Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 di Paolo Zanetti Coordinamento iniziative in onore di Pilo Albertelli Livorno, 28 Novembre 2008 Provincia di Livorno Comune di Livorno con ANPPIA - ANPI - ANEI Supplemento a CN – COMUNE NOTIZIE n. 64 luglio-settembre 2008 Aut. Tribunale di Livorno n. 400 dell’1-3-1984 Coordinamento iniziative: Staff Gabinetto del Sindaco U. Cerimoniale e relazioni istituzionali Coordinamento editoriale e grafico: Ufficio Comunicazione ed Editoria Redazione: Piazza del Municipio 1 – 57123 Livorno e-mail: [email protected] http://www.comune.livorno.it Foto e Iconografia: CLAS - Archivio Storico del Comune di Livorno Immagini dal volume Pilo Albertelli - Una vita per la libertà. Da Parma alle Fosse Ardeatine, Istituto Comprensivo “Albertelli - Newton”, Parma, Ed. M,68, 2005, p.g.c. Grafica, fotolito, impaginazione e stampa: Benvenuti e Cavaciocchi, Livorno Finito di stampare nel mese di novembre 2008 A sessantacinque anni dalla fine del fascismo e dagli eventi che diedero origine alla Resistenza, la conservazione di una memoria viva e non retorica di quel passaggio cruciale, fondamento della libertà e della convivenza democratica del nostro Paese, resta un tema essenziale e attualissimo. Ricordare oggi la figura di Pilo Albertelli, combattente contro l’oppressione nazista e martire delle Fosse Ardeatine, che visse e insegnò a Livorno dal 1932 al 1935 agli esordi della sua carriera di docente, risponde alla necessità di mantenere l’impegno perchè l’eredità e il significato della Resistenza, attraverso l’esempio di coloro che ne furono strenui protagonisti, permangono nel tempo come patrimonio di valori condivisi anche per le nuove generazioni. Alessandro Cosimi Sindaco di Livorno Giorgio Kutufà Presidente della Provincia di Livorno 3 Tutti a Livorno conoscono la via Pilo Albertelli, tranquilla strada che costeggia il muro di cinta del parco di Villa Fabbricotti. E tutti sanno che in fondo a quella via c’è, ormai da più di cinquant’anni, una scuola elementare che porta lo stesso nome. Ma quanti sanno dell’uomo Pilo Albertelli, del suo contributo agli studi filosofici, della sua attività di docente svolta anche in questa città, del suo strenuo impegno in difesa degli ideali di libertà e giustizia e del suo sacrificio in nome di quei valori? Queste domande mi sono posto qualche tempo fa. E ho pensato che fosse necessario fare qualcosa perché attraverso la conoscenza della vicenda di Albertelli, morto a soli 37 anni alle Fosse Ardeatine per mano dei nazisti nel 1944 e Medaglia d’Oro per la Resistenza al nazi-fascismo, si potesse contribuire a mantenere nitida la memoria di quei tragici eventi. Volevo dunque cercare di conoscere qualcosa di più su Pilo Albertelli. Il passo iniziale è stato di rivolgermi all’A.N.P.I., che mi ha fornito le prime notizie e mi ha indirizzato alla sede di Parma dell’Istituto Storico della Resistenza. Ho così saputo, grazie alla cortesia del suo Presidente Marco Minardi e al materiale a stampa che mi ha inviato, che Albertelli aveva vissuto all’inizio degli anni Trenta a Livorno ed aveva insegnato al Liceo Classico “Niccolini-Guerrazzi”, che era stato un filosofo e uno studioso, ma anche uno dei fondatori del Partito d’Azione e un combattente alla testa delle formazioni di Giustizia e Libertà sin dall’8 settembre del 1943. Ho infine conosciuto Guido Albertelli, il maggiore dei due figli di Pilo. Da lui ho avuto ulteriori informazioni sulla vita del padre e ne ho apprezzato l’impegno costante per conservare e tenere vivo il ricordo di quegli atroci avvenimenti, affinché le efferatezze compiute non abbiano a ripetersi e prevalgano i valori democratici e il rispetto tra gli esseri umani. Mi è venuto in mente, allora, che si sarebbe potuta creare una occasione, anche a Livorno, per commemorare adeguatamente Pilo Albertelli. Voglio qui ringraziare, personalmente e a nome dell’A.N.P.P.I.A., il Comune e la Provincia di Livorno, la Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno e la Unicoop Tirreno per aver mostrato grande sensibilità ai temi proposti ed aver dato pieno e immediato appoggio al progetto. Ne è scaturita una iniziativa articolata in vari aspetti: lo scoprimento di due lapidi in memoria di Pilo Albertelli: una nella scuola a lui intitolata e l’altra nel Liceo Clas- 4 sico dove insegnò fra il 1932 e il 1935; un incontro di approfondimento sulla sua figura con la partecipazione di alunni e studenti (che idealmente si prolungherà nel 2009 con la visita alle Fosse Ardeatine per il sessantacinquesimo anniversario dell’eccidio); infine, questo volume, con il quale si intende dare un ulteriore contributo all’approfondimento e diffusione della conoscenza sulla vita e sull’impegno di Pilo Arbertelli, attraverso anche informazioni inedite relative al suo periodo livornese. La memoria, il continuo ragionamento, la diffusione dei valori di convivenza e rispetto, l’esempio di chi scelse di opporsi alla sopraffazione e la barbarie rappresentano l’unico strumento per far sì che ciò che è accaduto non debba mai più ripetersi. Garibaldo Benifei Presidente ANPPIA - Livorno 5 Ringrazio, anche a nome di mio fratello Sergio, tutte le Autorità comunali e provinciali, gli Istituti scolastici e l’ANPPIA che hanno voluto organizzare la commemorazione di Pilo Albertelli, professore nel Liceo Classico “Niccolini” di Livorno più di settant’anni fa ed invitarci a partecipare. Sono commosso per questa iniziativa della città di Livorno anche perché qui sono nato, qui mia madre mi diceva di aver passato un periodo sereno e qui sono tornato nei primi anni ottanta per un triennio, come presidente della STANIC. Nel 1944, quando nostro padre fu ucciso, io avevo undici anni e mio fratello ne aveva sette. Il modo di perderlo e la scarsa conoscenza, a quel tempo, del perché diventammo orfani fu sicuramente un dramma che lasciò un segno profondo. Ma, nel corso della vita, la malinconia si è spesso attenuata nel riscontrare che quella perdita non era stata solo nostra, in quanto il ricordo di nostro padre era rimasto vivo nel Paese e si rinnovava nelle memorie dell’Antifascismo e della Resistenza ed in modo particolare nella scuola. Nostro padre ha avuto dalle Istituzioni delle onoranze importanti e assai rare. Gli sono state intitolate tre strade a Roma, a Parma e a Livorno e tre scuole nelle stesse città. A Roma, dove esisteva il primo liceo statale costruito dopo l’unità d’Italia, fu tolto nel primo dopoguerra il nome di un re (Umberto I) per titolare l’Istituto ad un professore che aveva insegnato lì. Pilo Albertelli fu un perseguitato politico, infatti a vent’anni fu arrestato per attività antifasciste e condannato a tre anni di vigilanza speciale. Fu un filosofo, libero docente di filosofia greca, autore di libri che ancora oggi sono consultati come opere fondamentali. Fu un partigiano, comandante di tutte le formazioni armate del Partito d’Azione a Roma durante l’occupazione nazifascista. Meritò la Medaglia d’Oro per essere caduto per la libertà a 37 anni alle Fosse Ardeatine. Ma, se io dovessi definirlo sinteticamente, fu professore. Era, come attestano i suoi allievi del tempo, un professore fuori del comune. Un insegnante di bell’aspetto, alto, con gli occhiali e con un dire professionale ed affascinante ad un tempo. Un formatore di coscienze perché, nel trasmettere per dieci anni dal 1931 al 1942, in modo semplice ed efficace, la conoscenza della storia e della filosofia, la legava agli avvenimenti del tempo presente e, esaltando i protagonisti del passato, gli ideali, le regole democratiche ed i sacrifici per osservarle, condannava le dittature e promuoveva la necessità del cambiamento. 6 Le idee, che trasmetteva nelle aule con un comportamento coraggioso per un sovversivo, com’era definito dalla polizia segreta fascista che lo controllava sempre, convinsero decine di suoi giovani liceali che lo amavano ad entrare nella lotta clandestina a Roma. Molti furono vicini a lui nelle formazioni di Giustizia e Libertà, nella difesa di Roma a Porta S. Paolo, nella distribuzione della stampa clandestina, negli attentati ai tedeschi, nel trasporto di armi per i partigiani. Alcuni di loro ne imitarono il silenzio sotto le torture nei luoghi segreti nazifascisti, dove le grida ed i lamenti rimanevano indelebili entro quelle mura di dolore. Pilo Albertelli concluse il suo apostolato con la morte, massimo esempio di verità dei valori per i quali aveva improntato la sua vita e i suoi insegnamenti. Anche in anni recenti ho visto piangere suoi ex alunni solo a sentire il suo nome. Noi figli non possiamo che ringraziare di cuore la città e le scuole, centri fondamentali della formazione democratica, che oggi lo ricordano. Guido Albertelli 7 A lato: Battaglia delle Ardenne Certificato di veterano e relativo stemma 8 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 “Le concezioni morali, invece che possesso, sono conquista; e (…) questa conquista noi dobbiamo operare continuamente nel nostro animo” Pilo Albertelli I - Il “sovversivo” In un dispaccio telegrafico del 12 ottobre 1932 inviato dalla Questura di Roma alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, si legge: “[…] Il noto antifascista prof. Albertelli Pilo, avendo vinto di recente il concorso per insegnante di Filosofia, è stato destinato a Livorno, alla cui volta è partito il 9 corrente. È stato segnalato a quella R. Questura per la vigilanza”1. Era con queste credenziali di “ex ammonito politico” che il venticinquenne Pilo Albertelli dava inizio alla sua carriera di insegnante titolare della cattedra di Filosofia e Storia con la sua prima assegnazione al Liceo Classico livornese “Niccolini - Guerrazzi”. Ottenere quel posto di “professore straordinario” non era stato affatto facile. Non solo (e non tanto) per le difficoltà dei concorsi (ne sostenne tre in totale: una prima prova a Modena e due altre a Roma), quanto per i pesanti effetti del provvedimento di ammonizione che, emanato nei suoi confronti dopo l’arresto del 1928 per “antifascismo militante”, lo aveva costretto a sottostare ai rigidi vincoli della sorveglianza speciale e in particolare a dipendere, in molti e importanti aspetti della vita pratica, dal giudizio, le concessioni o i “nulla osta” dell’autorità di pubblica sicurezza. In due diverse lettere scritte nell’estate del 1930, poco dopo la laurea in Filosofia, all’amico Vittorio Enzo Alfieri, Albertelli aveva espresso, in alcune brevi frasi, tutte le sue incertezze per il futuro, a cominciare dai dubbi sul fatto che gli fosse concessa la possibilità stessa di partecipare alle prove d’esame: “Darai poi i concorsi? […] Io non so se potrò o vorrò concorrere: non vedo proprio cosa potrei fare ora che ho finito questa benedetta Università” Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 9 Sotto: 1932 - Segnalazione della Questura di Roma alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza (Min. Interno) sul trasferimento di Pilo Albertelli a Livorno dopo l’assegnazione della cattedra al Liceo Classico “Niccolini Guerrazzi”. “Tu cosa fai? Ti starai affannando per i concorsi […]; preferisci sobbarcarti questa fatica che tutti descrivono come tremenda? Poi, già, col pericolo che sorgano quelle difficoltà che ben sappiamo?”2. E anche dopo la fine del periodo effettivo di vigilanza speciale (prima stabilito in tre anni, poi ridotto a due), egli aveva dovuto subire continui e invadenti pedinamenti e notevoli limitazioni alla sua vita privata. Per dare un’idea dell’occhiuta sorveglianza cui Pilo era soggetto insieme all’intera sua famiglia, basterà citare il contenuto di un telegramma della Prefettura di Parma, dell’agosto 1931, in cui addirittura si comunicava al Ministero dell’Interno che “gli oppositori Albertelli Pilo di Guido e Albertelli Guido (padre)” erano “giunti a Bedonia [non distante da Borgotaro, sull’Appennino Tosco-Emiliano, n.d.a.] provenienti da Roma per villeggiatura”3. D’altronde, solo pochi mesi prima, con una lettera al Ministero dell’Interno in cui motivava la richiesta di un allentamento della morsa dei controlli e dei divieti, lo stesso Albertelli aveva tracciato un quadro preciso della sua difficile condizione di “sovversivo”: “Il sottoscritto, trascorso questo periodo [ossia i due anni di ammonizione, n.d.a.] senza dare mai luogo a nessuna osservazione da parte dell’Autorità, e conseguita nel frattempo la laurea in filosofia, dovette pensare di assolvere i suoi doveri militari. Richiesto il certificato di buona condotta allo scopo di diventare allievo ufficiale, se lo vedeva rifiutare. Presentatosi di conseguenza come soldato semplice, gli veniva assegnata una licenza per convalescenza. Di lì a poco, chiamato per una supplenza di filosofia e storia in Formia, fu sottoposto a una sorveglianza così in- 10 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 tensa e indiscreta da divenire ben presto noto nel paese come un sovversivo pericoloso: non solo, ma si fecero direttamente delle pressioni perché egli venisse allontanato. Ora, trovandosi alla vigilia dei concorsi per una cattedra nelle scuole medie, e nel timore che anche in questa occasione gli venga rifiutato il certificato di buona condotta, ha creduto bene di esporre tutti i suoi precedenti, perché si veda se veramente questi sono tali da comportare da parte dell’Autorità una reazione così viva che gli rende impossibile esplicare tranquillamente la sua attività di studioso. Ora che egli non si interessa in nessuna guisa di questioni politiche, domanda all’E. V. di essere cancellato dalla lista dei sovversivi” 4. Ma dalla Questura di Roma, il 22 maggio successivo, era giunto un secco parere contrario all’accoglimento dell’istanza: “Da informazioni assunte sul conto del Dottor Albertelli Pilo - si dichiara nella comunicazione inviata alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza - è risultato che il medesimo continua a professare principi antifascisti”. Non solo, ma egli, “nell’istesso giorno in cui giunse a Formia” per l’incarico di supplenza al Liceo Vitruvio “fu notato subito in compagnia del noto antifascista Paone Mario, col quale strinse amicizia, trattenendosi con costui fino all’ora tarda della sera, per cui in paese fu subito conosciuto come un oppositore al Regime”5. Anche la semplice presenza fisica alle prove concorsuali era resa complicata dai pedinamenti e dai conseguenti disagi che questi gli provocavano. a Modena, ad esempio, fu seguito continuamente da due agenti “i quali si trattennero ad attenderlo sulla soglia dell’Istituto nel quale stava svolgendo gli esami” 6. Ma prima di riuscire a ottenere quantomeno una attenuazione delle misure di controllo dovette passare ancora del tempo. Dopo che egli era risultato vincitore del concorso nazionale svoltosi a Roma nel 1932, anche il senatore parmense Agostino Berenini (figura autorevole, già ministro della Pubblica Istruzione nel governo Orlando tra il 1917 e il ’19, nominato in Senato nel 1921, aderente all’Unione democratica) aveva segnalato il suo caso al Questore: Albertelli, affermava Berenini, è persona che “ha dimostrato anche nei vari concorsi quanto sia degna” e adesso che “è in attesa di scegliere il posto che gli offrirà il Ministero della Pubblica Istruzione, è […] assolutamente necessario che egli sia sottratto alla sorveglianza”. Solo il 13 agosto 1932 la Direzione di Pubblica Sicurezza, richiesta di un nuovo parere in merito all’Albertelli da parte del Ministero dell’Educazione Nazionale “prima di assumerlo in servizio come vincitore di concorso”, espresse finalmente un cauto consenso, da un lato esprimendosi favorevolmente all’assunzione, ma dall’altro rimarcando con pervicacia l’opportunità di mantenere e proseguire l’azione di vigilanza: Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 11 Sotto: 8 ottobre 1932 - Telegramma del Ministero dell’Educazione Nazionale al Liceo Classico di Livorno in cui si comunica l’assegnazione della cattedra di Filosofia e Storia. “Si esprime parere favorevole per l’assunzione in sevizio del Prof. Pilo Albertelli, vincitore del concorso a cattedre di filosofia e storia nei licei classici. Questo Ministero si riserva, però, di controllare l’opera e l’attività dell’Albertelli dal punto di vista politico”7. Dopo il faticoso via libera da parte del Ministero dell’Interno, la nomina in ruolo era giunta finalmente il 7 ottobre 1932 (come si legge dall’annotazione sullo stato di servizio), cinque giorni prima del dispaccio della Questura citato all’inizio. La comunicazione al Liceo Classico di Livorno dell’assegnazione della cattedra di Filosofia e Storia fu data per via telegrafica il giorno successivo: “Professore Albertelli Pilo est assegnata cattedra filosofia et storia codesto Istituto et dovrà presentarsi giorno 10 ottobre 1932. Pregasi assicurare telegraficamen- te questo Ministero - Direzione Generale Istruzione Media Classica Scientifica et Magistrale - presentazione detto professore”8. Il 10 ottobre il Preside Francesco Guerri fece a sua volta dettare un telegramma (di cui resta la minuta) con il quale si assicurava il Ministero circa l’avvenuta presa di servizio: “Albertelli Pilo professore filosofia et storia presentatosi oggi assumere cattedra”. Puntuale, quindici giorni dopo, la segnalazione giunta al Casellario politico centrale dalla Prefettura di Livorno: “Il sovversivo Albertelli Prof. Pilo di Guido, ex ammonito politico insegnante nel locale Regio Liceo Classico, abita in questa città, in corso Amedeo n. 43, al piano terreno. Sullo stesso è stata disposta opportuna sorveglianza”9. Quando Pilo Albertelli si presenta al Liceo “Niccolini-Guerrazzi”, quel 10 ottobre 1932, per dare inizio al suo triennale periodo di insegnamento livornese, è dunque ritenuto un sovversivo dal regime ed è ancora sorvegliato con scrupolo; ma egli è anche un giovane studioso, appassionato della filosofia degli antichi e impegnato nelle vicende del presente, che proprio a Livorno consoliderà i propri interessi di ricerca, comincerà a maturare le sue idee pedagogiche e a formarsi come competente educatore. 12 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 II - Da Parma a Roma a Livorno Pilo Albertelli nacque a Parma il 30 settembre 1907, quarto e ultimo figlio di una famiglia della borghesia cittadina. La madre Angiolina Gabrielli aveva studiato all’Università di Bologna con Giosué Carducci, del quale fu per qualche tempo assistente prima di dedicarsi all’insegnamento dell’italiano alle Scuole Magistrali parmensi. Il padre Guido era ingegnere civile, orgoglioso “di essersi fatto da sé, con la forza del suo ingegno e la tenacia del suo carattere”10 e a dispetto delle proprie modeste origini. Repubblicano, socialista riformista, cultore degli ideali risor- gimentali, volle imporre per nome ai tre figli maschi il cognome di altrettanti patrioti garibaldini: Nullo (Francesco, che seguì Garibaldi in Sicilia e in Aspromonte per poi prendere parte alla lotta di liberazione della Polonia), Nievo (Ippolito, l’autore delle Confessioni di un italiano, distintosi a Calatafimi e Palermo) e appunto Pilo (Rosolino, siciliano, amico di Pisacane e Mazzini, caduto durante gli scontri con l’esercito borbonico per la conquista di Palermo nel 1860). Deputato del Partito Socialista per tre legislature nel periodo 1900-1921, Guido Albertelli si schierò sia contro la guerra di Libia nel 1911, sia contro la partecipazione dell’Italia alla Grande Guerra, in A lato: La famiglia Albertelli nel 1908. Pilo è il più piccolo, in braccio al padre. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 13 quella fase di acceso scontro politico e sociale che, tra il 1914 e il 1915, agitò la nazione e ne precedette l’intervento a fianco della Triplice Intesa. I primi anni ’20 segnarono una drammatica svolta per la famiglia Albertelli. Nel clima di violenze e sopraffazioni compiute dai fascisti in tutto il Paese (e in particolare ai danni di sedi ed esponenti socialisti), due furono gli episodi più negativi per Guido, Angiolina e i loro figli. Il primo accadde nell’agosto del 1922, quando lo studio di Guido in borgo Tommasini venne devastato e incendiato dalle squadre di Italo Balbo, calate a Parma in massa per una serie di spedizioni punitive in seguito alle cinque giornate di manifestazioni di piazza (le “Barricate”) in opposizione al movimento fascista. Il secondo episodio è invece del novembre del 1925: l’abitazione degli Albertelli in via Saffi venne saccheggiata e distrutta dalla furia dei fascisti non appena si era diffusa la notizia del fallito attentato a Mussolini. Non c’era altro da fare che lasciare Parma. L’orientamento democratico di entrambi i coniugi, il lungo impegno politico e istituzionale di Guido nelle file socialiste, la sua opposizione esplicita al fascismo, che proprio in quegli anni, dopo la crisi successiva al delitto Matteotti, andava rinsaldando il potere e costruendo le fondamenta del regime, esponeva la famiglia, e tanto più nel ristretto ambito di una città di provincia quale era Parma, a rischi troppo elevati. 14 Gli Albertelli si trasferirono quindi a Roma, in via Dandolo, non senza che tale spostamento fosse segnalato alla Questura per le solite pratiche di vigilanza11. Pilo Albertelli, proprio in quel 1925, aveva concluso gli studi liceali al “Romagnosi” di Parma. Grazie all’insegnamento di Vladimiro Arangio Ruiz (che, tra l’altro, era stato maestro di Carlo Michesltaedter all’Istituto di studi superiori di Firenze) e alle lezioni del suo quasi coetaneo Vittorio Enzo Alfieri, cominciò a crescere in lui l’interesse per la riflessione filosofica e politica, che trovò motivazioni e stimoli, oltre che nei testi dei pensatori antichi (e in particolare di Platone), nella lettura delle opere di Gentile e Croce, dello stesso Michelstaedter e di Gobetti. è in questi ultimi anni di liceo che hanno origine le sue future convinzioni ideologiche e politiche: l’avversione al fascismo (nonostante l’influsso gentiliano) in nome della verità, della libertà e dell’autonomia di pensiero; la missione pedagogica dell’intellettuale; il ruolo di altissima rilevanza etica del filosofo, chiamato a dar senso e significato al multiforme snodarsi delle cose umane e della storia. Tutte suggestioni, queste, che lo avvicinano al liberalismo e che, per altro verso, lo distanziano dalle idee socialiste e dal pragmatismo positivista del padre Guido. Dopo il trasferimento forzato, Albertelli si iscrisse proprio in quel 1925 alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma. E si trovò subito immerso nel pieno del dibattito politico-culturale del tempo. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 In quegli anni Gentile e Croce rappresentavano i principali punti di riferimento del panorama intellettuale e filosofico italiano; e fu proprio nel 1925, dopo un lungo periodo di intensa collaborazione (che aveva avuto nella rivista “La critica” il suo luogo privilegiato) che si consumò la definitiva rottura del sodalizio tra i due, incrinatosi già nel 1923 con l’adesione di Gentile al fascismo. I due contrapposti “Manifesti degli intellettuali” pubblicati a distanza di un mese l’uno dall’altro (il 30 marzo quello fascista di Gentile, il 1° maggio quello antifascista di Croce) costrinsero i più - ed in particolare i giovani che si erano formati alla scuola dell’idealismo - ad una precisa scelta di campo. è in questo contesto che Pilo Albertelli inizia il suo cammino universitario e, nello stesso tempo, trasforma il suo generico impegno culturale in concreta attività politico-intellettuale. Ben presto, e malgrado il fascino che su di lui (come su molti studiosi suoi coetanei) esercitava la figura di Gentile, che proprio a Roma teneva in quegli anni la cattedra di Storia della filosofia, egli entrò in sintonia con quella ristretta area di studenti e docenti liberali, ostili al regime, che in Benedetto Croce avevano il loro riferimento ideale e morale. La sola citazione di un breve passo del Manifesto crociano può dare l’idea di quanto il suo contenuto venisse incontro alle tensioni etiche e ideali di un giovane come l’Albertelli: “Per questa caotica e inafferrabile “religione” [sostenuta dagli intellettuali fascisti, n.d.a.] noi non ci sentiamo, dunque, di abbandonare la nostra vecchia fede: la fede che da due secoli e mezzo è stata l’anima dell’Italia che risorgeva, dell’Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l’educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento. Noi rivolgiamo gli occhi alle immagini degli uomini del Risorgimento, di coloro che per l’Italia operarono, patirono e morirono; e ci sembra di vederli offesi e turbati in volto alle parole che si pronunziano e agli atti che si compiono dai nostri avversari, e gravi e ammonitori a noi perché teniamo salda la loro bandiera”12. Questa “professione di fede morale e politica”, come ha scritto Vittorio Enzo Alfieri, “conquistava in quegli anni quei rari giovani che alla retorica del regime erano rimasti refrattari”13. Sostenuto dall’entusiasmo delle idee (ancor più dopo la pubblicazione nel 1928 della Storia d’Italia dal 1871 al 1915 di Croce, in cui la vicenda nazionale postunitaria viene riletta in una prospettiva di progressiva affermazione dell’idea di libertà), dal 1927 Albertelli partecipò alle attività preparatorie e poi alla pubblicazione della rivista “Pietre”, che coinvolgeva, in una rete complessa di rapporti, soggetti provenienti da aree ideologiche Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 15 eterogenee (socialista, democratica e liberale) e che vide la luce nel gennaio del 1928. L’esperienza durò pochi mesi e “Pietre” Sopra: Foto segnaletiche di Pilo Albertelli dopo l’arresto del 1928 - Questura di Roma. uscì per soli quattro numeri. Dopo l’attentato del 12 aprile 1928 a Vittorio Emanuele III, in visita all’esposizione di Milano, dal quale il re uscì incolume ma che costò la vita a una ventina di persone oltre a parecchi feriti, la repressione anti-cospirativa fu durissima e generalizzata. L’ondata di arresti colpì anche il gruppo di intellettuali che gravitavano intorno alla giovane rivista, ai quali fu rivolta l’accusa, assolutamente falsa, di aver promosso e sostenuto, con i loro scritti, quell’attentato in Piazzale Giulio Cesare14. Pilo fu incarcerato per “antifascismo militante”, quindi condannato al confino dal Tribunale Speciale ed ebbe poi commu- 16 tata la pena in ammonizione e tre anni di sorveglianza. Trascorse in carcere circa due mesi. Ci resta, di quel periodo, la testimonianza di Ugo La Malfa, suo compagno di cella a San Vittore: “Lo conobbi in una giornata piena di sole, nel maggio 1928, alla stazione di Roma […] ciascuno in mezzo a due carabinieri, ed eravamo un poco imbarazzati per le manette che ci stringevano i polsi. Facemmo il viaggio insieme fino al carcere di San Vittore a Milano. Dopo gli interrogatori, fummo messi in una stessa cella, io e lui. E passavamo il tempo giocando a scacchi parlando di filosofia e di politica, del mondo, degli uomini e delle cose” 15. Nel 1930 Pilo discute la sua tesi di laurea (cui dà il titolo “Problemi di gnoseologia platonica”) con Guido Calogero, “il suo più vero maestro” nel periodo universitario, con il quale “studiò Platone e la filosofia eleatica, mostrandosi eccezionale discepolo per conoscenze filosofiche e per il dominio del greco”16. Il lavoro di stesura della dissertazione lo aveva coinvolto completamente. Le difficoltà di misurarsi con i testi antichi, la fatica dello studio e dell’argomentazione diventano anche occasione per riflettere su se stesso. Scrive in una lettera all’Alfieri dell’aprile 1930, un paio di mesi prima della fine degli studi: “Sono come abbrutito dalle insormontabili difficoltà di questo enigmatico Platone, sono diventato un ragionatore ostinato, minuzioso, cavillatore”. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 A lato: Pilo Albertelli (in prima fila, terzo da sinistra) al Liceo “Tasso” di Roma - 1931-32. E in un’altra missiva di agosto, scritta da Bedonia alla fidanzata Amelia (“Lia”) De Martino che aveva conosciuto all’università: “Tutta la stanchezza di mesi e mesi di lavoro mi gravano addosso fino a schiacciarmi. Fatica, pochi, pochissimi risultati, stanchezza fisica ed intellettuale, disgusto di ogni contatto col mio prossimo”17. Della prima esperienza di insegnamento di Pilo Albertelli al Liceo Vitruvio di Formia si è in parte già detto. Tra il gennaio e il marzo del 1931 (come si legge nel suo scarno stato di servizio compilato a cura del Liceo Classico di Livorno al momento dell’assunzione) fu chiamato a sostituire il docente titolare Luigi Bandini, in congedo per malattia. Tra gli allievi di quei brevi mesi c’era Pietro Ingrao, che ha lasciato di lui un vivido ricordo: “Quando giunse da Roma quel supplente che sembrava assai giovane lo guardammo con curiosità, come misurarlo. Era di figura alta: magro, con viso assorto […]. Misurava le parole con una certa lentezza e spesso non esitava a correggersi esplicitamente e a ricominciare da capo […]. Ciò era assolutamente nuovo per noi: in nessun altro insegnante avevamo visto atteggiamenti di verità di questo genere” 18. L’anno scolastico successivo Pilo ebbe un incarico al Liceo “Tasso” di Roma dal 6 dicembre 1931 fino al termine delle le- Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 17 Sopra: Verbale di “promessa” di Pilo Albertelli dopo l’assunzione in servizio presso il Liceo Classico di Livorno 22 novembre 1932. zioni. Ne resta una foto con la classe III B e una affettuosa dedica dei 24 allievi “all’ottimo professore Pilo Albertelli”19. III - Gli anni al Liceo Classico di Livorno (1932-1935) Dopo l’assunzione e la destinazione al Liceo Classico di Livorno, il 22 novembre 1932 Albertelli pronuncia la formula di “promessa di diligenza, di segretezza e di fedeltà ai propri doveri” prevista per i neoassunti insegnanti “straordinari” e ne firma il relativo verbale alla presenza del Preside Guerri e di due colleghi docenti ordinari, Gabriele Nigro e Athos Mainardi. 18 In dicembre si sposa con Lia (nello stato di servizio il dato è puntualmente annotato: “dal 27 dicembre 1932 ammogliato - Amelia De Martino”), non senza incorrere in qualche bega burocratica, però, come si ricava dal telegramma che Pilo invia al Liceo “Niccolini-Guerrazzi” il 3 dicembre 1932 (era un sabato) nel quale comunica l’impossibilità di presentarsi in servizio il successivo lunedì (5 dicembre) a causa di una “mancata vidimazione documento matrimonio”20. Scarne sono le notizie su Pilo nei tre anni di permanenza a Livorno, in cui dovette svolgere il suo insegnamento con il rigore, l’impegno e la generosità abituali e durante i quali, tra l’altro, anche Carlo Azeglio Ciampi fu allievo del medesimo Liceo. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 A sinistra: Lia De Martino e Pilo Albertelli nel giorno del matrimonio (Roma, 1932). A lato: Lia De Martino Albertelli e il figlio Guido nel 1934. Le poche notizie che si hanno a disposizione testimoniano del doppio filo lungo cui si dipana la sua esistenza in quegli anni: da un lato, gli affetti familiari e le preoccupazioni pratiche di garantirsi serenità e stabilità e, dall’altro, la passione per lo studio, gli interessi culturali, l’esigenza di continuo approfondimento. Nell’ottobre 1933 nasce il primo figlio di Lia e Pilo, che verrà chiamato Guido, come il nonno paterno. Tre mesi prima, con riluttanza ma obbedendo ad un necessario senso di responsabilità, Albertelli aveva dovuto iscriversi al partito fascista. La scarsa credibilità “pubblica” del suo atto non sfuggiva alle autorità di polizia, se è vero che in una comunicazione del dicembre 1934 del Questore di Livorno al collega di Roma si legge: “[…] Pur accettando per vero il nuovo orientamento politico dell’Albertelli verso il Governo nazionale, iscrivendosi egli al Partito Nazionale Fascista sin dal luglio 1933, occorre, però, tenere presente che egli è figlio e fratello di noti oppositori al Regime. Lo stesso, inoltre, non ha dato alcuna prova di ravvedimento politico. Ciò premesso, ritengo opportuno, almeno per Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 19 Sotto: Marzo 1935 - Il Provveditore agli Studi autorizza Pilo Albertelli a svolgere lezioni di filosofia e pedagogia presso l’Istituto Sacro Cuore di Livorno. ora, di soprassedere dall’avanzare proposte di radiazione dal novero dei sovversivi in di lui favore” 21. Ma le necessità familiari richiedevano, come si è detto, anche la ricerca di tranquillità economica. E così Albertelli dapprima si impegna in lezioni private, poi chiede ed ottiene dal Ministero l’au- torizzazione a svolgere alcune ore settimanali di insegnamento presso l’Istituto parificato Sacro Cuore di via Cecconi a Livorno: “Il Ministero - si legge nella lettera inviata dal Provveditore agli Studi di Firenze al Preside del Liceo livornese il 12 marzo 1935 e ivi conservata - veduto il parere favorevole di questo Ufficio, consente, in via eccezionale, che durante il corrente anno scolastico il Prof. Albertelli Pilo assuma l’incarico dell’insegnamento di filosofia e pedagogia per 10 ore settimanali nell’Istituto magistrale parificato del S. Cuore di codesta città. Di tale autorizzazione dovrà tenersi conto nel caso che il predetto insegnante dovesse chiedere l’autorizzazione per impartire lezioni private”. è in questo quadro che si colloca la lettera inviata da Livorno all’Alfieri nel settembre 1934, in cui Albertelli scrive: “La necessità di arrotondare lo stipendio con lezioni private mi ha portato via un tempo prezioso” per lo studio e la ricerca, e più oltre afferma, non senza rammarico, che “la continua dispersione impedisce di concentrarsi sui problemi che più ci stanno a cuore”. E ancora: “La necessità dell’insegnamento fa scorrazzare ampiamente attraverso la storia filosofica e politica. E sorgono problemi e dubbi infiniti che vanno lentamente e faticosamente raggruppandosi e semplificandosi” 22. Sembra dunque di capire che l’attività didattica e la riflessione filosofica dove- 20 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 vano entrambe fare i conti, in questi anni giovanili e ancora di “formazione”, con la sua naturale inclinazione alla curiosità e all’analisi di temi vari ed eterogenei. Ciò, per stessa ammissione di Albertelli, se contribuiva per un verso a creare una solida struttura culturale e a consolidare la sua preparazione di docente, per l’altro rendeva più difficile la messa a fuoco dei veri interessi di studio. Tra le poche lettere pubblicate dall’Alfieri, quelle che vanno dal 1929 al 1934 possono ben dare un’idea della personalità di Albertelli negli anni in cui soggiornò a Livorno. Quei testi contribuiscono a disegnare i contorni di un uomo dalle molte inquietudini e dalle poche ma radicate certezze. Due temi, in estrema sintesi, si possono ricavare dalla lettura di quelle missive, accomunate da una sofferta intransigenza intellettuale e morale, da una indipendenza di giudizio che non esita a prendere di mira atteggiamenti e persone della sua stessa provenienza culturale, e da un’idea di filosofia che, come ha scritto lo stesso Alfieri, era per Albertelli “totale ed appassionato impegno di vita […]. sforzo di innalzamento morale, continua lotta di sé con se stesso”. Il primo dei due temi è costituito dalla critica alla filosofia dei moderni e allo stesso idealismo: “Sono convinto che la filosofia moderna non ha saputo dare un’etica nuova, dopo aver distrutto l’antica. I sistemi della filosofia moderna, paragonati con quelli dell’antica, appaiono affrettate e traballanti costruzioni (salvo poche eccezioni), bisognose di molto e molto lavoro di consolidamento e ‘ripulimento’. Troppa fretta, troppa preoccupazione del nuovo!”. In un’altra lettera, riferendosi ad un incontro avuto con Umberto Segre, scrive: “I suoi interessi [sono] appuntati prevalentemente agli studi storico-letterari, come capita del resto alla massima parte dei giovani sotto l’influenza di Croce. Questa predilezione, buona di per sé (ed io la condivido di tutto cuore) fa sì che i professori di filosofia dei nostri giorni posseggano sì una cultura ariosa, ma nello stesso tempo scarsamente filosofica. è più sollazzevole e distraente leggere opere letterarie, certo, che non le massime creazioni dei filosofi, ma in questo modo vediamo dei professori che non conoscono i testi” 23. Il secondo tema è rappresentato dalla lucida consapevolezza (talvolta dall’analisi spietata) della propria inclinazione pessimistica che convive con la curiosità intellettuale, sentita al contempo come stimolo e freno all’approfondimento: “Mio caro, è una trista cosa la faciloneria, ma quanto più triste e doloroso vedere in ogni problema, in ogni studio, in ogni occupazione, spietatamente, tutte le difficoltà, tutta la complessità! Sono diventato un pò un maniaco della difficoltà: mio padre me lo dice sempre: ‘per Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 21 questo qui, tutto è difficile’. E veramente che cosa non è difficile? Il tremendo è saperlo troppo, che ogni cosa è un terribile problema: si perde ogni coraggio e ogni volontà. Io, per una disposizione insieme felice e disgraziata del mio spirito, perseguo molte fila: mi si affollano alla mente problemi gnoseologici, estetici, etici, tutti connessi gli uni con gli altri e tutti egualmente interessanti, tanto che io non riesco a battere rigorosamente una sola via fino in fondo […] Ma la molteplicità stessa di questi interessi fa sì che io […] mi occupo di una quantità di cose senza portare a termine nulla” 24. Alla fine del 1935 Pilo conclude il suo triennio di “straordinariato” a Livorno con un ultimo atto formale, ossia, il giuramento (di fedeltà al Re, di lealtà verso lo Stato, di diligenza nell’assolvere i doveri d’ufficio etc.) con il quale cui si sanciva il passaggio a docente “ordinario”, e che rinnovava la semplice “promessa” richiesta nel 1932. Il verbale è del 21 novembre ed è firmato, oltre che dal Preside, da due testimoni, i professori Gregorio Franzò e Luigi Mannucci. Nell’aprile seguente, il Provveditorato agli Studi di Roma chiederà al Preside del “Niccolini-Guerrazzi” assicurazione dell’avvenuto giuramento, poiché il verbale risultava essere assente dal fascicolo personale del docente 25. A lato: Verbale di “giuramento” di Pilo Albertelli in occasione del passaggio a docente “ordinario” 21 novembre 1935. 22 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 IV - Il ritorno a Roma e l’impegno nella lotta di Liberazione (1935-1944) Alla fine del 1935 Albertelli ottiene di tornare a insegnare nella sua città di adozione. Viene trasferito al Liceo “Umberto I” di Roma (che in seguito sarà a lui intitolato), dove rimarrà sette anni, prima di ottenere, nel 1942, il distacco all’Istituto di studi filosofici. I fatti salienti di questo periodo riguardano sia le vicende familiari che la sua attività di studio e ricerca. Nel 1937 nasce il secondo figlio, Sergio, mentre un anno dopo scompare il padre Guido (a cinque anni dalla morte della madre, avvenuta nel 1933 per complicazioni in seguito ad una polmonite). Il 1939 è anche l’anno in cui ottiene la libera docenza in Storia della filosofia antica all’Università di Roma e in cui vengono pubblicati due suoi lavori: “Il problema morale nella filosofia di Platone”, che esce per l’editrice romana Sallustiana, e “Gli Eleati”, per la collana di studi filosofici di Laterza. Di questo studio Guido Calogero ebbe a dire che si trattava di uno strumento utile “per chiunque si accinga ad addentrarsi nei problemi dell’interpretazione del pensiero eleatico, ed abbia bisogno di una prima guida, che gli permetta innanzi tutto di orientarsi nella selva degli studi altrui” 26. Negli anni di insegnamento al Liceo “Umberto I” Albertelli ebbe come allievi, tra gli altri, il filosofo Lucio Colletti, Arrigo Paladini (a lungo responsabile del museo Storico della Liberazione Nazionale di Roma) e l’economista Mario Del Viscovo. Di quest’ultimo, in particolare, val la pena citare almeno alcuni passi dal commosso ricordo intitolato “Il maestro”, originariamente inserito in un opuscolo pubblicato a cura del Partito d’Azione nel 1945, primo anniversario della scomparsa di Albertelli: “Sentivamo che aveva fiducia in noi: pareva che per noi egli studiasse e vivesse, a noi pensasse tutta quanta la giornata. Gli eravamo grati soprattutto per la stima che aveva per noi: ci trattava non come ragazzi, come esseri cui manca qualcosa, ma viceversa, da individui che hanno una sensibilità e una coscienza […]. Le ore trascorse insieme erano lunghi colloqui nei quali si svelavano le nostre preoccupazioni, i nostri interessi, le nostre opinioni […]. Si attendeva la Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 Sotto: Roma. 1940. Albertelli al Liceo Umberto I. 23 sua ora quasi come un’ora di sfogo; ed in realtà a lui e con lui confidavamo tutto quello che costituiva il centro più sincero Sopra: Ottobre 1939 - Dopo l’istanza di Pilo Albertelli per ottenere la libera docenza, la Questura richiede informazioni alla Direzione di Pubblica Sicurezza. della nostra attenzione, ma che non era o non sembrava essere l’interesse della scuola. Questi colloqui sono la parte miglior del suo insegnamento: era in essi che si stabiliva un punto di contatto tra la rozzezza dei nostri quindici anni ed il suo mondo, cioè quello dell’aristocrazia del carattere, prima e meglio ancora che del pensiero” 27. Similmente a quanto era accaduto prima dell’assunzione come insegnante di ruolo, anche l’autorizzazione al distacco presso l’Istituto di studi filosofici di Roma, richiesta da Albertelli sin dal 1939, fu preceduta da un lungo e complesso lavorio di accertamenti, richieste di nulla osta e scambi di informazioni tra i vari uffici del 24 Ministero dell’Interno, dell’Educazione nazionale e delle Questure di Roma, Parma e Livorno. Con l’assegnazione all’Istituto diretto da Enrico Castelli, a partire dal 1° ottobre 1942, Pilo conclude la sua decennale esperienza di insegnante nei Licei e raggiunge finalmente lo status di piena autonomia di studio, con la possibiltà - in teoria - di dedicare tutto il suo tempo alle indagini filosofiche e alle riflessioni speculative. Ma il destino lo condurrà un’altra direzione. Le urgenze del presente, con la guerra devastatrice, l’oppressione fascista sempre più intollerabile, gli eventi drammatici che avrebbero condotto, di lì a poco, alla catastrofe dell’8 settembre, richiedevano infatti, come già era stato nel 1925, ancora una scelta di campo, e ancor più netta e rischiosa, cui Albertelli non volle sottrarsi. Non si poteva restare inerti, ma si doveva passare all’azione e mettersi al servizio di una causa giusta, in coerente continuità con le proprie idee e il proprio decennale insegnamento. “Un uomo senza ideali” - aveva scritto Pilo molti anni prima in una lettera all’allora fidanzata Lia - “non è un uomo ed è doveroso sacrificare quando è necessario ogni cosa per questi ideali. Ché non basta vivere per vivere, non basta farsi una posizione, prendere moglie far figli, morire, essere insomma quei pratici buoni cittadini che sono tutti, ma occorre avere una ragione di vita e a questa sottomettere tutto” 28. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 Animato da quel che sentiva come un obbligo morale, ed estraneo a qualunque esitazione opportunistica, Pilo trascorre l’ultimo anno e mezzo della sua vita impegnandosi in una attività febbrile nella Resistenza a Roma. “Senza iattanza, ma con lucidissima determinazione” scrive di lui Riccardo Bauer “si era gettato nella battaglia” e il suo contegno sobrio e risoluto rappresentò un “esempio trascinatore di coscienze” 29. vile del nuovo stato democratico che sa- “Ciò che suscita ammirazione e reverenza” afferma Vittorio Enzo Alfieri “è il vedere questo professore, questo uomo di altissima cultura, mettere da parte ciò che era stato l’oggetto principale della sua vita, i libri e le disquisizioni teoriche, e mostrare col fatto che la filosofia non è filosofia vera se non è vissuta, e che l’imperativo categorico non basta leggerlo nei libri di Kant”30. Dopo aver contribuito alla fondazione del Partito d’Azione insieme - tra gli altri - allo stesso Bauer, a Parri, Lussu, Bobbio, Calamandrei, all’antico maestro Guido Calogero e al vecchio compagno di carcere Ugo La Malfa, Albertelli si dedica alla stesura di diversi articoli per la rivista clandestina “L’Italia libera”, organo del nuovo movimento (nella cui impostazione laica, liberale e socialista riformista egli riconosceva le radici del proprio orientamento ideale), che viene pubblicata dal gennaio 1943. Scrisse articoli a beneficio dei giovani del partito, per diffondere e discutere i principi su cui rifondare la convivenza ci- Combatté l’8 settembre 1943 a Por- rebbe sorto dalle ceneri della dittatura. Scrisse l’articolo di fondo dopo la caduta del fascismo del 25 luglio 1943, in quella breve fase di speranza che attraversò il Paese prostrato dalla guerra e che attenuò per un momento il suo connaturato pessimismo. Ma soprattutto agì. “Sapeva di giocare una partita rischiosissima e meditatamente aveva accettato la lotta” 31 . ta San Paolo e a San Giovanni contro i tedeschi che si stavano impossessando della città. Fu con Giovanni Ricci tra coloro che, il 20 settembre, fecero saltare una mina alla caserma della Milizia fascista ai Parioli. Organizzò e compì “sabotaggi alle comunicazioni, lanci di chiodi, consegne di armi e munizioni”32. Sostituì Ricci, dopo che questi fu costretto a una fuga precipitosa per evitare la sicura cattura, al comando delle formazioni di Giustizia e Libertà della zona di San Giovanni prima, e poi (dopo essere egli stesso sfuggito ad un arresto) del quartiere Ostiense-Garbatella. Ebbe quindi la responsabilità del coordinamento di tutti i gruppi di Giustizia e Libertà a Roma. Divenne membro del Comitato militare che riuniva i rappresentanti di tutte le forze partigiane della capitale. Si dedicò ad un’opera infaticabile e assidua “di organizzazione minuta e paziente di squadre armate” 33 , di arruolamento di nuove forze, di reperimento di documenti falsi e fucili, di ispezione di depositi di armi, Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 25 A destra: La firma di Pilo Albertelli all’uscita del carcere di Regina Coeli, poco prima del trasferimento alle Fosse Ardeatine - 24 marzo 1944. 26 di protezione dei ricercati, di diffusione della stampa clandestina. Ma poi giunse quel primo di marzo del 1944, con il tradimento della spia Priori, che si era spacciato per compagno di lotta, con la cattura di Pilo in piazza San Bernardo da parte della polizia del questore Caruso, con la consegna ai torturatori della banda di Pietro Koch e il trasferimento alla famigerata pensione Oltremare, sede di quell’odioso reparto, in via Principe Amedeo, nei pressi della Stazione Termini. Seguirono per Pilo dieci giorni di sofferenze inaudite, di percosse, di angherie di ogni tipo, di minacce di terribili ritorsioni sui figli e la moglie per ottenere una qualche informazione sulle attività cospirative e sui compagni di lotta. Albertelli sopportò e oppose un silenzio caparbio, tentò per due volte di togliersi la vita, dapprima cercando di gettarsi dalla finestra e poi tagliandosi le vene dei polsi, trovò la forza di rimanere fino in fondo coerente con se stesso e con i propri convincimenti, fedele alla sua natura tenace e intransigente, alla sua introversa ostinazione. “Non essendo riusciti a cavarne alcunché” racconta Tommaso Carini, suo compagno di cella all’Oltremare “fu portato in questura, rinchiuso insieme ad altri per una notte, tramortito, fradicio d’acqua, su un tavolaccio di una camera di sicurezza. Ma le sue condizioni erano tali che la questura si rifiutò di trattenerlo e lo rimandò in via Principe Amedeo. Pilo aveva ancora le braccia fasciate. Le costole spezzate gli rendevano difficile la respirazione, ogni colpo di tosse si protraeva per interminabili minuti, soffocandolo e facendogli dolorare penosamente il costato” 34. Poco dopo il ritorno in via Principe Amedeo, Albertelli venne trasferito al carcere di Regina Coeli, dove il 21 marzo ricevette la visita della moglie Lia e dei due figli. La mattina del 24 fu prelevato e trasportato alle Fosse Ardeatine. Di lui, che faceva parte della lista dei 50 detenuti politici redatta da Caruso su precisa richiesta di Kappler, resta una firma tremula che, per un assurdo e burocratico formalismo, fu obbligato a vergare ad attestazione dell’uscita, poco prima di essere condotto al supplizio. Forse seguendo per l’ultima volta il proprio impulso e la propria profonda attitudine, gli venne fatto di apporre il titolo di “Prof.” davanti al suo nome. E ciò suona a conferma di quanto egli, come scrisse Mario Del Viscovo, non fosse “un professore qualunque, ma il professore” 35. Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 A lato: Verbale della riunione del 12 luglio 1950 della Commissione per la Toponomastica del Comune di Livorno. al punto 5 si descrive l’ubicazione della nuova via “Pilo Albertelli”. Morì, insieme alle altre 334 persone che erano state caricate sui camion e condotte con lui alle Fosse, ucciso da un colpo di pistola alla nuca prima che le mine dei tedeschi facessero crollare le volte delle caverne di pozzolana, nell’inutile tentativo di sottrarre alla storia, e di nascondere alla memoria di tutti, le tracce dell’eccidio e i corpi di quei martiri 36. Nel 1947, a tre anni dalla morte, fu decretata in memoria di Pilo Albertelli la Medaglia d’Oro, nella cui motivazione viene sottolineato, tra l’altro, il “luminoso esempio di coraggio” dimostrato nell’attività insurrezionale e nel “guidare nella battaglia di libertà, anche con l’esempio, i suoi allievi”. Pochi anni più tardi la città di Livorno, così come già Parma e Roma, volle dedicargli una via e una scuola. Dopo il parere favorevole del 12 luglio 1950 da parte della Commissione per la Toponomastica (della quale proprio Carlo Azeglio Ciampi, per singolare casualità, era uno dei membri), il Consiglio Comunale deliberò all’unanimità, il 2 settembre successivo, di assegnare la denominazione di “via Pilo Albertelli” alla strada “che si apre sul viale della Libertà […] e che corre […] lungo il muro di cinta del Parco della Villa Fabbricotti”. Il 3 di ottobre la delibera comunale fu resa pienamente esecutiva dall’autorizzazione, per la parte di competenza, della Soprintendenza ai monumenti e Gallerie. Quattro anni dopo (era il 6 novembre Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 27 1954), il Provveditorato agli Studi di Livorno, su proposta del Collegio degli Insegnanti della scuola elementare da poco edificata proprio nella via Albertelli, richiede al Comune di Livorno il rilascio del nulla osta per l’intitolazione della scuola allo stesso Pilo Albertelli, “ex insegnante in questa città, caduto alle Fosse Ardeatine”. La Giunta comunale si esprime favorevolmente nella seduta del 22 novembre ed il 13 dicembre successivo l’Assessore alla Pubblica Istruzione Nicola Badaloni (che di lì a poco succederà a Furio Diaz nella carica di Sindaco) comunica al Provveditore la esecutività della delibera della Giunta 37. Nel novembre del 2008, per iniziativa della Provincia e del Comune di Livorno, della Sede provinciale livornese dell’A.N.P.P.I.A. e del suo Presidente Garibaldo Benifei, si è svolto un convegno in rievocazione di Pilo Albertelli, aperto ad alunni e studenti, e si sono scoperte due lapidi a lui dedicate, delle quali una nella scuola elementare che porta il suo nome, l’altra nel Liceo Classico dove egli insegnò per tre anni. Si è inteso, in questo modo, dare un contributo alla conoscenza della figura di Albertelli studioso, educatore, uomo d’azione, combattente contro il nazi-fascismo e martire; per fare in modo che le giovani generazioni serbino la memoria di quel che è stato; perché respingano la violenza e la sopraffazione; e perché condividano i valori fondamentali di libertà e democrazia in cui egli ha creduto e per i quali ha scelto di battersi fino alla fine, con determinazione e coraggiosa fermezza. A lato: L’Assessore alla Pubblica Istruzione Nicola Badaloni informa il Provveditore agli Studi di Livorno sul nulla osta della Giunta Municipale all’intitolazione a Pilo Albertelli della scuola situata nella via omonima - 14 dicembre 1954. 28 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 Note 1 - Archivio Centrale dello Stato (ACS), Casellario Politico Centrale del Ministero dell’Interno, b. 46, fascicolo “Albertelli Pilo”. Importante e documentato strumento per lo studio della figura di Albertelli è il volume Pilo Albertelli. Una vita per la libertà. Da Parma alla Fosse Ardeatine, realizzato dall’Istituto Comprensivo “Albertelli-Newton” (d’ora in poi ISTCAN) di Parma, Parma, Ed. “M,68”, 2005. L‘opera contiene un ricco corredo iconografico e riproduce, tra l’altro, un buon numero di fonti documentarie di diretta provenienza archivistica. 14 - Sulla vicenda della rivista “Pietre” e degli arresti del 1928 cfr. Socialismo e democrazia nella lotta antifascista. 1927-1939, a cura di Domenico Zuccaro, Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 19-21. 2 - Cfr. VITTORIO ENZO ALFIERI, Pilo Albertelli. Filosofo e martire delle Fosse Ardeatine, Milazzo, Spes, 1984, p. 40 (lettera del 26 giugno 1930) e p. 42 (lettera delll’11 agosto 1930). Annota l’Autore che i dubbi di Albertelli sulla possibilità di partecipare ai concorsi e di intraprendere l’insegnamento nelle scuole dello Stato “si spiegano col fatto che a lui, forse perché figlio di un ex deputato socialista, era stata inflitta una sanzione più dura, l’”ammonizione”, ossia sorveglianza speciale che importava gravi limitazioni alla libertà di movimento” (p. 41). E più oltre (p. 43), riguardo alle “difficoltà” evocate da Albertelli, aggiunge: “il mio ottimismo non mi lasciava prevedere quelle difficoltà che l’amico pessimista già immaginava: le imposizioni fasciste, il giuramento etc”. 17 - ISTCAN, p. 44. 3 - Documento riprodotto in ISTCAN, p. 43. 4 - Ibidem, pp. 46-48. 5 - Ibidem, p. 49. 6 - Lettera dell’8 giugno 1932 del senatore Agostino Berenini di Parma, riportata in Ibidem, p. 53. “Una vigilanza così visibile - si legge ancora nella lettera - riesce deleteria per la sistemazione dell’Albertelli”. Si precisa che la carica di senatore era di nomina regia. Berenini usa il termine “Pubblica Istruzione”, tuttavia dal 1929 quel Ministero era stato soppresso da Mussolini per essere sostituito con il Ministero dell’Educazione Nazionale. 7 - Ibidem, pp. 53-58. 8 - Le carte riguardanti l’attività d’insegnamento di Pilo Albertelli a Livorno (stato di servizio, giuramento, comunicazione di assegnazione della cattedra etc.) sono conservate nell’Archivio del Liceo Classico “Niccolini-Guerrazzi” (ALCL) di Livorno e sono state messe a disposizione dalla Dirigenza dell’Istituto “Niccolini-Palli”. 15 - La rievocazione di Pilo Albertelli pronunciata da Ugo La Malfa al Liceo “Albertelli” di Roma nel decennale della scomparsa del filosofo parmense è pubblicata nella rivista “Aurea Parma”, fasc. I, 1954, pp. 9-10. 16 - ALFIERI, op. cit., p. 11. 18 - Ibidem, p. 50. 19 - Ibidem, pp. 52-55. 20 -Sia il verbale di “promessa” del 22 novembre, che lo stato di servizio, che il telegramma del 3 dicembre sono conservati presso l’ALCL nel fascicolo dedicato a Pilo Albertelli. 21 - ISTCAN, p. 59. 22 - ALFIERI, op. cit., p. 47 e sgg. 23 - Ibidem; la prima citazione è da una lettera del 5 settembre 1929 (p. 33), la seconda da una del 29 novembre dello stesso anno (p. 35), la terza da una del 31 agosto 1931 (p. 45). 24 - Ibidem; lettere del 25 aprile 1930 (p. 37 e sgg.) e del 30 settembre 1934 (p. 47 e sgg). 25 - I documenti citati sono conservati in ALCL, fascicolo Albertelli. L’assicurazione del Preside Guerri al Provveditore di Roma sull’avvenuto giuramento è del 10 aprile 1936. 26 - Cfr. LA MALFA, op. cit., p. 12. 27 - ISTCAN, pp- 64-66. Ampi passi del medesimo testo sono riportati anche da ALFIERI (p. 23-24) e da LA MALFA (p. 11). 28 - La lettera è riportata integralmente in ALFIERI, op. cit., p. 19. 29 - Ibidem, pp. 25-26. 30 - Ibidem, p. 14. 31 - La frase, citata nel volume ISTCAN (p. 82), è di Riccardo Bauer. 32 -ALESSANDRO PORTELLI, L’ordine è già stato eseguito, Roma, Donzelli, 1999, p. 154. 33 - LA MALFA, op. cit., p. 12. 9 - ISTCAN, p. 58. 34 - La testimonianza di Tommaso Carini è ampiamente riportata in ISTCAN, pp. 84-88. 10 - ALFIERI, op. cit., p. 8. 35 - Cfr. ALFIERI, op. cit., p. 23. 11 - Cfr. documento riprodotto in ISTCAN, p. 28. 36 - Una dolorosa e toccante testimonianza è rappresentata dalla breve racolta di poesie dal titolo Giorni di pioggia alle Fosse, scritte e pubblicate da Lia Albertelli nel quarto anniversario dell’eccidio [Roma, Editrice Sallustiana, 1948]. 12 - Sui temi relativi al dibattito culturale italiano e al rapporto Croce-Gentile cfr, p. es., NORBERTO BOBBIO, Profilo ideologico del Novecento, Milano, Garzanti, 1990, p. 167 sgg, e anche ALBERTO ASOR ROSA, La cultura, in Storia d’Italia, vol. VI, Torino, Einaudi, 1976 pp. 185 e sgg. 13 - ALFIERI, op. cit., p. 10. 37 - Tutti i documenti citati relativi alle delibere degli anni 1950 e 1954 sono conservati presso l’Archivio del Comune di Livorno (CLAS). Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 29 30 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 INDICE I - Il “sovversivo” 9 II - Da Parma a Roma a Livorno 13 III - Gli anni al Liceo Classico di Livorno (1932-1935) 18 IV - Il ritorno a Roma e l’impegno nella lotta di Liberazione (1935-1944) 23 Paolo Zanetti . Il coraggio e le idee. Pilo Albertelli docente a Livorno tra il 1932 e il 1935 31 Finito di stampare nel mese di novembre 2008 presso lo stabilimento Tipografico Benvenuti & Cavaciocchi - Livorno 32