Ottobre missionario
Per imparare
ad essere testimoni
di Cristo “Sulle
strade del mondo”
Sabato, 5 ottobre 2013
9
La sfida di portare la fede
in ogni spazio della vita
Il percorso
Seconda settimana
Continua il nostro percorso di
riflessione sul tema della missione.
Dopo aver ascoltato le parole di don
Felice Cantoni sulla sua esperienza
in Camerun e sul tema della
contemplazione, questa settimana
- seguendo l’itinerario di Missio - ci
soffermiamo sulla parola “vocazione”
grazie alla testimonianza di padre
Filippo Rondi.
Ricordiamo ai sacerdoti e ai fedeli
che il materiale per la Giornata
missionaria mondiale del 20 ottobre
è disponibile presso l’Ufficio
missionario diocesano.
P
rofessare la fede non è solo dire
il Credo con la bocca, ma viverlo
nelle circostanze della vita:
già conosciamo il legame tra fede e
missione, credere e parlare. Però non
basta: affinché la fede diventi capace di
ispirare e rinnovare il vivere quotidiano
occorre andare sulle strade del mondo.
Le strade evocano ogni spazio aperto e
percorribile, ogni luogo, piazza, sentiero,
dove l’altro può farsi vicino e dove si
incrociano sguardi, parole, timori e
speranze, diffidenze e nuove amicizie.
Le strade del mondo sono imprevedibili:
occorre la pazienza di camminare, ma
anche di comprendere chi si incontra, di
vederlo come è, di impararne la lingua
e cultura, sentimenti e valori, restando
insieme soprattutto nei tempi di crisi e di
smarrimento.
Gesù ha percorso le strade della
Palestina, partendo dalla Galilea, zone
di confine, e talvolta si è
spinto oltre. Da bambino,
come ebreo fu straniero
in Egitto, nel suo misero
provenire da Nazaret
lo rendeva straniero in
Giudea, ma anche a Nazaret
l’origine da Betlemme
non avrà evitato sospetti…
L’uomo Gesù sapeva stare
sulle strade perché per
lui, così spesso straniero,
nessuno ero straniero
davvero.
Questo è anche la vicenda
dei nostri missionari e missionarie
su tante strade del mondo, comprese
quelle del web, dei social network, senza
dimenticare quelle di chi è messo ai
margini, reso quasi invisibile. Questa
diventa la storia di ogni cristiano che
non chiude la fede in spazi e tempi
“religiosi”, ma la porta in ogni respiro
della vita. Viviamola così e continuiamo
ad accompagnare chi ne fa dono ad altri
sulle strade del mondo”.
Don Gianni Cesena
Direttore nazionale Missio
Con lo sguardo
alle stelle per
riscoprire la
nostra vocazione
missionaria
“Considerate fratelli la vostra chiamata”,
questa frase rivolta da San Paolo ai Corinzi
ci fa da guida in questa seconda settimana
dell’Ottobre missionario.
L
a seconda settimana dell’Ottobre
Missionario è dedicata al tema della
Vocazione. Nell’opuscolo preparato
da Missio, nella parte dedicata alla
seconda settimana, campeggia la bella
frase di Paolo ai Corinzi: “Considerate,
fratelli, la vostra chiamata” (1 Cor 1, 26a).
Innanzitutto Paolo invita il popolo tutto di
Dio (fratelli), a considerare il fondamento
della sua vocazione missionaria come
suggerisce l’etimologia del verbo
“considerare”.
Tratta dal latino, la parola “considerare”
è composta dalla preposizione (con)
insieme e dal sostantivo (sidus) stella.
Paolo sprona i Corinzi ad alzare lo
sguardo per rinvenire nella promessa
di Dio il fondamento della loro comune
vocazione missionaria. Sollevare gli occhi
per contemplare la promessa che Dio
ha inscritto nel firmamento allorché ha
chiamato Abramo a lasciare la sua terra
per incamminarsi sulle strade del mondo
per divenire “padre di un grande popolo”
(Lumen Fidei 9).
Guardando le stelle del Bangladesh.
Nella mia esperienza di missione in
Bangladesh, mentre ero in villaggi senza
elettricità, mi era più facile fermarmi di sera
a contemplare le stelle. In quei momenti
di silenzio, mi veniva spontaneo rallentare
il passo e valutare la giornata alla luce
della promessa di Dio inscritta nel cielo.
La Chiesa, nella contemplazione della
promessa di Dio, si libera dal pericolo di
misurare la sua efficacia dai risultati, per
rinvenire in essa la ragione del suo impegno
missionario.
L’invito di Paolo può essere letto inoltre
come una esortazione rivolta a tutta la
comunità cristiana a considerare il tesoro
prezioso costituito dai missionari ad
gentes. L’ottobre missionario ha la finalità
di ricordare chi ha
ricevuto e accolto dal
Signore la vocazione
missionaria, chi ha
assunto l’impegno
specifico dell’annuncio
del vangelo a tutte le
genti.
La riflessione sul
tema della vocazione
missionaria di
padre Filippo Rondi,
religioso saveriano
attualmente nella casa
di Tavernerio dopo
aver trascorso diversi
anni in Bangladesh.
“E’ necessario - dice
- sollevare gli occhi
per contemplare
la promessa che
Dio ha inscritto nel
firmamento allorché
ha chiamato Abramo
a lasciare la sua terra
per incamminarsi sulle
strade del mondo”.
Un dono per la Chiesa.
Nel suo messaggio per
la Giornata Missionaria
Mondiale, Papa
Francesco sottolinea il
dono che i missionari
e le missionarie ad
gentes costituiscono per la Chiesa intera.
A loro manifesta la sua gratitudine e il suo
incoraggiamento, a loro “che, accogliendo
la chiamata del Signore, lasciano la propria
patria per servire il Vangelo in terre e culture
diverse”. Papa Francesco evidenzia inoltre
come la vocazione missionaria ad gentes
non sia prerogativa delle Chiese di antica
cristianità. Oggi, scrive il Papa, rallegra
il cuore vedere come le stesse giovani
Chiese inviino “missionari alle Chiese che
si trovano in difficoltà - non raramente
Chiese di antica cristianità - portando così
la freschezza e l’entusiasmo con cui esse
vivono la fede che rinnova la vita e dona
speranza”. Ricordo come in Bangladesh,
al momento della consacrazione religiosa
definitiva di alcuni miei confratelli
bengalesi, la gente rimanesse colpita
quando dicevo loro che non sarebbero
rimasti nella loro terra ma partiti per
le strade del mondo. Allo smarrimento
iniziale, faceva seguito un grande orgoglio!
“Father, amrao ekhon paka christian”,
Padre, anche noi, ora possiamo dirci
cristiani maturi. Infatti, coloro che lasciano
la loro terra per l’annuncio del vangelo
sono la memoria vivente della vocazione
missionaria di ciascun battezzato.
La fede in Gesù è la cosa più preziosa.
La frase di Paolo mi pare rivolta agli stessi
missionari per vocazione. “Considerate,
fratelli (missionari/e ad gentes), la vostra
chiamata” (1 Cor 1, 26a)”. Paolo confessa
che la vocazione è qualcosa di prezioso e
insieme delicato, perché sempre una sorta
di viaggio verso l’ignoto. Lungo il percorso
della vita, la vocazione missionaria cresce
e/o si spegne, fiorisce o si contamina.
Il crocifisso, consegnato al missionario
nel momento della partenza, vuole
illuminarne il cammino. Da qui l’impegno
per ogni missionario a vigilare sulla propria
vocazione per farne trasparenza del disegno
di Dio e per non lasciarsi appesantire
da progetti umani. Papa Francesco si
fa portavoce della stessa idea nel suo
discorso per la GMG quando scrive che “il
missionario non parte per fare proseliti,
ma per una testimonianza di vita che porta
speranza e amore; non progetta una Chiesa
a mo’ di un’impresa e/o di un’ONG ma
si sacrifica per costruire una comunità di
persone che, animate dallo Spirito Santo,
trovano nel mistero di Gesù il loro luogo di
incontro e di cammino”. Mi viene spontaneo
ricordare le molte chiacchierate serali
con i miei confratelli in Bangladesh. Ho
quasi l’audacia di dire che, se ho compreso
qualcosa della missione, lo devo a queste
conversazioni informali. Rimanevo
colpito nel constatare come in alcuni miei
confratelli, la fede in Gesù costituisse non
solo il motivo della loro partenza di un
tempo, ma il loro tesoro più prezioso, il
punto da cui guardavano e interpretavano
la loro missione in mezzo alle persone loro
affidate.
Padre Filippo Rondi
Missionari Saveriani Tavernerio
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