La storiografia su Venezia nell’800 • Giustina Renier Michiel • Emanuele Antonio Cicogna – Le Iscrizioni veneziane 1 2 Daru • «Una repubblica famosa, potente molto a lungo, rimarchevole per la singolarità della sua origine, del luogo in cui sorge, e delle sue istituzioni è scomparsa ai nostri giorni, sotto i nostri occhi, in un attimo. Contemporanea della più antica monarchia europea, isolata per sistema e posizione, è morta in questa grande rivoluzione che ha rovesciato tanti altri stati […]. La storia, che deve la sua testimonianza a coloro che non sono più, consegnerà il ricordo che ci ha lasciato questo popolo che la sua antichità pone alla testa delle nazioni moderne […]. Deve pur esistere la possibilità di trarre frutto dallo studio di un sistema d’organizzazione sociale che non aveva avuto modelli; e dopo aver sottolineato la costanza dalle massime e negli sforzi che elevò la repubblica ad un si alto grado di potenza e di splendore, non sarà meno istruttivo osservare come i vizi interni di questo stato lo condussero ad una esistenza isolata, languente e passiva che spiega l’indifferenza con la quale i contemporanei hanno assistito alla sua catastrofe» Daru • Pierre Noel Antoine Bruno Daru nacque a Montpellier il 12 gennaio 1767. • Studia diritto e lettere antiche (molto brillante) • A 16 anni si arruola nell’esercito. • Durante la rivoluzione la sua carriera lo porta fino alle massime cariche militari. Fedele sostenitore degli ideali rivoluzionari. • Dall’incontro con Bonaparte si trasforma da perfetto rivoluzionario a perfetto monarchico. – Rapporto di stima ed ammirazione con B. => in cambio importanti incarichi • • • • • • Commissario e poi Intendente generale della Grande Armé intendente generale dei paesi conquistati Consigliere di Stato Ministro Segretario di Stato Ministro della guerra Intendant de la Maison de l’Impereur – Secondo o terzo uomo dell’Impero 3 Daru • Dopo Waterloo: esilio da Parigi. • Riprende l’impegno politico dal 1819 (svolta liberale del governo) – nomina a Pari di Francia – Fa parte della Camera • partecipa alle discussioni sulle finanze statali, sulle istituzioni, sull’amministrazione militare, e soprattutto sulla libertà di stampa • Interesse per le lettere classiche, per il diritto e la storia non viene meno nemmeno negli anni napoleonici – Nel 1806 nominato membro dell’Academie française, (“directeur” nel ’19). Daru • Opere – – – – Histoire de la république de Venise Histoire de Bretagne (1826) Poème des Alpes Astronomie (1830) (attestato di benemerenza Accademia delle Scienze). • Prima di morire pensa alla stesura di una storia di Francia, ma il progetto rimane sulla carta (impegni politici). • Muore il 5 settembre del 1829 (Becheville) 4 Daru • Histoire de la République de Venise – edizioni francesi: Parigi 1819, 1821, 1826 e 1853, 2004 – Edizioni tedesche 1824 (a S. Pietroburgo e 1828 a Stoccarda) – Edizioni Italiane: 1834 e 1837-38 a Capolago Daru • Critica di fondo:contro il sistema di governo oligarchico scaturito dalla Serrata del Maggior Consiglio: sistema “tirannico” • La caduta della Repubblica nel 1797 era un riflesso di quell’antica svolta politica che aveva minato alla base l’antica struttura politica veneziana. • Influenzato dalla sua formazione politica nel centralizzato e gerarchizzato impero napoleonico: per Daru la miglior struttura di governo era quella monarchica, dominata da un re di natura divina. • Sistema oligarchico: trionfo degli interessi di pochi sulla collettività cittadina, degli intrighi, delle usurpazioni e delle violenze. 5 Daru • La “genesi” stessa di Venezia e delle sue magistrature necessitava di essere corretta e ripulita delle menzogne storiche tramandate dal “mito”. • “Assalto” all’ipotetica originaria indipendenza e libertà. 1. sudditanza veneziana nei confronti dell’impero bizantino e di quello d’occidente. Daru 2. opposizione alla “mitica” origine selvaggia della città: presenza nelle isole lagunari di un nucleo abitativo precedente alle migrazioni di V e VI secolo. – insediamento ordinato secondo un sistema democratico, basato su istituzioni di tipo romano e legato alla città di Padova, che accoglie benevolmente nelle proprie isole i rifugiati. – I nuovi arrivati si immischiarono progressivamente agli originari abitanti, favorendo il passaggio ad una struttura sociale di tipo aristocratico. – I primi decenni di vita della nuova “costruzione” politica furono caratterizzati da numerosi cambiamenti istituzionali, il più importante dei quali fu l’apparizione della figura dogale. Daru non mosse alcuna critica a questa magistratura i cui originari poteri erano simili a quelli detenuti dai monarchi assoluti. 6 Daru • Serrata del Maggior Consiglio: avvenimento «funesto e fatale», la cui principale conseguenza fu l’instaurazione di una forma di governo aristocratica. • L’emblema della svolta era il doge Pietro Gradenigo, autore di un cambiamento politico frutto dell’usurpazione di un piccolo numero di cittadini a danno della maggior parte della popolazione. Daru Daru evidenzia alcuni aspetti particolari e molto importanti della vicenda repubblicana veneziana: • Fu il primo storico a parlare di una divisione interna al patriziato, causata dalla diversa disponibilità economica e finanziaria. L’ineguaglianza delle ricchezze eclissò l’eguaglianza dei diritti e portò alla creazione di relazioni di dipendenza. • Affrontò per primo così lo spinoso tema delle relazioni patrono-cliente, fondamentali per capire i rapporti interni al patriziato e quelli tra il governo veneziano e i sudditi 7 Daru • Il fulcro della trattazione è lo studio della complessa piramide di relazioni clientelari congenito al mondo marciano. • La natura specifica dello stato veneziano era caratterizzata dalla presenza di una concatenazione di interessi cioè – una catena di vincoli creata dall’ineguaglianza del potere fra i cittadini di Venezia, che aveva stabilito nel patriziato un “protettore” per ognuna delle famiglie minori. – Il clientelismo era stato poi esportato anche nei domini: spina dorsale dei rapporti sociali e politici dello stato. Daru • Daru svela anche l’importanza del “broglio elettorale”. • Ne riassume le caratteristiche con una frase quanto mai sibillina: «C’était sous les portiques de Saint-Marc que les patricièns se réunissaient tous les jours, pour se concerter, solleciter, vendre les suffrages» 8 Daru • Studio delle magistrature veneziane. – La maggior parte analizzata con imparzialità – Non il Consiglio dei Dieci e il Tribunale degli Inquisitori di Stato • Documenti scoperti nella biblioteca del re a Parigi (Statuti degli Inquisitori di Stato e il Trattato del governo di Venezia): – Le definisce due magistrature “tiranniche”. » I Dieci infatti si erano progressivamente impadroniti del potere politico esautorando le altre magistrature, specialmente il Senato » Gli Inquisitori di Stato altro non erano che il “braccio armato” dei Dieci. – Ma critica di fondo al sistema di governo veneziano: • mancanza di una reale divisione dei poteri fra i vari organi pubblici. Daru • Un intero volume della sua Histoire dedicato alla cosiddetta “congiura di Bedmar”. • Ambasciatore spagnolo a Venezia nel 1618 – Bedmar secondo Daru, complotta con il governatore spagnolo di Milano don Pedro de Toledo,e altri, ad una congiura volta a portare sul trono di Napoli il viceré duca di Ossuna. – Fuga di notizie: la Repubblica ordina l’uccisione di tutti i comprimari che erano a parte del segreto. – Convinse il re di Spagna che l’ambasciatore Bedmar stava tramando contro la Serenissima, rovesciando su questi un progetto mai architettato: la conquista di Venezia. – Pretesto per Daru per sottolineare il modo d’agire dispotico e tirannico della Repubblica di S. Marco: invenzione di una falsa congiura a suo danno per mascherare la partecipazione ad un complotto internazionale. 9 Daru • Daru considera negativamente anche l’espansionismo veneziano in terraferma, che aveva modificato le vecchie strutture dello stato. • I nobili locali occuparono da quel momento una posizione subordinata rispetto al patriziato veneziano, unico detentore del potere politico, il quale lasciò loro solo una parte dell’amministrazione degli interessi comunitari. • La stessa gestione dei territori terrafermieri e d’oltremare era a suo dire caratterizzato da durezza, tirannia e malversazione. • Eccezioni: amministrazione delle città di Bergamo e Brescia. • A causa della posizione strategica delle due città all’interno dei confini dello stato veneto. • La terraferma e lo Stato da Mar nutrivano solo odio e rancore nei confronti della capitale. Daru • • • • L’Histoire non è solo un manifesto dell’“antimito” veneziano. Contiene anche alcune osservazioni positive sul sistema politico della Dominante. Daru apprezzava non solo la frequenza delle elezioni delle magistrature e il benefico ruolo svolto dal ceto di governo per il mantenimento della sicurezza pubblica, ma soprattutto la maestria politica di molti patrizi che avevano garantito al dominio veneziano un lungo periodo di pace e stabilità. Daru era affascinato dal modo con cui la Repubblica aveva per secoli interpretato la propria politica giurisdizionalistica nei confronti della Chiesa di Roma. La politica ecclesiastica veneziana era un modello da seguire: – nella Serenissima il clero era numeroso e rispettato, e le feste religiose e le grandi liturgie non mancavano ma il governo si era avocato il diritto di nomina degli alti prelati a cui faceva seguito la conferma papale. – le norme contro i “papalisti” (nessun ecclesiastico poteva partecipare alla vita politica e i loro parenti erano soggetti a controllo). • La politica giurisdizionalistica veneziana aveva annullato definitivamente l’influenza del clero sugli affari istituzionali ed era stata considerata un modello per la stessa politica ecclesiastica napoleonica 10 Daru Fonti: • fonti antiche: Tacito, Plinio, Catone, Polibio, Strabone ed Orazio, (origini della città di Venezia e della sua laguna) • storiografi veneziani: Marin Sanudo, Andrea e Pietro Morosini, Cristoforo Tentori, Vettor Sandi, Jacopo Filiasi, • Manoscritti inediti scoperti da Daru a Parigi • Archivi? Daru • Ma soprattutto il filone storiografico dell’“antimito” veneziano – in particolare alcune opere di autori seicenteschi. • Nicolas Amelot de La Houssaye, Histoire du Gouvernment de Venise (Parigi, 1676) • Squittinio della libertà veneziana • Opinione del padre Paolo Servita (Venezia, 1680), nel burrascoso periodo della guerra di Candia, a torto attribuita al Sarpi. – Montesquieu, Rousseau e Voltaire, che identificavano Venezia come una cupa ed oppressiva oligarchia. – Henry de Saint-Didier, La ville et la République de Venise, zeppa di interessanti aneddoti sul sistema istituzionale veneziano. 11 Daru • Reazioni a Daru • In italia: Silvio Pellico: recensioni entusiastiche sul «Conciliatore» (Cfr. «Il Conciliatore», a cura di Vittore Branca, vol. III, luglio-ottobre 1819, Le Monnier, Firenze 1954.) • Sposa appieno le tesi del francese: • Repubblica di Venezia nel secolo XVIII priva di forze, incapace di ringiovanirsi attraverso delle riforme, governata da una classe rinchiusa nei propri privilegi politici, un vero e proprio anacronismo istituzionale. • Evoluzione istituzionale della Serenissima: il governo veneziano fu in origine democratico, divenne monarchico coll’elezione del primo doge e, successivamente colla Serrata del Maggior Consiglio, si trasformò in oligarchico. Daru • Pellico condivideva pienamente la lettura negativa dell’ultimo secolo di vita della Serenissima (preponderanza degli Inquisitori di Stato). • Principale accusa alla Repubblica: non si è proposta come guida nazionale italiana. – A causa dell’ottusità e debolezza del suo ceto politico, insensibile persino ad un progetto che avrebbe probabilmente conservato l’indipendenza alla città. • Ma il fascino dell’antica capitale e della sua storia fecero breccia anche nel cuore di Pellico, che sosteneva la necessità di studiare le vicende della Serenissima, delle sue istituzioni, dei suoi artisti e letterati 12 Daru • Il rimpianto per l’unico stato italiano che fosse sopravvissuto alla decadenza d’Italia, si sovrapponeva infatti al rifiuto del governo aristocratico. • “Biasimando l’ignobile fine d’un antico eroe, non bisogna però essere ingrati per tutto ciò che egli ha fatto di grande in gioventù. Ë destino di tutte le istituzioni dell’uomo ch’esse siano caduche; fortunata quella che ha resistito a molti secoli, e a cui l’umanità volgendole molti rimproveri può anche tributare molta lode” Tiepolo GianDomenico Ermolao II Tiepolo (Venezia 1763-1836) • terzogenito di Alvise Tiepolo Sant’Aponal ed Elena Badoer, • una delle famiglie veneziane più antiche, che annoverava tra i suoi antenati – due dogi (Jacopo e Lorenzo) – un patriarca di Venezia (Giovanni nel secolo XVII) – numerosi Senatori, Procuratori di S. Marco e consiglieri ducali • Il nonno Francesco e il padre Alvise modelli da imitare per il giovane Tiepolo – Francesco fu luogotenente a Udine negli anni ’40 del ‘700, Senatore e Capitano a Padova nel decennio successivo – Alvise fu Savio del Consiglio, ambasciatore nel Regno delle Due Sicilie nel ’68, ambasciatore a Roma nel 1769-75 (dove lo seguì il figlioletto GianDomenico) 13 Tiepolo Politica matrimoniale molto accorta: • il matrimonio nel 1721 di Francesco con Cornelia Mocenigo di Alvise IV • quello di Marina, sorella di GianDomenico, con Antonio Savorgnan di S. Geremia negli anni ’70 del ‘700 – Con queste unioni i Tiepolo di Sant’Aponal entrarono a far parte della principale lobby politica veneziana del ‘700, quella che faceva capo ai Pisani di S. Vidal, ai Loredan di S. Stefano, ai Corner della Regina, ai Foscarini ai Carmini, ai Mocenigo di S. Stae, ai Manin. Tiepolo • Educato in famiglia da alcuni istitutori (specie Cristoforo Tentori, erudito e storiografo, che agì in modo determinante nella formazione intellettuale di GianDomenico) • La carriera politica del patrizio fu brillante: – 1788 rettore a Chioggia – Anni 90: • • • • • Savio agli ordini Savio di terraferma Deputato agli acquartieramenti Deputato alla custodia del litorale di Pellestrina Aggiunto al Commissario alle lagune e lidi. • Fondamentale era risultata per la sua ascesa politica quella trama di legami tessuta dai suoi antenati nei decenni precedenti. 14 Tiepolo • Certamente importante era stato poi il suo matrimonio nel 1787 con Maria Priuli, (unione stipulata per parte della sposa dal Procurator di S.Marco e futuro doge Lodovico Manin) • Maria portò allo sposo una dote finanziaria di 55.000 ducati e una dote “politica” di rafforzamento dei legami con le principali famiglie veneziane. Tiepolo • Dopo il crollo della Serenissima, Tiepolo si ritirò progressivamente dalla scena politica per dedicarsi allo studio e alla famiglia. • Rifiutò ogni ingerenza nella Municipalità provvisoria del 1797 • ottenne invece alcuni incarichi durante le dominazioni austriache • rifiutò tutti gli uffici offertigli negli anni del Regno d’Italia 15 Tiepolo • Presidente dell’Imperial Regio Supremo Uffizio di Sanità di Venezia (prima dominazione austriaca) • Il suo rapporto con gli austriaci fu abbastanza buono: – Ad esempio, nel luglio del 1801 ospitò nel suo palazzo l’Arciduca Giuseppe d’Austria, per il quale ordinò una maestosa festa alla quale partecipò l’élite cittadina. • Durante il periodo napoleonico, Tiepolo si distaccò completamente dalla vita politica – unica eccezione la nomina nel 1807 a Consigliere generale del Dipartimento dell’Adriatico (politica di coinvolgimento dei notabili locali perseguita da Bonaparte) • diffidenza nei confronti dei francesi, ma anche crisi finanziaria che lo distolse dalla politica. Tiepolo • Tiepolo si era dedicato in quegli anni alla gestione del suo ingente patrimonio: – ambizioso piano di ristrutturazione fondiaria e riorganizzazione produttiva. • Cospicui investimenti nella risicoltura rivelatisi però disastrosi => fallimento e vendita di maggior parte delle proprietà • singolarità della vicenda economico-finanziaria dei Tiepolo Sant’Aponal rispetto alla maggior parte delle famiglie nobili veneziane: – Gran parte di queste giunse alla fine della Repubblica già ampiamente indebitata e successivamente aggravò la propria situazione – i Tiepolo invece agli inizi dell’Ottocento erano in condizioni di notevole solidità finanziaria e patrimoniale, e solo in seguito furono travolti dalla crisi originatasi dalle errate scelte imprenditoriali di GianDomenico. 16 Tiepolo • E. A. Cicogna (Diari): testimonianza della disgraziata congiuntura economico-finanziaria alla quale il Tiepolo andò incontro nei primi decenni dell’Ottocento. • In data 31 gennaio 1820 scrive: «Il nobile GianDomenico Tiepolo possedeva una galleria di quadri, medaglie, libri […], aveva una rendita di 70.000 ducati, ed ora è ridotto a doversi ritirare in una villa sulla Piave […] e vivere in ristrettezze economiche e sotto l’amministrazione di un gentiluomo Zustinian suo genero, si è venduto il museo, i libri, i quadri […]». • Per Cicogna la radice della rovina finanziaria dell’expatrizio sarebbe stata imputabile alla sua «stoltezza»: una volta caduta la Serenissima, non limitò le spese, ma continuò a vivere con la stessa «grandezza». Tiepolo • La crisi patrimoniale e finanziaria della famiglia era in realtà frutto di diverse circostanze: – inadeguatezza dello stile di vita di GianDomenico, che costava un enorme spreco di denaro – ma soprattutto errate scelte imprenditoriali. • Unico rimedio: procura generale irrevocabile al genero Angelo Zustinian (nella vana speranza che questi riuscisse a ridar fiato alle finanze di famiglia). • Negli ultimi anni l’ex-patrizio (divenuto conte dell’impero) – – – – studi storici e numismatici traduzioni dall’inglese letture all’Ateneo Veneto (di cui era divenuto membro onorario nel 1813) numerose corrispondenze con intellettuali veneziani ed italiani 17 Tiepolo • 1819 nella «Gazzetta privilegiata di Venezia» articoli-recensione dell’Histoire • Tiepolo compose delle osservazioni a quella prima edizione dell’opera (osservazioni che andranno a costituire poi una parte molto importante dei Discorsi) • quindi si affaccendò in lunghe ricerche storiche assistito da alcuni eruditi veneziani come Michele Battagia, GianAntonio Moschini ed Emmanuele Antonio Cicogna. Tiepolo • L’abate Moschini fu certamente il personaggio chiave di questa prima fase della vicenda. – studioso di cose venete molto legato al passato repubblicano; si convinse pertanto ad inviare delle lettere al Daru contenenti delle critiche storiche alle sue principali tesi – Per suo tramite il Tiepolo entra in corrispondenza con l’ex-ministro francese che, dall’autunno del 1822, si era dichiarato disponibile ad apportare alcune modifiche alla sua opera 18 Tiepolo • Con questo rapporto l’ex-patrizio sperava (lettera al Moschini del dicembre del 1820) di indurre Pierre Daru ad emendare una parte delle sue critiche, e riconsiderasse la storia della Serenissima. • Lo scambio epistolare, iniziatosi verso la fine del ’22 fu molto sterile e privo di spunti originali: entrambi infatti rimasero fermi sulle proprie posizioni. – Daru fin dalla sua prima lettera professò la propria indipendenza ed imparzialità • sosteneva di aver utilizzato una quantità enorme di opere edite ed inedite di sicuro affidamento, oltre a numerosi manoscritti di storici francesi e veneziani, sulla cui originalità non si poteva discutere. • Ribadiva le critiche mosse ad alcune magistrature marciane, come i Dieci e gli Inquisitori di Stato, non cambiava opinione in merito alla “Serrata” • Continuava a definire “ostile” l’atteggiamento tenuto dalla Serenissima nei confronti della Francia post-rivoluzionaria – La sua analisi rimaneva perciò fortemente legata alle proprie vicende personali e alla sua fedeltà al Bonaparte. Tiepolo • Allo stesso modo Tiepolo si dimostrò intransigente proteggendosi dalle accuse scagliate dal francese per mezzo dello schermo storiografico del “mito” di Venezia. • La principale critica mossa all’Histoire fu quella di essere un’opera fondata su compendi di manoscritti poco attendibili realizzati a misura da degli «inetti amanuensi». • Quindi il conte riteneva che l’obiettivo del francese fosse stato infangare la memoria della decaduta Repubblica per poter giustificare la conquista della Serenissima da parte napoleonica. 19 Tiepolo • Data l’inutilità del carteggio con Daru, Tiepolo si decise così a riordinare tutti gli appunti stilati sulla prima edizione dell’Histoire (1819), integrandoli con molte considerazioni tratte dalle opere dei principali storici veneziani, con lo scopo di dar vita alle rettificazioni • Alla fine del 1825 inviava alla censura austriaca il manoscritto dei suoi Discorsi. Tiepolo • L’iter burocratico per la concessione del permesso di stampa si concluse soltanto nel gennaio del 1828 • sospetto delle autorità austriache verso tutto quello che riguardava la storia veneta: l’opera del Tiepolo era scomoda giacché trattava proprio del passato repubblicano • Inoltre l’Histoire di Daru, che veniva richiamata nel titolo, era stata proibita dalla censura • Inoltre, benevola analisi del regime repubblicano, colla quale si metteva in secondo piano, non potendo criticarlo direttamente, il sistema di governo monarchico. • il permesso di stampa infatti giunse solo grazie all’intervento del già patriarca di Venezia ed ora arcivescovo di Erlau monsignor Ladislao Pyrker, amico del veneziano e molto vicino alle autorità politiche viennesi. 20 Tiepolo • Nel 1829 subito dopo l’uscita dei Discorsi Pierre Daru si stava apprestando a rispondere alla critiche ricevute attraverso un’altra edizione dell’Histoire • Ma muore e la quarta edizione uscì solo nel 1853 sotto la direzione di Viennet. • L’incipit è particolarmente forte – il curatore tentò infatti di raccogliere le principali tesi dei due storici e recuperò la maggior parte del loro lungo carteggio. – A suo parere la diatriba storiografica che aveva visti per protagonisti Daru e Tiepolo doveva diventare un modello per tutti gli intellettuali europei che si apprestavano a studiare le vicende degli stati d’ancien règime scomparsi con la rivoluzione francese: «Cette préface du critique est assurement un modele de l’urbanité qui devrait toujours régner entre les gens de lettres même lorsq’ils professent des opinions opposées». Cfr. Histoire 1853, pp. 225-226. Tiepolo • GianDomenico Ermolao II Tiepolo (Venezia 1763-1836) • Discorsi sulla Storia veneta cioè rettificazioni di alcuni equivoci riscontrati nella Storia di Venezia del Sig. Daru, Udine, Mattiuzzi, 1828 • Le rettificazioni prevedevano l’analisi dei principali errori commessi dal francese in merito alle origini, all’evoluzione istituzionale, all’amministrazione dei territori e soprattutto ai Dieci e agli Inquisitori di stato 21 Tiepolo • Pima rettificazione: le origini di Venezia • Vuole dimostrare l’originaria indipendenza della città dalle varie potenze che si succedettero in Italia a partire dal V secolo d. C.. • Contro la tesi di una Venezia suddita (dei padovani, poi dei bizantini ed infine dei Franchi) • Il nucleo urbano sorge attorno al V-VI secolo in modo del tutto indipendente – – a causa delle invasioni barbariche, un nutrito gruppo di nobili provenienti dall’entroterra della Venetia ripararono presso le isole lagunari, abitate da pochi pescatori privi di ogni forma istituzionale. I nuovi venuti instaurarono quindi, in modo del tutto legittimo, un governo di tipo aristocratico. In questo modo Tiepolo riscoprì non solo il mito delle “origini selvagge” della città, ma anche quello della “originaria indipendenza” e del “primitivo potere aristocratico”. Tiepolo • Seconda rettificazione: sviluppo istituzionale del governo veneziano • Contro l’interpretazione politica e sociale della “Serrata del Maggior Consiglio” – – Non si trattò di una “chiusura” politica, bensì di un ampliamento, in quanto da quel momento in poi le fila del consiglio si ingrossarono a dismisura. indagine molto superficiale, quasi banale: l’ex-patrizio cercò un escamotage per discutere il meno possibile di un tema così impegnativo: sposta l’attenzione su temi più facilmente affrontabili (ad es., i poteri delle magistrature repubblicane) 22 Tiepolo • Altri due spinosi temi: – divisione interna al ceto patrizio – i rapporti clientelari. • Tiepolo sostenne la tesi della compattezza del patriziato: a suo dire tutti i nobili erano uguali dinanzi alla legge, dotati dei medesimi diritti e poteri. • Sconfessa la tesi di Daru di un differente peso politico correlato alla diversa disponibilità finanziaria. • Contro la tesi del francese di una Venezia oligarchica. • Sul clientelismo Tiepolo si sconfessa da sé confermando di fatto la tesi di Daru: – per Tiepolo i nobili si identificavano come “protettori” della popolazione alla quale elargiva aiuti e favoreggiamenti, ricevendone in cambio solo “gratitudine”. Tiepolo • Terza rettificazione: politica del governo veneziano e creazione dello stato veneto legittimità del dominio veneziano sulla terraferma e sulle colonie d’oltremare. • – – – Ripercorre passo passo la formazione del dominio marciano, originatasi, secondo lui, in conseguenza di precise invocazioni di aiuto da parte delle popolazioni locali. La Repubblica sarebbe intervenuta in loro soccorso: dapprima le liberò da chi le soggiogava, poi per volontà degli originari abitanti, vi esportò il proprio sistema di governo. Alle città che le si erano date in “dedizione” Venezia conferma i propri statuti ed autonomie amministrative, e ne è ricompensata da profondi sentimenti di attaccamento e fedeltà. 23 Tiepolo • Politica estera veneziana: – Daru la considerava poco chiara, incomprensibile e contraddittoria (Carraresi, Carmagnola). Principale critica: sciocca politica di neutralità di fine ‘700, risultato di una dilagante debolezza interna. – Per Tiepolo le questione dei Carraresi e del Carmagnola segnalavano la legittimità della condotta della Serenissima (testimonianze e prove certe della colpevolezza dei sospettati, condannati dopo un equo processo) – la politica di neutralità tenuta dalla Repubblica nell’ultimo suo secolo di vita: fu saggia – La neutralità non debolezza ma “perspicacia”. – La caduta della Repubblica il crollo della Serenissima era da imputarsi alla cupidigia francese, incarnatasi nella fame di ricchezza del generale Bonaparte. – Secondo Daru: risultato dell’ipocrita atteggiamento tenuto dalle magistrature veneziane, le quali si erano dapprima dimostrate “amiche” della Repubblica francese, poi avevano fomentato le Pasque Veronesi e la rivolta. Tiepolo • • • • • • Quarta rettificazione : Consiglio dei Dieci e Tribunale degli Inquisitori di stato Contro il Capitolare degli Inquisitori di Stato di cui riesce a dimostrare la falsità Tiepolo in particolare evidenziò alcuni punti che contrastavano con le vicende storiche: 1) il termine stesso di “Statuti” non era mai stato utilizzato dal governo veneto in relazione alle proprie magistrature 2) Daru si era ingannato quando aveva sostenuto che il Tribunale degli Inquisitori di Stato era stato istituito con una precisa legge nel 1454, mentre era nota a tutti la data di “fondazione”, il 1539 3) non era possibile che, sempre nel 1454, le prigioni dei “Piombi” fossero state assegnate al tribunale, dato che vennero istituite solo nel marzo del 1591. 24 Tiepolo • Per la prima volta Tiepolo colpisce nel segno • tentativo di diffamazione da parte di qualche governo ostile alla Repubblica. • Ricostruzione della storia del Consiglio dei Dieci • il Tribunale aveva sempre giudicato con imparzialità e dopo lunghi e dettagliati processi • mai si era arrogato dei poteri eccedenti le loro prerogative. • Equità nel caso della giusta condanna del figlio del doge Francesco Foscari, accusato di aver infranto le leggi della Repubblica e ordinato l’uccisione di uno dei capi dei Dieci. • Il tribunale non aveva concesso una posizione privilegiata nemmeno al figlio del primo magistrato veneziano, e questo testimoniava la sua rettitudine. • In conclusione: il Consiglio dei Dieci e gli Inquisitori di Stato furono un tribunale di alta polizia, magistratura necessaria per il buon funzionamento di ogni macchina statale. Tiepolo • Quinta rettificazione: interamente dedicata allo studio delle magistrature rettifica numerosi errori cronologici commessi da Daru • – • • • il francese infatti aveva fatto risalire l’istituzione di alcune magistrature, come ad esempio il Senato, ad un periodo storico troppo remoto. Analisi delle competenze e dei poteri dei principali organi repubblicani (in particolare Savi, Consulta e Collegio) Sottolinea l’importante ruolo svolto dagli Avogadori di Comun quali garanti della retta interpretazione ed applicazione della legge. Quadro roseo del sistema repubblicano, caratterizzato dal bilanciamento dei poteri, e da un reciproco e costante controllo tra i vari organi che aveva impedito gli abusi di potere. 25 Tiepolo Sesta rettificazione : congiura di Bedmar • • • • il marchese Bedmar era a capo di una cospirazione contro la Repubblica veneziana. Spalleggiato dal governatore di Milano, don Pedro de Toledo, e dal duca di Ossuna, l’ambasciatore mirava all’assoggettamento di Venezia. Le ricchezze accumulate dalla conquista sarebbero poi servite per muovere guerra al re di Spagna per Napoli. L’oscuro piano dell’ambasciatore denunciato da alcuni congiurati francesi introdottisi a Venezia allo scopo di incendiare l’Arsenale e il Palazzo Ducale. La Repubblica agì con rapidità e determinazione facendo in modo che il pericoloso rappresentante spagnolo fosse richiamato in patria ed evitando nel contempo lo scoppio di un caso diplomatico con la corte spagnola • Sismondi 26 Sagredo • Primo veneziano ad uscire dalla visione esclusivamente nostalgica della storia della città fu Agostino Sagredo. • Agostino Sagredo (1798-1871), di Giovanni Gherardo (+1822) ed Elisabetta Renier – Professore di estetica all’Accademia di Belle arti (1846-52) – Socio corrispondente dell’IVSSLLAA dal 1844, effettivo dal 1855 – Socio dell’Ateneo 1822 – Deputato all’Assemblea nel 1848 – Senatore 1866 Sagredo • Storia civile e politica, in Venezia e le sue lagune, I, Venezia 1847 (IX Congresso degli scienziati italiani) • Sulle consorterie delle arti edificative in Venezia, Venezia 1856 27 Sagredo • Anche lui ex patrizio, aveva però saputo gestire con oculatezza il patrimonio familiare, contrariamente al Tiepolo) • ben integrato nell’ambiente intellettuale e politico veneziano – rapporti con G. Renier Michiel, L. Cicognara, Duodo – membro dell’Ateneo Veneto, dell’Istituto Veneto, dell’Accademia di belle arti – Congregazione municipale – Redige la sezione dedicata alla storia della città in Venezia e le sue lagune, l’opera presentata dalla città agli intervenuti al IX Congresso degli scienziati italiani del 1847. – Breve ma importante saggio: lettura della storia di Venezia molto diversa rispetto alle lamentazioni nostalgiche dei suoi predecessori – accetta molte critiche avanzate da Daru al patriziato e al modo in cui aveva conservato il potere, soprattutto in rapporto alle province di terraferma. Sagredo • La figura di Sagredo meriterebbe senz’altro una ricerca più approfondita, ma sicuramente giocò un ruolo molto importante nello sprovincializzare la storiografia veneziana introducendola nell’ambiente dei più importanti circuiti intellettuali italiani. 28 • La storia di Venezia cominciò ad avere un’immagine non più esclusivamente negativa a livello italiano ed europeo quando i tesori contenuti nelle biblioteche e negli Archivi della repubblica cominciarono ad essere conosciuti, pubblicati in sistematiche raccolte e utilizzati dagli storici italiani ed europei Ranke • Fu Leopold von Ranke il grande storico prussiano ad aprire la strada ad una nuova fase della storiografia su Venezia • Ricerche del 1827-1831 negli archivi di Venezia e Vienna (dove era stata spostata una parte dei fondi del Consiglio dei Dieci e altri documenti importanti come i «Diari» di Marin Sanudo) e con opere come la Sovrani e popoli dell'Europa meridionale nei secoli XVI e XVII e la grande Storia dei Papi basata in gran parte sulle relazioni degli ambasciatori veneziani al Senato • Si comincia così a rimettere in valore l’esperienza politica veneziana 29 Ranke • In particolare Ranke ottiene da Metternich un’autorizzazione molto estesa (tutte le relazioni degli ambasciatori fino alla R.F. esclusa, e eccetto quelle dalla corte di Vienna). • Congiura del 1618 (Bedmar). • Il governo intende rendere possibile la confutazione della tesi di Daru che attribuisce a Venezia la congiura contro la Spagna : una volta scoperti si fa piazza pulita di tutti i coinvolti. • Nicolò Tommaseo pubblica nel 1837 le relazioni degli ambasciatori dalla Francia su commissione di François Guizot. 30 • Europa della «Restaurazione» – progetti sistematici e centralizzatori della ricerca storica operanti a livello statale. – Attorno a grandi figure di storici e docenti di storia, oppure a progetti condotti direttamente dal governo. – Raccolta e pubblicazione delle fonti per la storia nazionale: stretto legame tra storia, organizzazione della cultura storica e politica. Germania • grande scuola di Leopold von Ranke all’università di Berlino (seminario) polarizza in Prussia a livello tedesco lo sviluppo della storiografia a livello specialistico • Monumenta Germaniae Historica (dal 1818 in avanti): raccolta e pubblicazione delle • Dapprima di ispirazione liberale e volta all'unificazione tedesca è avversata da tutti. • Poi Metternich capisce il potenziale politico e propone all'Imperatore di finanziarla fonti per la storia tedesca. (1835). • Finisce poi negli anni '70 (Bismark) in mano prussiana con la chiara intenzione di • Lo stesso accade nelle università. farne uno strumento di egemonia nell'area tedesca. 31 Francia • François Guizot (1787-1874) – storico liberale, dal 1830 è deputato e ministro dell’interno con la monarchia di luglio (Luigi Filippo d’Orleans) – ministro degli esteri e poi dell’Istruzione pubblica dal 1832 al 1837 – ambasciatore a Londra nel 1840 – ministro degli esteri e presidente del Consiglio dal 1840 al 1848. – • Dagli anni ’40 costituisce il Comité des travaux historiques che si appoggia su strutture di conservazione del patrimonio e archivistico molto importanti – Archives nationales – École des Chartes (1821) – E di ricerca e soprattutto insegnamento della storia: Ecole Normale supérieure, Collège de France. – Il Comité coordinò però anche l'attività delle accademie e delle società storiche. • Carattere non specialistico di queste istituzioni (rispetto al seminario tedesco), ma molto importanti rispetto alla situazione italiana. • Ecole Pratique des Hautes etudes (1868: ministro Duruy) – nel quadro di potenziamento della storia che costituisce una svolta nel panorama francese e apre la strada alla fondazione di una scuola storica professionale e di orientamenti critici molto ampi ("un seme piantato nelle mura decrepite della Sorbona che crescendo l'avrebbe fatta crollare"). 32 Italia • mancano centri e istituzioni analoghi, manca un punto di riferimento per gli studi storici, che non hanno ancora dignità paragonabile. • Inesistenti le facoltà letterarie, che non danno spazio specifico alla storia fino all'unità. • In ambito liberale il dibattito storico si intreccia con il dibattito culturale generale, che spinge verso la costituzione di una coscienza nazionale (recensioni e discussioni nell'Antologia di Firenze (Vieusseux), nel Conciliatore di Milano, nel Progresso di Napoli, nel Politecnico di Carlo Cattaneo). • Poi Deputazione di Storia patria di Torino con Prospero Balbo (il primo istituto preposto alla ricerca storica), anche se non eccessivamente moderna e strettamente controllata dal governo piemontese, che funziona soprattutto a partire dagli anni 50' come aggregatore degli studiosi italiani. L’Archivio storico italiano • Fu soprattutto l’Archivio storico italiano a costituire un’esperienza nuova nell’organizzazione della cultura storica italiana, e a dar, tra l’altro un posto nuovo alla storia veneziana nel contesto italiano. • La rivista nacque nel 1841 a Firenze • Gian Piero Vieussex, Gino Capponi, Filippo Polidori • Scopo: proseguire l’opera condotta un secolo addietro da Ludovico Antonio Muratori che aveva dato vita ai Rerum italicarum scriptores 33 l’Archivio storico italiano • Pubblicare le fonti per la storia d’Italia per dare agli studiosi «quantità novella de’ fatti o di convalidare per nuove testimonianze la loro certezza, lasciando ad altri il ragionar filosofico» (Avviso dei compilatori del 1841). • Il progetto a medio termine dell’Archivio storico era di occuparsi delle fonti «pure e semplici», indispensabili per preparare i materiali per una futura storia d’Italia. . l’Archivio storico italiano • L’Archivio esercitò un ruolo di organizzazione della cultura storica a livello italiano che costituisce l’unico equivalente delle esperienze francesi e tedesche di cui sopra • Rete di collaboratori : tutta Italia (dal Regno di Napoli fino alla Lombardia). Non uniforme, ma dettagliata carta culturale del paese 34 l’Archivio storico italiano • I veneziani nell’Archivio Storico Italiano: presenza molto importante • Molto numerosa (1841-54: 19) – – – – – – – – – – – – – – – – – – – Bettio Pietro, sacerdote, bibliotecario; Cadorin Giuseppe; Casoni Giovanni; Cicogna Emanuele, cavaliere; Foucard Cesare, archivista; Gamba Bartolomeo, vicebibliotecario alla Marciana, accademico corrispondente della Crusca; già censore. Garoni Niccolò Cesare Lazari Vincenzo, direttore Museo Correr Manin Leonardo, conte, presidente Ateneo Veneto; Papadopoli Antonio, conte; Prochaska Madeleine; Romanin Samuele; Rossi Andrea, professore; Rossi Antonio, professore, bibliotecario alla Salute; Sagredo Agostino, conte; Scolari Filippo, dottore; (De) Tipaldo Emilio, nobile, professore nel collegio di marina; Tommaseo Niccolò; Zon Angelo l’Archivio storico italiano • • • • • • • • • • • • • • 1855- 1875 (14) Barozzi Niccolò, professore, segretario dell'Accademia; Berchet Federico; Cecchetti Bartolomeo, professore di paleografia all'Archivio dei Frari; Cicogna Emanuele, cavaliere; De Tipaldo Emilio, nobile, professore; Fulin Rinaldo, professore di liceo; Gar Tommaso, direttore dell'Archivio di Stato; Giordani Giuseppe, Lazari Vincenzo, direttore Correr Romanin Samuele; Sagredo Agostino, conte; Scolari Filippo; Thomas, dottore; Veludo Giovanni, bibliotecario alla Mar-ciana 35 l’Archivio storico italiano • Numerosi (19 e 14) e compongono un gruppo affiatato, che lavora bene insieme, senza le gelosie che dividevano molti gruppi di altre città italiane • Il principale collaboratore veneziano, colui che aveva i contatti più stretti ed amichevoli con i redattori fiorentini, fu proprio Agostino Sagredo. • A testimonianza dell’importanza della collaborazione dei veneziani all’ASI, egli giunse a parlare in una lettera a Vieusseux del 1853 dell’esistenza di una specie di «sezione veneziana» de l’ASI. l’Archivio storico italiano • Il lavoro di Sagredo, Angelo Zon, Emanuele Cicogna, Antonio Rossi, Emilio de Tipaldo, riempie tre volumi dell’Archivio già negli anni ’40 – – – – – Annali Veneti di Domenico Malipiero Dispacci dell’ambasciatore Foscari Storia Veneta di Barbaro la Cronaca Altinate la Cronaca veneziana di Martino da Canal • che si aggiungevano alle Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato curate a partire dal 1838 da Eugenio Alberi, che non uscivano sull’ASI, ma erano pubblicate a Firenze col sostegno economico di Gino Capponi. 36 • Attraverso questa via i veneziani trovavano posto in una delle principali operazioni di organizzazione della cultura storica e documentaria dell’Italia preunitaria che costituì in qualche modo una prefigurazione di quello che saranno dopo il 1860 (1866 per Venezia) le Regie Deputazioni di Storia patria. • E l’Archivio Veneto • Nel frattempo però era maturata nell’ambiente veneziano la risposta più complessiva all’opera di Daru, la Storia documentata di Venezia di Samuele Romanin. 37 • Veniva da un ambiente simile, ma al tempo stesso molto diverso da quello della “sezione veneta” dell’Archivio Storico italiano, di cui pure fece parte, e il suo progetto culturale e storiografico in particolare erano assai ambiziosi. • E’ stato considerato come uno storico dallo stile troppo divulgativo dai suoi successori della seconda metà dell’Ottocento (De Leva, Manfroni, Occioni, Bonaffons) • E allo stesso tempo come poco attento all’edizione e alla pubblicazione delle fonti (L. Polidori, ASI) • E’ stato ascritto al filone nostalgico e agiografico del potere veneziano (Povolo) • ma in realtà la sua opera è rimasta molto a lungo, e per alcuni versi è ancora al giorno d’oggi, un punto di riferimento indispensabile per chi voglia orientarsi nei mille anni di storia veneziana. 38 • Nato a Trieste nel 1808 • Arriva a Venezia nel 1820 con la famiglia, dopo la morte del padre. • Negli anni ’20 e ’30 è – traduttore ufficiale nei tribunali austriaci – traduttore di opere letterarie e storiche • 1827: traduce in italiano la Tunisiade di Ladislao Pirker di Oberwart, l’ungherese già patriarca di Venezia (1821-27) • l’opera più importante di cui si occupa è senz’altro la Storia dell’Impero Osmano di Joseph von Hammer Purgstall. Tra 1828 e 1831 escono presso l’editore Antonelli i 24 tomi della prima traduzione italiana • Origine potenza e caduta degli Assassini, Joseph von Hammer Purgstall. La Storia dell’Impero Osmano è dedicata al patriarca Pirker • 1840 traduzione tedesca delle Otto giornate a Venezia di Antonio Quadri, una guida di Venezia ad uso dei turisti colti nel 1846. • Traduzione della biografia de L’arciduca Carlo di Eduard Duller (Venezia, Cecchini e Naratovich, 1845-46). • Nello stesso periodo, però, vi sono tracce di una sua collaborazione con letterati veneziani in veste di traduttore, come per esempio testimonia una lettera scrittagli da Luigi Carrer nel 1829. 39 • Fin qui Romanin ci appare essere un piccolo intellettuale, molto allineato con il potere austriaco, alla Chiesa, e in possesso di buone relazioni con il mondo della cultura veneziana. • 1842: prima opera originale – Storia dei popoli europei nel medioevo (Cecchini e comp., Venezia, 1842-44, 3 voll) dedica "Alle donne italiane. Non ai dotti l'opera mia, ma a Voi: sarammi premio e gloria, il vostro volgervi agli storici studii, serii ma non inamabili". • Nel 1846 pubblica per le nozze del fratello l’opuscolo La madre e l’educazione 40 1848 1. Romanin ci appare da un lato schierato dalla parte del nuovo governo (attestati rapporti con Tommaseo e altri) – – a) 11 maggio 1848 Corso di Storia Veneta all’Ateneo (lezione prima) (Naratovich, Venezia 1848) b) 30/11/1848: decreto governativo conferisce dal 5 dicembre a S.R. l’ufficio di Lettore di Storia Veneta presso le scuole tecniche. • 4/1/1849: sostituito col titolo di Professore provvisorio di Storia veneta presso le scuole tecniche senza soldo fintantoché durassero le angustie dell’erario Corso di Storia Veneta, prima lezione • "Egli era da più anni un mio vivo desiderio, quello di volgere i miei studii, di dedicare i miei scarsi ozii e quanto per me più si potesse d'ingegno ad una storia della nostra famosa città. Ma a ciò fare io abbisognavo della libertà, e dico della libertà, perché dalle storie traendo gravi insegnamenti, potessero questi convenientemente applicarsi […..] • Credo or dunque giunto il momento d'incarnare il mio pensiero e di volgermi ai giovani miei concittadini, pregandoli, scongiurandoli di attendere alle storie patrie più che non fu fatto fino ad ora. A loro vantaggio io intraprendo questo corso di lezioni di Storia Veneta col trasporto dell'animo che viene dall'affetto; ma in pari tempo con quella trepidazione, che naturalmente deriva dalla coscienza della grandezza dell'impresa. Imperciocché oltre a ciò, molti punti di codesta storia rimangono a chiarirsi e profondi studii richiedono , non è possibile trattare di essa, senza entrare in quella de' molti altri popoli con cui ella si trova in relazione; non è possibile parlare di Venezia, senza dire della sua industria, delle sue arti, delle lettere, del commercio. Laonde queste condizioni mi tracciano la via a seguire: mettere in luce i fatti importanti, decisivi, passar oltre gli oziosi e di vana erudizione: studiare Venezia come parte d'Italia e mostrare i danni che alla patria universa derivarono dalla discordia, dalle gelosie, dalle guerre municipali: seguire a passo a passo specialmente lo sviluppo dei traffichi da cui venne in massima parte la grandezza veneziana: e da tutto questo derivare quelle lezioni che il passato tramanda al presente e all'avvenire. Se nell'esporvi oggi, o Signori, questo saggio, dirò cose a voi già note, vogliate ascoltarmi con pazienza, colla solita vostra benignità: mi sarà di conforto la vostra approvazione, mi saranno grati i vostri suggerimenti. Di questi anzi e dell'assistenza vostra vi prego, nel fornirmi di que' lumi, di quelle notizie, di quei documenti di che tanto abbisogno: pensate ch'ella sarà un'opra pietosa verso alla patria, e che educare i giovani a Venezia, all'Italia è ora santo dovere di cittadino". • Conclude: “ben dirò che or essa sembra chiamata di nuovo a grandi destini, e che, istruita del passato, sorgerà, giova sperare, attiva, intraprendente, concorde nella gran lega d'Italia, e col suo vessillo del Leone affratellato ai tre colori della patria italiana, mostrerà che ne' suoi figli la veneziana virtù non è ancora morta". 41 – c) Ruolo nel circolo popolare di San Martino • Febbraio-marzo del 1849. Partecipa alla fondazione del circolo popolare di San Martino a Castello, assieme a Pacifico Valussi. Scopo: "servire all'educazione civile del popolo". • Romanin redige un indirizzo al popolo riportato dal giornale Italia nuova, che è il manifesto del circolo. • E tiene poi una conferenza sull’origine di Venezia. • • • L'austriaco voleva l'impossibile. Apriva scuole e voleva schiava la mente; insegnava a leggere e poi pretendeva che non si leggesse; eccitava idee, desiderii, poi si adoprava a comprimer le idee, a soffocare i desiderii. Quindi l'istruzione falsa, a molti inutile, ad altri tormento. Ora invece che tutte le menti hanno bisogno d'uno sviluppo consentaneo a quei principii che regger devono la società, l'uomo del popolo dee al paro del ricco, del nobile, apprendere a conoscere e a ben apprezzare la libertà, onde farne buon uso; dee fornirsi di tutte quelle cognizioni che alla sua nuova condizione si rendono indispensabili. Non è la libertà che trascina gli eccessi, ma sì l'ignoranza; non son le carceri e gli ergastoli che reprimono le colpe, ma l'istruzione e l'educazione. Penetrati di codesto principio ed animati dal solo desiderio del bene, abbiamo istituito questo Circolo popolare il cui scopo principale sarà di spezzare al povero il pane della scienza, di quella scienza a lui opportuna, di quella che può condurlo a divenire buon cittadino, nella qual parola si racchiude il complesso delle virtù religiose, morali e civili. Si parlerà al popolo dei suoi diritti, ma insieme dei suoi doveri; ché dei doveri ne abbiamo tutti, ed anzi tanto più quanto più siamo liberi. Sarà l'insegnamento non cattedratico ma amichevole e come in famiglia; si discorrerà altresì degli avvenimenti del giorno, ma senza eccitare passioni, senza traviare in campi estranei all'intelligenza e ai bisogni del popolo. 42 • Importanza dell’educazione del popolo. • Che si raggiunge con quella delle donne manifestata in passato • Gioberti 2. Apertura degli archivi • “perché si potesse parlare alla mente ed al cuore della gioventù ed infiammarla d'un sacro amor della patria tutta italiana, di cui Venezia è sì bella parte: perché la verità le proprie convinzioni venissero dai documenti resi aperti e dall'effusione dell'affetto uscire franche, spontanee per il potente mezzo della parola. Ché ove gli archivii sono custoditi colla gelosia che l'Orientale fa del suo aremme; ove i fatti devono essere svisati o tronchi, ove ogni applicazione è interdetta, ogni allusione dalla tremenda censura cancellata, non può aversi una storia. Ed invero: la storia non dev'essere soltanto narrazione, ma ammaestramento così ai governanti come ai governati: così all'uomo come alla donna: essa deve esaltare la virtù, colpire il vizio; farsi norma alla vita pubblica e alla privata. I grandi avvenimenti di questi giorni concedono, la Dio mercè, un campo illimitato al progresso intellettuale, alla instruzione, alla franchezza del dire; benefizi questi troppo temuti dal despotismo; perché despotismo e cultura della mente repugnano; perché despotismo è avanzo di forza brutale e selvaggia: cultura invece conduce a libertà, che è dote naturale e destinazione dell'uomo per quello spirito che in lui risiede, e l'innalza ad imagine di Dio, tipo sovrano di libertà. • 43 • 1- Collegamento con gli intellettuali veneziani, italiani ed europei, soprattutto di area liberale • Ateneo (socio: 1846, bibliotecario nel 1852, lezioni, memorie), Accademia Padova • Luigi Polidori, Giampiero Vieusseux, ASI, Altri, [tentativo di stamparla a Firenze] Rosa Crepuscolo • François Guizot, Adolphe Thiers, Amedée Thierry, Adolphe Cremieux, François Mignet. Tentativo di proporlo all’Institut e all’Academie Française. • Possibili appoggi francesi per traduzione SdV: ne parla in una lettera a Polidori del 1852 (Accademici e lealisti borbonici?) • 2- Ma anche dedica a SAR la duchessa di Berry (Maria Carolina di Borbone, vedova dell’erede al trono di Carlo X, madre di Enrico di Chambord, pretendente al trono di Francia, risposata con Lucchesi Palli, che vive a Venezia parte dell’anno e alle cui figlie Romanin insegna le lingue). Tra lei, Chambord e Lucchesi sottoscrivono 9 associazioni alla SdV. 44 • 3- Ebreo, parente di Mosè Vita Jacur, rilievo nelle assicurazioni generali: il fratello sposa la figlia e da avvio alla famiglia Romanin Jacur. Precettore di famiglie ebraiche. • Legame con donne della borghesia ebraica: intellettuale ma anche di sostegno economico alla sua opera (Lettere a Eugenia Pavia Gentilomo, Regina Pincherle Della Vida) • SdV finanziata da membri della comunità ebraica veneziana e veneta (sottoscrivono 60 delle 566 associazioni alla SdV). Tra loro i cognati Dalmedico, assieme ai nomi più importanti tra i finanzieri ed imprenditori come Isacco Pesaro, Leone Pincherle, Giacomo Treves de Bonfil, i Della Vida, i Luzzati, i Vivante. Ma anche i professionisti e gli intellettuali come Michelangelo Asson, Giacinto Namias, Giacomo Errera • Esperto traduttore dall’ebraico. • Sepolto al cimitero ebraico del Lido. • Ma ebreo assimilato, come molti tra questi, e specialmente Luigi Luzzati, suo allievo. 45 • • • Documenti> trattazione storica: lettera a Polidori. Polidori vorrebbe i documenti, Romanin vuole divulgare Voler far prendere ad una storia veneta la pubblicazione ,come vorreste, di tutti i documenti ad essa relativi, è quanto dirla impossibile. Poiché come mai pubblicare quel numero infinito che ne esiste anche solamente nel mio archivio dei Frari? O quale norma seguire nella scelta?? Ammettiamo per nazioni. Ebbene! Si pubblicheranno centinaia di volumi concernenti le sole relazioni dipolomatiche coll’Impero, con la Francia, ecc. E sarà perciò esaurita la materia, e si saranno forse approntati i materiali, per una storia Veneta? Mai no! E il commercio? E le leggi amministrative, giudiziarie, politiche? E lae tante altre parti che occorrono a scrivere una storia nel modo moderno? E non è forse più naturale che l’A. scrivendo la sua storia qui, ove oltre al suo archivio gli stanno aperti tanti altri come quelli della Marciana e di parecchie famiglie private, tutti ricchi di molte parti, come in quello stesso de’ Frari per quanto ricchissimo pur mancano, non è più naturale, dico, che ricercando quelle notizie che più si addicono ad una storia generale, ne tessa poi una narrazione di fatti ben accertati e dia un quadro della condizione della repubblica nei vari tempi, lasciando poi a chi imprendesse a scrivere tante storie speciali di far uso di tutti i documenti relativi appunto a quelle specialità? Spetterà allo storico del commercio studiare e pubblicare tutte le particolari disposizioni ad esso relative, le tariffe, ecc. allo storico generale deve bastare darle la fisionomia, l’aumentare ed il decadere di esso e così via discorrendo”. 46 Storia documentata di Venezia: copertura cronologica 500 450 Anni 400 350 300 250 200 150 100 50 0 1° vol. 2° vol. 3° vol. 4° vol. 5° vol. 6° vol. 7° vol. 8° vol. 9° vol. 10° vol. 47 • Tomo I (1853) pp. VII, 408: – dalle origini al 1096. Libri I-IV, più i documenti. • Libro I Capitolo V e Libro IV Capitolo III: dedicati all’organizzazione politica, alla società, alle arti, all’economia ai costumi • Tomo II (1854) pp. 468: – dal 1096 (Vitale Michiel I doge) a fine XIII secolo. Libri V-VII più documenti. • Libro VI Capitolo I: Considerazioni sul governo della Repubblica. • Libro VII • Capitolo III: Serrata • Capitolo IV: Giustizia, Commerci, Finanze, banca, Galee, cultura 48 • Tomo III (1855) pp. 412: – 1300-1400. Libri VIII-IX. • Libro VIII – Capitolo I: Bocconio – Capitolo II: Baiamonte – Capitolo III: Cons. Dieci • Libro IX – Capitolo VII Condizioni generali della Repubblica nel XIV secolo • Commerci, finanze, estimo, cultura, arti, mestieri, feste, Statuti, governo terraferma, • Tomo IV (1855) pp. 560: – 1400-1487 (Guerra con Sigismondo per Rovereto). Libri X-XII – Capitolo VI dedicato alla cultura l’arte i commerci e considerazioni generali sul regime 49 • Tomo V (1856) pp. 567: – 1492- 1530. Libro XII-XIII • Tomo VI (1857) pp. 543: – 1531-1600. Libro XIV – Capitolo III: Inquisitori di Stato – Capitolo IV: Commerci, Ceneda, Taiedo, etc. – Capitolo X considerazioni generali. alla fine di ogni secolo: teorizza – Inizio decadenza veneziana – Capitolo XI: governo della terraferma-. 50 • Tomo VII (1858) pp. 615: – 1600- 1700 (Carlowitz) • Tomo VIII (1859) pp. 527: 1700-1789 51 • Tomo IX (1860) pp. 548: – 1789-1797. Libri XVIII-XIX • Libro XVIII – Cap. I: Società veneziana: patrizi, cittadini, rapporti. Vita, idee di Francia – Cap. II: Solennità religiose, civili, costumi, feste, carnevale – Cap. III: Cultura. Libri, biblioteche, Letteratura Zen, Gozzi, Goldoni, Renier Michiel. Storici politici (scarsità), – Cap. IV: discorso di Andrea Tron sulle arti. Commercio, economia – Cap. V: I domini veneziani (Dogado, Dalmazia, Albania, • Tomo XIX: • Tomo X (1861, ma l’editore alla fine firma 1863): – 1797. Libro XXI + DEMOCRAZIA (fino all’entrata degli austriaci) pp. 186 + indice 52 • • • • • Luigi Luzzati "Considero mio maestro anche Samuele Romanin. Io avevo al fortuna di vederlo spesso nella sua semplice cameretta meditabondo e raccolto nei tesori d'infiniti documenti e da lui avevo imparato come quando si porta nell'anima l'amore della verità, la fatica sembra un sollievo. Sbalestrato dalla sorte, giovane ancora, a Venezia, un sentimento di meraviglia lo aveva colto alla vista della illustre città; né il suo affetto avea certo posto in basso loco. Perché anche dove non si voglia studiarla nel giro lungo dei suoi quattodici secoli, una città che manifesta ancora la sua repubblicana maestà, colle tele dei Bellini, dei Tiziano, dei Carpaccio, e coi palagi stupendi che sfidano il tempo, documenti perenni e che significano tanto, deve avere una grande storia. Ma il Romanin appartenente a quella schiera di eletti, i quali il loro amore addimostrano colla meditazione e coll'opera, pensò che l'affetto per Venezia in modo migliore esprimere non potesse che con una storia e, forte della mirabile pazienza, si mise nella difficile via. Quando riusciva a distruggere le calunnie del Daru e a luce di meriggio mostrava i modi tortuosi con cui erano tessute, io lo vedevo sereno e contento; era la coscienza tranquilla d'un uomo che aveva fatto il dovere suo e da di contribuire alla scienza con larga misura. Doveva lottare contro vecchi pregiudizi, radicati nella tradizione e rafforzati dai romanzieri e dai poeti; e perché prima del Romanin la storia di Venezia non era ancora fatta popolare, molti non sapevano che quanto v'era nel Bravo o nelle poetiche esclamazioni del Carmagnola. Avea dunque per competitore un pregiudizio consacrato dall'arte, il più difficile a vincersi.” 53