Per un “NUOVO APOSTOLATO” Perché nella Chiesa si generi un “NUOVO GERMOGLIO” di “Fede nell’Umano” ------------Richiesta di un “ D i a l o g o ” con le Autorità Ecclesiastiche ------------R A C C O L T A delle “ L e t t e r e ” inoltrate alle Autorità Ecclesiastiche. -----------LETTERE mancanti (ancora da digitalizzare...). Del Gruppo I: 1) Egr. Dr. Vittorio MESSORI - Milano -- (20-06-85) 2) Mons. Frantiàek RYPAR - Roma -- (30-08-85) Gruppo I: 1984 - 1986 ELENCO delle lettere (29) inoltrate, in ordine cronologico. A: S.E.R. Mons. A. BOVONE - Roma -- (10-05-81) Mons. Carlo CAFFARRA - Roma -- (17-03-84) Rev.do Padre Stanislao DZIWISZ - Roma -- (19-04-84) Sua Santità GIOVANNI PAOLO II - Roma -- (19-04-84) S.E.R. Mons. A. GARSIA - Caltanissetta -- (18-05-84) S.E.R. Mons. F.J. COX Huneuus - Roma -- (25-05-84) Mons. Salvatore GOZZO - Siracusa -- (29-05-84) S.E.R. Mons. A. BOVONE - Roma -- (08-06-84) Rev.do Padre A. SICARI - Trento -- (13-06-84) S.E.R. Mons. C. FERRARO - Patti (ME) -- (21-06-84) S.Em.R. Card.le P. POUPARD - Roma -- (22-04-85) Rev.do Padre H. CARRIER s.j. - Roma -- (28-04-85) S.E.R. Mons. G. AMARI - Verona -- (02-05-85) Rev.do Sac. d. Dionigi TETTAMANZI - Venegono inf. (VA) -- (19-05-85) Rev.do Mons. Luigi ROSSI - Padova -- (14-06-85) Egr. Dr. Vittorio MESSORI - Milano -- (20-06-85) – (manca) S.Em.R. Card.le W.W. BAUM - Roma -- (21-08-85) S.E.R. Mons. A. PANGRAZIO - Roma -- (30-08-85) Mons. Frantiàek RYPAR - Roma -- (30-08-85) – (manca) S.E.R. Mons. Marian JAW0RSKI - Kraków (Pol.) -- (08-09-85) S.Em.R. Card.le S. PAPPALARDO - Palermo -- (16-09-85) S.E.R. Mons. C. RUINI - Reggio Emilia -- (20-09-85) S.Em.R. Card.le Marco CE' - Venezia -- (26-09-85) S.Em.R. Card.le Jozef TOMKO - Roma -- (10-10-85) S.Em.R. Card.le Andrzej M. DESKUR - Roma -- (24-10-85) S.Em.R. Card.le Gabriel M. GARRONE - Roma -- (04-11-85) S.E.R. Mons. S. ROSSO - Piazza Armerina (EN) -- (19-02-86) S.E.R. Mons. G. AMARI - Verona -- (25-02-86) S.Em.R. Card.le Joseph RATZINGER - Roma -- (25-03-86) ------------ Mons. Alberto BOVONE, 10-05-81 Siracusa, 10 maggio 1981 All'attenzione di Mons. A. BOVONE c/o S. Congregazione per la Dottrina della Fede P.zza S. Uffizio, 11 Roma Rev.mo Mons. Bovone, Lei non mi conosce, né io conosco lei; mi è stato indicato il suo nominativo in uno dei giorni della settimana santa di quest'anno, quando, trovandomi di passaggio a Roma, volli cercare una persona alla quale poter chiedere un colloquio su problemi personali. È molto tempo che cerco questo colloquio, ma non per dire solo delle parole, bensì per "aprire un dialogo"; sono anni, sì, sono anni che mi porto dentro degli interrogativi che aggiungono sofferenze alle altre sofferenze che mi provengono da altri lati; e sono anni che cerco "inutilmente" (!!!) chi voglia accogliere di me quel poco che porto dentro. Quest'oggi mi sono deciso a scriverle, e le sto scrivendo così, di getto, senza farmi prima un tracciato, seguendo la pressione che mi sento dentro. Ho seguito poco fa (sono circa le ore 13) alla TV la S. Messa celebrata dal S. Padre, dove ancora una volta viene posto l'accento sul bisogno di Vocazioni Sacerdotali. Quello che io vorrei "comunicare" ad una persona che "sia disposta a capirmi" riguarda proprio un problema del genere: la formazione di "nuovi apostoli". Mi sono incontrato, in occasioni diverse, con varie persone, già sin da circa quattro anni fa, specialmente con Sacerdoti: tutte le volte, oltre ad essermi sentito frainteso, ho provato la delusione e l'amarezza del constatare come l' "essere umano" è di fatto completamente ignorato, nella loro concezione e nel loro atteggiamento, quando parlano di pastorale o di apostolato, quando discutono di Fede. Io non posso dire nulla, non sono in grado di valutare quello che porto dentro di me, quello che sento di voler comunicare ad altri. Spesso, abbattuto per tante difficoltà, mi son detto: se Dio vuole che io esprima tutto questo perché possa portare frutto nella sua opera di Redenzione, Egli saprà spianarmi la strada! Ma la mia amarezza è però rimasta dentro; e non so se si tratta di fiducia in Dio o di debolezza che porta alla resa di fronte alle contrarietà. Se quello che io porto dentro di me, che potrebbe dirsi come un messaggio umano, un messaggio d'amore (ma non inteso come di solito lo si intende), un messaggio che sgorga dal Messaggio Evangelico che Cristo ripropone continuamente da generazione in generazione, con aspetti sempre nuovi; se tutto questo fosse un dono che Dio volesse portare alle creature che ha redento, ed io non lo comunicassi, Egli avrebbe tutto il diritto di chiamarmi "servo infedele". Ma io amo questo Dio, al quale ho affidato da anni tutta la mia persona, anche se fra tante debolezze umane quasi costantemente vivo la sofferenza di non sentirmelo vicino, di sentirmi lontano da Lui. Mi accorgo che forse le mie parole possono sembrare incomprensibili, che non sono in grado di esprimere la "realtà interiore" che c'è in me. Sento che l'argomento di cui vorrei parlargli è così grosso che non so né come prenderlo né da dove cominciare: è "nuovo", molto nuovo! Contrasta con le concezioni tradizionali, sia a livello laicale sia a livello ecclesiale. Non è però neanche una critica che mira a distruggere qualcosa; è bensì un "invito ad incamminarsi per una via che appare insolita, difficile"; un invito rivolto a chi volesse accoglierlo. Non é una condanna di ciò che c'è già, ma una indicazione di come la via che si sta percorrendo non può dare, "oggi", certi risultati che pure si vorrebbero; e che se si vogliono quei risultati (che le anime chiamate sentano la Redenzione di Cristo) occorre incamminarsi per un'altra via, più irta di difficoltà sì, che richiede più coraggio sì, ma che ci porta ad un "dialogo con Dio", un dialogo fra la nostra umanità che soffre smarrita e la Divinità che Redime con amore e con misericordia. In tutto questo gioca un ruolo molto importante la "comunicazione", ed anzi, dal punto di vista concreto del "nuovo apostolato", ne è l'epicentro. Oserei cioè dire che il modo con cui noi esseri umani (e così anche i sacerdoti, nella loro pastorale) oggi comunichiamo tra noi mette le persone stesse nella impossibilità di "accogliere il Messaggio di Cristo", come se noi fossimo "di roccia" su cui il seme della "Parola di Dio" cade sì, ma non può germogliarvi perché non può mettervi radici. L'invito che io vorrei rivolgere ad altri (che volessero incamminarsi con me per questa nuova via), il lavoro che io vorrei svolgere assieme ad altri (desiderosi di ricercare, assieme a me, Cristo, per una via nuova ma che passa "attraverso l'uomo stesso"), è quello di preparare nuovi apostoli (che potrebbero essere Sacerdoti o semplici fedeli). Non mi è facile far capire cosa voglio dire con la parola "apostolo": voglio sottolineare la sua "dedizione a comunicare alla persona umana, con la quale entra in rapporto, quelle disposizioni umane che permettono all'altra di orientarsi in modo di cogliere il Messaggio di Cristo". E questo mi pare che non ci sia oggi nella maggior parte (sarei tentato di dire quasi totalità) dei sacerdoti; essi cioè si pongono come dei "ministri di culto", "gestori di una certa organizzazione ecclesiastica", o altro, ma non come "apostoli". La mia vita è stata sempre travagliata ed intessuta di amarezze, sin da quando, all'età di 15 anni (oggi ne ho 48) entrai in Seminario (a Siracusa). Lasciai il Seminario, a 23 anni, dopo aver fatto il 2.do anno di Teologia, per motivi che non specifico per non dilungarmi. Ma non lasciai la mia vocazione a "vivere per Cristo", a "offrire questa mia vita terrena secondo i Suoi disegni"; l'insieme si configurava come una "vocazione ad essere un apostolo di Cristo", in qualunque posto la vita mi sballottasse, "vocazione di pormi al servizio di Cristo per portare agli altri, ai fratelli da Lui redenti come sono stato redento io, il suo Messaggio". Feci l'Università, mi laureai in Fisica a Catania, intrapresi l'insegnamento come mia attività lavorativa, mi sposai con la prospettiva di un focolare in cui fosse al centro l' "amore", quell'amore umano che "sgorga dall'amore divino" (ci sono tanti modi di amarsi umanamente, ma non tutti hanno la caratteristica di "sgorgare dall'amore divino"), e ciò avvenne nel 1965. Appena un anno e mezzo fa... la separazione coniugale! Dopo tanti travagli, incomprensioni con mia moglie, con i parenti di lei, sofferenze per i figli (due, entrambi maschi: il maggiore ha 12 anni), separazione che io ho dovuto subire senza rendermi conto di ciò che mia moglie intendesse con tutto quel finimondo che faceva. Adesso vivo solo, nel mio dolore (che a volte rasenta la disperazione), e chiedo a Dio che se Lui vuole da me solo sofferenze, senza alcun costrutto esterno, che mi dia la forza di sopportarle sino a quando Lui vorrà; ma se invece vuole da me qualcosa d'altro, che io ancora non sono riuscito a capire, o che io ancora non sono riuscito a compiere per le mie poche forze, mie debolezze, mie incapacità, che mi indichi Lui la strada, mi indichi Lui "cosa vuole da me", e mi dia nello stesso tempo la forza per attuarlo. Io vivo a Siracusa adesso, mentre le mie persone più care: i miei due figli e la loro mamma, sono rimasti a Padova. La mia attività di insegnamento non mi basta per nulla, e sento tanto vuoto e tanta inutilità se non posso esprimere me stesso su un piano umano più allargato, di vero rapporto umano; se tutto quello che attraverso lo studio, attraverso l'esperienza, s'è andato acquisendo dentro di me, io non lo posso poi esprimere ad altri, "in una comunicazione genuina", perché fosse di utilità anche per loro: a cosa sarà servito se resta dentro di me? Ed inoltre io sento di non riuscire a vivere senza questo scambio reciproco con altri: sento tanto il bisogno di dare agli altri, e sento anche tanto il bisogno di avere altri vicino a me. Non mi prolungo più; non ho il diritto di interferire sul suo lavoro; mi risponda "quello che lei sente, alla luce di Dio, di rispondermi". La ringrazio tanto per l'attenzione che mi ha prestato, e le porgo il mio più cordiale saluto. (Firmato: Vittorio Noè) Prof. Vittorio NOE' Traversa di Via A. Specchi, 39 96100 — SIRACUSA Anno 1984, 1° Semestre Don Carlo CAFFARRA,17-03-84 (Trascrizione dattilografica della lettera inoltrata, la quale era stata scritta a penna) Verona, 17 marzo 1984 Molto Rev.do Don Carlo CAFFARRA Dir.re dell'Ist. "Giovanni Paolo II" c/o Pont. Università Lateranense P.za S. Giovanni in Laterano, 4 00184 - R O M A Rev.do don Carlo CAFFARRA, Mi permetto di rivolgermi a Lei, pur non conoscendola, per fare un ennesimo tentativo di ricerca di qualche persona, nel campo ecclesiale, con la quale poter "dialogare" circa un mio progetto di apostolato, che da anni porto dentro di me. Nelle persone (Sacerdoti e Laici) con le quali sinora mi sono incontrato, ho sempre trovato incomprensione e perplessità nei miei confronti; e con molta amarezza ho dovuto ripiegare quasi scoraggiato. Una profonda amarezza l'ho avuto recentemente da un colloquio (nel dicembre 1982) con Mons. Filippo Franceschi, Vescovo di Padova: sempre incomprensione ed incredulità verso ciò che io vorrei fare e proporre. Tuttavia, io continuo a sentire sempre, nel mio cuore, particolarmente quando sommerso dal dolere mi rivolgo al Buon Dio, che ciò che ho maturato dentro di me è frutto della Sua Grazia, e che potrebbe portare a tanti fratelli nella Fede benefici di Redenzione. M'è parso di capire che ciò che fa "chiudere la porta" di fronte ad una mia proposta di dialogo sia lo stato di sofferenza, a volte molto profonda, in cui da anni mi trovo a vivere; sofferenza di ordine morale, più che fisico (vi sono anche delle inevitabili ripercussioni nel fisico), derivante da un disarmonico rapporto coniugale con mia moglie, mai riuscito a sanare. Ho accettato, ed accetto, con gratitudine queste sofferenze che Dio ha permesso che mi giungessero, offrendoGliele, oltre che in espiazione dei miei peccati, per il bene stesso della mia famiglia: i miei due figli (16 e 14 anni) e la loro mamma. E le ho offerto a Dio anche per il nostro Sommo Pontefice (col quale mi sento particolarmente in assonanza), perché la Sua infinita Misericordia voglia sostenerlo nella Fede, nelle fatiche della pastorale che compie, e perché lo illumini sempre guidando i suoi passi ed il suo aprirsi ai fedeli di tutta la Chiesa. Ho preso il nominativo di Lei, Reverendo, dall'Osservatore Romano n° 10 (ed. settimanale), a cui sono abbonato da anni; il quale riporta tra l'altro il discorso del Papa ai Partecipanti ad un corso sulla procreazione responsabile. Ogni volta che leggo un discorso di questo nostro Papa, "sento nelle sue parole" una presenza misteriosa di Dio che ci parla con Amore e Misericordia; e non riesco a trattenere le lacrime che il "dolore" (misto a "gioia"), suscitato dentro di me, fa sgorgare: "dolore", perché quelle parole sono in profonda assonanza con quel messaggio, con quell'opera di apostolato, che io sento forte dentro di me, ma che non sono mai riuscito ad esplicare, perché ho trovato sempre opposizione (dolore, perciò, di non potere "amare" i miei fratelli nella Fede come io vorrei, e "donare loro" quella Grazia che il Signore si è degnato di donare a me); e "gioia", perché constato che il Santo Padre "sta svolgendo Lui" quello apostolato che io non sono stato capace di svolgere. E rivolgendomi a Nostro Signore che ha tanto sofferto, lo prego così: Accetta, nella Tua Misericordia, queste mie sofferenze; sono ben piccola cosa, di fronte a tante altre; ma Te le offro con quell'amore di cui sono capace. Te le offro chiedendoTi, come il figlio chiede al Padre, di accompagnare sempre con la Tua Grazia l'operato del Papa: che lui possa sempre rispondere alla Tua Voce con un "Sì", cosa che invece non ho saputo fare io. Ti ringrazio che nella Tua Misericordia ci doni tanta Grazia attraverso questo successore di Pietro, che Tu ti sei degnato di mandarci. Mi perdoni, Reverendo, questa mia confidenza spirituale. Essa vuole solo significare a Lei quanto io desideri incontrarmi con persone che siano "vicine" a Giovanni Paolo II, sperando di trovare più facilmente intesa, essendo il mio sentire molto vicino a quello di Sua Santità. Avevo fatto questa richiesta anche al Direttore dell'Osservatore Romano, circa un mese fa, (quella di indicarmi qualche nominativo a cui rivolgermi), ma non ho avuto risposta alcuna. Un movente che mi ha suggerito di rivolgermi a Lei, è stato quello dell'essere Lei il Direttore dell'Istituto "Giovanni Paolo II", per gli Studi sul Matrimonio e sulla Famiglia. L'apostolato che io vorrei tanto attuare ha di mira proprio l'evangelizzazione della Famiglia, attraverso la "crescita" dei Coniugi nel "Matrimonio Sacramento": vivere il Matrimonio al di fuori dell’ ”anima sacramentale" è un lento morire nella Fede e nello spirito; viverlo "entro la sacramentalità", che gli deriva dall'Amore Redentore del Cristo, è un "crescere", giorno dopo giorno, non solo nella Fede ma anche nello spirito umano. Perché, in questa peculiare sacramentalità, la dinamica umana coniugale, con le sue tensioni e le sue sofferenze, trova l’ ”orientamento creativo" verso il raggiungimento di quella "unione" fra l'uomo e la donna, che il peccato originale infranse. E se i coniugi troveranno un tale orientamento creativo, anche se è impossibile (a motivo della fragilità umana) raggiungere pienamente quella "unione", essi saranno i migliori e i più validi catechisti (termine che in questo caso trovo tuttavia poco adeguato) della nuova generazione (i figli). Chiudo questo mio scritto chiedendogli gentilmente, anche se caldamente, di scrivermi, fornendomi qualche indicazione. Se a Roma ci sono delle persone, impegnate nello spirito verso l'apostolato, che siano disposte ad accogliere senza pregiudizi quanto io potrei essere in grado di comunicare loro, io verrei lì, per incontrarle personalmente. Capisco benissimo che questa mia ricerca si sta movendo su una via non ordinaria, non regolare; ma, visto l'insuccesso nella via comune, mi sento costretto ad imboccare vie che senz'altro sembrano strane; ed anche questo è per me fonte di umiliazione e sofferenza. Ma, mi creda, mi creda almeno in questo: non so cose non tenterei pur di raggiungere le Volontà di Dio, che io ancora non so bene quale sia nei miei confronti. Io so solo che amo, amo nel mio piccolo, quel Gesù che ci ha redento a tanto prezzo! E voglio incontrarLo, per servirlo su questa terra; e Lo cerco, Lo cerco da anni, pur sentendoLo vicino nel mio cuore! La ringrazio per la bontà che ha avuto nel leggere queste mie parole; e La ringrazio in anticipo per la sua risposta che vorrà inviarmi, qualunque essa sia. Prego il Signore che sia Lui a suggerirle quello che dovrà dirmi. In attesa di un suo scritto, Le faccio pervenire i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Padre STANISLAO, 19-04-84 Verona, 19 aprile 1984 Al Segretario Personale di Sua Santità, Reverendo Padre STANISLAO 00120 - CITTA' DEL VATICANO Molto Rev.do P. Stanislao, Mi sento piuttosto imbarazzato nel rivolgermi a Lei con questo mio scritto; so che sto osando troppo. Ho da tanto tempo desiderato un dialogo con un Sacerdote (o anche fedele laico) molto "vicino", nel suo pensare e nel suo sentire, a Sua Santità Giovanni Paolo II; ma non ho mai trovato la strada. Giorni fa, il Rev.do don Luigi Fusina, Parroco della Parrocchia di S. Stefano, qui in Verona, dopo avergli io aperto il mio cuore confidandogli parte di quello che in questi anni è andato maturando nel mio spirito circa la Pastorale della Chiesa, mi ha gentilmente fornito il Suo nominativo, invitandomi (ed incoraggiandomi) con semplicità umana a scriverLe. Sono un uomo di 52 anni; ho moglie e due figli. Laureatomi in Fisica nel 1964, presso l'Università di Catania, ho insegnato per 19 anni materie scientifiche negli Istituti Tecnici Industriali. Da circa un mese ho conseguito la Laurea in Psicologia presso l'Università di Padova; adesso ho maturato la decisione di lasciare l'insegnamento per dedicarmi interamente al lavoro di Psicologo. Vorrei tanto, tanto, aprirLe il mio animo, e manifestarLe quanto c'è in esso, nella speranza che Lei, che è così "vicino" a Sua Santità Giovanni Paolo II, possa meglio capire il mio discorso. Esso si snoda proprio su quella stessa linea di Magistero e di Pastorale che il Santo Padre esprime in tutti i suoi discorsi; ma contiene anche dei contributi di ordine psicologico, di ordine filosofico, e di ordine culturale, che si staccano dalle comuni concezioni in materia. Tuttavia, io li vedo e li sento in perfetta armonia con il pensiero del Santo Padre (e con il Magistero complessivo della Santa Chiesa), quando questo venisse afferrato sino in fondo, con tutte le conseguenze umane e spirituali, avendo di mira il Messaggio Evangelico di Redenzione. Sin dal giorno della sua elezione a Sommo Pontefice, ho sentito nel mio intimo, in un modo tutto particolare, che Sua Santità Giovanni Paolo II (Carol Woitila) era stato scelto dalla Provvidenza di Dio per attuare un Disegno Divino profondo, "nuovo" rispetto alle molteplici linee sino ad ora seguite, e perciò poco comprensibile (inizialmente) in tutta la sua portata: ed Egli lo sta attuando, sta attuando "la Sua parte"; Dio provvederà per il dopo. Il suo Magistero e la sua Pastorale suscitano profonda risonanza dentro di me, ed anche quel senso di mistero che accompagna ogni Messaggio che viene da Dio, rivolto all'uomo. E piango di gioia, vicino a Gesù nel mio cuore, quando, sentendo o leggendo un discorso di Sua Santità, vivo dentro di me, misteriosamente, la consapevolezza che Egli sta porgendo all'uomo quel Messaggio di Redenzione e di Amore che viene dalla Predicazione, dalla Passione, e dalla Morte di Nostro Signore Gesù Cristo; e che lo porge lungo linee operative che io vedo molto consone alle necessità umane del presente momento storico. Ma piango anche di dolore, perché vorrei tanto essere "accanto a Lui", per battermi al Suo fianco, sentendomi tanto in assonanza con il Suo pensare, il Suo sentire, il Suo operare; vorrei essere al suo diretto servizio nella pastorale, ed invece non posso esserlo!! vorrei donare tutte le mie energie e risorse (anche se poche) che la Grazia di Dio ha fatto maturare in me, affinché questo Messaggio celeste che Sua Santità rivolge a tutti i fedeli della Chiesa (Sacerdoti, Religiosi, laici... a tutti, senza eccezione alcuna) possa "giungere al cuore" degli uomini. Il Matrimonio, e la Famiglia che da esso scaturisce, è uno di quei tesori più preziosi, per la cui "crescita cristiana" vorrei spendere me stesso; così come vorrei spendermi per far "germogliare", fra i Sacerdoti e fra i fedeli laici, "nuovi" apostoli, per un "nuovo" apostolato, ed aiutarli a crescere su questa "nuova" via, crescendo io con loro, con la Grazia del Signore. Ed è di questa "nuova via", radicalmente nuova, che si è andata concependo dentro di me nel corso dei miei anni, che io vorrei parlare con altri, che però mi possano comprendere prima di giudicarmi. Rev.do Padre Stanislao, La prego ora di una grandissima cortesia. Questo mio scritto, oltre a volere essere un tentativo di dialogo con Lei, accompagna un dono personale per il Santo Padre. Questo dono è ben piccola cosa; ma esso è frutto (anche se parziale e molto condensato) di sincero e serio lavoro di tanti anni: è una copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia. Essa Tesi non ha avuto il pieno riconoscimento della Commissione Accademica, come si può vedere dal certificato di Laurea accluso, poiché porta constatazioni ed indicazioni che si scostano, a volte notevolmente, da certe metodologie e da certe Teorie che sono molto in voga; ma io credo nella validità e nella importanza di questi risultati. La prego gentilmente di porgere a Sua Santità Giovanni Paolo II, a mio nome e come mio devoto omaggio filiale, tale copia della mia Tesi. Essa è accompagnata da un mio breve scritto, rivolto al Santo Padre, che spero tanto Sua Santità possa leggere personalmente, perché io possa avere almeno la gioia di sentirmi di aver potuto rivolgere a Lui la mia umile parola; e questo sarà per me motivo di sprono e di coraggio per andare avanti, sempre più verso il dono totale verso il Cristo Redentore, nonostante le opposizioni, le difficoltà, le sofferenze. La ringrazio di tutto cuore per ogni cosa. E, se Sua Santità si degnerà di benedire me e la mia famiglia, io mi sentirò molto, molto felice! e benedirò il Signore per questo altro dono che mi fa. Mi perdoni se il mio scritto in qualche parte si presenta non conforme alle regole in uso per queste comunicazioni epistolari: ho scritto con semplicità, e spontaneità, pur nel massimo rispetto per Lei, e nel sincero affetto filiale per Sua Santità. La prego quindi di farsi anche interprete, presso il Santo Padre, di queste mie scuse. Sperando di ricevere un suo scritto in risposta a questa mia, Le porgo i miei più cordiali saluti, ed un augurio fervido di buone festività Pasquali. (Firmato: Vittorio Noè) N 0 E' prof. Vittorio Via Montorio, 108 37131 - VERONA Tel. 045/976530 o______O______o S.S. GIOVANNI PAOLO II, 19-04-84 A SUA SANTITA' GIOVANNI PAOLO II Santo Padre, Non essendomi consentito di venire a Lei di persona, a mezzo di questo scritto vengo a prostrarmi ai Suoi piedi, per chiedere la Sua personale Benedizione, affinché Dio, che è Bontà e Misericordia, mi dia Luce e Forza per attuare quanto la sua Grazia, attraverso varie vie, a volte misteriose, mi significa di volere da me. Le presento umilmente in dono una copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia, conseguita il 16/3/84 presso l'Università di Padova. Essa è frutto, anche se parziale e modesto, dei miei studi psicologici, della mia esperienza professionale di docente, della mia esperienza umana. Chiedo a Sua Santità la Sua paterna Benedizione, affinché la mia nuova attività di Psicologo che sto per intraprendere possa essere guidata dalla Luce divina, e sostenuta ed irrorata dalla Grazia celeste, la quale soltanto può ridonare la salute, nel corpo e nello spirito, a chi disorientato si dibatte in sterili sofferenze, a motivo delle debolezze e delle con tradizioni umane. Umilmente e filialmente desidero esprimerLe anche alcuni dei sentimenti che nutro nel mio cuore. Sento, misteriosamente, che il Messaggio che Sua Santità rivolge a tutta la Chiesa è proprio dono prezioso di Dio agli uomini. Non si lasci arrestare dalla stanchezza, non si lasci abbattere dalla amarezza, per le difficoltà ed incomprensioni che esso può incontrare. Continui ad essere "fedele" alla "Sua" voce, alla voce cioè di Cristo Redentore, che accompagna quotidianamente il suo lavoro impareggiabile di Pastore unico della Chiesa; alla voce di Cristo Redentore che Sua Santità porta "dentro di Sé": è Lui il Maestro di Verità, e Sua Santità con Lui. Soltanto Lui sa dare il giusto significato ai molteplici contributi umani, o ai molteplici strumenti terreni, di cui il Magistero e la Pastorale della Chiesa necessariamente si avvalgono, perché convergano adeguatamente ed efficacemente verso l'edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa Universale. Quotidianamente offro al Signore le mie preghiere e le mie sofferenze (fisiche e spirituali), perché Egli guidi e sostenga Sua Santità nel suo faticoso e difficile lavoro, e perché lo Spirito Santo, che è sorgente di Vita, faccia giungere la sua parola sino al cuore degli uomini, rendendola fertile. Se queste mie preghiere e sofferenze saranno accompagnate dalla Benedizione che Sua Santità vorrà amorevolmente impartirmi, allora sono certo che il dono di me stesso, che io porgo umilmente e con amore al Signore, sarà a Lui più gradito; e potrà più efficacemente, unendosi al dono che Cristo Gesù fece di Se Stesso al Padre, ottenere Grazie celesti per l'apostolato svolto da Sua Santità. Mi inginocchio, perciò, chiedendo la Sua amorevole e paterna Benedizione, su di me e sui miei cari famigliari. (Firmato: Vittorio Noè) Pasqua di Resurrezione 1984 NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 37131 - VERONA Risposta: della Segreteria di Stato, 07-05-84. o______O______o Mons. Alfredo GARSIA, 18-05-84 Verona, 18 maggio 1984 A Sua Eccellenza il Vescovo Monsignor Alfredo GARSIA Palazzo Vescovile 93100 - CALTANISSETTA Eccellenza Reverendissima, Avrei desiderato poterLa incontrare di persona, ma la distanza geografica non me lo permette. L'averLa sentita per radio (intervista di Radio Telepace di Verona), mentre era a Roma, alla Conferenza Episcopale Italiana, verso l’8 maggio scorso, mi ha fatto rinascere il desiderio di scriverLe. Si ricorda ancora di Vittorio Noè, di Augusta (SR)? Lasciai il Seminario Arcivescovile di Siracusa (ultimato il secondo anno di Teologia) nel novembre del '55; ma non ho mai lasciato la mia vocazione interiore. Tralascio i particolari di questo lungo periodo intercorso, per non dilungarmi, sebbene sarebbero molto significativi per capire, meglio l'insieme di un discorso molto vasto che vorrei farLe. Sono sposato (purtroppo, non molto felicemente!); ho due figli, uno di 16 ed uno di 14 anni. Laureatomi in Fisica nel '64, ho insegnato negli I.T.I.S. per 19 anni. Nel settembre del 1983 ho dato le dimissioni dalla Scuola; nel marzo scorso, esattamente il giorno 16, mi sono laureato in Psicologia presso l’Università di Padova; e adesso intendo lavorare come Psicologo. Mi pare utile però precisare che l'indirizzo professionale che ho sviluppato è molto diverso da quello degli altri colleghi di questo ramo. Perché Le sto scrivendo? Non saprei definire chiaramente quale, fra i diversi motivi che mi hanno indotto a farlo, sia il più saliente. Da tanti anni porto dentro di me un progetto di apostolato nella Chiesa; progetto che è andato sempre meglio maturando, sia per l’esperienza di vita e sia per gli studi (in particolare quelli di Psicologia, ma anche di altri settori). Ho cercato di incontrarmi con persone che nella Chiesa svolgono una certa azione pastorale: non ho trovato comprensione verso le mie proposte! Ma queste nuove esperienze, considerando il modo in cui si sono sviluppate, non solo non mi hanno provato che il mio progetto fosse falso, ma mi hanno ancor più confermato l'importanza di portarlo avanti. Un evento determinante che si è aggiunto negli ultimi anni, e che ha creato in me nuovi stimoli, è stata l'elezione a Sommo Pontefice di Giovanni Paolo II (cioè, di Karol Woityla): io mi trovo proprio in piena assonanza con il suo Magistero e la sua Pastorale; e sento, come in modo misterioso, che la sua opera apostolica è particolarmente ispirata dallo Spirito Santo, per un particolare Disegno della Provvidenza sulla vita della Chiesa Universale. Ma avverto pure che i vari Ministri, che dovrebbero attuare, a livello delle singole diocesi, l'azione promozionale che scaturisce dal suo (del Papa) insegnamento e dal suo prodigarsi, sono orientati invece... altrove. Questo è uno dei nodi cruciali del mio progetto: io vedo che la pastorale concreta che si svolge nelle parrocchie, nelle diocesi, nei Seminari (per la formazione dei Sacerdoti), nei centri culturali di indirizzo cattolico, ecc... si muove, "in realtà", lungo direttive "diverse" da quelle che scaturirebbero dal Magistero pontificio; questi organismi si muovono lungo linee che, non solo non portano rinnovamento "reale" nella Chiesa, ma (quello che sento essere più grave) operano un soffocamento di ciò che può essere il nascere di "Nuovi Germogli", germogli vitali suscitati dallo Spirito Santo; e lasciano invece proliferare "falsi pietismi", "falsi modernismi", "false culture", "false concezioni dell'uomo". A livello di pastorale periferica, la Chiesa si dibatte (inconsapevolmente) in mezzo a tante "falsità"; falsità non solo a riguardo dell'essere umano, ma anche a riguardo la Fede Cristiana. E' vero che sono falsità in cui si è caduti, e si cade, "in buona fede" (cioè, non per stoltezza dei Pastori), ma è anche vero che tali falsità "impediscono" il germogliare, nel cuore degli uomini, del seme della Fede vera. Queste che ho dette, possono sembrare delle semplici parole; altri direbbero che sono delle accuse. Ed invece non sono, né vogliono essere, delle accuse; e neanche vogliono essere delle semplici parole. Quello che io desidero tanto, non è insegnare delle nuove teorie; non è denigrare l'operato di altri; non è scalzare altri dal loro lavoro per rimpiazzarli in altro modo. Io voglio "operare", "in prima persona"; voglio "donare alla Chiesa” (e non soltanto alla mia parrocchia o alla mia diocesi) quello che il Buon Dio ha fatto maturare in me in tutti questi anni. E voglio donarlo non con delle semplici conferenze, ma con un "Dialogo Continuato", fatto con chi volesse accogliere l'invito ad imboccare questa via nuova. Questa via nuova, che sono tentato di chiamare "NUOVO GERMOGLIO" (pensando all'affermazione di Gesù: Io sono la vite, voi siete i tralci...), non può essere descritta con semplici parole: ci vorrebbero dei volumi interi, per descriverla solo approssimativamente; e dico sul serio. Tante precisazioni, che apparentemente sarebbero di poco conto, in realtà hanno una importanza insospettata. E queste precisazioni, non solo non si possono mettere per iscritto, ma richiedono necessariamente la "PAROLA DIALOGATA"; richiedono l’ “esperienza concreta dell'incontro umano". Uno dei punti focali di questo "Nuovo Germoglio" è il "Nuovo Apostolo", per un "NUOVO APOSTOLATO". Si tratta quasi di una "rivoluzione copernicana", per indicare con questo termine il capovolgimento di certi presupposti nei confronti dell'essere umano, nei confronti del concepire la Fede, nei confronti del concepire il Messaggio di Nostro Signore, nei confronti del concepire la "vita della Chiesa; la "vita nella Chiesa", in quanto Corpo Mistico di Cristo. Per questo "Nuovo Apostolato", non è più sufficiente il Seminario; l'epicentro si sposta sulla "Famiglia"; e, nella famiglia, esso si incentra nel "Rapporto Coniugale" che sussiste fra l'uomo e la donna. Si deve giungere alla "radice dell'uomo", se si vuole umanizzare l'uomo; si deve contemporaneamente umanizzare, se lo si vuole far crescere nella Fede. E se il Sacerdote è maturato "distaccato dai processi umani", egli non potrà, oggi (dico nel mondo contemporaneo di oggi), essere "apostolo"; potrà solo dedicarsi al Ministero del Culto. Perciò: "apostolo" e "ministro del culto" non coincidono. Ci vorranno sempre dei ministri del Culto; ma oggi la Chiesa soffre per la mancanza di "apostoli". E’ proprio per la nascita e la formazione di questi "Nuovi Apostoli" che io vorrei spendere le mie energie e le mie risorse, anche se poche. Perché mi sto rivolgendo a Lei, che risiede così tanto lontano da Verona, dove io risiedo? Forse perché, scoraggiato dalle opposizioni che il mio tentativo ha sempre incontrato, spero di trovare in qualche altra parte un certo consenso, che mi permetta di capire meglio (che non un semplice rifiuto, garbato e gentile) se è il Signore che vuole che io intraprenda un tale lavoro, oppure se è una semplice mia fantasia. La mia vita di questi ultimi trenta anni è stata intessuta di difficoltà ed amarezze; ed in tutti questi anni ho sentito, e sento, (e lo dico con tutta la sincerità del mio cuore) che la Chiesa ha bisogno di una svolta del tipo di quella che io ho concepito: non solo lo confermano tutti i discorsi di Sua Santità Giovanni Paolo II, il Concilio Vaticano II, ma tale svolta così concepita trova le sue radici essenziali nel Messaggio del Nuovo Testamento. Non può quel Gesù che io tanto ho amato ed amo, e che cerco continuamente, aver messo nel mio cuore e nella mia mente dei Suoi Doni, perché poi restassero sterili dentro di me; al pensarli mi sento letteralmente "schiacciato", tanto li sento profondi e tanto li sento urgenti. E da ciò non mi distoglie neanche il fatto di constatare come il mio stato di salute non sia tanto florido. Le confido con tutta sincerità che da un po' di anni mi son dovuto imporre di non pensare tanto a tutto ciò, di non leggere ciò che riguardasse il Messaggio di Gesù, ciò che riguardasse il Magistero della Chiesa; perché il leggere di ciò, o l'ascoltare di ciò, mi suscita dentro un forte desiderio di "operare" di conseguenza, di "spendermi" per quella Parola di Vita che Gesù rivolge all'uomo, proprio perché lo ama e lo vuole redimere; ed il non potere operare come io vorrei, e come sento dentro di dover operare, mi fa sentire "in catene", con tanto dolore ed amarezza interiore! Avevo scritto (circa due mesi fa) una lettera a Mons. Caffarra, direttore del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per gli Studi sul Matrimonio e Famiglia; lettera in cui esprimevo questo mio desiderio forte di dar vita ad un nuovo apostolato per la Famiglia. E gli chiedevo di poter parlare (incontrandoli a Roma) ad un gruppo di persone che fossero sinceramente impegnate in questo problema, e che si muovessero in assonanza con lo spirito di Giovanni Paolo II. Ebbene: mi rispose con poche righe; invitandomi a rivolgermi alle varie istituzioni presenti a Verona, e lavorare con loro. Ma io in Verona ho già avuto diversi incontri con le persone che lavorano in questo settore; ed ho visto che la situazione è come nelle altre diocesi; cioè: non c'è nulla che possa accostarsi a ciò che io ho in animo di fare. Essendo radicalmente nuovo il mio progetto, esso non trova, né può trovare, accoglienza diretta nella pastorale periferica. Nella lettera a Mons. Caffarra io mi riferivo ai Centri di Roma, i quali in qualche modo sono preposti ai centri diocesani. In diocesi, il Vescovo può accogliere una "proposta nuova" che partisse da Roma; ma non una proposta "radicalmente nuova" che parta da un semplice fedele laico, un laico che per giunta nessuno conosce! Anche Mons. Caffarra deve avere avuto diffidenza verso la mia richiesta; e non ha creduto! Perché, se avesse creduto in quest'uomo che cercava di aprirgli il suo cuore, sebbene fra tanta sofferenza interiore, mi avrebbe risposto diversamente, invece di "chiudere" il mio tentativo di "dialogo". Quello che io vorrei fare non è una cosa che può restare circoscritta ad una diocesi: non avrebbe senso! E' bensì una iniziativa che riguarda l'azione missionaria della Chiesa "alla radice"; riguarda la concezione e la prassi della pastorale che ha come meta l'evangelizzazione reale (dico "reale") di esseri umani reali, quelli a cui realmente ci si rivolge; e questa è una questione che riguarda l'intera e complessiva attività della Chiesa. Io non ho soldi; non mi bastano neanche per il necessario; e questo è un altro nodo dolente, molto dolente. Fra l'altro, devo far fronte ad un grosso debito, e percepisco una pensione che è circa i due terzi dello stipendio che percepivo quando ero in servizio nella Scuola. Ma confido nella Grazia del Signore; l'unica speranza che mi sostiene (su questo aspetto economico della mia situazione) è la promessa di Gesù: "l'operaio è degno della sua mercede". Lui provvederà; e sono certo che provvederà! Gli sto volendo dire anche questo per significarLe che, se avessi il denaro necessario, andrei più volte a Roma, a bussare alle diverse porte possibili; andrei a Torino, da S.Em. il Card. Ballestrero, di cui ho sentito brevi parole (a Radiotelepace) sulla necessità di nuovi missionari, da inventare addirittura, parlando alla Conferenza Episcopale Italiana recentemente tenutasi a Roma. Ma siamo sempre lì: tutte queste persone non mi conoscono! Non mi conoscono nel mio passato e neanche nel mio presente; per cui in primo piano c'è il sorgere di una diffidenza verso quest'uomo sconosciuto, verso quest'uomo che per di più non vive entro un rapporto matrimoniale sereno, verso quest’uomo che porta dentro di se grossi dolori! Se io chiedo di spendere le mie risorse ed il mio tempo per questo progetto di un "Nuovo Apostolato", ponendo persino in secondo ordine la attività di Psicologo privata (che tuttavia spero di poter cominciare ad esercitare presto, avendo bisogno di guadagnare qualcosa), non chiedo di essere pagato come professionista, ma cercherei solo il necessario per il mio sostentamento. Ma questo è un problema molto secondario. Riconosco che questo mio modo di cercare è fuori dell'ordinario, e non ha quelle etichette che secondo i criteri di questo mondo ispirano fiducia e stima. Eppure, mi creda, nel mio piccolo, nella mia sofferenza, ho fiducia nel mio Buon Gesù: una fiducia sofferta, una fiducia insieme dolce e bagnata di lacrime, una fiducia filiale e vacillante insieme. Sento tanto la mia debolezza umana, la mia pesantezza e tante mie incapacità; ma sento anche tanto l'amore per Cristo Gesù, e l'amore per il nostro Papa, il quale si sta donando in modo meraviglioso a quel ministero apostolico cui Gesù lo ha chiamato. Mi consola interiormente il sentire quanto sta facendo il Santo Padre. E mi consola perché corrisponde a quello che nel piccolo vorrei fare io: solo che Lui lo fa molto meglio di me, e ne sono felicissimo! Per questo dico a Nostro Signore: "Se Tu vuoi che sia il Papa ad operare anche per me, ed io a soffrire anche per Lui, eccomi, o Signore; sono tuo! Prendimi come Tu vuoi; ho fiducia in Te! Tu sai quello che fa bene a noi, quello di cui ciascuno di noi ha bisogno: Ti prego solo di usarci tutta la Tua Misericordia! Eccellenza mons. Garsia, mi perdoni se l'ho trattenuta a lungo ad ascoltare le mie parole e le mie confidenze interiori. Lei, rispetto a tutti gli altri cui mi sono rivolto sino adesso, conosce un po' del mio passato, conosce in parte l'inizio di questa mia Vocazione; mi spiace che non conosce il mio passato più recente, ed il presente. Le chiedo solo uno scritto, per quello che Lei avrà recepito dalla mia lettera: mi risponda come il suo cuore Le detterà, come il Buon Dio le suggerirà. Oso chiederLe una gentilezza: di indicarmi, se può, qualche persona, che lavora a Roma o altrove, che sia Sacerdote o laico, ma che sia particolarmente interessata ad iniziative di rinnovamento e di rifioritura nella Chiesa, con progetti radicalmente nuovi, ed in assonanza con il nostro attuale Sommo Pontefice. Io sono certo, sono certissimo, che questo seme che il Buon Dio ha seminato nel mio cuore, questo seme lo ha seminato anche in altri; e vorrei incontrarmi proprio con questi altri: ci si capirebbe meglio, e meglio si potrebbe dare inizio ad un lavoro concreto che fosse fertile per quella stessa Grazia che Gesù Cristo ci ha elargito nel fomentare nei cuori il desiderio di questo "Nuovo Apostolato". In tutta la mia vita, dopo uscito dal Seminario, non ho avuto mai la fortuna di incontrarmi con un Sacerdote che fosse per me come un aiuto nel mio cammino spirituale: son dovuto andare avanti sempre da solo! Io e il mio Dio; nella preghiera, e nella sofferenza! Egli solo ha saputo parlarmi nella preghiera e nella sofferenza, ed attraverso gli eventi della vita umana. Ma, quanto io ho saputo interpretare della Sua Parola?... E quanto non ho saputo interpretare?... Dio mi perdoni gli sbandamenti, le titubanze, il mio dubitare della Sua Parola, la mia fiacchezza e la mia incapacità umana!! Adesso smetto di scrivere, anche se nel mio cuore sono tante le cose che ancora premono per uscire. Le ho aperto un po' del mio animo, scrivendo come spontaneamente mi veniva; e, così come è scaturito, lo sto ricopiando a macchina, perché sia più leggibile. La saluto cordialmente nel Signore, raccomandandomi alle sue preghiere, e sperando in una sua lettera. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 int. 38 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. Francisco J. COX Huneuus, 25-05-84 Verona, 25 maggio 1984 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Francisco J. COX Huneuus Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia 00120 - CITTA' DEL VATICANO Eccellenza Reverendissima, Il 2 maggio scorso ero venuto all'appuntamento che lei mi aveva fissato, al Pontificio Consiglio per la Famiglia. Mi è spiaciuto che Lei quella mattina era stato però trattenuto da altri impegni, e così non ho avuto l'opportunità di parlarLe. Ho potuto però avere un breve colloquio con il Rev. P. Pierre Primeau, e poi con la Sig.ra Margherita Galichon. Come d'accordo con la stessa Sig.ra Galichon, Le sto scrivendo nel tentativo di farLe giungere un primo sguardo indicativo di quel discorso più allargato che io vorrei svolgere con Lei; un discorso che riguarda la Pastorale della Chiesa, ed in particolare la Pastorale Famigliare. In queste settimane intercorse dal 2 maggio ad oggi, ho voluto provvedere a far fare qualche altra copia della mia Tesi di laurea in Psicologia; laurea che ho conseguita presso l'Università di Padova il 16 marzo u.s. Mi è possibile così adesso inviarLe, assieme a questa mia lettera, una copia di tale Tesi: anche se si tratta di una stesura estremamente condensata, spero che da essa si possano intravedere alcune delle linee del mio pensiero intorno a certe tematiche. Lo sviluppo di queste tematiche apparentemente sembra non interessare la crescita spirituale dell'uomo; ma, ad una lettura più attenta, emergono certi risvolti e certe implicazioni, le quali coinvolgono il problema di una educazione alla Fede cristiana. La mia età è di 52 anni. Ho insegnato, con la laurea in Fisica, conseguita presso l'Università di Catania nel 1964, negli Ist. Tecn. Industriali per 19 anni. Dal settembre scorso, ho dato le dimissioni dalla Scuola, per orientarmi verso l'attività di Psicologo. Ma, più che in campo laico, vorrei mettere nella Pastorale della Chiesa quello che attraverso gli studi, l'esperienza didattica, l'esperienza di vita e la maturazione nella Fede, è andato costruendosi in me con la Grazia del Signore. Non mi è affatto facile far intendere per iscritto ciò che voglio dire con questo "mettere nella Pastorale della Chiesa": mi ci provo ad esprimerlo. Da tanti anni sono andato sempre di più sperimentando che, in una grande maggioranza di casi, l'evangelizzazione dei laici e la formazione dei Sacerdoti (nei Seminari) è estremamente "mutilata": sia nell'una che nell'altra, manca quella componente umana che permette il "Dialogo realmente umano" fra le persone interessate, riducendosi così quei processi (evangelizzazione e formazione sacerdotale) ad un puro "Indottrinamento", cui si associa una certa forma di "pietà liturgica". Il Magistero della Chiesa, particolarmente il nostro attuale Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, portando avanti i contenuti emersi dal Concilio Vaticano II, sta cercando di attuare quella "Pastorale Umana", nell'ambito della quale il mio progetto vuole calarsi. Esso progetto mira ad una pastorale che, superando la tecnica dell’ “insegnamento", pur veicolando l'insegnamento stesso nel suo contenuto vero e reale, si proietta però verso l’ “incontro con l'uomo", verso il "dialogo con l'Altro", attraverso un atteggiamento di amore, che traduce nell'umano quell'Amore con cui Gesù Cristo ci ha amati sino ad accettare la Sua Crocifissione. Questo mio discorso non vuole essere affatto una critica denigratoria; esso è suggerito e sorretto, mi creda, dall'amore che ho verso il mio Dio, il nostro Dio; dall'amore che nutro verso la Chiesa, la nostra Chiesa, che è il Corpo di Cristo, e di cui Egli è il Capo; dall'amore che nutro verso i miei fratelli nella Fede, e verso coloro che svolgono attività di evangelizzazione; dall'amore che nutro verso coloro che soffrono nello spirito, e che non trovano nessuno che li "sappia aiutare", e guidare verso il recupero della propria umanità in Cristo. Ecco perché ho usato le parole "mettere nella Chiesa" quello che il Buon Gesù ha fatto maturare, attraverso tante sofferenze, nell'animo mio: volere appunto "donare" questi stessi tesori ad altri, a coloro cui specificatamente essi possono riferirsi. Non può Dio aver coltivato delle Grazie celesti in un essere umano, se non perché queste potessero poi portare frutto di vita per tutta la Sua Chiesa. Quello che io sento di potere donare, non riguarda direttamente le singole attività pastorali a livello parrocchiale, ma riguarda in particolare la formazione di "Nuovi Apostoli", per un "NUOVO APOSTOLATO"; perché in seno alla Chiesa si generino "NUOVI GERMOGLI" di vita, che prendano l'essere umano alla sua radice, dal profondo del suo cuore, perché sia redento dalla Parola di Gesù. Portare la Parola di Gesù attraverso la propria (cioè, quella dell’ “apostolo") umanità non è la stessa cosa che tradurla mediante insegnamenti dottrinali. Per la formazione di questi "Nuovi Apostoli", come io li concepisco, non è più sufficiente il Seminario; essi possono germogliare soltanto "in seno alla propria famiglia"; e la loro formazione, anche se successivamente si avvale di studi teologici e di altri studi a questi collaterali, necessita di quella "dialettica umana" che parte dal "sistema famigliare". Per questo, i coniugi di una tale famiglia devono aver maturato una conoscenza ed una vivezza del Messaggio di Cristo, che si differenzia notevolmente da quella forma di maturazione di Fede che oggi (cioè, nella pastorale di oggi) viene proposta alla famiglia ed agli Sposi. La questione, come io la pongo, non è posta in termini di mancato raggiungimento di una meta, perché essa è molto elevata; bensì in termini di fertilità o sterilità dell'orientamento scelto. Si tratta, perciò, di una proposta (quella mia) che invita ad un orientamento diverso da intraprendere, direi "radicalmente diverso". Questi "Nuovi Apostoli", poi, non necessariamente si caleranno nell'ambito del ministero sacerdotale; potranno, con prospettive egualmente efficaci per l’apostolato di evangelizzazione, incanalarsi verso il ministero coniugale, generando nuove famiglie aperte verso un "nuovo volto" della Fede Cristiana. Questa "nuova fisionomia", che un tale vivere la Fede propostaci da Gesù presenta, non ha dei modelli in qualche modo rintracciabili nel presente o nel passato; così come non ha dei modelli cui si possa fare riferimento questo "Nuovo Apostolato". Solo l'esperienza concreta, di un lavoro iniziato ed esplicato in tal senso, può fornire una prima immagine, approssimativa, molto approssimativa. Essa immagine, inoltre, potrà essere desunta, non tanto dai contenuti di pensiero che potranno intervenire in tale lavoro, quanto piuttosto dalle "trasformazioni interiori" che potranno nascere in chi si accinge, con sincerità di cuore, verso questo cammino nuovo; trasformazioni che si estendono "contemporaneamente" sull'attuarsi della natura umana del soggetto e sullo svilupparsi della sua Fede verso un Dio, il quale è presente in mezzo a noi come un Padre amoroso. Questa proposta, che io mi permetto di portare all'attenzione di Sua Eccellenza, si capisce subito che invita, non ad un dialogo semplicemente intellettuale, ma ad un dialogo tutto particolare; e tale invito non può circoscriversi ad una singola diocesi, ma si estende allo stesso sistema missionario della Chiesa. Quindi è una proposta che vuole raggiungere i fratelli in Cristo, al di là di ogni limitazione territoriale, diocesana e nazionale. Voglio accennare ad uno dei punti importanti di questo nuovo orientamento, anche se temo di essere frainteso: certe affermazioni infatti, se prese a freddo, possono sembrare inverosimili, esagerate e assurde. Questo primo punto riguarda il "crescere" dell'uomo in umanità, cioè "in quanto uomo". Sono molte le filosofie che circolano nel mondo della cultura umanistica, specialmente nella cultura contemporanea; e sono pure diversi gli indirizzi ideologici che si sono sviluppati in merito alla Dottrina della Chiesa, sia sul piano teologico, sia sul piano filosofico, e sia sul piano sociale. Ebbene. Un primo lavoro vuole essere quello di mettere a nudo certe "falsità" (e sono tante!) di cui la pastorale comune della Chiesa, specialmente a livello periferico, si è inevitabilmente intrisa. Falsità che utilizza come delle "verità"; falsità che impediscono alla Parola di Dio di "manifestarsi", e di "operare" realmente nel cuore umano. Esse riguardano sia la concezione sull'uomo, sulla sua crescita, sulle sue istanze in quanto uomo; sia la concezione di ciò che viene racchiuso dal termine generico di "sociale", la concezione dell'articolazione delle questioni e dei problemi (cosiddetti) sociali, il rapporto stesso uomo-società; sia ancora la concezione dell’ “amore", quello puramente umano e quello cristiano; sia infine la stessa concezione del Messaggio Evangelico, dell'azione pastorale della Chiesa, della Vita della Chiesa, in quanto "Corpo Mistico (vivente) di Cristo". Eccellenza, non pensi che io abbia la pretesa di avere scoperto chissà quali verità! No! Le mie parole potrebbero ingenerare questa impressione; ma il mio impegno è invece quello di "dar vita" a certe indicazioni, nella cui verità io credo per un duplice motivo: 1) Sono indicazioni che provengono dal Magistero della Chiesa, in particolare dal Magistero dell'attuale Sommo Pontefice, il quale esprime anche il contenuto del Concilio Vaticano II; sono indicazioni che provengono dagli scritti degli Apostoli; sono indicazioni che provengono dai Vangeli, i quali riferiscono i principali insegnamenti di Gesù. 2) Sono indicazioni scaturite anche dalla mia esperienza di vita, e di studio sulle questioni attinenti l'uomo, il suo manifestarsi, il suo esprimersi concreto; studio che ha visto intrecciarsi continuamente le problematiche umane con le problematiche della Fede che chiede di essere "vissuta", perché si possa giungere a quella "unitarietà" dell'uomo redento da Cristo Gesù. Un secondo lavoro, che pure dovrà essere svolto in modo collaterale al primo, e non in successione, vuole essere quello di "promuovere una crescita" dell'essere umano "nel contesto vitale di quella Redenzione" che Cristo ha operato, e che ha operato in modo efficace per la stessa "natura umana". Ogni crescita umana si diversifica da un'altra per il "contesto vitale" in cui essa crescita viene ad articolarsi e viene a finalizzarsi; non si può concepire come umanamente accettabile un dualismo che prevede la crescita "umana" da un lato, e la crescita "nella Fede" da un altro lato, per poi avere il loro "sommarsi" nello stesso individuo. Crescere come "uomo nel contesto della Fede", e crescere come "uomo fuori da tale contesto", sono due "forme di crescita umana" diverse tra loro; la diversità non consiste tanto nel fatto che il primo porti una Fede che l'altro non porta, bensì nel diverso "realizzarsi stesso come essere umano". E' come dire che "la Fede si incarna" nell'essere umano, compartecipando con i principi vitali stessi, con i principi vitali di questo essere che è "creatura di Dio"; e vi compartecipa nel suo attuarsi come uomo giorno dopo giorno, generando l’ “Uomo Nuovo" di cui parla San Paolo. Questo lavoro, preso nel suo insieme, non avrebbe però alcun senso, né porterebbe alcun frutto di Redenzione, se non fosse imperniato totalmente sull’ “Amore": accogliere l'amore che Cristo ci porge, riversare l'amore di Cristo nei fratelli, sollecitare e ricevere il loro amore. Più che con i suoi insegnamenti, Gesù Cristo ci ha redenti con il Suo Amore. Un tale amore è "unificante", "genera l'unione" delle molteplici membra che formano il Corpo di Cristo che è la Chiesa Universale; universale nell'estensione geografica e nell'estensione temporale. Nel progetto divino della Redenzione, ogni ricerca della "Verità" è vana se dissociata dall’ “Amore". Ma l'amore. in quanto termine vitale umano, immagine temporale dell'Amore divino, è legato allo stesso "crescere" dell'essere umano, ed al suo "rapportarsi"; e di questo crescere e rapportarsi segue le vicissitudini e la dialettica. Il nuovo orientamento che la mia proposta vuole indicare implica perciò anche un "Nuovo Modo di Amare"; e quindi anche un nuovo modo di amarsi dei Coniugi. Un modo di amarsi dove l'astratto ed il concreto si sposano insieme; dove l'intelletto ed i sentimenti "co-operano" tra di loro, per gestire e promuovere la crescita dell'unica stessa persona; dove la persona non è "divisa" fra parte razionale e parte emotiva. Il "cooperare" qui vuole esprimere, non l'operare di entrambi, bensì il "legarsi" dell'operare dell'uno (intelletto) con l'operare dell'altro (sentimento). L' "Amore" divino è "unico". Ma l'amore che l'essere umano sviluppa, nella sua contingenza, può assumere le forme più disparate. A tutte, nel proprio contesto umano di ciascuna persona, può essere correttamente attribuita la coniugazione del verbo "amare"; ma non tutte sono egualmente idonee, ed egualmente efficaci, per l'attuazione in noi dell'opera di Redenzione. Quindi, non ai tratta soltanto dell' "amare o non-amare", ma anche (e principalmente) del "come" amare; si tratta di "quale stile" umano di amare occorre perseguire, perché ci si possa aprire all'Amore divino, verso il Messaggio Evangelico che Gesù ci porge giorno dopo giorno; e perché si possa consentire all'altro, che è soggetto-oggetto del nostro amore, questo stesso aprirsi. Mi perdoni, Eccellenza, il mio lungo scritto. Ho voluto aprirLe uno spiraglio del mio animo, pensieri e sentimenti; e ciò, perché lei potesse cogliere un primo schizzo di quest'uomo, il quale ha tanto sofferto e soffre. Ma quest'uomo vuole spendere le energie che gli rimangono per donare quello che ha alla Chiesa, che egli ama tanto. Sono anni che cerco di capire quale sia la Volontà di Dio nei miei confronti, nel senso di un mio attuarmi nella dimensione umana e di Fede insieme. I molti ostacoli che ho incontrato ed incontro, sia da parte di laici che di Sacerdoti, sono sì ascrivibili alla debolezza e limitatezza umane; ma mi pare siano stati anche espressione concreta di una lotta del "maligno", contro il mio proposito di portarmi (e di portare altri) verso una Fede "che si fa realmente ed umanamente vita". Il punto in cui satana, col permesso di Dio, mi ha colpito di più è stato il mio rapporto matrimoniale: in seno ad esso ha costruito "falsità" sul mio conto, ha suscitato "incredulità e diffidenza" nei miei confronti, ha creato "fraintendimenti” verso le mie parole e verso il mio operato, falsificando la realtà dei fatti umani che si succedevano. Sposato da 19 anni, mai, dico "mai", mia moglie ed io siamo giunti ad una intesa umana che potesse chiamarsi tale, anche approssimativamente. E mi sono spesso chiesto cosa il Signore avesse in progetto per me, per noi due (mia moglie ed io), o per noi quattro (tenuto conto, dei nostri due figli, di 16 e 14 anni). A questo interrogativo non ho mai saputo dare una risposta. Ma ho sentito sempre, dentro di me, che il Signore mi ama; mi ama in queste mie sofferenze; mi ama in questo mio sforzo di essere "veicolo" per le Grazie che Egli volesse far giungere ad altri della Sua Chiesa; mi ama nella mia pochezza e debolezza; mi ama quando stende il Suo Perdono sulle mie miserie; mi ama quando mi sorregge nel mio dubitare della Sua Parola. E come potevo, come posso, io non rispondere a così tanto amore, a tanto prezzo della Croce con cui Egli ci ha riscattati? Così, sono andato avanti da solo! Con Lui! Fra tante incomprensioni e sofferenze morali, senza contare le sofferenze fisiche; incomprensioni ed isolamenti morali poco giustificabili e difficilmente spiegabili, ad un livello puramente umano. Avevo scritto alcuni mesi fa, esattamente il 17 marzo u.s., a Mons. Carlo Caffarra, quale Direttore del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per gli Studi sul Matrimonio e Famiglia. Gli esponevo brevemente questo mio forte desiderio di "operare", in prima persona, nella Chiesa, per una svolta nella Pastorale della Famiglia. Gli chiedevo poi di potermi incontrare con un gruppo di persone, in assonanza con il Magistero apostolico che sta svolgendo il nostro attuale Sommo Pontefice, ed interiormente disposte a "cogliere elementi nuovi", con le quali persone affrontare, in un primo dialogo, questa mia proposta. Nella sua risposta, Mons. Caffarra mi invitava invece a riferirmi agli organismi già presenti in Verona: si vede che io non ero riuscito a far capire il mio intento. Io mi sono già incontrato, qui in Verona ed altrove, con persone che lavorano nella pastorale della Chiesa, ma non ho mai trovato possibilità di dialogo: probabilmente perché il mio discorso va molto alla radice. Mi rivolgo adesso a Lei, Eccellenza, con lo stesso desiderio: quello di incontrarmi, oltre che con Lei, con un gruppo di persone, Sacerdoti e laici, con esperienze di vita e di pastorale diverse, diverse per cultura, diverse per l'attività che svolgono. E con tali persone aprire un dialogo, che possa mettere gradualmente in luce la mia proposta: come se insieme ricercassimo una "verità contingente più efficace" di quelle attualmente seguite, più "aperte verso la Verità" che è Cristo Gesù. Da ciò che tale incontro può suscitare nell'animo, aperto all'ascolto "interiore", di costoro ai quali io mi apro, possono rivelarsi dei segni di ciò che Dio chiede, a me ed a loro. Nella sincerità di cuore di ognuno, la diversità di maturazione umana e cristiana, e la diversa esperienza di vita che ciascuno porta, daranno luogo a "risonanze diverse"; fra queste, se il Signore lo vorrà, sarà possibile "cogliere" delle indicazioni particolari, o dei "germogli nuovi". In seno a questo gruppo, è possibile che vi si ritrovino alcuni nei quali il mio discorso, ed il mio comunicare me stesso a loro, ha suscitato un particolare bisogno di continuare il dialogo. Forse questi hanno intravisto, nei contenuti e nella modalità di un tale comunicarsi, certi spunti, cui la loro vocazione al donarsi per i bisogni del Corpo Mistico di Cristo si scopre adesso particolarmente agganciata; forse è stato risvegliato in loro quel bisogno interiore remoto di vivere la loro Fede in un modo diverso e nuovo; bisogno prima rintuzzato, per non aver incontrato quel partner nella Fede che consentisse il dialogarsi del bisogno stesso, affinché questo si trasformasse in nuova fonte di energia spirituale, per se e per la Chiesa. Per costoro, il dialogo da me proposto potrà continuare in Incontri successivi, secondo i loro desideri che traducono reali bisogni psicologici e spirituali. Mentre gli altri. che non si ritrovano in questa mia proposta, liberamente e giustamente continueranno sulla strada di quel tipo di apostolato che stanno già percorrendo. A ciascuno Dio ha affidato un compito, che in qualche modo è diverso da quello affidato ad altri; ma tutti sono ugualmente preziosi agli occhi di Dio, e tutti contribuiscono efficacemente all'edificazione della Sua Chiesa. Se le competenti Autorità della Chiesa non troveranno che tale incontro possa essere stato di nocumento alla Fede di qualcuno, ma vi ravviseranno anzi la possibilità che esso possa far nascere nuovo fermento vitale per il bene delle anime, esso incontro potrà essere partecipato, in un tempo successivo, ad altri gruppi, anche di altre città. Per coloro, cui il discorso avrà significato interiormente una particolare chiamata, come prima ho detto, potrà prevedersi in seguito un Incontro che li riunisca insieme nella provenienza dai vari gruppi. Le mie risorse, dal punto di vista finanziario, sono molto scarse, e vivo anzi in ristrettezze economiche, per poter far fronte alle spese che tale lavoro mi comporterà; ma sono certo che, se esso sarà voluto da Dio, Egli stesso saprà fare giungere il necessario anche per questa esigenza, cui io non saprei come ovviare. Riconosco che questo mio desiderio interiore va oltre alle mie capacità, non solo finanziarie, ma anche umane. Le risorse umane della mia persona non hanno nulla di eccellente o di abbondante; anzi sento in me più le limitatezze, le debolezze, la pochezza delle mie forze, la pochezza del mio sapere, che non le capacità culturali e fattive per operare in tal senso. L'unica cosa che posso dire di avere in me è questo forte e costante desiderio di donare tutto quello che ho, e sono, a Colui che amo, a Cristo Gesù; affinché la sua Redenzione si estenda in larghezza e profondità. Ma, per il come realizzare "questo dono d'amore"... confido solamente nel Suo aiuto: Egli solo potrà supplire al molto che manca in me. Come vorrei incontrare una persona che capisse il mio dramma spirituale! Per far sì che nulla vada perso del Tesoro che Dio porge continuamente agli uomini! Eccellenza, se vorrà prendere in considerazione questo mio scritto, io le sarò molto grato. Come prego il Signore che sia Lui a guidare i miei passi, così Lo prego che sia lui a suggerire a Sua Eccellenza la risposta che vorrà inviarmi. La ringrazio sin d'ora di cuore, e Le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Salvatore GOZZO, 29-05-84 Verona, 29 maggio 1984 Al Reverendo Monsignore Mons. Salvatore GOZZO Vicario Generale Curia Vescovile 96100 - SIRACUSA Rev.do Mons. Gozzo, Mi spiace doverla disturbare, sottraendo tempo al suo lavoro ed ai suoi impegni; ma le necessità in cui son venuto a trovarmi mi costringono a rivolgermi ad una persona che mi ha conosciuto come Seminarista e Chierico, e che io sento ancora persona amica. Il mio rapporto matrimoniale continua ad essere... un assurdo! Nell’ ‘81 eravamo tornati a stare insieme, dopo due anni di separazione coniugale; ma senza un chiarimento reale delle nostre questioni. Nell'ottobre scorso... di nuovo separazione! ho dovuto così allontanarmi ancora una volta dalla mia famiglia, che continua a vivere a Padova; e mi sono trovato un alloggio a Verona, dove vivo da solo. C'è da dire anche che nel settembre scorso ho dovuto lasciare il mio lavoro di insegnante: le forze, fisiche e morali, sono andate sempre più scemando, da non farcela più a svolgere la attività di insegnante; nel frattempo mi son dato da fare con molto impegno per completare la mia Tesi di laurea; e così, con la Grazia del Signore, finalmente, dopo tanti anni che l'ho desiderato, mi sono laureato in Psicologia il 16 marzo scorso, all'Università di Padova. Il mio progetto è adesso quello di lavorare come Psicologo, aprendo uno Studio privato, nello stesso miniappartamento dove abito. Questa carriera è molto difficile ad iniziarsi, specialmente in una città dove nessuno mi conosce; così in questo periodo mi trovo aggiunta, alle sofferenze morali, anche la ristrettezza economica, molta ristrettezza. Passo adesso al motivo principale per cui le sto scrivendo. E' da anni che avevo maturato l'idea, accompagnata da un forte desiderio, di mettere a frutto, per il bene delle anime, quello che attraverso gli studi e l'esperienza umana è maturato in me. In altre parole: oltre che darmi da fare per lavorare come Psicologo nel mio Studio privato, vorrei esplicare una particolare attività di apostolato nell'ambito della Evangelizzazione; sia a livello pastorale, sia a livello culturale. Questa iniziativa che voglio attuare è tutta "nuova". Sta proprio qui il punto in cui vengo a scontrarmi contro un "muro”; un muro fatto di diffidenza, di critica, che ha il solo scopo di svalorizzare le mie proposte, respingendole prima ancora che mi si dia la possibilità di farle conoscere nel concreto. Sarà il solito pregiudizio verso chi è "estraneo" all'ambiente; e sarà anche il fatto che la mia proposta è in buona parte molto radicale, in quanto mira ad un "Nuovo Apostolato", che differisce sostanzialmente dalla pastorale comunemente attuata nelle parrocchie, e nelle istituzioni laiche ad indirizzo cattolico. Non ho trovato nessuno, fra i Sacerdoti, e fra i laici impegnati in attività pastorali, con il quale sia stato possibile aprire un dialogo, con sincerità di cuore, su questo mio progetto, nella ricerca di ciò che potrebbe aiutare l'opera di Redenzione che la Chiesa si impegna ad attuare. Mi perdoni, se le dico che spesso mi viene da pensare che l'ostacolo più grosso, che impedisce alla Chiesa un suo reale rinnovamento apostolico, sta proprio nel Clero; e sta anche in quei laici che si dicono "praticanti", e che fanno "schiera" attorno a Sacerdoti che occupano un posto di dirigenza. Naturalmente, non mi riferisco a tutto il Clero; ma alla maggioranza di esso, grande maggioranza. Circa due anni fa (nella prima decade del dicembre '82), mi trovavo ancora a Padova, provai a parlare di questo mio progetto al Vescovo di Padova (Mons. Filippo FRANCESCHI); ma dovetti limitarmi al solo primo colloquio, e per di più quasi interrotto: per un atteggiamento di chiusura verso di me che avevo incontrato in lui. Adesso vorrei provare a parlarne con il Vescovo di Verona (Mons. Giuseppe AMARI); e poi anche con altri Vescovi delle diocesi vicine. Ma vedo che il fatto di "non essere conosciuto da nessuno qui", é come essere uno sconosciuto "di cui non ci si deve fidare"! Perciò, un altro motivo per cui mi sono permesso di scriverle, oltre al desiderio di comunicare con lei che mi conosce e che sento "amico", è quello di chiederle se posso avere rilasciato dal Rettore del Seminario di Siracusa un attestato, o un documento simile, dal quale risulti che io ho vissuto otto anni in Seminario, essendo entrato all'età di 15 anni, nell'ottobre del 1947, e compiendo gli studi sino al 2° anno di Teologia compreso; e che ho assimilato buona parte di quella che è la formazione sacerdotale. Dai registri del Rettore dovrebbe pure risultare se io ho vissuto in Seminario una vita degna o indegna del Sacerdozio; se sono stato dimesso per delle colpe o demeriti, o se invece ho lasciato io spontaneamente, cioè di mia iniziativa, nella ricerca sincera della mia strada vocazionale; se il profitto negli studi è stato buono oppure no; se la formazione spirituale maturata era discreta o era da biasimare. Tale attestato, insomma, dovrebbe in qualche modo fornire, a chi non mi conosce, una certa indicazione sul mio passato. Se l'altra persona, con la quale io cerco il dialogo, non fidandosi delle mie semplici parole, non crede al fatto che sia stato in Seminario, dove ho vissuto con impegno la mia Vocazione sino alle soglie del Sacerdozio -Vocazione che tuttora vivo dentro di me, e che voglio esplicare anche da laico, -- questa persona mi giudica un "falso"; e giudica inoltre "stramberie" le mie proposte di un "nuovo indirizzo" nella pastorale della Chiesa, nella formazione dei Sacerdoti, nella concezione dell'uomo, nella evangelizzazione della Famiglia. E perciò non accetta neanche il dialogo: e così io cozzo continuamente contro il muro della "Incredulità", e del "Rifiuto". Le voglio confidare una cosa (che non ho mai detto a nessuno, sino ad ora), con tutta quella sincerità con cui le confidavo la mia vita interiore, quando lei era Padre Spirituale in Seminario. Verso l'inverno '72 - primavera '73, mia moglie, mentre si parlava insieme, mi disse, quasi di punto in bianco, queste parole: ""Io ti tengo in pugno, perché ho fatto le cose in modo tale che a me credano ed a te no!"" Io non ebbi la forza interna di risponderle; ho come assorbito la mazzata che mi sconvolse; e l'ho portata sempre dentro di me, come una grossa ferita nel mio cuore. In realtà, tutto si è andato succedendo sempre in questo modo, specialmente nel nostro rapporto matrimoniale! Sono stato attorniato da una "strana incredulità" nei miei confronti! Anni dopo, volli farne cenno a mia moglie, di questa frase, che mi aveva quella volta detta; ma essa negò ogni cosa. Ovviamente, io non avevo alcuna possibilità di chiarire la questione. Inoltre, poi, non sono mai riuscito a capire se mia moglie fosse stata cosciente, in quel momento, di quello che mi diceva; o se invece era stato satana, che in quel momento si era servito della sua bocca, per dichiararmi apertamente la guerra che mi aveva fatto, e che continuava a farmi. In questo caso, per quanto riguarda il rapporto coniugale fra mia moglie e me, saremmo entrambi vittime di questa guerra diabolica! Essa ci sta distruggendo nello spirito (me per un verso, mia moglie per un altro verso); mi creda! E' inutile che aggiunga che non mi sono mai stancato di pregare nostro Signore Gesù Cristo, ché non permetta che satana ci faccia tanto male! Ma che, se tutte queste sofferenze, le mie e quelle di mia moglie -- oltre a quelle dei nostri due figli -- sono da Lui permesse per un Suo Disegno di Misericordia, sia fatta la Sua Volontà; e che ci tenga sempre per mano, tutti e due; che non ci lasci soccombere, in questa battaglia, in questa dura battaglia! In tutta questa mia esperienza di vita, ho sperimentato come l'arma più micidiale usata da satana sia la "Falsità", il "nascondere la verità" dell'uomo, il nascondere la Verità di Dio all'uomo, o il distorcere il più possibile tali verità. E di "falsità” ce ne sono tante anche nella pastorale quotidiana della Chiesa. Io voglio battermi proprio lì: smascherare queste falsità, abilmente costruite dal principe delle tenebre; falsità che impediscono alle "Parola di Dio" di "manifestarsi realmente all'uomo", lasciandola invece divenire una semplice ideologia; una ideologia su cui si discute all'infinito, sotto il pretesto di "fare scienza umana", quasi ubriacati di un presunto potere di una tale "scienza", la quale in realtà di "umano", alla fine, non ha che la sola componente "intellettualistica”. Mentre l’ “Uomo reale", con tutta la sua "umanità reale e concreta", quell'uomo che Cristo ha redento a caro prezzo, viene lasciato in disparte; "in disparte" e solo, sperduto, in quanto non viene compreso nel suo bisogno intimo, nel suo linguaggio naturale. E questo è proprio il fine cui mirava satana! Le mire di satana sono infatti quelle di distogliere l'attenzione dal "vero", fornendo "illusioni di verità" mediante elucubrazioni intellettuali "belli a sentirsi", così come Eva giudicava "bello a vedersi" il frutto proibito! E molti, molti, sotto questo invito subdolo, illudendosi che "gli si sono aperti gli occhi" -- lo stesso miraggio che il serpente offriva ad Eva -- , ne mangiano, e lo trovano "buono a mangiarsi"! E' questo il "potere" della "Falsa Scienza"! Forse sto abusando della sua pazienza nel leggere il mio scritto; eppure, mi creda, mons. Gozzo: io sento che quello che ho in cuore è un piccolo raggio di luce che il Buon Dio vuole donare alla Sua Chiesa. Forse Egli vuole servirsi anche di me. Ho detto "anche" (di me), perché sono certo che lo stesso progetto Dio lo ha seminato anche nel cuore di altri uomini (nel senso generale di "esseri umani", senza distinzione di sesso e di età, né di "status" sociale o religioso); questi come me, e più efficacemente di me, si stanno impegnando perché tale progetto possa emergere nella "realtà viva" della Chiesa, che è il Corpo Mistico di Cristo. Forse tutte le sofferenze che ho attraversato ed attraverso, per il rapporto matrimoniale così disarmonico, o per altre cose, sono collegate -- oltre che costituire un mezzo di espiazione dei miei peccati -- a questo mio aver voluto lasciare maturare dentro di me, nel corso di tanti anni, un tale progetto; nel senso che ogni Grazia Celeste che si cerca... la si incontra soltanto sulla via del Calvario! Mi sono rivolto a lei, anziché direttamente al Rettore del Seminario, perché lei mi conosce; e può parlarne al Rettore dandogli i chiarimenti che occorrono, affinché mi rilasci un attestato che almeno facesse fede di quanto asserisco circa una parte del mio passato, quando cercassi un colloquio con qualche persona autorevole nella Chiesa. Come vorrei incontrare una persona che avesse il cuore veramente "aperto" verso Dio! E veramente "aperto" verso l'uomo! Verso l'uomo concreto, e non l'uomo astratto, non l'uomo delle ideologie, a qualunque corrente esse appartengano! Mi voglia scusare se mi sono permesso di chiederle questa cortesia; la ringrazio sin d'ora per quello che le sarà possibile fare. Le unisco pure una "domanda" in carta semplice, indirizzata al Rettore del Seminario, da presentare come documento di richiesta. Mi saluti, quando le sarà possibile, quei Sacerdoti che si ricordano di me; mi è di compagnia, in questa mia solitudine, pensare che c'è qualcuno che si ricorda di me, ed a cui io possa far giungere il mio saluto, anche mediante altri. La saluto cordialmente nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. Alberto BOVONE, 08-06-84 Verona, 8 giugno 1984 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Alberto BOVONE Segretario della S. Congregazione per la Dottrina della Fede Piazza S. Uffizio, 11 00193 ROMA Eccellenza Reverendissima, Il 28 aprile scorso ero passato da Roma, sperando di poterLa incontrare personalmente; e mi spiacque che ciò non fu possibile. Il suo segretario mi disse che lei era molto impegnato, principalmente per la sua imminente consacrazione episcopale. Colgo l'occasione intanto per porgerLe i miei più fervidi auguri, affinché la pienezza dello Spirito Santo possa apportare alla sua persona una abbondanza di grazie, che accresca le sue doti e capacità per meglio assolvere al nuovo compito cui adesso è chiamato, quello di Segretario della S. Congregazione per la Dottrina della Fede. Sono quella stessa persona che nel maggio del 1981 Le scrisse una lettera da Siracusa, nella quale esprimeva il suo desiderio di impegnarsi per la nascita e la formazione di "Nuovi Apostoli"; accludo alla presente una fotocopia del biglietto con il quale lei molto gentilmente rispose alla mia: La aiuterà a ricordarsi di me. Ritorno a rivolgermi a Lei, sperando in una sua disponibilità per un esame dialogico di proposte nuove, che possano cooperare nel suscitare in seno alla Chiesa quel flusso di "Vita" cui lo Spirito Santo continuamente ci promuove, ma da cui la debolezza e le con tradizioni umane ci fanno allontanare; disponibilità che ancora non ho avuto la fortuna di incontrare nelle varie persone che finora ho contattato. Per quanto riguarda la mia situazione personale e famigliare, devo purtroppo dirle, con mio grande rammarico, che il calvario della mia separazione da mia moglie continua. Nel luglio del 1981, quando lei mi scrisse, stavamo decidendo di ritornare assieme, dopo due anni di separazione; e così di fatto facemmo. Partii allora da Siracusa per Padova, dove raggiunsi la mia famiglia. Ma quei contrasti che avevano già provocato la separazione precedente non furono per nulla chiariti; inoltre l'intervento successivo di qualche Sacerdote (e di persone cosiddette "cattolici praticanti") non solo non è stato di aiuto, ma ha anzi determinato un peggiorarsi del rapporto! Così nell'ottobre scorso mia moglie è ritornata a volere la separazione; ed io son dovuto andar via, per la seconda volta, con una sofferenza atroce nel cuore, sofferenza che è divenuta la compagna sempre presente in queste mie giornate. Vivo da solo a Verona, in un miniappartamento; saltuariamente vado a trovare i miei due figli a Padova. Amare con tutto il cuore una donna, la propria moglie; amare i propri figli; ed esser condannato a star lontano da loro fisicamente, ed a bloccare quel rapporto interiore d'amore che fa parte essenziale di me, tutto ciò mi provoca una sofferenza indescrivibile! Ma non è per questo mio grosso problema che ora Le sto scrivendo, bensì per quella proposta che già nel maggio del 1981 avevo a lei accennato. Ho insegnato materie scientifiche per 19 anni negli Istituti Tecnici Industriali; nel settembre scorso ho dato le dimissioni dalla Scuola, perché non ce la facevo più a portare avanti la mia attività di insegnamento: troppe sofferenze (fisiche, ma sopratutto morali) mi impedivano di esprimere quelle prestazioni che gli alunni di una Scuola Superiore richiedono. Contemporaneamente mi son dedicato a portare avanti il mio lavoro di Tesi (che avevo sospeso nel 1978) per la laurea in Psicologia; e così il 16 marzo scorso finalmente mi sono laureato in Psicologia, presso l'Università di Padova. Cessando dalla attività di insegnante, mi sono proposto ora di intraprendere l'attività di Psicologo; e spero tanto di poter cominciare a lavorare in questo nuovo campo perché mi trovo in mezzo a forti disagi economici, ed ho estrema necessità di guadagnare qualche lira, per potere far fronte alle spese quotidiane. In seno a tutte queste traversie e sofferenze, non ho mai lasciato il mio proposito di dedicare le risorse che il Buon Dio ha fatto maturare in me, attraverso gli studi, l'esperienza sociale e famigliare, ed anche queste mie stesse sofferenze, alla crescita della Chiesa, che è il Corpo di Cristo. Il dono di me stesso a Cristo Gesù, che ho amato ed amo con tutto l'amore di cui il mio essere può essere capace, vuole attuarsi attraverso il dono, alla sua Chiesa, di quello che c'è in me. Oltre che negli anni precedenti, ancora in questi tre anni che sono trascorsi dal 1981, io ho cercato un dialogo con Sacerdoti (ed anche con laici) che svolgono mansioni preminenti nella diocesi (sia. a Padova che a Verona); ma ogni mio tentativo è stato vano: sempre diffidenza nei miei confronti, incredulità o deprezzamento verso la mia proposta. Per cui il mio discorso ha dovuto sempre chiudersi già nella sua stessa fase iniziale. E c'è di più: anche nella mia sofferenza morale di marito e padre che vive "staccato" dai "suoi cari", che vive privato di quella gioia vitale che scaturisce dall'armonia coniugale, anche in questo sono stato lasciato "solo", quasi "evitato", come fossi un essere poco raccomandabile! Mi son dovuto dire, amaramente: dov'è la "Carità" cui Gesù Cristo ci ha chiamati? Là, dove dovrebbe esserci più vivo l’ “amore" di Dio per l'uomo, per l’ “Uomo reale e concreto", là non c'è né l'amore cristiano né l'amore umano! Ci sono solo dei discorsi altisonanti e raffinati, che servono solo a generare quella "incomunicabilità" di cui tanto nella pastorale della Chiesa ci si lamenta! Ma è anche proprio questa incomunicabilità che permette a molti Sacerdoti, religiosi e laici che lavorano nelle Istituzioni ecclesiastiche, di "vivere la loro vita" senza troppo esporsi, senza troppo rischiare, pur mantenendo la "veste esterna" di ministri o di cattolici impegnati! La colpa è sempre attribuita ai fedeli laici, se non recepiscono l'insegnamento di Cristo; non è mai attribuita agli operatori, i quali non osano interrogarsi se il loro operare, il loro operato, il loro modo di essere "uomini di Dio", sia proprio quello cui lo Spirito Santo li chiama giorno dopo giorno, in ciascuno dei momenti storici umani con i quali si incontrano! Lo "status" della loro "funzione", questo li appaga e li gratifica! Sempre pronti a trattare "verbalmente" tutti i problemi umani; ma anche sempre pronti a "fuggire", o ad "allontanare", il soggetto umano nel momento in cui vive concretamente la sua realtà personale! Queste constatazioni, scaturite dalle mie esperienze personali, a prezzo di dolori e di umiliazioni, mi hanno significato ancor più l'urgenza, per la Chiesa. stessa, di quella "nuova presa di coscienza" che il mio progetto vuole portare. Io so di non essere niente; di non avere capacità particolari; di non possedere verità strabilianti, o una cultura fuori dall'ordinario. Ma non è per me stesso che io cerco; io sto cercando una "via" per giungere a "comunicare alla Chiesa" quello che Cristo stesso vuole donare alla Sua Chiesa. E' come se io portassi in me un Messaggio, un Messaggio d'Amore di Gesù, il quale porge all'uomo la Sua Opera Redentrice; un Messaggio di Verità, che non può essere espresso se non nella "Parola Dialogata" con altre persone, le quali fossero però aperte nella sincerità del loro cuore verso la Parola sempre nuova di Cristo, Capo reale di questo Suo Corpo Mistico che è la Chiesa. Il discorso di cui parlo si articola in sintonia con tutta l'azione pastorale e magisteriale che sta svolgendo l'attuale Vicario di Cristo, Giovanni Paolo II; e vuole portarsi verso l'attuazione concreta di questo Messaggio (di Sua Santità) come se io donassi la mia persona stessa, con tutta la sua esperienza di vita, con tutte le conoscenze acquisite, con tutti gli slanci d'amore verso Dio, verso i fratelli nella Fede, in particolare verso i fratelli che soffrono nello spirito, al Pastore unico della Chiesa Universale. Sento, nel profondo del mio spirito, che la Chiesa sta soffrendo la mancanza di quegli apostoli di cui le facevo cenno nella mia lettera precedente. Constato anche che Dio sta esprimendo in seno alla sua stessa Chiesa, in diversi punti geografici ed in diversi momenti del concretizzarsi dell'uomo, l'esigenza di questi nuovi apostoli, per un "apostolato radicalmente nuovo". Ed intravedo, anche se in modo non pienamente chiaro, alcune delle caratteristiche umane e di Fede che individuano questi nuovi apostoli. Una. di tali caratteristiche è quella di proiettarsi, fiduciosi in Cristo, verso la "ricerca della Verità sull'uomo", unitamente alla ricerca della "Verità Redentrice"; tale "ricerca", per la stessa natura di queste Verità (le quali vicendevolmente si compenetrano), non può mai aver fine. L'essenzialità della vita dell'uomo che attua in sé l'opera redentrice di Cristo sta proprio nella indefinita "ricerca dei molteplici aspetti" di quella "Verità": ogni scoperta di un "nuovo aspetto" è un "atto di crescita", nella propria umanità e nella Fede. Il giungere a dire: "possiedo la Verità", è l'inizio della morte! perché è la rinuncia a "vivere la ricerca e nella ricerca"! La "verità sull'uomo", e la "verità sulla Redenzione", sono oggi, nella realtà del vivere umano e sociale, come sommerse dalle tante "falsità", le quali, nella pastorale parrocchiale e nelle attività delle istituzioni di orientamento cattolico, dominano sotto il nome di "verità"; e sono presenti a volte persino nel magistero intermedio della Chiesa. Mi pare di poter dire che l'azione concreta ecclesiale si muove oggi, senza che essa se ne renda conto, utilizzando "false concezioni" (sulla società, sull'uomo, sulla spiritualità...) e "falsi strumenti", credendoli "verità finalmente acquisite" (!); e credendo tali strumenti come canali adeguati per la trasmissione del Messaggio Evangelico. Una credenza "tout court"; una credenza che più che altro maschera la "indisponibilità" ad "incontrarsi con l'uomo reale"; per cui, fra il soggetto chiamato ad essere l’ “operaio di Dio nella vigna dei Signore", e l'uomo che esprime la sua umanità nella sua contingenza storica di volta in volta diversa, vengono frapposti questi "strumenti concettuali" e questi "strumenti tecnici". Strumenti che però, a motivo di quella indisponibilità di fondo, non solo non mediano il Messaggio Evangelico, ma ingenerano anche una "distorsione" nello stesso modo di essere dell'uomo. Tutto ciò non può portare se non ad una sterilità della Pastorale; e addirittura anche ad un ulteriore deterioramento del rapporto ""Chiesa (Madre e Maestra) - Uomo"". Sostenitori di tali "pseudo-verità" ci sono tra persone di un certo livello culturale che militano nelle file cattoliche; e ci sono anche tra persone di un certo grado ecclesiale. Ho appreso dall'Osservatore Romano (ediz. settimanale) di qualche settimana fa l'annuncio dato da Giovanni Paolo II, circa il tema da affrontare nella VII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma per l'autunno del 1985; è stato scelto: ""La Missione del Laicato nella Chiesa e nel Mondo"". Il primo pensiero che mi è sorto è stato accompagnato da un forte desiderio: quello di far giungere alle Eminenze ed alle Eccellenze, impegnate nel preparare tale Sinodo, tutto quello che ho in cuore e nella mente a riguardo l'apostolato dei laici. Vorrei che essi, confrontando, vagliando, meditando sui vari contributi, si aprissero verso una "nuova presa di coscienza", la quale permetta di "leggere" l'attuale Messaggio che lo Spirito Santo rivolge in modo misterioso alla Chiesa nella sua totalità, affinché essa Chiesa possa esprimere la sua opera redentrice nel contesto storico che stiamo attraversando. Tale nuova presa di coscienza è facilitata se si confronta, si vaglia, si medita, con quell'amore che fa "vedere" nelle sofferenze della Chiesa le stesse sofferenze di Cristo, con quell'amore che è divino ed "insieme" umano, con quell'amore che fa scoprire il significato misterioso dei vari accadimenti. E vorrei ancora che essi potessero scoprire quanto la cultura "di questo mondo", agendo sotto false spoglie di verità sociali, ha contribuito invece spesso ad imprigionare la missione della Chiesa entro paradigmi ciechi; e ad imprigionare la stessa Parola di Dio, la Verità che Cristo ci ha portato, impedendole di manifestarsi "nella sua radicalità umana". Satana, primo maestro della "menzogna", astuto artefice di "pseudo-verità", è riuscito nel passato e riesce nel presente ad ingannare in parte lo stesso operatore ecclesiastico, e ridurre così la portata dell'opera pastorale della Chiesa. Ma Dio sa trarre il bene anche dalle opere malvagie del suo nemico, per quanto astuto esso sia. Egli ha suscitato, e sta suscitando, ne sono certo, dei "Nuovi Germogli" in seno alla Sua Chiesa (che non sono quei "Movimenti" oggi più o meno riconosciuti ufficialmente): essi lottano e soffrono perché la Parola di Dio si possa "manifestare" nel suo "reale significato riferito all'uomo di oggi", sebbene il loro lavoro non sia riconosciuto come tale. Il punto più penoso per questi "Nuovi Germogli" è l'estrema difficoltà che incontrano nel "farsi riconoscere", dato il prevalere di un insieme di schemi ideologici e comportamentali i quali tendono a mantenere lo status quo; tendono ad avversare ogni mutamento che farebbe crollare certi "idoli" cui molte persone (cattoliche!) sono legate, e nei quali tali cattolici fondano la loro "sicurezza", invece che fondarla in Dio, nel Cristo stesso che ci ha riscattati e chiamati verso un "Regno che non è di questo mondo". Le due espressioni di questo "Nuovo Apostolato", quella sul piano laico e quella sul piano sacerdotale, convergendo nella loro radice, che è l'uomo nella sua totalità, devono perciò "compenetrarsi reciprocamente", come "Nuovi Germogli" che la vitalità interiore della stessa Chiesa esprime nel momento storico che sta vivendo. Non si possono perciò pensare scissi l'apostolato dei laici e l'apostolato dei Sacerdoti: la promozione del primo richiede una "contemporanea" promozione del secondo. Non si potrà mai avere un "reale" apostolato dei fedeli laici, se non aprendosi contemporaneamente verso un mutamento radicale del modo di essere Sacerdote nella funzione di pastore dei fedeli. Eccellenza, io sono un piccolo essere umano; se dovessi tener conto della mia persona, non solo non Le scriverei, ma avrei già smorzato in sul nascere queste aspirazioni; e la mia formazione culturale ed umana avrebbe preso un altro indirizzo. Ma io ho sempre confidato nell'aiuto del Signore, e nella sapienza dei suoi disegni, anche se tale Fede per me è stata molto travagliata e tormentata. Sono certo che, se Lui mette questi germi nel cuore di una creatura da Lui redenta, Lui stesso provvederà al necessario, al momento che questi germi tenderanno a manifestarsi: lui porgerà la sua forza, la sua luce; Lui parlerà al cuore delle persone cui questi germi verranno espressi. E quelli cui la sua voce si rivolgerà in particolare, scelti fra tanti altri, se risponderanno alla sua chiamata con un "si", verranno ad aggiungersi a questo germe iniziale, facendo sì che questo divenga un "Nuovo Germoglio", con una sua vitalità umana e di Fede più esplicita, più chiara, più effettiva... più missionaria ed apostolica. Ho sofferto tante privazioni, fisiche e morali, nella mia vita; in particolare sin da quando, dopo alcuni anni che ero entrato in Seminario (entrai nel Seminario arcivescovile di Siracusa nell'ottobre del 1947), mi offrii a Dio, nell'intimo della mia preghiera, perché Lui facesse di me un "operaio del Suo Amore". Ho capito poi che le mie sofferenze erano legate anche a quella mia scelta; tuttavia, io ho continuato a tener fede ad essa, anche da laico. E anche adesso sento che satana inveisce contro questa mia aspirazione, questo mio progetto: fa di tutto per prostrarmi, per avvilirmi, per scoraggiarmi; mi ha colpito maggiormente nel mio punto più intimo e più vitale: l'amore coniugale. Sin dalla nascita di questo amore (1964; mi sono sposato nel 1965), ha cercato in tutti i modi di ostacolarmi nel mio impegno a costruire un legame coniugale fondato sull' ”amore reale e reciproco", "aperto all'amore di Cristo"; e lo ha fatto architettando "falsità" nei miei confronti, suscitando incredulità, false interpretazioni, fraintendimenti, verso le mie parole ed il mio operato. Ha impedito così che tra mia moglie e me nascesse quella "intesa coniugale", la quale avrebbe dovuto portare non solo fioritura spirituale nella nostra famiglia, ma anche nelle altre famiglie o persone verso il cui mondo il nostro mondo si sarebbe aperto. Paradossalmente, satana ha saputo servirsi anche di Sacerdoti e di persone impegnate ecclesiasticamente! Così, io soffro per un verso, e mia moglie soffre anche lei per un altro verso; ed i nostri due figli soffrono anche loro questa situazione "assurda", strana, per nulla chiara. A volte mi prende un dolore così profondo da rasentare la disperazione! E prego, prego il Buon Dio che mi tenga Lui per mano, in questa mia, solitudine, e fra tanto dolore ed incomprensione. Prego Gesù che protegga i miei figli e la loro mamma, e perché ci apra la strada dove mia moglie ed io possiamo "incontrarci", nel Suo Amore; l'unico che è "vero" e capace di generare conoscenza vera dell'essere umano, l'unico che è capace di portare alla luce la preziosità dell'essere umano al di là di ogni sua debolezza, l'unico che è capace di dare un senso "vero e reale" a tutto il nostro agire in comunione, a tutto il nostro faticare in comunione, il nostro soffrire in comunione. Nella ricorrenza della Pasqua di Resurrezione di quest'anno, mi è stato di grande gioia potere offrire al Santo Padre un omaggio costituito da un mio lavoro tutto personale: 1a mia Tesi di laurea in Psicologia. Questa Tesi è un lavoro che sintetizza i risultati di lunghi anni di studi e di esperienze personali; un lavoro che esprime conclusioni che si scostano notevolmente dalle proposte offerte dalla Psicologia Accademica, o da quelle che si riscontrano nella maggior parte degli indirizzi in materia. Per il tramite della Segreteria di Stato, nella persona di Mons. R. Marsiglio, il Santo Padre ha poi inviato molto benignamente, a me ed ai miei famigliari, la sua Benedizione Apostolica. E' stata per me un grande dono, per il quale ho ringraziato Dio: esso mi sostiene, e mi infonde coraggio e speranza. Avrei voluto donare a Sua Santità tutto quello che c'è in me: lui avrebbe saputo individuare quello che c'è di buono e di utile per la continua edificazione della Chiesa, e lo avrebbe colto, ed io stato felicissimo di donarlo a Cristo nella persona del Suo Vicario! Credo che potrà risultare utile per una più larga conoscenza, oltre questo scritto, farne pervenire una copia anche a Sua Eccellenza; oggi stesso provvederò a confezionarla per spedirgliela a mezzo posta, come "stampe". Eccellenza, come Lei senz'altro avrà capito da questo mio scritto, io sento forte il bisogno di comunicare ad altri questo mio progetto "per un nuovo apostolato". Vorrei esprimerlo ad un gruppo di persone, costituito da una pluralità di indirizzi culturali, da una pluralità di interessi personali, da una pluralità di formazione spirituale. Per tale pluralità, il mio dialogo con loro susciterà risposte diverse; e da questa diversità di risposte, intese nella loro "genuinità" dell'animo che si apre, potranno emergere nuovi significati particolari che aiuteranno a capire meglio sino a che punto il mio discorso possa essere utile nel promuovere la crescita nella Fede, e perciò alla edificazione della Chiesa. RingraziandoLa di vero cuore per la sua gentile attenzione, Le porgo un cordiale saluto, rinnovandoLe l'augurio di fertilità per il suo nuovo lavoro. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Padre Antonio SICARI, 13-06-84 Verona, 13 giugno 1984 Al Reverendo Padre Antonio SICARI Santuario Madonna delle Laste Via delle Laste, 22 38100 TRENTO Rev.do Padre Antonio Sicari, Mi ero ripromesso di venirla a trovare personalmente a Trento, sin da quando l'avevo ascoltata la sera del 23 marzo u.s. all'auditorium del Centro culturale “Toniolo” di Verona; sono quella stessa persona che al termine di quella sua conferenza le aveva espresso il proposito di avere con lei un dia logo. Circa un mese fa, ebbi la gioia di rincontrare, qui in Verona, (a distanza di ben 28 anni!) alcuni compagni del mio noviziato carmelitano, che io feci solo in parte, dal novembre 1955 all'aprile 1956, presso la Casa di Mantova; fra questi, un certo Padre Agostino Cappelletti, (l'allora fra' Grisostomo). Saputo da lui stesso che si stava per recare a Trento, per partecipare al Capitolo Generale, e saputo che anche lei è un Padre carmelitano, ho pregato Padre Agostino di portare a lei i miei saluti, rinnovandole ancora il mio desiderio di incontrarla. Dirle il perché mi sto indirizzando a lei per uno scambio di idee, non mi è facile. A parte i molteplici motivo di fondo, che fanno parte di una mia ricerca spirituale, mi ha impressionato favorevolmente il modo con cui lei aveva affrontato il tema (sulla “coppia”) quella sera: vi avevo trovato delle radici di pensiero che si accostavano alla prospettiva che io ho sviluppato lungo tutti questi anni; unitamente ad un atteggiamento interiore che mi è parso “aperto” a “nuovi” orizzonti nella pastorale della Chiesa. Ho 52 anni; sono sposato; ho due figli (16 e 14 anni). Professore di ruolo, ho insegnato materie scientifiche per 19 anni negli I.T.I.S.. Nel settembre '83 scorso, ho dato le dimissioni dalla Scuola, per vari motivi che adesso non sto a precisare. Sebbene sia stato interessato agli studi di Psicologia da parecchi anni, solo negli ultimi tempi ho potuto ultimare il lavoro di Tesi; e così nel marzo '84 ho conseguito la Laurea in Psicologia presso l'Università di Padova. La nuova attività lavorativa che intendo svolgere è ora quella di “PsicologoPsicoterapeuta”; spero che tale lavoro possa presto prendere concretezza, perché ho necessità urgente di guadagnarmi da vivere! Lo Studio (privato) l'ho in Verona, nella mia stessa abitazione; ma di clienti... ancora nulla! C'è il fatto che io insegnavo a Padova, e son venuto qui a Verona solo da circa sei mesi. Sto cercando di fare conoscenze perché possano aprirsi possibilità di lavoro; ma sinora non ho avuto fortuna. Mi sono messo anche in contatto con i Consultori di orientamento cattolico, ma... sono rimasto molto deluso di quanta poca disponibilità si incontra nell'ambiente cosiddetto “cattolico”, verso una “reale” collaborazione! Accanto a tale attività, voglio però dedicarmi anche nel donare i frutti della mia esperienza e dei miei studi per i bisogni della Chiesa, del Corpo mistico di Cristo, che oggi vive le sue esigenze fra tante sofferenze ed incomprensioni; sofferenze ed incomprensioni che le giungono non soltanto da coloro che vengono reputati “lontani” da essa, ma anche da coloro che per il “ruolo” che svolgono si sentono “vicini”, o addirittura molto vicini, ad essa, quasi “identificandosi” con la stessa autenticità ecclesiale. Devo dirle però, per prima cosa, che l'indirizzo professionale che come Psicologo ho sviluppato si stacca notevolmente dai vari indirizzi che tale scienza comprende al suo interno. Forse per il fatto che i miei studi, sui vari autori che la Psicologia accademica propone nel suo curriculum universitario, o in contesti collaterali, partivano già da una formazione “scientifica” precedentemente acquisita (mi ero infatti già laureato in Fisica, presso l'Università di Catania, nel febbraio del 1964), e si incrociavano nel contempo con problematiche di Fede cristiana, cui io sin da giovane mi ero aperto. La mia formazione di Psicologo è perciò intrecciata con una formazione scientifica, ed altresì con una formazione religiosa; settore Umanistico, settore Scientifico, settore Religioso, sono venuti ad “integrarsi reciprocamente” nella dinamicità della mia persona; dinamicità. pluridimensionale che per altro verso mi comporta sofferenze non poche, nella ricerca di un “dialogo vero” con altri, che pur esplicano la loro attività nel settore religioso o nel settore sociale. Mi si potrebbe tacciare di presunzione (ma, io credo, a torto) quando esprimo il mio forte desiderio di “donare alla Chiesa” quello che la Grazia del Buon Dio ha fatto maturare in me, attraverso anche tante sofferenze (fisiche, ma sopratutto morali). E' da anni che percepisco nel mio interiore -- e gli eventi che man mano si sono succeduti sono stati una conferma di quanto avevo sostenuto -- quanto la Chiesa abbia bisogno di una “rinascita radicale”, nell'ambito dei suoi pastori periferici ed intermedi (sebbene in modo diverso in ciascuno di questi due versanti); rinascita di cui io mi prefiguro alcune caratteristiche “umane” e “spirituali”. Attraverso il Concilio Vaticano II, e recentemente attraverso l'attuale Sommo Pontefice Giovanni Paolo II -- la cui pastorale ed il cui magistero sono un esempio incomparabile, ma che molti, molti, non colgono nella loro giusta dimensione e portata -, lo Spirito Santo “preme” dall'interno della Sua Chiesa, “chiama” tutti, dico “tutti” (anche il più piccolo dei laici), ad una “nuova presa di coscienza”. Ma l'attività interna sia della pastorale, ed ancor più quella periferica -- cioè, quella parrocchiale e quella delle varie istituzioni che intervengono direttamente sui fedeli laici -- è troppo “legata a concezioni laiciste”, perché possa “riconoscere” la “Voce” del “Suo Pastore”, la Voce di Cristo, “misteriosamente” presente nella Sua Chiesa. A tali concezioni “laiciste” e “false” è stata data, dall'abile artefice di menzogne che è Satana, una “mascheratura di verità umane”, e persino di “verità religiose”; e sono molti, molti, anche tra coloro cui è affidata la cura di tanta parte del Popolo di Dio, che coniugano il Messaggio Evangelico con tali “pseudo-verità”, eclissandone così la stessa “Vita” del Messaggio di Redenzione, la stessa “Verità” in esso contenuta, la stessa “Via” che è stata indicata da Cristo stesso. Sono falsità che riguardano la concezione (o le concezioni, ai vari livelli) dell'uomo, la concezione del sociale; e sono falsità che riguardano lo stesso senso del Messaggio Evangelico, lo stesso “trasmettersi” della “Parola Viva” di Dio, lo stesso “vivere in comunione tale Fede”. Ci si preoccupa continuamente della “Società”, in quanto sistema istituzionale laico, per “cristianizzarla”; ci si preoccupa dei fedeli laici, sostenendo che sono poco sensibili all'insegnamento del Vangelo, o che non prendono sul serio la vita cristiana, la Fede cristiana. Ma il Clero tutto, preso nel suo insieme, a partire dall'ultimo Sacerdote sino ai Vescovi, non si è mai “interrogato seriamente” su quanto sia valido, o su quanto sia invece “vuoto”, il tipo di apostolato che oggi viene condotto, in modo quasi “macchinoso”, senza alcun senso dialogico con l’uomo, senza alcun “contatto psicologico creativo” con i molteplici e multiformi problemi umani “reali”, vissuti nel concreto e nella pelle dei singoli fedeli; non si è mai interrogato seriamente su quanto c'è in esso del “Buon Pastore”, il quale “... conosce le sue pecore, e le sue pecore conoscono Lui...”, mentre i Sacerdoti, in genere non conoscono affatto quegli esseri umani ai quali rivolgono l'insegnamento del Vangelo: resta “anonima” la voce del prete, e resta “anonimo” l’ascoltatore, lasciando tutto nel buio dei pensieri avulsi dalle persone concrete. Non si è mai “interrogato seriamente” quale sia “realmente” il Messaggio che Gesù vuole rivolgere “a loro stessi”, in prima persona, a ciascuno di questi Sacerdoti, perché in lui per primo si rinnovi la “Conversione” giorno per giorno, quella conversione che non è mai raggiunta completamente, perché in lui “si sviluppi” quell'amore che “cerca l'uomo” come pecorella di Cristo, quell'amore che gli fa ricercare una “continua crescita” delle sue capacità umane e spirituali perché più efficacemente possa incontrarsi con i fratelli nella Fede come apostolo di Verità!! Ed invece... con l'Ordinazione sacerdotale pare che ogni crescita si sia arrestata: tutto si cristallizza. La “macchina” finalmente è stata costruita; la si pub “mettere in funzione” perché “faccia il suo mestiere”, già programmato! Ma la stessa crescita che si ha in Seminario è poi una crescita “estremamente mutilata”: si cresce solo “in dottrina”, ma non si matura “nelle risorse umane”; il problema della crescita “umana” è stato risolto... “sopprimendo lo stesso problema”!! Il rinnovamento della Chiesa non può passare però se non attraverso un “rinnovamento dei suoi pastori”! Non sono tanto le vocazioni sacerdotali che mancano; è la formazione sacerdotale che, se va bene per il “ministero del Culto”, è invece “completamente inadeguata” alle esigenze apostoliche di oggi. Nei miei 19 anni di esperienza con i giovani (a scuola, ma anche fuori della scuola), le assicuro che ho potuto constatare come molti di loro sarebbero potuti divenire ottimi “apostoli” della Fede in Cristo; ma... non certo con la formazione seminaristica tradizionale. In loro Gesù aveva posto il germe della “chiamata”; e la loro voleva essere una risposta sincera di “sì”. Non hanno però trovato chi “riconoscesse” la loro chiamata; e loro stessi vedevano che, “nel modo attuale di essere Sacerdoti”, non solo non vi ravvisavano la loro chiamata, ma vi vedevano addirittura un modo “pulito” per rinnegarla! E così quella chiamata, quelle chiamate, “vere”, reali, sincere... finivano nel nulla!! Sino a che il Clero “si arrocca” nei propri “falsi idoli”, non può mai essere “percepita la Voce dello Spirito Santo”; il quale tuttavia, per l'infinita Misericordia di Nostro Signore, non cessa di “suscitarci”, di stimolarci, di provocarci, nonostante la nostra poca Fede! ------Rev.do padre Sicari, mi creda, è per me una grande sofferenza vivere nel mio intimo tale dramma spirituale, e non poterlo “con-dividere” con nessuno, non poterlo “dialogare con altri”, non potere “operare e co-operare” di conseguenza; specialmente lo è adesso che ho lasciato la Scuola, per dedicarmi ai problemi specificatamente “umani”. Scrissi il 17 marzo scorso una lettera a Mons. C. Caffarra, direttore del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per gli Studi sul Matrimonio e famiglia, di Roma. Gli esposi molto succintamente questo mio desiderio -- che è divenuto come un problema personale e vocazionale --, esprimendogli la mia disponibilità di operare “in prima persona” per la nascita di un “Nuovo Apostolato”; nel contempo gli precisavo come l’ “apostolo” di cui la Chiesa ha oggi bisogno deve avere le sue radici umane nel contesto famigliare, per cui nasceva la necessità di una svolta radicale nella pastorale matrimoniale e della famiglia. Mi rispose con poche righe laconiche, indirizzandomi agli organismi che già operavano in Verona. Io mi son detto, tra me e me: o egli non ha capito che la mia è una proposta radicalmente nuova, e che a livello periferico ovviamente trova le opposizioni (come di fatto ho constatato personalmente), o egli non ha dato credito al mio discorso, oppure egli non è disposto ad affrontare svolte radicali perché troppo impegnative. Nella mia, chiedevo un “colloquio-dialogo” con un gruppo di persone da lui convocate, per esprimere loro i primi accenni del mio progetto di lavoro. Quanti “incontri culturali” si programmano; quante “conferenze-dibattito” si tengono; quanti “convegni” vengono tenuti nelle varie città! E tutti questi magari, alla fine... ci si accorge che non sono serviti a nulla; sono serviti solo a dare una certa impressione (a se stessi ed agli altri) di “star facendo qualcosa”, e così “sentirsi in pace” con la propria coscienza nei confronti del “posto che si occupa”!! C'è spazio per tutto questo! C'è tempo e denaro... per attività culturali che risultano “gratificanti”! Ma non c'è posto né denaro per iniziative che “chiamano l'operatore e l'utente insieme” ad un impegno che investe alla radice la loro stessa umanità!! Questo mio scritto che rivolgo a lei, rev.do P. Sicari, le porta un cenno del problema, umano e spirituale insieme, che io vivo in me; un cenno del mio proposito di operare per un “Nuovo Apostolato”. Le chiedo, gentilmente, se lei è disponibile ad un dialogo del genere, assieme a qualche altra persona (Sacerdoti e laici) che lei conoscesse. Qualora lei, in tutta coscienza e sincerità, dovesse reputarsi non disponibile, le chiedo di indicarmi, fra tutte quelle persone che lei ha avuto occasione di conoscere (non solo a Trento, ma anche altrove, in altre parti d'Italia), se c'è qualcuno che si sta impegnando in propositi simili al mio, o che lei pensa che possa gradire un tale dialogo con me. Ringraziandola di tutto cuore per l'attenzione verso questa mia lettera, le porgo i miei più distinti saluti. Attendo una sua risposta. (Firmato: Vittorio Noè)' NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. Carmelo FERRARO, 21-06-84 Verona, 21 giugno 1984 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Carmelo FERRARO Vescovado 98066 PATTI (ME) Eccellenza Reverendissima. Chi le scrive è una sua antica conoscenza: Vittorio Noè, di Augusta (SR). Entrai nel Seminario di Siracusa nell'ottobre del '47; feci ginnasio, liceo e due anni di Teologia; nel novembre del '55 entrai nel Noviziato dei Carmelitani Scalzi, a Mantova; nel luglio del '56 lasciai la veste talare, per andare a fare il servizio militare di leva. Si ricorda di me? Nel ricordo fraterno della vita che ci aveva accomunato verso la strada del Sacerdozio, mi verrebbe spontaneo di darLe del "tu": come per esprimere più pienamente l'affetto per chi ha condiviso con me le stesse ansie spirituali; affetto che, sebbene si proietti nel lontano passato, sento tuttavia ancora presente dentro di me. Lasciando il Seminario, io non lasciai però la mia vocazione interiore ad essere "operaio dell'Amore Divino". Ho serbato di Lei un ricordo fiducioso che adesso mi consente di aprirLe il mio animo, dove io porto amarezza e sofferenze; ma dove porto anche un intenso desiderio di "donare alla Chiesa" ciò che il buon Dio ha voluto far maturare in me in tutti questi anni trascorsi, compresi quelli di Seminario. Non sono cose grandi; ma sono cose "nuove", anzi "radicalmente nuove", sul piano della pastorale ecclesiale. Nel febbraio del '64 conseguii, all'Università di Catania, la Laurea in Fisica; nell'ottobre dello stesso anno entrai poi nella Scuola, insegnando materie scientifiche negli I.T.I.S.; ed ho insegnato per 19 anni consecutivi, sino al settembre '83. Nel marzo del '65 mi sono sposato, con una ragazza di Como, e da allora ho abitato sempre al nord. Il matrimonio però iniziò sotto il segno della incomprensione, la quale è rimasta per tutti questi anni, con mia grande sofferenza, come anche di mia moglie. Non sono valsi gli ausili che nell'ambito ecclesiastico potevano essere disponibili; anzi, paradossalmente, determinavano un acuirsi dello stato di tensione tra mia moglie e me; e ciò per il fatto che le molte "false interpretazioni" che sono state costruite nei confronti della mia persona, del mio operato, delle mie parole, lungi dal venire "demolite" da parte di chi è stato chiamato a "rendere testimonianza alla Verità", per far "luce" sulla "verità umana" di ciascuno di questi due sposi che soffrivano, venivano invece ancor più avallate; perché costui trovava piuttosto scomodo e troppo impegnativo “ricercare il vero movente" della conflittualità: e provocava così la "morte" del rapporto coniugale, anziché la "vita"! E' la "verità" che genera la "vita"; mentre la "menzogna" genera la "morte"! E' inevitabile porsi questa considerazione: se questa persona non è capace, ed inoltre non ha il coraggio, di "rendere testimonianza alla verità dell'uomo", del fratello che vede, come potrà essere capace, ed avere il coraggio, di "rendere testimonianza alla Verità di Dio"? di un Dio che non vede, e che ha creato lo stesso uomo? Ho sperimentato sulla mia pelle quanto sia gravemente insufficiente la preparazione "umana" che il Clero presenta, e con esso quei laici che si dicono cattolici praticanti, che operano attorno alla parrocchia! Ho sperimentato a caro prezzo quanto sia facile, in questi problemi, restare presi e imprigionati da "falsità" mascherate da verità; e per conseguenza divenire (coloro che dovrebbero "aiutare") "operatori di iniquità" invece che "operatori di verità"! Adesso io vivo "solo", a Verona; perché mia moglie, che vive a Padova con i nostri due figli (16 e 14 anni) ha voluto la separazione. In tutte queste traversie, mi sono continuamente chiesto, rivolgendomi al Signore, che cosa Egli volesse da me, su quale strada volesse condurmi, quale opera volesse che io esprimessi nella Sua "vigna"! Non sono mai riuscito a capire la strada su cui la mia vita si sta svolgendo, in mezzo a continue tribolazioni (principalmente di ordine morale), sotto un certo aspetto assurde ed inspiegabili, o meglio senza motivi plausibili, veri, reali: ci sono stati momenti in cui ho rasentato la disperazione. Ma Dio misericordioso ha rianimato ogni volta la mia Fede. Soffrire senza un costrutto, a che serve? può essere voluto da Dio? Nel 1972 mi ero iscritto presso l'Università di Padova al Corso di Laurea in Psicologia. Proprio nel marzo scorso, dopo cinque anni e mezzo che avevo finito tutti gli esami, ho finalmente potuto ultimare la Tesi, e conseguire la tanto sospirata Laurea in Psicologia. E' mio intendimento adesso, avendo lasciato l'Insegnamento, esercitare la professione di Psicologo. Intanto ho urgente bisogno di guadagnarmi da vivere, perché sto in ristrettezze economiche quanto non mai. Anche in questo tema ho riscontrato, e sto sperimentando, quanto i Sacerdoti, nella maggioranza dei casi, "scansano" l'uomo che ha realmente bisogno, come si evita chi è portatore di malattie contagiose. Nessuno di quelli a cui mi sono rivolto mi ha offerto una mano; non solo per darmi qualche occasione di esplicare il mio nuovo lavoro, ma nemmeno per darmi un sollievo morale, un’amicizia che mi sostenesse lo spirito: ero "solo", e "solo" sono rimasto! La mia preghiera è sempre accompagnata da questa atroce sofferenza; con le lacrime agli occhi, prego Iddio che mi usi misericordia, e che vegli sui miei due figli e la loro mamma. Io non posso non continuare ad amare quella donna, che ho amato per vent'anni, e per la quale, oltre che per i miei figli, ho speso tutto me stesso; e mi aggiunge sofferenza il constatare che il mio dono non è giunto a lei, non è stato capito, e quindi invece che accolto è stato osteggiato e rigettato. Queste incomprensioni e questa separazione hanno provocato una lacerazione dentro di me, come se una grossa parte di me mi fosse stata strappata dalla malignità e dalla dabbenaggine di certi uomini, i quali si sono così prestati inconsapevolmente all'azione demolitrice di satana, il principe della menzogna. Ho voluto accennarLe questi aspetti della mia vita, per indicarLe sommariamente lo stato d'animo che mi trovo dentro, e le condizioni in cui sto vivendo. Ma quello per cui Le sto scrivendo occupa un altro campo della mia persona. Questo campo è maturato a partire dalla formazione culturale e spirituale iniziata in Seminario, attraverso gli studi successivi, scientifici ed umanistici; attraverso anche l'esperienza professionale di insegnamento, e l'esperienza di vita in seno alla famiglia e nella società. Da anni è andato maturando in me il desiderio di adoprarmi, in seno alla Chiesa, per la nascita di un "Nuovo Apostolato", promovendo un particolare fermento spirituale che generi "Nuovi Apostoli": quegli apostoli di cui (io vedo) la Chiesa ha oggi molto bisogno, per il momento storico particolare che sta attraversando. Tale bisogno lo si intravede dai vari documenti del Concilio Vaticano II; e lo si intravede ancor più dal Magistero e dalla Pastorale del nostro attuale sommo pontefice Giovanni Paolo II. E' maggiormente con il suo pensiero che io mi trovo in assonanza; e vorrei divenire un suo "braccio", che opera in sintonia con Lui: braccio che si incontra con amore con la persona umana concreta presa nel "suo vivere reale", e non soltanto sul piano intellettualistico. La figura di questo "Nuovo Apostolo". per la cui crescita io vorrei spendere quelle risorse (anche se poche) che Dio mi ha dato, si stacca notevolmente dalla figura dell'attuale Sacerdote. Uno dei punti di stacco è la presenza in lui di una "maturazione umana" che si è "integrata" (e non "annullata", come di fatto oggi avviene) nella maturazione spirituale della fede: si raggiunge così una "crescita unitaria e continuativa". Questa porta in sé l'apertura a Dio e l'apertura all'uomo, l'amore verso Dio e l'amore verso l'uomo creatura di Dio; la conoscenza dei contenuti di Fede e la conoscenza dei contenuti umani entro cui la Fede dovrà germogliare. Amore e Conoscenza sono sempre in continua "crescita", proprio perché si tratta di forme "vive", di aspetti "vitali" dello stesso soggetto umano che è questo apostolo. Questo progetto, di cui non mi è possibile, per iscritto ed in poche righe, dare indicazioni a sufficienza, non è però un progetto proponibile a livello di una singola diocesi; e ciò proprio per il fatto della sua radicale novità, non solo come fisionomia del nuovo apostolo che da esso progetto dovrebbe scaturire, ma anche come processo formativo di questo nuovo apostolo: per esso infatti il solo Seminario non è più sufficiente, ma è indispensabile una dialettica umana che abbia delle radici nella vita famigliare. Il fatto che il nostro attuale Pontefice ci indica continuamente la "Famiglia" come luogo attraverso cui dovrà passare la Chiesa, per meglio aprirsi al momento storico attuale ed a quelli successivi, io lo vedo e lo sento come un invito misterioso che lo Spirito Santo ci rivolge. Io ho in mente e nel cuore tutto un lavoro che vorrei svolgere in prima persona. Ma occorre che tale lavoro abbia il benestare... delle alte autorità della Chiesa. Ho cercato di avere dei contatti con persone che stanno a Roma nelle organizzazioni centrali; ma mi pare di trovare ovunque "porte chiuse". Intuisco anche il motivo di tale rifiuto: quello della estrema novità della proposta, che tra l'altro non può essere resa chiara per iscritto, e che perciò è facile venga anche fraintesa; e quello della "fonte" da cui tale proposta giunge, la quale è... "un semplice laico sconosciuto", e per di più... un marito che vive un rapporto matrimoniale infelice. Io ho chiesto che mi si dia la possibilità concreta di accennare tale proposta nei fatti, riunendo un gruppo di persone (a Roma o altrove) composto da una diversità di indirizzi, sia culturali che spirituali, ed esponendo loro alcune tracce del mio pensiero, nel "vivo", nella "immediatezza reale del dialogo" con loro. 5i sarebbe poi colto, con sincerità di cuore, quello che negli animi era stato suscitato; e si sarebbe successivamente continuato il dialogo soltanto con quelli di loro che avevano riscontrato, in quell'ascolto e in quel dialogare, come una proposta rivolta loro da Dio per una "nuova" crescita, umana e di Fede. Sono prossimi due avvenimenti importanti per la Chiesa: il 2° Convegno ecclesiale, e l’Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. Per l'anno venturo è previsto il 2° Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana; ho letto le indicazioni date dalla CEI; e comincio già a pensare (con mio dolore; perché io amo la Chiesa come amo il mio Gesù, il mio Dio, il nostro Dio) che rischia di esaurirsi in un "baraccone" di interventi che "in realtà" non intervengono in nulla; di iniziative che "in realtà" non danno "vita" ad un bel niente; di discussioni intellettualmente elaborate che "in realtà" non "toccano" né i fedeli laici né i loro Pastori! Per l'anno '86 è poi prevista la VII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, la quale avrà come tema "La Missione del Laicato nella Chiesa e nel Mondo". Anche in questo campo si rischia di ridurre il tutto in una sequela di elaborazioni tecnoconcettuali, dove il problema dell' “incontro” con l'uomo reale resta anch'esso collocato entro schemi teorici; e dove il "dialogo" ministro-fedele resta sempre "dottrinario", e solamente dottrinario; e dove si esprime una dottrina che conosce soltanto dei principi teologici, ma che "non conosce" invece l'uomo nella ”sua verità contingente". In questi Convegni o Raduni, risulta sempre “assente" quel "fermento vitale", che può essere generato solo dalla concretezza di un apostolo che "si dona realmente" a Dio ed all'uomo contemporaneamente; perché appunto Dio possa incontrarsi con l'uomo nella sua realtà concreta, e possa redimerlo a partire dalla sua verità umana. Io vorrei donare alla Chiesa, attraverso i suoi Vescovi, non potendo sperare di farlo giungere a Sua Santità, il mio contributo, affinché questi momenti di incontro, di riflessione, di meditazione, apportino "realmente" un "nuovo fermento umano" in seno alla Chiesa, fermento umano che si sposi con un fermento di Fede autentico, principalmente nei suoi ministri ed in quei laici che si pongono come collaboratori nell'attività sociale della Chiesa. Vorrei donare il mio contributo affinché provochino inoltre il generarsi di nuove concezioni sull'uomo redento da Cristo; provochino un "nuovo amore per la Verità", un desiderio di "donarsi per la ricerca continua della Verità"; poiché nell'uomo reale la "ricerca della verità" è incessante, fa parte dello stesso "vivere la Fede nell'umano". Provochino infine una "reale conversione" in tutti, a partire dai ministri: ""... Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore con che cosa lo si potrà rendere salato?...””. Non si è divenuti "sale della terra" solo per il fatto di avere studiato teologia, ed avere ricevuto il Sacramento dell'Ordine! Eccellenza. queste mie parole non vogliono essere una critica denigratoria verso coloro che già operano; bensì vogliono esprimere delle constatazioni di fatto, al fine di "prendere coscienza" dell'urgenza di un "rinnovamento dall'interno", nel campo della pastorale; rinnovamento nei "soggetti umani" operatori, più che nelle tecniche strumentali, o nelle iniziative sociali appariscenti. Mi sto rivolgendo a lei, da un lato per comunicarLe parte delle mie aspirazioni che ho in cuore, come ad un amico spirituale; da un altro lato per chiederLe delle indicazioni su come adoprarmi affinché quanto Dio ha fatto maturare in me non vada perduto, ma venga a riversarsi nella Sua Chiesa. Quale Organismo, a Roma o altrove, potrebbe più facilmente accogliere il mio discorso e la mia proposta di lavoro? Lei, nella sua attività, ha forse avuto occasione di conoscere, o di incontrare, persone che vorrebbero adoprarsi con intendimenti simili al mio: potrebbe indicarmeli? Ho scritto alla S. Congregazione per la Dottrina della Fede, nella persona di S.E. Mons. A. Bovone; ho scritto al Pontificio Consiglio per la Famiglia, nella persona di S.E. Mons. F.J. Cox; ma non ho avuto ancora alcuna risposta. Avrei desiderato mettermi in contatto con qualcuno dei Segretari Personali di Sua Santità, pensando che loro potessero essere più "vicini", nel pensiero e nell'atteggiamento di Fede, alla linea espressa dal Sommo Pontefice; e che perciò meglio avrebbero capito il mio discorso, più facilmente avrebbero accolto la mia proposta, la quale è proprio innestata nel pensiero espresso, e nel lavoro apostolico svolto, da Sua Santità Giovanni Paolo II. Essi avrebbero potuto indicarmi, dove e presso di chi, la mia proposta avrebbe potuto trovare comprensione e credibilità. Ma io non conosco nessuno dei Segretari, e non saprei come fare per giungere a loro; anche in questo mi accorgo che sono necessarie certe "credenziali" da parte di qualche altro. Lei mi ha conosciuto nel mio passato del Seminario; mi spiace che non conosce il rimanente arco della mia vita. Lei conoscerà in qualche modo l’ "ambiente" del Vaticano: potrebbe darmi una mano in questo? Questa mia ricerca, che è anche (devo dirlo, purtroppo) affannosa, è una ricerca della "volontà di Dio nei miei confronti". Cosa vuole il Signore da me? Su quale strada vuole portarmi? Dove vuole che io doni me stesso? Perché tanto penare senza frutto alcuno? Se io non riesco a trovare la via per "esprimere me stesso" in un impegno di attività concreta che sia consona alle mie risorse umane e di Fede, io mi sentirò un "essere inutile", un essere umanamente finito! Ed inutile mi apparirebbe tutta la mia ricerca di Fede. Vuota e senza senso mi apparirebbe tutta la mia vita che ho già trascorsa. Nella famiglia, sembra che tutto mi sia andato "storto", sin dall'inizio, sebbene io abbia amato ed ami mia moglie nella piena dedizione di cui potevo essere capace. Mi è parso che satana mi avesse dichiarato guerra proprio nel mio rapporto coniugale, costruendo menzogne e falsificando i fatti; ed ingenerando ostilità nei miei confronti. Inoltre non sono riuscito ad avere al mio fianco un Sacerdote come guida spirituale, perché non sono stato mai capito né creduto nella mia realtà umana. Perché tutta questa incredulità nei miei confronti? Perché? Mi risuonano ancora nell'orecchio queste parole. che, verso la primavera del '73, mia moglie mi rivolse, in un momento di mio particolare abbattimento morale, per i nostri contrasti: ““Io ti tengo in pugno, perché ho fatto le cose in modo tale che a me credano e a te no!””. Io rimasi esterrefatto; ma non feci discussione. Mi è sempre sembrato che satana, in quella circostanza, si fosse servito di mia moglie per esprimermi la sua avversione ed il suo piano diabolico nei confronti del nostro rapporto coniugale; per impedire quella crescita spirituale che avrebbe dovuto portare un notevole contributo di fede negli ambienti che avremmo frequentato, come era nei miei propositi. Io ho dovuto sempre sopportare in silenzio questo ed altri atteggiamenti, che oserei definire "diabolici", espressi da mia moglie nei miei confronti in varie circostanze. Ma essa ha anche avuto tante volte sentimenti di affetto e di donazione sinceri: è stata sempre una donna molto combattuta nel suo intimo, ed ha sofferto anche lei tanto. Eccellenza, mentre mi scuso se La ho importunata con le mie confidenze personali, La ringrazio di cuore per quelle indicazioni che potrà fornirmi, perché io possa riuscire a fare qualche passo avanti in questo mio progetto per la nascita di un "Nuovo Germoglio" in seno alla Chiesa; o perché io possa trovare la mia strada, dopo tanti sballottamenti, anche se dovesse essere diversa da quella che io ora potrei immaginare, purché sia nei disegni misericordiosi di Dio. Sono certo che la distanza gerarchica ecclesiale che ci separa non costituirà un elemento che impedisce di sentirsi entrambi in comunione spirituale, nella apertura a Cristo ed alla Chiesa Sua Sposa; ministri di ministero diverso, ma immersi nello stesso Mistero di Fede. Rivolga al Buon Dio una preghiera per me, perché mi dia la sua Luce e la sua Forza; io da parte mia Le auguro nel Signore che il suo ministero sacerdotale e pastorale sia sempre accompagnato dalla Grazia celeste. La saluto cordialmente nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 Anno 1985, 1° Semestre Mons. Paul P0UPARD, 22-04-85 Verona, 22.04.1985 A Sua Eccellenza Reverendissima Arcivescovo Mons. Paul P0UPARD Presidente del Comitato Esecutivo Pontificio Consiglio per la Cultura Piazza S. Calisto, 16 00153 ROMA Eccellenza Reverendissima, E' con animo filiale, e nello stesso tempo fraterno, che mi rivolgo a Lei, nel tentativo di potere avere un dialogo con chi è preposto ad uno degli Organismi centrali della Chiesa, e che impegna le sue energie e capacità nel promuovere la vita del Corpo Mistico di Cristo, di fronte a tanti bisogni ma anche a tante difficoltà, che emergono nel vasto orizzonte umano ed ecclesiale. Atteggiamento filiale, perché riconosco e sento l'opera della Madre Chiesa che si esprime attraverso i suoi Pastori; ma anche atteggiamento fraterno perché, quale fedele che partecipa della stessa Grazia redentrice che il nostro Padre Celeste elargisce a noi tutti attraverso Cristo Gesù e mediante l'azione dello Spirito Santo, vivo e soffro perché la volontà salvifica del Signore si compia in me ed in tutto il Popolo di Dio. Sono anni che desidero comunicare al contesto ecclesiale quello (poco o molto, lo sa solo Iddio) che è andato maturandosi in me lungo l'arco della mia vita, con l'aiuto dello Spirito Santo, attraverso studi ed esperienze umane e di Fede, a riguardo l'evangelizzazione e la "vera crescita umana". Ho 52 anni; sposato nel 1965, ho moglie e due figli (di 17 e 15 anni). Ho insegnato, laureato in Fisica, dal 1964 al 1983 materie scientifiche in diversi Istituti Tecnici Industriali. Poi ho chiesto (ed ottenuto) le dimissioni dalla Scuola, in quanto, laureatomi in Psicologia e trasferitomi a Verona (da Padova), ho optato adesso per l'attività di Psicologo, nutrendo forte desiderio di dedicarmi ai problemi umani e sociali. Ma ancor più sento il desiderio di impegnare le mie risorse perché il Messaggio Evangelico sia meglio conosciuto, e più efficacemente comunicato. 1 - Ho cercato in Verona, come avevo fatto quando abitavo a Padova (dal '75), un dialogo con esponenti ecclesiastici del posto; ma... ancora con risultato nullo!! Ciò principalmente (credo) per il fatto che, già sin dal loro presentarsi, le mie osservazioni e proposte si manifestano orientate verso un orizzonte "nuovo", anzi "radicalmente nuovo" sotto certi aspetti; e fanno intravedere un iter di svolgimento concreto che si scosta notevolmente dalle usuali metodiche attraverso le quali oggi vengono svolte la pastorale, la catechesi, l'acculturazione cristiana. E viene anche avvertito quel certo stato di sofferenza interiore che a volte c'è in me, essendo stata la mia vita personale e familiare segnata da continue difficoltà e dispiaceri, ed essendo stata la mia una ricerca culturale ed esperienziale veramente sofferta. Ma, mentre io ho vissuto e vivo questa sofferenza come elemento che mi fa partecipe delle stesse sofferenze di Cristo, e che è inevitabile a chi vuol realmente rispondere all'invito di Gesù: "sequere me", l'altra persona interlocutrice pare che interpreti (erroneamente) tale mia sofferenza come segno di scarso equilibrio interiore. Questo pregiudizio è già una delle tante "falsità" che oggi vengono sostenute riguardo all'uomo; esso impedisce la "reale comunicazione umana", e quindi la "reale comunione di Fede", ed è molto diffuso anche nell'ambito ecclesiale. 2 - Il 9 marzo u.s. ho partecipato al VII Convegno sul Magistero Pontificio, tenutosi in Padova; relatore è stato S.E. Mons. Jozef TOMKO. Ho potuto avere un abboccamento, purtroppo molto breve, con lui; ed in esso ho accennato al mio progetto di un "NUOVO APOSTOLAT0"; progetto che sento forte il bisogno di comunicare e trasmettere "integralmente" alle Autorità Ecclesiastiche centrali della Chiesa, perché sento nel mio intimo che esso fa parte di un disegno divino misterioso (ed attualmente incomprensibile), di cui tutta la pastorale del nostro attuale Sommo Pontefice è una delle espressioni, una delle componenti. Mons. Tomko mi suggeriva di avanzare questa richiesta a Lei, Eccellenza, essendo Lei uno degli esponenti del Pontificio Consiglio per la Cultura, e contenendo il mio progetto larghi e profondi risvolti culturali; ed anche al Padre H. Carrier s.j. il quale lavora anch'egli in codesto Consiglio Pontificio. 3 - Le tematiche della mia proposta si situano a diversi livelli, coinvolgendo esse le scienze psicologiche, le scienze sociali, l'evangelizzazione, l'azione pastorale, la spiritualità, la crescita nella Fede, la formazione sacerdotale, la formazione dei laici all'apostolato, la formazione all'amore coniugale cristiano ed apostolico. Sul piano culturale, la mia proposta vuole mettere in evidenza (tra l'altro) l'esigenza, non più procrastinabile in seno alla Chiesa, di una "TRASFORMAZIONE CULTURALE"; essa deve partire innanzitutto da un processo di presa di coscienza di quanto "laicismo ed ateismo" siano venuti a far parte della cosiddetta "cultura cristiana"; conseguentemente deve portare a "fondare" "nuove basi" per una cultura che "scaturisca realmente" dal soggetto umano; e, nel caso di una cultura cristiana, che scaturisca da un soggetto umano che vive nella sua esperienza concreta il profondo orizzonte della Fede, e che lo vive attraverso una continua coniugazione dialettica con l'orizzonte della crescita umana. L'incontro con la cultura sociale laica (non cristiana), non solo avverrà poi su basi nuove, ma anche si articolerà mediante paradigmi nuovi; tali basi e paradigmi consentiranno al soggetto umano-cristiano di affrontare l'incontro dialogico senza "falsi schemi protettivi", in modo che sia il soggetto umano ad emergere dalla cultura stessa, e non viceversa; che sia cioè il soggetto umano il vero protagonista, e non la cultura. 4 - Un altro dei livelli in cui si situa la mia proposta è quello della pastorale, vista particolarmente dal lato della catechesi; questa viene intesa come momento peculiare di crescita nella Fede, vissuto in concomitanza della crescita umana. La trasformazione, che vorrei ci si rendesse conto quanto sia necessario fare anche in questo settore, implica una trasformazione dello stesso concetto che oggi si ha della catechesi. Essa viene oggi concepita come una serie di "lezioni", come un momento "scolastico", come un momento di "indottrinamento"; la nuova proposta vuole invece evidenziare come le condizioni umane, in cui il soggetto (cristiano e non) vive nell'attuale contesto interpersonale e sociale, sono tali che i canali e le modalità comunicative, mediante i quali il Messaggio Evangelico possa giungere al cuore dell'uomo in modo efficace, sono da ricercare altrove: il Messaggio Evangelico, infatti, non è solo dottrina, ma è principalmente "principio di vita", "amore che redime l'uomo nella sua interezza". Pertanto, lo stesso soggetto che attua la pastorale (sacerdote o laico) dovrà aprirsi egli per primo verso "nuovi livelli di comunicazione" e "nuovi livelli relazionali"; livelli che invece non sono assunti nella pastorale attuale: in questa vi figurano degli schematismi, che solo superficialmente e folkloristicamente assomigliano a quella "relazionalità umana" cui la mia proposta si riferisce. 5 - Dato il continuo diniego incontrato, amaramente mi domando: Perché tutti i tentativi, fatti da molti anni, di dialogare questo mio orizzonte nuovo con altre persone impegnate sul fronte cattolico (sacerdoti e laici), non hanno avuto risultato alcuno? Perché non può giungere alla Chiesa, specialmente in vista dell'importantissimo tema sull'apostolato dei laici, che il prossimo Sinodo dei Vescovi affronterà nell'autunno dell’ ‘87, questo mio contributo, anche se piccolo? Forse per il fatto che esso presenta svolte radicalmente nuove, e quindi molto impegnative? O forse per il fatto che esso proviene da un laico che non ha referenze particolari, se non quella di una vita vissuta nella ricerca continua di una crescita umana e cristiana insieme; e quella di avere avuto una volontà tenace di restare fedele, nonostante le proprie debolezze e limitatezze ed a costo di sofferenze ed umiliazioni, al suo impegno di amore preso con il Dio dell'Amore, al suo impegno di verità preso con il Dio della Verità? 6 - Io sento, nel mio intimo spirituale di figlio della Madre Chiesa, che il nostro attuale Pontefice Giovanni Paolo II sta esprimendo quella azione dello Spirito Santo, il quale vuole portare la Chiesa di Cristo verso un nuovo orizzonte, quello di una "RINASCITA CONCOMITANTE DELLA FEDE E DELL'UMANO", che impegna l'uomo sin nelle sue radici, per affrontare con coscienza redentiva il difficile momento storico che l'umanità sta attraversando. Dicendo Rinascita "concomitante"... voglio significare che i due aspetti (quello della crescita umana e quello della crescita nella Fede) non devono essere visti come divisi tra loro, ed affrontati quindi in modo separato, sia per quanto riguarda la loro struttura e sia per quanto riguarda la metodica attuativa; bensì devono essere vissuti "contemporaneamente", nello stesso momento vitale, perché "unitario" è il soggetto umano, e perché "unitario e totale" è il Messaggio Evangelico di Gesù Cristo. Il Concilio Vaticano II mi appare, a questo riguardo, unico ed insostituibile (pur nella sua complessità a volte enigmatica e profetica) nei suoi contenuti e nelle sue proposte: è come una nuova carta costituzionale (pur desunta sempre dallo stesso patrimonio di Fede insito nella Chiesa) che lo Spirito Santo porge a tutto il Popolo di Dio. A partire da essa, la Chiesa tutta, nei suoi vari livelli, è chiamata a darsi nuove leggi operative; è chiamata verso un nuovo cammino; è chiamata a sviluppare nuovi rapporti, sia interni che esterni; è chiamata a ri-creare i suoi orizzonti particolari, di pertinenza ai vari settori in cui il Popolo di Dio si distribuisce. E ciò, non perché debba divenire un'altra Chiesa (il che sarebbe assurdo anche pensarlo), bensì per "recuperare se stessa" in un "nuovo momento storico". Il Santo Padre sta impegnando tutto il suo Pontificato, con sapienza ed abnegazione impareggiabili, per l'attuazione reale e vivente del Concilio: Egli sta attuando "la sua" parte. 7 - Ma nella Chiesa le mansioni sono tante, innumerevoli; anche gli altri devono fare "la loro" parte, pur nella unità dello Spirito che ci unisce tutti. Se le altre componenti della Chiesa non esprimono quel contributo loro oggi richiesto dallo Spirito che chiama, il prodigarsi stesso del Santo Padre, per quanto animato dallo spirito di Verità e di Amore, non potrà attuarsi con quella pienezza ed efficacia apostolica come Egli stesso desidera in cuor suo. L'accorato appello, rivolto ai cristiani di tutti i tempi dall'Apostolo Paolo, a costituire "un Corpo Vivente", il Corpo Mistico di Cristo, pare oggi dimenticato o ritenuto non idoneo alla situazione storica attuale; e si ricorre invece a quelle altre forme di unitarietà che sono specifiche dei gruppi laicisti ed ateistici. Ma l' "unità di un organismo vivente", e la "compattezza di una aggregazione", sono due cose ben diverse tra loro: la seconda non potrà mai sostituirsi alla prima, né essere ad essa paragonata anche lontanamente. Io avverto che, a livello più concreto e periferico, la gerarchia ecclesiastica "si rifiuta" (non disciplinarmente, ma interiormente), non solo di attuare il nuovo Messaggio espresso dal Concilio Vaticano II e dal Magistero (ed anche dalla Pastorale) di Sua Santità Giovanni Paolo II, (forse lo fa inconsapevolmente; o forse perché non sa, a ragione o a torto, da dove incominciare), ma anche di prendere coscienza della necessità inderogabile di una svolta radicale; e (di prendere coscienza) della esigenza, connaturale alla stessa struttura della Chiesa, che essa (svolta radicale) parta prima di tutto dal Clero. Più o meno inconsapevolmente si continua (erroneamente) a pensare che il Magistero della Chiesa sia rivolto più ai "lontani" che ai "vicini”, più ai cristiani laici che agli ecclesiastici; a pensare che la "conversione" e la "riconciliazione" siano un fatto che riguarda soltanto l'etica vetero-testamentaria, cioè l'etica del periodo della "sudditanza" e quindi della "legge", e non invece anche (anzi, principalmente) un appello che riguarda l'etica neo-testamentaria, cioè l'etica del periodo della "filiazione" e quindi del "ministero": Cristo, da sudditi ci ha fatto divenire figli; ed alla legge ha fatto subentrare il ministero (che, pur comprendendo la legge, la oltrepassa), fondandolo nella Verità e nell'Amore. E perciò non può esserci nella Chiesa vera conversione e vera riconciliazione se non a partire dai suoi ministri. 8 - Ed avverto anche che i vari Centri Culturali (comprese anche le Università Cattoliche), i quali elaborano la dottrina del cristianesimo, o la illustrano per varie vie ed in vari modi, il più delle volte operano anch'essi con "matrici laiciste", incompatibili con l'annuncio evangelico; matrici in cui principi ateistici e principi cristiani vengono fatti intrecciare per costituire un "compromesso culturale”, dove l’anti-cristo appare sì combattuto, ma dove anche Cristo stesso risulta fortemente deformato! E si creano così delle concettualizzazioni “ibride”, e dei sistemi teoretici che di realmente umano hanno ben poco: il tutto dà a volte l'idea di un forte "baccano intellettuale". Come potranno tali dottrine svolgere il compito di "mediare" il Messaggio Evangelico di Redenzione, rivolto all’ ”Uomo” nella sua realtà umana più profonda ma anche più concreta? Così, il sistema culturale cristiano, invece che divenire strumento efficace della prassi dell'evangelizzazione, si pone come "pietra d'inciampo", vanificando la stessa pastorale della Chiesa; perché alla "parola di Vita" essa (cultura, o meglio pseudocultura) sostituisce parole altisonanti ma "vuote". 9 - Eccellenza, come vorrei che Lei venisse a conoscenza di tutti i miei pensieri e sentimenti in proposito; e di tutte le sofferenze morali e spirituali che questa mia strada ha comportato, e comporta, da lunghi anni! Vorrei quasi supplicarLa, per quello stesso amore che anche Lei nutre per Gesù Cristo, il "nostro" Redentore, e per quell'attaccamento filiale che anche Lei ha verso la "nostra" Chiesa; amore ed attaccamento che ci accomunano, anche se con ministeri diversi; vorrei supplicarLa di darmi modo che questo orizzonte nuovo di cui Le sto parlando io possa presentarlo, in qualche modo, alle Autorità Ecclesiastiche. Mi consenta di illustrarlo, attraverso degli Incontri, ad un certo numero di persone, da Lei stesso indicate, di "varia" estrazione culturale e ministeriale, e fra le quali vi sia possibilmente anche gente giovane; tale "varietà" permetterà meglio di capire ed evidenziare i molteplici risvolti che esso progetto comporta, nei vari livelli in cui si proietta il cammino di Fede dell'uomo reale. Che siano persone realmente desiderose ed interessate ad aprire nuove strade alla missionarietà della Chiesa, a quella missionarietà che la Chiesa sente il bisogno di esprimere ed attuare anche "verso se stessa", oltre che verso gli altri; perché essa possa generarsi dal suo interno; perché essa possa vivere il suo misterioso riconciliarsi con lo Spirito, che la anima e la unisce al suo Capo che è Cristo Gesù; perché il Padre celeste possa trovarla fedele e fertile nel suo ministero di redenzione che Egli le ha affidato, per la salvezza di tutti gli uomini. Nel "dialogo fraterno", che io spero possa nascere con queste (e fra queste) persone, lo Spirito Santo potrà meglio parlare ai nostri cuori, illuminare le nostre menti, far nascere "nuove capacità di discernimento": così che possa essere letto più correttamente il "segno dei tempi", e reinterpretato in modo più efficace il momento che la Chiesa sta vivendo nei vari livelli, in cui essa incontra l'uomo e le culture da esso prodotte; e fomenterà pure il coraggio necessario per intraprendere vie nuove. 10 - Sento che questo mio progetto potrebbe essere un prezioso (anche se piccolo) contributo per la Chiesa; ed ho anche una percezione interiore che tutte le difficoltà, tutti gli impedimenti, tutte le sofferenze cui sono andato incontro, sono state (e sono) in grossa parte azione di guerra che satana, il principe della menzogna e delle tenebre, ha scatenato contro questo progetto, che io ho cercato di portare avanti, verso una maturazione sempre più allargata ed approfondita, sin dal lontano 1950. Satana, esprimendo la sua diabolicità contro di me, è giunto anche a dichiararmi apertamente la sua lotta nei miei confronti, dicendomi queste testuali parole (servendosi della bocca di una persona che per discrezione non menziono), nell'autunno del 1972: "io ti tengo in pugno, perché ho fatto le cose in modo tale che a me credano ed a te no!". Poiché io son dovuto andare avanti da solo su questo cammino, non avendo mai trovato compagni di viaggio, nonostante tutti i miei tentativi di condividere con altri questa ricerca "umana e di Fede insieme", satana era sicuro che, demolendo me, la mia persona nel morale e nel fisico, avrebbe demolito anche quel progetto, dal quale egli si sente attaccato sin dalle radici. Ancora in un'altra circostanza, circa un anno fa, lo stesso satana (sempre per bocca di quella stessa persona) mi si rivolgeva dicendomi: ... (per tutto questo che succede) ... , “tu ti distruggi; io non mi distruggo!". Io sono certo che, se Dio ha permesso tutto questo, lo ha permesso perché la sua Sapienza infinita saprà trarne gloria per il Suo Nome. Io so che devo esserGli fedele; e voglio esserGli fedele, nonostante tutte le avversità. Questo mio "dono totale di me stesso", fatto al mio Dio già nel 1950, quando vivevo (nel Seminario arcivescovile di Siracusa) una vocazione sacerdotale, che purtroppo dovetti lasciare a due anni dal Sacerdozio (nel 1956), questo mio essermi donato è parte essenziale di me; per cui non posso non continuare a lottare, pur soffrendo, per cercare di conoscere, di trovare e di compiere la Volontà di Dio nei miei confronti; ho cercato e continuerò a cercare conforto nel Signore, sperando nella sua Misericordia; continuerò a chiedere a Lui luce e forza, perché si compia la Sua Volontà su di me, non la mia. 11 - Quello a cui ho accennato sopra, a riguardo questo mio progetto per un "Nuovo Apostolato", che è anche un progetto per la formazione di "Nuovi Apostoli", è solo uno strettissimo stralcio di quanto vorrei esprimere; e, preso così, staccato dal contesto dell'insieme, rischia assai di essere frainteso. Questo mio progetto mi è impossibile tradurlo mediante parole scritte: sono molte, e forse le più importanti, quelle componenti che solo attraverso una "PAROLA DIALOGATA" potranno essere espresse, e recepite nel "loro senso e significato reali". Voglio intanto precisare che tale mio progetto non consiste nel "dire io ad altri quello che essi devono fare", no! Esso è invece un progetto che io stesso per primo, ed in prima persona, voglio mettere in atto; con l'augurio che altri poi si affianchino a me in questo lavoro. Esso (progetto) non intende sovvertire quello che già si sta facendo in campo pastorale ed in campo culturale; ma vuole solamente "far nascere una prospettiva nuova" in seno alla Chiesa: è un "NUOVO GERM0GLI0” che voglio promuovere, e non un invito a tagliare germogli già esistenti nella Chiesa. Se tale "nuovo germoglio" sarà scaturito realmente (come io credo e spero) dalla "Vite" che è Cristo Gesù, esso crescerà, animato e guidato dallo Spirito Santo, e porterà i suoi frutti di redenzione. In questo caso, gli altri germogli già esistenti potranno trarre indicazioni utili per il loro evolversi successivo, poiché la Grazia del Signore è per natura sua "comunicativa". 12 - Se io, nell'illustrare l'orizzonte nuovo che propongo, faccio riferimento in termini critici a certa prassi, sia culturale che pastorale; se ne indico quelli che a me appaiono come elementi negativi, che impediscono il "crescere reale e vitale" del Popolo di Dio, sia in umanità che in Fede; se evidenzio come certi criteri di operare si fanno addirittura complici (anche se inconsapevolmente) del progetto diabolico di satana, il quale particolarmente oggi imperversa con l'arma della falsità e della menzogna (manifesta, o nascosta subdolamente) per falsificare la conoscenza sull'uomo e persino il Messaggio Evangelico; questo mio riferimento critico non vuole essere affatto un atto di accusa verso alcuno. Esso ha lo scopo di far conoscere all'interlocutore (in questo caso, alle Autorità Ecclesiastiche alle quali mi rivolgo) il mio orizzonte culturale e di Fede.. Così esse (Autorità Ecclesiastiche) potranno meglio capire se questo mio orizzonte si nutre in modo autentico del Messaggio Evangelico e del Magistero della Chiesa, così come esso sgorga alla fonte di Pietro; oppure No. E potranno meglio intuire se questo mio orizzonte, progettandosi poi nel concreto, si tradurrà o meno in una missione che, anche nell'immediato dell'umano, vive ed opera nello spirito di Cristo Gesù, il quale soltanto è "Via, Verità e Vita". Un progetto così radicalmente nuovo, quale quello che io ho in animo di esprimere, non può prendere vita per conto proprio, senza cioè un benestare, anche tacito, delle Autorità Ecclesiastiche centrali; e tale benestare esse non possono esprimerlo se prima non intravedono che lo spirito animatore di tale progetto scaturisce dallo stesso messaggio di Redenzione, e si nutre di quella stessa vita che in modo misterioso Cristo dona continuamente alla sua Chiesa. 13 - Il mio intento più immediato è allora quello di comunicare nella sua integrità alla Chiesa questo poco che l'anima mia, rispondendo alla Grazia del Signore, è riuscita a maturare. Con l'inciso "nella sua integrità", voglio significare che il mio progetto è caratterizzato da un assetto unitario, dove ogni parte acquista il senso ed il significato corretti solo se calata entro il contesto dell'insieme. So che il Signore mi ha dato e mi ha chiesto molto di più; ma la mia debolezza e fragilità non mi hanno consentito di rispondere alla bontà celeste come avrei voluto e come Lei voleva. Il dolore che porto dentro di me deriva anche da questa consapevolezza: di non aver saputo rispondere all'Amore divino. Tanti altri sapranno rispondere meglio di me; ed io vorrei che questo poco che è germogliato in me non andasse perduto: anche se poco, esso è sempre grazia del Signore. Ed è per questo anche che voglio comunicarlo alla Chiesa: perché voglio che esso giunga a questi altri, e ad altri ancora. Costoro, son certo, sapranno rispondere con più generosità all'invito dello Spirito Santo; ed inoltre compiranno i passi successivi dello stesso progetto, passi che io non sono in grado di compiere. 14 - Credo possa risultare utile, per una prima conoscenza, farLe giungere, oltre al presente scritto, una copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia: anche se in maniera molto sintetica, essa riporta un piccolo squarcio del mio orizzonte culturale. Nella Pasqua di Resurrezione del 1984, a distanza di solo un mese dalla mia laurea, ebbi la gioia di offrire in omaggio filiale a Sua Santità questo mio lavoro; Egli mi fece pervenire poi la sua Benedizione Apostolica. Nello stesso plico avevo accluso una lettera indirizzata a Padre Stanislao (non ne conosco il cognome), segretario personale di Sua Santità; gli chiedevo alcune indicazioni: ma non ne ho avuto risposta, e questo mi è spiaciuto. Tutto lo svolgimento di questa Tesi è prodotto personale; ed è frutto di ricerche teoriche ed esperienziali, che si sono estese in un arco di tempo di parecchi anni. Questo lavoro, come Lei stesso può rilevare dai voti riportati sul certificato di laurea accluso, non ha avuto il pieno riconoscimento accademico: cosa che tuttavia io già mi aspettavo. Il mio discorso infatti negava la validità scientifica a certe teorie proposte dalla Psicologia accademica o dalla Sociologia, le quali pur pretendono di essere scientifiche; e negava pure la veridicità di certe assunzioni, che fanno parte di quel sapere, a riguardo l'essere umano, o il suo comportarsi individualmente e socialmente. Nello stesso tempo esso introduceva altre assunzioni, e sosteneva altre teorie, che non fanno parte del bagaglio culturale ufficiale e condiviso. 15 - Ogni sistema teorico è retto da una sua particolare epistemologia, dalla quale esso deriva la forza di validità delle sue asserzioni. Questa considerazione è molto importante nel campo delle Scienze Umane. L'epistemologia, lungo la quale il mio orizzonte culturale si è sviluppato, è diversa, in parecchi punti fondamentali, dalle epistemologie che oggi sono più seguite nelle scienze umane, nelle quali includo anche la produzione di pensiero cristiano cattolico. Tale diversità, più che nei singoli assunti che compongono il sistema epistemologico, sussiste nel quadro strutturale d'insieme, entro il quale gli stessi assunti si legano tra loro; e quindi la diversità è insita nel legame a riguardo la loro funzione razional-operativa, nel legame a riguardo la loro funzione metodologica, nel legame a riguardo la loro funzione generativa. Quando io più sopra parlavo di "Trasformazione Culturale", volevo significare appunto una trasformazione a cominciare dallo stesso sistema epistemologico. Sono infatti del parere che la Cultura Cattolica (non la dottrina della Chiesa, che è un'altra cosa) di oggi si muove entro una epistemologia che, non solamente non libera l'uomo perché questi possa restituirsi al suo Dio, ma lo imprigiona ancora di più entro schemi filosofici abnormi ed ibridi; sì che egli, oltre a non potersi più aprire al suo Dio che dall'intimo lo chiama, "perde anche se stesso". Si hanno così le pseudo-trascendenze, che vengono scambiate per scienze dello spirito; le pseudo-spiritualità, che vengono confuse con le espressioni di vita dell'anima; gli pseudo-umanismi; le pseudo-psicologie; le pseudo-dottrine cristiane. Tutti questi sistemi teorico-culturali caratterizzati dallo "pseudo-" hanno in comune una "falsità matriciale”: cioè, le loro matrici, pur non essendo false in toto, contengono delle falsità logico-strutturali nei riguardi dell'essere umano, e nei riguardi dello stesso cammino di Redenzione cui l'uomo cristiano è chiamato. Falsando l'uomo, si falsa anche tutto il Vangelo di Gesù; e questo satana lo sa! e se ne serve! 16 - Ecco perché il Santo Padre, sotto l'influsso dello Spirito Santo, insiste continuamente sulla necessità di cercare la "VERITA' SULL'UOMO": è da li che può cominciare realmente la Redenzione; insiste sulla necessità di cercare la "VERITA' SULL'AMORE UMANO E CONIUGALE": è da lì che può cominciare realmente il risorgere del carisma ministeriale. Ed insiste anche nel rivolgersi ai giovani, come ai più idonei costruttori di una nuova società; perché essi soltanto possono essere la fonte da cui si origini una nuova cultura, una cultura più "genuinamente umana"; e si rivolge loro con amore ed insieme con trepidazione, perché percepisce i grandi tesori di cui essi sono portatori, e nello stesso tempo i grandi pericoli a cui sono esposti, non potendo essi fare a meno di incontrarsi con "dottori che lavorano nell'inganno e con l'aiuto delle tenebre". Ma, se si continua, da parte degli operatori socio-ecclesiastici, ad evitare di conoscere la "reale dinamica coniugale", ad evitare di conoscere le "reali difficoltà e lotte" che la coppia di sposi è oggi costretta a sostenere; se si continua a preferire tirarsi da parte di fronte ai casi concreti di crisi coniugali, e tranquillizzare la propria coscienza nascondendosi dietro una falsa religiosità; se si continua a porgere ai coniugi queste o quelle teorie, "sublimi" (!) o "scientifiche" (!) solo nelle apparenze, ma in realtà intrise di "falso cristianesimo" oltre che di "falsa psicologia"; allora la coppia coniugale, che Dio ha unito davanti al suo altare, e che ha stabilito debba rimanere unita, lungi dal divenire "chiesa domestica" come il Santo Padre ha caldamente auspicato, resterà invece "ingannata"! E continuerà a venire "divisa in se stessa" da questa cultura e da un tale agire; persino l'uomo-sacerdote, sebbene esso reputi e sostenga di stare agendo "correttamente" (!), si rende spesso "strumento di divisione". E se si continua, inoltre, a porre "in sudditanza" le risorse giovanili, per "rafforzare" gli schematismi culturali già esistenti (cosa che si verifica anche nell'ambito ecclesiale), la cultura cristiana resterà sempre "prigioniera di se stessa", ed impedirà così al Popolo di Dio di aprirsi verso quei nuovi orizzonti umani e cristiani, che gli permettano di affrontare "con valenza redentiva" la fase storica che stiamo attraversando. La "falsità" e l’ ”inganno” sono le armi di cui satana si sta servendo in modo particolare, nel presente momento storico, per disperdere il Popolo di Dio. La pornografia, il materialismo filosofico e pratico, la violenza sociale ed individuale, l'ingiustizia, l'incomunicabilità e l'incomprensione, ecc.... non sono frutto della sola debolezza umana; ma sono i risultati funesti cui l'uomo giunge, quando soccombe (a motivo anche della sua fragilità) alle "macchinazioni falsificatorie" messe in atto da satana, nelle forme più svariate e più impensabili, e nelle forme più ingannevoli. L'attacco di satana all'uomo è sempre un attacco d'insieme: per danneggiare A, egli si serve di B, di C , ...: così l'uomo stesso può rendersi complice di satana, e tradire il proprio simile. Satana attacca la Chiesa non soltanto dall'esterno, ma anche dal suo stesso ambito interno: qua egli agisce in modo subdolo, cerca di servirsi degli stessi operatori culturali e persino degli stessi ministri ecclesiastici, riuscendovi più spesso di quanto non si creda. 17 - Probabilmente, un "cattolico praticante", nel leggere questo mio scritto, si porrà una domanda del genere: Chi è costui?... Da dove viene?... A quale gruppo od associazione appartiene?... A quale corrente di pensiero aderisce?... E sì!... Perché ormai si può dire che, in certi stili di pensiero, l’ ”individuo", cioè 1a singola persona umana in concreto, non ha più "valore reale"; la "persona" ha valore soltanto quando è presa come entità "metafisica"! Quello che ha valore oggi è il "gruppo"; il gruppo "riconosciuto ed istituzionalizzato". Non è più la persona individuale a potersi qualificare da sé; è l’ ”appartenenza ad" un gruppo qualificato che permette all'individuo di essere riconosciuto! Ma... questo tipo di socialità... non é affatto quello che si addice ad una "comunità cristiana"! E' quello di un "corporativismo laico-ateistico"! Quel cattolico praticante che s'è posto quelle domande, quando constaterà che io sono "un semplice laico" (che, per di più, vive in ristrettezze economiche, e non è neanche di florida salute), che non provengo da (né appartengo ad) alcuna associazione (né cristiana, né laica) (appartengo soltanto alla Chiesa Cattolica, e con essa al nostro Dio), che non mi situo entro alcuna delle correnti di pensiero (di Psicologia, o di Filosofia, ...) oggi in auge (pur avendone analizzate parecchie...), allora questa persona dirà: ...Non vale la pena leggerlo!... Né sentirlo! E' questo uno dei criteri "d'incontro", che vige non soltanto negli strati sociali laicali, ma anche negli ambienti che si dicono "cattolici"! La validità del contenuto di un messaggio, non viene ricercata nel messaggio stesso, o nella sua adeguatezza funzionale rispetto al contesto in cui esso vuole calarsi; bensì è fatta derivare dal "lustro" di chi porge il messaggio. Rivestite da un tale lustro, vengono oggi distribuite, attraverso le varie vie culturali, tante falsità, "mescolate subdolamente" a delle verità; e tante piccole ideologie, che uccidono lentamente lo spirito di Cristo. Molte volte, da sacerdoti a capo di qualche organismo, quando ho proposto loro la mia collaborazione attraverso contributi nuovi, mi è stato risposto in questi termini: ...prima, "si faccia un nome"! ...Poi, vediamo! Ma è risaputo che un sistema culturale "applaude" chi tende a rafforzare quel sistema; e non invece chi tende a trasformarlo: per costui c'è l'ostracismo ed il boicottaggio. Questa legge sociale, che è caratteristica dei "sistemi laico-ateistici”, vige e domina anche nelle "comunità cristiane". Ma mentre un sistema laico-ateistico ne trae beneficio (da questa legge), per una comunità cristiana le cose stanno diversamente, perché "diversa" è la sua struttura formale e contenutistica. In essa tale legge impedisce la "reale conversione dell'uomo", in quanto questa conversione, cui Gesù ci chiana continuamente, richiede (oggi in particolare) "reale trasformazione", anche sul piano culturale. 18 - Eccellenza, mi rendo conto che non è la via normale questa di rivolgermi a Lei per via diretta; mi rendo conto che, prima di giungere ad un organismo centrale della Chiesa, occorre elaborare con altri, a livello più periferico, la proposta in questione. Ma... mi creda: è con dolore nel cuore che devo dirLe che non so più a chi indirizzarmi, dopo tutte le strade che ho tentato senza risultato. Io non sono esperto in diplomazia, né in burocrazia. Le chiedo perciò, caldamente, nel caso che Lei, o altri componenti del Pontificio Consiglio per la Cultura, non potesse prendere in esame il mio progetto, Le chiedo di indicarmi la persona (o le persone) alla quale potrei rivolgermi con maggiore successo. Sono consapevole che la strada che il mio progetto comporta è molto al di sopra delle mie forze; ma spero nell'aiuto del Signore: Egli radunerà altri, ai quali ha dato altre forze ed altri talenti, attorno a questo progetto. Altrimenti: perché sentirei così forte, e da così lunghi anni, il bisogno di portare avanti questo progetto, e di esprimerlo alla Chiesa, se ciò non derivasse dallo stesso Spirito Santo che anima la Chiesa tutta, sin nei suoi singoli fedeli?... Non è che voglia fare "grandi cose"; vorrei più che altro che chi è a capo di certi organismi ecclesiali "recepisca anche questo mio contributo"; e che lo recepisca nel modo più "genuinamente umano", e non soltanto in forma intellettuale: il Signore provvederà al resto. Quanto alla mia operatività concreta, io mi renderei disponibile per "attuare" questo progetto, qualora le Autorità Ecclesiastiche, illuminate dallo Spirito Santo, intuissero la portata creativa e rinnovativa della proposta, avendo di mira la "incarnazione" del Messaggio Evangelico nell'essere umano. 19 - Quanta manca il Dialogo entro la Chiesa! Ma questa deficienza non deriva dalla Chiesa in se stessa; essa è causata dalla limitatezza umana delle varie persone che operano nelle Istituzioni ecclesiali, le quali persone "vivono solo in parte nell'anima" della Chiesa; esse preferiscono lasciarsi condurre dai binari tecno-strutturali, dai quali traggono un certo senso di sicurezza, piuttosto che incontrarsi da essere umano ad essere umano "al di fuori da ogni schema", ideologico e giuridico. Non c'è dialogo a livello personale; e non c'è dialogo nemmeno a livello culturale. Negli incontri culturali, il dibattito serve a mascherare l'assenza del "dialogo": "dibattito" e "dialogo" sono due cose molto diverse! Nell'ambito della "vita cristiana”, tale diversità risulta ancora più profonda e più esclusiva: cioè, l'uno esclude l'altro. Il Dialogo è una di quelle ricchezze che la Chiesa fondata da Gesù Cristo possiede in se stessa. Sono gli uomini che molto spesso "non si aprono" a questa ricchezza; la fragilità umana li fà sentire impari nel gestire il dialogo, il quale vuole efficacia profonda e fertilità umana. Solo l’ ”Amore" può supplire ed aiutare a superare tale fragilità; questi uomini hanno però preferito l’ ”Intelletto" all’ ”Amore", ed hanno posto questi due pilastri dell'essere e del vivere umano in un rapporto inverso rispetto a quello propostoci dal Messaggio Evangelico: "PRIMATO DELL'AMORE SULL'INTELLETTO". Mentre il "primato dell'Intelletto sull'Amore" imprigiona l'uomo e lo irrigidisce, il "primato dell'Amore sull'Intelletto" lo apre verso una vita totalmente diversa, la quale non è definibile in termini razionali, non essendo !'Amore definibile con quella stessa razionalità con cui è definibile l'Intelletto: è la vita dell’ ”Uomo Nuovo" di cui parla S. Paolo. E' proprio dell'epistemologia di una cultura laico-ateistica quello di porre il primato dell'Intelletto sull'Amore: è nella natura stessa delle cose. La Cultura Cristiana, invece, ha un orizzonte sovrumano, soprannaturale; e non può fondarsi coerentemente, se non con una epistemologia che ponga il "primato dell'Amore sull'Intelletto". Questa inversione di rapporto non comporta però una semplice inversione della relazione tra Intelletto ed Amore; ma porta addirittura ad una relazione di altro tipo tra queste due operatività umane: la relazione tra Intelletto ed Amore non è cioè una "relazione biunivoca". Infatti, quando si concretizza il primato dell'Intelletto sull'Amore, la relazione si incentra sulla "sudditanza" dell'Amore nei confronti dell'Intelletto; mentre quando si concretizza il primato dell'Amore sull'Intelletto, la relazione tra i due si incentra sulla "strumentalità", nel senso di "Intelletto strumento dell'Amore". Si capisce subito che "strumentalità" è tutt'altra cosa che "sudditanza". L'Amore non è, né ha in sé, strumento; tuttavia, per "attuarsi", deve necessariamente progettarsi attraverso uno strumento: l'Intelletto allora si attua (in questo caso), non come controllo sull'Amore, non come suddità dell'Amore, bensì come "strumento dell'Amore", 20 - Per chiarire alcune cose che ho detto più sopra, voglio aggiungere anche questa considerazione. L'indicazione espressa testé, peraltro estremamente sintetica, circa la progettualità dell'Intelletto e dell'Amore nell'ambito dell'esistenza e del vivere umano, qualora la si prendesse come discorso in sé, come una struttura concettuale in se stessa conclusiva, essa non sarebbe (secondo il mio orizzonte culturale) un ambito della "trascendenza umana"; ma la giudicherei io stesso una "pseudo-trascendenza". Un ambito culturale potrà dirsi "trascendente" (secondo me) solo se esso viene sviluppato e collocato (entro il sistema culturale stesso) "rispettando e conservando i collegamenti" che esso ha con quegli altri ambiti (culturali e non-culturali) rispetto ai quali esso intende dirsi trascendente. Cioè: la "trascendenza" è un collocarsi oltre l'oggetto sul quale si trascende, mantenendo però "tutti i legami" con esso; la "pseudo-trascendenza" è un collocarsi oltre l'oggetto dal quale si parte (nel discorso), ma dal quale si prescinde, interrompendo i legami con esso. Mi pare opportuno far notare qui la distinzione che io faccio tra "trascendenza umana" e "trascendenza filosofica": non tutte le trascendenze filosofiche (a riguardo, ovviamente, l'uomo) sono anche trascendenze umane. Certe trascendenze filosofiche, quando venissero trasferite sul piano vitale umano, non possono più (su questo piano) mantenere il valore di "trascendenze" funzionali, ma vi figurano come "pseudotrascendenze umane":'-pur essendo funzionali sul piano filosofico, non lo sono più se trasferite sul piano umano vitale. Riferendomi, come caso particolare, al rapporto tra Intelletto e Amore, direi così: perché il mio discorso (circa quel rapporto) sviluppi una "trascendenza" (e non una "pseudo-trascendenza") è necessario che essa (trascendenza) venga posta in "continuo riferimento di legame reciproco" con il discorso immediato e concreto dell'umano; vale a dire, con quel discorso concreto che ha coinvolto l'intelletto nella sua realtà contingente (delle singole persone protagoniste), ed ha coinvolto l'amore nella sua realtà contingente (delle stesse persone). In altre parole: il discorso (che porta alla trascendenza) deve essere (e mantenersi) legato reciprocamente con la "esperienza concreta dei soggetti umani in dialogo tra loro". Mi rendo conto che in questo punto forse non sono riuscito ad essere chiaro, e neanche sufficientemente preciso; ma spero che il senso dell'insieme sia stato reso per quel che io volevo significare. Ecco perché Le dicevo, Eccellenza, che molte parti della mia proposta non posso tradurle con un semplice scritto: rischierei di fare quella che io ho chiamato pseudotrascendenza, la quale (in questo caso) sarebbe anche "pura retorica"! Ed a cosa servirebbe questa (retorica) alla Chiesa?... Ce n'è già sin troppa, sin troppa, nella cultura cristiana di oggi! E Le parlavo anche della necessità della "Parola Dialogata", appunto come base insostituibile, perché il valore della "esperienza umana immediata" non andasse perduto; perché non si cadesse in "intellettualismi", che non aiutano certo a costruire quell’ ”Uomo Nuovo" cui ci invita il Vangelo. ------Eccellenza, Con una speranza nel cuore, concludo questo scritto, troppo lungo per potersi dire una "lettera" personale, ma troppo breve per poter dare un quadro sufficientemente delineato, circa il mio progetto per un "Nuovo Apostolato". Un apostolato che vuole essere già esso stesso "fermento per il germoglio di nuovi apostoli", per il fatto che vuole aiutare "in modo nuovo" il soggetto umano (chierico, o laico) a portare alla luce della propria coscienza "quella vocazione" (cristianamissionaria) suscitata "in lui", in modo misterioso ed umanamente poco giustificabile, dallo Spirito Santo; e per il fatto che vuole prospettare allo stesso soggetto "un modo nuovo" di concretizzare "tale sua" vocazione. Come avevo accennato all'inizio, invierò a parte una copia (fotostatica) della presente lettera al Padre H. CARRIER s.j.; a Lei gliela sto inviando in unico plico con la copia della mia Tesi di Laurea (in Psicologia). Le accludo: Certificato di Laurea in Fisica; Certificato di servizio scolastico prestato dal '64 al '83; Certificato di Laurea in Psicologia. Tutti in fotocopia. Attendo un suo scritto in risposta alla mia, il quale sarà per me molto gradito qualunque possa essere il suo contenuto. La ringrazio di cuore per la cortese attenzione prestatami; augurandomi che il Signore possa illuminarci ed indicarci la Sua Volontà, Le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) P. S. - Farò pervenire una copia (fotostatica) della presente lettera anche a S. E. Mons. Giuseppe AMARI, Vescovo di Verona; nonostante abbia già interpellato, senza esito alcuno (come Le ho già detto), quasi tutti i suoi collaboratori, a partire dal mese di aprile dello scorso anno, mi sembra corretto e doveroso mettere adesso a conoscenza, in modo diretto, il Pastore della Diocesi cui io appartengo, circa questa mia ricerca di apostolato nella Chiesa. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Psicologo Via Montorio,108 int. 38 -- 37131 VERONA Tel. (045) 976530 o______O______o Padre H. CARRIER s.j., 28-04-85 Verona, 28 aprile 1985 Al Rev.mo Padre H. CARRIER s.j. Pont. Consiglio per la Cultura Piazza S. Calisto, 16 00153 ROMA Le faccio pervenire una copia (fotostatica) della lettera da me inviata a S.E. mons. Paul POUPARD. Rivolgo così anche a lei l'intero mio discorso, e la richiesta di un dialogo su quel tema; dialogo che certamente dovrebbe svolgersi di persona, perché si possa giungere ad una comprensione reale del mio progetto. In caso affermativo, io volentieri accetterei il suo invito (così come quello di Sua Eccellenza) ad un incontro personale, per un discorso più diretto e più allargato. Io spero tanto che, fra le varie persone alle quali tento di esprimere come meglio mi è possibile il mio orizzonte nuovo di apostolato, possa trovare finalmente quella (o quelle) che, per la sua formazione di Fede, di cultura, di umanità, "avverte dentro di sé una risonanza con questo mio orizzonte"; quella persona che "intuisca" quanto possa esserci di valido nella mia proposta; che "si senta presa dal desiderio" di conoscere a fondo questo orizzonte, e di vederlo esperimentato nel concreto, come osservatore e come protagonista insieme. Nella relazione tenuta il 9 marzo u.s. su "Reconciliatio et Poenitentia", al Convegno di Padova. S.E. mons. J. Tomko riportò una espressione, detta tempo fa da uno dei Padri (mi pare) Sinodali: "" Homines peccant; non structurae! “". Precisazione che io reputo così fondamentale in questo tema, che spontaneamente (esprimendo così un aspetto del mio progetto) mi viene da aggiungere per completare: "" Homines operantur in Redemptionem, et per homines Deus; non structurae! "". In coerenza con queste vedute, il mio progetto è nelle singole persone umane che spera di trovare "l'incontro", non in qualcuna delle Istituzioni. Non dispongo di altra copia della mia Tesi, ma credo che possa consultare quella inviata a S.E. mons. P. Poupard. Mi scriva anche lei una sua risposta, sua personale; sperando che essa mi porti a compiere dei passi avanti in questo mio proposito di lavorare per una Evangelizzazione "efficacemente divina" ed "efficacemente umana" insieme. Ringraziandola per la sua gentile attenzione, le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. G. AMARI, 02-05-1985 Verona, 2 maggio 1985 A Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Giuseppe AMARI Vescovo di Verona Piazza Vescovado, 7 VERONA Eccellenza, Giorni fa ho scritto una lettera a S.E. mons. Paul Poupard, Presidente del Comitato Esecutivo del Pontificio Consiglio per la Cultura - Roma; ed ho reputato opportuno e doveroso farLe pervenire una fotocopia della stessa, accludendo pure fotocopia della lettera con la quale inoltravo anche a Padre H. Carrier s.j., lo stesso scritto. Ciò, non soltanto per metterLa a conoscenza, ma anche perché voglio indirizzare anche a Lei questa mia ricerca di dialogo, desiderando sin dal mio intimo più profondo porgere ad altri la mia piccola parola di apostolato. Per cui l'intero contenuto della lettera inviata a mons. Poupard io lo esprimo adesso a Lei tal quale; così come vorrei esprimerlo anche ad altri presuli della Chiesa, nel tentativo di trovare l'interlocutore, nel cui animo il mio discorso stimoli corde particolari, a motivo della presenza in lui di una "affinità di orientamento umano e di Fede" con il mio: cosa che mi potrebbe aprire la strada per attuare "nel concreto" questo mio progetto di un "Nuovo Apostolato" per un "Nuovo Germoglio" di Fede. Ho 52 anni; sposato, ho moglie e due figli. Laureato in Fisica ho insegnato per 19 anni materie scientifiche; nel settembre '83 mi son dimesso dalla Scuola. Adesso, laureatomi frattanto in Psicologia, vorrei spendermi nell'aiutare le persone nei loro problemi umani, ma anche nel loro cammino di Fede. Avevo scritto, il 19 marzo '84, a mons. Carlo Caffarra, direttore dell'Istituto Pontificio "Giovanni Paolo II" per gli studi su Matrimonio e Famiglia - Roma; poi, il 25 maggio '84, a S.E. mons. F.J. Cox, segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia - Roma. La risposta è stata un diniego, seppur molto cortese, rinviandomi alla mia chiesa locale. Avevo anche scritto, l' 8 giugno '84, a S.E. mons. Alberto Bovone, segretario della S. Congregazione per la Dottrina della Fede - Roma; e da lui non ho avuto neanche risposta. Le confesso, con sincerità, e con amarezza, che mi sento scoraggiato, e forse anche deluso, per avere cercato in tutta la mia vita di maturare nella Fede, nella umanità e nella cultura, senza che ciò sia servito né a me né ad altri! E’ tanta la sofferenza che a volte provo, per le molte avversità cui sono andato incontro, nella mia vita personale e famigliare, da non capire più se queste (avversità) sono stati ostacoli che satana ha continuamente frapposto (e frappone ancora) per impedirmi di fare del bene ai miei fratelli nella Fede; o se invece sono stato io che ho preso "troppo sul serio" la Parola che la Chiesa ci porge nel nome di Gesù, ed io che ho mal riposta la mia fiducia: Dio mi perdoni questo mio scoramento! Vorrei potere esternare a Lei, che è il Pastore dei fedeli di questa Diocesi cui io appartengo, tutto quello che c'è in me, auspicando che lo Spirito Santo illumini Sua Eccellenza perché anche attraverso di Lei mi indichi la strada che il Signore mi ha riservato, fra tanto buio e tanta solitudine! E che lo stesso Spirito mi possa donare la forza necessaria per percorrerla! Le sofferenze più grosse mi son derivate da un rapporto matrimoniale infelice, vissuto in una "incomprensione assurda", cui hanno contribuito non poco l’ "atteggiamento falso" e l’ "ignoranza presuntuosa" di certi sacerdoti; nonché di certi laici che si dicono "cattolici praticanti", o che operano in organizzazioni di "stampo"(!) cattolico. La mia famiglia vive tuttora a Padova, nella zona appartenente alla parrocchia di S. Carlo (all'Arcella), di cui è parroco don Luigi Contin; io son venuto ad abitare a Verona verso la fine dell’83. Qui a Verona ho cercato di contattare diversi dei collaboratori di Sua Eccellenza, nel campo della cultura e della pastorale; ed inoltre ho contattato anche diversi parroci. Ho cercato un dialogo con don Gino Oliosi, con don Ilario Salvetti, con don Gianni Pasetto ed il prof. Tito Brunelli, con mons. Amedeo Piccoli, don Renzo Bonetti, don Bernardo Antonini, don Antonio Finardi, mons. Giuseppe Fantoni; ed anche con S.E. mons. Andrea Veggio. Ho trovato la chiusura più completa, anche se espressa molto garbatamente: Perché?... I parroci con i quali sono riuscito ad avere un abboccamento un po' più aperto sono stati don Luigi Fusina e don Tullio Turco; ma tale apertura si è tuttavia spenta molto presto, forse per discordanza di vedute e di intendimenti. Assieme alla presente, Le faccio pervenire una copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia: anche se in modo molto sintetico e parziale, essa esprime una parte del mio orizzonte culturale ed umano; il quale, anche se non viene detto espressamente, è intimamente collegato e calato entro il mio orizzonte più complessivo di una vita "umana-cristiana". Le accludo anche tre fotocopie, relative ai certificati di laurea ed a quello di servizio scolastico. Se Sua Eccellenza potrà darmi delle indicazioni, che mi permettano una seppur iniziale concretizzazione dei miei propositi di apostolato; o se potrà indicarmi qualche nuova via da tentare, verso altre persone ed in altri ambiti territoriali; io La ringrazierò assai, per l'aiuto che mi dà nel cercare, nel trovare e nel percorrere la via, cui il Signore mi chiama. In attesa di ricevere una sua parola. Le porgo, con sentimento filiale, i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) Risposta: in data 15 Maggio 1985 o______O______o Prof. Dionigi TETTAMANZI, 19-05-85 Verona, 19 maggio 1985 Al Reverendo Sacerdote Prof. Dionigi TETTAMANZI c/o Seminario Pio XI 21040 VENEGONO Inferiore (VA) Rev.do don Tettamanzi, E' trascorso un mese dalla sera del 19 aprile u.s., quando la incontrai brevemente, alla fine della conferenza da lei tenuta a Verona, sul tema "Famiglia e Sessualità". Si ricorderà che mi aveva detto che in giugno sarebbe dovuto tornare a Verona, per tenere degli Esercizi Spirituali: io spero di poterla avere, in quella occasione, un po’ disponibile, per parlarle di alcune cose che mi premono tanto. Intanto le dò un primo accenno per lettera. E' da anni che sono alla ricerca di potere esprimere nella Chiesa un progetto di "Nuovo Apostolato", maturatosi gradualmente in me in un lungo arco di tempo e di esperienze umane e culturali. Ma non ho mai trovato un solo interlocutore che avesse recepito quello che di valido potrebbe esserci nella mia offerta; o che avesse una apertura di orizzonte, umano e di fede, tale che il mio discorso potesse suscitare in lui interesse per ulteriori incontri dialogati; o che fosse aperto ad una ricerca coraggiosa di nuovi elementi e nuove vie di apostolato, che portassero ad un "incontro reale con l'umano", e nel contempo ad un "incontro reale col divino". Per darle già una prima idea del mio progetto, che investe tutto il mio mondo interiore, umano e spirituale, le invio una fotocopia della lettera da me inoltrata, nel maggio dello scorso anno, a S.E.R. mons. F.J. Cox Huneeus, e la relativa risposta. La legga come fosse indirizzata anche a lei, volendo io parteciparle tutto quanto in essa esprimo. So che lei è uno dei 28 Consultori, della cui collaborazione il Pontificio Consiglio per la Famiglia si avvale; e l'averla ascoltata direttamente il 19 aprile scorso, mi ha fatto sperare che forse sarà meno difficile intendermi con lei. Quella lettera già porta uno squarcio, anche se piccolo, del mio progetto di lavoro. Sono tanti gli elementi che costituiscono la mia proposta di "Nuovo Apostolato"; di essi solo una piccola parte può essere espressa per iscritto: la parte più importante e vitale è percepibile soltanto "dal vivo", nel momento in cui si attua quell'incontro in cui i soggetti "ricercano", attraverso una "Parola Dialogata", nuovi orizzonti umani e nuovi significati evangelici. Questi orizzonti e questi significati dovranno integrarsi tra loro, per costituire una verità "unitaria", che è umana e divina insieme, e che per il fatto di essere contingente è sempre "aperta", ed ha l'epicentro nella Verità stessa che è Dio. Uno dei motivi più forti, per cui la mia proposta non ha trovato mai accoglienza, credo sia dovuto (oltre al fatto di essere io un semplice laico sconosciuto) al fatto che essa presenta immediatamente l'esigenza di una "Trasformazione Culturale", che a volte risulta veramente radicale. Tale Trasformazione Culturale non è però proposta immediatamente all'ambito profano del sociale, bensì all’ “interno ecclesiale". Perché aver paura che la Chiesa, al suo "interno", si ispiri, nello sviluppare le sue forme culturali, a canoni "diversi" da quelli seguiti dalla cultura che viene sviluppata in ambiti non-cristiani? Non affermò l'Apostolo Paolo, sotto ispirazione divina, che la sapienza di questo mondo è stoltezza agli occhi di Dio?: che la Sapienza divina appare stoltezza ai figli di questo mondo? Eppure, nell'ambito della cultura non-cristiana, vi sono degli intellettuali che, noncuranti della moda che domina il campo del sapere nel loro tempo, operano coraggiosamente con "onestà di giudizio", movendosi in una "ricerca responsabile": forse costoro hanno il vantaggio di non essere "dominati" dal "moralismo"! Nel vol. II dell'opera "L'Ora del Concilio", a cura di mons. G. Ceriani, ho letto il Capitolo sul tema dell’ "Apostolato dei laici". La stesura, curata proprio da lei già venti anni fa, e che riepiloga sinteticamente i punti più salienti emersi nelle discussioni conciliari, fa intravedere la discordanza di opinioni. Ma fa anche intravedere (e questo a me sembra più rimarchevole) l'esistenza di "equivoci di fondo": equivoci sulla figura del laico cristiano, equivoci sul concetto complessivo di apostolato cattolico, equivoci sul rapporto tra gerarchia e laicato. Tali equivoci era inevitabile che ci fossero, e che si manifestassero; in quanto il problema dell'apostolato dei laici non era stato (a mio avviso) mai affrontato, proprio in quanto "questione peculiare", sul piano di una vera "ricerca culturale e di Fede insieme": troppe cose, su questo tema, sono state sempre date per scontate, ed a torto! Quindi, i Padri si son trovati chiamati a decidere sulla coordinazione di questioni, che in realtà non erano state ancora adeguatamente vagliate e delucidate. Eppure, tra tante discordanze e tanti equivoci, ci sono state voci che riflettevano quelle che a me sembrano le "reali esigenze" della Chiesa; voci che parevano interpretare correttamente i "segni del nostro tempo", i quali a volte sono segni attraverso i quali lo Spirito Santo ci comunica il suo Messaggio misterioso. Ecco perché, nonostante dei documenti espliciti abbiano aperto questo nuovo capitolo, su un piano di Magistero più alto e più allargato, a venti anni dal Concilio l'Apostolato dei Laici appare come si fosse arenato prima ancora di partire; oppure come fosse partito senza quella "chiarezza di idee", e senza quella "armonia con la gerarchia ecclesiastica", che sono assolutamente indispensabili in questioni del genere. Non solo non ci sono state novità (in questo campo) realmente costruttive; ma pare che... si sia creato uno "stato confusionale", del quale non si riesce a darsi spiegazioni plausibili, e per uscire dal quale non si capisce quale strada imboccare. Nell'autunno dell’ ‘87 (per slittamento dall'autunno dell’ ‘86) si terrà il Sinodo Generale dei Vescovi, dedicato proprio al tema dell'Apostolato dei Laici. Io vorrei spendermi per un contributo che giunga a questo Sinodo; ma non per un contributo costituito soltanto da una trama di idee, scritte sulla carta; bensì un contributo di esperienze concrete di apostolato vissuto. Da queste esperienze concrete, affrontate e condotte sotto una luce radicalmente nuova, si potranno più correttamente desumere "nuove concezioni" sull'essere umano e sul suo reale cammino di Redenzione; e si potrà scoprire quel "nuovo orizzonte" che in realtà è l'apostolato dei laici. Tale nuova prospettiva permetterà anche di vedere sotto una nuova luce la missionarietà della Chiesa, quale essa è chiamata a svolgere oggi, nel mondo contemporaneo. Ogni "nuovo" orizzonte umano, che si innesti realmente sul concreto in modo efficace, non sorge mai da pure elaborazioni intellettualistiche; occorre affrontare il problema nel concreto, prima di discuterlo nell'astratto; occorre produrre le esperienze generative, prima di passare a sintesi teoriche. Mi auguro che queste mie parole, assieme a quelle indirizzate a S.E. mons. Cox, riescano a riportare a lei fedelmente quella parte di pensiero e di sentimento che era nel mio intento manifestarle; nel desiderio anche che possa nascere tra lei e me quel dialogo che apra una via all'attuazione del mio progetto di apostolato. Attendo un suo scritto, nel quale mi farà sapere anche quando potrò incontrarla qui in Verona, e dove. La ringrazio intanto per la cortese attenzione prestatami, e le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. Luigi ROSSI, 14-06-85 Verona, 14 giugno 1985 Al Rev.do Mons. Luigi ROSSI Vicario per l'Apostolato dei Laici c/o Curia Vescovile Via Vescovado 35100 PADOVA Rev.do don Luigi, E' da tanto tempo che avrei desiderato parlarle. Mi fece piacere averla incontrata al Cinema 5. Pio X, in occasione del VII Convegno sul Magistero Pontificio, il 9 marzo u.s. Il 15 maggio u.s. ero venuto poi in Curia sperando di trovarla; dopo avere atteso un bel po’, nell'andare via, la incontrai sul portone, ma lei purtroppo aveva un impegno a S. Giustína. Io mi trovo adesso a Verona, dove vivo da solo dall'ottobre '83, avendo mia moglie voluto, per una seconda volta, la separazione (la prima separazione era avvenuta, come lei si ricorderà, nell'ottobre del '79). Il 10 settembre '83 avevo cessato dall'insegnamento, avendo chiesto le dimissioni; la scarsa salute e le continue prostrazioni morali mi avevano reso estremamente difficile l'attività di insegnamento. La mia famiglia abita ancora a Padova, in […..]. Sono state tante le traversie e le sofferenze che ho passato e che sto passando; e sempre nella più atroce solitudine. Ho detto "atroce", perché l'assurdità di tutta questa mia situazione di rapporto coniugale infelice mi tiene come imprigionato; e più faccio dei tentativi per risalire, più faccio dei tentativi per chiarire con mia moglie il nostro stato, ed ancor più si scatenano lotte ed avversioni che mi spingono ancora più a fondo, al limite della disperazione. Tutto ciò mi sembra "diabolico"; non uso questo termine per pura fantasia o per enfasi, ma nel vero senso della parola; tutti questi contrasti, tutte queste incomprensioni e falsificazioni, non mi sembrano frutto soltanto della incapacità e limitatezza umana. Dovunque mi son girato, chiunque abbia cercato di interpellare, "non sono stato mai creduto": e sono anzi piovute altre "falsità" nei miei confronti, sul nostro rapporto coniugale, portandomi ad un ulteriore "isolamento". Ma non è su questo aspetto così doloroso della mia vita (e direi anzi della nostra vita, quella mia e quella di mia moglie, poiché anche mia moglie ha le sue sofferenze) che io voglio soffermarmi nel parlare con lei. Questo che le ho detto, oltre a costituire una confidenza da amico, l'ho espresso perché le giunga più chiaro ed umanamente più vero l'altro discorso che vorrei farle. Si tratta di un progetto di apostolato, anzi di "Nuovo Apostolato". E' quel progetto di cui già le accennai molto fugacemente diversi anni fa; mi ritorna alla mente, quasi con nostalgia, quell'incontro (il primo, mi pare) che ebbi con lei, una sera, in casa dei coniugi Gardini (il prof. Dionisio Gardiní era insegnante di arte, se non ricordo male, oltre che cultore ed artista); deve essere stato tra l'autunno del '75 e l'inverno del '76, l'anno in cui, come insegnante, mi ero trasferito da Livorno a Padova. Mi risuonano ancora nell'orecchio le parole che lei rivolse a me, a commento di quanto brevemente le avevo delineato, circa il mio progetto per la formazione di "nuovi apostoli": "... ma allora lei vuole fare come fece Gesù con i suoi apostoli!..." Ed io le risposi in questi termini: sì, anche se molto più in piccolo! Si ricorderà che io allora frequentavo il corso di Psicologia all'Università di Padova; sebbene nel maggio del '78 avessi finito tutti gli esami, la Tesi l'ho potuto ultimare e discutere soltanto nel marzo dell' '84. Con la laurea in Psicologia, conseguita il 16 marzo '84, mi son dato da fare per aprire uno Studio qui in Verona; ma, non saprei dirle per quanti altri motivi, di clienti... niente! Ho contattato anche i Consultori familiari di ispirazione cristiana; ho contattato parecchi parroci; ma... tutte le porte sono rimaste sempre "chiuse" al mio bussare! Così, ai forti disagi morali si son venuti ad aggiungere anche i notevoli disagi economici. Il mio orizzonte umano e culturale, nel campo della Psicologia, è tutto personale; si discosta notevolmente dalla Psicologia ufficiale; è molto intrecciato con il mio orizzonte di Fede. Ecco anche perché il mio desiderio più profondo è quello di immettere in una attività di formazione umana e cristiana queste mie risorse: esplicare un apostolato con criteri radicalmente nuovi. E' di questo mio progetto che io vorrei discutere con lei, sperando che, diversamente dai risultati che ho avuto dal Clero di Verona, io possa trovare in lei, ed attraverso lei in altri, maggiore possibilità di "dialogo", senza che io venga rigettato prima ancora di essere capito; e così dare attuazione concreta a questi miei propositi. Mi suscita un'eco di gioia il ricordo di una serie di incontri che tenni anni fa con un gruppo di persone (che lei conoscerà: io le avevo infatti conosciute in un Incontro tenutosi a Villa Imma colata, ed organizzato, mi pare, dall'Az. Cattolica). Ci si riuniva una volta la settimana, la sera, nella abitazione dei coniugi Marostica, di Camposampiero; mi ricordo dei coniugi Guiotto, di Campodarsego, dei coniugi Scanferla, dei coniugi Marcon (o un cognome simile); e li ricordo tutti con nostalgia ed affetto. Erano persone sincere, apprezzabili nel loro desiderio di giungere alla "genuinità" verso il Signore e verso se stessi. Con loro io cercai di esprimere un inizio di questo tipo di lavoro che vorrei svolgere; lavoro che non si esaurisce però nell'esprimersi a dei laici, ma che richiede anche un esprimersi a dei 5acerdoti, a dei Parroci, a dei Seminaristi futuri sacerdoti; ed è un lavoro che si svolge essenzialmente attraverso la "Parola Dialogata", in una "apertura realmente e genuinamente umana"; un lavoro che affronta la maturazione nella Fede, e la maturazione umana, in una prospettiva "unitaria" e di "contemporaneità": non umanità da un lato e Fede da un altro lato, non umanità in un dato momento e Fede in un altro dato momento! Nonostante le mie sofferenze morali e fisiche (la mia salute non mi regge tanto), io vorrei spendere queste energie che mi restano per il Signore, per i bisogni della Sua Chiesa. Amo sempre mia moglie, e voglio tanto bene ai miei due figli; ma, pur in questa lacerazione interiore provocatami dalla separazione da mia moglie, amo le Chiesa, che è il Corpo mistico di Cristo, di quel Gesù che ci ha redento e che ci ha amato e ci ama infinitamente. Ad essa vorrei donare quello (poco o molto, lo sa solo Iddio) che negli anni della mia vita lo Spirito Santo ha fatto maturare in me. Quello che vorrei esprimere, seppure implica un lavoro difficile e molto impegnativo, sento nell'intimo della mia Fede che potrebbe suscitare come un "Nuovo Germoglio" nella Chiesa, un recupero di Fede nella sua radicalità, unitamente ad un recupero della "verità dell'uomo". Se il mio progetto io potessi illustrarlo (ovviamente, in modo estrem4mente sintetico), piuttosto che ad una singola persona, a più persone riunite insieme, di diversa estrazione culturale e di diversa formazione umana e cristiana, il quadro che ne verrebbe alla luce potrebbe risultare più chiaro e più corrispondente a quello che io intendo. Rev.do don Luigi, oltre che per quanto le ho esposto, io vorrei incontrarla anche per vedere se in Padova può trovarsi qualche opportunità in cui io possa prestare la mia opera, in un modo o nell'altro: non pretendo di essere remunerato nel senso vero e proprio, mi basta quel piccolo segno di riconoscenza che le persone interessate, nella loro benevolenza, vorranno darmi. Attendo un suo scritto, ed intanto le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) P.S. Le sto inoltrando la presente lettera presso la Curia Vescovile, in quanto non conosco il suo recapito personale; se vorrà farmelo avere, mi sarà molto gradito. Grazie. ------------ Anno 1985, 2° Semestre Card.le BAUM William W., 21-08-85 Verona, 21 agosto 1985 A Sua Eminenza Reverendissima Card.le BAUM William Wakefield Presidente della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica Piazza Pio XII, 3 00193 ROMA Eminenza Reverendissima, In un ennesimo tentativo di trovare, fra le Autorità ecclesiali, una persona alla quale potere esprimere alcune mie considerazioni riguardanti l'apostolato e la pastorale nella Chiesa, mi rivolgo a Lei, dopo aver bussato a molte altre porte sempre con insuccesso. Da molti anni porto nell'animo un profondo ed intenso desiderio di donare alla Chiesa quanto il Signore ha fatto maturare in me, lungo il corso della mia vita. Si tratta di un lavoro di apostolato che vorrei svolgere in prima persona; apostolato però che ha delle direttive e dei criteri molto diversi da quelli oggi seguiti, sia da parte del Clero che da parte dei laici cattolici impegnati. Le traccio un breve profilo cronologico della mia vita: non pretendo però con questo di volere evidenziare le caratteristiche della mia personalità, ma solo tento di rendere meno anonima ai suoi occhi questa persona che Le scrive. Ho 53 anni; sposato nel 1965, ho moglie e due figli (uno di 17 anni e l'altro di 15). Nell'ottobre del 1947 ero entrato in Seminario (a Siracusa); nel novembre del '55, compiuto già il 2° anno di Teologia, lasciai il Seminario: non lasciai però la mia Fede cristiana, né il mio proposito di voler essere un "operaio dell'Amore Divino"; speravo così di realizzarlo nelle vesti di fedele laico, non essendomi stato dato di esprimerlo nella via del Sacerdozio. Dopo circa 6 mesi di esperienza di vita spirituale nel Noviziato dei Carmelitani Scalzi, a Mantova, espletai il servizio militare di leva, dal luglio del '56 al dicembre del '57. Nell'ottobre del '58 mi iscrissi all'Università di Catania, al corso di laurea in Fisica; conseguii tale laurea nel febbraio del 1964, e nell'ottobre dello stesso anno intrapresi l'attività di Insegnante (di materie scientifiche) negli Istituti Tecnici Industriali. Nel settembre del 1983, dopo 19 anni di insegnamento ininterrotto, ho dovuto lasciare la Scuola per motivi di salute. Nel novembre del '72 mi ero frattanto iscritto all'Università di Padova, al corso di laurea in Psicologia; nel maggio del '78 avevo ultimato tutti gli esami, ma per vicende famigliari non potei portare avanti il lavoro della Tesi di laurea. Ultimato tale lavoro dopo alcuni anni, nel marzo del 1984 mi sono laureato in Psicologia. Il mio orizzonte professionale è adesso quello di una attività nel campo della Psicologia e della Socio-Psicologia. Ma è presente in me, in modo marcato e radicale, anche il bisogno (o meglio: desiderio intenso) di dedicarmi ad un particolare apostolato nella Chiesa, mettendo a frutto ed esprimendo quanto è venuto maturandosi, in me, per grazia del Signore, attraverso gli studi, l'esperienza professionale di insegnante, l'esperienza umana (famigliare e sociale), l'esperienza di Fede. La mia offerta operativa, da me avanzata in diversi momenti ed in diverse sedi alle Autorità Ecclesiastiche, è stata costantemente non capita e fraintesa. Tale mia proposta porta contenuti culturali nuovi, i quali esprimono critiche, a volte forti, a certi aspetti della Cultura e delle ideologie oggi sostenute in campo cattolico; la risposta al primo accenno che io ho fatto di essi, invece di essere stata una richiesta di approfondimento che meglio spiegasse e chiarisse, è stata quella di negar loro ogni credibilità. Ho ottenuto così soltanto un diniego, esplicito e comunicato; oppure un diniego tacito con assenza di risposta. Dopo i molti dinieghi del Clero locale di Verona, e del Clero locale di Padova (dove abitavo alcuni anni addietro), ho voluto indirizzarmi alle Autorità di Roma: ma ancora inutilmente. In particolare, non ho avuto risposta da S.E. Mons. Alberto BOVONE, Segretario della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, a cui avevo scritto l'8 giugno 1984; non ho avuto risposta da S.E. Mons. Alfredo GARSIA, Vescovo di Caltanissetta (del quale fui compagno di vita seminaristica a Siracusa), a cui avevo scritto il 18 maggio 1984; non ho ricevuto risposta da S.E. Mons. Paul POUPARD (adesso divenuto Cardinale), Presidente del Pontificio Comitato Esecutivo del Pontificio Consiglio della Cultura, cui ho scritto nel recente 27 aprile 1985. Copia di quest'ultima lettera (di 16 cartelle dattiloscritte) l'ho anche fatta pervenire, contemporaneamente, a S.E. Mons. Giuseppe AMARI, Vescovo di Verona; questi mi ha risposto gentilmente che era meglio attendere prima quanto mi avrebbe suggerito in merito S.E. Mons. Paul POUPARD. Non è per presunzione che adesso mi sto rivolgendo a Lei, Eminenza; ma è perché spero di trovare, fra le persone che sono state chiamate a compiti più vitali e più centrali nella Chiesa, un atteggiamento di apertura ed una capacità di discernimento maggiori che altrove. Ed è anche perché quel progetto di apostolato che porto dentro di me, e che vorrei trasmettere alla Chiesa, perché amo in Essa Cristo stesso, è così radicalmente nuovo da non potere essere realmente esplicato se prima non è stato accolto dalle Autorità Superiori, seppure in modo tacito. Questo progetto vuole fomentare nella Chiesa la nascita di un "NUOVO GERMOGLIO". Esso però non va inteso affatto come un nuovo Movimento, né come una nuova Istituzione; vuole invece esprimere un germinare di "Nuovi Apostoli", un germinare di "Nuovo Cristianesimo" (non nel senso di "un altro", bensì nel senso di "rigenerato" per aver recuperato se stesso, attingendo "alle sue radici"); e vuole escludere la creazione di organismi nuovi, perché intende ri-vivificare quelli già esistenti: o meglio, intende ri-vivificare lo spirito umano e la Fede cristiana cattolica nelle singole persone che operano in essi. Il Nuovo Apostolato di cui qui parlo coinvolge Sacerdoti e fedeli laici "contemporaneamente"; coinvolge il livello spirituale ed il livello culturale di costoro; coinvolge i livelli comportamentali, individuale e sociale, in cui ciascuno esprime il proprio essere. L'orizzonte di Fede su cui tale progetto si fonda è lo stesso Magistero della Chiesa, in quanto esprime la Buona Novella portataci da Cristo, e gli stessi insegnamenti del Buon Pastore. Ho sentito sin da quando è stato eletto Papa, e continuo a sentire, molta affinità con il pensiero e con l'opera del nostro attuale Sommo Pontefice Giovanni Paolo II; a lui volli avere la gioia di far pervenire, in segno di filiale omaggio ed attaccamento, copia della mia tesi di laurea in Psicologia, accompagnandola con una breve lettera, nella Pasqua di Resurrezione del 1984. Per il Santo Padre offro quotidianamente le mie preghiere e le mie sofferenze; ma vorrei tanto poter collaborare con Lui, oltre che con questa offerta spirituale, anche con l'impegnare nel concreto le mie, sebbene poche, risorse umane e di Fede. Quello che io adesso chiedo a Sua Eminenza è che mi si dia la possibilità di far conoscere alle Autorità ecclesiastiche questo Messaggio, spirituale e culturale nello stesso tempo;messaggio che io ho avvertito, sin da quando è germogliato in me, già negli anni lontani in cui vivevo nel Seminario di Siracusa, ed avverto con ancora più urgenza oggi, essere qualcosa che viene da Dio: qualcosa che lo Spirito Santo sta esprimendo in seno alla stessa Chiesa, in posti diversi con segni diversi; e sta esprimendo anche in seno alla società umana tutta, con altri segni ancora diversi. Tutti questi segni convergono in uno stesso significato: la Chiesa Cattolica, il Corpo Mistico di Cristo, è chiamata a "ri-vitalizzarsi" dal suo stesso interno; è chiamata a "ri-crearsi" alla fonte della Verità che "in modo misterioso" è presente in essa stessa, è mediata da essa stessa, è espressa da essa stessa. Tutti, tutti, (Pastori, Sacerdoti, fedeli laici...) sono chiamati ad una "rinascita di Fede", attingendo con l'aiuto dello Spirito Santo a questo patrimonio, che è nello stesso tempo divino ed umano, e dal quale la debolezza umana, sotto gli attacchi di satana falsificatore ed ingannatore, ha fatto allontanare il cuore e la mente del cristiano, sia esso laico o sia esso Sacerdote. Satana ha suscitato e suscita, anche in seno alla Chiesa, ai vari livelli, un pullulare di tanti e tali ideologismi che oggi, non solo i laici, ma anche i Sacerdoti, e persino í Vescovi pastori del gregge di Gesù, stentano spesso a riconoscere ciò che viene da Dio e ciò che viene dal maligno; cosi come stentano a riconoscere ciò che è "genuinamente umano", ed a distinguerlo da ciò che è "artefatto, fittizio, fallace", o da ciò che è un semplice prodotto di pensiero "vuoto". Una tale rinascita non può innescarsi nella Chiesa se questa tensione rinnovatrice non investe perciò anche i Pastori stessi, direi anzi principalmente i Pastori. Di tensioni rinnovatrici tuttavia se ne possono avere diverse, tutte aventi di mira uno stesso fine ultimo, ma tutte aventi mete ed orizzonti intermedi diversi tra loro: si possono avere infatti tante "buone" intenzioni, tutte diverse tra loro. La mia proposta per la formazione di "NUOVI APOSTOLI", sebbene si stacchi nettamente dalle altre oggi portate avanti dai vari organismi ecclesiali, non pretende affatto di essere giudicata migliore delle altre. Quello che asserisco è invece questo: sento fortemente nel mio intimo spirituale che essa è voluta da Dio; che essa, anche se io per le mie deboli forze e capacità non riuscissi ad attuarla in prima persona, deve almeno essere "consegnata con chiarezza" alle Autorità della Chiesa: altri, chiamati dal Signore, la attueranno, e meglio di me. Ma questa mia asserzione non avrebbe valore alcuno se non venisse suffragata, dopo un attento esame dialogato, dalle Autorità ecclesiali. E' ai Pastori della Chiesa che io, pur un semplice fedele e figlio di questa nostra Madre comune, vorrei far giungere questa mia proposta; e ciò nella speranza che essa proposta incontri colui (o coloro) che, per grazia del Signore, oltre che per formazione spirituale e culturale, nonché per formazione umana esperienziale, si scopra di essere in assonanza con essa, e che possa perciò recepire quanto di valido essa porta, e così accoglierla perché venga attuata concretamente. Il lavoro che io vorrei svolgere in prima persona, e che mira a provocare alla radice dell'essere umano quel fermento di conversione che porta alla nascita dell'Uomo Nuovo in Cristo, non può infatti prescindere da una "intesa spirituale" con il Vescovo di quella diocesi in cui mi recassi a portare questo Messaggio d'Amore. Per quanto riguarda i contenuti del mio progetto, devo dirLe che essi sono difficilmente esprimibili per iscritto: corrono il rischio di essere fraintesi, come ho constatato più volte. Solo attraverso degli incontri, in cui ci si esprime mediante una "PAROLA DIALOGATA", è possibile recepire quegli elementi portanti e quell'orizzonte umano e di Fede che ne costituiscono l'essenziale. Ma non si confonda la "parola dialogata", di cui qui io parlo, con il "dibattito": sono due cose ben diverse. Il 25 maggio dello scorso anno mi rivolsi, con lo stesso intento, a S.E. Mons. F.J. COX Huneuus, Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia: anche da lui ebbi risposta negativa, anche se molto gentile e cordiale; mi invitava ad integrarmi nella mia Chiesa particolare di Verona, per dare qua il mio contributo per migliorare lentamente la pastorale famigliare; cosa tuttavia che io avevo già tentato, senza risultato alcuno, come più sopra già Le ho accennato. Nella lettera inoltrata a Mons. Cox avevo delineato alcuni punti di questo mio progetto di Nuovo apostolato; ora tali stessi punti io li ripresento a Lei, Eminenza, accludendo alla presente una fotocopia di quella lettera, invece che riscriverli nuovamente. Al fine di consentire a Sua Eminenza di acquisire un quadro più allargato circa la mia proposta, e quindi di farsene una idea meno confusa e più vicina al vero, Le accludo anche una copia della mia Tesi di laurea in Psicologia. Essa traduce parte del mio orizzonte culturale, orizzonte che in diversi punti si pone con atteggiamento critico verso certe Teorie oggi ufficialmente condivise, anche da intellettuali cattolici; ed anche verso certe concezioni della Cultura, che io reputo "vuote" ed "a-scientifiche". Il tema della Tesi verte su: ""La Comunicazione tra Adulto e Bambino, e lo Sviluppo Intellettivo. -- Un Problema di Psicologia Dinamica vissuto in una esperienza psicopedagogica. "" Tale lavoro apparentemente sembra non avere pertinenza con questioni riguardanti problemi di Evangelizzazione e di Pastorale; ma non è così. Infatti, sebbene il mio argomentare in essa Tesi non abbia riferimenti espliciti nei riguardi dei contenuti di Fede cristiana, quanto è stato espresso in essa è però sgorgato, in modo genuino, in consonanza con il mio atteggiamento spirituale di cristiano cattolico; quell'atteggiamento che è maturato in me attraverso una integrazione tra gli studi umanistici (avendo ugualmente presente il contributo derivatomi dagli studi scientifici) e le riflessioni sul Messaggio Evangelico e sul Magistero della Chiesa, cogliendo altresì l'incontro con l'esperienza umana in tutta la sua complessità. Da una lettura attenta, o meglio da una ri-lettura attenta, si possono perciò esplicitare da essa quegli elementi che nella tematica dell'apostolato cristiano cattolico (catechesi, evangelizzazione, formazione sacerdotale, inculturazione cristiana, ecc...) io reputo svolgano una funzione importante; e quindi arguire una prima parte di quelle stesse proposte di Nuovo Apostolato che desidero tanto attuare. Eminenza, sono cosciente che questi miei scritti non delineano sufficiente il mio progetto di apostolato. Spero tuttavia; che, cogliendo quegli spunti che mi è stato possibile tradurre in parole, essi possano far nascere in Lei, o in qualcuno dei suoi collaboratori cui Lei partecipasse questa mia, un desiderio di conoscere più estesamente tale orizzonte di Nuovo Apostolato, nonché la persona che lo propone. Devo tuttavia sottolinearLe che, solo attuando realmente nel concreto la proposta, sarà possibile "scoprire" alcuni dei punti nodali ed essenziali. Anche da un solo primo Incontro con un gruppo di persone, di estrazione culturale e spirituale ''diverse”, e con impegni nell'umano "diversi”, potrebbero venire alla luce, se nascono "situazioni dialogate", alcuni degli aspetti di questo nuovo cammino di cristianizzazione. Quello che è essenziale è che i partecipanti, anche se alcuni di essi si pongono come osservatori, altri si pongano invece come soggetti, i quali "hic et nunc" vogliono scoprire nuove realtà, divine ed umane insieme, del Messaggio Evangelico; e vogliono scoprirle per poterle vivere "nella propria carne", poterle vivere nell'anelito verso una "Verità" sempre più profondamente umana e sempre più aperta alla Verità Unica ed Assoluta che è Dio; e poterle vivere anche nel comunicarle ad altri, mediandole attraverso i molteplici eventi umani. RingraziandoLa dell'attenzione prestatami, ed in attesa di una sua risposta, Le porgo il mio più cordiale saluto ed i miei più distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) Risposta: 06-09-85. o______O______o Mons. PANGRAZIO Andrea, 30-08-85 Verona, 30 agosto 1985 A S.E. Rev.ma Mons. PANGRAZIO Andrea Delegato per i Seminari d'Italia partecipando la presente anche a: Mons. RYPAR Frantiàek Capo dell'Ufficio Seminari c/o S. Congr. per l'Educ. Cattolica Piazza Pio XII, 3 00193 ROMA Eccellenza Reverendissima, Ho scritto giorni fa una lettera a Sua Eminenza il Cardinale BAUM W.W. Allegata alla presente le inoltro fotocopia di quella lettera, in quanto voglio esprimere anche a Lei quelle mie confidenze spirituali e quella mia richiesta che rivolgevo al Cardinale; ovviamente Le accludo pure fotocopia della lettera indirizzata a S.E.R. Mons. F. COX H., la quale è parte integrante dello stesso argomento della lettera al Cardinale. A quanto detto in quelle lettere Le aggiungo solo queste poche altre considerazioni. Il mio non vuole essere un discorso su questioni tecno-amministrative, né un discorso che verte su aspetti giurisdizionali della vita e della regolamentazione che vige nei Seminari; la mia richiesta vuole invece richiamare l'attenzione su quella parte ben più centrale e ben più essenziale delle Vocazioni Sacerdotali: una formazione efficacemente evangelica, efficacemente umana, efficacemente apostolica. Il progetto di "NUOVO APOSTOLATO" che io voglio comunicare alle Autorità ecclesiastiche, e che desidero anche cominciare ad attuare in prima persona, riguarda l'intera concezione della "Formazione Cristiana Cattolica". Esso investe la Cultura e la Spiritualità, nello stesso tempo; investe i Laici ed i Sacerdoti "contemporaneamente"; ed investe perciò la evangelizzazione (intesa nel senso più pieno del termine) dei Laici e la formazione dei Chierici. La tensione spirituale che ha accompagnato lo svilupparsi di tale progetto, che è la stessa tensione spirituale che adesso preme perché esso sia "consegnato integralmente" alla Chiesa perché sia messo in atto, mi spinge quasi a supplicare le Autorità superiori della Gerarchia ecclesiastica perché mi aiutino in questo compito. Sento infatti che esso viene da Dio! E' vero che sento anche tutta la mia incapacità ad obbedire a questo invito del Signore, tutta la debolezza della mia Fede, la mia incostanza, la fragilità della mia carne ai vari livelli; ma sento anche che Dio Misericordioso chiama, chiama la Sua Chiesa, fedeli e Pastori, verso un particolare "Nuovo" Cammîno. E percepisco anche che il nostro attuale Vicario di Cristo, Papa Giovanni Paolo II, sta esprimendo "parte" di questa Nuovo Cammino di Cristianizzazione, la "sua" parte; mentre le altre componenti della Gerarchia ecclesiastica, sino a giungere al Clero della "periferia", ed alle istituzioni laicocristiane che operano in seno alla Chiesa, ancora non hanno raccolto né recepito questo "Nuovo Messaggio" che lo Spirito Santo "in modo misterioso" sta esprimendo nella Chiesa di Cristo Gesù, e nel mondo umano tutto, a diversi livelli di vita. Il contributo che il mio progetto vuole donare alla Chiesa è anch'esso, di quel Messaggio Celeste, solo una piccola parte. La prego, Eccellenza, ne discuta con il Card.le Baum, e con altri suoi collaboratori, ed altri prelati che lei reputasse interessati ed aperti a tale nuovo orizzonte di Fede e di Umanità. Vorrei invitarLa, umilmente e filialmente, sentendomi anche fratello in Cristo, perché figli della stessa Madre Chiesa, che amiamo e serviamo anche se per vie diverse, vorrei invitarLa ad esaminare la mia proposta portandola ai piedi del Tabernacolo: là, il Sacrificio della Croce è presente in tutta la sua vivezza; Gesù soltanto, l'unico "Maestro" e l'unico "Buon Pastore", può guidarci, perché soltanto Lui sa guidarci, soltanto lui conosce le sue pecorelle sin nell'intimo del loro cuore! Mi risponda con un suo scritto personale, prescindendo da quanto vorrà dirmi S.Em. il Card. Baum; non è infatti alla "istituzione" S. Congregazione che io mi sono rivolto, bensì a delle singole persone umane, le quali pure portano in sé un compito dirigenziale da assolvere nella Chiesa. Una risposta personale chiedo pure gentilmente a S.E. Mons. Rypar Frantiàek. RingraziandoLa per la sua gentile attenzione ed interessamento, Le porgo i miei più distinti saluti. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 Risposta: o______O______o Mons. Marian JAWORSKI, 08-09-85 Verona, 8 settembre 1985 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Marian JAWORSKI Rettore della "Papieska Akademia Teologiczna w Krakowie ul. Podzamoze 8 31-003 KRAKOW (Polonia) Eccellenza Reverendissima, Mi scuso di essere costretto a scriverLe in italiano, e di recarLe perciò il disagio della traduzione. Mi sto rivolgendo a Lei perché, avendo appreso dalla stampa che Sua Eccellenza ha partecipato al "Colloquio sulla Crisi", che si è tenuto nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo (Roma), con la presenza di Sua Santità, nei giorni 29, 30 e 31 di agosto scorso; ed avendo successivamente appreso che Ella è di Cracovia; ho pensato che fra lei e Sua Santità ci fosse un rapporto di particolare stima reciproca, ed una certa concordanza di pensiero antropologico ed ecclesiastico. Il movente di questo mio scritto è un desiderio profondo di esprimere alle Autorità Ecclesiastiche quanto è andato maturandosi in me circa la pastorale della Chiesa, nel corso di molti anni (io adesso ho 53 anni), attraverso studi ed esperienze umane: si tratta di un progetto di "NUOVO APOSTOLATO". Il nuovo orizzonte (culturale, umano e di Fede nell'umano) da cui scaturisce questo progetto sento interiormente che si è sviluppato per una Grazia particolare del Signore: sento che è opera di Dio, e che esprime un "Nuovo Cammino di Cristianizzazione" voluto da Dio. Per questo motivo io sento forte il bisogno di "comunicarlo integralmente" alla Chiesa; e sono pronto, anche se le mie forze e capacità sono scarse, ad operare in prima persona, per cominciare ad attuare nel concreto tale progetto, il quale mira principalmente alla "Formazione di Nuovi Apostoli", sia nell'ambito sacerdotale sia nell'ambito laicale, ma in modo contemporaneo ed integrativo per i due ambiti. Ho cercato di contattare varie persone che occupano posti dirigenziali nella Chiesa; ho anche scritto a diversi dei Prelati, di diocesi o membri di una S. Congregazione. Ma ho trovato sempre un diniego, esplicito o tacito (mancanza di risposta). Nella Pasqua di Resurrezione dello scorso anno 1984, inviai al Santo Padre, in segno di omaggio filiale e devoto, copia della mia Tesi di laurea in Psicologia, che avevo appena conseguito il 16 marzo 1984 presso l'Università di Padova. Io ero già in possesso di Laurea in Fisica, conseguita presso l'Università di Catania il 21 febbraio 1964; e la mia attività lavorativa è stata quella di Insegnante di Fisica, di Elettrotecnica e di Elettronica, nelle Scuole Secondarie Superiori. Accompagnai il dono fatto a Sua Santità Giovanni Paolo II con una lettera personale, della quale allego fotocopia, come allego fotocopia della Benedizione Apostolica che molto benignamente Egli mi fece pervenire. Poiché ho avvertito da anni che il mio orizzonte culturale, sia nel versante puramente umano e sia nel versante della Fede nell'umano, si trova molto in assonanza con il pensiero espresso dal nostro attuale Pontefice, nel suo Magistero e nella sua Pastorale, credo che la mia richiesta di un dialogo espositivo troverebbe più facilmente accoglienza se io la rivolgessi a dei Prelati i quali, sia per formazione umana e culturale e sia per il loro orizzonte di Fede cristiana tradotta nell'umano, avessero una notevole affinità con i propositi espressi da S.S. Giovanni Paolo II. Con questo mio scritto, io Le chiedo appunto la gentilezza di indicarmi dei nominativi (ed i relativi indirizzi) di Prelati (Vescovi o Cardinali, o altri che avessero posti dirigenziali nella Chiesa, residenti a Roma o altrove), presso i quali più facilmente la mia proposta potrebbe essere recepita e non fraintesa; e potrebbe essere da loro accolta, se sono animati da un coraggio nella Fede simile a quello da cui è animato il Papa Karol Wojtyla. Come vorrei poterne parlarne estesamente a Sua Santità! Sono certo che Egli saprebbe cogliere dal mio discorso quanto viene da Dio. Sin dalla sua elezione al Pontificato, ho avvertito, in modo misterioso nell'intimo della mia Fede, che Egli stava portando una "missione particolare" affidataGli da Dio, come un Messaggio "nuovo" rivolto a tutte le Membra del Corpo Mistico di Cristo, nessuno escluso; una missione "radicalmente nuova" nella storia della Chiesa, perché radicalmente nuova è l'epoca che stiamo vivendo. Gli anni del suo pontificato che si sono succeduti mi hanno confermato sempre di più della veridicità di quella mia intuizione spirituale. Ed ho avuto anche sempre più chiaro che il progetto che si è andato sviluppando dentro di me, questo appunto di un "Nuovo Apostolato", fa parte di quella "missione" voluta da Dio per la Sua Chiesa: missione di "Verità" e di "Amore" "insieme", dove questi due momenti dell'umano misteriosamente si compenetrano, per aprirsi così al divino. Spero che Sua Eccellenza mi faccia pervenire un suo scritto, dal quale io possa trarre un aiuto che mi permetta di compiere quanto la Volontà del Signore chiede alla mia persona. RingraziandoLa sentitamente, e restando in attesa, Le porgo il mio cordiale saluto. (Firmato: Vittorio Noè) P.5. Oltre alla fotocopia della lettera indirizzata a Sua Santità, Le accludo pure fotocopia di due delle mie lettere inoltrate a varie Autorità ecclesiastiche: in esse viene espresso un piccolo squarcio di questo mio progetto. Sono: - Lettera inviata a S.E. Mons. Carmelo FERRARO, in data 21 giugno 1984; - Lettera inviata a S.E. Mons. (adesso Cardinale) Paul POUPARD, in data 22 aprile 1985. NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Card.le PAPPALARDO Salvatore, 16-09-85 Verona, 16 settembre 1985 A Sua Eminenza Reverendissima Cardinale PAPPALARDO Salvatore Arcivescovo di Palermo Arcivescovado 90100 PALERMO Eminenza Reverendissima, Mi perdoni se da così lontano (io infatti abito a Verona) vengo a rivolgermi a Lei, per esporLe una questione che riguarda sì la mia persona, ma che riguarda anche e principalmente l'Apostolato nella Chiesa. Mi sono rivolto, per lo stesso problema, già ad altri esponenti della Autorità Ecclesiastica, chiedendo un incontro per meglio esporre una proposta di "NUOVO APOSTOLATO" che è maturata dentro di me lungo il corso di parecchi anni; ma non mi è stata data alcuna risposta significativa. Sto volendo adesso fare riferimento alla Sua persona, nella speranza che, espletando Lei il Ministero pastorale nella stessa Regione in cui io sono cresciuto (sono originario infatti della provincia di Siracusa), sia più facile che io venga capito nel mio discorso, e non frainteso. Fra gli altri, ho scritto a S.E. Mons. Alfredo GARSIA, Vescovo di Caltanissetta, il 18 maggio dello scorso anno 1984. Questi mi aveva promesso, quando successivamente io stesso lo sollecitai telefonicamente, che avrebbe risposto per iscritto alla mia lettera; invece non ho avuto alcuna risposta: si vede che avrà giudicato il mio discorso troppo fuori dalla norma, e che perciò non gli si poteva dare un seguito. Ho scritto pure a S.E. Mons. Carmelo FERRARO, Vescovo di Patti (ME), il 21 giugno dello stesso anno 1984. Da Lui ebbi una risposta, molto cordiale ed affettuosa: eravamo stati compagni di vita seminaristica al Seminario Arcivescovile di Siracusa. Egli tuttavia mi esprimeva con suo rammarico di non potermi essere di alcuno aiuto concreto, riguardo alla mia richiesta di interessamento per l'attuazione del mio progetto. Ho già scritto anche a S.E. Mons. Alberto BOVONE, Segretario della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, in data 8 giugno dello scorso anno 1984. Gli avevo scritto precedentemente un'altra lettera in data 18 maggio 1981. Da recente, ho scritto a S.E. Mons. Paul POUPARD (adesso Cardinale), in data 22 aprile 1985. Queste due ultime lettere citate contengono alcuni dei punti più salienti del mio proposito; punti che adesso voglio esprimere a Sua Eminenza, tal quale io li esposi ai due Presuli. Allego perciò alla presente fotocopia di quelle due lettere, le quali vengono così a costituire parte integrante di questo scritto che io rivolgo a Sua Eminenza; a Lei io apro il mio cuore, con semplicità, con amore, con speranza, senza volerLe nascondere le eventuali ferite che l'animo mio porta. E' nella sincerità di me stesso che io voglio donarmi alla Chiesa, così come mi sono donato a Cristo Gesù; credo infatti che l'incontrarsi di un "apostolo" (sia esso Sacerdote, o sia esso laico) con i propri fratelli nella Fede, o con i propri fratelli nell'umano, può essere fertile per un cammino di Redenzione solo se ci si incontra nella "sincerità di se stessi". Sua Eminenza, nell'esaminare il mio discorso e la mia richiesta, potrà parlarne se vuole con Mons. Garsia e con Mons. Ferraro; potrà parlarne anche con S.E. Mons. Sebastiano ROSSO, Vescovo di Piazza Armerina (Enna): questi fu mio Rettore al Seminario di Siracusa, nonché mio insegnante di Filosofia. In aggiunta, penso che contribuirebbe non poco, per una migliore conoscenza del mio orizzonte culturale e di formazione umana, la lettura della mia Tesi di Laurea in Psicologia, conseguita presso l'Università di Padova, il 16 marzo 1984. Il discorso che io faccio in quella Tesi, tuttavia, critica in parte certe correnti di pensiero oggi in voga nel campo della Psicologia, della Sociologia, della Psicoanalisi; cosa che non le ha permesso di ottenere pieno riconoscimento dalla Commissione esaminatrice. Sperando che veramente possa dare un contributo positivo, (per questo, sarebbe meglio non una semplice lettura, ma una ri-lettura), Le farò pervenire entro pochi giorni, con spedizione a parte, una copia di quel lavoro, che io svolsi con molta coscienza ed impegno, come sintesi di un traguardo conoscitivo mio personale, e di una maturazione umana (ed implicitamente anche di Fede) sofferta, ma tesa al "reale" ed al "vero". Eminenza, spero tanto che la mia proposta possa venire ad incontrarsi con quei Pastori del gregge di Gesù, i quali, per una particolare loro formazione culturale, spirituale ed umana, possano riuscire a recepire quanto c'è di valido in essa, per il bene della Chiesa, perché il Popolo di Dio possa più genuinamente e più efficacemente accogliere il Messaggio Evangelico. Se Sua Eminenza trovasse che io merito un po' di fiducia, e che il mio progetto presenta delle "promesse" che vale la pena cominciare a vedere nell'attuazione, io La pregherei, con il cuore in mano, di aiutarmi in questa ricerca presso le Autorità Ecclesiastiche. Io ho cominciato nel 1975 ad interpellare, in maniera più diretta ed esplicita, il Clero e le Organizzazioni Cattoliche locali (mi trovavo allora a Padova): ho trovato sempre diffidenza ed allontanamento. Questo mi ha fatto ogni volta rimeditare sul mio proposito, e momentaneamente soprassedere nella ricerca. Ma pure ogni volta il mio spirito interiore tornava a concludere che quel progetto "veniva da Dio", che quel progetto era stato Dio ad alimentarlo ed a svilupparlo in me, che era Dio che suscitava in me quel forte desiderio di "comunicarlo integralmente alla Chiesa". E' Dio, e non la mia persona, a volere suscitare nella Sua Chiesa dei "Nuovi Apostoli"; essi sono chiamati a servire lo Spirito Santo, il quale chiama tutti (Clero tutto e Laici tutti) verso un "Cristianesimo più vero", un Cristianesimo "più realmente divino ed umano insieme". Questi Nuovi Apostoli, la cui realtà umana non ha modelli preesistenti, e non è neanche descrivibile a parole, seguono un cammino di formazione e di maturazione che li porta su piano in cui "la profondità di Fede si sposa con la profondità e la pienezza dell'umano", ed in cui essi "vivono operando". Io sento l'urgenza di tale Messaggio alla Chiesa, anche in vista della "" VII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi "", la quale si terrà nell'autunno dell’ ‘87, e che avrà come tema: "" LA MISSIONE DEL LAICATO NELLA CHIESA E NEL MONDO "". Sento dentro di me, nel mio atteggiamento di Fede e di amore verso Cristo e verso la Sua Chiesa, che tale Sinodo è per la Chiesa un momento cruciale di estrema importanza: esso potrà innescare un "vero" risveglio nello "spirito" di ciascuna delle componenti del Popolo di Dio; ma potrà anche ridursi ad una pura prassi burocratica che sfocia in provvedimenti anche essi burocratici. Ho una intuizione spirituale che, nonostante io avverta tutta la mia debolezza interiore, il mio stato di salute fisica non florido, le mie condizioni economiche piuttosto ristrette, "Dio vuole" che io lotti e fatichi sino in fondo, affinché le Autorità Ecclesiastiche recepiscano questo progetto, senza lasciarmi abbattere dalle tante umiliazioni e dalla tanta solitudine in cui mi trovo. Sento che, se questa mia proposta la si riuscisse ad attuare così come io l'ho nel cuore e nella mente, verrebbero alla luce "contributi preziosissimi" per la problematica che sarà affrontata da quel Sinodo; "contributi determinanti", sia per l'indirizzo che potrà assumere la discussione e sia per il modo con cui le discussioni stesse verranno condotte; contributi, cioè, verso un quadro del problema più "vero", più "reale", e quindi verso un modo di procedere più "efficace". Nel caso che il tutto si configurasse come una sequela di eventi e di provvedimenti burocratici, non solo sarà stata perduta una occasione preziosa per una "vera presa di coscienza" da parte di ognuno, ma si sarà anche contribuito ad un maggiore disorientamento proprio in coloro che più sinceramente e con più generosità d'animo e di energie erano desiderosi di "operare nel vero". Diverse volte mi è sorto un desiderio di chiedere, per questo scopo, una udienza al Santo Padre; ma mi rendo conto che ben difficilmente l'avrei ottenuta; e mi rendo anche conto che non posso prospettare, direttamente e da solo, alla massima Autorità, una tale questione: questa va prima "discussa nel dialogo" con le Autorità intermedie (Cardinali e Vescovi Pastori d'anime) e con la compartecipazione "responsabile" di laici qualificati. Tuttavia sono certo che troverei molta più comprensione incontrandomi, con tutto il mio progetto, con la persona dell'attuale Papa (Karol Woityla), che non incontrandomi con qualunque altra persona autorevole della Chiesa: sento molta affinità con il pensiero espresso dal Santo Padre nel suo Magistero e nella sua Pastorale. E mi pare inoltre di avvertire dentro di me una indicazione spirituale, come fosse il Signore stesso a volermi significare che quel Messaggio di "Nuovo Apostolato" che porto in me "deve giungere, nella sua interezza, a Sua Santità Giovanni Paolo II", oltre che giungere alla Chiesa nel suo complesso. Come se questo Messaggio il Signore lo porgesse all'attuale Vicario di Cristo, Karol Woityla, perché esso Messaggio costituisce un'altra delle parti del Magistero complessivo (e della Pastorale complessiva) cui il Santo Padre, Karol Woityla, è stato chiamato dallo Spirito Santo. L'orizzonte verso cui si proietta il progetto di Nuovo Apostolato, di cui io parlo, infatti "esplicita nel concreto umano", ed "integra sul piano operativo", quanto già il Magistero Pontificio sta esprimendo. Questa esplicitazione e questa integrazione le vedo, non come elementi accidentali e susseguenti, ma come elementi "essenziali ed inerenti". per la funzionalità missionaria di quello stesso Magistero: vengono a costituire con esso un tutt’uno. Eccellenza, chiudo questo mio scritto con la speranza che esso riesca a fare germogliare qualcosa che mi aiuti a trovare una possibilità di incontrarmi, a Roma o altrove, con un piccolo gruppo di persone autorevoli nella Chiesa, che siano di "diversa estrazione" sotto il profilo culturale, spirituale, umano, ministeriale: ad essi io esprimerei, "dialogando" e "nel vivo", uno squarcio della mia proposta. La "diversità di formazione" che è presente nell'uditorio interlocutore è quasi indispensabile perché possano essere realmente percepite, e quindi scoperte, le indicazioni più "nuove" e basilari del progetto. I contenuti di tale progetto, infatti, nel presentarsi in una fase iniziale, manifestano una tale diversità ed originalità di vedute, da far sì che in certi punti essi possano venire reputati inaccettabili. Allora, un dialogo sviluppato "da angolature diverse" e "col supporto di esperienze umane diverse", potrà far scoprire la veridicità e la validità di quel nuovo orizzonte umano, culturale e di Fede vissuta. Ringrazio, infine, Sua Eminenza per la gentile attenzione prestatami, mentre resto in attesa di una Sua cortese risposta. Le invio i miei più cordiali saluti, unitamente a distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Mons. Camillo RUINI, 20-09-85 Verona, 20 settembre 1985 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Camillo RUINI Vescovo Ausiliare di Reggio Emilia e Guastalla Palazzo vescovile Via V. Veneto, 8 42100 REGGIO EMILIA Eccellenza Reverendissima, Ho letto, nell'Osservatore Romano (ed. settimanale) del 29/8/85, un suo articolo, in cui sviluppa un tema che si impernia sulla espressione evangelica "FISSATOLO, LO AMO'" (Mc. 10, 21). Le esprimo la mia condivisione, nella maggior parte dei punti da Lei toccati. L'insieme di quel suo parlare, e l'insieme di quei contenuti, hanno fatto sorgere in me la speranza che una mia richiesta di dialogo -- circa un mio progetto per la "Formazione di Nuovi Apostoli" -- possa trovare in lei una risposta accogliente. Io ho già interpellato altri ecclesiastici a tale scopo; ma non ho trovato quella disponibilità che cercavo, probabilmente perché non ho riscosso fiducia e credibilità. Mi rivolgo adesso alla Sua persona, per manifestarLe, in forma necessariamente molto sintetica, un mio profondo desiderio di donare me stesso ai bisogni attuali della Chiesa, impegnandomi in questo particolare progetto, maturato in me lungo il corso di parecchi anni. Questo "Nuovo Orizzonte di Apostolato" non è traducibile in parole scritte. Tuttavia posso cominciare a dirLe che esso ha, come uno dei fondamenti, la "incarnazione nel concreto umano" della Evangelizzazione. Faccio alcune considerazioni, per farmi capire meglio. Quando infatti si vuole presentare una "nuova concezione", specialmente su argomenti riguardanti l'umano, l'elaborazione deve necessariamente partire, ed utilizzare, da ciò che già è "noto". Solo una "corretta differenziazione critica" da ciò che è appunto "noto", può far giungere l'interlocutore a concepire il "nuovo", il "non ancora noto", il "non ancora esperito", che si vuole proporre. Mentre un ascolto superficiale ed aprioristico potrebbe fare apparire quella elaborazione come "una critica denigratoria", una osservazione attenta e sincera farà scoprire invece la "valenza creativa e costruttiva" di quel "differenziare critico". Ecco le considerazioni. Attualmente la Evangelizzazione viene espressa, nella generalità dei casi, mediante un "Dire", un "riferire al altri, ripetendo" ciò che si è appreso "per udito o per lettura". Del "dire" è piena la cultura cattolica di oggi: sia per discorsi e conferenze, sia per libri e giornali. Con questa affermazione, però, non intendo asserire (e conseguentemente, criticare) che questo "dire" è di per se stesso eccessivo; voglio invece sottolineare una forte prevalenza del "dire" rispetto all' "agire": "si agisce" troppo poco, rispetto al quanto "viene detto". -- Un inciso. Spesso i verbi "agire" e "fare" sono usati scambievolmente. Io qui, con il termine "agire" non intendo un "fare" qualunque, bensì un "fare" che sia un "agire sull'essere umano soggettuale". Materialmente "si fanno" tante cose; tuttavia, in molte di esse è assente l' “agire umano"; c'è soltanto un "manovrare di tecniche" operative; la cui operatività, poi, non è neanche riferita alla "soggettività umana personale", bensì alla soggettività sociale ed istituzionale dell'individuo, o del gruppo associativo. Ecco perché ho preferito usare il termine "agire", invece che il termine "fare". --- Mi pare di poter affermare che si è passati addirittura alla "follia del dire", dove anche lo stesso "dire" ha perso significato, ha perso senso, ha perso orientamento, per divenire un "dire per dire", un "dire" che è "fine a se stesso". Si è giunti ad essere costretti, per non perdere del tutto l'orientamento, ad aggrapparsi al "senso letterale delle parole"; poiché si avverte inconsciamente che, "al di là di quelle parole"... non c'è una "realtà determinata”, non c'è una "verità tangibile e vivibile". Ma non è che in realtà non esista una "verità tangibile e vivibile", o si pensa in tal senso; è che la "verità" non sta più "dietro quelle" parole, quel discorso: sta altrove! E questo "altrove" non si sa bene dove sia; sebbene si intenda asserire che la verità "c'è". Perciò, quel discorso "non afferra" la verità: viaggia nel vuoto, nell'indeterminato. In altre parole: quel "dire" è divenuto un "dire" "sterile". E' un "dire" che non proviene "dall'interno del soggetto" che dice; e non promuove "dall'interno il soggetto" interlocutore. Ed il "fare" a cui porta questo "dire", quando il fare ci dovesse essere, è un "fare" "esteriore", "appariscente", "tecnico". Ma tale "fare" non "trasforma (verso Dio)" l'essere umano: costruisce solo delle impalcature fittizie. La concezione che è maturata in me, attraverso lo studio, attraverso l'esperienza umana, attraverso l'esperienza di Fede, e principalmente per Grazia Celeste, è invece quella di un Vangelo che "si è fatto carne" in colui che ha scelto la via dell'apostolato; e conseguentemente esso Vangelo "si comunica" agli altri "attraverso le stesse vicende umane". Un tale apostolo deve perciò essere "Uomo" - "di Fede"; dove il trattino (-) intende significare, da un lato la presenza di due termini protagonisti ("Uomo" e "Fede"), entrambi nella propria pienezza, e dall'altro lato la loro "unione indissolubile" per costituire l' "Uomo Nuovo" in Cristo. Il "NUOVO APOSTOLATO" che io vorrei promuovere, cominciando ad operare in prima persona, si muove principalmente sull’ “agire": un "agire di persona", un evangelizzare "da persona a persona", "entro lo stesso contesto dell'umano vivere". Il rapporto "da docente a discente" è un rapporto di "ruolo" svolto; e non è affatto lo stesso di quello "da persona a persona". In questa seconda situazione, sono necessarie entrambe le due "esperienze": quella "umana" e quella "di Fede"; ma inderogabilmente "associate ed integrantisi". Allora si riscontra un mutamento anche nel "Dire": dal "discorso", si passa al "Dialogo"; perché ogni esperienza (sia quella umana, sia quella di Fede), quando è realmente "un esperire", non può non essere "reciproca". Dalle "parole dette", si passa alla "PAROLA DIALOGATA". Dal "dire per affermare delle verità", si passa a un "dire per ricercare assieme delle verità". Dal "dire che dice solamente", si passa a un "dire che contemporaneamente agisce". Il "Dire" di Gesù, che Sua Eccellenza ha colto, ed ha raccolto nel suo articolo al quale ho accennato, è fondato sul contenuto racchiuso in ""... intuitus eum dilexit eum ..."". L'espressione italiana, con la quale esso è stato tradotto, "Fissatolo, lo amò", non rende pienamente il concetto originale. Il significato realmente racchiuso dalla espressione latina si avvicina molto di più a quanto voleva esprimere l'Evangelista S. Marco; Sua Eccellenza lo ha reso bene, e correttamente quando ha scritto ""... rivolgere ... (quel medesimo) sguardo di amore, di verità e di libertà ... ""; e lo ha allargato pure correttamente, e con profonda verità umana, quando ha proposto un "" ... contatto personale ... nutrito di amore ..."". -----------Nell'indirizzarmi ad altre persone autorevoli nella Chiesa, ho espresso altri punti di questo mio progetto, dei quali voglio portare a conoscenza anche Lei. Le accludo a tal fine fotocopia di alcune di quelle lettere, e precisamente: 1) Lettera a S.E. Mons. Alfredo GARSIA, Vescovo di Caltanissetta (Enna); in data 18 maggio 1984. Di essa non ebbi risposta. 2) Lettera a S.E. Mons. Francisco J. COF Huneuus, Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia; in data 25 maggio 1984. (E’ graffettata assieme a quella del Card.le Baum). La sua risposta fu negativa. 3) Lettera a S. Em. Rev. Cardinale BAUM William Wakefield, Prefetto della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica; in data 21 agosto 1985. La sua risposta è stata anch'essa negativa. Leggendo anche queste altre mie lettere, Sua Eccellenza acquisirà altri ulteriori elementi di questo messaggio per un "Nuovo Apostolato". L'intero contenuto di quelle lettere, io lo ripresento adesso a Lei, tal quale; come se l'insieme costituisse un'unica lettera a Lei indirizzata. Ecco perché, all'inizio di questa lettera, ho omesso di darLe notizie della mia persona: quello che avrei potuto dirLe è già espresso nelle altre lettere, ed ho reputato superfluo ripeterlo. Il progetto per la formazione di "Nuovi Apostoli" è un messaggio che io avverto, nel mio intimo spirituale, debba essere espresso integralmente alla Chiesa; debba essere dialogato con i Pastori del gregge di Gesù. Avverto che è un messaggio "da attuare in concomitanza" con il Magistero e la Pastorale che Sua Santità sta svolgendo; esso progetto "esplicita nel concreto umano", ed "integra sul piano operativo", quanto già il Magistero Pontificio sta esprimendo: come se venisse a costituire con quello un tutt’uno. Io so di non essere nulla; so che la mia persona umana non ha alcun valore, in merito a questo progetto. Se sto cercando di esprimerlo, se sto cercando di dialogarlo con le Autorità ecclesiastiche, non è perché "lo voglia io"! No! Io stesso mi sento meschino di fronte a questo compito; mi sento impari, mi sento con tante incognite. Se lo voglio proporre, è perché avverto dentro di me, e da molti anni, una Voce Interiore: come se Dio volesse significarmi che è stato Lui a seminarlo in me, che è stato Lui a coltivarlo in me, che "è Lui che lo vuole"! Sono stati tanti i piccoli segni che mi ha dato, specialmente nei momenti di maggior dolore e scoraggiamento. In questo io riconosco la mia indolenza, la mia pigrizia, la mia fiacchezza e debolezza: di fronte alle difficoltà, mi sono spesso subito arrestato, ed ho dubitato. Sono stato lento nell'operare ciò che Dio, attraverso la voce del mio intimo spirituale, mi invitava a fare: ho avuto poca Fede, poca fiducia in Lui. Ma Lui mi ha sempre "raccolto", come un Padre amoroso. Nonostante io senta di dovere dire (per ubbidire a questa Voce a me superiore), alle persone alle quali mi rivolgo, che questo messaggio "viene da Dio"; di dover dire che "è Dio a volerlo fare giungere alla Sua Chiesa", ed in particolare al Santo Padre Giovanni Paolo II; nonostante questo, io mi sento una piccola creatura, senza alcuna autorevolezza, né umana né spirituale, per dire ciò. Soltanto lo Spirito Santo potrà "illuminare" la mente di quelle persone, con le quali questo messaggio si incontra; e potrà far sì che esso "faccia il suo cammino", non si arresti, e giunga a coloro cui Dio stesso ha dato autorità, ed ha chiamato alla "guida" del Suo gregge, e che adesso chiama a questo "nuovo compito". Io busso alle varie porte: questo il Signore mi comanda. Egli mi incoraggia; e mi invita a non stancarmi nel rivolgermi a questi ed a quelli; mi invita ad affrontare la fatica di una "ricerca" con tante incognite, ed a sapere accettare l'umiliazione del rifiuto, e persino quella della derisione, anche se espressa con garbo e tatto. Come Dio disse all'Apostolo Paolo, il quale ho pregava di liberarlo da Satana che lo "schiaffeggiava": "Ti basta la mia Grazia"! così a volte mi pare che il Signore misericordioso voglia significare anche a me. Ma io purtroppo mi accorgo di non essere nemmeno un "servo inutile": mi sento un servo incapace ed infedele. Confido soltanto e totalmente nella Sua Fedeltà: Dio è Fedele al Suo Patto d'Amore! Eccellenza, oso chiederLe una gentilezza. Dopo che Lei ha preso in esame queste mie lettere, La pregherei di parteciparle ai suoi collaboratori, ed anche ad altri che Lei sa essere interessati verso un impegno del genere. Non è "la mia persona" che Le chiedo di aiutare; Le chiedo di aiutare "il cammino di questo messaggio", che è anche un Messaggio d'Amore. Lo aiuti affinché esso possa giungere a quelli cui Dio vuole che debba giungere, perché sia attuato per un recupero della Fede nella sua "radicalità". Se lo crede fattibile, lo partecipi anche ad altri Vescovi, con i quali Sua Eccellenza è in rapporto di amicizia, oltre che in comunione ecclesiale e pastorale. Se realmente questo progetto è un "Disegno Divino", un disegno di Misericordia per la Chiesa nella sua interezza e totalità, Ella avrà contribuito all'attuazione di questo Dise- gno, e di ciò ne avrà merito davanti a Dio. E, contribuendo all'attuazione di questo progetto, avrà contribuito a che quel Messaggio che lo Spirito Santo ci ha rivolto, in questo nostro tempo, mediante il Concilio Vaticano II, e continua a rivolgerci mediante l'opera del Santo Padre, "giunga realmente" nel cuore di "tutti" gli uomini. Per quanto riguarda la Chiesa, lo Spirito Santo ha rivolto, e rivolge, il Suo invito suscitatore di "Nuova Vitalità" a ciascuna delle singole componenti del Popolo di Dio, nessuna esclusa: ai Laici, al Clero, ai Vescovi Pastori, alle alte Autorità Ecclesiastiche. Anche le Autorità più alte della Chiesa fanno parte del Popolo di Dio; così come anche la "prima pietra" -- "" ...super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam..."" -- fa parte dell'intero edificio. Che il Messaggio, che nei tempi di oggi lo Spirito Santo ci ha rivolto e ci continua a rivolgere, sia indirizzato a "tutto intero" il Popolo di Dio, lo si può intuire e capire, oltre che da altre considerazioni, da una analisi approfondita della Crisi Umana e Religiosa, che a diversi livelli tutto il mondo oggi attraversa. Lo stato di "crisi", che gradualmente si è sviluppato nel sistema complessivo della Chiesa, è intimamente collegato all'altro stato di "crisi socio-umana", che si è andata sviluppando nel corso di questo secolo XX°. Il "Colloquio sulla Crisi" che si è tenuto a Castelgandolfo, con la presenza di Karol Wojtyla, nei giorni 29, 30 e 31 di agosto u.s., son certo che ha fornito contributi preziosi al Santo Padre, oltre che a quei suoi collaboratori che l'hanno seguito. Io ho pregato in quei giorni in modo particolare, affinché lo Spirito Santo dispensasse abbondantemente "la Sua Luce" a Sua Santità, perché potesse "discernere la Voce di Dio" distinguendola dalle voci puramente umane, e raccoglierla con coraggio e sapienza; per poi dispensarla, da Buon Pastore, al gregge di Gesù. Per quanto riguarda la crisi che "oggi" la Chiesa sta vivendo, sono del parere che si tratti di una “crisi di sviluppo" nella storia, ovvero di una "crisi di crescita". Mi riferisco alla crisi "attuale", non alle varie crisi che, nella sua storia, la Chiesa ha attraversato; ogni crisi infatti ha avuto le sue caratteristiche, e non sono state certamente tutte "crisi di crescita". Quando la crisi è una "crisi di crescita", essa non va "spenta", né "frenata perché si arresti"; va bensì "guidata ed aiutata nel suo processo di evoluzione e di risoluzione", il quale tende verso uno stato "organicamente e dinamicamente più maturo" del precedente, cioè più idoneo alle "nuove" situazioni storiche. In quanto crisi di crescita, la crisi che la Chiesa sta vivendo non può non essere "generale" per l'intero organismo ecclesiale, anche se nei vari settori si manifesta con forme diverse; ed anche se dovesse apparentemente sembrare che certi settori ne sono immuni. Poiché la Chiesa è "un Corpo Vivente", come tale non può crescere "per parti staccate o autonome": il "crescere realmente" può avvenire soltanto crescendo "insieme ed in comunione", sì che tutte e singole le parti realizzano la propria crescita e la armonizzano nella totalità dei rapporti intra-ecclesiali. La "Vita" della Chiesa è "Una"; anche se essa è distribuita dalla Sapienza di Dio nelle varie membra. E se essa Vita viene stimolata, da parte dello Spirito Santo, perché venga sprigionata una maggiore potenza vitale, "tutte le membra", nessuno eccetto, devono accogliere quella chiamata. La quale, sebbene distribuita ed articolata anch'essa secondo la Sapienza Divina, è anch'essa "unica", perché "Uno Solo" è lo Spirito; ed è nello stesso tempo "totale", perché l'unità dello Spirito "riunisce ed investe tutte le membra". Se Sua Eccellenza sente di poter accogliere queste mie prime indicazioni scritte, e volesse prendere conoscenza più diretta di questa proposta, io, dietro suo invito, verrei a Reggio Emilia, per incontrarmi con Lei, e poi anche con un piccolo gruppo di persone, per come ho spiegato nelle lettere accluse. Resto in attesa di un suo scritto, e Le invio intanto i miei più cordiali saluti e distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Card.le Marco CE', 26-09-85 Verona, 26 settembre 1985 A Sua Eminenza Reverendissima Signor Cardinale Marco CE' Patriarca di Venezia Curia Patriarcale San Marco, 320/a 30100 VENEZIA Eminenza Reverendissima, Mi permetto di accedere a Lei, attraverso questa lettera, augurandomi di potere avere in seguito un abboccamento, che mi permetta di meglio esprimere la tematica in essa trattata. Voglio presentare a Sua Eminenza un mio proposito di "Nuovo Apostolato", i cui primi accenni io ho già espressi per lettera ad altre autorità della Chiesa. La risposta di queste mi ha indicato, in un modo o nell'altro, che non avevo trovato spazio per quel "Dialogo". Eppure io avverto, nel mio spirito di Fede, che quel progetto per la "Formazione di Nuovi Apostoli" "viene da Dio", ed "è voluto da Dio". E mi domando, a volte, sfiduciato per non avere trovato modo di comunicarlo realmente ed integralmente alla Chiesa, per quale causa tale proposta venga rifiutata, prima ancora di essere realmente conosciuta; mentre, da un altro lato, molte constatazioni mi confermano la veridicità della mia intuizione spirituale: che quella proposta è frutto della Grazia del Signore, il quale per tanti anni mi ha guidato in questo cammino verso un "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione". Spesso la mia Fede è stata messa a dura prova! Mi rivolgo perciò a Sua Eminenza, in un ulteriore tentativo, nella speranza di incontrare fiducia nei miei confronti. Esprimo a Lei gli stessi contenuti di alcune delle lettere già da me a suo tempo inoltrate ad altri Presuli, allegando alla presente fotocopia delle stesse. E precisamente: 1) Lettera a S.E.R. Mons. Francisco J. COX Huneeus, segretario del pontificio Consiglio per la Famiglia; in data 25/05/84. 2) Lettera a S.E.R. Mons. Alberto BOVONE, segretario della 5. Congregazione per la Dottrina della Fede; in data 08/06/84. Di essa non ho avuto alcuna risposta. Allo stesso avevo già inviato una lettera il 10/05/81, alla quale mi rispose. 3) lettera a S.E.R. Mons. Carmelo FERRARO, Vescovo di Patti (ME); in data 21/06/84; graffettata assieme a quella indirizzata a Mons. Cox. La sua risposta fu una lettera "personale", molto cordiale ed affettuosa, pur esprimendomi il suo rammarico di non potermi essere di aiuto concreto in questa mia ricerca. 4) Lettera a S.E.R. Mons. (adesso, Cardinale) Paul POUPARD, Presidente del Comitato Esecutivo del Pontificio Consiglio della Cultura; in data 22/04/85. Di essa non ho ricevuto alcuna risposta sino a questo momento. Ho avuto invece una risposta da parte di S.E.R. Mons. Giuseppe AMARI, Vescovo di Verona, a cui avevo fatto pervenire la stessa lettera, partecipandola. Come ho aperto con sincerità il mio cuore a loro, così adesso lo apro a Lei; come se quel discorso io lo rivolgessi, tal quale, alla Sua persona: e di fatto glielo rivolgo. Le lettere non portano tutte lo stesso contenuto; solo alcuni punti sono espressi in più di una lettera. Ma ognuna porta contenuti, e sfumature significative, che le altre non portano. Inoltre in esse io ho anche riferito, come Lei stesso constaterà, i momenti più salienti della mia vita personale; per cui ho ritenuto superfluo ripeterli all'inizio della presente lettera, come "presentazione" di me stesso a Sua Eminenza. Questo mio progetto per un "NUOVO APOSTOLATO" non può venire adeguatamente illustrato con delle semplici parole; ed a maggior ragione non può esserlo in un breve "scritto"; tuttavia, già da quanto ho espresso nelle lettere, si può desumere una prima linea iniziale. Perché non dare un "seguito" a questa linea iniziale, attraverso degli incontri, come ho sottolineato nelle lettere, sviluppati mediante (quella che io ho chiamato) la "PAROLA DIALOGATA"? Io vorrei poter far conoscere la mia richiesta, con i primi accenni scritti di questo messaggio d'Amore, ai Vescovi delle varie diocesi italiane. Devo tuttavia precisare che, l'aver fatto un riferimento limitato alla sola Chiesa in Italia, è determinato esclusivamente da restrizioni tecniche mie personali. Il mio progetto, infatti, vuole, non tanto introdurre una particolare "tecnica" di Evangelizzazione, quanto piuttosto invitare ad una particolare "Analisi dei Principi Fondamentali della Evangelizzazione", ai vari livelli di formazione e di crescita umana e di Fede; sia per i laici che per i Chierici. E ciò, al fine di acquisire una "nuova consapevolezza" -- derivata da una "particolare presa di coscienza" -- la quale permetta di attuare "realmente", "nell'umano", il "Messaggio Evangelico” che Gesù ci ha portato e consegnato: un compito "vitale", e non "tecnico", cui siamo stati chiamati. Per cui, la proposta, nel suo pieno orizzonte, si indirizza alla Missionarietà complessiva della Chiesa "Corpo Mistico di Cristo", in quanto essa è Mistero di Salvezza, e di Annuncio di questa 5alvezza, per tutti i popoli. Se io conoscessi delle lingue straniere, sufficientemente per poterle "parlare con chiarezza di significati", cercherei un dialogo anche con i Vescovi che svolgono la loro azione pastorale in seno a popolazioni diverse da quella italiana; purtroppo, invece, riesco solo a "leggere un po'" l'inglese, il francese ed il latino. Nell'indirizzarmi a questi e a quelli, spero tanto che il mio discorso venga ad "incontrarsi" con quei Vescovi -- od altre persone autorevoli nella Chiesa -- i quali, per una particolare loro formazione umana e spirituale possano recepire quel valido contributo che il mio orizzonte culturale e di Fede potrebbe dare alla Evangelizzazione ed alla Pastorale nella Chiesa, qualora venisse esplicato "nel concreto" questo che io ho chiamato "Nuovo Orizzonte di Formazione Cristiana, e di Formazione Sacerdotale". Aprendo con loro un dialogo, questo Nuovo Orizzonte potrebbe venire meglio conosciuto, e più "realisticamente esperito", attraverso degli Incontri di ricerca "nel vivo dell'umano", e "nel vivo della Fede". Per questo lavoro che io ho in animo di svolgere, non chiederei una remunerazione in denaro, -- anche se la prestazione che io offro, oltre che essere missionaria, è "professionalmente qualificata" -- accetterei un contributo minimo, se sarà possibile, tanto quanto basta per coprire le "spese vive effettivamente sostenute per quel lavoro". E ciò, perché, nonostante mi sia adoperato per esercitare di fatto l'attività di Psicologo, nel mio Studio privato qui in Verona, in realtà ho avuto solo alcune "rarissime" consultazioni; tanto da poter dire con piena verità che "di fatto" non svolgo attività di Psicologo; e quindi il mio introito economico è costituito soltanto dalla pensione, che è circa i due terzi dello stipendio di Insegnante che percepivo quando ero in servizio; servizio che purtroppo dovetti lasciare per motivi di salute. Per cui le mie condizioni economiche sono piuttosto ristrette. Ma io son certo che, per il lavoro che vorrei esplicare nella Chiesa, il Signore Iddio... saprà come provvedere a queste esigenze economiche; e manderà, da una parte o dall'altra, quella piccola offerta caritativa. Egli ci ha detto: "l'operaio è degno della sua mercede"! Oso chiedere a Sua Eminenza, che è anche Vice-Presidente della CEI, se Lei non possa fare qualcosa che faciliti il cammino di questo messaggio, perché esso giunga a coloro cui Dio vuole che giunga: particolarmente al Santo Padre. Sento come una Voce Interiore che mi dice che è molto importante, e credo anche urgente, che Sua Santità Giovanni Paolo II venga a "conoscenza chiara" di questo mio "Nuovo Orizzonte per un Nuovo Apostolato". Avverto nel mio intimo spirituale che questo progetto è un messaggio "da attuare in concomitanza" con il Magistero e la Pastorale che Sua Santità sta svolgendo; esso progetto "esplica nel concreto umano", ed "integra sul piano operativo", quanto già il Magistero Pontificio sta esprimendo: come se venisse a costituire con quello un tutt'uno. Mi consenta di esprimerLe, con molta semplicità, una confidenza del tutto personale. Porto dentro di me un desiderio, tacito ma profondo, che pur so essere irrealizzabile; un desiderio che risale all'autunno del 1978 (Elezione a Sommo Pontefice del Card.le Karol W0JTYLA); ed è questo: esprimere di persona a Sua Santità Giovanni Paolo II questo mio orizzonte di Fede, di umanità, di cultura. Ciò mi darebbe la gioia più grande della mia vita! Sono convinto che ci capiremmo! Al punto tale che mi immagino che non riuscirei a trattenere le lacrime, proprio per questo "comprendersi"; anzi, per questo "essere compreso dai Santo Padre in questo mio progetto", e poter donare a Lui quello che di buono (poco o molto lo sa solo Iddio) possa essere maturato in me: Lui saprebbe come utilizzarlo! Mi fa piacere riferirLe il contenuto, semplice, della breve lettera, con la quale accompagnai il mio dono a Sua Santità, nella Pasqua di Resurrezione dello scorso anno 1984. Questo dono era costituito dalla copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia, svolta sul tema: "LA COMUNICAZIONE TRA ADULTO E BAMBINO, E LO SVILUPPO INTELLETTIVO. - Un Problema di Psicologia Dinamica, vissuto in una Esperienza Psicopedagogica". Le allego alla presente fotocopia di quella lettera. Eminenza Reverendissima, Certamente Ella rifletterà su questo mio scritto e sulle altre lettere allegate, pregando nel contempo lo Spirito Santo che Le porga il Suo Consiglio; si farà una prima idea, accompagnata da un certo atteggiamento interno, a riguardo questo progetto. Se tale suo atteggiamento sarà di condivisione verso queste prime indicazioni che Le ho fatto pervenire; e se Sua Eminenza vorrà conoscere più chiaramente e più estesamente la questione come da me posta; io, dietro Suo invito, verrei a Venezia, per incontrarLa di persona. In attesa di un Suo scritto, qualunque possa essere il Suo parere, e ringraziandoLa per la gentile attenzione prestatami, porgo a Sua Eminenza i miei più cordiali saluti nel Signore, ed i miei più distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 Risposta: 28-11-85 o______O______o Card.le TOMKO Jozef, 10-10-85 Verona, 10 ottobre 1985 A Sua Eminenza Reverendissima Signor Cardinale TOMKO Jozef Prefetto della S. Congregazione per la Evangelizzazione dei Popoli Via di Propaganda, 1/c 00187 - R 0 M A Eminenza Reverendissima, Torno ad incontrarLa, questa volta per lettera, a distanza di circa sette mesi da quel breve abboccamento che ebbi con Lei, il 9 marzo u.s., in occasione del VII Convegno sul Magistero Pontificio tenutosi in Padova. Quella volta Le chiesi indicazioni sulla strada da seguire per far giungere alle Autorità ecclesiastiche un mio progetto di Apostolato. Sua Eminenza mi suggerì di contattare S.E.R. Mons. P. Poupard (adesso Cardinale), ed anche Padre H. Carrier s.j.. Adesso io -- dopo essermi rivolto a varie persone autorevoli nella Chiesa, compreso il Card.le P. Poupard, e non avendo ottenuto da essi risposta significativa -voglio sottoporre all'attenzione anche di Sua Eminenza questa mia proposta di "NUOVO APOSTOLATO". Parte dei contenuti di essa è espressa -- necessariamente in forma molto sintetica, e solamente per accenni -- in quelle lettere già inoltrate ad altri Prelati. Per riportare anche a Lei quei contenuti, allego alla presente fotocopia di alcune di esse. In questa lettera presente, introduco ulteriori considerazioni, le quali, mentre da un lato trattano altri punti dello stesso progetto, da un altro lato chiariscono alcuni di quelli già toccati nelle altre lettere. Così, l'insieme di questi scritti racchiude un unico discorso, sempre unitario, ma più allargato e più delineato che non quello che si potrebbe rilevare da una sola lettera. Sua Eminenza, leggendo gli altri scritti, troverà all'inizio di essi alcune indicazioni sulla mia persona; mi sembra perciò superfluo ripeterle in questa, per "presentarmi" a Lei. Constaterà anche che, nel fare riferimento ad alcuni momenti della mia vita, mi sono espresso con quella "sincerità di me stesso", cui io sono quasi istintivamente portato, non nascondendo le mie ferite interne, né le mie limitatezze umane. Constaterà inoltre che alcuni punti sembrano essere riportati in più di una lettera: in parte è così. Ma ogni lettera, oltre che riferire contenuti che non sono espressi nelle altre, si esprime, negli argomenti similari, con sfumature significative nuove, diverse da quelle espresse nelle altre, ma con esse integrantisi; cosa che contribuisce a mettere meglio a fuoco quei punti toccati. 1 - Questo discorso che io mi permetto di esprimere a Sua Eminenza, glielo rivolgo, più che come al Prefetto della S. Congregazione "de Propaganda Fide", come ad un Porporato della S. Chiesa, Madre di noi tutti; il quale vive in modo partecipativo i bisogni e le necessità del Popolo di Dio nelle sue varie espressioni. Non è ad alcuna delle Istituzioni che io ho cercato (e continuo a cercare) di rivolgermi;ma a singole persone, che hanno maturato un cammino dottrinale ecclesiale, un cammino spirituale, un cammino umano, unitamente ad un cammino gerarchico nella Chiesa, tali da consentire loro di accettare -- o respingere, ma sempre con consapevolezza e senso di responsabilità -- una richiesta di dialogo conoscitivo riguardante un progetto di Nuovo Apostolato nella Chiesa. Questo Progetto, infatti, non chiede iniziative istituzionali, né interventi tecnoamministrativi da parte delle Autorità ecclesiastiche; chiede di "incontrarsi con l'anima" della Chiesa, che è presente e vige nelle persone (Cardinali, Vescovi, ecc.) che quella autorità rivestono. Il contributo che esso vuole portare, non riguarda direttamente nessuna delle Istituzioni ecclesiastiche, ma riguarda la "Vita Interna ed Interiore" della Chiesa. Solo dopo che sarà stato recepito ed assimilato, esso potrà produrre validamente conseguenze a livello istituzionale. Il rivolgermi a Sua Eminenza costituisce un ennesimo tentativo di ricerca fra le persone autorevoli nella Chiesa, nella speranza di "incontrarmi" con quelle cui Dio ha dato di recepire questo "Messaggio d'Amore" che preme de dentro di me; e di accoglierlo, perché esso, attuandosi, generi frutti di Redenzione. E' un messaggio, questo mio progetto, che io avverto essere stato fatto maturare da Dio; ed è ancora Dio stesso che mi sollecita nel mio interiore, affinché io "lo comunichi integralmente alla Chiesa". Non è un progetto mio personale: "E' un Progetto di Dio"! E questo, lo sento fortemente nel mio intimo! Io sono soltanto un terreno, povero ed indegno, su cui Egli ha voluto seminare e coltivare questo "NUOVO ORIZZONTE DI CRISTIANIZZAZIONE". Esso è un Nuovo Orizzonte per la Formazione Cristiana, come lo è per la Formazione Sacerdotale. Ed è un Nuovo Orizzonte anche per l'affrontare i molteplici momenti di crescita della "Vita Intra-Ecclesiale", -- crescita che ha i suoi propri risvolti storici, i suoi propri risvolti culturali, i suoi propri risvolti sociali --, senza subordinare i rapporti della Chiesa "con il Suo Interno" ai rapporti "con il suo esterno": cosa che invertirebbe l'ordine nel cammino insegnatoci da Nostro Signore Gesù Cristo. Occorre potenziare i primi, rendendoli più "vitali" e meno "istituzionali" -- l'Istituzione infatti concretizza tutta la sua utilità quando è strumento coordinatore dei rapporti della Chiesa "con il suo esterno", nonché dei rapporti con quel mondo "ad essa esterno"; ma non nei rapporti "con il Suo Interno" --, per essere più efficienti nei secondi; e non viceversa. Per significarle più chiaramente il "senso del Mistero", suscitato dentro di me da questo progetto di Nuovo Apostolato, Le riferisco quanto già espressi nella lettera a S.Em.R. il Card.le Pappalardo Salvatore, il 16 settembre u.s.: "" E mi pare inoltre di avvertire dentro di me una indicazione spirituale, come fosse il Signore stesso a volermi significare che quel Messaggio di "Nuovo Apostolato" che porto in me "deve giungere, nella sua interezza, a Sua Santità Giovanni Paolo II"; oltre che giungere alla Chiesa nella sua estensione. Come se questo Messaggio il Signore lo porgesse all'attuale Vicario di Cristo, Karol Wojtyla, perché esso Messaggio costituirebbe un'altra delle parti del Magistero complessivo (e della Pastorale complessiva) cui il Santo Padre, Karol Wojtyla, è stato chiamato dallo Spirito Santo. L'orizzonte verso cui si proietta il progetto di Nuovo Apostolato, di cui io parlo, infatti, "esplicita nel concreto umano", ed "integra sul piano operativo", quanto già il Magistero Pontificio sta esprimendo. Questa esplicitazione e questa integrazione le vedo, non come elementi accidentali e susseguenti, ma come elementi "essenziali ed inerenti" per la funzionalità missionaria di quello stesso Magistero: vengono a costituire con esso un tutt'uno. "" 2 - Questo "Nuovo Orizzonte", Dio ha cominciato a seminarlo e coltivarlo in me già verso il 1950, dopo qualche anno che ero entrato nel Seminario Arcivescovile di Siracusa (vi ero entrato nell'ottobre del 1947). Ed è andato sempre più crescendo, sviluppandosi "armoniosamente" su settori diversi tra loro: Religioso, Umanistico, Scientifico. Lo sviluppo, in seno a ciascuno di questi tre piani del conoscere e del vivere umano, è sempre proceduto con modalità "integrative"; ciò che ha fatto sì che ciascuno dei tre versanti riversasse luce su gli altri due, ed apportasse nel contempo contributi che, oltre a risultare validi per una evoluzione efficace dello stesso, risultavano ancor validi per una crescita efficace negli altri due settori. Un fatto tutto particolare, che agli occhi degli altri suscita meraviglia, ed ai miei stessi occhi suscita stupore: è una particolare "integrazione profonda" tra l'Umanistico e lo Scientifico. Essa giunge sino a porre un'unica "radice epistemologica" per questi due campi del sapere -- non si confonda "radice epistemologica" con "epistemologia": la prima si colloca ad un livello di generalizzazione superiore rispetto alla seconda --; e ciò particolarmente a livello di "Ricerca". Poiché, nel campo culturale di oggi, il settore Umanistico viene invece sviluppato come "a sé stante"; e poiché la "Ricerca Umanistica" in genere è estremamente povera di "scientificità" -- accontentandosi essa soltanto di "scimmiottare", in certe sue fasi, le Scienze Naturalistiche nei loro metodi più "appariscenti"; e rifiutandosi inoltre di introdurre una "omologia generalizzata" per tutte quelle "Ricerche" in cui l'operatore protagonista è l'Uomo, con l'insieme delle sue facoltà psicologiche; e rifiutandosi per di più di liberarsi della "confusione, concettuale e pratica, "che essa immancabilmente fa tra "Scienza" e "tecnica” -- ; e poiché ancora tale "autonomia", che la Cultura Umanistica ha voluto rivendicare per sé, si è tradotta oggi in una "de-responsabilizzazione intellettuale", creando così le premesse per un pullulare "gratuito" di "false ideologie" nel privatistico, di "falsi moralismi" nell'individuale e nel sociale, di "falsi autoritarismi" sul piano inter-umano; mi sembra di potere asserire che la "Ricerca Scientifica" sia oggi più "vicina a Dio", Principio e Fonte di Verità, di quanto non lo sia la "Ricerca Umanistica". Questo lo asserisco in modo particolare per il campo della Cultura Cattolica, così come "oggi" essa viene sviluppata. Questo Nuovo Orizzonte Conoscitivo ed Operativo ha avuto così alla base il criterio della "tendenza alla unitarietà integrativa"; per cui, esso si indirizza all'uomo "intero", cogliendolo nei vari livelli del suo essere che si estrinseca, e nelle varie relazioni dialettiche che si generano fra quegli stessi livelli. Tale "indirizzo integrativo unitario", il mio spirito avverte che non è frutto soltanto di mie capacità intellettive -- le quali peraltro non sono affatto eccelse, come non lo è la mia erudizione -- ; ma che è invece l'esprimersi di una Grazia particolare che il Buon Dio ha voluto porre su quest'uomo. Le varie intuizioni -- sia di ordine culturale, che di ordine spirituale -- che man mano sono sorte lungo l'arco della mia vita, attinenti questa "integrazione" e questa "unitarietà" dell'umano, hanno fatto nascere in me un rammarico sempre più accentuato, per non aver potuto sviluppare i miei studi così come avrei voluto, e così come i doni che il Signore mi aveva elargito richiedevano. Questa Grazia particolare mi fa sentire ancor più il peso della mia inettitudine, scoprendomi incapace di sostenere l'impegno che essa comporta; e scoprendomi incapace di trasmettere ad altri ciò che tale Grazia significa per essi, e per la Comunità ecclesiale. In tal modo, essa potrebbe divenire per me motivo di condanna, non avendo io saputo accogliere e far fruttare quei tesori che Dio mi ha donato, così come da lui mi è stato richiesto. Che il Signore mi usi tutta la Sua Misericordia! 3 - Mi consenta di richiamare un fatto del tutto accidentale, e di per sé di nessuna importanza; ma che suscitò a suo tempo, e continua a suscitare anche adesso, un interrogativo spirituale. Alcuni mesi fa, venni a conoscenza del volume ""La Fede secondo S. Giovanni della Croce"", di Karol Wojtyla. Lo comprai, avendolo trovato attinente ai miei interessi culturali e spirituali. Alla fine della prefazione lessi: "" Nel 1948 così il Signore preparava lo studente Karol Wojtyla alla sua missione di Pastore Supremo della Chiesa, che doveva assumere trenta anni dopo. "" Pierre Paul Card. Philippe o.p. Queste parole mi fecero percorrere in un baleno l'arco della mia vita, a partire dal 1947, anno in cui entrai in Seminario. E mi fecero avanzare questa timida affermazione, intrisa di dubbio e di mistero, ma nello stesso tempo mossa da una semplicità interiore: ""Forse il Signore mi ha preparato, già da quello stesso anno, in un modo diverso, per compiti diversi, per... porgere ora a Sua Santità Giovanni Paolo II un "Suo Dono Particolare"! "" Il mio spirito interiore avverte l'urgenza che questo Messaggio giunga al Santo Padre, in vista specialmente della VII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà. nell'autunno del '87, e che ha per Tema: "" La Missione del Laicato nella Chiesa e nel Mondo "". Da esso progetto, infatti, -- se lo si riuscisse ad attuare così come io l'ho nel cuore e nella mente -- verrebbero alla luce "contributi preziosissimi" per la materia complessa che sarà affrontata da quel Sinodo. Ma, perché tali contributi possano venire"dialogati e maturati" entro un contesto ecclesiale allargato, in modo che possano poi costituire "elementi di riferimento" validi ed efficaci nelle elaborazioni sinodali, è necessario che esso progetto cominci ad essere conosciuto dalle Autorità Ecclesiastiche già sin da adesso. almeno nella realtà di una sua prima attuazione. 4 - C'è stato nella mia vita un avvenimento, molto importante per la mia persona, che non so come spiegarlo; ma non posso però nasconderlo, o tacerlo, solo per il fatto che esso apparirebbe umanamente illogico, e per il fatto che esso non sarebbe accompagnato da "segni vistosi". Esso è strettamente legato alla elezione a Sommo Pontefice del Card.le Karol Wojtyla, nell'ottobre del 1978. Quando il nuovo Pupa si affacciò dalla loggia centrale. avvertii subito, con un "senso di Mistero" nel mio intimo di Fede, una "Presenza di Dio" in Lui, tutta particolare: una Presenza misteriosa; una Presenza profetica, perché la vedevo "portatrice di un progetto ancora nascosto"; una Presenza misericordiosa, perché quel progetto lo vedevo un “Progetto di Misericordia"; una Presenza che si riversava "Amorevolmente sull'Umano". Alcune di quelle intuizioni spirituali, vissute allora da me ancora in una forma implicita ma reale, si sono esplicitate durante gli anni del suo Pontificato, con un mio certo stupore. Quella "intuizione sintetica, ma estremamente ricca di risvolti", mi si è dimostrata negli anni seguenti veridica in molte sue parti; ed avverto adesso che altre parti devono ancora esplicitarsi. Tale avvenimento della mia vita contiene ancora un altro punto. Quello stesso giorno nacque in me -- anche questo con un "senso di Mistero celeste" -- un inspiegabile "senso di assonanza", fra l'orizzonte culturale e di Fede, che io avevo sviluppato lungo il corso della mia vita, e l'apporto che sarebbe sorto dal Magistero di questo nuovo Papa: eppure, non conoscevo assolutamente nulla di quella persona! E nacque in me, nello stesso tempo, un "desiderio, anch'esso inspiegabile ed illogico, di esprimermi a lui"; un desiderio di impegnare le mie conoscenze, la mia esperienza umana e di Fede, e la mia operatività, "accanto ed in consonanza" al suo operare ed al suo "guidare" il Popolo di Dio. Questa "assonanza, culturale e spirituale", e questo desiderio di "esprimermi a Lui", sono sempre più cresciuti nel corso di questi anni. Ecco perché sento adesso una "urgenza interiore", come derivata da un compito cui Dio mi avesse chiamato: quello di "esprimere integralmente" a Sua Santità Giovanni Paolo II il Messaggio per un "Nuovo Apostolato", di cui parlo nelle mie lettere inoltrate alle Autorità Ecclesiastiche. Ho la sensazione spirituale che Sua Santità, "inconsapevolmente", lo stia aspettando; e forse io ho tardato a farglielo giungere! Questo mi fa venire le lacrime agli occhi, per il dolore che mi provoca il constatare come la mia fiacchezza ed insicurezza, il mio titubare, la mia indolenza, la mia paura che tutto questo sia soltanto una mia fantasia, potrebbero aver sciupato tanta Grazia celeste! 5 - Il Nuovo Apostolato che il mio progetto vuole promuovere, impegnando io per primo la mia stessa persona -- nonostante la mia salute fisica non sia tanto florida; e le mie condizioni economiche siano molto ristrette, non essendo riuscito ad avviare quella attività di "Psicologo" che speravo di esercitare --, è, per come dicevo, caratterizzato da un "assetto unitario", e da una "integratività dei molteplici livelli" in cui si articola l'essere ed il vivere umano. Per questo motivo, la presentazione del progetto non può fare a meno -- perché sia recepito nella sua realtà e veridicità, e non venga invece frainteso -- di rivolgersi ad un uditorio interlocutore, che sia costituito da persone di "diversa estrazione", sia culturale, sia spirituale, sia ministeriale; così come ho detto più estesamente nella lettera del 25 maggio 1984 a S.E.R. Mons. F.J. Cox. Tuttavia, anche rivolgendosi ad una sola persona, attraverso uno "scambio dialogato" di idee, in un sincero spirito di ricerca animato dall'Amore, possono essere portati alla luce ulteriori contenuti ed ulteriori aspetti che è quasi impossibile tradurre per iscritto. 5.a - La compresenza dei molteplici livelli dell'umano -- richiesta nell'Interlocutore, per un esprimersi efficace del progetto -- pone inevitabilmente il problema del rapporto "Laicato - Chiericato", il quale è un rapporto "di principio"; ma pone conseguentemente e contemporaneamente anche il problema del rapporto "Laici Chierici", il quale è invece un rapporto "di prassi". Non deve però sfuggire il fatto che questi due rapporti non coincidono affatto; e che quindi il problema posto è duplice. Il messaggio per un Nuovo Apostolato apre allora anche tale problema; sottolineando, sin dal suo proporsi, la impossibilità di un "genuino apostolato evangelico", senza l'apporto "contributivo e reciproco" di entrambe quelle due forme di vita cristiana, ovvero anche di entrambe quelle due forme di ministero ecclesiale. In questa visuale, il Progetto mira a far sì che "si generi" -- cioè, sorga "ex novo", e non per "ritocchi" di quel rapporto già esistente -- un particolare rapporto tra quei due ministeri; il quale, oltre ad aprire canali di scambio nuovi, tra le due componenti del Popolo di Dio, fomenti una "presenza più realisticamente umana" nei Chierici, ed una "presenza più realisticamente spirituale" nei Laici. 5.b - Sulla Rivista ""Concilium"", edita dalla Queriniana, nel n° 4 del 1985, viene presentato un articolo di Jan Walgrave, dal titolo: <Il saggio di Newman su “La consultazione dei fedeli in materia dottrinale">. Io devo confessare sinceramente che non conoscevo prima d'ora il pensiero del Card.le J.H. Newman. Da quell'articolo intravedo che egli aveva sviluppato al tempo suo intuizioni che io reputo più che corrette; e che anche al tempo d'oggi sarebbe molto utile che venissero riproposte, per un esame diverso -- perché diversa è l'epoca storica attuale, e perché diversi sono gli strumenti concettuali e sociali oggi disponibili -- , ma con un impegno pari a quello che allora aveva animato quel Prelato della Chiesa. Tale questione, tuttavia, si presenta soggetta a dei facili equivoci, dovuti particolarmente alla "disgiunzione" esistente tra i "due" problemi su accennati. Uno degli equivoci, che porterebbe a grossi errori, è quello di "vedere" la presenza di "un unico" problema, là dove in realtà ve ne sono "due". Un altro equivoco, che porterebbe anch'esso a grossi errori, sarebbe quello di -pur riconoscendo la presenza di "due" problemi differenti -- considerare questi come problemi "paralleli" tra di loro; con la conseguenza che anche le rispettive proposte solutive verrebbero condotte in modo parallelo. I due problemi sono invece "disgiunti" tra loro, pur avendo dei termini contenutistici in comune; ed hanno matrice diversa. In prima approssimazione, posso asserire che il primo -- vertente sul rapporto tra Laicato e Chiericato -- ha una matrice a componente prevalente "teologica"; il secondo ha invece una matrice in cui prevale la componente "giuridico - pastorale". Se, per ipotesi, un'altra figura tipo il Card.le Newman si presentasse nell'oggi, con quelle stesse proposte avanzate allora, i suoi sforzi cadrebbero ancora nell'insuccesso. E ciò perché ancora manca, nelle Autorità Ecclesiastiche, nella classe dei Teologi, nei Corsi di Studi a livello Universitario riguardanti il settore Teologico o il settore Filosofico o il settore di tutte quelle discipline a queste collaterali, manca quel tipo di Analisi Situazionale, che io qui chiamo con il termine di "ANALISI RELATIVISTICA". Il concetto che tale termine racchiude -- anche se l'espressione é mia -- è di dominio comune nel campo delle Ricerche Scientifiche. Tale Analisi Relativistica permette di "discriminare" i singoli problemi; permette di discriminare le loro relative matrici di provenienza; permette di discriminare anche la natura e la genesi di quei bisogni umani che compartecipano da protagonisti entro quella situazione che si sta studiando. La carenza di questo tipo di Analisi, si badi bene, io sono del parere che sussistesse anche nello stesso Card.le Newman; anche lui, mi pare si muovesse rasentando continuamente (senza avvedersene) l'equivocità di cui ho fatto cenno più sopra. 5.c - Ecco perché questo "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione" chiede, come di una condizione indispensabile, che il lavoro, oltre che venire sviluppato attraverso un "Dialogo Logico - Esperienziale", venga a muoversi partendo da una "diversità di estrazione" umana; da una "diversità dì esperienze", che confluiscono nello stesso Momento, quello della Ricerca d'assieme: e là. tendono verso "l'incontrarsi", tendono verso la "conoscenza reciproca", tendono verso la "verità reciproca". La Diversità di estrazione stimola, a volte anzi costringe, alla "discriminazione dei significati", sollecita alla "differenziazione relativistica" delle proprie interpretazioni; e quindi promuove il soggetto verso un "discernimento più veridico", perché più fondato sull'umano reale, e non invece su sue immagini sostitutive. E lo promuove anche verso una elaborazione di "significati aperti"; e quindi verso una costellazione di significati che "unisce le varie verità contingenti", espresse dalle singole persone nel loro immediato presente. E' proprio questa "apertura d'orizzonte nei significati", unita a quel confluire di interpretazioni da esperienze diverse, che conduce ad un "Percepire l'Insieme", ad un "Percepire l'Unum"; quell' "Unum" che si distribuisce in molti, pur conservando l'integrità. E' questa "Percezione dell'Unum" che, unendosi alla Carità, originantesi anch'essa da "Un solo Spirito", genera e costituisce l’ “Unità in Cristo", e quindi l’ “Unità nella Ecclesia". 6 - La "PAROLA DIALOGATA" , di cui ho parlato nella lettera a Mons. P. Poupard, è una "Ricerca Esperienziale". Essa mira a far emergere la "naturalezza dell'umano", la "genuinità del linguaggio naturale"; mira a "liberare dalle sovrastrutture ideologiche", che hanno imprigionato la "verità del soggette", sia nel suo essere che nel suo esprimersi. 6.a - Le molte "falsità" circa l'umano, e circa il vissuto (nell'umano) della Fede cristiana, che sono state gradualmente e quasi inconsapevolmente assorbite dalla cultura cattolica, sia a livello individuale che a livello comunitario, non possono venire evidenziate con l'uso solamente della logica intellettuale. Infatti, poiché molte di quelle che io individuo come "falsità" sono divenute -nelle ideologie varie che convergono sotto il nome generico di "pensiero cattolico"-- esse stesse "elementi di riferimento impliciti", su cui esse ideologie basano le loro argomentazioni razionali dimostrative, nessuna argomentazione razionale -- fatta da parte di un critico che si collocasse all'interno dello stesso sistema di ideologie, e sviluppata conforme ai canoni oggi vigenti in quel sistema complessivo di produzione di pensiero -- potrebbe mai concludersi con un "giudizio di falsità” nei confronti di affermazioni, le quali sono a loro volta il presupposto di quello argomentare. Occorrerebbe collocarsi "all'esterno" di tale sistema di ideologie. Ecco perciò la necessità inderogabile di una "Ricerca Esperienziale"; in cui il linguaggio, se da un lato “descrive” un certo quadro situazionale, da un altro lato "si dialoga" con il proprio e con l'altrui esperire: sino a "toccare" la "verità di se stessi" e la "verità in se stessi"; come anche a "toccare" la "verità dell'altro" e la "verità nell'altro". L'Intelletto "da solo" è in realtà "povero di contenuti": esso è semplicemente "strumento", che elabora i contenuti; ma non li "crea". Senza la miniera inesauribile che è l’ “esperire umano", esso si riduce a pronunciamenti di espressioni tautologiche; si riduce ad una "ecolalia", cioè ad un "ripetere discorsi di altri", a catena indefinita. Il tutto resta un "vagare”, più o meno "errabondo", nel mondo delle Idee. Solo raggiungendo quel piano esperienziale anzidetto è possibile la "Comunione reale Umana"; e solo raggiungendo la Comunione reale Umana è possibile aprirsi alla "Comunione reale di Fede", e quindi alla Comunione Ecclesiale. Ma si badi bene a non confondere questo piano esperienziale da me suggerito, con quel certo "raccontarsi le proprie esperienze", in un "soliloquio" celebrato davanti ad un pubblico di altrettanti "solisti"; cosa che oggi è di moda in alcuni Movimenti cattolici. Il "soliloquio" poi è tanto più acclamato, quanto più esso è “suggestivo". Anche quell'esprimersi in tali termini è un "vagare"; un vagare nel mondo delle Immagini e delle Sensazioni (anche se spirituali): si resta sempre e soltanto nell’ ”astratto inoperante". Quei "solisti" non intrecciano un dialogo; ed inoltre utilizzano un esperire che contrappongono alla "logica". Il "DIALOGO LOGICO-ESPERIENZIALE", di cui il Nuovo Apostolato vuole avvalersi, è in grado di far giungere "Luce" là dove ci sono "tenebre"; appunto là, dove "falsi concetti" sono stati potuti rivestire da "parvenze di verità", mediante costruzioni intellettualistiche ben elaborate. Tale "ricopertura" era stata sviluppata per sorreggere strutture psico-ideo-logiche, le quali diversamente avrebbero rischiato di crollare, generando panico nelle stesse persone protagoniste di quella situazione di pensiero logico-morale. 6. b - Il ricorso alla "falsificazione" non può però dare mai un valido sostegno a nessuna struttura, se non ad una struttura già essa stessa falsa: il falso è nutrimento per il falso. La falsificazione può solo dare l’ ”illusione di sostegno"; ma le illusioni di sostegno non fanno altro che aggravare una situazione di squilibrio, rendendo l'equilibrio ancor più precario. Nella sillogistica in uso nella Scolastica viene posto, come una delle regole di deduzione, questo asserto: "ex vero, nonnisi verum; ex falso, verum et falsum". Nel "Discorso logico - Esperienziale", di cui io qui parlo, viene invece asserito: "ex falso, nonnisi falsum". Fra la due situazioni c'è infatti questa differenza sostanziale: mentre nella Filosofia Scolastica il protagonista è l'Intelletto, nella sua funzione di "puro operatore logico-verbale", nel Discorso Logico Esperienziale, invece, il protagonista è l’ ”Intero Soggetto Umano", nella sua funzione di "mediatore processuale totale", tra il se stesso dell'oggi ed il se stesso del domani, in cui egli si proietta per "auto-riorganizzazione". Per cui è necessario avere il coraggio di "liberarsi" dalle illusioni di sostegno; e tendere alla "povertà radicale di se stessi", per ricostruire "nella verità": verità di se stessi e dell'altro, "insieme e contemporaneamente”; verità dell'umano e del divino, "insieme e contemporaneamente"; verità del superiore e dell'inferiore, -- mi riferisco sia ai rapporti gerarchici ecclesiali, e sia ai rapporti vari che possono essere racchiusi entro il concetto generale di docenza-discenza --, "insieme e contemporaneamente". Un breve inciso. Mi viene in mente l'intervento del Card. G. Lercaro, fatto il 4 novembre 1964, alla III Sessione del Concilio Vaticano II, a riguardo lo schema "La Chiesa nel Mondo Contemporaneo". Intervento che lessi tempo fa, nel III volume dell'opera "Il Concilio" a cura di G. Ceriani, a pag. 441 e seg.: ho trovato le sue osservazioni, particolarmente quelle del paragrafo che porta il titolo "Povertà Evangelica e Cultura", molto interessanti e molto veridiche. 6. c - Il Santo Padre Giovanni Paolo II ci ha rivolto spesso l'invito: "Non abbiate paura!" Un invito che ci richiama alla mente (ed al cuore) lo stesso invito che in diverse occasioni Gesù rivolse ai suoi Apostoli. La "Ricerca della verità" richiede tanto, tanto coraggio. Uno dei capisaldi della missione che il Santo Padre sta cosi mirabilmente compiendo, io lo vedo nel suo invito accorato a cercare la "Verità", ad essere fedeli alla "Verità", proponendo questo come fondamento di ogni progetto, sia esso inerente all'Umano, sia esso inerente alla Fede cristiana. Egli, quale Pastore Universale, Vicario di Gesù Cristo, ha fatto sua quella affermazione, con la quale Gesù compendio davanti a Pilato la sua Missione divina dì Salvezza: ""Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla Verità. Chiunque è dalla Verità ascolta la mia Voce"". (Gv. 18, 37) La falsificazione non è una alterazione che possa riguardare soltanto discorsi dottrinali, dando luogo quindi ai cosiddetti "errori dottrinali"; essa può riguardare anche altri settori dell'esprimersi dell'uomo, e riguardare inoltre settori del suo atteggiarsi interno. Quante volte si parla, e giustamente, di "falsa modestia", di "falsa umiltà", di "falsa carità"; e si potrebbe parlare anche dì "falsa docenza", per indicare, non il porgere dottrine false, ma un "modo di porgere falso" dottrine magari in se stesse vere. Quanta catechesi, quanta predicazione, quanta evangelizzazione nel mondo cosiddetto "civile", sono oggi "falsa docenza"! Oltre ad essere, a volte, "docenza del falso"! 6. d - In queste manifestazioni del "falso", la caratteristica essenziale che ai riscontra in esse è una “scissione nell'umano": scissione tra comportamento esterno ed atteggiamento interno. L'uomo viene "diviso in se stesso"; viene spezzato in componenti quasi autonome; viene infranta la sua "unitarietà". E le parti in cui esso è stato diviso vengono inevitabilmente a portarsi "in conflitto tra loro”. In molte situazioni umane, "falsità" e "divisione" sono in relazione "biunivoca" tra di loro; cioè: la falsità (quando è accolta, ovviamente) produce sempre divisione, e la divisione che si riscontrasse è prodotta sempre e soltanto da falsità introdotte. In tali situazioni, la divisione può essere risolta soltanto "demolendo le falsità" in essa presenti. Per far fronte a tali conflitti derivati da divisioni inter- ed intra-personali, l'uomo spesso è costretto -- da vari motivi che qui per brevità ometto -- a ricorrere ad altre falsità, e ad altre falsificazioni. CosI, egli va costruendosi gradualmente "nel falso"; sino al punto in cui tale impostazione viene a far parte costitutiva della sua configurazione personale complessiva. A questo punto, il suo agire umano, sia a livello comportamentale e sia a livello logico-intellettuale, non potrà che essere "in sintonia logica con tali schemi". Questa "sintonia logica" è quella che svolge (fra le altre) anche la funzione di costruire, del proprio essere umano, una "immagine-parvenza di verità”; e di costruire del mondo esterno altrettante "immagini-parvenze di verità", quanti sono i settori in cui egli viene a trovarsi. Immagini-parvenze di verità, le quali sono tutte fondate sullo stesso schema originario, divenuto, per esigenze di stabilità, "assioma implicito". 7 - Questo mio discorso, sul problema del "falso", e sulla necessità di recuperare la Verità, ho voluto aggiungerlo per dare a Sua Eminenza ulteriori chiarimenti, a riguardo certi temi toccati nelle altre lettere. Vorrei completarlo con un'ultima considerazione: chi "leggesse" questa mia esposizione "scritta", recepirebbe i contenuti in essa espressi "in un certo modo", ed "entro una certa costellazione di significati"; chi, invece, “ascoltasse e vivesse (interiormente)" lo stesso discorso, in un contesto di "Dialogo Logico-Esperienziale", con sincera apertura alla ricerca della verità sull'umano e sul divino contemporaneamente, recepirebbe i contenuti in esso espressi in un modo diverso, forse molto diverso; ed il discorso darebbe luogo ad una costellazione di significati "più reale", "più fedele”, "più vitale". Ecco, perciò, l'estrema importanza, per il "Nuovo Apostolato" che io vorrei proporre, della "Parola Dialogata". Comunicando attraverso di essa, è inoltre più difficile cadere in un "dire, pér dire"; in un "dire, fine a se stesso"; cadere cioè in un "parlare sterile". Mi vengono alla mente, in questo momento, le parole rivolte dal Santo Padre agli Sposi Novelli, presenti all'Udienza generale di mercoledì 2 ottobre u.s. : ""... Crescete nella Fede per diventare capaci di testimoniarla in ogni ambiente e situazione. La società moderna ha bisogno di "vedere come si vive", più che sentirsi dire come si deve vivere..."" (dall'Oss. Rom. Ediz. sett. n° 40 del 3/10/85) Una esortazione, questa, che invita ad un "agire", che vada oltre il "dire"; ad un "agire" che scaturisca non tanto da un "dire" quanto da una "crescita nella Fede" verso quei livelli che generano capacità di testimonianza. 8 - Ad integrazione delle varie indicazioni riguardanti "contenuti ed anima" del progetto per un Nuovo Apostolato. mi pare opportuno cercare di dare a Sua Eminenza anche alcuni accenni sui "criteri operativi", attraverso i quali esso spera di attuarsi. Questi criteri operativi, nelle grosse linee generali e previsionali, possono venire sintetizzati in tre punti: 1) Seminare "a livello microscopico"; 2) Seminare "nel silenzio"; 3) Coltivare mediante un dialogo continuato ed indefinito. 8. a - Il primo punto vuole significare che l'approccio caratteristico è quello "da persona a persona"; e quindi gli Incontri si svolgeranno con gruppi costituiti da un numero ristretto di persone (Laici e Chierici; uomini e donne; coppie di coniugi ed individui singoli). Ciò non vuol dire tuttavia che sono esclusi Incentri con un uditorio allargato e numeroso. Anche questi Incontri sono previsti; essi svolgono altre funzioni specifiche, che adesso non mi è possibile delineare, per brevità di spazio. L'espressione "a livello microscopico" sta anche a significare che il dialogo verte, non su panoramiche attuative, non su istruzioni progettuali, bensì su dei punti "apparentemente piccoli e semplici, ma che, per il fatto di costituire essi il "Centro Vitale" della vita interiore, e della vita psicologica relazionale della persona, sono il "fondamento" di ogni sano ed efficace progetto di costruzione umana e sociale. Quindi, il "microscopico" sta ad indicare la "radice"; la parte più interna, che per l'essere umano è anche la "parte più vitale". E' là, nel microscopico. che la Fede Cristiana può essere seminata efficacemente; essa è un "granello di senapa". che soltanto l'intimo microscopico può "raccogliere" nel senso reale del termine. A partire da questo intimo microscopico, essa potrà mettere le sua radici, ramificarsi, e raggiungere il "livello macroscopico" che sta più alla superficie del soggetto, dopo aver maturato già. un certo vigore. 8. b - Il secondo punto vuole significare che viene completamente scartata ogni costituzione in "Movimento"; di qualsiasi genere. Viene completamente scartata ogni ufficialità esteriore, ogni pubblicizzazione sociale, ogni forma situazionale che esprima un "collocarsi nel pubblico". Questa azione di "Formazione per un Nuovo Apostolato" si colloca essenzialmente "nel privato". Solo successivamente, quando la persona avrà recepito realmente questo Nuovo Orizzonte Cristiano, essa stessa "darà frutti" nel pubblico; darà frutti nel sociale ecclesiale, come anche nel sociale civile. In altre parole: le "conseguenze" di una maturazione umana e di Fede si svilupperanno sia nel privato che nel sociale pubblico; la "preparazione formativa" si svolgerà soltanto nel privato. li "Seminare nel silenzio" sta anche ad indicare che le persone che avranno imboccato questo Cammino (Laici o Chierici, senza distinzione sostanziale) avranno scoperto ed attuato -- se il lavoro in loro sarà riuscito nell'intento -- un modo "più autentico" di amare Dio; un modo più autentico di amarci e di aiutarci fra noi esseri umani, "al di là di ogni ruolo" ecclesiale o civile rivestito; un modo più autentico di guardare e curare la vita che germoglia e cresce nel bambino, nel ragazzo, nel giovane, nell'adulto. E' esclusa anche ogni indicazione di "appartenenza": queste persone avvertiranno di appartenere soltanto a se stesse e a Dio; e di essere parte integrante e vitale della Chiesa Corpo Mistico di Cristo: è la "libertà dei figli di Dio" che viene a realizzarsi in loro. Tale "crescere nel silenzio" non vuol dire però affatto crescere "nell'isolamento": è proprio il contrario! "Lavorare nel silenzio" -- come da me inteso --, se da un lato indica una certa rinuncia alla "clamorosità" di un certo manifestarsi sociale, da un altro lato esprime una scelta ed una apertura verso il "contatto realmente umano". Questo "radicarsi nel silenzio" infatti esprime il costituirsi di "rapporti interpersonali genuinamente umani"; i quali, non solo sono "comunicativi" già al loro interno, ma "suscitano l’ ”incontro" in quelle persone estranee, le quali, per circostanze particolari della loro vita, stanno attraversando una fase critica, ed hanno tanto bisogno di un rapporto umano sincero, che li aiuti a superarla ed a recuperare quindi la propria esistenza. 8. c - Il terzo punto vuole significare che il seme gettato non viene “abbandonato a se stesso". Viene coltivato per quello che esso richiede; per quello che le esigenze delle singole persone richiedono; per quello che le situazioni ambientali, in cui quelle persone vivono impongono al singolo soggetto. Viene così a nascere fra tutte queste persone -- in modo vario e diverso, ed anche imprevedibile -- una rete di rapporti umani, che alimentano lo stesso processo formativo; rapporti che si estendono anche a persone esterne ai gruppi. Sono, queste ultime, persone che -- sebbene non vivano "direttamente" quella esperienza di crescita -- in modo "indiretto" ricevono e recepiscono, anche se parzialmente, il Messaggio. E ciò, per il fatto che ciascuno di coloro che lo vivono e lo assimilano in seno a questo "convenire esplicito" che è il gruppo, lo riesprime poi -- proprio attraverso i rapporti interpersonali che egli ha con gli altri -- anche all'esterno. Tutto ciò esprime un costituirsi di una particolare "Famiglia"; una Famiglia senza confini territoriali, e senza preclusioni ministeriali o sociali; una Famiglia "a struttura invisibile, ma reale". Per la Chiesa, comunità. umana e credente, essa si configura come un "NUOVO GERMOGLIO". Il "dialogo continuato" sta anche ad indicare che alla comunicazione "orale e di persona" può in seguito associarsi efficacemente la comunicazione mediante scambi epistolari: un "comunicarsi per iscritto", il quale però è anch'esso valido -- nei confronti di una progressiva maturazione nell'umano e nella Fede -- per il fatto che si aggancia e si fonda su quanto già, di persona ed oralmente, è stato espresso, ed è stato costruito. 9 - A conclusione di questi accenni sui "criteri operativi", mi appare indispensabile una puntualizzazione circa i termini di "intimo" e di "privato" qui adoperati. Sono infatti dei termini che prendono significati diversi, nell'uso corrente, a secondo del profilo culturale del contesto in cui essi vengono adoperati. Questi chiarimenti, anche se soltanto approssimativi, li reputo importanti, al fine di evitare, a chi mi legge, di cadere nell'errore, inquadrando il mio discorso in uno sfondo a carattere (cosiddetto) "intimistico", o a carattere "privatistico"; o inquadrandolo in una delle correnti di pensiero dalle quali io esplicitamente dissentissi. 9. a - Voglio per primo fare un riferimento brevissimo a quella corrente di pensiero che va sotto il nome di "Personalismo", oggi in voga nell'ambito della Cultura Cattolica; è un riferimento di "divergenza" da esso: in diversi punti e per diversi aspetti. Per fare capire meglio il mio dissentire da quella formulazione concettuale, indico come riferimento esplicito un autore che si colloca in quella corrente: il Prof. Marcello Peretti, docente all'Università di Padova. Di lui ho letto alcune opere, fra le quali, recentemente, un articolo pubblicato su "Seminarium" (n° 1-2 del 1984) edito dalla Libreria Editrice Vaticana, dal titolo: "Genitori e Famiglia nell'educazione dei figli all'amore". , Pur sottolineando una larga concordanza su certi "contenuti", "singolarmente presi", non condivido il procedere del discorso fatto dall'autore: sia a riguardo l’ ”analisi" dei temi, sia a riguardo la "logicità" -- la "logicità dell'analisi", e la "logicità del discorso verbale"-- , sia a riguardo la "selezione" e la "scelta" dei contenuti umani, e dei contenuti di Fede, da porre come oggetto del discorso, sia infine a riguardo il "coordinamento dialettico" di tali contenuti. A conclusione di queste osservazioni, dovrebbe risultare evidente (o quasi) come i concetti di "intimo" e di "privato" da me introdotti, e facenti parte del mio orizzonte culturale, non si identificano -- per contenuto, e per dialettica -- neanche con quelli che vengono significati nell'articolo dell'autore citato; e non vi si identificano, né sotto il profilo umano, né sotto il profilo cristiano. 9. b - Passando alla puntualizzazione dei termini in discussione, per quanto riguarda il termine di "intimo", mi pare di poter dire che esso -- quando è adoperato nell'ambito della cultura ecclesiale -- raccoglie una certa "carica emotiva e sentimentale"; oltre a demarcare una certa "distanza di isolamento" dal contesto umano. Nella concezione culturale e spirituale in cui si muove il mio progetto, quel termine ha invece tutt'altro significato. Esso tende ad esprimere la "genuinità della fonte" da cui parte tutto l'essere umano: sia nel suo pensare, sia nel suo agire, sia nel suo relazionarsi. Non convoglia, di per sé, carica emotiva o sentimentale; ma riferisce quel "suscitarsi di energie vitali", che sono essenzialmente "dinamiche ed operative". Potrei dire che l‘ ”intimo" è per l’ ”agire" umano ciò che l‘ ”intelletto" è per il "pensare" umano: fonte e guida autorevole. Per quanto riguarda il termine di "privato", esso vuole significare -- quando è adoperato nell'ambito della cultura cristiana di oggi -- un modo di essere "fuori dalla comunità"; ed un modo di operare per interessi che stanno al di fuori della comunità, o al di fuori del sociale. In altri termini: sarebbe il polo opposto di "comunionale" e di "sociale". Nel sistema concettuale-operativo in cui si situa il mio discorso, quel termine è più che altro opposto a "pubblico"; ma non a "sociale"; né è opposto a "comunionale". Esso esprime una caratteristica della "operatività", più che del "modo di essere"; e sta a sottolineare, nel contesto di un tale progetto, che esso (progetto) viene assunto dall'individuo come un progetto che investe principalmente e prima di tutto lo stesso proprio essere, chiamando alla compartecipazione tutte le componenti della propria personalità. Il sistema esterno al soggetto, cioè il "pubblico", viene interessato in una fase successiva, attraverso la espansione attuativa di tale progetto. 9. c-- I termini di "intimistico" e di "privatistico" sono usati per indicare una "deteriorazione profonda ma non evidente all'esterno" di quegli stati significati rispettivamente dai termini di "intimo" e di "privato". L‘ ”intimistico", etimologicamente, deriva sì da "intimo"; ma, in quanto "condizione deteriore", essa non viene ad originarsi da un "vivere nell'intimo", da un "operare nell'intimo". Essa è invece il risultato proprio di un "aver voluto sfuggire l'intimo", quando questo intimo veniva richiesto dalla situazione reale in cui ci si trovava. L‘ ”intimistico" è l‘ ”immagine falsa dell'intimo"; immagine assunta come posizione di evitamento -- e a volte, di comodo --, in sostituzione dell‘ ”intimo", il quale sarebbe risultato molto più impegnativo e molto più responsabilizzante. Nessun essere umano è mai riuscito a penetrare così tanto nel proprio intimo, ed a vivere dal profondo del proprio intimo, quanto gli Apostoli di Nostro Signore Gesù Cristo. Eppure, il loro agire, la loro operatività, la loro instancabilità, la loro dedizione, non ha confronti! Chi raggiunge realmente il proprio Intimo, se porta in sé la Fede cristiana, "esplode"I Non può non esplodere, in una serie di iniziative "ben fondate"; in un prodigarsi, per esprimere e diffondere quell'amore di Cristo che gli arde dentro. "Caritas Christi urget nos", diceva l'Apostolo Paolo; ma... l‘ ”urget" non può generarsi se non "dall'intimo" del proprio essere! Analogamente, il "privatistico" è l’ ”immagine falsa del privato". Non cade nel privatistico colui che sta operando nel privato; bensì colui che "sfugge alla esigenza di momenti privati", imposta da una realtà dinamica-operativa, di fronte alla quale ci si è venuti a trovare. Il "privato" è un campo di lotta reale; ed è un campo "aperto agli sviluppi realistici" della situazione; un campo dove ciascuno deve pagare sulla propria pelle il prezzo di errori commessi, e che perciò impone "responsabilità personale". Il "privato" impegna la "persona"; il "pubblico" impegna l'Istituzione; il "privatistico"... non impegna né l'una né l'altra! Sono molti, oggi, nell'ambito dei cosiddetti "militanti" cattolici, quelli che si nascondono dietro queste "immagini false dell'intimo e del privato"; pur dando a vedere che "si danno da fare", o che sono "disponibili..."! Concludendo, e sintetizzando: - Il termine di "intimo", nell'ambito del mio discorso, esprime un riferimento al "porsi nella verità di se stessi", ed all’ ”aprirsi alla verità dell'Altro". - Il termine di "privato" esprime un “impegnarsi di persona", ed un "assumersi delle responsabilità", guardando in faccia alle esigenze "reali" della situazione umana che si sta prendendo in esame. 10 - Chiudo questa lettera, permettendomi di avanzare a Sua Eminenza questa preghiera -- anche se so di non averne assolutamente il diritto --: esamini gli accenni del Progetto in essa contenuti, e la richiesta che avanzo di un dialogo conoscitivo, con i suoi collaboratori; ne parli a quei Cardinali e Vescovi con i quali Lei è in rapporto di lavoro o di amicizia fraterna; ne discuta con quelle persone alle quali io ho già scritto. E' vero, tuttavia, che questo Progetto per un Nuovo Apostolato non può essere valutato correttamente se non "nella sua interezza". Se lo si esamina "per parti", con il proposito di "giudicare" le singole parti, molto probabilmente esso incontrerebbe una sequela di giudizi negativi, o addirittura di giudizi di "condanna". Ciò, perché certe parti, isolandole, potrebbero da alcuni venire giudicate "errori ideologico-dottrinali", o come delle "falsità". Ma sarebbe un giudizio "gratuito"! Quindi, è indispensabile non aver fretta nel formulare giudizi definitivi su di esso; ma "accogliere le singole parti", nella loro "novità di orizzonte e di proposta"; e collegarle gradualmente sino a "percepire" una certa "unità d'insieme": solo allora si potrà esprimere una prima onesta valutazione. -- Ho detto "valutazione", e non "giudizio": reputo infatti che si tratti di pronunciamenti "diversi", anche se hanno molto in comune. Nei primi di dicembre p.v. ci sarà un Sinodo straordinario dei Vescovi. Il forte desiderio di comunicare alla Chiesa questo Messaggio mi spinge a chiederLe se quella circostanza non possa offrire una opportunità, perché questo Messaggio "si incontri" con altri Pastori del gregge di Gesù! E' possibile???... Vorrei, infine, pregarLa -- so che sto osando chiedere troppo -- di farne un cenno anche a Sua Santità. E' con molta semplicità che avanzo umilmente questa richiesta; ma è anche con molta sincerità di Fede. Se Sua Eminenza vorrà accogliere quanto da me espressoLe, e vorrà invitarmi ad un colloquio più allargato e più personale, io verrei volentieri a Roma; anche se non posso permettermi spese al di fuori di quelle strettamente necessarie al mio sostentamento. Di presenza, molte cose acquisterebbero una luce più vera. Attendo un Suo scritto, che spero mi apra un po' il cammino; prego intanto il Buon Dio di illuminare lui le persone alle quali mi rivolgo, perché si compia la Sua Volontà, non la mia. Colgo l'occasione per porgerLe i miei più cordiali saluti nel Signore, ed i miei più distinti ossequi. Firmato: Vittorio Noè P.S. Le accludo fotocopia delle seguenti lettere: - A Sua Santità. Giovanni Paolo II, in data 19/4/84. - A S.E.R. Mons. Francisco J. COX Huneuus, in data 25/5/84. - A S.E.R. Mons. Alberto BOVONE, in data 8/6/84; assieme c'è pure quella indirizzatagli il 10/5/81. - A S.E.R. Mons. Carmelo FERRARO, Vescovo di Patti (ME), in data 21/6/84. E' graffettata assieme a quella di S.E.R. Mons. F.J. Cox. - A S.E.R. Mons. Paul POUPARD (adesso, Cardinale), in data 22/4/85. - E' annessa lettera a S.E.R. Mons. G. AMARI. ---------Oltre che a questi Prelati, ho scritto anche, in questo anno e mezzo trascorso, a questi altri: S.E.R. S.E.R. S.E.R. S.E.R. Mons. Mons. Mons. Mons. Alfredo GARSIA, Vescovo di Caltanissetta (Enna), in data 18/5/84. Andrea PANGRAZIO, in data 30/8/85 (Roma). Marian JAWORSKI - Cracovia (Polonia); 8/9/85. Camillo RUINI - Reggio Emilia; 20/9/85. S.Em.R. Sig. Cardinale William W. BAUM - Roma; 21/8/85. S.Em.R. Sig. Cardinale Salvatore PAPPALARDO - Palermo; 16/9/85. S.Em.R. Sig. Cardinale Marco CE' - Venezia; 26/9/85 ---------Mi scuso, infine, con Sua Eminenza, se l'insieme del discorso di questa mia lunga lettera non è molto scorrevole e ben coordinato: nella ridda delle varie considerazioni che premevano dal mio interno per essere espresse, ho fatto un certo ordine come meglio mi è stato possibile. La ringrazio infinitamente per la Sua benevola attenzione, e... per la tanta pazienza nel leggermi. Le chiedo una Sua preghiera per me; io Le assicuro altrettanto per Lei. Ancora cordiali saluti e distinti ossequi. Firmato: Vittorio Noè NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Card.le Andrzej Maria DESKUR, 24-10-85 Verona, 24 ottobre 1985 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Andrzej Maria DESKUR Palazzo S. Carlo 00120 CITTA' del VATICANO Eminenza Reverendissima, Ho inoltrato, pochi giorni addietro, una lettera a S.Em. il Card.le Jozef TOMKO. E' uno scritto con il quale cerco di esprimere alle Autorità, ecclesiastiche alcuni accenni di un mio progetto per un "NUOVO APOSTOLATO". Questo progetto traduce quello che io, nell'intimo della mia Fede Cattolica, recepisco come un Messaggio che Dio vuole rivolgere alla Sua Chiesa; e che si inserisce nello stesso Magistero e nella stessa Pastorale, svolti da Papa Giovanni Paolo II, integrandoli ed esplicitandoli nei vari livelli dell'umano. Un particolare stato d'animo, unito ad una altrettanto particolare speranza -determinati da quanto appresso Le spiegherò -- mi spingono a "partecipare" anche a Sua Eminenza l'intero mio discorso rivolto al Card.le Tomko; e Le invio perciò fotocopia di quella lettera. Ho saputo infatti che Sua Eminenza è uno dei due nuovi Cardinali polacchi; ed ho saputo anche che è quel Prelato cui il Santo Padre, all'indomani della sua elezione a Sommo Pontefice, nel lontano ottobre 1978, volle fare una visita, andandolo a trovare al Policlinico "Gemelli", dove Ella era allora ricoverato. Così si espresse, in quella circostanza, Sua Santità: ""Sono venuto per visitare un mio amico, un mio collega vescovo: mons. Andrea Deskur, Presidente della Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali. A lui devo tante cose buone, tanta amicizia... "" Ed inoltre, ricordo che, fra le notizie trasmesse dalla Rai, in occasione della nomina di 28 nuovi Cardinali, nel maggio u.s. si affermava che uno dei neo-Cardinali polacchi era un amico di Giovanni Paolo II. Dall'insieme di queste notizie, ho tratto la mia conclusione (della quale tuttavia non posso essere certo in assoluto): che lo speaker della Rai, nel sottolineare il legame di amicizia tra quel Cardinale ed il Papa Giovanni Paolo Il, avesse inteso riferirsi a Sua Eminenza. Questo aspetto -- la sua amicizia con il Papa Giovanni Paolo II -- ha fatto sorgere in me un particolare stato d'animo ed una particolare speranza: che la mia proposta potrebbe più facilmente essere capita da Sua Eminenza, la quale è molto "vicino" a Sua Santità". Il progetto di cui io parlo ha infatti molti addentellati con il pensiero umano e di Fede espresso dal Santo Padre. Conseguentemente, anche la mia richiesta di un dialogo conoscitivo, come prima tappa per "comunicare integralmente alla Chiesa" tale Messaggio, potrebbe più facilmente essere accolta da Lei. Oltre alla fotocopia della lettera al Card.le Tomko, Le invio, allegate alla presente, le fotocopie di altre lettere, già da me inoltrate a diverse Personalità della Chiesa. Ciò le consentirà di acquisire un insieme più allargato di elementi; il quale risulti già almeno indicativo -- non essendo possibile dare per iscritto un quadro completo di questo Messaggio -- ; e le permetta di farsi una prima idea circa il mio "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione". Mi permetto di suggerirLe di "ri-leggere" questi scritti: è una esigenza che scaturisce dal carattere particolare che essi hanno. Per quanto attenta possa essere stata una prima lettura, essa non è sufficiente perché si possa cogliere il "significato reale e vivo" da essi veicolato. Le varie parti dell'unico discorso si fanno luce a vicenda, ed in modo reiterativo; inoltre, ogni parte è come un "condensato" di riflessioni, le quali si sviluppano "in coerenza" non solo fra di loro ma anche con le altre parti. Quello che viene detto in questi scritti, non è affatto -- come ad alcuni potrebbe apparire, in seguito ad una lettura frettolosa e sbrigativa -- un insieme di "parole buttate lì"; ma sono espressioni ed argomentazioni che cercano di racchiudere, nella forma più fedele possibile, pensieri "maturati" nel tempo, pensieri maturati nei momenti più diversi del mio vivere umano e del mio vivere la Fede cristiana, pensieri maturati negli incontri più diversi con l'altrui vivere umano e religioso. Una sola prima lettura potrebbe lasciare l'impressione che si tratti di un discorso sconnesso, di un discorso che si appoggia su significati che sfuggono; di un discorso perciò duro a leggersi e faticoso a capirsi perché privo di senso, e non perché sono profondi e complessi i suoi contenuti. Questo giudizio, peraltro non rispondente alla realtà di quegli scritti, assolverebbe soltanto al compito di impedire che il Messaggio venga recepito "in quella sua realtà e verità" quale Dio ha voluto significare. Spero che Sua Eminenza trovi nelle mie parole, e, di riflesso, nella mia persona, quella "credibilità" che gli altri non hanno trovato. Una credibilità che tuttavia non è derivante dalla mia stessa individualità umana; ma è una "credibilità mediatrice". Non è infatti di un qualcosa di "mio" che io parlo, ma di un qualcosa che io porto: esso però "non è mio"! Non è "per me" che sto faticando in questa ricerca, ma "per il bene della Chiesa", Corpo di Cristo e nello stesso tempo Sposa di Cristo; per la salute di quelle anime, che lo Spirito Santo chiama, ma alle quali la Sua Voce non giunge, o vi rimane soffocata, per il frapporsi di molte strutture umane (concettuali, comportamentali, sociali) falsificate e falsificanti. Non cerco "me"; cerco di rispondere all'invito del Padrone della Vigna, accogliendo questo invito come meglio mi è possibile, volendo Egli fare di me un "operaio del Suo Amore". Eminenza, mi consenta di rivolgerLe un suggerimento spirituale: leggendo questi miei scritti, e riflettendo su ciò che in essi viene detto, ne parli nel contempo con Gesù, ai piedi della Sua Croce, ai piedi del Suo Tabernacolo. Chieda a Lui la Luce per capire cosa quelle mie parole vogliano dire; per capire se esse traducono delle mere fantasie umane, o se invece portano veramente un Messaggio celeste. Io avverto, in questo mio orizzonte umano e di Fede, e nel mio stesso mondo spirituale cristiano, la presenza "misteriosa" di un Messaggio dell'Amore Divino; una presenza "Autorevole", che mi chiama e che ci chiama. E non posso tacerlo! Questa Autorevolezza, tuttavia, che a me giunge nell'intimo da fuori di me, io non sono in grado di renderla palese agli occhi degli altri. Constato che, se da un lato il Signore ha voluto farmi conoscere alcuni aspetti della Sua Opera Misericordiosa che vuole compiere verso l'umanità, da un altro lato la mia persona non ha saputo meritare da Lui la grazia di potere comunicare queste conoscenze a coloro che, molto più efficacemente di me, potrebbero operare nella Sua Chiesa, "accogliendo quella luce divina": non ho saputo, cioè, meritare la grazia di "essere creduto in quel discorso"! Il mio punto di riferimento centrale è sempre il Santo Padre Giovanni Paolo II, cui purtroppo non posso adire. Vorrei potere esprimere a Lui le molte intuizioni che si sono sviluppate nell'animo mio, a riguardo il compito cui lo Spirito Santo lo ha chiamato; chiamando, attraverso di lui anche i Pastori e l'intera Gerarchia ecclesiastica. Ma questo non mi è dato! E ciò mi provoca dolore. Al termine di questa mia lettera, prego Sua Eminenza di volere aiutare, come meglio Ella crede, questo Messaggio, a percorrere il necessario "cammino" che lo porti alla sua attuazione. Il Signore Iddio che ce lo rivolge chiede a noi, a noi tutti, la nostra cooperazione, perché la Sua Misericordia possa compiersi; ma in modo particolare, adesso, con questo Invito, la chiede a coloro ai quali nella Chiesa sono affidate mansioni autorevoli e pastorali di primo piano: senza la loro cooperazione, questo Suo Messaggio d'Amore e di Verità non potrà attuarsi. Ma come potranno essi cooperare efficacemente con l'azione divina, se non avranno "conosciuto nella sua interezza" il Messaggio?... La prego anche di volere comunicare al Santo Padre quegli accenni di questo Messaggio per un "Nuovo Apostolato", che io sono riuscito a mettere per iscritto, e che sono distribuiti nelle varie lettere. Esso contiene, "in modo misterioso", un "Dono di Luce", che il Signore vuole porgere a Sua Santità Giovanni Paolo II; ed, attraverso di lui, a tutta la Gerarchia ecclesiastica; Dono di Luce che poi, attraverso di essi, si riverserà su tutto il Popolo di Dio. Sua Santità saprà individuare, da quanto io sarò stato capace di esprimere, questo Dono, pur così largo e complesso. E saprà, coglierlo così come Dio vuole che egli lo colga: egli ha infatti già ricevuto da Dio stesso -- da tempo, da prima ancora che giungesse al pontificato -- quella "chiave" che apre le porte verso questo "Nuovo Orizzonte". Ringrazio sin d'ora Sua Eminenza per l'attenzione che vorrà prestare alla mia proposta. Se Ella desiderasse un incontro personale, per un ragguaglio più diretto, più esplicito, più concreto, io ben volentieri verrei a trovarLa a Roma. Resto in attesa di un suo scritto; ed intanto le porgo i miei più cordiali saluti, ed i miei più distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) P.S. Le accludo fotocopia della lettera inoltrata a S.Em. il Sig. Card.le Jozef TOMKO Roma; in data 10/10/85. Ed inoltre fotocopia delle lettere inoltrate a: - Sua Santità Giovanni Paolo II; in data 19/4/84. - S.E.R. Mons. Paul POUPARD (adesso, Cardinale) - Roma; in data 22/4/85. Ad essa è annessa lettera a S.E.R. Mons. Giuseppe AMARI, Vescovo di Verona. - S.Em.R. Sig. Cardinale William W. BAUM - Roma; in data 21/08/85. - S.E.R. Mons. Francisco J. COX Huneeus - Roma; in data 25/05/84. (graffettata con la precedente) - S.E.R. Mons. Camillo RUINI - Reggio Emilia; in data 20/09/85. - S.E.R. Mons. Alfredo GARSIA - Caltanissetta (Enna); in data 18/05/84. (graffettata con la precedente) - Rev.do Mons. Carlo CAFFARRA - Roma; in data 17/03/84. (graffettata con la precedente) ----------------------(Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Card.le Gabriel-Marie GARRONE, 04-11-85 Verona, 4 novembre 1985 A Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Gabriel-Marie GARRONE Pont. Consiglio per la Cultura Piazza S. Calisto, 16 00153 ROMA Eminenza Reverendissima, Il 22 aprile u.s. inviai una lettera a S.E.R. Mons. Paul Poupard (adesso, Cardinale), per chiedergli un colloquio a riguardo un progetto di "NUOVO APOSTOLATO", che da anni è andato maturandosi dentro di me. In quella lettera, cercavo di dare alcuni accenni circa i contenuti di pensiero di tale progetto, e circa le sue modalità di attuazione. Di essa, però, ancora non ho ricevuto risposta alcuna. La mia era una richiesta di dialogo conoscitivo, come l'avevo già rivolta anche ad altri esponenti della Gerarchia ecclesiastica; e così come, in questi mesi intercorsi dall'aprile passato, l'ho rivolta ancora ad altri Prelati: ma in nessuno essa ha trovato accoglienza. Non so darmi spiegazione plausibile per il continuo diniego che ho incontrato, sia nei contatti diretti -- prima a Padova, a partire dal 1976; e poi a Verona, a partire dagli inizi del 1984 --, e sia nelle richieste per lettera. Mi rivolgo adesso a Sua Eminenza. , non in quanto Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ma in quanto Porporato della Chiesa; il quale porta, e condivide con altri, le ansie ed i bisogni di essa; e condivide anche il desiderio che l'Annuncio Evangelico venga a giungere, "nella sua genuinità e verità", a tutti gli uomini, a qualunque ceto essi appartengano, ed a qualunque livello essi si collochino. Presento così anche alla Sua persona quelle stesse tematiche che già presentai ad altre Personalità ecclesiastiche, inviandoLe fotocopia, sia della lettera inoltrata al Card. P. Poupard, e sia -- al fine di fornire a Sua Eminenza un accenno più allargato della mia proposta -- di alcune altre lettere, nelle quali sono espressi ulteriori contenuti di pensiero e vengono precisati certi aspetti, sempre a riguardo lo stesso progetto per un "Nuovo Apostolato". In esse Ella rileverà anche alcuni risvolti, circa la mia vita personale, che hanno accompagnato l'evolversi ed il maturarsi di questo "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione". Eminenza, La prego di prendere in esame quanto attraverso questi scritti sto cercando di esprimere a coloro cui Dio ha affidato il governo della Chiesa. Sono parecchi anni che cerco un dialogo con le Autorità ecclesiastiche; e non l'ho mai trovato. Questo "Nuovo Orizzonte", dell'umano ed insieme della Fede vissuta nell'umano, io l'avverto sempre più come maturato alla luce della Grazia celeste; per questo, avrei voluto dirLe "La supplico", invece che "La prego", di prendere in esame... : quasi per chiedere con maggior forza, visto che sin'ora nessuno ha voluto dare il benché minimo credito alle mie osservazioni ed alle mie indicazioni. Sono portato a pensare che gli interlocutori, da un lato si siano limitati alle prime impressioni, le quali probabilmente non sono state favorevoli; e dall'altro lato hanno preferito "devolvere ad altri la responsabilità" di prendere o meno in esame la proposta da me avanzata, "accodandosi" così al parere di quelli, "a catena". E cioè: le Autorità che stanno a Roma, o altrove che non sia Verona, interpellando (giustamente) il Vescovo di Verona, avranno creduto (e questo, non del tutto giustamente) doversi uniformare al suo parere; il Vescovo di Verona, a sua volta, interpellando (giustamente) quei Sacerdoti ai quali io ho rivolto direttamente le mie prime ricerche di dialogo in Verona, avrà creduto (e questo, non del tutto giustamente) dover far proprie le loro impressioni, le quali appunto probabilmente non sono state favorevoli. E tutto questo, in nome di una "unità", molto male intesa! Come possono così giungere ai Vescovi Pastori, o alle Autorità Superiori della Chiesa, quei contributi che sono suscitati dallo Spirito Santo, il quale agisce "su ciascuno dei Fedeli", in modo diverso, sì, ma senza distinzione di ruoli, e con la sola distinzione introdotta dal nostro grado di accoglimento verso il Messaggio Evangelico?... Nelle questioni riguardanti la "Vita" della Chiesa, vista come il "Vivere reale del Corpo Mistico di Cristo" in ciascuno delle sue membra, -- diversamente da quanto è opportuno fare nelle questioni riguardanti l'amministrazione e la gestione degli "avvenimenti fattuali" già posti nel vivere sociale della Chiesa -- questo "demandare ad altri", in termini di subalternanza gerarchica, l’ “atto conoscitivo", non è invece opportuno. Esso impedisce, particolarmente oggi, il prendere realmente coscienza di quella realtà umana e cristiana di fatto presente; così come impedisce di scoprire quelle singole risorse suscitate nell'umano dallo Spirito Santo, le quali restano perciò inutilizzate e conseguentemente vanno deteriorandosi e perdendosi. Ed inoltre, quel "ruolo selettivo" di natura "tecno-amministrativa", che si riscontra nel modo di operare del Clero, e che è avallato indirettamente dalle stesse Autorità superiori, è molto nocivo per la "Vita" della Chiesa; e lo è in modo particolare nelle condizioni storiche di oggi. Esso -- oltre a costituire una grossa remora allo sbocciare di "genuini", vitali e fertili, "Nuovi Germogli" in seno alla Chiesa, sia nell'ambito dei Fedeli Laici che nell'ambito dei Fedeli Chierici; quei "NUOVI GERMOGLI", cui mira il "Nuovo Apostolato" di cui io parlo -- "imprigiona" il Carisma Pastorale dei Vescovi; impedisce l'emergere di quel discernimento particolare che lo Spirito Santo ha donato "ad personam" ai singoli Pastori del Gregge di Gesù, quando essi furono chiamati e consacrati al compito di "successori degli Apostoli". Questo ruolo selettivo, oltre ad imprigionare e a impedire l'emergere di quel discernimento nel quale l'umano ed il divino si armonizzano, dà luogo, al posto di quello, a forme di discernimento basate su funzioni tecniche di ruolo, e su strutture logiche contingenti e pragmatiste, di estrazione "prettamente umana", articolantisi entro una concezione velatamente immanentistica. Questo "ruolo selettivo" cui mi sono riferito è stato erroneamente scambiato per quella "funzione selettiva aperta", di natura "dinamico-spirituale", la quale è perciò tutt'altra cosa! Ed è proprio questa "funzione dinamico-spirituale aperta" quella che oggi manca! questa funzione che "si apre alla Grazia e l'accoglie"! Manca nella pastorale parrocchiale; manca nelle attività, culturali cattoliche; manca negli studi in cui si ricercano una più efficace catechesi ed una più adeguata opera di evangelizzazione ai vari livelli sociali! Uno dei contenuti basilari, che costituiscono quel Messaggio che voglio comunicare alla Chiesa, è espresso da quanto affermavo nella breve lettera del 28/04/85 a Padre H. Carrier s.j. : ""Homines operantur in Redemptionem, et per homines Deus; non structurae!"" Aggiungo, ad ulteriore chiarimento: "Homines, ut homines credentes; non ut gestionem agentes, etiamsi ecclesiasticam!". Eminenza, non dico queste cose per denigrare qualcuno; né le mie affermazioni sono mosse da rancore, o da un bisogno di criticare fine a se stesso e senza costrutto. E'un altro lo stimolo che mi spinge. Parlo così proprio perché "Amo" in Cristo Gesù: amo i Sacerdoti, che il Signore ha chiamato a servirLo in quel particolare ministero; amo i Vescovi, che il Signore ha chiamato a guida dei Suoi Fedeli; amo quei Prelati, cui Dio, attraverso il Vicario di Cristo, ha affidato la gestione centrale delle questioni riguardanti la Sua Chiesa; amo il Vicario di Cristo, Pastore Unico ed Universale, Guida Fondamentale della Vita della Chiesa; ed amo anche tutti i Fedeli Laici, e tutti gli uomini che ancora non credono nel Dio Vivente e nel Cristo Gesù, essendosi lo stesso Cristo donato al Padre anche per loro. Amo tutta la Chiesa, perché "tutti" "apparteniamo a Cristo Gesù!” Alla fine di questo mese di novembre, si terrà l'Assemblea Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, per valutare il cammino che è stato percorso in questo primo ventennio di attuazione del Concilio Vaticano II. Nel mio cuore c'è un desiderio profondo di far giungere ai Padri Sinodali questo Messaggio che porto dentro di me; ma so che questo è indubbiamente impossibile. Spero allora di riuscire a farlo giungere almeno ad alcuni di essi: ho pregato le Personalità a cui ho scritto, e lo stesso faccio con Sua Eminenza, di parlarne con altri; mi auguro che si trovi chi accetti di aprire un dialogo con me, affinché questo Messaggio io possa realmente comunicarlo alla Chiesa. Iddio stesso suggerirà poi a coloro che lo avranno accolto i passi successivi da compiere, perché il Suo Messaggio d'Amore si sviluppi nella sua interezza. So che non è affatto una cosa usuale che un alto Prelato raccolga una parola che viene da un semplice fedele laico, ancor meno lo è quando questo è "sconosciuto". Ma io La prego -- per amore di quel Gesù, che Lei ed io adoriamo, e che ci ha invitato a sviluppare una Fede che oltrepassi ogni distanza tra il più grande ed il più piccolo dei credenti; per il bene di quella Chiesa che sia Lei che io vogliamo, essendo essa nostra Madre comune nella Fede, e costituendo, nell'insieme di tutti í suoi Fedeli, un "Corpo Unico in Cristo", dove ciascuno ha la sua importanza vitale e funzionale per il tutto -- La prego di fare quello che è nelle sue possibilità, affinché questo Messaggio giunga a coloro cui Dio vuole porgerlo. Non guardi la persona umana da cui esso viene portato; guardi a quanto il Signore Misericordioso, attraverso di esso, vuole dirci. Non possiamo essere noi creature a stabilire quali debbano essere le vie ed i mezzi attraverso i quali Dio possa comunicare con l'uomo: il mezzo è sempre qualcosa che passa, qualunque esso sia, altamente prestigioso o estremamente insignificante; è la Grazia di Dio quella che resta e porta frutto: frutto "vero", frutto di Redenzione, frutto di "vita"! Termino questa lettera, manifestandoLe la speranza che Sua Eminenza trovi quanto le ho esposto, in questa e nelle altre lettere, degno di essere preso in considerazione; e che desideri perciò una conoscenza più diretta e più estesa delle varie tematiche che il Messaggio racchiude. In tal caso, ben volentieri io accetterei un Suo invito per venire ad incontrarLa a Roma. La ringrazio sin d'ora per l'attenzione che mi presterà, e resto in attesa di un Suo scritto. La saluto molto cordialmente nel Signore, e Le porgo i miei distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) P. S. Allego fotocopia delle lettere inoltrate a: - Sua Santità Giovanni Paolo II, in data 19/04/84; - S.E.R. Mons. Paul POUPARD - Roma; in data 22/04/85. Ad essa è annessa lettera a S.E.R. Mons. G. AMARI, Vescovo di Verona; - S.E.R. Mons. Francisco J. COX Huneuus - Roma; in data 25/05/84 - S.E.R. Mons. Carmelo FERRARO - Patti (ME); in data 21/06/84 (graffetta con la precedente) - S.Em.R. Sig. Card.le Salvatore PAPPALARDO - Palermo; in data 16/09/85 - S.E.R. Mons. Alberto BOVONE - Roma; in data 08/06/84; Assieme, c'è pure quella inoltratagli il 10/05/81. (sono graffettate con la precedente) - S.Em.R. Sig. Card.le Jozef TOMKO - Roma; in data 10/10/85. Anno 1986, 1° Semestre Mons. Sebastiano ROSSO, 19-02-86 Verona, 19 febbraio 1986 A Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Sebastiano ROSSO Vescovado. Via La Bella, 3 94015 PIAZZA ARMERINA (Enna) Eccellenza Reverendissima, Circa tre mesi fa ricevetti da S.Em.Rev. Card.le S. Pappalardo la risposta alla mia lettera che gli avevo inoltrata il 16.09.85. Molto gentilmente egli mi ha inviato anche i saluti da parte di Lei: mi sono stati molto graditi, e La ringrazio per questa Sua cordialità. In questi tre mesi trascorsi, diverse volte mi è sorto il desiderio di scriverLe, per presentare anche a Sua Eccellenza il problema spirituale che porto da anni dentro di me; a Lei che fu mio Rettore, nonché professore di Filosofia, nei miei anni di Seminario, a Siracusa, dal 1947 al 1955. L'orizzonte di fede, e con esso l'orizzonte spirituale, che era germinato e che si era andato sviluppando in me durante quegli otto anni, non ha mutato indirizzo: ha avuto ulteriori evoluzioni che lo hanno allargato ed approfondito. Riandando a quel periodo della mia vita, io vi trovo le "radici" di quanto adesso io avverto presente nel mio spirito, nel mio mondo culturale, nelle mie tensioni progettuali. Mi farebbe molto piacere incontrarLa di persona, e potere comunicare a Lei, come ad un amico, parte dei progetti che porto in me, densi di tensione spirituale operativa: tensione che purtroppo non trova sbocco, per la diffidenza e la incredulità contro cui costantemente mi imbatto. Ho appreso recentemente dall'Osservatore Romano (n° 1-2 del 1986 ed. settimanale) che Sua Eccellenza ha rinunciato al governo pastorale della Diocesi (di Piazza Armerina). Mi è venuto istintivo domandarmi se in questi frangenti Lei non abbia da recarsi a Roma: questo mi darebbe l'opportunità di poterLa incontrare, recandomi io costì, dove ho dei parenti presso i quali potrei alloggiare per alcuni giorni. Nella speranza che quella conoscenza passata che c'è stata tra Lei e me possa facilitare una comprensione (da parte di Lei) del mio presente, io mi augurerei, incontrandoLa e colloquiando con Lei, di riscuotere presso la Sua persona un po' di fiducia e stima, quale non ho avuto la fortuna di riscuotere presso di altri. La questione per la quale ho interpellato anche il Card.le S. Pappalardo è una questione che mi sta molto a cuore: fa parte di me; non però nel senso che sia una mia idea personale, bensì nel senso che essa si è radicata nel mio stesso essere, alla stregua dì una "vocazione di Fede", sentita ed accolta sin dal profondo del mio intimo spirituale ed umano; una ragione di vita ormai ineludibile. Questo Messaggio per un "NUOVO APOSTOLATO", che si sviluppa nell'ambito di un "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione", e che coinvolge "contemporaneamente" Chierici e Laici, io lo sento, da molti segni che non è facile descrivere, "venire da Dio". E' chiaro che "tutto" viene da Dio. Ma io qui voglio dire che si tratta di un "intervento particolare" che Dio vuole rivolgere alla Sua Chiesa. Anche se io chiedo alle Autorità Ecclesiastiche di consentirmi di "iniziarne l'attuazione" in prima persona, -- in quanto esso Messaggio non è "traducibile in un discorso scritto" -- questo non vuole affatto significare che esso si fonda sulle mie risorse, capacità e forze: tutt'altro! Mai infatti mi sono sentito così "impari", così "incapace", così "inadatto", come adesso mi sento di fronte a "questo Messaggio": è stato esso Messaggio, è stato l'Autore di questo Messaggio, ad afferrare me; e non io ad afferrare Lui! Io continuo a pregare Nostro Signore che "illumini" coloro cui Egli stesso ha destinato che questo Suo Messaggio giunga; e sento sempre più irresistibilmente che esso "deve giungere a Sua Santità Giovanni Paolo II"! Ed attraverso Lui, ai Pastori del Gregge di Gesù! Ma io non sono stato capace, in tanti anni che sono trascorsi, di farglielo giungere. Sin da quando è stato eletto Papa, nel 1978, ho sentito dentro di me questo; e più passavano gli anni, e più lo sentivo sempre più chiaro. Tuttavia, quando mi adoperavo a cercare contatti con la gerarchia ecclesiastica su questo argomento, venivo guardato quasi con un senso di "compassione"; e venivo "scartato"! E qui si palesava tutta la mia "debolezza", il mio "ritirarmi", il mio "diffidare di me stesso”, e quindi il diffidare anche della provenienza di quel Messaggio, il mio "lasciarmi soggiogare dall'autorità costituita"! Voglio comunicare adesso anche a Sua Eccellenza alcuni accenni di questo Messaggio, per quanto mi è stato possibile mettere per iscritto. A tale scopo allego alla presente alcune fotocopie di lettere che ho già a suo tempo inoltrato a Personalità Ecclesiastiche, purtroppo senza esito alcuno. Scrissi anche a S.E. Mons. Alfredo Garsia, il quale mi aveva già conosciuto in Seminario; e mi spiacque il fatto che non mi rispose, pur avendolo io sollecitato successivamente per telefono. Tutto quanto io espressi allora a quelle persone, adesso io lo riesprimo tal quale a Sua Eccellenza; non quindi un trasmettere (le fotocopie) "per conoscenza", bensì un comunicarLe quelle cose ivi dette "con la stessa freschezza" con cui si trovano espresse in ciascuna di quelle lettere. In quelle lettere Lei troverà anche degli accenni su alcune vicende della mia vita personale; perciò, per non ripetermi, ometto di parlarne nel presente scritto. Per quanto riguarda la mia attività di Psicologo, che pur ho cercato di intraprendere, ...non ho avuto fortuna alcuna! Per cui, oltre che "in solitudine", vivo anche... "in odore di povertà". Se tutto questo è nei disegni della Provvidenza Divina, io Lo ringrazio per l'occasione che mi dà di offrirGli il dono di me stesso anche attraverso queste privazioni. Se Sua Eccellenza potesse concedermi di incontrarLa a Roma, per me sarebbe una gioia immensa! E se in quella circostanza Ella potesse presentarmi a qualcuna delle Autorità Ecclesiastiche che opera in Roma (o che operi anche altrove), la mia gioia sarebbe ancora più grande: sono certo che il Buon Dio saprebbe Lui come ricompensarLa per aver aiutato questo Suo Messaggio a compiere il suo cammino! Spero di ricevere presto una Sua risposta "a cuore aperto" a questa mia lettera; e spero che essa mi apra uno spiraglio, anche se piccolo, attraverso il quale proseguire in questo cammino di ricerca. Raccomandandomi alle Sue preghiere ed assicurandoLe altrettanto da parte mia, Le porgo i miei più distinti saluti ed ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) Allego fotocopia delle lettere inviate a: - Sua Santità Giovanni Paolo II - 19-04-84 - S.E.R. Mons. Alfredo GARSIA - Caltanissetta. - 18-05-84 - S.E.R. Mons. Alberto BOVONE - Roma. - 08-06-84 (vi è anche acclusa lettera inviatagli il 10-05-81) - S.E.R. Mons. Paul POUPARD (adesso Card.le) - Roma. 22-04-85 (ad essa è acclusa lettera inviata a S.E.R. Mons. Giuseppe AMARI, Vescovo di Verona; il 02-05-85) - S.Em.R. Sig. Card.le Salvatore PAPPALARDO - Palermo. 16-09-85 - S.Em.R. Sig. Card.le Jozef TOMKO - Roma. 10-10-85 - S.Em.R. Sig. Card.le Gabriel-Marie GARRONE - Roma. 04-11-85 --------------- RingraziandoLa per la sua cortese attenzione, La saluto ancora cordialmente nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Mons. G. AMARI, 25-02-86 Verona, 25 febbraio 1986 A Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Giuseppe AMARI Vescovo di VERONA Eccellenza Reverendissima, Torno a scriverLe, dopo la lettera inviataLe il 2/5/85, e la Sua cortese risposta del 16/5/85. S.Em.R. il Card.le P. Poupard, cui avevo inviato una lettera il 22/4/85, e della quale feci pervenire a Lei fotocopia, non mi ha dato a tutt'oggi alcuna risposta: forse questo è segno di un tacito diniego. Ho riflettuto ancora una volta su questo progetto per un "Nuovo Apostolato", di fronte ad una continua diffidenza e una chiusura che esso ha incontrato; ed ancora una volta ho avvertito interiormente che esso "è opera di Dio", che esso tende ad esprimere un "Messaggio" che Dio vuole porgere alla Sua Chiesa. Come posso allora tirarmi indietro, e dire di "no" al Signore Nostro, quando Egli stesso ci ha detto: "cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto"? Forse io non ho saputo cercare e non ho saputo bussare come Iddio voleva; o forse non ho cercato e non ho bussato abbastanza. In questa mia lettera Le chiedo nuovamente la gentilezza di accordarmi un colloquio di persona. Non è che io speri di riuscire più convincente nel parlare di presenza; anzi è proprio il contrario! Il più delle volte, nell'incontro personale, la soggezione che provo mi impedisce di esprimere quanto vorrei e quanto dovrei. E Le aggiungo, ad ulteriore chiarimento, quanto ho già espresso in una lettera recentemente inviata a S.E.R. Mons. Sebastiano Rosso, Vescovo di PIAZZA ARMERINA (prov. Enna): "" Anche se io chiedo alle Autorità Ecclesiastiche di consentirmi di "iniziarne l'attuazione" in prima persona, -- in quanto esso Messaggio non è traducibile in un discorso scritto -- questo non vuole affatto significare che esso si fonda sulle mie risorse, capacità e forze: tutt'altro! Mai infatti mi sono sentito così "impari", così "incapace", cosi "inadatto", come adesso mi sento di fronte a "questo Messaggio": è stato esso Messaggio, è stato l'Autore di questo Messaggio, ad afferrare me; e non io ad afferrare Lui! “” Se io da un lato sento tutta la debolezza della mia natura umana, da un altro lato confido in quell'aiuto che solo Dio può darci; ed io sento che Lui "vuole darcelo" questo aiuto! Siamo noi che, mentre nelle preghiere liturgiche ci rivolgiamo a Lui, e Lo invochiamo in nostro soccorso, nella prassi ci rivolgiamo invece a "maestri di questo mondo" -- i quali pur professano pubblicamente una loro adesione alla religione cattolica --; perché, più che negli insegnamenti del Vangelo, confidiamo in realtà nelle "loro" dottrine spirituali -- invero, "pseudo-spirituali", in quanto confondono lo "spirituale" con il "metafisico" o con l’ “astratto simbolico" --; o nelle "loro" dottrine psico-sociali. Tali dottrine si presentano infatti "intellettualmente più raffinate e più gratificanti"; ed inoltre è per noi "rassicurante" il fatto che i loro autori godano nel sociale di un notevole prestigio culturale! Oggi, sotto l'illusione di operare una "inculturazione del Vangelo", si sta in realtà operando una "acculturazione del Vangelo"; con tale espressione intendo significare che è la "cultura laica ed ateistica" che sta "investendo il Vangelo"; e lo sta "subdolamente soggiogando a se stessa"! Il tutto, con grave danno per le anime e per la Chiesa. Sono altre le vie che occorre imboccare e seguire per una "vera" inculturazione del Vangelo! Eccellenza, La prego, non rigetti a priori la richiesta di un dialogo su questo Messaggio, solo per il fatto che esso, non solo non rientra negli schemi ufficiali oggi seguiti, ma se ne distacca assai. Se veramente esso viene da Dio, noi tutti, rifiutandolo, ci assumiamo delle responsabilità di fronte alla Divina Provvidenza. Essa ci invita con dei "segni"; ma spesso noi, per la nostra durezza di cuore, pur anche senza accorgercene, "non crediamo"! E quindi "non comprendiamo"! Le faccio pervenire intanto fotocopie di alcune altre lettere, da me inviate ad altrettante Personalità ecclesiastiche. I contenuti ivi espressi -- e che io riesprimo ora a Sua Eccellenza, con la stessa immediatezza e spontaneità con le quali mi rivolsi a quei Presuli -- contribuiranno a renderLe più chiari quei primi accenni su tale progetto che io Le comunicai con la mia lettera precedente; contribuiranno altresì a mettere in evidenza come tale progetto investe a largo raggio i diversi livelli dell' “umano" e della "Fede nell'umano". Sperando che mi inviti presso il Suo segretario per fissare un appuntamento, La saluto cordialmente nel Signore, e Le porgo i miei più distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) Allego in fotocopia le lettere inviate a: - S.S. Giovanni Paolo II - 19.04.84 - S.E.R. Mons. Alfredo GARSIA - Caltanissetta - 18.05.84 - S.E.R. Mons. Francisco J. COX Huneeus - Roma - 25.05.84 - S.E.R. Mons. Alberto BOVONE - Roma - 08.06.84 (ad essa è allegata lettera inviata il 10.05.81) - S.Em.R. Sig. Card.le PAPPALARDO Salvatore - Palermo 16.09.85 - S.E.R. Mons. Camillo RUINI - Reggio Emilia - 20.09.85 - S.Em.R. Sig. Card.le CE' Marco - Venezia - 26.09.85 - S.Em.R. Sig. card.le T0MK0 Jozef - Roma - 10.10.85 - S.Em.R. Sig. Card.le GARRONE Gabriel-Marie - Roma 04.11.55 Ancora distinti saluti ed ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) Risposta: in data 25 Aprile 1986. o______O______o Card.le Joseph RATZINGER, 25-03-86 Verona, 25 marzo 1986 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Joseph RATZINGER Prefetto della S. Congregazione per la Dottrina della Fede Piazza S. Uffizio, 11 00193 ROMA Eminenza Reverendissima, Mi rivolgo a Lei con questo mio scritto, mentre vorrei poterLe parlare di persona. Ho già interpellato per lettera diversi altri Prelati della Chiesa, chiedendo loro un colloquio, in cui io possa presentare la proposta di un "Dialogo" su degli argomenti inerenti alla Pastorale ed alla Evangelizzazione nella Chiesa. La loro risposta è stata purtroppo ogni volta un diniego: espresso esplicitamente, o fatto intendere tacitamente eludendo la risposta. Avevo inviato uno scritto anche a S.E.R. Mons. Alberto Bovone, Segretario di codesta S. Congregazione, l'8 giugno del 1984; ad esso feci seguire subito dopo l'invio di una copia della mia Tesi di Laurea in Psicologia -- dal titolo: "La Comunicazione tra adulto e bambino, e lo Sviluppo Intellettivo. - Un Problema di Psicologia Dinamica, vissuto in una esperienza psicopedagogica" -- al fine di fornirgli una più allargata conoscenza del mio orizzonte culturale. Ma quella lettera rimase senza risposta, sebbene io poi l'abbia sollecitata con successivo biglietto del 23 febbraio 1985 1 - Eminenza, non è per una questione mia personale che mi rivolgo alle Autorità ecclesiastiche; anche se devo dire che il contenuto del discorso che vorrei loro esprimere è ormai divenuto parte di me. C'è una "tensione di urgenza" nel mio intimo spirituale, la quale mi spinge a tentare tutte le vie possibili, anche se inconsuete e strane, come questa di rivolgermi direttamente a Capi di Dicastero. Per cui, mi scuso in partenza di questo mio "osare". Questa lettera che io adesso scrivo a Sua Eminenza Le porge un discorso che in qualche modo "si aggiunge" a quello già presentato con altre lettere ad altri Prelati; sotto un certo aspetto, quindi, essa "presuppone" la presa visione del contenuto di almeno alcune di quelle, ed in particolare delle: - lettera a S.E.R. Mons. A. Bovone, dell'8.06.84 - lettera a S.E.R. Mons. Paul Poupard, del 22.04.85 - lettera a S.Em.R. Jozef Card.le Tomko, del 10.10.85 Quanto scritto in quelle lettere, io adesso non lo presento a Lei come "per conoscenza"; ma lo "riesprimo tal quale", come se in questo stesso momento io rivolgessi a Sua Eminenza quello stesso mio parlare, con tutta la freschezza dell'immediato. La tematica, già affrontata in quelle lettere, verte su un progetto per un "NUOVO APOSTOLATO". Essa non è traducibile per iscritto; potrà esserlo, ma solamente in parte, dopo che si sarà "vissuta l'esperienza diretta" di questo "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione", il quale invita ad un "Nuovo Cammino di Fede nell'Umano"; in tale Cammino, la distinzione tra Chierici e Laici viene trascesa, in favore di una "contemporanea e con-divisa" ricerca di Fede. La mia proposta non si esaurisce in un "Pensiero", più o meno esteso, e più o meno complesso; molti dei suoi costituenti si collocano su altri livelli, ed alcuni non sono addirittura concettualizzabili: sono parte intrinseca del vivere interiore e fondamentale. Il "Pensiero", in linea generale, può essere tradotto in "linguaggio", scritto o parlato; ma le altre parti... no. Perciò l'intera proposta richiede il "colloquio umano diretto e dialogato", perché venga trasmessa nella sua effettiva realtà. Inoltre, c'è un fatto di notevole importanza da prendere in considerazione. La parte concettuale di questa mia proposta, là dove essa esprime un "nuovo" apporto di "Pensiero", utilizza termini -- ovviamente già in uso nel linguaggio scientifico-culturale -il cui significato contestuale -- vuoi del termine singolo, vuoi di due o più termini correlati in un'unica espressione -- è diverso da quello che comunemente, a prima lettura, potrebbe essergli attribuito, sulla scorta del proprio bagaglio culturale. E tali termini, od espressioni, non sono pochi. Solo una esplicitazione "in vivo" del loro significato può dare all'interlocutore un corretto intendimento del termine. Tale "Parola Dialogata" (come io chiamo questo "colloquio umano") prevede "pochi discorsi" e molte "elaborazioni personali", sia interiori che di vita concreta: "si lavora" più che "si parla", e si lavora "cercando l'essenziale". Non si confonda però "l'essenziale" con "il minimo"; è proprio il contrario: raggiungere l'essenziale vuol dire raggiungere il massimo. In quegli "Incontri dialogati", non si tratta solo di volere. io porgere un qualcosa di mio, ma anche di indirizzare ed accompagnare i soggetti verso la "scoperta" di quei tesori umani che "loro" portano dentro, e di aiutarli a "scoprirne il loro reale valore". Tali tesori, ed il loro valore umano, sono stati oscurati e soffocati da una "fitta nebbia", introdotta da una Cultura in cui la "falsità" ha libero accesso, ha libero utilizzo, ha libera circolazione, secondo le esigenze di chi produce quella cultura: esigenze di "gloria personale", esigenze di "potere ideologico", esigenze di "difesa personale", ... Questa "nebbia" viene introdotta anche -- in certi casi, invece che "anche" si dovrebbe dire "maggiormente" -- dalla (cosiddetta) Cultura Cattolica. Non si confonda, però, la Cultura Cattolica, cui io qui mi riferisco, con la Dottrina della Chiesa; ed a maggior ragione, non la si confonda con la Dottrina della Fede. Gli intellettuali cattolici nella maggioranza dei casi hanno "tradito" da lungo tempo, e quindi dimenticato, l' "impegno con Dio" e l'impegno con "la propria coscienza nella Fede"; ed il loro "Credo" è divenuto un credo "ideologico" ed "immanentistico". Taluni di loro, accodandosi agli altri, non sono neanche consapevoli di questo "tradimento": tanto lungo è stato il tempo in cui s'è vissuto in questa "ambiguità". 2 - Non mi accusi di presunzione se oso dirLe che avverto fortemente nel mio intimo di Fede che tale progetto è parte di un "Messaggio", che Dio vuole esprimere oggi alla Sua Chiesa. Questa mia semplicità e schiettezza nel manifestare il mio animo per quello che esso avverte, e trattandosi di una intuizione di Fede non usuale, mi ha probabilmente posto in cattiva luce, agli occhi delle persone cui ho rivolto la stessa richiesta di dialogo. Ma io prego adesso caldamente Sua Eminenza di superare i criteri "prettamente umani" nel valutare quali possano essere le vie attraverso le quali il Buon Dio comunica i Suoi "Richiami"; o quali debbano essere i "segni" che contengono in modo misterioso il Suo Messaggio. 3 - Voglio accennarLe come mi sia sembrato un altro aiuto della Provvidenza l'essere venuto a conoscenza nel mese di novembre scorso, di Wilhelm DILTHEY (n. 1833 - m. 1911); filosofo che viene annoverato fra gli storicisti. Con mio stupore, ho scoperto una estesa e profonda affinità tra l'orizzonte umano, culturale e filosofico che si è andato sviluppando nella mia vita, ed il complesso di Pensiero elaborato da Dilthey, sebbene io non abbia ancora studiato che solo una piccola parte delle sue opere. Ma sto anche cominciando a scoprire -- leggendo qualche opera di critica su di lui -come la Fenomenologia sia in realtà sorta, per opera di Husserl, non tanto come ulteriore sviluppo del pensiero di Dilthey, quanto piuttosto per contrapporsi e tentare di demolire la proposta di quel filosofo; il quale mirava a trascendere la stessa metafisica, per "incontrarsi con" la "radicalità della esperienza umana vissuta", nel concreto dell'immediato e nel concreto della storia. Husserl teneva tanto al primato della metafisica; e si è preoccupato di conferire ad essa una "fisionomia" nuova -- quella appunto della Fenomenologia --, come per fornirle un nuovo vigore concettuale, e quindi una maggiore potenza di conquista intellettuale, specialmente nei confronti di quei gruppi sociali tendenti ad orizzonti spiritualistici. So di non essere, in questo mio pensare, del tutto allineato con la critica che gli studiosi hanno formulato, sia su Dilthey che su Husserl e la Fenomenologia. E devo inoltre manifestare una mia impressione, che sta prendendo sempre più piede in me: che Dilthey sia stato, e continui ad essere, dai vari critici e studiosi, "travisato", interpretato in modo "riduttivo" e "difforme" rispetto a quello che "in realtà" abbia voluto significare quanto da lui espresso nelle sue opere. Ho l'impressione cioè che venga "mutilato" e recepito in modo "distorto", a motivo del fatto che lo si vuole rendere "funzionale a" particolari nuovi sistemi ideologo-culturali, che questi studiosi si prefiggono di promuovere. Fra i pochi che ho consultato, il prof. Franco Bianco ("Introduzione a Dilthey" - Ed. Laterza '85) è quello che mi pare abbia colto più "nel vero" il pensiero diltheyano. La Fenomenologia, a mio avviso, contrariamente a quanto sostengono coloro che la condividono in toto sul piano teoretico, sta oggi facendo soffrire molto la Chiesa; pur senza che questa se ne avveda. Come la proposta "psicoanalitica" apportata da S. Freud (e successivi cultori), così la proposta "fenomenologica" è un'arma concettuale a doppio taglio. Gli intellettuali cattolici, nella maggioranza dei casi, mi pare abbiano purtroppo assunto, sia l'una che l'altra di queste due correnti di pensiero, con criteri e modalità -sebbene diversificantisi da un gruppo all'altro, e da un livello culturale ad un altro -- tali da arrecare più danno che utilità alla missione evangelica della Chiesa, nonché alla pastorale, sia periferica che intermedia. Io vedo in W. Dilthey -- cioè, nella sua proposta complessiva -- un terreno in cui Dio ha seminato parte di quel Messaggio che Egli ha voluto e vuole indirizzare alla Sua Chiesa, in questo secolo XX, particolarmente in questa seconda metà di esso. Ma non è il caso che mi dilunghi su questo accenno a quel filosofo. 4 - Ho letto il volume "Rapporto sulla Fede" (curato da V. Messori), già lo scorso anno, quando apparve nelle librerie. In diversi punti di quella intervista, Sua Eminenza esprimeva dei contenuti di pensiero e di Fede, che in qualche modo hanno suscitato in me una particolare speranza di potere essere da Lei capito. Da quegli accenni che Sua Eminenza ha tracciato in quel volume, io vedo infatti una certa consonanza del mio pensiero con il suo; la quale mi conferma ancora una volta come quanto io vorrei esprimere, e quanto io vorrei attuare, in seno alla Chiesa, provenga dalla Grazia Celeste. Sono molti gli argomenti là accennati, intorno ai quali vorrei dialogare con le Autorità ecclesiastiche -- oltre che discutere con essi su altre questioni che io vorrei sollevare --, al fine di far loro capire il contributo che la mia iniziativa vuole portare, ed ottenere da esse di potere di fatto operare. Voglio citarne dei passi, per significare a Lei ancora altri aspetti -- oltre a quelli espressi nelle lettere in fotocopia che allego alla presente -- di quel "Messaggio" per il quale voglio spendermi. Passi che toccano problemi sui quali, non solo vorrei portare un mio contributo teorico di riflessione, ma vorrei anche dare il mio contributo operativo personale, lavorando per essi a tempo pieno, e chiamando anche altri a lavorare assieme a me. Ne prendo alcuni, così a caso. -- Le sottolineature sono mie, per dare risalto a quelli che a me sembrano punti nodali. 5 - pag. 28-29. ... la Chiesa del dopo Concilio è un grande cantiere. Ma uno spirito critico ha aggiunto che è un cantiere dove è andato perduto il progetto, e ciascuno continua a fabbricare secondo il suo gusto. Il risultato è evidente. ... Dunque la sua esortazione a tutti i cattolici è: tornare ai testi autentici del Vaticano II autentico. pag. 41. ... Come ha ripetuto di frequente Giovanni Paolo II: la Chiesa di oggi non ha bisogno di nuovi riformatori. La Chiesa ha bisogno di nuovi santi. Per provvedere a tale bisogno della Chiesa, è necessario prima di tutto riformulare il concetto stesso di "santità". Ma non mediante una semplice rielaborazione teoretica; né mediante una "celebrazione" dell'ascetismo secondo i canoni schematizzatisi lungo tutta una tradizione più "culturale" che "cristiana". La "santità" è "autenticità". E' questa "autenticità" che oggi la Chiesa è chiamata tutta a ricercare "in se stessa". Tale autenticità è già presente nel Magistero della Chiesa; ma, perché essa venga esplicitata dal soggetto vivente che è il singolo cristiano -- a qualunque livello della gerarchia ecclesiastica esso appartenga --, occorre che si imbocchi una ricerca tutta particolare, sia a livello teoretico, che a livello di vita concreta "umana" e "di Fede". Il Santo Padre ha chiamato in causa tale prospettiva, nel toccare i diversi aspetti della vita ecclesiale, quando, rivolgendosi al Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa, il giorno 11 di ottobre 1985, ha parlato della "Nuova Evangelizzazione del Continente europeo". Così si legge al n° 13 del documento: "" Per questa sublime missione di far fiorire una nuova età di evangelizzazione in Europa, si chiedono oggi evangelizzatori particolarmente preparati. Occorrono araldi del Vangelo esperti in umanità, che conoscano a fondo il cuore dell'uomo d'oggi, ne partecipino gioie e speranze, angosce e tristezze, e nello stesso tempo siano_dei_contemplativi innamorati di Dio. Per questo occorrono nuovi santi. Dobbiamo supplicare il Signore perché accresca lo spirito di santità della Chiesa e ci mandi nuovi santi per evangelizzare il mondo d'oggi. "" La santità, è infatti essenzialmente legata alla evangelizzazione: non può esserci vera evangelizzazione senza santità; né può esserci vera santità senza evangelizzazione. Quel progetto per la formazione di "Nuovi Apostoli", attraverso un "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione" perché nella Chiesa si generi un "NUOVO GERMOGLIO", -- per il quale continuo a bussare presso le Autorità ecclesiastiche, e del quale sento fortemente la sua "provenienza da Dio", come "Messaggio" particolare che il Signore misericordioso vuole rivolgere alla Sua Chiesa --, aderisce in pieno a quanto testé ho richiamato del discorso di Sua Santità; e raccoglie in sé anche quanto, subito dopo, al n° 14 dello stesso documento, il Vicario di Cristo sottolinea: “” Per incarico del Signore i primi evangelizzatori sono i Vescovi, siamo noi. La nostra missione episcopale e la nostra ansia apostolica devono rinnovare quella di S. Paolo, il quale dichiarava: "guai a me se non predicassi il Vangelo" (1 Cor. 9, 16). Il punto di riferimento sicuro per questa opera di evangelizzazione, in continuità con la vivente tradizione della Chiesa, deve restare l'evento di grazia del Concilio Vaticano II. Lo Spirito ha parlato alle Chiese d'oggi e la sua voce è risuonata nel Concilio Ecumenico. Esso si può ben dire che rappresenti il "fondamento e_l'avvio di una gigantesca opera di evangelizzazione del mondo moderno", giunto ad una svolta nuova della storia dell'umanità, in cui compiti di una gravità e ampiezza immensa attendono la Chiesa. "" "Svolta nuova" della storia dell'umanità; il che comporta "svolta nuova" nella effettualità della evangelizzazione; il che comporta ancora "nuovi santi". I due termini dell'espressione "nuovi santi" richiedono però ciascuno una propria sottolineatura: è inderogabile infatti la "santità", come si è notato, per evangelizzare; ma è pure inderogabile che questa santità venga a costituirsi "con modalità e contenuti nuovi", pur "in continuità con la vivente tradizione" della Chiesa, quando la evangelizzazione affronta società umane "in trasformazione". 6 - pag. 47. ... la Chiesa riceve la sua connotazione neo-testamentaria più evidente nel concetto di "Corpo di Cristo". Si è Chiesa e si entra in essa non attraverso appartenenze sociologiche, bensì attraverso l'inserzione nel corpo stesso del Signore, per mezzo del battesimo e della eucaristia. ... La Chiesa non si esaurisce nel "collettivo" dei credenti: essendo il "Corpo di Cristo", è ben di più della semplice somma dei suoi membri. pag. 61. ... La Chiesa cattolica si regge sull'equilibrio tra la "comunità" e la "persona", in questo caso la comunità delle singole chiese locali unite nella Chiesa universale e la persona del responsabile della diocesi. Certa caduta del senso di responsabilità individuale in qualche vescovo, e la delega dei suoi poteri inalienabili di pastore e maestro alla struttura della Conferenza locale, rischiano di far cadere nell'anonimato ciò che deve invece restare molto personale. ... I testi davvero vigorosi contro il nazismo furono quelli che vennero da singoli presuli coraggiosi; quelli della Conferenza apparivano invece più smorti, troppo deboli rispetto a ciò che la tragedia richiedeva. pag. 62-63. ... (titolo del paragrafo:) "Ritrovare il coraggio personale". ... Mi sia permesso richiamare a questo proposito un dato di fatto psicologico: noi preti cattolici della mia generazione siamo stati abituati ad evitare le contrapposizioni tra confratelli, a cercare sempre il punto di accordo, a non metterci troppo in vista con posizioni eccentriche. Così, in molte Conferenze episcopali lo spirito di gruppo, magari la volontà di quieto vivere o addirittura il conformismo, trascinano la maggioranza ad accettare le posizioni di minoranze intraprendenti, determinate ad andare verso direzioni precise. ... Accettando la legge del gruppo, hanno evitato la fatica di passare per "guastafeste", per "attardati", per "poco aperti". Sembra molto bello decidere sempre "insieme". In questo modo, però rischiano di perdersi lo "scandalo" e la "follia" del Vangelo, quel "sale" e quel "lievito" oggi più che mai indispensabili per un cristiano (sopratutto se vescovo, dunque investito di responsabilità precise per i fedeli) davanti alla gravità della crisi. "Ritrovare il coraggio personale" è uno degli obbiettivi che quel progetto di "Nuovo Apostolato" si propone. Il Messaggio Evangelico richiede "coraggio" ed "impegno personale". Una comunità "mondana" può costituirsi senza di questi due parametri (particolarmente, l'impegno personale); una comunità "cristiana" invece no! Anche se i termini possono sembrare escludersi a vicenda, la "comunione" ecclesiale richiede fondamentalmente impegno "personale"! Dio, in vari modi e per varie vie, ci ha significato -- ed attraverso il Concilio Vaticano II ce lo ha espresso in un modo tutto particolare -- un "invito misterioso"; invito che Sua Santità Giovanni Paolo II ha esplicitato, come sotto ispirazione dello Spirito Santo: "Non abbiate paura!". Questo aspetto della componente umana nella evangelizzazione, cioè il "coraggio", è stato sempre tenuto in disparte; al suo posto è stata collocata una "presunta forza della razionalità"; e ciò a tutto svantaggio di una genuina ed armonica edificazione umanocristiana. Ancora il Santo Padre ha osservato (nell'allocuzione sopra richiamata, al n° 16): "" Una categoria fondamentale dell'annuncio evangelico che merita attenzione è la "testimonianza", collegata col segno. Senza la testimonianza e senza la conferma del segno, l'annuncio rischia sempre di rimanere lettera morta. ... Annuncio e testimonianza devono rifulgere di limpida purezza dottrinale e morale, ricordando che il Vangelo presenta anche un carattere paradossale per l'intelligenza e la vita dell'uomo, ma non per questo deve soffrire riduzioni o compromessi. "" Tale "invito divino" ("Non abbiate paura!") è presente in modo "nascosto", come un postulato fondamentale, in tutto l'intero Concilio ecumenico Vaticano II: sia nel suo graduale concretizzarsi come vicenda umana e di Fede, vissuta dai Padri conciliari e da tutta la Chiesa, sia nel suo epilogo, in cui esso parla alla Chiesa stessa ed al Mondo attraverso i suoi documenti conclusivi. Eppure, io vedo che questo è uno di quegli inviti dello Spirito Santo che non sono stati accolti, né recepiti! 7 - pag. 74-75. ... Il legame tra Bibbia e Chiesa è stato spezzato. ... Ma essa (interpretazione storico-critica della Scrittura), per sua stessa natura, può illuminare il testo solo nella sua dimensione storica e non nella sua attuale valenza. Se si dimentica questo limite, essa diventa non solo illogica, ma anche, proprio per ciò, non-scientifica; si dimentica allora anche che la Bibbia come messaggio per il presente e per il futuro può essere compresa solo nel collegamento vitale con la-Chiesa. ... La separazione tra Chiesa e Scrittura tende a svuotarle entrambe dall'interno. ... Una esegesi che non viva e non legga più la Bibbia nel corpo vivente della Chiesa diventa archeologia... L'affermazione fatta da Sua Eminenza -- e cioè: la Bibbia, come messaggio per il presente e per il futuro, può essere compresa solo nel collegamento vitale con la Chiesa - che in quel contesto del libro era stata posta in riferimento particolare alla esegesi storico-critica, io la vedo oggi una affermazione particolarmente importante ed urgente, ed anche di più larga portata che va oltre il problema esegetico; essa contiene anche profonde indicazioni per la catechesi, ai vari livelli in cui questa si pone e si attua. Una grossa "storpiatura", sia di principio e sia di metodica, io la riscontro infatti là dove un gruppo di fedeli si riunisce (pur sotto la guida di un Sacerdote) per fare "lettura della Bibbia", ed eventuale commento. Apparentemente è tutto "normale", è un fatto "lodevole": si occupa infatti la mente con argomenti sacri. Però... in realtà "tutto finisce lì"! Quella lettura "si è esaurita in un apprendimento di storia"; si è esaurita in una acquisizione di "conoscenze immaginative a sé stanti"; di "pensieri vaganti", e separati non solo dalla "vita" della Chiesa ma anche dalla "propria vita" di Fede e dalla "propria vita" umana! Per questo, si può con tutta verità affermare che, in una tale lettura, il "messaggio divino" non è stato "realmente" "compreso"! La Parola di Dio, intesa nella sua essenza e nella sua effettività, non è un discorso "nel mondo dei pensieri", ma è un "messaggio per il presente" all'uomo che legge la S. Scrittura; ed il messaggio che realmente Dio vuole rivolgere a "quella" persona, attraverso quella lettura, può essere compreso solo collegando il senso, che man mano viene recepito, con la vita reale umana propria, con la vita reale di Fede propria, con la vita reale della Chiesa così come la stessa persona l'avverte in quel momento storico della sua vita. Il soggetto può affermare con verità di comprendere "quella Parola" che Dio rivolge a lui in quel momento, solo allorquando egli "è presente": con tutta la propria umanità, così come egli l'avverte; con quella sua Fede, così come egli la sta vivendo in quel periodo della sua vita; con quel suo senso di comunione ecclesiale, così come egli lo percepisce. In un tal momento di ricerca spirituale, Dio "parla e si comunica" al soggetto, aperto al suo intero orizzonte: umano, di Fede, ecclesiale; poiché il soggetto "è realmente presente", sì che la Parola di Dio possa "incarnarsi" in lui. Non è affatto sufficiente, perciò, il semplice collegamento "razionale"; né il collegamento "immaginativo"; e neppure il solo collegamento "affettivo". Quando si legge la S. Scrittura per interpretarne il suo "reale e vero" significato, è invece necessario il "triplice collegamento vitale": con la propria umanità reale e concreta, rivestita delle proprie vicissitudini di quel momento, perché Dio parla all'uomo reale e concreto per redimere l'umano; con la propria Fede, offuscata così com'è dalle incertezze e storpiature cui essa va soggetta per la fragilità umana, perché Dio parla per sanare e vivificare questa Fede dell'uomo; con la propria ecclesialità, pur nella limitatezza di orizzonte da cui essa è inficiata e nella chiusura di vita che il soggetto avverte nei confronti di alcune persone, perché Dio parla per portarci alla comunione reciproca, sempre più verso quell' "UNUM" indicatoci da Cristo Gesù. Il Dio che ci parla è il Dio che "è", non il Dio che "fu". E' il Dio "vivente"; è il Dio dei "viventi". Come il Mistero Eucaristico non è un semplice "ricordo storico di ciò che fu", ma è, seppur nel mistero, "una reale sintesi che si attua nel nostro presente" della Rivelazione e della Redenzione operata dalla stessa persona Gesù Cristo, così l'interpretazione della Parola di Dio è "un atto vivente del presente", e rinnova nel presente lo stesso "ministero dell'ascolto" cui furono chiamati i discepoli di Gesù. Al "ministero dell'annuncio" fa riscontro il "ministero dell'ascolto"; e tale ministero, anch'esso di origine divina perché divina è la Parola cui siamo chiamati all'ascolto, non può essere esplicato "realmente e con verità" se non da chi vive e legge "nel corpo vivente" della Chiesa, la quale è "CORPO Mistico DI CRISTO". 8 - pag. 150-151. (Titolo del paragrafo precedente: Un "addio" sospetto.) ... In questo caso specifico, si ammette che Gesù, gli apostoli, gli evangelisti, erano convinti dell'esistenza delle forze demoniache. Ma nello stesso tempo si dà per scontato che in questa loro credenza erano "vittime delle forme di pensiero giudaiche di allora". Ma, siccome si dà anche per scontato che "quelle forme di pensiero non sono più conciliabili con la nostra immagine del mondo", ecco che per una sorta di giuoco di prestigio ciò che si considera incomprensibile all'uomo medio di oggi viene cancellato. ... Per congedarsi da questo (dire, cioè, "addio al diavolo") e da ogni altro aspetto della Fede scomodo al conformismo contemporaneo, non ci si comporta pertanto come esegeti, come interpreti della 5crittura, ma come uomini del nostro tempo. ... non più la Scrittura che giudica il "mondo", ma il _"mondo" che giudica la Scrittura. E' la ricerca continua di un annuncio che presenti ciò che già sappiamo, o che comunque sia gradito a chi ascolta. La tematica che Sua Eminenza qui chiama in causa, è a mio avviso una tematica di vaste ramificazioni e di profonde radici. Essa investe Laici e Clero; investe la cultura del "mondo" e la cultura cristiana; investe perfino la "formazione" (nei Seminari) dei futuri sacerdoti. Le caratteristiche di un tale "addio", pur assumendo forme diverse, ed utilizzando di volta in volta contenuti diversi, sono tali da tenere in continua tensione le varie "visioni del mondo", che nell'epoca storica che stiamo vivendo si vanno sviluppando. Può trattarsi di "addio al diavolo"; può trattarsi di "addio alle concezioni giudaiche"; può trattarsi di "addio al tradizionalismo della Chiesa"; può trattarsi di "addio alla morale delle generazioni precedenti"; può trattarsi di "addio agli schemi di vita sociale del passato"; ecc... Essi hanno però tutti, come denominatore comune, la "rottura"; ed, attraverso di essa, la "tensione di liberazione". Tensione verso una liberazione, mediante la rottura con i sistemi precedenti. Questo dramma della "rottura" viene vissuto dal soggetto umano di oggi, nessuno escluso; anche nel campo della Gerarchia ecclesiastica esso è presente: Vescovi pastori di diocesi, Prelati addetti ai Dicasteri della Chiesa, Parroci e Sacerdoti, Seminaristi. Ma proprio per il modo con cui questa tensione di rottura viene espressa, per il modo con cui questo "addio" viene formulato -- sia sul piano concettuale e razionale, come sul piano della prassi sociale --, esso è veramente "sospetto"! "Tensione di rottura", ed "addio", non vengono affrontati con la concomitanza di "complanari tensioni ricostruttive"; ma vengono invece gestiti con paradigmi, che sono retti da una tematica sottostante -- e nascosta -- di "cancellazíone". Infatti, se poniamo che sia il "mondo" a giudicare la Scrittura -- e che non sia perciò il viceversa --, ciò ci consente di "cancellare" da essa (Scrittura) ogni "richiamo ad un progetto che non sia quello che noi stessi ci diamo"; e può così venire salvaguardata nello stesso tempo la "tensione di liberazione e di autonomia"! E' questa una forma "multilinea" di un medesimo "non serviam!" gridato da Satana. Ecco che nasce evidente il "sospetto" -- nei confronti di quell' "addio" -- di una sua provenienza diabolica! Le osservazioni che Sua Eminenza ha fatto, riferendole ad alcuni esegeti biblici, ed ad alcuni teologi, sono in realtà vere anche se rivolte ad una gran parte del Clero che opera nelle parrocchie o negli Istituti religiosi. Lì però tutto è più "mascherato"; ma questo, non per una particolare malizia di quei preti, bensì per una loro necessità di "stare a galla" fra le diverse contraddizioni in cui si imbattono e che sono per loro fonte di tensioni non indifferenti. Sul piano personale si genera in quelle persone un progetto di "cancellazione", camuffato da spirito di "umiltà" e di "ubbidienza"; e sul piano sociale, si limitano a gestire il proprio "ruolo", e lo gestiscono nel modo più "statico" possibile: il loro è infatti un equilibrio precario, se non addirittura un non-equilibrio. In costoro, la "Fede" nella sua essenzialità viene "cancellata", perché non si presenta, in quelle condizioni relazionali in cui vivono, come "vivibile"; e la si sostituisce con il "pietismo" ed il "dottrinismo". La "personalità umana" nella sua essenzialità viene anch'essa "cancellata", perché non può, in quelle condizioni relazionali, "svilupparsi"; e viene sostituita con degli statici "ideali metafisici" e con cristallizzati "concetti dei valori". Oggi purtroppo è un errore diffuso, anzi diffusissimo, quello di confondere "ideali metafisici" con "mete soprannaturali" dell'uomo; come lo è quello di confondere i "concetti dei valori" con i "valori realmente presenti" nella natura umana. 9 - pag. 155-160. Quanto più si capisce la santità di Dio, tanto più si capisce l'opposizione a ciò che è santo: e cioè, le ingannevoli maschere del Demonio. ... Per questo si potrebbe forse dire che la sparizione della consapevolezza del demoniaco segnala una caduta parallela della santità. Il Diavolo può rifugiarsi nel suo elemento preferito, l'anonimato, quando non risplende, a svelarlo, la luce di chi è unito a Cristo. ... Chi vede con lucidità i baratri della nostra èra vi vede all'opera potenze che si adoperano per disgregare i rapporti tra gli uomini. ... Ce lo ripete anche S. Paolo: "Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del Diavolo. ..." (Ef. 6, 10 s. ) ... Può darsi dunque che quei cristiani accusati sino ad ora di essere "pessimisti" debbano aiutare i fratelli ad uscire dalla disperazione, proponendo loro l'ottimismo radicale -- non ingannevole, questo -- il cui nome è Gesù Cristo. ... la verità esclude il timore e, perciò stesso, consente di riconoscere la Potenza del Maligno. Se l'ambiguità è la caratteristica del fenomeno demoniaco, l'essenza del combattimento del cristiano contro il Demonio consiste nel vivere giorno per giorno alla chiarezza della luce della Fede. ... La Realtà opposta alle categorie del demoniaco è la Terza Persona della Trinità, è lo spirito Santo. Satana è per eccellenza il disgregatore, è il dissolutore di ogni rapporto: quello dell'uomo con se stesso e quelli degli uomini tra loro. E' dunque il contrario esatto dello Spirito Santo, "Intermediario"_assoluto_che assicura il Rapporto sul quale tutti gli altri si fondano e dal quale derivano. ... Salvaguardare l'equilibrio significa anche mantenere il giusto rapporto tra istituzione e carisma, tra Fede comune della Chiesa ed esperienza personale. Una fede dogmatica_senza_esperienza personale resta vuota; una pura esperienza senza legami con la fede della Chiesa è cieca. Satana, per meglio condurre il suo piano d'attacco al Gregge di Gesù, all'umanità nel suo complesso, si dà da fare per demolire o neutralizzare quei soggetti e quelle vie che meglio sarebbero in grado di "smascherarlo". L' "inganno" è l'anello di comunicazione tra Satana e l'Uomo. Era in piena verità Eva quando rispose a Dio: il serpente "mi ha ingannata!". Quanti "inganni" abbiamo oggi, a tutti i livelli! Un dato di fatto, che non mi risulta sia stato rilevato già da altri, è questo: c'è "scissione" fra gli stessi settori costituenti della Cultura. Erroneamente ci si sta aggrappando ad un concetto "mutilato" di Cultura: concepita come un complesso di "Pensiero", il quale orienta e governa l'agire umano. Mentre la Cultura, nella sua essenza veridica, è quella unità complessa, costituita sia dal "Pensiero", sia dall' "azione umana", sia dalle "tensioni progettuali socio-individuali", sia dalle stesse "produzioni sul naturalistico" attraverso le quali l'uomo si esprime in dialogo con la natura. Ho menzionato questi quattro livelli -- che sono anche quattro momenti dell'umano - per sottolineare quelli che io reputo maggiormente "fondanti": essi "convergono" sempre "in contemporaneità" nel fondare e nel costituire una Cultura. Se ci poniamo nell'ambito del Cristianesimo, a questi quattro livelli devesi aggiungere un quinto livello -- indicato come 'quinto' solo per il fatto che lo sto enunciando 'dopo' gli altri quattro; ma come ordine di fondamentalità, esso è "il primo" -. Si tratta della "tensione verso il Divino che si è Rivelato". Oggi c'è "scissione" tra questi cinque livelli costituenti della Cultura; e la Cultura viene identificata con il singolo livello del "Pensiero". Anche questo è un "inganno diabolico"! Ogni Cultura che viaggia solo "sulle parole" è una Cultura "omicida"! Le "forme", che oggi la Cultura assume di volta in volta, sono più forme "modali" che non forme "funzionali"; nel senso che essa si pone di fronte al contesto storicogeografico come una particolare "moda" dell'atteggiarsi del Sapere. Per questo, trovo molto significativa l'affermazione fatta dal Santo Padre, al n° 11 del sopraccitato discorso ai vescovi d'Europa, l'11 ottobre 1985: "" Del resto i sistemi culturali, istituzioni e ideologie che avevano caratterizzato l'Europa di questo secolo e originato ingenue utopie, sono entrate in crisi, sotto i colpi della stessa razionalità strumentale e dell'impero della scienza e della tecnica. L'Università ... si dimostra incapace di elaborare un progetto culturale accettabile. Ciò sta a significare che è venuta meno la stessa funzione di guida della cultura nella società odierna. Oggi si vive e si lotta sopratutto per il potere e il benessere, non per ideali."" Allargando la considerazione, io aggiungo che non si tratta tanto del fatto che l'uomo non si lascia guidare dalla cultura; ma si tratta invece di una situazione più radicale: la cultura (umanistica) che oggi viene espressa, nei diversi ambiti sociali, compreso l'ambito cattolico, porta contenuti, forme ed articolazioni tali che le hanno fatto "disperdere" quelle caratteristiche essenziali per un sistema che volesse svolgere una "funzione guida" nei confronti di una società; sia che questa società venga vista come una comunità laicale, sia che venga vista come una comunità cristiana. Oh, se i Prelati dell'Alta Gerarchia ecclesiastica, ed i Vescovi Pastori del Gregge, ed i Sacerdoti tutti, avessero un po' più di "vera umiltà", ed un po' più di "vera carità in Cristo"! E se ciascuno riflettesse più con il cuore e con una più "semplice" razionalità umana, e meno con i "razionalismi" che giustificano tutto e niente! Il Signore Iddio allora darebbe loro la "Luce interiore" perché possano "comprendere" cosa è mancato in loro, e quali tesori hanno sprecato; comprendere i doni che Dio continuamente porge loro; comprendere i doni che lo Spirito Santo elargisce ai fedeli, al di là di ogni discriminazione tra Chierici e Laici, al di là di ogni distinzione tra "associati" e "non-associati"! E lo stesso Spirito Santo darebbe loro anche la "Forza di operare" a che quei doni generino frutti! E certuni di essi, infine, comprenderebbero che l'essersi “affidati" a certe ideologie, a certe concezioni sull'uomo -- apparentemente "pulite", ma non per questo sicuramente sorrette ed animate dallo spirito del Vangelo --, a certi criteri per la prassi, è stato un risultato di un inganno di Satana, il quale li ha subdolamente portati a fare il suo giuoco, anche se non totalmente! Così come altri scoprirebbero che il loro "amore per la concordia e l'unità", e la loro "ritrosia per lo scontro", altro non erano che un "mascherato disegno diabolico", mirante ad "imprigionare e soffocare le forze dello Spirito" che chiedevano di esprimersi! Anche in questo, io rilevo che c'è un elemento dominante e nascosto, di "sospetta origine diabolica": la "paura". Essa è il "vuoto" che si crea quando viene meno quel "coraggio", auspicato da S. Paolo -- nella stessa lettera agli Efesini da Lei citata -- quando dice: ""... cum fiducia notum facere mysterium evangelii, ... ita ut in ipso audeam, ... "" (Ef. 6, 19-20); e poi, nella lettera agli Ebrei, dirà anche: ""Adeamus ergo cum fiducia ad thronum gratiae, ut gratiam inveniemus in auxilium opportunum. "" (Eb. 4, 16) Questo "coraggio" è il "coraggio della Fede". Esso non va confuso con il "senso di sicurezza di sé”, per cui "non si ha paura dell'ipotetico oppositore o avversario"; né con quella "certezza" che si fonda su un "credo ideologico", per cui si è "certi della verità del proprio sapere". E perciò "tale coraggio", qualora mancasse, non potrà essere adeguatamente rimpiazzato né da una "sicurezza di sé", né da una "certezza metafisica". Satana sa servirsi anche di questo "vuoto di coraggio", di questa "paura". E induce il ministro ecclesiastico a conferire a quella "paura" le forme più svariate, diverse da una situazione all'altra, per meglio "mascherare quel vuoto" mediante "razionalizzazioni" che non fanno una grinza! Solo Gesù può aiutare a liberarsi da questa "paura di origine diabolica". Ed è, questo, uno dei primi passi che quel progetto (di "Nuovo Apostolato") vuole compiere: dare un contributo fraterno perché questa "paura" venga a diradarsi, e si faccia spazio allo Spirito Creatore, che ci anima dal di dentro. 10 - pag. 173. ... La Scrittura vive in una comunità e ha bisogno di un linguaggio. Ogni traduzione è anche, in qualche misura, interpretazione. Ci sono passi (tutti gli studiosi sono ormai d'accordo) in cui a parlare più che la Bibbia è il suo traduttore. Ci sono parti della Scrittura che esigono una scelta precisa, una presa di posizione netta; non si può mescolare o tentare di nascondere le difficoltà, con degli espedienti. Qualcuno vorrebbe far credere che gli esegeti, con i loro metodi storico-critici, avrebbero trovato la soluzione "scientifica", dunque al di sopra delle parti. Mentre non è così; ogni “scienza" dipende inevitabilmente da una filosofia, da una ideologia. Non può esserci neutralità, tanto meno qui. Quella soluzione "scientifica" che alcuni credono di aver trovato, e che credono sia una soluzione "al di sopra delle parti", e pertanto "oggettiva", ed ancora pertanto "vera", è solo una "illusione diabolica". Infatti, il Messaggio divino racchiuso nella S. Scrittura, non solo non può "collocarsi al di sopra delle parti”, che sarebbero i soggetti umani, ma deve invece necessariamente "in-sistere nelle parti"; ed, in quanto tale, (cioè, collocato "entro le parti"), deve costituire quella "sostanza comunicante”, per cui i singoli soggetti -- i credenti nel Dio che si è Rivelato -- vengono a conseguire una "condizione di vitale unità", sì da farli costituire appunto membra diverse di "un solo Corpo", Cristo Gesù. Per questo, il calare "quel tipo di scientificità" nel processo dottrinale e culturale delle Scienze della Fede ed in quello delle Scienze dell'uomo, io lo reputo "opera diabolica". Essa infatti sottrae all'uomo una delle caratteristiche più essenziali del Messaggio Evangelico: quella di costituire una "potenza unificante". E' un altro, invece, il tipo di scientificità che andrebbe sviluppato, per quelle che W. Dilthey ha chiamato "Le Scienze dello Spirito"; e la proposta diltheyana io la vedo molto appropriata, e fertile di progettualità concreta efficace, sia per le Scienze dell'Uomo e sia per le Scienze della Fede. Ma mi sembra, come Le dicevo più sopra, che Satana abbia provveduto a "stravolgere" (attraverso certi critici) il pensiero genuino di quell'autore; si da restar fuorviati, e da rendere faticoso -- al lettore di quegli scritti critici -- il recupero di quello che "in realtà Dilthey voleva dirci". Ritornando a "quel tipo di scientificità", sottolineo che gli uomini possono venire uniti, in quanto "esseri umani", da un qualcosa che "é dentro di loro", non da un qualcosa che è a loro esterno, che "è al di fuori di ciascuno di loro". Per questo, molto opportunamente Sua Santità, nel discorso sopra citato, affermava (al n° 12): <La Chiesa è chiamata a dare un'anima alla società moderna, ... E quest'anima la Chiesa deve infonderla non dal di sopra e dal di fuori, ma "passando al di dentro", facendosi prossima dell'uomo d'oggi. S'impone quindi la presenza attiva e la partecipazione intensa alla vita dell'uomo.> E d'altronde, non è stato nostro Signore stesso a svelarci: "il Regno di Dio è dentro di voi"? 11 - pag. 185. ... Indubbiamente bisogna tener presente che un errore non può esistere se non contiene un nucleo di verità. Di fatto un errore è tanto più pericoloso quanto maggiore è la proporzione del nucleo di verità recepita. Inoltre, l'errore non potrebbe appropriarsi di quella parte di verità se questa verità fosse sufficientemente vissuta e testimoniata lì dove è il suo posto, cioè nella fede della Chiesa. Perciò, accanto alla dimostrazione dell'errore e del pericolo della teologia della liberazione bisogna sempre affiancare la domanda: “quale verità si nasconde nell’errore, e come recuperarla pienamente?" pag. 187. ... è difficile immaginare che si possa seriamente svuotare la realtà globale del cristianesimo in uno schema di prassi socio-politica di liberazione. La cosa è tuttavia possibile, in quanto molti teologi della liberazione continuano ad usare gran parte del linguaggio ascetico e dogmatico della Chiesa in chiave nuova, in maniera tale che chi legge e chi ascolta partendo da un altro retroterra, può ricevere l'impressione di trovare il patrimonio antico con l'aggiunta solamente di qualche affermazione un poco "strana", che però, unita a tanta religiosità, non potrebbe essere così pericolosa. Proprio la radicalità della teologia della liberazione fa sì che ne venga spesso sottovalutata la gravità, perché non entra in alcuno schema esistente fino ad oggi di eresia; la sua impostazione di partenza si trova al di fuori di ciò che può venir colto dai tradizionali schemi di discussione. pag. 198. ... Proprio perché le cose stanno in questo modo -- cioè, proprio perché pensiero ed esperienza, riflessione ed azione sono in egual misura sollecitati -- tutta la Chiesa è qui interpellata. La sola teologia non basta, il solo magistero non basta: poiché il fenomeno "teologia della liberazione" segnala una carenza di conversione nella Chiesa, una carenza in essa di radicalità nella fede; soltanto un di più in conversione e in fede renderanno possibili e risveglieranno quelle intuizioni teologiche e quelle decisioni dei pastori che corrispondono alla gravità del problema. 11. a - Come da Lei stesso affermato, all'inizio di quel "testo privato" (sulla teologia della liberazione) -- là dove dice: la teologia della liberazione è un fenomeno straordinariamente complesso -- essa teologia della liberazione racchiude realmente una situazione umana, complessa perché eterogenea, e fuori dell'ordinario perché pregna di incognite. Essa è una delle manifestazioni fattuali che lo stato di "indeterminazione spirituale" ha generato, e continua a generare, oggi nella Chiesa. La "determinazione statutaria", e la "determinazione logica", che pure sussistono nelle varie componenti ecclesiali, non sono sostenute -- ed a volte addirittura non la contengono neanche -- da una altrettanta "determinazione interiore". Per cui, le istanze che nel fattuale premono da ogni dove, non solo non trovano "coordinazione" nella luce della Fede, ma spesso costituiscono quel terreno in cui la religione statuita "si spezza in frammenti tra loro contraddittori". Ciò è una conseguenza del fatto che la crescita quantitativa, e la evoluzione qualitativa, delle istanze socio-umane -- crescita ed evoluzione che sono determinate e caratterizzate dal nuovo cammino storico che a livello laicale l'umanità ha imboccato in questo secolo XX; cammino più complesso, ma nello stesso tempo tendente ad una maggiore semplicità; cammino più rischioso, ma nello stesso tempo alimentato da più nutrite e più esplicite risorse umane e materiali -- non hanno trovato nelle schematizzazioni strumentali ecclesiali, e nelle persone stesse che alla gestione di esse sono state demandate, quella disponibilità e quella prontezza nel "rielaborarsi", nel "ricrearsi", nel "rivitalizzarsi", alla fonte perenne del "Vangelo"; "cercato" questo, e "preso" in tutta la sua "radicalità". 11. b - Luminari di questo "mondo" si sono sostituiti ad esso (Vangelo); esibendosi -seppure "non in verbis sed in facto" -- come interpreti autentici degli Insegnamenti di Gesù o del Magistero della Chiesa; e molti, uditori o lettori, vi hanno creduto. Ma quelli erano portatori anche di un "falso profetismo”, quello nei confronti del quale Gesù stesso premonì i suoi discepoli, dicendo loro: ““Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno””. (Mt. 24, 4-5) 5i comincia col "giusto", col "vero"; si passa poi al "presumere" che sia giusto, che sia vero; si continua "estrapolando ed interpolando arbitrariamente"; si passa poi all' “auto-esaltazione" (fatta passare per ossequio agli "ideali dello spirito"); per giungere infine alla "dominanza ideologica e psicologica". Nel campo dell'umano, ogni "Pensiero", quando si porta all' “auto-esaltazione" ed alla "dominanza", diviene sempre uno di quei "falsi profeti" dai quali Gesù ci ha ammoniti di guardarci. Quella "auto-esaltazione" e quella "dominanza" sono una "trasposizione equisemiologica" dell'asserto: "io sono il Cristo!". C'è oggi tanta letteratura, in materia di cultura cristiana cattolica, in materia di spiritualità, in materia anche di evangelizzazione spicciola e quotidiana, la quale presenta proprio "quelle caratteristiche". Essa si muove lungo "parvenze di ortodossia"; "parvenze di aggiornamento scientifico-umanistico"; "parvenze di un Vangelo rinnovato"! Tutte queste "parvenze" "mascherano" il "subdolo progetto demolitore" -- nei confronti del soggetto umano, in quanto "umano", e nei confronti del soggetto umano, in quanto "credente in Cristo" -- che Satana, forse anche all'insaputa (?!?!) dello stesso autore del libro o dell'articolo di rivista, introduce come "zizzania soffocatrice". Esse sono il risultato di una "mescolanza ibrida" tra Insegnamenti del Vangelo ed insegnamenti di questo "mondo"; per cui riesce estremamente difficile -- al semplice fedele, o allo studioso -- "riconoscere il Vero", riconoscere la Parola di Dio e distinguerla dalla parola del "mondo"; riconoscere ciò che conduce al "Regno di Dio" e distinguerlo da ciò che conduce al "regno di questo mondo". Ecco, come tali dottrine "soffocano" la Fede. 11. c - Non è solamente nell'ambito della teologia della liberazione dell'America latina che sono presenti "tensioni di scindimento", commiste a tensioni che "adulterano" il Messaggio Evangelico. Anche in certi settori del cristianesimo europeo sono presenti interrogativi che denotano una "insufficienza di equilibrio" tra il fattuale e il dottrinale, e tra il fattuale e lo spirituale; come anche nella cristianità dell'Africa, dove gli interrogativi sorgono non tanto in tema giuridico -- sebbene la veste esterna porti in primo piano contenuti di tale specie -- quanto piuttosto in tema di "significatività umana" dell'Annuncio stesso della Fede. E' urgente perciò domandarsi: ""quale verità si nasconde nell'errore, e come recuperarla pienamente?"" Ma è anche urgente rendersi conto -- ed uso anche qui le sue stesse parole -- che "" l'errore non potrebbe appropriarsi di quella parte di verità, se questa verità fosse sufficientemente vissuta e testimoniata lì dove è il suo posto, cioè nella fede della Chiesa. "" Questo "recuperare pienamente la verità", e questo "vivere e testimoniare la verità lì dove è il suo posto", costituiscono un "avvenimento radicalmente e concretamente umano", molto prima che una "elaborazione logico-intellettuale". Come viene sottovalutata la gravità della teologia della liberazione, così viene spesso sottovalutata la gravità di certi orizzonti culturali "idealistici" che dominano di fatto la cultura e la prassi cristiana cattolica. Anche per essi si può dire infatti che "non entrano in alcuno schema esistente fino ad oggi di eresia; la loro impostazione di partenza si trova al di fuori di ciò che può venir colto dai tradizionali schemi di discussione." Non si tratta infatti di "questioni di principio", ma dei "presupposti teorici" che sottendono ai "criteri regolatori della prassi" -- della pastorale e della evangelizzazione -, nonché della esplicazione della prassi stessa. E proprio tali presupposti teorici si collocano "al di fuori di ciò che può venir colto dai tradizionali schemi di discussione", i quali invece si indirizzano alle "questioni di principio"; la stessa esplicazione della prassi risulta poi talmente "anonima e sfuggente ad ogni riflessione" da indurre chiunque a rinunciare a porla in discussione. Con questa considerazione, viene anche messo in evidenza il sussistere di una "duplice frattura teorica"; quella tra le questioni di principio ed i presupposti teorici dei criteri della prassi, da un lato, e quella tra tali criteri della prassi e la prassi stessa, dall'altro lato. Tale duplice frattura teorica è stata la conseguenza inevitabile di quegli orizzonti culturali Idealistici. Non sono gli "ideali" che io qui metto sotto accusa; non è l' "additare tali ideali" che io qui critico; ma è l’ “anteporre (quanto a valore) l'ideale al vissuto" stesso dell'uomo che io reputo un atto "omicida"! E' il "ridurre (di fatto) la Fede ad un ideale" che io reputo un atto "blasfemo"! Ogni "ideale" è sempre "un prodotto" dell'uomo; e come tale esso è, e deve restare, sempre "strumentale", in funzione del conseguimento del destino soprannaturale dell'uomo. La "Fede" invece non è affatto un prodotto dell'uomo. Non può essere perciò un "ideale" a guidare l' “uomo credente in Dio ed in Gesù Cristo"; bensì la"Fede". Soltanto se l'uomo si depriva di questa Fede, e si indirizza verso un "regno che è di questo mondo", soltanto allora egli può coerentemente mettere sull'altare l' "ideale". L' “ideale" è il dio di una religione immanentistica. L' “ideale" è il "vitello d'oro" che gli Israeliti si costruirono ed adorarono quando, per la prolungata assenza di Mosè, decisero di "abbandonare" Colui che era stato il Dio dei loro padri, e sostituirlo con un "idolo". 11. d - L' ”indeterminazione spirituale", di cui ho parlato più sopra, è una delle espressioni sintomatiche di "mancanza di Fede", di "fattuale abbandono della Fede in Cristo Gesù". Come se gli eventi storici contemporanei tentassero di dimostrare al cristiano credente che la sua Fede "è vana", cioè "è priva di significato reale", cioè ancora "è priva di contenuti umani", e quindi "è priva di connessioni reali con l'uomo storico"; e che perciò il cristiano farebbe meglio a "cercare altrove una consistenza", "cercare altrove una sicurezza", per il suo vivere fattuale e problematico. Per questo ho sottolineato, e ritorno a sottolineare, quanto da Sua Eminenza affermato: "" ... proprio perché pensiero ed esperienza, riflessione ed azione, sono in egual misura sollecitati, tutta la Chiesa è qui interpellata. La sola teologia non basta, il solo magistero non basta: poiché il fenomeno "teologia della liberazione" -- (Mia aggiunta:) e così pure certi altri fenomeni di "stridore" più o meno manifesto, presenti nella vita ecclesiale ai diversi livelli -- segnala una carenza di conversione nella Chiesa, una carenza in essa di radicalità nella Fede. "" Ma c'è una condizione fondamentale da richiamare dall'ombra in cui è stata tenuta troppo a lungo, e riproporla alla attenzione ed alla riflessione di tutte le componenti ecclesiali: """" Alla "radicalità nella Fede" si può giungere soltanto attraverso la “radicalità nell'umano". """" Come in Gesù Cristo è stata la "Verità del divino" a calarsi nell'umano, così nel fedele cristiano è la "verità dell'umano" a calarsi nel divino. Solo allora tale "conversione", e tale "recupero della radicalità nella Fede", di cui sopra, permetteranno di vincere quella ""dolorosa impossibilità di dialogo con i teologi che accettano quel mito illusorio ..."" (pag. 201). E permetteranno altresì di vincere quella impossibilità di dialogo che sussiste anche in quegli altri ambiti ecclesiali, dove la presenza di uno "stridore", manifesto o latente, tra due o più componenti ecclesiali (incluse anche quelle dell'area laica) costringe le parti ad un "silenzio reciproco, ed assurdo". Anche là, infatti, l'impotenza a cogliere le divergenze mediante i tradizionali schemi di discussione ha generato collateralmente una "impotenza a dialogare". A questo punto, mi sembra opportuna una breve precisazione. "Dialogo" e "discussione" sono due espressioni umane di scambio distinte tra loro; esse si differenziano, sia per il loro oggetto proprio, e sia per la loro dialettica metodologica. 11. e - Queste due predette "impotenze" -- alla "discussione", ed al "dialogo" --, nel processo di un loro auspicabile superamento, sottostanno ad una particolare gerarchia: soltanto dopo che sarà stata vinta l' “impotenza al dialogo" sarà possibile superare l' “impotenza alla discussione". Il "rigenerarsi del dialogo", di un "nuovo" dialogo, attraverso la conversione ed il recupero della radicalità nella Fede, porta infatti anche al superamento dei limiti delle schematizzazioni tradizionali di discussione; in quanto vengono ad aprirsi "nuovi orizzonti" anche in campo teorico, con conseguente "allargamento" degli schemi dialettici, per abbracciare "l'uomo nella sua totalità", e non più soltanto incontrarlo "nella sua esplicitazione logica". Nella "teologia della liberazione" in particolare, -- ma anche in certi altri ambiti di questioni dottrinali problematiche --, si è giunti oggi ad una "inversione del rapporto" tra "sapere" e "soggetto produttore di quel sapere". Il soggetto umano non è più egli a "gestire" il suo sapere; ma quest'ultimo ha assunto una "dominanza ideologica e psicologica" tale che è divenuto esso stesso il gestore di coloro che lo hanno prodotto. In una tale situazione "abnorme", soltanto il "Dialogo", e non la "discussione teoricodottrinale”, consente ai due interlocutori di investire in modo efficace, per una "restaurazione del rapporto originario tra l'uomo ed il suo sapere”, ciascuno le proprie risorse umane e le proprie risorse di Fede. Il "Dialogo" è infatti "flusso vitale" -- mentre non lo è la "discussione" —; ed il flusso vitale chiama e coinvolge le molteplici componenti dell'intero organismo. Una volta che sia germinato questo "nuovo" dialogo, ed esso sia divenuto un canale effettivo di scambio, allora il porre, ed il porsi, la discussione potrà contare su modalità che permettono al discorso di snodarsi "con più verità". I valori ideologici verranno ridimensionati, in favore dei valori effettivi umani e di Fede. Dialogo e discussione si intrecceranno in un tutto armonico. La discussione, che prima era stata un "dibattito tra termini contraddittori" -- e, per ciò stesso, sterile --, adesso diviene una "Analisi Relativistica ma Convergente", il cui polo non è né l'una né l'altra parte: è "Dio", attraverso la Sua Rivelazione. -------12 - Eminenza, ho voluto cogliere la possibilità di un incontro con Lei a livello di "Pensiero", che mi veniva offerta dalla lettura che avevo fatto del volume più sopra citato. Il riportarne alcuni passi voleva evidenziare -- come per sottoporla alla sua considerazione -- una mia concordanza con quanto lì espresso. A conclusione di questa lettera, io formulo a Sua Eminenza la richiesta di concedermi un colloquio di persona. Le ribadisco l'urgenza che io avverto, nell'intimo della mia vita interiore di Fede, che Sua Santità Giovanni Paolo II "venga a conoscenza" di questo "Messaggio" del Signore nostro Iddio; Messaggio che io riesco ad intuire solo in piccola parte. Ripresento ancora una volta la considerazione che già espressi a S.Em.R. Card.le S. Pappalardo, e che poi riportai nella lettera a S.Em.R. Card.le J. Tomko (al foglio 3): "" E mi pare inoltre di avvertire dentro di me una indicazione spirituale, come fosse il Signore stesso a volermi significare che quel Messaggio di "Nuovo Apostolato" che porto in me "deve giungere, nella sua interezza, a Sua Santità Giovanni Paolo II"; oltre che giungere alla Chiesa nella sua estensione. Come se questo Messaggio il Signore lo porgesse all'attuale Vicario di Cristo, Karol Wojtyla, perché esso Messaggio costituirebbe un'altra delle parti del Magistero complessivo, e della Pastorale complessiva, cui il Santo Padre, Karol Wojtyla, è stato chiamato dallo Spirito Santo. L'orizzonte verso cui si proietta il progetto di Nuovo Apostolato, di cui io parlo, infatti, "esplicita nel concreto umano", ed "integra sul piano operativo", quanto già il Magistero Pontificio sta esprimendo. Questa esplicitazione e questa integrazione le vedo, non come elementi accidentali e susseguenti, ma come elementi "essenziali ed inerenti" per la funzionalità missionaria di quello stesso Magistero: vengono a costituire con esso un tutt'uno. "" Nel Magistero e nella Pastorale stessi di S.S. Giovanni Paolo II, “si trovano segni", e se ne trovano numerosi, -- seppur velati, ed in una forma implicita che ha del "mistero profetico" -- del bisogno, e quindi della necessità, di un tale contributo, che giungerebbe al Ministero Petrino, ed alla Missionarietà della Chiesa, dalla conoscenza ed accoglimento di questo "Messaggio", e dall'attuarsi di esso ai vari livelli ecclesiali. Forse, nel suo intimo di Fede, il Santo Padre "sta attendendo" questo contributo, pur non conoscendone ancora i tratti specifici; e "lo invoca" dalla Divina Provvidenza! Non farglielo giungere, potrebbe significare contribuire a limitare notevolmente l'efficacia apostolica del prodigarsi stesso di Papa Wojtyla; e conseguentemente anche a limitare notevolmente l'opera salvifica che i Vescovi, Pastori del Gregge di Gesù sparso nel mondo, potrebbero sviluppare. Per questo, sento anche forte il bisogno di "incontrare di persona il Santo Padre, e parlarGli": ma come posso io riuscire ad accedere a lui, se nessuno dei Prelati, cui ho espresso la richiesta di avere con loro un dialogo, osa aprirmi la strada? Vorrei tanto che Sua Santità potesse leggere nei miei occhi, percepire attraverso le mie povere parole, quello che Dio vuole comunicare a lui, ed attraverso di lui ai Pastori della Sua Chiesa. Sin da quando è stato eletto Sommo Pontefice, ho pregato per lui in modo tutto particolare. Man mano poi che "recepivo interiormente", in un quadro sempre più chiaro, che quanto il suo Pontificato stava porgendo alla Chiesa, ed alla umanità tutta, era un "Messaggio divino nuovo", era una particolare iniziativa di Salvezza che la Misericordia Divina stava elargendoci; e man mano che mi rendevo conto, nello stesso tempo, e con un senso di stupore spirituale ed inspiegabile, che il manifestarsi di quel Messaggio rievocava una grossa parte di quel "mondo umano e di Fede insieme" che nel corso della mia vita era maturato in me; sorgeva allora nel mio animo un desiderio sempre più forte di "donare la mia vita al Signore", -- così come nella realtà concreta la stavo vivendo, ed in quelle vie attraverso le quali Dio avesse voluto condurmi --, quale "preghiera incessante", rivolta a Dio affinché Egli accompagnasse, in ogni momento ed in ogni circostanza, con l'abbondanza dei Doni dello Spirito Santo, la persona e l'operato del Santo Padre Giovanni Paolo II. E così feci; credo, verso l'autunno del 1982. Adesso, "tutta la mia persona", con le sue virtù e le sue debolezze, e "tutta la mia vita", con le sue gioie (poche!) e le sue sofferenze, -- anche nelle più piccole vicende quotidiane --, sono un "dono totale" che io ho offerto a Dio, e che rinnovo quotidianamente. Pur continuando a vivere dentro di me la comunione (adesso lacerata e spesso sanguinante) con mia moglie, e la comunione con i miei figli, -- comunione coniugale che io presento ogni giorno a Dio, perché sia Lui a "sanare" là dove la debolezza, la cecità e l'orgoglio, inducono il soggetto umano (il quale pur s'illude di "stare aiutando") a commettere altri errori sopra di quelli già commessi --, io non appartengo più a me stesso: mi sono dato al Signore, come "collaboratore in spirito" del Santo Padre. Mi sono donato a Lui nella mia solitudine sofferta, nel mio silenzio forzato, nelle mie fatiche e sofferenze quotidiane, spirituali e corporali -- corporali, perché il mio stato di salute fisica lascia a desiderare; a motivo anche del genere di vita, cui da parecchi anni sono costretto, intessuta da un lavorare in solitudine, uno studiare in solitudine, soffrire in solitudine, pregare in solitudine: il tutto, per delle radicali incomprensioni! --. Mi sono donato a Lui in questa mia ricerca di "dialogo" con le Autorità ecclesiastiche, al fine di comunicare alla Chiesa quanto Dio, nella Sua Bontà, ha voluto farmi conoscere. Diverse volte il Signore, nella Sua Misericordia e nel Suo immenso Amore, conoscendo il mio bisogno di sentirmi da Lui sostenuto, mi ha dato dei "segni" -apparentemente di scarso valore, ma che il mio intimo ha invece avvertito come una chiara Sua Presenza significativa --, i quali mi indicavano che Egli aveva gradito, e gradiva, questo mio "dono totale di me stesso a lui" "in favore del Vicario di Cristo"; e mi significavano pure che Egli voleva condurmi per un cammino a me sconosciuto, e mi invitava ad aver "Fede" in Lui, al di là di ogni logica terrena, ed al di là di quelle che io potessi reputare mie possibilità, e capacità umane. In tutto questo, la mia "Fede" spesse volte si è trovata al limite di rottura; avvertivo a volte chiaramente gli stratagemmi di Satana, il quale tentava di portarmi proprio a quella "rottura". Ma il Signore Misericordioso è venuto ogni volta a "raccogliermi", ed a sanare le mie ferite; è venuto ad asciugare le mie lacrime, facendomi sentire la "Sua Presenza Amorosa". Affido comunque tutto nelle mani della Misericordia divina, la quale vede certamente quanto io sia fragile nello spirito e nel corpo. Termino questa lettera inviandoLe i miei più cordiali saluti e distinti ossequi, restando in attesa di un suo scritto. Colgo pure l'occasione per esprimerLe un fervido augurio di una santa e felice Pasqua, anche se so che questa mia le giungerà probabilmente dopo le festività, mancando soltanto 5 giorni alla Domenica di Resurrezione. (Firmato: Vittorio Noè) Allego fotocopia delle lettere inoltrate a: - Sua Santità Giovanni Paolo II. - il 19.04.84 S.E.R. Mons. Alberto BOVONE - Roma - il 08.06.84 S.E.R. Mons. Paul POUPARD - Roma - il 22.04.85 S.Em.R. Card.le Jozef TOMKO - Roma - il 10.10.85 Le aggiungo anche (sempre in fotocopia) le lettere inoltrate a: - S.Em.R. Card.le Gabriel-Marie GARRONE - il 04.11.85 - S.E.R. Mons. Giuseppe AMARI - Verona - il 25.02.86 -----------------------Nessuna lettera è una "ripetizione" delle altre, sebbene contenga degli "addentellati". Oltre ad esprimere "contenuti" nuovi, che si aggiungono e si integrano con quelle delle precedenti, ogni lettera porta anche "sfumature" nuove, su quelle stesse tematiche che pur sono state accennate nelle altre. Tali sfumature hanno una loro "essenzialità interpretativa per l'insieme”, e chiariscono quindi anch'esse in modo sostanziale la proposta di "Nuovo Apostolato". Ancora distinti saluti, e molti auguri di buone festività pasquali. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 int. 38 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 Gruppo II: 1986 - 1988 ELENCO delle " A l t r e significative. L e t t e r e ” (24) raccolte, contenenti ulteriori esplicitazioni A: S.Em.R. Card.le C.M. MARTINI - Milano (06.11.86) S.Em.R. Card.le E. PIRONIO - Roma (30.04.87) Rev.do don S. DIANICH - Caprona (Pisa) (23.06.87) S.E.R. Mons. L. BETTAZZI - Ivrea (Torino) (21.07.87) Rev.do don E. VIGANO' - Roma (24.07.87) S.Em.R. Card.le E. GAGNON - Roma (25.07.87) S.E.R. Mons. T. FERRARONI - Como (28.07.87) S.E.R. Mons. A. MISTRORIGO - Treviso (01.08.87) S.E.R. Mons. C. RUINI - Roma (01.08.87) S.E.R. Mons. A. JAVIERRE 0RTAS - Roma (05.08.87) S.E.R. Mons. A. DEL MONTE - Novara (07.08.87) S.Em.R. Card.le A. INNOCENTI - Roma (10.08.87) S.E.R. Mons. P.J. CORDES - Roma (18.08.87) S.E.R. Mons. E. CORECCO - Lugano (Svizzera ) (22.08.87) Rev.do Mons. F. PERADOTTO - Torino (31.08.87) S.Em.R. Card.le J. RATZINGER - Roma (14.09.87) Reverendissimi PADRI SINODALI - Roma (10.10.87) S.E.R. Mons. S.E. MARTINEZ - Roma (16.11.87) con ""APPUNTI per una "Nuova rapportività tra Chierici e Laici". "" (16.11.87) S.E.R. Mons. G.B. RE - Roma (12.01.88) Rev.do Mons. M. COSTALUNGA - Roma (16.01.88) S.Em.R. Card.le A. CASAROLI - Roma (24.02.88) S.Em.R. Card.le E. GAGNON - Roma (25.06.88) S.Em.R. Card.le B. GANTIN - Roma (29.06.88) S.E.R. Mons. C. FERRARO - Patti (ME) (20.07.88) o______O______o Card.le Carlo Maria MARTINI, 06-11-86 Verona, 6 novembre 1986 A Sua Eminenza Reverendissima Card.le Carlo Maria MARTINI Arcivescovo di Milano Eminenza Reverendissima, Le faccio pervenire una copia della raccolta delle "Lettere” già da me inviate ad alcuni prelati della Chiesa. In queste Lettere è racchiusa la richiesta di un Dialogo con le Autorità Ecclesiastiche; e nello stesso tempo sono tracciate alcune linee di quello che io sento essere un "Messaggio d'Amore" che Dio vuole rivolgere alla Sua Chiesa, particolarmente ai Vescovi Pastori d'anime ed alle autorità preposte ai vari organismi ecclesiastici. La mia richiesta non ha ricevuto sinora risposta significativa ed accogliente; ma spero sempre che Dio illumini le persone cui cerco di far giungere questo "Messaggio" per una "NUOVA EVANGELIZZAZIONE"; lo spirito di Fede che mi anima dall'interno mi suggerisce di non stancarmi, e di continuare a cercare l’ "Incontro". Ora io avanzo a Sua Eminenza la stessa richiesta, chiedendoLe gentilmente di voler leggere queste Lettere come se l'intero discorso in esse contenuto, tal quale, io adesso lo esprimessi alla Sua Persona, come di fatto lo esprimo; e di voler coglierne il contenuto "in modo unitario", in quanto ogni singola lettera di quelle non è mai una pura "ripetizione" delle altre, ma le completa e ne chiarisce il senso. Spero di trovare in Sua Eminenza l’ “Incontro” che accoglie, e di potere cosi aprire quel Dialogo auspicato. Poiché questo "Messaggio", che ci indica un Nuovo Orizzonte di Vita Cristiana, comporta anche un "NUOVO APOSTOLATO", esso non può essere chiaramente riportato alle Autorità Ecclesiastiche, ed alla Chiesa intera, se non mediante un Progetto attuativo che "ne inizi la traduzione nel concreto”: soltanto cosi si potrà giungere ad una "cognizione reale e veridica" del contenuto (o almeno di una parte di esso) di questo Messaggio. Il Progetto attuativo per questo Nuovo Apostolato -- cui io voglio dar vita operando in prima persona, nonostante le mie risorse estremamente limitate (fisiche, morali ed economiche) -- inizia con Incontri in piccoli Gruppi Misti, cui partecipano fedeli laici e Sacerdoti insieme, come meglio ho specificato nel la lettera (verso la fine) del 25.05.84 a S.E.R. Mons. F.J. Cox, e poi nella lettera (ai punti 8 e 9) del 10.10.85 a S.Em.R. Sig. Card.le J. Tomko. Questi partecipanti saranno persone che avranno aderito all'invito che io stesso avrò rivolto a gruppi molto più numerosi, nell'ambito di una presentazione preliminare di questa Proposta di Nuovo Apostolato. Ma nessun Incontro del genere anzidetto è possibile attuare senza un consenso, anche tacito ed indiretto, da parte di Sua Eminenza, Pastore della Comunità Cristiana che vive nella Diocesi di Milano, trattandosi di una iniziativa culturale e spirituale che investe Laicato e Clero insieme e contemporaneamente, e che sotto certi aspetti si muove in deroga a certi canoni tradizionali di pastorale e di formazione sacerdotale, sia come pensiero che come metodica. Eminenza, La prego caldamente di volere esaminare questi miei scritti senza pregiudiziale alcuna, chiedendo nel contempo a Dio la grazia di cogliere da essi ciò che lo Spirito Santo in questo periodo storico vuole infondere nella Chiesa di Gesù, ma vi trova invece la nostra riluttanza ad accoglierlo ed a capirlo. Ne discuta con alcuni dei suoi collaboratori, con cuore aperto e larghezza di vedute. La prego infine di volermi concedere un colloquio di persona, in cui, tra l'altro, io possa esprimerLe altri aspetti di questo Messaggio Celeste che difficilmente possono venire comunicati per iscritto. Invocando dal Signore la grazia di essere capito, non tanto per quello che c'è di terreno in questo mio progetto, quanto per quello che Egli misericordiosamente ha voluto seminare in me -- ed ha seminato anche in altri: ne sono certo, sebbene io non li conosca ma vorrei tanto conoscerli --, ringrazio sin da ora Sua Eminenza per l'attenzione prestatami, ed attendo una Sua gentile risposta. Le porgo i miei più distinti saluti nel Signore. Firmato: Vittorio Noè NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08 -- 37131 VERONA Tel. O45-976530 o______O______o Anno 1987, 1° Semestre Al Lettore, 15-02-87 Verona, 15 febbraio 1987 Al L e t t o r e delle "Lettere" inoltrate alle Autorità Ecclesiastiche, e che ho raccolto in un opuscolo con il titolo: "" Per un NUOVO APOSTOLATO; perché nella Chiesa si generi un NUOVO GERMOGLIO di Fede nell'Umano. ”” A p p e n d i c e alla Raccolta A - Altre Personalità Ecclesiastiche interpellate Nel continuare la ricerca di un Dialogo con le Autorità Ecclesiastiche, ho partecipato ancora ad altri Prelati e Sacerdoti il contenuto delle "Lettere", facendo giungere loro, o dandogliela di persona, una copia di esse. Costretto a limitare le spese, ad alcuni di essi ho dato una "raccolta parziale", nella quale sono raccolte le lettere: A A A A A A A S.E.R. Mons. A. Bovone - Roma -- 10-05-81 S.E.R. Mons. F.J. Cox Huneeus - Roma -- 25-05-84 S.E.R. Mons. A. Bovone - Roma -- 08-06-84 S.Em.R. Card. le Poupard P. - Roma -- 22-04-85 S.E.R. Mons. G. Amari - Verona -- 02-05-85 S.Em.R. Card. le Tomko J. - Roma -- 10-10-85 S.E.R. Mons. G. Amari - Verona -- 25-02-86 Credo adesso di fare cosa utile riportare alcuni dei nominativi delle altre Personalità Ecclesiastiche interpellate, cui ho partecipato le "Lettere": S.E.R. Mons. Filippo FRANCESCHI, Vescovo di Padova. Nel colloquio avuto con lui il 20-08-86 S.Em.R. Card.le Carlo Maria MARTINI, Arcivescovo di Milano. Inviate per posta il 06-11-86 S.Em.R. Card. le Anastasio BALLESTRERO, Arcivescovo di Torino. Inviate per posta il 06-11-86 S.Em.R. Card. le Ugo POLETTI, Presidente della C. E. I. Nel breve colloquio avuto con lui, c/o il Vicariato di Roma il 01-12-86 S.E.R. Mons. Calogero LAURICELLA, Arcivescovo di Siracusa. Nel colloquio avuto con lui il 09-12-86 S.E.R. Mons. Arnoldo ONISTO, Vescovo di Vicenza. Nel colloquio avuto con lui il 16-01-87 S.E.R. Mons. Egidio CAPORELLO, Vescovo di Mantova. A mezzo del suo segretario, don Antonio Cagioni, col quale ho avuto un colloquio il 05-02-57 Padre Agostino CAPPELLETTI, Provinciale dei Carmelitani Scalzi del Veneto. c/o la Casa di Verona (tel. 045-23738) Nel colloquio avuto con lui il 10-06-86 Don Renzo BONETTI, Rettore del Seminario Vescovile di Verona (tel. 045-32707 // 597255). Dategliele di persona il 09-06-86 Padre Luigi M. SABBADIN, dei Servi di Maria; c/o il Convento di Verona (tel. 04522753) Nel colloquio avuto con lui il 10-06-86 Don Luigi ROSSI. E' stato Vicario per l'Apostolato dei Laici c/o la Curia Vescovile di Padova, sino ad alcuni mesi fa; adesso è Arciprete a Cittadella (PD) (tel. 049590237). In un colloquio avuto con lui il 16-07-86 Don Giuseppe ANFOSSI, Vicario per la Pastorale Giovanile c/o la Curia Arcivescovile di Torino (tel. 011-547045). Nel colloquio avuto con lui il 21.11.86 (“racc. parz.") Mons. Pino SCABINI, Preside dell'Istituto "Ecclesia Mater" (c/o l'Università Lateranense) - Roma. Nel colloquio avuto con lui il 03-12-86 Padre Valentino MACCA, c/o la Casa Generalizia dei Carmelitani Scalzi, Roma (tel. 06856S78 / 860958) Nel colloquio avuto con lui il 04-12-86 Mons. Vincenzo CALVO, Rettore del Seminario Arcivescovile di Siracusa. (tel. 053160248) Nel colloquio avuto con lui il 07-12-86 Mons. Paolo GALLO, Parroco alla Chiesa del S. Cuore di Siracusa. (tel. 0931-35311) ("racc. parz. " ) Nel colloquio avuto con lui il 10-12-86 Mons. Carlo FIORINI, Parroco alla Chiesa di Montorio Veronese (fraz. di Verona). (tel. 045-557017) Nel colloquio avuto con lui il 22-12-86 (“racc. parz.”) Don Antonio FINARDI, Assistente diocesano della Azione Cattolica di Verona; c/o la Curia vescovile (tel. 045-34144) Nel colloquio avuto con lui il 30-12-86 ("racc. parz.") Don Paolo DONI, (attuale) Vicario per l'Apostolato dei Laici c/o la Curia vesc. di Padova. Alloggia c/o il Seminario vescovile di PD (tel. 049-657099) Nel colloquio avuto con lui il 13-01-87 ("racc. parz.") Mons. Luigi SARTORI, Presidente dell'Associazione Teologi Italiani; alloggia c/o il Seminario vescovile di Padova. Nel colloquio avuto con lui il 15-01-87 Don Antonio CAGIONI, Segretario del Vescovo di Mantova. Nel colloquio avuto con lui il 05-02-87 ("racc. parz.") Inoltre, ho inviato recentemente una copia delle "Lettere" a S.E.R. Mons. Carmelo FERRARO, Vescovo di Patti (ME); ed ho dato di persona, nel corso di un colloquio avuto il 01-12-86 a Roma, una copia della stessa Raccolta a S.E.R. Mons. Andrea PANGRAZIO. Sia all'uno che all'altro avevo già inviato a suo tempo una lettera. B - Un invito fiducioso, che rivolgo al lettore di questi miei scritti. Perché il contenuto racchiuso in queste "Lettere" possa essere meglio recepito nel suo giusto significato, valore ed importanza, invito il lettore -- sia egli un Alto Prelato della Chiesa, sia egli un semplice Sacerdote, o sia egli un Fedele Laico -a volere riflettere "assieme ad altri" su questi accenni per un "Nuovo Apostolato" che in esse vengono dati; e sulla probabile (per me, "certa") presenza di un "Messaggio celeste" che misteriosamente si esprime lungo l'intero, discorso, e che ha come destinatario principale l'Autorità Gerarchica Ecclesiastica. E quindi lo prego di volere "contattare" in qualche modo quelli cui la stessa richiesta di Dialogo è stata avanzata, o cui la stessa proposta è stata comunicata. Lo invito a volere "ricevere" l'insieme del mio comunicarmi in questi scritti "come fosse rivolto a lui personalmente", pur non essendo egli il destinatario esplicito di quella lettera che sta leggendo. Quello che ho messo per iscritto in quelle "Lettere" è infatti sgorgato con sincerità dal mio cuore come un "richiamo di Fede", amoroso e fraterno; un richiamo rivolto a tutte le componenti della Gerarchia Ecclesiastica, ed "individualmente" e "personalmente" a ciascuno di coloro che ne fanno parte, ai gradini superiori ed ai gradini inferiori. E' esso un richiamo sofferto, perché originatosi da una compartecipazione alle stesse sofferenze che Cristo patisce oggi nella sua Chiesa -- oltre che per l'ostilità espressa dai suoi nemici -- per le incomprensioni, le mutilazioni e le adulterazioni, che i suoi stessi fedeli (Laici e Chierici) operano nei confronti del suo Messaggio Evangelico, con conseguenze dannose per i singoli membri della Comunità Ecclesiale. Lo invito ad intraprendere con coraggio e generosità -- oltre che con umiltà, e con fiducia verso lo Spirito Santo -- un "Dialogo che ricerca il Messaggio non ancora conosciuto", con me e con altri che con me vogliono partecipare nel dischiudere questo "Nuovo Orizzonte di Evangelizzazione”, immettendosi così in quel "Nuovo Processo di Formazione per un Nuovo Apostolato", quale è accennato nelle mie "Lettere". Tale Dialogo è imprescindibile che venga intrapreso "sviluppando nel contempo una fiducia filiale e personale verso Dio, Padre nostro celeste", ed una "Fede, profonda ma incarnata, verso lo Spirito Santo che ci guida": solo così il "Seme" che Egli mette in noi, e coltiva giorno per giorno, potrà "germogliare", trasformandoci gradualmente e sapientemente nell'Uomo Nuovo; o facendo di noi degli "apostoli vivi" di Cristo, mossi da una vitalità che "ha del divino e dell'umano insieme". D'altra parte, quel "Dialogo Logico-Esperienziale" di cui parlo nelle "Lettere" provoca uno "svilupparsi continuo della Fede" in noi; e tale "svilupparsi continuo" della Fede, che costituisce una delle caratteristiche essenziali e peculiari della Fede Cristiana, ci mette in grado di "capire e cogliere nel vero l'Iniziativa Divina su di noi". Invito infine il Lettore ad "aprirsi all'ascolto interiore", uscendo da ogni "rigidismo", derivatogli da un identificarsi con le funzioni di ruolo del proprio "status"; ed andando oltre alle prescrizioni canoniche, verso l’ “anima del ministero". Così egli, già sin dall'inizio di questo Dialogo che io ora gli propongo, potrà cominciare a "scoprire", ed ad "accogliere", quell’ “Invito particolare e personale" che Dio rivolge a lui nell'oggi del presente concreto. Che Iddio ci illumini, e ci dia la forza necessaria per ogni cosa che Egli ci chiede; e Maria, la Madre di Gesù e Madre nostra celeste, ci accompagni e ci incoraggi nel nostro cammino. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Card.le PIRONI0 Eduardo, 30-04-87 Verona, 30 aprile 1987 A Sua Eminenza Reverendissima Card.le PIRONI0 Eduardo Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici P.za del S. Uffizio, 11 00143 R0MA Eminenza Rev.ma, Mi perdoni se ancora una volta rivolgo la mia piccola parola ad un alto Prelato della Chiesa; e mi perdoni anche se questo mio scritto è poco chiaro, a motivo della mia calligrafia non bella: non dispongo in questi giorni della macchina da scrivere. Le sto inviando, per sottoporle alla Sua attenzione, le "Lettere" (in fotocopia) che ho già da tempo inoltrate ad alcune delle Personalità delle Gerarchia Ecclesiastica; rivolgo a Lei oggi lo stesso discorso, tal quale, per significarLe l'urgenza che io continuo ad avvertire dentro di me (nel mio spirito di Fede) di un "Dialogo" con le Autorità ecclesiastiche, su quelle tematiche di cui in quegli scritti è stato dato un piccolo accenno. Nell'autunno prossimo si riunirà l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi, per discutere sulla missione dei Laici nella Chiesa; sono molti gli aspetti ed i contenuti che sino adesso sono stati trascurati dai cosiddetti "esperti" che nella Chiesa hanno il compito di "chiarire le questioni". Questa omissione è stata una logica conseguenza dell’ “indirizzo” -culturale ed esistenziale -- scelto da costoro; indirizzo che grosso modo è quello oggi dominante nella Chiesa, sia nell'ambito degli Ecclesiastici (a basso ed ad alto livello) sia nell'ambito dei fedeli laici. In tale indirizzo assume una posizione di centralità una certa forma di "razionalismo teorico-pratico"; ed è proprio tale forma di razionalismo che "impedisce" agli stessi soggetti protagonisti della Pastorale e della Evangelizzazione di "vedere con l'occhio dello Spirito", che impedisce di "vedere la realtà umana nella sua verità concreta", che impedisce di "capire cosa realmente Dio ci sta oggi comunicando". Non scarti, Eminenza, la richiesta che io oggi Le rivolgo per avere un "colloquio" con Lei, -- anche assieme ad alcuni dei suoi collaboratori, se vorrà --, per il fatto che io sia un semplice laico non spalleggiato da nessuno, neanche dal mio Vescovo e dal mio parroco. Mi permetto di insistere in questa richiesta alle Autorità ecclesiastiche -nonostante il mio stato di salute fisica sia sempre piuttosto precario, e le mie giornate siano sempre intessute di sofferenza interiore, che pur nel mio piccolo offro al Buon Dio perché questo Suo Messaggio di Misericordia e di Luce possa realmente giungere alla Sua Chiesa, vincendo l'incredulità di molti e l'opposizione che Satana sistematicamente frappone --. Legga questi miei scritti senza pregiudiziale alcuna; e si apra a quell’ "Invito” che attraverso di essi lo Spirito Santo vuole rivolgere alle Autorità ecclesiastiche in generale, ed a Lei come particolare esponente nella Chiesa. Fiducioso ancora una volta, resto in attesa di un Suo scritto, e Le porgo intanto i miei più cordiali saluti nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08 -- 37131 VER0NA Tel.045-976530 o______O______o don Severino DIANICH, 23-06-87 (Trascrizione dattiloscritta della lettera inviata, scritta a penna). Augusta (SR), 23/06/87 Al Molto Reverendo Sacerdote don Severino DIANICH Via S. Giulia, 5 - Caprona 56010 VICOPISANO (PI) Molto Rev.do don Severino Dianich, Mi è spiaciuto il non averla potuto incontrare, per parlarle di persona, il giorno 16 u.s., quando, nel recarmi a Roma, e poi qui ad Augusta, per mie esigenze personali, avevo fatto una tappa a Pisa. Ho lasciato quella copia dei miei scritti presso la portineria del pensionato "Toniolo", da far recapitare a lei per il tramite del Rettore del Seminario (in quel momento anoh’egli non rintracciabile). Quelle mie "Lettere" a varie Personalità ecclesiastiche traducono una mia ricerca di un "Dialogo" con le Autorità della Chiesa; dialogo attraverso il quale -- in concomitanza con un mio operare in prima persona -- esprimere ad esse quello che io avverto dentro di me essere un "Messaggio" che Dio vuole rivolgere alla Chiesa, e primieramente ai Pastori ed all'Alta Dirigenza della Chiesa. Non sono stato mai preso sul serio nei miei ascritti, ed ogni mio tentativo è rimasto praticamente senza risposta. Leggendo in questi ultimi tempi alcuni suoi scritti, è nato in me un senso di speranza che forse con lei avrei potuto più facilmente trovare modo di mettere in atto -anche se in piccolo -- quell'inizio di un Progetto di Nuovo Apostolato. Ho trovato in questi suoi scritti molte comunanze di vedute prospettiche, anche se abbiamo due progetti diversi: diverrai nel cammino metodologico ed in quello operativo. Lei infatti agisce ed interviene attraverso "elaborazioni concettuali" di nuovi orizzonti cristiani; io, pur sviluppando dentro di me -- e poi anche, come è mio intento, invitando altri a svilupparle anche loro -- riflessioni sul piano concettuale e teoretico, intendo "dare inizio ad una prassi attuativa", in prima persona, di quella operatività concreta che è il "corrispettivo esperienziale" di quelle riflessioni, onde portare alla luce il "materiale concreto" -- costituito dall’ “umano concreto" ed insieme dalla "tensione verso Dio" concretamente avvertita in vario modo da ciascuno --, di cui ogni riflessione teorica non può assolutamente fare a meno, se vuole essere "veritiera" ed "efficace per validità". La prego di leggere quei miei scritti come se io esprimessi a lei personalmente tutto ciò che ho espresso in essi; ne parli con altri; e non accantoni, come è avvenuto ogni volta, l'ipotesi probabile che in questo Progetto, -- da me là solo accennato --, ci possa veramente essere un "Messaggio" di Dio alla Chiesa. Attendo fiducioso un suo scritto; a fine di questa settimana sarò già di ritorno per Verona. Intanto la saluto con molta cordialità. (Firmato: Vittorio Noè) Pisa. P.S. Ne ho lasciato copia ridotta anche per Mons. Guerri, Rettore del Seminario di NOE' Vittorio Via Montorio, l08 -- 37131 VERONA Anno 1987, 2° Semestre Mons. Luigi BETTAZZI, 21-07-87 Verona 21 luglio 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Luigi BETTAZZI Vescovado Piazza Castello, 3 10015 IVREA (TO) Eccellenza Reverendissima, Voglio rivolgermi anche alla sua persona, bussando alla porta del suo cuore di Pastore della Chiesa, con la speranza di non imbattermi in un ennesimo silenzio-rifiuto. La prego di prendere visione degli scritti (in fotocopia) che allegati alla presente Le inoltro; li legga come se fossero indirizzati tutti a Sua Eccellenza, nell'oggi stesso, per comunicarLe la mia ricerca di un Dialogo con le Autorità Ecclesiastiche. Questo Messaggio per un Nuovo Apostolato -- che in quelle "Lettere" da me inoltrate a vari membri della Gerarchia della Chiesa è solamente accennato -- è un qualcosa di "radicalmente nuovo" rispetto a quello che oggi si fa, nella pastorale ai vari livelli e nella formazione sacerdotale; e coinvolge in prima istanza l'ambito dei Presbiteri, e con esso l'ambito dei Vescovi. La prego caldamente, Eccellenza, di fare ogni sforzo per non lasciarsi prendere da un atteggiamento di chiusura di fronte a questo mio comunicarmi a Lei. Il fatto che chi Le parla è un semplice laico -- e per di più un laico che sta vivendo delle lacerazioni morali e spirituali, e che quindi porta in sé uno stato di sofferenza quasi continua -- La porterebbe facilmente a "escludere l'interlocutore"; ma spero che Sua eccellenza voglia superare questo pregiudizio divenuto anche stereotipo. Io offro a Dio ogni giorno queste mie pene, questa mia vita così destabilizzata sul piano umano; e Lo prego di trasformare Lui con la Sua Grazia (poiché a Lui nulla è impossibile) queste miserie umane in tesori di Nuova Pentecoste per la Sua Chiesa; così come Lo prego ogni giorno che voglia, per il Suo Amore Misericordioso, mandare il Suo Angelo, per sanare questa mia famiglia: tutt'e quattro (io, mia moglie, i nostri due figli) infatti viviamo in un mondo di "assurde incomprensioni", che io oso definire come “attizzate da Satana", e che ci producono (a tutt'e quattro) tante sofferenze e tanto danno, anche se ciò appare poco a chi guarda solo superficialmente. Sto indirizzandomi a Sua Eccellenza, così poco raggiungibile da Verona, perché da diverse fonti -- fra le quali il Rev. Sac. don Franco Barbero, di Pinerolo (TO), che ebbi l'opportunità di incontrare nel novembre dello scorso anno, per parlare anche a lui di questo mio Progetto di "Nuovo Apostolato" -- mi è parso di capire che in Lei c'è una particolare "apertura" di orizzonte verso un rinnovamento culturale ed ecclesiale. Io Le chiedo adesso di potere avere un colloquio con Lei, per meglio farmi intendere circa questo "Messaggio", che Dio indirizza particolarmente alle Alte Autorità della Chiesa; e per meglio farLe capire l'urgenza che questo Messaggio giunga alla Chiesa "prima" della prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Se Sua Eccellenza vorrà prendere a cuore questa causa, Dio stesso La ricompenserà: non soltanto per avere anche Lei dato il proprio contributo a che questa Grazia del Cielo venisse colta, ma anche per avere aiutato una povera creatura che sente tutta la sua debolezza e incapacità a servire il Signore, in questo cammino che -- già di per se stesso irto di difficoltà, dubbi, contrasti -- è anche segnato per me da una profonda ferita coniugale. Oltre alle Personalità già segnalate nella Raccolta delle "Lettere" che Le sto inviando, nel periodo che è intercorso dal febbraio 1987 ad oggi ho avanzato la stessa richiesta di dialogo -- facendo pervenire loro una copia delle “Lettere” -- anche a questi altri Prelati: - S.E.R. Mons. Aldo DEL MONTE - Vescovo di Novara (03.04.87) - S.E.R. Mons. Fiorino TAGLIAFERRI - Vescovo di Viterbo (16.04.87) - S.E.R. Mons. Teresio FERRARONI - Vescovo di Como (18.04.87) - S.Em.R. Card.le PIRONIO Eduardo - Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. Roma (30.04.87) - S.E.R. Mons. Alessandro Maria GOTTARDI - Vescovo di Trento (06.05.87) - S.E.R. Mons. Bruno FORESTI - Vescovo di Brescia (19.05.87) - S.E.R. Mons. Maffeo DUCOLI - Vescovo di Belluno (06.07.87) - S.E.R. Mons. Antonio MISTRORIGO - Vescovo di Treviso (06.07.87) ed inoltre ai seguenti Sacerdoti: - Rev.do don Gianfranco RANSENIGO, della Direzione Editrice “Queriniana" (tel.030294653) Brescia (nel colloquio avuto con lui il 19.05.87) - Rev.do don Severino DIANICH, Vice-Presidente dell'Ass. Teologi Ital. (tel. ab. 050788467) Caprona (Pisa) (16.06.87) - Rev.do don Sergio LANZA, docente alla Università Lateranense (tel. ab. 06-7402577) Roma (nel colloquio avuto con lui il 18.06.87) - Rev.do Mons. Tommaso STENIC0, della Segreteria di Stato del Vaticano - Roma (nel breve colloquio avuto con lui il 19.06.87) - Rev.do don Egidio VIGAN0', Rettore Maggiore dei Salesiani (tel.06-6931215 / 28) Roma (per mezzo del suo Segretario, don Silvio SILVAN0 (col quale ebbi un breve colloquio il 01.07.87) Sua Eccellenza si domanderà giustamente perché io mi sono preoccupato di indicare i nominativi delle persone cui ho partecipato questi scritti; e Le rispondo. E' perché reputo indispensabile che il contenuto di quelle "Lettere" -- nessuna delle quali (tengo a sottolineare) è una "ripetizione" delle altre, ma ciascuna integra e chiarisce in modo sostanziale i contenuti nelle altre espressi -- venga a costituire "oggetto di un primo dialogo di ricerca tra le stesse persone che sono state interpellate". Uno scambio di impressioni, di intuizioni, di opinioni, scaturite non da uno sguardo affrettato e superficiale bensì da un animo attento e sincero, -- tolta perciò ogni remora nei confronti del soggetto umano (semplice laico) da cui parte quella "Proposta", e tolta ogni preclusione aprioristica che tale Proposta possa realmente contenere parte di un "Messaggio Celeste" particolare, rivolto nell'epoca storica dell'oggi da Dio alle Autorità Ecclesiastiche -- aiuterà a "cogliere la veridicità" di certe situazioni umane ed ecclesiastiche da me sottolineate, a "cogliere l'importanza" dell'invito da me avanzato, e quindi ad accettarlo per dare inizio al vero e proprio Dialogo con me intorno a quel "Messaggio". Diversamente, quelle "Lettere" resteranno incomprensibili ed incondivisibili, come già mi è stato espresso da più persone. Capisco che ci vuole del "coraggio morale” -- oltre che senso di vera umiltà verso Dio e verso i confratelli -- per interpellare telefonicamente gli altri, chiedendo loro di incontrarsi per un primo scambio di idee. Si scarta quindi l'idea di consultarsi, per il timore di fare la brutta figura del "credulone"; per il timore di correre il rischio di apparire non sicuri, non fermi nelle proprie certezze e nelle proprie posizioni, come si conviene a chi rappresenta l'Autorità nella Chiesa; per il timore di intaccare il proprio prestigio personale di fronte alle altre componenti dell’Alta Gerarchia, movendosi per un cammino fuori dalla norma, fuori dalla prassi ordinaria ed istituzionale. Oppure, anche se ci si consulta, ci si lascia suggestionare in negativo, perché Satana è sempre in agguato per "spegnere il lucignolo che si manifesta". Perché, Eccellenza, perché invece non ci rivestiamo di quel coraggio di cui Cristo ci ha meritato la grazia? Perché continuare a lasciarsi legare da Satana entro schemi rigidi, prettamente istituzionali, entro false paure di ogni genere, cose queste che costringono a manovre puramente tecniche, escludendo così lo spirito e la vera comunione ecclesiale? Perché invece non stimolare nei confratelli (e lasciarsi stimolare) la ricerca di una "più allargata comprensione", attraverso una "più partecipata (anche da un piccolo laico, quale sono io) contribuzione"? E stimolare quindi a prendere l'iniziativa di dare spazio a questi colloqui, a questo Dialogo, che io sto da tempo chiedendo? Non è nel nome di Dio che io ho intrapreso questo? Oppure Satana continua a suggestionare affinché io non sia creduto, attribuendo il mio parlare a pura mitomania, o a vaneggiamenti derivati dalle sofferenze morali (oltre che fisiche), di cui la mia vita in quest'ultimo ventennio è stata intessuta? Affido ogni cosa al Buon Dio! Gli chiedo perdono di aver lasciato passare inutilmente tante Sue grazie, per mia pigrizia, per mio scarso coraggio, per mia poca generosità; Lo prego anche di non stancarsi di sollecitarmi e di aiutarmi, affinché io non mi scoraggi e venga meno al "Patto d'Amore" che ho fatto con Lui, in risposta a quello che Egli per primo ha fatto con me. Sono certo che Sua Eccellenza chiederà a Dio di illuminarla su quanto Le ho scritto, e nella lettura di quelle "Lettere”; così come sono certo che lascerà spazio a quella "Carità" portataci ed insegnataci da Gesù Cristo, affinché possiamo comprendere il travaglio di Fede che oggi investe piccoli e grandi, e li investe nelle forme più disparate perché esso travaglio di Fede è strettamente connesso con il travaglio Umano: è la Carità che ci permette di "vedere"; vedere l'uomo, e vedere il Cristo nell'uomo che crede in Lui. Spero in un suo scritto in risposta alla mia. RingraziandoLa intanto per l'attenzione che mi ha prestato, Le porgo i miei più cordiali saluti nel Signore e chiedo la sua benedizione. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel.045-976530 o______O______o don Egidio VIGANO', 24-07-87 Verona, 24 luglio 1987 Al Molto Rev.do Sacerdote don Egidio VIGANO' Rettore Maggiore dei Padri Salesiani Via della Pisana, 1111 00163 R O M A Rev.do don Egidio Viganò, Il 1° luglio u.s. mi permisi di venire a cercarLa direttamente (senza cioè prendere prima un appuntamento) alla Casa Generalizia dei Salesiani in Roma. Mi intrattenei con don Silvano, suo segretario (come mi fu detto), lo stretto necessario (in quanto egli mi disse che aveva degli altri impegni) per consegnargli alcuni miei scritti (in fotocopia) da recapitare a Lei personalmente. Gli ho potuto accennare molto brevemente di cosa (all'incirca) si trattava; la lettura di quegli scritti avrebbe poi messo più in chiaro la cosa. Spero che Lei avrà già dato un primo sguardo sommario a quel discorso, che è la richiesta di un Dialogo con le Autorità Ecclesiastiche, onde potere esprimere loro alcune indicazioni che io avverto nell'intimo della mia Fede essere estremamente importanti, ed anche urgenti, per la fase storica che la Chiesa sta oggi attraversando. Come avrà potuto constatare Lei stesso, nello scorrere quelle "Lettere" e le pochissime risposte avute, la mia richiesta non ha trovato sinora accoglienza. Io conosco da lunga data l'Ordine dei Salesiani, e l'opera particolarmente educativa che loro svolgono; ho condiviso sin da ragazzo il loro anelito per i Giovani, che Cristo chiama in modo particolare e che l'ambiente mondano invece tende con ogni sorta di illusioni ad allontanare da Cristo. Gli scopi educativi che i Salesiani hanno come fine prioritario li sento, sul piano degli intenti e della generosità missionaria, molto vicini alle finalità che quel Progetto di "Nuovo Apostolato", di cui si parla nelle "Lettere", si prefigge. Questo ha risvegliato in me la speranza -- la quale perciò ancora una volta risorge dall'abbattimento, verso cui i continui insuccessi tendono a portarmi -- che io possa trovare, nelle persone che vivono ed operano nell'ambito della Dirigenza Superiore di questo Ordine ecclesiastico, una minore riluttanza ad incontrarsi con me, ed una maggiore disponibilità ad affrontare insieme le tematiche che sono suscitate da quello che io, nel mio spirito interiore, avverto come un "Messaggio" rivolto da Dio alla Chiesa dell'oggi, ed in particolare all'Alta Gerarchia ecclesiastica. Sento dentro di me un particolare intuito, pressante, come per significarmi che Dio vuole che questo "Messaggio" giunga in particolare a S.S. Giovanni Paolo II, e che gli giunga "prima" della prossima Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. Per questo ho voluto... bussare anche alla sua porta; titubante sì, ma confidando in Dio, nella Sua mano che mi guida, nel Suo Spirito che sostiene il mio spirito piuttosto pauroso ed incerto, forse anche per le tante sofferenze morali cui in questi anni sono andato incontro. La prego caldamente di non volere anche Lei tacciarmi di presunzione; e di volere prendere in esame la mia richiesta, semplice ma fondata sulla Fede che ci accomuna, di avere un primo colloquio con Lei, magari assieme ad alcuni dei suoi collaboratori; nella speranza che "nasca quell'incontro", per il quale ogni giorno prego Nostro Signore, affinché questa mia ricerca, questo mio soffrire, non siano stati invano. Legga quelle "Lettere", che io ho inoltrate a varie Personalità della Chiesa, come se fossero rivolte a Lei stesso, nel presente; e le legga con l'animo aperto allo Spirito Santo che vuole illuminarci, al di là di ogni "certezza puramente intellettuale" acquisita dagli studi e dalla cultura, seppure ecclesiastica. La Tesi di laurea in Psicologia, di cui Le ho fatto pervenire copia, dà un ulteriore chiarimento a quell'orizzonte cristiano che si accenna nelle "Lettere”; ed allarga verso il campo delle Scienze Umanistiche le problematiche connesse con quel "Nuovo Apostolato". Spero di poterla incontrare presto. Io nella prima quindicina di Agosto dovrò recarmi a Siracusa; potrei fare una tappa a Roma, dove ho una sorella (sposata) che è sempre felice di ospitarmi. Mi scriva; e La ringrazio intanto per la gentile attenzione prestatami. SalutandoLa cordialmente nel Signore, Le chiedo una preghiera particolare per me. (Firmato: Vittorio Noè) N0E' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Card.le GAGNON Edouard, 25-07-87 Verona, 25 luglio 1987 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le GAGNON Edouard Pres. del Pont. Consiglio per la Famiglia P.za S. Calisto, 16 00153 R 0 M A Eminenza Reverendissima, Circa tre anni fa mi rivolsi a codesto Pontificio Consiglio per la Famiglia, scrivendo al Segretario S.E.R. Mons. F.J. COX Huneeus. In quella lettera sottoponevo all'attenzione di codesto organismo ecclesiastico una mia proposta di "Nuovo Apostolato", sottolineandone i risvolti particolari nell'ambito della catechesi della Famiglia. Mi fu allora risposto che non era possibile prendere iniziativa alcuna. Adesso torno ad indirizzarmi a codesto Ente ecclesiastico, ma rivolgendomi in particolare a Lei che ne è Presidente, ed è rivestito della dignità cardinalizia, alla quale si associano compiti che si estendono ben al di là de11'ambito particolare che è il Pontificio Consiglio da Ella presieduto, e che richiedono una più profonda consapevolezza e responsabilità circa i bisogni e le vicissitudini della Chiesa. Quanto voglio sottoporre alla attenzione di Sua Eminenza costituisce un argomento molto più ampio e più profondo di quello che espressi allora a Mons. Cox. In questi tre anni intercorsi, infatti, avendo avanzato analoghe richieste ad altri Prelati della Chiesa -- nelle cui lettere rispettive io cercavo di esprimere parte di quanto era andato maturando nell'animo mio, a riguardo la Evangelizzazione e la Pastorale considerate ai vari livelli e forme in cui queste vengono attuate -- l'argomento complessivo è andato sempre più esplicitandosi, e sempre più toccando punti precedentemente non menzionati. Purtroppo, la maggior parte di quelle persone non mi ha neanche risposto! e così quel "Dialogo" che io auspicavo non è potuto mai essere iniziato. Questo silenzio-rifiuto mi ha addolorato, perché mi ha significato una "chiusura aprioristica" verso ciò che non provenisse da fonti "tradizionalmente ed ufficialmente consacrate" dalla mentalità corrente: cosa che però è difforme dall'Insegnamento del Vangelo! Successivamente ho sentito dentro di me un suggerimento spirituale, come da una Voce Interiore, di "raccogliere" quelle Lettere; nelle quali la stessa Voce mi significava essere contenuta parte di un "Messaggio" che Dio vuole rivolgere alle Autorità Ecclesiastiche. E così le ho messe insieme a mo' di opuscolo. Le invio adesso una copia di quelle "Lettere" per presentare a Sua Eminenza l'intero loro contenuto, come se quel discorso io lo indirizzassi nel presente direttamente a Lei. Le legga, La prego, senza pregiudizievole o preclusione alcuna nei confronti di chi Le scrive; il quale, con umiltà ma con sincerità e dedizione alla Fede, chiede di essere ascoltato. A Lei, Sig. Cardinale, io chiedo adesso di potere avere un colloquio di persona, magari insieme ad alcuni dei suoi collaboratori del Pontificio Consiglio; nella speranza che si inizi quel "Dialogo" vero e proprio con le Autorità Ecc1esiastiche, secondo quanto ho espresso nelle "Lettere". Quello che io ho avvertito come un "Messaggio" che Dio sta rivolgendo alla Chiesa, con "segni" vari ed apparentemente di scarso valore, e che la Grazia del Signore s'è degnato di farmi conoscere (sebbene in parte), potrà essere reso gradualmente attraverso una serie di Incontri Dialogati vissuti in un modo particolare. Di tale "Messaggio" avverto anche tutta l'urgenza. Nel prossimo autunno si terrà l'Assemb1ea Generale del Sinodo dei Vescovi. Sento nel mio intimo di Fede che è estremamente importante per la Chiesa che almeno un certo numero di Padri Sinodali -ed in modo particolare Sua Santità Giovanni Paolo II -- vi partecipi portando nell'animo i contenuti più essenziali di questo Progetto per un "Nuovo Apostolato". Purtroppo, nessuna delle persone interpe11ate ha voluto prestare un benché minimo credito alle mie parole! Io spero di trovare in Sua Eminenza una maggiore disponibilità a questo incontro che Le chiedo; così come spero di trovare in Lei una linea di pensiero che Le consenta di meglio comprendere quelle "novità radicali", che non è facile esprimere mediante quello stesso linguaggio già aduso per altre concezioni di pensiero. Spero in una Sua risposta; e la spero positiva. La ringrazio intanto per la Sua gentile attenzione, e La saluto cordialmente nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) P.S. Accludo pure fotocopia della lettera recentemente inoltra a S.E.R. Mons. Luigi BETTAZZI, Vescovo di Ivrea (TO); credo che Le possano tornare utili quei nuovi dati in essa riportati. NOE' dr. Vittorio Via Montorio, lO8 -- 37131 VERONA Tel. O45-97653° o______O______o Mons. Teresio FERRARONI, 28-07-87 Verona, 28 luglio 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Teresio FERRARONI Vescovo di C o m o Eccellenza Reverendissima, In data 18 aprile u.s. Le inviai (per raccomandata postale) una lettera, con allegato un opuscolo che raccoglieva dei miei scritti riguardanti un Progetto di "Nuovo Apostolato". Credo che tale plico sia giunto a destinazione; ma mi sorge il dubbio che Sua Eccellenza abbia dato rilevanza a quanto io cercavo di sottoporre alla Sua attenzione: avrà pensato, forse, che, essendo io uno "sconosciuto", non valeva la pena neanche il leggere quegli scritti. Per cui, l'attesa da parte mia di una Sua risposta è stata vana. Torno adesso, animato da nuova speranza, ad invitarLa perché voglia prendere visione di quegli scritti, e voglia considerare, pur tenendo conto della "radicale novità" da essi presentata, l'importanza di quella "Trasformazione culturale ed ecclesiale", in essi soltanto accennata, per conseguire una "rivitalizzazione nello Spirito" di quella stessa prassi pastorale e di evangelizzazione che oggi viene portata avanti "alla meno peggio". La prego, nel nome di quella Fede Cristiana che ci accomuna, di non volere scartare a priori un contributo che sale alla Chiesa dall'ultimo dei laici. Si porti oltre a quelli che sono i limiti della "logica puramente umana". ed orienti il suo occhio, la sua mente, il suo cuore, verso lo Spirito, che nel silenzio dell'ascolto umile dinanzi a Dio ci parla con Voce impercettibile, ma "sicura". Voce che la mentalità ecclesiastica comune tende di fatto a soffocare, confondendola, a torto, con il soggettivismo fantasioso ed irreale. E' con umiltà e con amore che Le parlo; così come spero Lei voglia cogliere, attraverso le mie povere parole di quelle "Lettere", con umiltà e con amore quel "Messaggio" che oggi lo Spirito Santo rivolge alla Chiesa, come un "dono". e lo rivolge in particolare alle persone che stanno nell'Alta Gerarchia. Legga senza preconcetti o preclusioni quegli scritti che Le ho inviati; e stimoli il suo coraggio di Pastore che è disposto, fidando nell'aiuto del Signore, ad affrontare le difficoltà cui si va incontro quando si sfida la logica di questo mondo, per "Testimoniare la Verità" portataci da Gesù: Verità che è già contenuta (in parte esplicitamente, in parte implicitamente) nella Chiesa vista nel suo insieme complessivo, ma che "va ricercata ogni giorno", con "riflessioni sulla Parola di Dio e sul concreto vivere umano, svolte insieme e contemporaneamente"; Verità che purtroppo si tende spesso a lasciare nascosta, o a travisare, per non "incorrere in grane" con questi o quelli -- persone autorevoli, che hanno avuto il potere di soggiogarci, e di ridurre (se non addirittura spegnere) la nostra "libertà dello Spirito di Dio in noi" -- ; verità che riguarda la Fede, e nello stesso tempo la vita umana concreta. Ma queste "Verità" -- intendendo l'uno e l'altro aspetto, quello divino e quello umano -- possono venire "testimoniate" solo quando sono divenute parte essenziale della "propria esperienza vitale"; per andare incontro ad una "tale esperienza", occorre avere il coraggio di allentare la stretta psicologica con cui ci si tiene aggrappati a particolari certezze puramente intellettualistiche, da cui traiamo il nostro senso di sicurezza, ed "aprirsi alla Certezza dello Spirito", dando a questa la priorità sulle altre, peraltro di natura immanentistica. L'approssimarsi della Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, sulla Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa, mi induce a ribadire quanto sia importante che quel "Messaggio" accennato nelle "Lettere" sia portato, almeno nelle sue linee essenziali, in seno a quel dialogo intra-ecclesiale: è Dio che ce lo suggerisce, e che lo vuole! Io non so cosa non farei, pur di far giungere questo "Messaggio" al Santo Padre, e di portarlo a conoscenza di un buon numero di Padri sinodali, perché ne facciano oggetto di "riflessione attenta nello Spirito", in uno scambio reciproco, sereno e fiducioso, di ciò che lo Spirito suggerisce a ciascuno. Mi auguro di non essere stato frainteso, in questa lettera e negli altri scritti: mi dorrebbe che questa mia testimonianza d'amore per la Chiesa, ed in particolare per chi è stato scelto ad essere "Pastore nel Gregge di Gesù", venisse trasformata in capo d'accusa contro il fedele stesso che l'ha espressa!. Restando in attesa di un suo scritto, Le porgo i miei più distinti saluti nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) P.S. Il contenuto della presente lettera è analogo a quello delle lettere inviate, anch'esse in data odierna, alle Ecc.ze Rev.me Mons. E. Caporello (Mantova), Mons. F. Tagliaferri (Viterbo), Mons. B. Foresti (Brescia): è sotto il medesimo anelito che son tornato a sollecitare le Loro Ecc.ze, affinché "prendano in seria considerazione" quanto ho espresso Loro attraverso quelle mie "Lettere". NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08/38 -- 37l31 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Camillo RUINI, 1° agosto 1987 Verona, 1° agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Camillo RUINI Segretario della C.E.I. Circonval.ne Aurelia, 50 00165 ROMA Ecc.za Reverendissima, Il 20 settembre del 1985 Le inviai una lettera nella sua sede di allora di Reggio Emilia, alla quale avevo allegato fotocopia di alcune altre lettere da me inviate già ad altri Prelati della Chiesa. Di quel mio scritto non ebbi risposta; non so dire se feci bene o male a rassegnarmi così presto a che certe mie lettere andassero a vuoto: forse avrei dovuto riscriverLe, senza lasciar passare così lungo tempo. Da allora ho fatto altri tentativi, per aprire un dialogo con le Autorità ecclesiastiche; ma sempre senza successo. Ora, l'approssimarsi della Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, sul tema "Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel Mondo", mi suscita dentro apprensione e rabbia insieme. Apprensione, perché vedo -- attraverso i vari contributi letterari che la cultura ecclesiale sta divulgando in questi anni, attraverso le tematiche dibattute nei vari Convegni su questo tema, attraverso la riflessione anche sulla esperienza quotidiana di quella che è l'azione di evangelizzazione e di pastorale che si svolge nelle parrocchie secondo la routine tradizionale -- vedo che il materiale umano concreto (Laici, Presbiteri, Vescovi, e Dicasteri romani), cioè i soggetti protagonisti agenti, sono ben lungi dall'affrontare con efficacia risolutiva (per la vera vita ecclesiale) quella questione che affonda le sue radici nel concetto stesso dell’ "aver Fede": non si vedono le premesse teoriche, e non si vedono le premesse pastorali. Per cui, la mia apprensione è che questo incontro-dialogo sinodale venga a configurarsi soltanto come una "comunicazione ufficiale, da un punto all'altro, di prodotti ideologici", seguita a conclusione da una "sintesi mediana" (che vuole "salvare capra e cavoli") e da "proposte progettuali ipotetiche": il tutto, in un contesto fortemente avulso dalla realtà concreta umana ed ecclesiale! Rabbia, perché è da diversi anni che sto cercando di contattare persone autorevoli nella Chiesa, per comunicare loro quell'insieme di esperienza umana e di Fede che la Grazia del Signore Nostro s'è degnata di far maturare in questo mio povero essere -- ma anche in tante altre persone, nelle quali pure l'elemento apportato dalla Grazia divina non è stato da altri riconosciuto --, al fine di riversarla poi nella ecclesialità per una sempre più valida edificazione del Corpo di Cristo. Non posso non dire, perciò, che Satana, in questo punto, sin'ora l'ha spuntata: è riuscito sempre a suscitare remore nei miei confronti, in chiunque io mi imbattessi per cercare di entrare in dialogo; ha fatto proprio sì che gli altri non mi credano! (vedi mia lettera a Mons. S. Gozzo, del 29-05-84). Io sento, nel mio spirito di Fede, che Dio mi invita a continuare in questa ricerca, in questo sforzo -- per me estremamente faticoso, non essendo io del "giro" degli ecclesiastici -- di "penetrare", attraverso la "barriera" dell'Autorità Gerarchica della Chiesa, nell'intimo ambito in cui si discute e si provvede a far fronte ai bisogni che di volta in volta impegnano, anche in dure prove, la vita ecclesiale. Ecco perché torno a scriverLe; questa volta indirizzandomi a Lei quale Segretario della C.E.I.. Ella ha diversi canali di comunicazione e di scambio con i Vescovi d'Italia; ed avrà anche senz'altro canali di comunicazione con la segreteria del Sinodo dei Vescovi (relativamente alla prossima Assemblea). Forse è pretesa eccessiva la mia, quella di sperare che un invito da me rivolto alla Sua persona, quale quello rivoltoLe circa due anni fa e quello che Le rivolgo con questa presente lettera, possa essere da Lei recepito al punto tale da sentirsi sospinto a darne conoscenza anche ad altri, ad altre persone autorevoli nella Chiesa; ma io voglio sperare e tentare ancora: sento l'urgenza che questo "Invito" venga accolto dalle Alte Autorità, come se tale urgenza fosse Iddio stesso a mettermela nell'animo. Per questo, La prego, con calda insistenza anche se con umiltà, di rivolgere la Sua attenzione sugli scritti che in allegato Le sto facendo pervenire. E' una copia della Raccolta delle "Lettere" che ho inviato ad altrettante Personalità della Chiesa. In esse è accennato -- solo in piccola parte, non potendosi tradurre in parole scritte l'insieme complessivo -- quello che io ho osato chiamare un "Messaggio" che Dio vuole rivolgere alla Chiesa, porgendolo primieramente alle Autorità; perché nel mio intimo di Fede lo sento tale, lo sento come uno "squarcio di conoscenza accompagnato da un Invito" che proviene da Dio, e non dal solo sapere umano. Sua Eccellenza può facilmente prendere contatti con questi o quelli, ed iniziare insieme una seria riflessione su questo mio primo comunicarmi a Voi Pastori del Gregge di Gesù, a Voi guida distribuita della Chiesa nelle varie mansioni. Io mi rendo disponibile per avere incontri di persona, che sono indispensabili "per cogliere più da vicino e più nel vero" il "Messaggio" -- che è così "radicalmente nuovo", e fuori dagli schemi concettuali della cultura ecclesiastica di oggi, da richiedere un riferimento continuo al propositore, almeno nella sua fase iniziale di accoglimento. Eccellenza, ne parli se vuole, come anche di dovere, con il Presidente della C.E.I. il Card.le Poletti, al quale già mi rivolsi il 1° dicembre '86, andandolo a trovare di persona alla Curia di Roma (al Laterano): mi rispose, con poche parole, che non era cosa di sua pertinenza; evidentemente aveva frainteso la mia proposta. Tuttavia lo pregai di tenersi la copia delle "Lettere" che gli avevo portato, e di passarla ai suoi collaboratori. Il mio desiderio -- non "mio" nel senso di “mio personale", ma nel senso che "lo sento in me", e lo sento come suscitato dallo Spirito di Dio, cui io continuamente mi rivolgo perché mi illumini e mi sostenga in questo compito -- è adesso quello di far conoscere il contenuto di quelle "Lettere" ad altri Vescovi, nella circostanza del loro riunirsi a Roma per la AssemBlea Sinodale, di qualunque provenienza. Anche i Vescovi stranieri possono, giustamente ed auguratamente, riflettere su quanto voglio proporre; forse alcuni di loro giungeranno a "vedere" quella "Verità" contenuta nei miei scritti, che quei Vescovi italiani da me interpellati non vi hanno visto. E se lo Spirito Santo vuole condurre la Sua Chiesa per certe vie, tutti, senza distinzione di nazionalità, siamo chiamati a contribuire affinché la "Ecclesia" "colga nel vero la Voce di Dio" che suggerisce la Via, ed affinché attui il Cammino così come Lui lo ha voluto significare. Sua Ecc.za senz'altro mi dirà che già la stessa prossima Assemblea è un incontro perché "tutti contribuiscano" al Cammino della Chiesa. Ed io Le rispondo: sì; ma... "come" vi contribuiscono? Per quali vie? Con quali strumenti? Con quale atteggiamento interiore? Ponendosi in quale rapporto con Dio, con la Chiesa, con l'Umanità? Uno dei punti essenziali del "Messaggio" di cui parlo è quello in cui Dio ci rimprovera che noi, in particolare gli intellettuali (Laici ed Ecclesiastici), "stiamo cercando senza di Lui"; ci rimprovera che noi "ci costruiamo dei modelli concettuali in cui non c'è posto per la Presenza e l'Azione dello Spirito Santo"; ci rimprovera che noi "non crediamo in realtà nella Potenza della Sua Parola Rivelata". Crediamo invece nell'ausilio di puntelli tecnici ed ideologici; crediamo in una presunta potenza salvifica della Ragione, della Filosofia, della Programmazione sistematica della stessa Pastorale; crediamo in una presunta chiarificazione da parte della Ricerca Teologica (molto spesso la Teologia si riduce a pura Filosofia)! C'è un pullulare fuorviante di Teologie; fuorviante, non solamente per la diversità di orizzonti, spesso contraddittori, che le diversifica le une dalle altre, ma anche per lo "smembramento" cui viene sottoposto lo stesso oggetto che è stato preso in studio, sino a "disperderlo" in "entità umanamente e teologicamente non più significanti". Perché tutto questo, se non perché "ci si è affidati all'Intelletto speculativo”, attribuendo a lui una potenza chiarificatrice e salvifica molto più di quanto in realtà non ne abbia? E non è questo un prendere la Ragione e l'Intelletto come Idoli, ponendoli in sostituzione dello Spirito perché... in realtà non crediamo più in Lui? Così noi "ci inganniamo l'un l'altro", "mentiamo a noi stessi ed al fratello"; così "si tradisce" la Vocazione e la Chiesa stessa che diciamo di servire: serviamo in realtà la sua sola “struttura terrena ed immanente", e questo ci basta! Eccellenza, torno a pregarLa di non rigettare a priori quanto le ho manifestato, qui e nelle "Lettere" che Le sto inviando: consideri il contenuto di quelle come indirizzato anch'esso alla Sua persona. Tenga il tutto presente, nella mente e nel cuore, quando parteciperà all'Assemblea del Sinodo dei Vescovi; non abbia paura di "dialogarlo con altri confratelli o Laici che incontrasse". Iddio stesso illuminerà Lei ed il fratello, se con umiltà vi rivolgerete a Lui, docili allo Spirito e forti contro gli inganni del Maligno che lo stesso Spirito vi avrà "svelato", perché possiate liberarvene. Mi invii un Suo scritto, che almeno mi confermi che ha ricevuto questa mia lettera e l'opuscolo accluso. AugurandoLe buon lavoro, che certamente alla vigilia del Sinodo sarà più impegnativo, Le porgo il mio cordiale saluto nel Signore. Firmato: Vittorio Noè NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Antonio MISTRORIGO, 01-08-87 Verona, l° agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Antonio MISTRORIGO Vescovo di Treviso Eccellenza Reverendissima, Il 6 luglio u.s., avendo appreso che Sua Santità sarebbe andato a trascorrere una settimana nel Cadore, mi recai a Belluno, proprio nella speranza di potere trovare, attraverso il Vescovo di Belluno, un modo per ottenere un seppur breve incontro con il Santo Padre. Il Vescovo di Belluno non volle neanche ascoltarmi; e si accomiatò subito dopo avermi salutato. Tentai allora di incontrarmi con Sua Eccellenza, a Lorenzago; raggiunsi in treno e poi in pullman quella località, e verso le ore 17, dopo un po' di girovagare in salita a piedi, raggiunsi il Castello Mirabello. Chiesto di potermi incontrare con Sua Ecc.za, mi fu negato il consenso dal personale di servizio. Sul momento arrivava il Rettore del Seminario, don Antonio Dal Bo, e parlai con lui, dicendogli in sintesi quello che avrei voluto dire a Lei. Gli consegnai pure una copia delle "Lettere" da me inviate a diverse Personalità ecclesiastiche da consegnare a Sua Ecc.za; ed una copia delle stesse "Lettere", accompagnata da una lettera indirizzata a Sua Santità, da far pervenire al Santo Padre attraverso Sua Ecc.za stesso, nei modi e nei tempi da Lei creduti più opportuni, durante quella permanenza del Papa a Lorenzago. Il Rettore mi assicurò che avrebbe consegnato il tutto a Sua Ecc.za, ed avrebbe riferito quanto gli avevo detto a voce. A distanza di quasi quattro settimane non ho ricevuto neanche un breve scritto da parte di Lei, come invece speravo. Non dubito che don Antonio Dal Bo gli abbia riferito ogni cosa; dubito invece che Sua Ecc.za abbia dato importanza alla questione da me postagli: mi trovo infatti tra i gradini più bassi della Chiesa, e non dispongo neanche di una "accompagnatoria" da parte del Vescovo della mia Diocesi, Mons. Giuseppe Amari. Per questo, ritornando a sperare, Le rivolgo nuovamente l'invito a leggere quei scritti, ed a "prendere in seria considerazione" quanto io sto cercando di comunicare alle Autorità ecclesiastiche. La prego umilmente di volersi staccare per un momento dal pensiero che chi ha scritto quelle "Lettere" è uno che non conta nulla, che non è stato accettato da nessuno; e "si apra, umile dinanzi a Dio, ad un ascolto interiore", per recepire cosa lo Spirito Santo, attraverso quelle mie povere parole, sta volendo suggerire ai Pastori del Gregge di Gesù. L'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è ormai imminente; ho sentito nel mio intimo di Fede, già sin dal 1985, in occasione della scelta del Tema da parte del Santo Padre, che questo "Messaggio" celeste, di cui io porto in me una parte, per grazia del Signore e non per pure illazioni mie, doveva "far parte essenzialmente" della tematica su cui si sarebbe discusso in preparazione e poi durante questa Assemblea. Con i mezzi e le capacità di cui disponevo (molto poche,in verità) mi sono prodigato; forse anche con poca generosità verso quanto lo Spirito mi suggeriva. Ho bussato di qua e di là; importunando questi e quelli, sì da sembrare ridicolo e strambo agli occhi di coloro a cui mi rivolgevo, e poi anche di altri che avevano sentore di ciò. Non ho approdato a nulla! Ma sento ancora dentro di me una Voce che mi dice di "continuare a battermi" perché questo "Messaggio" giunga alla Chiesa, al Santo Padre ed all'Alta Gerarchia ecclesiastica. Per questo, prego Sua Ecc.za -- con l'amarezza nel cuore di chi si avvede di non aver saputo servire il Signore come Lui voleva; con l'amarezza nel cuore di chi si trova in una situazione umana destabilizzata ed anomala, essendo costretto a vivere separato dalla sua consorte che scelse dinanzi a Dio, e dai suoi figli; consorte che continua ad amare, nonostante le "assurde incomprensioni" che ci sono state e ci sono, e sulle quali i sacerdoti e consultori familiari di orientamento cattolico si sono mostrati non solo insufficienti, ma anche causa di ulteriori deterioramenti -- per questo, dicevo, prego Sua Eccellenza di farsi portavoce presso altri confratelli nell'episcopato di quanto io avrei voluto (e vorrei) apportare nella Chiesa, sorretto dalla convinzione profonda che quel "Messaggio" è un "Dono dal Cielo alla Chiesa", in particolare "alle Alte Autorità ecclesiastiche. Eccellenza, non abbia paura! non abbia paura che altri possano trovare da ridire, o trovare la cosa sciocca; "si allei con lo Spirito di Dio". è a Lui che spetta "governare la Chiesa dall'Alto"! L'Autorità Gerarchica "senza di Lui" sarebbe un canovaccio vuoto! Mi scriva; sebbene io mi auguri che Sua Ecc.za mi inviti ad un colloquio per meglio conoscere questo Progetto di "Nuovo Apostolato”, accetto la Sua lettera anche se dovesse essere in termini negativi. ChiedendoLe una preghiera per me, nonché per quanto c'è di divino nella battaglia che sto combattendo, e chiedendole la Sua benedizione, Le porgo il mio cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, lO8 37131 VER0NA Tel.O45-97653° o______O______o Mons. Antonio JAVIERRE ORTAS, 05-08-87 Verona, 5 agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Antonio JAVIERRE ORTAS c/o Segreteria della S. Congregazione per l'Educazione Cattolica Piazza Pio XII, 3 O0193 R0MA Ecc.za Reverendissima, Quella che Le presento non è una questione giuridica o amministrativa; ma mi rivolgo a Lei per sottoporre alla Sua attenzione una proposta che investe l’ “Educazione Cattolica" alle sue radici. Il 21 agosto 1985 (perciò, quasi due anni fa) inviai una lettera a S.Em. il Card.le W.W. Baum, Presidente di codesta S. Congregazione; molto gentilmente egli mi rispose, anche se in termini negativi relativamente a quello che gli avevo presentato. Quella mia richiesta di aprire un dialogo con le Autorità ecclesiastiche l'ho ancora avanzata, in questi due anni intercorsi, ad altri prelati della Chiesa, comunicando loro così u1teriori specificazioni di quel complesso argomento riguardante un Progetto di "Nuovo Apostolato". Quelle varie "Lettere" che ho inoltrate ad altrettante personalità della Chiesa le ho ora raccolte insieme, avendo sentito dentro di me un Invito spirituale a ripresentare ad altri il loro contenuto. Nell'inviare una copia di esse a Sua Ecc.za -- che volentieri vedrei la partecipasse a S.Em. il Card.le Baum --, voglio pregarLa per primo di mettere da parte ogni pregiudiziale verso questi miei scritti, per il fatto di essere io un semplice laico, non appartenente ad alcun Movimento se non a quello sovradimensionale che è la Chiesa. E La prego ancora di leggere quelle "Lettere" come se fossero tutte indirizzate alla Sua Persona, nel senso che io proprio nell'oggi voglio comunicare a Sua Ecc.za l'insieme del loro contenuto. Dopo che Lei avrà preso visione di quegli scritti, voglio pregarLa di concedermi un colloquio di persona; questo, per ridurre certi malintesi in cui è facile incorrere nel leggere quelle lettere, essendo esse un condensato sgorgato in un tutt'uno dall'animo mio; e poi per poterLe esprimere certi altri aspetti, i quali tra l'altro sottolineano l'urgenza che quel "Messaggio" giunga alle Autorità ecclesiastiche. L'imminenza dell'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, considerato il tema in programma, mi spinge a tentare ogni via, al di sopra delle mie possibilità, affinché almeno i primi accenni -- quelli messi per iscritto nelle "Lettere" --, di questo "Messaggio" alle Autorità ecclesiastiche, giungano ai vari Vescovi, anche a quelli stranieri, che si riuniscono proprio per affrontare il problema della Missione dei Laici e del loro Apostolato; Apostolato che non può non essere "essenzialmente legato ed intrecciato con l'apostolato del Clero" (Vescovi, Presbiteri, Sacerdoti impegnati in attività culturali e dottrinali). Se non "si rinnova sin dalle radici" l'apostolato, l'evangelizzazione, la pastorale, svolti dal Clero -- e lo stesso modo di essere del Sacerdote (e del Vescovo), più però nella loro formazione cristiana, umana e sociale, che non nella loro struttura istituzionale --, ogni discorso sulla Missione dei Laici resta "pura retorica"! E non potrà mai dar luogo ad una reale rivitalizzazione cristiana, in quanto mancano quelle premesse fondamentali. dalle quali non è consentito derogare neanche in fase di discussione teorica. Ecc.za, quell'Invito interiore che mi sollecita, che mi incoraggia, e che mi spinge ancora a cercare l’ “Incontro", mi appare come "da Dio". Così come mi appare "provocato da Satana" quello scombussolamento in cui da anni io e la mia famiglia ci dibattiamo -di cui ho fatto cenno in alcune delle mie "Lettere" --, volendo il Maligno avversare ed impedire questo "annuncio" nella Chiesa di quanto Iddio, per Sua Grazia e Bontà, ha voluto farmi conoscere -- ma non "solo a me": vedo infatti che "anche altri" manifestano contenuti, ed esprimono tensioni, che fanno parte di quel "Messaggio" --. E' con tutta semplicità che Le dico questo; sono consapevole non solo della mia pochezza ed inettitudine, ma anche del grande impegno che un tale lavoro richiede; e se io dico di volerlo assumere in prima persona, è perché il Signore mi invita anche ad "aver Fede nella Sua Parola", e "nella Potenza della Sua Parola"! Aggiungo infine, a maggior chiarimento, che non è alla Congregazione per l'Educazione Cattolica, in quanto organismo istituzionale, che adesso mi rivolgo; bensì alla Persona di Sua Ecc.za. Così come non intendevo rivolgermi ad Enti ecclesiastici, quando ho scritto ad altri Presuli che operavano in seno a quegli Enti, ma alle loro Persone. Lo Spirito Santo non è dato all'Organismo Istituzionale, ma "alle persone" che, per servire la Chiesa di Gesù, "operano in unione con Cristo mediante lo strumento che è l'organismo istituzionale". Ed è in nome di questo stesso Spirito di Dio che ci accomuna che io voglio incontrarLa, e chiedo di incontrarLa, magari assieme ad altri da Lei stesso invitati. Le accludo anche due copie della "raccolta parziale" di quelle "Lettere", perché Lei possa disporne a sua discrezione. Sperando di trovare in Sua Ecc.za accoglimento, Le invio il mio cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, lO8 37131 VERONA Tel.O45-97653° o______O______o Mons. Aldo DEL MONTE, 07-08-87 Verona, 7 agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Aldo DEL MONTE Vescovo di Novara Ecc.za Reverendissima, Le avevo inviata una lettera, con allegato un opuscolo contenente dei miei scritti, il giorno 3 aprile u.s.. Ho atteso una sua risposta, ma invano. Se adesso torno a scriverLe, non è perché pretendo che si accolga "in toto" ciò che in quegli scritti Le avevo espresso, ma perché immagino che probabilmente Lei non avrà lette quelle "Lettere" se non di sfuggita e sommariamente: così esse Le avranno data l'impressione di un discorso disordinato, campato in aria, per lo più incomprensibile. La mia non vuole essere perciò una insistenza su una questione che è stata già "capita" dall'altra parte; mi permetto soltanto di pregarLa ancora di rivolgere la Sua attenzione a quegli scritti, a "non scartarli" per il fatto che Le giungono da una persona che non si sa chi sia. Leggendo qualche altra sua Lettera Pastorale, ed in particolare "Con il Catechismo dei Giovani nel cuore delle nostre Comunità" ('80) e "Giovani e Famiglia" ('81), io vi ho notato la presenza di certi "doni particolari" che Dio ha dato a Sua Ecc.za, e che sono collegati con quel "Messaggio" di cui parlo nelle mie "Lettere". Ma vi ho notato pure (e con mio rammarico) che quella "Grazia di Dio" è mescolata a considerazioni che derivano da quella cultura umanistico-intellettuale, oggi molto in voga nel l'ambito della cultura ecclesiale, la quale con superficialità e presunzione tenta di "definire l'uomo", di "definire il sociale", di "definire la fideità del cristiano". Tale "violenza" che viene fatta così al "seme di Dio" è una subdola guerra che Satana conduce già da tempo contro ogni tentativo di "vero rinnovarsi della Pentecoste". Così il mio è un rammaricarmi che "quei doni particolari" da Dio seminati in Lei vengono in buona parte soffocati, o quanto meno frenati nel loro "sprigionarsi sotto la forza vitale dello Spirito Santo" verso operatività ed aperture reali sull'umano; sono frenati, cioè, nel loro "incarnarsi nell'umano concreto". Mi perdoni, Ecc.za, se oso avanzare alcune osservazioni a Lei; più che altro sono "quei doni" che suscitano in me un desiderio di dirLe, seppure con umiltà: Ecc.za, non sciupi quelle Grazie di Dio; torni a rivedere, con umiltà verso Dio che non manca mai di porgere "la Sua Luce" a chi Gliela chiede, l'opera da Lei svolta nel suo servizio episcopale, il suo insieme dottrinale che ha sviluppato; e riuscirà a distinguere quanto in Lei è stato "seme divino" vero e proprio, da quanto è stato affanno orgoglioso dell'intelletto umano che rivendicava una sua autorità propria. Scoprirà così dei "doni celesti particolari", che Lei magari presumeva fossero più che altro frutto dei suoi studi, del suo interesse ed impegno culturali ed intellettuali. E per questo fraintendimento ha "accomunato" il "seme di Dio" con gli apporti delle dottrine umanistiche propalate da una cultura sociale fondamentalmente atea (pur non presentandosi essa, alle prime apparenze, come tale). E' proprio l'introduzione "tout-court" di un tale tipo di cultura nelle problematiche della Fede cristiana a rendere difficoltoso il germogliare del "seme divino", quando questo ci fosse. Ritrovare quel "raccordo armonioso" tra Fede ed Intelletto è oggi un compito che la Cultura Ecclesiale deve porsi come basilare ed urgente; ma l’ “armonia” di "quel raccordo" non è affatto un ennesimo frutto dell'Intelletto: è "l'esperire umano concreto relazionale" la fonte da cui possono essere tratti quei dati peculiari ed insostituibili, che fanno "scoprire" la "Verità profonda ed Unitaria" dell'Evangelo, Verità "Unitaria" perché "abbraccia il Divino e l'Umano insieme". Avrei voluto partecipare a Lei quel poco che io (anche in me con la Grazia del Signore) ho maturato, affinché Lei -- Pastore non solo per la Chiesa in Novara ma anche in comunione con la Chiesa Universale, e quindi in grado di riversare ancora in altri punti della "Ecclesia" quei "doni di Dio" che ha potuto "sperimentare" -- potesse con maggiore efficacia compiere la sua missione, quella cui Dio l'ha chiamata, quella che non può essere mai "definitivamente conosciuta". Il fatto di "non essere stato creduto" da nessuno -- in questo mio comunicarmi nelle "Lettere" alle Autorità ecclesiastiche -- ha aggiunto ed aggiunge altro dolore a quello che già mi proviene dalla profonda ferita coniugale, di cui ho fatto anche cenno in qualche mio scritto. Anche da mia moglie infatti "non sono stato creduto", sin dall'inizio del nostro matrimonio (1965), nel mio prospettarle una nostra vita "aperta, sincera, ma personale e costruttiva", orientata verso l'orizzonte divino, dove il "noi reciprocamente conosciuto" sarebbe stata la base di una famiglia unita, ed il "noi con Dio" la base di una famiglia unita cristianamente; e non sono stato creduto nell'indicarle la via da intraprendere "assieme" per raggiungere quelle mete. Perché, Ecc.za, tante avversità in ogni fronte, tutte tendenti a demolire e spegnere il mio essere? Perché così tanto "rifiuto”?... Non è forse al Nostro Dio, che io ho offerto tutta la mia vita?... Perché vengono costruite tante "false illazioni" sul mio conto, tante "false interpretazioni" del mio operato, tutte tendenti a relegarmi nell'isolamento?... Perché tante "ingiustizie" nei miei confronti, particolarmente dalla persona da me più amata (mia moglie), ed anche da altre persone che ho voluto bene sinceramente?... Offro tutta la mia persona, tutta la mia vita con ogni vicenda in essa presente, tutti i miei tormenti, a Dio che sa vegliare, che "vede nell'intimo dei cuori", che "accoglie con amore", essendo Lui stesso il suscitatore dell'amore; a Dio in cui "giustizia e sapienza si uniscono nello stesso amore", in un progetto inperscrutabile di salvezza per noi tutti! E' ormai prossima l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi; ed io sento lo stimolo interiore di "premere verso le Autorità" della Chiesa, affinché almeno le linee più essenziali di quel "Messaggio" giungano ai vari Vescovi, anche stranieri. Quello che di vero e di buono c'è nelle mie "Lettere", e che non è stato riscontrato da alcuni Vescovi (quelli da me interpellati sin'ora) -- sia perché io stesso non ho forse saputo esprimermi adeguatamente, o sia perché l'interlocutore era orientato su tutt'altre direttive di pensiero e di propositi --, potrebbe venire riscontrato da altri Vescovi, compresi tra questi Vescovi stranieri, anch'essi Pastori dello stesso Gregge di Gesù; e quindi venire proposto all'attenzione della Collegialità Episcopale, nonché delle Autorità centrali della Chiesa. Sua Eccellenza, perciò, non accantoni il mio invito ad un dialogo definitivamente; non concluda in modo tassativo che quei miei scritti siano "da escludersi": provi invece a tenere in sospeso ogni giudizio, a rivederli una seconda volta assieme ad altri; provi a trarne magari un quadro unitario provvisorio, in forma più coordinata di quanto non lo abbia fatto io -- che ho dovuto mettere per iscritto "in forma condensata" quanto scaturiva dall'animo mio, e con la tensione interna di voler dire “tutto insieme" --. Il quadro complessivo della Proposta gradualmente Le si chiarirà, sino a giungere al "nocciolo" del problema da me posto. Le poche risposte che ho avuto al mio invito, hanno espresso tutte, in poche parole, un giudizio che mi ha significato senza dubbio un aver frainteso il mio discorso, un aver equivocato la mia Proposta e persino la mia richiesta di un Dialogo. Così sono state anche le risposte più recenti: quella di Mons. Ferraroni (Vescovo di Como), di Mons. B. Foresti (Vescovo di Brescia), di Mons. A.M. Gottardi (Vescovo di Trento); ed anche quella del Rev.do don Severino Dianich (Vice Pres. dell'Ass. Teol. Ital., se non vado errando), il quale ha creduto giusto invitarmi a desistere dal continuare a proporre ad altri ancora questa mia richiesta di un Dialogo, essendo la mia una pretesa non giustificata quella di "”avere un "Messaggio" di Dio da porgere alle Autorità della Chiesa.”" Eppure, Ecc.za, pur riconoscendo la buona fede con cui mi hanno parlato tutti costoro che mi hanno espresso il loro parere negativo, io "non vedo" in tutto questo un "invito da parte di Dio a desistere". Sento invece che quella non-accoglienza "fa parte di un cammino doloroso" che quel "Messaggio" dovrà percorrere prima che "si manifesti nella sua realtà, e venga accolto". Di fronte a questo insieme di eventi e di prospettive, io sento in me tutta la mia impotenza, tutta la pesantezza della mia povera persona umana; e talvolta sento anche smarrimento, in quanto ciò che io "avverto nell'intimo spirito di Fede" non ha quella "chiarezza logica", né riscontra quel minimo di "riconoscimento ecclesiale o quantomeno umano", che possano far da sostegno nel travaglio umano cui devo continuamente far fronte, e nelle opposizioni che la mia Proposta incontra. La "Fede" resta allora l'unico mio alimento; Dio resta l'inintermediato mio datore di bene. Perciò, affido il mio stesso essere, ed ogni passo che tento . in quel Cammino per un "Nuovo Apostolato", a Dio; invoco in ogni vicenda la Sua Misericordia, la Sua Luce, la Sua Forza; invoco il Suo perdono per la mia stanchezza, per la mia titubanza, per il mio arrestarmi, per il mio scivolare. Lo prego anche affinché io non resti a lungo ingannato da mie pure immaginazioni, qualora tutto questo dovesse essere stato un parto della mia fantasia, di tirarmene fuori. E se invece è stato ed è proprio Grazia Amorosa Sua, con la quale Egli vuole aiutare l'Alta Autorità ed i Pastori della Chiesa a "guidare verso pascoli sani" il Suo Gregge, Lo prego che accetti il mio ringraziamento e la mia lode che Gli offro con gioia -- sebbene questa lode e questo ringraziamento gioiosi siano misti a pianto di dolore, di amarezza, di solitudine --. E Gli torno ad offrire tutto me stesso, perché Egli si serva di me come Lui vuole, e secondo la Sua Sapienza. Accomiatandomi da Lei in questa mia lettera, mi scuso per tutto ciò che possa averLa infastidita. Non fermi però la sua attenzione su eventuali mie manchevolezze, che avrà potuto riscontrare nel mio parlarLe; si lasci invece prendere da ciò che lo Spirito Santo ha suscitato in Lei attraverso le mie povere parole, e dialoghi con Lui, fonte di ogni sapienza, anche operativa. Spero di leggerLa; e Le invio intanto un mio augurio di fertilità per il suo servizio pastorale, ed un cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08 -- 37131 VER0NA Tel. 045-976530 o______O______o Card.le Antonio INNOCENTI, 10-08-87 Verona, 10 agosto 1987 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Antonio INNOCENTI Prefetto della Congregazione per il Clero 00120 CITTA' del VATICANO Emin.za Reverendissima, Le scrivo per rivolgermi, non tanto a codesta Congregazione, ma alla Sua propria persona, nella qualità di Cardinale, e pur nella sua opportunità, per l'incarico che ricopre, di avere incontri personali con altri Cardinali e Vescovi. Quella che Le presento è infatti una questione tutta particolare, che investe ai vari livelli l'Autorità Gerarchica della Chiesa; nel senso che la interpella ai fini di ottenere che la mia seppur piccola persona apra un Dialogo con essa -- senza con questo volermi reputare chissà chi; sebbene indegno sotto tutti i punti di vista, indegno anche di rivolgermi a Voi, Capi nella Chiesa, mi presento ugualmente, perché sento che è Dio a sollecitarmi perché io Vi rivolga la richiesta di questo Dialogo particolare --, mirante a che le persone che ricoprono quelle mansioni raggiungano una "nuova presa di coscienza": sia riguardo al momento storico-sociale in cui la Chiesa oggi si muove, sia riguardo al momento storico-ecclesiale che la Chiesa oggi sta vivendo nelle sue varie componenti, sia riguardo alla "consistenza ed adeguatezza ministeriali" che gli Organismi operanti presentano, sia infine (ed è questa la più urgente e la più essenziale presa di coscienza) a riguardo la "consistenza cristiana e missionaria" che i vari ministri (e con essi i vari laici impegnati) nella Chiesa oggi in realtà presentano. Non è, né vuole esserlo, una denuncia la mia; né una delle innumerevoli lamentele, che oggi salgono da ogni dove nei confronti delle Autorità. Voglio soltanto portare a conoscenza di esse un Progetto (inteso questo termine nel senso più lato) di "Nuovo Apostolato", che si rivolge alle varie componenti che operano nella Chiesa: componenti sia a livello di Chierici, sia a livello di Laici. Ma nello stesso tempo è un Progetto che chiede di essere attuato "a partire da incontri personali", non istituzionalizzati; avendo lo scopo, non di creare un ennesimo Movimento (già sin troppi nella Chiesa!), bensì di promuovere quella tensione spirituale ed umana insieme che si rivolge verso un "recupero del significato genuino ed unitario dell'Insegnamento di Gesù". Ma tale "unitarietà e genuinità" di quell'Insegnamento può solo darla lo Spirito di Dio -- ".. Egli vi suggerirà ogni cosa ... Egli vi dirà la Verità tutta intera ...", si legge nel Vangelo --; e lo Spirito non parla né opera "ex abrupto". Egli esige un "nostro porci in ascolto" -- non un "nostro aspettare che intervenga Lui ...", ed intanto noi si va come meglio crediamo e come più ci conviene --, esige un "nostro portarci alla ricerca di Lui". Per questo, quel Progetto mira ad un "Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione", in cui l'insegnamento dottrinario è parallelamente affiancato alla operatività umana dei soggetti, sì che la "ricerca del significato" della Parola di Dio parta dalla compresenza e compartecipazione della dottrina con le istanze espresse di fatto dal vivere umano della singola persona; istanze che poi a loro volta si aprano alla luce divina, per "ri-costruirsi" gradualmente verso questo nuovo orizzonte di umanità. Non è affatto facile mettere per iscritto i contenuti di tale Progetto. Avendo tentato varie volte di avere un colloquio con le Autorità, ho scritto diverse lettere in questi anni, a varie Personalità della Chiesa. poi ho avvertito come un "Invito interiore di Fede" che mi suggeriva di raccoglierle insieme, e di portarle a conoscenza di altri, sempre cercando quel "Dialogo peculiare" che permettesse di mettere in luce quanto io porto dentro di me: questo si presenta ai miei occhi come un "Messaggio" che Dio gradualmente ha come "scritto nel mio stesso essere", perché poi "lo comunicassi alla Chiesa attraverso l'Autorità Gerarchica, a partire dagli Alti livelli di questa". 0gni tentativo sin'ora fatto è stato vano! Nessuno ha voluto prendere sul serio la mia richiesta, e quindi nessuno ha preso in considerazione i miei scritti! Adesso, Eminenza, io invio anche a Lei una copia di quelle "Lettere", nelle quali è contenuto un primo accenno di quel "Messaggio", il quale si estrinseca attraverso il Progetto di Nuovo Apostolato; e La prego -- in nome di quella stessa Fede che ci accomuna; in nome di quello stesso amore per la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo di cui ciascuno di noi è parte vivente, il quale ci fa prodigare, anche se in mansioni diverse, per l’ “annuncio del Vangelo" -- La prego di volere rivolgere la Sua attenzione su quanto io ho cercato di esprimere in quegli scritti. Legga quelle "Lettere" come se fossero tutte rivolte alla Sua persona, ed inviateLe nell'oggi stesso. Le legga, non in modo sommario e frettoloso, per il fatto che chi le ha scritte è una persona che non conta nulla; ma le legga ammettendo invece l'ipotesi che attraverso di esse lo Spirito di Dio voglia parlare pure a Lei, come sono certo ha voluto parlare anche ad altri. La prego inoltre di prendere in considerazione la richiesta di un colloquio di persona, che con questa mia oggi Le avanzo; colloquio che, a sua discrezione, potrebbe svolgersi assieme ad altre persone da Lei stesso invitate: in un dialogo svolto di presenza i malintesi si riducono, i fraintendimenti si correggono. Ma poi, anche se non è possibile dare subito un quadro chiaro di che cosa sia questo "Messaggio" -- che peraltro Dio stesso ha comunicato anche ad altri; ne sono certo nel mio intimo, oltre ad averlo constatato di fatto dalla lettura di pubblicazioni (libri, riviste,..); e lo ha comunicato ad ognuno con diverse indicazioni, le quali però si completano e si fanno luce a vicenda --, già i primi dialoghi (partecipandovi con spirito di ricerca sincera) possono dare una prima indicazione su alcuni contenuti di esso, meglio che non i semplici scritti. Se io chiedo allora alle Autorità ecclesiastiche di essere ascoltato, è perché possa far "conoscere loro" ciò che Dio s'è degnato per Sua Grazia di far conoscere a me. Se chiedo loro di consentirmi di operare in prima persona, spendendo quelle poche energie (fisiche e morali) che ancora mi rimangono, per una prima attuazione di quel "Messaggio", è perché essi (Cardinali, Vescovi, Presbiteri, Laici con mansioni di dirigenza) possano "comprendere" "dalla, e nella, realtà", i primi contenuti di quel dono di Dio. Al fine però di conseguire ciò, è necessario che essi siano realmente orientati verso un "cercare di conoscere", un "cercare di comprendere", quella "radicale novità" che il Messaggio porta; è necessario che essi sviluppino un atteggiamento di "incontro", di "apertura d'orizzonte (concettuale ed emozionale) al nuovo", teso a cercare di capirlo piuttosto che preoccupato di giudicarlo: solo così sarà possibile a loro "cogliere" quello che nell'incontro dialogato lo Spirito ha voluto comunicarci, ed evitare inoltre di cadere nell'errore ("grave", per un Pastore) di "estinguere, o rigettare, lo Spirito", per l'eccessivo zelo in favore di una presunta integrità dottrinaria! Senza questa umile apertura verso il Nuovo che viene dallo Spirito, e senza un effettivo spirito di Fede -- che sia costituito, non soltanto da un semplice atto "intellettivo" di adesione a delle proposizioni teologico-dottrinali, ma anche (ed anzi, principalmente) da una "donazione a Cristo" di tutto il proprio essere, sentita interiormente e voluta giorno per giorno --, ogni Progetto di Dio nell'oggi, ogni Suo Messaggio nel presente, restano incomprensibili o vengono fraintesi: sia che Dio per comunicarlo si sia servito di fedeli laici di poco conto, sia che si sia servito di quei Ministri ordinati che ricoprono le più alte cariche nella guida del Popolo di Dio. Questo mio rivolgermi alle Autorità è stato erroneamente interpretato -- anche per il fatto che (come mi è parso di capire dalle poche risposte brevi ricevute) l'insieme delle mie "Lettere" è stato solamente sfogliato, e "letto di sfuggita qua e là"; cosa che non poteva non portare ad un "fraintendimento generale" del mio discorso -- come se io chiedessi un permesso per fare dell'apostolato "in mezzo ai laici", ed “in seno alle iniziative varate dai Centri Diocesani"; e che per una mia stranezza mi fossi rivolto in alto loco". Le cose invece stanno su linee molto diverse! Quella attività di apostolato che io voglio esplicare si svolge su livelli, e con modalità, "radicalmente diversi" da quelli attualmente seguiti; radicalmente diversi anche da quelle forme di innovazione (compresi i cosiddetti Movimenti) che oggi si tentano qua e là, e che a mio avviso il più delle volte si traducono (salva la buona fede di chi è veramente in buona fede) in una... "presa in giro" dell'Insegnamento del Vangelo di Gesù, come anche del Magistero genuino della Chiesa. Questo "Nuovo Apostolato" comincia infatti con la "Formazione di Nuovi Apostoli"; e quindi, con un "Nuovo Cammino di Formazione" per questi apostoli. Formazione che è "radicalmente diversa" da quella che oggi viene fornita ai Chierici nei Seminari, per quanto attiene il Sacerdozio; e radicalmente diversa da quella che viene impartita dai Parroci (e sacerdoti coadiutori), per quanto attiene i Laici. Formazione inoltre radicalmente diversa anche da quella che si origina dalla diffusa letteratura cristianacattolica di oggi. Ma, ribadisco ancora: non è una diversità di contenuti rispetto a quelli insiti nella Sacra Scrittura e nel Magistero genuino della Chiesa; ma una diversità rispetto alla "istruzione e formazione complessiva di fatto" che viene data, rispetto al cammino umano e di Fede verso cui "di fatto i fedeli vengono indirizzati e sospinti". Da ciò consegue che tale Progetto di Nuovo Apostolato, qualora venisse attuato "a partire dall'al di qua delle Autorità", e cioè a partire dai Laici, darebbe luogo senz'altro ad una "contrapposizione": contrapposizione da parte delle Autorità, perché interpreterebbero quelle sottolineature delle molte "falsità" oggi smerciate per "scienza umana"(!), e per "spirito cristiano"(!), come una predicazione "suscitatrice di critiche" alla attuale gestione della Pastorale e della Evangelizzazione; e contrapposizione da parte di quei laici stessi (e anche di altri che ne avessero sentore) nei confronti delle Autorità, perché .non potrebbero spiegarsi né giustificarsi come mai questa "novità cristiana", che pur essi esperimenterebbero essere fertile di un genuino ed umanamente valido cristianesimo, non solo non è stata promossa dalla stessa Autorità della Chiesa, ma viene da questa quasi osteggiata. Una tale prospettiva indurrebbe ovviamente quei laici (e me stesso, per primo), per evitare proprio la contrapposizione (la quale non ha mai portato nulla di buono nella Chiesa), a rifuggire dalla Proposta stessa. Questo mio riferimento vuole fare capire alle Autorità, non solo che questo "Messaggio" è un "Dono di Dio alla Chiesa", un "Dono d'Amore", e non un frutto della mia fantasia; ma anche che già nei Disegni di Dio -- come io lo sento nel mio vivere interiore di Fede -- esso "è diretto alle Autorità", perché essi poi, una volta "recepitolo", lo possano esplicare (dopo averne data attuazione in loro stessi) in seno a tutta la Chiesa, come una naturale conseguenza evangelica. Dio vuole fomentare in seno alla Chiesa del "Nuovo Lievito". E vuole che Nuovo Lievito "inizino ad esserlo coloro che Egli ha chiamato a ricoprire cariche e ministeri di guida del Suo Gregge". Una tale esigenza è insita già nei contenuti del "Messaggio" stesso: questi potranno avere validità attuativa "solo se il Messaggio comincia ad essere accolto dalle Alte Autorità". In questo senso Dio vuole ridare vigore alla Sua Chiesa: riportando i Pastori e l'Alta Dirigenza ecclesiastica, ivi compreso il Sommo Pontefice, ad esplicare "contenuti più genuini di cristianesimo -- che pure sono già insiti nel Magistero complessivo della Chiesa -- in un contesto di contenuti più genuinamente umani". Come "percotendo il Pastore si disperderanno le pecore", così "rivitalizzando il Pastore si raduneranno le pecore". Per cui, non posso non insistere nel cercare di far capire che questo "Messaggio di Nuovo Apostolato" riguarda in prima e basilare istanza le Autorità ecclesiastiche, e soltanto "conseguenzialmente" i Fedeli Laici tutti. Questo il Signore, nella Sua Misericordia, mi ha fatto vedere. E questo lo stesso Signore mi ha invitato, e mi invita, ad esprimere a Voi tutti, componenti della Gerarchia ecclesiastica vivente. Voi, in quanto persone "credenti e ministri" siete l’ “anima della guida" nella Chiesa; le varie Istituzioni che Voi gestite sono gli "strumenti" che "mediano le iniziative dello Spirito che c'è in Voi"; e devono "mediare lo Spirito", non "sostituirlo"! Dio ha anche promesso che accompagnerà questo Nuovo Cammino con la Sua Grazia: ci chiede di "CREDERE" nella Sua Sapienza, e nella Potenza della Sua Parola; di "Credere" nella "Presenza reale" dello Spirito Santo, la seconda Persona della SS. Trinità, in seno alla Chiesa tutta; il quale Spirito non opera "per conto suo”, per farsi poi applaudire da noi, ma si dona a chi rivolge a Lui il suo cuore perché "operassero insieme". Eminenza, è ormai prossima l'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi. Uno dei termini di riferimento che io ho visto essere presente nel "Messaggio" è stato proprio questo Sinodo; e provo molto rammarico che le mie "Lettere" non hanno trovato accoglienza in nessuno: così, quell'insieme di "nuovi contributi", che sarebbero dovuti derivare dal Dialogo da me auspicato, non potranno giungere ai Padri sinodali! In seno a quella Assemblea, affrontando la questione della Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa oggi, verranno inevitabilmente suscitati innumerevoli interrogativi, i quali toccano praticamente l'intera estensione della Missionarietà della Chiesa. Ma ovviamente il tema deve restare entro ambiti più ristretti. Non può però restare estromesso l'aspetto della "reciprocità tra la Missione dei Laici e la Missione del Clero": non si può dare infatti "apostolato dei Laici" se non in concomitanza ed in stretta correlazione con l’ “apostolato del Clero". Questa problematica è uno dei punti centrali del Progetto di Nuovo Apostolato da me avanzato (e sin'ora, purtroppo, non preso neanche in esame). Io adesso oso pregare Sua Eminenza di volersi fare mio portavoce presso gli altri Prelati del Sinodo, ivi compresi anche gli stranieri; nel senso di mettere in qualche modo al corrente i confratelli nell'Episcopato del contenuto da me espresso nelle "Lettere", anche se esso in questa prima fase di presentazione alle Autorità non è del tutto comprensibile. Nell'ipotesi che Sua Eminenza non fosse d'accordo con l'insieme del pensiero da me espresso, io oso pregarLa lo stesso di parlarne ai confratelli dell'Assemblea. Forse qualcuno di quei Presuli potrebbe riscontrare nei miei scritti qualcosa di analogo a quanto lo Spirito Santo ha seminato nella sua persona lungo gli anni del suo ministero; ed allora potrebbe essere nei Disegni di Dio che il suo cammino si incontrasse oggi con il mio: perché non dare spazio allo Spirito di Dio, facilitando questi incontri? e farsi quindi "mediatori" dell'opera dello Spirito?... Spero nella Sua larghezza di cuore e di mente, oltre che nell'aiuto di Dio. Le accludo, oltre alla copia delle "Lettere" al completo, due copie della "raccolta parziale", per le persone che Ella crederà opportuno onde averne un parere. Terminando, ed augurandomi di leggere presto un Suo scritto, Le porgo il mio cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Paul-Josef CORDES, 18-08-87 Verona, 18 agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Paul - Josef CORDES c/o Pont. Cons. per i Laici P.za del S. Uffizio, 11 00143 R o m a Ecc.za Reverendissima, In data 30 aprile u.s. inviai una lettera a S.Em.R. il Card.le E. Pironio, presso codesto Pont. Cons. per i Laici, con a11egato un opuscolo costituito dalla raccolta delle "Lettere" che ho inoltrato in questi ultimi anni a diverse Personalità ecclesiastiche. O1tre a pregarlo di prendere in esame i contenuti da me là espressi, gli chiedevo caldamente un colloquio. Sono trascorsi più di tre mesi, e non ho ricevuto ancora risposta alcuna in merito. Mi rivolgo adesso a Sua Ecc.za, sperando di trovare migliore accoglienza, di incontrare minore diffidenza ed una maggiore apertura verso i "piccoli". Credo che anche Lei abbia avuto per le mani quei miei scritti, e perciò questa mia lettera non la trova completamente all'oscuro; e sa quindi che non mi sto rivolgendo a Lei nelle mansioni di Vice-Presidente di codesta Istituzione, ma in quanto Presule della Chiesa, unito agli altri Presuli al di là di ogni distribuzione di compiti istituzionali. Allegata alla presente, invio anche a Lei una copia di quelle "Lettere", chiedendole caldamente di voler prendere in seria considerazione quanto io attraverso di esse sto cercando di comunicare alle Autorità ecclesiastiche. Anche a Lei avanzo la richiesta di un colloquio, non essendo possibile cogliere dai soli scritti l'essenza di quello che io ho chiamato "Messaggio" di Dio alla Chiesa, avendolo sentito nella mia convinzione di Fede proprio come tale. L'aver letto la Sua relazione al 2° Colloquio Internazionale su "Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa oggi", pubblicata recentemente dalla Edit. Nuovo Mondo, nel volume "1 Movimenti nella Chiesa" -- relazione in cui Ella descrive le caratteristiche che deve avere una sana "communio" nella Chiesa --, ha risvegliato in me una particolare fiducia verso la Sua persona, più di quanto non ne abbia suscitato la lettura del volume "1 Laici nella Trasformazione del mondo" del Card.le Pironio, e ciò, per il fatto di avere trovato nello scritto di Sua Ecc.za parecchi punti in cui la concordanza con il mio pensiero risulta notevole. Non sto qui a menzionarLe quei passi che più mi hanno entusiasmato, anche se ciò Le fornirebbe ulteriori indicazioni circa il mio Orizzonte Culturale Ecclesiale: glieli potrei segnalare di presenza, se Ella avrà la bontà di ricevermi per un colloquio. Tuttavia voglio dirLe già ora che quella "communio" da Lei delineata ha molto in comune con quella "communio" che il Progetto di Nuovo Apostolato da me proposto vuole far nascere nel concreto. Forse potranno riscontrarsi divergenze su quanto concerne "le vie ed i metodi" da seguire, "le visuali dell'umano" che più ad essa si confanno, a motivo di divergenze di interpretazioni della realtà umana concreta e contingente. E' proprio su tali interpretazioni che il mio Progetto vuole portare un contributo; contributo che io reputo "indispensabile ed urgente" per la Chiesa, senza che con questo mi si voglia accusare di presunzione. Purtroppo, io non posso far "vedere" ad altri la "validità" di questo mio contributo attraverso degli scritti, per quanto estesi essi possano venire svolti; le varie affermazioni che in essi io potrei fare verrebbero sempre "vagliate e giudicate" sulla base del "fondo culturale ecclesiale" oggi vigente, il quale ovviamente è portato a vagliare e giudicare sotto la finalità implicita dell’ “autoconservazione”. E poiché tale mio contributo propone tra l'altro, come "conditio sine qua non", una "svolta culturale di fondo", i miei scritti sistematicamente verrebbero soltanto "giudicati", piuttosto che "capiti nel loro contenuto reale". e verrebbero giudicati "inaccettabili" , se chi le esamina si pone nell'ottica delle vigenti linee culturali ecclesiali. Questa finalità implicita di autoconservazione, mentre in altri momenti storici sarebbe stata più che giustificata, nel momento storico attuale costituisce un "handycap" per la Chiesa; e sarebbe importante scoprire da dove essa prende origine. Una delle origini sta nel volere di fatto -- anche se non viene sostenuto sul piano dottrinale -- far coincidere questo fondo culturale ecclesiastico con la "Dottrina della Fede", o quantomeno legarlo ad essa indissolubilmente. Ma questo è (al mio vedere) uno di quei gravi errori che stanno alle origini di quella "inadeguatezza ed impotenza" che la stessa Conferenza Episcopale Tedesca per il Sinodo sui Laici ha rilevato -- lo ha rilevato specificatamente nei confronti delle tensioni che oggi mettono a soqquadro la famiglia; ma io sono portato ad aggiungere che tale "inadeguatezza ed impotenza" la Chiesa (intesa nelle sue varie componenti umane, sia di ordine Chiericale che Laicale) l'avverte anche di fronte a molte altre tensioni, e quindi in tanti altri campi --, non solo a riguardo il singolo cristiano, ma a riguardo della Chiesa nella sua interezza, là dove parla su "La famiglia come chiesa domestica". -- Vedi "Il Regno" (docum.), n°15 del 1986, pag.479. Anche in quel documento della C.E.T. si possono rilevare, ad un attento esame, delle grosse contraddizioni, "dottrinali” e "pastorali", seppur mescolate a profonde verità. Un'altra origine, simile alla prima, sta nel volere di fatto far coincidere tale fondo ecclesiale culturale con la "Fede della Chiesa", o quantomeno sostenere che esso "veicola la Fede" so1o per il fatto di venire adoperato (o essere condiviso) da Personalità che hanno autorità (dottrinale e pastorale) nella Chiesa. Parimenti, ed a maggior ragione, questo è un altro grave errore, uno di quegli errori che stanno all'origine della "confusione tra Fede e Cultura" che oggi s'è creata; che stanno all'origine del "falso pluralismo" che oggi infesta ai vari livelli "l'annuncio del Vangelo". all'origine anche delle molte "divisioni e fossilizzazioni" -- da Sua Ecc.za ricordate a pag. 48 del volume sopra citato --. Nel campo della Fede, ogni "divisione" porta sempre a "fossilizzazioni": la Fede è "Unità Vivente", ed è "inscindibile"! Tali equazioni, tali cuciture indissolubili, sono allora esse la causa originaria di quell'impedimento che si oppone alla "radicale svolta culturale" di cui oggi c'è urgente bisogno nella Chiesa: a partire dagli "addetti", dai cosiddetti "esperti", da coloro che sono stati chiamati, nelle diverse mansioni, alla guida del Popolo di Dio. Quella di oggi è in grandissima parte una cultura (ecclesiale) la quale, sebbene sostenga di promuovere la Fede, di fatto tende a "soffocare la Fede" là dove già vi fosse, e ad impedirne lo sviluppo là dove essa tenta di germogliare; è una cultura che di fatto tende a "sostituirsi alla Fede", così come tende a "creare false forme di Fede". Quello che nella prassi pastorale e di evangelizzazione oggi "viene trasmesso" (da parte dell'operatore ecclesiastico, o del laico collaboratore) è per il 99% "cultura" ecclesiale e non "Fede" ecclesiale! E per di più è una cultura tale, e viene fornita in maniere tali, che il fedele laico, o il fedele chierico, -- entrambi di fronte al problema della Fede sono esseri umani sullo stesso livello; è il ministero che è diverso in loro -- deve fare una fatica improba per giungere alla "vera Fede"; e dovrebbe inoltre essere disposto a passare attraverso grandi sofferenze morali, derivantigli non dai non-cristiani, ma proprio da quei cristiani che si vantano di essere "molto vicini alla Chiesa" (Clero compreso). Per cui... a questi non resta che "appiattirsi nella massa": sia i Laici, che i Presbiteri; e sia, sebbene su un altro piano, i Vescovi. Eccellenza, voglio sottolinearLe che il mio contributo "non esclude" i contributi di altri; anzi fa riferimento a quelli. L'effetto che esso vorrebbe portare a riguardo di quei contributi è quello di "conferire loro un nuovo significato funzionale nel tutto”; e quindi l'effetto vuole essere quello di dar luogo ad un "nuovo procedere elettivo e sintetizzativo" a riguardo l’apporto di molti. Come le varie parti della S. Scrittura "si fanno luce a vicenda" -- nel senso che un singolo brano, visto a sé stante, verrebbe rivestito di una data interpretazione; visto invece "nel contesto" di altri brani (e dell'intera opera), assumerebbe probabilmente "una diversa interpretazione", un "diverso significato", si presenterebbe cioè come un messaggio divino che vuole dirci un'altra cosa invece che quella che si era pensata inizialmente --, così ogni contributo che sarà giunto alla Chiesa potrebbe mostrare una diversa collocazione, ed una diversa validità, quando venisse esaminato alla 1uce, e "nel contesto", degli altri contributi, oltre che alla luce di quello che c’è già nella prassi ufficiale della ecc1esialità. E non è solo nei significati dei contenuti che avviene un mutamento, ma anche i "criteri" stessi -- secondo cui vengono scelti e coordinati, in una scala di priorità significativa e funzionale, i vari contenuti manifestatisi -- mutano; mutano verso una più efficace progettazione di rinnovamento, come l'interpretazione scritturistica è mutata, contestualizzandola, verso una significatività più veritiera. Ecco allora la necessità -- per comunicare il mio pensiero, per far conoscere nella sua realtà, quale vuole essere, la Proposta di Nuovo Apostolato -- di "dialoghi personali di presenza": la parola scritta, in questo caso, sarebbe inefficace, e lascerebbe spazio inevitabilmente a degli equivoci e fraintendimenti. Credo opportuno fare un riferimento esplicito. Trovo che il pensiero espresso da Mons. Luigi Sartori (Presidente dell'Ass. Teol. Italiani) nei suoi numerosi scritti contiene apporti molto preziosi, per chi voglia guardare con serietà, con realtà, con impegno, al futuro della Chiesa. E sono anche riflessioni che tracciano contorni nei quali molto opportunamente si innesterebbero le riflessioni mie: anzi, la "compenetrazione" di questi due apporti darebbe luogo ad una nuova entità propositiva, la quale (a mio avviso) sarebbe più efficace e più fertile di attualizzazioni. -Eppure, neanche Mons. Sartori ha voluto aprire un dialogo con me! Ma contributi efficaci e preziosi ho trovato anche in padre Leonardo Boff, in don Gianni Baget Bozzo, in padre Yves Congar, in padre Ortensio da Spinetoli, in don Severino Dianich, ed ancora in altri...; e ce ne sono senza dubbio degli altri, di cui io non ho avuto la fortuna di venire a conoscenza; mentre lo vorrei proprio tanto! Per "raccogliere con sapienza" quanto Dio ci comunica "anche attraverso tutti costoro", occorre innanzitutto liberarsi della remora costituita da un certo "odore di eresia" di cui alcuni dei sopra citati (ed altri) sono stati rivestiti; ed "insieme con più di essi", non con uno singolarmente, aprire un "dialogo personale interconnesso", che permetta di portare alla luce il "fondamento reale” da cui ciascuno parte. Ed occorre anche liberarsi dalla paura -- perché intanto ci si deve liberare anche del presupposto logico-inte11ettuale che la supporta; e questo da parte di ognuno dei convenuti: autorità ecclesiastiche e contributori stessi -- che "validare un certo apporto" di una persona debba necessariamente implicare, come per un meccanismo automatico, il dover validare l’ “intero pensato ed operato" di quella persona. Così come occorre liberarsi dalla paura che quella proposta -- che appare sì valida e promettente -- possa contenere chissà quali misteriosi risvolti incontrollabili, forse comportanti pericoli e possibili errori. Questa fase dello scambio dialogico è uno di quei momenti in cui il discorso fatto da Sua Ecc.za sulla "communio" nella Chiesa trova "pane per i suoi denti" (come si suole dire)! Trova il terreno in cui estrinsecare nel concreto, e nell'efficacia del concreto, quella potenza che deriva ad essa ("communio" nella Chiesa) dalla "communio con lo Spirito Santo". Ma non sono le teorie ed i principi, per quanto sublimi essi possano essere, a trovarsi nella "communio con lo Spirito"; lo sono (se lo sono) degli esseri umani concreti, e lo sono per la loro Fede Cristiana che avessero sviluppata e non per le teorie che avessero condiviso. Sotto questo punto di vista, mi pare di poter dire che il mio orizzonte "umano e di fede" diverge notevolmente da quello su cui mi pare si pongono gli associati al Movimento di "Comunione e Liberazione": la "communio" come da loro concepita ed attuata contrasta per diversi punti con quella che io sento di doversi realizzare; la loro "staticità” contrasta con la mia "dinamicità", la loro "astrattezza" contrasta con la mia "concretezza", la loro "monoliticità” di aspirazioni contrasta con la mia "pluridimensionalità" di vedute. Comunque, condurre dialo6hi di quel genere (come detto. sopra) non è affatto facile: né per i soggetti che impersonano l'autorità ecclesiastica, né per gli stessi soggetti che vivono il dramma di portare con sé un progetto rinnovativo. Questo argomento (del "Dialogo") costituisce un altro campo in cui vorrei impegnare le mie energie, sempre nell'ambito del Progetto di Nuovo Apostolato: dar luogo ad un "Nuovo Processo di formazione all'apostolato", in seno al quale facilitare anche la maturazione di quelle qualità umane e di fede, là dove Dio le ha seminate, che sono l'asse portante di quei "dialoghi personali interconnessi", affinché essi vengano condotti (da ognuno dei componenti) con buona probabilità di successo per il Regno di Dio e la costruzione veritiera dell'uomo. Eccellenza, Contrariamente a quanto forse potrebbe apparire, io non pretendo di fare "grandi cose". Mi sento già io stesso molto piccolo, piccolo per cultura e per capacità umane personali; ed ancor più piccolo mi sento di fronte a quanto Dio mi ha fatto conoscere, ed all'Invito che Lui stesso mi rivolge. Sento forte il peso della mia carne e della mia limitatezza, di fronte al compito (inerente a quell'Invito) che io stesso non sono in grado di definire. E sento nel mio spirito che Iddio stesso non chiede a ciascuno "grandi cose"; ma cose -- piccole o grandi, lo può giudicare solo Lui -- che "messe insieme" vengono a costituire oggi "una svolta veramente grande". Perché cosi avvenga, occorre che quelle cose che facciamo siano proprio quelle che rientrano nel Progetto di Dio: sono perciò la "qualità" e la "pertinenza” che oggi è importante porre in prima linea; e questo richiede una "nuova competenza" in coloro che operano. Quindi, la "competenza" è un'altra di quelle tematiche su cui occorre fare una seria riflessione, e su cui occorre portare "nuovi contributi". Tutto questo significa che occorre "rimettere a fuoco" tutto ciò che costituisce e concerne quello che chiamiamo "discernimento”. Anche su questo problema il Progetto di Nuovo Apostolato vuole "operare", oltre che "dire", affinché si origini questo "nuovo discernere", che sia "più genuinamente cristiano ed umano insieme". Se io volessi fare un accostamento di questo mio complessivo orizzonte conoscitivo -- il quale è disseminato da tensioni e da processi rivolti verso un "discernere negli eventi umani ed ecclesiali, nonché nel Messaggio Evangelico"; il quale (discernere) ha caratteristiche proprie, fondandosi su criteri in parte comuni ma in parte diversi da quelli su cui si fonda il discernimento che nella prassi ecclesiale viene comunemente suggerito -- con il "discernimento" mostrato dal Card.le Henri De Lubac nella sua "nota" (da lui intitolata "in limine"), posta all'inizio del volume "La Chiesa del Concilio Vaticano II", (edito da Vallecchi editore nel 1965, a cura di Guilherme Baraùna), non potrei non rilevare una notevole affinità, ed una notevole parallela convergenza verso dei nodi, i quali, sia in De Lubac che nella mia concezione, si collocano come determinanti. Un primo nodo è toccato da De Lubac, all'inizio di quella nota, con un discorso ipotetico e quasi fantasioso (asserendo trattarsi di prospettive del tutto mitiche), quasi volesse scongiurare un suo avverarsi. In sintesi, il senso è questo: ci potrebbe essere il pericolo che dalla "Teologia di Dio" si passi alla "Teologia della Chiesa", e poi da questa si vada a confluire nell’ "umanesimo”. Un secondo nodo lo si trova là dove De Lubac dice (cito testualmente): “"... Senza un certo numero di riforme, che incidano sul centro stesso della Chiesa, il grande "aggiornamento" -- di cui, ripetiamo, la Costituzione della Chiesa contiene i principi e traccia le linee di azione -- rischia di logorarsi. Senza uno spirito nuovo, che animi anche il centro, senza un nuovo impulso, che venga dal centro, i tentativi di rinnovamento rischiano di risultare anarchici e disordinati. C'è tuttavia un'altra condizione, ancora più fondamentale: dobbiamo enunciarla, tanto più che, a differenza dell'altra, ci riguarda tutti. ... Esiste, per "l'aggiornamento", un altro pericolo, oltre il logorio: la contraffazione. ... Si tratta, dunque, prima di tutto, di un rinnovamento interiore; e se ne deve cercare l'ispirazione in un ricorso più deciso alla Scrittura, in unione con tutta la Tradizione vivente. Il testo della Costituzione lo dice più che a sufficienza, da un capo all'altro. L'aggiornamento desiderato, l'aggiornamento richiesto dalla presente situazione, affonda le proprie radici nella Fede; anzi, la stessa audacia che esige, è una esigenza della Fede. Nulla può andare a buon fine se non si fonda sul riconoscimento assoluto del Primato del Cristo e della totale fedeltà al suo Spirito. ...”" (ivi, pag. 5) Particolarmente in questi due nodi il mio orizzonte di Fede si incontra con quello del Card.le De Lubac. E forse anche in un terzo, da lui toccato solo di sfuggita, nel sottolineare che, nel decorso del Concilio, "”... l'invito reiterato a passare dal "giuridico" al "teologico" sconcertava."” L'innovazione dello Spirito trovava cioè degli oppositori, i quali si sentivano "più sicuri" poggiandosi su pilastri "giuridici". (ivi, pag. 4) Eccellenza, circa una settimana fa ho inoltrata una lettera a Sua Em.il Card.le A. Innocenti, presso la Congregazione per il Clero. Quella mia comunicazione a lui era una apertura d'animo che avrei voluto esprimere a tutte e singole le Personalità che compongono l'Alta Gerarchia ecclesiastica. Volendo comunicare anche a Lei il contenuto di quella, Le invio (oltre al fascicolo "Lettere") una fotocopia di essa. La legga come se fosse indirizzata alla Sua persona stessa; la legga con l'intento di "cogliere" il suggerimento che (attraverso di essa) lo Spirito vuole darLe, piuttosto che con l'intento di "giudicare" sia lo scritto che colui stesso che lo ha esteso. Con essa, io rivolgo anche a Sua Ecc.za la preghiera di farsi mio portavoce presso i Padri sinodali della imminente Assemblea, nel senso di farli venire a conoscenza di questa mia Ricerca di un Dia1ogo con le Autorità ecclesiastiche, per un Progetto di Nuovo Apostolato; forse, qualcuno di loro, anche straniero (non importa), vo1entieri mi inviterebbe ad incontrarlo. Se io potessi "trasferire a Voi", Capi nella Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, "tutto ciò che Dio ha seminato e coltivato in me" -- compreso quello che io non ho saputo far accrescere -- attraverso un mio annientamento, io lo farei! Ma Iddio -- e lo vedo anche nello stesso "Messaggio" che porto in me -- vuole "la collaborazione di molti", vuole la "ricerca dialogata reciproca", vuole la "compartecipazione degli sforzi", vuole l’ “umiltà del superamento dei propri confini" per "estendersi verso l'altro", sino a costituire quell' "UNUM" che, oltre ad "abbracciare le molte individualità", "abbraccia l'umano ed il divino insieme": è esso l' "Unum" generato dallo Spirito di Dio; meritatoci da Cristo Gesù, il quale è sempre presente in mezzo a noi attraverso di Esso. Come ultima cosa, Le chiedo di pregare per me, per questa creatura di Dio, che pur desiderando di servirLo non ci è riuscito e non ci riesce; di pregare per quest'uomo che vive nella sofferenza della solitudine, e nel dolore della separazione coniugale e dello star lontano dai propri figli. Preghi perché il Signore mi usi misericordia; perché mi aiuti nelle mie tante necessità: morali, materiali, economiche, ed anche di salute corporale; ma soprattutto preghi perché io Gli sia fedele, perché in me si compia la Sua Volontà. Io, pur non conoscendola, La ricorderò nelle mie preghiere. Ho intuito, da quel suo scritto sopra citato, che Iddio Le ha dato dei "Suoi Doni particolari": dia la "precedenza" a quelli, pur coltivando il resto, per la Sua maggior gloria; e sempre... con coraggio! Mi scuso infine se la stesura di questa lettera è risultata poco coordinata nel discorso, ed a volte non molto scorrevole. Le molte cose che vorrei dire, e la pena che costantemente porto dentro, mi fanno esprimere con forme eccessivamente condensate. Sperando di leggere presto un Suo scritto, Le porgo il mio cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VER0NA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Eugenio CORECCO, 22-08-87 Verona, 22 agosto 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Eugenio CORECCO Vescovo di Lugano (Svizzera) Ecc.za Reverendissima, Ho appreso recentemente (dall'Osservatore Romano, edizione settimanale) che fra i Vescovi partecipanti alla prossima Assemblea del Sinodo "per nomina pontificia" ve ne figurano due: Sua Ecc.za e S.E. Mons. Ersilio Tonini, Vescovo di Ravenna (It.); entrambi di origine italiana. Mi è subito sorto il desiderio di indirizzare anche a Voi un mio scritto, dopo quelli che ho già inoltrati ad altre Personalità ecclesiastiche. Così ho scritto già una lettera a Mons. Tonini, ed ho pensato di rivolgere anche a Sua Ecc.za le stesse considerazioni là espresse, come se parlassi a Voi due insieme. Allegata alla presente, Le faccio pervenire una copia delle "Lettere" già da me inoltrate a vari Prelati, nelle quali è disseminato un accenno di un Progetto di Nuovo Apostolato, maturato in me nel corso di parecchi anni. Io ho avvertito in questo mio maturare l’ “opera sapiente di Dio"; e tutto l'insieme mi si è configurato come un "Messaggio" che Dio vuole rivolgere alla Chiesa. Mio desiderio grande è che Sua Ecc.za -- dopo aver preso atto del contenuto di quei miei scritti -- ne dia notizia anche ai confratelli nell'episcopato che parteciperanno al prossimo Sinodo sui Laici, discutendone insieme per meglio capire ciò che ho cercato di esprimere, anche se forse in forma a volte poco chiara: sono "novità radicali" che tale "Messaggio" comporta, e non è facile comunicarle per iscritto. Per questo, con la presente, chiedo anche alla Sua persona di volermi accordare un colloquio di presenza. I contenuti di quelle "Lettere" -- espressi in forma estremamente sintetica -hanno un notevole riferimento al tema sul Laicato; e mi addolora molto il constatare che esse non sono state accolte da nessuna delle persone interpellate. La prego di leggere quegli scritti come se fossero tutti indirizzati alla Sua persona; nel senso che tutto ciò che in essi io esprimo e manifesto, oggi stesso lo intendo esprimere a Lei. Unita alla presente, Le invio anche una fotocopia della lettera recentemente da me inoltrata a S.Em.R. Card.le A. Innocenti, Prefetto della Congregazione per il Clero; essa, oltre a dare un ulteriore chiarimento sul "Messaggio", rivolge un pressante invito ad ogni Presule, destinatari primi di quel "Messaggio". Eccellenza, non accantoni la mia richiesta di un colloquio, né rifugga dal prendere in esame le mie "Lettere", solo per il fatto che chi Le scrive è un semplice laico, ed è per di più costretto ad una vita di solitudine e destabilizzata sotto il profilo umano, travagliato dalla sofferenza per una "assurda" separazione coniugale; o per il fatto che il Vescovo della mia diocesi (Mons. Giuseppe Amari) ha creduto opportuno mantenersi estraneo alla questione da me posta. Se egli ha reputato bene così, non è detto che tutti i Vescovi "si debbano ad esso allineare": questo non sarebbe spirito di comunione ecclesiale, bensì banale corporativismo. La Voce dello Spirito non può essere accolta, o respinta, "in massa"; ma ognuno deve recepirla mediante "il proprio personale disporsi di fronte a Dio", assumendosene in proprio le responsabilità: Egli ci chiama "per nome"! ed "in prima persona” ciascuno deve risponderGli! Se Ella avrà speso un po' di tempo, un po' di attenzione, di riflessione, per ascoltarmi e cercare di capire quello che voglio comunicare alle Autorità ecclesiastiche (secondo me, da parte di Dio); e se dopo di ciò non sarà emerso nulla di buono, di vero, di santo, interpretando questo risultato come un segno che le mie affermazioni non venivano da Dio; allora Dio stesso non potrà imputare a sua condanna quanto Lei avrà fatto; e quindi Lei non dovrà pentirsene di quanto ha speso. Ma se il mio bussare a Voi, per questo Dialogo, è sollecitato realmente dallo Spirito Santo, perché è Lui che vuole dirvi qualcosa servendosi di me, e Voi (Presbiteri, Vescovi, Cardinali, a cui mi sono rivolto) l'avrete ripetutamente respinto, come giustificherete il vostro operato, il vostro atteggiamento "di esclusione" tenuto nei miei confronti, quando Dio ve ne chiedesse conto? Appellandovi forse alle regolamentazioni istituzionali? Appellandovi alla logica (di questo secolo), secondo la quale... nulla può venire di buono da un uomo come me? Io non posso "garantire in anticipo" di questo "Messaggio" che porto dentro di me: Iddio solo lo può; Egli mi conosce. E Voi, come potete formulare dei giudizi su di esso, se prima non l'avrete conosciuto? non l'avrete sperimentato nella realtà? non ne avrete visto i risultati provocati nel cuore e nella mente dei fedeli, Chierici e Laici? Da un insieme di eventi, mi pare di intuire che le Autorità superiori si stanno rendendo sempre più complici, pur non volendolo -- lo ripeto: pur non volendolo; pur prodigandosi per rinsaldare la Fede nei fedeli tutti --, delle molte crepe e deviazioni dal Vangelo che continuano a sorgere qua e là nella cristianità. Queste deviazioni sorgono non soltanto in quei contesti sociali, dove in forma macroscopica e pubblica si esprime un certo rivolgimento interiore nei riguardi della Fede e dell'Umano, con meccanismi dissociativi e critici; ma anche in quei contesti sociali dove "tutto appare calmo", ma dove in realtà meccanismi dissociativi e critici operanti in sordina si accompagnano a meccanismi di spegnimento. Ad un tale rendersi complici, le Autorità sono portate da una certa "loro presunzione orgogliosa" di sentirsi "soltanto loro i depositari della Sapienza", nel senso che quell'atteggiamento e quel reputarsi rendono la persona come "cieca" nei confronti di certe realtà umane, così come anche nei confronti di certi stessi significati dei contenuti della Fede. Per quella presunzione essi cadono nel grave errore di "rifuggire dall'incontrarsi con il concreto umano, che chiede di essere ascoltato per essere conosciuto". Questo, in ottemperanza al fatto che "rifiutano di riconoscere nel reale concreto" "una fonte insostituibile della conoscenza sull'umano", e quindi anche della conoscenza sul Messaggio Evangelico che si incarna nell'umano. Essi attribuiscono invece ogni validità conoscitiva ad astratte e puramente teoriche elaborazioni intellettuali, che Teologi, Filosofi, Sociologi, Psicologi ed Antropologi, costruiscono nel portare avanti la "loro" scienza. Le Scienze Umane Teoretiche -- ivi compresa la Teologia, nella misura in cui essa estende il Divino Rivelato verso l'Umano che accoglie quel Divino -- pèrdono ogni valore se le si isola dalla realtà della esperienza vitale, luogo dove sussiste la Scienza Umana Vissuta. Le Scienze Umane Teoretiche hanno sì un loro valore; ma questo resta relativo, e soltanto in abbinamento con l'esperienza del (e nel) presente, con la quale esse devono costantemente essere confrontate. Quella complicità involontaria delle Autorità ecclesiastiche, nel determinarsi di un sempre più esteso impoverimento cristiano, può allora dirsi dovuta ad una particolare "loro ignoranza": non tanto ignoranza di Fede, quanto piuttosto ignoranza di "Fede nell'Umano". Qui viene alla luce un campo di lavoro dove il compito del "Laico" è insostituibile: quello (tra gli altri compiti) di "mediare l'umano" verso la fonte istituzionale e pastorale della Fede, che sono i Vescovi e le Autorità centrali che fanno capo alla Santa Sede. Ed invece, su questo argomento, gli Intellettuali laici -- in quanto "cristiani", che fossero coscienti di una loro maggiore responsabilità di Fede, rispetto ai fedeli non-intellettuali -sono ben lungi dall'aver assolto, e dall'assolvere, a quel compito, così come la coscienza cristiana e lo stesso Spirito Santo, nel periodo storico attuale, ha chiesto e chiede loro. Anche in loro, cioè nei Laici Intellettuali impegnati a fianco del Clero, si riscontra una certa "cecità", determinata da una "loro presunzione orgogliosa" di reputarsi -- rispetto ai Laici cristiani non-intellettuali, ai Laici cristiani (intellettuali e non) nonallineati con il modo di pensare e di fare dei Clero, rispetto anche ai laici intellettuali non di orientamento cristiano -- "soltanto loro i detentori della verità, ed i capaci di scoprire ed elaborare la verità", a riguardo tutto il campo abbracciato dalle Scienze Umane. E' questo atteggiamento di "Autonomismo" ad uccidere il germe vitale che lo Spirito di Dio mette in ciascuno di noi, per la Fede che abbiamo abbracciata; o quantomeno, a farlo sviluppare in forme distorte, che divengono esse stesse soffocatrici dello stesso germe di Fede. A loro volta, i Laici non-intellettuali -- in quanto "cristiani", che siano coscienti di una loro possibile contribuzione alla vitalità della Ecclesia -- sono ben lungi dall'aver dato e dal dare quel contributo cui lo Spirito Santo li aveva chiamati; e ciò per il fatto di essere stati "aprioristicamente e costantemente sottovalutati nelle loro potenzialità ecclesiali", "guardati dall'alto in basso", dalle Autorità ecclesiastiche, e persino dai Preti novelli e dai Seminaristi. E quindi le loro risorse umano-cristiane, invece di crescere ed evolversi attraverso quell'auspicato "scambio con l'intera ecclesia", si sono come atrofizzate sin dal loro nascere. Così, i Pastori e le Alte Autorità sono oggi "privati di un apporto prezioso": prezioso per il loro ministero e per l'intera vita della Chiesa. Sono "privati di un canale di conoscenza dell'Umano", che è insostituibile, e senza del quale anche le stesse conoscenze di Fede decadono a forme mutilate ed incomprensibili perché privati della valenza redentiva. Essi tuttavia hanno creduto di poter sopperire a questo "vuoto di conoscenza" ricorrendo alla "costruzione filosofica" di teorie che loro chiamano "umanistiche", ma che in realtà sono "pseudo-umanistiche". I loro Teorici infatti "inventano con la fantasia idealistica" certe immagini di essere umano, che sono ben lungi dal rispecchiare l'essere umano reale, nelle sue multiformi tensioni attuative; "inventano con la medesima fantasia idealistica” immagini di spiritualità cristiana, che sono ben lungi dal rispecchiare gli Insegnamenti Evangelici di Nostro Signore Gesù Cristo, nella loro profonda ed estesa significatività umana e di Fede insieme. L'opera, ed il prodigarsi stesso dei Pastori, restano allora "privi di quella forza concreta dello Spirito", che si verrebbe invece a sprigionare quando essa (opera) fosse "com-penetrata da una reale com-partecipazione allo stesso Magistero" degli sforzi conoscitivi ed attuativi di Laici "volenterosi e competenti", “veramente guidati dallo Spirito Santo". Sono "questi Laici" che oggi mancano! E sono "questi nuovi Laici” che oggi i Vescovi e le Autorità centrali dovrebbero incominciare a promuovere, a fomentare, a coltivare. Portandomi ora ai vari dibattiti che nasceranno in seno alle riunioni lungo la celebrazione del Sinodo dei Vescovi, a mio avviso, questioni del tipo “”Ciò che i Laici dovrebbero fare”" -- nel senso di dar luogo a tutta una serie di indicazioni e disposizioni pastorali, miranti a che i fedeli laici "operino in un certo senso" -- sono... fuori dalla attuale realtà ecclesiale e sociale. Gli aspetti di "prassi" "applicativa" costituiscono un problema che potrà essere posto in termini reali soltanto in un futuro; nell'oggi potranno solo essere osservati "in linea previsionale ed auspicale". Lo stato di cose che la realtà d'oggi presenta reclama invece che venga posta un'altra questione, e cioè: <<Quale soggettività umana e cristiana dovrebbero sviluppare i Laici nella Chiesa?>>; <<Quale figura, quale operatività, "umane", quale forma incarnata di Fede, i fedeli Laici dovrebbero sviluppare, affinché la loro coscienza possa dirsi realmente cristiana, e quindi costituire essi elementi vitali ed operanti in seno alla ecclesialità ed alla società7>>. Conseguentemente a questi interrogativi, c'è la questione della "via da imboccare": <<Quale cambiamento operare, in seno alla ecclesialità, perché si passi da una situazione in cui i fedeli laici non solamente "non operano", ma nemmeno "vivono il cristianesimo", alla situazione in cui "inizino a fiorire nuovi germogli di vita reale cristiana", nell'ambito laico sì ma "genuinamente evangelici", fecondi di operosità viva "nella Fede e nell'Umano insieme"?>>; <<Come dare avvio ad un tale cambiamento?>>. Se si sarà riflettuto seriamente, con coscienza evangelica, su questo insieme di questioni, si scoprirà che non è solo il "mondo dei fedeli Laici" che dovrà avviarsi verso un mutamento, ma anche il "mondo del Chiericato", cioè quello che è strettamente connesso alla operatività delle Autorità Gerarchiche della Chiesa. Lo stato attuale di socio-ecclesialità è uno stato di "equilibrio interno" che si è andato instaurandosi tra Chierici e Laici; voglio dire -- anche se ciò può apparire paradossale -- che tali Laici di oggi si confanno bene con tali Chierici (Presbiteri e Vescovi) di oggi. Lo stesso malanno che oggi afflige il Laicato lo si riscontra, a un attento esame, nel Chiericato, ovviamente con forme ivi appropriate. Non si può quindi porre la prospettiva di un mutamento in uno dei due versanti, senza nello stesso tempo avere davanti le necessarie trasformazioni che vengono ad essere implicate per l'altro versante. E' perciò "l'intera ecclesialità" che, attraverso questa prossima Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, lo Spirito Santo chiama ad una "profonda conversione". E questo Sinodo avrà sani ed efficaci risvolti nella vita della Chiesa, nella misura in cui in esso i lavori e le riflessioni avranno innescato nelle Autorità ecclesiastiche "quella nuova presa di coscienza" di cui ho parlato in vari punti nelle mie "Lettere". Rendersi conto di ciò vuol dire essersi avviati verso un “orizzonte nuovo"; nel senso che una "nuova presa di coscienza" è qualcosa di ben diverso da una "nuova cognizione" che si aggiunge alle altre. La "nuova presa di coscienza" "rivoluziona nel suo interno" l'intero sistema di conoscenze già precedentemente acquisite dal soggetto, allentando i vari significati relazionali fra una conoscenza e l'altra; per far posto ad un altro "sistema di rapporti conoscitivi e funzionali fra di esse", e quindi modificando gli stessi significati delle singole conoscenze, la stessa gerarchia di funzionalità di esse, la stessa gerarchia di validità di esse. Se è l’ “intera ecclesialità" ad essere chiamata dallo Spirito, è indispensabile che siano le Autorità ad aprirsi "per prime" verso questo Nuovo 0rizzonte di Cristianizzazione, ancora tutto da scoprire. E' in questa difficile svolta che il "Messaggio" di Dio alla Chiesa -- di cui io porto "solo una parte", e di questa ho dato cenni ancora parziali nella raccolta delle "Lettere" ed in alcune altre lettere successivamente scritte (compresa la presente) -- vuole venire in aiuto; perché una tale nuova presa di coscienza non può essere un processo condotto con le sole risorse umane, ma è un processo innescato e sostenuto dallo stesso Spirito Santo, il quale Lui solo può dare la giusta direzione verso cui esso dovrà evolversi. In quel Messaggio, Dio ci dice (fra l'altro) che è " I n s i e m e " (Chierici e Laici insieme) che possiamo trovare la giusta strada, strada che già lo Spirito Santo ci sta indicando mediante vari "Segni", e che è "nuova" sia per il Sacerdozio Ordinato sia per il Sacerdozio Ministeriale dei Laici: è "nuova" per l'intera Ecclesia. Eccellenza, mi scuso se l'espressione “loro presunzione orgogliosa” sopra da me adoperata potrà essere da qualcuno intesa in senso offensivo: nel mio intendimento non lo era affatto. Il mio era un tentativo di descrivere la complessa trama intellettuale da cui l'agire di quegli operatori è condizionato, nel desiderio di "portare alla luce noi stessi, di fronte a noi stessi”, onde sconfiggere il "Potere delle Tenebre". Le Tenebre infatti non sono costituite solo da "ignoranza della Fede", ma anche da "false dottrine sulla Fede", e da "false dottrine sull'Uomo" cui lo stesso invito alla Fede è rivolto. Non può darsi "veridicità e genuinità di Fede" se non nella "veridicità e genuinità dell'Umano", e viceversa. Il nostro "linguaggio" è quello che è; ed ogni "nuovo orizzonte dell'umano" è costretto a lottare anche contro i "confini delimitativi del linguaggio", ed ancor più lo è ogni "nuovo orizzonte di Fede Cristiana". Soltanto l’ “incontro immediato", l’ “incontro persona-persona", può consentire una comunicazione che si estenda al di là delle limitatezze della parola umana. Voglio inoltre chiarirLe questo. Il mio discorso potrebbe sembrare in diversi punti "carico di pessimismo"; ed effettivamente lo sarebbe se esso fosse un "discorso a sé stante": ma così non è. I vari discorsi che io ho fatto nelle singole lettere sono solo una parte di un discorso molto più vasto, il quale comprende in sé, oltre ad una fiducia nella Provvidenza di Dio, una "fiducia nell'essere umano". un discorso perciò che sottolinea anche le molte risorse positive (umane e di Fede) che io vedo nei fedeli (Laici e Chierici). Ed aggiungo che io vi intravedo anche delle "risorse positive potenziali", pure realmente presenti in loro; non si confonda, però, il "potenzialmente presenti" con il "ipoteticamente presenti": son due cose diverse. Cioè, non parlo di risorse che "potrebbero esserci", ma di risorse che, sebbene "in forma potenziale", "già vi sono effettivamente”: non si aspetta qualcuno che glieli venga a dare. Questo qualcuno potrebbe invece "aiutare" a che quelle risorse "si sviluppino", germoglino", "si manifestino" nella loro efficacia. Questa seconda parte del discorso complessivo -- che potrei definire, per stare in tema, quella "ottimistica" -- non è esprimibile per iscritto. Sono quegli "Incontri Dialogati", di cui ho parlato in alcune delle mie "Lettere", che la porteranno alla luce. E soltanto "là" si potrà prendere conoscenza della vera essenza di questo "Messaggio". Dio ve lo vuole porgere come un "aiuto amoroso", perché in modo più salutare e più veritiero possiate guidare il Suo Popolo. Questo "Messaggio" è perciò un "Suo Dono d'Amore"! Nel chiudere questo mio scritto, rinnovo a Sua Ecc.za la preghiera di volere esaminare assieme ad altri -- confratelli nell'episcopato, particolarmente quelli che partecipano al prossimo Sinodo, anche stranieri; ed eventualmente dei laici, di larghe vedute e di provata competenza, veramente animati da un genuino spirito di Fede -quanto da me espresso negli scritti; accompagnando la riflessione con un atteggiamento interiore di preghiera, per chiedere luce allo Spirito Santo, invocandoLo perché "Egli ci parli, nel nostro intimo". Spero che qualcuno voglia aprire un dialogo con me; se questo sarà nato sotto l'ispirazione divina, lo Spirito di Dio ci suggerirà di volta in volta i passi successivi da fare, anche se l'interlocutore dovesse essere un Presule straniero. Io non dispongo di alcuna risorsa economica e finanziaria, oltre allo stretto necessario per vivere; né godo di un ottimo stato di salute fisica. Sono però certo che lo stesso Cristo Gesù aiuterà coloro che, "accogliendo il Suo Invito", saranno venuti a lavorare in questo Progetto di Nuovo Apostolato, per l'attuazione del "Suo Messaggio" alla Chiesa. Tutto quello che io ho espresso nelle "Lettere" raccolte, e quello che ancora continuo ad esprimere a Voi (Autorità ecclesiali) in nuove lettere, è parte del "Messaggio": è collocandomi in spirito con esso che io parlo a Voi. Tutti i giorni prego Iddio perché io non comunichi nulla che non sia da Lui. Sono tuttavia cosciente delle limitatezze e storpiature della mia natura umana, e della mia particolare personalità sviluppata; perciò prego Iddio anche affinché provveda Lui a rimediare, affinché quanto di distorto io avessi comunicato non portasse danno alla Chiesa. "Indicazioni molto significative" sul senso e sulla validità e genuinità di quel "Messaggio" possono nascere soltanto --a meno che il Signore, per grazia Sua particolare, non illumini in modo non comune e personale la persona che legge i miei scritti; ed io sono certo che il Signore farà anche questo, come e quando Lui reputerà -"dall'incontro personale" e dal "dialogo" fra me e l'interlocutore: lì, ciascuno dei due può "cogliere delle constatazioni interiori", che non possono essere esplicitate in nessun altro modo, e che derivano dallo Spirito Santo. La "coscienza del Vero", nell'ambito di tutto ciò che riguarda la Fede ed il significato degli Insegnamenti del Vangelo, la può dare soltanto lo Spirito di Dio; ed è una coscienza che tende, quasi per abbracciarli, verso l'intera ecclesialità e verso il complessivo ed unitario Insegnamento di Gesù. Non si deve però confondere "coscienza del Vero" con il "giudizio di verità": sono due cose diverse. Ancora fiducioso, nonostante i vari insuccessi, di trovare accoglienza, termino inviandoLe i miei cordiali saluti nel Signore. Attendo un Suo scritto, e spero in un colloquio. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Mons. Franco PERADOTTO, 31-08-87 Verona, 31 agosto 1987 Al Rev.do Monsignore Mons. Franco PERADOTTO Vicario Generale della diocesi di Torino Rev.do Monsignore, Ho scritto ieri l'altro a don Anfossi, ed oggi sto volendo scrivere anche a lei, riallacciandomi (dopo nove mesi) a quel brevissimo incontro che ebbi con lei il 25-11-86, assieme proprio a don Anfossi, nei pressi del suo stesso ufficio. In quella occasione -- nonostante il mio rammarico di non aver potuto parlare con lei più a lungo, data l'ora tarda (erano circa le 12,30) -- le lasciai una copia di alcune lettere da me inviate a dei Presuli della Chiesa, riguardanti un Progetto di "Nuovo Apostolato". Speravo di ricevere almeno qualche suo rigo in risposta; ed invece: nulla. Questo mio tornare ad indirizzarmi a lei è dovuto anche ad una doppia concomitanza: la prima è che ho voluto scrivere a don Anfossi, in merito proprio alla suddetta Proposta, per nuove notizie che mi sono giunte al riguardo degli interessi culturali di don Anfossi stesso; l'altra concomitanza è che in questi stessi giorni tornerò a chiedere un colloquio a S.Em. il Card.le Ballestrero -- a cui avevo già inviata una copia della raccolta delle "Lettere" nel novembre scorso -- sia nella speranza di chiarire certi fraintendimenti che sicuramente il mio scritto ha incontrato, e sia in vista della prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Neanche da lui ho ricevuto risposta. Perché, Monsignore, il Clero continua nel suo consuetudinario atteggiamento di "ignorare" o "guardare dall'alto in basso" colui che nella Chiesa non è rivestito di "alone" alcuno? Perché continua ad "escludere" ciò che nasce "nel singolo", "nel piccolo", e che "non si inquadra nelle linee già perseguite da esso stesso"? Questo "silenzio" alle mie lettere, che vuol dire "rifiuto", potrebbe anche essere stato un "rifiuto di una reale iniziativa dello Spirito di Dio": come si può esser certi in anticipo di questo? E' così che le Autorità ecclesiastiche si rendono colpevoli di fronte a Dio delle molte Grazie da Lui distribuite ai Fedeli (senza distinzione tra Chierici e Laici) e che sono state sciupate e spente da un loro "atteggiamento aprioristico". Che Iddio ci perdoni, e continui ad aiutarci! Circa un mese fa, leggevo, su "Orientamenti Pastorali" n° 12 del 1986, un suo articolo, dal titolo "Sperduti tra i mass-media". Fra le altre cose, lei là sostiene -- dopo aver ricordato che Giovanni Paolo II al convegno di Loreto aveva parlato della necessità per l'Italia di una rinnovata "implantatio evangelica" -- che: "... il richiamo del Papa ci fa pensare che, anche nel campo delle comunicazioni sociali, non possiamo fermarci all'impianto di strumenti nuovi senza avere uomini, caricati di capacità critica evangelica, per i quali il servirsi degli strumenti della comunicazione sociale è occasione di trasmettere, o aiutare a trasmettere, messaggi validi e credibili. Occorre favorire la crescita di cristiani adulti e di uomini autenticamente evangelici capaci di selezionare tra messaggi, di immettere messaggi nuovi e alternativi, di confrontare sempre, con il dialogo come metodo, messaggi non ritenuti validi. C'è troppa "sudditanza" cattolica nei mass-media! " (ivi, pag. 76) Alla fine dell'articolo, poi conclude: "... Se vince il mezzo, l'uomo non è più lui! Per non essere sperduti fra i massmedia restiamo uomini e lottiamo contro il sopravvento degli strumenti del comunicare!" (ivi, pag. 81) Il senso diretto di questa parte del suo articolo, parte che condivido in pieno, è un invito a "servirsi in modo idoneo" degli strumenti di comunicazione; è anche un invito a "prepararsi interiormente" affinché si comunichi un messaggio valido. Ma, ad un "livello più radicale" -- da lei tuttavia non esplicitamente chiamato in causa nel suo articolo, se non con un accenno fugace -- questo suo discorso significa anche che non è lo strumento in sé che può esercitare azione evangelizzatrice, bensì "la persona" che si serve di quello strumento: se la persona non è realmente un apostolo di Cristo, non c'è strumento per quanto sofisticato, non c'è metodologia per quanto studiata nei particolari, che possano "fornire il Messaggio evangelico nella sua valenza genuina e redentiva". La "fonte", cioè, della Evangelizzazione e della Pastorale resta sempre il Fedele cristiano (Prete o Laico) "che ama Cristo, e per Lui spende le proprie risorse". Ancora un altro aspetto si rileva, ad un "livello più radicale", in quel discorso: la "validità mediatrice" di uno strumento, di un canale di comunicazione, o di una metodologia, la può discernere "soltanto la persona alla fonte" che se ne serve. Essa è allora l'arbitro responsabile di ciò che comunica come lo è di ciò che vuole comunicare; l'arbitro responsabile di ciò che il suo operato complessivo, attraverso il quale si è espressa la comunicazione, apporta e determina nell'interlocutore. Questa "responsabilità" della "fonte" nessuno potrà mai toglierla; e nessuna persona che si colloca alla fonte (del messaggio) potrà mai disattenderla, né a maggior ragione potrà esimere se stessa dal "prenderla su di sé", ed "in modo personale". Questo risvolto che io qui ho voluto esplicitare invita ad un "esame di coscienza" tutti gli operatori ecclesiastici: non si è forse caduti oggi nel grave errore di "affidare a degli strumenti", “affidare a delle metodologie e programmazioni", "affidare a dei particolari canali moltiplicatori ben curati (libri, riviste, radiodiffusioni, convegni, ecc.)" il compito di Evangelizzare e di curare i Fedeli? Per cui il Prete (ed anche il Vescovo), o quei laici che sono stati designati a dei compiti nella Chiesa, non si ritiene più "responsabile" di nulla (in termini di cura spirituale), assumendosi solo "l'incarico di mettere in funzione quei meccanismi", ed "auto-giustificandosi con questo in partenza"? E sono (quelli) "meccanismi già programmati", che procedono "senza guardare in faccia l'interlocutore umano", il quale per essi è divenuto "uno della massa", è divenuto “un anonimo", è divenuto ”un oggetto" della comunicazione, perdendo così la sua "soggettività", umana e cristiana. Questa situazione di "anonimaticità" non la si riscontra solo nelle diffusioni estese ampiamente, ma anche in molte prassi quotidiane della vita ecclesiale in piccolo: catechesi, omelia, conferenza, (persino) gruppi d'incontro, ... Là, la vita reale di ciascuno viene completamente "messa da parte"; si ragiona in linea teorica ed ipotetica, in astratto. Gesù parlava alle folle; ma parlava loro in tutt'altro modo. Era sempre un "tu a tu” che egli esprimeva, pur esprimendolo a molti contemporaneamente. Lei, in quel suo articolo, ha accennato al "colloquio a tu per tu", ma -- e questo mi ha trovato in disaccordo -- ha dequalificato tale colloquio, riducendolo a "strumento per comunicare modelli di vita". Certo, è proprio “in tal senso" che la stragrande maggioranza del Clero (Vescovi compresi), e Laici della loro stessa mentalità, ne fanno uso, preoccupati sempre di "mantenere le distanze", preoccupati di "assumere il ruolo docente" più che "sviluppare la funzione conoscente"; e per questo solleciti ad "interporre forme tecniche" tra sé e l'interlocutore; forme tecniche che possono essere delle "norme regolamentari" da seguire, delle modalità concettuali da rispettare, dei livelli su cui mantenere la comunicazione, ecc.... Monsignore, non era mia intenzione soffermarmi così tanto nel richiamo fatto del suo articolo. E' che il tema della ”Comunicazione" è stato sempre (come lo è tuttora) "al centro dei miei interessi: culturali, esperienziali, prassici". Reputo quel campo una questione "fondamentale" per l'essere umano e per il cristiano. Le affermazioni ed i commenti che io ho fatto, in riferimento all'argomento del suo articolo, potrebbero suonare "male" -- sia perché reputate "non vere", sia perché sentite come "offensive" -- al suo orecchio, o all'orecchio di qualcun altro. Ma questo “suonare male" non sarebbe scaturito da una "riflessione autonoma e documentata", bensì dalla considerazione che "il pulpito" da cui il discorso (il mio) viene... non ha "autorità" alcuna nella sede ecclesiastica; anzi... è meno ancora dell'ultimo dei laici, dato il disagio umano in cui io vivo. Se si riflette bene su quanto testé fatto osservare, ci si accorge che "nella quotidianità del vivere ecclesiastico" si è più "ancorati" allo "strumento di comunicazione" -- che in questo caso sarebbe "il pulpito", ovverosia l'autorità che istituzionalmente la persona "riveste" -- di quanto non si sia "attenti" alla "fonte", ed al "contenuto" trasmesso dalla fonte. Sul pulpito potrebbero anche salire dei "falsi profeti" -- e di fatto ne sono saliti, e ne salgono --; ma, poiché stanno nel "pulpito della Chiesa”, deve essere "inteso come buono" quello che dicono e quello che fanno. A conclusione di questa riflessione sull'uso dei mezzi di comunicazione di massa, voglio precisare -- onde evitare che le mie parole su quel discorso vengano fraintese -che l'errore nel loro uso che io sopra ho voluto sottolineare consiste nel fame uso "costantemente in assenza di fonte qualificata e valida". Cioè: oggi in realtà non ci si sta preoccupando -- né in modo sufficiente, né (per quel poco che ci si preoccupa) in modo corretto ed adeguato -- della "fonte", affinché chi si colloca in essa sia "realmente persona umana apostolo di Cristo". Riferendomi ora al Progetto di “Nuovo Apostolato" da me presentato in cenni nelle "Lettere", asserisco ancora una volta che esso non si preoccupa di "demolire alcunché" di quello che gli altri stanno facendo; si propone invece di "rivitalizzare" ciò che dovrebbe costituire la "fonte" dell'apostolato; i mutamenti nella prassi sono solo una "conseguenza", sempre relazionata alle caratteristiche assunte dalla "fonte". Il Progetto si propone la "Formazione" di "Nuovi apostoli", attraverso un itinerario "umano e di Fede insieme" radicalmente nuovo rispetto a quelli oggi seguiti. Quello che si propone invece di "demolire" sono le molte "falsità" -- sull'Umano e sulla Spiritualità cristiana (intesa questa come traduzione nel concreto umano degli Insegnamenti Evangelici) -- che oggi infestano la Cultura ecclesiastica. Quando la "fonte", la "persona umana-apostolo di Cristo", si sarà costituita con validità cristiana, ogni problema di strumenti e di canali di comunicazione del Messaggio Evangelico apparirà risolvibile con maggiore facilità, e con maggiore efficacia. Anzi, esso (problema) si presenterà con contenuti e strutture diverse; si potrebbe dire che poi... il problema sarà "un altro". Monsignor Peradotto, io torno a pregarla di leggere, magari con attenzione diversa, quegli scritti che le lasciai, senza la pregiudiziale della provenienza di essi. Anche se sento in me una maggiore stanchezza morale e fisica, non posso non ribadire l'importanza per la Chiesa di quel "riesame radicale" da me là accennato e proposto alle Autorità ecclesiastiche. Ne parli con S.Em. il Card.le Ballestrero, in vista anche della prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi. Se il Clero, ed in particolare le Alte autorità, continua ad assumere un atteggiamento "rigido ed esclusivista", come è possibile elaborare un discorso di "Rinnovamento"? Sarà piuttosto un discorso di "ripetimento" (cioè, un continuo ripetere paradigmi stantii) -- anche se accompagnato da linguaggi moderni ed altisonanti --, ed un discorso di "rafforzamento pietrificante in se stessi" -- anche se ci si appella a parole alla "saldezza della Fede" --, il quale mira a "conservare lo status quo" in cui ciascuno degli ecclesiastici ha già un ruolo ben determinato che è stato imparato a memoria; un rafforzamento il quale mira a perpetuare un genere di vita ed una organizzazione a cui il Clero si è già "adattato", ed in cui trova la sicurezza, per una presunta possibilità di controllare e dirigere gli eventi che di volta in volta lo coinvolgono. Ne parli anche con don Giuseppe Anfossi. M'è parso di intuire -- se è vero quanto gli affermavo di lui nella lettera che gli ho inviato ieri l'altro -- che Iddio abbia messo in quel Sacerdote dei "Doni particolari" (che hanno notevole relazione con il "Messaggio" di cui parlo nelle mie "Lettere"); i quali doni hanno incontrato, nel loro manifestarsi molti ostacoli ed opposizioni che hanno rallentato il loro sviluppo, oltre alla molta incomprensione ed incredulità che hanno messo a dura prova la sua stessa Fede: quanto vorrei conoscerlo meglio! La Chiesa ha oggi tanto bisogno di "germogli" come quello, purché possano "svilupparsi armonicamente ed ecclesialmente secondo i disegni di Dio", e non secondo le vie e le mire "imposte da criteri umani ed arbitrari"! Sperando che questo mio scritto incontri la sua accoglienza, termino inviandole un cordiale saluto. Spero di leggerla presto. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Card.le Joseph RATZINGER, 14-09-87 Verona, 14 settembre 1987 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Joseph RATZINGER Prefetto della S. Congregazione per la Dottrina della Fede 00120 Città del Vaticano Eminenza Rev.ma, Torno a scriverLe una seconda volta, dopo la lettera che Le inviai il 25 marzo '86. Avrei molto gradito una Sua risposta a quella mia, ancorché negativa; ed invece... nulla! Spero che almeno quella lettera sia stata da Lei letta, con la buona intenzione di conoscere quanto cercavo di comunicarLe. Quello che io volevo comunicare a Lei, come anche ad altri Dirigenti nella Chiesa, non è una mia fantasia; per questo torno a ripresentare a Lei la stessa richiesta di allora, con l'aggiunta di altre considerazioni: Iddio ha continuato a condurmi lungo la stessa via già tracciata, invitandomi a donarmi a Lui ogni giorno, ad aver Fede in Lui, a lasciarmi istruire da Lui. E mi sollecita ancora a ricercare il Dialogo con le Alte Autorità della sua Chiesa, bussando ad ogni porta, senza arrestarmi. Io purtroppo mi sono spesso arrestato dinanzi ai rifiuti. Se avessi avuto più Fede in Lui -- che mi parlava dal mio intimo, e che sin dalla elezione a Sommo Pontefice del Card.le Karol Woitila mi ha cominciato a suggerire di prendere contatti diretti con Voi, per giungere al Papa Giovanni Paolo II -- credo che a quest'ora le Autorità ecclesiastiche avrebbero già conosciuto il "Nuovo 0rizzonte di Cristianizzazione" di cui parlo nelle mie Lettere; ed il loro ministero avrebbe già cominciato a fomentare nella Comunità Ecclesiale tutta quella Nuova Evangelizzazione e quella Nuova Pastorale che le condizioni storiche di oggi richiedono. Sebbene io non possa recuperare il tempo perduto, e senta invece che le mie forze (morali e fisiche) vanno riducendosi, ho continuato in questi anni, e continuo, ad offrirmi a Dio, tenendo il mio cuore sempre rivolto alla Sua Parola perché potessi servirLo con maggiore fedeltà, ogni giorno. Nell'approssimarsi della Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, torno a pregare Sua Eminenza perché voglia "prendere in seria considerazione" quegli scritti che Le inviai allora, e questi altri che allegati alla presente Le faccio pervenire; ho raccolto in un opuscolo le varie "Lettere" che ho inviato alle diverse Personalità ecclesiastiche, e gliene invio una copia. Mi rendo conto che il discorso di questi scritti appare non molto chiaro, e che l'argomento e le asserzioni che vi si fanno si mostrano come "fuori del Pensiero comune" oggi nella Cultura ecclesiastica. Ma io asserisco che questo mostrarsi "non chiaro, ed estraneo", è dovuto alla "radicale sua novità", la quale peraltro nella sua sostanza è "in perfetta corrispondenza" con il Magistero della Chiesa. Quello che io ho chiamato "Messaggio" di Dio alle Autorità della Chiesa porta in sé contenuti di cui una buona parte sono proprio pertinenti alla tematica sui Laici che sarà affrontata nel Sinodo. Tali contenuti sono connessi a certe sottolineature che il Santo Padre non si è stancato di esprimere a riguardo la inderogabilità dell'apostolato dei Laici oggi nella Chiesa; anzi, come ho già dette nelle "Lettere" -- in particolare, nella lettera al Card.le S. Pappalardo del 16.09.85 --, unitamente agli altri contenuti del "Messaggio", "si integrano" con il Magistero e la Pastorale di Giovanni Paolo II. Per questo ho continuamente ribadito nei miei scritti l'urgenza che le Autorità mi consentano questo Dialogo con loro, al fine di apportare quei "nuovi" contributi che sarebbero emersi, sin dalla preparazione di questo Sinodo, inserendoli poi nella riflessione e discussione dei Padri Sinodali, provenienti da esperienze e da ambienti culturali diversi tra loro. Purtroppo... non sono stato creduto! Ed il Progetto di "Nuovo Apostolato" è ancora tutto da prendere in esame! Recentemente, ho inviato una lettera a S.Em.za il Card.le A. Innocenti. In essa ho espresso diverse considerazioni che si indirizzano a tutti i componenti (Cardinali e Vescovi) dell'Alta Gerarchia ecclesiastica. Non essendo essa contenuta nell'opuscolo delle "Lettere" -- il quale contiene tutte le lettere inviate sino al 25.03.86 compreso (data in cui inviai la lettera a Sua Em.za) --, ne allego a parte una copia. In quella lettera, tra l'altro, avevo pregato il Card.le di farsi mio portavoce -riguardo al Progetto di Nuovo Apostolato, da mettere in luce nell'ambite di un Dialogo con le Autorità della Chiesa -- presso i Padri Sinodali, anche stranieri, portandoli a conoscenza di questa mia richiesta e Proposta. Proprio alcuni giorni fa, egli mi ha risposto tramite il suo segretario, dicendomi che "... il discernimento dei carismi e di eventuali "missioni" ricevute "dall'alto" spetta all'Ordinario del luogo dove lei risiede... ". Io non nego la validità di questa asserzione, anzi; tuttavia, essa può essere intesa in due sensi, distinti tra loro: - potrebbe significare un richiamare il dovere che ha il Vescovo del luogo, e quindi un sollecitarne un suo adempimento, coll'impegnarsi in tutti i modi affinché si faccia chiarezza sulla questione posta, e si giudichi ogni cosa con correttezza, con dati di fatto, con sana coscienza; il tutto alla luce del Vangelo. - potrebbe anche significare che la non accoglienza da parte del Vescovo del luogo debba essere intesa già come un atto di discernimento operato, che abbia avuto come esito un giudizio negativo. In questo secondo senso, io non posso non constatare che si tratterebbe di una arbitrarietà di condotta,. e non già di discernimento! Tuttavia, al di là di ogni questione dei significati anzidetti, io devo dire: se, dopo diverse richieste avanzate al mio Vescovo, la risposta alle quali è stata sempre negativa - nel senso di non volere egli prendere in esame la Proposta di "Nuovo Apostolato" da me avanzata -- io continuo ad avvertire in me la "Presenza di quell'Invito di Dio", perché non potrei rivolgermi alle Autorità superiori? Per questioni tecno-giuridiche è concesso adire all'alto Foro; perché non dovrebbe esserlo per questioni di Fede ecclesiale, che è ben più importante delle questioni giuridiche? L'ingerenza indebita e disturbante è effettivamente una cosa da evitare; ma la "collaborazione data al confratello nell'episcopato", per un migliore discernimento, è un'altra cosa: è proprio questo che il Vangelo ci insegna! E' vero che nessun "Carisma dello Spirito" può sottrarsi alla coordinazione ecclesiastica operata dalla Autorità che con competenza agisca per il bene della Chiesa -intesa questa nel senso più pieno del termine, e non nel solo senso di Istituzione organizzata mediante leggi --; ma è vero anche che l'Autorità non può "dettare leggi allo Spirito Santo", stabilendo essa "come, quando, per quali vie, e che cosa" lo Spirito Santo debba comunicare. Il "credo nello Spirito Santo" diventerebbe allora una "pura allegoria", una pura immagine religiosa!?! Questa sarebbe "superbia di fronte a Dio"! Capisco che non è tale l'intento, né del card.le Innocenti né di altri che mi hanno risposto nello stesso senso. Ma, "di fatto", si commettono di questi "crimini" contro lo Spirito! Questa prassi, contro la quale particolarmente io continuo a cozzare, non significa forse che il Codice e le Norme Regolamentative vengono poste a governare la Chiesa in sostituzione del Vangelo? Certo, non voglio dire affatto che le cose siano sempre e tutte così! Ma mi sembra che il caso mio sia uno di questi. Una delle tematiche di cui il Sinodo si occuperà, come anche nei giorni scorsi il S. Padre ha sottolineato, è quella inerente al "ruolo della donna nella Chiesa". Nelle mie "Lettere" non ho fatto cenno in modo diretto ed esplicito a questo argomento; ma esso è uno delle parti centrali del Progetto per un "Nuovo Apostolato". Data l'angolatura completamente nuova da cui io rilevo le varie connotazioni del "femminile", e della "sua funzione" nel personale, nell'interpersonale femminile-maschile, nel sociale, nell'ecclesiale, -- "nuova" rispetto alla concezione oggi sostenuta nell'ambito delle Scienze Umane, e "nuova" rispetto alla concezione oggi sostenuta nell'ambito della Cultura Cristiana Cattolica -- ho pensato che, se non sono stato creduto e capito in ciò che concerne l'aspetto generale di quella Nuova Evangelizzazione da me proposta -aspetto che è più similare (e quindi più recepibile) alle tematiche che oggi costituiscono argomento di discussione nei vari ambiti e livelli ecclesiastici -- ancora più difficilmente sarei stato creduto e sarei stato capito quando avessi presentato "per iscritto" una concezione "nuova" sulla "natura del femminile", sulla "sua relazione con il maschile", sulla "sua valenza elaborativa ed effettuativa nella finalità redentiva del Messaggio Evangelico"; o quando avessi presentato anche una proposta pastorale e catechetica "nuova" a riguardo il sorgere (ed il coltivare) di "coppie di coniugi efficacemente cristiani”, e di "famiglie veramente chiese domestiche". Mi consenta un aggancio con l'opera magisteriale del Santo Padre. Mi riferisco all'immenso tesoro, dottrinale e pastorale, che è racchiuso nell'ampio ciclo (suddiviso in sei cicli) di catechesi vertente su "Teologia del corpo" e su "Matrimonio", sviluppato dal S. Padre nelle udienze generali. Esso è un "grande Dono" che lo Spirito Santo ha voluto dare alla Chiesa. Io lo vedo "unico nel suo genere", profondo e fertile di svariate sollecitazioni vitali, inesauribile nella sua interpretazione; oserei dire che porta in sé -ed anche in questo vi vedo presente il "sigillo" dello Spirito di Dio -- qualcosa che lo fa assimilare alla "Parola della Sacra Scrittura". Eppure... tale discorso, tale pastorale, del Vicario di Cristo è passata quasi inosservata; collocata fra le tante altre, una voce fra tante voci!... Allora, non mi meraviglia che io, l'ultimo dei fedeli, non sia stato creduto e capito nel tentativo di esprimere alla Comunità ecclesiale un piccolo Dono -- quello che Dio ha scritto in me, il quale è una piccola parte di quel "Messaggio" che Egli sta da tempo rivolgendo alla Chiesa; e quel contenuto della catechesi del Papa Giovanni Paolo II cui mi sono riferito "fa parte anche esso di quello stesso Messaggio", ed in parte "si interseca" con quello che porto in me --, constatando come neanche il Vicario di Cristo è stato creduto e capito veramente (e quindi non è stato accolto adeguatamente) dai suoi, in quel "Tesoro" che attraverso di lui lo Spirito Santo porgeva alla Chiesa. Il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su Matrimonio e Famiglia ha curato il volume dal titolo "Uomo e Donna lo creò", con sottotitolo "catechesi sull'amore umano". In realtà, quella dottrina espressa dal Santo Padre è molto più che una catechesi sull'amore umano; quel sottotitolo è perciò fortemente riduttivo. Il pregio principale dell'opera è quello di aver raccolto insieme in modo ben coordinato l'intera trattazione; quanto invece ai commenti introduttivi alle singo1e parti, il loro profilo si presenta come quello di un tentativo di tradurre “su un piano puramente teoretico" alcune delle parti centrali. Direi -- senza volere offendere con questo gli autori, i quali, dato il taglio del loro orizzonte di pensiero, non potevano non esprimersi altrimenti -- che tali introduzioni tendono a "rinchiudere nel teorico” la parola espressa dal Papa, deprivandola di quella "apertura profonda, complessa e varia, verso una pastorale concreta", di cui essa porta già il tracciato, e che il Santo Padre porge ai suoi confratelli nell'episcopato (ed ai Presbiteri tutti) affinché essi "la esplicitino nel vivo della loro missione". Quelle letture non "introducono" -- come il termine vorrebbe significare -- il lettore alla "vera comprensione della significatività umana e cristiana" di quel Messaggio, ma impongono invece quasi delle "linee interpretative", le quali, non solo sono "limitative" rispetto al reale contenuto che il lettore può trovare nelle parole del Papa, ma forza anche verso interpretazioni a volte "vuote di significato umano reale" e -paradossalmente -- "vuote anche di significato cristianamente redentivo". Questo fattore limitante presentato dai curatori non è da attribuirsi ad una loro non sufficiente valenza; ma sorge per il fatto che il Pensiero espresso là dal Santo Padre si colloca su un "Orizzonte Umano e Cristiano inconsueto, molto profondo e complesso", rispetto alla Tradizione Culturale che oggi si esprime; sia come Teologia che come Antropologia; pur nella sua profondità di pensiero, egli conserva “un profondo senso della realtà". Sarebbe stato molto opportuno aggiungere in quel volume una Nota esplicativa di carattere "pastorale", stilata però da una persona "di esperienza concreta", lungamente e svariatamente maturata, sull’ “umano" e sulla "Fede nell'umano". Una analoga linea riduttiva m'è parso di riscontrarla pure nelle relazioni presentate ai "Convegni sul Magistero Pontificio" che periodicamente si tengono per iniziativa di Un Comitato promotore. Le constatazioni precedenti -- ed altre similari, che spesso faccio nel corso delle mie letture, o nell'ascoltare dei discorsi -- mi portano a dire che la componente intellettuale della Cultura cattolica è caratterizzata da una sovrabbondante metafisicizzazione degli argomenti, sino a giungere ad una "patologica dicotomia" tra il Pensiero prodotto e la questione concreta cui quel Pensiero dovrebbe riferirsi; dicotomia in cui i due "poli" vengono a porsi quasi in modo "autonomo" l'uno dall'altro, ed "autosufficiente" l'uno rispetto all'altro; il Pensiero allora "vola" per conto suo, in una "libertà auto-prodottasi"; e la rispettiva questione concreta "rimane nella sua enigmaticità pragmatica". Questo "scindimento", questo "distanziamento", questo "isolazionamento", che costantemente viene operato, o mantenuto, tra Teoria e Prassi è causa di "ab-errazioni interpretative" sia nei confronti dell'una (Teoria, presentata come "dottrina") che nei confronti dell'altra (Prassi, vista come "luogo di riscontro concreto"). Nell'ambito dell’ “Umano'' -- ed ancor più nell'ambito del "Divino nell'Umano" -- si richiede invece una stretta connessione dialettica tra Teoria e Prassi; si richiede uno "scambio interpretativo vitale" tra Prassi (che si esprime nella "immediatezza") e Teoria (che si colloca come "prodotto di mediazione"). Diversamente, l'insieme di questi due "poli" (Teoria e Prassi) verrebbe a presentarsi come una "aporia", la quale oscurerebbe ed impoverirebbe -ovviamente, con effetti aventi forme diverse -- sia il fluire del Pensiero (al livello delle Teorie) che il fluire della Prassi vitale (al livello dei comportamenti concreti), riducendo così la significatività e l'efficacia dell'unico fluire umano nell'uno e nell'altro momento. Nella mia Tesi di Laurea in Psicologia -- dal titolo "La Comunicazione tra Adulto e Bambino, e lo Sviluppo Intellettivo", e sottotitolo "Un Problema di Psicologia Dinamica, vissuto in una Esperienza Psicopedagogica" -- ho sviluppato (anche se in forma sintetica) riflessioni sotto aspetti diversi, e con implicazioni diverse, sulla tematica del rapporto tra Teoria e Prassi. Se Sua Eminenza ne volesse prendere visione, io sarei ben felice di fargliene pervenire una copia. Adesso io, davanti a Sua Eminenza, mi pongo questa domanda: Come è possibile fare analisi veritiere ed efficaci su “Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa e nel Mondo oggi", senza aver prima elaborato nelle sue varie esplicazioni più essenziali ma concrete quella soprariferita catechesi del S. Padre? Essa introduce una "visione nuova" dell'essere umano, sia maschile che femminile; e quindi una "visione nuova" del "laico fedele di Cristo"; una visione in cui il Messaggio del Vangelo si incarna realmente nell'umano. In questo Sinodo, si parlerà allora del "laico vecchio stampo" da "rabberciare" (come si suole dire), piuttosto che del "laico nuovo" da "promuovere"? Non ci si riferirà allora a quella figura di laico che si evince da una attenta meditazione ed assimilazione di quella catechesi, portata sino alle conseguenze pastorali concrete, e sino ad una "rivoluzione culturale" a riguardo il concepire il "maschile", il "femminile", la "coppia coniugale uomo-donna", oggi sostenuto dal Clero e dai Laici ad esso vicini. Quella "Trasformazione Culturale" di cui ho parlato nelle mie "Lettere", in particolare nella lettera al Card.le P. Poupard del 22-O4-85, comprende anche il problema della "catechesi sull'amore umano", e fa sue le stesse linee propositive espresse dal Santo Padre in quell'insieme del suo discorso. Una Trasformazione Culturale quindi che tende a "recuperare l'immagine originaria" dell'uomo come della donna, nella loro funzione reciproca; che tende a "recuperare la valenza originaria" della coppia coniugale cristiana in seno alla Chiesa; che tende a "recuperare la potenza creatrice dell'amore Coniugale" in ogni ambito della vita umana, ed in ogni ambito della vita ecclesiale. Una Trasformazione Culturale in cui ai termini di "sessualità", "amore sessuale”, "amore coniugale", "rapporto coniugale", "rapporto sessuale", "rapporto umano", "amore umano", ed allo stesso termine totale di "Amore", vengono fatti corrispondere ad ognuno concetti che si diversificano sostanzialmente dai rispettivi concetti oggi presenti nella stessa mentalità ecclesiale. Il "rapporto coniugale cristianamente realizzato e vissuto” è caratterizzato da una esplicazione della sessualità umana tutta peculiare, e diversa da quella del "rapporto coniugale non-cristiano". La sua peculiarità non consiste però in "limitazioni", o in "astensioni", di origine etica cristiana -- cosa che peraltro è già nell'ovvio --; bensì in una "dialettica amorosa tutta propria". In esso, l’ “esplicazione dell'amore coniugale" coinvolge l'intera e complessa relazione tra il maschile ed il femminile, di cui il cosiddetto atto fisico è solo una sottolineatura momentanea particolare di quell'esteso amore che non è confinato né nel tempo né nel luogo; esso rapporto è perciò caratterizzato da una rapportività personale inerente all'intera gamma delle caratteristiche (sia fisiologiche che psicologiche) che ciascuno dei due partners pone di fronte all'altro, ed abbraccia l'intero orizzonte umano vitale e progettuale dei due esseri visti nella loro interezza. Quella "dialettica amorosa" come da me intesa è perciò "pienezza vitale dell'espressione sessuale"; e può essere tale per il fatto che i soggetti hanno posto come fondamento della loro concezione sulla sessualità umana ben altri "assiomi" e ben altri "criteri valutativi" rispetto a quelli oggi posti; in questi nuovi assiomi e criteri valutativi, l’ “eticità" si coordina con la "significatività", e la "effettualità" (cioè, l'attuazione concreta dei vari comportamenti sessuali) si coniuga con la "vitalità". Tale nuovo atteggiamento nei confronti della sessualità trova poi riscontro in un nuovo atteggiamento verso i loro figli. Il rapporto genitori-figli porta infatti con sé caratteristiche che sono derivate anche dal tipo di rapporto marito-moglie che si è realizzato. Il "laico (cristiano)" è sempre connotato anche rispetto al "chierico"; e tale connotazione, tra le altre prerogative, comporta il riferimento alla "esplicazione della sessualità umana". Poiché la "sessualità umana" è caratteristica essenziale dell'essere umano; e poiché Gesù Cristo ha redento l'uomo "nella sua interezza", e quindi anche nella sua caratteristica sessuale; data una particolare concezione, ed un particolare atteggiamento, nei confronti della "sessualità", ad esse corrisponderà un certo tipo di "laicità". Perciò, una reale immagine propositiva di laico cristiano non può non contenere una determinata concezione, ed un determinato atteggiamento, attribuiti a quel tipo di laico, a riguardo della "sessualità umana": al mutare della concezione (e dell'atteggiamento) sulla sessualità, si passa ad un'altra figura di "laico (cristiano)". Ma la sessualità nel laico si esplica nelle due soggettività complementari tra loro: il maschile ed il femminile. Pertanto se la conoscenza effettiva che si ha del "laico" richiede una conoscenza veritiera della "sessualità", si dovrà anche tener presente che la conoscenza veritiera della "sessualità" implica una conoscenza "contemporaneamente simmetrica" del "maschile" e del "femminile". Soltanto allora si potrà dire di essere nelle condizioni di poter tracciare un quadro veritiero su ciò che potrebbe essere la "funzione della donna" nella Chiesa. Ma, si badi bene: è condizione imprescindibile che si esca dalla mentalità -- già, più o meno inconsciamente, fissatasi nel Clero e nei Laici -- di "incentrare la sessualità nella donna". Questo ha portato, e continuerà a portare, a madornali errori antropologici prima che ad errori di visione cristiana. La "Cultura del Mondo" è segnata in tal senso; e non potrà mai non essere segnata in tal senso. Un escursus storico lo metterebbe subito in evidenza; e dall'altro lato il detto della S. Scrittura “totus mundus in maligno positus est" contiene la stessa constatazione, in quanto l'essenza dell’ “essere posto nel maligno" sta in una "sovversione di rapportazione" tra le varie creature di Dio, rispetto all’ “ordine dato loro dal Creatore". Una forma di "sovvertimento della rapportazione sessuale" tra il maschile ed il femminile è proprio quello di "costituire la donna come centro e fonte della sessualità"; mentre l'ordine originario dato da Dio, come si vede anche dalla stessa catechesi del S. Padre sopra richiamata, fornisce un quadro ben diverso. Queste tematiche -- riguardanti l'argomento complessivo della sessualità umana -che qui ho solo accennate fanno parte del Progetto di "Nuovo Apostolato", in quanto i loro contenuti io li ho visti nell'insieme di quello che ho chiamato "Messaggio". Esse non possono essere rese chiaramente nella loro consistenza attraverso degli scritti: è necessario quello che io ho chiamato il "Dialogo Logico-Esperienziale" -- (vedi in part. lettera a Sua Em. il Card.le J. Tomko) -- per "scoprire nel proprio essere" questo Nuovo Orizzonte Umano e Cristiano insieme. Il discorso che io porgo ora è solo "una traccia", un cenno teoretico, un indice, del cammino progettuale cui mi riferisco; esso discorso -- ancor quando io lo sviluppassi in tutte le sue implicazioni -- costituirebbe sempre e soltanto una piccola parte della intera questione che io voglio affrontare in "Incontri di presenza"; la quale questione perciò non è tanto una questione di "teoria", quanto piuttosto una questione di "prassi", di operatività, di promozione ed attuazione progettuale. Il contenuto del "Messaggio" non è incentrato su delle "critiche" verso quanto viene operato oggi e verso gli stessi operatori; è invece incentrato su un "Invito ad un qualcosa di Nuovo". E' un "invito a fare" questo qualcosa, anche se ovviamente si richiede la "discussione teorica" concomitante. Le critiche stesse che vengono da me mosse a certe prassi ed a certe ideologie sono "in funzione di creare spazio a quella Proposta costruttiva", liberandolo da ciò che costituisce un "impedimento al suo realizzarsi". Ma, ripeto: occorre "iniziare l'esperienza di questo Cammino" per cominciare a capire realmente cosa vogliono dire le mie parole. L'argomento riguardante la "funzione della donna nella Chiesa" -- credo sia bene distinguere tra "funzione" della donna, e "ruolo" della donna --, e di conseguenza anche quello riguardante il "ruolo della donna nella Chiesa", è purtroppo un terreno in cui la Cultura Cattolica si scopre fortemente lacunosa, ed inadeguata per quelle parti che esprime. Ed è in questo settore, umano ed ecclesiale, che io avverto -- nell'ambito del "Messaggio" di cui ho parlato nelle "Lettere" -- la presenza di un rovinoso disegno di Satana, un disegno con manovre particolarmente accanite. Satana si sta servendo della lacunosità della cultura ecclesiale in merito; della profonda impreparazione formativa (sull'umano e sullo spirituale) e conoscitiva (sull'umano e sullo spirituale) dei Sacerdoti in questo campo; della Scienza Umanistica sistematica -- che è intrisa di "parvenze di verità", le quali sono altrettante subdole trappole, oltre che essere intrisa di palesi storture a riguardo l'attuarsi dell'essere umano. Egli si sta servendo anche di quelle "correnti radicaliste", che potrebbero tutte raggrupparsi sotto l'unica denominazione generica di “Teologie (varie) della Liberazione": queste comprendono una vasta gamma di posizioni (ideologiche), che vanno dalla più radicale alla meno radicale; i contenuti possono presentarsi a volte diversi gli uni dagli altri, ma il paradigma trasformazionale resta lo stesso. I sostenitori di tali "aperture" sono però anche mossi da valide motivazioni, presentano anche valide proposte; ma sopratutto sono stati (e sono) capaci di "analisi attenta e sincera", pur nella limitatezza delle loro conoscenze e del loro orizzonte culturale, rispetto alla complessa situazione conoscitiva ed antropologica in cui l'uomo oggi si trova a vivere; e presentano pure una "generosità di impegno" non di poco conto. Queste stesse doti positive hanno tuttavia fornito appiglio ai "raggiri diabolici"; per cui -- nel portarsi verso fasi più avanzate della loro contestazione nei confronti di ciò che nella Chiesa costituirebbe "inciampo" allo svilupparsi della "vera Fede" e del "vero Cristianesimo" -- sono anch'essi rimasti "vittime di abbagli", nella "foga" del desiderio e del bisogno di rinnovamento, spirituale e sociale, continuamente frustrato. A tali "abbagli" vi giungono anche sotto lo stimolo di un loro paradigma culturale che è privo di "processi di auto-rigenerazione per assimilazioni successive", ed è quindi un paradigma quasi automatico, ed autarchico nella sua struttura. Tali caratteristiche (negative) di paradigma è un effetto che la "Cultura Occidentale" produce sulle "Nuove Culture Emergenti", le quali perciò in parte restano "vittima" del Giuoco Complessivo Culturale che oggi investe il Mondo Intero. Ecco perché -- ad esempio -- la questione che si incentra sull'interrogativo de "il Sacerdozio alla Donna" -- formulato non solo nell'ambito della vera e propria Teologia della Liberazione, ma anche (seppure in sordina) in ambiti palesamente cattolici ed "uniti a Roma" -- viene a trovarsi impregnata di un "intreccio di istanze" che hanno del contraddittorio tra di loro, dell'ibrido, del provvisorio, dell'instabile; proprio come instabile e provvisoria (perché appunto "ibrida") è la fase che stanno attraversando queste Teologie della Liberazione. In questo insieme io vi vedo l’ “inganno di Satana", mirante a demolire ciò che di vero e di santo lo Spirito di Dio aveva inizialmente suscitato in loro. Il volume recentemente uscito in Italia -- "Contro il tradimento del Concilio", AA.VV. ed. Claudiana; trad. dal Tedesco (1986) -- mostra una "campionatura" di quella ridda di voci, le quali sottolineano tutte la presenza in loro di una certa "forza motrice psicosociale, piuttosto che religiosa", non facilmente definibile, non facilmente spiegabile, non facilmente confutabile. Non si creda però che le mire di Satana fossero soltanto quelle di "boicottare" il sorgere di "buoni contributi" in quei fedeli. Egli mira anche a "intorbidare le acque" (come si suol dire) nell'ambito complessivo del "governo della ecclesialità intera". La dialettica strutturale di Pensiero, e la corrispondente dialettica argomentativa proposizionale, sono infatti tali da "rendere più difficile" -- a chi è chiamato alla "Guida" del Popolo di Dio -- l'esame delle varie progettazioni rinnovative, e l'esame stesso dei dati che provengono dalla esperienza umana quotidiana componente di quel processo; oltre alla "tendenza alla confusione (concettuale e pratica)", nei Pastori viene ingenerata anche una certa "paura" da instabilità. Così, anche le "buone proposte" vengono rigettate insieme al "miscuglio"; le Autorità divengono "più diffidenti", tendono a "chiudersi in difesa". Si riduce la "serenità", nel dialogo e nella pastorale; si riduce la "Speranza" di "Nuovi Germogli"; nasce la "Teologia del sospetto": tutto, secondo le mire di Satana! Perché in una tale "atmosfera" c'è poco spazio per i "piccoli germogli di Fede", i quali sono costretti ad arrestarsi o rinchiudersi nel privatistico. Il "Messaggio" di cui è portatore il Progetto di Nuovo Apostolato affonda il suo sguardo su questa "crisi socio-culturale-ecclesiale". e si pone come "suscitatore" di un "Nuovo Cammino", in cui è possibile "svincolarsi da quegli inganni", toccando nella immediatezza della esperienza umana la stessa Fede che Cristo ci porge con la Sua Luce ed attraverso il Magistero genuino della Chiesa. L'accenno che ho fatto in questa lettera ad alcune questioni in particolare vuole significare a Sua Eminenza quanto io avverta l'urgenza, nel momento storico di oggi, di una "revisione dalle fondamenta" dell'intera "prassi ecclesiastica", in particolare di quella dell’ “apostolato” inteso nel senso più esteso, ai vari livelli; e quindi "formazione dei Laici" e "formazione del Clero". E' Dio che ce lo sta dicendo in molti e svariati modi; ma il "cuore" della maggior parte dei Pastori... continua a restare "duro" e "sordo" su questo argomento; continua a cercare puntelli di affidamento nelle "dottrine apprese accademicamente, ed in modo astratto ed isolato", rinchiudendosi nella propria "autorità istituzionale". Confondono così la "fermezza nella Fede" con la "rigidezza di dottrina" e "saldezza di comando". Di fronte a manifestazioni di avversione o critica -- quale ad esempio quelle che provengono dalla Teologia della Liberazione --, di fronte ad osservazioni che provengono dai Fedeli, anche dal più piccolo, le Autorità ecclesiastiche hanno il "dovere" -- dovere di fronte a Dio, e dovere di fronte al Popolo di Dio -- di "interrogarsi": ve lo dico questo "con amore", "con amore"! Ma non interrogarsi in modo palliativo, prendendo in giro se stessi (oltre che l'altro), prendendo in giro il Popolo di Dio, prendendo in giro la stessa Dottrina della Fede, e la Fede stessa! Oggi è divenuto "di moda" lo slogan dell’ “interrogarsi”; ci se ne serve "per apparire coscienziosi" di fronte al "pubblico", ma in realtà si continua a "ribadire le proprie posizioni", in modo più o meno "camuffato". Un ennesimo esempio è il Convegno Pastorale Diocesano che in questi giorni si sta svolgendo qui a Verona; il Tema è: "Catechesi degli Adulti. La Chiesa di S. Zeno si interroga". Ma nei discorsi che sono stati svolti non c'è stato un ben che minimo di “interrogarsi da parte della Chiesa di S. Zeno"; c'è stato, come al solito, un discorso "dirigenziale" da parte delle Autorità (locali) della Chiesa rivolto ai Fedeli Laici (in particolare, i Catechisti, presi nel senso ampio del termine). Quando le Autorità insegnano o si pronunciano in questioni, si dice (di solito) che "la Chiesa insegna" ecc... Perché, quando si afferma "la Chiesa si interroga", non debba intendersi che le stesse Autorità si interrogano, in sé stessi e reciprocamente? E' di questo interrogarsi che io qui intendo che si debba fare. Solo così potranno "capire meglio" i fenomeni che avvengono nell'umano, nel sociale, nell'ecclesiale, lungo la storia; e potranno capire meglio quello stesso che loro fanno, il loro agire, l'adeguatezza o meno del loro porsi ed agire nei confronti dell'interlocutore e nei confronti del fine, che è la Redenzione di molti. Solo così potranno "realmente capire anche gli avversari" (o meglio, coloro che essi reputano avversari). La "risposta" delle Autorità ecclesiastiche, di fronte a quello che loro giunge "dall'esterno", non può limitarsi ad una "approvazione" o ad una "condanna": così essi si porrebbero come un "meccanismo già programmato"; così non ci sarebbe più posto per lo "Spirito"! Così si fa proprio il "giuoco di Satana". I molti avvenimenti che stanno attraversando oggi la storia della Cultura e del Pensiero -- generando non soltanto nuove conoscenze ma anche nuove strutture di pensiero, che più idoneamente possano rappresentare sul piano simbolico le molteplici e multiformi esperienze sociali, politiche, economiche, ed anche inter-personali -- si presentano alla Chiesa come altrettante "provocazioni ri-costruttive", che Dio stesso manda, in quanto è Dio stesso l'autore delle "significazioni essenziali" che gli avvenimenti assumono nei confronti dell'Uomo. Il "Messaggio", per quella parte che Dio ha posto in me, si incentra proprio su questa "trasformazione culturale" di cui a tutti i livelli la Chiesa, nelle sue componenti umane, ha bisogno per assolvere al proprio compito. Una trasformazione culturale che parta dalla "prassi", anche se ciò possa sembrare paradossale. Ribadisco: non una trasformazione culturale teoretica (la quale si elaborerà in una seconda fase), non una trasformazione della prassi in se stessa; ma una trasformazione "culturale" “nella, e dalla, prassi". Ciò comporta il passaggio a tutta una nuova "metodologia", sia sul piano teoretico che su quello della stessa prassi; passaggio a sua volta legato a tutto un "nuovo modo di manifestarsi dell'essere umano". Quello che io porto in me, datomi dalla Grazia del Signore, dà già indicazioni sulla "strada da seguire"; indicazioni che io ritrovo parallelamente espresse -- anche se in altre forme, ed anche se dai più quelli sono interpretati in senso diverso -- nei molteplici momenti in cui il Magistero della Chiesa si è espresso, e nei molteplici passi della S. Scrittura. Io continuo a bussare a questi e a quelli. Mi sono rivolto alle Autorità di Roma per due motivi: uno, perché il "Messaggio" che io porto fa riferimento fondamentale alle Autorità di Roma; l'altro, perché il Vescovo di Verona non ha accolto la mia richiesta che si facesse già qui sul posto "una prima esplicitazione" del contenuto del "Messaggio", ed "una prima riflessione" su di esso, affinché poi a Roma potesse essere espresso con minore oscurità nei contenuti concettuali, e si potessero così affrontare i passi più centrali e più complessi con sufficiente correttezza operativa. Perché Voi, che state alla Dirigenza centrale della Chiesa, ed anche Voi Pastori Vescovi delle varie diocesi a cui mi sono rivolto, Voi cui dovrebbe stare a cuore la ricerca e l'accoglimento (per un esame onesto ed obbiettivo) di tutto ciò che potrebbe rendere più efficace l'opera di governo della Chiesa e di evangelizzazione, perché continuate a "rifiutarvi” di fronte ad una "Proposta", per il fatto che essa viene dal più "piccolo"? Piccolo e povero io infatti mi sento di fronte a Dio e di fronte alla Chiesa. Ma sento anche che questa "Presenza misteriosa di Dio in me", pur nella mia piccolezza e povertà, Iddio stesso "mi invita" a comunicarla "a chi di pertinenza nella Chiesa"; ed essa "è di pertinenza a Voi", Autorità che portate la responsabilità del governo della Chiesa nelle sue espressioni umano-cristiane, per quanto concerne il compito che Gesù stesso vi ha affidato. Perché non volete ascoltare ciò che sto cercando di dirVi? Perché non volete conoscere "questa Presenza"? Perché continuate a negarmi l'incontro diretto e personale con Voi? Che non Vi accada che il Signore debba dire di alcuni di Voi, come un tempo disse ai dottori della legge: dicono di "vedere”, mentre "non vedono”; per questo sono condannati! Quanta sofferenza mi porta il dovervi esprimere anche tali considerazioni! Vi prego, nel nome di Cristo Gesù: portate la vostra persona "al di sopra della prassi istituzionale", affinché lo Spirito che è in Voi possa "più liberamente e divinamente manifestarsi ed operare", e rendere più efficace l'ausilio della stessa prassi istituzionale, in un orizzonte "più ampio e multidimensionale". Non abbiate paura! Lo Spirito Santo “è realmente nella Chiesa"! in tutta la Chiesa! Egli "è con Voi"; ma non sempre "Voi siete con Lui"! Egli vi invita a quella "Carità” che è la sola che possa "dare unità alle varie dimensioni umane ed ecclesiali”, consentendovi così di operare (come dicevo pocanzi) su un orizzonte ampio e multidimensionale. Quel “Messaggio” che Iddio mi invita a comunicarVi è proprio “un Suo Aiuto" in tal senso: non rigettatelo (a priori)! La Segreteria di Stato, con biglietto in data 9 agosto 1987, mi faceva presente che “... ella potrà, se lo riterrà opportuno, sintetizzare e documentare per iscritto quanto desidera portare a conoscenza del Papa, ...”; ma mi viene estremamente difficile “sintetizzare” questo "Messaggio": lo sento così "profondo", così "complesso e multiforme", ed anche così "intraducibile in un linguaggio puramente logico”, che ogni tentativo di sintetizzarlo per iscritto -- ed ancor peggio, poi, quello di "documentarlo" -mi procura solo amarezza e sconforto di fronte ad una mia impotenza. Anche nel rileggere questi stessi squarci che ho espresso a Sua Eminenza nella presente lettera, mi accorgo che -- mentre per me significano proprio certi contenuti del “Messaggio" --probabilmente il lettore estraneo al mio mondo non riuscirà a cogliere quello che io volevo significare. Nel “nuovo", la "discriminazione dei vari significati" suscitati da una espressione enunciata in linguaggio logico -- quale è la forma scritta -non può essere efficacemente operata con l'ausilio di altro linguaggio logico: è insostituibile il ricorso alla "esperienza dia-logica”, alla "esperienza inter-personale", alla "esperienza reciproca". Sperando che questa mia seconda lettera venga da Lei presa in seria considerazione, e trovi in Lei una maggiore disponibilità d'incontro di quanto non ne abbia trovato la mia precedente, termino il mio scritto. Resto in attesa di una Sua risposta personale, e Le invio intanto i miei più cordiali saluti nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) P. S. - Oltre alle "Lettere”, ed alla fotocopia della lettera a S.Em. il Card.le A. Innocenti, credo utile allegarle anche fotocopia delle lettere a S.E. Mons. P.J. Cordes ed a S.E. Mons. E. Corecco. -------Mi perdoni i tanti errori di battitura. Grazie. Torno a pregarLa perché mi conceda un colloquio "di persona". NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VER0NA Tel. 045-976530 o______O______o Rev.di Padri Sinodali, 10-10-87 Roma, 10 Ottobre 1987 Alle Em.ze ed alle Ecc.ze Rev.me della Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi ROMA Perdonatemi se oso rivolgermi a Voi, pur essendo io l'ultimo dei fedeli laici della Chiesa. Avrei voluto poterVi aprire il mio cuore in un colloquio di persona; ma, non essendomi ciò consentito, Vi comunico per iscritto alcune brevi mie riflessioni riguardanti la vita ecclesiale, allegandoVi fotocopia di tre lettere recentemente da me inviate a Personalità ecclesiastiche. Il Progetto di "Nuovo Apostolato", di cui in esse si fa cenno, è meglio esplicitato in una raccolta di "Lettere" da me inoltrate in questi ultimi anni alle Autorità ecclesiastiche, al fine di aprire un Dialogo con Loro. Anche a Voi rivolgo la stessa richiesta di un dialogo -- svolto in modo diretto o indiretto --, sollecitato a ciò dallo Spirito di Dio. Prego caldamente il singolo Presule di leggere "in modo personale" questi scritti, come se quelle lettere fossero indirizzate a Lui personalmente. Se poi qualcuno desidererà prendere conoscenza più allargata -- come io mi auguro -- di quanto sto cercando di comunicare alla Alte Autorità della Chiesa, potrà prenotare copia della "Raccolta parziale" delle "Lettere" presso la Segreteria del Sinodo. Tale "Racc. parz." (di circa cento pagine) è costituita da quelle Lettere -scritte antecedentemente alle tre qui accluse -- in cui più esplicitamente e più estesamente si sono poste in luce certe linee essenziali di quello che nel mio spirito si è presentato come un "Messaggio” di Dio alle Autorità della Chiesa. Ringrazio sin d'ora ciascuno singolarmente della attenzione prestatami, e Gli esprimo il mio devoto ossequio. (Firmato: Vittorio Noè) o______O______o Mons. Somalo E. MARTINEZ, 16-11-87 Verona, 16 novembre 1987 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Somalo Eduardo MARTINEZ Sostituto della Segreteria di Stato CITTA' DEL VATICANO Eccellenza Rev.ma, Mi rammarica il non averLa potuto incontrare di persona, neppure in modo fugace, nell'occasione della mia venuta a Roma nella prima decade di ottobre, e poi nella terza decade dello stesso mese. In tutte e due le circostanze ho telefonato da Roma stesso alla sua segreteria, e mi è stato detto che era impossibile che io La incontrassi in quei giorni. Sua Ecc.za, nel biglietto inviatomi in data 9 agosto u.s., mi invitava a "sintetizzare e documentare" per iscritto quanto io desideravo portare a conoscenza del Papa. Le confesso, in tutta sincerità, che ho tentato più volte, in questo lasso di tempo, questa sintesi; ma ogni volta, rileggendo poi lo scritto, lo trovavo sempre molto lontano da ciò che avrei voluto esprimere, ed inoltre prestantesi a fraintendimenti. Tuttavia, ho voluto ugualmente sforzarmi a fare un breve prospetto, almeno di quella parte che io sento molto urgente debba giungere a Sua Santità, in vista della Lettera post-sinodale che egli dovrà stilare sulla tematica dei Laici. Nei quattro fogli allegati ho espresso alcune considerazioni sul "Rapporto tra Chierici e Laici", in un parlare estremamente stringato, ed in forma schematica per essere ancora più succinto. Se Sua Ecc.za vorrà riferire al Papa -- come io mi auguro -- circa il contenuto di quelle mie breve annotazioni, presentandogli i quattro fogli da me scritti, La prego anche di presentargli le mie scuse ed il mio rammarico per non essermi saputo esprimere in modo più chiaro e più completo. Mi sono sentito inoltre in dovere di fare pervenire al Santo Padre una copia delle "Altre Lettere" più significative, in cui ho espresso altri contenuti del medesimo Progetto di "Nuovo Apostolato". Di queste lettere, quella a S.E.R. Mons. P.J. CORDES del 18.08.87, quella a S.E.R. Mons. E. CORECCO del 22.08.87, e quella a S.Em.R. Card.le J. RATZINGER del 14.09.87, presentano rilievi (che io reputo molto importanti) più diretti alla tematica del Sinodo sui Laici; e perciò mi auguro che il Santo Padre possa prendere visione almeno di quelle tre, in vista della prossima Lettera Apostolica post-sinodale. Eccellenza, Ella occupa nella Chiesa un posto molto importante e determinante; faccia sì che al Papa non vengano sottratti quei contributi che lo Spirito Santo gli indirizzasse, per varie vie, anche se una di queste vie dovesse essere l'ultimo dei fedeli laici, il più insignificante, quale sono io. Il Santo Padre, illuminato dallo stesso Spirito, saprà lui riconoscere il valore di ogni contributo che gli giunge; e saprà lui come e in che circostanza servirsene. Mi permetto di chiederLe infine di fare presente al Papa la mia completa disponibilità, nella massima discrezione e riservatezza, ad essere interpellato da lui stesso, se lo vorrà, o da qualcuno dei suoi collaboratori a lui più vicini. Il documento che il Papa dovrà stilare sul Sinodo è estremamente importante, ed avrà vaste ripercussioni e conseguenze, sia nell'ambito intra-ecclesiale che in quello extra-ecclesiale. Per questo trepido, nel mio silenzio, sino a che il documento non sia stato ultimato e consegnato al Popolo di Dio. So che sino a quel giorno Satana continuerà a torturarmi in modo più accanito del solito, per scoraggiare la mia Fede ed indurmi ad abbandonare il mio patto d'amore con Dio. Satana, come tenta in tutti i modi di impedire che la "Luce divina" e la "Sapienza divina" giungano alle Alte Autorità della Chiesa, così si scaglia in modo particolare su coloro che si prodigano - con l'offerta a Dio di se stessi, e con le loro ricerche - per l'avvento di quella Pentecoste, come contropartita rabbiosa della sconfitta che subisce: ma Dio veglia su noi tutti. Come dicevo anche al Card.le Ratzinger -- nella lettera inviatagli il 25 marzo del l986 (al foglio 24) --, io ho fatto già dono a Dio di tutta la mia persona e della mia vita, in favore del S. Padre Giovanni Paolo II; ho sentito, in quegli anni, nel mio intimo di fede, che era Dio stesso a chiedermi questo: io Gli ho risposto di "sì"! Per questo io giunsi a dire -- nella lettera (al foglio 8) a S.E.R. Mons. P.J. Cordes del 18.08.87 --: "Se io potessi trasferire a Voi, Capi nella Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo, tutto ciò che Dio ha seminato e coltivato in me, compreso quello che io non ho saputo far accrescere, attraverso un mio annientamento, io lo farei!" Eccellenza, mentre La ringrazio per la bontà che ha avuto nell'accogliere i miei scritti, resto in attesa di ricevere un Suo cenno di riscontro a questa mia, e Le porgo il mio cordiale saluto nel Signore e distinti ossequi. (Firmato Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, l08/38 -- 37131 VERONA Tel. 045-976530 o______O______o Nuova Rapportività tra Chierici e Laici, 16-11-87 Allegato alla Lettera a S.E. Mons. Somalo Eduardo MARTINEZ APPUNTI per una "Nuova Rapportività tra Chierici e Laici". l - Il discorso sulla "diaconia" nell'ambito delle espressioni di culto o dei servizi prettamente ecclesiastici, sia in riferimento all'uomo che (ancor più) in riferimento alla donna, non solo non chiarisce la vocazione e missione dei Laici, ma tende a confonderla. La valorizzazione del Laicato non la si può esprimere mediante "riconoscimenti onorifici" (seppur di carattere religioso), abilitando alcuni a certe prestazioni liturgiche. Un tale atteggiamento tenderebbe anzi ancora una volta a "svuotare di valore e di significato" l'espressione di fede cristiana "vissuta nel vivere quotidiano laico". tenderebbe a "clericalizzare" ancora di più non solamente il "fedele" ma anche la stessa "dottrina cristiana" relativa al fedele (laico), ponendo tale clericalizzazione come condizione privilegiata per avere un "riconoscimento ecclesiale". 2 - Il compito più grande cui oggi Dio chiama il Laicato cristiano è quello di costituirsi "partner alla pari" con il Chiericato. Il cammino di formazione percorso dai Chierici è oggi "monco e distorto" a motivo dell' "assenza" in loro del contributo laicale. Ma, come da un lato mancano oggi dei Laici che siano in grado di porsi come "partner nel cammino di formazione dei Chierici (da Seminaristi, da Presbiteri, da Vescovi)", così dall'altro lato mancano quei Vescovi (e Presbiteri) che siano disposti ad intraprendere questa "apertura" per "ricominciare una crescita integrata ed unitaria", "insieme con i fedeli laici". La "formazione congiunta" è quella cui oggi Dio ci chiama. 3 - 0ggi invece si ritrovano nella Chiesa queste due categorie: quella del Chiericato e quella del Laicato. Il loro graduale costituirsi, in particolare negli ultimi secoli, è proceduto in modo sempre più "divisorio"; più o meno inconsapevolmente si è giunti ad una fase tale che ciascuna delle due categorie ha perso la "conoscenza dell'altra": i Chierici sono oggi "incompetenti" su ciò che riguarda il Laicato (sempre nell'ambito della fede cristiana vissuta), ed i Laici sono oggi "incompetenti" su ciò che riguarda il Chiericato. Sono come due Chiese parallele e diverse, due religioni parallele e diverse, due cristianesimi paralleli e diversi. Tutto ciò non poteva non "snaturare" la stessa Fede cristiana, sia nell'uno che nell'altro gruppo. La "restitutio ad integrum" è il processo cui oggi Dio ci chiama; il momento centrale di questa chiamata dello Spirito è stato la celebrazione del Concilio Vaticano II. Ma tale Voce non è stata ancora recepita nella "Sua Verità". Tale processo richiede un lavoro di "ri-strutturazione" interiore prima che istituzionale, che non può che partire dalle Alte Autorità della Gerarchia ecclesiastica. 4 - Il Santo Padre riecheggerebbe la Voce dello Spirito Santo se invitasse i Laici ad "aiutare" nel loro cammino di crescita i Sacerdoti ed i Vescovi, come "fratelli nella stessa fede in Cristo Gesù", crescendo anch'essi insieme a loro. Ed invitasse nello stesso tempo i Vescovi ed i Presbiteri a "riscoprire la preziosità anche conoscitiva" che deriva dal "vivere concreto dei laici"; a "cercare costantemente il loro apporto", il loro consiglio, il loro discernimento; ad avere con loro uno "scambio reciproco" dei doni che Dio dà secondo la Sua Sapienza. Ed invitasse gli uni e gli altri a lavorare con "molta pazienza e misericordia reciproca", per "ricostruire insieme l'unità vitale" che abbracci le due componenti ecclesiali, senza cedere alla fatica o al senso di scoraggiamento. Ciò stimolerebbe il "senso di responsabilità" nei Laici, i quali prenderebbero così coscienza che la loro vocazione non si esaurisce in loro stessi, ma che essa sussiste nella unità ecclesiale, "anche per l'altro", anche cioè "per i Presbiteri ed i Vescovi”. Il loro contributo è indispensabile perché si abbiano Vescovi (e Presbiteri) santi, competenti e fedeli nella loro missione. I Presbiteri ed i Laici "si completano a vicenda": gli uni non possono fare a meno degli altri, pena la "snaturalizzazione" della loro stessa fede. Questa "apertura" che ho indicata non è attualmente presente nell'atteggiamento ecclesiale, né nei Laici né nei Chierici. Essa fa parte di quel "Nuovo 0rizzonte di Cristianizzazione" cui lo Spirito Santo oggi ci chiama. 5 - I Laici che oggi militano nelle varie Organizzazioni ecclesiali, o nei Movimenti di spiritualità ed in quelli socio-politici, non sono di già quelli che potrebbero costituirsi come "partner alla pari" (come detto al punto 2°) con i Vescovi e Presbiteri: se lo facessero porterebbero ulteriore scompiglio (e di fatto ciò sta succedendo in alcuni punti). Essi, se avvertono interiormente quella Vocazione, devono "aprirsi" ad un "nuovo orizzonte di Cristianesimo laicale", devono intraprendere un processo di formazione cristiana ed ecclesiale che si muove su altri presupposti diversi da quelli attualmente seguiti. 6 - Non è con l’ “imbottirli di Teologia" che si formano i "Nuovi Laici" di cui la Chiesa oggi ha tanto bisogno. Essi potranno germogliare da una "nuova prassi pastorale", iniziata con coraggio e generosità da Vescovi (e Presbiteri collaboratori), la quale assuma come suo presupposto l’ “ncontro umano reale", in cui il Vangelo viene a calarsi. E' quindi intrapresa da Vescovi che si sono resi realmente conto che la consacrazione episcopale (e così anche l'ordinazione sacerdotale) non chiedeva di "annullare in loro la laicità (della persona)", bensì di coordinarla ed investirla in ogni sua istanza "nel ministero pastorale" per l'Annuncio del Vangelo, per la cura dei fedeli, per la Testimonianza dell'Amore di Cristo. In questo "Nuovo Orizzonte", la Teologia assume un'altra valenza ed un altro significato, diversi da quelli che oggi le vengono attribuiti. 7 - La "valorizzazione" della "donna" (l'umanità femminile) è strettamente legata alla stessa valorizzazione dell’ “uomo” (l'umanità maschile). Tale valorizzazione perciò non può non incentrarsi nella "relazione coniugale tra marito e moglie". Attualmente, sull'importanza nella Chiesa della "coppia matrimoniale" e della "famiglia", e sui problemi che le riguardano, si è solo "teorizzato", peraltro spesso in modo superficiale. L'opera magisteriale e pastorale svolta da Sua Santità Giovanni Paolo II ha colto in pieno, nella sua essenzialità e nella sua verità umana e divina insieme, l'argomento, delineandolo con un complesso di proposizioni - ricche di teoresi, ma nello stesso tempo ricche di tensione pastorale concreta -, che sono di una estrema adeguatezza, sia relativamente alla realtà umana e cristiana trattata e sia relativamente al compito che lo Spirito Santo ha dato "a Lui", quale Pastore Unico della Chiesa Universale. Ma i Vescovi, Pastori nelle Chiese particolari, ed i Presbiteri loro collaboratori, nonché i vari Organismi ecclesiastici e gli Intellettuali cattolici, non hanno invece svolto "la loro parte" come lo Spirito Santo ha significato (e sta significando) loro in vari modi. Per cui la pastorale matrimoniale e la pastorale famigliare sono rimaste sul piano delle "discussioni intellettualistiche"! 8 - Anche questo problema - vitale ed essenziale per la Chiesa, non solo per il presente ma anche per il futuro - ci significa che il "Nuovo Apostolato" a cui dobbiamo portarci deve vedere dei Laici come "protagonisti accanto" ai Sacerdoti ed accanto ai Vescovi. Laici che non siano (e non esprimano) una pura "ripetizione" di ciò che già il Clero ha espresso ed esprime; ma che elaborino la loro fede cristiana, pur fondata nella S. Scrittura e nel Magistero della Chiesa, a partire dai "rapporti intra-famigliari concreti". L'ambito "coniugale e famigliare" ha la preminenza sull'ambito "sociale", ed anche su quello "socio-ecclesiale"; non tanto come preminenza temporale di un prima e un dopo, quanto piuttosto come preminenza "originaria e causale": il momento sociale che non avesse le sue "radici" nel momento famigliare è "cristianamente sterile". In questa prospettiva, per un sano e genuino apostolato dei Laici, l'apporto della donna, non solamente è "fondamentale" e di valore inestimabile, ma è anche "insostituibile". Come additare - nell'ambito di una Lettera Apostolica del Papa - alla Chiesa tutta una tale missione della donna, una tale missione della coppia coniugale, una tale missione della famiglia? Mi rendo conto quanto ciò sia difficile. Per questo, non cesso di pregare Dio affinché "suggerisca Lui" al Santo Padre anche il linguaggio, perché sia il più adeguato possibile ad esprimere con più verità quel Messaggio che lo stesso Spirito Santo suscita nella mente e nel cuore del Papa. 9 - Il quadro tracciato nei punti precedenti si riassume nell'affermazione che contrariamente alla concezione corrente - la Vocazione e Missione dei Laici nella Chiesa ha un suo momento attivo ineludibile in prima istanza "nei rapporti intra-ecclesiali”; per fermento e maturazione cristiana, si proietta conseguenzialmente verso il mondo umano extra-ecclesiale, e verso le strutture secolari della vita sociale. I contenuti di una "tale Vocazione" sono "nuovi" rispetto alla mentalità corrente; ma ci vengono indicati con vari segni dallo stesso Spirito di Dio che anima la Chiesa: noi dobbiamo prima ubbidire a Dio e poi agli uomini. 16 novembre 1987 (Firmato: Vittorio Noè) Anno 1988 Mons. Giovanni Battista RE, 12-01-88 Verona, 12 gennaio 1988 A Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Giovanni Battista RE Segretario della S. Congregazione per i Vescovi. 00120 Città del Vaticano Eccellenza Rev.ma, Avevo già inviato (nell'agosto del 1987) uno scritto a S.E.R. Mons. Lucas Moreira NEVES, con il quale gli chiedevo di potere conferire con lui di persona; non tanto per questioni di carattere istituzionale od amministrativo, quanto piuttosto perché attraverso un dialogo personale (svolto con lui, ed anche assieme ad altri di codesta Congregazione) potessi far loro conoscere quello che io ho avvertito dentro di me essere come un "Messaggio" di Dio alle Autorità ecclesiastiche. Mons. Neves fu poi trasferito (in Brasile, se non vado errando), e quindi quella mia lettera non poté avere risposta alcuna. Adesso,indirizzandomi a Lei che è il nuovo Segretario di codesta Congregazione, io Le rivolgo cortesemente la stessa richiesta; spero, nonostante i vari tentativi senza successo nel passato, di trovare nella Sua Persona una certa disponibilità ad "incontrarsi" con quanto sto cercando di far conoscere, e quindi una disponibilità a ricevermi almeno per un primo colloquio. I contenuti di tale "Messaggio", che Dio ha voluto per Sua grazia farmi conoscere lungo un ampio arco di anni della mia vita, riguardano la Chiesa tutta; ma in particolare le Alte Autorità che la governano, essendo tale Messaggio un "Invito Divino" ad un Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione, il quale richiede una "radicale presa di coscienza" circa la realtà che la Chiesa nell'epoca di oggi sta vivendo, non solo verso il suo esterno, ma principalmente "al suo interno". Allegato alla presente, Le invio un opuscolo che raccoglie le "Lettere" da me inviate a diverse Personalità ecclesiastiche; in esse è contenuta una piccola parte di quel "Messaggio", espressa necessariamente in forma sintetica. Il discorso potrebbe sembrare a prima lettura poco comprensibile: sarà il "Dialogo", che io sto chiedendo con insistenza, che potrà mettere più in chiaro quanto in quegli scritti si afferma. L'opuscolo delle "Lettere" è integrato da un altro opuscoletto, il quale raccoglie "altre Lettere" scritte successivamente nelle quali vengono poste in luce ulteriori contenuti del "Messaggio" che non erano stati menzionati nei precedenti scritti. Ecc.za, abbia la bontà di prendere visione, anche se gradatamente, del contenuto di quelle Lettere. Non è di me, né per me, che parlo; e non è per un mio interesse personale che mi sto battendo, anche se le mie forze sono scarse. Sento fortemente che è Dio che mi chiede questo; anzi, che "ci" chiede questo. Nell'ambito della S. Congregazione per i Vescovi, io ho già portato a conoscenza di questa richiesta di un dialogo -- oltre che S.Em. il Card.le GANTIN, a cui feci pervenire copia delle "Lettere" per le mani di Mons. Abresch, il 7.10.87 -- anche le seguenti persone: don Michele CASTORO (nel breve colloquio del 5.10.87) Mons. Pio ABRESCH (nel breve colloquio del 7.10.87) Mons. Marcello COSTALUNGA (per le mani di Mons. Abresoh) Cav. Dino GIANNINI (nel colloquio del 26.10.87) Mons. Vito GEMMITI (nel colloquio del 28.10.87) Vorrei ritornare a pregare ciascuno di costoro, così come prego adesso Sua Eccelle~za, affinché, per quello stesso amore che ci unisce alla Chiesa ed a Cristo, non venga ancora una volta rigettato questo mio "bussare" alle Autorità: se questo "Messaggio" che io porto in me dovesse essere proprio opera di Dio, e venisse sistematicamente respinto, verrebbe rigettato uno di quegli aiuti preziosi che lo Spirito Santo sta da tempo suscitando nella Chiesa; e ciascuno di noi, secondo la propria coscienza, dovrà renderne conto a Dio: non varrà nascondersi dietro la “Prassi Istituzionale”. Perciò, come pregavo caldamente S.E.R. Mons. Somalo E. MARTINEZ, nella lettera inviatagli il 16.11.87 -- affinché facesse sì che al Papa non venissero sottratti quei contributi che lo Spirito Santo gli indirizzasse --, così io adesso prego Sua Eccellenza affinché alla S. Congregazione per i Vescovi -- cui è affidato un compito estremamente vitale e nevralgico per l'intera operatività ecclesiale -- non vengano sottratti quei contributi che lo stesso Spirito Santo gli indirizzasse, ancorché il canale di cui Egli volesse servirsi fosse un semplice laico, il più insignificante. Questo riferimento particolare che io sto facendo nell'indirizzarmi a codesto Dicastero è in considerazione del compito cui sono chiamati coloro che operano in esso. Così il S. Padre si esprimeva rivolgendosi amorevolmente a Lei, nella Omelia per la sua Ordinazione episcopale, il 7 novembre u.s.: "”... A questo sei ora destinato, carissimo fratello Giovanni Battista. ... Ora ti ho destinato all'incarico di Segretario della Congregazione per i Vescovi: è il Dicastero che, come suo compito principale, collabora con il Successore di Pietro presentando alla sua scelta i Candidati all'episcopato, quali li delinea per la Chiesa universale il Vaticano II. ... Collaborerai a questo grande scopo: aiutare il Papa a dare alla Chiesa Vescovi santi, ai quali Cristo stesso confida, come dice il Concilio, "il mandato e la potestà di ammaestrare tutte le genti, di santificare gli uomini nella verità, e di pascerli ... (come) veri ed autentici Maestri della Fede, Pontefici e Pastori" ... "" Ora, i primi destinatari di quel "Messaggio" di cui io parlo sono i Vescovi; attraverso di loro, lo sono poi i Presbiteri che operano nelle singole Chiese locali, e quegli Intellettuali cattolici che collaborano con il Clero, in un modo o nell'altro. L'anelito che accompagna questo mio scritto contiene anche un fervido augurio indirizzato alla Sua Persona: che il suo lavoro in questa nuova mansione affidataLe, svolto in collaborazione con altri, sia per la Chiesa l'inizio di un nuovo fermento di missionarietà; che la sua azione contribuisca a che la Congregazione indirizzi verso l'episcopato Sacerdoti che abbiano conseguito una formazione spirituale generosa e coraggiosa, una maturazione umana realistica, una preparazione culturale aperta ad un dialogo sul concreto e non soltanto sull'ideologico; Sacerdoti nel cui animo la Fede e l'Umano si integrino reciprocamente nell'Unità della persona stessa, dando luogo alla "vera ed efficace competenza ministeriale". Tale competenza deriva la sua veridicità e la sua efficacia da una capacità di profondo discernimento, ad ampio orizzonte, circa la Fede ed insieme circa l'Umano; e sarà una competenza nella quale la loro Fede troverà il canale per una reale traduzione nell'umano concreto dell'Annuncio del Vangelo di Cristo Gesù. Tutto ciò richiede nella persona del Sacerdote una profonda capacità di "Amare": "amore verso Dio" in una continua dialettica con l' "amore verso l'Uomo". Queste mie considerazioni richiedono siano accompagnate da questa osservazione. Purtroppo, quando si propone del "nuovo", i contenuti delle parole utilizzate tendono ad essere equivocati; nel senso che i significati che vengono fatti corrispondere da parte del destinatario dello scritto non coincidono più con quelli che invece si intende sottolineare da parte dell'autore di quello scritto. Da qui, la necessità di un "dialogo di persona" affinché si riducano i fraintendimenti. E adesso, in attesa di un suo riscontro, passo a porgerLe il mio più cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel.045-976530 o______O______o Mons. Marcello COSTALUNGA, 16-01-88 Verona, 16 gennaio 1988 Al Rev.mo Mons. Marcello COSTALUNGA Sotto-Segretario della S. Congregazione per i Vescovi 00120 Città del Vaticano Rev.mo Monsignore, In data del 12 gennaio u.s. ho inviato (a mezzo di plico raccomandato) una lettera a S.E.R. Mons. Giovanni Battista RE, il nuovo Segretario di codesta Congregazione. Ad essa (lettera) ho allegato due opuscoli, che raccolgono dei miei scritti relativi ad un Progetto di "Nuovo Apostolato". Una "raccolta parziale" di quegli scritti l'avevo fatta pervenire anche a Lei, per mano di mons. Pio Abresch, il 7.10.87. Mi permetto con questa breve lettera di sollecitare quelle persone operanti in codesta Congregazione, ed alle quali ho dato anche copia di quegli scritti, invitandole ancora a prendere in seria considerazione quanto ho esposto in quelle "Lettere"; le invito inoltre a parlarne eventualmente anche con altri che io non ho conosciuto, e che potrebbero forse più volentieri condividere con me l'iniziativa. Le persone con le quali io ha già parlato sono: don Michele CASTORO, mons. Pio ABRESCH, Cav. Dino GIOVANNINI, mons. Vito GEMMITI. Le avevo pregate di discutere la cosa insieme e facendo capo a Lei, mancando allora il Segretario, per poi parlarne con S.Em. il Card.le GANTIN. Sia voi che io, anche se in campi diversi, ci spendiamo per Nostro Signore Gesù Cristo; vi prego perciò di cogliere questa comunione di ane1ito missionario. Ribadisco che non si tratta di un apostolato che possa cominciare "ex abrupto" nelle parrocchie e con i Laici soltanto (anche se ciò non è escluso), ma si tratta di una prospettiva che può attuarsi con efficacia solo se parte da una prima ricezione da parte di Vescovi. Quello che io chiedo ora a codesta Congregazione è di essere ascoltato, affinché coloro che sono demandati alla "segnalazione" di potenziali Vescovi vengano a conoscere questo Nuovo Orizzonte di Cristianizzazione, sotto certi aspetti "radicalmente nuovo" pur essendo sempre saldamente fondato sull'Insegnamento del Vangelo e sul Magistero e la Tradizione dalla Chiesa. Se il personale addetto riuscisse a cogliere la bontà e la preziosità per 1a Chiesa di questo Progetto, ed a vedere che esso è realmente un "Messaggio" che Dio sta volendo porgere alle Autorità ecclesiastiche, i frutti che deriverebbero da un tale rendersi conto sarebbero molteplici. In primo luogo, l'operatività della Congregazione si orienterebbe (nella scelta dei futuri Vescovi) utilizzando nuovi criteri, i quali, pur conservando molti dagli elementi attua1mente presenti, si fonderebbero anche su contenuti nuovi, quelli che io nei miei scritti ho indicati come più realistici, più efficaci, più conformi allo spirito genuino del Vangelo. Da ciò scaturirebbe che nella Chiesa si aprirebbe un cammino verso un modo più veritiero e più efficace di vivere e svolgere la ministerialità episcopale; e da esso, per conseguenza, un cammino verso una nuova prospettiva per la formazione dei futuri Sacerdoti. Il tutto, per uniformarci realmente alla Voce dello Spirito che ci chiede insistentemente di rinnovarci, di essere più fedeli alla Sua sequela cha non alle nostre ideologie, di essere più coraggiosi nel confidare sulla Parola di Gesù, di portarci verso una missionarietà che sia più "realisticamente umana", pur non essendo per ciò stesso "del mondo". Il Figlio di Dio ha assunto la natura umana nella sua pienezza; è venuto "nel mondo", "in mezzo agli uomini", ma non era "del mondo": l’ “uomo" e il "mondo" sono due cose ben diverse. Una seconda utilità che si conseguirebbe è questa. Voi che operate in codesta Congregazione avete una certa conoscenza (anche se parziale) dei Vescovi che sono stati nominati; ed avete anche una certa conoscenza di altre persone del Clero che operano in Italia, quelle che mostrano qualità e attitudini che comunemente vengono reputate buone premesse per il ministero episcopale. Per quello che vi sarà stato possibile recepire del Progetto che sto cercando di farvi conoscere, potreste in conseguenza "suggerirmi" nominativi di persone (Vescovi o Sacerdoti) che maggiormente sembrano "aperti verso questo Nuovo Orizzonte" da me indicato; persone con le quali io potrei tentare di prendere dei contatti: facilitereste in tal modo il Cammino a quel "Messaggio" di Dio alla Chiesa. Un terzo beneficio ne deriverebbe se codesta Congregazione si orientasse -- in linea del tutto "privata", cioè di persone che operano in essa, e non in linea amministrativa o ufficiale istituzionale -- verso un atteggiamento di "nihil obstat". I vari Vescovi ai quali io mi sono rivolto, o quelli ai quali mi potrei più avanti rivolgere, con minore riluttanza prenderebbero in esame la mia proposta di un Dialogo con loro, per una prima attuazione del "Messaggio"; avrebbero cioè un atteggiamento meno restio, in quanto non ci sarebbe il timore di quella incognita che una loro iniziativa in favore di questo Progetto possa suscitare "in alto loco" delle critiche poco piacevoli. Come vede, monsignore, non si tratta di iniziative da prendere a livello istituzionale, almeno nella prima fase: quando sarà il momento, Dio stesso ci suggerirà i passi giuridici più opportuni. Quello che Dio adesso ci chiede è di "operare il rinnovamento (quello da Lui stesso indicatoci) a livello di persone", nell'ambito della Gerarchia ecclesiastica. Questo rinnovamento non è un processo che può avvenire di colpo: esso richiede un "cammino" faticoso, ed anche un "inizio" faticoso. L’ “inizio” di cui parlo è costituito da quell'evento per cui -- come ho detto più sopra -- alcune delle Autorità ecclesiastiche giungono a "cogliere la bontà e la preziosità per la Chiesa di questo Progetto, ed a vedere che esso è realmente un "Messaggio" che Dio sta volendo porgere alle Autorità ecclesiastiche". Per giungere a questo "inizio del Nuovo Germoglio” occorre aprirsi e "lavorare di dialogo"; ma se a questo mio impegnarmi in tale compito, dietro l'Invito del Signore, non viene ad associarsi quell'altro impegno di almeno alcune delle Autorità dell'Alta Gerarchia della Chiesa, il "cammino" non potrà avere il suo "inizio". Anche se sino ad oggi non sono riuscito, non solo a far cogliere la validità di quel Progetto, ma neanche a farlo conoscere nella sua realtà, io "credo" che quanto mi si è presentato come "Messaggio" di Dio alla Chiesa è veramente tale: il suo evolversi è stato accompagnato da diversi "segni", interiori ed esteriori, i quali mi confermavano sempre di più in questo mio "sentire", in questo mio "cogliere la Voce dello Spirito", che si esprimeva non solo nel mio Interiore ma anche -- come vedevo attraverso varie vie -- in altri punti della Chiesa. Voglio infine aggiungere che lì in Roma -- ospite del Seminario Lombardo (in P.zza S. Maria Maggiore) per svolgere studi teologici -- soggiorna un Sacerdote, don Francesco SANDRIN, che proviene dalla diocesi di Padova: egli mi conosce già da diversi anni (me e la mia famiglia). E' a conoscenza di questa mia ricerca di un Dialogo per un Nuovo Apostolato; se lo reputate utile, potreste invitarlo per uno scambio di opinioni. Termino adesso, nella speranza di fede che lo Spirito Santo ci illumini e ci faccia sentire con chiarezza la Sua Voce; resto in attesa di leggere un suo scritto, e Le invio intanto i miei più cordiali saluti nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel.045-976530 o______O______o Card.le Agostino CASAROLI, 24-02-88 Verona, 24 febbraio 1988 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Agostino CASAROLI c/o Segreteria di Stato 00120 Città del Vaticano Eminenza, Mi perdoni se sto osando importunare anche lei: non lo farei se non mi spingesse a ciò una forza interiore che si origina dalla mia Fede verso il nostro Dio. Da alcuni anni sto cercando - interpellando anche per lettera, oltre che alcuni Vescovi diocesani, anche Prelati della Curia Romana - un Dialogo con le Autorità ecclesiastiche, per comunicare loro certe intuizioni che, lungo il corso di parecchi anni, sono sorte in me nei momenti di particolare rapporto con Dio. Tali intuizioni - che io sono certo, per diversi "segni", provengono da Dio riguardano le necessità della Chiesa nel momento storico che oggi sta vivendo: riguardano in particolare le Alte Autorità ecclesiastiche (l'operatività dei Vescovi Pastori di anime nelle varie diocesi, l'operatività dei Dicasteri Romani in quanto coordinatori della stessa azione evangelizzatrice della Chiesa); e riguardano l'attuale Sommo Pontefice Karol Wojtyla. Le mie molteplici richieste non hanno trovato accoglienza alcuna. Rivolgendomi adesso a Sua Em.za, vorrei potere farLe capire l'urgenza che io incontri personalmente il Santo Padre, per riferire a Lui quanto Dio, per sua grande bontà e misericordia, mi ha significato a riguardo il suo ministero petrino, ed a riguardo il Nuovo Cammino cui Gesù Cristo stesso sta chiamando oggi la Sua Chiesa. Lo so che queste mie parole, umanamente parlando, non possono riscuotere credibilità da parte di alcuno; ma io ugualmente, confidando nella Sapienza imperscrutabile di Dio, insisto nel cercare un briciolo della Vostra fiducia, perché è Egli che mi sollecita a ciò. Riconosco la mia poca Fede; riconosco il mio tentennare, la mia poca generosità, la mia paura, con cui mi sono aperto alla Parola di Dio: tutte queste mie debolezze (ed altre) sono state (e sono) un grosso intralcio nell'accogliere gli Inviti rivoltimi dallo Spirito Santo, e nell'adoperarmi perché svolgessi realmente quel compito cui Dio mi ha chiamato, anche se esso per me resta sempre nel mistero. Recentemente (nel mese di novembre u.s.) ho inviata una lettera a S.E.R. Mons. Somalo Eduardo MARTINEZ, con acclusi altri miei scritti riguardanti quelle intuizioni, da me avvertite come un "Messaggio" di Dio alla Chiesa, perché i suoi Pastori si portino verso un "Nuovo Apostolato". Se Sua Em.za si volesse degnare di prendere in considerazione questa mia richiesta di un Dialogo, e volesse intanto prendere visione personalmente dei miei scritti, io (a sua richiesta) gliene farei pervenire copia anche a Lei, a stretto giro di posta; nella speranza di poterLa poi incontrare di persona per un abboccamento chiarificatore. Le accludo intanto, per sua migliore conoscenza, fotocopia della lettera inviata a Mons. Martinez -- nonché degli Appunti, stilati su quattro fogli, sul Rapporto Chierici-Laici -- e sua relativa risposta fattami notificare per il tramite del Vescovo di Verona. Apprezzo senz'altro, sia in Mons. Martinez sia in Mons. Amari, la gentilezza riguardosa con cui mi hanno risposto; tanto che... non ho osato insistere presso di loro, per far capire l'inderogabile necessità per la Chiesa che quel "Nuovo Apostolato" -- di cui ho potuto dare solo dei brevi cenni nei miei scritti -- venga attuato. Nell'animo mio è rimasto tuttavia un sentore che la mia richiesta, ed il contenuto dei miei scritti, fossero stati fraintesi, e giudicati conseguentemente come delle "mie pretese fuori luogo". Nel mio mondo interiore di preghiera e di unione con Dio, ho sentito però ancora una volta risorgere l'Invito dello Spirito a continuare nel "bussare", nel "ricercare l'Incontro", l'incontro con quelle Personalità ecclesiastiche cui Dio stesso avesse dato la Sua luce perché potessero recepire questo Suo Messaggio nell'oggi. Ed io "devo ubbidire a quell'Invito". Eminenza, La prego di volermi perdonare se L'ho importunata; ma La prego anche di voler rivolgere il suo ascolto verso la Voce dello Spirito, che ci sta indicando, con "segni misteriosi" eppur tangibili, il Nuovo Cammino: ogni giorno io Lo prego affinché apra Lui (vista la mia impotenza ed inettitudine) la strada a questo Suo Messaggio, indirizzato prioritariamente alle Alte Autorità della Chiesa. Resto in attesa di una sua risposta. Voglia intanto gradire il mio deferente e cordiale saluto nel Signore. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 -- 37131 VERONA Tel.045-976530 o______O______o Card.le Edouard GAGNON, 25-06-88 Verona, 25 giugno 1988 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le Edouard GAGNON c/o Pont. Consiglio per la Famiglia 00120 CITTA' DEL VATICANO Eminenza Rev.ma, Da alcuni giorni vivo in me una notevole trepidazione per l'evolversi della situazione riguardante il rapporto tra S.E. Mons. Marcel LEFEBVRE e l'Alta Autorità ecclesiastica. Proprio ieri l'Oss. Romano pubblicava al riguardo una "Nota informativa" della Santa Sede, ed il "Monito" a Mons. Lefèbvre da parte della Congregazione dei Vescovi. So di non avere alcun diritto di interferire nella questione; ma l'amore per Nostro Signore Gesù Cristo, e quindi l'amore per la Sua Chiesa, mi portano a "partecipare nello spirito" a questo dramma ecclesiale. In questi ultimi otto mesi ho cercato di conoscere un po’ meglio i termini della divergenza; pur non potendo dire di essere giunto addentro nella questione, posso dire di aver cercato di "comprendere alla Luce di Dio", chiedendo, nella preghiera e nei momenti della giornata in cui colloquio con Lui, un raggio della Sua Sapienza. La "Voce interiore", che da molti anni avverto dentro di me e mi guida -- nonostante le mie molte limitatezze, debolezze ed indegnità; Voce che io non ho dubbi derivi dallo stesso Spirito Santo che è presente nella Chiesa --, mi ha fatto vedere "contenuti impliciti" presenti nella materia di divergenza tra Lefèbvre e le Autorità Vaticane. Sua Emin.za conosce bene la questione, avendo tra l'altro compiuta per incarico del Santo Padre una visita alla Fraternità S. Pio X nel periodo nov. - dic. '87. Quello che ora sto per dirLe mi trova molto piccolo e troppo indegno, e Lei stesso potrebbe giudicarlo presuntuoso; ma se lo esprimo a lei è per "ubbidire alla stessa Voce" che me lo ha fatto conoscere. Nella "posizione teologica e pastorale" assunta da Mons. Lefèbvre "c'è il germe dello Spirito Santo", sebbene misto ad inevitabili accomodamenti umani. Lo Spirito sta volendo parlare alle Alte Autorità della Sua Chiesa anche attraverso Lefèbvre. Il Messaggio che, nell'insieme del discorso di Lefèbvre, Cristo ci porge in un modo non conforme alla logica umana, né conforme ai canoni del diritto che l'Istituzione ecclesiastica si è dato, non è stato "recepito" da quelle stesse Autorità che governano la Chiesa, le quali pur hanno come compito anche quello di saper discernere ciò che viene da Dio, ed accoglierlo; questo perché quelle persone si sono più preoccupate di "condannare" le distorsioni (peraltro, inevitabili in ogni manifestazione umana del divino) con cui Mons. Lefèbvre (assieme ai suoi sostenitori) ha cercato di tradurre lo stesso Messaggio che Dio ha posto in lui. E così, col pretesto di togliere la zizzania, esse stanno gettando via anche il Seme della Parola di Dio, a cui la zizzania si era mescolata per opera del Maligno. Questo, Eminenza, lo avverto "con una chiarezza tutta particolare"; e sarei disposto a "testimoniarlo" con la mia vita, come si testimonia una "manifestazione di Dio" che, nella sua infinita misericordia "si comunica a noi" per chiamarci alla Sua Verità. Ancora un'altra indicazione devo comunicarLe, che mi viene dalla stessa "Voce". Il Concilio Vaticano II non è stato colto nella sua Verità di Messaggio dello Spirito Santo, né dal Popolo di Dio né dalle Autorità in esso costituite. Non voglio qui parlarle della "grossa confusione interpretativa" in cui sarebbero caduti teologi e giuristi; sarebbe troppo lungo. Ma devo dirLe che un grosso guaio per la Chiesa è stato (ed è) quello: che i "dottori" (nella Chiesa) non si sono mai consultati con i "santi". Sono molti gli elementi essenziali in un Messaggio divino che solamente il "santo" può "cogliere", e non il semplice "dottore della legge" (canonista o teologo). Questa falsa interpretazione che è stata data ai documenti del Concilio, ed all'insieme di quell'evento peculiare, ha arrecato veramente molto danno alla Chiesa. La discussione tra Lefèbvre e la Santa Sede, avendo chiamato in causa "problemi teologici" e "problemi giuridici", si è andata evolvendo sino a far assumere a ciascuna delle due parti delle "posizioni" "giuridicamente incompatibili tra loro"; ma all'inizio della divergenza non era così: il problema essenziale era di natura diversa. L’ "incomprensione di fondo" tra le due parti, evolvendosi nel perdurare del conflitto di divergenza, ha portato le due parti ad un "assurdo": è assurda, infatti, ed "ecclesialmente contraddittoria" la condanna di quanto sostenuto da Lefèbvre; e lo stesso pensiero di Lefèbvre si è portato verso forzature o verso atteggiamenti contraddittori. Il "falso" nella interpretazione del Concilio ha generato il "falso" della condanna di Lefèbvre. Eminenza, già nel luglio dell’ ‘87 Le feci pervenire una raccolta di mie "Lettere", inviate a varie componenti della Autorità ecclesiastica. Sua Em.za fu così cortese che mi fece rispondere in merito, anche se con un breve biglietto, dal sottosegretario Mons. Gil Hellin; con questi ebbi poi, il 29 ottobre successivo, un colloquio, nel quale potei tra l'altro apprezzare la cortesia della persona e la dedizione con cui tendeva a svolgere le mansioni che la Chiesa gli aveva affidato. Ho voluto ricordarLe questo, perché potesse riallacciarsi meglio alla persona che Le sta scrivendo; ed inoltre per esprimerle la speranza che questa mia lettera presente non abbia a trovare ancora lo stesso rifiuto che hanno trovato quelle altre lettere presso i loro destinatari. Nel giugno dell’ ‘86 inviai una lettera a Sua Santità; lettera che successivamente appresi non essere giunta al destinatario, perché nelle tappe intermedie era stata reputata di nessun valore dato che di nessun valore era il suo mittente. In seguito ho cercato ancora di giungere al Papa. Non posso adesso, Eminenza, non esprimerLe questa considerazione, in base a quello che ho vissuto e vivo dentro di me: se avessi potuto conferire con Sua Santità Giovanni Paolo II, la questione di Mons. M. Lefèbvre non si sarebbe portata a tale estremo, quello di rischiare uno "scisma" dalle conseguenze imprevedibili. Anzi, ho tanti buoni motivi per asserire che essa si sarebbe risolta "con gran beneficio" per tutta la Chiesa. Quanto infatti io volevo esprimere al Papa aveva riferimenti diretti con i termini della divergenza con Lefèbvre. Il 24 febbraio scorso -- sotto la sollecitazione della stessa "Voce" interiore, che mi faceva sentire come nella Chiesa stessero per accadere cose di una certa gravità -- inviai una lettera a S.Em. il Card.le A. CASAROLI. In essa, ancora una volta, ed anzi in tono più accorato, io manifestai la tensione del mio spirito con queste parole: "... vorrei potere farLe capire l'urgenza che io incontri il Santo Padre, per riferire a Lui quanto Dio, per sua grande bontà e misericordia, mi ha significato a riguardo il suo ministero petrino, ed a riguardo il Nuovo Cammino cui Gesù Cristo stesso sta chiamando oggi la Sua Chiesa". La risposta della Segreteria di Stato, comunicatami tramite il mio Vescovo con biglietto del 18 marzo '88, fu ".. che non si vede opportuno che egli continui ad insistere con le sue istanze e con l'invio di altri suoi scritti". Ed il mio Vescovo aggiungeva: "Nel compiere l'incarico che mi è stato affidato la prego di volersi attenere alle indicazioni già altre volte a lei offerte ed ora categoricamente riaffermate". Eminenza, nel rivolgermi adesso alla sua persona La prego di prendere in considerazione quanto Le ho sin qui manifestato; e quanto adesso Le aggiungo: che cioè, sarebbe un errore molto grave, dannoso per la Chiesa, se venisse inflitta la scomunica a Mons. Marcel Lefèbvre. Anche questo lo avverto con chiarezza come "Voce di Dio", che lui stesso mi dice di riportare a Voi, Capi nella Chiesa. Scongiuro Voi tutti, nel nome di Cristo Gesù: non lasciatevi prendere dal "dominio mediante il potere del diritto", perché così la Chiesa si auto-danneggerebbe per l'abuso - fatto dai suoi stessi ministri -- di quegli strumenti (la teologia ed il diritto) che essa si era costruiti per meglio e più efficacemente "operare in Cristo". Al di sopra del diritto e di ogni documento ecclesiale ci sta sempre "Nostro Signore GESU' CRISTO"! E' Cristo la nostra vera Legge! non il diritto canonico, né le formulazioni teologiche: la loro validità è sempre soggetta alla Carità di Cristo. Ciascuno, "personalmente" dovrà rendere conto a Dio del proprio operato, dell'uso che ha fatto di ciò che Egli gli ha affidato per il "bene della Chiesa": non si potrà nascondere dietro le istituzioni, quasi per auto-giustificarsi. Riferisca, Eminenza, di questo mio scritto, al Santo Padre; in privato, senza passare attraverso la Segreteria di Stato. E gli aggiunga questo. La stessa "Voce" mi ha significato che da circa due anni Sua Santità Giovanni Paolo II non si muove più in quella stessa "sintonia" con i Disegni di Dio, come aveva fatto negli anni precedenti. Forse perché il contesto della Gerarchia ecclesiastica procede su vie difformi da quelle che Dio ha significato loro per varie vie, sin dall'inizio del suo pontificato: il Santo Padre non ha potuto così recepire (e quindi attuare) le fasi successive del compito da Dio assegnato "a lui". Dio però continua ad assistere Giovanni Paolo II. Vi sono cose ancora, che non posso però manifestare ad altri: spero che Dio, nella sua infinita misericordia, mi apra Lui la strada per giungere al Papa, prima che sia troppo tardi. Allora la Chiesa andrà incontro ad un numero sempre maggiore di ferite: non avendo noi "compreso" il Messaggio di Dio, Egli ce lo farà comprendere "demolendo la nostra superbia", con colpi dolorosi e con umiliazioni. Eminenza, Le ho manifestato una parte del mio spirito, così come avrei voluto fare con Sua Santità. Che Iddio vi illumini e vi guidi Lui: ma, per questo, ... occorre tanta umiltà, e tanto amore; "amore" per la "Chiesa reale" (fatta di uomini credenti, in carne ed ossa), molto più che non per la "Chiesa legale" (fatta di Codici e di Teologismi cavillosi). La ringrazio di avermi ascoltato con pazienza: Iddio... faccia il resto. Un cordiale saluto nel Signore, e distinti ossequi. o______O______o (Firmato: Vittorio Noè) Card.le GANTIN Bernardin, 29-06-88 Verona, 29 giugno 1988 A Sua Eminenza Reverendissima Sig. Card.le GANTIN Bernardin c/o S. Congregazione per i Vescovi 00120 CITTA' DEL VATICANO Eminenza Rev.ma, Non ho parole per esprimerLe tutta quella amarezza che ha suscitato in me il "Monito" che l'Alta Autorità ecclesiastica, nella persona di Sua Eminenza quale Prefetto della Congregazione per i Vescovi, ha inviato in data 17 giugno u.s. a S.E. Mons. Marcel LEFEBVRE. Non è il mio un dolore soltanto per la pena canonica ed ecclesiastica inflitta a quel Vescovo -- reo soltanto di divergenze di ordine pragmatico, ma in piena comunione con la "Fede della Chiesa" --; è un dolore che principalmente si origina dal constatare come ancora una volta -- e questa volta in modo più forte e più esplicito ed aperto -- le Autorità che governano noi fedeli si vengono a trovare, ad un certo momento di una questione, costretti dalla stessa legislazione a muoversi con criteri che sono più da organizzazione di uno "Stato laico totalitario" con finalità puramente terrene ed unilaterali, che non da organizzazione di una "Ecclesia" che vive di quella Fede donataci da Nostro Signore Gesù Cristo. Se ci portiamo verso un'ottica diametralmente opposta a quella che ha suggerito quell'intervento "fratricida", scopriremo che è "in nome della Fede", e non più in forza di un articolo di codice di diritto canonico, che andrebbe espresso un "monito" da parte della "Comunità Ecclesiale" tutta, nei confronti di quelle persone ricoprenti alte cariche nella Chiesa, responsabili "di fatto" di questo passo giuridico; e mi addolora profondamente che "de jure" tale responsabilità viene riferita al Sommo Pontefice. Eminenza, mi consenta di fare alcuni riferimenti, poiché i recenti sviluppi che il caso Lefèbvre ha avuto aggiungono ai miei occhi un nuovo senso a certi passi da me tentati presso le Autorità ecclesiastiche. - Il 7 ottobre dello scorso anno mi recai alla S. Congregazione per i Vescovi; dopo un breve abboccamento con Mons. Pio Abresh, gli consegnai una copia della raccolta di mie "Lettere" inviate a varie Personalità ecclesiastiche, con preghiera di farla pervenire a Sua Eminenza; - il 26 ottobre successivo, ebbi un colloquio con il Cav. Dino Giovannini, anch'esso ufficiale (laico) presso la stessa Congregazione; - dopo due giorni ancora, mi incontrai con Mons. Vito Gemmiti (della medesima Congregazione) per un colloquio, che fu cordiale; - il 1? novembre scrissi una lettera a Mons. Abresh, sollecitandolo per poter avere un incontro più aperto con i componenti della S. Congregazione; - il 12 gennaio '88 inviai una lettera a S.E. Mons. Giovanni 8attista RE, nuovo Segretario della medesima Congregazione; - il 16 gennaio successivo inviai una lettera a Mons. Marcello Costalunga, Sottosegretario. Ebbene: sembra una cosa assurda, ma tutte queste mie istanze non hanno trovato risposta alcuna, di nessun genere! Le stesse mie lettere... non sono state degnate neanche di una breve risposta di riscontro! Ho voluto fare questo riferimento, perché quel "dialogo" che io chiedevo a codesta Congregazione, onde esprimere a chi di pertinenza certe riflessioni di notevole importanza per la prassi ecclesiale, avrebbe portato a delle tematiche in stretta relazione con la posizione assunta ed espressa da Mons. Lefèbvre. Un tale dialogo, se fosse stato aperto e portato avanti, avrebbe potuto fornire dei contributi non indifferenti ai fini della risoluzione di quel conflitto di divergenza tra le Autorità Vaticane e Lefèbvre. Ma quelle varie persone da me interpellate -- e fra queste, anche Sua Eminenza, -- hanno creduto di non doversi dare seguito a delle richieste... provenienti da un laico sconosciuto! Ecco che anche questo riferimento di eventi tenderebbe a dimostrare che non è la "Fede che vi anima" nell'assolvere i vostri compiti, bensì il Diritto Canonico, e Teologico, che vi gestisce! Ma io spero che nella maggioranza dei casi non sia così. Intravedo nel mio spirito che l'atteggiamento da Voi assunto nei confronti di Mons. Lefèbvre apporterà molto più danno alla Chiesa, di quanto non ne possa apportare l'insieme dei punti discutibili sostenuti da quel Vescovo. Con quella scomunica inflitta a Lefèbvre, le Autorità di Roma proclamerebbero che "prima" viene il Diritto e la Teologia sostenuta da chi detiene l'Autorità giuridica, e "poi" viene la Fede - che, di fatto, stando così le cose, "potrebbe anche non esserci": tanto, chi se ne accorgerebbe? -- Presbiteri e Vescovi di tutta la Chiesa potrebbero "non avere la Fede", e continuare ugualmente a svolgere in pace la loro mansione: l'importante sarebbe l' "ubbidire agli ordini di Roma", e non commettere "infrazioni al Codice di Diritto canonico" in modo manifesto! E questa, non è forse la più grande delle "eresie"??? non é una "apostasia latente"??? Non saremo divenuti così dei "sepolcri imbiancati"??? Quella scomunica comminata dal "Monito" di codesta Congregazione è un "assurdo"; è uno "scandalo" per tutti i Vescovi, i Presbiteri, i Fedeli tutti che guardano a Roma; è uno scandalo per i Seminaristi, perché indirettamente dice loro che... la "Fede" viene dopo il Diritto e la Teologia. Quale apostolato potranno poi svolgere tali preti? Eminenza, spero che Lei riesca ad intuire, anche se ciò potrebbe non esserLe facile, che è l'amore per Nostro Signore Cristo Gesù, e per la Sua Chiesa, che mi induce a questa mia apertura a Lei. Spero che non interpreti le mie parole come una "accusa denigratoria”, o una "indebita critica" all'operato delle Autorità. La mia vuole essere invece quella "umile correzione fraterna fatta nella Fede e nella Carità", che Cristo stesso ci ha caldamente raccomandato. Se non amassi la Chiesa, se non amassi le Autorità in essa poste per guidarla... non me ne sarebbe importato nulla! Sono molti i Presuli (Cardinali e Vescovi, oltre che i Presbiteri) che in questa circostanza "stanno tradendo la Chiesa" "con il loro silenzio (nei vostri confronti)" camuffato di "ubbidienza": tanto loro... ne verranno fuori sempre "puliti"; se più avanti ci si accorgerà di aver commesso un grosso errore, la colpa cadrà sempre sulle Congregazioni (magari in forma anonima) e sul Papa: ma loro... non c'entrano! E' così che si "aiuta fraternamente" il Governo della Chiesa? Questi sono dei "mercenari", cui preme "salvare la propria pelle", non sono l'immagine del Buon Pastore che dà la propria vita per la Chiesa, che rischia anche il proprio "buon nome" pur di salvare la Chiesa da un pericolo! Io sono l'ultimo dei figli della Chiesa; ma credo che qualche briciola della grazia divina sia giunta anche a me: attraverso i Sacramenti, e la mia continua ricerca di Fede, sostenuta dallo stesso aiuto divino; e credo che il Padre nostro comune che sta nei cieli abbia coltivato questo briciolo di Grazia sua, che sono riuscito a raccogliere, con lo stesso Amore con cui Egli cura tutta la Sua Vigna. In questo rapporto d'amore con Dio e con la Sua Chiesa, io sento che nel quadro d'insieme (circa la Fede, e la Dottrina della Fede) sviluppato e sostenuto da Mons. Lefèbvre, anche nella parte in cui è in divergenza con le Autorità del Vaticano, "c'è la Presenza dello Spirito Santo". Una Presenza che vuole significare alla Sua Chiesa qualcosa di molto importante. I confratelli nell'Episcopato (di Mons. Lefèbvre) e le Autorità non hanno compreso questo "Messaggio" rivolto alla Chiesa dallo Spirito attraverso Lefèbvre; si sono preoccupati più del "negativo da condannare" che del "positivo da comprendere", ed "accogliere". E' questo “equivoco assurdo e contra-Fidem" che provoca in me un senso di "lacerazione fraterna"; e non Le posso nascondere che ciò mi porta a "compartecipare con la Chiesa tutta", nel suo mistero universale e nel suo mistero di Presenza mistica del Corpo di Cristo, ed a rivolgermi a Dio con le stesse parole di Gesù: ""Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!”” Non sanno il male che stanno facendo alla stessa Chiesa cui dicono di servire ed onorare! Anche se non ho avuto la fortuna di conoscerla personalmente, al termine di questo mio scritto sento il bisogno di salutare Sua Eminenza "nella Carità fraterna di Gesù"; e nello stesso tempo sgorga dal mio intimo una preghiera silenziosa che Gesù stesso accompagni queste mie parole perché portino a Lei quello che Lui stesso sento che mi ha suggerito. Riferisca, Eminenza, al Santo Padre di questo mio scritto; e riferisca anche al Card.le Innocenti, se ciò non contravviene ai regolamenti interni delle Congregazioni; perché queste mie accorate parole avrei voluto rivolgerle anche a lui, che presiede la Congregazione per il Clero, e porta quindi il problema posto dai Sacerdoti che hanno "condiviso" le posizioni di Lefèbvre. Si ricordi di me nelle sue preghiere, e mi pensi come un "amico in Cristo Gesù", il quale poté dire ai suoi Apostoli: "Jam non dicam vos servos, sed amicos meos, quia omnia cognovistis quae operatus sum in medio vestri". Saluti, e distinti ossequi. (Firmato: Vittorio Noè) NOE' dr. Vittorio Via Montorio, 108 int. 38 -- 37131 VERONA tel. 045-976530 o______O______o Mons. Carmelo FERRARO 20-07-88 Verona, 20 luglio 1988 A Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Carmelo FERRARO Vescovo di Patti (Messina) Carissimo Mons. Ferraro, Vorrei poterti esprimere almeno una piccola parte della afflizione che in questo periodo ha particolarmente preso la mia persona. L'insieme degli eventi riguardanti il caso LEFEBVRE mi ha preso sin nel profondo dello spirito. Ma, contrariamente a quanto tu possa immaginare, il dolore e l'amarezza non mi derivano dal fatto che Mons. Marcel Lefèbvre abbia proceduto alla consacrazione di quattro Vescovi, bensì mi derivano "dalla scomunica ad esso inflitta dalle Autorità di Roma"! Capisco che tu non puoi condividermi in questo; ma io non posso non parlarti a cuore aperto e nello spirito di quella Fede che mi anima, e che è comune tra me, te, Lefèbvre, e le stesse Autorità di Roma. E' stato commesso un grosso errore!!! da parte di Roma!!! Lo sento questo nel mio spirito in unione con Dio; e Dio stesso mi ha fatto conoscere, per sua infinita bontà e misericordia -- nonostante io mi mostri continuamente infedele alla Sua Voce, pigro e titubante, da averGli fatto sciupare tante grazie che Egli aveva destinato alla Chiesa -- i molteplici risvolti che sono collegati con le posizioni assunte da Lefèbvre, ed i molteplici risvolti che deriveranno adesso da "quella scomunica fratricida"! Questo evento (la scomunica) è stata una macchia vergognosa che gli stessi Ecclesiastici hanno inflitto alla stessa Chiesa che essi dicono (a parole) di difendere; Dio mi ha fatto conoscere che a questo errore ne seguiranno altri, negli anni prossimi. Scrivevo in una lettera a S.E. Mons. TONINI (Vescovo di Ravenna) il 28 aprile u.s. proprio queste parole: ... Dio, in diversi modi, mi continua a significare che le Autorità ecclesiastiche sempre più frequentemente si macchiano di "presunzione ed orgoglio"; ed Egli, se non prenderanno coscienza di ciò, li abbandonerà alla loro insipienza: e così pare sia venuto ieri sera con lei." La sera prima Mons. Tonini aveva fatto alla Televisione un intervento "assurdo" alla luce del Vangelo! Mons. Tonini non rispose a questa mia lettera, come non aveva risposto a quella che gli avevo inviata il 22 agosto dell’ ‘87. Tutti hanno fatto così: di fronte alle mie parole, "si sono voltati dall'altro lato"! Mi ha rammaricato tanto che anche tu facesti lo stesso. Il Vescovo di Verona, la diocesi a cui io appartengo adesso, non so quali "giustificazioni" potrà addurre dinanzi a Dio per aver così continuamente "rigettato" le mie parole. Tutto il cammino che io ho percorso in questo ultimo decennio in particolare — ma anche prima Dio mi aveva condotto per farmi conoscere certi risvolti della "vita reale della Chiesa" — ed ancor più quello che corrisponde alla mia "ricerca di un Dialogo" attraverso tante lettere, tutto questo cammino è stata una "dimostrazione lampante" di quanto le Autorità ecclesiastiche (Vescovi e Sacerdoti) non stanno camminando "secondo lo Spirito di Dio", sebbene essi continuino a predicare (ed in questo Dio continua ad assisterli) nella dottrina ufficiale un qualcosa che si richiama al Vangelo. Certo, chi non mi conosce è portato facilmente, leggendo queste (e le altre) mie parole, a giudicarmi un... po' matto! Ma Dio sa ogni cosa! Il delitto più grande che è stato commesso contro la Chiesa, nel fatto che le mie parole sono state continuamente respinte o ignorate, è stato quello di "avermi impedito di giungere a Sua Santità Giovanni Paolo II": Satana l'ha avuta vinta, così! Sento tanta amarezza in questo — e non ti nascondo anche il mio scoraggiamento — che voglio esternarti una cosa di estrema gravità (per la Chiesa) che sento nell'animo: su questo in particolare ho fiducia nella tua riservatezza e delicatezza d'animo, e spero che , anche se non mi credi, lo terrai in considerazione "dinanzi a Dio", usando un certo rispetto a questa mia confidenza spirituale. Ecco, quanto mi pare Dio voglia dirmi per riferire a Voi Vescovi ed al Papa (a cui purtroppo mi si impedisce di accedere): se le Autorità continueranno ad operare con gli attuali criteri, Giovanni Paolo II "non vedrà la fine del 1990", e non potrà concludere neanche il Sinodo dei Vescovi che è previsto per quell'anno. Scrivendo a Sua Em.za il Card. Edouard Gagnon (il 25 giugno u.s.) gli manifestavo che sentivo che da diversi anni (in particolare dalla metà del '86) il Santo Padre andava sempre più allontanandosi da quello che era "il compito a cui Dio lo aveva chiamato" con l'elezione a Sommo Pontefice; ed è andato allontanandosi anche a causa delle tendenze esercitate da alcuni dei suoi collaboratori e da certi Vescovi. Ma Dio vuole attuare "quello che da Giovanni Paolo II non è stato fatto"; e per questo... presto lo sostituirà, se... non si ravvedranno! Ti prego, carissimo Carmelo Ferraro, ti prego "non ti prendere giuoco di queste parole": potrebbero essere realmente "da Dio", ed allora... ti saresti preso giuoco anche tu di Dio! Ti abbraccio con affetto fraterno; mi raccomando alle tue preghiere; ... che il Signore ci soccorra nella sua infinita misericordia, e ci dia "la Sua Luce". (Firmato: Vittorio Noè) Fine