DAVIDE MENGACCI un fotografo da marciapiede fotografie 1967 - 2006 Con occhio curioso E mente attenta e partecipe, il conduttore televisivo menti della composizione. Non si tratta, come abbiamo accenna- Davide Mengacci rivela una attenzione espressiva effi- to, di due fotografie diverse, ma della stessa voglia fotografica, cacemente indirizzata a una avvincente fotografia di espressa in due maniere e stili convergenti. In fondo, sono le note strada. Nelle immagini di Davide Mengacci vengono sottolinea- biografiche che sottolineano un intervallo, altrimenti non ce ne ti i valori espressivi e creativi che passano trasversali attraverso saremmo accorti, e avremmo soltanto registrato una consecuzio- gli anni nei quali ha svolto -e continua a svolgere- il proprio ne di carattere temporale: da una fotografia di vita spontanea e impegno fotografico, sempre e comunque Con occhio curioso, disincantata (quella dei decenni scorsi) a una fotografia di vita tanto che viene da pensare che Davide Mengacci sia un fotografo articolata (quella dei nostri giorni attuali). Anche in questo, se a pieno diritto, temporaneamente prestato ad altre attività pro- occorre sottolinearlo, sta la statura dell'autore, capace di appli- fessionali che l'hanno proiettato nella Storia del costume italia- care stilemi adatti e adeguati alla corretta restituzione visiva del no, dove ha comunque affermato uno spirito comunicativo di proprio soggetto. Quindi, passando dall'altro lato, viene da con- straordinaria eleganza e profondità. Mengacci appartiene alla cludere che non è tanto cambiata la fotografia di Davide schiera dei fotografi non professionisti (tale dal punto di vista Mengacci, comunque sia attento e scrupoloso nella propria decli- amministrativo, non da quello della concentrazione e applica- nazione, quanto la personalità manifesta dei propri soggetti. E zione fotografica) che non si limitano all'esercizio estetico del- questo, a voler ben guardare, è esattamente lo spostamento l'immagine, ma declinano una attenta osservazione della vita. espressivo che ha caratterizzato l'evoluzione stessa della fotogra- Per due decenni, dalla metà degli anni Sessanta alla metà degli fia di strada, che nel corso dei decenni è sempre stata fedele e Ottanta, quando l'impegno televisivo non gli ha concesso ana- rispettosa delle proprie inquadrature e composizioni. Quella del loghi tempi e modi di riflessione fotografica, Davide Mengacci passato remoto, è una fotografia di strada che soprattutto regi- ha applicato una convincente fotografia, rivolta in primo luogo stra; quella del presente, è una fotografia di strada che anche alla sua città, Milano, e in prolungamento ai viaggi in Italia e deve interpretare e selezionare attraverso il proprio linguaggio all'estero. Quindi, con un salto temporale di altri vent'anni, dal applicato. 2006 ha ripreso a fotografare. Quanto tutto questo è in debito di riconoscenza con la fotogra- Tra i due tempi non sono trascorsi soltanto i giorni, ma si sono fia? Quanta attuale fotografia si costruisce, con processo inver- sedimentate ulteriori esperienze personali, che hanno modifica- so, su una differenziata esperienza televisiva a contatto con la to, indirizzandolo, il linguaggio fotografico applicato. Dal reali- gente? Le risposte non contano. Ci basta la ricchezza delle foto- smo originario, se vogliamo figlio di un'epoca, Davide Mengacci grafie di Davide Mengacci, prontamente condivise. è passato a una visione oggettivamente più defilata, ma ugual- Davanti all'insieme delle fotografie di Davide Mengacci, la rifles- mente diretta. Tra le due epoche rileviamo come uno slittamen- sione è necessaria. Oltre che confortevolmente benefica. to espressivo, peraltro coniugato sulla medesima restituzione visiva del soggetto inquadrato: una volta, appare visto di fronte, quasi preso di petto; a seguire, è osservato di traverso, con una Da un articolo di Maurizio Rebuzzini su “FOTOgraphia” di costruzione spesso surreale, che finalizza in altro modo gli ele- Settembre 2006 Parco Sempione - Milano 1967 in alto Negozio - Lissone 2006 in basso D a un'intervista di Luigi Cavadini (Curatore del il contenuto in altri, invece, è la forma a prevalere e ad esse- Museo d'Arte contemporanea di Lissone) per il re nello stesso tempo pretesto e esito dell' immagine come nel catalogo della Mostra “DAVIDE MENGACCI a caso di una ragazza in attesa notturna dominata dall'ombra LISSONE e ALTROVE” - Lissone 4/2-4/3/2007 gigantesca di un operaio che ripara un lampione. Entriamo nel merito delle tue fotografie. Due mi pare siano Una storia è fatta di presenze, ma anche di colori. Qual'è il moti- gli aspetti fondamentali da considerare: la storia che vuoi vo che ti ha condotto alla decisione di utilizzare solo il bianco/nero? raccontare con esse, ma anche la forma di questo racconto. Il bianco e nero è una scelta prima di tutto culturale, ma è Dove la realtà me lo consente cerco di fondere contenuto e anche un condizionamento epocale: come tutti i ragazzi della forma, cioè cerco di inserire la storia che la fotografia raccon- mia generazione, anch'io sono nato con la macchina fotogra- ta -due preti si stanno parlando, l'uno appare scettico l'altro fica in mano, (così come i ragazzi di oggi sono nati con il com- più ingenuo, osservati da una bambina- in un contesto gra- puter in testa) e, a quel tempo, il materiale in bianco e nero fico esteticamente gradevole. In alcuni casi può rimanere solo era più facile da sviluppare e stampare del colore. Poi ho subi- Vaporetto - Venezia 1968 in alto a sinistra Portici - Ivrea 2006 in alto a destra Isola Garibaldi - Milano 1969 a lato in alto a sinistra Diga foranea - Sanremo 2006 a lato in alto a destra Orologio della chiesa Prepositurale - Lissone 2006 a lato in basso to il fascino del film “Blow-up” di Antonioni; ho vissuto il al colore che - sia detto tra parentesi - io trovo spesso volga- Sessantotto con la messe enorme di immagini foto-giornalisti- re: permette l'astrazione cioè estrae dall'immagine solo ciò che che in b/n della rivoluzione giovanile in Francia e in Italia; tu hai veramente visto senza distrarti con dettagli superflui. molto tempo prima ho frequentato il bar Giamaica, e Anche oggi che fotografo in digitale trasformo immediata- l'Accademia di Brera -dove mia madre insegnava- e questo mi mente in bianco e nero le immagini scattate a colori. ha messo in contatto con i fotografi più importanti di quell'e- La tua fotografia è definita “Street photography”. Nella poca, in particolare Ugo Mulas e Alfa Castaldi, più tardi scelta dei soggetti qual è la prima cosa che ti attira? Gianni Berengo Gardin, con cui è iniziata un'amicizia che Mi attira la vita: qualsiasi situazione di vita mi spinge a con- continua ancora oggi. Le immagini di questi fotografi erano gelarla in un'immagine fotografica trasformandola in un pic- tutte prevalentemente in b/n. Le origini della mia scelta si col- colo momento di immortalità. Nella pratica cerco principal- locano storicamente e culturalmente in questo contesto. Il mente tre tipi di situazioni che la strada, quando vuol essere bianco e nero, però, ha anche un oggettivo vantaggio rispetto generosa, mi offre. Notre Dame - Parigi 1978 in alto a sinistra Parco Ravizza - Milano 1984 a lato in alto a sinistra Bar Italia - Sanremo 2006 a lato in alto a destra Dall’Hotel Jolly - La Spezia 1985 a lato in basso A l primo tipo appartengono le scenette di vita clima nebbioso è, in realtà, la composizione di tre diverse quotidiana nelle quali è necessario saper vede- fotografie che potrebbero benissimo vivere indipendente- re oltre l'apparente banalità della situazione mente l'una dall'altra: la situazione centrale ci mostra il per isolare l'avvenimento che desidero raccontare a chi guar- venditore che sta ancora magnificando la merce con com- derà la fotografia. Nei casi più fortunati la scena si compo- piacimento mentre l'acquirente -già convinto- sta metten- ne di più situazioni diverse che l'osservatore può scomporre do mano al portafogli. e leggere singolarmente, interpretandole a suo gusto. Alla loro destra due persone chiacchierano in una atmosfe- Un esempio è la fotografia del mercato dei poveri che nel ra quasi rurale con quegli abiti e quella bicicletta da donna, 1969 si teneva spontaneamente ogni domenica mattina al mentre all'estrema sinistra dell'inquadratura c'è un perso- parco Sempione di Milano. naggio seduto su una panchina con una cartella tra le La scena che descrive un gruppo di questi improvvisati gambe, completamente immerso nei suoi pensieri, lo sguar- commercianti di abiti usati insieme ai loro clienti in un do lontano e del tutto disinteressato a ciò che sta avvenen- Parco Sempione - Milano 1969 in alto do a pochi passi da lui. La scenetta del fotografo di piazza è, invece, tutta raccolta nell'unica situazione corale che descrive un gruppo di parenti -forse provenienti dalla provincia- che osservano (il padre e la madre con orgogliosa attenzione, gli zii, presumibilmente, con affettuoso divertimento) il loro bambino che sta per essere immortalato durante la memorabile gita al Castello Sforzesco di Milano. Il “focus” dell'immagine è, ovviamente, l'annoiato bambino con la “banana” in testa che, indifferente ai richiami del fotografo, guarda da tutt'altra parte. Castello Sforzesco - Milano 1969 in alto Piazza S. Marco - Venezia 1984 in basso a destra Il secondo tipo di situazioni che attirano la mia attenzione sono quelle caratterizzate da una palese ironia: l'uomo in pigiama che raccoglie l'insalata nelle aiuole di un parco cittadino; i due innamorati che festeggiano il carnevale al bowling mascherati da topi o l'inserviente che, pulendo la statua nell'atrio del Municipio ne assume inconsapevolmente la medesima posizione sono un buon esempio. Parco Sempione - Milano 1984 in alto a sinistra Bowling - Milano 2006 in alto a destra Municipio - Lissone 2006 in basso a destra Il terzo genere di immagine al quale do la caccia, quello che mi affascina di più per la sua ambiguità è la situazione che “sembra una cosa ma è un'altra”. Così il grande cespuglio di fiori bianchi che, a guardarlo bene, rivela la presenza di un fiore anomalo: la testa canuta di un uomo seduto sul prato che guarda chissà cosa con il binocolo. Oppure la foto dell'interno di una villa storica: il restauro degli affreschi, ancora in corso, ci mostra -in alto a destra- la gamba superstite di un personaggio dipinto che cerca di uscire dal muro e -in basso a sinistraun muratore che, applicando un foglio di plastica al vano di una porta, sembra parte integrante del dipinto che sembra voler sfondare per uscire anche lui dalla prigionia del muro. Villa Reati (già Baldironi) - Lissone 2006 a lato Bosco urbano - Lissone 2006 in basso a destra DAVIDE MENGACCI Nasce a Milano nel 1948 e comincia a fotografare a 11 anni (ombre, prospettive, amichetti e famigliari). Nel decennio successivo si orienta verso il reportage scoprendo di essere interessato soprattutto alle persone: le osserva e le riprende per strada, nei bar, quando lavorano e quando si divertono. Nel 1968, influenzato dalla conoscenza di alcuni fotografi professionisti - soprattutto Ugo Mulas - inizia un periodo di intensa e regolare attività fotografica di reportage sociale e ritratti di artisti nei loro studi; intanto subisce il fascino del realismo francese di Robert Doisneau e Cartier Bresson. Mentre studia Scienze Politiche all'Università degli Studi di Milano frequenta i corsi serali di fotografia dell'Umanitaria. Negli anni '70 inizia ad occuparsi dell'azienda di famiglia: un'agenzia internazionale di pubblicità fondata dal padre Guido e per ragioni professionali frequenta i più importanti fotografi dell'epoca. Diventa amico di Gianni Berengo Gardin e inizia a guardare con curiosità e passione la piccola umanità e i piccoli episodi della quotidianità cittadina: fotografa i portinai che spazzano i cortili delle case popolari e gli operai al lavoro nelle strade, i ragazzi che si esibiscono davanti al suo obiettivo e gli innamorati che si baciano, sensibile soprattutto all'estetica del bianco e nero. Per alcuni anni collabora come fotografo di cronaca alle pagine milanesi de Il Giorno (1984-85) e de La Repubblica (1985-89) e con servizi di reportage geografico per Qui Touring (1984-85), il mensile del Tourig Club Italiano. Nel 1985 cambia vita, cede la sua agenzia di pubblicità e comincia a lavorare per le reti Mediaset conducendo programmi televisivi di grande successo: Candid Camera Show, Scene da un Matrimonio, Perdonami, La Domenica del Villaggio, Fornelli d'Italia, per citare soltanto i principali. Questo gli consente di viaggiare in tutta Italia scoprendo centinaia di piccoli paesi poco noti ma ricchi di storia e di fascino nei quali porta l'occhio delle sue telecamere facendoli conoscere a tutti i telespettatori italiani.Oggi Davide Mengacci continua a osservare - preferibilmente in bianco e nero - la realtà che lo circonda realizzando una convincente “fotografia di strada” rivolta ai luoghi che visita, in Italia e all'estero, con una concentrazione e applicazione che non si limitano all'esercizio estetico dell'immagine ma declinano un'attenta e appassionata osservazione della vita.