· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.50 Pagina 1
VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXVII - N° 11
NOVEMBRE 2012
Giusto un secolo fa
giungeva all’Isola
Tiberina il Beato
Guglielmo Llop,
che visse in Italia
10 anni, dapprima
nell’Isola e poi a
Frascati, dove fu
Priore del nostro
antico Ospedale
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EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
Fragilità psichica e mentale
Risposta della comunità cristiana
5
I test genetici predittivi:
aspetti bioetici e biogiuridici
6
Realpolitik
dagli occhi a mandorla
7
Olimpiadi di Londra 2012:
in gioco i diritti dei lavoratori
8
La salute degli adolescenti
9
La stenosi carotidea
10
Inizia con la caduta di Roma
il “Medioevo”, mentre la medicina
acquista un significato che prima non aveva
XXVI - Il monachesimo occidentale
e la medicina monastica
11
Schegge Giandidiane N. 35a
I dieci anni in Italia
del Beato Guglielmo Llop
15
Una reliquia per la regina
16
Fra Narciso Petrillo
Notizie biografiche
Ricordo di fra Narciso
17
Lo studio polisonnografico nell’O.S.A.S.
18
O voi tutti assetati,
venite all’acqua (Is 55,1)
DALLE NOSTRE CASE
19
Ospedale Sacro Cuore
di Gesù - Benevento
“Condividiamo le azioni”
20
Ospedale Buon Consiglio - Napoli
V Congresso di ecografia trans-cranica
Udienza del cardinale Sepe con i responsabili
dell’area materno infantile
e della associazione Germogliare Onlus
21
Istituto san Giovanni di Dio - Genzano
Pellegrinaggio a Santiago de Compostela
e Fatima
22
Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo
Morte improvvisa in culla
23
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VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXVII
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Finito di stampare: novembre 2012
In copertina: Ritratto del Beato Llop a Frascati
(dipinto di Eladio S. Santos) e veduta dell'Isola
Tiberina (acquerello di Ettore Roesler Franz)
DAR LA VITA
PER LA FEDE
N
el 50° dell’apertura del Concilio Vaticano II, che ebbe inizio
l’11 ottobre 1962, il Papa ha indetto uno speciale Anno della
Fede per rafforzare la nostra Fede e testimoniarla nella vita concreta d’ogni giorno.
La testimonianza più eccelsa della propria Fede è il dare la propria vita per essa e,
ben a proposito, già nello stesso mese di ottobre e in coincidenza con la Giornata Missionaria Mondiale, è stata messa in programma a Roma la Canonizzazione di un catechista laico filippino, Pedro Calungsod,
il quale, ancora adolescente, si offerse nel 1668 d’accompagnare alcuni gesuiti nella rischiosa missione d’iniziare l’evangelizzazione di Guam, che è la più vasta isola della Micronesia, appartenente al gruppo delle Mariane e abitata dai Chamorro, nella quale usava far sosta il galeone che collegava il Messico con le Filippine.
In breve i missionari gesuiti, guidati dal Beato Diego Luis de San Vitores, che era stato l’ardente promotore dell’iniziativa, riuscirono a convertire un gran numero di Chamorro, ma parte della popolazione pagana, specialmente alcuni capi, si sentirono minacciati dal crescente insediamento spagnolo e non solo cercarono di screditare i missionari, ma in alcuni casi presero a perseguitarli. In tutto, ben 24 catechisti laici e 12 gesuiti morirono martiri della Fede in distinte occasioni, ma il loro sangue fu seme di sempre maggior conversioni e oggi la chiesetta, che il Beato aveva innalzato il 2 febbraio 1669 in onore del Dolce Nome di Maria, è divenuta la Cattedrale di Guam, cui fa riferimento una popolazione di 130.000 cattolici, formanti la Diocesi di Agaña, istituita nel 1965 ed eretta
in Arcidiocesi l’8 marzo 1985. Nel febbraio 1981 il Beato Giovanni Paolo II visitò Guam
e non mancò di far riferimento “al missionario Diego Luis de San Vitores, la cui vigorosa testimonianza continua a ispirarci”. L’accenno del Papa spinse a studiarne meglio la
figura e fu rintracciata la documentazione del suo martirio, avvenuto il 2 aprile 1672,
quando fu massacrato nel villaggio di Tumon assieme al suo fido catechista Pedro Calungsod. Quella documentazione permise di aprire il Processo di Beatificazione, conclusosi il 6 ottobre 1985 con la Beatificazione del gesuita. Ciò indusse l’arcivescovo di Cebu, dalla cui diocesi dipendeva Guam nel tempo spagnolo ed essendo Cebu al centro delle Visayas delle quali era natio Calungsod, a ottenere d’aprire con la stessa documentazione il Processo di Beatificazione anche per costui, che fu proclamato Beato il 5 marzo
2000 a Roma dal medesimo Papa, che così ne sintetizzò la figura: “Da giovinetto Pedro Calungsod udì la chiamata di Cristo e mai esitò nel suo intento di compiere la
volontà di Dio, anche a costo della sua vita. Preghiamo che molti giovani seguano
il suo esempio e si offrano al Signore in varie forme di apostolato laico o nel sacerdozio o nella vita religiosa”.
Nel marzo 2003 ci fu in un ospedale di Cebu una guarigione prodigiosa, ottenuta per
intercessione del Beato Calungsod. Una donna che aveva subito un grosso intervento
cardiaco, ebbe dopo tre giorni un arresto cardiaco che le causò un coma profondo, da cui
uscì dopo due giorni, quando il cardiologo supplicò il Beato di guarirla, il che avvenne
in tempi e modalità incredibili, sicché l’evento fu riconosciuto miracoloso dalla Chiesa
e permise di fissare al 21 ottobre di quest’anno la proclamazione di Calungsod come
Santo. Tale proclamazione lo propone alla devozione della Chiesa Universale, ma è ovvio che la sua figura acquisterà un fascino speciale nella sua Patria ed è per questo che
nella Cappella del Noviziato, che i Fatebenefratelli hanno nelle Filippine ad Amadeo, è
stato deciso di collocare alla fine di ottobre il quadro di san Pedro Calungsod, qui riprodotto e opera del pittore Eladio S. Santos.
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CHIESA E SALUTE
FRAGILITÀ PSICHICA E
MENTALE
Risposta della comunità cristiana
Fra Elia Tripaldi o.h.
I
portatori di disabilità psichica spesso rappresentano un peso nella società e le loro famiglie più che chiudersi nel loro dolore e nella loro difficoltà di gestire il proprio caro, attendono dallo Stato servizi e strutture adeguate e sufficienti. La società in cui viviamo non sempre è attenta all’accettazione del diverso, del disabile da integrare sempre più nel mondo dei “sani”,
con grande aggravio sulla situazione
delle famiglie non sempre in grado di
provvedere dignitosamente alle sue necessità. La comunità cristiana - come la
storia dell’assistenza testimonia - non si
è mai tirata indietro nel prendere coscienza di questa realtà non solo edificando istituzioni sanitarie idonee e
umanizzate, ma anche provvedendo alle necessità umane e spirituali di questi
nostri fratelli.
Benedetto XVI ha sottolineato come
“la Chiesa intende chinarsi con particolare sollecitudine sui sofferenti, richiamando l’attenzione della pubblica opinione
sui problemi connessi col
disagio mentale, che colpisce
ormai un quinto dell’umanità e costituisce una vera e
propria emergenza socio-sanitaria”1. Esso colpisce indifferentemente persone di ogni
genere, etnia, età, ceto sociale..., ed è invalidante. Spesso
non si trovano terapie farmacologiche che rispondano ai
vari aspetti della malattia.
La loro invalidità ha un impatto sociale non indifferente, spesso riempiono le pagine dei giornali e sono oggetto di dibattiti televisivi poiché la loro cura e assistenza
richiede ingenti risorse che
4
lo Stato non sempre è sollecito ad approntare. Il peso della loro malattia ricade inevitabilmente sulla famiglia. La
ricerca scientifica diventa non solo un
dovere dei governanti ma anche un diritto del malato e una missione per chi
la compie perché ogni essere umano,
senza alcuna distinzione, possa essere
raggiunto e curato. Occorre, quindi, che
tutti concorriamo affinché la persona
con sofferenza mentale possa recuperare la possibilità di inserirsi nella comunità dei “sani”, di lavorare e di condurre una vita dignitosa.
Se poi si accenna al male oscuro della
depressione che spesso porta al suicidio
- l’OMS (2004) ci informa che vi è un
milione di morti all’anno e si prevede
un milione e mezzo nell’anno 2020,
l’impegno diventa sempre più arduo. A
questa si aggiungono anche le patologie
di tipo anoressico e bulimico, la dipendenza da internet, da alcool, quella ses-
suale... Sono malati presenti nei nostri
centri di cura e bisognosi di incontrare
oltre al medico, allo psichiatra e allo
psicologo anche persone preparate che
offrano loro la vicinanza, che possano
instaurare con loro relazioni sociali, interpersonali, pastorali. Tutti questi mezzi fanno parte di interventi terapeutici a
loro favore, integrati con la catechesi,
la preghiera e i sacramenti.
Benedetto XVI rileva che “si avverte
la necessità di meglio integrare il binomio terapia appropriata e sensibilità
nuova di fronte al disagio, così da permettere agli operatori del settore di andare incontro più efficacemente a quei
malati e alle famiglie, le quali da sole
non sarebbero in grado di seguire adeguatamente i congiunti in difficoltà”2. È
questo infatti il ruolo della comunità
cristiana, comunità aperta, accogliente,
attenta a individuare nuovi bisogni con
una azione pastorale integrata perché
l’integrità psicofisica delle persone malate sia accompagnata anche da una migliore qualità della loro vita.
_________________
1
BENEDETTO XVI, Messaggio per la
XVI Giornata Mondiale del Malato
2
Idem
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BIOETICA
I TEST GENETICI PREDITTIVI:
ASPETTI BIOETICI
E BIOGIURIDICI
Raffaele Sinno
L
a ricerca genetica applicata alla
pratica clinica umana ha prodotto, negli ultimi decenni, risultati
di notevole impatto. Tali effetti sono in
larga parte dovuti a un concetto del gene
profondamente mutato rispetto a venti
anni or sono, poiché esso è attualmente
considerato una regione localizzabile di
sequenza genomica, corrispondente a
un’unità di eredità, che è associata a regioni regolatorie, le regioni trascritte, e
ad altre regioni di sequenza funzionale1,
per studiarne gli effetti sia sul genotipo
sia sul fenotipo. Grazie a questi progressi scientifici la genetica moderna utilizza
accanto ai test diagnostici, particolari indagini definite test genetici predittivi. I
primi si applicano alle persone affette da
patologie che sono trasmesse con il modello dell’ereditarietà semplice, come nel
caso della Distrofia Muscolare di Duchenne, o malattie dovute a traslazione di
geni come nella sindrome di Down. I test
diagnostici confermano un sospetto clinico, definiscono la storia e gli andamenti di una malattia genetica. Al contrario i
test predittivi valutano, nella persona che
si sottopone al test, la presenza di una suscettibilità, o di una resistenza nei confronti di una malattia complessa e comune, le cosiddette “sindromi multifattoriali”, le quali originano dall’interazione tra
geni e ambiente, esempi sono i test per il
Diabete di tipo II, o la malattia di Crohn.
Questa differenza pone questioni di fondamentale importanza riguardo ai test
predittivi.
La genomica predittiva trova alcune applicazioni pratiche, e suppone l’idea di
una possibile conoscenza analitica delle
malattie genetiche. È opportuno precisare che l’utilizzo dei test genetici predittivi solleva importanti questioni di ordine
etico e biogiuridico. Un primo punto di
discussione riguarda la suscettibilità sta-
tistica in una determinata popolazione.
Rappresentativo è stato l’utilizzo improprio negli U.S.A. dei test Brca1 e Brca2
venduti, alla fine degli anni novanta, con
un’incessante campagna d’informazione
sanitaria: “Il test che ti dimostra se avrai
il cancro al seno”. Si comprende che l’utilizzo di tale erronea informazione genera paure, false attese, e contraddice l’azione della medicina genica predittiva, la
quale si pone l’obiettivo di integrare diversi cofattori, non assolutizzando il test
come unico punto di riferimento.
Per questo è fondamentale attenersi alle
raccomandazioni che si riferiscono alla
consulenza genetica, a esempio quella redatta dal Consiglio d’Europa, in cui si regolano la ricerca del probabile difetto genico e la tutela della dignità della persona
che vi si sottopone. Tali direttive sono:
1)
2)
3)
4)
5)
Informare dello scopo, genere, e valore indicativo dell’esame e delle
conseguenze che ne conseguono;
Gli eventuali rischi connessi con la
procedura, nonché la frequenza e il
tipo di anomalie da diagnosticare;
Le ripercussioni fisiche e psichiche;
Tutte le possibili misure di sostegno
in funzione dei risultati dell’esame;
Dei modi e tempi di esecuzione ed
eventuali errori.
I problemi etici, e medico legali, che si
evidenziano nei test genetici predittivi sono inquadrati nelle normali procedure di
etica medica, ma ne ampliano le questioni, dato gli sviluppi etico-sociali che ne
derivano. Essi sono:
➢
➢
➢
La tutela e l’autonomia della persona che si sottopone al test;
La privacy e la riservatezza;
L’equità, la non discriminazione
prevista.
I primi due temi seguono la normale
prassi etica, e si collegano alle disposizioni bio-giuridiche internazionali, quali
la Dichiarazione Unesco sul Genoma
umano del 1997. Nell’articolo 5 comm.
a e b, si regola il diritto di tutela, la privacy, la possibilità della riservatezza, e la
protezione dei dati genetici, mentre è obbligo, nell’art.19, che l’informazione sia
data esclusivamente alla persona interessata oppure a un suo legale, escludendo la
possibilità che enti, o aziende, possano
conoscere i dati a fini discriminatori. Su
tale questione vi è una divergenza tra la
netta chiusura delle disposizioni europee
e le possibili deroghe in quella degli Stati Uniti d’America. Nell’ordinamento
nordamericano l’eccezione riguarda gli
interessi assicurativi stipulati, infatti, pur
vietando la discriminazione, il datore di
lavoro può richiedere in seconda istanza
che il lavoratore comunichi il risultato del
test genetico predittivo2.
In conclusione, i test genetici predittivi
aprono nuove frontiere di ricerca scientifica, tuttavia urge un articolato ordinamento biogiuridico, per evitare una netta
contrapposizione tra interesse della collettività e quella della persona umana, tra
scienza ed etica.
_________________
1
ELISABETH PENNISI, DNA Study
Forces Retink of What It Means to Be a
Gene, Since (2007), 316( 5831); 1556-57
2
Famoso il caso di un avvocato dello stato dell’Ohio, Theresa Morelli, che
richiese di stipulare presso una compagnia assicurativa una polizza sanitaria. Il contratto le fu rifiutato con la
motivazione che il padre era affetto dalla Corea di Huntington, e che la donna
poteva sviluppare per il 50% una malattia fatale, in ABA Journal 1992, p.38,
htpp://books.google.it/books
5
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 6
SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI
REALPOLITIK
DAGLI OCCHI A MANDORLA
Daniele Bernardo
I
l corteggiamento cinese nei confronti del Sud Sudan impone sempre di più a Pechino di porsi quale
fattore di stabilità della regione nilotica. Quale futuro per Khartoum (Nord
Sudan) e Juba (Sud Sudan)?
Nonostante il decennale sostegno cinese a Khartoum, motivato dalla necessità di rifornirsi delle ingenti risorse petrolifere sudanese, l’indipendenza del
Sud Sudan, sancita come abbiamo già
visto nei precedenti numeri da un referendum nel luglio 2011, non solo sta
rappresentando un sconvolgimento della geopolitica africana ma anche un’interessante evoluzione dei giochi diplomatici di Pechino sul continente nero.
La separazione di Juba da Khartoum
ha lasciato in buona parte irrisolta la
questione confinaria, legata all’esatta
definizione dei giacimenti petroliferi tra
i due Stati, e ha ulteriormente destabilizzato l’unità nazionale del Nord Sudan, da tempo attraversato da altre
istanze separatiste (in primis, la Nubia e
il Darfur). Le conseguenze potenzialmente disastrose sugli approvvigionamenti energetici hanno spinto Pechino
a ripianificare la sua diplomazia e a imporsi come un mediatore tra i numerosi
attori in gioco. Infatti, la sicurezza degli
investimenti petroliferi di frontiera, la
stabilità interna del Nord Sudan e la costruzione di buoni rapporti tra Khartoum e Juba, sono obiettivi che Pechino
considera raggiungibili solo se affrontati congiuntamente.
La Cina ha sempre mantenuto stretti
legami con Khartoum. La relazione è,
infatti, sempre stata considerata “winwin”, ossia vantaggiosa per entrambe
le parti: in cambio del petrolio sudanese, collocato in gran parte nelle regioni
centrali e meridionali del Paese, Pechino si impegnava nello sfruttamento in-
6
tensivo dei giacimenti, nonché in onerosi investimenti infrastrutturali, di cui
ha beneficiato esclusivamente il nord
arabo del Paese (per inciso, è stata questa la ragione principale del separatismo armato meridionale). Inoltre, Pechino ha sempre assicurato una protezione politica nei confronti di Al Bashir, incriminato per delitti contro l’umanità dalla Corte Penale Internazionale e accusato dall’Occidente di aver
ospitato campi terroristici nei decenni
passati. I movimenti separatisti del
Sud, ampiamente sostenuti dagli USA e
dalla Gran Bretagna, hanno inevitabilmente guardato la Cina con ostilità, anche perché questa ha spesso ostacolato
il processo che sotto l’egida delle Nazioni Unite ha condotto all’auspicata
indipendenza per le vie legali.
La recente visita del Presidente del
Sud Sudan, Salva Kiir, a Pechino ha
aperto nuovi scenari. La Cina sta cercando di portare sotto la sua influenza
anche Juba, nonostante tutto lasciasse
presagire un chiaro allineamento di
quest’ultima nel campo filo-occidentale. La chiave del successo cinese è sempre la stessa: ingenti investimenti infrastrutturali, di cui Juba ha uno straordinario bisogno, protezione diplomatica
contro eventuali minacce dal nord, accordi commerciali.
Juba non ha optato per una scelta di
campo: la sua apertura economica agli
investimenti e ai commerci è a 360 gradi, vista la necessità di avviare uno sviluppo ritardato per ben 40 anni. Tuttavia, vista la latitanza delle potenze occidentali, afflitte dalla crisi finanziaria,
disinteressate all’Africa e poco propense a investire in paesi rischiosi, è del tutto normale che il Sud Sudan abbia messo da parte i suoi pregiudizi anti-cinesi
e abbia costruito le basi per una partnership duratura.
Il corteggiamento cinese, per quanto
comprensibile nella sua strategia complessiva, desta qualche perplessità nel
momento in cui pretende di realizzare il
più classico dei “piedi in due staffe”. Infatti, le tensioni tra Juba e Khartoum restano ancora altissime. I giacimenti posti al confine dei due Stati continuano a
suscitare rivendicazioni e retoriche belliciste che non fanno ben sperare. Anzi,
la situazione di tensione sta comprimendo gravemente la produzione petrolifera, prima risorsa per entrambi i
Paesi, e sta spingendo l’ONU a cercare
continui canali di mediazione tra le parti. Non si sa ancora quanto le capacità
diplomatiche di Pechino siano in grado
di rasserenare le relazioni tra attori che
si sono aspramente combattuti per 40
anni. In un certo senso, potrebbe essere
questo il banco di prova della leadership cinese in Africa: la capacità di costruire un modello di mediazione e prevenzione dei conflitti adattabile al contesto africano. Un secondo momento di
riflessione è riservato al futuro istituzionale del Sud Sudan: ci si chiede, in
sostanza, quanto un’influenza preponderante cinese su Juba possa condizionare negativamente lo sviluppo democratico dell’ultimo Stato africano che ha
raggiunto l’indipendenza e quanto un
modello economico dirigista, ma vincente nei Paesi in Via di Sviluppo, possa arrestare le tendenze democratiche
che hanno distinto in special modo l’Africa Occidentale in questi ultimi anni.
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MONDIALITÀ
OLIMPIADI DI LONDRA 2012:
IN GIOCO I DIRITTI
DEI LAVORATORI
Giulio Guarini
S
udore e fatica sono elementi indispensabili per il successo di un
atleta, ma allo stesso tempo sono
alla base dello sfruttamento di migliaia
di lavoratori che producono beni in ambito sportivo. A livello internazionale,
sindacati e associazioni per i diritti civili hanno dato vita alla campagna di
pressione Play Fair 2012 (www.playfair2012.org.uk) che attraverso due importanti documenti, “Fair Games? e
“Toying with Workers Rights”, getta
ombre importanti sulle Olimpiadi di
Londra. Le inchieste riguardano le condizioni di lavoro nelle fabbriche del Sud
del mondo che producono capi di abbigliamento sportivo e merchandise anche
per i giochi olimpici, per conto delle note multinazionali. Il panorama è sconcertante. I salari sono letteralmente da
fame; infatti in molti paesi le retribuzioni sono ben al di sotto dei livelli di
sussistenza (in Bangladesh e in Sri Lanka addirittura sono meno di un terzo).
Gli ambienti di lavoro non rispettano gli
standard igienico-sanitari minimi. Le
ore di lavoro sono in media 12-14 al
giorno per sette giorni, con licenziamento in tronco in caso di non rispetto
dei ritmi di lavoro. Per rispondere in
tempo alle commesse olimpiche, gli
straordinari obbligatori possono raggiungere anche le 100 ore al mese. Inoltre, le organizzazioni sindacali sono
osteggiate, per cui, di fatto, i lavoratori
non possono protestare in modo collettivo. Ma anche la difesa individuale delle proprie ragioni diviene difficile, perché spesso i lavoratori non ricevono copia del contratto di lavoro e non conoscono i propri diritti. In particolare, questi studi hanno calcolato che le due mascotte di Londra 2012 Wenlock e Mandeville insieme al resto del merchandise olimpico porteranno introiti pari a
circa un miliardo di sterline, una cifra
prevista importante che però sarà il frutto di gravi violazioni di diritti. In due
delle fabbriche cinesi produttrici di tali
beni promozionali è stata riscontrata la
violazione del Codice etico (Ethical
Trading Initiave Base Code) che era stato promosso dal Comitato Organizzatore dei Giochi olimpici e paraolimpici di
Londra 2012 e che era stato destinato
proprio a questo tipo di aziende. Per tali motivi, la Campagna Play Fair 2012
chiede agli organizzatori degli eventi
olimpici di impegnarsi realmente nel
cambiare questa tragica situazione, facendo pressione su tutti gli operatori
economici coinvolti. Finora alle parole
non sono succeduti i fatti, a causa della
scarsa volontà “politica”, di controllori
corrotti, e di una non conoscenza da
parte dei lavoratori della loro possibilità di rivolgersi ai rappresentanti del comitato per possibili denunce.
Un messaggio corretto che dovrebbe
dare il mondo dello sport è che alcuni
limiti devono essere oltrepassati, mentre
altri no. Le regole su cui si fonda una
disciplina sportiva sono invalicabili altrimenti si stravolge il gioco, mentre a
esempio nell’atletica i record sono quei
limiti momentanei il cui superamento
rappresenta l’essenza stessa della disciplina. Così i diritti dei lavoratori dovrebbero rappresentare dei limiti invalicabili per i mercati globali, mentre le
grandi multinazionali soffrono di bulimia da profitto, cercando di ridurre i costi a “ogni costo”. Essi non si accontentano di spostare i loro stabilimenti nei
paesi del Sud del mondo, infatti tale
operazione già di per sé comporta un risparmio sul costo del lavoro (poiché nei
paesi poveri il costo della vita è ovviamente inferiore a quello nei paesi occidentali), ma sfruttano i lavoratori offrendo salari ben al di sotto dei livelli di
sussistenza. Questo è lo scandalo morale, questa è la patologia dell’odierno sistema economico. Eppure se ci fosse
una qualche forma di etica mondiale si
creerebbe un circolo virtuoso che porterebbe un livellamento delle retribuzioni verso l’alto. Lo sport insegna che
competizione e regole sono assolutamente compatibili: la competizione è
esaltante se condotta in modo corretto,
perché pone sullo stesso piano i concorrenti e fa emergere le loro vere e diverse capacità individuali. Competizione e regole danno come risultato finale
una parola tanto di moda nei salotti degli economisti ben pensanti, ma mai
presa sul serio ossia “il merito”. La proporzione è presto fatta: il doping sta allo sport come lo sfruttamento del lavoro sta all’economia. Purtroppo è da anni che la società civile lo fa presente e
che le istituzioni internazionali e nazionali fanno “orecchie da mercanti”; ma è
possibile che anche il mondo dello sport
non voglia interrompere questo terribile andamento? Eppure l’effetto di un
consumo sportivo eticamente responsabile sarebbe una leva formidabile. Se
ogni evento sportivo fosse l’occasione
per promuovere i diritti umani nel mondo del lavoro, attraverso sponsorizzazioni etiche, calcolando quanto lo sport
sia un fenomeno molto diffuso, si potrebbe avere un effetto etico di tipo moltiplicativo. Lo sport è un fenomeno per
sua natura coinvolgente; perché non lo
potrebbe essere anche una battaglia
“sportiva” a favore dei diritti umani?
Anche se ciò può sembrare un’utopia, è
l’unica strada perché l’evento sportivo
mantenga il suo fascino e non sia utilizzato solo come specchio per le allodole
dai biechi interessi economici.
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SANITÀ
LA SALUTE DEGLI ADOLESCENTI
Mariangela Roccu
L
a politica HEALTH 21 per la
Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è
caratterizzata dalla finalità per il raggiungimento per tutti del massimo potenziale di salute e il fondamento etico
individua la salute come diritto umano
primario, puntualizzando, che “entro
l'anno 2020 i giovani della Regione dovrebbero essere più sani e dovrebbero
essere più capaci di adempiere i propri
ruoli nella società”.
Per il perseguimento degli obiettivi e
per l’adesione consapevole dei valori
contemplati nel documento, è stato individuato, tra i professionisti della salute, l’infermiere di famiglia che è chiamato a rispondere dei bisogni di assistenza infermieristica non solo nella cura e nella riabilitazione dei giovani, ma
anche nella promozione di stili di vita
sani, nella prevenzione delle malattie e
nella collaborazione con i diversi professionisti dell’area psico-sociale, all’interno della rete territoriale.
Questo settore ha un’importanza strategica e vitale, poiché attualmente, gli
adolescenti e i giovani adulti (AGA) di
età compresa tra i 10 e i 24 anni sono
circa 1,8 miliardi in tutto il mondo e rappresentano più di un quarto dell’intera
popolazione mondiale. La crescita a livello mondiale della popolazione adolescente è da attribuirsi principalmente alla riduzione della prevalenza delle malattie infettive, al miglioramento dell’alimentazione e al drastico calo della
8
mortalità neonatale e nella prima infanzia. Tuttavia, nonostante questa fascia di
età sia così largamente rappresentata, la
salute degli adolescenti è migliorata, nel
complesso, proporzionalmente molto
più lentamente rispetto a quella dei bambini in fasce di età inferiori.
In uno studio longitudinale condotto nel
2011 in 50 nazioni, è emerso che la mortalità infantile si è ridotta dell’80% negli
ultimi 50 anni, mentre la mortalità in età
adolescenziale si è mantenuta pressoché
costante. Da ciò si evince che i passi avanti che scienza e medicina hanno compiuto per migliorare la salute e la qualità di
vita della popolazione in età evolutiva,
non sono sufficienti per rispondere ai bisogni di salute della popolazione adolescente. In questa fase dello sviluppo, la salute è estremamente condizionata dalla
presenza di politiche integrate sia di carattere squisitamente sanitario, sia di carattere socio-educativo i cui determinanti,
riconducibili alla sfera sociale assumono
un ruolo predominante. Studi recenti hanno evidenziato che un’adeguata scolarizzazione, l’adozione di comportamenti sicuri per l’incolumità fisica ed emotiva,
una percezione positiva delle proprie potenzialità, una completa autonomia nelle
attività di vita quotidiana e l’acquisizione
di corrette abilità nella presa di decisioni, rappresentano le caratteristiche che attengono alla sfera sociale e alla rete di relazioni che si instaura intorno al giovane.
In particolare, la ricerca scientifica ha
dimostrato che la partecipazione ai programmi di istruzione scolastica previsti
dal paese in cui risiede l’adolescente, è
associata a migliori livelli di salute e
maggiori possibilità di provvedere economicamente a se stessi in età adulta;
tuttavia, l’accesso all’istruzione è a sua
volta fortemente condizionato dalle condizioni economiche del nucleo familia-
re a cui appartiene l’adolescente. É quindi evidente che, per spezzare il circolo
vizioso sopra descritto, sono indispensabili scelte decise verso politiche di sostegno agli adolescenti e relativi investimenti economici.
Tra gli obiettivi primari, in questo contesto, si dovrebbe: migliorare la salute
delle madri; ridurre i fattori di rischio di
contagio del virus HIV. Ulteriori motivi
per concentrare le risorse sulla popolazione adolescente riguardano il disturbo
mentale. I disordini neuropsichiatrici sono la prima causa di disabilità nella popolazione trai 10 e i 24 anni, mentre l’autolesionismo è la seconda causa di morte in questa fascia di età. Un dato allarmante in tutto il mondo riguarda gli incidenti stradali, il suicidio e l’omicidio, la
guerra o gli atti di violenza urbani, gli annegamenti e gli incidenti legati al fuoco,
che costituiscono complessivamente circa il 40% di tutte le morti in età compresa tra 10 e 24 anni. A questi drammatici
dati si aggiungono i danni causati dal tabacco, che è la seconda causa di morte a
livello mondiale nella popolazione in generale e quelli riconducibili a malattie
non trasmissibili come il diabete, patologie cardiovascolari o patologie respiratorie croniche, che insorgono a causa della
mancata osservanza della prevenzione
dei fattori di rischio (es.obesità) nell’adolescenza. Promuovere iniziative volte
a migliorare la salute degli adolescenti è
un ottimo investimento non solo a breve,
ma anche a medio e lungo termine.
Diventa quindi rilevante, che gli infermieri di famiglia con un backgraund pediatrico, orientino il loro agire verso alcuni bisogni di salute della popolazione, la cui ricaduta apporterebbe un beneficio sulla popolazione in generale e
in particolare su quella adolescenziale.
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 9
LA STENOSI CAROTIDEA
Bruno Villari
L
o stroke rappresenta la principale
causa di disabilità dell’adulto sia
in Usa che in Europa. Circa 1/3
degli stroke è causato da una stenosi della carotide extracranica. La causa più
frequente della stenosi carotidea è rappresentata dall’aterosclerosi, più spesso
correlata a: ipertensione arteriosa, fumo
di sigaretta, età avanzata, sesso maschile, aumento del colesterolo nel sangue,
obesità, ecc). Il punto di biforcazione
della carotide comune e l’origine della
carotide interna rappresentano il punto
dove si localizza la placca aterosclerotica responsabile dell’ostruzione al flusso
di sangue al cervello (fig.1). Quando
questo restringimento supera il 50% del
lume interno e il paziente ha sintomi, o
supera il 70% anche senza sintomi soggettivi, è considerato significativo e in
grado di indurre riduzione del flusso a
valle: per tale motivo una stenosi carotidea definita critica deve essere trattata in
qualche modo. Oggi, al fianco di una terapia medica di supporto molto efficace
(cura dei fattori di rischio, antiaggreganti piastrinici, statine) abbiamo a disposizione 2 metodiche per liberare la parete della carotide dall’ostruzione al flusso: l’endoarteriectomia chirurgica
(CEA) e lo stenting endovascolare
(CAS). La chirurgia della carotide è una
metodica che vanta oltre 50 anni di età e,
a oggi, rappresenta il “gold standard”
della terapia della stenosi carotidea. Essa consiste tramite un’incisione verticale sul collo, nell’asportazione della placca che restringe l’arteria in modo che il
flusso di sangue al cervello possa riprendere in modo normale senza ostacoli o turbolenze, evitando la formazione
di coaguli. Tale intervento può essere
eseguito anche in anestesia locale, e consente ottimi risultati con scarse complicanze; tuttavia rimane una metodica che
richiede un approccio chirurgico. Più
giovane è lo stenting carotideo utilizza-
to per la prima volta circa 20 anni fa. Tale metodica consiste, attraverso la puntura di un arteria periferica (generalmente femorale) e l’utilizzo di sottili cateteri, nel posizionamento al livello della stenosi di una sottile retina metallica
(stent) che comprime la placca nella parete liberando l’ostruzione (fig.2). Per
evitare che durante tale procedura eventuali frammenti della placca possano migrare al cervello e creare danni, sono
usati dei sistemi di protezione prossimali (sistemi di occlusione/aspirazione) o
distali (filtri antiembolici). Sia per la diffusione della malattia che per l’interesse
nella metodica di trattamento endovascolare, nell’ultimo decennio c’è stata
un’evoluzione imponente della tecnologia e dei materiali a disposizione del medico che hanno reso lo stenting carotideo molto efficace e sicuro, nonché ben
tollerato e accettato dal paziente. Molti
studi sono stati condotti paragonando le
2 metodiche con risultati alterni, per lo
più influenzati dalla tipologia del protocollo attuato nello studio (tipo di paziente, tipo di materiali in uso, esperienza degli sperimentatori, ecc). Solo recentemente lo studio CREST ha messo
un punto fermo confermando la sensazione degli esperti sull’equivalenza delle 2 metodiche. Tale studio pubblicato
recentemente sulla prestigiosa rivista
New England Journal Medicine, ha assegnato in modo casuale i pazienti con
stenosi carotidea sintomatica o asintomatica al trattamento endovascolare
(stenting dell'arteria carotide - CAS) o
endoarterectomia carotidea (CEA).
Fig. 2
Fig. 1
L'end-point primario era ictus, infarto
del miocardio, o morte per qualsiasi causa durante il periodo periprocedurale o
ictus ipsilaterale entro 4 anni dalla procedura. Lo studio ha concluso che tra i
pazienti con stenosi carotidea sintomatica o asintomatica, il rischio dell'evento
primario di ictus, infarto miocardico o
morte non differiva in modo significativo per i due trattamenti. Durante il periodo periprocedurale, c'era un rischio
maggiore di ictus con impianto di stent e
un maggior rischio di infarto miocardico
con endoarterectomia. In un editoriale
pubblicato online prima della stampa sul
New England Journal of Medicine eminenti studiosi dell’argomento hanno
concluso che data la mancanza di differenze significative nel tasso di complicanze a medio termine, la scelta del tipo
di trattamento più appropriato va fatta
caso per caso sulla base delle specifiche
caratteristiche del paziente e che sono
necessari risultati di più lungo termine
per una valutazione completa dei rischi e
benefici delle due metodiche.
In conclusione la stenosi carotidea è una
patologia molto frequente che se significativa da un punto di vista anatomico
(>70%) e/o sintomatica, ha alte possibilità di portare a un’ischemia cerebrale acuta (TIA o ictus). Oggi abbiamo una terapia
medica di stabilizzazione della placca che
sottintende la stenosi molto efficace e non
sempre attuata in maniera scrupolosa, insieme a due metodiche di intervento
(CEA e CAS) in grado di eliminare il restringimento del lume arterioso. Sarà il
bravo medico, caso per caso, a suggerire
la metodica più appropriata di trattamento nel singolo caso tenendo conto anche
della volontà del paziente.
9
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 10
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
INIZIA CON LA CADUTA DI ROMA
IL “MEDIOEVO”, MENTRE
LA MEDICINA ACQUISTA
UN SIGNIFICATO
CHE PRIMA NON AVEVA
XXVI - Il monachesimo occidentale e la medicina
monastica
Fabio Liguori
C
on l’adulterio che raggiunge
un’elevata diffusione, già a fine
Repubblica (I sec. a.C.) a Roma
la donna comincia a rifiutare la prole.
Nella successiva Era Imperiale l’uso
smodato della vita termale progressivamente diviene pretesto di “bella vita”,
lassità di costumi e degrado, tanto da
portare i romani alla perdita del senso civico e ad affidare la difesa dei confini
dell’impero a barbari e costosi mercenari. L’aumentato fabbisogno di risorse e
gli elevati costi richiederanno imposte
sempre più parassitarie con conseguente
crisi economica che, unita al decremento demografico, causerà improduttività.
La perdita di potere del Senato, con imperatori eletti e deposti a piacimento dall’esercito, produrrà l’inarrestabile declino e definitivo tramonto dell’impero.
Con la caduta di Roma per opera del
barbaro Odoacre (476 d.C.) convenzio-
nalmente ha inizio quel lungo e discusso
periodo storico denominato Medioevo, a
torto definito “oscuro” e ora rivalutato se
solo si consideri come sia proprio in
quell’evo che in Europa fioriscono le prime Università (capostipite Bologna,
1080), testimonianza del desiderio di riscoperta della cultura classica (Atene,
Roma, Bisanzio) e della sete di nuove
conoscenze dal vicino Oriente. Questa
dibattuta epoca si considererà conclusa
un millennio dopo, quando Cristoforo
Colombo scoprirà l’America (1492).
Frattanto, l’ideologia cristiana in qualche modo condiziona lo sviluppo della
medicina. La prevalenza della salvezza
dell’anima sulla salute del corpo, la fede
in interventi miracolistici, gli imperativi
della carità verso poveri e malati sono
elementi che in parte frenano il progredire del sapere medico. È attraverso gli
esempi evangelici del Cristianesimo, però, che si afferma il valore
e la dignità della persona libera di pensare e agire, artefice quindi del proprio
destino, e nel bene e nel
male responsabile delle
proprie azioni.
Norcia - Monumento a san Benedetto
10
La medicina acquista un
significato che prima non
aveva: l’amore per il prossimo (il “buon samaritano”) e per merito della Roma cristiana nasce la medicina monastica. Fuori dal
caos delle continue guerre
in Europa, il monachesimo è il solo in
grado di prestare cure e conforto per il
corpo e lo spirito, a malati, feriti, appestati, con ciò anticipando un abbozzo di
“medicina sociale”.
Benedetto da Norcia (480-547) è il padre
del monachesimo occidentale, e l’Ordine
da lui fondato (i “Benedettini”) ha come
patroni i santi Cosma e Damiano, medici.
D’ora in poi curare un malato non significherà soltanto dargli da bere e mangiare,
lenire i dolori, medicare le piaghe, ma ricercare anche ogni possibile rimedio per
malattie non facili da capire, a quel tempo.
Negli orti claustrali verdeggiano erbe
medicinali di cui non sempre le stagioni
consentono la coltivazione. Si rende allora indispensabile una specie di “armadio” (precorritore della farmacia) per la
conservazione delle essenze, e qualcuno
che conosca malattie e relativi rimedi.
Nasce così il monacus infirmarius che
per essere tale avrà bisogno dei testi dell’antico sapere. Discende da ciò la paziente trascrizione da parte di monaci
amanuensi di classici testi greci e latini,
il che costituirà la salvezza di un immenso patrimonio storico-culturale altrimenti perduto per l’umanità.
Orti claustrali
Nata per i quotidiani fabbisogni del monastero, ma tentata da facili guadagni, la
medicina monastica inevitabilmente si
spande fuori dalle mura del convento.
Concili ecclesiastici condannano a vario
titolo l’impudicizia di alcuni monaci infirmari, ma altri Ordini con identica propensione all’assistenza ai malati andavano nel frattempo affermandosi, e non dipendenti dalla regola benedettina! Questa forma di medicina continuerà così a
diffondersi finendo gradualmente per cedere il suo sapere alle Università che sorgeranno nelle principali città.
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 11
Schegge Giandidiane N. 35a
I dieci anni in Italia del
Beato Guglielmo Llop
Certo, ci son stati anche altri due
confratelli giunti agli onori degli
altari, il Beato Eustachio Kugler e
San Benedetto Menni, i
quali sostarono episodicamente nella Provincia
Romana, ma non per ben
dieci anni, come invece il
Beato Llop, il che ha creato un forte legame spirituale che ci fa confidare
in lui quale nostro speciale intercessore celeste.
Egli nacque il 10 novembre 1880 a Vila-real,
città dell’antico Regno di
Valencia, che oggi la Spagna ha riconosciuto come
Comunità Autonoma bilingue con tre Province,
site sulla sponda mediterranea: al centro quella di
Valencia, al sud quella di
Alicante ed al nord quella di Castelló, alla quale
appartiene Vila-real, che
oggi conta oltre 50.000
abitanti.
Suo padre, Pasquale Llop Pitarch, era uomo di profonda fede,
che soleva accostarsi alla Comunione quasi giornalmente. Assai
devota anche sua madre, Emanuela Gayá Guinot, nata nel contiguo
Comune di Onda; era donna di
grande fascino ed abile sarta, divenuta esperta in corredi per l’infanzia, poiché il Signore l’aveva benedetta con sei figlioli: Pasquale,
Emanuele, Gioacchino, Vincenzo,
Concetta e Anna Maria. Sia il primo sia l’ultima si fecero carmelitani, lui col nome in religione di padre Luigi Maria e lei con quello di
suor Incarnazione: fu a lui che si
dovette nel 1925, mentre era Priore dei Carmelitani di Jerez, la coronazione canonica della locale statua della Madonna del Carmine.
Quando il primo di quei sei figli aveva appena otto anni, la
mamma morì ed una sua
buona vicina e cara amica, Filomena Gil Llanos,
vegliò per qualche tempo sui sei orfanelli, finché il papà, preoccupato
di come far fronte ai piccoli, decise di passare a
seconde nozze con Dolores Placencia, anch’essa
vedova e con tre figli a
carico. La scelta non fu
molto felice, poiché la
matrigna prediligeva i
suoi tre figli e trascurava
i figliastri, la cui nonna
materna, Anna M. Guinot Prades, decise perciò
di tenere con sé per alcuni anni nella sua casa
ad Onda, che distava solo 7 km da Vila-real, sia
Anna Maria sia il piccolo Vincenzo, che allora
non aveva ancora quatRitratto del Beato Guglielmo Llop ai tempi del suo primo soggiorno in Italia
tro anni.
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 35a - I dieci anni in Italia del beato Guglielmo Llop
G
All’indomani della nascita, egli
fu portato in Parrocchia nella
Chiesa settecentesca di San Giacomo e battezzato dal coadiutore don
Emanuele Arín con i nomi di Vincenzo Andrea, fungendo da padrini
due parenti, Vincenzo Llop Pitarch
e Vincenza Llop Pitarch, aventi anche loro come proprio nome quello di San Vincenzo Ferrer, veneratissima gloria valenciana.
153
iusto cent’anni fa, arrivò di
Comunità a Roma nel nostro Ospedale che è all’Isola
Tiberina un confratello spagnolo,
il Beato Guglielmo Llop, che rimase per dieci anni nella Provincia Romana, prima a Roma e poi
come Priore per un triennio a Frascati. Tornato in Spagna, fu trucidato a Madrid come Martire della
Fede il 28 novembre 1936 e la
Chiesa lo ha proclamato Beato da
giusto un ventennio, il 25 ottobre
1992.
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 12
Vincenzo tornò poi a Vila-real,
dove frequentò la scuola tenuta
dai Francescani, che lo apprezzarono come ragazzo sveglio e socievole. La fede viva trasmessagli dalla
famiglia lo spinse a divenir membro della Congregazione Mariana
di San Luigi Gonzaga, promossa
dai Gesuiti e allora assai diffusa
nelle Parrocchie.
Abbastanza intraprendente, sui
tredici anni volle un giorno sfidare un toro durante una corrida
paesana organizzata per la festa di
San Vincenzo Ferrer e prese a roteare una cappa a breve distanza
dal bestione che, inferocito, puntò furiosamente contro di lui: come testimonierà poi la sorella suora, si salvò solo grazie ad uno spintone con cui qualcuno tempestivamente lo mise fuori traiettoria,
ma fu tale la paura nel vedersi sfiorato dalle corna, che rinunciò per
sempre a divenir torero.
Nel suo lavoro di merciaio ambulante riuscì discretamente, facilitato dalla sua parlantina e dai
suoi modi garbati, però il guadagno
non era sufficiente a dargli autonomia economica, sicché continuò a vivere col padre, che anche
lui conduceva vita stentata. Una
sera, tornando da uno dei suoi giri,
scoprì che non era stata apparecchiata la tavola perché in casa non
c’era più cibo; si recò allora dalla
sorellastra e le chiese in prestito
dieci reali, con cui comprò dei callifughi e, preso un tavolinetto ed
una candela, se n’andò in piazza,
154
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 35a - I dieci anni in Italia del beato Guglielmo Llop
Raggiunta l’adolescenza, il suo
primo lavoro fu di venditore am-
bulante di coperte, delle quali si riforniva in un negozio gestito dal
marito di una sua sorellastra e cercava di vendere girando nei paesi
vicini. La sua rettitudine indusse i
compagni di bottega a giocargli lo
scherzo di condurlo in una casa di
prostituzione; non appena se ne rese conto, ne uscì di scatto, scansando con uno strattone una spudorata che tentava di bloccargli la
strada.
L’accenno del Beato, mentre era in viaggio col p. Generale, alla loro sosta in America dal fratello
suonò a distesa un campanello e,
quando attorno si creò un capannello di gente, da buon imbonitore gli riuscì di smerciarli tutti e
corse a dar l’utile al padre, consentendogli con esso d’imbandire per
quella sera una lauta cena.
Purtroppo il rapporto con la matrigna restava difficile e così, non
ancora diciottenne, egli provò a
lasciare la famiglia e avventurarsi
per la Spagna, girando senza fissa
dimora con un iniziale carico di
mercanzia, messa insieme con
l’aiuto del padre. Vagabondò di
paese in paese fino a Barcellona,
ma poi, sfinito dalla fame e senza
più soldi, si vide costretto a tornare a casa. Prima però d’entrare in
Vila-real, sostò fuori città nel Convento dei Carmelitani, sito nel deserto di Las Palmas, dove aprì interamente il suo animo al confessore e maturò il proposito di lasciare il mondo e farsi religioso.
Quando infine bussò alla porta
di casa, il padre rimase afflitto di
vederlo tornare in uno stato così
miserevole, dimagrito e cencioso,
e se lo portò subito in camera, dove parlarono a lungo; poi andò dalla moglie, si fece dare il proprio
miglior abito e le proprie migliori
scarpe e dette il tutto al figlio. Come poi testimonierà la sorella suora, che in quel tempo era l’unica
della prole che viveva ancora col
padre, questi non disse di che cosa
avesse parlato col figlio, però dopo
qualche giorno si seppe in famiglia
che sarebbe entrato dai Fatebenefratelli, che avevano accettato di
riceverlo in prova.
Ovviamente, il suo ingresso in
Religione non troncò i suoi rapporti con la famiglia, però le sue
carte personali andarono disperse
durante la Guerra Civile, allorché
nel 1936 fu strappato al Convento, portato in prigione a Madrid
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e poi trucidato barbaramente.
Quando perciò, in occasione del
Processo di Canonizzazione, si
provvide a raccogliere ogni scritto
che pubblicò sulla rivista Caridad y
Ciencia, fondata nel gennaio 1929
da lui stesso, e ogni sua corrispondenza, si reperì una sola sua missiva alla famiglia, ossia un lettera
dattiloscritta del 27 dicembre
1935 con cui da Ciempozuelos
ringraziava degli auguri natalizi la
propria sorella suor Incarnazione,
la quale poi consegnò tale lettera
alla nostra Postulazione. Però nel
nostro Archivio di Montreal è saltata ora fuori una sua lettera inedita del 26 febbraio 1930, nella
quale è posto incidentalmente in
evidenza il persistere di forti legami con un proprio fratello emigrato negli Stati Uniti, nella cui casa
di Itaca ebbe modo di trascorrere
alcuni giorni durante la Visita Canonica alle Comunità dell’Ordine
in America.
Accolto a Ciempozuelos, egli
iniziò il Postulantato il 13 luglio
1898 ed il Noviziato il 24 ottobre,
ricevendo in Religione il nuovo
nome di fra Guglielmo. Emise i
Voti Semplici il 5 novembre 1899
ed i Solenni il 20 dicembre 1903,
dimostrando nell’impegno ospedaliero, che espletò in molteplici Comunità, d’avere gran cuore e spirito d’iniziativa nel prendersi cura
sia dei malati psichiatrici di Ciempozuelos, Santa Agueda, Pamplona e San Boi de Llobregat, sia dei
ragazzi disabili di Barcellona, sia
Tra le iniziative prese dal nuovo
Consiglio Generalizio ci fu quella,
già agli inizi del 1913, di organizzare all’Isola Tiberina un Centro di
Formazione nel quale accogliere
ragazzi dai 12 anni in su, che mostrassero inclinazione alla Vita Religiosa Ospedaliera, ossia di aprire
un Aspirantato, che si preferì in
maniera meno formale chiamare
Collegetto, nel quale creare un ambiente che allo stesso tempo, oltre
ad offrire un’educazione di base,
inculcasse sani valori e aiutasse i
giovani a discernere se davvero
erano tra quelli nel cui intimo il
Signore aveva posto fin dal grembo materno l’invito a consacrarsi a
Lui. L’iniziativa fu certo ispirata
dall’esempio della Provincia Spagnola dell’Ordine, dove già dal
1881 s’era iniziato ad accogliere
informalmente in Comunità i ragazzi orientati alla Vita Religiosa,
detti “sotanillas” per la tonachella
indossata come divisa, e dove il 2
febbraio 1910 era stato aperto per
loro uno speciale Centro Formativo a Ciempozuelos, detto Escola-
I buoni risultati ottenuti da fra
Guglielmo come Direttore degli
Aspiranti, indussero il Capitolo
Conventuale dell’Isola Tiberina a
potenziare il Collegetto. Nella seduta del 13 settembre 1914 il Vicario Generale, fra Agostino
Koch, “fatta notare la scarsezza nella Provincia Romana di nuove vocazioni e ritenuto che l’unica speranza
sia quella di prendere ad educare e
guidare per la vita religiosa-ospitaliera dei giovinetti dai dodici anni in su,
come già si pratica in altre Province
del nostro Ordine, ha proposto di aumentare il numero di questi giovinetti, che ora è di dodici, fino a venti,
destinando per loro dormitorio la parte del convento al primo piano, che
Roma: foto del 1915 del Beato con i venti Aspiranti
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 35a - I dieci anni in Italia del beato Guglielmo Llop
Gibilterra: il Beato con gli orfanelli affidatigli
Dopo tale variegato tirocinio, in
cui mostrò grande capacità di
adattamento, fu inviato a Roma
nella Comunità internazionale
dell’Ospedale di San Giovanni
Calibita all’Isola Tiberina, dove
giunse il 12 dicembre 1912. Com’è
noto, da tre mesi San Benedetto
Menni, già dimessosi da Superiore
Generale, aveva dovuto lasciare
definitivamente Roma per trasferirsi a Parigi e nella nuova composizione della Curia Generalizia figurava dal 21 giugno quale Procuratore Generale e Primo Consigliere lo spagnolo fra Martino Guijarro, che fu probabilmente colui
che sollecitò la venuta nell’Urbe
di fra Guglielmo, suo trentaduenne connazionale.
nia Hospitalaria, la cui efficiente organizzazione si volle replicare all’Isola Tiberina per gli Aspiranti della Provincia Romana. In quel momento l’Isola ospitava già il Noviziato e Postulantato, di cui dal 5
aprile 1913 era stato nominato Padre Maestro il portoghese fra Augusto Carreto ma, per non sovraccaricarlo di impegni, si preferì affiancargli a tempo pieno per gli
Aspiranti un ulteriore Formatore:
la scelta cadde su fra Guglielmo,
che si sapeva aveva dimostrato
buone doti pedagogiche nel seguire i ragazzi assistiti nei nostri Istituti di Barcellona, di Gibilterra e
di Carabanchel, sicché le cronache dell’Ordine ricordano lui quale iniziatore del Collegetto della
Provincia Romana, trasferito poi
nel 1936 a Benevento e nel 1952 a
Napoli, sua ultima sede.
155
degli orfanelli di Gibilterra, sia degli epilettici di Carabanchel.
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Fra Giovanni Berchmans Merendi (1898-1951)
dalla camera occupata dal M. R. P.
Felice si estende fino alla terrazza
presso lo stenditoio”. La proposta fu
votata e approvata.
156
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 35a - I dieci anni in Italia del beato Guglielmo Llop
Fra Guglielmo restò Direttore del
Collegetto per sei anni, poi dal 14
maggio 1919 passò ad essere Maestro dei Novizi e Postulanti, occupando il posto di fra Augusto Carretto, che dal 13 maggio 1919 era
stato trasferito a Perugia, ma parleremo in un’altra puntata di questo
nuovo incarico di fra Guglielmo.
Anche se non può certo paragonarsi alla forza cogente dell’imprinting filiale nei cuccioli degli animali, per un Aspirante che entra in
una Comunità Formativa il primo
confronto con un frate è indimenticabile ed è spesso determinante
nel suo cammino interiore. Sappiamo di almeno due giovani, Emilio ed Ernesto, la cui vita fu segnata dall’incontro con fra Guglielmo,
che aprì loro la strada per divenire
personaggi incisivi nelle vicende
dell’Ordine. Parleremo di Ernesto
in un’altra puntata, accennando
qui solamente a Emilio Merendi,
accolto come Aspirante da fra Guglielmo il 15 settembre 1913 e che
poi non solo divenne davvero frate, ma svolse un ruolo di primo piano nella Provincia Romana, sia
dando maggior sviluppo alle opere,
sia vegliando con polso saggio e
concreta efficacia sulla saldezza interiore dei Confratelli.
Nato il 14 settembre 1898 a Tarquinia, entrò a giusto quindici anni nell’Ordine, rinunciando “di
buona voglia” ad una borsa di studio assegnatagli nel paese natio.
Era appena Postulante quando
scoppiò la Prima Guerra Mondiale
e dovette prestare servizio militare dal 1917 al 1920, sicché solo il
20 dicembre 1920 poté infine iniziare il Noviziato, ricevendo da
frate il nuovo nome di fra Giovanni Berchmans.
Emise a Natale del 1921 i Voti
Semplici e a Natale del 1924 i Solenni. Nel corso degli anni ebbe gli
incarichi di Vice Maestro dei Novizi e di Priore a Frascati, a Benevento, a Napoli e all’Isola Tiberina, e fu per tre volte consecutive
eletto Provinciale, restando in carica dal 2 giugno 1940 al 12 luglio
1951, quando lo colse la morte.
In sua memoria il 29 giugno
1978 nell’Ospedale romano di San
Pietro fu benedetto nell’atrio un
suo busto bronzeo, quale omaggio,
come dice l’iscrizione, al “pio religioso”, al “laborioso ospedaliero”, al
“fondatore di questo ospedale”. Dopo la cerimonia, alla quale assistetti, i confratelli mi raccontarono molti episodi della sua vita ed
una delle cose che più mi restò impressa era il suo zelo quale Superiore nell’aiutare i frati ad emendarsi dai propri sbagli e che, quando li chiamava a colloquio per ammonirli, iniziava dicendo amabilmente “Vuoi il caffè con lo zucchero
o senza?”, per sapere se preferivano
andar subito al sodo o invece iniziare con un diplomatico preambolo, che indorasse la pillola amara del necessario rimbrotto.
(Continua)
L’Isola Tiberina appariva ancora così durante il primo soggiorno romano del Beato
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“I L M E L O G R A N O ”
UNA RELIQUIA PER LA REGINA
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
N
ell'ottobre del 1862 la regina di
Spagna, Isabella II, unitamente
alla famiglia ed a numerosi personaggi della Corte, visitò varie località
dell’Andalusia, sostando a Granada dal 9
al 15 ottobre. Fu nel pomeriggio del 13 ottobre che la regina, dopo aver visitato l’Università di Lettere e la Chiesa di San Gerolamo, accoltavi dall’arcivescovo di Granada, raggiunse poi a piedi il vicino Ospedale di San Giovanni di Dio, non solo visitandovi le sale dei ricoverati, ma anche
la Chiesa, dove volle sostare nel Camarín, nel quale è custodita l’urna del Santo,
che l’arcivescovo, in omaggio a così illustre visitatrice, aprì per darle modo di vedere e venerare le sante ossa.
A questa cerimonia di giusto 150 anni fa,
furono presenti il Nunzio Apostolico in
Spagna e il nostro Generale, fra Giovanni
Maria Alfieri, che aveva programmato per
tempo in ogni dettaglio tale iniziativa. Già
dal 1854, nell’offrire all’imperatrice di
Francia, Eugenia de Montijo, che era nativa di Granada, la biografia che egli aveva scritto del Beato Giovanni Grande, le
aveva chiesto di intercedere dalla regina
di Spagna un appoggio per far rifiorire la
presenza del nostro Ordine nella città di
Granada, in cui era iniziato. Analoga richiesta fra Alfieri aveva rivolto quello
stesso anno al Papa Pio IX, che se ne ricordò nel 1861, quando gli giunse dal
Nunzio in Spagna un rapporto sulla nostra
Comunità di Manila, residuo brandello del Ramo spagnolo dei Fatebenefratelli; ne seguì tra il Papa, il
Nunzio e fra Alfieri, in quel tempo
Procuratore Generale, un nutrito
scambio di corrispondenza che se
non riuscì a far di Manila il punto di
partenza della rinascita del Ramo
spagnolo, creò un forte rapporto del
Nunzio col frate, che nel maggio
1862 fu eletto Superiore Generale e
quello stesso anno si recò di persona
in Spagna, giusto in tempo per programmare col Nunzio il citato incontro a Granada con la regina.
Dal rapporto spedito il 22 ottobre 1862
dal Nunzio al card. Antonelli, Segretario
di Stato del Papa, sappiamo che durante
la visita al Camarín la regina chiese che
fra Alfieri le facesse da guida e le restasse accanto nell’emozionante momento
che l’arcivescovo estrasse dalla grande urna d’argento la cassetta avvolta in velluto
e l’aprì, mostrando le ossa che custodiva.
Ella chiese d’avere un frammento per lei
ed uno da fare avere al Papa. Fra Alfieri
chiese solo che l’arcivescovo poggiasse
per un attimo sulla propria testa il cranio
del Santo, implorando che il Fondatore intercedesse il favore divino sugli intenti,
tanto a lungo carezzati nella mente, di far
rinascere l’Ordine nella sua antica culla.
Nella risposta inviata dal card. Antonelli il 4 novembre si legge che il Santo Padre restò commosso del delicato pensiero
della regina di destinargli una reliquia di
San Giovanni di Dio. Nel successivo riscontro inviatogli dal Nunzio il 25 ottobre
si legge che durante la visita al Camarín i
reali ed altri personaggi della Corte ascoltarono con molta benignità le richieste di
fra Alfieri per un ritorno dei Fatebenefratelli e promisero di appoggiare una sua richiesta ufficiale, che egli consegnò poi al
Nunzio, il quale nella lettera assicurò che
l’avrebbe trasmessa alla regina non appena fosse rientrata dalla sua visita alle città dell’Andalusia.
Granada: Basilica di San Giovanni di Dio
Isabella II, regina di Spagna nel 1862
Sappiamo che negli anni seguenti fra Alfieri ebbe modo d’incontrare altre due
volte la regina, anche se le difficoltà del
clima politico e poi l’esilio del 1868 impedirono che fosse accolta la richiesta di
autorizzare i Fatebenefratelli a lavorare
nei reparti maschili degli ospedali pubblici generali e psichiatrici, limitandosi come le Suore Vincenziane all’assistenza diretta e senza voler responsabilità amministrative.
Anche se l’approccio con la regina non
fu proficuo, fra Alfieri riuscì poi a trovare in San Benedetto Menni la persona che,
pur se con altre formule, seppe tradurre in
stupenda realtà la Restaurazione del nostro Ordine in Spagna, Portogallo ed
America Latina. Inoltre, i buoni rapporti
che fra Alfieri stabilì con gli arcivescovi
di Granada, riuscirono preziosi non
solo per il ritorno all’Ordine della
Chiesa che custodiva la tomba del
Fondatore, ma anche, tramite un’intricata vicenda voluta dalla Provvidenza e che abbiamo di recente rievocato su queste pagine, per la nascita della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di
Gesù, fondata da San Benedetto
Menni con due giovani di Granada
che conobbe proprio nel viaggio che
vi fece per avere infine in consegna
dall’arcivescovo la nostra antica
Chiesa.
15
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NECROLOGIO
FRA NARCISO PETRILLO
Notizie biografiche
F
ra Narciso Petrillo, sacerdote, al
secolo Aquilino, è nato a Montaperto, frazione di Montemiletto
(AV), diocesi di Benevento, il 29 agosto 1939. Entrato nell’Ordine nell’Aspirantato di Napoli, il 5 ottobre 1951,
nel Postulantato a Roma l’1 settembre
1955 e dopo nel Noviziato, sempre a
Roma, il 7 ottobre 1956, ha emesso la
prima professione il 13 ottobre 1957 e
quella definitiva il 13 ottobre 1963. È
stato ordinato sacerdote a Genzano di
Roma il 13 settembre 1969 da mons.
Gioacchino Pedicini, vescovo emerito
di Avellino. È stato più volte consigliere e segretario provinciale, maestro dei
novizi dal 1971 al 1977 e maestro degli
scolastici. È deceduto piamente all’Ospedale san Pietro di Roma, ricoverato
per motivi di salute dal 28 giugno
2012, il 15 settembre 2012.
Religioso fedele, bonario e zelante, ha
svolto l’apostolato sacerdotale nelle varie opere della Provincia, specialmente
in quelle di Genzano, Roma san Pietro
e Napoli Buon Consiglio dove era di
comunità.
I funerali si sono svolti nella Chiesa
dell’Ospedale san Pietro il 17 settembre. La salma è stata trasportata lo stesso giorno nella cappella della comunità
del cimitero di Benevento, benedetta da
mons. Andrea Mugione, arcivescovo di
Benevento, e tumulata il 18 settembre.
Ricordo di Fra Narciso
Giovanni Mattia
F
ra Narciso Petrillo ci ha lasciati:
il suo cuore ha smesso di battere
il 15 settembre 2012, a 73 anni.
La Chiesa dell’Ospedale san Pietro
che ha visto per lunghi anni l’infaticabile lavoro del sacerdote dell’Ordine dei
Fatebenefratelli, era affollata dalle molte persone che volevano porgergli un ultimo saluto e pregare per lui.
Accanto ai fratelli, sorella, cognati/e,
nipoti e altri parenti, hanno partecipato
alla cerimonia funebre il superiore provinciale con i confratelli della curia, della casa e di altre comunità della Provincia, della curia generalizia con il Padre
Generale, alcuni consiglieri, il superiore e altri confratelli, dell’Isola tiberina,
della Farmacia vaticana, e tanti amici,
operatori sanitari e non dell’ospedale
con i quali fra Narciso aveva condiviso
momenti di lavoro e che di lui apprezzavano la cordialità, la simpatia e soprattutto l’immediatezza relazionale.
La S. Messa funebre è stata presieduta da Padre Giacinto Caronia OFM, cap-
16
pellano dell’Ospedale di Napoli che con
fra Narciso ha collaborato per quasi
vent’anni e con fra Jesús Etayo, consigliere generale, i sacerdoti della Provincia, i cappellani del san Pietro, il suo
direttore spirituale e altri.
Con la voce rotta dall’emozione, Padre Giacinto ha ricordato i tanti momenti accanto ai malati e la grande fede
che ha sempre improntato l’azione pastorale, la vita religiosa e soprattutto il
tempo della malattia accettato con fede
attraverso la preghiera costante.
Nell’ultimo periodo di sofferenza, i
confratelli che costantemente gli stavano
accanto riuscivano a farlo sorridere, come quando il Padre Provinciale gli ha regalato una nuova bandiera dell’Avellino
(la sua era ormai consunta), squadra che
difendeva con veemenza e passione calcistica; fra Celestino che insieme a lui
pregava san Pio da Pietrelcina con devozione e che ricordava, attraverso aneddoti sereni e divertenti le rispettive origini campane. Nel corso della celebrazione
fra Elia ha ringraziato tutti i presenti e nel
salutare fra Narciso, ha ricordato gli anni di studi compiuti assieme.
Dopo la Messa, fra Narciso è stato trasportato al cimitero di Benevento nella
cappella della comunità e, in attesa della
tumulazione, l’arcivescovo, mons. Andrea Magione, prima di benedire la salma, ha proclamato e commentato la Parola della liturgia.
Nel ricordare ai presenti che la vita è
breve e che il pensiero di compiere le
buone azioni verso il prossimo deve avere la priorità sui nostri egoismi, soprattutto quando si opera nel mondo della sanità, l’Arcivescovo ha impartito la Sua
benedizione, con un saluto fraterno e
amico a fra Narciso che ora vive nella
vera luce e nella sicura pace.
Desidero chiudere questa breve testimonianza con un frase che fra Narciso
da tempo aveva fatto sua: “Dalla vita
passare alla morte. Questa l’esperienza,
l’evidenza. Attraverso la morte passare
alla vita. Questo il mistero” (Karol
Wojtyla).
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PA G I N E D I M E D I C I N A
LO STUDIO POLISONNOGRAFICO
NELL’O.S.A.S.
Dante Maria Caliento, Melissa Zelli e Michele Iembo
a polisonnografia (PSG) è la
tecnica di riferimento per lo studio del sonno e rappresenta il
gold-standard per la diagnosi di
O.S.A.S. (Obstructive Sleep Apnea
Syndrome) caratterizzata da ricorrenti
episodi di ostruzione delle alte vie
aeree durante il sonno, frammentazione del sonno e ipossiemia notturna.
cranica) ed Eletrooculogramma
(EOG) che permettono di distinguere il sonno dalla veglia, individuare
le diverse fasi del sonno (la sintomatologia ostruttiva è più frequente
nelle fasi REM caratterizzate dall’ipotonia muscolare) ed evidenziare i
micro risvegli al termine degli eventi ostruttivi;
Questo esame consente di valutare le
modificazioni indotte dal disturbo sul
sonno e sui parametri vitali.
➤ Bande pletismografiche toraciche e
addominali per evidenziare l’escursione respiratoria e la concordanza
di fase toracoaddominale;
L
È un esame complesso, lungo e
variamente costoso in quanto prevede
la permanenza del paziente, almeno
per una notte, in un laboratorio del
sonno assistito da un tecnico neurofisiologo; può anche esser eseguito al
domicilio del paziente a un costo
molto contenuto.
La PSG consiste nella registrazione
simultanea, durante il sonno, di una
serie di variabili fisiologiche con lo
scopo di confermare la diagnosi di
O.S.A.S., precisare l’origine delle
apnee (se centrali, ostruttive o miste) e
quantificare la severità della malattia.
Le variabili prese in considerazione
sono:
➤ Elettroencefalogramma (EEG che
consente la registrazione dell’attività elettrica cerebrale durante il
sonno con elettrodi posti sulla volta
➤ Elettromiogramma (EMG) dei
muscoli del mento e degli arti inferiori al fine di determinare il tono
muscolare ed evidenziare movimenti abnormi degli arti;
➤ Elettrocardiogramma (ECG) per
valutare le variazioni della frequenza cardiaca e la Pulsossimetria per la
rilevazione dei livelli di saturazione
ematica di ossigeno;
➤ Nasocannule e termistore per registrare il flusso aereo nasale e orale;
➤ Rilevatore di posizione corporea per
evidenziare il rapporto tra eventi
ostruttivi e determinate posture, in
particolare quella supina;
➤ Accelerometro per evidenziare i
movimenti degli arti (spesso al termine degli eventi ostruttivi);
➤ Videocamera e Microfono per registrare il comportamento durante il
sonno e il russamento.
L’esito viene tradotto in termini
numerici mediante l’indice di
apnea/ipopnea AHI (Apnea Hypopnea
Index) che è dato dalla somma delle
apnee e ipopnee per ogni ora di sonno
considerato dall’esame.
In rapporto a tale valore si distinguono 4 stadi:
◆ AHI < 5: non indica un quadro di
O.S.A.S.;
◆ AHI tra 5 e 15: indica un O.S.A.S.
di grado lieve;
◆ AHI tra 15 e 25: indica un O.S.A.S.
di grado moderato;
◆ AHI > 25: indica un O.S.A.S. di
grado severo.
Per ovviare ai gravi problemi organizzativi ed economici legati alla PSG
l’AIMS ha validato come metodica per
la diagnostica di O.S.A.S. il monitoraggio cardiorespiratorio completo che
consiste in una polisonnografia senza
canali elettroencefalografici e oculografici montata ambulatorialmente sul
paziente ed eseguita a domicilio.
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ANIMAZIONE GIOVANILE
O VOI TUTTI ASSETATI,
VENITE ALL’ACQUA (IS 55,1)
Fra Massimo Scribano, o.h.
C
arissimi lettori, il titolo che ho
dato all’articolo di questo mese,
è dettato dalle tematiche e dalla
Parola di Dio, suscitate nelle Esperienze di Servizio che si sono svolte nel mese di agosto, nell’Istituto san Giovanni
di Dio a Genzano di Roma.
Si sono svolte due esperienze ricche di
entusiasmo, fraternità juandediana in
compagnia del Signore che ci ha regalato momenti di comunione con Lui.
I ragazzi sono arrivati il 12 agosto pomeriggio, stanchi dal viaggio poiché
hanno subito la situazione dei voli Wind
jet annullati e pur di non rinunciare alla
loro esperienza hanno affrontato il viaggio con il pullman che partiva da Ragusa per poi arrivare a Roma dopo dieci
ore! La loro tenacia è stata premiata da
Dio Padre che li ha ricompensati in beni spirituali. Ha inizio l’Esperienza di
Servizio! Quest’anno la novità sta nel
fatto di aver introdotto momenti di adorazione eucaristica giornaliera, per poter attingere da Lui la forza necessaria
per fronteggiare ai diversi compiti che
si svolgevano durante la settimana. Altra
bellissima iniziativa suggerita dallo Spirito santo che ci indica cosa è meglio fare, è stata l’adorazione notturna continuata, dove ragazzi, confratelli, consorelle e collaboratori si sono alternati per
stare in contemplazione con Gesù Eucarestia. Le settimane sono passate in serena armonia tra servizio e preghiera, tra
fraternità e carità: san Giovanni di Dio ci
ha assistiti con grande amore e ha interceduto presso il Signore per la buona riuscita spirituale dell’intera Esperienza.
Ci siamo sentiti toccare dallo Spirito
santo e ci siamo lasciati guidare da Lui,
perché abbiamo compreso che se lasciamo lavorare Dio nella nostra vita tutto
risulta essere equilibrato e perfetto, perché Dio Padre è perfetto. Noi siamo
chiamati alla santità, perché Dio dice:
santificatevi dunque e siate santi, perché
io sono il Signore, vostro Dio (Lv 20,7).
Con questa certezza abbiamo intrapreso l’Esperienza vedendo nei volti dei ragazzi una luce nuova e raggiante, come
se lo stare in quel luogo avesse loro dato
la consapevolezza di vivere una espe-
rienza nuova e soprattutto con il Signore Gesù. Altro punto di forza delle esperienze di servizio, è sicuramente lo stare
con i nostri Ospiti che con il loro affetto
e calore si sono distinti nell’accogliere i
ragazzi che sono arrivati in Istituto.
Con san Paolo possiamo dire che la
carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non
si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse,
non si adira, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si
rallegra della verità. Tutto scusa, tutto
crede, tutto spera, tutto sopporta.(1Cor
13,4-7). Analogamente a questo, il nostro fondatore, san Giovanni di Dio diceva: Abbiate sempre la carità, perché
dove non c’è carità non c’è Dio, anche
se Dio è in ogni luogo (LB, 15). L’obiettivo e lo scopo fondamentale delle
nostre attività estive sono dettati dalla
consapevolezza di manifestare Cristo
agli altri, attraverso il modo semplice
della Carità che infiammò san Giovanni
di Dio a poter dire sì alla chiamata che
lo vide coinvolto in un piano di amore da
parte di Dio per il suo figlio. Noi suoi
fratelli attraverso l’eredità spirituale donata prima al nostro Fondatore e poi a
noi, dobbiamo essere luce e guida per gli
altri, in modo particolare per i Malati, i
Poveri e i Bisognosi che oggi più che
mai gridano al nostro cuore.
“Fa o Signore che per il dono dell’Ospitalità donato a san Giovanni di Dio,
noi possiamo col tuo aiuto, aderire pienamente alla tua volontà, che per noi
Fatebenefratelli è il Servizio all’Uomo
sofferente”.
Arrivo dei Partecipanti.
18
Il Centro di pastorale giovanile FBF
della Provincia Romana aiuta e collabora con i giovani che vogliono stare alla presenza di Dio e al servizio dell’Uomo, dando la possibilità di esperienze di discernimento personale. Per informazioni contattatemi al 338.2509061
o scrivete una mail all’indirizzo: [email protected]. Uniti nella preghiera, vi
auguro un proficuo cammino nel discernimento per la realizzazione del
progetto di Dio nella vostra vita.
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 19
OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
“CONDIVIDIAMO LE AZIONI”
Un nuovo progetto formativo ospedaliero
Iride Dello Iacono
L
unedì 24 settembre, con la presenza del superiore, fra Angelico Bellino, e del responsabile
amministrativo, dott. Giovanni Carozza, nell’accogliente Centro Congressi
dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù Fatebenefratelli di Benevento, si è dato avvio a un nuovo progetto formativo rivolto agli Operatori del nostro ospedale.
Il corso, organizzato dall’Unità operativa complessa di Pediatria, Neonatologia e UTIN (Unità di Terapia intensiva
neonatale), diretta dal dott. Gennaro Vetrano, ha come obiettivo quello di elaborare protocolli e mettere a punto le
procedure in emergenza-urgenza pediatrica.
Fruitori del corso e, nello stesso tempo
docenti, sono gli stessi operatori, sia
medici, pediatri, neonatologi e rianimatori, sia infermieri professionali che
operano nei vari reparti in cui l’emergenza-urgenza pediatrica si realizza.
Sono previsti nove incontri, a cadenza
mensile, e l’obiettivo finale è l’elaborazione di linee guida condivise.
L’iter formativo prevede il conseguimento dei seguenti obiettivi generali:
- uniformare comportamento e linguaggio tra tutti gli operatori di area
critica pediatrica al fine di migliorare
la comunicazione tra i diversi livelli
di intervento in urgenza;
- acquisire le competenze per una rapida valutazione della gravità del paziente afferente alla struttura di Pronto Soccorso Pediatrico;
- stabilire la priorità d’accesso alla cure mediche in base alla gravità del paziente;
- approfondire le conoscenze
relative alle caratteristiche
cliniche del paziente in età
evolutiva;
- acquisire conoscenze specifiche di tipo relazionale relative all’accoglienza del bambino e dei familiari, i quali
vivono con particolare apprensione
qualsiasi anche sospetta modificazione dello stato di salute del bambino;
- conoscere i protocolli di triage pediatrico.
I termini di urgenza ed emergenza sono utilizzati spesso, impropriamente,
come sinonimi.
Per emergenza si indica un'evenienza
clinica improvvisa che evolve precipitosamente verso uno scadimento delle
condizioni generali dell'assistito. Vi è
una alterazione dei parametri vitali con
compromissione di almeno una delle
funzioni vitali (respiratoria, cardiaca,
neurologica) più o meno grave, ma comunque sempre in grado di mettere in
pericolo, in tempi rapidi, la vita del
bambino. L’emergenza, dal punto di vista assistenziale, è quindi caratterizzata
dall' improcastinabilità del trattamento
con l’utilizzo di tutte le risorse di base e
specialistiche a disposizione.
Per urgenza si intende, invece, una situazione grave senza alterazione dei
parametri vitali, che richiede interventi
volti a evitare il peggioramento clinico:
il soggetto, pur avendo funzioni e parametri vitali nella norma, non è a priori
esente dal pericolo, ma può giungere a
quest'eventualità in un tempo successivo. In conseguenza di ciò si tende a distinguere, soprattutto dal punto di vista
organizzativo (triage), quadri clinici a
basso o ad alto rischio per differenziare
quelle situazioni che, pur dovendo essere affrontate con efficacia, possono
permettere tempi diversi di attesa.
Il primo incontro è stato introdotto dall’infermiera di Pronto Soccorso, Annarita Farese, che ha lucidamente esposto
la tematica del “Triage Pediatrico” suscitando una vivace discussione.
Sono seguiti i puntuali interventi dei
dottori Elziario Varricchio, pediatra, e
Maria Cusano, rianimatrice, che hanno
proposto le Linee Guida per il trattamento della Crisi ipertensiva e dell’Insufficienza renale acuta in età pediatrica.
L’infermiera professionale, Antonella
Simiele, ha, infine relazionato sugli
aspetti pratici della corretta misurazione
della pressione arteriosa nel bambino.
Il dibattito è stato molto acceso, non
solo in merito agli aspetti prettamente
tecnici, ma anche su quelli più propriamente comportamentali.
“Condividere le azioni” rappresenta il
vero obiettivo del Corso, per il quale
hanno profuso tante energie gli organizzatori, d.ssa Iride Dello Iacono, responsabile dell’Unità operativa semplice di
Pediatria, dott. Elziario Varricchio, responsabile del Day Hospital pediatrico
e in particolare il dott. G. Furcolo, pediatra neonatologo, esperto nell’emergenza-urgenza in Pediatria.
19
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OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI
V CONGRESSO DI ECOGRAFIA TRANS-CRANICA
Forame ovale pervio. Aspetti diagnostici. Patologie associate
Maria Pinto
I
l Forame ovale pervio (FOP) costituisce un’affascinante argomento
che, soprattutto negli ultimi anni,
coinvolge studiosi provenienti da diverse specialità per la sua associazione (in
assenza di un chiaro nesso di causalità)
con patologie diverse tra loro.
Tra esse, l’emicrania con aura, l’ictus
criptogenetico, patologie respiratorie
(tra queste risulta molto stretto il legame
con l’apnea notturna), nonché le alterazioni della coagulazione e le aritmie
cardiache.
Nell’ambito del V Congresso di Eco-
grafia Trans-Cranica di quest’anno, organizzato dall’Unità Operativa Complessa di Cardiologia, su iniziativa del
dr. Paolo De Campora con la collaborazione del dr. Marco Pascotto, è stata
approfondita la parte diagnostica, relativa alla identificazione delle metodiche più sensibili per valutare gli aspetti emodinamici del FOP, trattandosi di
una tematica molto complessa, priva di
linee guida, con molti lavori pubblicati in letteratura che mostrano una frequente associazione tra FOP e aritmie;
tra FOP e apnea notturna e altre noxae
respiratorie; trombofilie, e tra FOP ed
emicrania con aura e con forme cripto-
genetiche di ictus cerebrale.
Obiettivo del congresso, far convergere studiosi provenienti da differenti specialità, infatti data la parola a esperti
della materia, è stato possibile interessare l’uditorio soffermandosi sulla fiorente e ricca letteratura pubblicata al riguardo. La parte finale del congresso è
stata dedicata al rapporto tra FOP e attività subacquea.
Il Congresso, al pari degli altri anni, è
stato aperto a medici e altri operatori sanitari, con una presenza considerevole
e attenta.
UDIENZA DEL CARDINALE SEPE
CON I RESPONSABILI DELL’AREA
MATERNO INFANTILE E DELLA
ASSOCIAZIONE GERMOGLIARE ONLUS
Maria Pinto
M
ercoledì 3 ottobre, Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe ha concesso udienza ai Rappresentanti dell'Area Materno
Infantile dell'Ospedale Buon Consiglio.
L’iniziativa è stata sostenuta dall'Associazione Germogliare Onlus, sotto la
presidenza dal dr. Gennaro Salvia, responsabile dell'U.O. di Terapia Intensiva Neonatale del nostro Ospedale.
All’incontro hanno partecipato il dr. D.
Zappulli, responsabile UOC di Pediatria
e Neonatologia, il dr. P. Iacobelli, responsabile dell'UOC di Ostetricia e Ginecologia, il giornalista RAI Adriano
Albano e il dr. G. Salvia.
20
È stata l’occasione per condividere con
Sua Eminenza l'importanza degli aspetti umani legati all'attività medica che interviene intorno all'evento nascita e dell'amore che deve connotare l'atto medico anche in condizioni di gravità ed
emergenza, ancor più quando si tratta di
difendere una nuova vita in difficoltà.
Il Cardinale è stato molto colpito dalla dedizione con cui l'Associazione,
senza scopo di lucro, Germogliare sta
lavorando per migliorare ulteriormente
la qualità dell’offerta sanitaria, a favore
dei neonati ricoverati presso il reparto
di cure intensive dell'Ospedale Fatebenefratelli di Napoli.
In particolar modo Sua Eminenza ha
voluto assicurare il Suo concreto sostegno agli Operatori impegnati nel progetto per la costituzione di una banca
del latte umano donato.
In attesa di definire nei prossimi giorni un piano di intervento a supporto del
progetto Banca del Latte, il cardinale
Sepe ha ricambiato i saluti che gli erano
stati rivolti dal superiore fra Alberto e
dalla Direzione Sanitaria e Amministrativa del nostro Ospedale, e ha accettato
con entusiasmo l'invito a visitare le nostre strutture dedicate all'assistenza alla
nascita.
· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 21
ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO
PELLEGRINAGGIO A SANTIAGO
DE COMPOSTELA E FATIMA
Suor Rita Nardon
T
utto è pronto la mattina del 4 luglio
2012 quando un gruppo di 29 persone, composto da Ospiti e Operatori dell’Istituto “san Giovanni di Dio” di
Genzano, coordinati da suor Rita, assistente sociale, ben attrezzati con i loro zainetti, partono per l’aeroporto di Fiumicino
e quindi alla volta di Santiago de Compostela in Galizia, dove natura e cultura si
fondono, per effettuare un soggiorno turistico-religioso che comprende, oltre la cittadina spagnola, anche la costa portoghese con Fatima e Lisbona. Nel gruppo si
sono aggregate anche alcune persone di
Genzano e Albano, desiderose di fare una
esperienza emozionante e nuova, sia a
contatto con i nostri Ospiti che per la conoscenza di nuove realtà e, non da ultimo,
per cogliere l’opportunità di un periodo,
seppur breve, di riflessione personale e di
preghiera e serenità. L’esperienza è stata
condivisa da un gruppo di coppie di sposi e i loro figli, di Roma che, pur estranei
alle problematiche vissute dai nostri Ospiti, si sono adattati in modo meraviglioso,
accogliendo ognuno con affetto e disponibilità.
Ci siamo affidati all’Opera Romana Pellegrinaggi dalla quale abbiamo avuto
un’ottima assistenza: religiosa da parte di
don Stanislao e tecnica-professionale da
Aldo Mirra.
Dunque siamo arrivati a Santiago de
Compostela, ospiti nel grande complesso
di san Martin al Pinario, una splendida
struttura del XVI secolo, proprio accanto
alla Cattedrale. Qui le emozioni sono state varie. Abbiamo visto dei pellegrini che
attraverso i vari “Cammini” hanno raggiunto a piedi il Santuario; abbiamo pregato sulla tomba dell’apostolo Giacomo e
passeggiato nel centro storico; dopo la visita alla Cattedrale e la Messa del Pellegrino abbiamo assistito con il fiato sospeso al “volo” del botafumeiro che è un im-
portante simbolo della Cattedrale di san
Giacomo. Si legge nella storia che esso fu
presente fin dagli albori del pellegrinaggio a Santiago. Il primo botafumeiro fu
una gran pignatta di argento del sec. XVI,
dono del re Luigi XI di Francia, che venne in seguito rubato dalle truppe napoleoniche. L’attuale è stato fuso nel 1851 ed è
realizzato in ottone ricoperto di argento.
È il più grande incensiere del mondo; le
sue dimensioni sono di circa 1,60 mt di altezza per oltre 60 kg di peso. Viene caricato con più di 40 kg tra incenso e carboni, attestando così il suo peso attorno ai
100 kg. Questo enorme “angelo fumante”
viene fatto oscillare progressivamente dagli esperti tiraboleiros, fino a fargli raggiungere la velocità di circa 70 km/h tra
le due ali di folla, congiungendo da cima
a fondo tutta la lunghezza del Santuario.
Il botafumeiro ha “volato” in via del tutto eccezionale per fare grande festa per il
ritrovamento, il giorno 4 luglio 2012, del
“Codice Callistino”, manoscritto del XII
sec. misteriosamente rubato da una cassaforte dell’archivio della Cattedrale di Santiago il 7 luglio 2011. Il Codice, di altissimo valore sia come patrimonio religioso
che come valore monetario, era nascosto
in un garage di Milladoiro nel nord della
Spagna.
Lasciata Santiago, abbiamo raggiunto la
graziosa cittadina di Fatima in Portogallo, sostando a Valença do Minho e Braga.
Anche la sosta a Fatima è stata ricca di
emozioni: luogo di grande fede e preghiera al quale ci siamo accostati sapendo
che lì, nella Cova da Iria, il 13 maggio del
1917 la Madonna appare a tre pastorelli
mentre si trovano al pascolo. Nel percorso della Via Crucis abbiamo raggiunto Valinhos, Loca do Cabeço e Poço do Arneiro, nella località di Aljustrel, altri luoghi
di incontro dei pastorelli con la Vergine.
Cattedrale di Santiago de Compostela
Grande meraviglia ha destato la visita all’Esposizione “Fatima Luce e Pace” dove, insieme con i numerosi oggetti di valore esposti, si può ammirare la corona
preziosa della Madonna di Fatima dove,
al suo interno in alto, vi è incastonato il
proiettile che trapassò il corpo di Giovanni Paolo II nell’attentato del 13 maggio
1981 in Piazza san Pietro, a Roma. Accanto alla corona si può ammirare anche
l’anello che Papa Giovanni Paolo II donò
alla Madonna di Fatima il giorno 12 maggio 2000, durante la preghiera di lode alla Vergine, nella cappellina delle apparizioni.
Lasciata Fatima ci siamo diretti a Lisbona, città posta sulla riva destra del grande
estuario del Tejo. Grande ammirazione ci
ha destato la vista dei due ponti che collegano le rive dell’estuario: il gigantesco
“XXV de Abril” e il lunghissimo “Vasco
de Gama”. Abbiamo visitato parte del
Monastero dos Jerònimos, straordinario
esempio di architettura manuelina, la Torre di Belém e la Chiesa di sant’Antonio
da Sè, (da noi conosciuto come sant’Antonio di Padova), costruita sulla casa del
Santo, nato a Lisbona il 15 agosto 1195.
Il viaggio, quindi si è rivelato per tutti
una esperienza positiva e arricchente; sono nate delle belle amicizie; ci siamo sentiti a nostro agio, nonostante la diversità
dei partecipanti. È stato un percorso che
ci ha offerto spunti interessanti sulla fede
di tutti e la possibilità di accostarci ad altri usi e costumi. L’augurio è quello di poter realizzare ancora momenti belli e sereni come questo, mentre ringraziamo il
superiore di Genzano, fra Benedetto Possemato, e le Direzioni per averci permesso questa opportunità.
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O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
MORTE IMPROVVISA IN CULLA
ni di volontariato e i referenti dei progetti obiettivi su SIDS ALTE degli
ospedali e del territorio siciliano.
Il nostro Centro SIDS ha presentato una guida
multilingue per i genitori
Cettina Sorrenti
Rappresenta la prima causa di mortalità nei paesi industrializzati da un
mese a un anno di vita. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS) molte di queste morti, per la
maggior parte “invisibili”, sono evitabili.
Per avviare una campagna di sensibilizzazione per le famiglie e gli operatori, per contrastare l’esposizione a
fattori di rischio ambientali e promuovere l’adozione di comportamenti e
stili di vita corretti e responsabili, al
fine di ridurre l’incidenza di queste
morti inaspettate; il 28 settembre,
presso la nostra Aula Polifunzionale si
è tenuto il primo congresso regionale
su “SIDS ALTE (morte in culla e neonati ad alto rischio di defaillance cardio respiratoria e quindi di morte improvvisa). Realtà e proposte in regione
Sicilia. Presentazione del progetto
SIDS”.
L’applicazione di semplici regole di
accudimento: far dormire i bambini
sempre in posizione supina, evitare il
fumo in gravidanza e dopo, evitare le
temperature alte, far dormire il lattante nella stessa stanza ma non nello
stesso letto dei genitori, l’uso eventuale del ciuccetto ad allattamento ben
avviato e la promozione dell’allattamento materno, hanno consentito di ridurre drasticamente la mortalità per
SIDS fino al 50-60%.
Il convegno è stato organizzato dal
direttore del dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale, dott.ssa Maria
Rosa D’Anna, dal direttore dell’UOC
di Neonatologia e Pediatria, dott. Bartolomeo Spinella, e dal neonatologo e
responsabile del Centro SIDS, dott.
Raffaele Pomo. Hanno partecipato
inoltre, l’assessore alla salute della
Regione Sicilia, dott. Massimo Russo,
e i più grandi esperti a livello nazionale del settore, oltre alle Associazio-
L
a morte in culla o “morte bianca” (Sudden Infant Death Sindrome, SIDS ), è considerata
una delle esperienze più dolorose e
sconvolgenti che possa verificarsi in
una famiglia. Colpisce un lattante apparentemente sano in condizioni di
pieno benessere ogni 1000-2000 nati.
Il centro SIDS dell’ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli è l’unico
Centro della Sicilia. All’interno del
convegno sono stati presentati i progetti obiettivi dell’Assessorato alla Salute volti alla riduzione del rischio
SIDS ed è stato proposto il network ad
alta professionalità per la riduzione del
rischio SIDS che coinvolgerà ospedali e territorio. «Abbiamo riorganizzato i punti nascita della Sicilia – ha
spiegato l’Assessore nel suo intervento – ciò è stato fatto non nella mera logica di effettuare “tagli”, ma nel creare punti nascita più sicuri e migliorarne l’efficienza».
“Al fine di ridurre la mortalità neonatale e del lattante in Sicilia, abbiamo
prodotto un opuscolo informativo multilingue (in italiano, francese, inglese,
arabo, rumeno, cinese, bangladesh) destinato ai genitori, che contiene le regole di accudimento – ha dichiarato il
dott. Raffaele Pomo, - sulla riduzione
del rischio della morte in culla. L’opuscolo è a disposizione di tutti i Centri
nascita della Sicilia affinché si possa
creare una campagna informativa in
modo capillare e omogenea”.
Il superiore dell’Ospedale, fra Luigi
Gagliardotto, nel suo saluto d’apertura ha ricordato che
«La vita è un dono da amare, concesso da Dio alla famiglia e all’umanità.
Va curata con attenzione e con rispettivo amore fin dalla nascita. L’Ordine
ospedaliero di san Giovanni di Dio,
pioniere dell’umanizzazione dell’ospedale ha sempre avuto come compito quello di garantire la salute fisica e
spirituale, prendendosi cura del malato nella sua totalità. I genitori vanno
educati, accompagnati, formati con
umanità e professionalità. I nostri collaboratori seguendo l’esempio del nostro santo Fondatore si prodigano ogni
giorno con impegno e carità a diffondere la cultura della vita».
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· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 23
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
ABLATORE A ULTRASUONI
Lo scorso maggio a Palermo l’AMMI
(Associazione Mogli Medici Italiani) e la
sezione AFMAL del nostro Ospedale
Buccheri-La Ferla hanno assieme dato il
via ad un torneo di burraco nella locale
sede del Circolo Ufficiali, che ha attirato
un buon numero di partecipanti e ha permesso di raccogliere per il nostro Gabinetto Dentistico di Manila circa duemila
euro, serviti a comprare nuove attrezzature odontoiatriche, tra cui un apparecchio a ultrasuoni per ablazione del tartaro e cure paradontali.
tacolino, con premi per gli abiti più graziosi e per chi si è più distinto nel raccogliere fondi per la Scuola.
SAN PEDRO CALUNGSOD
DA 16 ANNI CON I DISABILI
Domenica 21 ottobre Benedetto XVI
ha proclamato in San Pietro sette nuovi
Santi, tra cui San Pedro Calungsod, un
giovane filippino nato nella zona delle
Visayas e che si unì come catechista ai
padri Gesuiti che nel 1668 andarono a
evangelizzare l’isola di Guam, nelle
Mariane, dove il 2 aprile 1672 incontrò il
martirio insieme al Beato Diego Luis de
San Vitores, ch’era il Fondatore della
Missione.
In ottobre abbiamo celebrato nelle due
Case delle Filippine i 16 anni del nostro
apostolato con i disabili. Ad Amadeo la
ricorrenza è stata festeggiata il 20 ottobre
con una Messa del vescovo Teodoro J.
Buhain, ausiliare emerito di Manila e
affiliato al nostro Ordine. Ha fatto seguito uno spettacolino di danze e canti, nonché la consegna di attestati di gratitudine
ai benefattori.
Dalle Filippine abbiamo seguito in TV
la cerimonia e udito il Papa auspicare:
“Possano l’esempio e la testimonianza
coraggiosa di Pedro Calungsod ispirare
i cari filippini ad annunciare il Regno di
Dio con forza e guadagnare anime a
Dio!”. L’unico della nostra Delegazione
presente al Rito è stato fra Lorenzo E.
Gamos, partito da Manila il 17 ottobre e
che resterà di Comunità a Genzano.
A Manila la festa è stata il 24 ottobre,
coincidendo con la Giornata Mondiale
delle Nazioni Unite, qui molto sentita: gli
allievi hanno perciò indossato abiti di
varie nazioni e si sono esibiti in uno spet-
Per ricordare l’evento abbiamo fatto
eseguire il quadro del Santo che è a p. 3
della rivista; in esso lo si vede sorreggere la palma del martirio e stringere con la
destra un quaderno di catechismo e canti
Per la festa del 24 ottobre gli allievi di Manila con indosso abiti di varie nazioni
Fra Lorenzo in San Pietro con due suore
Ospedaliere filippine, Joselyn e Genida
religiosi. Nello sfondo, c’è il mare dove
furono gettate in spregio le salme dei due
martiri, zavorrandole con sassi per non
farle riaffiorare; questo spiega perché a
Roma durante il Rito, svoltosi unico per i
sette Santi, al momento dell’offerta al
Papa di una loro reliquia, mancava quella di San Pedro Calungsod.
DELEGAZIONE DA VENT’ANNI
A fine ottobre le due Comunità delle
Filippine si sono riunite ad Amadeo per
celebrare il ventennale della Delegazione
Provinciale, eretta canonicamente il 30
ottobre 1992 dal Superiore Generale fra
Brian O’Donnell. La Delegazione era in
quel momento fortemente multinazionale
e i Professi Solenni erano tutti europei:
due italiani, due inglesi e un irlandese;
oggi invece ci sono sette Professi Solenni filippini, tra cui il Delegato Provinciale, i Formatori, il Priore di Amadeo e tutti
e i Capi Servizi, mentre la presenza estera è limitata a solo due italiani.
Ha presieduto ad Amadeo la Messa di
ringraziamento del ventennale il vescovo
Teodoro J. Buhain, che poi al termine del
Rito, per porre in risalto l’attuale volto
filippino della Delegazione, ha benedetto
due tele dipinte da Eladio S. Santos per la
parete d’ingresso della Cappella, raffiguranti i due Santi filippini: San Lorenzo
Ruiz e San Pedro Calungsod.
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· VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012 14/11/12 10.51 Pagina 24
I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: [email protected]
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: [email protected]
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: [email protected]
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere dÈ Cenci 4 - Cap 00186
Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492
E-mail: [email protected]
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: [email protected]
http://ohpinoy.wix.com/phils
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737
E-mail: [email protected]
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede del Noviziato della Delegazione
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: [email protected]
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali
“San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato Interprovinciale
• PERUGIA
Centro San Niccolò
Porta Eburnea
Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121
Tel e Fax 075.5729618
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
[email protected]
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico
San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: [email protected]
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: [email protected]
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: [email protected]
Centro Sant’Ambrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a [email protected]
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: [email protected]
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: [email protected]
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: [email protected]
• ROMANO D’EZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: [email protected]
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: [email protected]
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: [email protected]
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: [email protected]
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: [email protected]
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: [email protected]
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in:
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7
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VO n 11 novembre 2012_Novembre 2012