul patrimonio della salute e per stabilire un rapporto efficace di ascolto e reciprocità su questioni così delicate. Obiettivo A: • Completare la rete infrastrutturale attivando gli Hospice di: - Ospedale ASL 1 Massa per 12 p.l. - Ospedale ASL 3 Pistoia per 6 p.l. - Ospedale ASL 7 Nottola per 6 p.l. - Ospedale ASL 11 Castelfiorentino per 8 p.l. • Completare la rete assistenziale di cure palliative pediatriche con l’attivazione dell’Hospice presso l’A.O.U. Meyer. Obiettivo B: • Individuare i Centri di Terapia del Dolore e renderli facilmente accessibili per il cittadino • Definire linee guida regionali per il trattamento del paziente con sintomatologia algica in tutti i livelli di intervento, coinvolgendo tutti gli attori del sistema. • Identificare livelli minimi di accreditamento regionale per ogni livello della Rete al fine di garantire l’omogeneità qualitativa e quantitativa delle prestazioni erogate dai soggetti accreditati. • Creare percorsi diagnostici-terapeutici condivisi e validati in linea con le indicazioni provenienti dal livello nazionale, al fine di garantire uniformità di accesso alle cure. • Codificare modelli di collaborazione e integrazione tra i diversi livelli di cura e gli operatori coinvolti. • Realizzare una serie di corsi formativi specifici rivolti ai MMG e agli operatori sanitari degli ospedali. • Realizzare campagne di informazione rivolte alla cittadinanza coinvolgendo le associazioni di pazienti e organizzazioni civiche. • Valorizzare e mettere in rete le “buone pratiche”. Obiettivo C: Coordinare a livello regionale le seguenti proposte formative: • L’analgosedazione nelle procedure E’ necessario promuovere l’uso della sedoanalgesia nei pazienti che devono sottoporsi a procedure dolorose, al fine di dare ai cittadini una risposta sanitaria omogenea ed uniforme, attraverso un’adeguata formazione degli operatori direttamente coinvolti ed un maggior livello di informazione tra la cittadinanza, così da creare una più puntuale risposta clinica; Obiettivi specifici: § acquisizione di una cultura e una competenza che permetta agli operatori un approccio adeguato al dolore da procedura, riconoscendo la centralità del desiderio del paziente di non provare dolore; § acquisizione di una conoscenza sulle tecniche di sedo-analgesia, sulla loro efficacia nel controllo del dolore acuto, la sua estesa applicazione e l’elevato grado di sicurezza; § acquisizione della competenza circa l’appropriatezza dell’impiego della sedoanalgesia (indicazioni, controindicazioni , effetti collaterali e complicanze); § incentivazione dell’autonomia dei professionisti sanitari formati nel ricorrere alla sedazione minima; § sviluppo in ogni reparto di protocolli specifici per il trattamento del dolore da procedura; § incremento dell’informazione e del consenso consapevole del paziente che si sottopone all’analgosedazione. • Appropriato uso degli oppiacei per il trattamento del dolore. I risultati di un questionario sulle conoscenze del dolore di medici e infermieri nella Regione Toscana dimostrano la necessità di interventi formativi mirati. Le nozioni generali appaiono oggi patrimonio ormai acquisito dei sanitari, mentre si registrano notevoli lacune diffuse ed omogeneamente distribuite nelle conoscenze degli oppioidi. Obiettivo è quello di diffondere ai medici le informazioni, le conoscenze scientifiche, le esperienze e le buone pratiche sull’uso appropriato dei farmaci oppioidi. • Il management del dolore nel paziente con lesioni osteoarticolari traumatiche Una vasta letteratura testimonia che il trattamento insufficiente del dolore è un fenomeno ancora troppo diffuso nella gestione delle prime fasi del trauma; infatti le segnalazioni da parte dei cittadini sul non adeguato trattamento del dolore, non vengono dagli interventi di Ortopedia maggiore, il problema è spesso nelle manovre di tipo ortopedico eseguite senza analgesia. E’ importante la continuità fra l’accoglienza del medico dell’urgenza e l’ortopedico che deve condividere l’importanza di trattare il dolore anche nell’effettuare manovre minori, si tratta quindi un percorso anche culturale da affrontare con i professionisti che operano in questo settore. Obiettivo D: Diffondere strumenti di lavoro, come i termometri per la misurazione del dolore e strumenti informativi e di promozione rivolti al personale sanitario e ai cittadini, apposite spille che infermieri e medici possono indossare sul camice per lanciare un messaggio di ascolto e disponibilità ai pazienti, opuscoli informativi predisposti con formule diverse per adulti e per bambini in diverse lingue e locandine anche esse differenziate che possano dare visibilità al problema. TEMPI DI ATTUAZIONE INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI V. crono programma Indicatori di processo: - Aumento del consumo di oppioidi - Aumento del consumo di morfina fino a 7 milligrammi pro capite, calcolato sulla popolazione esistente - Attivazione di strumenti per l’accesso ai servizi - Completamento della rete ed operatività degli Hospice • Migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti in cure palliative • Migliorare il percorso assistenziale e l’accesso ai centri di Terapia del dolore per i pazienti affetti da dolore cronico • Aumentare la consapevolezza dei cittadini rispetto ai bisogni delle persone con dolore. • Migliorare le competenze degli operatori sanitari in merito alle varie tipologie di dolore e al loro trattamento. CRONOPROGRAMMA Progetto Le cure palliative e la terapia del dolore Attività Verifica Progetti Hospice Completamento strutture Attivazione strutture Verifica Progetto Hospice pediatrico Completamento struttura pediatrica Attivazione struttura pediatrica Approvazione di linee guida regionali per il trattamento del dolore cronico Deliberazione criteri di accreditamento centri di Terapia del dolore Codificazione di modelli di collaborazione e integrazione tra i diversi livelli di cura e gli operatori coinvolti per il trattamento del dolore cronico Valorizzare e mettere in rete le buone pratiche Deliberare e coordinare le proposte formative Diffondere gli strumenti della campagna informativa Anno 2009/ mesi 6 7 8 9 10 11 Anno 2010 / mesi 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Anno 2011/ mesi 1 2 3 4 5 LINEA PROGETTUALE 5 - INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI MATERIALE UMANO In attuazione della decisione presa dagli Assessori nella seduta della Commissione Salute del 23 aprile 2009, la Regione Toscana recepisce il progetto coordinato a livello nazionale, a sua volta articolato, secondo le indicazioni di cui all’Accordo Stato-Regioni del 25 marzo 2009, in tre distinti progetti volti al potenziamento di tre diverse tipologie di biobanca: - Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico - Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico - Biobanche di sangue cordonale. A ciascun progetto, la Regione Toscana assegna un importo a valere sulla quota del FSN 2009 pari ad una percentuale condivisa a livello nazionale della somma ad essa spettante in relazione alla linea progettuale n. 5, sulla base del richiamato Accordo 25 marzo 2009. 5.1 Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI MATERIALE UMANO Biobanche di tessuto muscolo - scheletrico 12 mesi dall’erogazione del finanziamento Progetto coordinato a livello nazionale ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 120.267,19 (pari al 13% della somma QUOTA DEL FSN 2009 spettante alla Regione Toscana in base all’Accordo Stato Regioni del 25/3/2009) QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO In Italia l’utilizzo di tessuto muscolo-scheletrico di origine umana per trapianto è andato progressivamente aumentando negli anni, fino ad arrivare ad oltre 5.600 trapianti nel 2008. Questo successo è dovuto alla grande duttilità di questa particolare tipologia di tessuto, che, opportunamente preparato e lavorato, trova applicazione in moltissime patologie in campo ortopedico e maxillo-faciale. In Italia la presenza di 6 banche di tessuto muscolo-scheletrico autorizzate dalle regioni (Torino, Milano, Verona, Treviso, Bologna, Firenze), di cui tre di livello nazionale (Treviso, Bologna, Firenze), ha risposto finora egregiamente alle richieste di tessuti, in particolare di tipo congelato, mentre è cresciuto negli ultimi anni il fabbisogno di tessuti lavorati tramite particolari procedure (liofilizzati, paste d’osso, prodotti tecnologicamente avanzati) per i quali non è disponibile in Italia la capacità produttiva sufficiente o diffusa la tecnologia idonea e per i quali si è dovuto ricorrere spesso all’importazione dall’estero. La rete di donazione e banking italiana, che vede coinvolti le banche, gli utilizzatori (ortopedici, dentisti e chirurghi maxillo-facciali) e le autorità competenti (regioni e CNT), si distingue per l’applicazione rigorosa dei requisiti di qualità e sicurezza, introdotti dalle normative italiane ed europee e per lo sviluppo di una rete di collaborazione nazionale che garantisce al paziente un altissimo grado di sicurezza. DESCRIZIONE L’obiettivo del progetto è incrementare la produzione e la distribuzione nazionale di alcune tipologie di prodotto (osso liofilizzato, pasta d’osso e altre nuove tipologie di prodotti tecnologicamente avanzati) favorendo in particolare l’utilizzo in Italia di tessuti provenienti da donatori italiani, al fine di garantire la qualità e la sicurezza dei prodotti. OBIETTIVI Generali a. Stimolare la produzione di tipologie di prodotti lavorati in Italia, derivanti da donazioni di tessuto muscolo-scheletrico italiano, anche sviluppando nuove applicazioni e lavorazioni di prodotti tecnologicamente avanzati, ora poco o per nulla disponibili nel territorio nazionale. b. Creare un consorzio tra le banche del tessuto muscolo-scheletrico italiane, al fine di coordinare la distribuzione di tessuti, in particolare quelli lavorati (liofilizzato, paste d’osso, ..), oltre il territorio di distribuzione della singola banca, per rispondere in modo rapido ed efficace alle richieste degli utilizzatori. Questo consorzio, che vedrà coinvolte principalmente le regioni sede delle banche nazionali (Veneto, EmiliaRomagna, Toscana), con il supporto del CNT, garantirà un vantaggio economico, legato al risparmio per l’acquisizione di tessuto dall’estero e l’altro, ancora più importante, legato alle caratteristiche di sicurezza e di qualità del tessuto prelevato e lavorato in Italia. c. Realizzare attività di informazione, comunicazione e sensibilizzazione sul corretto utilizzo dei tessuti di origine umana, in particolare osso, dirette agli utilizzatori (ortopedici, dentisti e chirurghi maxillo-facciali) al fine di ridurre le importazioni improprie dall’estero e incentivare l’utilizzo di tessuto “italiano”, garantito dalla banche in termini di qualità e sicurezza. Specifici a. le banche, anche tramite strutture terze autorizzate, incrementeranno la produzione di tessuti lavorati ottenuti da donazioni di osso italiano. In particolare ci si prefigge di raggiungere un incremento del 20% della produzione di tessuti processati (osso liofilizzato e di paste d’osso) entro la fine del 2009 rispetto al 2008 e di iniziare la produzione di nuove lavorazioni tecnologicamente avanzate. b. Creazione entro la fine del 2009 di un repository informatico, dove le tre banche nazionali e le strutture terze che intervengono nelle lavorazioni inseriscano i tessuti disponibili, in modo da creare un magazzino nazionale dove le scorte disponibili possano essere visibili a tutti, in modo da rispondere in modo rapido ed efficiente alle richieste di queste tipologie di tessuti. Sono previsti diversi livelli di accesso al repository, in cui le banche e i CRT possano visionare tutti i tessuti e aggiornare le entrate e le uscite dei propri, il CNT potrà visionare le disponibilità, le parti terze che svolgono attività di lavorazione o distribuzione possano aggiornare la parte di propria competenza quando hanno nuove disponibilità di prodotti o ne distribuiscono. c. partecipazione delle banche e delle parti terze autorizzate nel corso del TEMPI DI ATTUAZIONE INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI 2009 ai convegni nazionali e internazionali delle società degli utilizzatori di queste tipologie di tessuti (ortopedici e maxillo-faciali) e ai convegni internazionali delle banche tessuti (EATB) tramite stand e/o presentazioni, per diffondere la conoscenza di queste tipologie di tessuti lavorati e incrementarne l’utilizzo. Verranno realizzati degli opuscoli informativi su questi particolari prodotti, da distribuire durante i convegni e tramite le attività di informazione. Le parti terze che intervengono nella lavorazione e distribuzione faciliteranno la promozione e l’informazione del corretto utilizzo dei tessuti lavorati, sfruttando la capacità di raggiungere capillarmente i potenziali utilizzatori e agendo da facilitatori per riportare tempestivamente le necessità di fornitura alle banche. v. Cronoprogramma Indicatori di struttura: adeguamenti strutturali, qualificazione del personale. Indicatori di processo: numero di campioni lavorati per tipologia di prodotto (osso liofilizzato, pasta d’osso, prodotti tecnologicamente avanzati). Indicatori di risultato: : numero di campioni per tipologia di prodotto distribuiti - incremento del 20% della produzione di osso liofilizzato e di paste d’osso rispetto al 2008; - progettazione e/o inizio produzione di nuove lavorazioni tecnologicamente avanzate; - aumento del 15% della distribuzione di tessuti lavorati attraverso la creazione di un consorzio tra le banche del tessuto muscolo-scheletrico italiane; - riduzione del 10% di importazione di tessuti lavorati dall’estero. CRONOPROGRAMMA Progetto Biobanche di tessuto muscolo-scheletrico Attività Mesi 3 Attività di informazione, comunicazione e sensibilizzazione • partecipazione delle banche e delle parti terze autorizzate a convegni nazionali e internazionali delle società degli utilizzatori e a convegni internazionali delle banche tessuti. • Realizzazione e distribuzione di opuscoli informativi. • Promozione da parte di parti terze del corretto utilizzo dei tessuti lavorati. Incremento della produzione di tessuti lavorati ottenuti da donazioni di osso italiano • Incremento produzione di osso liofilizzato e di paste d’osso • Progettazione e/o inizio produzione di nuove lavorazioni tecnologicamente avanzate. Progettazione del consorzio Incremento della distribuzione di tessuti lavorati ottenuti da donazioni di osso italiano Costruzione di un repository informatico Avvio dell’utilizzo del repository informatico 6 9 12 5.2 Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE Regione Toscana DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE 5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI MATERIALE UMANO TITOLO DEL PROGETTO Biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico DURATA DEL PROGETTO 12 mesi dall’erogazione del finanziamento REFERENTE Progetto coordinato a livello nazionale ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 185.026,40 (pari al 20% della somma spettante QUOTA DEL FSN 2009 alla Regione Toscana in base all’Accordo Stato Regioni del 25/3/2009) QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO DESCRIZIONE Gli enormi sviluppi della biologia molecolare negli ultimi anni hanno fornito un contributo inestimabile nella lotta contro il cancro, sia permettendo l’identificazione dei meccanismi molecolari coinvolti, sia consentendo lo sviluppo di strumenti diagnostici più sensibili e di nuovi farmaci che, interferendo con specifici meccanismi molecolari, risultano spesso più efficaci e meno tossici. Nonostante tutti i progressi recenti, siamo ancora lontani dall’aver acquisito una conoscenza totale delle problematiche legate ai meccanismi di sviluppo e di crescita delle cellule neoplastiche. Nasce da qui la necessità di stabilire vaste raccolte di campioni biologici di tessuto, acidi nucleici e dati clinici di pazienti oncologici, che offrirebbero una risorsa inestimabile per incrementare le possibilità di comprendere e contrastare il cancro. A tal proposito, è di fondamentale importanza la costituzione di una rete nazionale di biobanche, organizzata su base regionale che permetta uno scambio di tessuti ed informazioni. Le biobanche, anche se di grande valore e tradizione, presentano una vasta gamma di problematiche organizzative e normative: 1. frammentazione della ricerca , 2. presenza di regole di accesso diverse, 3. mancanza di standard comuni di riferimento. Spesso, a causa di tali problematiche, non possono essere utilizzati nello stesso studio campioni provenienti da diverse biobanche, elemento indispensabile per raggiungere una adeguata significatività statistica e per affrontare un determinato tipo di studio. La conseguenza è la duplicazione di progetti simili, lo spreco di energie e di risorse, la difficoltà di mettere a punto una politica di finanziamenti a lungo termine e di ampio respiro. OBIETTIVI Sul territorio nazionale sono già operanti alcune biobanche oncologiche, ma l’obiettivo è quello di creare una rete di centri qualificati selezionati in grado di conservare un elevato numero di campioni in modo standardizzato e di renderli disponibili per ricerca e diagnostica secondo modalità uniformi e condivise. Generali a. Regolamentare le modalità di raccolta e conservazione di cellule e tessuti neoplastici a scopo di diagnosi e ricerca. b. Definire gli elementi della rete in numero non superiore a 5 – 6 unità, verificando che ciascuno di essi operi secondo criteri standardizzati sia in tema di acquisizione e rilascio di campioni che di qualità, sicurezza e tracciabilità. In quelle realtà in cui sono presenti degli archivi o delle collezioni di materiale oncologico (vedi definizioni), ma non delle vere e proprie biobanche oncologiche devono essere eventualmente previsti accordi, convenzioni con una biobanca per la gestione ed il trasferimento dei campioni. c. Definire un sistema di governance della rete che individui come competent autority il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le Regioni in modo analogo a quanto avviene per le biobanche terapeutiche. Specifici a. definizione di linee guida per normare requisiti generali (rispetto di normative e regole etiche e responsabilità nella gestione) e di procedure per la raccolta, conservazione e distribuzione dei campioni a livello locale, nazionale ed internazionale. b. censimento dell’offerta attuale dei servizi ; rilevamento e identificazione (tipologia, modalità di conservazione) dei campioni conservati nelle biobanche ; definizione di condizioni di carattere generale richieste per l’istituzione di una banca, definizione di linee guida per normare requisiti specifici (personale, locali, attrezzature, gestione della documentazione, informatica, funzioni di servizio, preparazione dei campioni, accesso dei depositi al CRB, conservazione, catalogo dei campioni disponibili, distribuzione). c. Armonizzazione delle normative e le linee guida esistenti in materia, elaborazione di un sistema di Centri di Ricerca Biologica regionali o di più regioni collegati in rete tra loro e con realtà simili extra regionali e connessi strutturalmente nel sistema sanitario regionale. v. Cronoprogramma TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROGRA MMA) INDICATORI Indicatori di struttura: applicazione di requisiti minimi strutturali, (di struttura, di tecnologici ed organizzativi in termini di personale, locali e attrezzature. processo, di risultato) Indicatori di processo: catalogo dei servizi offerti , n. e tipologia dei campioni conservati, definizione di un codice etico – manuale della qualità; elaborazione di procedure specifiche scritte per: - Armonizzazione delle procedure di informativa al paziente, raccolta del consenso e prelievo; - Attività di servizio (preparazione e distribuzione di materiale a ricercatori interni ed esterni all’istituzione); - attività di Inserimento della Biobanca nell’ambito di network nazionali, europei ed internazionali. RISULTATI ATTESI Indicatori di risultato: Realizzazione di un documento di proposta di governance sulla base delle normative e le linee guida esistenti in materia, fattibilità per la messa in rete di campioni e dati e per un programma di controllo esterno di qualità dei campioni. - Identificazione di Centri di Ricerca Biologica attraverso un censimento delle strutture già operanti. L’inventario deve essere effettuato dalle singole regioni e coordinato a livello nazionale; - Definizione requisiti minimi uniformi per il riconoscimento delle biobanche oncologiche; - Definizione di un sistema di governance di Centri di Ricerca Biologica regionali o di più regioni collegati in rete tra loro e con realtà simili extra regionali e connessi strutturalmente nel sistema sanitario regionale. DEFINIZIONI Archivio diagnostico: Per quanto riguarda i tessuti inclusi in paraffina, è obbligatorio parlare degli archivi presenti in ogni struttura di Anatomia Patologica e cercare di chiarire le differenze fra essi e le banche, rese facilmente evidenti dalle diverse finalità delle due strutture: - scientifica, per la banca - principalmente diagnostica, per l’archivio. Collezione di tessuti: congelatori in cui sono conservati tessuti prelevati freschi oppure di armadi che ospitano tessuti inclusi in paraffina. In genere, una collezione ha finalità puramente scientifiche, nasce su iniziativa di un singolo ricercatore e spesso non vi sono regole precise per l’utilizzo del materiale conservato. In genere, una raccolta di questo tipo è temporanea, limitata al tempo necessario per lo svolgimento del progetto scientifico che ne è alla base. Banca di tessuti: Il termine “banca” sottolinea che le caratteristiche di questo tipo di raccolta, conservazione ed utilizzo di tessuti umani, sono vicine a quelle relative alla gestione di cassette di sicurezza e simili all’interno di un istituto di credito: - un contratto con il paziente, attraverso il consenso informato, con delega al ricercatore interessato rigide regole per: - il deposito del materiale - il suo utilizzo - il suo ritiro definitivo. CRONOPROGRAMMA Progetto biobanche oncologiche per la conservazione e lo studio di materiale oncologico Attività Mesi 3 Regolamentare le modalità di raccolta e conservazione di cellule e tessuti neoplastici a scopo di diagnosi e ricerca • definizione delle procedure per le attività di prelevamento, informativa e consenso, accettazione, trasferimento dei campioni, allestimento e conservazione dei campioni, gestione delle informazioni e delle procedure adottate per il trattamento dei dati personali, trasferimento del materiale biologico Definire gli elementi della rete in numero non superiore a 5 – 6 unità, verificando che ciascuno di essi operi secondo criteri standardizzati sia in tema di acquisizione e rilascio di campioni che di qualità, sicurezza e tracciabilità • definizione di requisiti minimi per il riconoscimento delle biobanche • elaborazione di un codice etico della Biobanca • elaborazione di Manuale della Qualità della Biobanca • definizione delle procedure per le attività di Inserimento della Biobanca nell’ambito di network nazionali, europei ed internazionali Definire un sistema di governance della rete che individui come competent autority il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le Regioni in modo analogo a quanto avviene per le biobanche terapeutiche • elaborazione di un modello di governance sulla base delle normative e le linee guida esistenti in materia • elaborazione di uno Studio di fattibilità per un programma di controllo esterno di qualità dei campioni • elaborazione di uno Studio di fattibilità per la messa in rete di campioni e dati 6 9 12 5.3 Biobanche di materiale umano GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE Regione Toscana DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE 5. INTERVENTI PER LE BIOBANCHE DI MATERIALE UMANO TITOLO DEL PROGETTO Biobanche di sangue cordonale DURATA DEL PROGETTO 12 mesi dall’erogazione del finanziamento REFERENTE Progetto coordinato a livello nazionale ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 619.838,44 (pari al 67% della somma QUOTA DEL FSN 2009 spettante alla Regione Toscana in base all’Accordo Stato Regioni del 25/3/2009) QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO DESCRIZIONE Attualmente il trapianto di cellule staminali emopoietiche (CSE) prelevate dal midollo osseo o dal sangue venoso periferico, rappresenta una procedura terapeutica largamente impiegata nel trattamento di numerose patologie. La difficoltà a reperire per alcuni pazienti un donatore compatibile o la necessità di un intervento terapeutico rapido, ha spinto a ricercare delle fonti alternative di CSE rispetto al midollo. L’identificazione di CSE nel sangue cordonale e la possibilità di effettuare trapianti con queste cellule ha indotto la costituzione di vere e proprie "banche", dove vengono conservate le unità di sangue cordonale raccolte. In Italia sono attive 17 banche di sangue cordonale distribuite su tutto il territorio nazionale. Al 31/12/2008 sono state bancate oltre 20.000 unità e di queste oltre 17.000 sono disponibili per trapianto in Italia ed esposte attraverso l’IBMDR di Genova per eventuale uso extra-nazionale. Delle unità conservate, 783 sono state utilizzate per trapianto “unrelated” (in paesi esteri e in Italia) e 106 per trapianto “related”. La rete di donazione e banking italiana, che vede coinvolti le banche, i trapiantologi e le autorità competenti (regioni, CNS e CNT), si distingue per l’applicazione rigorosa dei requisiti di qualità e sicurezza, introdotti dalle normative italiane ed europee e per lo sviluppo di una rete di collaborazione nazionale ed internazionale che ha come principale obiettivo la garanzia di un elevato grado di qualità e sicurezza delle unità cordonali destinate al trapianto. L’obiettivo strategico del progetto è incrementare il numero delle unità bancate effettivamente disponibili all’uso trapiantologico per il fabbisogno nazionale ed internazionale garantendo i livelli di qualità e sicurezza previsti dalle disposizioni normative nazionali e comunitarie vigenti e dagli standard internazionalmente accettati. Il progetto prevede di realizzare inoltre una rete integrata di punti nascita autorizzati alla raccolta del sangue sia nelle regioni in cui è presente una Banca di Sangue Cordonale, che in quelle nelle quali non è presente la Banca. In questa ultima situazione deve essere previsto che le raccolte effettuate debbano afferire ad una Banca di riferimento in altra regione in base a criteri definiti (vicinanza territoriale, convenzioni già presenti tra regioni, ecc), con la quale verranno stipulati appositi accordi. Lo sviluppo della rete dovrà prevedere inoltre un sistema coordinato per il trasporto delle unità raccolte, atto a garantire la conservazione delle proprietà biologiche delle unità trasportate e la massima efficienza delle trasferimento delle stesse. OBIETTIVI Generali a. Estensione dell’attività di raccolta presso un numero progressivamente crescente di punti nascita del territorio in base alla programmazione regionale, nonché alla garanzia di un adeguato livello di formazione e mantenimento delle competenze degli operatori addetti alla raccolta nei punti nascita; b. estensione dei tempi di ricezione delle unità cordonali raccolte da parte delle Banche, finalizzato ad eliminare le limitazioni orarie e giornaliere della donazione (raccolta h 24); c. sistematica applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza previsti dalle disposizioni normative vigenti e degli standard tecnici ed operativi condivisi all’interno della rete delle banche; d. incremento dell’inventario nazionale delle unità cordonali conservate; e. realizzazione di campagne di informazione, comunicazione e sensibilizzazione sul territorio con l’obiettivo di informare e rendere consapevoli i cittadini del valore della donazione solidaristica del sangue cordonale e sull’utilizzo appropriato del sangue cordonale. Specifici a. costituzione di reti regionali integrate di punti nascita aventi ognuno un numero di parti superiore a 500/anno con accordi tra Banche cordonali di riferimento e punti nascita. Le Regioni, in relazione alla propria programmazione, provvedono: a) a definire con specifici atti i punti nascita da attivare; b) attraverso i propri Organismi tecnici coordinano gli accordi tra Banche e punti nascita e le relative modalità operative. I punti nascita che effettuano tra i 500 e 1000 parti/anno dovranno effettuare tra il 10 al 15% di raccolte rispetto al numero dei parti effettuati, mentre quelli con un numero di parti superiori a 1000 tra il 8-10%. E’ inoltre necessario garantire una formazione iniziale ed il mantenimento delle competenze del personale addetto alla raccolta (almeno 2 corsi di formazione/anno). b. apertura delle Banche cordonali dal lunedì al sabato, questo comporta la possibilità di effettuare le raccolte in regime h 24 eliminando la criticità legata a limitazioni di orario e giorni festivi. E’ chiaro che questo è realizzabile solo attraverso l’adeguamento e/o la stabilizzazione del personale della Banca ; c. realizzazione degli adeguamenti strutturali, tecnologici, organizzativi finalizzati all’applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza previsti da requisiti cogenti e standard nazionali ed internazionali. Dal momento che le unità cordonali vengono inserite in una rete internazionale, è necessario che le Banche seguano requisiti accettati internazionalmente e che abbiano quindi come obiettivo il conseguimento dell’accreditamento internazionale FACT-NETCORD; d. definizione di un piano triennale di bancaggio per singola banca/rete regionale integrata di banche da effettuare in accordo con Centro Nazionale Sangue e Centro Nazionale Trapianti al fine del raggiungimento, nel triennio 2009-2011, di un incremento dell’inventario nazionale di 12.000 unità bancate; e. campagne di informazione che prevedano la diffusione di materiale informativo già disponibile e la realizzazione di attività di comunicazione e sensibilizzazione dell’utenza e del personale sanitario direttamente coinvolto. La diffusione dell’informazione deve avvenire attraverso organismi ed enti sanitari quali dipartimenti materno infantili, consultori, punti nascita. E’ necessario il coinvolgimento di specifiche figure professionali, direttamente coinvolte nel processo, quali le ostetriche e i ginecologi, o indirettamente, quali i pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale. E’ auspicabile che le campagne di informazione siano preliminarmente condivise nell’ambito di un coordinamento centrale e che siano effettuate in stretta collaborazione con associazioni di volontariato già impegnate nel settore (ADISCO). TEMPI DI ATTUAZIONE INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI V. Cronoprogramma a. Indicatori di struttura: realizzazione degli adeguamenti strutturali, tecnologici e organizzativi. Ricezione delle unità cordonali raccolte h 24 (numero delle unità raccolte/numero parti effettuati nel fine settimana e festivi). Dotazione organica della banca (numero personale strutturato/ numero personale totale). b. Indicatori di processo: attivazione di punti nascita con un numero di parti superiore a 500/anno. I punti nascita che effettuano tra i 500 e 1000 parti/anno dovranno effettuare tra 10 e 15% di raccolte rispetto al numero dei parti effettuati, mentre quelli con un numero di parti superiori a 1000 tra 8 e 10%. c. Indicatori di risultato: incremento del numero delle raccolte effettuate e dell’inventario delle unità conservate (numero delle unità bancate per anno sulla base del piano definito). - - incremento del 10-15%/anno delle raccolte effettuate, con riferimento alle unità totali raccolte sul territorio nazionale nel 2008 (11.517 unità); incremento di 8-10%/anno delle unità criopreservate per singola Banca o reti regionali integrate di Banche; riduzione del 10%/anno delle unità esportate presso strutture private estere ad uso autologo non solidaristico. CRONOPROGRAMMA progetto Biobanche di sangue cordonale Attività Mesi 3 Estensione dell’attività di raccolta e adeguato livello di formazione degli operatori addetti alla raccolta • • costituzione di reti regionali integrate di punti nascita; realizzazione di corsi di formazione iniziale e per il mantenimento delle competenze del personale addetto alla raccolta Estensione dei tempi di ricezione delle unità cordonali raccolte da parte della Banca (raccolta h 24) • apertura delle Banche cordonali dal lunedì al sabato • adeguamento e/o stabilizzazione del personale della Banca Applicazione dei requisiti di qualità e sicurezza • Realizzazione di adeguamenti strutturali, tecnologici, organizzativi finalizzati all’applicazione di requisiti di qualità e sicurezza (application a FACT-NETCORD) Incremento dell’inventario nazionale delle unità cordonali conservate • definizione di un piano triennale di bancaggio per singola banca/rete regionale integrata di banche Realizzazione di campagne di informazione, comunicazione e sensibilizzazione • campagne di informazione regionale che prevedano la diffusione di materiale informativo già disponibile e la realizzazione di attività di comunicazione e sensibilizzazione dell’utenza e del personale sanitario direttamente coinvolto. 6 9 12 LINEA PROGETTUALE 6 - SANITA’ PENITENZIARIA SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 6. SANITA’ PENITENZIARIA Progetto interregionale per livelli assistenziali omogenei e condivisi in ambito penitenziario Anno 2009 Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, Firenze tel. 055 4383505; fax 055 4385075 email: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 14.000.000,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 14.000.000,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO Il DPCM 1 aprile 2008 “Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria”, pubblicato sulla G.U. n. 126 del 30 maggio 2008 ed esecutivo dal 14 giugno 2008, stabilisce che le Regioni disciplinano gli interventi da attuare attraverso le Aziende Sanitarie Locali per garantire i Livelli essenziali di assistenza, all’interno degli istituti penitenziari presenti sul territorio aziendale di riferimento, in conformità ai principi definiti dalle linee di indirizzo per gli interventi del SSN a tutela della salute dei detenuti e degli internati. Considerata comunque la specificità della situazione detentiva ed in particolare la privazione del diritto costituzionale della libertà di scelta in materia di assistenza sanitaria per cui i detenuti, gli internati e i minori sottoposti a provvedimento penale non possono accedere a strutture sanitarie esterne per usufruire di prestazioni sanitarie non previste specificatamente nei LEA, è necessario che la Regione individui dei percorsi specifici per erogare DESCRIZIONE all’interno degli Istituti di pena le prestazioni suddette. Diventa inoltre fondamentale che tutte le Regioni, nell’ambito dei lavori dell’apposito Coordinamento Tecnico Interregionale provino ad operare in maniera omogenea su base nazionale pur nel rispetto delle autonomie regionali. Alla luce di quanto indicato in premessa si propone un progetto che individua le seguenti aree di intervento: a) Mediazione culturale negli Istituti di pena b) Protesi odontoiatriche con appropriata prescrizione medica c) Fornitura farmaci fascia C e H con appropriata prescrizione medica e comunque all’interno dei prontuari ospedalieri delle Aziende Sanitarie regionali OBIETTIVI • Mediazione culturale negli Istituti di pena Il progetto prevede l’attivazione della mediazione culturale negli Istituti di pena per gli evidenti vantaggi in termini diagnostici e di corretta presa in carico dei detenuti ed internati immigrati. • Protesi odontoiatriche Il progetto prevede l’impianto di manufatti protesici nei confronti della popolazione detenuta ristretta negli Istituti Penitenziari del territorio regionale, portatrice di patologia specifica “grave deficit masticatorio da adentulia totale e/o parziale” al fine di prevenire l’insorgenza o il peggioramento dei disturbi dell’alimentazione che rientra tra gli stati patologici maggiormente diffusi nelle comunità cosiddette confinate. La fornitura di protesi dentaria è condizionata da appropriata prescrizione medica. • Fornitura farmaci fascia C e H Il progetto prevede la fornitura di farmaci in fascia H e C, come da prontuario aziendale, per i detenuti e gli internati ristretti negli Istituti di pena della regione, in presenza di appropriata prescrizione medica. TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROG RAMMA) INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI Dicembre 2009 Gli indicatori di progetto sono: 1) 2) 3) 4) numero di nuclei per mediazione culturale attivati negli istituti di pena; numero di interventi effettuati numero di prestazioni proteiche odontoiatriche eseguite; numero di richieste farmacologiche in fascia C e H eseguite nell’anno; 1) Miglioramento della presa in carico sanitaria dei detenuti ed internati anche se migranti o che necessitano di prestazioni sanitarie mirate in ragione della loro stessa condizione detentiva ed in preparazione di un necessario percorso di recupero sociale 2) Miglioramento della collaborazione ed interazione interregionale nell’attuazione del DPCM oltre che del livello di omogeneità interregionale degli interventi sul Livello assistenziale negli Istituti di pena LINEA PROGETTUALE 8 - PIANO NAZIONALE DELLA PREVENZIONE SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 8. PIANO NAZIONALE PREVENZIONE Piano nazionale prevenzione annuale Dr.ssa Emanuela Balocchini Direzione Generale diritto alla Salute e Politiche di solidarietà Responsabile Settore igiene pubblica via T. Alderotti 26/n, Firenze tel. 055 4383303; fax 055 4383127 email [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 17.000.000,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 17.000.000,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO DESCRIZIONE La Regione Toscana, in osservanza all’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, ha predisposto e approvato con DGR 807 del 01/08/2005 e DRG del 70 del 06/02/2006, con le quali si approvano le linee attuative di tutti i progetti ricompresi nella prima e seconda fase dell’accordo programmatico. Il progetto di piano regionale della prevenzione e il monitoraggio in itinere degli eventi adottano il modello di cronoprogramma fornito dal Centro Nazionale Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), cui si rimanda per ogni documento in materia. La Regione Toscana ha già presentato la documentazione relativa alla realizzazione delle azioni progettuali e agli obiettivi definiti per l’anno 2008, secondo le indicazioni fornite dal D.G. della D.G. Prevenzione del Ministero della Salute, del Lavoro e della Sicurezza sociale Il Piano della Regione Toscana 2009 è stato redatto seguendo le linee dell’Accordo di Conferenza Stato Regioni del 23 marzo 2005 e successiva proroga 2008, e basandosi sul documento “Proposta di Piano Nazionale Prevenzione 2009 - 2011” approvato dalla commissione Salute il 2/12/2008 trasmesso al Ministero il 15/12/2008 Le linee progettuali sviluppate sono le seguenti: OBIETTIVI TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROGRAM MA) INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI - rischio cardiovascolare - recidive degli accidenti cardiovascolari - complicanze del diabete - obesità e stili di vita - screening oncologici - vaccinazioni - incidenti stradali - infortuni sul lavoro - incidenti domestici Gli obiettivi, i tempi di attuazione, gli indicatori ed i risultati attesi sono esplicitati nelle schede e relative relazioni trasmesse entro il 31/05/2009 al Ministero della Salute, del Lavoro e della Sicurezza Sociale secondo le indicazioni ricevute dal Ministero stesso. LINEA PROGETTUALE 9 - TUTELA DELLA MATERNITA’ PROMOZIONE DELL’APPROPRIATEZZA DEL PERCORSO NASCITA E SCHEDA N. GENERALITA’ REGIONE PROPONENTE DELIBERA REGIONALE (DATA E NUMERO) LINEA PROGETTUALE TITOLO DEL PROGETTO DURATA DEL PROGETTO REFERENTE Regione Toscana 9. TUTELA DELLA MATERNITA’ E PROMOZIONE DELL’APPROPRIATEZZA DEL PERCORSO NASCITA Salute della donna e del bambino: consolidamento della rete materno infantile regionale Annuale con possibilità di proroga Dr. Valerio Del Ministro Direzione Generale Diritto alla Salute e Politiche di Solidarietà Settore Assistenza Sanitaria Via Alderotti 26/n, Firenze tel. 055 4383505; fax 055 4385075 email: [email protected] ASPETTI FINANZIARI COSTO COMPLESSIVO DEL PROGETTO € 6.000.000,00 IMPORTO ASSEGNATO A VALERE SULLA € 6.000.000,00 QUOTA DEL FSN 2009 QUOTA EVENTUALE DELLA REGIONE IL PROGETTO CONTESTO Il SST ha sviluppato con i suoi ultimi PSR un programma di integrazione della rete sanitaria che ha permesso di attuare nell’area materno-infantile , un’ampia analisi dei bisogni sanitari, dei requisiti assistenziali e delle opportune scelte organizzative, funzionali a livelli di crescente qualità ed appropriatezza. La salute materno-infantile rappresenta una componente fondamentale della salute pubblica della popolazione, e la sua promozione, una scelta strategica che arricchisce il modello pubblico dell’assistenza. In tale contesto i consultori familiari costituiscono un modello integrato di servizio socio-sanitario di base con competenze multidisciplinari che operano per la promozione della salute come “OFFERTA ATTIVA” , anche al fine di agire in termini di promozione delle competenze personali e di capacità di controllo sul proprio stato di salute. La valorizzazione del raccordo Ospedale-Territorio consente un adeguato sostegno alla maternità e paternità consapevoli, sia prima che dopo il parto. La riduzione delle IVG, che sono attualmente in aumento fra le donne immigrate, può essere realizzata attraverso una migliore organizzazione che tenga conto delle difficoltà di accesso delle donne immigrate, e che crei le condizioni per una migliore gestione interculturale dell’evento nascita. La creazione di una rete regionale consente di intercettare ed attivare interventi utili nei casi di violenza sessuale alle donne e di abuso ai minori, e di promuovere interventi concreti per la loro riduzione . Sarà dato maggiore impulso ad una più adeguata concentrazione delle gravidanze a rischio con percorsi diagnostico-assistenziali in rete , privilegiando il trasporto in utero che consente di concentrare le gravidanze a rischio in Centri di livello adeguati per complessità. DESCRIZIONE In Toscana l’attenzione per la salute delle donne è alta e si concretizza in numerose azioni specifiche: - riqualificazione e potenziamento dei consultori attraverso la realizzazione di 34 consultori principali ( 1 per ogni zona-distretto) dove è presente l’equipe completa , l’apertura per 5 giorni a settimana e l’invio da parte di tutti i consultori di un flusso informatico, relativo all’attività svolta; - l’implementazione presso tutti i punti nascita di iniziative volte al recupero della fisiologia del parto, anche attraverso la personalizzazione dell’evento nascita, la valorizzazione della pratica del rooming-in per favorire l’allattamento al seno; - la formazione del personale medico sulla cardiotocografia, interventi mirati alla formazione delle ostetriche assegnate alle sale parto, rivolti a favorire l’apprendimento, di buone pratiche relativamente OBIETTIVI alle posture della donna partoriente, come contributo al contenimento del dolore e del benessere - complessivo della donna, anche al fine di limitare il costante incremento del ricorso al taglio cesareo; - la promozione di campagne di comunicazione per la prevenzione dei disturbi alimentari, gli screening per la prevenzione dei tumori, la tutela delle lavoratrici madri in gravidanza ed in puerperio, anche per le cittadine non italiane e per rapporti di lavoro a tempo determinato; - nell’ambito delle attività di prevenzione della violenza di genere, sono stati strutturati specifici - percorsi formativi per la realizzazione di una rete regionale per l’elaborazione di adeguati modelli di intervento; - la promozione di interventi socio-sanitari a favore delle famiglie con particolare attenzione a quelle a rischio psico-sociale, all’accoglienza ed all’orientamento dei cittadini immigrati anche attraverso l’utilizzo della mediazione culturale; - l’attivazione del percorso “ mamma segreta” finalizzato alla prevenzione dell’abbandono traumatico alla nascita; - la realizzazione di specifici percorsi per la presa in carico della puerpera che presenta situazioni di particolare disagio; - la realizzazione di un progetto relativo alla consegna a tutte le neomamme di una valigetta contenente utili messaggi volti a stimolare il naturale rapporto madre-figlio; - la definizione di interventi mirati alla prevenzione delle Mutilazioni genitali femminili ed alla prevenzione delle IVG fra le donne straniere, attraverso la presenza di mediatori culturali al momento dell’intervento, la diffusione della cultura della contraccezione anche fra gli adolescenti, il coinvolgimento dei medici obiettori negli interventi di educazione alla salute; - la garanzia della analgesia epidurale nei punti nascita con più di 1000 parti annui. In relazione alle attività programmate sono stati individuati i seguenti obiettivi prioritari: - migliorare la comunicazione per favorire l’accesso delle donne ai corsi di preparazione alla nascita , e facilitare la presa in carico delle donne immigrate; - monitorare i flussi informativi consultoriali sui dati di attività, a regime dal 2009; - monitorare il flusso relativo all’allattamento al seno alla dimissione; - diffusione presso i punti nascita della formazione delle ostetriche, sulla postura della donna per il contenimento del dolore del parto; - attivare la pratica del rooming-in presso tutti i punti nascita regionali; - incentivare le Aziende USL ad attivare la formazione aziendale dei neoassunti sui temi dell’allattamento al seno; - avviare e completare i percorsi formativi regionali sulla violenza sessuale rivolti al personale dei consultori e degli ospedali,e predisposizione di linee operative specifiche; - realizzazione di un invio attivo al consultorio per il controllo postIVG direttamente prenotato dal presidio ospedaliero prima delle dimissioni; - TEMPI DI ATTUAZIONE (CRONOPROGR AMMA) INDICATORI (di struttura, di processo, di risultato) RISULTATI ATTESI strutturare un percorso di facilitazione dell’acquisizione delle competenze sulla contraccezione per la prevenzione delle recidive; - incentivare la realizzazione di ambulatori per il puerperio, - monitoraggio delle prestazioni di analgesia epidurale effettuate; - corretta informazione alle donne , in modo da conciliare il tema della partoanalgesia con la naturalità del parto; - avvio della revisione della Rete materno infantile regionale e della riorganizzazione delle terapie intensive e sub-intensive. Entro dicembre 2009 Gli indicatori di progetto sono: - numero di corsi di preparazione alla nascita attivati nei consultori; - numero di donne straniere che accedono ai corsi; - numero di ospedali che hanno attivato il rooming-in; - consegna dell’opuscolo informativo multilingue alle donne straniere che intraprendono il percorso dell’IVG, al momento dell’accesso ai servizi; - numero di consultori che hanno attivato l’offerta attiva della visita consultoriale post-IVG ; - mappatura dei servizi di assistenza e presa in carico della donna che ha subito violenza, presenti nelle ASL ; - - numero incontri con le associazioni di immigrati presenti nel territorio, per una corretta informazione sui metodi contraccettivi e sulle MGF. - miglioramento della presa in carico della donna in gravidanza; - diminuzione dei parti cesarei; - diminuzione delle IVG; - miglioramento della presa in carico della donna nel post-partum; - miglioramento della conoscenza dei servizi socio-sanitari a disposizione da parte delle donne immigrate.