Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538)
Fondazione Valle delle Cartiere
enza ammenda
Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore
Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno
Senza ammenda e con più vaghezza
e con più vaghezza
Alessandro Paganini
tipografo a Toscolano (1517-1538)
un’esposizione dei suoi libri
Fondazione Valle delle Cartiere
enza ammenda
e con più vaghezza
Alessandro Paganini
tipografo a Toscolano
(1517-1538)
Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore
Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno
Sommario
5
I libri di Alessandro Paganini a Toscolano. Premessa
10 I Paganini de Cegulis
Imprenditori del libro fra Venezia e Toscolano
12 L’attività di Alessandro Paganini tra novità tipografiche e sfide editoriali
14 Il Corano di Alessandro Paganini.
Il mistero di un’impresa fallimentare
I Libri
17 Francesco Licheto, In Johannem Duns Scotum super quaestionibus quolibet commentaria
17 Francesco Licheto, In Johannem Duns Scotum super secundo sententiarum commentaria
18 Francesco di Alessandro da Modena, Viaggio a Gerusalemme
18 Ludovico Vitali, Pronostico per l’anno 1518
19 Aldo Manuzio, Institutionum grammaticarum libri quatuor [et alia]
19 Alexander de Villedieu, Doctrinale
20 Teofilo Folengo, Opus macaronicarum
22 Ovidio, Fasti, Tristia, De Ponto, Ibis, ad Liviam consolatio
23 Sallustio, De coniuratione Catilinae, De bello Iugurthino [et alia]
24 Ovidio, Metamorphoseon libri XV
25 Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi
25 Francesco Petrarca, De remediis utriusque fortunae
26 Orazio, Opera
26 Pomponio Mela, De situ orbis [et alia]
27 Cicerone, Rhetorica ad Herennium, De inventione
28 Boezio, De philosophiae consolatione, De scholarum disciplina
28 Niccolò Perotti, Cornucopiae sive linguae latinae commentarii [et alia]
29 Ambrogio Calepino, Vocabularium thesaurus copiosissimus
30 Cicerone, De officiis, De amicitia, De senectute, Paradoxa
32 Luca Pacioli, Summa de arithmetica
32 Euclide, Elementorum libri XV
32 Luca Pacioli, Divina proporzione
33 Ippolito Marsili, Grassea
33 Ippolito Marsili, Commentaria super lege unica C. de raptu virginum
33 Giustiniano, Institutiones imperiales
33 Pietro Paolo Vergerio il Vecchio, De republica veneta liber primus
34 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
35 Ovidio, Ars amandi, Remedium amoris
36 Ovidio, De Ponto
37 Ovidius Naso Publius, Metamorphoseon libri XV
38 Ovidio, Tristia
39 Ovidio, Fastorum libri
40 Terenzio, Comoediae
41 Senofonte, Ciropedia
42 Dante Alighieri, Commedia
43 Alighieri Dante, Commedia
44 Francesco Petrarca, Canzoniere, Trionfi
45 Giovanni Boccaccio, Corbaccio
4
46 Giovanni Boccaccio, Fiammetta
47 Cesare, Commentarii de bello gallico et de bello civili
48 Giovenale, Saturae
49 Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem
50 Jacopo Sannazaro, Arcadia
50 Jacopo Sannazaro, Rime
51 Giovan Giorgio Trissino, Sofonisba [et alia]
52 Erasmo da Rotterdam, De recta pronunciatione [et alia]
53 Aldo Manuzio, Institutionum grammaticarum libri quatuor
54 Burato
54 Libro di ricami
55 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
55 Ovidio, Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
56 Giovanni Antonio Tagliente, Componimento di parlamenti
57 Baldassarre Castiglione, Il libro del Cortegiano
57 Mattia Ugoni, De conciliis
In copertina: ‘Fanciulla con libro’, opera pittorica del Bronzino,
conservata nella Galleria degli Uffizi, a Firenze. (Archivio Alinari)
I libri di Alessandro Paganini a Toscolano.
Premessa all’esposizione
La famiglia Paganini è una delle dinastie
imprenditoriali più note nel mondo
del libro e della carta tra Quattrocento
e Cinquecento. Ad essa spetta il
riconoscimento di aver compiuto alcune
delle imprese più audaci in un periodo già di
per sé ricco di grandi avventure commerciali
e produttive, e di essersi trovata a tracciare
(certo involontariamente) i confini al di là
dei quali persino l’espansione economica
della Serenissima (che nel campo della
stampa poteva parere davvero illimitata)
doveva fermarsi […]1
Proprio nei primi decenni del XVI secolo,
il grande filologo e intellettuale Erasmo da
Rotterdam se la prendeva con i tipografi,
affermando più o meno che «una buona
parte di coloro che stampano libri o sono
spinti dall’ignoranza delle buone lettere e
dalla mancanza di giudizio a considerare
i peggiori scrittori i migliori, o, mossi
dall’amore per il guadagno, stimano migliori
i libri dai quali si aspettano i maggiori
profitti».2
A farci caso, si tratta di una delle solite
lamentele che anche gli scrittori di oggi
rivolgono ai loro (reali o solo agognati)
editori: cercano solo il guadagno e non
apprezzano i buoni libri, cioè i loro. Da qui
il caso dei molti, troppi corsi di scrittura
creativa ridotti a palestre di lettori coatti,
docenti e discenti (questi a turno), costretti
a sorbirsi gli infelici esiti di malriusciti parti
letterari. Non è solo questione che la storia
si ripete. Piuttosto, è il libro a stampa a
costituire una tradizione particolare, in cui
questo rapporto autore – editore – lettore si
pone: né prima, nel mondo dei manoscritti,
né nell’immediato futuro, nel mondo
dell’autoeditoria elettronica, tali problemi
si posero o si porranno nei medesimi
termini.
La figura e l’opera di Alessandro Paganini
(figlio d’arte, essendo suo padre il noto
tipografo-editore Paganino Paganini)
hanno interessato da tempo il mondo degli
studi, vuoi perché Alessandro fu editore
di Teofilo Folengo, vuoi per la misteriosa
questione dell’edizione del Corano arabo: a
chiudere, in qualche modo, la serie storica
degli studiosi del Paganini, basti ricordare
qui una gloria bresciana come Ugo
Baroncelli che gli dedicò pagine importanti
(e un esauriente catalogo delle edizioni
toscolanensi) in un sapido volumetto del
1964, parzialmente ristampato tempo
addietro.3 In anni via via più recenti
l’attenzione è stata richiamata più volte
su di lui. Solo per citare alcuni interventi
significativi, ha iniziato un quarantennio fa
Luigi Balsamo, interessandosi innanzitutto
1 Angela Nuovo, Maestri tipografi tra Venezia e il Garda: i Paganini, in Cartai e stampatori a Toscolano. Vicende, uomini, paesaggi di una
tradizione produttiva, a cura di Carlo Simoni, Brescia, Grafo, 1995, pp. 81-98: 81.
2 Sono le parole di Erasmo nel 1514, nella dedica a Matthias Schürer di una ristampa del De duplici copia verborum (Karine Crousaz,
Érasme et le pouvoir de l’imprimerie, Lausanne, Antipodes, 2005, p. 122).
3 Ugo Baroncelli, La stampa nella riviera bresciana del Garda nei secoli XV e XVI, Salò, Edizioni dell’Ateneo di Salò, 1964, poi solo il
saggio introduttivo, pp. 5-61, col titolo I Paganini, in Uomini di Brescia, a cura di Fausto Balestrini, Brescia, Il Giornale di Brescia, 1987,
pp. 165-226.
5
6
di Alessandro Paganini incisore e creatore
di caratteri, in specie di una particolarissima
serie di corsivi.4 Messa sulle tracce del
Paganini proprio da Balsamo, Angela
Nuovo è riuscita a fornire in tale settore
due importanti contributi: prima la scoperta
dell’unico esemplare sopravvissuto del
celebre Corano arabo, da lei minuziosamente
datato al 1537-1538, quindi un intero
volume dedicato a ricostruire l’attività
del Paganini sia dal punto di vista storicoculturale, sia bibliografico.5 Da ultimo,
dopo gli scavi documentari della Nuovo,
ecco un interessante contributo di sintesi
biografica sull’intera famiglia dei Paganini
offerto da un noto studioso bresciano,
Ennio Ferraglio.6 Insomma, altri, meglio
di me, avrebbero potuto introdurre questo
catalogo. La storia è andata però in un’altra
direzione, e non c’è che da accettarla,
facendosi forti di quanto tali illustri studiosi
hanno scritto.
Alessandro Paganini fu certo un
tipografo estroverso, talvoltra bizzarro,
al quale si devono almeno tre esperienze
editoriali importanti: l’invenzione del libro
in 24°, la pubblicazione di Teofilo Folengo,
l’edizione del Corano arabo. Alessandro,
attivo dal 1509 al 1538, pur rimanendo
un tipografo-editore rilevante più per le
novità che caratterizzano diversi elementi
della sua produzione che per la quantità dei
libri stampati, tutto sommato abbastanza
modesta, pone le sue radici imprenditoriali
e intellettuali all’interno di quel mondo
veneziano nel quale il magistero di Aldo
Manuzio aveva ormai dato pienamente i suoi
frutti. Crebbe nel retrobottega di Paganino
Paganini, originario di Cigole nel bresciano,
affermato editore veneziano caratterizzato
forse fin troppo dall’avvedutezza degli
investimenti, dalla scarsa fiducia accordata
a ogni novità, dalla preoccupata attenzione
al prodotto di sicuro smercio (soprattutto
opere per la scuola, il diritto, la liturgia).
Alessandro sviluppa il suo estro creativo
all’interno della ditta paterna, divenendo
innanzitutto un abilissimo disegnatore,
incisore e fonditore di caratteri.
Il primo lavoro nel quale compare il
suo nome è un Euclide volgare del 1509,
realizzato in collaborazione col padre; del
libro fu curatore un discepolo di Leonardo
da Vinci (omo sanza lettere), il francescano
Luca Pacioli, del quale uscì poco dopo anche
la Divina proportione, dove la maestria di
Alessandro incisore di caratteri trova una
delle sue massime espressioni, dovendosi
misurare con la raffinata ricostruzione delle
maiuscole dell’alfabeto romano per via di
geometria.
Il più antico libro che Alessandro
sembra aver sottoscritto autonomamente
è costituito da una Summa angelica di
Angelo da Chivasso, uscita nel 1511, un
diffusissimo manuale per i confessori. In
realtà si tratta della rinfrescatura (o seconda
emissione) di un’edizione impressa dal
padre nel 1499 e rimasta fin lì invenduta:
qualche carta sostituita all’inizio e in fine
4 Luigi Balsamo, I corsivi dei Paganini, in Luigi Balsamo – Alberto Tinto, Origini del corsivo nella tipografia italiana del Cinquecento,
Milano, Il Polifilo, 1967 e Id., Intorno a una rara edizione di Terenzio (Venezia, 1506) e allo stampatore Alessandro Paganino, in
Miscellanea in onore di Lamberto Donati, Firenze, Olschki, 1969, pp. 11-25.
5 Angela Nuovo, Il Corano arabo ritrovato, «La Bibliofila», 89, 1987, pp. 237-271; Ead., Alessandro Paganino (1509-1538), Padova,
Antenore, 1990 (dove si riprende anche Ead., La parte veneziana della collezione in -24esimo di Alessandro Paganino (1515-1516), in I
primordi della stampa a Brescia 1472-1511, a cura di Ennio Sandal, Padova, Antenore, 1986, pp. 81-106).
6 Ennio Ferraglio, I Paganini de Cegulis. Una famiglia di stampatori tra Quattro e Cinquecento, s.l., s.n., 2006.
e il libro sembrava nuovo. Si tratta di un
trucco praticato abbastanza comunemente
dagli editori più avveduti fino a non molti
anni fa, fin quando non è divenuto più
conveniente mandare i libri al macero
piuttosto che tenerli in magazzino!
Nel 1512-1513 Alessandro pubblica
alcuni libri di sicuro smercio, ma che sono
probabilmente ancora il frutto della politica
editoriale paterna: un Messale romano e un
Officium beatissimae Virginis stampati da
Giacomo Penzio, e un Dictionarium del
Calepino impresso per conto di Leonhard
Alantsee. Anche se ai primordi della
tipografia erano ancora figure spesso confuse,
si vede qui in atto la dinamica distinzione
tra un tipografo, che realizza materialmente
un’edizione, e un editore, che la finanzia,
guadagnando sulla vendita degli esemplari
(e per questo era spesso anche libraio).
La prima esperienza editoriale realmente
sua Alessandro la realizza solo negli
anni 1513-1514, sotto la stella di un
curioso domenicano genovese, Agostino
Giustiniani, che tentava, per via di
erudizione, un ingresso nel mondo della
curia romana. Nel 1513 fu il promotore
della stampa del De immortalitate animorum
di Aeneas Gazaeus tradotto in latino da
Ambrogio Traversari, nonché l’autore di
una Praecatio sui nomi divini; nel 1514 il
Giustiniani è legato alla pubblicazione di
un Tractatus errorem Iudeorum indicans di
Samuel Abu Nasr Ibn, in edizione latina
e italiana. La cosa interessante è che di
lì a poco il Giustiniani farà pubblicare a
Genova uno Psalterium poliglotta (latino,
greco, ebraico, caldaico e arabo) che
costituisce un esempio importante per la
stampa dell’arabo.
Il nome di Alessandro resta nella storia
della stampa per l’invenzione del formato
in 24°, libri di curiosa fattura, realizzati
tagliando in tre parti il foglio prima della
stampa.7 Si trattava inoltre di impiegare un
carattere così minuto da misurare solo 47
millimetri su 20 righe, cioè meno di 2 mm
e mezzo per linea, così da far ipotizzare per
la composizione tipografica l’uso di lenti e
pinzette. Se per il formato è lecito pensare a
una filiazione mentale che dagli in 8° di Aldo
Manuzio passava agli in 12° sperimentati
da Lazzaro Soardi, per la realizzazione di
tale minutissimo carattere, un ibrido tra
romano e corsivo, si deve immaginare un
vero progetto per la creazione di quella
che in termini editoriali si definisce una
collana editoriale. La serie si aprì col
Petrarca volgare, seguito dall’Arcadia del
Sannazaro, dagli Asolani del Bembo, dal
Cicerone filosofico, dal De remediis utriusque
fortunae sempre di Petrarca (realizzato in
parte col finanziamento di Bernardino
Stagnino), dalla Divina commedia, dal
Corbaccio di Boccaccio, e poi Giovenale e
Persio, Marziale, Catullo con Properzio e
Tibullo, Terenzio, Ovidio, la Cerva bianca
del Fregoso. La frequenza degli interventi
editoriali del Paganini stesso (dediche etc.)
testimonia ancor più la consistenza seriale
7 David F. Foxon, Some notes on Agenda Format, «The Library», Vs., 8, 1953, pp. 163-173.
7
8
della collana.
Intorno al 1517 l’attività tipografica
del Paganini si trasferisce a Toscolano,
sulle rive del Garda. In realtà ci furono
per primi alcuni esperimenti di stampa a
Salò, dove i Paganini collaborarono col
francescano Francesco Licheto, priore
del convento sull’Isola del Garda, per il
quale pubblicarono alcune sue opere di
scotistica. Tale trasloco, che ha spesso
sorpreso gli storici del libro, appare assai
meno incomprensibile se solo si riflette
sull’importanza della riviera gardesana per
la produzione della carta e sulla presenza
nella vicina valle del Toscolano di numerose
officine specializzate fin dal Trecento
nella produzione cartaria, attività nella
quale i Paganini erano assai ben inseriti,
avendo compiuto importanti investimenti
nel settore.8 Mantenendo infatti attivo
un punto commerciale nella capitale
veneziana, non era certo sconveniente
puntare a un avvicinamento dei torchi alle
cartiere, limitando così il trasporto, favorito
dall’uso delle vie d’acqua sempre interne
ai confini della Repubblica, ai soli fogli
già stampati. L’inconveniente maggiore
era costituito dalla difficoltà di accesso a
nuovi testi, che portava alla tendenza ad
affidarsi più facilmente a libri di sicuro
smercio, come quelli grammaticali, o alla
ristampa di edizioni importanti realizzate
da altri. Mantenendo comunque ben saldo
il legame con Venezia (e con le maestranze
là impiegate nell’incisione silografica)
Alessandro avrà modo di dare ancora
ottime prove di sé.
Innanzitutto con la prosecuzione della
collana in 24°: a Toscolano usciranno ancora
un altro Ovidio, Sallustio, le Metamorfosi,
un altro Petrarca volgare, Orazio,
Pomponio Mela, la Rethorica ad Herennium,
Boezio, la Fortuna del Baldacchino, le
Institutiones imperiales (queste ormai fuori
tempo massimo, nel 1525). È anzi proprio
nel Petrarca pubblicato a Toscolano nel
1521, nella dedica a Isabella d’Este, che il
Paganini dice di aver voluto procurare una
nuova edizione dell’opera cosicché «con
ogni ingegno mio, ogni sapere operando,
credo haver migliorato di sorte che senza
ammenda e con più vaghezza dell’opera
leggere si potrà».9 A Toscolano Alessandro
inaugura anche una nuova collana, questa
volta in 8°, collocabile tra il 1527 e il 1533,
tutta, tranne una raccolta grammaticale
latina di Erasmo, in volgare, fra cui
campeggiano molte traduzioni italiane dei
classici.
Sempre a Toscolano nel 1521 vede la
luce un’edizione dell’Opus macaronicorum
di Teofilo Folengo.10 Il Paganini aveva
già pubblicato la editio princeps di Folengo
a Venezia nel 1517,11 ma qui si tratta di
una nuova redazione d’autore, autore
che intervenne personalmente anche in
fase di allestimento dell’errata corrige sui
fogli ormai stampati (poco, invece, ha
a che fare il Paganini con la cosiddetta
edizione Cipadense, pubblicata dal genero,
8 Cartai e stampatori a Toscolano, a cura di C. Simoni, op.cit.
9 A. Nuovo, Alessandro Paganino, op. cit., p. 227.
10 Teofilo Folengo, Macaronee minori. Zanitonella, Moscheide, Epigrammi, a cura di Massimo Zaggia, Torino, Einaudi, 1987, pp.
557-588.
11 Se ne veda l’anastatica a cura di Massimo Zaggia, Brescia, ASM, 1991.
Giorgio Varisco). Oltre che per il suo
importantissimo valore testuale, l’edizione
del 1521 (realizzata tramite l’impressione
di 35 mezzi fogli) è interessante per la
presenza di ben 53 (una però è ripetuta,
per cui all’apparenza 54) silografie a piena
pagina (mm 98x58) dedicate a illustrare
il Baldus.12 Sempre per l’importanza
del contributo fornito dalla silografia si
ricorderanno anche i rarissimi volumi di
ricami, pubblicati dal Paganini, sempre a
Toscolano, intorno al 1532.
L’opera però senza alcun dubbio più
impressionante dell’intera produzione
paganiniana è costituita dal Corano in
arabo, di cui pare sopravvivere un solo
esemplare, segnalato e studiato una ventina
d’anni fa, già appartenuto a un orientalista
cinquecentesco, Teseo Ambrogio degli
Albonesi. La genesi dell’impresa va
probabilmente collocata all’interno di un
progetto ambizioso che doveva occupare
Alessandro per alcuni anni: l’esportazione
del prodotto della nuova arte della stampa
nell’oriente musulmano. Se infatti agli inizi
del Cinquecento è noto almeno un libro di
preghiera cristiano stampato in Italia ma
in lingua araba e destinato all’esportazione
presso i cristiani del Vicino Oriente,
l’impresa di Alessandro pare del tutto
rivoluzionaria.13
Ciò che lo interessava era la possibilità
di conquistare direttamente l’immenso
mercato islamico con un prodotto realizzato
in Italia ma direttamente esportabile
nell’Impero ottomano. L’impresa fu un
totale fallimento e la concomitante
cessazione dell’attività editoriale del
Paganini pare il segno più evidente di un
gravissimo insuccesso commerciale. Non
fu, come si ripete assurdamente, la Chiesa
cattolica a proibire il libro;14 è del tutto
probabile che il Corano sia invece giunto
a destinazione (Costantinopoli?) e lì sia
stato distrutto, sia perché conteneva errori
che lo rendevano inutilizzabile, sia perché
il pregiudizio contro la stampa del Corano
(anziché la sua copia manoscritta) durò
ancora per secoli.
Tale impresa, che fece fallire
l’intraprendente Alessandro Paganini, lo
mostra però uomo d’ingegno, che seppe
non solo creare per la prima volta una serie
di caratteri arabi realmente funzionali, ma
che fu anche capace di sognare i libri come
grandi ponti tra le diverse civiltà. Purtroppo
quel tempo non è ancora arrivato neppure
oggi.15
Edoardo Barbieri
direttore del Centro di Ricerca Europeo Libro
Editoria Biblioteca
Università Cattolica – sede di Brescia
12 Ottima l’anastatica a cura di Angela Nuovo – Giorgio Bernardi Perini – Rodolfo Signorini, Volta Mantovana, Associazione
Amici di Merlin Cocai, 1994. Vedi anche Angela Nuovo, L’edizione toscolanense del Folengo, in Teofilo Folengo nel quinto centenario
della nascita (1491-1991), a cura di Giorgio Bernardi Perini – Claudio Marangoni, Firenze, Olshki, 1993.
13 Per l’intera vicenda vedi Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia e l’origine della stampa in caratteri arabi, a cura di Giorgio
Vercellin, Padova, Il Poligrafo, 2001 con la bibliografia indicata.
14 Si veda per esempio un libro un po’ presuntuoso come Fernando Báez, Storia universale della distruzione i libri. Dalle tavolette
sumere alla guerra in Iraq, Roma, Viella, 2007, p. 141.
15 L’esposizione che si presenta, realizzata dalla Fondazione Valle delle Cartiere con la collaborazione del CRELEB dell’Università
Cattolica di Brescia, non sarebbe stata possibile senza la generosità di Pietro Lorenzotti, l’intraprendenza di Paolo Elena, l’impegno
di Luisa Castellini, la competenza di Lisa Cervigni, il contributo di Giancarlo Petrella, l’operosità di chi lavora per il Centro di
Eccellenza Polo Cartario di Maina Inferiore. Si ringraziano inoltre la Biblioteca Queriniana di Brescia e la Fondazione Ugo Da
Como di Lonato per il prestito di alcuni dei volumi esposti.
9
I Paganini de Cegulis
10
Imprenditori del libro fra Venezia e Toscolano
La famiglia Paganini era oriunda di
Cigole, piccolo borgo della campagna
bresciana che, per una curiosa coincidenza,
tra Quattro e Cinquecento diede i natali ad
altri valenti stampatori, fra cui la nutrita
dinastia dei Turlino e Giovanni Antonio
Bresciano. Fu Paganino Paganini ad avviare
l’attività tipografico-editoriale trasferendosi
a Venezia verosimilmente intorno ai primi
anni Ottanta del Quattrocento. Conservò
però sempre uno stretto legame con la terra
d’origine, tanto da firmarsi orgogliosamente
Brixiensis nelle sottoscrizioni alle proprie
edizioni. Nel 1487 era già conosciuto
come «stampator di libri», se con tale
appellativo compare in un documento dal
quale apprendiamo fosse stato coinvolto
in un processo per falsificazione di monete.
È ancora un documento coevo, datato
1494, a informarci che abitava a San
Salvatore, in calle delle Balotte. Prima
di mettersi in proprio il Paganino aveva
scelto di dividere i rischi con il mantovano
Giorgio Arrivabene, col quale, tra il 1483
e il 1488, stampò alcune belle edizioni
di opere giuridiche e religiose. Alla fine
degli anni Ottanta del Quattrocento aprì
bottega da solo, forse grazie anche all’aiuto
dell’influente stampatore di origini tedesche
Francesco Fontana, alias Frank Renner,
di cui Paganino aveva ‘strategicamente’
sposato la figlia Cristina. Nel frattempo
erano sopraggiunti a Venezia altri due
membri della famiglia, Jacopo e Girolamo
che lavorarono in proprio per circa un
triennio firmando una manciata di edizioni.
Poi di loro si perdono le tracce e Paganino
tornò a dominare la scena attraverso una
serie ravvicinata di edizioni religiose o
rivolte al mercato universitario: Bibbie,
messali, testi di diritto canonico e civile,
opere di filosofia. I proventi della florida
attività di stampatore erano oculatamente
reinvestiti in altri settori, fra cui beni
immobili e cartiere sulla Riviera benacense,
che di lì a poco sarebbe divenuta la seconda
residenza dei Paganini.
Nel retrobottega moveva intanto i primi
passi il figlio Alessandro che dimostrò assai
presto le proprie indubbie doti tecniche
come disegnatore e incisore di caratteri,
tanto da collaborare alle edizioni dell’Euclide
volgare e della Divina proportione di Luca
Pacioli entrambe del 1509. Nel volgere
di pochi anni Alessandro raggiunse una
graduale autonomia rispetto alle scelte
editoriali di Paganino, la cui attività si
andò lentamente affievolendo fino a cessare
del tutto nel 1511. All’attività tipograficoeditoriale i Paganini affiancano, in una
sapiente gestione dell’impresa familiare,
l’apertura di una libreria ‘all’insegna della
Sirena’ che rimarrà il referente per la vendita
anche dopo il trasferimento della tipografia
a Toscolano. Sarà la terza generazione dei
Paganini, vale a dire i figli di Alessandro, a
governare la libreria di famiglia ancora per
tutto il Cinquecento.
Senza alcuna evidente motivazione, nel
1517, dopo alcuni anni floridissimi nei
quali Alessandro aveva saputo rinnovare
profondamente l’attività paterna, i Paganini
scelsero di trasferire i torchi dalla Laguna
alle sponde del Garda: dapprima Salò, dove
Paganino tornò a firmare due edizioni, poi,
definitivamente, Toscolano. Qui Alessandro
riprese la conduzione dell’officina tipografica
dalla quale uscirono una cinquantina circa
di edizioni fino al 1538. L’allontanamento
da Venezia fu a lungo messo in relazione
con il fallimento dell’edizione del Corano
in arabo. Di tale opinione era ancora Ugo
Baroncelli secondo cui Paganino si risolse
a lasciare Venezia mosso «dal desiderio di
ritrovare la salute e la serenità dello spirito,
amareggiato dalla triste esperienza della
stampa del Corano». Gli studi successivi
hanno invece dimostrato che le cose
andarono diversamente e che la stampa
del Corano va addirittura posticipata di
circa un ventennio, ossia non prima del
1537-1538. La scelta di Toscolano fu
piuttosto il tentativo da parte dei Paganini
di ‘delocalizzare’ la produzione del libro a
stampa, avvicinandola nella fattispecie al
centro della produzione cartaria, attività
nella quale i Paganini erano peraltro assai
ben inseriti. Da Toscolano risme di carta
bianca e fogli stampati raggiungevano
attraverso le vie d’acqua il centro
commerciale rimasto attivo a Venezia.
Paganino e Alessandro uscirono di
scena entrambi nel 1538: Paganino, ormai
anziano, fece testamento il 27 giugno del
1538; Alessandro, deluso dal fallimento
del Corano arabo, non stampò alcun’altra
edizione dopo quell’anno e di lui si
perdono quasi completamente le tracce.
Nella seconda metà del Cinquecento
furono Pietro e Paganino junior, nati dal
matrimonio fra Alessandro e Daria Rusconi,
figlia dell’attivissimo tipografo milanese
trapiantato a Venezia Giorgio Rusconi,
a proseguire nell’attività tipografica,
prevalentemente in società con il cognato
Giovanni Varisco dal 1584 e poi ancora per
un biennio (1590-1591) con i suoi eredi.
11
L’attività di Alessandro Paganini
12
tra novità tipografiche e sfide editoriali
Alessandro iniziò, e non poteva essere
diversamente, all’ombra del padre Paganino
Paganini, all’epoca già affermato e stimato
tipografo-editore con oltre un ventennio
di solida attività alle spalle. Come spesso
accade nelle imprese di famiglia, non
si accontentò di commesse già pronte e
di un catalogo nel quale probabilmente
non si rispecchiava e finì col percorrere
strade tutte sue, che l’eccessiva prudenza
imprenditoriale paterna avrebbe
certo disdegnato. Audacia e
grande abilità tecnica lo portarono
a rinnovare profondamente il
panorama editoriale italiano
del primo Cinquecento. Il gusto
per l’azzardo lo spinse infine
oltre il limite, affascinato dalla
possibilità di sbarcare per primo
sul mercato ottomano sgombro
dalla concorrenza con l’edizione
del Corano. Fu un fallimento
atroce e Alessandro non se la sentì
di proseguire oltre nell’impresa
dei libri.
Alessandro fu probabilmente
innanzitutto un abile creatore di
caratteri tipografici. Egli era cioè
in grado, a partire da un disegno,
di trasferire il segno grafico su un
punzone d’acciaio. Tale punzone
veniva battuto sulla matrice in
rame, così da creare un disegno
in incavo. La matrice, inserita
in uno stampo di fusione nel quale veniva
versata la lega di piombo, antimonio e
stagno, permetteva di produrre i caratteri
veri e propri.
La carriera di Alessandro Paganini
si estende per circa un trentennio
(1509-1538), nel quale firma un centinaio
di edizioni, stampate dapprima a Venezia
e poi, dal 1517, sulle sponde del Garda.
Esordisce nel 1509 nella bottega paterna
dimostrando le proprie doti di incisore di
caratteri nell’edizione dell’Euclide volgare
curato dal matematico Luca Pacioli, già
discepolo di Leonardo da Vinci, e della
Divina proportione dello stesso Pacioli.
Entrambe le edizioni sono però ancora
sottoscritte dal solo Paganino. Dopo alcuni
titoli ancora nel solco dell’eredità paterna
stampati e sottoscritti autonomamente
a partire dal 1511, nel 1515 Alessandro
compie il salto di qualità, progettando
e realizzando una rivoluzionaria collana
di classici volgari e latini nel minuscolo
formato in ventiquattresimo per cui
disegna appositamente un minutissimo
carattere (meno di 2 mm e mezzo per linea
di testo) ibrido tra romano e corsivo. La
serie di libretti da mano si apre nell’aprile
di quell’anno col Petrarca volgare dedicato
alla marchesa Isabella d’Este, presto seguito,
nel fecondissimo biennio 1515-1516,
dall’Arcadia del Sannazaro, dagli Asolani
del Bembo, dalla Divina commedia, dal
Corbaccio di Boccaccio, e da una schiera
di autori latini, tra cui il prediletto Ovidio.
Intorno al 1517 l’attività tipografica si
trasferisce sulle rive del Garda. Dapprima
a Salò, dove i Paganini collaborano col
francescano Francesco Licheto, priore
del convento sull’Isola di Garda, per
il quale pubblicano due commenti a
Duns Scoto. Poi, definitivamente, a
Toscolano. Qui Alessandro, dopo alcune
edizioni interlocutorie (la cronaca di un
pellegrinaggio, un pronostico, qualche
grammatica), nel 1521 licenzia la prestigiosa
edizione dell’Opus macaronicorum di Teofilo
Folengo illustrata da 54 silografie e riprende
il più sostanzioso progetto della collana in
ventiquattresimo. Ricomincia con i Fasti
di Ovidio e prosegue a ritmo serrato con
Sallustio, le Metamorfosi, un altro Petrarca
volgare dopo quello veneziano del 1515,
Orazio, fino a chiudere stancamente la
collezione con l’esperimento piuttosto
bizzarro delle Institutiones imperiales nel
minuscolo e inconsueto formato. A
Toscolano Alessandro vara anche una nuova
collana, questa volta in 8°, collocabile tra il
1527 e il 1533, tutta, tranne una raccolta
grammaticale latina di Erasmo, in volgare,
fra cui spicca un manipolo di traduzioni
italiane di autori classici (Senofonte,
Cesare, Orosio, Giovenale). Nei primi anni
Trenta del Cinquecento, ispirandosi forse a
coeve edizioni d’Oltralpe, stampa una serie
di bellissimi volumi di ricami, curiosissime
raccolte di disegni e modelli che le
ricamatrici avrebbero trasferito sulla tela.
Non si trattava di libri veri e propri, ma di
opuscoli di una ventina di carte destinati a
essere impiegati e inevitabilmente distrutti.
Da qui l’assoluta rarità degli esemplari giunti
fino a noi, tanto che di alcune edizioni
sembra non sia sopravvissuta alcuna copia.
Nel corso degli anni Trenta la produzione
toscolanense del Paganini subisce una
drastica contrazione: le ultime due edizioni
datate (un Ovidio e una raccolta di modelli
epistolari) risalgono al 1538, anno della
scomparsa del padre Paganino. In quei mesi
Alessandro decise di chiudere l’esperienza
tipografico-editoriale, probabilmente in
conseguenza dell’operazione più azzardata
della sua carriera: l’edizione del Corano in
arabo.
13
Il Corano di Alessandro Paganini.
14
Il mistero di un’impresa fallimentare
Un libro scomparso senza lasciare
traccia. Un libro che quasi nessuno in
Occidente aveva avuto fra le mani. Un
libro maledetto, su cui gravava la fosca
leggenda che avesse procurato la prematura
scomparsa del suo stampatore. Per secoli
l’edizione in arabo del Corano stampata nel
primo Cinquecento a Venezia e attribuita
ai Paganini, frequentemente citata dagli
studiosi ma mai vista da alcuno, è stata
avvolta da un’aura di mistero. Almeno
fino al 1987, quando presso la Biblioteca
dei frati minori di San Michele
in Isola a Venezia Angela Nuovo
individuò quella che a tutt’oggi
risulta l’unica copia nota della
famigerata edizione, dipanando
così l’intricata vicenda.
Il volume, un in folio di 232
carte, è interamente in arabo
e privo di note tipografiche,
data compresa. L’attribuzione
all’officina dei Paganini avviene
pertanto unicamente attraverso
la documentazione coeva. I
nostri informatori sono però
particolarmente
attendibili.
Rispondono ai nomi di due tra
i massimi esperti dell’epoca in
lingue orientali: l’orientalista
pavese Teseo Ambrogio degli
Albonesi (1469-1540 c.) e
l’erudito francese Guillaume Postel
(1510-1581). Le informazioni si
ricavano da alcuni stralci di lettere che,
combinati assieme, restituiscono paternità
a un’edizione altrimenti fantomatica.
Postel, scrivendo a un collega nel 1568,
afferma che circa trent’anni prima, dunque
nel 1538, fu stampato a Venezia un Corano
coi caratteri tipografici. L’Albonesi riferisce
che lo stesso Postel da Parigi lo pregava di
procurargli presso «Alexandrum Paganini
Brixiensis filium» punzoni e matrici di
quei caratteri arabi con cui poco prima
avevano impresso il Corano. Affidandosi
dunque alle fonti documentarie coeve, fin
da metà Cinquecento, si era a conoscenza
di un’edizione veneziana del Corano, uscita
coi tipi dei Paganini. Di questa edizione
non restava però traccia già pochi anni
dopo, tanto che un orientalista olandese nel
1620 poteva citare nella sua bibliografia di
libri arabi un Corano veneziano degli anni
Trenta del Cinquecento, aggiungendo però
che tutti gli esemplari erano stati bruciati.
Il rogo, in realtà, quasi certamente è
un’invenzione leggendaria, l’ennesima
di questa affascinante vicenda. Le cose
andarono diversamente, come ha permesso
di ricostruire, con una certa attendibilità,
la scoperta, a distanza di 450 anni, di una
copia del Corano. Per una coincidenza
forse nient’affatto trascurabile l’esemplare
rinvenuto è proprio la copia posseduta
dall’orientalista Teseo Ambrogio degli
Albonesi, come attesta la sua nota di possesso
alle prime carte. Il Corano non sparì dalla
circolazione né tantomeno ne fu cancellata
ogni traccia col fuoco. Più semplicemente
l’edizione a stampa del Corano in arabo,
impresa mai prima tentata in Occidente,
fu l’ultima, e certamente anche la più
rischiosa, avventura tipografica del geniale
e spregiudicato Alessandro Paganini. Con
essa intendeva rivolgersi non al pubblico
ristrettissimo degli orientalisti occidentali
in grado di leggere la lingua araba, ma al
mercato arabo-turco dei fedeli musulmani
che ancora non possedevano la stampa
tipografica. Si trattava insomma di un
prodotto da esportazione, progettato per un
mercato orientale al quale la concorrenza
non aveva ancora osato pensare e perciò
fonte di possibili ingenti guadagni. La porta
d’accesso ai nuovi mercati era quella, già ben
collaudata, della carta: sfruttando le rotte
commerciali di Venezia il Paganini provò a
vendere sui mercati del mediterraneo carta
bianca e carta stampata. Dovette però fare
i conti con l’ostile diffidenza dei fedeli
di religione islamica per la riproduzione
meccanica del libro sacro, che rimarrà
per secoli affidato alla sola produzione
manoscritta. L’accoglienza del Corano in
terra islamica fu terribile e tutte le copie
andarono presto distrutte.
Il progetto del Paganini si risolse in
un fallimento senza appello e questo
contribuisce a comprendere la sua pressoché
contemporanea uscita di scena. Alla luce
delle testimonianze coeve citate, l’edizione
del Corano quasi certamente fu stampata
fra l’estate del 1537 e quella del 1538.
Ma la sua progettazione, estremamente
complicata e onerosissima soprattutto per
la realizzazione dei caratteri tipografici
arabi, impegnava il Paganini già da
parecchi anni, così da giustificare la brusca
riduzione della produzione benacense negli
anni Trenta. Il fallimento dell’operazione,
che venne a coincidere con la morte del
padre Paganino nel 1538, decretò una crisi
da cui l’officina non riuscì a risollevarsi.
Terminata la stampa a Venezia del Corano,
Alessandro fece rientro a Toscolano dove
stampò almeno altri due testi: il formulario
epistolare del Tagliente e le Eroidi di Ovidio.
Poi più nulla. Non si conosce nessun’altra
edizione di Alessandro Paganini posteriore
al 1538, come se davvero quel Corano fosse
stato una maledizione.
15
i libri
1 Francesco Licheto
In Johannem Duns Scotum super quaestionibus
quolibet commentaria
Salò, Paganino Paganini, 8 maggio 1517. In folio, cc. 114.
(Baroncelli 9) Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
2 Francesco Licheto
In Johannem Duns Scotum super secundo sententiarum
commentaria
Salò, Paganino Paganini, 8 maggio 1517. In folio, cc. 182.
(Baroncelli 10) Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
17
1) 2) I due volumi raccolgono il commento
a Duns Scoto del francescano Francesco
Licheto († 1520), futuro generale
dell’Ordine e all’epoca priore del convento
francescano sull’isola di Garda. Entrambi
datati 5 maggio 1517, rappresentano i
primi prodotti usciti dall’officina tipografica
dei Paganini dopo il trasferimento sulla
riviera del Garda. I colophones denunciano
come luogo di stampa Salò e non ancora
Toscolano. Secondo Ugo Baroncelli
furono addirittura stampati all’interno
del convento francescano sull’isola. Nel
colophon compare solo la firma del padre
Paganino, sebbene all’impresa avesse
collaborato anche Alessandro fornendo
un carattere corsivo probabilmente fuso
appositamente per l’occasione.
3
Francesco di Alessandro da Modena
Viaggio a Gerusalemme
Salò, Alessandro Paganini, 7 dicembre 1517. In 16°, cc. [8] (Baroncelli 11; Nuovo 44).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 70.
Il primo libro con la firma di Alessandro
Paganini dopo il trasferimento da Venezia:
«Stampata in Salo ad instantia de
Alexandro Paganino di Paganini Brixiano
nel Anno Mcccccxvii adi vii Decembrio».
Libretto popolare di sole otto carte, ma
adorno di cinque silografie di soggetto
religioso, che tramanda il resoconto di un
pellegrinaggio a Gerusalemme. Il volume
è custodito dalla Biblioteca Queriniana di
Brescia ed è tutt’oggi l’unico di cui si abbia
notizia.
R
18
4
Ludovico Vitali
Pronostico per l’anno 1518
Salò, Alessandro Paganini, 15 dicembre 1517. In 4°, cc. [4] (Baroncelli 12; Nuovo 45).
Brescia, Biblioteca Queriniana, 910 E 32.
Altro libretto popolare stampato da
Alessandro a Salò nei primissimi anni
benacensi. I pronostici per l’anno a
venire erano una pubblicazione piuttosto
ricorrente nel Rinascimento, oltre che un
buon investimento per i tipografi che li
stampavano: si trattava infatti di opuscoli
di poche carte e di facile smercio che
non richiedevano un particolare impegno
economico e tecnico. In questa edizione
al recto della prima carta campeggia una
silografia raffigurante un astrologo in fogge
rinascimentali. L’unico esemplare noto è
conservato presso la Biblioteca Colombina
di Siviglia. In mostra una riproduzione
fotografica posseduta dalla Queriniana di
Brescia
5
Aldo Manuzio
Institutionum grammaticarum libri quatuor [et alia]
Toscolano, Alessandro Paganini, 24 dicembre 1519. In 16°, cc. [8] CCXV, [21]
(Baroncelli 14; Nuovo 47). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 56.
Elegante edizione nel formato in sedicesimo
di una serie di operette grammaticali
composte dal dottissimo tipografo veneziano
Aldo Manuzio († 1515). In questa edizione
Alessandro Paganini impiegò anche il
carattere greco (sia nell’Institutio sia in altri
testi grammaticali per imparare la lingua
greca stampati in appendice) e addirittura
l’ebraico per l’Introductio ad hebraicam
linguam. Scelse inoltre di stampare in
inchiostro rosso il frontespizio e in rosso e
nero l’intero primo fascicolo.
R
6 Alexander de Villedieu
Doctrinale (comm. Ludovicus de Guaschis)
Toscolano, Alessandro Paganini, [1519-1520]. In 4°, cc. [60] (Baroncelli 45; Nuovo 48).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 51.
Edizione priva di data (ma assegnata con
buona probabilità ancora ai primi anni
benacensi) di uno dei più diffusi strumenti
didattici tardomedievali: il Doctrinale
di Alexander de Villedieu. Al verso
del frontespizio campeggia una curiosa
silografia raffigurante un personaggio in
cattedra ai cui lati due fanciulli dormono
nei loro letti.
19
7 Teofilo Folengo
Opus macaronicarum
Toscolano, Alessandro Paganini, 5 gennaio 1521. In 16°, cc. 272 [8]
(Baroncelli 16; Nuovo 51). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione
Ugo da Como.
20
Prestigiosa edizione tascabile delle
Macaronee di Teofilo Folengo accompagnata
da 54 silografie (una in realtà ripetuta)
a piena pagina che illustrano i luoghi
più significativi del testo. L’edizione
è particolarmente interessante sia dal
punto di vista testuale (Teofilo Folengo
intervenne personalmente nell’allestimento
dell’errata corrige sui fogli ormai stampati)
sia dal punto di vista bibliologico (alcuni
esemplari presentano infatti una diversa
composizione dell’ultimo fascicolo che
contiene, tra l’altro, un vivace scambio
epistolare tra il Folengo e il Paganini). Il
Paganini nel 1517 aveva già stampato a
Venezia l’editio princeps del Folengo, di
cui ora pubblicava una nuova e pressoché
definitiva redazione d’autore.
21
8 Ovidio
Fasti, Tristia, De Ponto, Ibis, ad Liviam consolatio
[Toscolano], Alessandro Paganini, 8 maggio 1521. In 24°, cc. cciv
(Baroncelli 17; Nuovo 52). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
22
Con questa minuta edizione di alcune opere
di Ovidio Alessandro riprende in terra
benacense la sua celeberrima collezione nel
piccolissimo formato in ventiquattresimo da
lui inventato. La collana, avviata a Venezia
nel 1515 e interrotta dopo il trasferimento
sul Garda, è tra le imprese più significative
dell’editore Alessandro Paganini, che intese
così fornire a una cerchia di colti lettori una
raccolta dei migliori autori latini e volgari
nel formato minuscolo. La collana si era
interrotta con l’edizione veneziana datata
1516 delle Eroidi e delle opere erotiche di
Ovidio.
9 Sallustio
De coniuratione Catilinae, De bello Iugurthino [et alia]
[Toscolano], Alessandro Paganini, 23 maggio 1521. In 24°, cc. [8] cxxxxiv [1]
(Baroncelli 18; Nuovo 53). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
23
Secondo titolo della collezione benacense
in ventiquattresimo. Dopo Ovidio, sempre
nel mese di maggio, Alessandro Paganini
sforna un volumetto con le opere di
Sallustio, ispirato all’edizione stampata nel
1509 da Aldo Manuzio. Il Paganini sceglie
qui di riprendere il dialogo con i suoi lettori
attraverso una dotta dedica agli studiosi,
nella quale sfoggia apparente competenza
delle virtù letterarie di Sallustio.
10 Ovidio
Metamorphoseon libri XV
[Toscolano], Alessandro Paganini, 24 maggio 1521. In 24°, cc. clxx [34]
(Baroncelli 19; Nuovo 54). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
24
Altra piccolissima edizione da mano priva
di qualsivoglia illustrazione che offre alla
consueta cerchia di raffinati lettori anche
le Metamorfosi di Ovidio. Con questo
titolo il catalogo delle opere ovidiane nel
minuscolo formato poteva considerarsi
pressoché concluso, dopo l’edizione
veneziana del 1516 e quella toscolanense
di qualche settimana prima.
11 Francesco Petrarca
Canzoniere, Trionfi
Toscolano, Alessandro Paganini, I giugno 1521. In 24°, cc. clxi [1]
(Baroncelli 21; Nuovo 55). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 68.
Dopo le edizioni di autori latini, il
Paganini inserì nella collezione benacense
in ventiquattresimo il Petrarca volgare
(Rerum vulgarium fragmenta e Trionfi),
classico prediletto dalle colte dame, alcune
delle quali, come forse l’Eleonora di Toledo
immortalata dal Bronzino, amavano
persino farsi ritrarre con il minuscolo
petrarchino fra le dita. Petrarca era stato
l’autore con cui nell’aprile del 1515 il
Paganini, all’epoca ancora a Venezia,
aveva scelto di inaugurare la collezione
in ventiquattresimo. Entrambe le edizioni
sono offerte alla marchesa Isabella d’Este.
R
12 Francesco Petrarca
De remediis utriusque fortunae
Venezia, Alessandro Paganini, 10 novembre 1515. In 24°, cc. [8] cccxxxv [1]
(Nuovo 26). Lonato, Fondazione Ugo da Como.
Sempre a Venezia e ancora nel formato in
ventiquattresimo il Paganini nel novembre
del 1515 aveva stampato anche una delle più
celebri opere latine del Petrarca, il trattato
De remediis utriusque fortunae, dedicandolo
al pontefice Leone X. Prima di lui nessuno
aveva osato ‘costringere’ un trattato tanto
ampio in un formato così minuscolo.
25
13 Orazio
Opera
[Toscolano], Alessandro Paganini, giugno 1521. In 24°, cc. [18] cxxx [2]
(Baroncelli 20; Nuovo 56). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 63.
Con questa minuta edizione, ricalcata su
una precedente edizione aldina, il Paganini
14 Pomponio Mela
aggiungeva un altro dei classici latini più
amati alla sua collezione di libretti tascabili.
R
De situ orbis [et alia]
[Toscolano], Alessandro Paganini, agosto 1521. In 24°, cc. 192 [numerate per errore
102] (Baroncelli 22; Nuovo 57). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
Anche questa raccolta dei geografi classici,
capeggiati da Pomponio Mela, discende
26
dalla celebre princeps aldina del 1518.
15 Cicerone
Rhetorica ad Herennium, De inventione
[Toscolano], Alessandro Paganini, ottobre 1521. In 24°, cc. 136 [8]
(Baroncelli 23; Nuovo 58). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
27
Per questa edizione dei testi retorici di
Cicerone Alessandro Paganini copia invece
l’edizione impressa da Filippo Giunta a
Firenze nel 1515, fino a conservarne persino
la dedica del curatore a Filippo Strozzi.
16 Boezio
De philosophiae consolatione, De scholarum disciplina
[Toscolano], Alessandro Paganini, [1521]. In 24°, cc. 72 (Baroncelli 50; Nuovo 59).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 66.
L’edizione, priva di data, è assegnata al 1521,
l’anno in cui il Paganini stampò la maggior
parte della collezione in ventiquattresimo.
Anche in questo caso l’editore riprese
fedelmente, compresa la dedica, una
precedente edizione giuntina del 1507.
R
17 Niccolò Perotti
Cornucopiae sive linguae latinae commentarii [et alia]
Toscolano, Alessandro Paganini, aprile 1522. In 4°, cc. 50 [318]
(Baroncelli 24; Nuovo 60). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
28
18 Ambrogio Calepino
Vocabularium thesaurus copiosissimus
Toscolano, Alessandro Paganini, settembre 1522. In 4°, cc. 380
(Baroncelli 25; Nuovo 62). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
29
17) 18) Nel 1522 Alessandro Paganini
diede alle stampe, a distanza di pochi mesi,
due fondamentali strumenti lessicografici:
la Cornucopia di Niccolò Perotti e il celebre
Calepino. Sebbene si tratti di due titoli
assolutamente tradizionali, il Paganini ebbe
l’ardire di rinnovarli dal punto di vista del
formato e dell’impaginazione. Per la prima
volta furono stampati nel più maneggevole
formato in quarto e impaginati in due
fitte colonne stampate in un minutissimo
corsivo. L’aspetto finale è quanto di più
vicino ai moderni vocabolari.
19 Cicerone
De officiis, De amicitia, De senectute, Paradoxa
(comm. Pietro Marso, Francesco Maturanzio, Josse Bade, Martino Filetico, Ognibene da
Lonigo), Toscolano, Alessandro Paganini, maggio 1523. In 4°, cc. [8] 252
(Baroncelli 27; Nuovo 63). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
30
L’edizione in quarto di alcuni dialoghi
ciceroniani rinnova la tradizionale veste
grafica dei classici commentati, fino ad
allora quasi sempre proposti nel tradizionale
e poco maneggevole formato in folio.
Il Paganini sceglie invece di ridurre le
dimensioni del volume e impiegare per
il commento che circonda il testo il suo
elegante corsivo.
31
20 Luca Pacioli
Summa de arithmetica
Toscolano, Alessandro Paganini, 20 dicembre 1523. In folio, cc. [8] 224, 76 (Baroncelli 28;
Nuovo 64). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 210; Lonato, Fondazione Ugo da Como.
Ristampa della celebre edizione veneziana
impressa dal padre Paganino nel 1494:
nuovi il colophon e il prolisso frontespizio in
inchiostro rosso inquadrato da una cornice
a nastro intrecciato. Al frontespizio il
Paganini tesse le lodi del Garda «unico
carpionista laco» e delle rovine dell’antica
Benaco allora affioranti dalle acque limpide
del lago: «Toscolano ... de li antique et
evidenti ruine di la nobile cita Benaco ditta
illustrato».
R
21 Euclide
32
Elementorum libri XV
(in volgare, trad. Campano da Novara), ed. Luca Pacioli e Scipione Vegio, Venezia, Paganino
e Alessandro Paganini, 22 maggio 1509. In 4°, cc. 145 [1] (Nuovo 1). Lonato, Fondazione
Ugo da Como.
22 Luca Pacioli
Divina proportione
Venezia, Paganino e Alessandro Paganini, I giugno 1509. In 4°, cc. 66 e 87 tavole
(Nuovo 2). Lonato, Fondazione Ugo da Como.
21) 22) Il debutto di Alessandro Paganini
nel campo tipografico avvenne nel 1509
con due edizioni ravvicinate impresse in
collaborazione con il padre Paganino:
l’Euclide in volgare e la Divina proportione
del matematico francescano Luca Pacioli,
discepolo di Leonardo da Vinci. Per
entrambe Alessandro realizzò un raffinato
carattere originato dalla contaminazione
tra il romano e corsivo che troverà esplicita
celebrazione ai frontespizi: «characteribus
elegantissimis». La Divina proportione è
arricchita da uno straordinario alfabeto
maiuscolo il cui disegno originario si deve a
Leonardo da Vinci.
23 Ippolito Marsili
Grassea
Toscolano, Alessandro Paganini, 1524. In 4°, cc. 64 (Baroncelli 29; Nuovo 66).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 108.
24 Ippolito Marsili
Commentaria super lege unica C. de raptu virginum
Toscolano, Alessandro Paganini, 1524. In 4°, cc. 24 (Baroncelli 30; Nuovo 65).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 109.
23) 24) Doppia edizione, probabilmente su
commissione dello stesso autore Ippolito
Marsili, di due trattati giuridici (genere
non particolarmente amato da Alessandro
25 Giustiniano
Paganini). Entrambi i frontespizi sono
impressi in inchiostro rosso e nero e
inquadrati dalla consueta cornice a nastro
intrecciato.
R
Institutiones imperiales
Toscolano, Alessandro Paganini, 1525. In 24°, cc. 114 [2] (Baroncelli 31; Nuovo 67).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 65.
Bizzarra conclusione della celebre collezione
in ventiquattresimo inventata dal Paganini.
Alessandro sceglie infatti di stampare
non un’opera letteraria, come aveva
fatto fino a quel momento, bensì un testo
giuridico. Rivoluzionaria la sua decisione
di rimpicciolire le Institutiones giustinianee
26 Pietro Paolo Vergerio il Vecchio
così da essere facilmente consultabili
soprattutto dai giuristi alle prime armi.
L’esperimento del libro giuridico tascabile
non diede però i frutti sperati e il Paganini
tornò ai consueti testi letterari. A tutt’oggi
l’esemplare della Queriniana sembra l’unico
sopravissuto.
R
De republica veneta liber primus
Toscolano, Alessandro Paganini, 13 aprile 1526. In 4°, cc. [24] (Baroncelli 33; Nuovo 69).
Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 49.
Edizione nell’agevole formato in quarto del
primo libro dell’opera storiografica dedicata
alla repubblica veneziana da Pietro Paolo
Vergerio il Vecchio, umanista veneto del
secondo Quattrocento.
33
27
Ovidio
Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
(comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano,
Alessandro Paganini, 1525. In 4°, cc. [2] cxxxiii [3] (Baroncelli 32; Nuovo 68). Collezione
privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como.
34
Dal 27) al 32) A giudicare dal numero di
edizioni, Ovidio appare di gran lunga l’autore
prediletto da Alessandro Paganini. Oltre
alle minuscole edizioni in ventiquattresimo
stampate tra il 1515 e il 1521, il Paganini
tra il 1525 e il 1527 progetta e realizza la
pubblicazione progressiva degli opera omnia
di Ovidio in una nuova veste. Si tratta
di una collezione delle opere ovidiane
con commento disposto su due colonne
e stampato nel consueto elegante corsivo
paganiniano. Rispetto alle tradizionali
edizioni commentate, il Paganini opta
qui per l’agevole formato in quarto e
accompagna il testo con alcune graziose
vignette silografiche. L’edizione delle
Metamorfosi si distingue per l’impiego di un
esuberante apparato iconografico composto
da ben 62 silografie.
28
Ovidio
Ars amandi, Remedium amoris
(comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lvi
(Baroncelli 34; Nuovo 70). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
35
29
Ovidio
De Ponto
(comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lxxviii
(Baroncelli 35; Nuovo 71). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
36
30
Ovidius Naso Publius
Metamorphoseon libri XV
[con: Raffaele Regio, Enarrationes in Ovidii Metamorphoseon libros] Toscolano, Alessandro
Paganini, 1526. In 4°, cc. [8] cci [1] (Baroncelli 36; Nuovo 72). Collezione privata avv. P.
Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como.
37
31
Ovidio
Tristia
(comm. Bartolomeo Merula), Toscolano, Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. lxxviii
(Baroncelli 37; Nuovo 73). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
38
32
Ovidio
Fastorum libri
(comm. Antonio Costanzi e Paolo Marso), Toscolano, Alessandro Paganini, 1527. In 4°,
cc. [10] ccxxxii (Baroncelli 39; Nuovo 76). Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato,
Fondazione Ugo da Como.
39
33 Terenzio
Comoediae
(comm. Elio Donato, Guido Iuvenale, Giovanni Calfurnio, Servio, Josse Bade), Toscolano,
Alessandro Paganini, 1526. In 4°, cc. [10] cclxxxviii (Baroncelli 38; Nuovo 74). Collezione
privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como.
40
Anche l’edizione delle commedie di Terenzio rientra nel
progetto paganiniano dei classici commentati. Identica,
rispetto alle edizioni ovidiane, è la veste grafica: formato in
quarto, commento in corsivo su due colonne, frontespizio con
consueta cornice a nastro intrecciato e apparato iconografico
composto da cinque silografie a piena pagina raffiguranti le scene
e i personaggi delle singole commedie. A Venezia nel 1516 il
Paganini aveva pubblicato le commedie di Terenzio (ma prive
di commento) nel minuscolo formato in ventiquattresimo.
34 Senofonte
Ciropedia
(trad. italiana di Iacopo di Poggio Bracciolini), Toscolano, Alessandro Paganini, 9 agosto
1527. In 8°, cc. 156 (Baroncelli 40; Nuovo 75). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
41
Primo titolo del nuovo progetto editoriale
realizzato dal Paganini tra il 1527 e il 1533:
la collezione in ottavo. Dopo l’esperienza
in ventiquattresimo e i classici commentati
in quarto, il Paganini torna al puro
modello aldino, con il formato in ottavo e
il classico carattere corsivo di tipo aldino.
Caratteristica della collezione sarà la veste
linguistica dei testi stampati: solo opere
in volgare. La collana è inaugurata dalla
traduzione della Ciropedia di Senofonte
allestita da Iacopo di Poggio Bracciolini e
dedicata a re Ferrante d’Aragona, dedica
che il Paganini ristampa anche nelle carte
preliminari della sua edizione.
35 Dante Alighieri
Commedia
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. [248]
(Baroncelli 47; Nuovo 78). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
42
Edizione in ottavo della Commedia (ma
all’epoca col titolo di “Dante col sito
et forma dell’Inferno”) non datata, ma
ascrivibile agli anni tra il 1527 e il 1533.
In luogo del tradizionale colophon, al verso
dell’ultima carta compare, come in tutte
le edizioni in ottavo, la celebre iscrizione
a caratteri epigrafici dalla quale riemerge
la rinnovata collaborazione editoriale
del padre Paganino: P. ALEX. PAG.
BENACENSES F. BENA. ossia “Paganino
e Alessandro Paganini Toscolanesi fecero a
Toscolano”.
36 Dante Alighieri
Commedia
[Venezia], Alessandro Paganini, [1515-1516]. In 24°, cc. 202 [2] (Baroncelli 46; Nuovo 28).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti; Lonato, Fondazione Ugo da Como.
43
Prima che nella collezione
benacense in ottavo, Alessandro
Paganini aveva già pubblicato
la Commedia a Venezia tra il
1515 e il 1516 nel minuscolo
formato in ventiquattresimo.
Entrambe le edizioni presentano
alle ultime carte una silografia
a doppia pagina raffigurante la
pianta dell’Inferno e tre schemi
riguardanti i peccati il cui disegno
originario è attribuibito a Pietro
Bembo.
37 Francesco Petrarca
Canzoniere, Trionfi
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 178 [18]
(Baroncelli 54; Nuovo 84). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
44
Anche il Petrarca volgare non poteva
mancare nella collezione in ottavo,
nonostante fosse già stato proposto dal
Paganini con i minuscoli petrarchini in
ventiquattresimo (1515, 1521). Nello
stesso formato aveva poi anche offerto nel
1515 il meno scontato De remediis utriusque
fortunae.
38 Giovanni Boccaccio
Corbaccio
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 68
(Baroncelli 49; Nuovo 79). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
45
39 Giovanni Boccaccio
Fiammetta
(a cura di Gaetano Tizzone), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533].
In 8°, cc. 107 [1] (Baroncelli 48; Nuovo 80). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
46
38) 39) Dopo Dante e Petrarca il Paganini
completa la collezione in ottavo delle ‘Tre
Corone’ con la pubblicazione di due opere
minori di Boccaccio, il misogino Corbaccio
e la delicata vicenda di Fiammetta. Solo il
secondo titolo era in realtà un’autentica
novità nel catalogo editoriale paganiniano.
Il Corbaccio era infatti già stato pubblicato
a Venezia nel 1516 nella collezione in
ventiquattresimo. Il Paganini sceglie qui
di non ripubblicare il testo del Corbaccio
del 1516, ma propone piuttosto quello
dell’edizione fiorentina dei Giunta da cui
copia fedelmente anche la lettera di dedica.
Curiosamente il Paganini non pubblicò
mai il Decameron.
40 Cesare
Commentarii de bello gallico et de bello civili
(trad. italiana di Agostino Ortica della Porta), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini,
[1527-1533]. In 8°, cc. [8] 262 [2] (Baroncelli 51; Nuovo 81).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
47
Edizione priva di anno di stampa (come
tutte le edizioni in ottavo ad eccezione
di Senofonte) del volgarizzamento dei
Commentarii di Cesare. L’opera è proposta ai
lettori come un’avvincente lettura storica:
«Commentarii di Caio Giulio Cesare delle
guerre esterne, ove in libri otto si vede li
ammirandi fatti nella Gallia tripartita, le
nove e spesse congiuratione con diversi
popoli ... dapoi le guerre civile in libri sei
a queste succede ove veder si puole ... assai
morte e mirabilissimi fatti in Africa ... e
in altri lochi ove cose bellissime leggendo
veder si potrà». L’edizione è introdotta
da una carta geografica della Spagna e da
cinque raffigurazioni di accampamenti e
fortificazioni.
41 Giovenale
Saturae
(in volgare, trad. Giorgio Sommariva), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini,
[1527-1533]. In 8°, cc. [128] (Baroncelli 52; Nuovo 82).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
48
Il Paganini adatta al
formato tascabile in
ottavo e al carattere
corsivo la notissima
versione delle Satire
di Giovenale in terza
rima del veronese
Giorgio Sommariva. Il volgarizzamento
poetico era stato pubblicato per la prima e
unica volta a Treviso nel 1480 per i tipi di
Michele Manzolo nel tradizionale formato
in folio e in carattere romano.
42 Orosio
Historiarum adversus paganos libri septem
(trad. italiana di Giovanni Guerini), [Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini,
[1527-1533]. In 8°, cc. [172] (Baroncelli 53; Nuovo 83).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
49
Importante edizione dello storico romano
Paolo Orosio, definito «raccontatore de
historie», mai prima d’allora pubblicato in
volgare. Nel progetto paganiniano Orosio
andava ad aggiungersi ad altre due letture
storiche: Senofonte e Cesare.
43 Jacopo Sannazaro
Arcadia
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1533]. In 8°, cc. 80
(Baroncelli 55; Nuovo 85). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 40.
44 Jacopo Sannazaro
Rime
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1532-1533]. In 8°, cc. 53 [3]
(Baroncelli 56; Nuovo 94). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
50
43) 44) Alessandro Paganini riserva al
napoletano Jacopo Sannazaro due titoli
nella biblioteca volgare in ottavo. Oltre a
riproporre il prosimetrum pastorale Arcadia,
già stampato a Venezia nel 1515 nella
collana in ventiquattresimo, offre ai propri
lettori anche le Rime, autentica e appetibile
novità per il pubblico dei petrarchisti
italiani: l’attesa princeps a stampa era infatti
uscita a Napoli solo nel 1530. L’edizione
toscolanense delle Rime, databile al biennio
1532-1533, è in realtà preceduta da una
frettolosa edizione impressa dal Paganini
nel 1531 a Venezia, durante un brusco e
breve allontanamento da Toscolano.
45 Giovan Giorgio Trissino
Sofonisba [et alia]
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1527-1529]. In 8°, cc. 63 [1]
(Baroncelli 57; Nuovo 86). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
51
Consueta edizione tascabile in corsivo,
priva di data di stampa (ma verosimilmente
del 1529) e a firma «P. Alex. Pag.
Benacenses. F. Bena. V. V.» al verso
dell’ultima carta. La raccolta delle opere
del Trissino fu pubblicata per la prima volta
a Roma da Ludovico Arrighi nel 1524 e da
questa princeps romana discende l’edizione
paganiniana, che ripropose a breve distanza
di anni un titolo di grande successo.
46 Erasmo da Rotterdam
De recta pronunciatione [et alia]
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [1530-1533]. In 8°, cc. 199 [1] (Nuovo 87).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
52
Unico titolo latino della collezione, tutta
altrimenti volgare, in ottavo. L’edizione
raccoglie alcuni tra i più celebri testi
retorico-grammaticali di Erasmo e discende
dall’edizione stampata a Basilea da Johann
Froben nel 1530.
47 Aldo Manuzio
Institutionum grammaticarum libri quatuor
[segue: Erasmus Roterodamus, De octo orationis partium constructione libellus; Manuzio
Aldo, Introductio perbrevis ad hebraicam linguam], Toscolano, Alessandro Paganini, 23
novembre 1532. In 8°, cc. [10] ccxvi [36] (Baroncelli 41; Nuovo 89).
Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
53
Seconda edizione toscolanense della
grammatica latina di Aldo Manuzio, già
pubblicata nel 1519, qui accompagnata,
come avverte il frontespizio, dal De octo
orationis partium constructione libellus di
Erasmo con sua premessa ai lettori datata
Basilea 1515, e seguita, come nell’edizione
del 1519, dalla grammatica greca e
dall’Introductio perbrevis ad hebraicam
linguam di Aldo.
48
Burato
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [c. 1532]. In 4°, cc. [20]
(Baroncelli 62; Nuovo 90). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 55 m1-2.
49
Libro di ricami
[Toscolano], Paganino e Alessandro Paganini, [c. 1532]. In 4°, cc. [80]
(Baroncelli 63; Nuovo 91). Brescia, Biblioteca Queriniana, Lechi 55 m1-2.
54
48) 49) I libri dei ricami sono probabilmente
il prodotto più bizzarro uscito dall’officina
dei Paganini. L’editore, ispirandosi quasi
certamente a modelli d’oltralpe, vale
a dire edizioni tedesche e francesi di
analogo argomento, confezionò intorno
al 1531-1532 una o forse più raccolte di
disegni per le ricamatrici. Non si trattava
di libri veri e propri, ma di opuscoli di
una ventina di carte destinati a essere
impiegati e inevitabilmente distrutti. Da
qui l’assoluta rarità degli esemplari giunti
fino a noi: di alcune edizioni sembra non
sia addirittura sopravvissuta alcuna copia.
Questo straordinario volume, proveniente
dalla Queriniana di Brescia, riunisce sotto
un’unica copertina il Burato e i quattro
Libri de richami. Il Burato, cosiddetto da
un tessuto leggero per i ricami, contiene
soltanto una ventina di reticolati vuoti sui
quali le ricamatrici disegnavano i modelli
che avrebbero in un secondo momento
riportato sulla stoffa. I Libri de richami
offrono invece una cospicua serie di disegni
e modelli pronti all’uso. Le silografie
impiegate ai frontespizi sono copiate da
quelli che a tutt’oggi risultano i più antichi
libri di ricami a stampa: due edizioni
tedesche del 1523 e 1529.
50
Ovidio
Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
(comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano,
Alessandro Paganini, 1533. In 4°, cc. [2] cxxxvii [1]
(Baroncelli 42; Nuovo 95). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
51
Ovidio
Epistolae Heroidum, Sappho, Ibis
(comm. Antonio Volsco, Ubertino Clerico, Josse Bade, Domizio Calderini), Toscolano,
Paganino e Alessandro Paganini, 1538. In 4°, cc. [2] cxxxvii [1]
(Baroncelli 44; Nuovo 98). Brescia, Biblioteca Queriniana, Salone G. XVI. 3
55
50) 51) A giudicare dal numero di edizioni,
le Eroidi sono il testo ovidiano prediletto
dal Paganini che le stampa nel formato in
quarto, con lo stesso corredo di commenti
e di 22 illustrazioni silografiche, ben tre
volte: alla princeps del 1525 seguono le due
edizioni pressoché identiche qui proposte
datate 1533 e 1538. L’edizione di Ovidio
del 1538 (con cui Angela Nuovo, studiosa
dei tipografi Paganini, chiude gli Annali di
Alessandro) è probabilmente anche l’ultima
licenziata dall’officina dei Paganini.
52 Giovanni Antonio Tagliente
Componimento di parlamenti
Toscolano, Paganino e Alessandro Paganini, giugno 1538. In 8°, cc. [40]
(Baroncelli 43; Nuovo 97). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
56
Una delle ultime (se non addirittura
l’ultima) edizioni impresse dall’officina
toscolanense. Il Paganini si congeda
con un utilissimo formulario di modelli
epistolari che insegna a scrivere varie
tipologie di lettere, come avverte la
premessa dell’autore, il maestro veneziano
Giovanni Antonio Tagliente, ai lettori: «Io
adunque porgo queste mie inculte pistole
a quelle menti d’huomini communevoli
e’ quai non hanno troppo frequentato le
schole di grammatica né d’arte oratoria
acciò quando loro interviene occasione di
scrivere o respondere ad alcuna persona
grande, mediocre, over infima, abbiano
qualche forma».
53 Baldassarre Castiglione
Il libro del Cortegiano
edizione priva di dati tipografici (Baroncelli 60). Lonato, Fondazione Ugo da Como.
L’edizione, stampata con un carattere
corsivo diverso da quelli comunemente a
disposizione del Paganini, è dubitativamente
attribuita all’officina dei Paganini da Ugo
Baroncelli. Angela Nuovo ritiene invece
sia da espungere dal catalogo paganiniano
«per manifesta difformità in tutti gli aspetti
esterni».
54 Mattia Ugoni
De conciliis
edizione priva di dati tipografici (Baroncelli 58). Collezione privata avv. P. Lorenzotti.
57
Seconda edizione sine notis che Baroncelli
assegna, alla luce dei caratteri e delle iniziali
silografiche impiegate, alla tipografia dei
Paganini. La soluzione viene dal testamento
dell’Ugoni stesso che ricorda come il testo
sia stato stampato da Paganino Paganini.
Angela Nuovo, pur ammettendo «un ruolo
di Alessandro pure in questa stampa»,
prudentemente la esclude dal corpus delle
edizioni certe di Alessandro Paganini.
Note:
59
Note:
61
si ringraziano per il sostegno
Comune di Toscolano Maderno
Cabiana residence S.r.l.
Cartiera di Toscolano
Tipografia Giovanelli
enza ammenda e con più vaghezza
Alessandro Paganini
tipografo a Toscolano (1517-1538)
Un’esposizione dei suoi libri
Centro di Eccellenza
Fondazione Valle delle Cartiere
Toscolano Maderno
1 marzo – 30 giugno 2008
Progetto scientifico e supervisione a cura del
C.R.E.L.E.B. Centro di Ricerca Europeo Libro Editoria Biblioteca
Realizzazione testi e didascalie:
Coordinamento dei lavori e progetto di allestimento:
Realizzazione:
Segreteria: Addetto stampa e promozione
Progetto grafico:
Immagine di copertina:
Fotografie interne:
Catalogo:
Testi e supervisione scientifica:
Progetto grafico e immagini: Realizzazione grafica e impaginazione: Finito di stampare febbraio 2008 da
C.R.E.L.E.B.
Lisa Cervigni
Associazione Lavoratori Anziani della Cartiera
Lisa Cervigni
Luigia Castellini
Marco Basile
Lisa Cervigni, Andrea Pellegrini
Archivio Alinari
Andrea Pellegrini
C.R.E.L.E.B.
Lisa Cervigni, Andrea Pellegrini
Horizon di Andrea Pellegrini
Tipografia Giovanelli - Toscolano
Si ringraziano l’avvocato Pietro Lorenzotti per la gentile concessione della sua collezione di libri,
la Soprintendenza Beni Librari e Sistemi Documentari, la Biblioteca Queriniana di Brescia e la
Fondazione Ugo Da Como di Lonato (BS) per la solerte e proficua collaborazione.
Un grazie particolare alla dott.ssa Roberta Valbusa.
Alessandro Paganini tipografo a Toscolano (1517-1538)
Fondazione Valle delle Cartiere
enza ammenda
Centro di Eccellenza - Polo Cartario di Maina Inferiore
Valle delle Cartiere di Toscolano Maderno
Senza ammenda e con più vaghezza
e con più vaghezza
Alessandro Paganini
tipografo a Toscolano (1517-1538)
un’esposizione dei suoi libri
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