Ritiro di Quaresima
con d. Pietro Adani
Ritiro di quaresima 2012
PRIMA MEDITAZIONE
Qual è l’obiettivo di questa giornata? Non semplicemente un momento forte della
quaresima, che è prezioso e va vissuto con gioia così come in un itinerario di guarigione
quando sta avvenendo quella guarigione, e l’incontro con la parola di Dio dovrebbe
essere sempre atteso e vissuto così, come incontro provvidenziale con colui che ci
guarisce; dicevo dunque non solo un momento forte e se capiterà che il Signore ci
concede la grazia pregata nel salmo – accendi in noi un fuoco forte – tanto meglio, non
sarà io dispiaciuto di questo chiaramente, ma vorrei di più e prego di più perché questa
giornata vi dia il desiderio di una familiarità con la parola di Dio quotidiana. Uscire
perciò con l’interesse di uno spazio quotidiano con questa parola e non perché non
l’abbiate già ma sappiamo che ogni giorno va riconquistato.
Privarsi di questo spazio è privarsi di una esperienza irrinunciabile. Per questo
ripercorreremo a ritroso la liturgia degli ultimi tre giorni, per capire come potevano
essere quelle giornate se avessi speso il mio tempo magari strappando qualche ora,
qualche mezzora, qualche minuto, qualche momento al sonno, alla sera o al mattino,
per lasciarmi guidare dalla sua parola. Cercare di capire quanto sia irrinunciabile
quest’incontro, certo impegnativo, ma io credo che nessuno di noi abbia paura
dell’impegno quando è significativo anzi ci viene più a noia una vita ritmata da una
quotidianità addormentata.
Quest’idea mi è nata giovedì, leggendo la pagina di Ester – e ho colto così
l’occasione di andarmela a rileggere per intero quel libro – e affronteremo in modo
particolare la sua vicenda. Ester è una donna di una certa età, giovane ma che è già
dentro una vocazione, stabile, ha già tutte le sue sicurezze. E’ passata anzi da una
condizione di indigenza, di povertà a divenire regina, per un errore di presunzione, di
permalosità di un’altra donna a sua volta regina, quando le viene concesso di poter
sfilare davanti al re.
Una ragazza orfana di padre educata dallo zio, Mardocheo di cui cerchiamo poi di
approfondire qualche caratteristica.
Prima di presentarsi al re c’è un rituale di abbellimento della donna che durava
quasi un anno! Prima di arrivare davanti al re c’era una cura di un anno: unguenti ... oggi
non si chiamerebbero unguenti, insomma tutte quelle cose che conoscete... fino a
quando questa donna piacque al re, e improvvisamente da giudea che era arriva a
diventare regina, una posizione assolutamente invidiabile, di privilegio.
Anche Mardocheo, senza svelare la relazione parentale con lei, acquisisce per
intelligenza e sapere una posizione di rilievo nel regno. Siamo nei primi tre capitoli del
libro di Ester, che ho dovuta rapidamente sintetizzare, che nell’attuale edizione
contempla ambedue le traduzioni, dal greco e dall’ebraico, fin qui adottate. E’
significativo che nel testo ebraico il nome di Dio non venga mai menzionato, è un Dio
nascosto.
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Ritiro di quaresima 2012
Andiamo a leggere la parte che precede la grande preghiera di Ester e Mardocheo
dove si racconta la vicenda della gelosia politica di Haman, primo ministro del re,
diciamo così, geloso per il fatto che Mardocheo, uomo retto, integro, che non scende a
compromessi, non mostra adulazione nei suoi confronti, non fa inchini, non ostenta per
lui quella riverenza che, per la sua fede, spetta solo a Dio.
Mardocheo insieme ad Ester scopre un complotto per attentare alla vita del re e
rivelano al re la scoperta. Il re si stupisce parecchio quando capisce che Mardocheo ed
Ester nulla chiedono in compenso del fatto di avergli così salvata la vita, cioè c’è una
relazione d’amore per la giustizia fine a sé stessa, Mardocheo ed Ester hanno compiuto
un’opera buona senza chiedere il contraccambio. E il re domanda ad Haman: cosa
bisogna fare per una persona che ha salvato la vita del re, che non ha chiesto nulla in
cambio, cosa posso fare? E Haman, tronfio e accecato dal suo desiderio di potere, dice
ciò che secondo lui sarebbe stato motivo di sommo orgoglio per sé stesso e perciò
propone che sia concesso di cavalcare il cavallo del re, girare per il paese con gli abiti del
re perché questo riteneva dovesse essere l’onore più grande!
Bene, concede il re, accompagna Mardocheo per le strade del paese. E così Haman
si trova a dover accompagnare Mardocheo, pur avendo già iniziato a cospirare con un
editto nel quale si comandava l’uccisione di tutti i giudei, senza distinzione alcuna. Di
fronte a questa umiliazione Haman fa intanto erigere un palo alto parecchi metri per
impiccare Mardocheo.
Siamo al punto in cui Mardocheo scopre l’esistenza dell’editto promulgato con
tanto di sigillo reale e diffuso in tutto il regno.
“Quando Mardocheo seppe quello che era accaduto, si stracciò le vesti, indossò un sacco e si cosparse di
cenere. Precipitandosi nella piazza della città gridava a gran voce: viene distrutto un popolo che non ha
fatto nulla di male. Venne fino alla porta del re e si fermò. Infatti non gli era consentito entrare nel palazzo
portando sacco e cenere.
In ogni provincia, in cui erano state pubblicate le lettere c’erano grida e lamenti e grande afflizione fra i
Giudei, i quali sedevano sul sacco e sulla cenere. ”
Haman sorteggia il giorno in cui si deve compiere l’eccidio; da lì nasce una festa
preziosa per gli Ebrei, il Purim – festa della sorte.
“Entrarono le ancelle e gli eunuchi della regina e le parlarono. All’udire quello che era accaduto rimase
sconvolta e mandò a vestire Mardocheo e a togliergli il sacco ma egli non acconsentì.
Allora Ester chiamò il suo eunuco, Acrateo, che stava al suo servizio, e lo mandò a chiedere informazioni
precise a Mardocheo.
Mardocheo gli fece conoscere ciò che era accaduto e la promessa che Haman aveva fatto al re dei diecimila
talenti per il tesoro, allo scopo di sterminare i Giudei, e gli diede copia dell’editto promulgato nella città di
Susa e riguardante la loro distruzione perché la mostrasse ad Ester.
Gli disse di ordinarle di entrare dal re per domandargli grazia e intercedere a favore del popolo”.
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Per comprendere Mardocheo dovete entrare in una situazione di disperazione
assoluta, ancora più acuita dal fatto che finalmente si trovava in una situazione di
stabilità e di serenita, posizione guadagnata attraverso un lavoro paziente,
provvidenziale e però per alcuni aspetti rovinata dalla malvagità di un uomo.
Anche il cieco alle porte di Gerico, ricordate, grida e urla. A volte il Signore
permette che tocchiamo il fondo per rivolgerci davvero significativamente a Lui, e non
formalmente. Vi siete mai chiesto come mai alla fine di una vita in cui magari hanno
sempre avversato Dio, in preda alla disperazione più profonda, forse a volte nella
bestemmia forse altre nell’invocazione alzano questo grido a Dio? Un grido a Gesù?
La prima rigidità che incontriamo nella regina, e nella corte, è la ritualità, diciamo le
regole di palazzo.
Allora vorrei esaminassimo un attimo le nostre regole di palazzo! Regole non scritte
ma che si stanno radicando e insinuando nella nostra cultura e che forse nell’incontro
con altre culture e religioni dovremmo ripensare, per evitare una facile ipocrisia. Cioè,
questo senso comune, questo rispetto umano ... faccio un esempio banale: la preghiera
al ristorante. E’ costume un furtivo segno di croce? Ma credo anche nelle nostre case
avendo degli ospiti. Sembra che per il rispetto delle regole si debba anteporre la
persona a Dio. Ma è davvero un anteporre per amore della persona o è quella regola di
costume che ci fa arrossire o persino un po’ vergognare? Rispettiamo talmente l’altro
che l’altro in fondo mi è indifferente!
Cosa fa la nostra regina? Non riesce più a vedere cosa sta succedendo e forse non
lo sa, forse ormai rassicurata dentro le sue consuetudini, le sue ricchezze, il suo potere.
”Ricordati aggiunse Mardocheo – parla all’eunuco per parlare ad Ester – dei giorni in cui eri povera,
quando eri nutrita dalle mie mani giacchè Haman il quale ha avuto il secondo posto dopo il re ha parlato
contro di noi per farci morire.
Invoca il Signore e parla al re in nostro favore perché ci liberi dalla morte. Acrateo entrò e le riferì tutte
queste parole ed Ester disse ad Acrateo: va da Mardocheo e digli, tutte le nazioni dell’impero sanno che
chiunque uomo o donna entri dal re nel palazzo interno senza essere chiamato non avrà scampo. Solo colui
sul quale il re avrà steso il suo scettro d’oro sarà salvo. E io non sono più stata chiamata ad entrare dal re
già da trenta giorni.
Acrateo riferì a Mardocheo tutte queste parole di Ester. Mardocheo disse ad Acrateo;.va a dire ad Ester,
non dire a te stessa che tu sola potrai salvarti nel regno fra tutti i Giudei perché se tu ti rifiuti in questa
circostanza da un’altra parte verranno aiuto e protezione per i Giudei.
Tu e la casa di tuo padre perirete. Chissà che tu non sia diventata regina proprio per questa circostanza?”.
Quel che dice Ester è vero, ma siamo all’esasperazione di una regola. E’ vero,
nessuno poteva presentarsi al re senza essere stato chiamato. Probabilmente la regina
poteva, proprio per l’unicità dello stato. E Ester non ha paura allora di dover andare dal
re, piuttosto ha paura di quel che dovrà dirgli. Ormai lei è assicurata per il suo ruolo.
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Ritiro di quaresima 2012
E noi potremmo chiederci: ormai sono assicurato nella mia vita? Ho trovato un
equilibrio, mi sento a posto? Ho ottenuto anche con provvidenza, con astuzia,
intelligenza, con sacrificio una posizione ... ma è così facile, anche per un adulto,
pensare che i meriti siano attribuibili a noi stessi, anche per un credente, quasi
dimenticando che c’è una provvidenza. Ecco il Dio nascosto, un Dio ritirato quello del
libro di Ester che permette all’uomo di entrare in gioco.
Non a caso la fede e l’amore non sono innati nell’uomo, devi essere educato alla
fede e all’amore! Mardocheo compie un’azione delicata e straordinaria, forte, non
semplice. Ricordate che lui è stato per Ester un padre, l’ha educata lui. Quello che
chiede Mardocheo ad Ester è di prendere coscienza della sua posizione, non rispetto a
sé come pian piano è scivolata la vita di Ester, come talvolta scivola la vita di un adulto;
non rispetto a te, riacquista la vera posizione, cioè apri gli occhi. Mardocheo l’aiuta: fai
memoria, ricorda da dove sei venuta, da dove sei partita, ricordati.
E poi c’è questa frase di grande fede di Mardocheo.
“ ... perché se tu ti rifiuti in questa circostanza da un’altra parte verranno aiuto e protezione per i Giudei. Tu
e la casa di tuo padre perirete. Chissà che tu non sia diventata regina proprio per questa circostanza?”.
Teniamo presente che siamo nell’Antico Testamento, per cui c’era questa
dinamica: Dio eleggeva un giudice, il popolo era diventato forte e pian piano affievoliva
le sue abitudini cultuali, religiose ed etiche, si disperdeva, disperdendosi cadeva in
peccato, arriva il castigo di Dio, il popolo si convertiva e Dio perdonava inviando un
nuovo giudice.
E’ tutto costruito così il libro dei Giudici, un Dio che corrisponde alla tua condotta di
vita: commetti il peccato, arriva la retribuzione, ti converti e arriva la redenzione. Col
libro di Giobbe la situazione è ribaltata e poi stravolta, in maniera illuminata, dal
vangelo. Ma come ricordava Don Dossetti l’Antico Testamento è la grammatica per
comprendere la vita, in modo particolare la vita di Gesù.
Siamo quindi in un passaggio delicato, e dobbiamo allora entrare dentro i
personaggi per lasciarci illuminare nella nostra vita. E ci chiediamo: chi è Mardocheo
nella mia vita? Nella mia vita di adulto, chè l’adulto è quello che sa lui cosa è giusto o
sbagliato! Ed è in quel momento che l’adulto diventa vecchio, nel senso più triste del
termine.
Chi è Mardocheo nella mia vita, e cosa mi direbbe?
Ester, attraverso le parole forti, prima più delicate poi sempre più incalzanti e
decisive di Mardocheo, riscopre tutta la fortezza educativa di un uomo che conosce in
profondità e ama profondamente il popolo, ma anche Ester.
“Ester mandò da Mardocheo l’uomo che era venuto da lei e gli fece dire: va’ e raduna i giudei che abitano a
Susa e digiunate per me tre giorni e tre notti, non mangiate e non bevete; anch’io e le mie ancelle
digiuneremo. Allora contravvenendo alla legge entrerò dal re anche se dovessi morire.
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Mardocheo andò e fece tutto ciò che Ester gli aveva ordinato
Mardocheo è colui che apre gli occhi, che ha una responsabilità ... e qui ci apriamo
a un’altra domanda: chissà che tu non sia lì per un disegno della divina provvidenza?
Io credo che una delle esperienze più belle nella concezione della nostra vita sia
essere provvidenza. Tu sei provvidenza di Dio. Dove? Con chi? Quali sono i tuoi doni, di
adulto? Se tu sei provvidenza sentirai attraversare dentro di te una prorompente
giovinezza, un nuovo inizio, una nuova fecondità, per Ester una nuova maternità perché
genera un popolo col dono della sua vita. E’ solo così che generi, se rischi la tua vita.
Pensate come in questo tempo di crisi noi siamo così attenti ... a chi? Al popolo o a
noi? Ciò che ho e che ho acquistato per provvidenza, tante volte, è mio o è nella divina
provvidenza per molti? Qui entra la nostra fede.
Capite che quel giovedì lì incontrare questa parola voleva dire vivere tutti in
maniera molto diversa. Vuol dire chiedersi: chi è che mi aiuta a guardare e vivere la
vita? Sarebbe stato più gentile Mardocheo se avesse lasciato Ester nella sua condizione
senza nulla dirle – poverina, ha già tante difficoltà ha dovuto sopportare tante cose .. –
e poi Ester nella sua preghiera riporterà queste cose, ne uscirà tutto lo splendore di
questa donna, tutta la rettitudine di questa donna. Ma ha avuto bisogno di una parola
ferma, di una persona che l’ha amata.
Allora il nostro Mardocheo non può essere una persona occasionale. C’è chi ha
letto in Mardocheo la figura del padre spirituale, colui che ha generato alla vita Ester,
ma proprio per questo è uno che non perde la libertà perché è lì per Dio; Mardocheo
comprende tutta la sua vita alla luce di Dio e del popolo e quindi l’affetto infinito per
Ester che manifesterà a sua volta nella preghiera – così siamo invitati oggi a fare, ad
elevare con Ester e come Ester con Mardocheo e come Mardocheo certo, ma nella
nostra vita, la nostra preghiera –
Mardocheo rischia e compromette la sua vita per andare a parlare ad Ester ed Ester
trova una nuova maternità nel suo popolo, diventa davvero regina. Fondamentalmente
quello che Mardocheo chiede è ciò che lei è davvero diventata: di mettere al servizio ciò
che lei è diventata per provvidenza, di essere regina per tutto il popolo.
Altri padri spirituali hanno visto in questo passaggio nella figura di Ester Maria
Ausiliatrice, aiuto dei cristiani, avvocata presso il re. Colei che tutti i giorni intercede
presso il re per la nostra liberazione, per la nostra grazia.
Alla fine Mardocheo obbedisce e fa tutto quello che Ester le ordina. Ester alla fine
diventa la donna che si assume tutta la responsabilità di ciò che Mardocheo le ha fatto
vedere, e prende in mano ciò che compete a lei, e ciò che compete a lei non lo compie
più da sola ma chiede il sostegno, forte, radicale di tutto il popolo: che digiuni per tre
giorni, perché sa che non può affrontare .... lo dirà anche Gesù, ricordate? questi
demoni si possono scacciare solo con la preghiera e il digiuno.
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Ritiro di quaresima 2012
Del digiuno dice papa Gregorio Magno: sforziamoci di lasciare quello che abbiamo
fatto di noi stessi col peccato e di restare quelli che siamo stati fatti attraverso la grazia.
Ecco, chi è stato superbo se convertendosi a Cristo è diventato umile, questi ha lasciato
sé stesso. Se un lussurioso si è ridotto alla continenza questi ha rinnegato sé stesso. Se
un avaro ha smesso di agognar ricchezza che rapiva l’altrui e ha imparato a donare il
suo senza dubbio questi ha lasciato sé stesso.
Il nostro digiuno, dice invece Leone Magno, non sta nella sola astensione nel cibo,
non v’è merito a sottrarre alimento al corpo se il cuore non rinuncia all’ingiustizia e se la
lingua non si astiene dalla calunnia.
Questo sta a sottolineare che noi siamo legati a Dio, questa è la nostra fede; noi
troppe volte perdiamo di vista nell’età adulta quello slancio giovanile. Provate a
pensare: quali sono stati i momenti più belli di fede? Quando abbiamo avuto fede.
Quand’è che abbiamo avuto fede? Quando qualcuno, il nostro Mardocheo, ci ha aiutato
ad aprire gli occhi, a uscire dal nostro io, a concepire la nostra vita come un dono e a
vivere nella provvidenza della nostra vita una nuova fecondità con il rischio della nostra
vita.
Qui non dobbiamo avere paura ad indicare i santi, di leggere la vita dei santi.
Ricordate l’episodio di Don Bosco che tutti noi amiamo e veneriamo nella fecondità
ancora attuale della sua opera, quando diede al capocantiere che iniziava a costruire
l’edificio grande di Santa Maria Ausiliatrice una mancia irrisoria. Se io oggi chiamassi un
imprenditore edile e gli dico costruiamo questo e ti do questo, cioè nulla … è chiaro che
prendo del pazzo! o dell’uomo di fede … il confine è sottile, è stato così anche per Gesù
Cristo.
Ma torniamo alla domanda: quand’è che ho avuto fede? Non toglieteveli perché la
fede non è per i giovani, la fede rende giovani. Rende giovani perché ti fa sentire di
qualcuno. Perché Mardocheo deve aprire gli occhi? Questa è la dinamica comunitaria:
senza l’altro tu non capirai chi sei, senza l’altro in una vita concreta, la vita concreta di
Ester, che a un certo punto è evidente che dentro la sua storia le fa vedere una storia
più grande, di provvidenza, straordinaria.
Mardocheo le chiede una cosa oggettivamente impossibile, e vedremo più avanti
come Haman nel giro di un versetto da primo ministro a impiccato; l’uomo di fiducia,
l’uomo che decide, l’uomo più autorevole si ritrova impiccato, senza difesa e senza
processo alcuno. Il popolo a cui dobbiamo guardare non è un popolo astratto, pensate
all’esperienza di oggi tra il primo e il terzo mondo; non è tempo che il primo mondo
apra gli occhi? e in che modo? Non stridono agli occhi di Dio le nostre lamentele di
questi anni rispetto alla stessa umanità che grida fin nel grembo materno nel terzo e
quarto mondo. Non c’è bisogno forse di un Mardocheo che ci apra gli occhi e ci offra
qui, come comunità, un nuovo orizzonte di vita? E’ possibile che viviamo rassegnati in
una città dove regna l’indifferenza, e l’ipocrisia del cristianesimo senza più imputarla ai
grandi palazzi ma per abbracciarla noi, nell’autentica vita di tutti i giorni?
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Perché devo far finta di niente quando so che l’alcool uccide tantissime vite umane
e non ho il coraggio di fare alcuna obiezione di coscienza verso rischiosi e mortali stili di
vita? Perché non ho il coraggio di una esperienza che rischia la propria vita?
L’ho detto domenica a San Maurizio durante l’omelia, che non c’entra niente qui
ma così alleggerisco un attimo, non ho l’orologio e non so dove sto andando a finire … è
stato divertente vedere il film In time, proprio per la provocazione rispetto al senso del
tempo che ci provoca molto, anche come cristiani, potrebbe mettere in discussione il
senso dell’eternità, qui dove tutto è misurato col tempo, e si è conquistata l’eternità qui
su questa terra. Tutti come desideriamo essere: belli, giovani, intelligenti … vabbè poi vi
andate a vedere il film. Però, il senso di responsabilità che a un certo punto fa crescere
la vita quando la doni, e la puoi donare attraverso il tuo tempo – questo vale anche per
noi. L’amore si realizza sempre, secondo me, attraverso due categorie: il tempo e il
corpo.
Dicevamo. E’ la dinamica della vita comunitaria, è attraverso la vita comunitaria che
ti scopri e ti conosci. Però la concezione di questo testo è che io sono lì perché qualcuno
mi aiuta a vedere, e la mia vita diventa portatrice di salvezza. Questa è la lettura
cristiana, cioè di Cristo colui che ha visto attraverso gli occhi del padre e ha dato tutto sé
stesso. Il cristiano è colui che come Cristo vede il mondo con gli occhi del padre e dà
tutto te stesso.
Non pensare di salvare te stessa se il chicco di grano caduto in terra non muore e
rimane solo … cioè, fino a che non hai provato ad amare così non avrai capito fino in
fondo cos’è l’amore. E’ per questo che noi crediamo che il matrimonio sia indissolubile,
e sia possibile! Non che sia facile, e senza Mardocheo, qualcuno che ti accompagni, è
difficile che resti in piedi. Senza una comunità … in questo nella preghiera dovete
riconoscere tutta la storia di provvidenza e di grazia che il Signore ha versato su di voi.
Se invece muore questo chicco di grano produce frutto.
Pensateci, morire moriamo tutti; l’unica cosa intelligente è decidere come morire:
se da *** o da santi! Non c’è pezza, noi possiamo fare solo questa scelta, mica decidere
se morire o meno. Se vivere alla grande o da codardi, se vivere da credenti o da cretini,
o creduloni. Il filtro non è il mio io che tende ad omologare gli altri a sé stessi, il filtro è
l’infinita grandezza dell’amore di Dio che ha creato ciascuno in maniera unica e
straordinaria. E se al tempo io sono chiamato ad essere Ester vuol dire che c’è stato
Mardocheo per me, e se sono stato chiamato ad essere Mardocheo vuol dire che c’è
Ester a cui io con coraggio e rischio devo aprire gli occhi. E se ci sono Ester e Mardocheo
delle volte io sarò quel popolo condannato a morte, e che spera e non può altro e
prega. Ma non decidiamo noi se vivere in eterno questa vita. Penso sia uno degli aspetti
più interessanti della nostra vita; è vero, si è allungata di molto ma spesso non sono le
vite più longeve quelle più degne! Piuttosto sono state quelle più vive!
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Tanto che, se non ricordo male è il Deuteronomio, questo testo raccontando la
morte di Mosè descrive un uomo morente. Mosè è morto e descrive un uomo vivente.
Ed è così, noi crediamo il cristiano nasca a nuova vita; pur immersi nella fatica del
distacco noi viviamo in quello che il Papa, nel messaggio per la quaresima, ci ricorda:
quanto mi preoccupo dell’annuncio della speranza e della salvezza nella correzione
fraterna verso il fratelli, o ritorniamo alle regole di palazzo?
Queste regole che mi impediscono – penso a mia moglie, mio marito, mio figlio,
con intelligenza certo – di portare a svelare la pienezza della vita dell’altro. E noi
vediamo i difetti degli altri e ci crogiuoliamo a spettegolarci sopra, questo è patetico per
me e cristianamente un assurdo. Innanzitutto è scontato che i difetti degli altri ci siano,
e che tu li veda, a partire dal sottoscritto che ne ha una buona dose … cosa c’è di più
scontato che una comunità scopra i difetti del suo parroco? Scopriamo l’acqua calda. E’
una cosa normale che anche un sacerdote abbia i suoi difetti, ma la comunità cosa fa
per rendere santo quel sacerdote? Questo è interessante.
Vedo il difetto di mio figlio? Ok, cosa me ne faccio del difetto di mio figlio? E’
normale che ne abbia, basta che guardi a me che sono suo padre e che ho 40, 50, 60
anni e ancora ce li ho, attenzione; chi è senza peccato scagli la prima pietra, ricordava
Gesù; attenzione allora, l’opera educativa non consiste nell’estirpare tutti i difetti,
disumanizzare il ragazzo cioè creare un robottino che presto o tardi esplorerà. Oppure
quell’assioma che abbiamo costruito per cui il piacere è peccato! Ma questo è
diseducativo al massimo, e se fossi in Dio mi offenderei pure perché il piacere noi lo
regaliamo al diavolo mentre mi sembra che il piacere sia il capolavoro di Dio. Poi che noi
lo sciupiamo nel nostro egoismo quello è un altro paio di maniche, quello lo devo dire,
ma che nell’età evolutiva io ferisca una persona per le mie paure questo no.
E’ fondamentale allora capire che l’opera educativa non è svelare i difetti dell’altro,
di tuo marito, ma è vedere il potenziale d’amore in cui tu sei stata provvidenza nella sua
vita anche in certi momenti come Mardocheo quando gli hai chiesto di rischiare la vita,
per la vita tua e per gli altri. La vecchiaia inizia lì, quanto ti chiudi e pensi a te.
Pensiamo a tanti anziani senza fede, spesso sono lì che vivono tutti i loro mali. Però
purtroppo se questo capita a trent’anni … eh questo ti fa incavolare un po’ di più! Vuol
dire che intorno non hai avuto nessuno che abbia avuto il coraggio di, e se non ha avuto
il coraggio di vuol dire che non l’ha amato nessuno. E davanti a Dio andrà in paradiso
quello, ma non chi non gli ha voluto bene perché ha avuto paura di innescare una
tensione. Ma se tu ami è proprio lì che sai chiamare e rischiare. Se Mardocheo ha
potuto fare quel che ha fatto con Ester è perché lui l’ha presa da orfana, e l’ha allevata,
nella gratuità. Tanto che nel momento in cui non chiedono nulla in cambio al re è
evidente il motivo, e il motivo è che c’è dietro una bella educazione al bene.
Come conclude questa opera? Così come conclude ogni eucaristia, come conclude
ogni nostra vita: noi siamo vivi lì dove siamo in uno stato di missione. Qual è la tua
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missione oggi? La prima missione, la più grande opera di carità è l’evangelizzazione che
esce dalle regole di palazzo.
Possibile che col collega di lavoro non hai mai parlato di Gesù Cristo? neanche
quando è stato male, quando è morto qualcuno? Mai. Possibile che con sana e triste
rassegnazione vediamo i nostri ragazzi delle superiore essere vittime di bullismo per la
loro fede? Non si può neanche menzionare il fatto che tu vai in chiesa, nel modo più
assoluto eh!
Possibile che con i compagni di università non dici che quest’estate andrai in
campeggio con i bambini della parrocchia? o lo dici fin dove sai di fare bella figura.
Possibile che non dici che vai in casa di carità, o che stasera sei impegnato perché hai
invitato a casa tua, e quindi non puoi invitare lui o un altro, o se vuole venire, che c’è il
centro d’ascolto della parola in casa tua?
Non sentite un po’ la puzza di questa ipocrisia dentro di voi tra i vari profumi sul
comodino? Possibile che vedi che tuo marito non prega più, e non hai la libertà di dirgli
niente per paura …. ma paura di cosa? Senza Dio dove va? Ma tu lo ami Dio?
Altrimenti parte l’altro treno, quello dell’imposizione, cioè il mondo visto come
decido io. E siamo ancora alla maturità di un diciassettenne, quello che ha capito tutto
del mondo, del governo, di come deve rivoluzionarsi lo sport … tutto, lui ha capito tutto,
sa già tutto, è al bar che non studia una mazza, non fa niente, non tiene dietro a niente
in casa e la sua camera è un putiferio … però se lo interroghi sulla vita lui ha una
soluzione per tutto. Beh ci sono degli adulti rimasti così, che sentenziano su tutto e
siccome si accorgono che nessuno li ascolta perché nessuno viene ascoltato se non dà la
vita …. Mardocheo è ascoltato perché sta rischiando lui per primo la vita, e come tutti
noi sa di averla già persa, noi la vita l’abbiamo già persa.
Vivere cristianamente vuol dire ritrovarla la vita – ecco la Pasqua – il passaggio è
concepire la vita come evento che ti è restituito, perché l’avevi persa la vita. Il peccato
non è una cosettina semplice, su cui scherzare, ma neanche una cosa su cui massacrarsi
… il Signore forse delle cose te le lascia: un’inclinazione nell’impurità, o nell’avidità, ti
lascerà un’inclinazione … Ester era una gran bella donna, è un peccato essere una bella
donna? s’era curata per un anno, non si è ritratta da questo, per un anno ha fatto tutto
quello che la tecnologia dell’epoca consentiva per essere gradita agli occhi di
quell’uomo, nientemeno che il re, ed è finita nella storia della salvezza.
Allora non demonizziamo i nostri doni, voi avete dei doni, in questa giornata
lavorate su quelli; preoccupante è quando il dono tu lo sotterri. Se Dio ti ha fatta bella
non sei brava tu, se ti ha fatto alto due metri non è merito tuo, se ti ha dato il dono della
voce o del’intelligenza … sono doni che devi trafficare per gli altri, è lì che ne scopri il
gusto. Ma questa è una battaglia continua, io non so voi, ma io mi alzo ogni mattina che
devo combattere per rimettermi dentro la carreggiata di quest’abito che porto. Ma
anche stamattina, spero di non scandalizzarvi, anche stamattina … poi è arrivato uno
che m’ha detto: dai, facciamo un più breve oggi che … ma tu sfondi una porta aperta
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che io per me stamattina sarei per farmi una passeggiata piuttosto che parlare! E le
benedizioni … ad ogni campanello mi sento un cane, un vigliacco perché se fosse per me
non suonerei un tubo, mi farei i fatti miei io ci sto bene a farmi i fatti miei. E mi sento
vecchio perché stasera inizia la settimana comunitaria, dieci anni fa avrei fatto carte
false per farla, adesso mi costa un po’ … e mi dico: sei proprio un cadavere! ma è così,
devi fare una battaglia, ma quando la fai alla fine altro che cioccolatino! cioè c’hai una
vita che non hai bisogno mica di farfalline di turno per emozionarti, hai una vita
autentica, viva, dove non hai bisogno di recitare quello stress patetico … hai un fuoco
autentico dentro di te. Ma se non vivi la missione, se non ti senti in missione, se non
capiamo che la vita è essere dentro un grido di disperazione dove non avevamo nulla e
che la Pasqua è l’annuncio più incredibile perché noi la vita l’abbiamo già persa, noi
siamo già morti e per questo è giusto essere un po’ depressi perché altrimenti non ha
senso questa vita e queste prestazioni, è il minimo che un’umanità si deprima e in
effetti nel terzo mondo è difficile trovare dei depressi; ma noi qui sempre a correre da
tutte le parti, dentro un fiume in piena dove non governi nulla.
Ma se tu capisci che questa vita è innestata dentro un’eternità, che ti è restituita la
vita di un per sempre, ma allora ogni istante di questa vita è benedette e forse qualche
fatica, qualche difficoltà ci mette dentro una solidarietà diversa.
Ricordo che mi ha colpito l’anno scorso un episodio: arriviamo con i ragazzi in un
posto in montagna, si avvicinano delle persone – si vedeva che eravamo un gruppo
parrocchiale, ci voleva mica molto – con un gruppo di disabili, spingendo le carrozzine
lungo la strada ghiaiata, si avvicinano e ci chiedono: me la tenete un momento? e poi si
allontanano verso la macchina. Ragionando dopo con i ragazzi ci domandavamo: ma chi
dei vostri genitori vi ha mai affidato a degli estranei? Non ve li affidate tra di voi i figli,
non parliamo di estranei … però anche tra di noi, cos’è la famiglia cristiana, la famiglia
dei figli di Dio? se non siamo capaci di questa esperienza condivisa? Vedi, la necessità ..
certo quella donna non poteva fare altrimenti, era obbligata a chiedere aiuto però nel
suo limite mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto vedere il grave mio limite, nella
condivisone anche tra parroci, preti … non ne siamo esenti.
Allora, oggi ragionate di questo; lasciatevi scaldare il cuore da questo desiderio di
fede, sentite che Dio oggi vi ridà la vita, quella vita eterna che avevamo perso. La
meditazione più bella è camminare in un cimitero, perché in effetti è già così. Ed è
giusto che uno senza fede viva cercando di dare eternità alle cose che non durano, ma è
normale, ma non è normale che un credente viva nelle regole di palazzo di questo
mondo quando c’è un’umanità che ha bisogno di vita e di annuncio. Quando la fede
nasce solo lì, nello spezzare del pane, nella condivisione della tua vita. Quel pane sei tu,
quando noi facciamo la comunione diventiamo quel pane che è efficace solo se tu spezzi
la tua vita, cioè la doni. E non perché sei infallibile, perché non hai difetti, perché hai
smesso di fare dei peccati ma perché sei popolo, sei chiesa, popolo dell’alleanza, della
nuova ed eterna alleanza.
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Ritiro di quaresima 2012
L’opera missionaria è vivere la contemporaneità di Cristo, quando siamo in
missione e viviamo in questo stato noi sentiamo che Cristo è contemporaneo a noi, e lo
sperimenteremo in Terrasanta. Ma la sperimentiamo qui perché come ci ricordava Don
Dossetti andiamo in Terrasanta per vivere poi qui la contemporaneità della missione,
per sentire quel non è qui e scoprire che Cristo è lì dove tu vivi l’annuncio.
***
Concludiamo con la preghiera di Suor Maria Emmanuel, una monaca del monastero
Mater Ecclesia la cui madre generale è Anna Maria Canopi.
Il silenzio è mitezza.
Quando non rispondi alle offese,
quando non reclami i tuoi diritti,
quando lasci a Dio la difesa del tuo onore il silenzio è mitezza.
Il silenzio è misericordia.
Quando non riveli le colpe dei fratelli,
quando perdoni senza indagare nel passato,
quando non condanni ma intercedi nell’intimo il silenzio è misericordia.
Il silenzio è pazienza.
Quando soffri senza lamentarti,
quando non cerchi consolazione dagli uomini,
quando non intervieni ma attendi che il seme germogli lentamente il silenzio è pazienza.
Il silenzio è umiltà.
Quando taci per lasciare emergere i fratelli,
quando celi nel riserbo i doni di Dio,
quando lasci che il tuo agire sia interpretato male,
quando lasci ad altri la gloria dell’impresa il silenzio è umiltà.
Il silenzio è fede.
Quando taci perché è Lui che agisce,
quando rinunci ai suoni, alle voci del mondo per stare alla sua presenza
quando non cerchi comprensione perché ti basta essere conosciuto da Lui
il silenzio è fede.
Il silenzio è adorazione.
Quando abbracci la croce senza chiedere perché il silenzio è adorazione.
E Gesù taceva.
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Ritiro di quaresima 2012
SECONDA MEDITAZIONE
Introduciamo questa seconda riflessione con la lettura di un passo della relazione
che il Cardinal Bagnasco ha tenuto al convegno “Gesù nostro contemporaneo” di
febbraio a Roma.
“Insomma Gesù è Salvatore e la forza salvifica della sua presenza nella storia va
ribadita con tutta chiarezza a fronte di una opacizzazione della figura di Cristo attraverso
la sua riduzione nella storia a maestro interiore in certe spiritualità incarnate a fondo
gnostico, a mito, a cifra di una bontà generica ma senza fondamento in alcune letture
solo umanistiche. A fonte di consolazione per tamponare l’ansia esistenziale in forme
religiose autoreferenziali. A collegare trasversalmente queste figure di non credenza, di
credenza blanda e intermittente è la distorsione di fondo che porta a leggere Gesù a
partire dai bisogni soggettivi senza mai lasciarsi interpellare da Lui e quindi senza mai
incontrarlo veramente.”
Scrive Ratzinger. “Oggi si è ampiamente affermato che tra i credenti l’immagine di
un Gesù che nulla esige, che mai biasima, che tutto e tutti accoglie, che in ogni cosa ci
approva. Che cosa ne è in tale prospettiva di Gesù che non è venuto a portare la pace
ma la spada? Che invita il discepolo a prendere la vita e a prendere la croce? Che viene
come lo sposo nel cuore della notte? Nessuna salvezza è possibile senza incontrare e
nella parola incontro c’è anche il confronto chiaro e netto; personale con Gesù, vivo e
vero nella sua comunità che è la chiesa.”
E scrive ancora il Cardinal Bagnasco. “Possiamo dire con un’altra immagine che la
fede in Gesù è l’incontro tra due inquietudini, quella di Dio e quella dell’uomo. Il cuore
inquieto è il cuore dell’uomo che in fin dei conti non si accontenta di niente che sia
meno di Dio. E’ proprio così, diventa un cuore che ama. Il cuore di Dio è inquieto in
relazione all’uomo, Dio attende noi, è in ricerca di noi. Anche Lui non è tranquillo. Dio è
inquieto verso di noi, è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua
inquietudine.
Come è umano lasciarsi riscaldare il cuore sentendo che qualcuno pensa a noi fino
a provare la sana inquietudine dell’amore, e quanto bisogno ognuno ha di stare a cuore
a qualcuno! L’inquietudine premurosa di Dio diventa il passo di Gesù nella sua vicenda
umana, da Betlemme al Calvario, e al contempo raggiunge ogni propaggine di umanità.
Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in un certo modo a ogni uomo (Gaudium et
Spes 22, uno dei testi conciliari più utilizzati dal Beato Giovanni Paolo II nel suo
magistero per esprimere la radicalità della salvezza in Cristo destinata ad ogni uomo)”.
La prima parte ve l’ho letta nella speranza che ciascuno di noi si muova con più
rigore nella ricerca di chi è Gesù. Non un Gesù che posso definire io in maniere
autoreferenziale, non un Gesù buonista – non ho mai trovato nessun educatore, nessun
insegnante che sia tale perché buonista; neanche stimato, nessun educatore,
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Ritiro di quaresima 2012
insegnante o genitore. Anzi ho visto ragazzi delusi dal buonismo dei genitori, segno di
un’incapacità di fiducia e di mancanza di assunzione di responsabilità.
Assumersi una responsabilità vuol dire lasciarsi pervadere il cuore e la mente da
una inquietudine che fa tremare i piedi e i polsi. Il desiderio allora è di arrivare a
riconoscere la verità di Gesù.
La seconda parte, dove si cita l’omelia di Benedetto XVI all’Epifania di quest’anno,
ci serve a ricordare che crediamo in un Dio vivente che in Gesù Cristo ci ha ricordato la
sua inquietudine. E che lo Spirito opera oggi questa tensione autentica.
Questo per dire che quando incontriamo la parola di Dio dobbiamo sentire che Dio
è inquieto nella ricerca di ciascuno di noi, e attraverso di noi cerca tutti. In questo
dovremmo vedere i nostri doni, i doni che siamo chiamati a portare e trafficare sono
sempre un atto d’amore di Dio per noi. Il dono di chi sa cantare, come di chi balla, di chi
sa suonare, di chi sa leggere, di chi sa studiare sono l’infinita ricchezza di doni che Dio mi
fa nella comunità, non la minaccia al mio io così immaturo da vedersi minacciato dai
doni degli altri e a tendere anche come chiesa a creare quasi delle comunità piatte.
Sono contento dicevo con qualcuno ieri che l’oratorio di Sant’Anselmo si sia
vivacizzato in maniera forte, fossero tutti così gli oratori intorno a noi: non ha fatto mai
male il bene, fa male la tiepidezza, il qualunquismo, il disimpegno. Quando uno è
impegnato non ha tempo di perdere tempo nell’invidia, anzi ha voglia di imparare dagli
altri.
Allora l’approccio quotidiano con la parola di Dio dovrebbe essere quello di sapere
che Lui è in inquieto e la sua inquietudine è perché quella parola possa essere sempre
una parola di pienezza nell’incontro con noi. Quindi nel libro di Ester abbiamo visto che
Dio ci invita ad essere provvidenza, a prendere coscienza di quei doni che Egli ci ha fatto
per molti, a sentire l’anelito che grida di tutta l’umanità.
Sempre in quel giorno lì, abbiamo pregato il Salmo 137, il salmo di ringraziamento.
E’ una dei modi più belli, entrare nella preghiera con riconoscenza. Se l’abbiamo pregato
al mattino è proprio una riconoscenza piena che ci anima la giornata; se lo preghiamo
alla sera una riconoscenza che deve essere arricchita, incarnata di ciò che è avvenuto
durante la giornata.
Capite allora come è bella in famiglia la preghiera serale; se avete bambini piccoli
siete tra virgolette obbligati a farla ... e poi? Non si può continuare coi figli per obbligo,
ma forse tra adulti sì. E’ possibile che i figli non vedano mai i genitori pregare insieme?
come vi vedono andare a correre, andare in palestra, suonare o ancora peggio guardare
della TV di basso profilo ... capiscono che quello può essere più importante di tutto il
resto, non c’è da stupirsi se dopo tutto passa davanti a ciò che è essenziale. Ma se
vedono non il formalismo di una Bibbia aperta sempre sulla stessa pagina per un anno
di fila, ma se vedono magari sul frigo il post-it del vangelo della domenica, magari
sottolineato, vedono che il papà e la mamma hanno un loro momento dove sarebbe
bene non disturbarli perché stanno pregando – se c’è qualcosa di importante sempre
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Ritiro di quaresima 2012
volentieri, soprattutto se sono piccoli, ma se non è importante se vuoi stai qui con me
chè adesso col papà sto pregando.
Non tanto, non pensate di dover diventare subito monaci e di avere dei figli che vi
lasciano stare in monastero – sarebbe una tentazione egoistica per avere tempo per voi,
ma ci sarà tempo per ogni cosa nella vita eterna – nella vita terrena voi dovete essere
artefici di queste ingegnerie fantasiose per trovare il tempo per ogni cosa. Ma se il
tempo è dono di Dio non vale la pena partire da Lui che ci insegna ad abitare il tempo?
A proposito, andremo ad incontrare coi ragazzi universitari con cui abbiamo
intrapreso un cammino di fede il vescovo Giusti e poi Anna Maria Canopi, o più
probabilmente questa Suor Maria Emmanuel al lago d’Orta ... Nel dopoguerra questa
ragazza, insieme ad altre due novizie, iniziano la loro esperienza; oggi a quasi
cinquant’anni lì troviamo più di settanta donne che hanno fatto questa folle scelta.
Anche se la folle scelta per me consiste nel fatto che settanta donne vivano nella stessa
casa! non mi stancherò di ripeterlo, ma vi invito a vederlo coi vostri occhi, non è facile,
non mi immagino che siano tutte santarelle o meno ma avverti una presenza, avverti
che non è umanamente sensato, avverti lo scandalo ... d’altra parte l’aveva detto Gesù:
si scandalizzeranno di voi, perché si sono scandalizzati di me.
E’ uno scandalo che ci sia questo spreco di vita inutile, tutte queste donne lì dentro,
è uno scandalo, non puoi rimanere indifferente, almeno devi scandalizzarti ... o
rimanere affascinato. Questo è pericoloso per una ragazza, se confonde quella bellezza
con una chiamata e allora prende paura!
La preghiera di ringraziamento, allora. Il vangelo di quel giorno diceva: chiedete,
cercate, trovate, bussate ... interessante, uno inizia o finisce una giornata così - cosa
posso chiedere di bello oggi? Perché noi pensiamo sempre a un Dio che viviseziona, ma
siamo noi che vivisezioniamo gli altri a forza di ridurli al nulla perché non ci va mai bene
niente. Dio non ci viviseziona, Dio ci ha presi tutto, anche coi difetti ci ha presi. Cosa
posso chiedere di bello? Non pensiamo sempre che Dio ci tolga, che ci punisca; è vero
che Dio è esigente, ma non c’è bisogno di Dio per capire che l’amore è esigente, basta
ascoltare il nostro cuore per capire che l’amore, per natura, è esigente.
Chiedere, quale parola ho chiesto? E se non l’ho fatto perché non ho incontrato
quel vangelo lì è difficile che abbia avuto l’intuizione. Allora capite che vivere col marito
che si è letto invece quella parola lì, o con la sposa che entra in preghiera e dice ... che
cosa ho chiesto, quale parola intenzionale d’amore.
Cercare, cosa cerco con i miei occhi? Com’è che ho cercato, se vogliamo associare
la voce col chiedere, il cercare con gli occhi, quindi il cuore nel chiedere, cosa ha chiesto
il mio cuore, oppure l’intelligenza nel cercare....
E il bussare, segno di una insistenza, e di una forza. Ricordate Apocalisse: io sto alla
porta e busso, se qualcuno mi apre ... ecco un momento straordinario di quotidianità; a
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volte davvero le conversioni più belle avvengono attraverso la banalità del quotidiano,
in una cena in famiglia serena e distesa dove uno ti vede nella sua verità.
Noi pensiamo sempre che la conversione debba essere ... no la conversione è far
trasparire attraverso la tua umanità un cuore vivo e amante, perché amato. E questo è
inevitabile che vada a dare valore eterno alla banalità quotidiana che proprio per questo
non è più banale ma luogo di salvezza.
Allora quella giornata lì mi chiedo a chi ho bussato, come sono entrato in relazione
con qualcuno. Sto andando al lavoro e mi dispongo diversamente; io sono contento se
Don Matteo o Don Giuseppe hanno pregato con me questo vangelo al mattino quando
diciamo le lodi perché so che avrà più attenzione nei miei confronti, o viceversa! Ma se
il vangelo non ti aiuta nella vita di tutti i giorni è evidente che non preghi più, e non
perché il vangelo non ti aiuta ma perché non l’hai capito! Il vangelo ti aiuta nella vita, ti
aiuta a vivere meglio, ad essere più contento.
La felicità come il piacere è roba da Dio. Pregare vuol dire imparare ad essere felici,
veramente felici; e non degli storditi a cui non va mai bene niente ... dicevamo all’inizio
che la quaresima è tempo di grazia perché è tempo di guarigione. Il Signore è più
attento perché Lui questo tempo liturgico lo prende sul serio, come tempo di grazia,
tempo per guarire.
E c’era poi nel vangelo la regola d’oro. Per me aiuta sempre a vivere la regola d’oro.
Cosa mi aspetto da quel collega, dalla moglie, dalla comunità, dal sagrato della chiesa?
Questo immediatamente mi porta a pensare: vado, dritto, comincio io, percorro io
quella distanza.
In sostanza, giovedì abbiamo ascoltato che il Signore chiede fiducia, il Signore
interviene. La liturgia poteva sintetizzarsi così. Pensate che giornata piena di
provvidenza, anche di fronte alle cose che non sono andate come pensavo, un voto che
non è andato come volevo. Il Signore sta lavorando, bene.
Venerdì invece abbiamo incontrato Ezechiele; sintesi: il bene fa vivere, il male fa
morire. Un’essenzialità assoluta.
“Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male imitando tutte le
azioni abominevoli che l’empio commette potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui
fatte saranno dimenticate. A causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che
ha commesso egli morirà.
Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, a causa di questo muore.
Egli muore appunto a causa per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte
dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto egli fa vivere sé
stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse; egli certo vivrà e non
morirà”.
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Bisogna ogni tanto tornare essenziali. Ogni azione di male mi porta alla morte,
piccola o grande che sia. Ogni azione di bene è fonte di vita, nascosta o evidente che sia.
Il salmo diceva: Israele attenda il Signore. Mi domando: io lo attendo? A volte, lo
dicevamo prima, l’attesa deriva più dalle situazioni di difficoltà però che bello vivere
questa esperienza! E mi chiedo: chi è che mi attende, come attendo l’altro? Perché se
vero che Dio mi si fa incontro nel fratello allora io mi chiedo come vivo l’attesa
dell’altro. Allora quel giorno lì rientro a casa in maniera diversa, rientro nella mia vita di
tutti i giorni in maniera diversa, entro in ufficio in maniera diversa. Saluto in maniera
diversa ed è un atto della volontà che arricchisce la mia dignità umana perché l’amore è
un atto di volontà. Ti voglio bene ... rimane sempre una capacità di sprigionare nella
padronanza di sé, come un ottimo atleta o una fantastica ballerina che sprigiona una
bellezza sé stando dentro il suo corpo.
Allora ti voglio bene, è proprio questa capacità di dominio .... e bisogna educare i
bambini a questo, forgiarli bene, con esigenza, con forza. Se vengono su dei mollicci
saranno strapazzati dalle loro emozioni e a forza di esserne strapazzati non le vivranno
più, le spegneranno. Questa è la malattia di oggi, si è talmente esasperata la dimensione
emotiva che si è azzerata la capacità di sentire la dimensione emotiva e si vive in
funzione di quella senza neanche averla capita.
E mi invitava, la parola di quel giorno, a una relazione esigente tra fratelli.
Se la vostra giustizia non supererà ... dicevo nel breve commento di ringraziamento
a messa: che bello in questa società veloce e troppo veloce perchè piena di ansie anche
Dio mi invita ad essere capace di superare lì dove invece io ho delle lentezze
straordinarie. Cioè se rimani ancorato dentro le regole di palazzo che possono essere la
giustizia degli scribi e dei farisei, se non sai superare questi blocchi come fai a credere
nella comunità? Ecco quel giorno abbiamo preso fiato, avremmo potuto prendere fiato
nella nostra vita comunitaria perché il vangelo ci lanciava in questa capacità di amore
fraterno non più misurato da quello che hai fatto tu o che ho fatto io, dai tuoi torti ... è
normale che se viviamo insieme ci siano queste robe ma il Signore ti invita a superare, a
mettere la freccia, a scalare in terza, a tirare quel motore, a viaggiare, a superare
nell’amore.
Come adulti capiamo quanto facciamo fatica, ma quel giorno lì la parola era
preziosissima perché quel giorno ho incontrato, casualmente direbbe qualcuno,
provvidenzialmente diciamo noi, qualcuno che il Signore ti avrebbe fatto incontrare e
che proprio in virtù di quella parola e della grazia del tempo che stai vivendo ti sarebbe
uscita quella parola così difficile eppure così semplice, quella parola ricca di fiducia, di
carità che in un baleno avrebbe annullato le distanze.
Il Signore non fa nulla a caso, tesse trame d’amore in ogni istante con
quell’inquietudine che abbiamo visto all’inizio. Ma se tu non hai ascoltato la sua parola
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non ti sei accorto che quell’occasione di grazia che invece hai vissuto con fastidio e
rancore, perché solo al vederlo ti ha mosso al rancore, e hai fatto in modo sempre per
via delle regole di palazzo di svoltare al momento opportuno, o di parlare anche col palo
della luce pur di evitarlo, o a vedere improvvisamente una vetrina di computer di cui
mai te ne è importato niente ma alla vetrina dei vestiti non saresti potuta arrivare senza
incontrarla .... Capite che miracoli potevano avvenire quel giorno lì.
Le relazioni fraterne. “Ma io vi dico: chiunque si adira, chi poi dice stupido,
addirittura chi gli dice pazzo ...” E chiaro, in quel giorno lì forse avremmo fatto un esame
di coscienza, se abbiamo letto al mattino forse ci saremmo attrezzati a mettere un po’ le
briglie almeno alla nostra lingua se ancora non riusciamo al cuore o alla mente; se alla
sera ci saremmo chiesti: cosa ho detto al mio fratello? perché spreco tanto tempo
preziosissimo e mi lascio dei rancori dentro, addirittura li consumiamo sui sagrati delle
chiese.
E’ possibile la vita comunitaria? Sì, se entro in questa logica del superare, e quindi
se salgo su una macchina che ha un carburante particolare che è la grazia di Dio. Se non
metto nel mio cuore la grazia di Dio è difficile che io riesca a convertire le mie logiche
umane, è troppo inevitabile che le regole di palazzo che vivo ogni giorno mi intossichino
il cuore e la mente. Ma se faccio entrare la grazia di Dio ... e lo spazio c’è, c’è l’USB o
come si chiama per scaricare dentro di me la grazia di Dio; c’è ma devo avere un po’ di
pazienza per imparare una logica che all’origine mi apparteneva e poi è stata un po’
rovinata ma dentro di me in un attimo capisco che proprio per grazia sono fatto per ‘sta
roba, che è lì che sto bene.
E allora non ha senso dire stupido, non ha senso dire pazzo; anche se questi moti
del cuore li capisco e non mi scandalizzo più di chi vive questi moti ma capisco che in
questa logica di grazia non ha senso vivere così, è irragionevole.
Concludeva il vangelo di domenica: va, prima di sederti a mensa – la mensa
dell’Eucaristia come la mensa quotidiana - riconciliati. Cioè, compi quella distanza, abbi
fiducia, fallo, sii obbedienti. La parola di Dio in certi momenti è esigente, chiede che tu ti
fidi davvero. E forse per prepararti hai bisogno di tutta la quaresima, per riuscire a dire
questa parola di riconciliazione, per arrivare a fare Pasqua forse devo lavorare tutta la
quaresima.
E ricordiamoci sempre che se per le regole di palazzo l’investimento trova senso
solo se va a buon fine nella logica dell’amore, della grazia di Dio no; non è detto che
vada a buon fine come penso io; anzi, può darsi che io ci sono andato con tutto il cuore
dal quella persona lì e quella si è sentita quasi offesa perché non si è sentita capita dal
male che le ho fatto e io ho aspettato solo tre anni invece dovevo aspettarne almeno
dieci perché lei capisse, perché io capissi, perché tutti e due capissimo il male che lei ha
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vissuto ... pazienza, però tu falla quella distanza e col cuore non formalmente perché
formalmente con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo.
Pensiamola nella logica nuziale, nella corporeità ... chiedete, bussate ... nella vita
del matrimonio recuperare una tensione armonica della propria corporeità verso l’altro
non è facile; lasciare che nell’altro maturi il desiderio di te; interrogarsi se stai vivendo la
corporeità come dono, come attesa. Se davvero stai vivendo l’incontro nuziale curato.
Mai ho visto, anche dopo cinquant’anni di matrimonio, nessuno smettere di avere
questa fame e sete, di essere cercato, di avere qualcuno che ha bussato al tuo cuore,
che lo sposo ti abbia ammirata in quella bellezza che il tuo cuore desidera, vera e
autentica, che l’abbia riconosciuta, che l’abbia impreziosita con la sua umanità.
Allora c’è la riconciliazione anche nella coppia, lì più che mai proprio perché è il
sacramento della unione, dell’essere uno più che mai è insidiata.
La vita comunitaria, quindi, non solo è possibile ma è bella perché non è una vita
astratta ma è una vita vera. E’ evidente che chiede una maturità e il Signore è proprio
grande perché si accontenta che noi che siamo qui possiamo viverla così. Non è
l’annuncio più bello nel mondo di oggi avere un luogo dove le persone concrete, che
tutti conoscono, sanno volersi bene? E non quel bene da palazzo, formale, ma quel
bene di assunzione dell’altro. Siamo tutti dipendenti e tutti imprenditori nelle relazioni
interpersonali.
Nella giornata di sabato abbiamo ascoltato: Egli sarà Dio per te, così dice Mosè all
popolo. Anche questo mi deve lasciare un po’ inquieto: un Dio che è per me, e infatti è
così, pensa all’Eucaristia! Dio è per te, è nelle tue mani.
E il salmo 118: beato chi è integro nella sua vita, e cammina nella legge del SIgnore;
beato chi custodisce i suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore. Beh possiamo
dirlo con serenità, senza da una parte facili entusiasmi né dall’altra a buttarci via: siamo
qui per questo, ce lo godiamo. Pensate, il giorno prima del ritiro: Signore vado al ritiro
volentieri, mi prendo del tempo perché voglio camminare con te e voglio cercare un
cuore integro, voglio che i tuoi insegnamenti mi custodiscano come un padre buono.
Questo mi avrebbe predisposto a vincere le inevitabili tentazioni che mi avrebbero
distolto da questa giornata. C’era una tensione, una preparazione a questo incontro.
E sempre nel vangelo di ieri: amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi
perseguitano. Altro che strappare le vesti di Mardocheo. E’ evidente che da un Dio così
o tu vieni via sbattendo la porta o diventi un po’ piccolo e con stupore dici: è vero, non
fanno così anche i pagani? Cosa fate di straordinario ... si accende una luce e uno dice:
dal piattume quotidiano il Signore mi chiede qualche gesto straordinario. Bellissimo. E lo
straordinario è colmare questa distanza, un’umanità nuova. Cosa c’è di più degno che
sentirsi chiamato a qualcosa di straordinario, a sentire che è così?
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Che ricompensa dovresti avere? Fanno tutti così, tutti salutano se hanno degli
interessi, tutti hanno delle relazioni ... c’è mica bisogno di andare in chiesa da chi ha
incontrato Gesù Cristo? Ma lì c’è qualcosa in più, che venendo meno il tessuto sociale
che c’era e lo respiriamo bene girando nelle nostre strade c’è una grande diffidenza. Ho
visto poche volte qualcuno che aveva le chiavi di casa dell’anziano – entra Don che ti sta
aspettando. Ma più spesso: ah, non so cosa fa, non so niente .... chè poi san tutto ma ...
la cosa più geniale è però l’amministratore condominiale! E’ la cosa più geniale, perché
esprime l’immaturità e l’imbecillità delle persone che non riescono a mettersi d’accordo
su nulla. E’ una regola di saggezza sennò si va a litigare da tutte le parti però non è un
vanto per l’umanità, per un cristiano.
Cosa fate di straordinario, non fanno così tutti? Allora quella giornata lì dico: ok, mi
impegno, perché per strada non saluto mai nessuno ... io a volte per strada faccio delle
figure idiote, anche se non si vede che son prete però saluto – ciao! buongiorno,
buonasera! – vabbè, non è un’offesa, la gente magari ti guarda male, poi se vede che sei
un prete ... oddio, sono stato anche dal Circolo Spallanzani tra i vari giocatori di carte –
ho salutato tra i tavoli, e qualcuno che ha fatto qualche gesto scaramantico c’è stato,
ma lì è venuta fuori la mia umanità, tutta e purtroppo non sempre brillante, sì non è
uscito tutto tutto quel che pensavo – però han capito che .... insomma tu lo offri al
Signore, tu esci proprio libero.
Ma è una ricchezza incontrare la gente perché hai delle sorprese continue, anche
nelle porte in faccia. Anche nelle porte in faccia, o in chi ti accoglie per quelle regole di
palazzo sperimenti degli incontri bellissimi, magari con gente che non metteva piede in
chiesa da anni per i motivi più diversi .... però, che merito ne avrete? Sabato tutti
avremmo potuto compiere qualcosa di straordinario, ma non ci viene in mente così
quest’idea, poi proprio sabato mattina alla fine di una settimana ...
Perché voi dunque siate perfetti come è perfetto il padre vostro celeste.
Questa frase ve la lascio così, godetevela, gustatevela. Godetevi questa frase: siate
perfetti come è perfetto il padre vostro celeste. Qual è la perfezione di Dio, la sua
definizione? E’ l’amore. Un amore che non ha tenuto nulla per sé ma ha dato tutto.
Allora questa perfezione devo cercarla ma il fatto stesso che il Signore che mi conosce
più di chiunque altro mi chiama a questa perfezione me la gusto un attimo questa frase
prima di pensare a tutte le cose che non saprò fare, perché ci ho già provato ... liberami
da questi pensieri, vado. Ed è bello che queste cose non le dice a te, le dice a voi, e
allora mi gusto la presenza con cui oggi cammino nel ritiro, oppure sabato con chi ero in
famiglia, oppure ... mi gusto che questa frase è detta a voi, cioè a noi, mi ci metto
anch’io volentieri, a noi come comunità.
Io mi diverto a pensare: cosa mi regalerà oggi il vangelo? Poi ogni tanto mi arriva lo
scoppolone e giustamente lo apprezzo, quando Dio mi tratta un po’ così lo apprezzo; è
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bello un dialogo franco, l’incontro si realizza – abbiamo ascoltato il card. Bagnasco –
senza escludere la verità; lì nasce il dialogo, non è l’ipocrisia minimalista, ma proprio un
incontro vero e vivo.
Allora vi auguro che da domattina vi alziate con questa idea, di prendere in mano il
vangelo che vi dà l’intonazione: cosa posso compiere di bello oggi? Guarda, non devi
pensarlo, è difficile sempre aver da pensare, anche quello? voi che già avete tante
occupazioni, è il Signore che te lo dice, è il Signore che ti dà l’intonazione. Bene, allora
mi tengo quella frase lì nella mia giornata e alla sera mi ci metto davanti e il bacio che
do a mia moglie è quello che è avvenuto, non solo un po’ di pessima saliva, è proprio la
comunicazione della vita. La comunicazione della vita è veramente un bacio di vita cioè
ti comunico la vita che il Signore m’ha dato, incarnata; è l’intuizione di Dio fatta carne
che ha preso volto, Dio è entrato nella storia, ha bussato attraverso quella parola e
quella sorpresa tu l’hai resa possibile.
Io non so quale sarà il vangelo di lunedì, e nemmeno quello martedì – e forse non è
bene – ma se volete potete anticiparlo, alla sera prima di andare a letto, in semplicità, lo
leggo. Non complicatevi la vita, non strascicate troppo: ah devo leggerlo, allora devo
mettermi seduto comodo, devo mettermi ... son cose vere, ma è sera ... oppure voi che
siete scaltri lo leggo a cena insieme a chi c’è in casa, leggiamolo come preghiera del
pasto, il vangelo del giorno o se mi è più utile quello del giorno dopo.
Questo è lasciarsi prendere per mano da Dio perché è Lui che non sarà mai secondo
a voi vi farà i regali più grandi. Perché quei pazzi che sono i santi hanno vissuto delle vite
straordinarie.
Quando a Madre Teresa fu chiesto di aprire una casa a New York, sapete come
sono gli americani, gliela hanno preparata, all’americana ... lei molto serena, tranquilla
ha preso i mobili, li ha messi in strada, li ha regalati, ha preso la moquette, l’ha tolta, e
ha fatto la casa secondo il suo stile, punto. Ha accolto il dono ma non si è lasciata
distrarre dal dono, dalla responsabilità del dono che portava. Senza rispetto di regole di
palazzo.
Acquisire una nuova libertà dentro questa storia qui, essere protagonisti insieme:
voi dunque siate perfetti come perfetto il padre vostro celeste. Prendete coscienza di
questo.
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OMELIA
Proviamo ad ascoltare in tutta la sua drammaticità l’esperienza personale di Abramo dal
punto di vista di Dio. Sicuramente questa è una parola che non può lasciarci indifferenti,
una parola che non può che muoverci allo scandalo ... ci sono dei padri qui, delle madri,
dei figli.
Perche Dio chiede come prova il sacrificio di un figlio? “Non hai risparmiato tuo figlio, il
tuo unigenito. Io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua
discendenza come le stelle del cielo, come la sabbia che è sul lido del mare”. Questa
frase non vi fa forse venire in mente, e capirlo con maggiore profondità, che cosa è
stato per Dio l’esperienza di Abramo, chi è stato Abramo per Dio?
E’ stato colui che più di tutti si è avvicinato, ed è per questo che è Padre della fede, a ciò
che Lui stesso vivrà, e vive, sul Golgota – il tuo unico figlio non hai risparmiato! Capiamo
che questo vuol dire che quello che Dio sta chiedendo ad Abramo è perché Abramo
diventando padre della fede possa condurre il popolo a capire l’amore di Dio. Dio stesso
però non manderà l’Angelo, lì nel mistero della croce si andrà fino in fondo, fino in
fondo Dio ci amerà, fino alla fine ... il suo figlio unigenito.
La parola del vangelo, ascoltata oggi alla luce della vicenda di Abramo – questi è il figlio
mio, l’amato – ci consente di intuire – non si più andare troppo con l’umanità dentro il
divino perché lo sfioreremmo appena – ma possiamo intuire e capire che non dobbiamo
avere paura di credere in Dio. Il vero dispiacere di Dio è la nostra incredulità. Provate a
ripercorrere tutto il vangelo e vi accorgerete che a tutti i personaggi che Gesù, il Dio
fatto uomo, incontra l’unica cosa che Dio chiede con insistenza e di cui si preoccupa è:
ma il figlio dell’uomo troverà ancora fede? Che cosa vuol dire capire e vivere da
credenti?
L’aspetto che vorrei ciascuno portasse a casa da questo ritiro allora è l’infinito amore,
concreto amore che Dio ha per noi. E Abramo è colui che meglio di qualunque altro ci ha
parlato dell’amore di Dio. Ma ancora di più, dobbiamo capire quanto Abramo sia
prezioso per noi. C’è qualcuno di noi che vuole regalare a Dio la sua fede? Non potè
compiere miracoli a causa della loro incredulità ... c’è qualcuno di noi che è disponibile a
credere in Dio? A un Dio che non toglie nulla perché questa fede ti rafforza e non può
che prorompere in una benedizione, in un dire-bene, con Abramo senza confini; una
fecondità che è la stessa di Dio! Cioè, la fecondità che è di Dio diventa la fecondità di
Abramo.
Questo lo capiamo nella logica di un Dio che si sente capito, sa che Abramo potrà capire
e portare all’umanità il volto di Dio. E perciò questa condivisione Dio la fa completa; la
benedizione che Dio dà ad Abramo è la stessa partecipazione della sua benedizione –
come le stelle del cielo, come la sabbia che è sul lido del mare – la tua discendenza è
così estesa, senza misura, è la discendenza di Dio; sono tutti suoi figli, tutti siamo suoi
figli. Questi è il figlio mio, l’amato, ascoltatelo.
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Non è da eroi creare tutti i giorni uno spazio all’ascolto della parola di Dio, è da furbi, è
da persone intelligenti, che capiscono il di più ... certo in una giornata come oggi la
possiamo assaporare con un po’ più di calma, e d’altra parte – lo ricordava Don Matteo
ai giovani - al primo ritiro che Gesù ha predicato, sul monte Tabor, non ha nemmeno
portato tutti gli apostoli, ne ha scelti solo tre che potessero stare con Lui. Il suo volto
cambiò d’aspetto ... una delle definizioni più belle della preghiera, cioè la preghiera è il
luogo dove Dio cambia e fa splendere la sua nuova identità.
E’ il volto tipico di chi ... voi genitori lo sapete, lo vedete quando il figlio è triste o felice,
o innamorato ... e i figli nei genitori ... ma nella preghiera deve accadere proprio questo,
è la beauty-farm migliore! voi al mattino perdete un sacco di tempo cercando di fare
qualche cosa ma perché il tuo volto sia veramente un volto luminoso, che cambi
d’aspetto basta stare a tu per tu con Dio. La Trasfigurazione, nel vangelo di Luca,
racconta proprio l’esperienza intima di Gesù in cui vengono coinvolti anche gli altri che
sono presenti.
E c’è questa parola: ascoltatelo! Ascoltatelo alla luce di Abramo, che lo ha ascoltato, e
ascoltandolo fino alla fine è diventato padre in una fecondità uguale a quella di Dio.
Beh, cosa fa Dio Padre? Non desiderate forse dare ai figli tutto? Perché non avete fede
in Dio Padre? Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai figli .... dice la verità no?
non è che ce lo dice per chissà cosa, dice la verità; guardate, noi che siamo cattivi – e lo
sappiamo tutti, io parto da me, ognuno parta da sé stesso – eppure sappiamo fare cose
buone, bene provate a capire: colui che è infinità bontà non farà tutto ciò che è di
bene?
Il fatto è che noi che stiamo così zavorrati a terra, non solo per gravità, che non
crediamo che Dio non vede l’ora di estendere la sua benedizione. Qual è l’uomo che ha
confidato in Dio ed è rimasto confuso? Eh, però fiducia è fidarsi, è fare il viaggio con
Abramo. E’ prendere la legna, camminare con il figlio, fare un lungo percorso, lasciarsi
provocare dalla domande del figlio, pesanti ... papà, scusa, qui c’è la legna, là c’è il
monte, manca qualcosa, manca un pezzo: chi è che sacrifichiamo? Abramo aspetta un
po’, forte del suo essere padre, innesca una fiducia, come Dio chiede fiducia. Pare che
Isacco rimanga docile, come io non sarei stato! con tutte le buone ragioni che potrebbe
aver avute mio padre io non sarei stato docile docile lassù ... va dato merito a Isacco di
questo, non è un figlio qualunque questo ragazzo qua, rimane lì, si fa legare su questa
cesta di legna come un ariete, sa quello che sta per succedere.
E’ lì che può capire che Dio è amore, perché si è fidato, fino alla fine bisogna fidarsi! Noi
non riusciamo, la fede è credere in una promessa che si realizza; ne abbiamo tanti segni
ma siccome l’esperienza è nostra è inevitabile che dentro di noi vibri tutto. Ma l’unica
cosa che possiamo fare è camminare con serenità; Dio accetta il no, non lo disdegna ma
quel che non accetta è l’ipocrisia. Il tuo no non toglie il suo amore per te, questo l’ha
decretato e continuerà a vincere la tua cecità e la tua sordità; tutti i miracoli di
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guarigione dalle cecità, dalle sordità, dalle malattie fisiche sono tutte orientate alla
fiducia, alla fede: partono dalla fede e portano alla fede.
Quello che è preziosissimo, il dono più grande che noi possiamo fare ... non c’è
investimento economico che sia paragonabile al dono della fede, non c’è strategia
d’amore più vincente nella solidità della relazione che essersi educati alla fede e la fede
cresce nella missione, cioè nella capacità di lasciarsi portare dentro con fiducia ..
ascoltatelo.
Questo ascoltatelo non pensiamolo come un’obbedienza cieca ... è l’invito a vivere
l’obbedienza alla sua parola perché lì c’è un’infinita benedizione che giungerà alla tua
vita, infinita benedizione. Siamo ancora ammaliati, pur già nell’evidenza della struttura
fatiscente di questa società che ha costruito l’illusione di un benessere fino a sé stesso,
né vediamo i segni di decomposizione eppure siamo ancora nella difficoltà a scegliere
con creatività logiche nuove; e come uomini di preghiera siamo chiamati con umiltà a
scendere ad illuminare cioè a dare vita al mondo. Poi chi rimarrà in monastero starà in
monastero ma noi siamo chiamati a sporcarci un po’ le mani nelle cose del mondo, ad
avere a che fare nelle logiche del lavoro, dello studio, delle relazioni. La preghiera serve
proprio per andare con fiducia dentro un meccanismo e saperci stare dentro con tanta
fiducia, con tanta dignità, con tanta decisione.
Cosa chiediamo al Signore allora in questa Eucaristia? Innanzitutto lo ringraziamo il
dono della fede, tutti i giorni, il dono più prezioso; di imparare la fede dai vostri figli e
dai più piccoli. Chiediamo a ciascuno di noi di riconoscere coloro che ci hanno
testimoniato e regalato il dono della fede. Il Libro dei Proverbi dice: anche il giusto sette
volte pecca. Essere uomini credenti non è essere uomini perfettivi, uomini che non
sbagliano, se Dio ci avesse voluto in questa natura umana perfetti l’avrebbe fatto senza
problemi, ma se in questo impasto di umanità accade che a volte sono impulsivo, altre
volte tiepido, o pigro ... la scaltrezza non è scandalizzarsene e sedersi lì, la scaltrezza è
semplicemente farsi aiutare, avere l’umiltà di farsi aiutare.
Qui gli sposi possono dircelo meglio di chiunque altro: ti senti veramente amato quando
lui che è intimo a te si rivela a te nella verità di ciò che è chiede aiuto. Qual è il ti amo di
Dio all’uomo? Questo: ascoltatelo! Dio si fida di voi, porta nella nostra unità pastorale
voi, nella nostra città il vostro volto; viene accolto o rifiutato attraverso di voi. Si
consegna in quella debolezza che non è pietismo, Dio non cerca il pietismo, anzi lo
vediamo nel vangelo dove in certi momenti ci dà una bella smossa ... come a quei
bambini, ma anche a qualche adulto sopra i 40 va bene! ci sono momenti in cui
cominciano a frignare, gli si dà una sana sculacciata così che quello si riprende un
attimo, quelle belle sgridate sonore che il bimbo piange quei tre minuti, ritrova un po’ le
sue coordinate, si ripiglia e va ... anche dopo i 40 anni il buon Dio ce le dà due sane
sculacciate per farci ripigliare dalle nostre menate; è per ritrovare quella rettitudine,
quella positività, quel senso di realismo per cui non si vive sul Tabor, dentro il Tabor ma
dove l’esperienza della preghiera ti serve a vivere la vita e la vita va affrontata dentro.
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La preghiera di Ester che abbiamo ascoltato stamattina è una preghiera di memoria, una
preghiera di attualità e una preghiera di speranza dove entra tutta la drammaticità della
sua persona e del suo popolo e della sua esistenza; e fa della sua bellezza il dono per
eccellenza di salvezza. Provate a pensarci, che differenza! la bellezza diventa la via di
salvezza. E dovrebbe essere così, una bella donna, così un bell’uomo dovrebbe essere
via di salvezza; il bello è l’atto d’amore cioè colui che vive donando: colui che entra in
preghiera, che vive la carità, che vive il servizio è un uomo, una donna desiderabile
perché non c’è niente di più desiderabile di chi sa darsi all’altro, con intelligenza, con
gioia. Non c’è niente di più desiderabile, per l’uomo e per la donna: la bellezza diventa
via di salvezza, per lei e per tutti, con la carità della sua vita, sapendo che da lei dipende
quella responsabilità. Dov’è che trova la gioia di quest’incontro quando il re la toccherà
con lo scettro d’oro e la spada e la raccoglierà – perché sviene, giustamente, si vede che
le tremavano le ginocchia? Nell’avere avuto fiducia.
Noi siamo un pezzo, un mezzo, forse non vedremo la cattedrale, l’opera compiuta ma
siamo dentro un’opera ancora più grande; siamo chiamati a costruire una generazione,
una comunità di persone che sanno fondare la capacità di Ester, la capacità di aver fede,
la capacità di vivere il servizio come qualcosa che, lo ripeto spesso, è il dono più grande
che ti fai, nell’equilibrio della tua vita certo, ma non c’è dono più grande che ti puoi
dare.
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Appunti dalle meditazioni di Don Pietro Adani
Ritiro di quaresima – 04 marzo 2012
Questo opuscolo è disponibile all’indirizzo: http://digilander.libero.it/gf_sanfilippo
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