BROSSURA CON ALETTE
Attenzione: se preferite dire e scrivere recarsi
per andare, effettuare per fare, posizionare per mettere,
titolo di viaggio per biglietto, forse questo libro
è la vostra ultima possibilità di salvezza.
“Ho molto discusso di lingua italiana con
Massimo Birattari. Mi sono battuto ogni volta
con valore; ma ho dovuto ammettere che aveva
quasi sempre ragione lui. L’uomo non è autoritario,
è autorevole. Se non fosse anche simpatico,
perbene e interista, forse lo odierei.”
BePPe SevergnInI
815829
In copertina:
© Istockphoto
Massimo Birattari
è più facile scrivere Bene che scrivere Male
Il complemento ideale di
Italiano. Corso di sopravvivenza: una miniera
di idee, esempi e trucchi per scrivere con semplicità,
chiarezza, precisione, leggerezza, ironia,
eleganza, espressività, consapevolezza.
M. Birattari
Massimo Birattari, diplomato (in Storia) presso la Scuola normale Superiore
di Pisa, è stato redattore di libri scolastici, traduttore (di Paul Auster, John
Banville, Joseph O’Connor, Mordecai
richler, vikram Seth), ghost writer.
Oggi è consulente editoriale e copywriter pubblicitario. Tra i suoi libri, Italiano. Corso di sopravvivenza (2010) e, per
ragazzi, I rivoltanti romani (con Terry
Deary, 1998), I barbuti barbari (con
Chicca galli, 2008), Vite avventurose
di santi straordinari (con Chicca galli, 2009) e Benvenuti a Grammaland
(2011). È il curatore di Io scrivo, corso di
scrittura in 24 volumi del Corriere della
Sera (2011).
Perché sprecare tempo, fatica e intelligenza a rendere
oscuro e complicato il nostro stile, quando
con meno sforzi possiamo arrivare
a una lingua semplice, chiara ed efficace?
scrivere Bene
è più facile
che scrivere Male
corso di sopravvivenza
CL_E PIU FACVILE SCRIVERE BENE_815829_ES
Panico da pagina bianca? niente paura.
Scrivere bene è un fatto naturale, mentre
per scrivere male dobbiamo impegnarci.
Perché infatti sprecare tempo e intelligenza a rendere oscuro il nostro stile,
quando con meno sforzi possiamo arrivare a una lingua efficace? L’obiettivo
di questa guida è proprio ricordarci, tra
trucchi, esempi e consigli, l’importanza
di principi chiave come semplicità e precisione, eleganza ed espressività. Talenti
da romanziere? niente affatto. Comunicare in modo chiaro attraverso un testo
scritto è utile non solo per avere un bel
voto, ma anche per far valere i nostri diritti, presentarci sotto la luce migliore in
un incontro di lavoro, fare colpo su un
ragazzo o su una ragazza. Perché scrivere
“con stile” non significa ubbidire a una
serie di regole, ma esprimerci con la nostra vera voce.
BROSSURA CON ALETTE
Attenzione: se preferite dire e scrivere recarsi
per andare, effettuare per fare, posizionare per mettere,
titolo di viaggio per biglietto, forse questo libro
è la vostra ultima possibilità di salvezza.
“Ho molto discusso di lingua italiana con
Massimo Birattari. Mi sono battuto ogni volta
con valore; ma ho dovuto ammettere che aveva
quasi sempre ragione lui. L’uomo non è autoritario,
è autorevole. Se non fosse anche simpatico,
perbene e interista, forse lo odierei.”
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Il complemento ideale di
Italiano. Corso di sopravvivenza: una miniera
di idee, esempi e trucchi per scrivere con semplicità,
chiarezza, precisione, leggerezza, ironia,
eleganza, espressività, consapevolezza.
M. Birattari
Massimo Birattari, diplomato (in Storia) presso la Scuola normale Superiore
di Pisa, è stato redattore di libri scolastici, traduttore (di Paul Auster, John
Banville, Joseph O’Connor, Mordecai
richler, vikram Seth), ghost writer.
Oggi è consulente editoriale e copywriter pubblicitario. Tra i suoi libri, Italiano. Corso di sopravvivenza (2010) e, per
ragazzi, I rivoltanti romani (con Terry
Deary, 1998), I barbuti barbari (con
Chicca galli, 2008), Vite avventurose
di santi straordinari (con Chicca galli, 2009) e Benvenuti a Grammaland
(2011). È il curatore di Io scrivo, corso di
scrittura in 24 volumi del Corriere della
Sera (2011).
Perché sprecare tempo, fatica e intelligenza a rendere
oscuro e complicato il nostro stile, quando
con meno sforzi possiamo arrivare
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è più facile
che scrivere Male
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Scrivere bene è un fatto naturale, mentre
per scrivere male dobbiamo impegnarci.
Perché infatti sprecare tempo e intelligenza a rendere oscuro il nostro stile,
quando con meno sforzi possiamo arrivare a una lingua efficace? L’obiettivo
di questa guida è proprio ricordarci, tra
trucchi, esempi e consigli, l’importanza
di principi chiave come semplicità e precisione, eleganza ed espressività. Talenti
da romanziere? niente affatto. Comunicare in modo chiaro attraverso un testo
scritto è utile non solo per avere un bel
voto, ma anche per far valere i nostri diritti, presentarci sotto la luce migliore in
un incontro di lavoro, fare colpo su un
ragazzo o su una ragazza. Perché scrivere
“con stile” non significa ubbidire a una
serie di regole, ma esprimerci con la nostra vera voce.
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di Pisa, è stato redattore di libri scolastici, traduttore (di Paul Auster, John
Banville, Joseph O’Connor, Mordecai
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Oggi è consulente editoriale e copywriter pubblicitario. Tra i suoi libri, Italiano. Corso di sopravvivenza (2010) e, per
ragazzi, I rivoltanti romani (con Terry
Deary, 1998), I barbuti barbari (con
Chicca galli, 2008), Vite avventurose
di santi straordinari (con Chicca galli, 2009) e Benvenuti a Grammaland
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scrittura in 24 volumi del Corriere della
Sera (2011).
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oscuro e complicato il nostro stile, quando
con meno sforzi possiamo arrivare
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per scrivere male dobbiamo impegnarci.
Perché infatti sprecare tempo e intelligenza a rendere oscuro il nostro stile,
quando con meno sforzi possiamo arrivare a una lingua efficace? L’obiettivo
di questa guida è proprio ricordarci, tra
trucchi, esempi e consigli, l’importanza
di principi chiave come semplicità e precisione, eleganza ed espressività. Talenti
da romanziere? niente affatto. Comunicare in modo chiaro attraverso un testo
scritto è utile non solo per avere un bel
voto, ma anche per far valere i nostri diritti, presentarci sotto la luce migliore in
un incontro di lavoro, fare colpo su un
ragazzo o su una ragazza. Perché scrivere
“con stile” non significa ubbidire a una
serie di regole, ma esprimerci con la nostra vera voce.
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titolo di viaggio per biglietto, forse questo libro
è la vostra ultima possibilità di salvezza.
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Massimo Birattari. Mi sono battuto ogni volta
con valore; ma ho dovuto ammettere che aveva
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è autorevole. Se non fosse anche simpatico,
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Il complemento ideale di
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di idee, esempi e trucchi per scrivere con semplicità,
chiarezza, precisione, leggerezza, ironia,
eleganza, espressività, consapevolezza.
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Massimo Birattari, diplomato (in Storia) presso la Scuola normale Superiore
di Pisa, è stato redattore di libri scolastici, traduttore (di Paul Auster, John
Banville, Joseph O’Connor, Mordecai
richler, vikram Seth), ghost writer.
Oggi è consulente editoriale e copywriter pubblicitario. Tra i suoi libri, Italiano. Corso di sopravvivenza (2010) e, per
ragazzi, I rivoltanti romani (con Terry
Deary, 1998), I barbuti barbari (con
Chicca galli, 2008), Vite avventurose
di santi straordinari (con Chicca galli, 2009) e Benvenuti a Grammaland
(2011). È il curatore di Io scrivo, corso di
scrittura in 24 volumi del Corriere della
Sera (2011).
Perché sprecare tempo, fatica e intelligenza a rendere
oscuro e complicato il nostro stile, quando
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a una lingua semplice, chiara ed efficace?
scrivere Bene
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Panico da pagina bianca? niente paura.
Scrivere bene è un fatto naturale, mentre
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Perché infatti sprecare tempo e intelligenza a rendere oscuro il nostro stile,
quando con meno sforzi possiamo arrivare a una lingua efficace? L’obiettivo
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trucchi, esempi e consigli, l’importanza
di principi chiave come semplicità e precisione, eleganza ed espressività. Talenti
da romanziere? niente affatto. Comunicare in modo chiaro attraverso un testo
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voto, ma anche per far valere i nostri diritti, presentarci sotto la luce migliore in
un incontro di lavoro, fare colpo su un
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“con stile” non significa ubbidire a una
serie di regole, ma esprimerci con la nostra vera voce.
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 015
SEMPLICITÀ
N1N
SEMPLICITÀ
Conviene dirlo all’inizio del primo capitolo: uno degli scopi
principali di questo libro è convincervi che scrivere (a scuola,
per lavoro, per le necessità della vita quotidiana) non significa
necessariamente usare una lingua diversa e lontana da quella
che usiamo per parlare delle cose che ci interessano con le persone che ci interessano. In molte circostanze, per scrivere « bene » basterebbe esporre con semplicità ciò che vogliamo dire,
proprio perché la semplicità è un importante strumento per comunicare con efficacia. Però chi scrive in italiano si trova spesso
di fronte una realtà molto diversa: una dura realtà in cui il modello è una lingua astrusa e complicata, e la semplicità una difficile conquista, che non possiamo dare per scontata. Per raggiungerla, ci toccherà percorrere gli insidiosi sentieri della complicazione. Armatevi di santa pazienza (ma anche di un machete).
1. N ELLA GIUNGLA DELLA LINGUA COMPLICATA
La madre di tutte le complicazioni è la lingua della burocrazia,
non una lingua ma un’antilingua, come scriveva Italo Calvino
in un citatissimo articolo del 1965; citatissimo ma, evidentemente, non abbastanza, dato che, più di quarant’anni dopo, il
vizio che indicava non è certo scomparso.
LA LETTURA
Calvino e l’antilingua
Questo articolo di Italo Calvino (1923-1985) comparve
sul quotidiano Il Giorno del 3 febbraio 1965, e faceva
parte di un vivace dibattito, aperto da Pier Paolo Pasolini, sullo stato dell’italiano.
15
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 016
È PIÙ FACILE SCRIVERE BENE CHE SCRIVERE MALE
Il brigadiere è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato,
seduto davanti a lui, risponde alle domande un po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più
preciso e senza una parola di troppo: « Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei
fiaschi di vino dietro la cesta del carbone. Ne ho preso uno per
bermelo a cena. Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata ». Impassibile, il brigadiere batte veloce
sui tasti la sua fedele trascrizione: « Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato
per eseguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara d’essere casualmente incorso nel rinvenimento di un quantitativo
di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli nell’intento di
consumarlo durante il pranzo pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta effrazione dell’esercizio soprastante ».
Ogni giorno, soprattutto da cent’anni a questa parte, per un
processo ormai automatico, centinaia di migliaia di nostri
concittadini traducono mentalmente con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in un’antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali e consigli
d’amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali scrivono parlano pensano nell’antilingua. Caratteristica principale dell’antilingua è quello che definirei il « terrore semantico », cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per
se stesso un significato, come se « fiasco » « stufa » « carbone »
fossero parole oscene, come se « andare » « trovare » « sapere » indicassero azioni turpi. [...]
Chi parla l’antilingua ha sempre paura di mostrare familiarità
e interesse per le cose di cui parla [...]. La motivazione psicologica dell’antilingua è la mancanza d’un vero rapporto con la
vita, ossia in fondo l’odio per se stessi. La lingua invece vive
solo d’un rapporto con la vita che diventa comunicazione,
d’una pienezza esistenziale che diventa espressione. Perciò
dove trionfa l’antilingua – l’italiano di chi non sa dire « ho
fatto » ma deve dire « ho effettuato » – la lingua viene uccisa.
(I TALO C ALVINO, « L’antilingua », in Una pietra sopra,
Mondadori 2011)
16
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 017
SEMPLICITÀ
La lingua della burocrazia, a cui si attiene con scrupolo il brigadiere di Calvino, è « inesistente » solo nel senso che non è naturale (non esiste nella natura dei vivi scambi comunicativi fra
persone vere). Per il resto, esiste eccome. È stata selezionata,
nel corso dei decenni, nei laboratori specializzati degli uffici
amministrativi (e della scuola), e adottata con entusiasmo dalla
politica, dalla saggistica accademica, dall’editoria scolastica.
Conviene prenderla di petto ed esaminarla da vicino, perché è
la prima nemica di una lingua semplice e chiara.
. I L BUROCRATESE .
Quella di Calvino era una parodia dello stile burocratico. Come
tutte le caricature riuscite, però, il testo del brigadiere mette in
risalto le caratteristiche essenziali di quello stile. Vediamole insieme: se impareremo a riconoscerle, le eviteremo più facilmente.
O Incominciamo dalle parole. La lingua burocratica sfugge
– come un vampiro l’aglio – le parole semplici, e le sostituisce
con parole false. Se non volete scrivere come il brigadiere, seguite questo suggerimento:
Cercate di tradurre le parole della lingua « ufficiale » nelle parole semplici (ed espressive) della lingua quotidiana. Osservate questa tabella: i verbi
burocratici a sinistra possono essere sostituiti dai
corrispondenti allineati a destra
auspicare
augurarsi
aver luogo
accadere, esserci
conferire a
dare a
conferire con
parlare a
effettuare
fare
espletare
compiere
incrementare
aumentare
posizionare
mettere
recarsi
andare
verificarsi
accadere, esserci
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È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 018
È PIÙ FACILE SCRIVERE BENE CHE SCRIVERE MALE
Non intendo sostenere che i verbi della colonna di sinistra non
si debbano mai usare. Ma il guaio è che moltissimi burocrati,
politici, accademici scelgono sempre i verbi della prima colonna. Perciò vi esorto a fare il contrario. (E questo libro non sarà
inutile se avrà convinto qualche lettore – anzi, spero tutti – a
non scrivere mai recarsi invece di andare ed effettuare per fare.)
O La lingua burocratica ama le perifrasi, i giri di parole: dove
basterebbe un verbo, mette un verbo (di significato generico) più
un sostantivo astratto. Alcune perifrasi di Calvino sono esagerate
(essere casualmente incorso nel rinvenimento invece di trovare),
ma altre sono comunissime (essere a conoscenza per sapere).
O La lingua burocratica usa in continuazione sostantivi
astratti, quelli che finiscono in -zione, -mento, -ità. In particolare, condensa in un sostantivo astratto intere frasi, che in una
lingua naturale sarebbero espresse con un soggetto e un verbo:
essere a conoscenza dell’avvenuta effrazione è il concentrato di
sapere che era stata scassinata.
O La lingua burocratica ha un debole per gli aggettivi che
sostituiscono un complemento, soprattutto quelli in -ale. Non
ci sono esempi nel brano di Calvino, ma se date una scorsa alle
leggi pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale non farete fatica a trovare espressioni come deliberazione giuntale (per deliberazione
della giunta) o mandato sindacale (per mandato del sindaco).
O La lingua burocratica ama la sintassi complicata: invece di
frasi brevi, preferisce periodi lunghissimi, irti di gerundi e di
participi presenti e passati. Qui abbiamo visto essendosi recato
e non essendo a conoscenza; nella prosa burocratica di leggi, decreti, sentenze possiamo trovare frasi come stante la delimitazione cronologica dell’incarico (cioè quella struttura sintattica che
in latino si chiama « ablativo assoluto », e che in un italiano
scorrevole non avrebbe diritto di cittadinanza).
Insomma, il burocratese stretto è davvero agli antipodi della
lingua a cui farà propaganda questo manuale. Va detto, a onor
del vero, che anche i burocrati si sono resi conto che uno Stato
moderno e civile dovrebbe sforzarsi di parlare una lingua comprensibile ai suoi cittadini. Leggete la scheda seguente.
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È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 019
SEMPLICITÀ
FAMIGLIE DI PAROLE
Il lessico burocratico e il suo antidoto
Ci sono due notizie dal fronte della guerra contro il burocratese, una buona e una cattiva. La notizia buona è
che da una ventina d’anni quella guerra ha tra i suoi
protagonisti i massimi vertici della burocrazia statale. I
vari ministri della Funzione Pubblica hanno promosso
ricerche e fatto passi concreti per evitare che la lingua
delle amministrazioni pubbliche sia un gergo accessibile
solo a una casta di specialisti. Questi sforzi hanno prodotto alcuni risultati: in primo luogo, un utile Manuale
di stile che, nella sua prima edizione, aveva in copertina
l’intestazione ufficiale « Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica » ed è
stato curato da Alfredo Fioritto. Per mezzo di glossari,
tabelle, suggerimenti e molti esempi pratici, questo manuale cerca di convincere i dipendenti delle amministrazioni che è possibile scrivere avvisi, ordinanze, decreti in
modo semplice e chiaro. Osservate alcuni dei suggerimenti:
O usare preferibilmente parole comuni:
recarsi
andare
encomio
lode
interloquire
parlare
evacuare
abbandonare
O evitare parole e formule dotte:
perciò/anche
all’uopo
poco fa/appena
testé
nonché
e/anche/inoltre
apporre
mettere
diniego
rifiuto
differire
rinviare
O evitare parole e locuzioni solenni e formule stereotipate:
in ottemperanza a
come prevede
ravvisata la necessità di
poiché è necessario
istanza corredata di
domanda completa di
19
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 020
È PIÙ FACILE SCRIVERE BENE CHE SCRIVERE MALE
O evitare di usare parole astratte:
impossidenza
non possedere
(rapida) definizione
definire (rapidamente)
O evitare locuzioni con verbi seguiti da sostantivi astratti:
dare comunicazione
comunicare
firmare
apporre la firma
effettuare la cancellazione
cancellare
portare a compimento
finire/concludere
(Manuale di stile. Strumenti per semplificare
il linguaggio delle amministrazioni pubbliche,
a cura di A LFREDO F IORITTO, Il Mulino 1997)
La brutta notizia è che uno dei primi atti di ogni nuovo
ministro della Funzione Pubblica è promettere una riforma della lingua della burocrazia. Nel 2002, l’allora
ministro Franco Frattini aveva istituito una commissione, presieduta dallo stesso Alfredo Fioritto e composta
di giuristi e linguisti, con il compito di aiutare (o, magari, costringere) i funzionari a « Parlare chiaro » (cosı̀ si
chiamava il progetto). Poi, nel 2007, è uscito un manuale, adottato dalle regioni, intitolato Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi, che ha ispirato, nel 2011, una Guida alla redazione degli atti amministrativi. Regole e suggerimenti, promossa da una
sezione del Consiglio nazionale delle ricerche e dall’Accademia della Crusca. Come a dire: la guerra ventennale contro il burocratese non è ancora vinta.
Il problema, con la lingua complicata della burocrazia, è che ritroviamo i suoi schemi e i suoi modelli non solo negli uffici
pubblici o nei codici, ma in molti altri campi: per esempio
quello della politica.
. L E COMPLICAZIONI DELLA POLITICA .
Le complicazioni che ci interessano qui non sono quelle delle
manovre per conquistare o per difendere il potere, ma quelle
linguistiche. Prendiamo il caso tipico di una campagna elettora20
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 021
SEMPLICITÀ
le. Ammettiamo – è un’ipotesi peregrina, lo so, ma di per sé
non assurda – che, in occasione delle elezioni, un normale cittadino voglia decidere a ragion veduta per chi votare, e si dia la
briga di leggere gli opuscoli e volantini di propaganda e i programmi dei partiti pubblicati nei siti internet. Si imbatterebbe
in frasi come le seguenti:
La tendenza alla cronicizzazione della condizione di disoccupato non comporta solo problemi di natura economica: la
condizione lavorativa implica infatti l’esistenza di un insieme
di relazioni sociali, la cui assenza pesa sull’individuo e crea
le precondizioni per una possibile emarginazione.
[Occorre] radicare sul territorio il volontariato, l’associazionismo, la cooperazione, le imprese sociali, contribuendo alla
costruzione di veri e propri distretti sociali che integrino e
consolidino quelli produttivi. Vogliamo inoltre favorire la
trasformazione in holding sociali delle grandi organizzazioni
associative del paese.
Credo che non ci siano dubbi: queste frasi non sono « semplici » (lo ammetteranno perfino quelli che le hanno scritte). Esaminiamole da vicino, per capire che cosa le rende complicate e
di difficile comprensione.
Nel primo brano, la difficoltà sta sia nel lessico (cronicizzazione, implicare, precondizioni, emarginazione) sia nella sintassi,
con catene di complementi (tendenza alla cronicizzazione della
condizione di disoccupato) e la relativa retta da cui. Notate, inoltre, che la catena iniziale è formata da tre sostantivi astratti, e
che la subordinata si apre con un’altra parola astratta (assenza)
che ha anche valore negativo, e dunque costringe il lettore a un
ribaltamento di significato.
Il secondo esempio presenta anch’esso una grande quantità
di termini astratti. Il problema principale è però la difficoltà di
capire non tanto le singole parole, quanto il significato preciso
di espressioni come imprese sociali, distretti sociali, [distretti]
produttivi; per non dire dell’uso del termine inglese holding,
molto usato in economia ma certamente vago e oscuro per gran
parte del pubblico, che ben difficilmente coglierà la differenza
fra holding sociali e grandi organizzazioni associative (che dovrebbero appunto trasformarsi in holding sociali). La sintassi
21
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 022
È PIÙ FACILE SCRIVERE BENE CHE SCRIVERE MALE
del primo periodo – con il gerundio contribuendo e la relativa
con i due verbi al congiuntivo, integrino e consolidino – non è
lineare.
Ora, non è il caso di scandalizzarsi troppo per la lingua dei
programmi politici. Sappiamo tutti che non li legge nessuno, e
che nessuno ha mai vinto le elezioni perché il suo programma
era scritto meglio di quello degli altri. Ben più di lunghi testi
contano gli slogan e le facce. Però tra il semplicismo degli slogan e delle facce e le complicazioni di programmi astrusi e mal
scritti forse esiste una via di mezzo.
2. L A SEMPLICITÀ PER FARSI CAPIRE
I burocrati e i politici si rivolgono per definizione (cioè: dovrebbero rivolgersi) a tutti i cittadini; dunque anche a quelli
che non hanno gli strumenti linguistici e intellettuali per capire
parole o costrutti appena più elevati o complicati rispetto alla
lingua quotidiana. Queste persone sono tante, più di quelle che
immaginiamo.
. L A COMPRENSIONE DELLE PAROLE .
Nel 2001, un istituto di ricerca collegato al ministero dell’Istruzione aveva svolto un’indagine sulla preparazione scolastica dei
giovani. I giornali ne avevano condensato il succo in titoli di sicuro impatto come « Diciottenni, uno su quattro quasi analfabeta ». Metà dei giovani esaminati non conosceva il significato
dell’aggettivo remunerativo (« lavoro remunerativo ») e il 62 per
cento quello dell’espressione a domicilio (« consegna a domicilio »). Nove su dieci non erano riusciti a compilare correttamente un bollettino di conto corrente perché ignoravano il sostantivo causale.
In realtà, il campione esaminato (650 diciottenni maschi, che
avevano tutti abbandonato la scuola, in molti a quattordici o
quindici anni) non era pienamente rappresentativo dell’insieme
dei diciottenni italiani. Ma proviamo a incrociare quel dato con
altre informazioni significative che danno un’idea delle abilità
linguistiche della media della popolazione.
22
È più facile scrivere bene che scrivere male (137 x 205 mm) p. 023
SEMPLICITÀ
O Esiste un test internazionale (Ocse-Pisa) per valutare le
competenze linguistiche, matematiche e scientifiche degli studenti quindicenni. I risultati italiani sono (con grandi differenze
regionali) leggermente inferiori alla media Ocse (l’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economica che raccoglie i
Paesi avanzati). A proposito delle capacità di comprensione di
un testo nella propria lingua, il test misura sette livelli di preparazione, da 1b (competenze poco più che nulle) a 6. Tra le
competenze dimostrate da chi raggiunge il livello 3, c’è la capacità di cogliere un’informazione « non evidente » o nascosta tra
« molte informazioni concorrenti », oppure superando « ostacoli
nel testo, come idee contrarie alle aspettative o espresse in forma negativa. I compiti riflessivi a questo livello possono richiedere connessioni, comparazioni e spiegazioni ». Ecco, a questo
livello medio non arriva il 45,6 per cento degli studenti italiani.
O Una ricerca dell’Invalsi (l’istituto a cui spetta il compito di
valutare il sistema dell’istruzione in Italia) svolta sui temi di maturità del 2007 ha messo in evidenza errori grammaticali, incongruenze logiche e una diffusa incapacità degli allievi di articolare in maniera coerente un discorso. Vale a dire: dopo tredici anni di scuola, molti studenti, pur promossi alla maturità, dimostrano una scarsa dimestichezza con i testi scritti.
O I dati sulla lettura di libri in Italia, comunicati dall’Istat
nel 2011 e relativi al 2010, indicano che meno della metà degli
italiani sopra i sei anni (per l’esattezza, il 46,8 per cento) dichiara di aver letto « per motivi non strettamente scolastici e/o
professionali » almeno un libro nell’ultimo anno (è un dato positivo: nel 2009 erano solo il 45,1...). Quasi una famiglia su dieci (il 9,6 per cento della popolazione, pari a 2.338.000 famiglie)
dichiara di non avere in casa nemmeno un libro.
Questa deprimente serie di informazioni conferma e spiega
una sensazione diffusa, che per molti insegnanti è ben più di
una sensazione: numerosissimi ragazzi rivelano grandi difficoltà
quando si tratta di capire il significato di un testo scritto o di
eseguire le istruzioni richieste per attività quotidiane. E per gli
adulti le cose non sono sostanzialmente diverse.
I limiti della circolazione della cultura, messi in luce dalle
statistiche sulla lettura in Italia, sono certamente all’origine della scarsa « competenza alfabetica » dei giovani. D’altra parte, è
facile precipitare in un circolo vizioso: i ragazzi non conoscono
23
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