La storiografia su Venezia
nell’800
• Giustina Renier Michiel
• Emanuele Antonio Cicogna
– Le Iscrizioni veneziane
1
2
Daru
• «Una repubblica famosa, potente molto a lungo, rimarchevole per la
singolarità della sua origine, del luogo in cui sorge, e delle sue
istituzioni è scomparsa ai nostri giorni, sotto i nostri occhi, in un
attimo. Contemporanea della più antica monarchia europea, isolata
per sistema e posizione, è morta in questa grande rivoluzione che
ha rovesciato tanti altri stati […]. La storia, che deve la sua
testimonianza a coloro che non sono più, consegnerà il ricordo che
ci ha lasciato questo popolo che la sua antichità pone alla testa
delle nazioni moderne […]. Deve pur esistere la possibilità di trarre
frutto dallo studio di un sistema d’organizzazione sociale che non
aveva avuto modelli; e dopo aver sottolineato la costanza dalle
massime e negli sforzi che elevò la repubblica ad un si alto grado di
potenza e di splendore, non sarà meno istruttivo osservare come i
vizi interni di questo stato lo condussero ad una esistenza isolata,
languente e passiva che spiega l’indifferenza con la quale i
contemporanei hanno assistito alla sua catastrofe»
Daru
• Pierre Noel Antoine Bruno Daru nacque a Montpellier il 12 gennaio
1767.
• Studia diritto e lettere antiche (molto brillante)
• A 16 anni si arruola nell’esercito.
• Durante la rivoluzione la sua carriera lo porta fino alle massime
cariche militari. Fedele sostenitore degli ideali rivoluzionari.
• Dall’incontro con Bonaparte si trasforma da perfetto rivoluzionario a
perfetto monarchico.
– Rapporto di stima ed ammirazione con B. => in cambio importanti
incarichi
•
•
•
•
•
•
Commissario e poi Intendente generale della Grande Armé
intendente generale dei paesi conquistati
Consigliere di Stato
Ministro Segretario di Stato
Ministro della guerra
Intendant de la Maison de l’Impereur
– Secondo o terzo uomo dell’Impero
3
Daru
• Dopo Waterloo: esilio da Parigi.
• Riprende l’impegno politico dal 1819 (svolta
liberale del governo)
– nomina a Pari di Francia
– Fa parte della Camera
• partecipa alle discussioni sulle finanze statali, sulle
istituzioni, sull’amministrazione militare, e soprattutto sulla
libertà di stampa
• Interesse per le lettere classiche, per il diritto e
la storia non viene meno nemmeno negli anni
napoleonici
– Nel 1806 nominato membro dell’Academie française,
(“directeur” nel ’19).
Daru
• Opere
–
–
–
–
Histoire de la république de Venise
Histoire de Bretagne (1826)
Poème des Alpes
Astronomie (1830) (attestato di benemerenza
Accademia delle Scienze).
• Prima di morire pensa alla stesura di una storia
di Francia, ma il progetto rimane sulla carta
(impegni politici).
• Muore il 5 settembre del 1829 (Becheville)
4
Daru
• Histoire de la République de Venise
– edizioni francesi: Parigi 1819, 1821, 1826 e
1853, 2004
– Edizioni tedesche 1824 (a S. Pietroburgo e
1828 a Stoccarda)
– Edizioni Italiane: 1834 e 1837-38 a Capolago
Daru
• Critica di fondo:contro il sistema di governo oligarchico
scaturito dalla Serrata del Maggior Consiglio: sistema
“tirannico”
• La caduta della Repubblica nel 1797 era un riflesso di
quell’antica svolta politica che aveva minato alla base
l’antica struttura politica veneziana.
• Influenzato dalla sua formazione politica nel
centralizzato e gerarchizzato impero napoleonico: per
Daru la miglior struttura di governo era quella
monarchica, dominata da un re di natura divina.
• Sistema oligarchico: trionfo degli interessi di pochi sulla
collettività cittadina, degli intrighi, delle usurpazioni e
delle violenze.
5
Daru
•
La “genesi” stessa di Venezia e delle
sue magistrature necessitava di essere
corretta e ripulita delle menzogne
storiche tramandate dal “mito”.
•
“Assalto” all’ipotetica originaria
indipendenza e libertà.
1. sudditanza veneziana nei confronti
dell’impero bizantino e di quello d’occidente.
Daru
2. opposizione alla “mitica” origine selvaggia della città:
presenza nelle isole lagunari di un nucleo abitativo
precedente alle migrazioni di V e VI secolo.
– insediamento ordinato secondo un sistema democratico, basato
su istituzioni di tipo romano e legato alla città di Padova, che
accoglie benevolmente nelle proprie isole i rifugiati.
– I nuovi arrivati si immischiarono progressivamente agli originari
abitanti, favorendo il passaggio ad una struttura sociale di tipo
aristocratico.
– I primi decenni di vita della nuova “costruzione” politica furono
caratterizzati da numerosi cambiamenti istituzionali, il più
importante dei quali fu l’apparizione della figura dogale. Daru
non mosse alcuna critica a questa magistratura i cui originari
poteri erano simili a quelli detenuti dai monarchi assoluti.
6
Daru
• Serrata del Maggior Consiglio:
avvenimento «funesto e fatale», la cui
principale conseguenza fu l’instaurazione
di una forma di governo aristocratica.
• L’emblema della svolta era il doge Pietro
Gradenigo, autore di un cambiamento
politico frutto dell’usurpazione di un
piccolo numero di cittadini a danno della
maggior parte della popolazione.
Daru
Daru evidenzia alcuni aspetti particolari e molto importanti
della vicenda repubblicana veneziana:
• Fu il primo storico a parlare di una divisione interna al
patriziato, causata dalla diversa disponibilità economica
e finanziaria. L’ineguaglianza delle ricchezze eclissò
l’eguaglianza dei diritti e portò alla creazione di relazioni
di dipendenza.
• Affrontò per primo così lo spinoso tema delle relazioni
patrono-cliente, fondamentali per capire i rapporti interni
al patriziato e quelli tra il governo veneziano e i sudditi
7
Daru
• Il fulcro della trattazione è lo studio della
complessa piramide di relazioni clientelari
congenito al mondo marciano.
• La natura specifica dello stato veneziano era
caratterizzata dalla presenza di una
concatenazione di interessi cioè
– una catena di vincoli creata dall’ineguaglianza del
potere fra i cittadini di Venezia, che aveva stabilito nel
patriziato un “protettore” per ognuna delle famiglie
minori.
– Il clientelismo era stato poi esportato anche nei
domini: spina dorsale dei rapporti sociali e politici
dello stato.
Daru
• Daru svela anche l’importanza del “broglio
elettorale”.
• Ne riassume le caratteristiche con una
frase quanto mai sibillina: «C’était sous les
portiques de Saint-Marc que les patricièns
se réunissaient tous les jours, pour se
concerter, solleciter, vendre les suffrages»
8
Daru
• Studio delle magistrature veneziane.
– La maggior parte analizzata con imparzialità
– Non il Consiglio dei Dieci e il Tribunale degli Inquisitori di Stato
• Documenti scoperti nella biblioteca del re a Parigi (Statuti degli
Inquisitori di Stato e il Trattato del governo di Venezia):
– Le definisce due magistrature “tiranniche”.
» I Dieci infatti si erano progressivamente impadroniti del potere
politico esautorando le altre magistrature, specialmente il Senato
» Gli Inquisitori di Stato altro non erano che il “braccio armato” dei
Dieci.
– Ma critica di fondo al sistema di governo veneziano:
• mancanza di una reale divisione dei poteri fra i vari organi pubblici.
Daru
• Un intero volume della sua Histoire dedicato alla
cosiddetta “congiura di Bedmar”.
• Ambasciatore spagnolo a Venezia nel 1618
– Bedmar secondo Daru, complotta con il governatore spagnolo di
Milano don Pedro de Toledo,e altri, ad una congiura volta a
portare sul trono di Napoli il viceré duca di Ossuna.
– Fuga di notizie: la Repubblica ordina l’uccisione di tutti i
comprimari che erano a parte del segreto.
– Convinse il re di Spagna che l’ambasciatore Bedmar stava
tramando contro la Serenissima, rovesciando su questi un
progetto mai architettato: la conquista di Venezia.
– Pretesto per Daru per sottolineare il modo d’agire dispotico e
tirannico della Repubblica di S. Marco: invenzione di una falsa
congiura a suo danno per mascherare la partecipazione ad un
complotto internazionale.
9
Daru
• Daru considera negativamente anche l’espansionismo veneziano in
terraferma, che aveva modificato le vecchie strutture dello stato.
• I nobili locali occuparono da quel momento una posizione
subordinata rispetto al patriziato veneziano, unico detentore del
potere politico, il quale lasciò loro solo una parte
dell’amministrazione degli interessi comunitari.
• La stessa gestione dei territori terrafermieri e d’oltremare era a suo
dire caratterizzato da durezza, tirannia e malversazione.
• Eccezioni: amministrazione delle città di Bergamo e Brescia.
• A causa della posizione strategica delle due città all’interno dei
confini dello stato veneto.
• La terraferma e lo Stato da Mar nutrivano solo odio e rancore nei
confronti della capitale.
Daru
•
•
•
•
L’Histoire non è solo un manifesto dell’“antimito” veneziano. Contiene anche
alcune osservazioni positive sul sistema politico della Dominante.
Daru apprezzava non solo la frequenza delle elezioni delle magistrature e il
benefico ruolo svolto dal ceto di governo per il mantenimento della
sicurezza pubblica, ma soprattutto la maestria politica di molti patrizi che
avevano garantito al dominio veneziano un lungo periodo di pace e stabilità.
Daru era affascinato dal modo con cui la Repubblica aveva per secoli
interpretato la propria politica giurisdizionalistica nei confronti della Chiesa
di Roma.
La politica ecclesiastica veneziana era un modello da seguire:
– nella Serenissima il clero era numeroso e rispettato, e le feste religiose e le
grandi liturgie non mancavano ma il governo si era avocato il diritto di nomina
degli alti prelati a cui faceva seguito la conferma papale.
– le norme contro i “papalisti” (nessun ecclesiastico poteva partecipare alla vita
politica e i loro parenti erano soggetti a controllo).
•
La politica giurisdizionalistica veneziana aveva annullato definitivamente
l’influenza del clero sugli affari istituzionali ed era stata considerata un
modello per la stessa politica ecclesiastica napoleonica
10
Daru
Fonti:
• fonti antiche: Tacito, Plinio, Catone, Polibio,
Strabone ed Orazio, (origini della città di
Venezia e della sua laguna)
• storiografi veneziani: Marin Sanudo, Andrea e
Pietro Morosini, Cristoforo Tentori, Vettor Sandi,
Jacopo Filiasi,
• Manoscritti inediti scoperti da Daru a Parigi
• Archivi?
Daru
• Ma soprattutto il filone storiografico
dell’“antimito” veneziano
– in particolare alcune opere di autori seicenteschi.
• Nicolas Amelot de La Houssaye, Histoire du Gouvernment
de Venise (Parigi, 1676)
• Squittinio della libertà veneziana
• Opinione del padre Paolo Servita (Venezia, 1680), nel
burrascoso periodo della guerra di Candia, a torto attribuita al
Sarpi.
– Montesquieu, Rousseau e Voltaire, che identificavano
Venezia come una cupa ed oppressiva oligarchia.
– Henry de Saint-Didier, La ville et la République de
Venise, zeppa di interessanti aneddoti sul sistema
istituzionale veneziano.
11
Daru
• Reazioni a Daru
• In italia: Silvio Pellico: recensioni entusiastiche sul «Conciliatore»
(Cfr. «Il Conciliatore», a cura di Vittore Branca, vol. III, luglio-ottobre
1819, Le Monnier, Firenze 1954.)
• Sposa appieno le tesi del francese:
• Repubblica di Venezia nel secolo XVIII priva di forze, incapace di
ringiovanirsi attraverso delle riforme, governata da una classe
rinchiusa nei propri privilegi politici, un vero e proprio anacronismo
istituzionale.
• Evoluzione istituzionale della Serenissima: il governo veneziano fu
in origine democratico, divenne monarchico coll’elezione del primo
doge e, successivamente colla Serrata del Maggior Consiglio, si
trasformò in oligarchico.
Daru
• Pellico condivideva pienamente la lettura negativa
dell’ultimo secolo di vita della Serenissima
(preponderanza degli Inquisitori di Stato).
• Principale accusa alla Repubblica: non si è proposta
come guida nazionale italiana.
– A causa dell’ottusità e debolezza del suo ceto politico,
insensibile persino ad un progetto che avrebbe probabilmente
conservato l’indipendenza alla città.
• Ma il fascino dell’antica capitale e della sua storia fecero
breccia anche nel cuore di Pellico, che sosteneva la
necessità di studiare le vicende della Serenissima, delle
sue istituzioni, dei suoi artisti e letterati
12
Daru
• Il rimpianto per l’unico stato italiano che fosse
sopravvissuto alla decadenza d’Italia, si
sovrapponeva infatti al rifiuto del governo
aristocratico.
• “Biasimando l’ignobile fine d’un antico eroe, non
bisogna però essere ingrati per tutto ciò che egli
ha fatto di grande in gioventù. Ë destino di tutte
le istituzioni dell’uomo ch’esse siano caduche;
fortunata quella che ha resistito a molti secoli, e
a cui l’umanità volgendole molti rimproveri può
anche tributare molta lode”
Tiepolo
GianDomenico Ermolao II Tiepolo (Venezia 1763-1836)
• terzogenito di Alvise Tiepolo Sant’Aponal ed Elena Badoer,
• una delle famiglie veneziane più antiche, che annoverava tra i suoi
antenati
– due dogi (Jacopo e Lorenzo)
– un patriarca di Venezia (Giovanni nel secolo XVII)
– numerosi Senatori, Procuratori di S. Marco e consiglieri ducali
• Il nonno Francesco e il padre Alvise modelli da imitare per il giovane
Tiepolo
– Francesco fu luogotenente a Udine negli anni ’40 del ‘700, Senatore e
Capitano a Padova nel decennio successivo
– Alvise fu Savio del Consiglio, ambasciatore nel Regno delle Due Sicilie
nel ’68, ambasciatore a Roma nel 1769-75 (dove lo seguì il figlioletto
GianDomenico)
13
Tiepolo
Politica matrimoniale molto accorta:
• il matrimonio nel 1721 di Francesco con
Cornelia Mocenigo di Alvise IV
• quello di Marina, sorella di GianDomenico, con
Antonio Savorgnan di S. Geremia negli anni ’70
del ‘700
– Con queste unioni i Tiepolo di Sant’Aponal entrarono
a far parte della principale lobby politica veneziana
del ‘700, quella che faceva capo ai Pisani di S. Vidal,
ai Loredan di S. Stefano, ai Corner della Regina, ai
Foscarini ai Carmini, ai Mocenigo di S. Stae, ai
Manin.
Tiepolo
• Educato in famiglia da alcuni istitutori (specie Cristoforo Tentori,
erudito e storiografo, che agì in modo determinante nella formazione
intellettuale di GianDomenico)
• La carriera politica del patrizio fu brillante:
– 1788 rettore a Chioggia
– Anni 90:
•
•
•
•
•
Savio agli ordini
Savio di terraferma
Deputato agli acquartieramenti
Deputato alla custodia del litorale di Pellestrina
Aggiunto al Commissario alle lagune e lidi.
• Fondamentale era risultata per la sua ascesa politica quella trama di
legami tessuta dai suoi antenati nei decenni precedenti.
14
Tiepolo
• Certamente importante era stato poi il suo
matrimonio nel 1787 con Maria Priuli,
(unione stipulata per parte della sposa dal
Procurator di S.Marco e futuro doge
Lodovico Manin)
• Maria portò allo sposo una dote finanziaria
di 55.000 ducati e una dote “politica” di
rafforzamento dei legami con le principali
famiglie veneziane.
Tiepolo
• Dopo il crollo della Serenissima, Tiepolo si
ritirò progressivamente dalla scena politica
per dedicarsi allo studio e alla famiglia.
• Rifiutò ogni ingerenza nella Municipalità
provvisoria del 1797
• ottenne invece alcuni incarichi durante le
dominazioni austriache
• rifiutò tutti gli uffici offertigli negli anni del
Regno d’Italia
15
Tiepolo
• Presidente dell’Imperial Regio Supremo Uffizio di Sanità
di Venezia (prima dominazione austriaca)
• Il suo rapporto con gli austriaci fu abbastanza buono:
– Ad esempio, nel luglio del 1801 ospitò nel suo palazzo l’Arciduca
Giuseppe d’Austria, per il quale ordinò una maestosa festa alla
quale partecipò l’élite cittadina.
• Durante il periodo napoleonico, Tiepolo si distaccò
completamente dalla vita politica
– unica eccezione la nomina nel 1807 a Consigliere generale del
Dipartimento dell’Adriatico (politica di coinvolgimento dei notabili
locali perseguita da Bonaparte)
• diffidenza nei confronti dei francesi, ma anche crisi
finanziaria che lo distolse dalla politica.
Tiepolo
• Tiepolo si era dedicato in quegli anni alla gestione del suo ingente
patrimonio:
– ambizioso piano di ristrutturazione fondiaria e riorganizzazione
produttiva.
• Cospicui investimenti nella risicoltura rivelatisi però disastrosi => fallimento e
vendita di maggior parte delle proprietà
• singolarità della vicenda economico-finanziaria dei Tiepolo
Sant’Aponal rispetto alla maggior parte delle famiglie nobili
veneziane:
– Gran parte di queste giunse alla fine della Repubblica già ampiamente
indebitata e successivamente aggravò la propria situazione
– i Tiepolo invece agli inizi dell’Ottocento erano in condizioni di notevole
solidità finanziaria e patrimoniale, e solo in seguito furono travolti dalla
crisi originatasi dalle errate scelte imprenditoriali di GianDomenico.
16
Tiepolo
•
E. A. Cicogna (Diari): testimonianza della disgraziata
congiuntura economico-finanziaria alla quale il Tiepolo
andò incontro nei primi decenni dell’Ottocento.
• In data 31 gennaio 1820 scrive: «Il nobile GianDomenico
Tiepolo possedeva una galleria di quadri, medaglie, libri
[…], aveva una rendita di 70.000 ducati, ed ora è ridotto
a doversi ritirare in una villa sulla Piave […] e vivere in
ristrettezze economiche e sotto l’amministrazione di un
gentiluomo Zustinian suo genero, si è venduto il museo, i
libri, i quadri […]».
• Per Cicogna la radice della rovina finanziaria dell’expatrizio sarebbe stata imputabile alla sua «stoltezza»:
una volta caduta la Serenissima, non limitò le spese, ma
continuò a vivere con la stessa «grandezza».
Tiepolo
• La crisi patrimoniale e finanziaria della famiglia era in realtà frutto di
diverse circostanze:
– inadeguatezza dello stile di vita di GianDomenico, che costava un
enorme spreco di denaro
– ma soprattutto errate scelte imprenditoriali.
• Unico rimedio: procura generale irrevocabile al genero Angelo
Zustinian (nella vana speranza che questi riuscisse a ridar fiato alle
finanze di famiglia).
• Negli ultimi anni l’ex-patrizio (divenuto conte dell’impero)
–
–
–
–
studi storici e numismatici
traduzioni dall’inglese
letture all’Ateneo Veneto (di cui era divenuto membro onorario nel 1813)
numerose corrispondenze con intellettuali veneziani ed italiani
17
Tiepolo
• 1819 nella «Gazzetta privilegiata di Venezia»
articoli-recensione dell’Histoire
• Tiepolo compose delle osservazioni a quella
prima edizione dell’opera (osservazioni che
andranno a costituire poi una parte molto
importante dei Discorsi)
• quindi si affaccendò in lunghe ricerche storiche
assistito da alcuni eruditi veneziani come
Michele Battagia, GianAntonio Moschini ed
Emmanuele Antonio Cicogna.
Tiepolo
• L’abate Moschini fu certamente il personaggio
chiave di questa prima fase della vicenda.
– studioso di cose venete molto legato al passato
repubblicano; si convinse pertanto ad inviare delle
lettere al Daru contenenti delle critiche storiche alle
sue principali tesi
– Per suo tramite il Tiepolo entra in corrispondenza
con l’ex-ministro francese che, dall’autunno del 1822,
si era dichiarato disponibile ad apportare alcune
modifiche alla sua opera
18
Tiepolo
• Con questo rapporto l’ex-patrizio sperava (lettera al Moschini del
dicembre del 1820) di indurre Pierre Daru ad emendare una parte
delle sue critiche, e riconsiderasse la storia della Serenissima.
• Lo scambio epistolare, iniziatosi verso la fine del ’22 fu molto sterile
e privo di spunti originali: entrambi infatti rimasero fermi sulle proprie
posizioni.
– Daru fin dalla sua prima lettera professò la propria indipendenza ed
imparzialità
• sosteneva di aver utilizzato una quantità enorme di opere edite ed inedite di
sicuro affidamento, oltre a numerosi manoscritti di storici francesi e
veneziani, sulla cui originalità non si poteva discutere.
• Ribadiva le critiche mosse ad alcune magistrature marciane, come i Dieci e
gli Inquisitori di Stato, non cambiava opinione in merito alla “Serrata”
• Continuava a definire “ostile” l’atteggiamento tenuto dalla Serenissima nei
confronti della Francia post-rivoluzionaria
– La sua analisi rimaneva perciò fortemente legata alle proprie vicende
personali e alla sua fedeltà al Bonaparte.
Tiepolo
• Allo stesso modo Tiepolo si dimostrò intransigente
proteggendosi dalle accuse scagliate dal francese per
mezzo dello schermo storiografico del “mito” di Venezia.
• La principale critica mossa all’Histoire fu quella di essere
un’opera fondata su compendi di manoscritti poco
attendibili realizzati a misura da degli «inetti
amanuensi».
• Quindi il conte riteneva che l’obiettivo del francese fosse
stato infangare la memoria della decaduta Repubblica
per poter giustificare la conquista della Serenissima da
parte napoleonica.
19
Tiepolo
• Data l’inutilità del carteggio con Daru,
Tiepolo si decise così a riordinare tutti gli
appunti stilati sulla prima edizione
dell’Histoire (1819), integrandoli con molte
considerazioni tratte dalle opere dei
principali storici veneziani, con lo scopo di
dar vita alle rettificazioni
• Alla fine del 1825 inviava alla censura
austriaca il manoscritto dei suoi Discorsi.
Tiepolo
• L’iter burocratico per la concessione del permesso di stampa si
concluse soltanto nel gennaio del 1828
• sospetto delle autorità austriache verso tutto quello che riguardava
la storia veneta: l’opera del Tiepolo era scomoda giacché trattava
proprio del passato repubblicano
• Inoltre l’Histoire di Daru, che veniva richiamata nel titolo, era stata
proibita dalla censura
• Inoltre, benevola analisi del regime repubblicano, colla quale si
metteva in secondo piano, non potendo criticarlo direttamente, il
sistema di governo monarchico.
• il permesso di stampa infatti giunse solo grazie all’intervento del già
patriarca di Venezia ed ora arcivescovo di Erlau monsignor Ladislao
Pyrker, amico del veneziano e molto vicino alle autorità politiche
viennesi.
20
Tiepolo
• Nel 1829 subito dopo l’uscita dei Discorsi Pierre Daru si stava
apprestando a rispondere alla critiche ricevute attraverso un’altra
edizione dell’Histoire
• Ma muore e la quarta edizione uscì solo nel 1853 sotto la direzione
di Viennet.
• L’incipit è particolarmente forte
– il curatore tentò infatti di raccogliere le principali tesi dei due storici e
recuperò la maggior parte del loro lungo carteggio.
– A suo parere la diatriba storiografica che aveva visti per protagonisti
Daru e Tiepolo doveva diventare un modello per tutti gli intellettuali
europei che si apprestavano a studiare le vicende degli stati d’ancien
règime scomparsi con la rivoluzione francese: «Cette préface du
critique est assurement un modele de l’urbanité qui devrait toujours
régner entre les gens de lettres même lorsq’ils professent des opinions
opposées». Cfr. Histoire 1853, pp. 225-226.
Tiepolo
• GianDomenico Ermolao II Tiepolo (Venezia 1763-1836)
• Discorsi sulla Storia veneta cioè rettificazioni di alcuni
equivoci riscontrati nella Storia di Venezia del Sig. Daru,
Udine, Mattiuzzi, 1828
• Le rettificazioni prevedevano l’analisi dei principali errori
commessi dal francese in merito alle origini,
all’evoluzione istituzionale, all’amministrazione dei
territori e soprattutto ai Dieci e agli Inquisitori di stato
21
Tiepolo
•
Pima rettificazione: le origini di Venezia
•
Vuole dimostrare l’originaria indipendenza della città dalle varie
potenze che si succedettero in Italia a partire dal V secolo d. C..
•
Contro la tesi di una Venezia suddita (dei padovani, poi dei
bizantini ed infine dei Franchi)
•
Il nucleo urbano sorge attorno al V-VI secolo in modo del tutto
indipendente
–
–
a causa delle invasioni barbariche, un nutrito gruppo di nobili
provenienti dall’entroterra della Venetia ripararono presso le isole
lagunari, abitate da pochi pescatori privi di ogni forma istituzionale.
I nuovi venuti instaurarono quindi, in modo del tutto legittimo, un
governo di tipo aristocratico. In questo modo Tiepolo riscoprì non solo
il mito delle “origini selvagge” della città, ma anche quello della
“originaria indipendenza” e del “primitivo potere aristocratico”.
Tiepolo
•
Seconda rettificazione: sviluppo istituzionale del
governo veneziano
•
Contro l’interpretazione politica e sociale della “Serrata
del Maggior Consiglio”
–
–
Non si trattò di una “chiusura” politica, bensì di un
ampliamento, in quanto da quel momento in poi le fila del
consiglio si ingrossarono a dismisura.
indagine molto superficiale, quasi banale: l’ex-patrizio cercò
un escamotage per discutere il meno possibile di un tema così
impegnativo: sposta l’attenzione su temi più facilmente
affrontabili (ad es., i poteri delle magistrature repubblicane)
22
Tiepolo
• Altri due spinosi temi:
– divisione interna al ceto patrizio
– i rapporti clientelari.
• Tiepolo sostenne la tesi della compattezza del patriziato:
a suo dire tutti i nobili erano uguali dinanzi alla legge,
dotati dei medesimi diritti e poteri.
• Sconfessa la tesi di Daru di un differente peso politico
correlato alla diversa disponibilità finanziaria.
• Contro la tesi del francese di una Venezia oligarchica.
• Sul clientelismo Tiepolo si sconfessa da sé confermando
di fatto la tesi di Daru:
– per Tiepolo i nobili si identificavano come “protettori” della
popolazione alla quale elargiva aiuti e favoreggiamenti,
ricevendone in cambio solo “gratitudine”.
Tiepolo
•
Terza rettificazione: politica del governo veneziano e
creazione dello stato veneto
legittimità del dominio veneziano sulla terraferma e
sulle colonie d’oltremare.
•
–
–
–
Ripercorre passo passo la formazione del dominio marciano,
originatasi, secondo lui, in conseguenza di precise invocazioni
di aiuto da parte delle popolazioni locali.
La Repubblica sarebbe intervenuta in loro soccorso: dapprima
le liberò da chi le soggiogava, poi per volontà degli originari
abitanti, vi esportò il proprio sistema di governo.
Alle città che le si erano date in “dedizione” Venezia conferma
i propri statuti ed autonomie amministrative, e ne è
ricompensata da profondi sentimenti di attaccamento e
fedeltà.
23
Tiepolo
• Politica estera veneziana:
– Daru la considerava poco chiara, incomprensibile e contraddittoria
(Carraresi, Carmagnola). Principale critica: sciocca politica di neutralità
di fine ‘700, risultato di una dilagante debolezza interna.
– Per Tiepolo le questione dei Carraresi e del Carmagnola segnalavano la
legittimità della condotta della Serenissima (testimonianze e prove certe
della colpevolezza dei sospettati, condannati dopo un equo processo)
– la politica di neutralità tenuta dalla Repubblica nell’ultimo suo secolo di
vita: fu saggia
– La neutralità non debolezza ma “perspicacia”.
– La caduta della Repubblica il crollo della Serenissima era da imputarsi
alla cupidigia francese, incarnatasi nella fame di ricchezza del generale
Bonaparte.
– Secondo Daru: risultato dell’ipocrita atteggiamento tenuto dalle
magistrature veneziane, le quali si erano dapprima dimostrate “amiche”
della Repubblica francese, poi avevano fomentato le Pasque Veronesi e
la rivolta.
Tiepolo
•
•
•
•
•
•
Quarta rettificazione : Consiglio dei Dieci e Tribunale degli
Inquisitori di stato
Contro il Capitolare degli Inquisitori di Stato di cui riesce a
dimostrare la falsità
Tiepolo in particolare evidenziò alcuni punti che contrastavano
con le vicende storiche:
1) il termine stesso di “Statuti” non era mai stato utilizzato dal
governo veneto in relazione alle proprie magistrature
2) Daru si era ingannato quando aveva sostenuto che il Tribunale
degli Inquisitori di Stato era stato istituito con una precisa legge
nel 1454, mentre era nota a tutti la data di “fondazione”, il 1539
3) non era possibile che, sempre nel 1454, le prigioni dei
“Piombi” fossero state assegnate al tribunale, dato che vennero
istituite solo nel marzo del 1591.
24
Tiepolo
• Per la prima volta Tiepolo colpisce nel segno
• tentativo di diffamazione da parte di qualche governo ostile alla
Repubblica.
• Ricostruzione della storia del Consiglio dei Dieci
• il Tribunale aveva sempre giudicato con imparzialità e dopo lunghi
e dettagliati processi
• mai si era arrogato dei poteri eccedenti le loro prerogative.
• Equità nel caso della giusta condanna del figlio del doge Francesco
Foscari, accusato di aver infranto le leggi della Repubblica e
ordinato l’uccisione di uno dei capi dei Dieci.
• Il tribunale non aveva concesso una posizione privilegiata nemmeno
al figlio del primo magistrato veneziano, e questo testimoniava la
sua rettitudine.
• In conclusione: il Consiglio dei Dieci e gli Inquisitori di Stato furono
un tribunale di alta polizia, magistratura necessaria per il buon
funzionamento di ogni macchina statale.
Tiepolo
•
Quinta rettificazione: interamente dedicata allo studio delle
magistrature
rettifica numerosi errori cronologici commessi da Daru
•
–
•
•
•
il francese infatti aveva fatto risalire l’istituzione di alcune
magistrature, come ad esempio il Senato, ad un periodo storico
troppo remoto.
Analisi delle competenze e dei poteri dei principali organi
repubblicani (in particolare Savi, Consulta e Collegio)
Sottolinea l’importante ruolo svolto dagli Avogadori di Comun
quali garanti della retta interpretazione ed applicazione della
legge.
Quadro roseo del sistema repubblicano, caratterizzato dal
bilanciamento dei poteri, e da un reciproco e costante controllo tra
i vari organi che aveva impedito gli abusi di potere.
25
Tiepolo
Sesta rettificazione : congiura di Bedmar
•
•
•
•
il marchese Bedmar era a capo di una cospirazione contro la
Repubblica veneziana. Spalleggiato dal governatore di Milano,
don Pedro de Toledo, e dal duca di Ossuna, l’ambasciatore
mirava all’assoggettamento di Venezia.
Le ricchezze accumulate dalla conquista sarebbero poi servite per
muovere guerra al re di Spagna per Napoli.
L’oscuro piano dell’ambasciatore denunciato da alcuni congiurati
francesi introdottisi a Venezia allo scopo di incendiare l’Arsenale
e il Palazzo Ducale.
La Repubblica agì con rapidità e determinazione facendo in modo
che il pericoloso rappresentante spagnolo fosse richiamato in
patria ed evitando nel contempo lo scoppio di un caso diplomatico
con la corte spagnola
• Sismondi
26
Sagredo
• Primo veneziano ad uscire dalla visione
esclusivamente nostalgica della storia della città
fu Agostino Sagredo.
• Agostino Sagredo (1798-1871), di Giovanni
Gherardo (+1822) ed Elisabetta Renier
– Professore di estetica all’Accademia di Belle arti
(1846-52)
– Socio corrispondente dell’IVSSLLAA dal 1844,
effettivo dal 1855
– Socio dell’Ateneo 1822
– Deputato all’Assemblea nel 1848
– Senatore 1866
Sagredo
• Storia civile e politica, in Venezia e le sue
lagune, I, Venezia 1847 (IX Congresso
degli scienziati italiani)
• Sulle consorterie delle arti edificative in
Venezia, Venezia 1856
27
Sagredo
• Anche lui ex patrizio, aveva però saputo gestire con oculatezza il
patrimonio familiare, contrariamente al Tiepolo)
• ben integrato nell’ambiente intellettuale e politico veneziano
– rapporti con G. Renier Michiel, L. Cicognara, Duodo
– membro dell’Ateneo Veneto, dell’Istituto Veneto, dell’Accademia di belle
arti
– Congregazione municipale
– Redige la sezione dedicata alla storia della città in Venezia e le sue
lagune, l’opera presentata dalla città agli intervenuti al IX Congresso
degli scienziati italiani del 1847.
– Breve ma importante saggio: lettura della storia di Venezia molto
diversa rispetto alle lamentazioni nostalgiche dei suoi predecessori
– accetta molte critiche avanzate da Daru al patriziato e al modo in cui
aveva conservato il potere, soprattutto in rapporto alle province di
terraferma.
Sagredo
• La figura di Sagredo meriterebbe
senz’altro una ricerca più approfondita, ma
sicuramente giocò un ruolo molto
importante nello sprovincializzare la
storiografia veneziana introducendola
nell’ambiente dei più importanti circuiti
intellettuali italiani.
28
• La storia di Venezia cominciò ad avere
un’immagine non più esclusivamente
negativa a livello italiano ed europeo
quando i tesori contenuti nelle biblioteche
e negli Archivi della repubblica
cominciarono ad essere conosciuti,
pubblicati in sistematiche raccolte e
utilizzati dagli storici italiani ed europei
Ranke
• Fu Leopold von Ranke il grande storico prussiano ad
aprire la strada ad una nuova fase della storiografia su
Venezia
• Ricerche del 1827-1831 negli archivi di Venezia e
Vienna (dove era stata spostata una parte dei fondi del
Consiglio dei Dieci e altri documenti importanti come i
«Diari» di Marin Sanudo) e con opere come la Sovrani e
popoli dell'Europa meridionale nei secoli XVI e XVII e la
grande Storia dei Papi basata in gran parte sulle
relazioni degli ambasciatori veneziani al Senato
• Si comincia così a rimettere in valore l’esperienza
politica veneziana
29
Ranke
• In particolare Ranke ottiene da Metternich
un’autorizzazione molto estesa (tutte le relazioni
degli ambasciatori fino alla R.F. esclusa, e
eccetto quelle dalla corte di Vienna).
• Congiura del 1618 (Bedmar).
• Il governo intende rendere possibile la
confutazione della tesi di Daru che attribuisce a
Venezia la congiura contro la Spagna : una volta
scoperti si fa piazza pulita di tutti i coinvolti.
• Nicolò Tommaseo pubblica nel 1837 le
relazioni degli ambasciatori dalla Francia
su commissione di François Guizot.
30
• Europa della «Restaurazione»
– progetti sistematici e centralizzatori della
ricerca storica operanti a livello statale.
– Attorno a grandi figure di storici e docenti di
storia, oppure a progetti condotti direttamente
dal governo.
– Raccolta e pubblicazione delle fonti per la
storia nazionale: stretto legame tra storia,
organizzazione della cultura storica e politica.
Germania
•
grande scuola di Leopold von Ranke all’università di Berlino (seminario) polarizza in
Prussia a livello tedesco lo sviluppo della storiografia a livello specialistico
•
Monumenta Germaniae Historica (dal 1818 in avanti): raccolta e pubblicazione delle
•
Dapprima di ispirazione liberale e volta all'unificazione tedesca è avversata da tutti.
•
Poi Metternich capisce il potenziale politico e propone all'Imperatore di finanziarla
fonti per la storia tedesca.
(1835).
•
Finisce poi negli anni '70 (Bismark) in mano prussiana con la chiara intenzione di
•
Lo stesso accade nelle università.
farne uno strumento di egemonia nell'area tedesca.
31
Francia
• François Guizot (1787-1874)
– storico liberale, dal 1830 è deputato e ministro dell’interno con la
monarchia di luglio (Luigi Filippo d’Orleans)
– ministro degli esteri e poi dell’Istruzione pubblica dal 1832 al 1837
– ambasciatore a Londra nel 1840
– ministro degli esteri e presidente del Consiglio dal 1840 al 1848.
–
• Dagli anni ’40 costituisce il Comité des travaux historiques che si
appoggia su strutture di conservazione del patrimonio e archivistico
molto importanti
– Archives nationales
– École des Chartes (1821)
– E di ricerca e soprattutto insegnamento della storia: Ecole Normale
supérieure, Collège de France.
– Il Comité coordinò però anche l'attività delle accademie e delle società
storiche.
• Carattere non specialistico di queste istituzioni
(rispetto al seminario tedesco), ma molto
importanti rispetto alla situazione italiana.
• Ecole Pratique des Hautes etudes (1868:
ministro Duruy)
– nel quadro di potenziamento della storia che
costituisce una svolta nel panorama francese e apre
la strada alla fondazione di una scuola storica
professionale e di orientamenti critici molto ampi ("un
seme piantato nelle mura decrepite della Sorbona
che crescendo l'avrebbe fatta crollare").
32
Italia
• mancano centri e istituzioni analoghi, manca un punto di riferimento
per gli studi storici, che non hanno ancora dignità paragonabile.
• Inesistenti le facoltà letterarie, che non danno spazio specifico alla
storia fino all'unità.
• In ambito liberale il dibattito storico si intreccia con il dibattito
culturale generale, che spinge verso la costituzione di una
coscienza nazionale (recensioni e discussioni nell'Antologia di
Firenze (Vieusseux), nel Conciliatore di Milano, nel Progresso di
Napoli, nel Politecnico di Carlo Cattaneo).
• Poi Deputazione di Storia patria di Torino con Prospero Balbo (il
primo istituto preposto alla ricerca storica), anche se non
eccessivamente moderna e strettamente controllata dal governo
piemontese, che funziona soprattutto a partire dagli anni 50' come
aggregatore degli studiosi italiani.
L’Archivio storico italiano
• Fu soprattutto l’Archivio storico italiano a
costituire un’esperienza nuova
nell’organizzazione della cultura storica italiana,
e a dar, tra l’altro un posto nuovo alla storia
veneziana nel contesto italiano.
• La rivista nacque nel 1841 a Firenze
• Gian Piero Vieussex, Gino Capponi, Filippo
Polidori
• Scopo: proseguire l’opera condotta un secolo
addietro da Ludovico Antonio Muratori che
aveva dato vita ai Rerum italicarum scriptores
33
l’Archivio storico italiano
• Pubblicare le fonti per la storia d’Italia per dare
agli studiosi «quantità novella de’ fatti o di
convalidare per nuove testimonianze la loro
certezza, lasciando ad altri il ragionar filosofico»
(Avviso dei compilatori del 1841).
• Il progetto a medio termine dell’Archivio storico
era di occuparsi delle fonti «pure e semplici»,
indispensabili per preparare i materiali per una
futura storia d’Italia.
.
l’Archivio storico italiano
• L’Archivio esercitò un ruolo di
organizzazione della cultura storica a
livello italiano che costituisce l’unico
equivalente delle esperienze francesi e
tedesche di cui sopra
• Rete di collaboratori : tutta Italia (dal
Regno di Napoli fino alla Lombardia). Non
uniforme, ma dettagliata carta culturale del
paese
34
l’Archivio storico italiano
•
I veneziani nell’Archivio Storico Italiano: presenza molto importante
•
Molto numerosa (1841-54: 19)
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
Bettio Pietro, sacerdote, bibliotecario;
Cadorin Giuseppe;
Casoni Giovanni;
Cicogna Emanuele, cavaliere;
Foucard Cesare, archivista;
Gamba Bartolomeo, vicebibliotecario alla Marciana, accademico corrispondente della
Crusca; già censore.
Garoni Niccolò Cesare
Lazari Vincenzo, direttore Museo Correr
Manin Leonardo, conte, presidente Ateneo Veneto;
Papadopoli Antonio, conte;
Prochaska Madeleine;
Romanin Samuele;
Rossi Andrea, professore;
Rossi Antonio, professore, bibliotecario alla Salute;
Sagredo Agostino, conte;
Scolari Filippo, dottore;
(De) Tipaldo Emilio, nobile, professore nel collegio di marina;
Tommaseo Niccolò;
Zon Angelo
l’Archivio storico italiano
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
1855- 1875 (14)
Barozzi Niccolò, professore, segretario dell'Accademia;
Berchet Federico;
Cecchetti Bartolomeo, professore di paleografia all'Archivio dei Frari;
Cicogna Emanuele, cavaliere;
De Tipaldo Emilio, nobile, professore;
Fulin Rinaldo, professore di liceo;
Gar Tommaso, direttore dell'Archivio di Stato;
Giordani Giuseppe,
Lazari Vincenzo, direttore Correr
Romanin Samuele;
Sagredo Agostino, conte;
Scolari Filippo;
Thomas, dottore;
Veludo Giovanni, bibliotecario alla Mar-ciana
35
l’Archivio storico italiano
• Numerosi (19 e 14) e compongono un gruppo
affiatato, che lavora bene insieme, senza le
gelosie che dividevano molti gruppi di altre città
italiane
• Il principale collaboratore veneziano, colui che
aveva i contatti più stretti ed amichevoli con i
redattori fiorentini, fu proprio Agostino Sagredo.
• A testimonianza dell’importanza della
collaborazione dei veneziani all’ASI, egli giunse
a parlare in una lettera a Vieusseux del 1853
dell’esistenza di una specie di «sezione
veneziana» de l’ASI.
l’Archivio storico italiano
• Il lavoro di Sagredo, Angelo Zon, Emanuele Cicogna,
Antonio Rossi, Emilio de Tipaldo, riempie tre volumi
dell’Archivio già negli anni ’40
–
–
–
–
–
Annali Veneti di Domenico Malipiero
Dispacci dell’ambasciatore Foscari
Storia Veneta di Barbaro
la Cronaca Altinate
la Cronaca veneziana di Martino da Canal
• che si aggiungevano alle Relazioni degli ambasciatori
veneti al Senato curate a partire dal 1838 da Eugenio
Alberi, che non uscivano sull’ASI, ma erano pubblicate a
Firenze col sostegno economico di Gino Capponi.
36
• Attraverso questa via i veneziani
trovavano posto in una delle principali
operazioni di organizzazione della cultura
storica e documentaria dell’Italia preunitaria che costituì in qualche modo una
prefigurazione di quello che saranno dopo
il 1860 (1866 per Venezia) le Regie
Deputazioni di Storia patria.
• E l’Archivio Veneto
• Nel frattempo però era maturata
nell’ambiente veneziano la risposta più
complessiva all’opera di Daru, la Storia
documentata di Venezia di Samuele
Romanin.
37
• Veniva da un ambiente simile, ma al tempo stesso molto diverso da
quello della “sezione veneta” dell’Archivio Storico italiano, di cui
pure fece parte, e il suo progetto culturale e storiografico in
particolare erano assai ambiziosi.
• E’ stato considerato come uno storico dallo stile troppo divulgativo
dai suoi successori della seconda metà dell’Ottocento (De Leva,
Manfroni, Occioni, Bonaffons)
• E allo stesso tempo come poco attento all’edizione e alla
pubblicazione delle fonti (L. Polidori, ASI)
• E’ stato ascritto al filone nostalgico e agiografico del potere
veneziano (Povolo)
• ma in realtà la sua opera è rimasta molto a lungo, e per alcuni versi
è ancora al giorno d’oggi, un punto di riferimento indispensabile per
chi voglia orientarsi nei mille anni di storia veneziana.
38
• Nato a Trieste nel 1808
• Arriva a Venezia nel 1820 con la famiglia, dopo la morte
del padre.
• Negli anni ’20 e ’30 è
– traduttore ufficiale nei tribunali austriaci
– traduttore di opere letterarie e storiche
• 1827: traduce in italiano la Tunisiade di Ladislao Pirker di Oberwart,
l’ungherese già patriarca di Venezia (1821-27)
• l’opera più importante di cui si occupa è senz’altro la Storia
dell’Impero Osmano di Joseph von Hammer Purgstall. Tra 1828 e
1831 escono presso l’editore Antonelli i 24 tomi della prima
traduzione italiana
• Origine potenza e caduta degli Assassini, Joseph von Hammer
Purgstall. La Storia dell’Impero Osmano è dedicata al patriarca
Pirker
• 1840 traduzione tedesca delle Otto giornate a
Venezia di Antonio Quadri, una guida di Venezia
ad uso dei turisti colti nel 1846.
• Traduzione della biografia de L’arciduca Carlo di
Eduard Duller (Venezia, Cecchini e Naratovich,
1845-46).
• Nello stesso periodo, però, vi sono tracce di una
sua collaborazione con letterati veneziani in
veste di traduttore, come per esempio testimonia
una lettera scrittagli da Luigi Carrer nel 1829.
39
• Fin qui Romanin ci appare essere un
piccolo intellettuale, molto allineato con il
potere austriaco, alla Chiesa, e in
possesso di buone relazioni con il mondo
della cultura veneziana.
• 1842: prima opera originale
– Storia dei popoli europei nel medioevo
(Cecchini e comp., Venezia, 1842-44, 3 voll)
dedica "Alle donne italiane. Non ai dotti
l'opera mia, ma a Voi: sarammi premio e
gloria, il vostro volgervi agli storici studii, serii
ma non inamabili".
• Nel 1846 pubblica per le nozze del fratello
l’opuscolo La madre e l’educazione
40
1848
1. Romanin ci appare da un lato schierato dalla
parte del nuovo governo (attestati rapporti con
Tommaseo e altri)
–
–
a) 11 maggio 1848 Corso di Storia Veneta
all’Ateneo (lezione prima) (Naratovich, Venezia
1848)
b) 30/11/1848: decreto governativo conferisce dal 5
dicembre a S.R. l’ufficio di Lettore di Storia Veneta
presso le scuole tecniche.
•
4/1/1849: sostituito col titolo di Professore provvisorio di
Storia veneta presso le scuole tecniche senza soldo
fintantoché durassero le angustie dell’erario
Corso di Storia Veneta, prima lezione
•
"Egli era da più anni un mio vivo desiderio, quello di volgere i miei studii, di dedicare i miei scarsi ozii e
quanto per me più si potesse d'ingegno ad una storia della nostra famosa città. Ma a ciò fare io
abbisognavo della libertà, e dico della libertà, perché dalle storie traendo gravi insegnamenti,
potessero questi convenientemente applicarsi […..]
•
Credo or dunque giunto il momento d'incarnare il mio pensiero e di volgermi ai giovani miei
concittadini, pregandoli, scongiurandoli di attendere alle storie patrie più che non fu fatto fino ad ora. A
loro vantaggio io intraprendo questo corso di lezioni di Storia Veneta col trasporto dell'animo che viene
dall'affetto; ma in pari tempo con quella trepidazione, che naturalmente deriva dalla coscienza della
grandezza dell'impresa. Imperciocché oltre a ciò, molti punti di codesta storia rimangono a chiarirsi e
profondi studii richiedono , non è possibile trattare di essa, senza entrare in quella de' molti altri popoli
con cui ella si trova in relazione; non è possibile parlare di Venezia, senza dire della sua industria,
delle sue arti, delle lettere, del commercio. Laonde queste condizioni mi tracciano la via a seguire:
mettere in luce i fatti importanti, decisivi, passar oltre gli oziosi e di vana erudizione: studiare Venezia
come parte d'Italia e mostrare i danni che alla patria universa derivarono dalla discordia, dalle gelosie,
dalle guerre municipali: seguire a passo a passo specialmente lo sviluppo dei traffichi da cui venne in
massima parte la grandezza veneziana: e da tutto questo derivare quelle lezioni che il passato
tramanda al presente e all'avvenire. Se nell'esporvi oggi, o Signori, questo saggio, dirò cose a voi già
note, vogliate ascoltarmi con pazienza, colla solita vostra benignità: mi sarà di conforto la vostra
approvazione, mi saranno grati i vostri suggerimenti. Di questi anzi e dell'assistenza vostra vi prego,
nel fornirmi di que' lumi, di quelle notizie, di quei documenti di che tanto abbisogno: pensate ch'ella
sarà un'opra pietosa verso alla patria, e che educare i giovani a Venezia, all'Italia è ora santo dovere
di cittadino".
•
Conclude: “ben dirò che or essa sembra chiamata di nuovo a grandi destini, e che, istruita del
passato, sorgerà, giova sperare, attiva, intraprendente, concorde nella gran lega d'Italia, e col suo
vessillo del Leone affratellato ai tre colori della patria italiana, mostrerà che ne' suoi figli la veneziana
virtù non è ancora morta".
41
– c) Ruolo nel circolo popolare di San Martino
• Febbraio-marzo del 1849. Partecipa alla
fondazione del circolo popolare di San Martino a
Castello, assieme a Pacifico Valussi. Scopo:
"servire all'educazione civile del popolo".
• Romanin redige un indirizzo al popolo riportato dal
giornale Italia nuova, che è il manifesto del circolo.
• E tiene poi una conferenza sull’origine di Venezia.
•
•
•
L'austriaco voleva l'impossibile. Apriva scuole e voleva schiava la mente; insegnava a
leggere e poi pretendeva che non si leggesse; eccitava idee, desiderii, poi si
adoprava a comprimer le idee, a soffocare i desiderii. Quindi l'istruzione falsa, a molti
inutile, ad altri tormento.
Ora invece che tutte le menti hanno bisogno d'uno sviluppo consentaneo a quei
principii che regger devono la società, l'uomo del popolo dee al paro del ricco, del
nobile, apprendere a conoscere e a ben apprezzare la libertà, onde farne buon uso;
dee fornirsi di tutte quelle cognizioni che alla sua nuova condizione si rendono
indispensabili.
Non è la libertà che trascina gli eccessi, ma sì l'ignoranza; non son le carceri e gli
ergastoli che reprimono le colpe, ma l'istruzione e l'educazione. Penetrati di codesto
principio ed animati dal solo desiderio del bene, abbiamo istituito questo Circolo
popolare il cui scopo principale sarà di spezzare al povero il pane della scienza, di
quella scienza a lui opportuna, di quella che può condurlo a divenire buon cittadino,
nella qual parola si racchiude il complesso delle virtù religiose, morali e civili. Si
parlerà al popolo dei suoi diritti, ma insieme dei suoi doveri; ché dei doveri ne
abbiamo tutti, ed anzi tanto più quanto più siamo liberi. Sarà l'insegnamento non
cattedratico ma amichevole e come in famiglia; si discorrerà altresì degli avvenimenti
del giorno, ma senza eccitare passioni, senza traviare in campi estranei
all'intelligenza e ai bisogni del popolo.
42
• Importanza dell’educazione del popolo.
• Che si raggiunge con quella delle
donne manifestata in passato
• Gioberti
2.
Apertura degli archivi
•
“perché si potesse parlare alla mente ed al cuore della gioventù ed infiammarla
d'un sacro amor della patria tutta italiana, di cui Venezia è sì bella parte: perché la
verità le proprie convinzioni venissero dai documenti resi aperti e dall'effusione
dell'affetto uscire franche, spontanee per il potente mezzo della parola. Ché ove
gli archivii sono custoditi colla gelosia che l'Orientale fa del suo aremme;
ove i fatti devono essere svisati o tronchi, ove ogni applicazione è interdetta, ogni
allusione dalla tremenda censura cancellata, non può aversi una storia. Ed invero:
la storia non dev'essere soltanto narrazione, ma ammaestramento così ai
governanti come ai governati: così all'uomo come alla donna: essa deve esaltare
la virtù, colpire il vizio; farsi norma alla vita pubblica e alla privata.
I grandi avvenimenti di questi giorni concedono, la Dio mercè, un campo illimitato
al progresso intellettuale, alla instruzione, alla franchezza del dire; benefizi questi
troppo temuti dal despotismo; perché despotismo e cultura della mente
repugnano; perché despotismo è avanzo di forza brutale e selvaggia: cultura
invece conduce a libertà, che è dote naturale e destinazione dell'uomo per quello
spirito che in lui risiede, e l'innalza ad imagine di Dio, tipo sovrano di libertà.
•
43
• 1- Collegamento con gli intellettuali veneziani, italiani ed
europei, soprattutto di area liberale
• Ateneo (socio: 1846, bibliotecario nel 1852, lezioni,
memorie), Accademia Padova
• Luigi Polidori, Giampiero Vieusseux, ASI, Altri, [tentativo
di stamparla a Firenze] Rosa Crepuscolo
• François Guizot, Adolphe Thiers, Amedée Thierry,
Adolphe Cremieux, François Mignet. Tentativo di
proporlo all’Institut e all’Academie Française.
• Possibili appoggi francesi per traduzione SdV: ne parla
in una lettera a Polidori del 1852 (Accademici e lealisti
borbonici?)
• 2- Ma anche dedica a SAR la duchessa di
Berry (Maria Carolina di Borbone, vedova
dell’erede al trono di Carlo X, madre di
Enrico di Chambord, pretendente al trono
di Francia, risposata con Lucchesi Palli,
che vive a Venezia parte dell’anno e alle
cui figlie Romanin insegna le lingue). Tra
lei, Chambord e Lucchesi sottoscrivono 9
associazioni alla SdV.
44
• 3- Ebreo, parente di Mosè Vita Jacur, rilievo
nelle assicurazioni generali: il fratello sposa la
figlia e da avvio alla famiglia Romanin Jacur.
Precettore di famiglie ebraiche.
• Legame con donne della borghesia ebraica:
intellettuale ma anche di sostegno economico
alla sua opera (Lettere a Eugenia Pavia
Gentilomo, Regina Pincherle Della Vida)
• SdV finanziata da membri della comunità ebraica
veneziana e veneta (sottoscrivono 60 delle 566
associazioni alla SdV). Tra loro i cognati Dalmedico,
assieme ai nomi più importanti tra i finanzieri ed
imprenditori come Isacco Pesaro, Leone Pincherle,
Giacomo Treves de Bonfil, i Della Vida, i Luzzati, i
Vivante. Ma anche i professionisti e gli intellettuali come
Michelangelo Asson, Giacinto Namias, Giacomo Errera
• Esperto traduttore dall’ebraico.
• Sepolto al cimitero ebraico del Lido.
• Ma ebreo assimilato, come molti tra questi, e
specialmente Luigi Luzzati, suo allievo.
45
•
•
•
Documenti> trattazione storica: lettera a Polidori.
Polidori vorrebbe i documenti, Romanin vuole divulgare
Voler far prendere ad una storia veneta la pubblicazione ,come vorreste, di tutti i
documenti ad essa relativi, è quanto dirla impossibile. Poiché come mai pubblicare
quel numero infinito che ne esiste anche solamente nel mio archivio dei Frari? O
quale norma seguire nella scelta?? Ammettiamo per nazioni. Ebbene! Si
pubblicheranno centinaia di volumi concernenti le sole relazioni dipolomatiche
coll’Impero, con la Francia, ecc. E sarà perciò esaurita la materia, e si saranno forse
approntati i materiali, per una storia Veneta? Mai no! E il commercio? E le leggi
amministrative, giudiziarie, politiche? E lae tante altre parti che occorrono a scrivere
una storia nel modo moderno? E non è forse più naturale che l’A. scrivendo la sua
storia qui, ove oltre al suo archivio gli stanno aperti tanti altri come quelli della
Marciana e di parecchie famiglie private, tutti ricchi di molte parti, come in quello
stesso de’ Frari per quanto ricchissimo pur mancano, non è più naturale, dico, che
ricercando quelle notizie che più si addicono ad una storia generale, ne tessa poi una
narrazione di fatti ben accertati e dia un quadro della condizione della repubblica nei
vari tempi, lasciando poi a chi imprendesse a scrivere tante storie speciali di far uso
di tutti i documenti relativi appunto a quelle specialità? Spetterà allo storico del
commercio studiare e pubblicare tutte le particolari disposizioni ad esso relative, le
tariffe, ecc. allo storico generale deve bastare darle la fisionomia, l’aumentare ed il
decadere di esso e così via discorrendo”.
46
Storia documentata di Venezia: copertura
cronologica
500
450
Anni
400
350
300
250
200
150
100
50
0
1° vol.
2° vol.
3° vol.
4° vol.
5° vol.
6° vol.
7° vol.
8° vol.
9° vol. 10° vol.
47
• Tomo I (1853) pp. VII, 408:
– dalle origini al 1096. Libri I-IV, più i
documenti.
• Libro I Capitolo V e Libro IV Capitolo III:
dedicati all’organizzazione politica, alla
società, alle arti, all’economia ai costumi
• Tomo II (1854) pp. 468:
– dal 1096 (Vitale Michiel I doge) a fine XIII
secolo. Libri V-VII più documenti.
• Libro VI Capitolo I: Considerazioni sul
governo della Repubblica.
• Libro VII
• Capitolo III: Serrata
• Capitolo IV: Giustizia, Commerci, Finanze,
banca, Galee, cultura
48
• Tomo III (1855) pp. 412:
– 1300-1400. Libri VIII-IX.
• Libro VIII
– Capitolo I: Bocconio
– Capitolo II: Baiamonte
– Capitolo III: Cons. Dieci
• Libro IX
– Capitolo VII Condizioni generali della Repubblica nel
XIV secolo
• Commerci, finanze, estimo, cultura, arti,
mestieri, feste, Statuti, governo terraferma,
• Tomo IV (1855) pp. 560:
– 1400-1487 (Guerra con Sigismondo per
Rovereto). Libri X-XII
– Capitolo VI dedicato alla cultura l’arte i
commerci e considerazioni generali sul
regime
49
• Tomo V (1856) pp. 567:
– 1492- 1530. Libro XII-XIII
• Tomo VI (1857) pp. 543:
– 1531-1600. Libro XIV
– Capitolo III: Inquisitori di Stato
– Capitolo IV: Commerci, Ceneda, Taiedo, etc.
– Capitolo X considerazioni generali. alla fine di
ogni secolo: teorizza
– Inizio decadenza veneziana
– Capitolo XI: governo della terraferma-.
50
• Tomo VII (1858) pp. 615:
– 1600- 1700 (Carlowitz)
• Tomo VIII (1859) pp. 527: 1700-1789
51
• Tomo IX (1860) pp. 548:
– 1789-1797. Libri XVIII-XIX
• Libro XVIII
– Cap. I: Società veneziana: patrizi, cittadini, rapporti. Vita, idee di
Francia
– Cap. II: Solennità religiose, civili, costumi, feste, carnevale
– Cap. III: Cultura. Libri, biblioteche, Letteratura Zen, Gozzi,
Goldoni, Renier Michiel. Storici politici (scarsità),
– Cap. IV: discorso di Andrea Tron sulle arti. Commercio,
economia
– Cap. V: I domini veneziani (Dogado, Dalmazia, Albania,
• Tomo XIX:
• Tomo X (1861, ma l’editore alla fine firma
1863):
– 1797. Libro XXI + DEMOCRAZIA (fino
all’entrata degli austriaci) pp. 186 + indice
52
•
•
•
•
•
Luigi Luzzati
"Considero mio maestro anche Samuele Romanin.
Io avevo al fortuna di vederlo spesso nella sua semplice cameretta meditabondo e raccolto nei
tesori d'infiniti documenti e da lui avevo imparato come quando si porta nell'anima l'amore della
verità, la fatica sembra un sollievo. Sbalestrato dalla sorte, giovane ancora, a Venezia, un
sentimento di meraviglia lo aveva colto alla vista della illustre città; né il suo affetto avea certo
posto in basso loco.
Perché anche dove non si voglia studiarla nel giro lungo dei suoi quattodici secoli, una città che
manifesta ancora la sua repubblicana maestà, colle tele dei Bellini, dei Tiziano, dei Carpaccio, e
coi palagi stupendi che sfidano il tempo, documenti perenni e che significano tanto, deve avere
una grande storia. Ma il Romanin appartenente a quella schiera di eletti, i quali il loro amore
addimostrano colla meditazione e coll'opera, pensò che l'affetto per Venezia in modo migliore
esprimere non potesse che con una storia e, forte della mirabile pazienza, si mise nella difficile
via.
Quando riusciva a distruggere le calunnie del Daru e a luce di meriggio mostrava i modi tortuosi
con cui erano tessute, io lo vedevo sereno e contento; era la coscienza tranquilla d'un uomo che
aveva fatto il dovere suo e da di contribuire alla scienza con larga misura. Doveva lottare contro
vecchi pregiudizi, radicati nella tradizione e rafforzati dai romanzieri e dai poeti; e perché prima del
Romanin la storia di Venezia non era ancora fatta popolare, molti non sapevano che quanto v'era
nel Bravo o nelle poetiche esclamazioni del Carmagnola. Avea dunque per competitore un
pregiudizio consacrato dall'arte, il più difficile a vincersi.”
53
Scarica

La storiografia su Venezia nell`800