Anno X Numero 1 Gennaio - Febbraio 2009 CORTE DIPINTA PERIODICO DI INFORMAZIONE, CULTURA E TURISMO A CURA DELLA PRO LOCO CORBETTA PUNTI DI DISTRIBUZIONE: EDICOLE, CARTOLERIE, LIBRERIE - NEGOZI CHE ADERISCONO CON LA PUBBLICITÀ COMUNE E BIBLIOTECA - NEGOZI CHE ESPONGONO IL LOGO “PRO LOCO” LA NOTTE C ome ogni anno, il tradizionale falò di Sant’Antonio organizzato dalla Pro Loco di Corbetta è stato acceso il 17 gennaio in via Vespucci, grazie alla concessione di un’area libera dell’Immobiliare SIMA. DEL FALÒ “La manifestazione è andata benissimo –detto la presidente Floriana Sansottera–nonostante il freddo erano presenti molte persone a dimostrazione che la manifestazione di antichissima origine è ancora sentita. La presenza dei bambini e dei a Castellazzo de’ Stampi, a Soriano e a Cerello. Dobbiamo però constatare, con rammarico, che le aree disponibili per il falò si vanno sempre più riducendo a causa dell’espansione edilizia, questo può creare qualche problema per il futuro, ma auguriamoci di poter tramandare questa tradizionale festa alle future generazioni. Un altro avvenimento ha caratterizzato la giornata del 17 gennaio. I pompieri volontari del distaccamento di Corbetta, davanti al Santuario della Beata Vergine dei Miracoli, hanno festeggiato Sant’Antonio con la tradizionale benedizione dei mezzi impiegati, impartita da don Mario Motta. È questa una tradizione originata, probabilmente, dal fatto che erano soliti spegnere incendi divampati in stalle e fienili, tralasciando di festeggiare Santa Barbara, effettiva patrona dei pompieri e degli artificieri. Alex Redaelli Attorno alla catasta di legna e bancali si è radunata parecchia gente, tante le famiglie con bambini, numerosi i giovani e tutti hanno atteso le ore 21,00 quando rappresentanti dell’Associazione hanno acceso la pira. La fredda serata del sabato è stata riscaldata dalle fiamme e dalla distribuzione, ai più golosi, di salamelle, vin brulè, chiacchiere e panettone, rallegrando così grandi e piccini. giovani ci fa ben sperare perché questa tradizione non venga dimenticata”. Un grazie a tutti i volontari, al “cuoco” delle salamelle Sandro Oldani, agli Amici CB di Corbetta, alla Protezione Civile di Bareggio ed al panificio Sala di Corso Garibaldi, che hanno permesso il ripetersi di un’iniziativa legata alla tradizione agricola lombarda. Rituali falò sono stati altresì accesi F argüj Una delle condizioni della critica […] è di non avere arte propria… C. A. de Sainte-Beuve UN PREMIO A GIULIANO GRITTINI N ella Sala Grassi, presso il Comune di Corbetta, l’Amministrazione Comunale ha assegnato l’annuale premio “Città di Corbetta”, nato nel 1999, per valorizzare l’opera di quanti hanno contribuito alla diffusione ed alla promozione della cultura e dell’arte nel territorio e tra la popolazione di Corbetta. Per il 2008, il 13 dicembre è stato assegnato a Giuliano Grittini, titolare della Stamperia d’arte “L’Incisione”, con sede in Corbetta in via Monte Bianco n° 2. Un riconoscimento doveroso ed importante perché premia la trentennale attività di stampatore d’arte di Grittini protagonista in molteplici collaborazioni con prestigiosi artisti: da Aligi Sassu a Federica Galli, da Salvatore Fiume a Renato Guttuso, da Michele Cascella a Ernesto Treccani, da Remo Brindisi a Ugo Nespolo, solo per citarne alcuni. “Sono fortunato –ha detto il premiato– perché ho l’opportunità di fare un lavoro che amo e ringrazio mia Moglie Marina per la pazienza che mi dimostra”. Alla consegna del premio è seguita, nella Sala delle Colonne presso il Municipio, una mostra intitolata “L’anima della Luce” (ritratti d’autore), un’esposizione di immagini e parole reinterpretate da Giuliano con tecnica mista –su tela–, utilizzando come sfondo i ritratti di Marylin Monroe, Pierre Restany, Luciano Pavarotti, Gillo Dorfles e Alda Merini, sua grande amica, i cui ritratti, a volte, hanno scandalizzato, ma hanno commosso, sempre. REDA Canzone d’amore per Giuliano Grittini Il mio vecchio che sembra un ragazzo e che tante volte avrei voluto uccidere per gelosia e amore. Il mio vecchio che mi ha celebrato come venere e mi ha messo su tutti i giornali. Il mio vecchio con cui ho fatto numerosi viaggi e che non tornerà più dovrebbe dire a certe donne che i suoi bianchi capelli sono quelli del divino apollo che incanta tutte le donne e che io dafne mi nascondo tra i rami degli alberi per non essere presa tra le sue braccia. Lui ha percorso mari e monti per conquistarmi ma io sono un tronco di puro silenzio e non gli farò vedere il mio fogliame. Il mio uomo che è bianco di capelli e giovane di anni mi ha sempre portato lontano e non ha mai ritratto queste fanciulle che credono che un uomo, un uomo divino possa un giorno baciarle sulla bocca. Alda Merini DA CORBETTA D a alcuni anni padre Livio Valenti e padre Sergio Belloli operano a Targoviste in Romania in attività educative rivolte ai bambini. I “nostri bambini”, come amorevolmente li chiamano, sono ritratti nel calendario 2009,con volti sorridenti nell’attimo dello scatto fotografico; difficile è immaginare che la vita di questi ragazzi in Romania è ancora tutta in salita, molto in salita. Certo la Romania del dopo comunismo e del dopo Ceausescu è cambiata: è aumentato il traffico nelle strade, ovunque ci sono segni di maggior benessere per i cittadini, enorme è lo sviluppo edilizio, tutto questo confermano le prime impressioni positive del progresso che danno l’illusione di potersi permettere tutto quello che si desidera. A questa apparente ricchezza si contrappone la cruda vita quotidiana delle famiglie le quali devono ridurre gli acquisti, ALLA ROMANIA non riuscendo a far fronte agli aumenti dei prezzi ormai arrivati ai livelli di quelli occidentali. Nei supermercati si trova di tutto, ma a prezzi proibitivi, contro un salario ben lungi da essere adeguato al costo della vita. Lo stato romeno passa ad ogni ragazzo presente nella comunità Somasca 26 Euro al mese (90 lei), per cui diventa pressante la ricerca di nuovi fondi sia per la gestione ordinaria, sia per le spese di manutenzione che preoccupano il quotidiano. Anche il semplice andare a fare la spesa col gasolio a 1,33 Euro/ Litro (4,61 lei), è diventato un problema serio. Per quanti desiderano collaborare al mantenimento ed alla realizzazione delle varie attività educative, permettendo di dare attuazione ad al- cuni nostri sogni, è nata la Fondazione Missionaria Somasca Onlus avente sede in Piazza XXV Aprile 2 – 20121 Milano – alla quale è possibile devolvere aiuti mediante: - c/c bancario 38747 presso Credito Bergamasco (CREBERG) piazza Missori 3 –20123 Milano– IBAN: IT89H033601600000000038747 cod. SWIFT: CREBIT22MIX (aggiungere per bonifici all’estero); - c/c postale 90143645 presso Poste Italiane (per bollettini in posta) IBAN: IT78G0760101600000090143645 (per bonifici tramite banca). Grazie ai vostri aiuti, forse il futuro di questi ragazzi potrà riempirsi di speranza. Alex Redaelli Errata corrige A pagina 2 –3° colonna– del Curia Picta n° 5/2008, erroneamente è stato indicato Vittorio Emanuele II anziché Re Vittorio Emanuele III. Ce ne scusiamo coi nostri lettori. Pro Loco Corbetta Villa Pagani - Della Torre Piazza XXV Aprile, 4 Tel. 02.97486809 Fax 02.97485387 cell. 392.5755486 e-mail: [email protected] internet: www.prolococorbetta.altervista.org Tesseramento presso la sede Giorni ed orari di apertura al pubblico Martedì dalle 21,00 alle 23,30 Sabato dalle 10,00 alle 12,00 NASCITA E MORTE DI UN A nche il Corbetta Football Club, al pari di altre grandi formazioni calcistiche, ha avuto un suo Fans Club. L’idea era nata dalla passione calcistica di Renato Trezzi, allora gestore della Cremeria del Corso in Corso Garibaldi 10, che ha raccolto attorno a sé un centinaio di affezionati tifosi della squadra bianco–celeste. Un fatto accaduto al termine della prima stagione in Interregionale ha ulteriormente contribuito alla fondazione del Club: l’arrivo alla Presidenza, nel giugno 1990, di Ezio Greggio, il popolare attore comico conosciuto dal grande pubblico per le trasmissioni televisive Drive in e Striscia la notizia, pervenuto in un momento di vuoto dirigenziale dopo le dimissioni del presidente Fabiano Rosa. Grazie alle sue conoscenze furono organizzati entusiasmanti in- FANS CLUB contri amichevoli con formazioni di serie A (Inter, Milan, Juventus, Torino, Parma, Genoa, Sampdoria…) che contribuirono ad accrescere l’immagine del Corbetta calcio. L’inaugurazione del Corbetta Fans Club avvenne giovedì 7 novembre 1991 dopo la partita amichevole col Parma (5–1 a favore del Parma), nella sede presso la Cremeria del Corso, alla presenza della squadra, dei dirigenti col presidente Ezio Greggio e con la partecipazione di oltre 200 persone. L’obiettivo principale era quello di organizzare un servizio di pullman per seguire la squadra nelle trasferte fuori casa, di assegnare una medaglia a quei giocatori che si erano distinti durante il campio- nato, nonché di premiare con una targa i tifosi più assidui, perché, ancora oggi, sono numerosi e fedeli nel seguire le vicende sportive della squadra. Greggio lasciò la presidenza della squadra del Corbetta nel 1992 quando retrocesse in Eccellenza, non senza strascichi polemici; contemporaneamente anche il Corbetta Fans Club si sciolse non senza qualche rammarico. REDA Inaugurazione del Fans Club Corbetta. Renato Trezzi con la Moglie Sig.ra Maria, ritratti con l’allenatore del Corbetta Silvano Fontolan (in alto) e col presidente Ezio Greggio (a sinistra). ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MUSICA “AURELIO Q uando si inizia un nuovo anno si cerca di fare un resoconto di quello che si è fatto nell’anno passato, ma soprattutto di guardare all’anno che viene e a preparare tante nuove iniziative. Iniziamo quindi con il resoconto del 2008, anzi, da ottobre 2008, dato che le nostre attività sono iniziate in quel mese. Proprio ad ottobre sono partiti i corsi di musica inseriti in una nuova scuola nata all’interno della nostra Associazione, a cui abbiamo dato il nome “crescendo in musica”. I corsi hanno raccolto un enorme successo, tanto che a gennaio ci sono stati quasi 20 nuovi iscritti che, aggiungendosi agli iscritti di fine 2008, stanno per raggiungere la cifra complessiva di 70 allievi. Di questi 70, circa 20 sono bambini sotto i 10 anni, 10 sono adulti sopra i 20 anni, mentre i rimanenti sono nella fascia tra i 12 e i 18 anni. Questo numero è destinato a crescere grazie all’apertura di nuovi corsi iniziati a Gennaio 2008: il corso di canto e tecnica vocale e il Coro Gospel, su cui stiamo puntando tantissimo. Proprio il gospel è stato il filo conduttore per la presentazione degli Amici della Musica “A. Fanciosti”, che si è tenuto il 14 Dicembre scorso presso l’auditorium don Sacchi grazie al nuovo parroco, don Giuseppe. La Sala era gremita di pubblico, che ha manifestato interesse e curiosità verso la nostra nascita: un evento che ci ha fatto capire ancora di più l’importanza che la nostra città ha di avere un punto di riferimento musicale, sia per i corsi di musica, sia per l’organizzazione di concerti. L’Assessore alla Cultura Loredana Vanzulli è appunto intervenuta per sottolineare la sua gioia per la nascita di una nuova Assocazione, che contribuirà ad arricchire culturalmente i corbettesi. Il parroco don Giuseppe Angiari ha ricordato che la musica e il canto sono strumenti per lodare Dio e che la musica è fondamentale per la crescita individuale. Il presidente Carlo Meda ha letto i primi articoli del nostro statuto per sottolineare gli scopi della nostra nascita: contribuire, attraverso l’organizzazione di corsi ed eventi musi- FANCIOSTI” cali di ogni genere alla alfabetizzazione musicale del nostro paese. Dopo questi interventi, è stata la volta di Manfredi Trugenberger, che formerà il nostro coro gospel. Per l’occasione il coro del Cpsm (corsi di musica serali per adulti con sede a Milano) si è esibito in 4 brani, che hanno raccolto un grande successo tra il pubblico presente. Il prossimo appuntamento per noi è proprio la nascita di un coro gospel all’interno della nostra scuola, formato da giovani e adulti appassionati a questo genere musicali. La serata di prova è il Venerdì. I nostri contatti non cambiano: 328.1745351 e 328.4529701, l’email è [email protected], mentre l’indirizzo internet è http://admfanciosti.visitacorbetta. com Siamo alla continua ricerca di persone volenterose che collaborino con noi. Anna Meda Al “giardinètt’ ” dal nost dialètt di Gepi Baroni “I pru(v)èrbi da la zia Angelina” A ngelica Meda, della gloriosa stirpe dei ”Cudètt”, era nata il 1° Dicembre 1912 ed era chiamata da tutti Angelina. Da viva conservò sempre un vero e proprio culto, quasi una venerazione, per tutto ciò che riguardava i legami famigliari e, già anziana, ebbe l’idea di riunire tutti quanti i cugini, i nipoti di sangue e acquisiti, i cognati superstiti, tutti con le relative famiglie, per un pranzo annuale durante il quale si festeggiavano i presenti, si ricordavano i recenti scomparsi e si dava il benvenuto ai nuovi nati. Io, maritata ad un Sansotera, stretto parente dei Meda anzi in un certo modo loro parente a doppia mandata se facciamo riferimento alle nozze di una certa Carolina Sansotera detta “la Cunsulina”, andata sposa ad Antonio Meda suo zio materno, ho sempre partecipato ad ognuno di questi simposi caratterizzati da tanta allegria e infarciti di numerosi abbracci tra parenti. Ogni volta la nostra Angelina ci portava piccoli doni per dimostrare la sua gioia e la sua soddisfazione: preparava con le sue mani, espertissime mani da ricamatrice e cucitrice, sacchetti porta-scarpe o portalavoro o porta-tovaglioli, grembiulini ecc., che distribuiva tra le signore presenti. Un anno si cimentò nella stesura di un “libello” nel quale narrava la storia della sua famiglia, scritto in una prosa concisa, facile ed essenziale e che venne confezionato a dovere ed in adeguato numero di copie dal nipote Pierangelo (leggi “Il Papiro” per i corbettesi). Ma, nell’ottobre 1997, fu la volta di un’altra interessante pubblicazione nella quale invece ci faceva dono di alcune pillole di saggezza perché vi racchiuse una sequela di massime, motti, ammonimenti, magari un pò scontati, che hanno accompagnato gli anni della nostra infanzia in quanto uscivano quotidianamente dalle bocche di genitori e nonni e che lei aveva raccolto e annotato nel corso della sua lunga vita. Ma tra tante frasi argute, solenni, provocatorie, logiche o azzardate, c’è anche un tesoro fatto di tanti vecchi proverbi corbettesi che alcuni di voi certamente ricordano ma che molti ignorano o in parte hanno dimenticato. La zia Angelina diceva che ”i pru(v)erbi hinn la sciensa di puarètt”, il sapere dei poveri, e nel suo nutrito elenco spazia tra quelli legati alla vita,alla convivenza civile,al tempo, alla religione, alla morale e davvero non si può resistere alla tentazione di farne un piccolo prezioso elenco: “Al Signur ja mètt-al mund e’l vént’ja bufa a rént!” “Quand l’amur la ghée, la gamba la tir’al pée.” “Amur sensa baruffa al fà la muffa.” “L’é scri(v)ù in Dòm che la dona brùta la toeu un bel’om!” “Dona giu(v)ina e om vécc, fioeu fin’al técc.” “Ogni fioeu al nass cunt’al so cavagnoeu.” “Brùt’ in fasa, bel’in piasa!” “Beata cala spusa che la prima l’è una Tusa!” “I fioeu hinn dal Dùca: chi ghi ha si a pilùca.” “Quand’i fioeu hinn piscinitt hinn da mangià, quand’hinn grand… hinn da masàa!” “Tra suocera e noeura, sota, sota ghé’l Boia ch’al la(v)ura.” “Tré don e un cò d’aj e’l mercà l’è fai.” “Quand la légura l’è in pée, tut’i can gha curan’adrée.” “A parlà in di urécc, ghé’l Boia intramés.” “L’om, l’asin e’l pulon, hinn trì cujon!” “L’om al gha i dént da can, s’al mordnò icoeu, al mord duman.” “Dona ch’a piang e caval ch’a sùda hinn fals m’è Giùda.” “Padron cumanda, caval trota!” “Quand’al sò al sa sbassa al vilàn al sa massa.” “La sira lion, la matina pultron.” “Svelt’a mangià, svelt’a la(v)urà.” “Fà e disfà l’è tùt la(v)urà!” E comunque… “Pagà e murì s’èmm sempr’in témp!” E infine…ancora attualissima, sacrosanta verità : “Danans d’un piatt da minestra, ghé pù né sinistra né dèstra!...” IL N ell’articolo pubblicato lo scorso numero del nostro giornale avevamo scritto del fontanile Fagiolo e in quell’occasione avevamo accennato anche all’importanza naturalistica e storica dell’area agricola che il fontanile attraversa. A tal proposito, ora vorremmo attirare la vostra attenzione su quello che si potrebbe definire il “parco dimenticato”. Si tratta di quel territorio (vedi piantina) che va dalla cava Airoldi a nord, al Lazzaretto di Magenta a sud, alla Madonnina di Corbetta a est, alle prime case di Magenta a ovest, che ha il fontanile Fagiolo come baricentro. Già nella stesura del piano regolatore di Corbetta del 1996, a seguito dell’accordo col comune di Magenta, questa zona era stata denominata zona di salvaguardia territoriale ed ambientale di interesse sovracomunale o, in breve, parco del fontanile Fagiolo L’area presenta caratteristiche molto interessanti dal punto di vista naturalistico per la presenza della cava Airoldi (che in realtà è costituita da due bacini) e del fontanile Fagiolo. Secondo il progetto originario, steso su proposta della Sezione Ticino Orientale del WWF, l’area doveva rimanere agricola, si sarebbe dovuto procedere alla riqualificazione ambientale e al rimboschimento delle sponde della cava, della testa e dell’asta del fontanile, allo spostamento verso nord della via Casati (Magenta) in modo da liberare la testa del fontanile che attualmente è sepolta sotto il piano stradale, si sarebbe dovuto inoltre creare un percorso pedonale lungo il lato ovest dell’asta del fontanile e una pista ciclabile lungo le vie Monte Rosa e Casati e a lato della nuova circonvallazione ovest di Corbetta. Allo stato attuale l’area è ancora agricola, la nuova circonvallazione ovest è di imminente realizzazione, PARCO DIMENTICATO (notare però che la strada rispetto alla cartina del 1996 pubblicata insieme a questo articolo, ha subito già una modifica nel tracciato in zona Madonnina rendendo edificabili terreni che dovevano rientrare nel parco), l’espansione edilizia prevista alle spalle del Quartiere Marsala si è prontamente concretizzata con la costruzione degli edifici in via Monte Pasubio, la via Monte RosaCasati è una degradata e trafficatissima strada di periferia e del parco…. s’è persa la memoria. Ora ognun vede che tra Magenta e Corbetta l’unica area rimasta libera ad impedire la costituzione di una città continua stile bassa Brianza milanese è proprio quella del parco in questione. Restando senza una tutela specifica è facile prevedere che ben presto anche questi terreni saranno inghiottiti nell’ennesimo piano di lottizzazione. A Corbetta siamo in fase di stesura del nuovo piano di governo del territorio, e da più parti si sono sentiti impegni a non espandere ulteriormente l’area edificata. A tal fine dovrebbe essere imperativo per l’amministrazione comunale ribadire l’utilizzo a verde agricolo e attrezzato dell’area in questione e a procedere a realizzare il Parco del Fontanile Fagiolo (o Fasoeu), progetto da cui il nostro paese sicuramente avrebbe tanto da guadagnare sia dal punto di vista ambientale che della vivibilità. Fabio Granatelli UNA BREVE BIOGRAFIA ARTISTICA DI... GIULIANO GRITTINI N asce a Corbetta nel 1951, ivi cresce e risiede. Ha frequentato la scuola di Disegno Grafico ed alcuni studi di importanti artisti, apprendendo la tecnica della litografia serigrafia ed acquaforte, nella quale si specializza. Realizza e stampa opere di artisti come: Baj, Sassu, Guttuso, Fiume, Tadini, Warhol, Rotella, Nespolo e molti altri. Nel 1975, con Enrico Cattaneo, fonda la Stamperia d’Arte “L’Incisione”. Appassionato di fotografia, frequenta studi di artisti, fotografandoli in varie fase del loro lavoro e durante le mostre in gallerie d’arte. Legato da sincera amicizia con la poetessa Alda Merini, è autore di vari suoi ritratti che hanno stupito, scandalizzato, commosso. È autore di numerose pubblicazioni, delle quali ricordiamo: con Luciano Prada, critico e scrittore, realizza il volume “44 facce d’autore”, fotografie ed aforismi di artisti e personaggi del mondo dell’arte; “E’ già difficile vivere una volta, figuriamoci molte volte”, prefazione di Carlo Franza (con A. Merini) 1997; “Ringrazio sempre chi mi da ragione” (con A. Merini) 1997; “Non curiosate tra le lenzuola dei Ha realizzato con l’editore Pulcinoelefante numerose plaquette dedicate, tra gli altri, a Umberto Eco, Alda Merini e Roberto Benigni. poeti” (libro in tiratura limitata) 2003; “Il doppio volto” (poesie di Roberto Dossi, opere di G. Grittini) 2004; “La magia delle mani” (poesie di A. Merini, immagini di G. Grittini) 2005. Nel novembre 2007 esce, edito da Rizzoli, il volume “Alda Merini colpe di immagini” vita di un poeta nelle fotografie di G. Grittini. Tra le numerose mostre personali e collettive ricordiamo: Festival della Parola “VeneziaPoesia”, Venezia 1977, fotografando A. Merini ed U. Eco; Arte oggi in EuropaART, Milano 1994; “International Art Fair”, Roma 1997; “Artisti per l’Arte” alla Galleria Acquifante, tema “Erotica-mente”, Busto Arsizio 2001; Tazebao spontaneo “Post post scriptum” Gruppo 12, Roma 2002; Mostra fotografica di A. Merini, Milano Piazza del Duomo – Famiglia Fiorentina; Festival della Letteratura 2002, partecipa alla mostra “il lato oscuro della letteratura”, pittura e fotografia, con prefazione di A. Riva; Galleria Bonelli, Mantova 2002; Mostra “In3” (la pittura di Enzo Maio, la poesia di A. Merini, le fotografie di G. Grittini) presso Palazzo Leone da Perego a Legnano, 2006; Fiera di Milano “Milano vende moda” 2006; Galleria ripArte presentazione “collezione primavera-estate 2007, con A. Merini e U. Nespolo, Milano 2006; Galleria CDART, personale dei suoi ultimi lavori, Parma 2007; Personale presso SPAZIO TINDACI, Padova 2007; partecipa alla seconda edizio- DELLE ne di “Acquisizioni 2007” presso Maccagno –Varese–, insieme ad altri quarantanove artisti; partecipa alla performance collezione “autunnoinverno 07-08” (con U. Nespolo e Primo Formentini), organizzata da l’Ali, stilista di moda, Milano 2007; Partecipa con alcune sue opere su A. Merini a “Versilia Arte Oro” presso il Centro Congressi Principe di Piemonte, 2007. Fotografie e interpretazioni pittoriche sono state pubblicate da Rizzoli, Bompiani, Frassinelli, “L’Espresso”, “Panorama”, Corriere della Sera”, “la Stampa”, “L’Unità”. Ha realizzato mostre di sue fotografie a Bergamo e a Torino. Per Dialogo Libri realizza la copertina di “Oggi come ieri”; per il gruppo musicale Altera realizza la copertina del CD “Canto di Spine” a cura di Franz Di Cioccio. Con l’associazione culturale DAFHNE partecipa alla mostra itinerante d’incisioni originali a Soncino, Urbino, Isernia, Siracusa, Cracovia, Napoli, Barcellona, Lubiana, Rovato, Bucarest, Milano. Collabora con la rivista di poesia “WURZ” e con la Galleria Reatuno di Brescia. Nel maggio 2005, presso l’Archivio di Stato di Milano, riceve il “Premio delle Arti” (XVII Edizione 2005) come fotografo. REDA STAMPE D’ARTE... Acquaforte: Da acqua fortis (acido nitrico). Sistema di incisione consistente nel tracciare il disegno con una punta d’acciaio sopra una lastra metallica (rame, zinco, acciaio) coperta da un sottile velo di vernice resistente agli acidi. Scoperto il metallo sottostante, questo viene corroso dall’acido (morsura). Ripulita la lastra dalla vernice, viene inchiostrata e poi stampata su carta umida sotto la pressione del torchio. Il primo a servirsi dell’acquaforte fu D. Hopfer attorno al 1510. Tra i maggiori acquafortisti vanno ricordati: J. Callot (1592–1635), G. B. Tiepolo (1696–1770), G. B. Piranesi (1720–1778), B. Pinelli (1781–1835), Rembrandt (1606–1669) e F. Goya (1746–1828) solo per citarne alcuni. Litografia: Procedimento di stampa in cui il disegno è fatto su una matrice di pietra (pietra litografica) o su lastre metalliche porose (rame, zinco, alluminio). Il disegno è tracciato sulla matrice con matita grassa, quindi la pietra viene bagnata in modo che assorba l’acqua. Passando poi l’inchiostro grasso, questo aderisce solo alle parti disegnate, mentre la parte umida lo respinge. Per stampe a colori si devono preparare più lastre quanti sono i colori (cromolitografia). Inventore della litografia fu, nel 1796-98, J. Alois Se- nefelder (1771–1834). Litografi artistici furono, tra i tanti: A. Appiani (1754–1817), A. Calame (1810– 1864), G. Dorè (1832–1883), H. Daumier (1808–1879), V. Camuccini (1775–1844), F. Hayes (1791– 1882) e A. Fontanesi (1818–1882). Serigrafia: Tecnica di stampa a più colori e su vari materiali consistente nello stendere l’inchiostro su di un tessuto reticolare di seta fissato ad un telaio in legno, posto sul disegno che deve ricevere l’impressione. Il colore passa al foglio sottostante solo in corrispondenza del tessuto non impermeabilizzato con colla, sulla stampa da riprodurre. Di antica origine cinese, la serigrafia è stata ripresa dall’arte occidentale a partire dal 1930 circa. REDA L’angolo della poesia Gennaio Inchini di rami bianchi off rono leggiadra poesia… silenzio pacato essenza di pace, gennaio nasconde in seno ciò che si chiama miracolo. Luciana Cislaghi Corbetta - Nevicata Gennaio 1985 Addio a Sandro Volpi Solo qualche anno fa lo vedevamo ancora girare per le strade del centro storico accompagnato dal suo amico inseparabile, un pastore maremmano bianco, bianco come i capelli del suo padrone. Era il cane, a sentir Sandro, che lo portava a spasso e decideva per lui anche l’itinerario da seguire e per fortuna gli concedeva, bontà sua, qualche sosta per scambiare qualche parola con chi incontrava. Sandro Volpi era molto conosciuto e amato a Corbetta per la sua lunga attività di elettricista, per quel negozio di apparecchiature elettriche e giocattoli gestito per tanti anni sul Corso Garibaldi, per esser stato figlio di quel Gaetano Volpi, gloria sportiva del podismo negli anni venti e poi giudice di gara in tante competizioni nazionali. Ma Sandro era anche un uomo intelligente, piacevole nel conversare e attento alle vicende della sua cittadina. Forte fu il suo interessamento all’attività del Comitato per la Tutela Ambientale e Architettonica di Corbetta e ricordo, durante alcune assemblee, i suoi appassionati interventi nei quali metteva a fuoco le varie problematiche supportato da un bagaglio di interessanti, preziosi ricordi giovanili. Sapeva anche ascoltare Sandro e soprattutto rispettava l’opinione altrui e simpaticamente, a volte, replicava con arguzia, mai con rabbia ma con la giusta foga. Da lungo tempo malato e sofferente ora è uscito di scena, quasi con discrezione , così come in fondo è sempre vissuto e come tanti ora appartiene alle immagini di una Corbetta che il lento trascorrere del tempo forse un pò scolora ma che non riuscirà mai del tutto a far dimenticare. Gepi Don Franco Pisani-Dossi UN GIALLO TUTTO T anti sono i vanti che certamente Corbetta può ascrivere al proprio “Albo d’Oro”, molti dei quali sono però ad oggi semi sconosciuti. Uno dei grandi talenti fu indubbiamente Franco Pisani Dossi, o semplicemente Don Franco, come lo chiamavano tutti, con un misto di riverenza e tradizione, con quel “Don” nel senso latino del termine, del Dominus, del nobile signore. Egli nacque nel 1894, figlio del celebre scrittore e diplomatico Carlo Alberto Pisani-Dossi (1849-1910), membro di un’agiata famiglia del pavese. Quest’ultimo, dopo essersi ritirato a vita privata nella villa di famiglia ereditata dalla moglie per merito dello zio Francesco Mussi (fondatore in Corbetta dell’omonimo asilo infantile), trascorreva le sue giornate immerso negli studi archeologici che tanto lo appassionavano. Di Don Franco, il padre, dice nelle sue “Note Azzurre” (5783) che lo avrebbe voluto scultore, ma la sua verve naturale lo avrebbe portato nella vita a riscuotere ben altri successi. Egli fu innanzitutto un uomo innamorato della natura, per certi versi riservato, curatore della propria tenuta a Riazzolo (Albairate); nella sua opera-testamento “Libero tra boschi e prati” arriverà a descrivere con febbrile lucentezza la venerazione portata per ogni pianta, gioia sempiterna agli occhi e fonte d’ispirazione, CORBETTESE il tutto affrontato con la spontaneità dell’uomo di campagna ed il rigore del nobiluomo di città. Nel 1913, mosso da questi nobili intenti, fondò l’Azienda Faunistico Venatoria “Pisani-Dossi” a cui si associarono anche i nobili corbettesi Massari, imparentati con i PisaniDossi. Tra il 1938 ed il 1942, Don Franco fu Podestà del Comune di Corbetta. Pochi sanno in realtà, che il figlio del grande Carlo Dossi, fu anch’egli valente scrittore, realizzando un’opera avvincente e purtroppo misconosciuta ai più. Il romanzo in questione, intitolato “Il sotterraneo della canonica” e pubbli- cato nel 1934, può essere ad oggi considerato una piccola grande chicca della nostra beneamata letteratura italiana, pur essendo stato criticato ingiustamente a suo tempo come uno scarno tentativo del figlio di imitare l’ars scriptoria del padre. Integralmente ambientata a Corbetta, la trama è un giallo enigmatico in tutti i sensi, a partire da quel curioso e intelligentissimo parallelismo che si instaura tra i personaggi e i luoghi, che ricordano con evidente spontaneità la nostra città, sebbene essa non sia mai direttamente citata nello scritto, ma il Dossi si limiti a chiamarla “Cortebella”, lasciando trasparire un gusto romantico anche per i nomi. Ed è per le vie e le campagne del paese che si snodano le avventure di un giovane nobile signore di campagna alle prese con un antico mistero che riemerge dai secoli bui della nostra storia e che trova legami profondi con l’antica chiesa parrocchiale e le sue misteriose fondamenta che già furono oggetti di studio del Dossi padre nel 1906. Il protagonista è amante della natura e dell’arte, capace di lasciarsi affascinare dalla storia e dal mistero, in tutto e per tutto simile al caro Don Franco, “geniaccio” della sua epoca e sapiente poeta con la sua penna: insomma, un vero e proprio corbettese D.O.C.! Andrea Balzarotti ECOMUSEO C on Delibera di Giunta n° 8/7873 del 30 luglio 2008 la Regione Lombardia ha riconosciuto l’Ecomuseo dell’Est Ticino, promosso dall’Associazione In Curia Picta –ente gestore diretto–. L’Ecomuseo trae origine dall’Assemblea dei Soci, giusto verbale di costituzione in data 7 maggio 2008. Cos’è un Ecomuseo? Secondo Hugues de Varin (1971) “è il patrimonio culturale di una Comunità, al servizio dello sviluppo locale e sostenibile”. Secondo George Henry Rivière (1980) “è uno specchio dove la popolazione si guarda, per riconoscersi in esso, dove cerca spiegazioni del territorio al quale è legata, unita a quelle delle popolazioni che l’hanno preceduta, nella discontinuità e nella continuità delle generazioni”. Secondo la Regione Lombardia (LR 13/2007) “è il ricostruire, testimoniare, valorizzare e accompagnare nel loro sviluppo la memoria storica, la vita locale, la cultura materiale e immateriale e quella del paesaggio, le relazioni fra ambiente naturale ed ambiente antropizzato, le tradizioni, la ricostruzione e la trasformazione degli ambienti di vita e di lavoro delle comunità locali”. In quest’ambito d’interesse la Regione Lombardia si è posta alcune finalità prioritarie quali: a) il coinvolgimento e la partecipazione attiva della popolazione nell’ecomuseo quale espressione della cultura di un territorio, ricostruendone le trasformazioni sociali, economiche, culturali e ambientali storicamente vissute delle comunità locali; b) la promozione allo sviluppo sostenibile delle comunità locali, delle istituzioni (culturali e scientifiche), delle attività economiche, delle associazioni locali; c) la conservazione ed il restauro delle testimonianze della cultura materiale e immateriale relative alle abitudini di vita e di lavoro delle po- DELL’EST TICINO polazioni locali, delle tradizioni religiose, Le leggi in Italia culturali, ricreative e agricole; d) la valorizzazio- Piemonte: LR 14 marzo 1995 n° 31 ne dei territori e dei LR14 agosto 1998 n° 23 loro patrimoni, di im- Provincia di Trento: LP 9 novembre 2000 n° 13 mobili storici, attrezzi Friuli Venezia Giulia: LR 10 giugno 2006 n° 10 e strumenti di lavoro, Sardegna: LR 20 settembre 2006 n° 14 consentendone la salvaguardia e la buona Lombardia: LR 3 luglio 2007 n° 13 Umbria: LR 14 dicembre 2007 n° 34 manutenzione; e) la predisposi- Molise: LR 8 aprile 2008 n° 11 zione di percorsi turistici e culturali riferiti Villa Pisani Dossi – Corbetta alla storia, all’arte, alle tradizioni lo- Palazzo Brentano – Corbetta cali, creando occasioni di impiego e Villa Clerici – Castelletto di Cuggiodi vendita di prodotti agricoli. no Cosa tutelare? A titolo di esempio, riportiamo qui sotto punti topici del territorio di particolare interesse “ecomuseale”. Le realtà museali: Museo Agricolo “Angelo Masperi” – Albairate Spazio Civico Museale “Storia & Memoria” Francesco Tonali – Arluno Museo Archeologico privato “Pisani Dossi” – Corbetta Museo del legno “Luigi Magugliani” - Corbetta Museo Storico Civico Cuggionese – Cuggiono Museo Contadino – Cornaredo Museo dell’Abbazia di Morimondo Esposizione permanente “Il Naviglio Grande, una storia per immagini” Robecco sul Naviglio. I beni materiali (un piccolo esempio tra i tanti Palazzi, ville, edifici storici, chiese ed abbazie di cui è ricco il territorio): Castello Visconteo – Abbiategrasso Villa Visconti Maineri – Cassinetta di Lugagnano “Castelletto” Corbellini – Corbetta Villa Frisiani Olivares Ferrario – Corbetta Villa Borri Manzoli – Corbetta Villa Frisiani Mereghetti – Corbetta Villa Gandini o “Gaia” – Robecco sul Naviglio Basilica Santa Maria Nuova – Abbiategrasso Collegiata di San Vittore – Corbetta Santuario B. V. dei Miracoli – Corbetta Santa Maria Nascente – Abbazia di Morimondo Ex convento Domenicano – Castelletto di Cuggiono I beni immateriali: Dialetti Canti popolari Tradizioni popolari Mestieri tipici Memorie varie. Come dare attuazione? Nella sempre suggestiva cornice della canonica di Bernate Ticino, il 28 novembre 2008, in un incontro è stato presentato ufficialmente il Progetto dell’Ecomuseo dell’Est Ticino, raccogliendo nuove adesioni e predisponendo le basi per un “Gruppo di lavoro” (Fase 1). In data 16 dicembre 2008 nella Sala San Carlo presso il Santuario Arcivescovile della B. V. dei Miracoli in Corbetta, sono stati resi operativi tre tavoli tematici relativi all’Ecomuseo (Fase 2): 1) Tavolo regolamento e piano intrinseca di rete. Rete, perché collega realtà territoriali già esistenti che operano a diversi livelli per la conservazione della memoria piuttosto che della valorizzazione del territorio. Realtà istituzionali, associative, imprenditoriali. La sinergia tra queste è fondamentale per l’efficacia delle azioni ecomuseali. Rete, perché in Lombardia sono stati istituiti altri Ecomusei territoriali riconosciuti dalla Regione e che stanno già dando vita alla “Rete degli Ecomusei della Lombardia”, per meglio diffondere e far crescere la cultura e la sensibilità ecomuseale. Rete, infine, perché insieme gli Ecomusei lombardi si aprono all’incontro con esperienze similari a livello europeo ed internazionale. : Tracciato del Naviglio Grande Conclusione Corbetta: Comuni partecipanti all’Ecomuseo Turbigo: Comuni di cui si auspica la partecipazione azioni locali per la definizione del regolamento, del piano di azioni locali e della relativa programmazione triennale delle attività, coinvolgendo il maggior numero possibile di attori del territorio. Si realizzerà: la mappa del paesaggio, il censimento dei beni storici, architettonici e paesaggistici, itinerari di fruizione turistica, attività di ricerca e di studio con raccolta di documentazione della cultura materiale e immateriale (storie orali e fotografie, di oggetti, ecc.); 2) Tavolo comunicazione e promozione per lo studio della comunicazione e per la realizzazione del marchio, dei pannelli segnaletici stradali, del sito Internet, della brochure/opuscolo informativo per illustrare alla comunità i risultati della progettazione partecipata; 3) Tavolo formazione e aggiornamento per lo studio di un centro documentazione /biblioteca e di un percorso di formazione degli operatori. Seguiranno ulteriori fasi (Fase 3 e 4) di lavoro. I gruppi stanno già lavorando alacremente per arrivare all’appuntamento finale del 28 marzo, quando a Morimondo vi sarà un’assemblea plenaria di chiusura di questa prima fase costitutiva dell’Ecomuseo e di presentazione dei primi progetti da sottoporre al vaglio regionale per il conseguimento dei primi eventuali finanziamenti. I gruppi di lavoro sono comunque tutt’ora aperti, è possibile dunque inserirsi contattando i referenti (attraverso In Curia Picta). La rete Va inoltre sottolineato come il progetto di Ecomuseo nasce con natura Dal passato abbiamo ricevuto in eredità un grande patrimonio paesaggistico, naturalistico, agricolo, storico architettonico, economico e culturale di pregio. Compito dell’Ecomuseo dell’Est Ticino: percorsi tra storia, saperi e mestieri In Curia Picta è quello di tutelare e valorizzare, attraverso diverse iniziative, il ricco patrimonio che questa parte di territorio possiede, favorendo altresì lo sviluppo turistico con specifici programmi atti a rafforzare l’economia locale. REDA SCHEDE DI RACCONTI... Ai lettori. Il primo numero di questo nuovo anno parte con un’iniziativa che spero sia gradita. Ho impiegato del tempo ma, alla fine, sono riuscito a farmi donare dal nostro collaboratore Aldo Salvi cinque “schede” dei suoi racconti. Sono tante quante le uscite del nostro giornale. Per chi ama leggere credo possa interessare questa particolare anteprima del suo prossimo libro che ad oggi ha, come titolo provvisorio, “I miei racconti”. Di questa raccolta, che edita supererà le 300 pagine, al termine di questa breve segnalazione ne presento il Prologo così come lo ha scritto l’autore. In genere le “schede” sono i sunti dei lavori letterari che ogni autore prepara per sommi capi e invia poi in lettura agli editori i quali decidono, non sempre mi precisava Salvi, se quel lavoro merita una approfondita attenzione. Ai nostri lettori, ai quali con questo primo numero del 2009 presento la prima scheda, resta la fantasia per arricchirla immaginando, di volta in volta, quali potrebbero essere i dialoghi tra i personaggi di ogni racconto, quali le descrizioni dei luoghi dove si svolgono le azioni, ovviamente assenti, quanti i dettagli che di solito arricchiscono ogni fatto narrato. Sono queste le particolarità, oltre l’argomento, che sono parte integrante della fantasia di chi scrive tramite cui l’autore si distingue. È certo che a Salvi queste prerogative non mancano e per chi già lo conosce per lavori simili, il suo narrare non dovrebbe essere noioso. REDA I I miei racconti formano un insieme poliedrico di fatti avvenuti in parte nell’Italia del sud, di cui rispecchio l’ambientazione e i colori in connubio tra la realtà e la fantasia, e in parte in alcune località dell’Europa. Le prime narrazioni presentano uno spaccato di vita legato agli anni della fanciullezza, dei giochi e dei primi amori del dopoguerra nei quali, ognuno potrebbe trovare qualcosa di sé. Si afferma che i ricordi legati ad un’età adolescenziale, se non sono perduti, lasciano lo spazio alle magnificenze che si arricchiscono tramite la concertazione dei sostantivi, dei passati remoti o dei gerundi. Questo è vero, ma la vera ricchezza dell’uomo, senza dubbio, è la vita. Null’altro ha un valo- MIEI RACCONTI re così immenso. Se nei momenti delicati del nostro vivere ci esaminassimo per capire quali sono i tesori del nostro pensiero ed esaminandoli li ponessimo a frutto anche a persone lontane e ciò, ovviamente, potrebbe darci serenità. Per la saggezza maturata nel tempo è logico che si stia attenti a non divenire cattedratici né tanto meno noiosi. Il quotidiano riserva a chiunque fardelli pieni di complicazioni, d’ingiustizie, di sogni, di desideri e di speranze. Tutto, nel forgiare l’umanità, si tramuta poi in esperienza che andrebbe trasferita alle nuove generazioni alle quali poco si dice mentre tutto andrebbe detto senza attendere gratificazioni di sorta. La “felicità” vera si ottiene o si ritrova nei gesti che si compiono di giorno in giorno ed io, per quella “stessa felicità” e senza alcuna presunzione, spero di far apparire i miei racconti come un polittico a più pannelli oppure un insieme di suoni diversi e gradevoli. A tal ragione ho rinverdito alcuni miei ricordi e credo che ognuno, leggendoli, potrà riconoscersi nel proprio passato. Non è forse vero che dal nord al sud o da est ad ovest la vita, i giochi ed anche gli amori si somigliano?… Riviverli non potrebbe essere gradevole e ripagante?… Beh, lo spero proprio. Aldo Salvi IL RAGAZZO DAL FLAUTO D’ARGENTO di Aldo Salvi In un racconto di 21 cartelle è narrata la storia di un ragazzo che diventa un famoso concertista. Tutto avviene a ridosso dello sbarco degli americani a Salerno. È il 1910 quando un emigrante italiano, con la moglie e quattro figli, a seguito della crisi del caffè, vende la sua fazenda in Brasile e torna in Patria. Alquanto benestante, acquista dei terreni nella provincia di Salerno e si sistema definitivamente in una casa patriarcale di nuova costruzione. Olimpia, unica figlia di quel signore, durante un ballo di compleanno conosce Enrico, un capostazione amico di Rafael; uno dei suoi tre fratelli. I due giovani s’innamorano e infine si sposano. Il capostazione, dopo aver prestato servizio a Codola, una stazione ferroviaria in provincia di Napoli, viene trasferito a Caianello e poi a Savignano-Greci, uno scalo ferroviario in Irpinia tra Foggia e Benevento. Paride, il più piccolo di una vivace nidiata di ben sei rampolli figli del capostazione, vive la fanciullezza fra i giochi, la spensieratezza e le avventure che l’età e il luogo offre sia a casa dei nonni, comoda e sfarzosa dove un vago fascino brasiliano non manca, sia allo scalo ferroviario la sua sottostazione, è erogatrice di energia elettrica. A tal ragione le truppe tedesche occupano lo scalo ferroviario durante la seconda guerra mondiale. Tra un giovane artificiere tedesco di nome Henrik e una bella paesanotta, si sviluppa un’intricata storia d’amore. Anna, esperta nel cucire e attenta alle faccende di casa, con affetto è dedita a suo nonno Alberto; il vecchio mugnaio di Savignano a cui deve molto. Anna, orfana, è giunta in paese prima che vi mettessero piede i tedeschi. Spesso, d’estate, lei indossa con semplicità non i soliti vestiti di panno dal colore corvino pretonzolo che le sue amiche e altre donne savignanesi portano, ma vestagliette vaporose, colorate e mali- ziosamente trasparenti. Nel cucirsele cura le finiture collocando ad arte delle guarnizioni vezzose atte a evidenziare le sue grazie prorompenti accarezzate spesso dagli sguardi ascosi dei ragazzi. Vederla in groppa a Ciuchì ogni qual volta si reca d’estate al fiume per lavare lontano dallo scalo i vestiti invernali del nonno, è uno spettacolo a cui assistere. I ragazzi, che la seguono spinti dall’elfo dell’amore, desiderano la sua provocante bellezza e ‘quelle grazie’, mosse sinuosamente, sono lo spunto per i loro tanti sogni meravigliosi. Ma tutto finisce con l’arrivo dei tedeschi. Henrik, il classico biondino con i capelli a spazzola di statura alta e gli occhi sull’azzurro-grigio, nel trascorrere con Anna una notte d’amore, non si accorge che il suo battaglione, in fase di smobilitazione dallo scalo ferroviario, subisce un attacco delle fortezze volanti americane ed è totalmente annientato tra gli Appennini irpini. Il tedesco, che aveva minato diversi punti nevralgici dello scalo ferroviario per ostacolare l’avanzata della V armata inglese verso Foggia, si reca sui posti indicatogli dal comando, ha una crisi di coscienza, bonifica quei luoghi anziché far brillare l’esplosivo, e si uccide. Superato quei momenti legati all’occupazione dello straniero, Paride, dopo aver frequentato a Foggia le scuole industriali, a seguito di varie vicissitudini abbandona quel tipo di scuola e sostiene l’esame d’ammissione per lo studio del flauto al Conservatorio di musica di Napoli. Si presenta con uno strumento d’ebano, un regalo del suo primo insegnante direttore della banda musicale del paese di Savignano ma il professore del Conservatorio consiglia il genitore del ragazzo di cercare un flauto che sia di metallo. E in un negozio di Napoli ne viene trovato uno usato che, rimesso a nuovo, ha subito un bagno nell’argento. “Questo flauto ha una voce bellissima e aiuterà colui che lo adopererà a produrre suoni ed effetti che nessuno prima è riuscito ad ottenere con altri flauti. È stato posseduto da uno strumentista diabolico e chi ne diverrà padrone, sarà un “demoniaco flautista alla Paganini”, sentenzia il commerciante per indurre il capostazione ad acquistare quello strumento. L’affare va in porto e Paride, a seguito di notevoli sacrifici per i viaggi che ogni notte compie per raggiungere Napoli, si diploma e si dà al concertismo. Gira il mondo e la stampa internazionale lo identifica come “Il ragazzo dal flauto d’argento”; lo stesso nomignolo con cui i viaggiatori lo conoscevano allorché, per ragioni di tempo, il ragazzo studiava lo strumento in treno e poi si esibiva, strabiliando chiunque, con dei brani dalle ardite e magiche figurazioni che eseguiva raddoppiandole con una tecnica eccellente. La voce del flauto risultava piena e rotonda e le dita volano sui tasti rotondi come un nugolo di petali di rosa portato via da un leggiadro Zefiro. Suonare e cantare contemporaneamente, come avrebbe dovuto fare il satiro Marsia a seguito della sfida ricevuta da Apollo figlio di Zeus, non sarebbe stato possibile con altri flauti. In diversi passaggi melodici tipo jazz Paride rende rochi i suoni del suo strumento rinforzandone la voce gutturalmente. In modo impensato ottiene effetti a intervalli di terza e se queste contemporanee emissioni non sono un cantare e suonare assieme, poco ci manca. Ma quando le emozioni diventano DOPPIO FESTEGGIAMENTO PER L’AVIS suoni di una rorida freschezza, si può essere increduli al punto che lo stesso ragazzo si pone un quesito: “È un’emissione particolare acquisita in treno per aver azzittito lo strumento o è l’anima dannata nascosta nel flauto come ha detto il commerciante a mio padre per vendergli questo strumento?…” Dopo una vita di concerti, Paride, da anziano e scapolo, è ancora innamorato di Anna, che con l’andata dei tedeschi diede alla luce il figlio di Henrik. Il flautista vuol rivivere almeno per un giorno le stesse emozioni vissute in gioventù e decide di esibirsi in treno dove strabilia i viaggiatori che lo ascoltano. Essi presumono che il vegliardo sia un mendicante e gli offrono delle monetine. Sul tintinnare del metallo che tocca il fondo del vagone, come il riso folle di tanta gente stupida, l’anziano flautista si convince che è la fine e che i clamori di un tempo lo hanno definitivamente abbandonato. Il passato non lo ha aiutato a capire il presente né gli fa immaginare un futuro anche se il suo, per l’età, ha ben poco da offrirgli. Il destino a volte è come il vento: spinge oltre la propria volontà. Di una vita vissuta sull’isola felice della musica al vecchio concertista gli restano soltanto la tristezza e la solitudine; due amare sofferenze del morale. Paride non vuole smarrirsi in un sogno finito e trovando inconcepibile dover vivere in un mondo che avanzava nelle bassezze le cui inevitabili conseguenze sono lo stare tra persone che nella stoltezza e nel lassismo si gratifica, mette fine al suo essere. Lo stesso giorno, anzitempo il calare delle ombre sulla terra, il suo corpo giace straziato in una scarpata lungo i binari della ferrovia e in un cielo buio senza lumi di un proscenio, una vivida luce brilla solitaria nel punto più alto dell’infinito: è la stella del ragazzo dal flauto d’argento. D omenica 12 Ottobre 2008, in occasione dei festeggiamenti del 25° anniversario di attività del Centro Vittorio Formentano di Limbiate il vicepresidente dell’Avis di Corbetta, Graziano Serati, è stato premiato insieme ad altri donatori della Provincia per le donazioni effettuata presso l’unità di raccolta di plasma gestita dall’Avis provinciale di Milano. Il 4 Giugno del 1983 a Mombello di Limbiate viene inaugurato il Centro emotrasfusionale intitolato al fondatore dell’Avis Vittorio Formentano. Si tratta di un centro innovativo per la raccolta del sangue intero e di plasma dal 1985, che nasce per sopperire alle carenze della raccolta degli ospedali della Provincia, favorirne una più razionale distribuzione e, con il plasma, potenziare la produzione di emoderivati in Lombardia. L’allora presidente provinciale Dott. Renato Rigamonti, e i suoi più stretti collaboratori avevano in animo di realizzare un centro provinciale di raccolta già da una decina di anni, ma ci vollero tempi lunghi, sforzi e tenacia perché il sogno, ostacolato da più parti, si avverasse. Dopo 4 anni di lavori, di sacrifici di ogni genere e di ricerche estenuanti di fondi si arriva a realizzare il sogno dei donatori della provincia di Milano, del loro Consiglio direttivo provinciale e del Presiden- te Renato Rigamonti. Il 4 Giugno del 1983 si inaugura ufficialmente il Centro, alla presenza del Presidente del Senato Vittorino Colombo, del Vicepresidente della Camera dei Deputati Aldo Aniasi, del Cardinale Giovanni Colombo e di alcuni consiglieri regionali. Dai padiglioni fatiscenti dell’ex manicomio il Centro si presenta completamente rinnovato, dotato di una sala di accettazioni, di sue unità di prelievo, ambulatori medici per le visite ai donatori e per i frigoriferi, di un ampio bar ristoro, di una sala riunioni e uffici. Nel 1985 inizia l’attività di raccolta del plasma, l’Avis provinciale chiede la disponibilità ai donatori di presentarsi a donare il plasma, procedura agli albori e non ancora diffusa sul territorio, appello raccolto anche dall’Avis di Corbetta che manda alcuni soci ad effettuare le prime plasmaferesi. Il consiglio direttivo dell’Avis di Corbetta ha quindi segnalato Graziano Serati, che è stato premiato con una medaglia in argento con il logo del centro Formentano con inciso il proprio nome ed il gruppo sanguigno. Paolo Meda I SARAS Dott.Marco Saracchi E i salici? No, non ci siamo dimenticati di loro. E’ vero, hanno perso molta dell’importanza che avevano in passato: non mastichiamo più le loro foglie e la loro corteccia; ovini e caprini non vengono più alimentati con le loro foglie; il legno, leggero e poco durevole, solo qualche volta ci scalda nei camini e non dà quasi più suole di zoccoli; con i loro rami non si producono più così tanti cesti e panieri come una volta. I “saras” sono sempre una presenza costante e silenziosa delle nostre campagne e molte addobbano parchi e giardini di nuovo e vecchio impianto. Il genere Salix, al quale appartengono i salici è molto vasto, comprendendo circa 300 specie tutte caratterizzate da rapido accrescimento e da scarsa longevità. Il nome del genere probabilmente deriva dal termine celtico sal-lis che significa “vicino all’acqua”. In latino era detto salix, ma i Romani chiamavano vimenis la varietà i cui rami flessibili erano utilizzati per la fabbricazione di cesti. La sua corteccia contiene un grande quantità di tannino utilizzato per vari scopi sin dall’antichità. Il salice più comune da noi è il salice bianco (Salix alba), pianta dalla chioma ampia, fusto diritto con corteccia fessurata, alto sino a 20m. Ha foglie semplici lanceolate, alterne e caduche. Il margine è seghettato. Caratteristica è la pagina inferiore delle foglie per il colore argenteo e la fina peluria. I fiori sono riuniti in piccoli “grappoli” chiamati amenti: il salice bianco è una specie nella quale si distinguono piante maschili e piante femminili in quanto ogni singolo albero può avere solo fiori maschili o femminili. Fiorisce da Marzo ad Aprile. Il frutto è una capsula che contiene numerosi semi avvolti da peli simili al cotone, indispensabili al seme per essere diffuso dal vento. Il salice bianco ha un’area di distribuzione che si estende in tutta l’Europa cen- tro-meridionale, nell’Asia centro-occidentale e nell’Africa settentrionale. In Italia è spontaneo in tutte le regioni e caratteristica è la sua presenza lungo i fiumi e le rive dei laghi dove lo troviamo insieme ad esempio a diverse specie di pioppo. Altri salici presenti nelle nostre zone sono il salice piangente (S. babylonica), il salice rosso (S. Purpurea), il salice fragile (S. fragilis) e il salicone (S. caprea). Il salice piangente non è una pianta autoctona: proveniente dalle regioni centro asiatiche è stato introdotto in Europa nel 1692. E’ stato classificato da Linneo come S. babylonica rifacendosi a un versetto dei Salmi in cui si rievoca il rimpianto della patria perduta dagli Ebrei che, fatti schiavi a Babilonia, avrebbero appeso le loro arpe ai salici in segno di lutto (Salmo 176). Il riferimento di Linneo a Babilonia era puramente fantasioso perché il salice dell’Antico Testamento non poteva essere quello cinese, ma una delle tante specie originarie del Vicino Oriente e dell’Asia Minore. Nell’immaginario popolare, i rami cadenti fino al suolo e le foglie pendule –evocando le lacrime– hanno fatto di quest’albero l’emblema del ricordo nostalgico e della malinconia. Il salice produce un frutto che, dopo la fioritura, arriva rapidamente a maturazione e cade, dando l’impressione che la pianta si liberi del suo frutto prima ancora che sia maturo. Ne parla Omero nell’Odissea nel passo in cui la maga Circe, per descrivere ad Ulisse il luogo di entrata dell’Ade, dice testualmente: “… ecco la costa bassa e le selve di Persefone, ecco gli alti neri pioppi e i salici che perdono i loro frutti là tu approda con la nave…”. Nella simbologia classica l’immagine di un al- bero vivente uccisore del proprio frutto è ricollegabile alla Grande Madre o la Madre Terra che, in un perenne ciclo di vita e di morte, genera i suoi figli e poi li riassorbe nel suo grembo. In Grecia il salice era dedicato alle dee lunari, da Era, che si dice nata fra i salici, a Persefone, che possedeva un boschetto di salici dalle magiche virtù, da Circe a Ecate, tutte personificazioni notturne e infere della Luna, come triplice dea. Ma anche a Demetra e Core che si veneravano a Eleusi (vicino ad Atene) e che impersonavano allo stesso tempo vita e morte, fecondità e castità, maternità e verginità. Si narra che la culla di Zeus sull’Ida fosse appesa ai rami di un salice cresciuto fuori dalla caverna dov’era nato il futuro padre degli dèi. L’albero era sacro alla Luna perché prediligeva l’acqua e sui suoi rami nidificava il torcicollo (Jynx torquilla), uccello sacro alla dea, migratore primaverile sibilava come un serpente, alzava la cresta quando era adirato, aveva il collo mobilissimo, deponeva uova bianche e aveva sulle piume segni a V, simili alle scaglie dei serpenti oracolari, consacrati alla Luna nella Grecia antica. Il salice era, inoltre, un albero molto importante per i Celti, tanto che i sacrifici umani dei Druidi venivano offerti al plenilunio in cesti e vimini e le loro selci funerarie avevano la forma di una foglia di salice. Il salice è rappresentato anche nella tradizione ebraica nella festa delle “Capanne”, festa di ringraziamento per la raccolta dei frutti della terra in cui la pianta, che cresce vicino ai corsi d’acqua - “come salici lungo acque correnti” (Isaia, 44,3-4) - viene percepita come fonte di vita, analogamente all’acqua che la nutre, e quindi simbolo del rinnovato fiorire e germogliare. Nella tradizione medioevale la “pianta che non dà frutto” diventa simbolo di sterilità e i salici vengono paragonati agli uomini avidi, avari, sterili in ogni opera buona. Il suo stretto legame con la Luna lo ha tramutato in quest’epoca nell’albero degli incantesimi e in quello prediletto dalle streghe. “Alle fronde dei salici” E come potevano noi cantare Con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. Salvatore Quasimodo Ulteriori curiosità sul Salice Il Salice, pianta magica a Saturno, era particolarmente attivo nei giorni dei Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre), nei quali si festeggiava la fine dei lavori agricoli. Erano feste più o meno licenziose che rompevano l’ordine costituito: gli schiavi comandavano i loro padroni e questi li servivano. Nell’Europa centrale, in occasione della domenica delle Palme, gli amenti di Salice (come quelli di palma o di ulivo) vengono benedetti e tenuti in casa perché si crede che possano allontanare ogni male, specialmente il fulmine. In Cina il Salice simboleggiava in modo inequivocabile l’erotismo, tanto che le cortigiane erano chiamate “fiori e salici”; ad una fanciulla ci si rivolgeva come a un “tenero salice, un fiore appena colto”. La famosa bacchetta usata dai rabdomanti per cercare l’acqua nel sottosuolo (radiestesia), altro non è che una ramo di Salice fatto a forcella. Il fenomeno è obiettivamente comprovato e sembra attribuibile a variazioni dei campi magnetici percepibili dalla persona. Gli amici, in segno di commiato, offrivano rami di Salice a quei funzionari che erano stati trasferiti in provincia. 110 ANNI E NON LI DIMOSTRA Dott.Marco Saracchi N elle Storie di Erodoto, padre della etnografia, si legge di un popolo che stranamente aveva una maggiore resistenza di altri verso molte malattie e che tali uomini avessero l’abitudine di mangiare foglie di salice. Anche Ippocrate, considerato il padre della medicina, cita il salice in relazione alla cura delle malattie: egli conosceva infatti l’uso di una polvere amara estratta dalla corteccia di questo albero che era utile per alleviare il dolore ed abbassare la febbre. Rimedi simili erano conosciuti anche da egiziani, assiri e indigeni americani per lenire mal di testa, dolori, calmare la febbre e i brividi. C’è del vero in queste vicende o erano solo alcune delle tante storie, spesso inventate o travisate, che gli autori antichi riportavano nei loro scritti? A metà 1700 un reverendo inglese, Edward Stone, lavorò attivamente sull’uso razionale e sugli effetti positivi dell’impiego della corteccia di salice, specie per calmare le febbri. Di questa sue esperienze, condotte con parziale metodo scientifico, diede comunicazione alla importante Royal Society al fine di ottenerne l’avvallo e di favorirne la diffusione nei differenti ambiti scientifici. Dagli archivi e dalle pubblicazioni della Bayer emergono importanti notizie storiche in merito agli sviluppi di questa storia. Innanzi tutto bisogna aspettare ancora alcuni decenni per approfondire ancora di più l’argomento. Nel 1828, infatti, il professore di farmacologia Johann Andreas Buchner, preparò un estratto di corteccia di salice e acqua, eliminò le impurità della soluzione così ottenuta e la fece evaporare. Ottenne così una sostanza giallognola che chiamò “salicina”. Il chimico francese Pierre Joseph Leroux convertì nel 1837 la salicina in un formato cristallino e, un anno dopo, il chimico italiano Raffaele Piria scisse la sostanza in un componente zuccherato e uno aromatico. Trasformò poi la parte aromatica, che rappresenta il principio attivo, in quello che chiamò “ácide salicylice”: l’acido salicilico. Il composto fu isolato anche dai fiori di olmaria (Spiraea ulmaria) da alcuni ricercatori tedeschi, quali Karl Jakob Löwig nel 1839. Nel 1853, a Strasburgo, il chimico Charles Frédéric Gerhardt riuscì ad alterare chimicamente l’acido salicilico tramite acetilazione, producendo il primo acido acetilsalicilico (abbreviato in ASA) in forma primitiva, sebbene chimicamente impuro e, pertanto, instabile. Nel 1859 il professore di chimica Hermann Kolbe, a Marburg in Germania, spiegò con successo per la prima volta la struttura chimica dell’acido acetilsalicilico, che riuscì poi a sintetizzare nel 1859. Nel 1874, un suo allievo, Friederich Von Hieden, avrebbe iniziato a produrlo industrialmente e a commercializzarlo. Friedrich Bayer e Friedrich Weskott, due amici di Wuppertal in Germania, non sapevano nulla di medicina, ma si intendevano a fondo di colori. Weskott era un esperto di tinture, mentre Bayer era un commerciante di vernici. Insieme, il 1° agosto 1863, fondarono a Wuppertal-Barmen la società generale “Friedr. Bayer & Co.”, con lo scopo primario di produrre colori all’anilina. Nel 1886, cinque anni dopo la trasformazione dell’azienda nella Società per Azioni “Farbenfabriken vom. Friedr. Bayer & Co.”, i due esperti di colori scoprirono –mediante audaci esperimenti su se stessi– che, dagli scarti della fabbricazione dei colori, si poteva produrre un sedativo antipiretico: la fenacetina. Fu però il dottor Felix Hoffmann, ri- cercatore scientifico di Bayer, mentre era alla ricerca di un antireumatico più efficace, e meglio tollerato per suo padre, a produrre il 10 agosto 1897 il primo acido acetilsalicilico (ASA) chimicamente puro e stabile, decisamente più adatto all’uso terapeutico. E dato che l’ASA di Hoffmann non conteneva acido salicilico allo stato libero, i temuti effetti secondari non si manifestavano. Il professor Heinrich Dreser, fu direttore del laboratorio farmacologico della Bayer (il primo laboratorio industriale del genere al mondo). In questa sede si sperimentava l’effica- cia e la tollerabilità delle sostanze alla quale lavoravano Hoffmann e la sua equipe di ricercatori. All’inizio Dreser si mostrò scettico circa il valore dell’acido acetilsalicilico (ASA) ma, nel 1898, descrisse in una pubblicazione scientifica intitolata “Pharmakologisches über Aspirin” (“La farmacologia dell’Aspirina”) le straordinarie proprietà analgesiche e antipiretiche dell’ASA, sottolineandone la maggiore tollerabilità rispetto al passato. Fu a questo punto che lo staff direttivo della Bayer decise di commercializzare il farmaco: era nata dunque l’Aspirina! Il certificato di nascita del nuovo farmaco recitava “Circolare relativa alla denominazione di un nuovo prodotto farmaceutico”: era il 23 gennaio 1899 e il suo nome era “Aspirin”. Mentre la “A” fa riferimento al prefisso “acetil”; la sillaba “spir” è tratta dall’acido spireico, una sostanza ricavata dal succo dell’olmaria (Spiraea ulmaria) chimicamente identica all’acido salicilico. Secondo la leggenda, invece, il nome “Aspirina” deriverebbe da San Aspirino, vescovo di Napoli, che, si diceva, fosse il Santo patrono del mal di testa. Oggi, il primo farmaco sintetico compie 110 anni. Il 6 marzo l’Ufficio Brevetti Imperiale di Berlino include l’Aspirina nel registro dei marchi commerciali con il numero 36433. La produzione dell’Aspirina inizia in Germania nell’impianto di Elberfeld, distretto della città di Wuppertal. In seguito alle vicende belliche della prima guerra mondiale la Bayer, tedesca, perde il nome e i marchi di fabbrica che vennero messi all’asta negli Stati Uniti. Migliore offerente si rivela la Sterling Products Company, in seguito nota come Sterling Winthrop; l’azienda farmaceutica vinse l’asta con un’offerta di 5,3 milioni di dollari. Il farmaco prodotto verrà venduto in tutti i Paesi del mondo e in Italia giunse per la prima volta nel 1939 e nel 1969 la versione “effervescente”. Il 12 luglio 1969, a bordo dell’Apollo XI, l’Aspirina “sbarca” sulla luna. Questa non è la fine della storia ma l’inizio di un’evoluzione che ancor oggi la ricerca scientifica scrive ogni giorno. CHE TE TEMPO FA OGGI? LO DICE P er elaborare una previsione del tempo attendibile esiste una semplice ricetta: la conoscenza del territorio di riferimento e la libertà di poter scrivere la verità, senza alcun condizionamento esterno. Questo è ciò che sostiene il magentino Marcello Mazzoleni, che dal settembre 2007, dal lunedì al sabato, fornisce un bollettino dettagliato per i Comuni del Magentino, Abbiatense e Castanese. A queste due peculiarità se ne aggiungono altre, quali ad esempio una corretta lettura dei modelli fisico-matematici di riferimento, una grande passione per la meteorologia e per l’ambiente e il tentativo di instaurare tra il lettore e il previsore un rapporto il più possibile di fiducia reciproca, quasi di compartecipazione alla realizzazione di una previsione. Sul sito: www.meteocorbetta.altervista.org il bollettino inizia con un’analisi dello scenario meteo europeo, per poi dettagliare la situazione della fascia pianeggiante che va dal Sesia al Lambro, riguardanti praticamente le province di Vercelli, Novara, Varese, Milano, Pavia e Lodi. L’affidabilità delle previsioni, negli anni di attività, ha sfiorato il 95% nel breve termine ed il 90% per il MARCELLO E... medio termine. Ecco le medie delle temperature e delle preIl vero punto di forza del servicipitazioni che ricaviamo dalle rilevazioni efzio è la descrizione puntuale fettuate da Marcello dal 1985 ad oggi a Madell’evoluzione di Corbetta nelle genta: fasce orarie della giornata; navigando nel sito è attiva una semese min max mm zione di approfondimento con gen -2,1 6,3 60 statistiche storiche che racconfeb -0,2 10,1 72 tano l’evoluzione climatica dei mar 4,3 14,5 90 Comuni della pianura Padana. apr 7,1 18,8 102 Vi sono anche i radar meteoromag 12,3 24,2 114 logici per seguire in tempo reale giu 15,6 27,7 91 le precipitazioni, le webcam, le lug 18,8 30,4 75 immagini dal satellite, le carte ago 17,9 28,7 83 sinottiche e tutto ciò utile per set 14,5 24,5 85 capire la situazione meteo. ott 9,2 18,1 108 Una passione, quella per la menov 4,4 11,2 85 teorologia, che Marcello coltiva dic -0,9 7,7 68 sin da piccolo, dai tempi della scuola elementare, quando già anno 8,4 18,5 1033 raccoglieva i dati sulle temperature, le precipitazioni e le Ecco le temperature record regicondizioni climatiche di Magenta e strate dal 1985 ad oggi: valide ovviamente anche per Corbetta. Minima più bassa: Da allora ha accumulato un note-14.4°C il 9 gennaio 1985 vole archivio che, da oltre vent’anMassima più alta: ni, documenta tutti i rilevamenti e +39.2°C l’11 agosto 2003 le analisi delle precipitazioni mese Massima più bassa: per mese. - 4.6°C il 7 febbraio 1991 Questo sito è stato creato da AlesMinima più alta: sandro Redaelli, e rappresenta +24.1°C il 26 giugno 2002 l’evoluzione del vecchio portale Meteo Magenta rimasto attivo dal 2001 al 2005, e che ha totalizzato Alessandro & Marcello oltre 500mila contatti. Ai Collaboratori Lettere, articoli, informazioni, notizie, etc. vanno inviate a: * Redazione Curia Picta: Villa Pagani - Della Torre Piazza XXV Aprile, 4 Corbetta (MI) Cell. 392.5755486 e-mail. [email protected] web. http://curiapicta.visitacorbetta.com * Per la vostra pubblicità: Pro Loco Corbetta 348.3269386 Chiuso in redazione il 10/02/2009 Curia Picta * Direttore responsabile: Redaelli Luciano * Segretaria di redazione: Ragusa Chiara * Redazione: Baroni Gepi, Granatelli Fabio, Saia A. Rita, Salvi Aldo, Saracchi Marco * Grafica e impaginazione: Redaelli Alessandro * Stampa: Tipolitografia Crespi srl - Corbetta * Direzione e redazione: Villa Pagani - Della Torre, Piazza XXV Aprile, 4 I testi e le foto pubblicati sono opera dei firmatari i quali se ne assumono la responsabilità civile e penale. Reg. Trib. di Milano n.145/23 febbraio 2000