Anno X Numero 1
Gennaio - Febbraio 2009
CORTE DIPINTA
PERIODICO DI INFORMAZIONE, CULTURA E TURISMO A CURA DELLA PRO LOCO CORBETTA
PUNTI DI DISTRIBUZIONE: EDICOLE, CARTOLERIE, LIBRERIE - NEGOZI CHE ADERISCONO CON LA PUBBLICITÀ
COMUNE E BIBLIOTECA - NEGOZI CHE ESPONGONO IL LOGO “PRO LOCO”
LA NOTTE
C
ome ogni anno, il tradizionale falò di Sant’Antonio organizzato dalla Pro Loco di Corbetta è stato acceso il 17 gennaio in
via Vespucci, grazie alla concessione di un’area libera dell’Immobiliare
SIMA.
DEL FALÒ
“La manifestazione è andata benissimo –detto la presidente Floriana
Sansottera–nonostante il freddo
erano presenti molte persone a dimostrazione che la manifestazione
di antichissima origine è ancora sentita. La presenza dei bambini e dei
a Castellazzo de’ Stampi, a Soriano
e a Cerello.
Dobbiamo però constatare, con
rammarico, che le aree disponibili
per il falò si vanno sempre più riducendo a causa dell’espansione edilizia, questo può creare qualche problema per il futuro, ma auguriamoci
di poter tramandare questa tradizionale festa alle future generazioni.
Un altro avvenimento ha caratterizzato la giornata del 17 gennaio. I
pompieri volontari del distaccamento di Corbetta, davanti al Santuario
della Beata Vergine dei Miracoli,
hanno festeggiato Sant’Antonio con
la tradizionale benedizione dei mezzi
impiegati, impartita da don Mario
Motta.
È questa una tradizione originata,
probabilmente, dal fatto che erano
soliti spegnere incendi divampati in
stalle e fienili, tralasciando di festeggiare Santa Barbara, effettiva
patrona dei pompieri e degli artificieri.
Alex Redaelli
Attorno alla catasta di legna e bancali si è radunata parecchia gente,
tante le famiglie con bambini, numerosi i giovani e tutti hanno atteso
le ore 21,00 quando rappresentanti
dell’Associazione hanno acceso la
pira. La fredda serata del sabato è
stata riscaldata dalle fiamme e dalla
distribuzione, ai più golosi, di salamelle, vin brulè, chiacchiere e panettone, rallegrando così grandi e
piccini.
giovani ci fa ben sperare perché questa tradizione non venga dimenticata”.
Un grazie a tutti i volontari, al
“cuoco” delle salamelle Sandro Oldani, agli Amici CB di Corbetta, alla
Protezione Civile di Bareggio ed al
panificio Sala di Corso Garibaldi,
che hanno permesso il ripetersi di
un’iniziativa legata alla tradizione
agricola lombarda.
Rituali falò sono stati altresì accesi
F
argüj
Una delle condizioni della
critica […] è di non avere
arte propria…
C. A. de Sainte-Beuve
UN
PREMIO A
GIULIANO GRITTINI
N
ella Sala Grassi, presso il Comune di Corbetta, l’Amministrazione Comunale ha assegnato
l’annuale premio “Città di Corbetta”, nato nel
1999, per valorizzare l’opera di quanti hanno contribuito alla diffusione ed alla promozione della cultura e
dell’arte nel territorio e tra la popolazione di Corbetta.
Per il 2008, il 13 dicembre è stato assegnato a Giuliano Grittini, titolare della Stamperia d’arte “L’Incisione”, con sede in Corbetta in via Monte Bianco n° 2.
Un riconoscimento doveroso ed importante perché
premia la trentennale attività di stampatore d’arte di
Grittini protagonista in molteplici collaborazioni con
prestigiosi artisti: da Aligi Sassu a Federica Galli, da
Salvatore Fiume a Renato Guttuso, da Michele Cascella a Ernesto Treccani, da Remo Brindisi a Ugo
Nespolo, solo per citarne alcuni.
“Sono fortunato –ha detto il premiato– perché ho l’opportunità di fare un lavoro che amo e ringrazio mia Moglie Marina per la pazienza che mi dimostra”.
Alla consegna del premio è seguita, nella Sala delle
Colonne presso il Municipio, una mostra intitolata
“L’anima della Luce” (ritratti d’autore), un’esposizione
di immagini e parole reinterpretate da Giuliano con
tecnica mista –su tela–, utilizzando come sfondo i ritratti di Marylin Monroe, Pierre Restany, Luciano Pavarotti, Gillo Dorfles e Alda Merini, sua grande amica,
i cui ritratti, a volte, hanno scandalizzato, ma hanno
commosso, sempre.
REDA
Canzone d’amore
per Giuliano Grittini
Il mio vecchio che sembra un ragazzo
e che tante volte avrei voluto uccidere
per gelosia e amore.
Il mio vecchio che mi ha celebrato come venere
e mi ha messo su tutti i giornali.
Il mio vecchio con cui ho fatto numerosi viaggi
e che non tornerà più
dovrebbe dire a certe donne che
i suoi bianchi capelli
sono quelli del divino apollo
che incanta tutte le donne
e che io dafne mi nascondo tra i rami degli alberi
per non essere presa tra le sue braccia.
Lui ha percorso mari e monti per conquistarmi
ma io sono un tronco di puro silenzio
e non gli farò vedere il mio fogliame.
Il mio uomo che è bianco di capelli
e giovane di anni mi ha sempre portato lontano
e non ha mai ritratto queste fanciulle
che credono che un uomo,
un uomo divino possa un giorno baciarle sulla bocca.
Alda Merini
DA CORBETTA
D
a alcuni anni padre Livio Valenti e padre Sergio Belloli
operano a Targoviste in Romania in attività educative rivolte ai
bambini.
I “nostri bambini”, come amorevolmente
li
chiamano,
sono
ritratti nel
calendario
2009,con
volti sorridenti nell’attimo
dello scatto fotografico; difficile è immaginare che la
vita di questi ragazzi in Romania è
ancora tutta in salita, molto in salita.
Certo la Romania del dopo comunismo e del dopo Ceausescu è cambiata: è aumentato il traffico nelle
strade, ovunque ci sono segni di
maggior benessere per i cittadini,
enorme è lo sviluppo edilizio, tutto
questo confermano le prime impressioni positive del progresso che
danno l’illusione di
potersi
permettere
tutto quello che si desidera.
A questa apparente
ricchezza si contrappone la cruda vita
quotidiana delle famiglie le quali devono
ridurre gli acquisti,
ALLA
ROMANIA
non riuscendo a far fronte agli aumenti dei prezzi ormai arrivati ai livelli di quelli occidentali. Nei supermercati si trova di tutto, ma a prezzi
proibitivi, contro un salario ben
lungi da essere adeguato al costo
della vita.
Lo stato
romeno
passa ad
ogni
ragazzo presente nella
comunità
Somasca
26 Euro al
mese (90
lei), per cui diventa pressante la ricerca di nuovi fondi sia per la gestione ordinaria, sia per le spese di manutenzione che preoccupano il quotidiano. Anche il semplice andare a
fare la spesa col gasolio a 1,33 Euro/
Litro (4,61 lei), è diventato un problema serio.
Per quanti desiderano collaborare al
mantenimento ed alla realizzazione
delle varie attività educative, permettendo di dare attuazione ad al-
cuni nostri sogni, è nata la Fondazione Missionaria Somasca Onlus
avente sede in Piazza XXV Aprile 2
– 20121 Milano – alla quale è possibile devolvere aiuti mediante:
- c/c bancario 38747 presso Credito
Bergamasco (CREBERG) piazza Missori 3 –20123 Milano–
IBAN:
IT89H033601600000000038747
cod. SWIFT: CREBIT22MIX (aggiungere per bonifici all’estero);
- c/c postale 90143645
presso Poste Italiane (per bollettini
in posta)
IBAN:
IT78G0760101600000090143645
(per bonifici tramite banca).
Grazie ai vostri aiuti, forse il futuro
di questi ragazzi potrà riempirsi di
speranza.
Alex Redaelli
Errata corrige
A pagina 2 –3° colonna– del Curia
Picta n° 5/2008, erroneamente è
stato indicato Vittorio Emanuele II
anziché Re Vittorio Emanuele III.
Ce ne scusiamo coi nostri lettori.
Pro Loco Corbetta
Villa Pagani - Della Torre
Piazza XXV Aprile, 4
Tel. 02.97486809
Fax 02.97485387
cell. 392.5755486
e-mail: [email protected]
internet: www.prolococorbetta.altervista.org
Tesseramento presso la sede
Giorni ed orari di apertura al pubblico
Martedì dalle 21,00 alle 23,30
Sabato dalle 10,00 alle 12,00
NASCITA
E MORTE DI UN
A
nche il Corbetta Football
Club, al pari di altre grandi
formazioni calcistiche, ha
avuto un suo Fans Club.
L’idea era nata dalla passione calcistica di Renato Trezzi, allora gestore
della Cremeria del Corso in Corso
Garibaldi 10, che ha raccolto attorno a sé un centinaio di affezionati
tifosi della squadra bianco–celeste.
Un fatto accaduto al termine della
prima stagione in Interregionale ha
ulteriormente contribuito alla fondazione del Club: l’arrivo alla Presidenza, nel giugno 1990, di Ezio
Greggio, il popolare attore comico
conosciuto dal grande pubblico per
le trasmissioni televisive Drive in e
Striscia la notizia, pervenuto in un
momento di vuoto dirigenziale dopo
le dimissioni del presidente Fabiano
Rosa. Grazie alle sue conoscenze furono organizzati entusiasmanti in-
FANS CLUB
contri amichevoli con formazioni di
serie A (Inter, Milan, Juventus, Torino, Parma, Genoa, Sampdoria…)
che contribuirono ad accrescere
l’immagine del Corbetta calcio.
L’inaugurazione del
Corbetta Fans Club
avvenne giovedì 7
novembre 1991 dopo
la partita amichevole
col Parma (5–1 a favore del Parma), nella
sede presso la Cremeria del Corso, alla
presenza
della
squadra, dei dirigenti col presidente Ezio Greggio e
con la partecipazione di oltre 200
persone.
L’obiettivo principale era quello di
organizzare
un
servizio di pullman per seguire
la squadra nelle
trasferte
fuori
casa, di assegnare
una medaglia a
quei giocatori che
si erano distinti
durante il campio-
nato, nonché di premiare con una
targa i tifosi più assidui, perché, ancora oggi, sono numerosi e fedeli nel
seguire le vicende sportive della
squadra.
Greggio lasciò la presidenza della
squadra del Corbetta nel 1992 quando retrocesse in Eccellenza, non
senza strascichi polemici; contemporaneamente anche il Corbetta
Fans Club si sciolse non senza qualche rammarico.
REDA
Inaugurazione del Fans Club Corbetta.
Renato Trezzi con la Moglie Sig.ra
Maria, ritratti con l’allenatore del Corbetta Silvano Fontolan (in alto) e col presidente Ezio Greggio (a sinistra).
ASSOCIAZIONE
AMICI DELLA MUSICA “AURELIO
Q
uando si inizia un nuovo
anno si cerca di fare un resoconto di quello che si è fatto
nell’anno passato, ma soprattutto di
guardare all’anno che viene e a preparare tante nuove iniziative.
Iniziamo quindi con il resoconto del
2008, anzi, da ottobre 2008, dato
che le nostre attività sono iniziate in
quel mese.
Proprio ad ottobre sono partiti i corsi
di musica inseriti in una nuova
scuola nata all’interno della nostra
Associazione, a cui abbiamo dato il
nome “crescendo in musica”. I corsi
hanno raccolto un enorme successo, tanto che a gennaio ci sono stati
quasi 20 nuovi iscritti che, aggiungendosi agli iscritti di fine 2008,
stanno per raggiungere la cifra complessiva di 70 allievi.
Di questi 70, circa 20 sono bambini
sotto i 10 anni, 10 sono adulti sopra
i 20 anni, mentre i rimanenti sono
nella fascia tra i 12 e i 18 anni.
Questo numero è destinato a crescere grazie all’apertura di nuovi
corsi iniziati a Gennaio 2008: il
corso di canto e tecnica vocale e il
Coro Gospel, su cui stiamo puntando tantissimo.
Proprio il gospel è stato il filo conduttore per la presentazione degli
Amici della Musica “A. Fanciosti”,
che si è tenuto il 14 Dicembre scorso presso l’auditorium don Sacchi
grazie al nuovo parroco, don Giuseppe.
La Sala era gremita di pubblico, che
ha manifestato interesse e curiosità verso la
nostra nascita:
un
evento
che ci ha
fatto capire ancora di
più l’importanza
che
la
nostra
città ha di
avere
un
punto di riferimento
musicale,
sia per i
corsi
di
musica, sia per l’organizzazione
di concerti.
L’Assessore alla Cultura Loredana Vanzulli è appunto intervenuta per sottolineare la sua gioia
per la nascita di una nuova Assocazione, che contribuirà ad arricchire
culturalmente i corbettesi. Il parroco don Giuseppe Angiari ha ricordato che la musica e il canto sono
strumenti per lodare Dio e che la
musica è fondamentale per la crescita individuale.
Il presidente Carlo Meda ha letto i
primi articoli del nostro statuto per
sottolineare gli scopi della nostra
nascita: contribuire, attraverso l’organizzazione di corsi ed eventi musi-
FANCIOSTI”
cali di ogni genere alla
alfabetizzazione musicale del nostro
paese.
Dopo questi interventi, è stata
la
volta
di
Manfredi Trugenberger,
che formerà il
nostro
coro
gospel.
Per
l’occasione il
coro del Cpsm
(corsi di musica
serali per adulti
con sede a Milano) si è esibito
in 4 brani, che
hanno raccolto un grande
successo tra il pubblico presente.
Il prossimo appuntamento per noi
è proprio la nascita di un coro gospel all’interno della nostra scuola, formato da giovani e adulti
appassionati a questo genere musicali. La serata di prova è il Venerdì.
I nostri contatti non cambiano:
328.1745351 e 328.4529701, l’email
è [email protected], mentre
l’indirizzo internet è
http://admfanciosti.visitacorbetta.
com
Siamo alla continua ricerca di persone volenterose che collaborino con
noi.
Anna Meda
Al “giardinètt’ ” dal nost dialètt
di Gepi Baroni
“I pru(v)èrbi da la zia Angelina”
A
ngelica Meda, della gloriosa
stirpe dei ”Cudètt”, era nata il
1° Dicembre 1912 ed era chiamata da tutti Angelina.
Da viva conservò sempre un vero e
proprio culto, quasi una venerazione, per tutto ciò che riguardava i legami famigliari e, già anziana, ebbe
l’idea di riunire tutti
quanti i cugini, i nipoti di sangue e acquisiti, i cognati superstiti, tutti con le
relative famiglie, per
un pranzo annuale
durante il quale si
festeggiavano i presenti, si ricordavano
i recenti scomparsi e
si dava il benvenuto
ai nuovi nati. Io, maritata ad un Sansotera, stretto parente
dei Meda anzi in un
certo modo loro parente a doppia mandata se facciamo riferimento alle nozze
di una certa Carolina
Sansotera detta “la
Cunsulina”, andata
sposa ad Antonio
Meda suo zio materno, ho sempre partecipato ad ognuno di questi simposi caratterizzati
da tanta allegria e infarciti di numerosi abbracci tra parenti.
Ogni volta la nostra Angelina ci portava piccoli doni per dimostrare la
sua gioia e la sua soddisfazione:
preparava con le sue mani, espertissime mani da ricamatrice e cucitrice, sacchetti porta-scarpe o portalavoro o porta-tovaglioli, grembiulini
ecc., che distribuiva tra le signore
presenti.
Un anno si cimentò nella stesura di
un “libello” nel quale narrava la storia della sua famiglia, scritto in una
prosa concisa, facile ed essenziale e
che venne confezionato a dovere ed
in adeguato numero di copie dal nipote Pierangelo (leggi “Il Papiro” per
i corbettesi). Ma, nell’ottobre 1997,
fu la volta di un’altra interessante
pubblicazione nella quale invece ci
faceva dono di alcune pillole di saggezza perché vi racchiuse una sequela di massime, motti, ammonimenti, magari un pò scontati, che
hanno accompagnato gli anni della
nostra infanzia in quanto uscivano
quotidianamente dalle bocche di genitori e nonni e che lei aveva raccolto e annotato nel corso della sua
lunga vita.
Ma tra tante frasi argute, solenni,
provocatorie, logiche o azzardate, c’è
anche un tesoro fatto di tanti vecchi
proverbi corbettesi che alcuni di voi
certamente ricordano ma che molti
ignorano o in parte hanno dimenticato.
La zia Angelina diceva che ”i
pru(v)erbi hinn la sciensa di puarètt”,
il sapere dei poveri, e nel suo nutrito
elenco spazia tra quelli legati alla
vita,alla convivenza civile,al tempo,
alla religione, alla morale e davvero
non si può resistere alla tentazione
di farne un piccolo prezioso elenco:
“Al Signur ja mètt-al mund e’l vént’ja
bufa a rént!”
“Quand l’amur la ghée, la gamba la
tir’al pée.”
“Amur sensa baruffa al fà la
muffa.”
“L’é scri(v)ù in Dòm che la dona
brùta la toeu un bel’om!”
“Dona giu(v)ina e om vécc, fioeu
fin’al técc.”
“Ogni fioeu al nass
cunt’al so cavagnoeu.”
“Brùt’ in fasa, bel’in
piasa!”
“Beata cala spusa
che la prima l’è una
Tusa!”
“I fioeu hinn dal
Dùca: chi ghi ha si
a pilùca.”
“Quand’i fioeu hinn
piscinitt hinn da
mangià, quand’hinn
grand… hinn da
masàa!”
“Tra suocera e noeura, sota, sota ghé’l
Boia ch’al la(v)ura.”
“Tré don e un cò
d’aj e’l mercà l’è
fai.”
“Quand la légura l’è
in pée, tut’i can gha
curan’adrée.”
“A parlà in di urécc, ghé’l Boia intramés.”
“L’om, l’asin e’l pulon, hinn trì
cujon!”
“L’om al gha i dént da can, s’al mordnò icoeu, al mord duman.”
“Dona ch’a piang e caval ch’a sùda
hinn fals m’è Giùda.”
“Padron cumanda, caval trota!”
“Quand’al sò al sa sbassa al vilàn al
sa massa.”
“La sira lion, la matina pultron.”
“Svelt’a mangià, svelt’a la(v)urà.”
“Fà e disfà l’è tùt la(v)urà!”
E comunque…
“Pagà e murì s’èmm sempr’in
témp!”
E infine…ancora attualissima, sacrosanta verità :
“Danans d’un piatt da minestra, ghé
pù né sinistra né dèstra!...”
IL
N
ell’articolo
pubblicato
lo
scorso numero del nostro
giornale avevamo scritto del
fontanile Fagiolo e in quell’occasione avevamo accennato anche all’importanza naturalistica e storica dell’area agricola che il fontanile attraversa.
A tal proposito, ora vorremmo attirare la vostra attenzione su quello
che si potrebbe definire il “parco dimenticato”.
Si tratta di quel territorio (vedi piantina) che va dalla cava Airoldi a
nord, al Lazzaretto di Magenta a
sud, alla Madonnina di Corbetta a
est, alle prime case di Magenta a
ovest, che ha il fontanile Fagiolo
come baricentro.
Già nella stesura del piano regolatore di Corbetta del 1996, a seguito
dell’accordo col comune di Magenta, questa zona era stata denominata zona di salvaguardia territoriale
ed ambientale di interesse sovracomunale o, in breve, parco del fontanile Fagiolo
L’area
presenta
caratteristiche
molto interessanti dal punto di vista
naturalistico per la presenza della
cava Airoldi (che in realtà è costituita da due bacini) e del fontanile Fagiolo.
Secondo il progetto originario, steso
su proposta della Sezione Ticino
Orientale del WWF, l’area doveva rimanere agricola, si sarebbe dovuto
procedere alla riqualificazione ambientale e al rimboschimento delle
sponde della cava, della testa e dell’asta del fontanile, allo spostamento verso nord della via Casati (Magenta) in modo da liberare la testa
del fontanile che attualmente è sepolta sotto il piano stradale, si sarebbe dovuto inoltre creare un percorso pedonale lungo il lato ovest
dell’asta del fontanile e una pista ciclabile lungo le vie Monte Rosa e
Casati e a lato della nuova circonvallazione ovest di Corbetta.
Allo stato attuale l’area è ancora
agricola, la nuova circonvallazione
ovest è di imminente realizzazione,
PARCO DIMENTICATO
(notare però che la strada rispetto
alla cartina del 1996 pubblicata insieme a questo articolo, ha subito
già una modifica nel tracciato in
zona Madonnina rendendo edificabili terreni che dovevano rientrare
nel parco), l’espansione edilizia prevista alle spalle del Quartiere Marsala si è prontamente concretizzata
con la costruzione degli edifici in via
Monte Pasubio, la via Monte RosaCasati è una degradata e trafficatissima
strada di periferia e del
parco…. s’è persa la memoria.
Ora ognun vede che tra Magenta e
Corbetta l’unica area rimasta libera
ad impedire la costituzione di una
città continua stile bassa Brianza
milanese è proprio quella del parco
in questione.
Restando senza una tutela specifica
è facile prevedere che ben presto
anche questi terreni saranno inghiottiti nell’ennesimo piano di lottizzazione.
A Corbetta siamo in fase di stesura
del nuovo piano di governo del territorio, e da più parti si sono sentiti
impegni a non espandere ulteriormente l’area edificata.
A tal fine dovrebbe essere imperativo per l’amministrazione comunale
ribadire l’utilizzo a verde agricolo e
attrezzato dell’area in questione e a
procedere a realizzare il Parco del
Fontanile Fagiolo (o Fasoeu), progetto da cui il nostro paese sicuramente avrebbe tanto da guadagnare
sia dal punto di vista ambientale
che della vivibilità.
Fabio Granatelli
UNA
BREVE BIOGRAFIA ARTISTICA DI...
GIULIANO GRITTINI
N
asce a Corbetta nel
1951, ivi cresce e risiede. Ha frequentato la
scuola di Disegno Grafico ed
alcuni studi di importanti artisti, apprendendo la tecnica
della litografia serigrafia ed
acquaforte, nella quale si specializza. Realizza e stampa
opere di artisti come: Baj,
Sassu, Guttuso, Fiume, Tadini, Warhol, Rotella, Nespolo e
molti altri.
Nel 1975, con Enrico Cattaneo, fonda la Stamperia d’Arte
“L’Incisione”.
Appassionato di fotografia,
frequenta studi di artisti, fotografandoli in varie fase del loro
lavoro e durante le mostre in
gallerie d’arte.
Legato da sincera amicizia con
la poetessa Alda Merini, è autore di vari suoi ritratti che
hanno stupito, scandalizzato,
commosso.
È autore di numerose pubblicazioni, delle quali ricordiamo: con Luciano Prada,
critico e scrittore, realizza il volume
“44 facce d’autore”, fotografie ed aforismi di artisti e personaggi del
mondo dell’arte; “E’ già difficile vivere una volta, figuriamoci molte volte”,
prefazione di Carlo Franza (con A.
Merini) 1997; “Ringrazio sempre chi
mi da ragione” (con A. Merini) 1997;
“Non curiosate tra le lenzuola dei
Ha realizzato con l’editore Pulcinoelefante numerose plaquette dedicate, tra gli altri, a Umberto Eco, Alda Merini e Roberto Benigni.
poeti” (libro in tiratura limitata)
2003; “Il doppio volto” (poesie di Roberto Dossi, opere di G. Grittini)
2004; “La magia delle mani” (poesie
di A. Merini, immagini di G. Grittini)
2005.
Nel novembre 2007 esce, edito da
Rizzoli, il volume “Alda Merini colpe
di immagini” vita di un poeta nelle
fotografie di G. Grittini.
Tra le numerose mostre personali e collettive ricordiamo:
Festival della Parola “VeneziaPoesia”, Venezia 1977, fotografando A. Merini ed U. Eco; Arte
oggi in EuropaART, Milano
1994; “International Art Fair”,
Roma 1997; “Artisti per l’Arte”
alla Galleria Acquifante, tema
“Erotica-mente”, Busto Arsizio
2001; Tazebao spontaneo “Post
post scriptum” Gruppo 12,
Roma 2002; Mostra fotografica
di A. Merini, Milano Piazza del
Duomo – Famiglia Fiorentina;
Festival della Letteratura 2002,
partecipa alla mostra “il lato
oscuro della letteratura”, pittura e fotografia, con prefazione
di A. Riva; Galleria Bonelli,
Mantova 2002; Mostra “In3” (la
pittura di Enzo Maio, la poesia
di A. Merini, le fotografie di G.
Grittini) presso Palazzo Leone
da Perego a Legnano, 2006; Fiera di
Milano “Milano vende moda” 2006;
Galleria ripArte presentazione “collezione primavera-estate 2007, con
A. Merini e U. Nespolo, Milano 2006;
Galleria CDART, personale dei suoi
ultimi lavori, Parma 2007; Personale presso SPAZIO TINDACI, Padova
2007; partecipa alla seconda edizio-
DELLE
ne di “Acquisizioni 2007” presso
Maccagno –Varese–, insieme ad altri
quarantanove artisti; partecipa alla
performance collezione “autunnoinverno 07-08” (con U. Nespolo e
Primo Formentini), organizzata da
l’Ali, stilista di moda, Milano 2007;
Partecipa con alcune sue opere su
A. Merini a “Versilia Arte Oro” presso il Centro Congressi Principe di
Piemonte, 2007.
Fotografie e interpretazioni pittoriche sono state pubblicate da Rizzoli,
Bompiani, Frassinelli, “L’Espresso”,
“Panorama”, Corriere della Sera”, “la
Stampa”, “L’Unità”. Ha realizzato
mostre di sue fotografie a Bergamo e
a Torino.
Per Dialogo Libri realizza la copertina di “Oggi come ieri”; per il gruppo
musicale Altera realizza la copertina
del CD “Canto di Spine” a cura di
Franz Di Cioccio.
Con l’associazione culturale DAFHNE partecipa alla mostra itinerante
d’incisioni originali a Soncino, Urbino, Isernia, Siracusa, Cracovia, Napoli, Barcellona, Lubiana, Rovato,
Bucarest, Milano.
Collabora con la rivista di poesia
“WURZ” e con la Galleria Reatuno di
Brescia.
Nel maggio 2005, presso l’Archivio
di Stato di Milano, riceve il “Premio
delle Arti” (XVII Edizione 2005) come
fotografo.
REDA
STAMPE D’ARTE...
Acquaforte:
Da acqua fortis (acido nitrico).
Sistema di incisione consistente nel
tracciare il disegno con una punta
d’acciaio sopra una lastra metallica
(rame, zinco, acciaio) coperta da un
sottile velo di vernice resistente agli
acidi. Scoperto il metallo sottostante, questo viene corroso dall’acido
(morsura). Ripulita la lastra dalla
vernice, viene inchiostrata e poi
stampata su carta umida sotto la
pressione del torchio.
Il primo a servirsi dell’acquaforte fu
D. Hopfer attorno al 1510. Tra i
maggiori acquafortisti vanno ricordati: J. Callot (1592–1635), G. B.
Tiepolo (1696–1770), G. B. Piranesi
(1720–1778), B. Pinelli (1781–1835),
Rembrandt (1606–1669) e F. Goya
(1746–1828) solo per citarne alcuni.
Litografia:
Procedimento di stampa in cui il disegno è fatto su una matrice di pietra (pietra litografica) o su lastre metalliche porose (rame, zinco, alluminio). Il disegno è tracciato sulla matrice con matita grassa, quindi la
pietra viene bagnata in modo che
assorba l’acqua. Passando poi l’inchiostro grasso, questo aderisce solo
alle parti disegnate, mentre la parte
umida lo respinge.
Per stampe a colori si devono preparare più lastre quanti sono i colori
(cromolitografia). Inventore della litografia fu, nel 1796-98, J. Alois Se-
nefelder (1771–1834). Litografi artistici furono, tra i tanti: A. Appiani
(1754–1817), A. Calame (1810–
1864), G. Dorè (1832–1883), H.
Daumier (1808–1879), V. Camuccini (1775–1844), F. Hayes (1791–
1882) e A. Fontanesi (1818–1882).
Serigrafia:
Tecnica di stampa a più colori e su
vari materiali consistente nello stendere l’inchiostro su di un tessuto reticolare di seta fissato ad un telaio
in legno, posto sul disegno che deve
ricevere l’impressione.
Il colore passa al foglio sottostante
solo in corrispondenza del tessuto
non impermeabilizzato con colla,
sulla stampa da riprodurre.
Di antica origine cinese, la serigrafia
è stata ripresa dall’arte occidentale
a partire dal 1930 circa.
REDA
L’angolo
della poesia
Gennaio
Inchini di rami bianchi
off rono leggiadra poesia…
silenzio pacato
essenza di pace,
gennaio nasconde in seno
ciò che si chiama miracolo.
Luciana Cislaghi
Corbetta - Nevicata Gennaio 1985
Addio a Sandro Volpi
Solo qualche anno fa lo vedevamo
ancora girare per le strade del centro storico accompagnato dal suo
amico inseparabile, un pastore maremmano bianco, bianco come i capelli del suo padrone. Era il cane, a
sentir Sandro, che lo portava a
spasso e decideva per lui anche
l’itinerario da seguire e per fortuna
gli concedeva, bontà sua, qualche
sosta per scambiare qualche parola con chi incontrava.
Sandro Volpi era molto conosciuto
e amato a Corbetta per la sua lunga
attività di elettricista, per quel negozio di apparecchiature elettriche
e giocattoli gestito per tanti anni
sul Corso Garibaldi,
per esser stato figlio di quel Gaetano Volpi, gloria sportiva del podismo negli anni venti e poi giudice
di gara in tante competizioni nazionali. Ma Sandro era anche un uomo
intelligente, piacevole nel conversare e attento alle vicende della sua
cittadina. Forte fu il suo interessamento all’attività del Comitato per
la Tutela Ambientale e Architettonica di Corbetta e ricordo, durante
alcune assemblee, i suoi appassionati interventi nei quali metteva a
fuoco le varie problematiche supportato da un bagaglio di interessanti, preziosi ricordi giovanili. Sapeva anche ascoltare Sandro e soprattutto rispettava l’opinione altrui e simpaticamente, a volte, replicava con arguzia, mai con rabbia
ma con la giusta foga. Da lungo
tempo malato e sofferente ora è
uscito di scena, quasi con discrezione , così come in fondo è sempre vissuto e come tanti ora appartiene alle immagini di una Corbetta
che il lento trascorrere del tempo
forse un pò scolora ma che non
riuscirà mai del tutto a far dimenticare.
Gepi
Don Franco Pisani-Dossi
UN GIALLO TUTTO
T
anti sono i vanti che certamente Corbetta può ascrivere
al proprio “Albo d’Oro”, molti
dei quali sono però ad oggi semi sconosciuti.
Uno dei grandi talenti fu indubbiamente Franco Pisani Dossi, o semplicemente Don Franco, come lo
chiamavano tutti, con un misto di
riverenza e tradizione, con quel
“Don” nel senso latino del termine,
del Dominus, del nobile signore.
Egli nacque nel 1894, figlio del celebre scrittore e diplomatico Carlo Alberto Pisani-Dossi (1849-1910),
membro di un’agiata famiglia del
pavese. Quest’ultimo, dopo essersi
ritirato a vita privata nella villa di famiglia ereditata dalla moglie per merito dello zio Francesco Mussi (fondatore in Corbetta dell’omonimo
asilo infantile), trascorreva le sue
giornate immerso negli studi archeologici che tanto lo appassionavano. Di Don Franco, il padre, dice
nelle sue “Note Azzurre” (5783) che
lo avrebbe voluto scultore, ma la sua
verve naturale lo avrebbe portato
nella vita a riscuotere ben altri successi.
Egli fu innanzitutto un uomo innamorato della natura, per certi versi
riservato, curatore della propria tenuta a Riazzolo (Albairate); nella sua
opera-testamento “Libero tra boschi
e prati” arriverà a descrivere con
febbrile lucentezza la venerazione
portata per ogni pianta, gioia sempiterna agli occhi e fonte d’ispirazione,
CORBETTESE
il tutto affrontato con la spontaneità
dell’uomo di campagna ed il rigore
del nobiluomo di città.
Nel 1913, mosso da questi nobili intenti, fondò l’Azienda Faunistico Venatoria “Pisani-Dossi” a cui si associarono anche i nobili corbettesi
Massari, imparentati con i PisaniDossi.
Tra il 1938 ed il 1942, Don Franco
fu Podestà del Comune di Corbetta.
Pochi sanno in realtà, che il figlio del
grande Carlo Dossi, fu anch’egli valente scrittore, realizzando un’opera
avvincente e purtroppo misconosciuta ai più.
Il romanzo in questione, intitolato “Il
sotterraneo della canonica” e pubbli-
cato nel 1934, può essere ad oggi
considerato una piccola grande
chicca della nostra beneamata letteratura italiana, pur essendo stato
criticato ingiustamente a suo tempo
come uno scarno tentativo del figlio
di imitare l’ars scriptoria del padre.
Integralmente ambientata a Corbetta, la trama è un giallo enigmatico in
tutti i sensi, a partire da quel curioso e intelligentissimo parallelismo
che si instaura tra i personaggi e i
luoghi, che ricordano con evidente
spontaneità la nostra città, sebbene
essa non sia mai direttamente citata
nello scritto, ma il Dossi si limiti a
chiamarla “Cortebella”, lasciando
trasparire un gusto romantico anche
per i nomi.
Ed è per le vie e le campagne del
paese che si snodano le avventure di
un giovane nobile signore di campagna alle prese con un antico mistero
che riemerge dai secoli bui della nostra storia e che trova legami profondi con l’antica chiesa parrocchiale e le sue misteriose fondamenta
che già furono oggetti di studio del
Dossi padre nel 1906.
Il protagonista è amante della natura e dell’arte, capace di lasciarsi affascinare dalla storia e dal mistero,
in tutto e per tutto simile al caro
Don Franco, “geniaccio” della sua
epoca e sapiente poeta con la sua
penna: insomma, un vero e proprio
corbettese D.O.C.!
Andrea Balzarotti
ECOMUSEO
C
on Delibera di Giunta n°
8/7873 del 30 luglio 2008 la
Regione Lombardia ha riconosciuto l’Ecomuseo dell’Est Ticino,
promosso dall’Associazione In Curia
Picta –ente gestore diretto–.
L’Ecomuseo trae origine dall’Assemblea dei Soci, giusto verbale di costituzione in data 7 maggio 2008.
Cos’è un Ecomuseo?
Secondo Hugues de Varin (1971) “è
il patrimonio culturale di una Comunità, al servizio dello sviluppo locale e sostenibile”.
Secondo George Henry Rivière (1980)
“è uno specchio dove la popolazione
si guarda, per riconoscersi in esso,
dove cerca spiegazioni del territorio
al quale è legata, unita a quelle delle
popolazioni che l’hanno preceduta,
nella discontinuità e nella continuità delle generazioni”.
Secondo la Regione Lombardia (LR
13/2007) “è il ricostruire, testimoniare, valorizzare e accompagnare
nel loro sviluppo la memoria storica,
la vita locale, la cultura materiale e
immateriale e quella del paesaggio,
le relazioni fra ambiente naturale ed
ambiente antropizzato, le tradizioni,
la ricostruzione e la trasformazione
degli ambienti di vita e di lavoro
delle comunità locali”.
In quest’ambito d’interesse la Regione Lombardia si è posta alcune finalità prioritarie quali:
a)
il coinvolgimento e la partecipazione attiva della popolazione
nell’ecomuseo quale espressione
della cultura di un territorio, ricostruendone le trasformazioni sociali, economiche, culturali e ambientali storicamente vissute delle comunità locali;
b)
la promozione allo sviluppo
sostenibile delle comunità locali,
delle istituzioni (culturali e scientifiche), delle attività economiche, delle
associazioni locali;
c)
la conservazione ed il restauro delle testimonianze della cultura
materiale e immateriale relative alle
abitudini di vita e di lavoro delle po-
DELL’EST
TICINO
polazioni locali, delle
tradizioni
religiose,
Le leggi in Italia
culturali, ricreative e
agricole;
d)
la valorizzazio- Piemonte: LR 14 marzo 1995 n° 31
ne dei territori e dei
LR14 agosto 1998 n° 23
loro patrimoni, di im- Provincia di Trento: LP 9 novembre 2000 n° 13
mobili storici, attrezzi Friuli Venezia Giulia: LR 10 giugno 2006 n° 10
e strumenti di lavoro,
Sardegna: LR 20 settembre 2006 n° 14
consentendone la salvaguardia e la buona Lombardia: LR 3 luglio 2007 n° 13
Umbria: LR 14 dicembre 2007 n° 34
manutenzione;
e)
la predisposi- Molise: LR 8 aprile 2008 n° 11
zione di percorsi turistici e culturali riferiti
Villa Pisani Dossi – Corbetta
alla storia, all’arte, alle tradizioni lo- Palazzo Brentano – Corbetta
cali, creando occasioni di impiego e Villa Clerici – Castelletto di Cuggiodi vendita di prodotti agricoli.
no
Cosa tutelare?
A titolo di esempio, riportiamo qui
sotto punti topici del territorio di
particolare interesse “ecomuseale”.
Le realtà museali:
Museo Agricolo “Angelo Masperi” –
Albairate
Spazio Civico Museale “Storia & Memoria” Francesco Tonali – Arluno
Museo Archeologico privato “Pisani
Dossi” – Corbetta
Museo del legno “Luigi Magugliani”
- Corbetta
Museo Storico Civico Cuggionese –
Cuggiono
Museo Contadino – Cornaredo
Museo dell’Abbazia di Morimondo
Esposizione permanente “Il Naviglio
Grande, una storia per immagini”
Robecco sul Naviglio.
I beni materiali
(un piccolo esempio tra i tanti Palazzi, ville, edifici storici, chiese ed abbazie di cui è ricco il territorio):
Castello Visconteo – Abbiategrasso
Villa Visconti Maineri – Cassinetta
di Lugagnano
“Castelletto” Corbellini – Corbetta
Villa Frisiani Olivares Ferrario – Corbetta
Villa Borri Manzoli – Corbetta
Villa Frisiani Mereghetti – Corbetta
Villa Gandini o “Gaia” – Robecco sul
Naviglio
Basilica Santa Maria Nuova – Abbiategrasso
Collegiata di San Vittore – Corbetta
Santuario B. V. dei Miracoli – Corbetta
Santa Maria Nascente – Abbazia di
Morimondo
Ex convento Domenicano – Castelletto di Cuggiono
I beni immateriali:
Dialetti
Canti popolari
Tradizioni popolari
Mestieri tipici
Memorie varie.
Come dare attuazione?
Nella sempre suggestiva cornice
della canonica di Bernate Ticino, il
28 novembre 2008, in un incontro è
stato presentato ufficialmente il Progetto dell’Ecomuseo dell’Est Ticino,
raccogliendo nuove adesioni e predisponendo le basi per un “Gruppo di
lavoro” (Fase 1).
In data 16 dicembre 2008 nella Sala
San Carlo presso il Santuario Arcivescovile della B. V. dei Miracoli in
Corbetta, sono stati resi operativi
tre tavoli tematici relativi all’Ecomuseo (Fase 2):
1)
Tavolo regolamento e piano
intrinseca di rete. Rete, perché collega realtà territoriali già esistenti
che operano a diversi livelli per la
conservazione della memoria piuttosto che della valorizzazione del territorio. Realtà istituzionali, associative, imprenditoriali. La sinergia tra
queste è fondamentale per l’efficacia
delle azioni ecomuseali.
Rete, perché in Lombardia sono stati
istituiti altri Ecomusei territoriali riconosciuti dalla Regione e che stanno già dando vita alla “Rete degli
Ecomusei della Lombardia”, per
meglio diffondere e far crescere la
cultura e la sensibilità ecomuseale.
Rete, infine, perché insieme gli Ecomusei lombardi si aprono all’incontro con esperienze similari a livello
europeo ed internazionale.
: Tracciato del
Naviglio Grande
Conclusione
Corbetta: Comuni partecipanti
all’Ecomuseo
Turbigo: Comuni di cui si auspica
la partecipazione
azioni locali per la definizione del regolamento, del piano di azioni locali
e della relativa programmazione
triennale delle attività, coinvolgendo
il maggior numero possibile di attori
del territorio. Si realizzerà: la mappa
del paesaggio, il censimento dei beni
storici, architettonici e paesaggistici, itinerari di fruizione turistica, attività di ricerca e di studio con raccolta di documentazione della cultura materiale e immateriale (storie
orali e fotografie, di oggetti, ecc.);
2)
Tavolo comunicazione e promozione per lo studio della comunicazione e per la realizzazione del
marchio, dei pannelli segnaletici
stradali, del sito Internet, della brochure/opuscolo informativo per illustrare alla comunità i risultati
della progettazione partecipata;
3)
Tavolo formazione e aggiornamento per lo studio di un centro
documentazione
/biblioteca e
di un percorso di formazione degli
operatori.
Seguiranno ulteriori fasi (Fase 3 e 4)
di lavoro.
I gruppi stanno già lavorando alacremente per arrivare all’appuntamento finale del 28 marzo, quando a Morimondo vi sarà un’assemblea plenaria di chiusura di questa
prima fase costitutiva dell’Ecomuseo e di presentazione dei primi progetti da sottoporre al vaglio regionale per il conseguimento dei primi
eventuali finanziamenti.
I gruppi di lavoro sono comunque
tutt’ora aperti, è possibile dunque
inserirsi contattando i referenti (attraverso In Curia Picta).
La rete
Va inoltre sottolineato come il progetto di Ecomuseo nasce con natura
Dal passato abbiamo ricevuto in
eredità un grande patrimonio paesaggistico, naturalistico, agricolo,
storico architettonico, economico e
culturale di pregio.
Compito dell’Ecomuseo dell’Est Ticino: percorsi tra storia, saperi e mestieri In Curia Picta è quello di tutelare e valorizzare, attraverso diverse
iniziative, il ricco patrimonio che
questa parte di territorio possiede,
favorendo altresì lo sviluppo turistico con specifici programmi atti a
rafforzare l’economia locale.
REDA
SCHEDE
DI RACCONTI...
Ai lettori.
Il primo numero di questo nuovo anno parte con un’iniziativa che spero sia gradita. Ho impiegato del tempo ma, alla
fine, sono riuscito a farmi donare dal nostro collaboratore Aldo Salvi cinque “schede” dei suoi racconti. Sono tante
quante le uscite del nostro giornale.
Per chi ama leggere credo possa interessare questa particolare anteprima del suo prossimo libro che ad oggi ha,
come titolo provvisorio, “I miei racconti”. Di questa raccolta, che edita supererà le 300 pagine, al termine di questa
breve segnalazione ne presento il Prologo così come lo ha scritto l’autore.
In genere le “schede” sono i sunti dei lavori letterari che ogni autore prepara per sommi capi e invia poi in lettura agli
editori i quali decidono, non sempre mi precisava Salvi, se quel lavoro merita una approfondita attenzione.
Ai nostri lettori, ai quali con questo primo numero del 2009 presento la prima scheda, resta la fantasia per arricchirla immaginando, di volta in volta, quali potrebbero essere i dialoghi tra i personaggi di ogni racconto, quali le descrizioni dei luoghi dove si svolgono le azioni, ovviamente assenti, quanti i dettagli che di solito arricchiscono ogni fatto
narrato. Sono queste le particolarità, oltre l’argomento, che sono parte integrante della fantasia di chi scrive tramite
cui l’autore si distingue.
È certo che a Salvi queste prerogative non mancano e per chi già lo conosce per lavori simili, il suo narrare non dovrebbe essere noioso.
REDA
I
I
miei racconti formano un insieme
poliedrico di fatti avvenuti in parte
nell’Italia del sud, di cui rispecchio
l’ambientazione e i colori in connubio
tra la realtà e la fantasia, e in parte in
alcune località dell’Europa.
Le prime narrazioni presentano uno
spaccato di vita legato agli anni della
fanciullezza, dei giochi e dei primi
amori del dopoguerra nei quali, ognuno potrebbe trovare qualcosa di sé.
Si afferma che i ricordi legati ad un’età
adolescenziale, se non sono perduti,
lasciano lo spazio alle magnificenze
che si arricchiscono tramite la concertazione dei sostantivi, dei passati remoti o dei gerundi. Questo è vero, ma
la vera ricchezza dell’uomo, senza
dubbio, è la vita. Null’altro ha un valo-
MIEI RACCONTI
re così immenso. Se nei momenti delicati del nostro vivere ci esaminassimo
per capire quali sono i tesori del nostro pensiero ed esaminandoli li ponessimo a frutto anche a persone lontane e ciò, ovviamente, potrebbe darci
serenità.
Per la saggezza maturata nel tempo è
logico che si stia attenti a non divenire
cattedratici né tanto meno noiosi. Il
quotidiano riserva a chiunque fardelli
pieni di complicazioni, d’ingiustizie, di
sogni, di desideri e di speranze. Tutto,
nel forgiare l’umanità, si tramuta poi
in esperienza che andrebbe trasferita
alle nuove generazioni alle quali poco
si dice mentre tutto andrebbe detto
senza attendere gratificazioni di
sorta.
La “felicità” vera si ottiene o si ritrova
nei gesti che si compiono di giorno in
giorno ed io, per quella “stessa felicità” e senza alcuna presunzione, spero
di far apparire i miei racconti come un
polittico a più pannelli oppure un insieme di suoni diversi e gradevoli. A
tal ragione ho rinverdito alcuni miei
ricordi e credo che ognuno, leggendoli,
potrà riconoscersi nel proprio passato.
Non è forse vero che dal nord al sud o
da est ad ovest la vita, i giochi ed
anche gli amori si somigliano?…
Riviverli non potrebbe essere gradevole e ripagante?…
Beh, lo spero proprio.
Aldo Salvi
IL
RAGAZZO DAL FLAUTO D’ARGENTO
di Aldo Salvi
In un racconto di 21 cartelle è narrata la storia di un ragazzo che diventa un famoso concertista. Tutto avviene a
ridosso dello sbarco degli americani a Salerno.
È
il 1910 quando un emigrante
italiano, con la moglie e quattro figli, a seguito della crisi
del caffè, vende la sua fazenda in
Brasile e torna in Patria.
Alquanto benestante, acquista dei
terreni nella provincia di Salerno e
si sistema definitivamente in una
casa patriarcale di nuova costruzione.
Olimpia, unica figlia di quel signore,
durante un ballo di compleanno conosce Enrico, un capostazione amico
di Rafael; uno dei suoi tre fratelli. I
due giovani s’innamorano e infine si
sposano.
Il capostazione, dopo aver prestato
servizio a Codola, una stazione ferroviaria in provincia di Napoli, viene
trasferito a Caianello e poi a Savignano-Greci, uno scalo ferroviario
in Irpinia tra Foggia e Benevento.
Paride, il più piccolo di una vivace
nidiata di ben sei rampolli figli del
capostazione, vive la fanciullezza fra
i giochi, la spensieratezza e le avventure che l’età e il luogo offre sia a
casa dei nonni, comoda e sfarzosa
dove un vago fascino brasiliano non
manca, sia allo scalo ferroviario la
sua sottostazione, è erogatrice di
energia elettrica. A tal ragione le
truppe tedesche occupano lo scalo
ferroviario durante la seconda guerra mondiale.
Tra un giovane artificiere tedesco di
nome Henrik e una bella paesanotta, si sviluppa un’intricata storia
d’amore.
Anna, esperta nel cucire e attenta
alle faccende di casa, con affetto è
dedita a suo nonno Alberto; il vecchio mugnaio di Savignano a cui
deve molto. Anna, orfana, è giunta
in paese prima che vi mettessero
piede i tedeschi. Spesso, d’estate, lei
indossa con semplicità non i soliti
vestiti di panno dal colore corvino
pretonzolo che le sue amiche e altre
donne savignanesi portano, ma vestagliette vaporose, colorate e mali-
ziosamente trasparenti. Nel cucirsele cura le finiture collocando ad arte
delle guarnizioni vezzose atte a evidenziare le sue grazie prorompenti
accarezzate spesso dagli sguardi
ascosi dei ragazzi.
Vederla in groppa a Ciuchì ogni qual
volta si reca d’estate al fiume per lavare lontano dallo scalo i vestiti invernali del nonno, è uno spettacolo
a cui assistere.
I ragazzi, che la seguono spinti dall’elfo dell’amore, desiderano la sua
provocante bellezza e ‘quelle grazie’,
mosse sinuosamente, sono lo spunto per i loro tanti sogni meravigliosi.
Ma tutto finisce con l’arrivo dei tedeschi.
Henrik, il classico biondino con i capelli a spazzola di statura alta e gli
occhi sull’azzurro-grigio, nel trascorrere con Anna una notte d’amore, non si accorge che il suo battaglione, in fase di smobilitazione dallo
scalo ferroviario, subisce un attacco
delle fortezze volanti americane ed è
totalmente annientato tra gli Appennini irpini.
Il tedesco, che aveva minato diversi
punti nevralgici dello scalo ferroviario per ostacolare l’avanzata della V
armata inglese verso Foggia, si reca
sui posti indicatogli dal comando,
ha una crisi di coscienza, bonifica
quei luoghi anziché far brillare
l’esplosivo, e si uccide.
Superato quei momenti legati all’occupazione dello straniero, Paride,
dopo aver frequentato a Foggia le
scuole industriali, a seguito di varie
vicissitudini abbandona quel tipo di
scuola e sostiene l’esame d’ammissione per lo studio del flauto al Conservatorio di musica di Napoli. Si
presenta con uno strumento d’ebano, un regalo del suo primo insegnante direttore della banda musicale del paese di Savignano ma il
professore del Conservatorio consiglia il genitore del ragazzo di cercare
un flauto che sia di metallo.
E in un negozio di Napoli ne viene
trovato uno usato che, rimesso a
nuovo, ha subito un bagno nell’argento.
“Questo flauto ha una voce bellissima e aiuterà colui che lo adopererà
a produrre suoni ed effetti che nessuno prima è riuscito ad ottenere
con altri flauti. È stato posseduto da
uno strumentista diabolico e chi ne
diverrà padrone, sarà un “demoniaco flautista alla Paganini”, sentenzia
il commerciante per indurre il capostazione ad acquistare quello strumento.
L’affare va in porto e Paride, a seguito di notevoli sacrifici per i viaggi
che ogni notte compie per raggiungere Napoli, si diploma e si dà al
concertismo.
Gira il mondo e la stampa internazionale lo identifica come “Il ragazzo
dal flauto d’argento”; lo stesso nomignolo con cui i viaggiatori lo conoscevano allorché, per ragioni di
tempo, il ragazzo studiava lo strumento in treno e poi si esibiva, strabiliando chiunque, con dei brani
dalle ardite e magiche figurazioni
che eseguiva raddoppiandole con
una tecnica eccellente.
La voce del flauto risultava piena e
rotonda e le dita volano sui tasti rotondi come un nugolo di petali di
rosa portato via da un leggiadro Zefiro. Suonare e cantare contemporaneamente, come avrebbe dovuto fare
il satiro Marsia a seguito della sfida
ricevuta da Apollo figlio di Zeus, non
sarebbe stato possibile con altri
flauti. In diversi passaggi melodici
tipo jazz Paride rende rochi i suoni
del suo strumento rinforzandone la
voce gutturalmente.
In modo impensato ottiene effetti a
intervalli di terza e se queste contemporanee emissioni non sono un
cantare e suonare assieme, poco ci
manca.
Ma quando le emozioni diventano
DOPPIO
FESTEGGIAMENTO
PER L’AVIS
suoni di una rorida freschezza, si
può essere increduli al punto che lo
stesso ragazzo si pone un quesito:
“È un’emissione particolare acquisita in treno per aver azzittito lo strumento o è l’anima dannata nascosta
nel flauto come ha detto il commerciante a mio padre per vendergli
questo strumento?…”
Dopo una vita di concerti, Paride, da
anziano e scapolo, è ancora innamorato di Anna, che con l’andata dei
tedeschi diede alla luce il figlio di
Henrik.
Il flautista vuol rivivere almeno per
un giorno le stesse emozioni vissute
in gioventù e decide di esibirsi in
treno dove strabilia i viaggiatori che
lo ascoltano. Essi presumono che il
vegliardo sia un mendicante e gli offrono delle monetine.
Sul tintinnare del metallo che tocca
il fondo del vagone, come il riso folle
di tanta gente stupida, l’anziano
flautista si convince che è la fine e
che i clamori di un tempo lo hanno
definitivamente abbandonato.
Il passato non lo ha aiutato a capire
il presente né gli fa immaginare un
futuro anche se il suo, per l’età, ha
ben poco da offrirgli. Il destino a
volte è come il vento: spinge oltre la
propria volontà.
Di una vita vissuta sull’isola felice
della musica al vecchio concertista
gli restano soltanto la tristezza e la
solitudine; due amare sofferenze del
morale. Paride non vuole smarrirsi
in un sogno finito e trovando inconcepibile dover vivere in un mondo
che avanzava nelle bassezze le cui
inevitabili conseguenze sono lo stare
tra persone che nella stoltezza e nel
lassismo si gratifica, mette fine al
suo essere.
Lo stesso giorno, anzitempo il calare
delle ombre sulla terra, il suo corpo
giace straziato in una scarpata lungo
i binari della ferrovia e in un cielo
buio senza lumi di un proscenio,
una vivida luce brilla solitaria nel
punto più alto dell’infinito: è la stella del ragazzo dal flauto d’argento.
D
omenica 12 Ottobre 2008,
in occasione dei festeggiamenti del 25° anniversario
di attività del Centro Vittorio Formentano di Limbiate il vicepresidente dell’Avis di Corbetta, Graziano Serati, è stato premiato insieme
ad altri donatori della Provincia per
le donazioni effettuata presso l’unità di raccolta di plasma gestita dall’Avis provinciale di Milano.
Il 4 Giugno del 1983 a Mombello di
Limbiate viene inaugurato il Centro emotrasfusionale intitolato al
fondatore dell’Avis Vittorio Formentano.
Si tratta di un centro innovativo
per la raccolta del sangue intero e
di plasma dal 1985, che nasce per
sopperire alle carenze della raccolta degli ospedali della Provincia, favorirne una più razionale distribuzione e, con il plasma, potenziare la
produzione di emoderivati in Lombardia.
L’allora presidente provinciale Dott.
Renato Rigamonti, e i suoi più
stretti collaboratori avevano in
animo di realizzare un centro provinciale di raccolta già da una decina di anni, ma ci vollero tempi lunghi, sforzi e tenacia perché il sogno,
ostacolato da più parti, si avverasse. Dopo 4 anni di lavori, di sacrifici di ogni genere e di ricerche estenuanti di fondi si arriva a realizzare il sogno dei donatori della provincia di Milano, del loro Consiglio
direttivo provinciale e del Presiden-
te Renato Rigamonti.
Il 4 Giugno del 1983 si inaugura
ufficialmente il Centro, alla presenza del Presidente del Senato Vittorino Colombo, del Vicepresidente
della Camera dei Deputati Aldo
Aniasi, del Cardinale Giovanni Colombo e di alcuni consiglieri regionali.
Dai padiglioni fatiscenti dell’ex manicomio il Centro si presenta completamente
rinnovato,
dotato di una sala di accettazioni, di sue unità
di prelievo, ambulatori
medici per le visite ai donatori e per i frigoriferi,
di un ampio bar ristoro,
di una sala riunioni e uffici.
Nel 1985 inizia l’attività
di raccolta del plasma,
l’Avis provinciale chiede
la disponibilità ai donatori di presentarsi a donare il plasma, procedura agli albori e non ancora diffusa
sul territorio, appello raccolto
anche dall’Avis di Corbetta che
manda alcuni soci ad effettuare le
prime plasmaferesi.
Il consiglio direttivo dell’Avis di
Corbetta ha quindi segnalato Graziano Serati, che è stato premiato
con una medaglia in argento con il
logo del centro Formentano con inciso il proprio nome ed il gruppo
sanguigno.
Paolo Meda
I SARAS
Dott.Marco Saracchi
E
i salici? No, non ci siamo dimenticati di loro. E’ vero,
hanno perso molta dell’importanza che avevano in passato:
non mastichiamo più le loro foglie e
la loro corteccia; ovini e caprini non
vengono più alimentati con le loro
foglie; il legno, leggero e poco durevole, solo qualche volta ci scalda nei
camini e non dà quasi più suole di
zoccoli; con i loro rami non si producono più così tanti cesti e panieri
come una volta. I “saras” sono sempre una presenza costante e silenziosa delle nostre campagne e molte
addobbano parchi e giardini di
nuovo e vecchio impianto.
Il genere Salix, al quale appartengono i salici è molto vasto, comprendendo circa 300 specie tutte caratterizzate da rapido accrescimento e
da scarsa longevità. Il nome del genere probabilmente deriva dal termine celtico sal-lis che significa “vicino all’acqua”. In latino era detto
salix, ma i Romani chiamavano vimenis la varietà i cui rami flessibili
erano utilizzati per la fabbricazione
di cesti.
La sua corteccia contiene un grande
quantità di tannino utilizzato per
vari scopi sin dall’antichità. Il salice
più comune da noi è il salice bianco
(Salix alba), pianta dalla chioma
ampia, fusto diritto con corteccia
fessurata, alto sino a 20m. Ha foglie
semplici lanceolate, alterne e caduche. Il margine è seghettato. Caratteristica è la pagina inferiore delle
foglie per il colore argenteo e la fina
peluria. I fiori sono riuniti in piccoli
“grappoli” chiamati amenti: il salice
bianco è una specie nella quale si
distinguono piante maschili e piante
femminili in quanto ogni singolo albero può avere solo fiori maschili o
femminili. Fiorisce da Marzo ad
Aprile.
Il frutto è una capsula che contiene
numerosi semi avvolti da peli simili
al cotone, indispensabili al seme per
essere diffuso dal vento. Il salice
bianco ha un’area di distribuzione
che si estende in tutta l’Europa cen-
tro-meridionale, nell’Asia centro-occidentale e nell’Africa settentrionale.
In Italia è spontaneo in tutte le regioni e caratteristica è la sua presenza lungo i fiumi e le rive dei laghi
dove lo troviamo insieme ad esempio a diverse specie di pioppo. Altri
salici presenti nelle nostre zone sono
il salice piangente (S. babylonica), il
salice rosso (S. Purpurea), il salice
fragile (S. fragilis) e il salicone (S. caprea).
Il salice piangente non è una pianta
autoctona: proveniente dalle regioni
centro asiatiche è stato introdotto in
Europa nel 1692.
E’ stato classificato da Linneo come
S. babylonica rifacendosi a un versetto dei Salmi in cui si rievoca il
rimpianto della patria perduta dagli
Ebrei che, fatti schiavi a Babilonia,
avrebbero appeso le loro arpe ai salici in segno di lutto (Salmo 176). Il
riferimento di Linneo a Babilonia
era puramente fantasioso
perché il salice dell’Antico Testamento non poteva essere
quello cinese, ma una delle
tante specie originarie del Vicino Oriente e dell’Asia Minore. Nell’immaginario popolare, i rami cadenti fino al suolo
e le foglie pendule –evocando
le lacrime– hanno fatto di
quest’albero l’emblema del ricordo nostalgico e della malinconia.
Il salice produce un frutto
che, dopo la fioritura, arriva
rapidamente a maturazione e
cade, dando l’impressione
che la pianta si liberi del suo
frutto prima ancora che sia
maturo. Ne parla Omero nell’Odissea nel passo in cui la
maga Circe, per descrivere ad
Ulisse il luogo di entrata dell’Ade, dice testualmente: “…
ecco la costa bassa e le selve
di Persefone, ecco gli alti neri
pioppi e i salici che perdono i
loro frutti là tu approda con la
nave…”. Nella simbologia
classica l’immagine di un al-
bero vivente uccisore del proprio
frutto è ricollegabile alla Grande
Madre o la Madre Terra che, in un
perenne ciclo di vita e di morte, genera i suoi figli e poi li riassorbe nel
suo grembo.
In Grecia il salice era dedicato alle
dee lunari, da Era, che si dice nata
fra i salici, a Persefone, che possedeva un boschetto di salici dalle magiche virtù, da Circe a Ecate, tutte
personificazioni notturne e infere
della Luna, come triplice dea. Ma
anche a Demetra e Core che si veneravano a Eleusi (vicino ad Atene) e
che impersonavano allo stesso
tempo vita e morte, fecondità e castità, maternità e verginità. Si narra
che la culla di Zeus sull’Ida fosse
appesa ai rami di un salice cresciuto
fuori dalla caverna dov’era nato il
futuro padre degli dèi.
L’albero era sacro alla Luna perché
prediligeva l’acqua e sui suoi rami
nidificava il torcicollo (Jynx torquilla), uccello sacro alla dea, migratore
primaverile sibilava come un serpente, alzava la cresta quando era
adirato, aveva il collo mobilissimo,
deponeva uova bianche e aveva
sulle piume segni a V, simili alle
scaglie dei serpenti oracolari, consacrati alla Luna nella Grecia antica.
Il salice era, inoltre, un albero molto
importante per i Celti, tanto che i
sacrifici umani dei Druidi venivano
offerti al plenilunio in cesti e vimini
e le loro selci funerarie avevano la
forma di una foglia di salice.
Il salice è rappresentato anche nella
tradizione ebraica nella festa delle
“Capanne”, festa di ringraziamento
per la raccolta dei frutti della terra
in cui la pianta, che cresce vicino ai
corsi d’acqua - “come salici lungo
acque correnti” (Isaia, 44,3-4) - viene
percepita come fonte di vita, analogamente all’acqua che la nutre, e
quindi simbolo del rinnovato fiorire
e germogliare.
Nella tradizione medioevale la “pianta che non dà frutto” diventa simbolo di sterilità e i salici vengono paragonati agli uomini avidi, avari, sterili in ogni opera buona.
Il suo stretto legame con la Luna lo
ha tramutato in quest’epoca nell’albero degli incantesimi e in quello
prediletto dalle streghe.
“Alle fronde dei salici”
E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al
figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo
Ulteriori curiosità sul Salice
Il Salice, pianta magica a Saturno, era particolarmente attivo nei giorni
dei Saturnalia (dal 17 al 23 dicembre), nei quali si festeggiava la fine dei
lavori agricoli. Erano feste più o meno licenziose che rompevano l’ordine
costituito: gli schiavi comandavano i loro padroni e questi li servivano.
Nell’Europa centrale, in occasione della domenica delle Palme, gli amenti di Salice (come quelli di palma o di ulivo) vengono benedetti e tenuti in
casa perché si crede che possano allontanare ogni male, specialmente il
fulmine.
In Cina il Salice simboleggiava in modo inequivocabile l’erotismo, tanto
che le cortigiane erano chiamate “fiori e salici”; ad una fanciulla ci si rivolgeva come a un “tenero salice, un fiore appena colto”.
La famosa bacchetta usata dai rabdomanti per cercare l’acqua nel sottosuolo (radiestesia), altro non è che una ramo di Salice fatto a forcella. Il
fenomeno è obiettivamente comprovato e sembra attribuibile a variazioni
dei campi magnetici percepibili dalla persona.
Gli amici, in segno di commiato, offrivano rami di Salice a quei funzionari che erano stati trasferiti in provincia.
110
ANNI E NON LI DIMOSTRA
Dott.Marco Saracchi
N
elle Storie di Erodoto, padre
della etnografia, si legge di
un popolo che stranamente
aveva una maggiore resistenza di
altri verso molte malattie e che tali
uomini avessero l’abitudine di mangiare foglie di salice.
Anche Ippocrate, considerato il
padre della medicina, cita il salice in
relazione alla cura delle malattie:
egli conosceva infatti l’uso di una
polvere amara estratta dalla corteccia di questo albero che era utile per
alleviare il dolore ed abbassare la
febbre.
Rimedi simili erano conosciuti anche
da egiziani, assiri e indigeni americani per lenire mal di testa, dolori,
calmare la febbre e i brividi. C’è del
vero in queste vicende o erano solo
alcune delle tante storie, spesso inventate o travisate, che gli autori
antichi riportavano nei loro scritti?
A metà 1700 un reverendo inglese,
Edward Stone, lavorò attivamente
sull’uso razionale e sugli effetti positivi dell’impiego della corteccia di
salice, specie per calmare le febbri.
Di questa sue esperienze, condotte
con parziale metodo scientifico,
diede comunicazione alla importante Royal Society al fine di ottenerne
l’avvallo e di favorirne la diffusione
nei differenti ambiti scientifici.
Dagli archivi e dalle pubblicazioni
della Bayer emergono importanti
notizie storiche in merito agli sviluppi di questa storia.
Innanzi tutto bisogna aspettare ancora alcuni decenni per approfondire ancora di più l’argomento. Nel
1828, infatti, il professore di farmacologia Johann Andreas Buchner,
preparò un estratto di corteccia di
salice e acqua, eliminò le impurità
della soluzione così ottenuta e la
fece evaporare. Ottenne così una sostanza giallognola che chiamò “salicina”. Il chimico francese Pierre Joseph Leroux convertì nel 1837 la
salicina in un formato cristallino e,
un anno dopo, il chimico italiano
Raffaele Piria scisse la sostanza in
un componente zuccherato e uno
aromatico. Trasformò poi la parte
aromatica, che rappresenta il principio attivo, in quello che chiamò
“ácide salicylice”: l’acido salicilico.
Il composto fu isolato anche dai fiori
di olmaria (Spiraea ulmaria) da alcuni ricercatori tedeschi, quali Karl
Jakob Löwig nel 1839.
Nel 1853, a Strasburgo, il chimico
Charles Frédéric Gerhardt riuscì ad
alterare chimicamente l’acido salicilico tramite acetilazione, producendo il primo acido acetilsalicilico (abbreviato in ASA) in forma primitiva,
sebbene chimicamente impuro e,
pertanto, instabile.
Nel 1859 il professore di chimica
Hermann Kolbe, a Marburg in Germania, spiegò con successo per la
prima volta la struttura chimica dell’acido acetilsalicilico, che riuscì poi
a sintetizzare nel 1859. Nel 1874,
un suo allievo, Friederich Von Hieden, avrebbe iniziato a produrlo industrialmente e a commercializzarlo. Friedrich Bayer e Friedrich Weskott, due amici di Wuppertal in
Germania, non sapevano nulla di
medicina, ma si intendevano a fondo
di colori. Weskott era un esperto di
tinture, mentre Bayer era un commerciante di vernici. Insieme, il 1°
agosto 1863, fondarono a Wuppertal-Barmen la società generale “Friedr. Bayer & Co.”, con lo scopo primario di produrre colori all’anilina.
Nel 1886, cinque anni dopo la trasformazione dell’azienda nella Società per Azioni “Farbenfabriken
vom. Friedr. Bayer & Co.”, i due
esperti di colori scoprirono –mediante audaci esperimenti su se stessi–
che, dagli scarti della fabbricazione
dei colori, si poteva produrre un sedativo antipiretico: la fenacetina.
Fu però il dottor Felix Hoffmann, ri-
cercatore scientifico di Bayer, mentre era alla ricerca di un antireumatico più efficace, e meglio tollerato
per suo padre, a produrre il 10 agosto 1897 il primo acido acetilsalicilico (ASA) chimicamente puro e stabile, decisamente più adatto all’uso
terapeutico. E dato che l’ASA di Hoffmann non conteneva acido salicilico allo stato libero, i temuti effetti
secondari non si manifestavano.
Il professor Heinrich Dreser, fu direttore del laboratorio farmacologico
della Bayer (il primo laboratorio industriale del genere al mondo). In
questa sede si sperimentava l’effica-
cia e la tollerabilità delle sostanze
alla quale lavoravano Hoffmann e la
sua equipe di ricercatori. All’inizio
Dreser si mostrò scettico circa il valore dell’acido acetilsalicilico (ASA)
ma, nel 1898, descrisse in una pubblicazione
scientifica
intitolata
“Pharmakologisches über Aspirin”
(“La farmacologia dell’Aspirina”) le
straordinarie proprietà analgesiche
e antipiretiche dell’ASA, sottolineandone la maggiore tollerabilità rispetto al passato.
Fu a questo punto che lo staff direttivo della Bayer decise di commercializzare il farmaco: era nata dunque l’Aspirina! Il certificato di nascita del nuovo farmaco recitava “Circolare relativa alla denominazione
di un nuovo prodotto farmaceutico”:
era il 23 gennaio 1899 e il suo nome
era “Aspirin”.
Mentre la “A” fa riferimento al prefisso “acetil”; la sillaba “spir” è tratta
dall’acido spireico, una sostanza ricavata dal succo dell’olmaria (Spiraea ulmaria) chimicamente identica all’acido salicilico.
Secondo la leggenda, invece, il nome
“Aspirina” deriverebbe da San Aspirino, vescovo di Napoli, che, si diceva, fosse il Santo patrono del mal di
testa. Oggi, il primo farmaco sintetico compie 110 anni. Il 6 marzo l’Ufficio Brevetti Imperiale di Berlino
include l’Aspirina nel registro dei
marchi commerciali con il numero
36433. La produzione dell’Aspirina
inizia in Germania nell’impianto di
Elberfeld, distretto della città di
Wuppertal.
In seguito alle vicende belliche della
prima guerra mondiale la Bayer,
tedesca, perde il nome e i marchi di
fabbrica che vennero messi all’asta
negli Stati Uniti. Migliore offerente
si rivela la Sterling Products Company, in seguito nota come Sterling
Winthrop; l’azienda farmaceutica
vinse l’asta con un’offerta di 5,3 milioni di dollari.
Il farmaco prodotto verrà venduto in
tutti i Paesi del mondo e in Italia
giunse per la prima volta nel 1939 e
nel 1969 la versione “effervescente”.
Il 12 luglio 1969, a bordo dell’Apollo
XI, l’Aspirina “sbarca” sulla luna.
Questa non è la fine della storia ma
l’inizio di un’evoluzione che ancor
oggi la ricerca scientifica scrive ogni
giorno.
CHE
TE
TEMPO FA OGGI?
LO DICE
P
er elaborare una previsione
del tempo attendibile esiste
una semplice ricetta: la conoscenza del territorio di riferimento e la libertà di poter scrivere la
verità, senza alcun condizionamento esterno.
Questo è ciò che sostiene il magentino Marcello Mazzoleni, che dal
settembre 2007, dal lunedì al sabato, fornisce un bollettino dettagliato per i Comuni del Magentino,
Abbiatense e Castanese.
A queste due peculiarità se ne aggiungono altre, quali ad esempio
una corretta lettura dei modelli fisico-matematici di riferimento, una
grande passione per la meteorologia e per l’ambiente e il tentativo di
instaurare tra il lettore e il previsore un rapporto il più possibile di
fiducia reciproca, quasi di compartecipazione alla realizzazione di
una previsione.
Sul sito:
www.meteocorbetta.altervista.org
il bollettino inizia con un’analisi
dello scenario meteo europeo, per
poi dettagliare la situazione della
fascia pianeggiante che va dal Sesia
al Lambro, riguardanti praticamente le province di Vercelli, Novara,
Varese, Milano, Pavia e Lodi.
L’affidabilità delle previsioni, negli
anni di attività, ha sfiorato il 95%
nel breve termine ed il 90% per il
MARCELLO E...
medio termine.
Ecco le medie delle temperature e delle preIl vero punto di forza del servicipitazioni che ricaviamo dalle rilevazioni efzio è la descrizione puntuale
fettuate da Marcello dal 1985 ad oggi a Madell’evoluzione di Corbetta nelle genta:
fasce orarie della giornata; navigando nel sito è attiva una semese
min
max
mm
zione di approfondimento con
gen
-2,1
6,3
60
statistiche storiche che racconfeb
-0,2
10,1
72
tano l’evoluzione climatica dei
mar
4,3
14,5
90
Comuni della pianura Padana.
apr
7,1
18,8
102
Vi sono anche i radar meteoromag
12,3
24,2
114
logici per seguire in tempo reale
giu
15,6
27,7
91
le precipitazioni, le webcam, le
lug
18,8
30,4
75
immagini dal satellite, le carte
ago
17,9
28,7
83
sinottiche e tutto ciò utile per
set
14,5
24,5
85
capire la situazione meteo.
ott
9,2
18,1
108
Una passione, quella per la menov
4,4
11,2
85
teorologia, che Marcello coltiva
dic
-0,9
7,7
68
sin da piccolo, dai tempi della
scuola elementare, quando già
anno
8,4
18,5
1033
raccoglieva i dati sulle temperature, le precipitazioni e le
Ecco le temperature record regicondizioni climatiche di Magenta e
strate dal 1985 ad oggi:
valide ovviamente anche per Corbetta.
Minima più bassa:
Da allora ha accumulato un note-14.4°C il 9 gennaio 1985
vole archivio che, da oltre vent’anMassima più alta:
ni, documenta tutti i rilevamenti e
+39.2°C l’11 agosto 2003
le analisi delle precipitazioni mese
Massima più bassa:
per mese.
- 4.6°C il 7 febbraio 1991
Questo sito è stato creato da AlesMinima più alta:
sandro Redaelli, e rappresenta
+24.1°C il 26 giugno 2002
l’evoluzione del vecchio portale
Meteo Magenta rimasto attivo dal
2001 al 2005, e che ha totalizzato
Alessandro & Marcello
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Reg. Trib. di Milano n.145/23 febbraio 2000
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