Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) Fondazione Valle delle Cartiere enza ammenda Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno Senza ammenda e con più vaghezza e con più vaghezza Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) un’esposizione dei suoi libri Fondazione Valle delle Cartiere enza ammenda e con più vaghezza Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno Sommario 5 I libri di Alessandro Paganini a Toscolano. Premessa 10 I Paganini de Cegulis Imprenditori del libro fra Venezia e Toscolano 12 L’attività di Alessandro Paganini tra novità tipografiche e sfide editoriali 14 Il Corano di Alessandro Paganini. Il mistero di un’impresa fallimentare I Libri 17 Francesco Licheto, In Johannem Duns Scotum super quaestionibus quolibet commentaria 17 Francesco Licheto, In Johannem Duns Scotum super secundo sententiarum commentaria 18 Francesco di Alessandro da Modena, Viaggio a Gerusalemme 18 Ludovico Vitali, Pronostico per l’anno 1518 19 Aldo Manuzio, Institutionum grammaticarum libri quatuor [et alia] 19 Alexander de Villedieu, Doctrinale 20 Teofilo Folengo, Opus macaronicarum 22 Ovidio, Fasti, Tristia, De Ponto, Ibis, ad Liviam consolatio 23 Sallustio, De coniuratione Catilinae, De bello Iugurthino [et alia] 24 Ovidio, Metamorphoseon libri XV 25 Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi 25 Francesco Petrarca, De remediis utriusque fortunae 26 Orazio, Opera 26 Pomponio Mela, De situ orbis [et alia] 27 Cicerone, Rhetorica ad Herennium, De inventione 28 Boezio, De philosophiae consolatione, De scholarum disciplina 28 Niccolò Perotti, Cornucopiae sive linguae latinae commentarii [et alia] 29 Ambrogio Calepino, Vocabularium thesaurus copiosissimus 30 Cicerone, De officiis, De amicitia, De senectute, Paradoxa 32 Luca Pacioli, Summa de arithmetica 32 Euclide, Elementorum libri XV 32 Luca Pacioli, Divina proporzione 33 Ippolito Marsili, Grassea 33 Ippolito Marsili, Commentaria super lege unica C. de raptu virginum 33 Giustiniano, Institutiones imperiales 33 Pietro Paolo Vergerio il Vecchio, De republica veneta liber primus 34 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis 35 Ovidio, Ars amandi, Remedium amoris 36 Ovidio, De Ponto 37 Ovidius Naso Publius, Metamorphoseon libri XV 38 Ovidio, Tristia 39 Ovidio, Fastorum libri 40 Terenzio, Comoediae 41 Senofonte, Ciropedia 42 Dante Alighieri, Commedia 43 Alighieri Dante, Commedia 44 Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi 45 Giovanni Boccaccio, Corbaccio 4 46 Giovanni Boccaccio, Fiammetta 47 Cesare, Commentarii de bello gallico et de bello civili 48 Giovenale, Saturae 49 Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem 50 Jacopo Sannazaro, Arcadia 50 Jacopo Sannazaro, Rime 51 Giovan Giorgio Trissino, Sofonisba [et alia] 52 Erasmo da Rotterdam, De recta pronunciatione [et alia] 53 Aldo Manuzio, Institutionum grammaticarum libri quatuor 54 Burato 54 Libro di ricami 55 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis 55 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis 56 Giovanni Antonio Tagliente, Componimento di parlamenti 57 Baldassarre Castiglione, Il libro del Cortegiano 57 Mattia Ugoni, De conciliis In copertina: ‘Fanciulla con libro’, opera pittorica del Bronzino, conservata nella Galleria degli Uffizi, a Firenze. (Archivio Alinari) I libri di Alessandro Paganini a Toscolano. Premessa all’esposizione La famiglia Paganini è una delle dinastie imprenditoriali più note nel mondo del libro e della carta tra Quattrocento e Cinquecento. Ad essa spetta il riconoscimento di aver compiuto alcune delle imprese più audaci in un periodo già di per sé ricco di grandi avventure commerciali e produttive, e di essersi trovata a tracciare (certo involontariamente) i confini al di là dei quali persino l’espansione economica della Serenissima (che nel campo della stampa poteva parere davvero illimitata) doveva fermarsi […]1 Proprio nei primi decenni del XVI secolo, il grande filologo e intellettuale Erasmo da Rotterdam se la prendeva con i tipografi, affermando più o meno che «una buona parte di coloro che stampano libri o sono spinti dall’ignoranza delle buone lettere e dalla mancanza di giudizio a considerare i peggiori scrittori i migliori, o, mossi dall’amore per il guadagno, stimano migliori i libri dai quali si aspettano i maggiori profitti».2 A farci caso, si tratta di una delle solite lamentele che anche gli scrittori di oggi rivolgono ai loro (reali o solo agognati) editori: cercano solo il guadagno e non apprezzano i buoni libri, cioè i loro. Da qui il caso dei molti, troppi corsi di scrittura creativa ridotti a palestre di lettori coatti, docenti e discenti (questi a turno), costretti a sorbirsi gli infelici esiti di malriusciti parti letterari. Non è solo questione che la storia si ripete. Piuttosto, è il libro a stampa a costituire una tradizione particolare, in cui questo rapporto autore – editore – lettore si pone: né prima, nel mondo dei manoscritti, né nell’immediato futuro, nel mondo dell’autoeditoria elettronica, tali problemi si posero o si porranno nei medesimi termini. La figura e l’opera di Alessandro Paganini (figlio d’arte, essendo suo padre il noto tipografo-editore Paganino Paganini) hanno interessato da tempo il mondo degli studi, vuoi perché Alessandro fu editore di Teofilo Folengo, vuoi per la misteriosa questione dell’edizione del Corano arabo: a chiudere, in qualche modo, la serie storica degli studiosi del Paganini, basti ricordare qui una gloria bresciana come Ugo Baroncelli che gli dedicò pagine importanti (e un esauriente catalogo delle edizioni toscolanensi) in un sapido volumetto del 1964, parzialmente ristampato tempo addietro.3 In anni via via più recenti l’attenzione è stata richiamata più volte su di lui. Solo per citare alcuni interventi significativi, ha iniziato un quarantennio fa Luigi Balsamo, interessandosi innanzitutto 1 Angela Nuovo, Maestri tipografi tra Venezia e il Garda: i Paganini, in Cartai e stampatori a Toscolano. Vicende, uomini, paesaggi di una tradizione produttiva, a cura di Carlo Simoni, Brescia, Grafo, 1995, pp. 81-98: 81. 2 Sono le parole di Erasmo nel 1514, nella dedica a Matthias Schürer di una ristampa del De duplici copia verborum (Karine Crousaz, Érasme et le pouvoir de l’imprimerie, Lausanne, Antipodes, 2005, p. 122). 3 Ugo Baroncelli, La stampa nella riviera bresciana del Garda nei secoli XV e XVI, Salò, Edizioni dell’Ateneo di Salò, 1964, poi solo il saggio introduttivo, pp. 5-61, col titolo I Paganini, in Uomini di Brescia, a cura di Fausto Balestrini, Brescia, Il Giornale di Brescia, 1987, pp. 165-226. 5 6 di Alessandro Paganini incisore e creatore di caratteri, in specie di una particolarissima serie di corsivi.4 Messa sulle tracce del Paganini proprio da Balsamo, Angela Nuovo è riuscita a fornire in tale settore due importanti contributi: prima la scoperta dell’unico esemplare sopravvissuto del celebre Corano arabo, da lei minuziosamente datato al 1537-1538, quindi un intero volume dedicato a ricostruire l’attività del Paganini sia dal punto di vista storicoculturale, sia bibliografico.5 Da ultimo, dopo gli scavi documentari della Nuovo, ecco un interessante contributo di sintesi biografica sull’intera famiglia dei Paganini offerto da un noto studioso bresciano, Ennio Ferraglio.6 Insomma, altri, meglio di me, avrebbero potuto introdurre questo catalogo. La storia è andata però in un’altra direzione, e non c’è che da accettarla, facendosi forti di quanto tali illustri studiosi hanno scritto. Alessandro Paganini fu certo un tipografo estroverso, talvoltra bizzarro, al quale si devono almeno tre esperienze editoriali importanti: l’invenzione del libro in 24°, la pubblicazione di Teofilo Folengo, l’edizione del Corano arabo. Alessandro, attivo dal 1509 al 1538, pur rimanendo un tipografo-editore rilevante più per le novità che caratterizzano diversi elementi della sua produzione che per la quantità dei libri stampati, tutto sommato abbastanza modesta, pone le sue radici imprenditoriali e intellettuali all’interno di quel mondo veneziano nel quale il magistero di Aldo Manuzio aveva ormai dato pienamente i suoi frutti. Crebbe nel retrobottega di Paganino Paganini, originario di Cigole nel bresciano, affermato editore veneziano caratterizzato forse fin troppo dall’avvedutezza degli investimenti, dalla scarsa fiducia accordata a ogni novità, dalla preoccupata attenzione al prodotto di sicuro smercio (soprattutto opere per la scuola, il diritto, la liturgia). Alessandro sviluppa il suo estro creativo all’interno della ditta paterna, divenendo innanzitutto un abilissimo disegnatore, incisore e fonditore di caratteri. Il primo lavoro nel quale compare il suo nome è un Euclide volgare del 1509, realizzato in collaborazione col padre; del libro fu curatore un discepolo di Leonardo da Vinci (omo sanza lettere), il francescano Luca Pacioli, del quale uscì poco dopo anche la Divina proportione, dove la maestria di Alessandro incisore di caratteri trova una delle sue massime espressioni, dovendosi misurare con la raffinata ricostruzione delle maiuscole dell’alfabeto romano per via di geometria. Il più antico libro che Alessandro sembra aver sottoscritto autonomamente è costituito da una Summa angelica di Angelo da Chivasso, uscita nel 1511, un diffusissimo manuale per i confessori. In realtà si tratta della rinfrescatura (o seconda emissione) di un’edizione impressa dal padre nel 1499 e rimasta fin lì invenduta: qualche carta sostituita all’inizio e in fine 4 Luigi Balsamo, I corsivi dei Paganini, in Luigi Balsamo – Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento, Milano, Il Polifilo, 1967 e Id., Intorno a una rara edizione di Terenzio (Venezia, 1506) e allo stampatore Alessandro Paganino, in Miscellanea in onore di Lamberto Donati, Firenze, Olschki, 1969, pp. 11-25. 5 Angela Nuovo, Il Corano arabo ritrovato, «La Bibliofila», 89, 1987, pp. 237-271; Ead., Alessandro Paganino (1509-1538), Padova, Antenore, 1990 (dove si riprende anche Ead., La parte veneziana della collezione in -24esimo di Alessandro Paganino (1515-1516), in I primordi della stampa a Brescia 1472-1511, a cura di Ennio Sandal, Padova, Antenore, 1986, pp. 81-106). 6 Ennio Ferraglio, I Paganini de Cegulis. Una famiglia di stampatori tra Quattro e Cinquecento, s.l., s.n., 2006. e il libro sembrava nuovo. Si tratta di un trucco praticato abbastanza comunemente dagli editori più avveduti fino a non molti anni fa, fin quando non è divenuto più conveniente mandare i libri al macero piuttosto che tenerli in magazzino! Nel 1512-1513 Alessandro pubblica alcuni libri di sicuro smercio, ma che sono probabilmente ancora il frutto della politica editoriale paterna: un Messale romano e un Officium beatissimae Virginis stampati da Giacomo Penzio, e un Dictionarium del Calepino impresso per conto di Leonhard Alantsee. Anche se ai primordi della tipografia erano ancora figure spesso confuse, si vede qui in atto la dinamica distinzione tra un tipografo, che realizza materialmente un’edizione, e un editore, che la finanzia, guadagnando sulla vendita degli esemplari (e per questo era spesso anche libraio). La prima esperienza editoriale realmente sua Alessandro la realizza solo negli anni 1513-1514, sotto la stella di un curioso domenicano genovese, Agostino Giustiniani, che tentava, per via di erudizione, un ingresso nel mondo della curia romana. Nel 1513 fu il promotore della stampa del De immortalitate animorum di Aeneas Gazaeus tradotto in latino da Ambrogio Traversari, nonché l’autore di una Praecatio sui nomi divini; nel 1514 il Giustiniani è legato alla pubblicazione di un Tractatus errorem Iudeorum indicans di Samuel Abu Nasr Ibn, in edizione latina e italiana. La cosa interessante è che di lì a poco il Giustiniani farà pubblicare a Genova uno Psalterium poliglotta (latino, greco, ebraico, caldaico e arabo) che costituisce un esempio importante per la stampa dell’arabo. Il nome di Alessandro resta nella storia della stampa per l’invenzione del formato in 24°, libri di curiosa fattura, realizzati tagliando in tre parti il foglio prima della stampa.7 Si trattava inoltre di impiegare un carattere così minuto da misurare solo 47 millimetri su 20 righe, cioè meno di 2 mm e mezzo per linea, così da far ipotizzare per la composizione tipografica l’uso di lenti e pinzette. Se per il formato è lecito pensare a una filiazione mentale che dagli in 8° di Aldo Manuzio passava agli in 12° sperimentati da Lazzaro Soardi, per la realizzazione di tale minutissimo carattere, un ibrido tra romano e corsivo, si deve immaginare un vero progetto per la creazione di quella che in termini editoriali si definisce una collana editoriale. La serie si aprì col Petrarca volgare, seguito dall’Arcadia del Sannazaro, dagli Asolani del Bembo, dal Cicerone filosofico, dal De remediis utriusque fortunae sempre di Petrarca (realizzato in parte col finanziamento di Bernardino Stagnino), dalla Divina commedia, dal Corbaccio di Boccaccio, e poi Giovenale e Persio, Marziale, Catullo con Properzio e Tibullo, Terenzio, Ovidio, la Cerva bianca del Fregoso. La frequenza degli interventi editoriali del Paganini stesso (dediche etc.) testimonia ancor più la consistenza seriale 7 David F. Foxon, Some notes on Agenda Format, «The Library», Vs., 8, 1953, pp. 163-173. 7 8 della collana. Intorno al 1517 l’attività tipografica del Paganini si trasferisce a Toscolano, sulle rive del Garda. In realtà ci furono per primi alcuni esperimenti di stampa a Salò, dove i Paganini collaborarono col francescano Francesco Licheto, priore del convento sull’Isola del Garda, per il quale pubblicarono alcune sue opere di scotistica. Tale trasloco, che ha spesso sorpreso gli storici del libro, appare assai meno incomprensibile se solo si riflette sull’importanza della riviera gardesana per la produzione della carta e sulla presenza nella vicina valle del Toscolano di numerose officine specializzate fin dal Trecento nella produzione cartaria, attività nella quale i Paganini erano assai ben inseriti, avendo compiuto importanti investimenti nel settore.8 Mantenendo infatti attivo un punto commerciale nella capitale veneziana, non era certo sconveniente puntare a un avvicinamento dei torchi alle cartiere, limitando così il trasporto, favorito dall’uso delle vie d’acqua sempre interne ai confini della Repubblica, ai soli fogli già stampati. L’inconveniente maggiore era costituito dalla difficoltà di accesso a nuovi testi, che portava alla tendenza ad affidarsi più facilmente a libri di sicuro smercio, come quelli grammaticali, o alla ristampa di edizioni importanti realizzate da altri. Mantenendo comunque ben saldo il legame con Venezia (e con le maestranze là impiegate nell’incisione silografica) Alessandro avrà modo di dare ancora ottime prove di sé. Innanzitutto con la prosecuzione della collana in 24°: a Toscolano usciranno ancora un altro Ovidio, Sallustio, le Metamorfosi, un altro Petrarca volgare, Orazio, Pomponio Mela, la Rethorica ad Herennium, Boezio, la Fortuna del Baldacchino, le Institutiones imperiales (queste ormai fuori tempo massimo, nel 1525). È anzi proprio nel Petrarca pubblicato a Toscolano nel 1521, nella dedica a Isabella d’Este, che il Paganini dice di aver voluto procurare una nuova edizione dell’opera cosicché «con ogni ingegno mio, ogni sapere operando, credo haver migliorato di sorte che senza ammenda e con più vaghezza dell’opera leggere si potrà».9 A Toscolano Alessandro inaugura anche una nuova collana, questa volta in 8°, collocabile tra il 1527 e il 1533, tutta, tranne una raccolta grammaticale latina di Erasmo, in volgare, fra cui campeggiano molte traduzioni italiane dei classici. Sempre a Toscolano nel 1521 vede la luce un’edizione dell’Opus macaronicorum di Teofilo Folengo.10 Il Paganini aveva già pubblicato la editio princeps di Folengo a Venezia nel 1517,11 ma qui si tratta di una nuova redazione d’autore, autore che intervenne personalmente anche in fase di allestimento dell’errata corrige sui fogli ormai stampati (poco, invece, ha a che fare il Paganini con la cosiddetta edizione Cipadense, pubblicata dal genero, 8 Cartai e stampatori a Toscolano, a cura di C. Simoni, op.cit. 9 A. Nuovo, Alessandro Paganino, op. cit., p. 227. 10 Teofilo Folengo, Macaronee minori. Zanitonella, Moscheide, Epigrammi, a cura di Massimo Zaggia, Torino, Einaudi, 1987, pp. 557-588. 11 Se ne veda l’anastatica a cura di Massimo Zaggia, Brescia, ASM, 1991. Giorgio Varisco). Oltre che per il suo importantissimo valore testuale, l’edizione del 1521 (realizzata tramite l’impressione di 35 mezzi fogli) è interessante per la presenza di ben 53 (una però è ripetuta, per cui all’apparenza 54) silografie a piena pagina (mm 98x58) dedicate a illustrare il Baldus.12 Sempre per l’importanza del contributo fornito dalla silografia si ricorderanno anche i rarissimi volumi di ricami, pubblicati dal Paganini, sempre a Toscolano, intorno al 1532. L’opera però senza alcun dubbio più impressionante dell’intera produzione paganiniana è costituita dal Corano in arabo, di cui pare sopravvivere un solo esemplare, segnalato e studiato una ventina d’anni fa, già appartenuto a un orientalista cinquecentesco, Teseo Ambrogio degli Albonesi. La genesi dell’impresa va probabilmente collocata all’interno di un progetto ambizioso che doveva occupare Alessandro per alcuni anni: l’esportazione del prodotto della nuova arte della stampa nell’oriente musulmano. Se infatti agli inizi del Cinquecento è noto almeno un libro di preghiera cristiano stampato in Italia ma in lingua araba e destinato all’esportazione presso i cristiani del Vicino Oriente, l’impresa di Alessandro pare del tutto rivoluzionaria.13 Ciò che lo interessava era la possibilità di conquistare direttamente l’immenso mercato islamico con un prodotto realizzato in Italia ma direttamente esportabile nell’Impero ottomano. L’impresa fu un totale fallimento e la concomitante cessazione dell’attività editoriale del Paganini pare il segno più evidente di un gravissimo insuccesso commerciale. Non fu, come si ripete assurdamente, la Chiesa cattolica a proibire il libro;14 è del tutto probabile che il Corano sia invece giunto a destinazione (Costantinopoli?) e lì sia stato distrutto, sia perché conteneva errori che lo rendevano inutilizzabile, sia perché il pregiudizio contro la stampa del Corano (anziché la sua copia manoscritta) durò ancora per secoli. Tale impresa, che fece fallire l’intraprendente Alessandro Paganini, lo mostra però uomo d’ingegno, che seppe non solo creare per la prima volta una serie di caratteri arabi realmente funzionali, ma che fu anche capace di sognare i libri come grandi ponti tra le diverse civiltà. Purtroppo quel tempo non è ancora arrivato neppure oggi.15 Edoardo Barbieri direttore del Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca Università Cattolica – sede di Brescia 12 Ottima l’anastatica a cura di Angela Nuovo – Giorgio Bernardi Perini – Rodolfo Signorini, Volta Mantovana, Associazione Amici di Merlin Cocai, 1994. Vedi anche Angela Nuovo, L’edizione toscolanense del Folengo, in Teofilo Folengo nel quinto centenario della nascita (1491-1991), a cura di Giorgio Bernardi Perini – Claudio Marangoni, Firenze, Olshki, 1993. 13 Per l’intera vicenda vedi Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia e l’origine della stampa in caratteri arabi, a cura di Giorgio Vercellin, Padova, Il Poligrafo, 2001 con la bibliografia indicata. 14 Si veda per esempio un libro un po’ presuntuoso come Fernando Báez, Storia universale della distruzione i libri. Dalle tavolette sumere alla guerra in Iraq, Roma, Viella, 2007, p. 141. 15 L’esposizione che si presenta, realizzata dalla Fondazione Valle delle Cartiere con la collaborazione del CRELEB dell’Università Cattolica di Brescia, non sarebbe stata possibile senza la generosità di Pietro Lorenzotti, l’intraprendenza di Paolo Elena, l’impegno di Luisa Castellini, la competenza di Lisa Cervigni, il contributo di Giancarlo Petrella, l’operosità di chi lavora per il Centro di Eccellenza Polo Cartario di Maina Inferiore. Si ringraziano inoltre la Biblioteca Queriniana di Brescia e la Fondazione Ugo Da Como di Lonato per il prestito di alcuni dei volumi esposti. 9 I Paganini de Cegulis 10 Imprenditori del libro fra Venezia e Toscolano La famiglia Paganini era oriunda di Cigole, piccolo borgo della campagna bresciana che, per una curiosa coincidenza, tra Quattro e Cinquecento diede i natali ad altri valenti stampatori, fra cui la nutrita dinastia dei Turlino e Giovanni Antonio Bresciano. Fu Paganino Paganini ad avviare l’attività tipografico-editoriale trasferendosi a Venezia verosimilmente intorno ai primi anni Ottanta del Quattrocento. Conservò però sempre uno stretto legame con la terra d’origine, tanto da firmarsi orgogliosamente Brixiensis nelle sottoscrizioni alle proprie edizioni. Nel 1487 era già conosciuto come «stampator di libri», se con tale appellativo compare in un documento dal quale apprendiamo fosse stato coinvolto in un processo per falsificazione di monete. È ancora un documento coevo, datato 1494, a informarci che abitava a San Salvatore, in calle delle Balotte. Prima di mettersi in proprio il Paganino aveva scelto di dividere i rischi con il mantovano Giorgio Arrivabene, col quale, tra il 1483 e il 1488, stampò alcune belle edizioni di opere giuridiche e religiose. Alla fine degli anni Ottanta del Quattrocento aprì bottega da solo, forse grazie anche all’aiuto dell’influente stampatore di origini tedesche Francesco Fontana, alias Frank Renner, di cui Paganino aveva ‘strategicamente’ sposato la figlia Cristina. Nel frattempo erano sopraggiunti a Venezia altri due membri della famiglia, Jacopo e Girolamo che lavorarono in proprio per circa un triennio firmando una manciata di edizioni. Poi di loro si perdono le tracce e Paganino tornò a dominare la scena attraverso una serie ravvicinata di edizioni religiose o rivolte al mercato universitario: Bibbie, messali, testi di diritto canonico e civile, opere di filosofia. I proventi della florida attività di stampatore erano oculatamente reinvestiti in altri settori, fra cui beni immobili e cartiere sulla Riviera benacense, che di lì a poco sarebbe divenuta la seconda residenza dei Paganini. Nel retrobottega moveva intanto i primi passi il figlio Alessandro che dimostrò assai presto le proprie indubbie doti tecniche come disegnatore e incisore di caratteri, tanto da collaborare alle edizioni dell’Euclide volgare e della Divina proportione di Luca Pacioli entrambe del 1509. Nel volgere di pochi anni Alessandro raggiunse una graduale autonomia rispetto alle scelte editoriali di Paganino, la cui attività si andò lentamente affievolendo fino a cessare del tutto nel 1511. All’attività tipograficoeditoriale i Paganini affiancano, in una sapiente gestione dell’impresa familiare, l’apertura di una libreria ‘all’insegna della Sirena’ che rimarrà il referente per la vendita anche dopo il trasferimento della tipografia a Toscolano. Sarà la terza generazione dei Paganini, vale a dire i figli di Alessandro, a governare la libreria di famiglia ancora per tutto il Cinquecento. Senza alcuna evidente motivazione, nel 1517, dopo alcuni anni floridissimi nei quali Alessandro aveva saputo rinnovare profondamente l’attività paterna, i Paganini scelsero di trasferire i torchi dalla Laguna alle sponde del Garda: dapprima Salò, dove Paganino tornò a firmare due edizioni, poi, definitivamente, Toscolano. Qui Alessandro riprese la conduzione dell’officina tipografica dalla quale uscirono una cinquantina circa di edizioni fino al 1538. L’allontanamento da Venezia fu a lungo messo in relazione con il fallimento dell’edizione del Corano in arabo. Di tale opinione era ancora Ugo Baroncelli secondo cui Paganino si risolse a lasciare Venezia mosso «dal desiderio di ritrovare la salute e la serenità dello spirito, amareggiato dalla triste esperienza della stampa del Corano». Gli studi successivi hanno invece dimostrato che le cose andarono diversamente e che la stampa del Corano va addirittura posticipata di circa un ventennio, ossia non prima del 1537-1538. La scelta di Toscolano fu piuttosto il tentativo da parte dei Paganini di ‘delocalizzare’ la produzione del libro a stampa, avvicinandola nella fattispecie al centro della produzione cartaria, attività nella quale i Paganini erano peraltro assai ben inseriti. Da Toscolano risme di carta bianca e fogli stampati raggiungevano attraverso le vie d’acqua il centro commerciale rimasto attivo a Venezia. Paganino e Alessandro uscirono di scena entrambi nel 1538: Paganino, ormai anziano, fece testamento il 27 giugno del 1538; Alessandro, deluso dal fallimento del Corano arabo, non stampò alcun’altra edizione dopo quell’anno e di lui si perdono quasi completamente le tracce. Nella seconda metà del Cinquecento furono Pietro e Paganino junior, nati dal matrimonio fra Alessandro e Daria Rusconi, figlia dell’attivissimo tipografo milanese trapiantato a Venezia Giorgio Rusconi, a proseguire nell’attività tipografica, prevalentemente in società con il cognato Giovanni Varisco dal 1584 e poi ancora per un biennio (1590-1591) con i suoi eredi. 11 L’attività di Alessandro Paganini 12 tra novità tipografiche e sfide editoriali Alessandro iniziò, e non poteva essere diversamente, all’ombra del padre Paganino Paganini, all’epoca già affermato e stimato tipografo-editore con oltre un ventennio di solida attività alle spalle. Come spesso accade nelle imprese di famiglia, non si accontentò di commesse già pronte e di un catalogo nel quale probabilmente non si rispecchiava e finì col percorrere strade tutte sue, che l’eccessiva prudenza imprenditoriale paterna avrebbe certo disdegnato. Audacia e grande abilità tecnica lo portarono a rinnovare profondamente il panorama editoriale italiano del primo Cinquecento. Il gusto per l’azzardo lo spinse infine oltre il limite, affascinato dalla possibilità di sbarcare per primo sul mercato ottomano sgombro dalla concorrenza con l’edizione del Corano. Fu un fallimento atroce e Alessandro non se la sentì di proseguire oltre nell’impresa dei libri. Alessandro fu probabilmente innanzitutto un abile creatore di caratteri tipografici. Egli era cioè in grado, a partire da un disegno, di trasferire il segno grafico su un punzone d’acciaio. Tale punzone veniva battuto sulla matrice in rame, così da creare un disegno in incavo. La matrice, inserita in uno stampo di fusione nel quale veniva versata la lega di piombo, antimonio e stagno, permetteva di produrre i caratteri veri e propri. La carriera di Alessandro Paganini si estende per circa un trentennio (1509-1538), nel quale firma un centinaio di edizioni, stampate dapprima a Venezia e poi, dal 1517, sulle sponde del Garda. Esordisce nel 1509 nella bottega paterna dimostrando le proprie doti di incisore di caratteri nell’edizione dell’Euclide volgare curato dal matematico Luca Pacioli, già discepolo di Leonardo da Vinci, e della Divina proportione dello stesso Pacioli. Entrambe le edizioni sono però ancora sottoscritte dal solo Paganino. Dopo alcuni titoli ancora nel solco dell’eredità paterna stampati e sottoscritti autonomamente a partire dal 1511, nel 1515 Alessandro compie il salto di qualità, progettando e realizzando una rivoluzionaria collana di classici volgari e latini nel minuscolo formato in ventiquattresimo per cui disegna appositamente un minutissimo carattere (meno di 2 mm e mezzo per linea di testo) ibrido tra romano e corsivo. La serie di libretti da mano si apre nell’aprile di quell’anno col Petrarca volgare dedicato alla marchesa Isabella d’Este, presto seguito, nel fecondissimo biennio 1515-1516, dall’Arcadia del Sannazaro, dagli Asolani del Bembo, dalla Divina commedia, dal Corbaccio di Boccaccio, e da una schiera di autori latini, tra cui il prediletto Ovidio. Intorno al 1517 l’attività tipografica si trasferisce sulle rive del Garda. Dapprima a Salò, dove i Paganini collaborano col francescano Francesco Licheto, priore del convento sull’Isola di Garda, per il quale pubblicano due commenti a Duns Scoto. Poi, definitivamente, a Toscolano. Qui Alessandro, dopo alcune edizioni interlocutorie (la cronaca di un pellegrinaggio, un pronostico, qualche grammatica), nel 1521 licenzia la prestigiosa edizione dell’Opus macaronicorum di Teofilo Folengo illustrata da 54 silografie e riprende il più sostanzioso progetto della collana in ventiquattresimo. Ricomincia con i Fasti di Ovidio e prosegue a ritmo serrato con Sallustio, le Metamorfosi, un altro Petrarca volgare dopo quello veneziano del 1515, Orazio, fino a chiudere stancamente la collezione con l’esperimento piuttosto bizzarro delle Institutiones imperiales nel minuscolo e inconsueto formato. A Toscolano Alessandro vara anche una nuova collana, questa volta in 8°, collocabile tra il 1527 e il 1533, tutta, tranne una raccolta grammaticale latina di Erasmo, in volgare, fra cui spicca un manipolo di traduzioni italiane di autori classici (Senofonte, Cesare, Orosio, Giovenale). Nei primi anni Trenta del Cinquecento, ispirandosi forse a coeve edizioni d’Oltralpe, stampa una serie di bellissimi volumi di ricami, curiosissime raccolte di disegni e modelli che le ricamatrici avrebbero trasferito sulla tela. Non si trattava di libri veri e propri, ma di opuscoli di una ventina di carte destinati a essere impiegati e inevitabilmente distrutti. Da qui l’assoluta rarità degli esemplari giunti fino a noi, tanto che di alcune edizioni sembra non sia sopravvissuta alcuna copia. Nel corso degli anni Trenta la produzione toscolanense del Paganini subisce una drastica contrazione: le ultime due edizioni datate (un Ovidio e una raccolta di modelli epistolari) risalgono al 1538, anno della scomparsa del padre Paganino. In quei mesi Alessandro decise di chiudere l’esperienza tipografico-editoriale, probabilmente in conseguenza dell’operazione più azzardata della sua carriera: l’edizione del Corano in arabo. 13 Il Corano di Alessandro Paganini. 14 Il mistero di un’impresa fallimentare Un libro scomparso senza lasciare traccia. Un libro che quasi nessuno in Occidente aveva avuto fra le mani. Un libro maledetto, su cui gravava la fosca leggenda che avesse procurato la prematura scomparsa del suo stampatore. Per secoli l’edizione in arabo del Corano stampata nel primo Cinquecento a Venezia e attribuita ai Paganini, frequentemente citata dagli studiosi ma mai vista da alcuno, è stata avvolta da un’aura di mistero. Almeno fino al 1987, quando presso la Biblioteca dei frati minori di San Michele in Isola a Venezia Angela Nuovo individuò quella che a tutt’oggi risulta l’unica copia nota della famigerata edizione, dipanando così l’intricata vicenda. Il volume, un in folio di 232 carte, è interamente in arabo e privo di note tipografiche, data compresa. L’attribuzione all’officina dei Paganini avviene pertanto unicamente attraverso la documentazione coeva. I nostri informatori sono però particolarmente attendibili. Rispondono ai nomi di due tra i massimi esperti dell’epoca in lingue orientali: l’orientalista pavese Teseo Ambrogio degli Albonesi (1469-1540 c.) e l’erudito francese Guillaume Postel (1510-1581). Le informazioni si ricavano da alcuni stralci di lettere che, combinati assieme, restituiscono paternità a un’edizione altrimenti fantomatica. Postel, scrivendo a un collega nel 1568, afferma che circa trent’anni prima, dunque nel 1538, fu stampato a Venezia un Corano coi caratteri tipografici. L’Albonesi riferisce che lo stesso Postel da Parigi lo pregava di procurargli presso «Alexandrum Paganini Brixiensis filium» punzoni e matrici di quei caratteri arabi con cui poco prima avevano impresso il Corano. Affidandosi dunque alle fonti documentarie coeve, fin da metà Cinquecento, si era a conoscenza di un’edizione veneziana del Corano, uscita coi tipi dei Paganini. Di questa edizione non restava però traccia già pochi anni dopo, tanto che un orientalista olandese nel 1620 poteva citare nella sua bibliografia di libri arabi un Corano veneziano degli anni Trenta del Cinquecento, aggiungendo però che tutti gli esemplari erano stati bruciati. Il rogo, in realtà, quasi certamente è un’invenzione leggendaria, l’ennesima di questa affascinante vicenda. Le cose andarono diversamente, come ha permesso di ricostruire, con una certa attendibilità, la scoperta, a distanza di 450 anni, di una copia del Corano. Per una coincidenza forse nient’affatto trascurabile l’esemplare rinvenuto è proprio la copia posseduta dall’orientalista Teseo Ambrogio degli Albonesi, come attesta la sua nota di possesso alle prime carte. Il Corano non sparì dalla circolazione né tantomeno ne fu cancellata ogni traccia col fuoco. Più semplicemente l’edizione a stampa del Corano in arabo, impresa mai prima tentata in Occidente, fu l’ultima, e certamente anche la più rischiosa, avventura tipografica del geniale e spregiudicato Alessandro Paganini. Con essa intendeva rivolgersi non al pubblico ristrettissimo degli orientalisti occidentali in grado di leggere la lingua araba, ma al mercato arabo-turco dei fedeli musulmani che ancora non possedevano la stampa tipografica. Si trattava insomma di un prodotto da esportazione, progettato per un mercato orientale al quale la concorrenza non aveva ancora osato pensare e perciò fonte di possibili ingenti guadagni. La porta d’accesso ai nuovi mercati era quella, già ben collaudata, della carta: sfruttando le rotte commerciali di Venezia il Paganini provò a vendere sui mercati del mediterraneo carta bianca e carta stampata. Dovette però fare i conti con l’ostile diffidenza dei fedeli di religione islamica per la riproduzione meccanica del libro sacro, che rimarrà per secoli affidato alla sola produzione manoscritta. L’accoglienza del Corano in terra islamica fu terribile e tutte le copie andarono presto distrutte. Il progetto del Paganini si risolse in un fallimento senza appello e questo contribuisce a comprendere la sua pressoché contemporanea uscita di scena. Alla luce delle testimonianze coeve citate, l’edizione del Corano quasi certamente fu stampata fra l’estate del 1537 e quella del 1538. Ma la sua progettazione, estremamente complicata e onerosissima soprattutto per la realizzazione dei caratteri tipografici arabi, impegnava il Paganini già da parecchi anni, così da giustificare la brusca riduzione della produzione benacense negli anni Trenta. Il fallimento dell’operazione, che venne a coincidere con la morte del padre Paganino nel 1538, decretò una crisi da cui l’officina non riuscì a risollevarsi. Terminata la stampa a Venezia del Corano, Alessandro fece rientro a Toscolano dove stampò almeno altri due testi: il formulario epistolare del Tagliente e le Eroidi di Ovidio. Poi più nulla. Non si conosce nessun’altra edizione di Alessandro Paganini posteriore al 1538, come se davvero quel Corano fosse stato una maledizione. 15 i libri 1 Francesco Licheto In Johannem Duns Scotum super quaestionibus quolibet commentaria Salò, Paganino Paganini, 8 maggio 1517. In folio, cc. 114. (Baroncelli 9) Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 2 Francesco Licheto In Johannem Duns Scotum super secundo sententiarum commentaria Salò, Paganino Paganini, 8 maggio 1517. In folio, cc. 182. (Baroncelli 10) Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 17 1) 2) I due volumi raccolgono il commento a Duns Scoto del francescano Francesco Licheto († 1520), futuro generale dell’Ordine e all’epoca priore del convento francescano sull’isola di Garda. Entrambi datati 5 maggio 1517, rappresentano i primi prodotti usciti dall’officina tipografica dei Paganini dopo il trasferimento sulla riviera del Garda. I colophones denunciano come luogo di stampa Salò e non ancora Toscolano. Secondo Ugo Baroncelli furono addirittura stampati all’interno del convento francescano sull’isola. Nel colophon compare solo la firma del padre Paganino, sebbene all’impresa avesse collaborato anche Alessandro fornendo un carattere corsivo probabilmente fuso appositamente per l’occasione. 3 Francesco di Alessandro da Modena Viaggio a Gerusalemme Salò, Alessandro Paganini, 7 dicembre 1517. In 16°, cc. [8] (Baroncelli 11; Nuovo 44). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 70. Il primo libro con la firma di Alessandro Paganini dopo il trasferimento da Venezia: «Stampata in Salo ad instantia de Alexandro Paganino di Paganini Brixiano nel Anno Mcccccxvii adi vii Decembrio». Libretto popolare di sole otto carte, ma adorno di cinque silografie di soggetto religioso, che tramanda il resoconto di un pellegrinaggio a Gerusalemme. Il volume è custodito dalla Biblioteca Queriniana di Brescia ed è tutt’oggi l’unico di cui si abbia notizia. R 18 4 Ludovico Vitali Pronostico per l’anno 1518 Salò, Alessandro Paganini, 15 dicembre 1517. In 4°, cc. [4] (Baroncelli 12; Nuovo 45). Brescia, Biblioteca Queriniana, 910 E 32. Altro libretto popolare stampato da Alessandro a Salò nei primissimi anni benacensi. I pronostici per l’anno a venire erano una pubblicazione piuttosto ricorrente nel Rinascimento, oltre che un buon investimento per i tipografi che li stampavano: si trattava infatti di opuscoli di poche carte e di facile smercio che non richiedevano un particolare impegno economico e tecnico. In questa edizione al recto della prima carta campeggia una silografia raffigurante un astrologo in fogge rinascimentali. L’unico esemplare noto è conservato presso la Biblioteca Colombina di Siviglia. In mostra una riproduzione fotografica posseduta dalla Queriniana di Brescia 5 Aldo Manuzio Institutionum grammaticarum libri quatuor [et alia] Toscolano, Alessandro Paganini, 24 dicembre 1519. In 16°, cc. [8] CCXV, [21] (Baroncelli 14; Nuovo 47). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 56. Elegante edizione nel formato in sedicesimo di una serie di operette grammaticali composte dal dottissimo tipografo veneziano Aldo Manuzio († 1515). In questa edizione Alessandro Paganini impiegò anche il carattere greco (sia nell’Institutio sia in altri testi grammaticali per imparare la lingua greca stampati in appendice) e addirittura l’ebraico per l’Introductio ad hebraicam linguam. Scelse inoltre di stampare in inchiostro rosso il frontespizio e in rosso e nero l’intero primo fascicolo. R 6 Alexander de Villedieu Doctrinale (comm. Ludovicus de Guaschis) Toscolano, Alessandro Paganini, [1519-1520]. In 4°, cc. [60] (Baroncelli 45; Nuovo 48). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 51. Edizione priva di data (ma assegnata con buona probabilità ancora ai primi anni benacensi) di uno dei più diffusi strumenti didattici tardomedievali: il Doctrinale di Alexander de Villedieu. Al verso del frontespizio campeggia una curiosa silografia raffigurante un personaggio in cattedra ai cui lati due fanciulli dormono nei loro letti. 19 7 Teofilo Folengo Opus macaronicarum Toscolano, Alessandro Paganini, 5 gennaio 1521. In 16°, cc. 272 [8] (Baroncelli 16; Nuovo 51). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 20 Prestigiosa edizione tascabile delle Macaronee di Teofilo Folengo accompagnata da 54 silografie (una in realtà ripetuta) a piena pagina che illustrano i luoghi più significativi del testo. L’edizione è particolarmente interessante sia dal punto di vista testuale (Teofilo Folengo intervenne personalmente nell’allestimento dell’errata corrige sui fogli ormai stampati) sia dal punto di vista bibliologico (alcuni esemplari presentano infatti una diversa composizione dell’ultimo fascicolo che contiene, tra l’altro, un vivace scambio epistolare tra il Folengo e il Paganini). Il Paganini nel 1517 aveva già stampato a Venezia l’editio princeps del Folengo, di cui ora pubblicava una nuova e pressoché definitiva redazione d’autore. 21 8 Ovidio Fasti, Tristia, De Ponto, Ibis, ad Liviam consolatio [Toscolano], Alessandro Paganini, 8 maggio 1521. In 24°, cc. cciv (Baroncelli 17; Nuovo 52). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 22 Con questa minuta edizione di alcune opere di Ovidio Alessandro riprende in terra benacense la sua celeberrima collezione nel piccolissimo formato in ventiquattresimo da lui inventato. La collana, avviata a Venezia nel 1515 e interrotta dopo il trasferimento sul Garda, è tra le imprese più significative dell’editore Alessandro Paganini, che intese così fornire a una cerchia di colti lettori una raccolta dei migliori autori latini e volgari nel formato minuscolo. La collana si era interrotta con l’edizione veneziana datata 1516 delle Eroidi e delle opere erotiche di Ovidio. 9 Sallustio De coniuratione Catilinae, De bello Iugurthino [et alia] [Toscolano], Alessandro Paganini, 23 maggio 1521. In 24°, cc. [8] cxxxxiv [1] (Baroncelli 18; Nuovo 53). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 23 Secondo titolo della collezione benacense in ventiquattresimo. Dopo Ovidio, sempre nel mese di maggio, Alessandro Paganini sforna un volumetto con le opere di Sallustio, ispirato all’edizione stampata nel 1509 da Aldo Manuzio. Il Paganini sceglie qui di riprendere il dialogo con i suoi lettori attraverso una dotta dedica agli studiosi, nella quale sfoggia apparente competenza delle virtù letterarie di Sallustio. 10 Ovidio Metamorphoseon libri XV [Toscolano], Alessandro Paganini, 24 maggio 1521. In 24°, cc. clxx [34] (Baroncelli 19; Nuovo 54). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 24 Altra piccolissima edizione da mano priva di qualsivoglia illustrazione che offre alla consueta cerchia di raffinati lettori anche le Metamorfosi di Ovidio. Con questo titolo il catalogo delle opere ovidiane nel minuscolo formato poteva considerarsi pressoché concluso, dopo l’edizione veneziana del 1516 e quella toscolanense di qualche settimana prima. 11 Francesco Petrarca Canzoniere, Trionfi Toscolano, Alessandro Paganini, I giugno 1521. In 24°, cc. clxi [1] (Baroncelli 21; Nuovo 55). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 68. Dopo le edizioni di autori latini, il Paganini inserì nella collezione benacense in ventiquattresimo il Petrarca volgare (Rerum vulgarium fragmenta e Trionfi), classico prediletto dalle colte dame, alcune delle quali, come forse l’Eleonora di Toledo immortalata dal Bronzino, amavano persino farsi ritrarre con il minuscolo petrarchino fra le dita. Petrarca era stato l’autore con cui nell’aprile del 1515 il Paganini, all’epoca ancora a Venezia, aveva scelto di inaugurare la collezione in ventiquattresimo. Entrambe le edizioni sono offerte alla marchesa Isabella d’Este. R 12 Francesco Petrarca De remediis utriusque fortunae Venezia, Alessandro Paganini, 10 novembre 1515. In 24°, cc. [8] cccxxxv [1] (Nuovo 26). Lonato, Fondazione Ugo da Como. Sempre a Venezia e ancora nel formato in ventiquattresimo il Paganini nel novembre del 1515 aveva stampato anche una delle più celebri opere latine del Petrarca, il trattato De remediis utriusque fortunae, dedicandolo al pontefice Leone X. Prima di lui nessuno aveva osato ‘costringere’ un trattato tanto ampio in un formato così minuscolo. 25 13 Orazio Opera [Toscolano], Alessandro Paganini, giugno 1521. In 24°, cc. [18] cxxx [2] (Baroncelli 20; Nuovo 56). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 63. Con questa minuta edizione, ricalcata su una precedente edizione aldina, il Paganini 14 Pomponio Mela aggiungeva un altro dei classici latini più amati alla sua collezione di libretti tascabili. R De situ orbis [et alia] [Toscolano], Alessandro Paganini, agosto 1521. In 24°, cc. 192 [numerate per errore 102] (Baroncelli 22; Nuovo 57). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. Anche questa raccolta dei geografi classici, capeggiati da Pomponio Mela, discende 26 dalla celebre princeps aldina del 1518. 15 Cicerone Rhetorica ad Herennium, De inventione [Toscolano], Alessandro Paganini, ottobre 1521. In 24°, cc. 136 [8] (Baroncelli 23; Nuovo 58). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 27 Per questa edizione dei testi retorici di Cicerone Alessandro Paganini copia invece l’edizione impressa da Filippo Giunta a Firenze nel 1515, fino a conservarne persino la dedica del curatore a Filippo Strozzi. 16 Boezio De philosophiae consolatione, De scholarum disciplina [Toscolano], Alessandro Paganini, [1521]. In 24°, cc. 72 (Baroncelli 50; Nuovo 59). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 66. L’edizione, priva di data, è assegnata al 1521, l’anno in cui il Paganini stampò la maggior parte della collezione in ventiquattresimo. Anche in questo caso l’editore riprese fedelmente, compresa la dedica, una precedente edizione giuntina del 1507. R 17 Niccolò Perotti Cornucopiae sive linguae latinae commentarii [et alia] Toscolano, Alessandro Paganini, aprile 1522. In 4°, cc. 50 [318] (Baroncelli 24; Nuovo 60). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 28 18 Ambrogio Calepino Vocabularium thesaurus copiosissimus Toscolano, Alessandro Paganini, settembre 1522. In 4°, cc. 380 (Baroncelli 25; Nuovo 62). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 29 17) 18) Nel 1522 Alessandro Paganini diede alle stampe, a distanza di pochi mesi, due fondamentali strumenti lessicografici: la Cornucopia di Niccolò Perotti e il celebre Calepino. Sebbene si tratti di due titoli assolutamente tradizionali, il Paganini ebbe l’ardire di rinnovarli dal punto di vista del formato e dell’impaginazione. Per la prima volta furono stampati nel più maneggevole formato in quarto e impaginati in due fitte colonne stampate in un minutissimo corsivo. L’aspetto finale è quanto di più vicino ai moderni vocabolari. 19 Cicerone De officiis, De amicitia, De senectute, Paradoxa (comm. Pietro Marso, Francesco Maturanzio, Josse Bade, Martino Filetico, Ognibene da Lonigo), Toscolano, Alessandro Paganini, maggio 1523. In 4°, cc. [8] 252 (Baroncelli 27; Nuovo 63). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 30 L’edizione in quarto di alcuni dialoghi ciceroniani rinnova la tradizionale veste grafica dei classici commentati, fino ad allora quasi sempre proposti nel tradizionale e poco maneggevole formato in folio. Il Paganini sceglie invece di ridurre le dimensioni del volume e impiegare per il commento che circonda il testo il suo elegante corsivo. 31 20 Luca Pacioli Summa de arithmetica Toscolano, Alessandro Paganini, 20 dicembre 1523. In folio, cc. [8] 224, 76 (Baroncelli 28; Nuovo 64). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 210; Lonato, Fondazione Ugo da Como. Ristampa della celebre edizione veneziana impressa dal padre Paganino nel 1494: nuovi il colophon e il prolisso frontespizio in inchiostro rosso inquadrato da una cornice a nastro intrecciato. Al frontespizio il Paganini tesse le lodi del Garda «unico carpionista laco» e delle rovine dell’antica Benaco allora affioranti dalle acque limpide del lago: «Toscolano ... de li antique et evidenti ruine di la nobile cita Benaco ditta illustrato». R 21 Euclide 32 Elementorum libri XV (in volgare, trad. Campano da Novara), ed. Luca Pacioli e Scipione Vegio, Venezia, Paganino e Alessandro Paganini, 22 maggio 1509. In 4°, cc. 145 [1] (Nuovo 1). Lonato, Fondazione Ugo da Como. 22 Luca Pacioli Divina proportione Venezia, Paganino e Alessandro Paganini, I giugno 1509. In 4°, cc. 66 e 87 tavole (Nuovo 2). Lonato, Fondazione Ugo da Como. 21) 22) Il debutto di Alessandro Paganini nel campo tipografico avvenne nel 1509 con due edizioni ravvicinate impresse in collaborazione con il padre Paganino: l’Euclide in volgare e la Divina proportione del matematico francescano Luca Pacioli, discepolo di Leonardo da Vinci. Per entrambe Alessandro realizzò un raffinato carattere originato dalla contaminazione tra il romano e corsivo che troverà esplicita celebrazione ai frontespizi: «characteribus elegantissimis». La Divina proportione è arricchita da uno straordinario alfabeto maiuscolo il cui disegno originario si deve a Leonardo da Vinci. 23 Ippolito Marsili Grassea Toscolano, Alessandro Paganini, 1524. In 4°, cc. 64 (Baroncelli 29; Nuovo 66). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 108. 24 Ippolito Marsili Commentaria super lege unica C. de raptu virginum Toscolano, Alessandro Paganini, 1524. In 4°, cc. 24 (Baroncelli 30; Nuovo 65). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 109. 23) 24) Doppia edizione, probabilmente su commissione dello stesso autore Ippolito Marsili, di due trattati giuridici (genere non particolarmente amato da Alessandro 25 Giustiniano Paganini). Entrambi i frontespizi sono impressi in inchiostro rosso e nero e inquadrati dalla consueta cornice a nastro intrecciato. R Institutiones imperiales Toscolano, Alessandro Paganini, 1525. In 24°, cc. 114 [2] (Baroncelli 31; Nuovo 67). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 65. Bizzarra conclusione della celebre collezione in ventiquattresimo inventata dal Paganini. Alessandro sceglie infatti di stampare non un’opera letteraria, come aveva fatto fino a quel momento, bensì un testo giuridico. Rivoluzionaria la sua decisione di rimpicciolire le Institutiones giustinianee 26 Pietro Paolo Vergerio il Vecchio così da essere facilmente consultabili soprattutto dai giuristi alle prime armi. L’esperimento del libro giuridico tascabile non diede però i frutti sperati e il Paganini tornò ai consueti testi letterari. A tutt’oggi l’esemplare della Queriniana sembra l’unico sopravissuto. R De republica veneta liber primus Toscolano, Alessandro Paganini, 13 aprile 1526. In 4°, cc. [24] (Baroncelli 33; Nuovo 69). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 49. Edizione nell’agevole formato in quarto del primo libro dell’opera storiografica dedicata alla repubblica veneziana da Pietro Paolo Vergerio il Vecchio, umanista veneto del secondo Quattrocento. 33 27 Ovidio Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis (comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano, Alessandro Paganini, 1525. In 4°, cc. [2] cxxxiii [3] (Baroncelli 32; Nuovo 68). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 34 Dal 27) al 32) A giudicare dal numero di edizioni, Ovidio appare di gran lunga l’autore prediletto da Alessandro Paganini. Oltre alle minuscole edizioni in ventiquattresimo stampate tra il 1515 e il 1521, il Paganini tra il 1525 e il 1527 progetta e realizza la pubblicazione progressiva degli opera omnia di Ovidio in una nuova veste. Si tratta di una collezione delle opere ovidiane con commento disposto su due colonne e stampato nel consueto elegante corsivo paganiniano. Rispetto alle tradizionali edizioni commentate, il Paganini opta qui per l’agevole formato in quarto e accompagna il testo con alcune graziose vignette silografiche. L’edizione delle Metamorfosi si distingue per l’impiego di un esuberante apparato iconografico composto da ben 62 silografie. 28 Ovidio Ars amandi, Remedium amoris (comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lvi (Baroncelli 34; Nuovo 70). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 35 29 Ovidio De Ponto (comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lxxviii (Baroncelli 35; Nuovo 71). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 36 30 Ovidius Naso Publius Metamorphoseon libri XV [con: Raffaele Regio, Enarrationes in Ovidii Metamorphoseon libros] Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. [8] cci [1] (Baroncelli 36; Nuovo 72). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 37 31 Ovidio Tristia (comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lxxviii (Baroncelli 37; Nuovo 73). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 38 32 Ovidio Fastorum libri (comm. Antonio Costanzi e Paolo Marso), Toscolano, Alessandro Paganini, 1527. In 4°, cc. [10] ccxxxii (Baroncelli 39; Nuovo 76). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 39 33 Terenzio Comoediae (comm. Elio Donato, Guido Iuvenale, Giovanni Calfurnio, Servio, Josse Bade), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. [10] cclxxxviii (Baroncelli 38; Nuovo 74). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 40 Anche l’edizione delle commedie di Terenzio rientra nel progetto paganiniano dei classici commentati. Identica, rispetto alle edizioni ovidiane, è la veste grafica: formato in quarto, commento in corsivo su due colonne, frontespizio con consueta cornice a nastro intrecciato e apparato iconografico composto da cinque silografie a piena pagina raffiguranti le scene e i personaggi delle singole commedie. A Venezia nel 1516 il Paganini aveva pubblicato le commedie di Terenzio (ma prive di commento) nel minuscolo formato in ventiquattresimo. 34 Senofonte Ciropedia (trad. italiana di Iacopo di Poggio Bracciolini), Toscolano, Alessandro Paganini, 9 agosto 1527. In 8°, cc. 156 (Baroncelli 40; Nuovo 75). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 41 Primo titolo del nuovo progetto editoriale realizzato dal Paganini tra il 1527 e il 1533: la collezione in ottavo. Dopo l’esperienza in ventiquattresimo e i classici commentati in quarto, il Paganini torna al puro modello aldino, con il formato in ottavo e il classico carattere corsivo di tipo aldino. Caratteristica della collezione sarà la veste linguistica dei testi stampati: solo opere in volgare. La collana è inaugurata dalla traduzione della Ciropedia di Senofonte allestita da Iacopo di Poggio Bracciolini e dedicata a re Ferrante d’Aragona, dedica che il Paganini ristampa anche nelle carte preliminari della sua edizione. 35 Dante Alighieri Commedia [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. [248] (Baroncelli 47; Nuovo 78). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 42 Edizione in ottavo della Commedia (ma all’epoca col titolo di “Dante col sito et forma dell’Inferno”) non datata, ma ascrivibile agli anni tra il 1527 e il 1533. In luogo del tradizionale colophon, al verso dell’ultima carta compare, come in tutte le edizioni in ottavo, la celebre iscrizione a caratteri epigrafici dalla quale riemerge la rinnovata collaborazione editoriale del padre Paganino: P. ALEX. PAG. BENACENSES F. BENA. ossia “Paganino e Alessandro Paganini Toscolanesi fecero a Toscolano”. 36 Dante Alighieri Commedia [Venezia], Alessandro Paganini, [1515-1516]. In 24°, cc. 202 [2] (Baroncelli 46; Nuovo 28). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como. 43 Prima che nella collezione benacense in ottavo, Alessandro Paganini aveva già pubblicato la Commedia a Venezia tra il 1515 e il 1516 nel minuscolo formato in ventiquattresimo. Entrambe le edizioni presentano alle ultime carte una silografia a doppia pagina raffigurante la pianta dell’Inferno e tre schemi riguardanti i peccati il cui disegno originario è attribuibito a Pietro Bembo. 37 Francesco Petrarca Canzoniere, Trionfi [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 178 [18] (Baroncelli 54; Nuovo 84). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 44 Anche il Petrarca volgare non poteva mancare nella collezione in ottavo, nonostante fosse già stato proposto dal Paganini con i minuscoli petrarchini in ventiquattresimo (1515, 1521). Nello stesso formato aveva poi anche offerto nel 1515 il meno scontato De remediis utriusque fortunae. 38 Giovanni Boccaccio Corbaccio [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 68 (Baroncelli 49; Nuovo 79). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 45 39 Giovanni Boccaccio Fiammetta (a cura di Gaetano Tizzone), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 107 [1] (Baroncelli 48; Nuovo 80). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 46 38) 39) Dopo Dante e Petrarca il Paganini completa la collezione in ottavo delle ‘Tre Corone’ con la pubblicazione di due opere minori di Boccaccio, il misogino Corbaccio e la delicata vicenda di Fiammetta. Solo il secondo titolo era in realtà un’autentica novità nel catalogo editoriale paganiniano. Il Corbaccio era infatti già stato pubblicato a Venezia nel 1516 nella collezione in ventiquattresimo. Il Paganini sceglie qui di non ripubblicare il testo del Corbaccio del 1516, ma propone piuttosto quello dell’edizione fiorentina dei Giunta da cui copia fedelmente anche la lettera di dedica. Curiosamente il Paganini non pubblicò mai il Decameron. 40 Cesare Commentarii de bello gallico et de bello civili (trad. italiana di Agostino Ortica della Porta), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. [8] 262 [2] (Baroncelli 51; Nuovo 81). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 47 Edizione priva di anno di stampa (come tutte le edizioni in ottavo ad eccezione di Senofonte) del volgarizzamento dei Commentarii di Cesare. L’opera è proposta ai lettori come un’avvincente lettura storica: «Commentarii di Caio Giulio Cesare delle guerre esterne, ove in libri otto si vede li ammirandi fatti nella Gallia tripartita, le nove e spesse congiuratione con diversi popoli ... dapoi le guerre civile in libri sei a queste succede ove veder si puole ... assai morte e mirabilissimi fatti in Africa ... e in altri lochi ove cose bellissime leggendo veder si potrà». L’edizione è introdotta da una carta geografica della Spagna e da cinque raffigurazioni di accampamenti e fortificazioni. 41 Giovenale Saturae (in volgare, trad. Giorgio Sommariva), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. [128] (Baroncelli 52; Nuovo 82). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 48 Il Paganini adatta al formato tascabile in ottavo e al carattere corsivo la notissima versione delle Satire di Giovenale in terza rima del veronese Giorgio Sommariva. Il volgarizzamento poetico era stato pubblicato per la prima e unica volta a Treviso nel 1480 per i tipi di Michele Manzolo nel tradizionale formato in folio e in carattere romano. 42 Orosio Historiarum adversus paganos libri septem (trad. italiana di Giovanni Guerini), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. [172] (Baroncelli 53; Nuovo 83). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 49 Importante edizione dello storico romano Paolo Orosio, definito «raccontatore de historie», mai prima d’allora pubblicato in volgare. Nel progetto paganiniano Orosio andava ad aggiungersi ad altre due letture storiche: Senofonte e Cesare. 43 Jacopo Sannazaro Arcadia [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 80 (Baroncelli 55; Nuovo 85). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 40. 44 Jacopo Sannazaro Rime [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1532-1533]. In 8°, cc. 53 [3] (Baroncelli 56; Nuovo 94). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 50 43) 44) Alessandro Paganini riserva al napoletano Jacopo Sannazaro due titoli nella biblioteca volgare in ottavo. Oltre a riproporre il prosimetrum pastorale Arcadia, già stampato a Venezia nel 1515 nella collana in ventiquattresimo, offre ai propri lettori anche le Rime, autentica e appetibile novità per il pubblico dei petrarchisti italiani: l’attesa princeps a stampa era infatti uscita a Napoli solo nel 1530. L’edizione toscolanense delle Rime, databile al biennio 1532-1533, è in realtà preceduta da una frettolosa edizione impressa dal Paganini nel 1531 a Venezia, durante un brusco e breve allontanamento da Toscolano. 45 Giovan Giorgio Trissino Sofonisba [et alia] [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1529]. In 8°, cc. 63 [1] (Baroncelli 57; Nuovo 86). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 51 Consueta edizione tascabile in corsivo, priva di data di stampa (ma verosimilmente del 1529) e a firma «P. Alex. Pag. Benacenses. F. Bena. V. V.» al verso dell’ultima carta. La raccolta delle opere del Trissino fu pubblicata per la prima volta a Roma da Ludovico Arrighi nel 1524 e da questa princeps romana discende l’edizione paganiniana, che ripropose a breve distanza di anni un titolo di grande successo. 46 Erasmo da Rotterdam De recta pronunciatione [et alia] [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1530-1533]. In 8°, cc. 199 [1] (Nuovo 87). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 52 Unico titolo latino della collezione, tutta altrimenti volgare, in ottavo. L’edizione raccoglie alcuni tra i più celebri testi retorico-grammaticali di Erasmo e discende dall’edizione stampata a Basilea da Johann Froben nel 1530. 47 Aldo Manuzio Institutionum grammaticarum libri quatuor [segue: Erasmus Roterodamus, De octo orationis partium constructione libellus; Manuzio Aldo, Introductio perbrevis ad hebraicam linguam], Toscolano, Alessandro Paganini, 23 novembre 1532. In 8°, cc. [10] ccxvi [36] (Baroncelli 41; Nuovo 89). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 53 Seconda edizione toscolanense della grammatica latina di Aldo Manuzio, già pubblicata nel 1519, qui accompagnata, come avverte il frontespizio, dal De octo orationis partium constructione libellus di Erasmo con sua premessa ai lettori datata Basilea 1515, e seguita, come nell’edizione del 1519, dalla grammatica greca e dall’Introductio perbrevis ad hebraicam linguam di Aldo. 48 Burato [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [c. 1532]. In 4°, cc. [20] (Baroncelli 62; Nuovo 90). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 55 m1-2. 49 Libro di ricami [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [c. 1532]. In 4°, cc. [80] (Baroncelli 63; Nuovo 91). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 55 m1-2. 54 48) 49) I libri dei ricami sono probabilmente il prodotto più bizzarro uscito dall’officina dei Paganini. L’editore, ispirandosi quasi certamente a modelli d’oltralpe, vale a dire edizioni tedesche e francesi di analogo argomento, confezionò intorno al 1531-1532 una o forse più raccolte di disegni per le ricamatrici. Non si trattava di libri veri e propri, ma di opuscoli di una ventina di carte destinati a essere impiegati e inevitabilmente distrutti. Da qui l’assoluta rarità degli esemplari giunti fino a noi: di alcune edizioni sembra non sia addirittura sopravvissuta alcuna copia. Questo straordinario volume, proveniente dalla Queriniana di Brescia, riunisce sotto un’unica copertina il Burato e i quattro Libri de richami. Il Burato, cosiddetto da un tessuto leggero per i ricami, contiene soltanto una ventina di reticolati vuoti sui quali le ricamatrici disegnavano i modelli che avrebbero in un secondo momento riportato sulla stoffa. I Libri de richami offrono invece una cospicua serie di disegni e modelli pronti all’uso. Le silografie impiegate ai frontespizi sono copiate da quelli che a tutt’oggi risultano i più antichi libri di ricami a stampa: due edizioni tedesche del 1523 e 1529. 50 Ovidio Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis (comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano, Alessandro Paganini, 1533. In 4°, cc. [2] cxxxvii [1] (Baroncelli 42; Nuovo 95). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 51 Ovidio Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis (comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano, Paganino e Alessandro Paganini, 1538. In 4°, cc. [2] cxxxvii [1] (Baroncelli 44; Nuovo 98). Brescia, Biblioteca Queriniana, Salone G. XVI. 3 55 50) 51) A giudicare dal numero di edizioni, le Eroidi sono il testo ovidiano prediletto dal Paganini che le stampa nel formato in quarto, con lo stesso corredo di commenti e di 22 illustrazioni silografiche, ben tre volte: alla princeps del 1525 seguono le due edizioni pressoché identiche qui proposte datate 1533 e 1538. L’edizione di Ovidio del 1538 (con cui Angela Nuovo, studiosa dei tipografi Paganini, chiude gli Annali di Alessandro) è probabilmente anche l’ultima licenziata dall’officina dei Paganini. 52 Giovanni Antonio Tagliente Componimento di parlamenti Toscolano, Paganino e Alessandro Paganini, giugno 1538. In 8°, cc. [40] (Baroncelli 43; Nuovo 97). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 56 Una delle ultime (se non addirittura l’ultima) edizioni impresse dall’officina toscolanense. Il Paganini si congeda con un utilissimo formulario di modelli epistolari che insegna a scrivere varie tipologie di lettere, come avverte la premessa dell’autore, il maestro veneziano Giovanni Antonio Tagliente, ai lettori: «Io adunque porgo queste mie inculte pistole a quelle menti d’huomini communevoli e’ quai non hanno troppo frequentato le schole di grammatica né d’arte oratoria acciò quando loro interviene occasione di scrivere o respondere ad alcuna persona grande, mediocre, over infima, abbiano qualche forma». 53 Baldassarre Castiglione Il libro del Cortegiano edizione priva di dati tipografici (Baroncelli 60). Lonato, Fondazione Ugo da Como. L’edizione, stampata con un carattere corsivo diverso da quelli comunemente a disposizione del Paganini, è dubitativamente attribuita all’officina dei Paganini da Ugo Baroncelli. Angela Nuovo ritiene invece sia da espungere dal catalogo paganiniano «per manifesta difformità in tutti gli aspetti esterni». 54 Mattia Ugoni De conciliis edizione priva di dati tipografici (Baroncelli 58). Collezione privata avv. P. Lorenzotti. 57 Seconda edizione sine notis che Baroncelli assegna, alla luce dei caratteri e delle iniziali silografiche impiegate, alla tipografia dei Paganini. La soluzione viene dal testamento dell’Ugoni stesso che ricorda come il testo sia stato stampato da Paganino Paganini. Angela Nuovo, pur ammettendo «un ruolo di Alessandro pure in questa stampa», prudentemente la esclude dal corpus delle edizioni certe di Alessandro Paganini. Note: 59 Note: 61 si ringraziano per il sostegno Comune di Toscolano Maderno Cabiana residence S.r.l. Cartiera di Toscolano Tipografia Giovanelli enza ammenda e con più vaghezza Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) Un’esposizione dei suoi libri Centro di Eccellenza Fondazione Valle delle Cartiere Toscolano Maderno 1 marzo – 30 giugno 2008 Progetto scientifico e supervisione a cura del C.R.E.L.E.B. Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca Realizzazione testi e didascalie: Coordinamento dei lavori e progetto di allestimento: Realizzazione: Segreteria: Addetto stampa e promozione Progetto grafico: Immagine di copertina: Fotografie interne: Catalogo: Testi e supervisione scientifica: Progetto grafico e immagini: Realizzazione grafica e impaginazione: Finito di stampare febbraio 2008 da C.R.E.L.E.B. Lisa Cervigni Associazione Lavoratori Anziani della Cartiera Lisa Cervigni Luigia Castellini Marco Basile Lisa Cervigni, Andrea Pellegrini Archivio Alinari Andrea Pellegrini C.R.E.L.E.B. Lisa Cervigni, Andrea Pellegrini Horizon di Andrea Pellegrini Tipografia Giovanelli - Toscolano Si ringraziano l’avvocato Pietro Lorenzotti per la gentile concessione della sua collezione di libri, la Soprintendenza Beni Librari e Sistemi Documentari, la Biblioteca Queriniana di Brescia e la Fondazione Ugo Da Como di Lonato (BS) per la solerte e proficua collaborazione. Un grazie particolare alla dott.ssa Roberta Valbusa. Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) Fondazione Valle delle Cartiere enza ammenda Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno Senza ammenda e con più vaghezza e con più vaghezza Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538) un’esposizione dei suoi libri