Notiziario della Proloco di robecco sul Naviglio
anno 3 numero 5
ottobre 2012
www.prolocorobecco.org
in questo numero
“buon compleanno”
Trekking
gruppi di cammino
riscoprire la
vallata
BRONTOLOBYKE
lodi e s.colombano
picasso a palazzo
reale
CRAVATTA AZZURRA E
COLLETTINO BIANCO
I NOSTRI PRIMI 15 ANNI DI CULTURA
Alla soglia del 15° anno di vita della Proloco, si può certamente tentare un
bilancio sugli obiettivi raggiunti. Lo scopo primario dell’associazione è quello di
promuovere la conoscenza e la valorizzazione del nostro territorio.
Sono sotto gli occhi di tutti i risultati ottenuti con le visite guidate, che hanno
portato, in questi anni, migliaia di persone in visita al nostro paese, le quali hanno,
a loro volta, aiutato a creare economia alle attività commerciali presenti (stiamo
ancora aspettando una proposta per un menù turistico).
Sarebbe troppo lungo elencare tutto ciò che in questi anni ci ha permesso di
“fare cultura”, tutti gli eventi organizzati dalla Proloco in prima persona, o
in collaborazione con altre associazioni, tutti i luoghi visitati con i nostri soci
dalle chiese alle basiliche, dai musei (come l’Ermitage di San Pietroburgo o il
Pergamo di Berlino o i Musei Vaticani ecc...) alle città, ai paesi italiani e stranieri
(come Roma, Firenze, la Costiera Amalfitana, Venezia, Praga, Mosca, San
Pietroburgo, Marocco, Portogallo, Repubbliche Baltiche ecc. ecc...), elencarli tutti
sarebbe troppo lungo. Numerosissime sono state le cene a tema e le iniziative
eno-gastronomiche organizzate dalla Proloco in collaborazione con altre
associazioni, durante le quali è sempre stato spiegato ai partecipanti il motivo
per cui venivano presentati alcuni piatti, piuttosto che altri, dalla produzione di
ciò che rappresentava il tema della serata al consumo finale. Anche questa, a
nostro avviso, è cultura. La Proloco è anche editrice di due volumi sulla storia
di Robecco, libri che raccontano come vivevano gli abitanti di Robecco nel ‘900
e, inoltre, unica realizzatrice in proprio di opuscoli informativi che mostrano le
bellezze del nostro paese a tutti coloro che hanno il piacere e la voglia di venire
a trovarci.
t
Come si vede, in questi anni sono state dispiegate numerosissime
iniziative a forte valenza non solo turistica e ricreativa, ma culturale in senso
iniz
proprio, di cui dobbiamo essere orgogliosi, non per sterile vanto, ma per trarne
pro
stimolo a fare ancora di più e meglio.
stim
Ch
Chiunque abbia idee migliori non esiti a farsi avanti...
Il Presidente
G
Giorgio
Tunesi
Orari apertura sede
mercoledì 16,00 / 17,00
martedì 21,00 / 22,30
info loco
C/o Palazzo comunale
Via Dante 21
20087 Robecco s/n (MI)
tel e fax 029470424
mobile 3357097230
Mail [email protected]
LO ZAINO PESA
Trekking dolomitico, 7-8 luglio 2012
La voce della saggezza aveva parlato: attenta, due giorni non sono uno scherzo (dislivello in salita 550 mt., in discesa
650, tempo complessivo di marcia circa ore 5/5.30 il primo giorno; il secondo 550 in salita 430 in discesa, tempo di
marcia circa ore 5/5,30) non sei più una ragazzina, sei nonna, lo zaino pesa, l’ultimo compleanno comincia per 6...
Ma quando mai la saggezza aveva avuto la meglio sulla passione per la montagna, fin da quando le gambe erano
davvero troppo corte per i salti che volevano fare e tutto questo non si chiamava trekking? Il lupo perde il pelo...e non
sa contare gli anni. Così, sabato mattina ore 4, pioviggina,
appuntamento all’angolo con qualche altro scalmanato
stagionato, zaino in spalla, direzione piazza, pullman già in
attesa. Il viaggio di andata, lungo, ma si sapeva in partenza,
rivela da subito l’altro aspetto per cui, ma anche questo si
sapeva, la spedizione vale la pena: la sensazione è quella di
essere sbalzati indietro di qualche decennio, gita scolastica di
liceo o campeggio estivo con l’oratorio (pare di intravvedere
là davanti il DomAngiul, il fazzoletto coi quattro nodi in
testa...): le regole della saggezza sono già saltate, alla fatica
penseremo quando non potremo più farne a meno, adesso
si chiacchiera, si ride alle raffiche di battute, si dormicchia, si
“fanno le camere” proprio come a una vera gita scolastica,
si rassicura chi pare averne bisogno, si prendono le distanze,
davvero, dalla realtà quotidiana non sempre rasserenante...e
questa è l’atmosfera che percorre l’intero arco delle due giornate, ecco l’altra faccia del trekking. Partenza: Palafavera,
quasi casa per me, il Pelmo è lì a due passi, ma oggi si va dall’altra parte, Civetta, leggende oscure dell’infanzia, racconti
dei vecchi montanari che un po’ volevano incoraggiarci, un po’ spaventarci, un po’ senza televisione in qualche
modo doveva passare la serata, di sicuro miravano a trasmetterci un messaggio semplice e chiarissimo: la montagna
è passione e fatica, se no lascia perdere. Fatica, ma i boschi, i prati, le rocce, i ghiaioni, le crode illuminate, il cielo
blu, o grigio, l’enrosadira al tramonto, un passo dietro l’altro, il gruppo che si sgrana perché ognuno possa tenere il
proprio, ma poi ci si aspetta per proseguire insieme, per raccontarsi le difficoltà del percorso, per ridere insieme a una
battuta che rimbalza perché non tutti l’avevano sentita...la poesia della montagna, per noi vecchi montanari, ha tante
facce. Rifugio Tissi, in cima al mondo c’è una croce e sotto lo strapiombo sull’occhio verde del lago d’Alleghe: perché
non ci si stanca mai di respirare queste sensazioni? Pernottamento, soddisfacente e divertente, al rifugio Vazzoler.
Domenica 8 luglio, ore 6 a.m., già grande animazione: la fatica di ieri è poco a confronto con quella che ci aspetta,
ma anche il Carestiato si raggiunge senza perdite consistenti e, consolazione non di poco conto, il pranzo è davvero
soddisfacente. L’ultima tappa (facile, questa volta davvero) per raggiungere il pullman, non senza aver provato il
brivido vero di un percorso in navetta. Infine, a metà percorso sulla via del ritorno, al solo scopo dichiarato di
consentire al conducente la pausa imposta dopo tre ore di guida, lo “spuntino” comunitario contribuisce a rinsaldare
definitivamente il legame fra giovani e anziani, parenti e perfetti sconosciuti, vecchi amici e semplici conoscenti,
padri-madri e figli che si riscoprono diversi da come si erano creduti. Si riparte di nuovo, questa tappa è l’ultima
davvero: l’ultima tranche del viaggio è un trionfo di cori, umorismo adolescenziale (qualcuno azzarda “demenziale”,
ma è il primo a starci) e sonni di piombo. Robecco, ore 1.30 p.m.: saluti, ringraziamenti, baci, abbracci...
Lo zaino pesa, ma sarà un caso se a una settimana dal ritorno si sta già pensando alla meta dell’anno prossimo?
“...su nel Paradiso
lascialo andare
per le tue montagne”
Ciao Luigi, adesso sei ancora più in alto, e di sicuro in migliore compagnia.
Ci speravamo davvero tutti noi, che l’anno prossimo ci saresti stato di nuovo anche tu...
GRUPPI DI CAMMINO
Finalmente nel pomeriggio del giorno 18 settembre a preso il via la nostra importante iniziativa denominata
“Gruppi di Cammino” della quale avevamo dato un’anticipazione nel precedente numero di Info Loco.
La prima uscita ha avuto una grande partecipazione, oltre 80 persone accompagnate dai Walking Leader e dal
Dott. Campiotti dell’ASL di Magenta, che per l’occasione ha voluto intervenire personalmente, hanno percorso
un tragitto di circa 4 Km destando curiosità e anche un certo scompiglio tra la popolazione di Robecco, non
solo per il grande numero di partecipanti ma anche perché non potevano passare inosservati indossando la rossa
casacca fornita gratuitamente dalla Pro Loco.
Come già molti sapranno il programma delle uscite
prevede due orari giornalieri
(dalle 9 alle 10 e dalle 19 alle 20) per tre giorni la
settimana (lunedì - mercoledì - venerdì).
In queste due prime settimane la partecipazione è
stata più che soddisfacente, questo vuol dire che la
gente
ha compreso il vero significato dell’iniziativa che
mira ad apportare beneficio al nostro fisico e nel
contempo permette una maggiore socializzazione
tra tutti, particolare da non sottovalutare.
Quindi come recita lo slogan dell’ASL “Camminiamo
con Stile”
LA VALLATA DA RISCOPRIRE: LA PROLOCO IN PRILA FILA
Dopo il riuscito esperimento che ha visto la riscoperta dei navigli
lombardi, in particolare la tratta giudicata non a caso più bella
e suggestiva, quella tra Robecco e Cassinetta di Lugagnano, è
ora di volgere lo sguardo a quell’altro tesoro conservato nello
scrigno di Robecco, ossia la sua vallata. Infatti, oltre al naviglio,
Robecco ha la fortuna di avere un altro grande corso d’acqua
naturale come il Ticino, che nei secoli ha creato questa nostra
vallata piena di sorprese e di angoli meravigliosi ancora tutti da
scoprire. Risorgive, fontanili, marcite, molini, piante ed arbusti,
animali, ma soprattutto un’agricoltura ancora florida avente
come base le cascine e le sue pertinenze, trasformate a volte in
sede Via Papa Giovanni XXIII
14 Robecco S/N
Tel. 029470564
Fax 0294970213
accoglienti agriturismi dove trovare genuinità, ristoro o semplicemente riposo. Per non parlare delle passeggiate
che si possono fare nei boschi o in campagna, dove a volte ci si può commuovere di fronte a paesaggi da libri
di favole; posti per fermarsi a contemplare e meditare su molte cose della vita. Dobbiamo riappropriarci del
nostro territorio e viverlo di più, farlo conoscere ed apprezzare, alimentarlo con la sapienza e la delicatezza che
necessitano al fine di non romperne l’equilibrio che i secoli ci hanno trasmesso. Questa è una scommessa che
la Proloco si è impegnata a portare avanti con una serie di iniziative che sono appena cominciate, a partire dalla
prima visita guidata dei molini, del loro funzionamento, della loro storia, della visita al Monastero di S.Ambrogio
ad Nemus, per poi continuare con l’esplorazione delle frazioni di Casterno, Carpenzago e Cascinazza e di tutto
ciò che sta loro attorno. Certo da sola lo Proloco non ce la farà se, come per i navigli, i privati non accetteranno
questa scommessa che potrà portare nel tempo anche soddisfazioni economiche oltre che culturali.
LA PRIMA... DI BRONTOLOBYKE per l’HOSPICE
A contorno della Festa Patronale si è svolta la prima edizione della manifestazione ciclistica organizzata da
Brontolobyke per l’occasione la Pro Loco di Robecco s/N ha collaborato nell’allestimento e nella gestione
di una grigliata per tutti i partecipanti, offerta dal Ristorante-Bar Della Ripa, e anche per coloro che hanno
voluto approfittare dell’occasione per trascorrere un po di tempo in piacevole compagnia degustando quanto
preparato dai volontari della Pro Loco di Robecco s/N. Il ricavato della manifestazione è stato devoluto per
intero all’Hospice di Abbiategrasso. Ci auguriamo che questa si la prima di una lunga serie di questa meritoria
iniziativa.
MERCOLEDì 5 DICEMBRE ALLE ORE 21,OO PRESSO LA SEDE DELLA
PROLOCO E’ PREVISTA UNA SERATA DI PRESENTAZIONE DELLA
MOSTRA e DELLA FIGURA E DELL’ARTE DI PICASSO
CRAVATTA AZZURRA E COLLETTINO BIANCO
A cura di Ornella Mantegazzini
Credo di non osare troppo dicendo che ognuno di noi, lasciate alle spalle l’estate e le vacanze, si proietta verso
la nuova stagione in modo più propositivo, con l’intenzione di riprendere attività già avviate o la speranza di
avviarne di nuove. I pittori e i poeti, per la temperatura ancora mite, l’esplosione dei suoi colori e l’infinita
quantità di sfumature che la natura regala, descrivono questo tempo come “caldo autunno”; gli economisti e gli
esperti di questioni sociali parlano invece di “autunno caldo” che promette tinte più grigie, poco tepore e tante
preoccupazioni. Ma per le generazioni più giovani, coincide soprattutto con il rientro a scuola e la ripresa dell’impegno scolastico che
li metterà alla prova per mesi. Anche per me, che non appartengo più a tale fascia d’età, ogni anno si rinnova questo appuntamento
proprio nella stessa Scuola Elementare dove ho iniziato, ed ogni volta non posso fare a meno di ripensare a com’ era ai miei tempi.
Si andava a scuola cinque giorni alla settimana, ma si faceva vacanza il giovedì; l’edificio scolastico, pur con alcuni ampliamenti, è
rimasto lo stesso: una bella costruzione solida, con i muri di un vivace colore rosso mattone circondato da un ampio cortile in parte
alberato che ha ospitato frotte di bambini e che, pur avendo festeggiato i cento anni nel 2009, rappresenta ancora oggi un valido
punto di riferimento all’interno del nostro paese. Una volta la scuola iniziava il primo ottobre, quando le mattine erano già un po’
brumose e umide e dagli alberi le foglie cadevano abbondanti, non per nulla i piccoli che vi entravano per la prima volta venivano
chiamati “remigini” in onore del santo del giorno. Passando attraverso il cancello centrale sulla via 26 aprile, ora chiuso da tanto tempo,
arrivavano nel cortile accompagnati dalla mamma e, per quasi tutti loro, quella sarebbe stata l’unica volta, perché in seguito avrebbero
percorso il tragitto a piedi in compagnia dei fratelli più grandi o dei vicini di casa con cui si accordavano per far gruppo. Il traffico
limitato certamente lo permetteva, qualunque fosse la distanza; camminando insieme chiacchieravano scambiandosi le loro esperienze
scolastiche e si preparavano ad affrontare una nuova giornata. Il tanto desiderato “piedibus”, che oggi si promuove caldamente per
evitare inquinanti spostamenti in automobile, utili solo ad appesantire la viabilità, non è davvero un’ invenzione del tutto nuova! I
maschietti indossavano un maglioncino di lana blu con una cravatta azzurra, sostituiti anni dopo da un giubbino nero con il collettino
fermato da un fiocco blu che rimaneva ordinatamente annodato per tutto il giorno solo agli alunni più diligenti e composti; le bambine
portavano invece un grembiulino nero ravvivato da un colletto bianco sempre più spesso confezionato con tessuto di terital sintetico(
una novità del momento), scivoloso e lucente, che però ai primi caldi non faceva traspirare e si trasformava ben presto in una sauna
svedese. Ognuno aveva la propria cartella di cuoio dall’aria seria e professionale, che si teneva con cura perché sarebbe durata per
tutto il ciclo delle elementari; al suo interno solo ciò che era indispensabile: il sussidiario per le materie di studio e il libro di lettura
( il vecchio “sillabario”); due quadernetti, uno a righe e uno a quadretti, talvolta dall’aspetto austero con la copertina nera e lucida,
ravvivati dal rosso del bordo dei fogli; l’astuccio con il necessario per scrivere e i pastelli per colorare (se erano dodici era un lusso!
Per non parlare di qualche privilegiato che possedeva una scatolina di pastelli a cera). Nella dotazione non potevano certo mancare i
pennini da inserire nella penna di legno o celluloide: d’acciaio a forma di lancia, ottonati che ricordavano la torre Eiffel “a campanile”,
oppure quelli più dritti con un una punta stretta e corta; nascevano persino discussioni su quale scrivesse meglio o avesse il tratto
più sottile….possedere un pennino esclusivo, era come avere l’introvabile figurina di un calciatore. Allora, infatti, si scriveva ancora
intingendo nell’inchiostro, con tutte le difficoltà che comportava; prima di girare pagina si asciugava con il foglio di carta assorbente a
cui si ricorreva soprattutto per riparare i danni delle grosse gocce nere che, cadendo sempre inaspettate e inopportune, macchiavano,
dando un’aria disordinata ai lavori. Ben presto questi fogli morbidi e pelosi, di cui si andava fieri se rimanevano intonsi il più a lungo
possibile, si assottigliavano e si bucherellavano come fette di groviera…quando non venivano mangiucchiati sui bordi!
Non si facevano quindi spese superflue, non vi erano fronzoli nella cartella, né l’imbarazzo della scelta, come avviene attualmente
al momento dell’acquisto, quando si è incerti tra lo zaino di Batman o quello dei Gormiti; tuttalpiù tra le pagine dei libri si poteva
inserire come segnalibro una bella foglia di ginko: gialla, a forma di ventaglio che si andava a raccogliere in autunno sulla Ripa Naviglio
sotto l’albero che ancora dà spettacolo di sé in questa stagione. Quando il bidello Attilio puntualmente scuoteva la campanella, la stessa
che ancora oggi solletica la tentazione di qualche bambino, si saliva la scala centrale per entrare in corridoio e poi in classe. Le aule, otto
in tutto, sono rimaste uguali e sono ancora preferite dagli insegnanti rispetto alle più moderne aggiunte in seguito: ampie, dal soffitto
alto, avevano in un angolo un piccolo lavandino in ghisa che in seguito è stato tolto; il pavimento di piastrelle al piano rialzato, di assi di
legno un po’ polverose e scricchiolanti al piano superiore; non vi era nulla che le rendesse particolarmente accoglienti, magari nel corso
dell’anno venivano rallegrate dai disegni colorati che i bambini appendevano alle pareti. Non mancava però la cartina dell’Italia ( quella
davanti alla quale tutti si mettevano in posa seri e composti per la tradizionale foto-ricordo) e, ben lontani da qualsiasi controversia
religioso-sociale, il crocifisso era appeso in posizione ben visibile. La lavagna, sorretta da una massiccia struttura in legno, era grande
e a volte così alta che nelle prime classi i bambini dovevano salire sopra un predellino per arrivare a scrivere; la cattedra in legno col
poggiapiedi inclinato ricordava un po’ le scrivanie di notai e avvocati, sul suo ripiano c’era sempre il tampone di carta assorbente che
si impugnava e si dondolava a destra e a sinistra, il calamaio con le boccettine in vetro per l’inchiostro nero e rosso e il portapenne.
Ma ciò che non si può dimenticare sono quei banchi che al giorno d’oggi si possono vedere solo nei musei. Anch’essi in legno, dritti e
stabili, uniti a due a due formavano un unico pezzo col sedile incorporato ed erano disposti secondo la diversa altezza, perciò nessuno
poteva nascondersi allo sguardo dell’insegnante; avevano una seduta stretta e scomoda con il piano di scrittura che si poteva alzare e
richiudere. In un angolo, il buco con il calamaio per l’inchiostro nero: quando si asciugava, bastava chiamare l’Attilio che prontamente
provvedeva a riempirlo. Sono stati molti i bidelli che si sono alternati nella Scuola Elementare, il Signor Attilio vi ha lavorato a lungo,
anzi ci abitava proprio. Lo ricordo alto e snello, con i capelli lisciati e sempre in ordine, uno sguardo vigile e attento; spesso teneva in
mano una sottile verghetta con cui, soprattutto in cortile, minacciava i ragazzini più grandi che usavano pericolosamente le spallette
delle scale come scivoli o, peggio ancora, giocavano a tirassegno lanciando i sassi alle galline che razzolavano ignare nel giardino
confinante, oltre il canalino. Il grembiule nero che indossava gli conferiva un’aria molto professionale, pronto ad intervenire con
competenza ogni volta che veniva richiesto un lavoro di manutenzione; lo aiutavano nei lavori di pulizia le figlie, Bambina ed Ernestina,
due ragazze sempre sorridenti, disponibili ad esaudire le richieste dei docenti:all’intervallo comprare la brioche preferita, dopo pranzo
preparare il caffè che riempiva di aroma il corridoio….Si stava a scuola sia al mattino che al pomeriggio, per questo , a partire dagli
anni sessanta, il medico condotto Dottor Fornasari, ha creato la mensa scolastica: un’ istituzione modello in Lombardia di cui era
supervisore affinché la crescita dei bambini fosse regolare e controllata; ricordo che a tavola si beveva latte, il pane stesso era al latte e
i menù studiati accuratamente, ma più di ogni altra cosa ricordo che tutti mangiavano con appetito apprezzando cibi anche diversi dal
solito, senza capricci, scelte selettive o rifiuti; anche l’educazione alimentare ha radici profonde…. La mensa era ricavata nei sotterranei
della scuola, un ambiente era adibito a cucina dove le cuoche Carla, Maria Rosa, Dina…..preparavano i piatti, e un altro, piastrellato
alle pareti, dove si mangiava. Il dottor Fornasari poi, in classe, continuava la sua opera tenendo sotto controllo l’altezza degli alunni e di
alcuni segnava un piccolo tratto sul muro vicino al lavandino, per verificarne i cambiamenti dopo qualche mese. Dal suo primo giorno
ogni alunno veniva affidato all’insegnante, uno solo, che lo avrebbe accompagnato nella sua crescita educativa e di istruzione per i
cinque anni successivi; a quei tempi il maestro insieme al parroco, al dottore e al sindaco, era una delle quattro figure più importanti e
rappresentative di un paese come il nostro e godeva dello stesso rispetto. I genitori avevano stima e fiducia in lui perché confidavano
ciecamente nella sua competenza: gli esprimevano eventuali dubbi, in piena umiltà chiedevano consigli e soprattutto li ascoltavano. La
scuola occupava il primo posto; non avendo avuto molti di loro l’opportunità di un’istruzione approfondita, volevano per i loro figli
una vita migliore che iniziasse proprio dalla formazione e dalla preparazione che la scuola offriva, in cambio di impegno personale
nello studio e di applicazione di cui gli scolari erano coscienti. Non per nulla se qualcuno veniva ripreso o castigato dall’insegnante
si guardava bene dall’andare a casa a lamentarsi, consapevole che i genitori, anziché difenderlo e magari lamentarsi per il richiamo,
avrebbero più facilmente rincarato la dose! Si era ben lontani dagli anni in cui venivano applicate punizioni corporali, come colpi
di bacchetta sui palmi delle mani o sassolini sotto le ginocchia; personalmente non ricordo insegnanti che ricorressero alle botte:
era più facile sentir tuonare la loro voce in possenti sgridate o finire dietro la lavagna se la condotta era stata davvero intollerabile,
perché in realtà agli scolari, anche ai più monelli e irrequieti, bastava guardare la loro espressione autorevole e severa, incrociare il loro
sguardo eloquente per comprendere che bisognava cambiare atteggiamento. Solitamente essi si rivolgevano ai maestri con educazione
e riguardo, qualche volta persino con un po’ di timore, in classe si sforzavano di prestare attenzione alle lezioni, oggi considerate
nozionistiche, perché di approfondimenti e di dialogo ce n’era proprio poco, ma sapevano tutto del sacrificio di Muzio Scevola e
del discorso di Menenio Agrippa, recitavano a memoria “Il sabato del villaggio” e “La cavalla storna”, cercavano di imparare tutte le
capitali del mondo per poi fare a gara con i compagni, imitando “Chissàchilosa” la trasmissione televisiva del momento condotta da
Febo Conti. Qualcuno si fermava anche al doposcuola, un’ora nella quale si eseguivano i compiti, altri li avrebbero svolti a casa, ma
sempre con lo stesso impegno. Così dopo una giornata di lavoro scolastico si poteva finalmente andare a giocare in libertà; in autunno
anche a divertirsi, tirando a piedi nudi le righe nel grano steso sull’aia ad asciugare, in primavera a cogliere mazzi di violette profumate
e margherite da portare il giorno dopo all’insegnante che, come recita il titolo del libro dedicato al centenario della nostra Scuola, si
occupava e si occupa sempre di impartire “Un’intelligente e morale educazione”.
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novembre 2012 - ProLoco Robecco Sul Naviglio