TESTO della RELAZIONE
del PRESIDENTE
e
DOCUMENTI APPROVATI
inserto a SiallaVita aprile 2011
LA RELAZIONE DEL PRESIDENTE
di Carlo Casini
ASCOLTIAMO GIOVANNI PAOLO II
Il tempo e il luogo di questa assemblea mi suggeriscono due riflessioni
iniziali che illuminano – me lo auguro – questa mia intera relazione.
Questa nostra assemblea si
svolge a poco più di un mese di
distanza dal giorno in cui Karol Wojtyla sarà proclamato beato. Vogliamo che questo evento sia motivo
di rinnovamento del nostro Movimento, luce che ci aiuta ad interpretare la situazione presente, forza
che ci consente di superare le difficoltà dentro e fuori di noi.
Abbiamo voluto perciò che queCarlo Casini
sto nostro incontro si apra e si
mentre tiene la sua relazione
che sarà poi approvata dall’assemblea
chiuda nel nome di Giovanni Paolo
II. Perciò l’inizio ideale è la consegna
a ciascuno di voi del volume che raccoglie l’appello che il Gigante della vita ha rivolto specificatamente a noi e
le promesse con cui noi gli abbiamo più volte risposto.
Dobbiamo rileggere con tremore ed insieme con gioia ciò che lui ha profetizzato su di noi: “sono convinto che la grande influenza del Mpv nel
mondo e l’enorme importanza del suo contributo dato all’umanità saranno
adeguatamente capiti solo quando la storia di questa generazione sarà
scritta” ( 1 maggio 1986). Dobbiamo chiederci: “siamo all’altezza di queste
parole?”. La distanza tra questa visione di Giovanni Paolo II è talmente
grande da farci sentire schiacciati da una responsabilità schiacciante. Ma
egli ci ha anche detto: “non vi spaventi la difficoltà del compito”
(18.12.1986) e ci ha anche incoraggiato lodando ciò che già siamo. Proprio
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nell’ultimo incontro che avemmo con lui, egli ci disse: “Dio voglia che strettamente uniti tra di voi continuiate ad essere una forza di rinnovamento e
di speranza nella nostra società” (22.05.2003). Siamo noi abbastanza efficaci, uniti, ordinati, persuasivi da essere veramente forza di rinnovamento
e di speranza? Spero che questa assemblea ci aiuti a compiere passi avanti
decisivi in questa direzione.
Ma Giovanni Paolo II ha rivolto il suo appello non solo a noi, ma a tutta
la sua Chiesa e a tutto il mondo. All’inizio della sua enciclica “Evangelium
vitae” egli ha proprio qualificato quel suo documento “un appassionato
appello rivolto a tutti e a ciascuno, in nome di Dio: rispetta, difendi, ama
e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità! Giungano queste parole a tutti i figli
e le figlie della Chiesa! Giungano a tutte le persone di buona volontà, sollecite del bene di ogni uomo e donna e del destino dell’intera società!”
(n. 5).
Vi è dunque una dimensione insieme laica e spirituale dell’appello per
la vita di Giovanni Paolo II su cui è bene meditare. Lo faremo in chiusura
della nostra assemblea e lo faremo nel segno dell’unità ascoltando su questo tema oltre all’Arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, anche i
massimi responsabili di tre associazioni che perseguono gli stessi nostri
obiettivi, con modalità distinte, ma convergenti e coordinate verso l’unico
obiettivo: Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento dello Spirito
Santo, Ramonda Giovanni Paolo, presidente dell’associazione Papa Giovanni XXIII, don Maurizio Gagliardini, presidente dell’associazione “Difendere la vita con Maria”.
RIPENSIAMO ALLE NOSTRE ORIGINI
Se la circostanza di tempo – la beatificazione di Giovanni Paolo II - ci indica
la necessità del rafforzamento delle nostre strutture in vista di una unitaria strategia operativa, per essere all’altezza del nostro compito, la circostanza di luogo ci riporta alla nostra “seconda origine” nella quale
affondano le radici della nostra missione e del nostro stile di azione. Qui in
questo albergo, il 5 novembre 1977, fu presa la decisione di presentare una
proposta di legge di iniziativa popolare alternativa a quella che in Parlamento, a marce forzate, stava divenendo la L. 194. La decisione fu presa insieme ai massimi dirigenti dell’associazionismo cattolico di allora:
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Comunione e liberazione, il Movimento dei focolari, l’Azione cattolica,
l’Opus Dei, l’Mcl, le Acli.
Io chiamo questo evento del 5 novembre 1977 “secondo inizio” perché
il primo era già avvenuto nel marzo di due anni prima con la decisione di
costituire il primo Cav d’Italia. Il Cav fu la risposta di amore e di solidarietà
concreta all’emergere dell’aborto come fenomeno di fatto e di massa.
L’idea fondamentale fu quella dell’aiuto vero alla madre come alternativo
all’aiuto falso proposto dalla cultura radicale con l’aborto.
In questo albergo quel 5 novembre 1977 nacque la seconda missione
del Mpv dall’idea di offrire una alternativa alla inerzia e alla rassegnazione
del legislatore potenzialmente pro-life di fronte all’incombere della L. 194
che stava per essere approvata e che di fatto fu approvata nel maggio 1978.
Così il Mpv si affacciò prepotentemente nello spazio pubblico, nella polemica dei mezzi d’informazione, nei luoghi della legislazione. Vi si affacciò
con il segno dell’iniziativa e della capacità unitiva, cioè con una intenzione
e capacità anticipatrice e propositiva che gli consentì di guidare l’unità più
grande dell’intero associazionismo potenzialmente pro-life.
Fu così delineata la seconda caratteristica del Mpv, dopo quella della solidarietà concreta nei confronti delle mamme e alla vita nascente in situazioni individuali, quella della presenza legislativa e quindi necessariamente
politica, consacrata anche nei fini statutari, contrassegnata dalla intenzione
propositiva (non dire solo no al male, ma dire sì a ciò che ne è una possibile
alternativa), dalla tattica anticipatrice (non reagire al male già legislativamente formalizzato, ma cercare di prevenirlo), dalla strategia unitaria (cercare prima di tutto il consenso del mondo cattolico interno ad una proposta
precisa ad operare insieme), dalla non rassegnazione (sostituendosi ai ritardi di riflessione o agli scoraggiamenti dei legislatori potenzialmente prolife), dal realismo (che è convinta percezione del possibile realizzabile senza
tradimento dei valori non negoziabili).
Sbaglia, perciò, chi oggi pensa che il Mpv non debba essere presente
nella politica per non offuscare la purezza della sua immagine. Dovendosi
peraltro intendere l’attività politica come qualcosa di diverso dall’attività
partitica e non dimenticando mai la nostra tesi della “centralità politica del
diritto alla vita”. Tradisce le origini del Movimento chi afferma la distinzione tra il compito legislativo e la vocazione del Movimento.
La proposta popolare fu un’iniziativa politica e legislativa, così come ini-
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ziativa politica e legislativa fu il sucMons. Betori e Salvatore Martinez
l’arcivescovo di Firenze
cessivo referendum del 1981 e così
ed il presidente
come iniziativa politica e legislativa fu
di Rinnovamento nello Spirito Santo
quanto il Mpv ha fatto in ordine alla
durante il loro intervento all’assemblea
L. 40 sulla Pma e così come oggi sarebbe tradimento delle origini non
sforzarsi di delineare una posizione
unitaria riguardo alla legge c.d. di FineVita, nonostante le indubbie fatiche
e complessità da affrontare.
IL PANORAMA ESTERNO E I NOSTRI OBIETTIVI
Il panorama esterno esaminato con l’ottica dei nostri fini statutari si presenta difficile, ma con qualche spazio di opportunità. La crisi politica strisciante, il dubbio sulla prosecuzione della legislatura rendono ancor più
difficile la realizzazione del progetto che avevamo delineato e che abbiamo
illustrato con lettere ai candidati e agli eletti sia nelle campagne elettorali
che si sono succedute – quella politica del 2008 e quella regionale del 2010
- e con scritti su Si alla vita, su Avvenire, sul Foglio, con opuscoli distribuiti
in occasione della Settimana Sociale dei cattolici di Reggio Calabria (14-17
ottobre 2010) e alla Conferenza sulla famiglia di Milano (8-10 ottobre 2010)
e fatti pervenire a parlamentari e vescovi. La speranza era di poter realizzare in questa legislatura tre obiettivi: 1) la riforma dell’art. 1 del c.c. (riconoscimento della capacità giuridica del concepito); 2) la riforma nazionale
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dei consultori familiari; 3) l’approvazione
della legge di FineVita. Il disegno prevedeva un’opera di convincimento del Popolo delle Libertà e della Lega, l’iniziativa
dell’Udc, il consenso degli ex-democristiani
militanti nel Pd.
LA SOGGETTIVITÀ DEL CONCEPITO
Per quanto riguarda il punto 1 era stata
promettente la presentazione sia alla Camera che al Senato della nostra proposta
da parte dell’Udc; la forma pubblica della
nostra petizione che chiedeva sostanzialmente la stessa cosa a livello europeo, la
conferenza stampa con cui il gruppo seRemonda e Gagliardini
natoriale della Pdl aveva annunciato l’apil successore di don Benzi
poggio della nostra proposta; l’agenda
all’associazione
bioetica annunciata dal ministro Sacconi al
Papa Giovanni XXIII
ed il presidente
Meeting di Rimini ed entrata nel prodi Difendere
gramma di governo. Non sto a ripetere gli
la vita con maria
argomenti che a mio giudizio rendono importantissima, anzi decisiva, la riforma dell’art. 1 C.C. poiché li ho già schematizzati in
15 punti nell’opuscolo “Una strategia politica per la vita nascente oggi in
Italia”, già portato a vostra conoscenza.
Mi piacerebbe che questa linea strategica venisse confermata oggi, con
il vostro voto in questa assemblea.
Per realizzare il nostro obiettivo ho fatto quanto possibile perché, nel
periodo in cui Berlusconi chiedeva appoggio all’Udc, questo partito non rispondesse pregiudizialmente in modo negativo, ma condizionasse un qualche appoggio al governo, magari nella forma dell’astensione, all’impegno
governativo per le nostre tre proposte. L’Udc avrebbe dovuto accettare la
nostra tesi della Centralità politica del diritto alla vita con tutte le sue conseguenze in termini di identità del partito e di alleanze. Ho cercato in tutti
i modi di fare accettare questa tesi, ma fino ad ora non sono riuscito nell’impresa.
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Non ci si può nascondere che le ultimissime vicende giudiziarie del Presidente del Consiglio rendono ancor più
difficile l’attuazione di questa ipotesi.
LA RIFORMA DEI CONSULTORI FAMILIARI
Meno ardua è la riforma dei consultori familiari in modo da poterli rendere il più
possibile strumenti di protezione del diritto alla vita, e quindi di prevenzione
post-concezionale dell’aborto, con la metodologia del consiglio e dell’aiuto, cioè
ad imitazione di quanto fanno i nostri
Cav. A questo riguardo a livello regionale
si sono aperti spiragli in Piemonte, in Lombardia, nel Lazio. In Piemonte il
noto provvedimento della giunta Cota ha il grande merito di riconoscere il
valore del nostro volontariato a cui attribuisce compiti importanti. Per questo abbiamo applaudito Cota e stiamo difendendo il suo provvedimento
dinanzi al Tar di Torino, dove alcuni associazioni femministe lo hanno impugnato. Non abbiamo esitato a costituirci come Movimento nazionale e
come movimento di Torino, tanto più che siamo stati espressamente citati
come controparti.
Abbiamo riportato un primo successo il 19 gennaio scorso, perché il Tar
ha rigettato la richiesta di sospensiva. Il merito sarà discusso l’8 giugno. Difendiamo il provvedimento per la sua linea di fondo, ma dovremo far modificare un aspetto pessimo riguardante la pillola del giorno dopo, il cui
uso, secondo l’attuale testo, dovrebbe essere facilitato al massimo come alternativa all’aborto!
In Lombardia è in vigore il progetto Nasko, utilizzabile dai nostri Cav,
mentre il Tar di Milano ha annullato un altro provvedimento della Regione
che poneva limiti all’aborto oltre il terzo mese di gravidanza. Nel Lazio
Olimpia Tarzia ha presentato un organico disegno di legge regionale sui
consultori che, per quanto riguarda l’Ivg, propone più dettagliatamente rivisitata la nostra antica soluzione del “doppio colloquio”. In effetti il nodo
che rende arduo il progetto di trasformare i consultori in strumenti con cui
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la vita viene difesa anche in un regime di legalizzazione dell’aborto urta
contro il fatto che il “titolo” che legittima la donna a chiedere ed ottenere
l’Ivg è rilasciato anche dal medico del consultorio. Di qui la diatriba sulla
possibilità etica e giuridica dell’obiettore di rilasciare il titolo che autorizza
l’esecuzione dell’Ivg.
È una ragione in più per difendere l’Oc, come abbiamo fatto in Puglia,
costituendoci dinanzi al Tar di Bari e contribuendo così all’annullamento
della delibera regionale che escludeva gli obiettori dai concorsi per ricoprire posti nei consultori pubblici.
Ma, sebbene gli interventi regionali riguardo all’attività consultoriale
siano auspicabili, una riforma veramente incisiva, in grado cioè di modificare la logica della L. 194, deve essere effettuata a livello statuale, rimuovendo i vincoli che non consentono alle Regioni di andare molto
lontano.
Purtroppo, infatti, si è affermata l’interpretazione che i consultori hanno
l’obbligo di rilasciare il documento che autorizza l’aborto al termine del
colloquio con al donna e questo impedisce una limpida trasformazione dei
consultori ad imitazione del modello offerto dai Cav. Una riforma incisiva
assemblea nazionale del Movimento
L’
per la vita riunita a Firenze il 19 e 20
marzo 2011
preso atto
dell’imminente discussione alla Camera dei
deputati della legge di FineVita, ricordando
le numerose prese di posizione a partire
dalla morte di Eluana Englaro del Mpv manifestate in comunicati, pubblicazioni e documenti inviati a parlamentari e presentati
all’opinione pubblica,
chiede
che la legge in discussione alla Camera sia
rapidamente approvata e che sia mantenuto il suo impianto fondato su
- l’affermazione della indisponibilità della
vita umana
- l’esplicito richiamo alla persistenza vigenza dei delitti previsti di oidio del con-
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FINEVITA. QUELLA LEGGE
senziente e istigazione/aiuto al suicidio
una corretta interpretazione dell’articolo 32
della Costituzione la cui primnaria garanzia riguarda il diritto alla salute dei cittadini
mentre il necessario consenso alle cure da
parte del paziente è espressione di un’alleanza terapeutica che suppone un dialogo
possibile soltanto quando il paziente è in
piena capacità di intendere e di volere
- l’impossibilità di inserire nelle DAT una richiesta di non erogare o di sospendere le
cure salvavita
- la distinzione tra abbandono terapeutico
(vietato) e accanimento terapeutico (da
sempre riprovevole)
- la libera valutazione del medico in scienza
e coscienza delle DAT prese in considerazione in quanto strumento per prolungare
il colloquio medico paziente nel quadro
deve perciò modificare gli art. 4 e 5 della L. 194, per sottrarre totalmente i
consultori all’iter abortivo.
In effetti a me pare che una corretta interpretazione già ora non impone ai consultori l’obbligo di rilasciare il documento o il certificato che costituisce “titolo” per eseguire l’Ivg, ma l’interpretazione prevalsa e le
equivocità che comunque rimarrebbero suggeriscono una riforma legislativa secondo lo schema seguente:
- i consultori, esclusivamente preordinati ad aiutare la donna affinché possa
superare le difficoltà che potrebbero indurla all’Ivg, non rilasciano alcun
documento autorizzatorio;
- vi è un obbligo generale a carico della donna di provare a farsi aiutare da
un consultorio (o altri enti abilitati tra cui i Cav) per proseguire la gravidanza;
- la donna che si presenta ad un presidio per eseguire l’Ivg deve autocertificare di essersi recata presso un consultorio pubblico e dettagliare le cause
che la inducono a mantenere la decisione abortiva, gli aiuti offerti dal consultorio, le ragioni della loro insufficienza o del loro rifiuto, in modo esauriente e particolareggiato.
E’ INDISPENSABILE
dell’alleanza terapeutica
- la considerazione dell’alimentazione e
idratazione come mezzi di sostegno vitali.
Ritiene
indispensabile la suddetta legge per rimediare alla falla creata nell’ordinamento giuridico dalla giurisprudenza della
Cassazione e dai conseguenti decreti e
provvedimenti giudiziari, per impedire la
deriva eutanasia che già ora. Di fatto, è
presente nei presidi sanitari anche per l’influenza del caso Eluana e del susseguente
intervento giudiziario, una deriva eutanasica che prenderebbe grande vigore se le
forze che affermano un preteso diritto alla
morte ottenessero lo scopo di impedire
l’approvazione della legge
Auspica
che ove non risultasse possibile appro-
vare immediatamente il testo adottato
dal Senato, completandolo così l’iter legislativo, si introduca un importante miglioramento del testo sopprimendo
all’articolo 2 la facoltà di sottoscrivetre
le DAT anche da parte dei rappresentanti
degli incapaci, disposizione tra l’altro
contrastante con il carattere personalissimo delle DAT espressamente indicato
all’articolo 3 e comune in contraddizione
con la logica del dialogo medico-paziente
Invita
tutte le forze che riconoscono il valore
indistruttibile della dignità umana come
inerente al semplice fatto del vivere dal
concepimento alla morte naturale a svolgere un’azione unitaria e coordinata per
ottener l’obiettivo sopraindicato
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Questa proposta è stata da ultimo formulata negli opuscoli diffusi in occasione della Settima Sociale, della Conferenza nazionale per la famiglia e,
prima ancora, nella proposta di legge 2160 presentata alla Camera per la
prima volta il 23 gennaio 1993, poi trasfusa nel testo elaborato dal Forum
delle associazioni familiari, ripresentato alla Camera in questa legislatura
dall’on. Santolini. È opportuno che questa assemblea rinnovi, se crede, il
suo specifico consenso a questa ipotesi di riforma consultoriale.
LA LEGGE DI FINEVITA
La questione più attuale riguarda la legge di FineVita su cui la Camera dovrebbe votare nel prossimo mese di aprile. Ripetutamente il nostro direttivo
ed anche le nostre assemblee si sono espresse favorevolmente all’approvazione di una legge che non consenta il ripetersi di altri casi come quello che
ha portato a morte Eluana Englaro e, più in generale, che non consenta
qualsiasi forma di eutanasia, attiva o passiva, palese o moderata. Questa è
la linea seguita dal mondo cattolico, come è reso evidente dalla lettura di
Avvenire. Personalmente ho dato un contributo a questa linea con un saggio comparso nel n. 5/2010 di Medicina e Morale il cui estratto è stato inviato a tutti i parlamentari, a tutti i vescovi, ai Cav e mpv. In precedenza
avevamo partecipato alla Campagna promossa da Scienza&Vita “Né euta-
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nasia, né accanimento terapeutico” e “Liberi per vivere”. Abbiamo realizzato l’autonomo progetto Heptavium, diffuso i volumi “Testamento biologico quale autodeterminazione?” e “Eluana è tutti noi”, abbiamo seguito
i lavori prima al Senato (opuscolo: “La legge sul FineVita”) e poi alla Camera (opuscolo: “la legge sul FineVita dopo il caso Englaro: un contributo
di riflessione”) con alcuni messaggi di carattere tecnico giuridico “Inquadramento costituzionale e proposte” inviati ai parlamentari. Peraltro la fuoriuscita di Fini dal Popolo della libertà, le sue prese di posizione, la
mobilitazione dei grandi media nazionali per ostacolare la legge ed anzi
per propagandare l’inopportunità di qualsiasi legge, rendono meno sicura
l’approvazione di un testo che nella sostanza raccolga le nostre istanze. È
perciò necessario che ci sia una unitaria e forte posizione del mondo cattolico e pro-life. Credo opportuno che questa assemblea si esprima con un
documento votato e da rendere pubblico.
Il dibattito sulla legge di FineVita è ampio e complesso. Ripercorrerne
ora tutti gli aspetti allungherebbe troppo questa mia relazione. Rimando
perciò all’estratto di Medicina e morale dal titolo “Il dibattito sulle dichiarazioni anticipate di trattamento. Valutazioni e prospettive”.
Immagino però che nei prossimi giorni alcuni di voi saranno chiamati a
esprime opinioni o a partecipare a dibattiti. È necessario, perciò, che
usciamo da questa assemblea con idee chiare. Se vi sono dubbi è bene che
essi siano espressi nel dibattito in modo che sia possibile esaminarli. In primo
luogo è necessario conoscere la proposta di legge. Molti ne parlano senza
nemmeno averla letta. Bisogna poi usare l’accortezza di non usare mai
l’espressione “testamento biologico”. Le Dat sono esattamente il contrario
del testamento biologico. L’essenza di quest’ultimo è la vincolaticità: ciò
che ha detto una persona quando era in stato di coscienza deve obbligatoriamente essere eseguito da tutti quando egli divenisse incapace. Viceversa le Dat, per definizione, non sono vincolanti. Questo è il discrimine tra
ciò che non è accettabile e ciò che è accettabile.
Una seconda osservazione va fatta preliminarmente. Tutta la cultura radicale, abortista sostenitrice di una idea corrotta di libertà e del diritto alla
morte, favorevole all’eutanasia preme affinché non si approvi la legge che
ha raggiunto la soglia del voto finale alla Camera. Non è già questo fatto
un’indicazione di quale deve essere la nostra scelta? È evidente che la legge
disturba i progetti eutanasici. È piuttosto contraddittorio che qualcuno si
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batta insieme ai radicali, agli abortisti e ai fautori dell’eutanasia per ottenere il risultato che i nostri avversari desiderano.
Certamente alcuni rilievi critici su talune formulazioni della legge devono essere presi in considerazione al fine di proporre ed ottenere emendamenti migliorativi, ma si tratta di dettagli che non toccano il cuore della
proposta Calabrò-Di Virgilio. Se essa sarà approvata sarà un passo avanti,
non certo un passo indietro rispetto ad un ordinamento giuridico e ad una
cultura che hanno fatto morire di fame e di sete Eluana Englaro.
L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Le aggressioni contro la vita nascente continuano ad accanirsi contro l’obiezione di coscienza e contro la L. 40. inoltre si vuole banalizzare sempre più
l’aborto con la Ru486 e la pillola del giorno dopo. Naturalmente dobbiamo
difendere gli obiettori con tutte le nostre forze, con lo studio dei problemi,
con il consiglio, con il sostegno giudiziario. Il Direttivo ha già deciso di costituire un gruppo di riflessione e di pronto intervento di cui facciano parte
medici e giuristi.
Dal Consiglio d’Europa è giunta una buona notizia. Il 7 ottobre 2010
l’assemblea parlamentare (che non è il Parlamento europeo, ma una rappresentanza dei 47 Parlamenti nazionali dell’Europa geografica) ha approvato la risoluzione n. 1763/10 che invita gli Stati a garantire il diritto alla
obiezione di coscienza. Il contenuto, di per sé, dovrebbe essere ovvio. Ma
l’aspetto positivo da sottolineare è che il documento inizialmente era stato
previsto come un violento attacco alla obiezione di coscienza. Il capovolgimento è avvenuto mediante la compattezza del Partito popolare europeo
e ad un lavoro preparatorio nei vari Paesi europei sui parlamentari degli
altri partiti. La risoluzione non ha alcun valore giuridico, ma dimostra che
quando la non rassegnazione è ben organizzata può anche ottenere qualche successo.
Un’altra notizia relativamente buona è anche il parere recentemente
emesso dal Cnb (25 febbraio 2011) in tema di obiezione di coscienza del farmacista riguardo alla pillola del giorno dopo. La maggioranza ha sostanzialmente accolto le tesi da noi formulate immediatamente dopo il decreto
Veronesi nell’opuscolo “Norlevo: un aborto clandestino, un aborto precoce,
un aborto oscuro”. Presupposto del parere è quanto a suo tempo fu stabilito dal Tar Lazio a seguito del nostro ricorso contro il decreto Veronesi.
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LA DIFESA DELLA LEGGE 40
Continua violento l’attacco alla L. 40, avvertita evidentemente come un
ostacolo dalla cultura radicale abortista. Dopo il fallimento dei referendum
abrogativi nel 2005 viene oggi percorsa con insistenza la via giudiziaria.
Dopo l’annullamento ad opera della Corte Costituzionale (sentenza
251/2009) del divieto di generare più di tre embrioni e dalla prescrizione di
trasferirli immediatamente tutti nell’utero materno, è stato fortunatamente bloccato il tentativo di annullare le norme che vietano la diagnosi
preimpianto con conseguente selezione e distruzione di embrioni, perché
la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i relativi ricorsi (ordinanza 97/2010). Ma oggi tre tribunali, di Milano, Firenze e Catania hanno
chiesto l’annullamento del divieto di Pma eterologa. Ha dato spinta a questa ulteriore aggressione la sentenza pronunciata dalla Corte Europea per
i diritti dell’uomo che ha sede a Strasburgo che, il 1 aprile 2010, ha condannato l’Austria perché, anch’essa, vieta la Fivet con gameti eterologhi.
Questa decisione europea è stata impugnata dall’Austria, in appoggio della
quale sono intervenuti in giudizio la Germania, l’Italia (da noi sollecitata) alcuni movimenti pro-life, un gruppo di parlamentari europei. Potete immaginare quanto lavoro abbia personalmente svolto in questa direzione. Il 23
febbraio si è svolta l’udienza dinanzi alla Grande Camera. Conosceremo tra
molti mesi la decisione. Ma intanto l’attacco è cominciato anche in Italia.
Cercheremo di essere presenti dinanzi alla Corte Costituzionale, come già
abbiamo fatto nei giudizi precedenti.
Questi riferimenti giudiziari possono sembrare secondari, ma non lo
sono affatto: sono indicativi dell’estensione e della profondità delle aggressioni contro la vita umana e sottolineano – ancora una volta – la gravità delle nostre responsabilità.
SEGNALI POSITIVI DAGLI ENTI LOCALI
Le difficoltà che avvertiamo noi in Italia sono molto minori di quelle con cui
ci confrontiamo sul piano europeo. La spia più evidente è l’apparente irresistibilità della cultura “di genere”, “dei diritti riproduttivi e sessuali”, dell’insignificanza crescente del matrimonio, dell’omosessualità vantata come
liberazione, del diritto all’aborto come manifestazione della emancipazione
femminile. È un modo di pensare che si insinua in ogni piega del dibattito
pubblico europeo. La Giornata della donna è un’occasione per spingere in
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questa direzione. Sono ancora sotto l’impressione di due votazioni nel Parlamento europeo dove l’invito a rendere agevole l’aborto ha ottenuto maggioranze schiaccianti. Da noi in Italia, invece, si registra qua e là una
crescente attenzione di alcune istituzioni per il diritto alla vita.
A Crotone, proprio per la Giornata della donna, la provincia ha organizzato un concerto i cui proventi sono stati assegnati al locale Cav. Il segnale
è assai positivo, nonostante le roventi contestazioni femministe.
Ma ci sono altri più importanti segnali positivi. Ho già parlato di ciò che si
muove sui consultori e sulla valorizzazione del volontariato a livello regionale. Ma ci sono anche statuti comunali che proclamano il diritto alla vita;
enti locali che sottoscrivono – come a Trento recentemente – Progetti
Gemma; progetti per la vita cofinanziati dal ministro del Welfare.
LEGGE 194 E RU486
La introduzione della Ru486 ha suscitato in Italia notevoli resistenze anche
dalle pubbliche istituzioni e non mi risulta che un analogo fenomeno si sia
verificato all’estero. Ma noi abbiamo ripetuto e ripetiamo che il male primo
è l’aborto e il mezzo con cui lo si effettua ne cambia le modalità, non la sostanza. Quanto alla pillola del giorno dopo abbiamo fatto tutto il possibile.
Ricordo il nostro ricorso al Tar Lazio che ottenne l’annullamento del decreto Veronesi che commercializzava in Italia il Norlevo (sentenza 08465 del
12 ottobre 2001), ma, ciò nonostante, l’opinione pubblica ormai pensa alla
pillola del giorno dopo come ad un contraccettivo.
Resta la resistenza dell’obiezione di coscienza dei farmacisti, ma che è –
e dobbiamo ammetterlo – debole e poco diffusa. Sono convinto che la diffusione dell’abortività precocissima e inconoscibile prodotta dalla “pillola
del giorno dopo” determina la riduzione del numero degli aborti legali tradizionali. Oggi nella coscienza collettiva l’accettazione della legge 194
(aspetto non secondario della “assuefazione” denunciata dai vescovi nel
messaggio per la Giornata della vita 2011), che inizialmente era causata
dalla compassione per i casi pietosi, è irrobustita dalla credenza che gli
aborti sono diminuiti per effetto della 194. E’ una menzogna che non ci
dobbiamo stancare di smascherare, così come era una menzogna la rappresentazione della legge come strumento di compassione per casi estremi.
Lo ripetiamo: noi dubitiamo che complessiva diminuzione di aborti vi sia
stata (prima non esisteva la pillola del giorno dopo) ma è certo che se di-
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minuzione vi è stata, essa è dovuta al messaggio della Chiesa, ascoltabile in
Italia più che in altri Paesi, e anche alla non rassegnazione del Movimento
per la vita.
UN GRANDE E ORDINATO MPV
In questo panorama risuonano le parole di Giovanni Paolo II: “urge una mobilitazione generale in vista di una nuova cultura per la vita”. All’interno di
questo appello all’intero “popolo della vita”, il Movimento si sente chiamato ad essere strumento di mobilitazione, fiammella che accende il fuoco.
Gli strumenti sono strumenti, non fini. Noi lavoriamo per la vita, non per il
Movimento per la vita. Potrà venire il tempo in cui questa specifica forma associativa non ci sarà più e tuttavia non sarà meno importante l’impegno per
la vita.
Ma gli strumenti sono strumenti, cioè oggetti o strutture che debbono
funzionare bene in vista dello scopo da raggiungere, che, nel nostro caso, è
la “mobilitazione generale”. Perciò da anni insisto nella necessità di rendere
“perfette” le nostre strutture. Pazienteremo di fronte ai nostri inevitabili limiti, ci ripeteremo per non scoraggiarci che “il perfetto è nemico del bene”,
ma non cesseremo di puntare alla perfezione che significa: professionalità
nel volontariato, puntualità nel servizio, organizzazione unitaria, parlare ad
una voce nella società distratta, indifferente o avversa.
La recente riforma dello statuto, approvata nell’assemblea dell’aprile
2009, dopo anni di riflessione nel Direttivo, mira proprio a questo.
Al proposito mi limito ad alcune osservazioni ed esortazioni generali. Un
movimento che vuole essere scintilla che accende un fuoco non può essere
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chiuso, timoroso dell’allargamento nel corpo sociale, incapace di coinvolgere energie nuove, soprattutto giovanili. Soprattutto i Cav non hanno raggiunto pienamente il loro scopo se sono costituiti soltanto da due o anche
dieci operatrici od operatori, magari efficientissimi. Occorre coinvolgere la
popolazione. Io penso ad un corpo sociale molto esteso o almeno a riferimenti presenti in ogni parrocchia o ambiente.
“Tutti insieme dobbiamo costruire una nuova cultura della vita”. È ancora
Giovanni Paolo II a parlare. Non tutti possono incontrare le mamme in difficoltà, non tutti possono garantire presenza nei Centri, ma tutti possono
pagare una quota, magari minima, ma che fa sentire il singolo parte del
tutto, tutti possono fare da “antenna” per la segnalazione delle opportunità
di intervento, tutti possono abbonarsi al Si alla vita, tutti possono promuovere nel loro ambiente Progetti Gemma.
Seconda osservazione: considero provvidenziali le visite fatte dagli ispettori del lavoro, la scorsa estate, in molti Centri e movimenti. Come abbiamo
già spiegato in lettere subito inviate, quelle visite, delle quali la presidenza
non era stata preventivamente informata, avevano lo scopo di accertare soltanto se noi esistiamo davvero. Infatti ci hanno chiesto i bilanci, talora
l’elenco soci, hanno voluto sapere se c’è una sede, un telefono, una stanza.
La iscrizione della Federazione nazionale nell’albo delle associazioni di
promozione sociale ci consente di chiedere al ministero il rimborso di talune
spese della Federazione nazionale, ovviamente dietro presentazione delle
relative fatture. Giustamente il ministero vuole sapere se noi esistiamo davvero, se cioè esistono i Centri e i movimenti che si dichiarano federati. Tutto
qui. Ma è significativo che gli elementi minimali richiesti come prova di esistenza siano quelli che noi da sempre raccomandiamo di porre in essere: assemblee sistematiche e documentate, libro soci, bilanci, una sede, orari
rispettati. Dunque non deve apparire banale l’insistenza su questi aspetti
organizzativi e sulla necessità di renderli noti alla Federazione nazionale.
Lavoriamo per coinvolgere sempre di più la società civile, cerchiamo di
“compromettere” le istituzioni pubbliche in favore della vita, provvedimenti
come quello di Cota in Piemonte fanno presagire richieste delle Asl ai nostri
Cav di collaborazione. Tutto questo esige una adeguata e seria risposta da
parte nostra. Inevitabilmente dobbiamo impegnarci a darla puntando al
perfezionamento della nostra organizzazione.
Terza osservazione: ci ha detto Giovanni Paolo II (22 maggio 2003), ormai
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Assemblea nazionale 2011
prossimo alla morte, “strettamente uniti tra voi continuate ad essere forza
di rinnovamento”. Quasi una ammonizione finale. Un riconoscimento incoraggiante (“continuate”). Una immagine simile a quella da me proposta
della fiammella e del fuoco (“forza di rinnovamento”). L’indicazione di una
condizione (“strettamente uniti tra voi”). “Strettamente uniti”: non c’è soltanto l’aspetto intimistico e spirituale. Volersi bene, il che è fuori discussione.
C’è anche l’aspetto organizzativo. Parlare ad una voce, rispetto della democrazia interna, struttura adeguata all’unità.
A questo punto non posso evadere da un problema che ha determinato
in molti di noi un malessere e talora una vera e propria sofferenza. Mi riferisco agli attacchi malevoli e alle critiche aspre che nel corso del 2010 fino ad
oggi sono stati rivolti al Movimento per la vita e - in particolare – al sottoscritto. Di fronte alla diffusione di notizie e valutazioni non vere, oggettivamente capaci di indebolire il nostro entusiasmo e quindi il nostro lavoro,
nonostante il carattere pubblico degli attacchi reiteratamente diffusi su quotidiani (Giornale, Libero, Foglio), riviste di area cattolica (FamigliaDomani,
RadiciCristiane), siti internet (appartenenti a Verità e Vita, Federvita Piemonte, Libertà e persona, BastaBugie, CorrispondenzaRomana) ho risposto
solo all’interno del nostro movimento inviando a tutti i presidenti dei Centri e dei movimenti locali, nell’ottobre 2010, lo scritto “Per non consentire
scoraggiamenti”.
Non intendo ripetere ora cose già dette. Chi non le ricordasse può chiedere in questa assemblea copia del documento ora indicato e di tutta la documentazione che lo sostiene. Il direttivo si è occupato delle ragioni di
questo malessere e ha deliberato le iniziative per superarlo dedicando a questo problema tutte le sue riunioni del 2010 (23/24 ottobre, 19/20 marzo, 22
maggio, 25 luglio) e quella del 22 gennaio 2011. Sono stati approvati sempre quasi all’unanimità (20 favorevoli/1 astensione; 26 favorevoli/ 3 astenuti;
21 favorevoli/ 3 astenuti) i documenti che non illustro perché voglio affrontare il problema nei termini più profondi e generali, ma che potete ritirare.
Credo che si debba giungere alla conclusione di questa vicenda con serenità, pacatezza, ma anche con la necessaria chiarezza e determinazione.
Lasciamo stare le questioni personali e meditiamo sulla storia, sulla funzione e sul futuro del nostro Movimento. Mi pare che la riflessione debba organizzarsi intorno a due parole: identità e unità.
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LA NOSTRA IDENTITÀ
La nostra origine ha una doppia natura: i Centri di aiuto alla vita (1975) e
la proposta di legge di iniziativa popolare del 1977. La nostra identità è
quindi costituita da un lato dalla solidarietà verso la vita nascente in ogni
caso individuale in cui una madre subisce la tentazione dell’aborto e dall’altro da una presenza pubblica che reagisce alla rassegnazione e allo scoraggiamento dei legislatori con proposte legislative realistiche, concrete.
Quando si scrive che vi è un peccato d’origine del Mpv e che questo sarebbe
la Plip del 1977, con un conseguente inquinamento di tutto ciò che il Mpv
ha fatto successivamente, nel referendum del 1981, nella vicenda della L. 40
ed ora riguardo alla legge di FineVita, si contesta l’identità stessa del Movimento.
Naturalmente è lecito pensare in questo modo, ma vi è obiettivamente
una estraneità al Mpv, a quello che è, che è stato e che vuole essere. Non vi
è più soltanto un problema di linguaggio. Finché ci si rimprovera di non
usare parole dure per condannare la 194 (cosa certamente non vera) o di
preferire l’immagine di un bambino non nato vivo a quello di un embrione
spezzettato, passi.
Può darsi anche che i nostri contraddittori abbiano ragione e che noi ci
debba correggere. Comunque il linguaggio deve adattarsi ai diversi ambienti e ci può essere una benefica interpretazione tra linguaggi diversi.
Ma quando si scrive e si sostiene che il Movimento è arrendevole, suddito
del nichilismo, incapace di una presenza pubblica efficace, praticamente
inesistente a causa delle sue scelte sistematiche nella dimensione politica,
si contesta davvero una identità e quindi una appartenenza.
Il caso di Verità e Vita è esemplare. Per statuto, come si legge nel suo sito,
essa nasce per contestare le scelte del Mpv riguardo alla L. 40. Abbiamo
fatto discussioni interminabili, abbiamo votato molte volte, abbiamo ricevuto l’incoraggiamento persino di Giovanni Paolo II (il 22 maggio 2003 egli,
ricevendo il nostro Direttivo, auspicò la rapida approvazione della legge).
Voglio andare a fondo nella riflessione. Questo non attribuire valore alle indicazioni della Chiesa italiana e dello stesso Pontefice mi preoccupa, come
mi preoccupa che sul Foglio alcune personalità, tra cui qualcuno di Verità e
Vita abbiano invitato Benedetto XVI a non ripetere “l’errore” del dialogo
interreligioso di Assisi. Per analoghe ragioni mi preoccupa la pubblica critica al card. Bagnasco quando, dopo la morte di Eluana, dichiarò auspica-
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Assemblea nazionale 2011
L’UNITA’ NECESSARIA
assemblea nazionale del Movimento
L’
per la vita italiano, riunita a Firenze il
19 e 20 marzo 2011
- preso atto che nei confronti del Mpv e dei
suoi organi statutari è in corso un’attività
di contrapposizione sistematica, con vari
mezzi informativi, comunicati stampa, interventi sul web, quotidiani e periodici, secondo una strategia che confligge in modo
critico e polemico con e scelte operative e
le line di azione del Mpv;
- che tale attività, svolta anche da soggetti
che affermano il proposito di difendere la
vita, per mezzo di un’associazione denominata “Comitato Verità e vita”, coinvolge
il profilo identitario del Mpv e l’appartenenza fedele ai suoi programmi, coerenti
con lo statuto;
- ritenuto che nella piena libertà di ciascuna
persona e di ciascun gruppo di scegliere il
campo e la fisionomia della propria mili-
tanza, non appare compatibile per ragioni
di coerenza la simultanea partecipazione di
un Cav o di movimento per la vita locale al
Mpv e al Comitato Verità e vita costituendo
quest’ultima scelta un abbandono del vincolo federativo; e che per le singole persone l’adesione soggettiva a detto
Comitato non è compatibile con l’assunzione di cariche direttive e rappresentative
nei Cav e nei movimenti locali
Afferma
- che i Cav ed i movimenti locali non possono mantenere il vincolo federativo con il
Mpv se aderiscono all’associazione “Comitato Verità e vita”;
- che le persone investite di rappresentanza
facenti parte di organi direttivi dei Cav o
movimenti locali non possono conservare
le loro funzioni se aderiscono all’associazione denominata Comitato Verità e vita.
bile una legge sul FineVita. Quando ci si sente membri di una famiglia,
tanto più se questa è la Chiesa, si dovrebbe essere più attenti a ciò che la
maggioranza dei fratelli e il Padre, per amore e non per arroganza, dicono.
Sulla nave i marinai seguono il capitano anche se hanno dei dubbi.
Torniamo all’identità del Mpv. Se siamo stimolati a dire che la Fivet è un
male anche se omologa, io rispondo: è giusto. Se siamo criticati perché si ritiene che lo diciamo troppo poco, valuto la critica e penso che ci sia del
vero, anche se non al Mpv dovrebbe essere rivolta, ma ad altri. Se si dice che
la L. 40 è ingiusta, non mi straccio le vesti. Replicherò che comunque riduce
il numero delle uccisioni premeditate e dirette e accetterò il confronto razionale su queste valutazioni di fatto senza scandalizzarmene. Ma qui si
dice un’altra cosa che tocca davvero l’identità del Mpv. Si sostiene che il
Mpv non doveva attivarsi in alcun modo formulando ipotesi legislative e
premendo sul Parlamento per farle passare. Avrebbe dovuto restare un movimento puro e duro, di sola testimonianza.
Qui si tocca l’identità del Movimento, che esiste proprio per intervenire
a livello pubblico e legislativo. Se non ci fossero i Cav l’aiuto alle maternità
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difficili ci sarebbe comunque stato nel seno della Chiesa, con altre forme –
forse meno specifiche – ma ci sarebbe stato come c’è sempre stato. Ma se
non ci fosse stato il Mpv a livello pubblico, sostituendo i politici ignavi e distratti, si può essere sicuri che dell’aborto come problema legislativo e politico neppure si parlerebbe più. Il metodo della non rassegnazione e quindi
della gradualità (non del compromesso!) e quindi della valutazione realistica delle situazioni, e quindi dello sforzo per raccogliere in unità forze
che, già minoritarie, diventerebbero insignificanti se divise, fa parte dell’identità del Mpv.
Non voglio dire che una associazione o movimento che non accetta questa identità è negativo. Dico che è diverso. E tra diversi si può fruttuosamente collaborare. È difficile invece collaborare con chi all’interno di un
movimento cerca di cambiarne l’identità. I documenti emanati dal Direttivo si fondano su questo ragionamento.
L’identità è un patrimonio prezioso. Chi è responsabile dell’associazione
deve essere fermo nel difenderla. La chiarezza nella distinzione può favorire amicizie tra soggetti diversi. L’inquinamento dell’identità determina
malessere e sofferenza.
L’UNITÀ STRUTTURALE
La seconda parola è unità. L’unità deve essere strutturale e strategica. La
prima riguarda il Mpv in quanto tale, la seconda si diffonde anche all’esterno del Movimento per coagulare le forze. Lo strumento dell’unità
strutturale è lo Statuto. Esso è stato aggiornato con voto pressoché unanime nel 2009. Lo Statuto nel garantire l’unità è coerente con la storia del
Movimento.
Esso nasce attraverso l’adesione diretta dei singoli Cav e movimenti locali. Le Federazioni regionali sono venute dopo, non per volontà della base,
ma per volontà della Federazione nazionale che, a partire dagli anni ’90,
prima nominò dei coordinatori regionali e poi gradualmente promosse le
Federazioni, i cui organi dirigenti sono eletti dal basso. Ma la Federazione
nazionale resta la federazione dei Cav, Sav, mpv, Case di accoglienza. Non
a caso il Direttivo nazionale è eletto da tutti gli enti locali e i presidenti regionali non hanno neppure l’elettorato attivo. Se la Federazione nazionale
fosse una federazione di entità regionali il suo Direttivo dovrebbe essere costituito esclusivamente dai presidenti regionali. Invece essi sono membri di
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diritto del Direttivo per garantire il coordinamento delle iniziative nazionali
a livello regionale. Perciò lo Statuto stabilisce che l’ammissione e la cessazione di Cav, mpv, Sav sono decisioni che appartengono al Direttivo, fermo
restando l’obbligo dell’ente periferico di aderire alla Federazione regionale, il cui parere è obbligatorio ma non vincolante, di tal ché un ente locale può essere ammesso o dimesso anche se il parere regionale è contrario.
Non è invece accettabile l’inverso.
Non è possibile che ci siano associazioni locali dichiarate membri di una
Federazione regionale senza che siano state ammesse prima dalla Federazione nazionale. Non è dunque accettabile una rivendicazione di autonomia di una Federazione regionale. Vi è anzi un dovere statutario di
collaborazione. Ovviamente va riconosciuto il valore della libera iniziativa
regionale per le attività di carattere regionale, che è ricchezza da valorizzare e sostenere. Ma negli statuti regionali deve essere chiaro quanto qui
indicato, cioè la fedeltà e la coerenza con lo statuto nazionale.
L’UNITÀ STRATEGICA
L’unità strategica significa delineare gli obiettivi da perseguire in un determinato momento e in determinate condizioni, predisporre i mezzi per raggiungerli, raccogliere le forze di tutta la società civile per agire insieme. Fin
dagli inizi abbiamo sentito come nostra missione proporre anche al di fuori
del Movimento gli obiettivi, verificarne le condizioni, agire unitariamente.
Questo richiede una grande fatica ed esige talvolta di rallentare il passo
per aspettare qualcuno che è più lento. Comunque, poiché il grande baluardo della vita in questo passaggio epocale è la Chiesa, l’unità strategica
suppone una grande sintonia e cordialità di rapporti con la Chiesa Universale e locale.
So benissimo che i nuovi organismi che abbiamo decisamente ed efficacemente contribuito a costruire – il Forum delle famiglie e Scienza&Vita – ci
hanno portato via molto sangue in termini di persone e un po’, forse, anche
di competenze. Ma sono organismi che in via permanente uniscono associazioni e persone diverse. Sono tendenzialmente il luogo dell’unità! Per
questa unità siamo pronti a pagare un alto prezzo, perché il valore della vita
umana sia davvero la prima pietra di un nuovo edificio. Più largamente ancora non temiamo il dialogo con tutti perché siamo convinti che la vita è un
valore così grande da essere irrevocabilmente presente nel cuore di tutti.
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Penso che sia mio dovere continuare a svolgere la mia funzione di presidente fino alla scadenza dell’anno prossimo. Ma tra le critiche che
hanno determinato il malessere ci sono anche quelle che riguardano la
mia persona. La mia qualità di parlamentare sarebbe causa della debolezza teorica e pratica del Mpv. Perciò ho ricevuto qualche invito a dimettermi. Nonostante i miei enormi limiti, la mia coscienza mi dice che il
mio ormai lungo impegno politico non è stato mai freno od ostacolo per
il Movimento, ma, al contrario, strumento che ha dato al Movimento
spinta, visibilità, copertura, amicizia, autorevolezza e per contro – ne
sono convinto – le parole che ho potuto pronunciare nei Parlamenti, e più
in generale nella dimensione pubblica, sono state più credibili perché –
privo come sono sempre volutamente stato per il bene del Movimento
della forza di correnti o di partito – avvertite come voce di molti, di un
popolo, di voi.
Ma, naturalmente, posso sbagliarmi. Comunque questa questione è un
elemento – più o meno forte o marginale, non so – di divisione. Ma è un elemento, che a differenza di altri, si può facilmente rimuovere: o con le mie
dimissioni, oppure in un vostro voto che cancelli democraticamente la critica. Sabato scorso nell’assemblea piemontese, dove questa critica è stata ripetuta, ho chiesto il voto. Ho detto: nell’imminente assemblea nazionale mi
presenterò dimissionario se una importante Federazione, quella del Piemonte, dirà con il voto che ha ragione chi considera negativo per il Movimento ciò che sono stato e sono nei Parlamenti. Il voto non è avvenuto,
perché, si è detto, la questione non era all’ordine del giorno e la mia domanda era impropria. Ma ora lo domando a voi. Davvero pensate che il
mio impegno nei parlamenti sia stato e sia dannoso per il nostro Movimento? Mi piacerebbe che si votasse separatamente.
LA GARANZIA DELL’IDENTITÀ E LA FORZA DELL’UNITÀ
Non ho parlato, come negli anni passati, delle iniziative realizzate nell’ultimo anno e di quelle programmate per il futuro. Nella cartella che vi è
stata consegnata trovate un elenco delle principali attività nazionali promosse o sostenute dalla Federazione nazionale. Delle iniziative future ne
parleranno i vari collaboratori che completeranno la mia relazione. Accenno solo all’importanza simbolica di alcune date del prossimo mese di
maggio:
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- 1 maggio: beatificazione di Giovanni Paolo II;
- 13 maggio: 30 anni dall’attentato al Papa della vita e dei diritti umani a
quattro giorni dal referendum;
- 17 maggio: 30 anni dal referendum;
- 22 maggio: anniversario (triste) della L. 194
Ho parlato molto di identità, di unità e quindi di storia. La storia è fatta
anche di persone e le persone sono anch’esse un patrimonio che non va
tradito. Appartiene alla nostra storia l’amicizia di Giovanni Paolo II, ma
anche di Madre Teresa di Calcutta, di Chiara Lubich, di don Zeno Saltini, di
don Giussani, di don Oreste Benzi, di Giorgio La Pira (ricordate il suo telegramma: “iniziate una battaglia per la vita da cui dipende la salvezza del
genere umano”?).
Ma non posso parlare di storia del Mpv senza ricordare, almeno, i nomi
di alcuni che hanno avuto un ruolo non secondario a livello nazionale: Francesco Migliori, primo infaticabile presidente del Movimento; Vittoria Quarenghi, prima segretaria del Mpv; don Michele Gaggero, fondatore e
animatore a Genova di uno dei primi nuclei del Mpv; don Adolfo Giorgini,
promotore e animatore di altro analogo nucleo a Cesena; padre Giuseppe
Leonardi, che conduceva alle prime assemblee nazionali i giovani del
gruppo romano Dimensione uomo, da cui sono usciti non pochi responsabili nazionali; padre Arturo Della Vedova, la cui casa editrice – “La parola”
– ha dato a tanti di noi strumenti di persuasione ancora oggi validi; Magda
Brunori Panuccio, presidente del mpv fiorentino, quando esso dava un con-
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tributo primario al nascente Movimento nazionale; Carlo Barocchi, presenza silenziosa quanto indispensabile nel Mpv e nel Centro di documentazione e solidarietà; Aldo Mazzoni, guida colta e arguta di tanti nostri
seminari; Dario Casadei, membro dell’incipiente dipartimento scientifico
del Mpv; Ennio D’Errico, presidente della Federazione pugliese; Antonio
Achille, raccordo storico, sicuro, saggio della Segreteria nazionale; Salvatore Fumo, promotore dell’azione e dell’organizzazione per la vita in tutta
la Calabria; don Leo Cerofolini, fondatore e animatore della prima casa di
accoglienza, quella di Belgioioso; Achille Baravelli, promotore e sostenitore
tenace del monastero S.Maria della Vita a Sogliano sul Rubicone; Gianni
Astrei, ideatore e promotore di convegni scientifici internazionali e del
Fiuggi Family Festival; i coniugi Mario e Patrizia Ciampi, vittime di un incidente stradale mentre tornavano da aver dato il loro contributo ad un seminario per giovani; Andrea Rimondi, presidente dell’Emilia-Romagna; don
Carlo Zaccaro, che insieme alla sua passione missionaria al servizio dei poveri ha portato il Mpv in Albania; Giuseppe Garrone, presidente della federazione piemontese, ideatore e primo realizzatore di SosVita e delle Culle
per la vita, ultimo a lasciarci significativamente alla vigilia della Giornata
per la vita 2011.
E ci sono ancora: Fernando Del Pia di Arezzo, Bruno Nardo di Bolzano,
Costantino Semizzi di Verona, Giuseppe Foradini di Rivoli, Achille Dedè di
Milano, Eugenia Scornavacca di Ascoli, Luciano Capitelli di Modena, Massimo Braccesi e Umberto Reali di Pistoia, Massimo Ermini di Pisa e chissà
quanti altri potrei ricordare…
C’è dunque una autentica corrente di santità che percorre la storia del
Mpv. Essa è la vera forza unitaria.
Non avremo paura a superare le difficoltà.
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