e spigolature a r u t editoriali a r e e t t t t le e l n i c i i r i c r o i t i b b i d l e e e r e ca i f t a r g n o p i i t e a t r l r cultu o e r a p p o c e , e i u l a d r a lib d libri trovabili n ie z a a ri o i t c i s s s s u a h o l b cla i ib n o i z a l a segn le a i r o t i xlibristiche e d tà si o ri cu e ra li u a t i l r o cu t i o t n e d c e e nov l e d i e h r c i t a anast sa r e iv n e n e t r a o f h co le ic a n i a r r o f t f di di e o a r a i b r i r ll sto e g d a o er i f p ti re fonde f i , d e r r rafica g do pe o o i l m u bib è un t ale e i r o t i a ed l ltura u c a l go i nto sp tame n u p afica p lib ri d ell e av an gu ar di i r e i t n a c r tipog a r u t a letter a l n o c caria, e t o i l e bib tà a, derni o tamp m s i a l d i n er co caratt i e d nso a e il se a cart l l e d o mond l a o ess d’acc aria. a i n v e l a l i n m èu izione d a r t sua newsletter della casa editrice biblohaus BH e alla un a numero 8 2010 cultura editoriale Raffaele Mattioli e il progetto di una Pléiade italiana Il primo vero impegno editoriale di Raffaele Mattioli lo si può far risalire ai primi del ’30 quando, da poco insediatosi alla Comit, acconsente a finanziare, su richiesta dell’amico Titta Rosa, il settimanale «La Fiera Letteraria» di Umberto Fracchia. Con un assegno di 50 mila lire d’allora Mattioli inizia così la sua “carriera” di umanista-mecenate. Quasi negli stessi anni sostiene economicamente gli allievi di Cesare De Lollis che desiderano che la sua rivista «La Cultura» non muoia con lui. E’ il 1929 e Mattioli pensa che questa rivista, fondata nel 1882 da R. Bonghi e rifondata da De Lollis nel ’21, dovesse continuare le pubblicazioni. Il suo intervento fu decisivo. La nuova serie sarà diretta prima da F. Neri, quindi da un comitato allargato di cui facevano parte Cajumi, Solmi, Migliorini, Pasquali, Praz, Scarpa, Trompeo. Poi dal marzo del ’34 la testata, compreso il famoso marchio editoriale dello struzzo con nel becco un lungo chiodo (e il motto spiritus durissima coquit che significa ch’un valoroso cuore ha forza di smaltire ogni grave ingiuria col tempo), che Praz aveva ripreso dalle Imprese (1556) di P. Giovio e che Mattioli volle già sul primo numero, passò a Torino ceduta a G. Einaudi, condiretta da S. Solmi. Poi nel maggio del ’35 verrà definitivamente soppressa dal fascismo. Terminata l’esperienza de «La Cultura» Mattioli inizierà a cullare il sogno di diventare editore. Attraverso Riccardo Bacchelli ha modo di conoscere il tipografo Giulio Preda “maestro nell’arte della stampa” (Vigevani). Preda è figura centrale della tipografia 2 milanese di quel periodo; fu caposcuola di Luigi Maestri che gli stamperà nel ‘60 in 49 esemplari, pochi mesi prima della morte, il volume di poesie L’ora preziosa. Ma chi fu Preda? Figlio del poeta Piero, nonostante avesse alle spalle una agiata situazione economica, decide di recarsi a Verona per lavorare come operaio volontario nell’Officina Bodoni di G. Mardersteig. Anni dopo, tornato a Milano con l’esperienza tecnica acquisita, inizia una propria attività di stampatore/editore. Tra il ’28 e il ’32 stampa infatti libri in edizioni numerotées su carte a mano di varia provenienza, Giappone, Fabriano, veline verdi e bianche, con testi di Ungaretti, Palazzeschi, Bacchelli, Balsamo Crivelli. Sarà la sua pulizia grafica, l’ordine che nasce da una chiara e coerente concezione morale, più che estetica, ad influenzare il giovane Maestri e a convincere l’esigente Mattioli che Preda era il tipografo ideale che poteva tradurre in realtà grafica il suo sogno editoriale. Mattioli coinvolgerà nell’iniziativa, oltre a Bacchelli e Preda, anche G. Scarpa, figura di “letteratissima coltura, di finissimo gusto, di accorto ingegno critico e filologico” (Bacchelli). Scrive Bacchelli: “Si trattava di condurre avanti la collezione, già avviata con un volume contenente i Promessi Sposi ed un saggio, rivisto sugli autografi, dei cosiddetti Sposi Promessi, ossia del Fermo e Lucia, primitivo abbozzo del capolavoro. La collezione avrebbe dovuto somigliare alla famosa «Pléiade» francese: e avevamo in Giulio Preda il tipografo-artista adatto e capace, come dimostrava quel primo volume di scorta; avevamo anche la carta, migliore, secondo ogni più difficoltosa esigenza, che quella pregiatissima olandese, della «Pléiade». (…) E’ la carta, mirabile, dell’esauritissimo e raro Leopardi tutto compreso in un volume, salvo le cose pue- rili e le filologiche e senza Zibaldone ed Epistolario, in un volume di più che milletrecento pagine, ma agile e maneggevole per gli attenti e minuti accorgimenti di composizione e stampa del Preda stampatore magistrale. Curatore magistrale dei testi e della loro distribuzione, Gino Scarpa”. Ecco quindi apparire nel ‘35 (il finito di stampare è il 29 maggio 1935) il Leopardi delle Opere: Canti, Operette morali, Pensieri, Bruto minore e Teofrasto, Volgarizzamenti, Martirio dé Santi Padri, Paralipomeni della Batracomiomachia, Saggi giovanili ed altri scritti non compresi nelle opere, Carte napoletane con giunte inedite o poco note: testo riscontrato con le migliori stampe o cogli autografi, a cura di R. Bacchelli e G. Scarpa, e nel ’34 il Manzoni de I Promessi Sposi, Storia della Colonna Infame, con l’aggiunta di un Saggio della Edizione del 1825 e di quindici capitoli cavati da Gli Sposi Promessi, testo riscontrato con le migliori stampe o con l’autografo, entrambi i volumi stampati a Milano dall’Officina Tipografica Gregoriana (via S. Gregorio, 35), rilegati in piena pelle flessibile, “prima collana di classici italiani, se non tascabili, ‘portabili’, stampati su carta sottile – la chiamavano «India» o «Bibbia» - e in legatura di pelle flessibile, sull’esempio della «Pléiade» della Gallimard. Il Manzoni non aveva colophon e riportava una sovraccoperta con riprodotta una pagina del manoscritto. La collana, a causa della guerra, non andrà oltre questi due titoli oggi alquanto rari; ringrazio quindi il Fondo bibliografico di Cantieri per avermeli messi a disposizione. mg cultura tipografica Giusto 50 anni fa veniva inaugurata la Stamperia Tallone ad Alpignano, dopo gli anni trascorsi da Alberto Tallone a Parigi presso l’Hotel de Sagonne. In quella occasione celebrativa alla quale parteciparono esponenti del mondo culturale italiano, tra gli altri Luigi Einaudi col figlio Giulio, Riccardo Bacchelli ed altri, oltre all’edizione in francese del Gutenberg di Lamartine, veniva anche stampato il primo catalogo editoriale delle edizioni Tallone, che così inaugurava una lunga serie di cataloghi, che giungono fino ad oggi, i quali avevano ed hanno caratteristiche grafico-tipografiche che li assimilano ai volumi composti a mano da Alberto Tallone, e oggi dal figlio Enrico che da anni continua con rinnovato fervore la tradizione tipografica paterna. Per celebrare questa importante ricorrenza tipografica, e anche culturale, la nostra casa editrice Biblohaus ristamperà in ana- statica quel primo, elegante, catalogo del 1960 corredando il testo con un saggio sui cataloghi Tallone del nostro collaboratore Massimo Gatta, e una introduzione scritta per l’occasione da Enrico Tallone. kb due parole tre libri Fiocco gemellare azzurro in casa (editrice) Henry Beyle. Nella deliziosa collana “Piccola biblioteca degli oggetti letterari” escono due chicche poco note di Giovanni Papini e Umberto Saba, poche pagine per raffinati palati bibliofili. Dopo Il Raffaele Carrieri del Sabato del bibliofilo (primo titolo della collana), già da noi segnalato in precedenza su “Cantieri”, le microedizioni di Vincenzo Campo mandano ora sugli scaffali delle librerie, pubbliche e private, altri due gioielli, passati quasi inosservati all’epoca della loro prima edizione. Lo scontroso libraio con bottega vicino a piazza della Signoria a Firenze, di cui scrive Papini, uscì infatti in Figure umane (Firenze, Vallecchi, 1940), per poi essere magistralmente recuperato dall’indimenticato Roberto Palazzi che lo inserì in Bibliofobia. Dell’odio per i libri e della loro distruzione (Roma, Pierre Marteau, 1988), dove visse in compagnia di altre gustose pagine di autori diversi. Una storia semplice e triste, d’altri tempi, che il genio papiniano riesce a colorare di sfumature linguistiche inattese. Ora abbiamo la possibilità di leggerlo e sfogliarlo pubblicato come titolo a sé, stampato da un maestro come Campi su vellutata carta Zerkall-Bütten. E vorremmo, senza alcuna polemica, mostrarlo a quanti ancora lamentano la probabile imminente scomparsa del libro cartaceo, stampato a regola d’arte e con amore, vittima delle diavolerie digitali e informatiche. Una scomparsa che Francesco M. Cataluccio dà quasi per certa nel suo ultimo libretto Che fine faranno i libri? (Roma, Nottetempo, 2010). Nessuna brutta fine, caro Cataluccio, finché ci saranno signori dell’editoria e della tipografia che con enormi sacrifici (soprattutto economici) decidono comunque di donare, ai tanti appassionati, libretti come questi ultimi due della H. Beyle. Il secondo titolo pubblicato è una perla del Saba libraio antiquario nella Trieste primo Novecento, poche pagine destinate ai bibliofili e bibliofolli. Pagine lievi e pensose del grande poeta triestino destinate in origine, forse, a qualche catalogo della sua “Libreria Antica e Moderna”, che aprì quasi per caso ma alla quale dedicherà pagine di smagliante poesia oltre che l’autobiografico Storia di una libreria. Lo scritto di cui parliamo apparve il 24 settembre del 1954 su «Il Globo» di Roma, confluito in seguito nel fluviale volume di Tutte le prose (Milano, Mondadori, 2001, Meridiani). Habent sua fata libelli, e il destino di questi due titoli periferici e dimenticati era giusto fosse quello della rinascita attraverso un’edizione impeccabile, sobria ed elegante, impreziosita nella tiratura di testa, in poche copie, dalle opere di due artisti contemporanei del calibro di Sandro Martini e Enrico Della Torre. Infine se proprio volessimo trovare il pelo nell’uovo, ed è quasi impossibile per queste edizioni, un piccolo suggerimento all’amico editore: perché non fornire al lettore, a fine volume, anche solo due righe bibliografiche sull’origine degli scritti? Per coloro, infine, che amano il colto pettegolezzo editoriale, e la storia spesso intricata dei rapporti tra scrittore e editore, segnalo la raccolta di articoli che Paolo De Stefano, giornalista del Corriere, ha appena pubblicato con Rizzoli. Alcuni sono inediti, gli altri uscirono sulle pagine del Corriere della Sera nel luglio 2008. La rassegna è davvero di grande ampiezza: Il Saggiatore, Archinto, Zanichelli, Guanda, Adelphi, Bompiani, Einaudi, Baldini, Castoldi Dalai, Marsilio, Garzanti, Rizzoli, Donzelli, Feltrinelli, Mondadori, Laterza, Giunti, Bompiani, Sellerio, Tropea. Un volume piacevole, a tratti scontato, ma pieno zeppo di aneddoti gustosi. E il titolo riprende una frase di Pavese. Di Stefano è anche un bravo scrittore; tra i suoi romanzi noi di Cantieri, forse per deformazione professionale, preferiamo ricordare Tutti contenti, e lo citiamo in una edizione Mondolibro 2004 di non facile reperibilità, con una bella sovracopertina. Il protagonista, Nino Motta, è un tipografo che abbandona Milano e la famiglia per ritornare a Messina per indagare sulla sua infanzia. Un tipografo, categoria professionale a cui Cantieri, come sanno i nostri lettori, ha sempre dedicato una particolare attenzione. ab Paolo Di Stefano, Potresti anche dirmi grazie. Gli scrittori raccontati dagli editori, Milano, Rizzoli, 2010, € 22 p. 417 Giovanni Papini, Il libraio inverosimile, Milano, Edizioni Henry Beyle, 2010 € 19 p. 18 [edizione di 575 es. numerati] € 400 [122 es. numerati, con due acqueforti di Sandro Martini] Umberto Saba, Consigli ai bibliofili, Milano, Edizioni Henry Beyle, 2010, € 19 p. 20 [edizione di 575 es. numerati] € 240 [99 es. numerati, con due acqueforti di Enrico Della Torre] libri trovabili La recente campagna di stampa sul presunto manoscritto di Pasolini Lampi sull’ENI, misteriosamente scomparso o addirittura rubato al poeta e che avrebbe costituito il famigerato “Appunto 21” del suo romanzo Petrolio, pubblicato postumo da Einaudi (1992), che Marcello Dell’Utri aveva intenzione di esporre alla mostra su 3 nostri fedeli lettori, che non lo troveranno citato o riprodotto altrove. Costituisce, infatti, un importante elemento paratestuale e politico della forza di quel libro, che una leggenda metropolitana, dura a morire, indica come la mappa utilizzata dal poeta di Casarsa per chiarire molti dei tanti misteri politico-finanziari italiani, tra i quali appunto la morte di Enrico Mattei. Sarà così, non sarà così, non sta a noi stabilirlo; certo è che la recente riapertura del caso sull’assassinio del poeta ha inserito tra gli Atti, anche questo saggio su Cefis. md Pasolini nell’ultima edizione della Mostra del Libro Antico di Milano (manoscritto poi ritirato dal possessore, spaventato forse dall’eccessivo clamore mediatico), ha tirato in ballo di nuovo un libro-inchiesta di Giorgio Steimetz (pseudonimo del giornalista Corrado Ragazzino, collaboratore di Graziano Verzotto), ritenuto introvabile e che sarebbe scomparso addirittura dalle biblioteche italiane. In effetti il saggio del 1972 è sicuramente difficile da reperire anche in antiquariato, ma è trovabilissimo nelle nostre biblioteche, e basta richiederlo ad una delle biblioteche che l’Indice dell’ICCU (Istituto Centrale per il Catalogo Unico, www.sbn.it) dichiara di possedere nei propri Fondi. In particolare la copia in lettura che abbiamo sottomano l’abbiamo richiesta e ottenuta in pochi giorni dalla Biblioteca dell’Associazione BiblioLavoro di Sesto S. Giovanni (Milano, collocazione 338.76 655 092 STE 10562). Questa precisazione è valida per tutti coloro che sono interessati al caso e volessero finalmente leggere questo saggio, che lo stesso Pasolini utilizzò in fotocopia grazie all’amico analista Elio Facchinelli, e che ancora oggi, almeno nell’immaginario di molti giornalisti, figura come “scomparso e introvabile”. Una particolarità nella copia da noi utilizzata, per questo breve articolo, è la presenza di un cartoncino di colore marrone, a stampa, indirizzato al Procuratore Generale della Repubblica di Roma, che riproduciamo come regalo ai 4 Demetrio Pianelli, Redivivo, Arabella, Giacomo l’idealista e Col fuoco non si scherza. Si interessò anche agli aspetti politici della società, a quelli pedagogici e scrisse di critica letteraria. Lo scritto di cui parliamo è una curiosità insieme letteraria e tipografica e l’offriamo ai nostri lettori sicuri della sua importanza. Ringraziamo l’editore Biblohaus che ci ha fatto consultare il raro esemplare facente parte del Fondo bibliografico di Cantieri. La stampa è stata realizzata a fisarmonica dal Maestro Zanella. rb Ferragosto Stampiam nel vivido color del vino l’allegro brindisi; l’ore s’affoghino del reo destino in fondo al calice. Giorgio Steimetz, Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presidente, Milano, Ami (Associazione Milano Informazioni), 1972 [supplemento 108] Per saperne di più: Luigi Mascheroni, Tra il giallo e il noir, e infatti è l’oro nero. Come e perché le pagine di PPP sono tornate al centro della bufera, «la Biblioteca di via Senato», n. 3, marzo 2010, pp. 12-17. spigolature tipografiche Ancora dalla magica bottega tipografica di Alessandro Zanella in Santa Lucia ai Monti è uscito questo piccolo gioiello, stampato come il precedente (vedi Cantieri 6) per il medico milanese Marco Moncalvi. L’esiguo numero di esemplari ne rende davvero arduo l’acquisizione da parte dei tanti cultori dello scrittore Emilio De Marchi (Milano, 1851-1901). De Marchi fu esponente di primo piano di quella corrente lombarda conosciuta come Scapigliatura, ma ebbe un ruolo attivo anche nelle istituzioni caritative cittadine e traccia di ciò è in alcuni suoi romanzi (Tra gli stracci, Il signor dottorino, Due anime in un corpo). De Marchi è anche da considerarsi l’inventore del romanzo noir. In particolare nel suo capolavoro, Il cappello del prete, ambientato a Napoli, dove è appunto un cappello la sola traccia che condurrà il lettore a svelare l’uccisione di un prete affarista da parte di un nobile decaduto e squattrinato. Altri romanzi di De Marchi sono Emilio De Marchi, Brindisi dei tipografi, Santa Lucia ai Monti (Verona), Alessandro Zanella per Marco Moncalvi, primavera 2004 [30 esemplari numerati, fuori commercio, stampati al torchio su carta Biblos e composti in carattere Sabon]. spigolature editoriali Un grande editore ricorda l’amato cane. Dobbiamo al grande editore Alessandro Olschki questo omaggio all’amicizia sincera, al ricordo, al dolore, al legame ancestrale tra l’uomo e il cane. Una persona a sei zampe è infatti quella che si staglia in questo poetico e doloroso libretto, stampato a Campobasso grazie all’amicizia e alla passione di Gian Mario Fazzini. La prima tiratura limitata a 125 esemplari numerati e su carta di puro cotone Amatruda di Amalfi, è andata purtroppo interamente al macero a causa di problemi tipografici che ne deturpavano la bellezza. Peccato. Ma la nuova edizione, subito ristampata, conserva intatto lo splendore di pagine dolorosamente poetiche, autobiografiche e che, nelle intenzioni dell’autore, non erano all’inizio destinate alla stampa. Poi gli anni, l’amicizia che lega l’editore a Fazzini, lo hanno convinto che fosse possibile e necessaria una circolazione più ampia. Ed è stato un bene per noi lettori, e anche possessori di cani, che abbiamo così avuto la possibilità di leggere parole che forse anche noi avremmo scritto se ci fossimo trovati, come l’Autore, impreparati, come lo si è sempre, di fronte alla malattia e alla morte del nostro amico a quattro zampe. Un libretto sobrio, elegante, con in copertina un bel disegno di Simone Fortini che ritrae Albarella, l’amico scomparso di Alessandro Olschki. om Alessandro Olschki, Per un amore, Campobasso, Filopoli, 2009, nuova ediz., ivi, 2010 librai, copertine e biciclette I librai amano la bicicletta. Ce lo ricorda Romano Montroni in apertura della sua autobiografia intellettuale Libraio per caso (Marsilio), e lo dimostrava concretamente il grande Giovanni Scheiwiller nella vita quotidiana. Librai e bicicletta, un connubio interessante che anche l’iconografia editoriale a volte ha celebrato. Per caso abbiamo sottomano la ristampa di un bel romanzo del dimenticato Carlo Brera, a suo tempo celebrato da Oreste del Buono che introdusse il suo La fortunata mattina di un venditore di libri senza padre, edito da Longanesi e che in copertina riportava un bel disegno di Enzo Vicentini con un anziano signore in bicicletta che pedala nella periferia milanese. La recente ristampa di questo bel romanzo ha, paradossalmente, in copertina ancora una bicicletta, solitaria, appoggiata a un muro. Bei colori caldi tra l’ocra del muro, il grigio della pietra e il nero della bici. In questi giorni è apparso un romanzo di Valentina Patavina che ha anch’esso una libraia come protagonista; non ci crederete ma in copertina c’è una quasi identica bici, solitaria, appoggiata a un quasi identico muro, nei colori caldi quasi identici dell’ocra, del nero, dell’azzurro. Ma la bicicletta è amica dei librai in almeno altre due copertine: quella di un simpatico racconto bibliofilo di Roberto Roversi, editore e libraio antiquario bolognese, che in copertina ha un disegno di Mariella Mischi intitolato La Draisina; e quella di Collages di Giovanni Scheiwiller, un collage che lo ritrae in sella ad una bici durante un onirico Giro d’Italia. Il nome di Roversi ritorna in questi giorni grazie alla bella pubblicazione della Pendragon di Bologna che ha censito il catalogo editoriale della ex libreria antiquaria Palmaverde che fu di Roversi prima della chiusura, fondo librario poi acquisito dalla Coop Adriatica, mentre il fondo editoriale è stato acquistato dalla stessa Pendragon. Ma parlare di Roversi ci stimola a ricordare anche una splendida iniziativa tipografico-editoriale di molti anni fa, voluta grazie alla passione bibliofilia di Sandro Dorna, purtroppo scomparso qualche anno fa, e a quella letteraria di Nico Orengo, anch’egli ci ha lasciato da poco (e proprio Orengo, a proposito di bicicletta, curò nel 2005 insieme a Norma Mangioni, una bella mostra con un ricco catalogo, La bicicletta di Jarry. Giocattoli). Quella collana si chiamava In Carta Linda, era una pubblicazione per pochi intimi che condividevano l’amore per la poesia dei due amici torinesi. Ne parleremo prossimamente su Cantieri in maniera più approfondita. Ora ricordiamo solo le 25 poesie autografe che Roversi regalò ai cento fortunati acquirenti-bibliofili, 25 dei quali ebbero tra le mani anche una poesia manoscritta e firmata dal poeta. Infine ancora Roversi è occasione per parlare di un grande e appassionato stampatore-editore, Fabrizio Mugnaini con le sue plaquettes raffinatissime di Luna e Gufo. Del poeta bolognese l’amico Mugnaini ci ha regalato tre poesie dedicate al nemico del libro per antonomasia, il tarlo, arricchito da una incisione di Romano Masoni. Anche su Fabrizio Mugnaini ci ripromettiamo in futuro un articolo più ampio, dedicato proprio alla serie completa delle sue plaquettes. mg Valentina Pattavina, la libraia di Orvieto, Roma, Fanucci, 2010 Roberto Roversi, Catalogo editoriale della libreria antiquaria Palmaverde, a cura di Antonio Bagnoli, Bologna, Pendragon, 2010 Carlo Brera, La fortunata mattina di un venditore di libri senza padre, Milano, Book Time, 2008 (prima edizione, Longanesi, 1982) Roberto Roversi, Spaventoso rombo e notturna devastazione nella grande città di Parigi 1808, Montichiari, Zanetto Editore, 1998 [400 copie numerate e firmati dall’autore] Roberto Roversi, Romano Masoni, Tre invettive contro il tarlo, nemico del libro, tre poesie e una incisione, a cura di Fabrizio Mugnaini, Luna e Gufo, 1997 [400 copie numerate] 5 Giovanni Scheiwiller, Collages, con uno scritto di Raffaele Carrieri, Milano, Scheiwiller [Strenne per gli Amici di Paola e Paolo Franci), 1990 [300 copie numerate fuori commercio] editori in letteratura In un articolo dedicato a editori e editoria nel romanzo contemporaneo, La grande 6 famiglia. Editori & C. nella narrativa contemporanea, del nostro collaboratore Massimo Gatta («Charta», n. 99. 2008, pp. 42-45), non veniva ricordato il bel romanzo di Sebastiano Vassalli, L’oro del mondo (Einaudi, 1987), che Natalia Ginzburg così aveva definito: “inconsueto, acre, ironico, struggente, bellissimo racconto. Si legge d’un fiato”. Ora, ad integrazione di quell’articolo di Gatta, lo citiamo perché in esso compariva anche l’editore Giulio Einaudi (l’Editore, nel romanzo). E’ lo stesso Vassalli che a pagina 11 del libro, a proposito del progetto che ha in mente di dedicare un romanzo all’Italia stracciona e febbrile del primo dopoguerra, scrive: “Ne ho parlato con l’editore. L’ho incontrato per caso, ad uno di quei convegni che ormai si fanno dappertutto, in Italia, per dare modo ai ‘poeti organizzati’ di esibirsi in pubbliche letture e ai professori ‘rampanti’ di spifferare i loro fiati sugli argomenti più inutili […]. Era distratto, frastornato. (Per quel poco che io so dell’editore, so che non ama i convegni; ma, per qualche ragione che io non so, evidentemente non aveva potuto sottrarsi a questo dove ci eravamo incontrati per discettare sul tema: ‘Letteratura e trasgressione’)”. Lo scrittore genovese ricorda altrove («Corriere della Sera», 13 maggio 2010) che per anni Giulio Einaudi, incontrandolo nei corridoi di Via Biancamano a Torino, sede storica della casa editrice, lo ignorava totalmente, quasi fosse trasparente. Poi all’improvviso è come se lo vedesse per la prima volta, era quello il periodo della grave crisi finanziaria dell’Einaudi e l’editore era stato estromesso, non aveva più alcun potere. Vassalli aveva appena terminato L’oro del mondo. Il manoscritto, però, venne rifiutato dalla casa torinese: “Giulio fece una vera mattana – ricorda Vassalli -, chiamò in causa varie persone, da Federico Zeri a Natalia Ginzburg. Alla fine il romanzo uscì. Se ne occupò personalmente lui, scelse pure la copertina”. Uscirà nella celebre collana dei Supercoralli con splendida copertina di Mario Sironi. La Rizzoli voleva trarne un film, che non si realizzò per il fallimento del produttore Rizzoli, e lo scrittore chiese all’editore se desiderava interpretare se stesso nel film. Einaudi accettò subito, nonostante che nel romanzo l’Editore fosse un personaggio non proprio positivo. In quel periodo, ricorda ancora Vassalli, è come se Einaudi si fosse umanizzato, come se la grave crisi economica della sua casa editrice lo avesse cambiato, facendone un personaggio reale che dimostrava tutta la sua grandezza. om storia editoriale Storia editoriale di un libro maledetto dalla storia e dagli uomini: Adolf Hitler, Mein Kampf Prezioso tassello questo del giornalista e documentarista francese Vitkine che fa ulteriore luce sulla nascita e la fortuna editoriale del best seller del nazismo, ancora oggi proibito in Germania, e che in Italia ebbe purtroppo l’avallo di Mussolini che per finanziare in parte il nazismo, e lo stesso Hitler, si inventò la formula del pagamento dei diritti di traduzione e stampa nel nostro Paese, dove il libro uscì nel 1934 col titolo La mia battaglia, pubblicato da un purtroppo ambiguo Valentino Bompiani (dopo il rifiuto a pubblicarlo di Arnoldo Mondadori, che lo giudicò inadatto al nostro mercato perché troppo correlato alla situazione politico-sociale tedesca). Ma il saggio di Vitkine, e soprattutto quello di Giorgio Fabre citato in bibliografia, fa piena luce anche sulle motivazioni nascoste dell’edizione italiana, tra l’altro paradossalmente tradotta da un ebreo, Angelo Treves, a significare che il razzismo fascista fu veramente attivo solo a partire dal 1938. Per contribuire all’analisi di quel fenomeno editoriale, e in parte per spiegare l’atteggiamento di Hitler verso la letteratura, bisogna tener presente anche il saggio di Timothy W. Ryback, La biblioteca di Hitler, tradotto di recente per Mondadori (2008). In esso grande spazio occupa ovviamente la storia del Mein Kampf, un libro maledetto e straletto (dodici milioni copie vendute in Germania tra il 1925 e il 1945), ma che, sostiene Vitkine, se fosse stato letto veramente tra le righe, e non solo metaforicamente, avrebbe fatto comprendere la reale portata distruttiva del pensiero hitleriano: era tutto scritto, bastava leggere bene e crederci fino in fondo, cosa che non fecero, soprattutto i nemici del nazismo. mg Antoine Vitkine, Mein Kampf. Storia di un libro, Milano, Cairo editore, 2010 € 16, p. 281 Giorgio Fabre, Il contratto. Mussolini editore di Hitler, Bari, Dedalo, 2004 € 15, p. 236 Per saperne di più: Bruno Pischedda, Hitler in italiano, «Leggere», a.VI, n. 50, maggio 1993, pp. 8-10 Simone Berni, Il libro che cambiò il mondo, in Id., I nazi-fascisti e le scienze del terrore. A caccia di libri proibiti, volume I, Macerata, Biblohaus, 2008, pp. 70-79 Timothy W. Ryback, La biblioteca di Hitler. Che cosa leggeva il Führer, Milano, Mondadori, 2008 Fabio Gambaro, Mein Kampf. Quando l’Occidente non volle vedere il male assoluto tra le righe di un libro, «il Venerdì di Repubblica», 30 aprile 2010, pp. 84-87 anastatiche del novecento Anastatiche letterarie del Novecento italiano Vorrei fare quattro passi in quel sottobosco bibliografico, spesso sconosciuto agli stessi studiosi o bibliofili, delle anastatiche letterarie del nostro Novecento. La riproduzione anastatica (dal greco anàstasis, “risollevarsi”, “resurrezione”, ma anche anàstatos, “rimosso”) era, almeno ai suoi inizi (1844) una tecnica di stampa che prevedeva la distruzione del volume da riprodurre, perché il processo implicava azioni invasive tali (lo scioglimento dell’inchiostro) che era impossibile recuperare l’originale. Solo con l’avvento della fotolitografia e della moderna scansione digitale non solo l’originale viene salvaguardato ma la qualità della riproduzione raggiunge risultati ottimali. In effetti, soprattutto nel secondo Novecento, la possibilità tipografica di riprodurre opere rare ha, da una parte, ricevuto le critiche sia di molti librai antiquari che vedono così in parte pregiudicata la rarità di una editio princeps; e dei critici letterari che ritengono l’anastatica priva dei necessari apparati critici e quindi, dal loro punto di vista, inutile; dall’altra i bibliofili che possono così acquisire abbastanza facilmente prime edizioni tanto agognate, e i bibliotecari che possono, con una spesa modesta, mettere a disposizione dell’utenza prime edizioni senza il rischio di danneggiare gli originali. I critici dell’anastatica si stupiranno di apprendere che uno dei primi fautori della tecnica anastatica fu Edgar Allan Poe, si proprio l’autore della Lettera rubata che, nel 1845, pubblica sul «Brodway Journal» Anastatic printing. Alla fine degli anni Sessanta viene realizzata una interessante iniziativa editoriale ad opera del “Club degli Editori” che, in 27 volumi, ristampa le opere vincitrici del “Premio Strega 1947-1972” (“I grandi premi letterari italiani: I Premi Strega”, collana diretta da Maria Bellonci), volumi non anastatici ma che riproducono le copertine e i frontespizi originali. Intanto la Vallecchi di Firenze, almeno in tre occasioni, realizza perfette anastatiche: nel 2002 Scatole d’amore in conserva di Marinetti (1927), nel 1981 la splendida BIF§ZF di Soffici, in cofanetto, nella prima edizione monumentale edita da La Voce-Vallecchi (1915), e nel 2002 la ristampa della seconda edizione Vallecchi (1919). E ancora di Soffici Elegia dell’ambra (1927) ristampata nel 2009 in 250 copie numerate fuori commercio, in occasione dell’inaugurazione del Museo Soffici di Poggio a Caiano [edizione sconosciuta all’ICCU, che ci porta a considerare che a volte le anastatiche diventano esse stesse rare e ricercate, data la bassa tiratura e la limitata circolazione]. E di Marinetti segnalo Les mots en liberté futuristes (1919), che Mondadori ristampa nel 1986 in una perfetta anastatica, comprese le 4 tavole interne ripiegate (ad un prezzo, però, già all’epoca non certo popolare: lire 80.000). Un esempio tra i tanti è l’icona bibliofilia per eccellenza, Il porto sepolto ungarettiano che, della prima mitica edizione del 1916 (in 80 copie), ha avuto solo due (perfette) ristampe anastatiche, entrambe oggi di improbabile reperibilità: nel 1990 ad opera dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (in 1000 copie numerate, a cura di Luigi De Nardis e Mario Petrucciani), che riproduce l’esemplare n.1 dedicato a Ettore Serra, e nel 1996 ad opera della Biblioteca “V. Joppi” di Tolmezzo, con allegato un imprescindibile opuscolo di Mario Barenghi, Ottant’anni dopo, che ripercorre le avventurose vicende editoriali del libretto. Nel 1990 ancora l’ Istituto Poligrafico ristampava in 1000 esemplari numerati l’altra celebre princeps ungarettina, La guerre. Une poésie (1919, 80 copie), dall’esemplare n.33 dedicato a Soffici, curato ancora da De Nardis e Petrucciani. Altro poeta centrale del nostro Novecento è Eugenio Montale del quale segnalo due perfette anastatiche: Ossi di seppia (Gobetti, 1925), ristampa rara fatta dal Comune di Genova in occasione del 7 centenario della nascita del poeta (18961996), in 500 copie numerate; quindi Finisterre (1945, in 200 copie, seconda ediz. dopo quella di Lugano del 1943 uscita nei “Quaderni della Collana di Lugano”), con un ritratto di Manzù, che la Giunti ristampa nel 1994 in occasione della presentazione della “Collana Classici Giunti” [anastatica sconosciuta ai più e anche all’ICCU. La terna dei grandi poeti italiani del ‘900 si chiude con Umberto Saba, del quale mi piace ricordare due gioielli anastatici, Cose leggere e vaganti (1920, in 35 esemplari), curato e illustrato da Virgilio Giotti, che Rosellina Archinto ristampa nel 1992; ma soprattutto l’anastatica del manoscritto del Canzoniere (1900-1945), che nel 1983 il Lloyd Adriatico di Trieste ha stampato in 3 volumi, in limitatissimo numero di esemplari mai circolati. Altro poeta altra anastatica: Dino Campana del quale mi piace qui segnalare quella che apparentemente sembrerebbe una semplice ristampa anastatica e che, in realtà, potrebbe essere indicata come edizione originale. Mi riferisco all’anastatica del manoscritto originale dei Canti, dal titolo Il più lungo giorno. E’ notoria la vicenda del suo affidamento, nel 1913, a Giovanni Papini, per poi passare nelle mani di Ardengo Soffici e da questi smarrito. Ritrovata solo nel 1971, grazie a Mario Luzi, è stato acquistato dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ad un’asta Christie’s per 175mila euro, ora custodito nella Biblioteca Marucelliana di Firenze. Hans Tuzzi (Adriano Bon) in Collezionare libri (Bonnard, 2000) scrive: “Così può capitare che traditi dalla data di edizione – 1973 – si snobbi l’edizione VallecchiArchivi in due volumi in-8° di Il più lungo giorno di Dino Campana: grave errore, perché si tratta della prima edizione, ancorché postuma, del manoscritto originale dei Canti Orfici che, smarrito da Soffici, venne ritrovato nel 1971: valore sul mercato antiquario, fra le 400 e le 500mila lire” (dell’anastatica, ovviamente); come detto stampata nel 1973 dalla Vallecchi in 1000 copie numerate, in due volumi in cofanetto, il manoscritto e il volume col testo critico a cura di Domenico De Robertis e un saggio di Enrico Falqui. Infine il Mario Luzi de La Barca. Canti (1935), magnificamente ristampata nel 2001 da “Proposte d’Arte Colophon” di Egidio Fiorin [300 copie numerate e sconosciuta all’ICCU], mentre il solo manoscritto è stato stampato in anastatica nel 2005 (Montepulciano, Le Balze). Come si vede gran parte delle meraviglie letterarie del nostro Novecento sono ora alla portata di (quasi) tutte le tasche, fermo restando una buona dose di fortuna che, e non solo in campo bibliofilo, è condicio sine qua non. md Per saperne di più: Massimo Gatta, Prime edizioni alla portata (quasi) di tutti. Le anastatiche letterarie del Novecento italiano, «Charta», n. 110, luglioagosto 2010. classici Un Manzoni in via Senato Un rapida segnalazione per una chicca affiorata dai fondi di Cantieri. È la stampa dell’ultimo capitolo del capolavoro del Manzoni che la Biblioteca di via Senato offrì come strenna natalizia ai suoi amici nel 1997. L’opuscolo, di rara eleganza e che contiene come ulteriore dono le incisioni che Adriano Porazzi, da poco scomparso, realizzò per l’occasione, è introdotto da un arguto scritto di Giancarlo Vigorelli la cui biblioteca, è bene ricordarlo ai nostri lettori, è stata acquisita proprio 8 dalla Biblioteca di via Senato che ha così ulteriormente arricchito il suo già prestigioso Fondo moderno. Leggere questo Manzoni sarà un piacere insieme degli occhi e della mente e rivelerà aspetti del romanzo che forse avevamo dimenticati. Del resto è innegabile che il piacere nasce anche dalla facilità di lettura di un testo tipograficamente esposto e questo ultimo capitolo, elegantemente composto con il carattere Dante, disegnato da Giovanni Mardersteig, è stato stampato da un maestro tipografo come Olivieri. Peccato solo che la stampa limitata a soli 600 copie ne abbia indubbiamente penalizzato una più ampia circolazione om Alessandro Manzoni, Il sugo di tutta la storia. Capitolo XXXVIII de I Promessi Sposi. Introduzione di Marcello Dell’Utri, presentazione di Giancarlo Vigorelli, Milano, Biblioteca di Via Senato, dicembre 1997 [ma Officina Tipografica Olivieri]. Edizione stampata in carattere Dante su carta velata avorio delle Cartiere di Sicilia, in 600 esemplari non numerati, fuori commercio, riservati agli Amici della Biblioteca di Via Senato, cura editoriale di Franco Sciardelli. Il testo riproduce quello dell’edizione di Milano, Tipografia Guglielmini e Redaelli, 1840-42. Le xilografie della copertina e dei capilettera, intagliate da Adriano Porazzi, sono ispirate alle figure originali disegnate da Francesco Gonin. fiera del libro di francoforte Bella questa iniziativa privata che Guido Spaini, deus ex machina della mostra della piccola editoria che annualmente si tiene al Castello di Belgioioso vicino Pavia, ha voluto realizzare per festeggiare, alla maniera dei nuptialia di un tempo, il quinto compleanno del figlio Tommaso. È una pagina che il grande stampatore francese Henry Estienne (1528-1598) scrisse in omaggio a una delle varie Fiere del libro cinquecentesche di Francoforte, pagina di difficile reperibilità e per questo ancora più gradita dai lettori moderni. Inoltre l’edizione, stampata sibi et sodalibus in 100 esemplari fuori commercio, è presente in sole due biblioteche italiane, l’Augusta di Perugia diretta da Maurizio Tarantino (che per decenni diresse anche la Biblioteca Croce di Napoli), e la Biblioteca Nazionale di Roma. Nella plaquette non viene indicato il luogo dell’editio princeps ma sicuramente si tratta dell’opera Francofordiense Emporium, siue Francofordienses nundinae (Ginevra, Henricus Stephanus, 1574, codice ICCU: VIAE/25055), ristampata in anastatica nel 1968 (Frankfurt, Frankfurter Buchmesse), con postfazione di Sigfred Taubert. L’esemplare che mostriamo fa parte del Fondo bibliografico di Cantieri, che ringraziamo per la consueta disponibilità. mg veranda-gazebo (poi subito abbattuta), ci offre l’opportunità di ricordare ai nostri lettori la magnifica Villa Torre Quattro Venti, costruita a Capri dal pittore americano Elihu Vedder, su suo disegno, e nella quale per un breve periodo soggiornò lo scrittore D.H. Lawrence. Vedder (New York, 1836-1923) è stato un celebre pittore simbolista, illustratore di libri e poeta americano, che ebbe un profondo rapporto con la cultura italiana, soprattutto riguardo al Rinascimento; e nel nostro Paese Vedder visse prevalentemente, tra Roma e appunto Capri, dove arrivò subito dopo lo straordinario successo ottenuto per le 55 illustrazioni delle Rubàiyàt di Omar Khayyàm (New York, Houghton Mifflin, 1884). Un accenno a questa straordinaria edizione illustrata da Vedder è anche nel romanzo di Paola Calvetti, Noi due come un romanzo (Mondadori, 2009, p. 82). Vedder sposò nel 1869 Caroline Rosekrans ed ebbe quattro figli, ma solo due sopravvissero: Anita Herriman e Enoch Rosekrans, un promettente architetto. Ebbene nei fondi di “Cantieri” abbiamo scoperto una elegante e rara plaquette, di fattura artigianale rilegata in mezza pelle e non datata (ma primi del Novecento), con al piatto e all’interno due ex libris di Vedder, uno stupendo ex libris che raffigura la sua Villa Torre Quattro Venti e in fine l’ex libris della figlia di Vedder, Anita Herriman Vedder, disegnato dal padre. La plaquette contiene poi una serie di tavole attribuite forse allo xilografo Francesco Nonni, sicuramente estrapolate dal volume di Antonio Beltramelli, Solecchio. Canto d’amore (Milano, Treves, 1913). Non sappiamo se questo librino facesse parte della biblioteca privata del celebre pittore americano ma il fatto che contenesse suoi ex libris e quello della figlia ci farebbe supporre di si. Offriamo, quindi, ai nostri lettori come integrazione alla notizia sopra riportata questi quattro ex libris, sicuramente di non facile reperibilità. Si ringrazia “Cantieri” per aver messo a disposizione la copia-unicum descritta. om Henry Estienne, Encomio della Fiera di Francoforte 1574, Belgioioso, 2 aprile 1995 [ma Assisi, Tipografia Porziuncola], 100 es. fuori commercio composti in carattere Bembo, stampato su carta a mano per gli amici di Tommaso Spaini in occasione del suo quinto compleanno. curiosità exlibristiche Un articolo apparso di recente sul “Corriere della Sera” relativo alla denuncia per abusivismo edilizio del celebre attore Christian De Sica, reo di aver costruito nella sua Villa Torre Quattro Venti di Capri una 9 anniversari editoriali Vorremmo ricordare alcuni importanti anniversari, senza peraltro dilungarci oltre ma mostrando, come omaggio, alcune copertine di libri che li riguardano. Vent’anni fa moriva Gianfranco Contini, e “Cantieri” lo omaggia attraverso alcune immagini editoriali. Il suo fondamentale carteggio con Giulio Einaudi, la rara plaquette di ricordi Amicizie, che la rivista “Leggere” allegò a un suo numero, volume poi in seguito ristampato, ampliato, da Scheiwiller, e infine la documentata bibliografia dei suoi scritti ad opera di Giancarlo Breschi. Ma vent’anni fa moriva anche un grande scrittore come Giorgio Manganelli. Lo ricordiamo con un elegante libretto 10 fuori commercio voluto dall’amica Maria Corti, Per Giorgio Manganelli (Pavia, 1992), nel quale troveremo alcuni suoi inediti e disegni, oltre al testo della stessa Corti. Quarantacinque anni fa moriva un grande e isolato protagonista della nostra editoria di cultura, Roberto Bazlen (1965-2010), che poco di suo ha lasciato a noi lettori, ma al contrario ha costruito una immensa rete di collaborazioni. Lo ricordiamo con le copertine di due sue rare prime edizioni adelphiane (Lettere editoriali e Note senza testo), in seguito ristampate, e con quella de La lotta con la macchina da scrivere di Roberto Bazlen (1993), un Adelphi fuori commercio stampato in 799 esemplari numerati, quale omaggio al genio bazleiano. Uomini di libri e di amicizia furono anche Nico Orengo e Sandro Dorna, sui quali torneremo in seguito con articoli specifici. Per ora, zioni Ribet e Tallone, e anche la copertina dell’elegante catalogo Scrittori contemporanei, a sua cura, edita fuori commercio sempre da Ribet. Si ringrazia come sempre il Fondo bibliografico di “Cantieri” per la costante disponibilità a mettere a nostra disposizione tutti i volumi citati nel presente scritto. mg libri delle avanguardie La Libreria Antiquaria Pontremoli di Milano diretta da Lucia Di Maio ha esitato, in tre tornate, la prestigiosa raccolta di Sergio Cereda dedicata al Futurismo. Nel centenario dell’avanguardia artistico-letteraria fondata da Filippo Tommaso Marinetti nel 1909 la libreria Pontremoli ha così contribuito a suo modo alle tante celebrazioni offrendoci tre magistrali cataloghi nei quali ha suddiviso la raccolta futurista. Il primo (Futurismo) con collauper ricordarli entrambi e come omaggio alla loro energia e passione, offriamo ai nostri lettori la copertina delle 25 poesie autografe di Nico Orengo che l’amico Dorna volle nelle sue edizioni, sibi et sodalibus, di “In Carta Linda”, la microcasa editrice che si inventò insieme all’amico Orengo per stampare i suoi amici-poeti, e la cui limitatissima circolazione (solo 100 le copie stampate di ogni titolo, di cui 25 con una poesia manoscritta allegata) ne ha impedito sia una più ampia circolazione, che una conoscenza maggiore. Per questa ragione ne scriveremo più dettagliatamente in seguito. Infine vorremmo ricordare Mario Gromo, anch’esso scomparso giusto cinquant’anni fa, insieme grande uomo di cinema e raffinato editore torinese. Di Gromo ci piace qui riprodurre le copertine della sua Guida sentimentale, nelle due edi- do di Giampiero Mughini, è stato dedicato ai libri con una preziosa sezione (anche iconografica) dedicata all’artista Oswaldo Bot, i cui libri sono tra i più rari dell’intero futurismo. Una seconda parte (Futurismo 1909-2009), con collaudo di Pablo 11 Echaurren, era invece dedicata soprattutto ai manifesti, ai cataloghi, ai periodici. L’ultima parte (Futurismo. Manoscritti, Ephemera), con collaudo di Domenico stampa tipografica. Di quella iniziativa ci resta una sobria testimonianza: un opuscolo stampato (1939) da Raffaello Bertieri e con copertina disegnata da Enrico Ciuti (che curò la grafica dei manifesti e delle pubblicazioni per quella edizione della Triennale). E’ un opuscolo raro, localizzato in sole due biblioteche pubbliche italiane, emerso dai fondi bibliografici di Cantieri e che ci offre anche l’opportunità di segnalare forse l’unico ampio studio storico sulla Nebiolo. Un bel volume, interamente illustrato, che ripercorre la storia e l’evoluzione di questa celebre azienda nata nel 1852 come Antica Fonderia “Giacomo Narizzano” e rilevata nel 1878 da Giovanni Nebiolo. E da allora la storia continua. om benedetto croce benedetto croce STAMPATORI E LIBRAI IN NAPOLI nella prima metà del settecento a cura di massimo gatta introduzione di alberto cadioli e uno scritto di luciano canfora nella prima metà del settecento a cura di massimo gatta biblohaus BH introduzione di alberto cadioli e uno scritto di luciano canfora isbn 978-88-95844-09-1 - pp. 152 15 euro prossime pubblicazioni... CATALOGO DELLE EDIZIONI TALLONE 1960 Cammarota, è stato interamente dedicato ai manoscritti, alla corrispondenza e agli ephemera (biglietti, carte intestate, dépliants). Inutile sottolineare l’importanza di questa raccolta, la sua omogeneità e completezza, evidenti a coloro che sfoglieranno questi tre magnifici cataloghi come sempre inappuntabili nella schedatura, nella bibliografia e nell’iconografia, elementi consueti dell’offerta libraria della libreria milanese. ab STAMPATORI E LIBRAI IN NAPOLI a cura di massimo gatta introduzione di enrico tallone CATALOGO DELLE EDIZIONI TALLONE 1960 a caccia di libri proibiti vo a cura di massimo gatta biblohaus BH introduzione di enrico tallone simone berni MANUALE DEL CACCIATORE DI LIBRI INTROVABILI Simone Berni introduzione di andrea carlo cappi storia aziendale In occasione della VII Triennale di Milano (aprile-giugno 1940) venne organizzato un concorso per il disegno di un alfabeto da destinare, in seguito, a un carattere tipografico. L’iniziativa, unica nel suo genere, venne patrocinata dalla Società Anonima Nebiolo di Torino, leader indiscussa in Europa per la fusione di caratteri per la Giorgio Di Francesco, Torinesi di carattere. La Nebiolo, un’industria ed i suoi uomini, a cura di Lino Tavano, Torino, Lupieri editore, 2004, 402 p., € 43,00 Enrico Tallone, Quei bei tipi della Nebiolo, «Charta», n. 66, settembre-ottobre, 2003, pp. 44-48. segnalazioni biblohaus pablo echaurren NEL PAESE DEI BIBLIOFAGI giornale di bordo di un collezionista futurista a cura di massimo gatta prefazione di enrico sturani e uno scritto di annette baugirard NEL PAESE DEI BIBLIOFAGI giornale di bordo di un collezionista futurista a cura di massimo gatta prefazione di enrico sturani e uno scritto di annette baugirard biblohaus BH isbn: 978-88-95844-08-4 - pp. 220 15 euro - illustrazioni a colori anche in tiratura limitata: 20 copie numerate e firmate dall’autore con copertina diversa. 12 Manuale del cacciatore di libri introvabili simone berni Per saperne di più: pablo echaurren biblohaus BH MANUALE DEL CACCIATORE DI LIBRI INTROVABILI introduzione di andrea carlo cappi cantieri viene pubblicato ogni due mesi e nasce dal gruppo di lavoro che si riunisce intorno alla casa editrice biblohaus: oliviero diliberto massimo gatta simone berni simone pasquali duccio benocci rebecca simpson olga mainieri annette baugirard michelle delattes konstantin bellmer edizioni biblohaus via trento 14 macerata italia t f 0039 0733 265384 www.biblohaus.it [email protected] fb: biblohaus casa editrice Simone B