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numero 8
2010
cultura
editoriale
Raffaele Mattioli e il progetto
di una Pléiade italiana
Il primo vero impegno editoriale di
Raffaele Mattioli lo si può far risalire ai
primi del ’30 quando, da poco insediatosi
alla Comit, acconsente a finanziare, su
richiesta dell’amico Titta Rosa, il settimanale «La Fiera Letteraria» di Umberto
Fracchia. Con un assegno di 50 mila lire
d’allora Mattioli inizia così la sua “carriera” di umanista-mecenate. Quasi negli
stessi anni sostiene economicamente gli
allievi di Cesare De Lollis che desiderano
che la sua rivista «La Cultura» non muoia
con lui. E’ il 1929 e Mattioli pensa che
questa rivista, fondata nel 1882 da R.
Bonghi e rifondata da De Lollis nel ’21,
dovesse continuare le pubblicazioni. Il suo
intervento fu decisivo. La nuova serie sarà
diretta prima da F. Neri, quindi da un
comitato allargato di cui facevano parte
Cajumi, Solmi, Migliorini, Pasquali, Praz,
Scarpa, Trompeo.
Poi dal marzo del ’34 la testata, compreso
il famoso marchio editoriale dello struzzo
con nel becco un lungo chiodo (e il motto
spiritus durissima coquit che significa ch’un
valoroso cuore ha forza di smaltire ogni grave
ingiuria col tempo), che Praz aveva ripreso
dalle Imprese (1556) di P. Giovio e che
Mattioli volle già sul primo numero, passò
a Torino ceduta a G. Einaudi, condiretta
da S. Solmi. Poi nel maggio del ’35 verrà
definitivamente soppressa dal fascismo.
Terminata l’esperienza de «La Cultura»
Mattioli inizierà a cullare il sogno di diventare editore.
Attraverso Riccardo Bacchelli ha modo di
conoscere il tipografo Giulio Preda “maestro nell’arte della stampa” (Vigevani).
Preda è figura centrale della tipografia
2
milanese di quel periodo; fu caposcuola di
Luigi Maestri che gli stamperà nel ‘60 in
49 esemplari, pochi mesi prima della
morte, il volume di poesie L’ora preziosa. Ma
chi fu Preda? Figlio del poeta Piero, nonostante avesse alle spalle una agiata situazione economica, decide di recarsi a Verona
per lavorare come operaio volontario
nell’Officina Bodoni di G. Mardersteig.
Anni dopo, tornato a Milano con l’esperienza tecnica acquisita, inizia una propria
attività di stampatore/editore.
Tra il ’28 e il ’32 stampa infatti libri in edizioni numerotées su carte a mano di varia
provenienza, Giappone, Fabriano, veline
verdi e bianche, con testi di Ungaretti,
Palazzeschi, Bacchelli, Balsamo Crivelli.
Sarà la sua pulizia grafica, l’ordine che
nasce da una chiara e coerente concezione
morale, più che estetica, ad influenzare il
giovane Maestri e a convincere l’esigente
Mattioli che Preda era il tipografo ideale
che poteva tradurre in realtà grafica il suo
sogno editoriale. Mattioli coinvolgerà nell’iniziativa, oltre a Bacchelli e Preda, anche
G. Scarpa, figura di “letteratissima coltura,
di finissimo gusto, di accorto ingegno critico e filologico” (Bacchelli).
Scrive Bacchelli: “Si trattava di condurre
avanti la collezione, già avviata con un
volume contenente i Promessi Sposi ed un
saggio, rivisto sugli autografi, dei cosiddetti Sposi Promessi, ossia del Fermo e Lucia, primitivo abbozzo del capolavoro.
La collezione avrebbe dovuto somigliare
alla famosa «Pléiade» francese: e avevamo
in Giulio Preda il tipografo-artista adatto e
capace, come dimostrava quel primo volume di scorta; avevamo anche la carta,
migliore, secondo ogni più difficoltosa esigenza, che quella pregiatissima olandese,
della «Pléiade». (…) E’ la carta, mirabile,
dell’esauritissimo e raro Leopardi tutto
compreso in un volume, salvo le cose pue-
rili e le filologiche e senza Zibaldone ed
Epistolario, in un volume di più che milletrecento pagine, ma agile e maneggevole
per gli attenti e minuti accorgimenti di
composizione e stampa del Preda stampatore magistrale.
Curatore magistrale dei testi e della loro
distribuzione, Gino Scarpa”.
Ecco quindi apparire nel ‘35 (il finito di
stampare è il 29 maggio 1935) il Leopardi
delle Opere: Canti, Operette morali, Pensieri,
Bruto minore e Teofrasto, Volgarizzamenti,
Martirio dé Santi Padri, Paralipomeni della
Batracomiomachia, Saggi giovanili ed altri scritti
non compresi nelle opere, Carte napoletane con
giunte inedite o poco note: testo riscontrato con le
migliori stampe o cogli autografi, a cura di R.
Bacchelli e G. Scarpa, e nel ’34 il Manzoni
de I Promessi Sposi, Storia della Colonna Infame,
con l’aggiunta di un Saggio della Edizione del
1825 e di quindici capitoli cavati da Gli Sposi
Promessi, testo riscontrato con le migliori stampe o
con l’autografo, entrambi i volumi stampati a
Milano
dall’Officina
Tipografica
Gregoriana (via S. Gregorio, 35), rilegati in
piena pelle flessibile, “prima collana di
classici italiani, se non tascabili, ‘portabili’,
stampati su carta sottile – la chiamavano
«India» o «Bibbia» - e in legatura di pelle
flessibile, sull’esempio della «Pléiade» della
Gallimard.
Il Manzoni non aveva colophon e riportava una sovraccoperta con riprodotta una
pagina del manoscritto.
La collana, a causa della guerra, non
andrà oltre questi due titoli oggi alquanto
rari; ringrazio quindi il Fondo bibliografico di Cantieri per avermeli messi a disposizione.
mg
cultura
tipografica
Giusto 50 anni fa veniva inaugurata la
Stamperia Tallone ad Alpignano, dopo gli
anni trascorsi da Alberto Tallone a Parigi
presso l’Hotel de Sagonne.
In quella occasione celebrativa alla quale
parteciparono esponenti del mondo culturale italiano, tra gli altri Luigi Einaudi col
figlio Giulio, Riccardo Bacchelli ed altri,
oltre all’edizione in francese del Gutenberg
di Lamartine, veniva anche stampato il
primo catalogo editoriale delle edizioni
Tallone, che così inaugurava una lunga
serie di cataloghi, che giungono fino ad
oggi, i quali avevano ed hanno caratteristiche grafico-tipografiche che li assimilano
ai volumi composti a mano da Alberto
Tallone, e oggi dal figlio Enrico che da
anni continua con rinnovato fervore la tradizione tipografica paterna.
Per celebrare questa importante ricorrenza tipografica, e anche culturale, la nostra
casa editrice Biblohaus ristamperà in ana-
statica quel primo, elegante, catalogo del
1960 corredando il testo con un saggio sui
cataloghi Tallone del nostro collaboratore
Massimo Gatta, e una introduzione scritta
per l’occasione da Enrico Tallone.
kb
due parole
tre libri
Fiocco gemellare azzurro in casa (editrice)
Henry Beyle. Nella deliziosa collana
“Piccola biblioteca degli oggetti letterari”
escono due chicche poco note di Giovanni
Papini e Umberto Saba, poche pagine per
raffinati palati bibliofili. Dopo Il Raffaele
Carrieri del Sabato del bibliofilo (primo titolo
della collana), già da noi segnalato in precedenza su “Cantieri”, le microedizioni di
Vincenzo Campo mandano ora sugli scaffali delle librerie, pubbliche e private, altri
due gioielli, passati quasi inosservati
all’epoca della loro prima edizione. Lo
scontroso libraio con bottega vicino a piazza della Signoria a Firenze, di cui scrive
Papini, uscì infatti in Figure umane (Firenze,
Vallecchi, 1940), per poi essere magistralmente recuperato dall’indimenticato
Roberto Palazzi che lo inserì in Bibliofobia.
Dell’odio per i libri e della loro distruzione
(Roma, Pierre Marteau, 1988), dove visse
in compagnia di altre gustose pagine di
autori diversi. Una storia semplice e triste,
d’altri tempi, che il genio papiniano riesce
a colorare di sfumature linguistiche inattese. Ora abbiamo la possibilità di leggerlo e
sfogliarlo pubblicato come titolo a sé,
stampato da un maestro come Campi su
vellutata carta Zerkall-Bütten. E vorremmo, senza alcuna polemica, mostrarlo a
quanti ancora lamentano la probabile
imminente scomparsa del libro cartaceo,
stampato a regola d’arte e con amore, vittima delle diavolerie digitali e informatiche. Una scomparsa che Francesco M.
Cataluccio dà quasi per certa nel suo ultimo libretto Che fine faranno i libri? (Roma,
Nottetempo, 2010). Nessuna brutta fine,
caro Cataluccio, finché ci saranno signori
dell’editoria e della tipografia che con
enormi sacrifici (soprattutto economici)
decidono comunque di donare, ai tanti
appassionati, libretti come questi ultimi
due della H. Beyle. Il secondo titolo pubblicato è una perla del Saba libraio antiquario nella Trieste primo Novecento,
poche pagine destinate ai bibliofili e bibliofolli. Pagine lievi e pensose del grande
poeta triestino destinate in origine, forse, a
qualche catalogo della sua “Libreria
Antica e Moderna”, che aprì quasi per
caso ma alla quale dedicherà pagine di
smagliante poesia oltre che l’autobiografico Storia di una libreria. Lo scritto di cui parliamo apparve il 24 settembre del 1954 su
«Il Globo» di Roma, confluito in seguito
nel fluviale volume di Tutte le prose (Milano,
Mondadori, 2001, Meridiani). Habent sua
fata libelli, e il destino di questi due titoli
periferici e dimenticati era giusto fosse
quello della rinascita attraverso un’edizione impeccabile, sobria ed elegante, impreziosita nella tiratura di testa, in poche
copie, dalle opere di due artisti contemporanei del calibro di Sandro Martini e
Enrico Della Torre. Infine se proprio
volessimo trovare il pelo nell’uovo, ed è
quasi impossibile per queste edizioni, un
piccolo suggerimento all’amico editore:
perché non fornire al lettore, a fine volume, anche solo due righe bibliografiche
sull’origine degli scritti?
Per coloro, infine, che amano il colto pettegolezzo editoriale, e la storia spesso intricata dei rapporti tra scrittore e editore,
segnalo la raccolta di articoli che Paolo De
Stefano, giornalista del Corriere, ha appena pubblicato con Rizzoli. Alcuni sono
inediti, gli altri uscirono sulle pagine del
Corriere della Sera nel luglio 2008. La rassegna è davvero di grande ampiezza: Il
Saggiatore, Archinto, Zanichelli, Guanda,
Adelphi, Bompiani, Einaudi, Baldini,
Castoldi Dalai, Marsilio, Garzanti,
Rizzoli, Donzelli, Feltrinelli, Mondadori,
Laterza, Giunti, Bompiani, Sellerio,
Tropea. Un volume piacevole, a tratti
scontato, ma pieno zeppo di aneddoti
gustosi. E il titolo riprende una frase di
Pavese. Di Stefano è anche un bravo scrittore; tra i suoi romanzi noi di Cantieri,
forse per deformazione professionale, preferiamo ricordare Tutti contenti, e lo citiamo
in una edizione Mondolibro 2004 di non
facile reperibilità, con una bella sovracopertina. Il protagonista, Nino Motta, è un
tipografo che abbandona Milano e la famiglia per ritornare a Messina per indagare
sulla sua infanzia. Un tipografo, categoria
professionale a cui Cantieri, come sanno i
nostri lettori, ha sempre dedicato una particolare attenzione.
ab
Paolo Di Stefano, Potresti anche dirmi grazie.
Gli scrittori raccontati dagli editori, Milano,
Rizzoli, 2010, € 22 p. 417
Giovanni Papini, Il libraio inverosimile,
Milano, Edizioni Henry Beyle, 2010
€ 19 p. 18 [edizione di 575 es. numerati]
€ 400 [122 es. numerati, con due acqueforti
di Sandro Martini]
Umberto Saba, Consigli ai bibliofili, Milano,
Edizioni Henry Beyle, 2010, € 19 p. 20
[edizione di 575 es. numerati] € 240 [99 es.
numerati, con due acqueforti di Enrico
Della Torre]
libri trovabili
La recente campagna di stampa sul presunto manoscritto di Pasolini Lampi
sull’ENI, misteriosamente scomparso o
addirittura rubato al poeta e che avrebbe
costituito il famigerato “Appunto 21” del
suo romanzo Petrolio, pubblicato postumo
da Einaudi (1992), che Marcello Dell’Utri
aveva intenzione di esporre alla mostra su
3
nostri fedeli lettori, che non lo troveranno
citato o riprodotto altrove. Costituisce,
infatti, un importante elemento paratestuale e politico della forza di quel libro,
che una leggenda metropolitana, dura a
morire, indica come la mappa utilizzata
dal poeta di Casarsa per chiarire molti dei
tanti misteri politico-finanziari italiani, tra
i quali appunto la morte di Enrico Mattei.
Sarà così, non sarà così, non sta a noi stabilirlo;
certo è che la recente riapertura del caso
sull’assassinio del poeta ha inserito tra gli
Atti, anche questo saggio su Cefis.
md
Pasolini nell’ultima edizione della Mostra
del Libro Antico di Milano (manoscritto
poi ritirato dal possessore, spaventato forse
dall’eccessivo clamore mediatico), ha tirato
in ballo di nuovo un libro-inchiesta di
Giorgio Steimetz (pseudonimo del giornalista Corrado Ragazzino, collaboratore di
Graziano Verzotto), ritenuto introvabile e
che sarebbe scomparso addirittura dalle
biblioteche italiane. In effetti il saggio del
1972 è sicuramente difficile da reperire
anche in antiquariato, ma è trovabilissimo
nelle nostre biblioteche, e basta richiederlo
ad una delle biblioteche che l’Indice
dell’ICCU (Istituto Centrale per il
Catalogo Unico, www.sbn.it) dichiara di
possedere nei propri Fondi. In particolare
la copia in lettura che abbiamo sottomano
l’abbiamo richiesta e ottenuta in pochi
giorni dalla Biblioteca dell’Associazione
BiblioLavoro di Sesto S. Giovanni (Milano,
collocazione 338.76 655 092 STE 10562).
Questa precisazione è valida per tutti coloro che sono interessati al caso e volessero
finalmente leggere questo saggio, che lo
stesso Pasolini utilizzò in fotocopia grazie
all’amico analista Elio Facchinelli, e che
ancora oggi, almeno nell’immaginario di
molti giornalisti, figura come “scomparso
e introvabile”. Una particolarità nella
copia da noi utilizzata, per questo breve
articolo, è la presenza di un cartoncino di
colore marrone, a stampa, indirizzato al
Procuratore Generale della Repubblica di
Roma, che riproduciamo come regalo ai
4
Demetrio Pianelli, Redivivo, Arabella, Giacomo
l’idealista e Col fuoco non si scherza. Si interessò anche agli aspetti politici della società, a
quelli pedagogici e scrisse di critica letteraria.
Lo scritto di cui parliamo è una curiosità
insieme letteraria e tipografica e l’offriamo
ai nostri lettori sicuri della sua importanza.
Ringraziamo l’editore Biblohaus che ci ha
fatto consultare il raro esemplare facente
parte del Fondo bibliografico di Cantieri.
La stampa è stata realizzata a fisarmonica
dal Maestro Zanella.
rb
Ferragosto
Stampiam nel vivido
color del vino
l’allegro brindisi;
l’ore s’affoghino
del reo destino
in fondo al calice.
Giorgio Steimetz, Questo è Cefis. L’altra faccia
dell’onorato presidente, Milano, Ami
(Associazione Milano Informazioni), 1972
[supplemento 108]
Per saperne di più:
Luigi Mascheroni, Tra il giallo e il noir, e
infatti è l’oro nero. Come e perché le pagine di PPP
sono tornate al centro della bufera, «la Biblioteca
di via Senato», n. 3, marzo 2010, pp. 12-17.
spigolature
tipografiche
Ancora dalla magica bottega tipografica di
Alessandro Zanella in Santa Lucia ai
Monti è uscito questo piccolo gioiello,
stampato come il precedente (vedi Cantieri 6)
per il medico milanese Marco Moncalvi.
L’esiguo numero di esemplari ne rende
davvero arduo l’acquisizione da parte dei
tanti cultori dello scrittore Emilio De
Marchi (Milano, 1851-1901). De Marchi
fu esponente di primo piano di quella corrente lombarda conosciuta come
Scapigliatura, ma ebbe un ruolo attivo anche
nelle istituzioni caritative cittadine e traccia di ciò è in alcuni suoi romanzi (Tra gli
stracci, Il signor dottorino, Due anime in un
corpo). De Marchi è anche da considerarsi
l’inventore del romanzo noir. In particolare nel suo capolavoro, Il cappello del prete,
ambientato a Napoli, dove è appunto un
cappello la sola traccia che condurrà il lettore a svelare l’uccisione di un prete affarista da parte di un nobile decaduto e squattrinato. Altri romanzi di De Marchi sono
Emilio De Marchi, Brindisi dei tipografi,
Santa Lucia ai Monti (Verona), Alessandro
Zanella per Marco Moncalvi, primavera
2004 [30 esemplari numerati, fuori commercio, stampati al torchio su carta Biblos
e composti in carattere Sabon].
spigolature
editoriali
Un grande editore ricorda
l’amato cane.
Dobbiamo al grande editore Alessandro
Olschki questo omaggio all’amicizia sincera, al ricordo, al dolore, al legame ancestrale tra l’uomo e il cane. Una persona a sei
zampe è infatti quella che si staglia in questo poetico e doloroso libretto, stampato a
Campobasso grazie all’amicizia e alla passione di Gian Mario Fazzini. La prima
tiratura limitata a 125 esemplari numerati
e su carta di puro cotone Amatruda di
Amalfi, è andata purtroppo interamente al
macero a causa di problemi tipografici che
ne deturpavano la bellezza. Peccato. Ma la
nuova edizione, subito ristampata, conserva intatto lo splendore di pagine dolorosamente poetiche, autobiografiche e che,
nelle intenzioni dell’autore, non erano
all’inizio destinate alla stampa. Poi gli
anni, l’amicizia che lega l’editore a Fazzini,
lo hanno convinto che fosse possibile e
necessaria una circolazione più ampia. Ed
è stato un bene per noi lettori, e anche possessori di cani, che abbiamo così avuto la
possibilità di leggere parole che forse
anche noi avremmo scritto se ci fossimo
trovati, come l’Autore, impreparati, come
lo si è sempre, di fronte alla malattia e alla
morte del nostro amico a quattro zampe.
Un libretto sobrio, elegante, con in copertina un bel disegno di Simone Fortini che
ritrae Albarella, l’amico scomparso di
Alessandro Olschki.
om
Alessandro Olschki, Per un amore,
Campobasso, Filopoli, 2009, nuova ediz.,
ivi, 2010
librai, copertine
e biciclette
I librai amano la bicicletta. Ce lo ricorda
Romano Montroni in apertura della sua
autobiografia intellettuale Libraio per caso
(Marsilio), e lo dimostrava concretamente
il grande Giovanni Scheiwiller nella vita
quotidiana. Librai e bicicletta, un connubio interessante che anche l’iconografia
editoriale a volte ha celebrato. Per caso
abbiamo sottomano la ristampa di un bel
romanzo del dimenticato Carlo Brera, a
suo tempo celebrato da Oreste del Buono
che introdusse il suo La fortunata mattina di
un venditore di libri senza padre, edito da
Longanesi e che in copertina riportava un
bel disegno di Enzo Vicentini con un
anziano signore in bicicletta che pedala
nella periferia milanese. La recente ristampa di questo bel romanzo ha, paradossalmente, in copertina ancora una bicicletta,
solitaria, appoggiata a un muro. Bei colori
caldi tra l’ocra del muro, il grigio della pietra e il nero della bici. In questi giorni è
apparso un romanzo di Valentina Patavina
che ha anch’esso una libraia come protagonista; non ci crederete ma in copertina
c’è una quasi identica bici, solitaria,
appoggiata a un quasi identico muro, nei
colori caldi quasi identici dell’ocra, del
nero, dell’azzurro. Ma la bicicletta è amica
dei librai in almeno altre due copertine:
quella di un simpatico racconto bibliofilo
di Roberto Roversi, editore e libraio antiquario bolognese, che in copertina ha un
disegno di Mariella Mischi intitolato La
Draisina; e quella di Collages di Giovanni
Scheiwiller, un collage che lo ritrae in sella
ad una bici durante un onirico Giro
d’Italia. Il nome di Roversi ritorna in questi giorni grazie alla bella pubblicazione
della Pendragon di Bologna che ha censito
il catalogo editoriale della ex libreria antiquaria Palmaverde che fu di Roversi prima
della chiusura, fondo librario poi acquisito
dalla Coop Adriatica, mentre il fondo editoriale è stato acquistato dalla stessa
Pendragon. Ma parlare di Roversi ci stimola a ricordare anche una splendida iniziativa tipografico-editoriale di molti anni
fa, voluta grazie alla passione bibliofilia di
Sandro Dorna, purtroppo scomparso
qualche anno fa, e a quella letteraria di
Nico Orengo, anch’egli ci ha lasciato da
poco (e proprio Orengo, a proposito di
bicicletta, curò nel 2005 insieme a Norma
Mangioni, una bella mostra con un ricco
catalogo, La bicicletta di Jarry. Giocattoli).
Quella collana si chiamava In Carta Linda,
era una pubblicazione per pochi intimi che
condividevano l’amore per la poesia dei
due amici torinesi. Ne parleremo prossimamente su Cantieri in maniera più
approfondita. Ora ricordiamo solo le 25
poesie autografe che Roversi regalò ai cento
fortunati acquirenti-bibliofili, 25 dei quali
ebbero tra le mani anche una poesia
manoscritta e firmata dal poeta. Infine
ancora Roversi è occasione per parlare di
un grande e appassionato stampatore-editore, Fabrizio Mugnaini con le sue plaquettes raffinatissime di Luna e Gufo. Del
poeta bolognese l’amico Mugnaini ci ha
regalato tre poesie dedicate al nemico del
libro per antonomasia, il tarlo, arricchito
da una incisione di Romano Masoni.
Anche su Fabrizio Mugnaini ci ripromettiamo in futuro un articolo più ampio,
dedicato proprio alla serie completa delle
sue plaquettes.
mg
Valentina Pattavina, la libraia di Orvieto,
Roma, Fanucci, 2010
Roberto Roversi, Catalogo editoriale della
libreria antiquaria Palmaverde, a cura di
Antonio Bagnoli, Bologna, Pendragon, 2010
Carlo Brera, La fortunata mattina di un venditore di libri senza padre, Milano, Book Time,
2008 (prima edizione, Longanesi, 1982)
Roberto Roversi, Spaventoso rombo e notturna
devastazione nella grande città di Parigi 1808,
Montichiari, Zanetto Editore, 1998 [400
copie numerate e firmati dall’autore]
Roberto Roversi, Romano Masoni, Tre
invettive contro il tarlo, nemico del libro, tre poesie e una incisione, a cura di Fabrizio
Mugnaini, Luna e Gufo, 1997
[400 copie numerate]
5
Giovanni Scheiwiller, Collages, con uno
scritto di Raffaele Carrieri, Milano,
Scheiwiller [Strenne per gli Amici di Paola
e Paolo Franci), 1990 [300 copie numerate
fuori commercio]
editori
in letteratura
In un articolo dedicato a editori e editoria
nel romanzo contemporaneo, La grande
6
famiglia. Editori & C. nella narrativa contemporanea, del nostro collaboratore Massimo
Gatta («Charta», n. 99. 2008, pp. 42-45),
non veniva ricordato il bel romanzo di
Sebastiano Vassalli, L’oro del mondo
(Einaudi, 1987), che Natalia Ginzburg così
aveva definito: “inconsueto, acre, ironico,
struggente, bellissimo racconto.
Si legge d’un fiato”. Ora, ad integrazione
di quell’articolo di Gatta, lo citiamo perché in esso compariva anche l’editore
Giulio Einaudi (l’Editore, nel romanzo).
E’ lo stesso Vassalli che a pagina 11 del
libro, a proposito del progetto che ha in
mente di dedicare un romanzo all’Italia
stracciona e febbrile del primo dopoguerra, scrive: “Ne ho parlato con l’editore.
L’ho incontrato per caso, ad uno di quei
convegni che ormai si fanno dappertutto,
in Italia, per dare modo ai ‘poeti organizzati’ di esibirsi in pubbliche letture e ai
professori ‘rampanti’ di spifferare i loro
fiati sugli argomenti più inutili […].
Era distratto, frastornato. (Per quel poco
che io so dell’editore, so che non ama i
convegni; ma, per qualche ragione che io
non so, evidentemente non aveva potuto
sottrarsi a questo dove ci eravamo incontrati per discettare sul tema: ‘Letteratura e
trasgressione’)”. Lo scrittore genovese
ricorda altrove («Corriere della Sera», 13
maggio 2010) che per anni Giulio Einaudi,
incontrandolo nei corridoi di Via
Biancamano a Torino, sede storica della
casa editrice, lo ignorava totalmente, quasi
fosse trasparente.
Poi all’improvviso è come se lo vedesse per
la prima volta, era quello il periodo della
grave crisi finanziaria dell’Einaudi e l’editore era stato estromesso, non aveva più
alcun potere.
Vassalli aveva appena terminato L’oro del
mondo. Il manoscritto, però, venne rifiutato
dalla casa torinese: “Giulio fece una vera
mattana – ricorda Vassalli -, chiamò in
causa varie persone, da Federico Zeri a
Natalia Ginzburg.
Alla fine il romanzo uscì. Se ne occupò
personalmente lui, scelse pure la copertina”. Uscirà nella celebre collana dei
Supercoralli con splendida copertina di
Mario Sironi. La Rizzoli voleva trarne un
film, che non si realizzò per il fallimento
del produttore Rizzoli, e lo scrittore chiese
all’editore se desiderava interpretare se
stesso nel film.
Einaudi accettò subito, nonostante che nel
romanzo l’Editore fosse un personaggio
non proprio positivo.
In quel periodo, ricorda ancora Vassalli, è
come se Einaudi si fosse umanizzato, come
se la grave crisi economica della sua casa
editrice lo avesse cambiato, facendone un
personaggio reale che dimostrava tutta la
sua grandezza.
om
storia editoriale
Storia editoriale di un libro
maledetto dalla storia e dagli
uomini: Adolf Hitler, Mein Kampf
Prezioso tassello questo del giornalista e
documentarista francese Vitkine che fa
ulteriore luce sulla nascita e la fortuna editoriale del best seller del nazismo, ancora
oggi proibito in Germania, e che in Italia
ebbe purtroppo l’avallo di Mussolini che
per finanziare in parte il nazismo, e lo stesso Hitler, si inventò la formula del pagamento dei diritti di traduzione e stampa
nel nostro Paese, dove il libro uscì nel 1934
col titolo La mia battaglia, pubblicato da un
purtroppo ambiguo Valentino Bompiani
(dopo il rifiuto a pubblicarlo di Arnoldo
Mondadori, che lo giudicò inadatto al
nostro mercato perché troppo correlato
alla situazione politico-sociale tedesca).
Ma il saggio di Vitkine, e soprattutto quello di Giorgio Fabre citato in bibliografia, fa
piena luce anche sulle motivazioni nascoste dell’edizione italiana, tra l’altro paradossalmente tradotta da un ebreo, Angelo
Treves, a significare che il razzismo fascista
fu veramente attivo solo a partire dal 1938.
Per contribuire all’analisi di quel fenomeno editoriale, e in parte per spiegare l’atteggiamento di Hitler verso la letteratura,
bisogna tener presente anche il saggio di
Timothy W. Ryback, La biblioteca di Hitler,
tradotto di recente per Mondadori (2008).
In esso grande spazio occupa ovviamente
la storia del Mein Kampf, un libro maledetto e straletto (dodici milioni copie vendute
in Germania tra il 1925 e il 1945), ma che,
sostiene Vitkine, se fosse stato letto veramente tra le righe, e non solo metaforicamente, avrebbe fatto comprendere la reale
portata distruttiva del pensiero hitleriano:
era tutto scritto, bastava leggere bene e
crederci fino in fondo, cosa che non fecero,
soprattutto i nemici del nazismo.
mg
Antoine Vitkine, Mein Kampf. Storia di un libro,
Milano, Cairo editore, 2010 € 16, p. 281
Giorgio Fabre, Il contratto. Mussolini editore di
Hitler, Bari, Dedalo, 2004 € 15, p. 236
Per saperne di più:
Bruno Pischedda, Hitler in italiano,
«Leggere», a.VI, n. 50, maggio 1993, pp.
8-10
Simone Berni, Il libro che cambiò il mondo, in
Id., I nazi-fascisti e le scienze del terrore. A caccia di libri proibiti, volume I, Macerata,
Biblohaus, 2008, pp. 70-79
Timothy W. Ryback, La biblioteca di Hitler.
Che cosa leggeva il Führer, Milano,
Mondadori, 2008
Fabio Gambaro, Mein Kampf. Quando
l’Occidente non volle vedere il male assoluto tra le
righe di un libro, «il Venerdì di Repubblica»,
30 aprile 2010, pp. 84-87
anastatiche
del novecento
Anastatiche letterarie
del Novecento italiano
Vorrei fare quattro passi in quel sottobosco
bibliografico, spesso sconosciuto agli stessi
studiosi o bibliofili, delle anastatiche letterarie del nostro Novecento. La riproduzione anastatica (dal greco anàstasis, “risollevarsi”, “resurrezione”, ma anche anàstatos,
“rimosso”) era, almeno ai suoi inizi (1844)
una tecnica di stampa che prevedeva la
distruzione del volume da riprodurre, perché il processo implicava azioni invasive
tali (lo scioglimento dell’inchiostro) che era
impossibile recuperare l’originale. Solo
con l’avvento della fotolitografia e della
moderna scansione digitale non solo l’originale viene salvaguardato ma la qualità
della riproduzione raggiunge risultati ottimali. In effetti, soprattutto nel secondo
Novecento, la possibilità tipografica di
riprodurre opere rare ha, da una parte,
ricevuto le critiche sia di molti librai antiquari che vedono così in parte pregiudicata la rarità di una editio princeps; e dei critici
letterari che ritengono l’anastatica priva
dei necessari apparati critici e quindi, dal
loro punto di vista, inutile; dall’altra i
bibliofili che possono così acquisire abbastanza facilmente prime edizioni tanto
agognate, e i bibliotecari che possono, con
una spesa modesta, mettere a disposizione
dell’utenza prime edizioni senza il rischio
di danneggiare gli originali. I critici dell’anastatica si stupiranno di apprendere
che uno dei primi fautori della tecnica
anastatica fu Edgar Allan Poe, si proprio
l’autore della Lettera rubata che, nel 1845,
pubblica sul «Brodway Journal» Anastatic
printing. Alla fine degli anni Sessanta viene
realizzata una interessante iniziativa editoriale ad opera del “Club degli Editori” che,
in 27 volumi, ristampa le opere vincitrici
del “Premio Strega 1947-1972” (“I grandi
premi letterari italiani: I Premi Strega”,
collana diretta da Maria Bellonci), volumi
non anastatici ma che riproducono le
copertine e i frontespizi originali. Intanto
la Vallecchi di Firenze, almeno in tre occasioni, realizza perfette anastatiche: nel
2002 Scatole d’amore in conserva di Marinetti
(1927), nel 1981 la splendida BIF§ZF di
Soffici, in cofanetto, nella prima edizione
monumentale edita da La Voce-Vallecchi
(1915), e nel 2002 la ristampa della seconda edizione Vallecchi (1919). E ancora di
Soffici Elegia dell’ambra (1927) ristampata
nel 2009 in 250 copie numerate fuori commercio, in occasione dell’inaugurazione
del Museo Soffici di Poggio a Caiano [edizione sconosciuta all’ICCU, che ci porta a
considerare che a volte le anastatiche
diventano esse stesse rare e ricercate, data
la bassa tiratura e la limitata circolazione].
E di Marinetti segnalo Les mots en liberté
futuristes (1919), che Mondadori ristampa
nel 1986 in una perfetta anastatica, comprese le 4 tavole interne ripiegate (ad un
prezzo, però, già all’epoca non certo popolare: lire 80.000). Un esempio tra i tanti è
l’icona bibliofilia per eccellenza, Il porto
sepolto ungarettiano che, della prima mitica
edizione del 1916 (in 80 copie), ha avuto
solo due (perfette) ristampe anastatiche,
entrambe oggi di improbabile reperibilità:
nel 1990 ad opera dell’Istituto Poligrafico e
Zecca dello Stato (in 1000 copie numerate,
a cura di Luigi De Nardis e Mario
Petrucciani), che riproduce l’esemplare n.1
dedicato a Ettore Serra, e nel 1996 ad
opera della Biblioteca “V. Joppi” di
Tolmezzo, con allegato un imprescindibile
opuscolo di Mario Barenghi, Ottant’anni
dopo, che ripercorre le avventurose vicende
editoriali del libretto. Nel 1990 ancora l’
Istituto Poligrafico ristampava in 1000
esemplari numerati l’altra celebre princeps
ungarettina, La guerre. Une poésie (1919, 80
copie), dall’esemplare n.33 dedicato a
Soffici, curato ancora da De Nardis e
Petrucciani. Altro poeta centrale del nostro
Novecento è Eugenio Montale del quale
segnalo due perfette anastatiche: Ossi di
seppia (Gobetti, 1925), ristampa rara fatta
dal Comune di Genova in occasione del
7
centenario della nascita del poeta (18961996), in 500 copie numerate; quindi
Finisterre (1945, in 200 copie, seconda ediz.
dopo quella di Lugano del 1943 uscita nei
“Quaderni della Collana di Lugano”), con
un ritratto di Manzù, che la Giunti ristampa nel 1994 in occasione della presentazione della “Collana Classici Giunti” [anastatica sconosciuta ai più e anche all’ICCU.
La terna dei grandi poeti italiani del ‘900
si chiude con Umberto Saba, del quale mi
piace ricordare due gioielli anastatici, Cose
leggere e vaganti (1920, in 35 esemplari),
curato e illustrato da Virgilio Giotti, che
Rosellina Archinto ristampa nel 1992; ma
soprattutto l’anastatica del manoscritto del
Canzoniere (1900-1945), che nel 1983 il
Lloyd Adriatico di Trieste ha stampato in 3
volumi, in limitatissimo numero di esemplari mai circolati. Altro poeta altra anastatica: Dino Campana del quale mi piace
qui segnalare quella che apparentemente
sembrerebbe una semplice ristampa anastatica e che, in realtà, potrebbe essere
indicata come edizione originale. Mi riferisco all’anastatica del manoscritto originale
dei Canti, dal titolo Il più lungo giorno. E’
notoria la vicenda del suo affidamento, nel
1913, a Giovanni Papini, per poi passare
nelle mani di Ardengo Soffici e da questi
smarrito. Ritrovata solo nel 1971, grazie a
Mario Luzi, è stato acquistato dall’Ente
Cassa di Risparmio di Firenze ad un’asta
Christie’s per 175mila euro, ora custodito
nella Biblioteca Marucelliana di Firenze.
Hans Tuzzi (Adriano Bon) in Collezionare
libri (Bonnard, 2000) scrive: “Così può
capitare che traditi dalla data di edizione –
1973 – si snobbi l’edizione VallecchiArchivi in due volumi in-8° di Il più lungo
giorno di Dino Campana: grave errore, perché si tratta della prima edizione, ancorché
postuma, del manoscritto originale dei
Canti Orfici che, smarrito da Soffici, venne
ritrovato nel 1971: valore sul mercato antiquario, fra le 400 e le 500mila lire” (dell’anastatica, ovviamente); come detto
stampata nel 1973 dalla Vallecchi in 1000
copie numerate, in due volumi in cofanetto, il manoscritto e il volume col testo critico a cura di Domenico De Robertis e un
saggio di Enrico Falqui. Infine il Mario
Luzi de La Barca. Canti (1935), magnificamente ristampata nel 2001 da “Proposte
d’Arte Colophon” di Egidio Fiorin [300
copie numerate e sconosciuta all’ICCU],
mentre il solo manoscritto è stato stampato in anastatica nel 2005 (Montepulciano,
Le Balze). Come si vede gran parte delle
meraviglie letterarie del nostro Novecento
sono ora alla portata di (quasi) tutte le
tasche, fermo restando una buona dose di
fortuna che, e non solo in campo bibliofilo,
è condicio sine qua non.
md
Per saperne di più:
Massimo Gatta, Prime edizioni alla portata
(quasi) di tutti. Le anastatiche letterarie del
Novecento italiano, «Charta», n. 110, luglioagosto 2010.
classici
Un Manzoni in via Senato
Un rapida segnalazione per una chicca
affiorata dai fondi di Cantieri. È la stampa
dell’ultimo capitolo del capolavoro del
Manzoni che la Biblioteca di via Senato
offrì come strenna natalizia ai suoi amici
nel 1997. L’opuscolo, di rara eleganza e
che contiene come ulteriore dono le incisioni che Adriano Porazzi, da poco scomparso, realizzò per l’occasione, è introdotto da un arguto scritto di Giancarlo
Vigorelli la cui biblioteca, è bene ricordarlo ai nostri lettori, è stata acquisita proprio
8
dalla Biblioteca di via Senato che ha così
ulteriormente arricchito il suo già prestigioso Fondo moderno. Leggere questo
Manzoni sarà un piacere insieme degli
occhi e della mente e rivelerà aspetti del
romanzo che forse avevamo dimenticati.
Del resto è innegabile che il piacere nasce
anche dalla facilità di lettura di un testo
tipograficamente esposto e questo ultimo
capitolo, elegantemente composto con il
carattere Dante, disegnato da Giovanni
Mardersteig, è stato stampato da un maestro tipografo come Olivieri. Peccato solo
che la stampa limitata a soli 600 copie ne
abbia indubbiamente penalizzato una più
ampia circolazione
om
Alessandro Manzoni, Il sugo di tutta la storia.
Capitolo XXXVIII de I Promessi Sposi.
Introduzione di Marcello Dell’Utri, presentazione di Giancarlo Vigorelli, Milano,
Biblioteca di Via Senato, dicembre 1997
[ma Officina Tipografica Olivieri].
Edizione stampata in carattere Dante su
carta velata avorio delle Cartiere di Sicilia,
in 600 esemplari non numerati, fuori commercio, riservati agli Amici della Biblioteca
di Via Senato, cura editoriale di Franco
Sciardelli. Il testo riproduce quello dell’edizione di Milano, Tipografia
Guglielmini e Redaelli, 1840-42. Le xilografie della copertina e dei capilettera,
intagliate da Adriano Porazzi, sono ispirate alle figure originali disegnate da
Francesco Gonin.
fiera del libro
di francoforte
Bella questa iniziativa privata che Guido
Spaini, deus ex machina della mostra della
piccola editoria che annualmente si tiene
al Castello di Belgioioso vicino Pavia, ha
voluto realizzare per festeggiare, alla
maniera dei nuptialia di un tempo, il quinto
compleanno del figlio Tommaso. È una
pagina che il grande stampatore francese
Henry Estienne (1528-1598) scrisse in
omaggio a una delle varie Fiere del libro
cinquecentesche di Francoforte, pagina di
difficile reperibilità e per questo ancora
più gradita dai lettori moderni. Inoltre
l’edizione, stampata sibi et sodalibus in 100
esemplari fuori commercio, è presente in
sole due biblioteche italiane, l’Augusta di
Perugia diretta da Maurizio Tarantino
(che per decenni diresse anche la
Biblioteca Croce di Napoli), e la Biblioteca
Nazionale di Roma. Nella plaquette non
viene indicato il luogo dell’editio princeps
ma sicuramente si tratta dell’opera
Francofordiense Emporium, siue Francofordienses
nundinae (Ginevra, Henricus Stephanus, 1574,
codice ICCU: VIAE/25055), ristampata
in anastatica nel 1968 (Frankfurt,
Frankfurter Buchmesse), con postfazione
di Sigfred Taubert. L’esemplare che
mostriamo fa parte del Fondo bibliografico
di Cantieri, che ringraziamo per la consueta disponibilità.
mg
veranda-gazebo (poi subito abbattuta), ci
offre l’opportunità di ricordare ai nostri
lettori la magnifica Villa Torre Quattro Venti,
costruita a Capri dal pittore americano
Elihu Vedder, su suo disegno, e nella quale
per un breve periodo soggiornò lo scrittore D.H. Lawrence. Vedder (New York,
1836-1923) è stato un celebre pittore simbolista, illustratore di libri e poeta americano, che ebbe un profondo rapporto con la
cultura italiana, soprattutto riguardo al
Rinascimento; e nel nostro Paese Vedder
visse prevalentemente, tra Roma e appunto Capri, dove arrivò subito dopo lo straordinario successo ottenuto per le 55 illustrazioni delle Rubàiyàt di Omar Khayyàm
(New York, Houghton Mifflin, 1884). Un
accenno a questa straordinaria edizione
illustrata da Vedder è anche nel romanzo
di Paola Calvetti, Noi due come un romanzo
(Mondadori, 2009, p. 82). Vedder sposò
nel 1869 Caroline Rosekrans ed ebbe
quattro figli, ma solo due sopravvissero:
Anita Herriman e Enoch Rosekrans, un
promettente architetto. Ebbene nei fondi
di “Cantieri” abbiamo scoperto una elegante e rara plaquette, di fattura artigianale rilegata in mezza pelle e non datata (ma
primi del Novecento), con al piatto e all’interno due ex libris di Vedder, uno stupendo ex libris che raffigura la sua Villa Torre
Quattro Venti e in fine l’ex libris della figlia
di Vedder, Anita Herriman Vedder, disegnato dal padre. La plaquette contiene poi
una serie di tavole attribuite forse allo xilografo Francesco Nonni, sicuramente estrapolate dal volume di Antonio Beltramelli,
Solecchio. Canto d’amore (Milano, Treves, 1913).
Non sappiamo se questo librino facesse
parte della biblioteca privata del celebre
pittore americano ma il fatto che contenesse suoi ex libris e quello della figlia ci farebbe
supporre di si. Offriamo, quindi, ai nostri
lettori come integrazione alla notizia sopra
riportata questi quattro ex libris, sicuramente di non facile reperibilità. Si ringrazia
“Cantieri” per aver messo a disposizione la
copia-unicum descritta.
om
Henry Estienne, Encomio della Fiera di
Francoforte 1574, Belgioioso, 2 aprile 1995
[ma Assisi, Tipografia Porziuncola], 100
es. fuori commercio composti in carattere
Bembo, stampato su carta a mano per gli
amici di Tommaso Spaini in occasione del
suo quinto compleanno.
curiosità
exlibristiche
Un articolo apparso di recente sul
“Corriere della Sera” relativo alla denuncia per abusivismo edilizio del celebre attore
Christian De Sica, reo di aver costruito nella
sua Villa Torre Quattro Venti di Capri una
9
anniversari
editoriali
Vorremmo ricordare alcuni importanti
anniversari, senza peraltro dilungarci oltre
ma mostrando, come omaggio, alcune
copertine di libri che li riguardano.
Vent’anni fa moriva Gianfranco Contini, e
“Cantieri” lo omaggia attraverso alcune
immagini editoriali. Il suo fondamentale
carteggio con Giulio Einaudi, la rara plaquette di ricordi Amicizie, che la rivista
“Leggere” allegò a un suo numero, volume
poi in seguito ristampato, ampliato, da
Scheiwiller, e infine la documentata bibliografia dei suoi scritti ad opera di Giancarlo
Breschi. Ma vent’anni fa moriva anche un
grande scrittore come Giorgio Manganelli.
Lo ricordiamo con un elegante libretto
10
fuori commercio voluto dall’amica Maria
Corti, Per Giorgio Manganelli (Pavia, 1992),
nel quale troveremo alcuni suoi inediti e
disegni, oltre al testo della stessa Corti.
Quarantacinque anni fa moriva un grande
e isolato protagonista della nostra editoria
di cultura, Roberto Bazlen (1965-2010),
che poco di suo ha lasciato a noi lettori, ma
al contrario ha costruito una immensa rete
di collaborazioni. Lo ricordiamo con le
copertine di due sue rare prime edizioni
adelphiane (Lettere editoriali e Note senza testo),
in seguito ristampate, e con quella de La
lotta con la macchina da scrivere di Roberto
Bazlen (1993), un Adelphi fuori commercio
stampato in 799 esemplari numerati, quale
omaggio al genio bazleiano. Uomini di
libri e di amicizia furono anche Nico
Orengo e Sandro Dorna, sui quali torneremo in seguito con articoli specifici. Per ora,
zioni Ribet e Tallone, e anche la copertina
dell’elegante catalogo Scrittori contemporanei,
a sua cura, edita fuori commercio sempre
da Ribet. Si ringrazia come sempre il
Fondo bibliografico di “Cantieri” per la
costante disponibilità a mettere a nostra
disposizione tutti i volumi citati nel presente scritto.
mg
libri delle
avanguardie
La Libreria Antiquaria Pontremoli di
Milano diretta da Lucia Di Maio ha esitato, in tre tornate, la prestigiosa raccolta di
Sergio Cereda dedicata al Futurismo. Nel
centenario dell’avanguardia artistico-letteraria fondata da Filippo Tommaso
Marinetti nel 1909 la libreria Pontremoli
ha così contribuito a suo modo alle tante
celebrazioni offrendoci tre magistrali cataloghi nei quali ha suddiviso la raccolta
futurista. Il primo (Futurismo) con collauper ricordarli entrambi e come omaggio
alla loro energia e passione, offriamo ai
nostri lettori la copertina delle 25 poesie
autografe di Nico Orengo che l’amico
Dorna volle nelle sue edizioni, sibi et sodalibus, di “In Carta Linda”, la microcasa editrice che si inventò insieme all’amico
Orengo per stampare i suoi amici-poeti, e
la cui limitatissima circolazione (solo 100 le
copie stampate di ogni titolo, di cui 25 con
una poesia manoscritta allegata) ne ha
impedito sia una più ampia circolazione,
che una conoscenza maggiore. Per questa
ragione ne scriveremo più dettagliatamente in seguito. Infine vorremmo ricordare
Mario Gromo, anch’esso scomparso giusto
cinquant’anni fa, insieme grande uomo di
cinema e raffinato editore torinese. Di
Gromo ci piace qui riprodurre le copertine
della sua Guida sentimentale, nelle due edi-
do di Giampiero Mughini, è stato dedicato
ai libri con una preziosa sezione (anche
iconografica) dedicata all’artista Oswaldo
Bot, i cui libri sono tra i più rari dell’intero
futurismo. Una seconda parte (Futurismo
1909-2009), con collaudo di Pablo
11
Echaurren, era invece dedicata soprattutto
ai manifesti, ai cataloghi, ai periodici.
L’ultima parte (Futurismo. Manoscritti,
Ephemera), con collaudo di Domenico
stampa tipografica. Di quella iniziativa ci
resta una sobria testimonianza: un opuscolo stampato (1939) da Raffaello Bertieri e
con copertina disegnata da Enrico Ciuti
(che curò la grafica dei manifesti e delle
pubblicazioni per quella edizione della
Triennale). E’ un opuscolo raro, localizzato in sole due biblioteche pubbliche italiane, emerso dai fondi bibliografici di
Cantieri e che ci offre anche l’opportunità
di segnalare forse l’unico ampio studio storico sulla Nebiolo. Un bel volume, interamente illustrato, che ripercorre la storia e
l’evoluzione di questa celebre azienda nata
nel 1852 come Antica Fonderia “Giacomo
Narizzano” e rilevata nel 1878 da
Giovanni Nebiolo. E da allora la storia
continua.
om
benedetto croce
benedetto croce
STAMPATORI
E LIBRAI IN NAPOLI
nella prima metà
del settecento
a cura di massimo gatta
introduzione di alberto cadioli
e uno scritto di luciano canfora
nella prima metà
del settecento
a cura di massimo gatta
biblohaus BH
introduzione di alberto cadioli
e uno scritto di luciano canfora
isbn 978-88-95844-09-1 - pp. 152
15 euro
prossime
pubblicazioni...
CATALOGO DELLE
EDIZIONI TALLONE 1960
Cammarota, è stato interamente dedicato
ai manoscritti, alla corrispondenza e agli
ephemera (biglietti, carte intestate,
dépliants). Inutile sottolineare l’importanza di questa raccolta, la sua omogeneità e
completezza, evidenti a coloro che sfoglieranno questi tre magnifici cataloghi come
sempre inappuntabili nella schedatura,
nella bibliografia e nell’iconografia, elementi consueti dell’offerta libraria della
libreria milanese.
ab
STAMPATORI
E LIBRAI IN NAPOLI
a cura di massimo gatta
introduzione di enrico tallone
CATALOGO DELLE
EDIZIONI TALLONE
1960
a caccia di libri proibiti vo
a cura di massimo gatta
biblohaus BH
introduzione di enrico tallone
simone berni
MANUALE DEL
CACCIATORE
DI LIBRI INTROVABILI
Simone Berni
introduzione di andrea carlo cappi
storia aziendale
In occasione della VII Triennale di Milano
(aprile-giugno 1940) venne organizzato un
concorso per il disegno di un alfabeto da
destinare, in seguito, a un carattere tipografico. L’iniziativa, unica nel suo genere,
venne patrocinata dalla Società Anonima
Nebiolo di Torino, leader indiscussa in
Europa per la fusione di caratteri per la
Giorgio Di Francesco, Torinesi di carattere. La
Nebiolo, un’industria ed i suoi uomini, a cura di
Lino Tavano, Torino, Lupieri editore,
2004, 402 p., € 43,00
Enrico Tallone, Quei bei tipi della Nebiolo,
«Charta», n. 66, settembre-ottobre, 2003,
pp. 44-48.
segnalazioni
biblohaus
pablo echaurren
NEL PAESE
DEI BIBLIOFAGI
giornale di bordo
di un collezionista futurista
a cura di massimo gatta
prefazione di enrico sturani
e uno scritto di annette baugirard
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futurista
a cura di massimo gatta
prefazione di enrico sturani
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biblohaus BH
isbn: 978-88-95844-08-4 - pp. 220
15 euro - illustrazioni a colori
anche in tiratura limitata:
20 copie numerate e firmate
dall’autore con copertina diversa.
12
Manuale del
cacciatore di
libri introvabili
simone berni
Per saperne di più:
pablo echaurren
biblohaus BH
MANUALE DEL CACCIATORE
DI LIBRI INTROVABILI
introduzione di andrea carlo cappi
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due mesi e nasce dal gruppo di
lavoro che si riunisce intorno alla
casa editrice biblohaus:
oliviero diliberto massimo gatta
simone berni simone pasquali
duccio benocci rebecca simpson
olga mainieri annette baugirard
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edizioni biblohaus
via trento 14 macerata italia
t f 0039 0733 265384
www.biblohaus.it
[email protected]
fb: biblohaus casa editrice
Simone B
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