degli Stelliniani Periodico d’informazione culturale dell’Associazione “Gli Stelliniani” di Udine – Anno X – Numero 1 – Luglio 2011 Periodicità quadrimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Articolo 2, comma 20/c, legge 662/96 – D.C.I. “UD” Seminario sul Risorgimento allo Stellini Il tempo dell’unità nazionale e quello della rinascita civile Buon compleanno, Italia! I l 2011 è l’anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia e, poiché si tratta di una ricorrenza festeggiata ogni cinquant’anni, è già un privilegio quello d’averla vissuta. Proprio adesso che il clamore delle celebrazioni si sta spegnendo, ci rendiamo conto, peraltro, che quello appena trascorso non è stato soltanto un momento retorico, un omaggio obbligato al calendario. Che così fosse, lo abbiamo intuito il giorno in cui, assistendo sui canali di Rai Storia ad una rivisitazione di quanto avvenuto nel 1961, ci siamo calati nell’atmosfera dell’epoca. Un’atmosfera in cui pareva di cogliere il senso di una maggiore solennità, ma che suggeriva l’impressione di un evento pilotato dall’alto, piuttosto che di un’emozione condivisa dal basso. Ne abbiamo avuto la conferma il giorno dopo, quando, il 17 marzo, siamo andati in piazza Libertà per partecipare ad una festa che non aveva precedenti nella nostra memoria. Abituati, da bambini, alle fanfare e agli allori del 4 novembre e, da più grandi, ai discorsi e alle bandiere del 25 aprile, non sapevamo che sapore e che musica avesse il giorno dell’Unità Nazionale. E, come noi, non lo sapevano i tanti che erano scesi in strada quel giorno, in una Udine che, come tutta l’Italia, era stata messa di fronte ad un appuntamento improvviso e fin lì sconosciuto. La memoria di un evento pretende una data certa e non ci può essere celebrazione, né commemorazione, senza che quelle abbiano un riferimento preciso. Quando qualcuno di noi compie gli anni, o quando si festeggia un anniversario o si ricorda una persona amata, il giorno dedicato è uno solo. La grande (se pur sofferta) conquista del centocinquantenario 2011 è stata appunto quella di aver messo una data, di aver piantato una bandierina su un punto esatto dell’anno. Era il solo modo possibile per dare continuità all’evento e non ci si sarebbe mai potuti arrivare senza una consapevolezza storica che nel 1961, probabilmente, non esisteva ancora. Quella era l’Italia del boom economico: protesa a conquistare il futuro ma spesso immemore del suo passato. Non so se sia possibile estrarre una morale da questo confronto, ma, come è nei momenti di prosperità che una nazione può dilapidare i suoi tesori più preziosi, così è in quelli di crisi che può trovare soluzioni vincenti. Quell’Italia positiva e soddisfatta di sé, sarebbe entrata di lì a qualche anno nelle oscurità del terrorismo e del conflitto sociale. C’è voluto quel doloroso passaggio per arrivare all’Italia di oggi. Un’Italia che sa di essere parte di un progetto europeo e di un discorso mondiale; forse meno ottimista di quella di cinquant’anni or sono, ma più responsabile e probabilmente più preparata. Un’Italia in cui la consapevolezza della propria identità culturale, un’accorta politica dell’integrazione, la tutela dell’ambiente, la valorizzazione del patrimonio artistico, le risorse della tecnologia, la coscienza che la globalizzazione ormai ci appartiene, possono rappresentare un’oggettiva ricchezza e la migliore premessa del Paese di domani. Anche questi erano il sapore e la musica di quel 17 marzo in piazza Libertà. Ai fortunati che vedranno il 2061, rivolgiamo la nostra affettuosa invidia e l’augurio di trovare un’Italia ed un Mondo ancora più maturi ed ancora più uniti. Andrea Purinan Il Coro degli studenti introduce il convegno intonando l’Inno di Mameli I l Risorgimento non è soltanto un mito da celebrare, né il capitolo, seppure glorioso, di una vicenda conclusa. E non è neppure una mera sequenza di trattati e di battaglie. Certo, è anche quello, ma soprattutto qualcosa d’altro: è il tempo in cui un popolo ha preso coscienza della sua storia e della sua identità. In cui si è dato delle leggi ed ha costituito un’organizzazione civile, che hanno formato le radici del suo progresso sociale. Sono queste le conclusioni del seminario di studi inserito nel Progetto “Diritto e Giustizia” 2011, l’annuale appuntamento organizzato dagli Stelliniani con la collaborazione del Liceo Stellini e dell’Unione Italiana Giuristi Cattolici. Nell’anno in cui si celebra il centocinquantenario dell’unità nazionale, questo simposio non poteva che essere dedicato ad una riflessione storico-giuridica sul Risorgimento per cogliere la portata dell’evento e l’attualità della lezione che esso ci consegna. Mai come oggi sentiamo la difficoltà di restituire al lettore l’importanza degli argomenti che sono stati affrontati dai relatori, quando era ancora viva l’emozione per la festa del 17 marzo. E mai come oggi vorremmo che le parole scritte potessero rendere, almeno in parte, l’effetto sonoro, perché il momento più intenso della giornata è stato certamente quello nel quale il Coro degli studenti, presto seguito dall’intera aula magna, ha intonato l’inno nazionale. Introdotti dalla preside, professoressa Giovanna Marsoni, dalla presidente degli Stelliniani, professoressa Elettra Patti, e dal presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Udine e Gorizia, notaio Paolo Alberto Amodio, sono intervenuti i rappresentanti delle istituzioni: Mons. Sandro Piussi, direttore della Biblioteca Diocesana, il vicesindaco di Udine, Vincenzo Martines, l’assessore Enio Decorte, in rappresentanza della Provincia, e il viceprefetto Francesco Palazzolo. Ha moderato i lavori e coordinato i vari interventi il prof. Stefano Perini, docente di storia e filosofia allo Stellini e referente interno del progetto. Il primo dei relatori, prof. Daniele Picierno, ha dissertato su: Il Risorgimento: Nord e Sud nella storia d’Italia, prendendo le mosse dall’opera di Francesco De Sanctis. Colui che è stato definito da Antonio Gramsci il “Francesco d’Assisi della nostra letteratura”, aveva dato alle stampe il primo volume della sua fondamentale Storia della letteratura italiana nell’agosto 1870, poco prima che il disegno unitario venisse portato a compimento con l’entrata dei bersaglieri nella città di Roma. La Storia desanctisiana si poneva dunque in straordinaria consonanza con gli eventi a lui contemporanei, anche perché l’intenzione del grande critico irpino era stata proprio quella di fornire ai giovani del nuovo stato uno strumento per la comprensione della storia nazionale e delle profonde (segue a pagina 2) 2 La professoressa Patti porta il saluto degli Stelliniani. Alla sua destra il notaio Amodio relazioni esistenti fra la tradizione letteraria e quella civile. L’opera di De Sanctis si proponeva di superare l’antica distinzione tra cultura elevata e cultura popolare, evidenziando la presenza di un’identità nazionale in cui era possibile trascendere il particolarismo che aveva caratterizzato le età della decadenza. E non deve stupire che ad enunciare quel “programma” fosse un intellettuale formatosi nell’ambiente culturale napoletano del primo Ottocento. Questa era semmai la conferma che l’idea unitaria costituiva patrimonio dei circoli più illuminati dell’intera penisola, come avrebbero dimostrato anche le gesta di Antonio Andreuzzi, ispiratore dei moti friulani di Navarons. L’unità italiana costituisce, pertanto, una realtà antropologica, che trova riscontro nella storia delle popolazioni preromane. Gli antichi abitanti della Puglia, Iapigi e Messapi, provenivano, infatti, da quegli stessi balcani da cui erano partiti coloro che avrebbero poi occupato le pianure nord-orientali d’Italia, assumendo il nome di Veneti. E così pure esisteva una Langobardia del nord ed una del sud, come un’identica origine celtica accomunava popolazioni distribuitesi a nord del Po e a sud del Garigliano, per non tacere del fatto che la parola “italiani” (vitelioi) è nata in Calabria ed ha poi risalito la dorsale appenninica. Il substrato culturale italiano rivela dunque connessioni antichissime, ma è stato solo nel corso dei secoli che quell’identità comune è di- ventata anche storia unitaria. Ben l’avevano compreso, a distanza di trecento anni, Niccolò Machiavelli e lo stesso De Sanctis, i quali avevano colto il senso più profondo di quell’unità nella compenetrazione della dimensione politica e di quella religiosa. Una religiosità naturale che è stata anche ardente passione civile, come hanno testimoniato, nel Risorgimento, il pensiero e l’opera di Giuseppe Mazzini. *** Ha preso quindi la parola il prof. Fulvio Salimbeni, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine, il quale si è intrattenuto su: Il Risorgimento d’Italia: una questione sempre aperta. Parlare del Risorgimento in un convegno che è anche giuridico – ha esordito Salimbeni – non è possibile senza citare il contributo che ad esso hanno dato grandi giuristi come Filangeri e Romagnosi. E, parlandone allo Stellini, è doveroso ricordare come questa prestigiosa scuola sia stata fondata negli stessi anni in cui Ugo Foscolo, rivolgendosi agli studenti dell’Università di Pavia, li esortava a riscoprire le “storie” d’Italia. Il Risorgimento, peraltro, non merita di venire studiato soltanto per gli eventi militari e diplomatici che lo contrassegnarono, ma anche perché esso costituì un eccezionale fenomeno di civiltà e di cultura, nel quale videro la loro affermazione alcuni dei fondamentali principi dello stato di diritto: in particolare quello di eguaglianza. Nel suo celebre saggio sulle Interdizioni israelitiche, Carlo Cattaneo sottolineava non Da sinistra, i professori Salimbeni, Picierno, Perini e Garancini a caso come il Regno di Sardegna, e poi il nuovo stato nazionale, trattassero le confessioni diverse da quella cattolica con una legislazione progredita e liberale, a differenza di quanto avveniva in altri stati accreditati di tolleranza e civiltà, come l’Austria o l’Inghilterra. Anche per questo un importante contributo alla causa risorgimentale e alla costruzione della nuova Italia venne offerto dagli stessi ebrei: tra questi, devono essere ricordati uomini politici come Luigi Luzzatti o glottologi come Graziadio Isaia Ascoli, che erano ascesi ai massimi vertici dell’organizzazione statale e universitaria. Il Risorgimento non può essere considerato, pertanto – come ha fatto a volte certa parte della critica – il prodotto di fortuite congiunture diplomatiche, essendo stato viceversa il risultato di movimenti culturali che si proponevano di raggiungere, oltre che l’unità territoriale e l’indipendenza dallo straniero, anche essenziali traguardi di progresso civile. Un ruolo fondamentale, sotto questo profilo, era stato attribuito all’Educazione. Di essa Giuseppe Mazzini aveva scritto pagine memorabili nell’opera I doveri dell’uomo, affermando la centralità della scuola nell’organizzazione del nuovo stato e l’esigenza che l’istituzione scolastica infondesse negli studenti il senso dell’appartenenza ad una storia condivisa e alla comune famiglia italiana. Esemplari dell’importanza riservata alla scuola erano stati il romanzo Cuore ed altre opere dell’Italia post-uni- taria, nelle quali si rivendicava la funzione dell’educazione scolastica come strumento per liberare il cittadino dai ceppi dell’analfabetismo e dell’ignoranza. Gli stessi ministri dell’istruzione erano scelti, del resto, tra i massimi intelletti dell’epoca: da Francesco De Sanctis per passare a Benedetto Croce e finire con Giovanni Gentile. Il Risorgimento – ha terminato Salimbeni – fu dunque un vero momento di rigenerazione, non solo politica, ma anche morale, culturale e civile. Questa è l’eredità che esso trasmette a noi contemporanei e, soprattutto, ai più giovani, affinché essi si impegnino per assicurare la continuità di quei valori e di quegli ideali. *** Il simposio è stato concluso dal prof. Gianfranco Garancini, docente di Storia del Diritto presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Milano e presidente dell’Unione Italiana Giuristi Cattolici, il quale ha affrontato il tema: Dagli Stati patrimoniali allo stato di diritto. Per introdurre l’argomento, il relatore ha invitato a considerare l’importanza della dimensione storica nell’evoluzione giuridica. Il di- ritto, in particolare quello pubblico, è infatti una “produzione” della cultura del tempo e non può essere adeguatamente compreso se non calandosi nel contesto storico all’interno del quale esso si è formato. In origine, il diritto era emanazione del sovrano e lo stato costituiva patrimonio privato del principe. Già Federico Barbarossa, tuttavia, si pose il problema (era il 1158) se egli fosse dominus quoad proprietatem, cioè se il potere gli appartenesse in quanto signore, oppure dominus quoad iurisdictionem, cioè se fosse una legge a giustificare il suo imperio. La storia ci ricorda che l’imperatore sciolse il dilemma optando per la prima delle due accezioni, né diversamente si sarebbe comportato Luigi XIV, il quale ebbe a proclamare, cinque secoli dopo: “lo Stato sono io”. La concezione patrimoniale dello stato si sarebbe incrinata nell’Illuminismo, ma è soltanto con il Romanticismo - ha osservato Garancini che è avvenuto il suo definitivo superamento. A renderlo possibile, fu l’affermazione che il soggetto del diritto non fosse il sovrano, ma il Terzo Stato e cioè la borghesia. È soltanto allora che nasce lo stato di diritto, il quale deriva la propria legittimazione non più dalla parola del principe, ma dalla concreta esperienza giuridica che si sviluppa nella realtà sociale. Il Romanticismo non è stato, quindi, soltanto un fenomeno culturale che ha ispirato gli ideali del Risorgimento, ma anche un fondamentale passaggio nella costruzione dello stato moderno. Esso ha segnato, infatti, l’irruzione della storia e della società reale nel mondo pietrificato dell’Ancient Regime, esprimendo un concetto unitario di soggetto giuridico (il popolo, appunto) e riconoscendo in quello stesso soggetto l’esclusivo titolare del potere legislativo. *** A conclusione del seminario, la Presidente ha premiato i vincitori del concorso ”Sergio Sarti” tenutosi nei locali del Liceo il 19 marzo e avente come argomento anch’esso il Risorgimento. Si sono classificati rispettivamente al primo e al terzo posto gli studenti del Liceo “Leopardi-Majorana” Francesco Cassini (III E) e Paolo Cappuzzo (V D), mentre la stelliniana Letizia Della Longa si è aggiudicata il secondo premio. Andrea Purinan Inaugurata a Udine la biblioteca “Renato Del Din” C ’è una stretta parentela tra gli ideali del Risorgimento e quelli che hanno animato gli spiriti più puri della nostra Resistenza. Uno di loro era il sottotenente degli Alpini Renato Del Din, già allievo dello Stellini, primo caduto della “Osoppo” il 25 aprile 1944, nel corso di una La professoressa Del Din e il dottor Marzona coraggiosa azione nel centro di Tolmezzo che gli valse la medaglia d’oro al valor militare. Il 26 marzo scorso l’Associazione Partigiani “Osoppo-Friuli” - proseguendo nel suo impegno culturale tendente a far conoscere la storia dei “fazzoletti verdi”, i loro ideali ed il contributo dato per la democrazia e la libertà in Italia - ha intitolato a lui la propria biblioteca, dotata di un patrimonio iniziale di oltre tremila testi riguardanti la prima metà del Novecento. La cerimonia si è aperta con il saluto del presidente dell’Associazione Partigiani “Osoppo”, dott. Cesare Marzona. Per le istituzioni sono intervenuti il vice sindaco di Udine, Vincenzo Martines e, in rappresentanza della Provincia di Udine, il consigliere Bassi. La professoressa Lucia Comelli è intervenuta in rappresentanza del Liceo Classico Stellini, scuola frequentata da Renato Del Din, ove un’aula lo ricorda alle nuove generazioni di studenti, i quali hanno partecipato con una folta delegazione. Alla cerimonia erano presenti anche la dirigente dello Stellini, professoressa Marsoni, e quella dell’Istituto Uccellis, professoressa Burtulo, nonché docenti degli Istituti Sello e Deganutti. La professoressa Paola Del Din, sorella di Renato e medaglia d’oro al valor militare come il fratello, ne ha ricordato il carattere e gli ideali che già precocemente si erano manifestati in lui. La biblioteca per ora sarà aperta solo il mercoledì pomeriggio ed il sabato mattina. Grazie alla disponibilità dei volontari dell’associazione, in primis il bibliotecario Guglielmo Biasutti, potrà essere accessibile in futuro anche in altre giornate, su appuntamento. Il catalogo della biblioteca è reperibile su Bibliowin. 3 TERZA PAGINA Le Giornate FAI di Primavera 2011: gli studenti dello Stellini all’opera nel palladiano Palazzo Antonini S abato 26 e Domenica 27 Marzo si sono svolte in tutta Italia le ormai tradizionali Giornate di Primavera promosse dal FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano, un appuntamento diventato irrinunciabile, giunto oramai alla 18a edizione. L’evento è molto atteso in tutta Italia perché viene offerta la possibilità a chiunque lo desideri, seguendo un itinerario specifico, diverso di anno in anno, di entrare in sedi – chiese, palazzi, giardini, monumenti, sedi bancarie o di fondazioni… – solitamente poco o per nulla accessibili al grande pubblico, richiamando perciò l’attenzione su percorsi insoliti. L’edizione del 2011 è stata incentrata sull’argomento-principe delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, perciò anche nella nostra realtà territoriale è stata declinata sul tema “I luoghi del Risorgimento a Udine e in Friuli”. All’appuntamento hanno aderito numerosi istituti scolastici superiori cittadini che, in rigoroso ordine alfabetico, quest’anno sono risultati i seguenti: Copernico, Marinelli, Marinoni, Percoto, Sello, Stellini, Stringher, Uccellis, Zanon. Sono passati ormai ben 14 anni da quando proprio quest’ultima scuola, grazie alla sensibilità e all’intraprendenza della professoressa Daniela De Maglio, coordinatrice per la sezione Scuola del FAI cittadino, ha avviato l’allora inedita proposta delle visite guidate ai vari monumenti non esclusivamente tramite gli esperti nel settore storico-culturale ma con il diretto coinvolgimento degli studenti in qualità di “apprendisti ciceroni”, in una interessante quanto formativa esperienza, ripresa poi in tutta Italia, a contatto diretto con le opere d’arte. Queste ultime vengono analizzate e studiate nella fase preparatoria sotto la guida dei professori che accompagnano i ragazzi in questo iter, in lezioni a scuola e in loco, e poi direttamente illustrate dai giovani volontari – che si mettono alla prova con grande disponibilità – ai visitatori, cui essi trasmettono non solo informazioni storico-artistiche ma la loro stessa passione ed emozione di fronte a contesti mai prima analizzati con tanto interesse e consapevolezza della loro effettiva importanza, in quanto espressione di una realtà che si radica nella cultura di un determinato luogo: l’esperienza artistica nella concretezza storica e ambientale di un territorio ben definito. Questo è, in sintesi, il senso dell’operazione che, concordata ed organizzata ogni anno, viene coordinata dalla dott.ssa Laura Stringari, capo delegazione del FAI di Udine. Nel 2011 si è giunti ormai al 9° anno di collaborazione fra il Liceo Classico Stellini e il FAI udinese: dopo le numerose edizioni dedicate ai vari borghi cittadini con i loro tesori più o meno nascosti, fino all’edizione dell’anno 2010 dedicata ai vari siti affrescati dal pittore comasco Giulio Quaglio, si è ripercorsa quest’anno, come si diceva in apertura, la vicenda del Risorgimento attraverso tutta una serie di tappe espositive lungo le quali si sono dislocate le varie scuole (Palazzi Antonini-Belgrado e Antonini-Del Torso, Giardino Ricasoli, locali del Castello e Carceri, Scuola Manzoni, Farmacia Colutta, Torre di Porta Aquileia…). Inizialmente allo Stellini era stato affidato il Palazzo Antonini, ora sede della Provincia, poi un colpo di scena ha offerto una possibilità insperata: la direzione nazionale della Banca d’Italia ha proposto al FAI nazionale l’esclusiva apertura al pubblico di quella che è stata la sua storica sede udinese e che ora sta per essere posta in vendita (qui si aprirebbe un lungo discorso, che meriterebbe spazio apposito, sul destino futuro del complesso): il Palazzo cittadino più prestigioso dal punto di vista architettonico, quello progettato alla metà del XVI secolo da Andrea Palladio per un colto committente come Floriano Antonini. L’occasione si è dimostrata subito allettante, anche se molto impegna- Valentina Tavano, una degli “apprendisti ciceroni” L’esercito dei “ciceroni” tiva, perché l’organizzazione delle visite avrebbe richiesto grande impegno a fronte dell’affluenza di pubblico prevista per un appuntamento molto atteso da una folta schiera di udinesi e non, tanto a lungo il Palazzo palladiano è risultato praticamente inaccessibile per ragioni di sicurezza, in quanto sede della Banca. Ora per la prima volta, e solo in quei giorni, venivano aperte a tutti le sue porte, e si potevano ammirare anche gli interni e il giardino. E qualche richiamo all’Unità d’Italia si sarebbe potuto riscontrare anche lì, per la dedizione alla causa risorgimentale di Rambaldo Antonini, per l’afflato patriottico di Pietro Quaglia (progettista del giardino ottocentesco), per il contributo del benemerito concittadino Bonaldo Stringher, primo governatore della Banca d’Italia, all’acquisizione dell’illustre complesso privato per inserirlo nelle proprietà dell’importante istituzione bancaria nazionale. Con questa consapevolezza, in due giorni densissimi, gli studenti dello Stellini (una pattuglia di ben 73 elementi, il numero più alto finora raggiunto di partecipanti) hanno affrontato l’assedio delle persone che si sono presentate a Palazzo Antonini. Pur avendo lavorato parecchio nei mesi precedenti dal punto di vista della preparazione teorica e pur avendo visitato con gli studenti il complesso, non è stato possibile oliare anticipatamente sul posto il meccanismo di visita: si è dovuto pensare in fieri alle prenotazioni, in accordo con i desiderata dei dirigenti della Banca (con a capo il dott. Pietro Sambati, responsabile per il Friuli Venezia Giulia) ed escogitare un sistema per poter costituire i gruppi, assegnare a tutti un numero/contrassegno per un controllo, al fine di dare un po’ di ordine alla marea dei visitatori che hanno dato il previsto assalto al complesso: ben 6.000 in due giorni, in un totale di 10.000 per tutta l’edizione 2011 relativa alla Delegazione udinese. La posta in gioco era alta, quindi bisognava dare il meglio, e gli studenti l’hanno ben compreso, dandosi da fare come mai prima. Se c’è stato qualche rallentamento all’inizio, poi il meccanismo si è sciolto e i gruppi sono partiti con cadenza sempre più ritmata ed efficace, cercando di accontentare le varie tipologie di pubblico, come ad esempio una scolaresca delle elementari dell’Uccellis che non poteva fare il giro completo ma non voleva perdersi la vista della sequoia, la “nonna vegetale” che dominava – anche se un po’ acciaccata – il romantico giardino all’inglese che digrada verso piazza Primo Maggio. C’erano poi altri importanti problemi da risolvere, come l’affollamento in entrata e quello degli interni, soprattutto al piano nobile. I dirigenti della Banca d’Italia hanno tuttavia capito la posta in gioco, collaborando validamente: si è stati autorizzati ad adottare quasi una no-stop per far entrare più gente possibile. Nella serata di domenica, congedati gli ultimi visitatori, si è andati a casa, chiuso il palazzo, quasi alle 20. Una bella tirata, dopo un sabato altrettanto tosto. Gli orari si sono perciò ampiamente dilatati, le persone – anche se in alcuni momenti si è dovuto un po’ attendere – sono state aiutate il più possibile a entrare: si partiva ogni 5-8 minuti, con tre ragazzi a tener compattato ciascun gruppo in esterni, gruppo che poi veniva affidato ad altri studenti in interni, passando infine ad ulteriori allievi il testimone per il giardino, costituendo così una piacevole alternanza durante una visita sempre variata perché si dipanava come un racconto a più voci. Tutti gli studenti coinvolti nell’impresa hanno avuto modo di porsi meritatamente in luce: tra loro, Elena Gheller ha predisposto elenchi su elenchi per fronteggiare la pressione dei visitatori, Camilla Covazzi e la stessa Elena hanno chiamato persone sino allo sfinimento, affrontando le rimostranze di coloro che si sentivano penalizzati, quasi si fossero trovati di fronte ad un’organizzazione professionale e non a dei volontari armati solo di diponibilità e impegno. Comunque i visitatori sono risultati soddisfatti dell’ampio giro, delle spiegazioni e dei raccordi tra i vari illustratori, della varietà e ricchezza delle storie proposte, e hanno apprezzato il serio coinvolgimento dei ragazzi in questa attività per loro insolita, complessa e faticosa, eppur così appagante, in cui si sono prodigati senza risparmio: non c’è stato bisogno di sollecitare, erano tutti in postazione, con il distintivo della scuola in bella vista. Avevano ben capito l’importanza dell’occasione e la necessità di dare il meglio di sè: anche coloro che erano al debutto, anche i più timidi, si sono fatti forza! Un plauso sincero ai nostri ragazzi che sono stati capaci di sorprendere ancora una volta. Alla prova generale del venerdì ero sconsolata: non sembravano pronti. Come responsabile dell’iniziativa per il nostro Liceo capivo che si trattava di un’occasione che sarebbe stato difficile ripetere, con un capolavoro così “nascosto” e prestigioso tutto per noi, un’opera del grande architetto veneto (che merita tutta la nostra venerazione): Andrea Palladio, aiutaci tu! C’era il rischio di fare cilecca: ma per fortuna non è stato così, da sabato tutt’altra musica, e i ragazzi impavidi davanti a contrattempi o a brontolamenti, guadagnandosi poi i ringraziamenti o perfino gli applausi dei vari gruppi. L’occasione era stata preparata: visite, elenchi, libretto di studio, previsione postazioni, divisione parti nei diversi settori … e poi, last but non least, il decalogo comportamentale, il galateo del bravo “apprendista-cicerone”, il look giusto, curato e gradevole. Un bel regalo anche dal tempo: la pioggia, per fortuna, non ha rovinato quella che doveva essere (e lo è stata) una vera festa per l’arte, a cui ha contribuito la collega Clelia Di Lenardo, che ci ha sostenuto in alcuni momenti “affollati”. Grazie anche a lei, come agli altri insegnanti che sono venuti a visitarci: ritengo possa essere considerato un successo per l’intero nostro istituto se questa prova è stata superata. Tutti i partecipanti si sono sentiti trascinati in Gruppi di visitatori nel giardino di Palazzo Antonini una situazione che li ha messi di fronte a momenti non facili, una vera e propria esperienza di vita! Hanno vinto la fatica e il giorno dopo erano a scuola senza lagnarsi. Un grande stress ma ormai alle spalle, con la giusta gratificazione per i ragazzi, visto che la stampa locale ha dato e ridato notizia del record d’afflusso. L’edizione di quest’anno, che sarà certamente ricordata, è stata celebrata pubblicamente all’auditorium Zanon lo scorso 9 maggio, con la partecipazione degli allievi delle scuole coinvolte, alla presenza del sindaco. E i nostri ragazzi non se la scorderanno di sicuro perché la si è festeggiata anche in seguito! Infine, un buon motivo d’ottimismo: si dice troppo spesso che gli studenti risultano passivi e scarsamente motivati, ma se si accende il loro entusiasmo in relazione a ciò che sentono davvero come importante, qualcosa che trasferisca le loro abilità nel campo operativo, sorprendono con la loro energia trascinante facendo intravedere tutte le potenzialità che poi riverseranno nelle scelte future. Francesca Venuto Il racconto della visita a Palazzo Antonini vuole essere l’augurio che questo storico edificio ed il suo splendido parco possano costituire, in futuro, parte viva e integrante della città di Udine. 4 CRONACHE STELLINIANE Gran finale di primavera per il Coro e l’Orchestra del Liceo Stellini La Preside con i direttori Alessio Venier e Chiara Spizzo. Tra di loro la professoressa Monica De Nardi L o scorso venerdì 13 maggio il Coro e l’Orchestra del Liceo Stellini hanno offerto al folto pubblico della Basilica delle Grazie in Piazza Primo Maggio un ricco concerto imperniato sul tema “L’uomo per l’uomo”: numerosi i brani eseguiti e molto alta la qualità dell’interpretazione. L’esibizione, che ha avuto una replica sabato 14 nel Duomo di Gemona, era stata preparata attentamente grazie anche alla partecipazione del gruppo corale del Liceo alla rassegna musicale “Festival di primavera”, tenutasi a Montecatini Terme dal 13 al 16 aprile scorsi. Organizzata dalla Feniarco, la rassegna ha visto esibirsi cori provenienti da 20 istituti scolastici italiani che hanno presentato i propri brani al Teatro Verdi della nota località termale toscana. Il gruppo del liceo udinese (oltre 50 componenti) ha ottenuto consensi unanimi e grandi applausi specialmente per l'esecuzione del brano cinquecentesco friulano Scjaraçule/maraçule, composto da G. Mainerio, arrangiato per l’occasione dall’allievo Alessio Venier, Direttore dell’Orchestra d’Istituto, ed eseguito dal Coro diretto dall’alunna Chiara Spizzo. Nella “tre giorni” toscana i ragazzi dello Stellini hanno inoltre partecipato all’Atelier di musica rinascimentale diretto dal Maestro Mauro Marchetti, che si è complimentato con gli studenti per l’impegno e l’entusiasmo profusi sia nelle prove che nelle esecuzioni sempre al Teatro Verdi di Montecatini. Per gli alunni è stata un’occasione importante per arricchire la propria esperienza e per confrontarsi con altre realtà scolastiche italiane, tanto che sulla strada del ritorno si sono esibiti anche presso il Liceo Scientifico di Empoli “Il Pontormo”, dove hanno portato la propria personale e probabilmente unica realtà italiana di coro gestito interamente dagli stessi studenti. Questa costruttiva esperienza si è rivelata decisiva in vista della preparazione al tradizionale Concerto di Primavera, giunto quest’anno all’undicesima edizione. Il programma, particolarmente denso, comprendeva impegnativi brani di compositori classici (Beethoven, Mascagni, Mussorgsky-Ravel, Shostakovich, Gounod, Elgar), suonati dall’Orchestra, e moderni, accompagnati dal Coro (Lennon-Mc Cartney e Sting, con Russians e Every little thing…, quest’ultimo ripreso nel bis finale) in un’esecuzione sinfonica di grande effetto. Il Coro si è poi cimentato nell’esecuzione di brani rinascimentali, tradizionali irlandesi e americani, e moderni (tra cui la notevole resa di Listen to the rain). Alla corposa e trascinante parte musicale si sono alternate, in modo piacevole e ritmato, le letture introduttive da parte di alcuni allievi (si è distinta per verve espressiva l’allieva Lisa Lendaro), che hanno interpretato prose e versi di scrittori e poeti (Tagore, Turoldo, Baudelaire, Verlaine, Rodari, Baricco…. ma anche autori della classicità come Orazio, sapientemente “ringiovaniti” e sempre attuali, come la vera arte sa essere) scelti dagli stessi ragazzi in accordo al tema conduttore. Alla fine, dopo le parole di elogio della Preside, professoressa Giovanna Marsoni, per gli stessi studenti che hanno ideato e realizzato con tanta passione e dedizione un appuntamento ormai imprescindibile e caro al pubblico cittadino, un particolare saluto ai due Direttori Chiara Spizzo e Alessio Venier che, giunti all’ultimo anno di scuola, hanno concluso la loro esperienza di conduzione. Il calore e l’entusiasmo con cui il pubblico che gremiva la Basilica ha seguito l’esibizione hanno dimostrato l’ammirazione e l’affetto che questi ragazzi hanno saputo suscitare e far crescere in questi anni nei confronti di una formazione artistica che si può considerare un punto di riferimento anche per la realtà cittadina. Francesca Venuto con la collaborazione di Andrea Nunziata Coro e orchestra del Liceo Stellini durante il concerto presso la Basilica delle Grazie La donazione del fondo “Luigi Mari” alla biblioteca dello Stellini Luigi Mari, studente liceale, con la compagna di classe Liliana Spinozzi L ’11 febbraio scorso, presso la sede del Liceo “Stellini”, si è svolta la cerimonia di consegna dei preziosi libri della biblioteca privata del professor Luigi Mari, mancato improvvisamente il 1° luglio del 2010. Erano presenti la dirigente, professoressa Giovanna Marsoni, le bibliotecarie professoresse Francesca Noacco e Gina Misdaris, la professoressa Lucia Sbuelz, esecutrice testamentaria, la professoressa Paola Sbuelz e il dott. Piero Cappelletti, direttore generale del Centro di riferimento oncologico di Aviano. Questa isti- tuzione infatti, erede universale del docente, su consiglio dell'esecutrice testamentaria, ha ritenuto di realizzare il desiderio del professor Mari che i propri libri passassero in dotazione alla biblioteca dello Stellini. Così numerosi volumi di classici greci e latini della Utet, della Zanichelli, della Laterza, della Loeb, insieme a dizionari etimologici e linguistici, a saggi critici delle varie letterature, a volumi monografici su artisti famosi e sulle grandi civiltà, alle opere di Freud e ad una pregevole edizione della Historia Langobardorum di Paolo Diacono, andranno ad arricchire la biblioteca dell'Istituto. Accanto a queste opere, che testimoniano le vaste conoscenze della cultura classica e il continuo desiderio di aggiornamento del professor Mari, vi sono anche pubblicazioni e libri che ci ricordano le grandi passioni dell'insegnante per la storia dell'arte e la musica: dalle riviste di archeologia all'enciclopedia della musica, dagli spartiti musicali a diapositive di vario argomento. I suoi ex-allievi ricorderanno le sue splendide lezioni di arte per accompagnare l'apprendimento delle civiltà classiche, svolte nell'aula oscurata per consentire la proiezione delle diapositive, sempre accompagnate da osservazioni colte e precise. Non si possono poi dimenticare i vari viaggi di istruzione che il professor Mari organizzava per i suoi studenti, preparati con cura meticolosa, di cui sono testimonianza le tante guide di viaggio e opuscoli artistici presenti nella sua biblioteca. Fanno poi parte del lascito anche numerosi testi di narrativa novecentesca italiana e straniera, la produzione poetica del padre, professor Mario Mari, e opere di autori istriani e friulani, a testimoniare da un lato il ricordo della terra d'origine del professore e dall'altro il legame instauratosi con quella terra friulana che l'ha visto crescere e affer- marsi come valido docente e uomo di profonda cultura. Un sentito ringraziamento va quindi al CRO di Aviano, che ha consentito al Liceo Stellini di acquisire questo patrimonio bibliotecario, che andrà ad aggiungersi ai libri già posseduti e che potrà sicuramente essere fruito da tanti docenti e studenti, come era desiderio del compianto professor Mari, al quale va il ricordo di quanti hanno avuto la possibilità di conoscerlo. Gina Misdaris Da sinistra, le professoresse Paola e Lucia Sbuelz, Gina Misdaris (in piedi), la preside Giovanna Marsoni, il dottor Piero Cappelletti e la professoressa Francesca Noacco 5 CRONACHE STELLINIANE Chiusura festosa di un anno scolastico particolarmente generoso di riconoscimenti La classe 1a A con la professoressa Maieron e la Preside Gli studenti dello Stellini in palestra per assistere allo spettacolo di fine anno C on una lieta e corposa manifestazione, tenutasi presso la palestra grande, gli studenti del Liceo Stellini hanno salutato, sabato 11 giugno, la chiusura dell’anno scolastico 2010/2011. È stata l’occasione per assistere all’esibizione di vari allievi che, alla presenza della Preside, professoressa Giovanna Marsoni, dei docenti e del personale della Scuola, si sono cimentati in alcune delle attività complementari e integrative che non solo li hanno visti protagonisti durante tutto l’anno all’interno dell’Istituto, ma li hanno fatti pure conoscere e apprezzare al di fuori del Liceo. Un ruolo particolarmente significativo è stato svolto dal Coro e dall’Orchestra, guidati rispettivamente da Chiara Spizzo e da Alessio Venier, che hanno riproposto l’esecuzione di alcuni tra i brani più suggestivi del loro repertorio, già applauditi al seminario di Montecatini, cui il gruppo dello Stellini ha partecipato in aprile, e poi ripresi ed integrati nei Concerti di Primavera presso la Basilica delle Grazie e il Duomo di Gemona, nelle serate dell’8 e del 9 maggio. I brani musicali sono stati intervallati dalle letture, a cura di Lisa Lendaro di III C, di passi significativi di giuristi e scrittori, partendo da Pietro Calamandrei per giungere a Roberto Saviano. Il Valzer degli stelliniani Si sono svolte inoltre alcune performances di educazione fisica da parte delle allieve di varie classi. Particolarmente attese ed applaudite sia l’esibizione di ginnastica artistica di Maristella Toniutti (III C), campionessa di ginnastica ritmica presso l’ASU, sia quella di danza moderna di Lorenzo Moscato (II D) e Giulia Mazzolini (III B). Sono stati premiati gli alunni meritevoli delle classi terze con una scelta di libri omaggio, in parte offerti dalla Fondazione Lorenzo Valla di Roma: sono stati selezionati, in base al profitto riportato nell’ultimo anno, gli studenti: Carlotta Ceretelli e Chiara Felluga della III A, Alessio Venier e Chiara Spizzo della III B, Maristella Toniutti, Letizia Della Longa e Beatrice De Luca della III C, Anna Fabris, Martina Cita e Elena Gheller della III D, Matteo Tabacchi e Federica Tomelj della III F, più Giulio Battistella della II E per il Concorso di Storia. Letizia Della Longa ha inoltre conseguito il Premio Sarti – all’interno del progetto “Diritto e Giustizia” – nello scorso marzo. Particolare menzione hanno ricevuto le allieve che si sono segnalate al Concorso indetto dall’INDA (Istituto Nazionale del Teatro Antico di Siracusa): si tratta delle studentesse Carlotta Ceretelli e Sonia Mele, entram- be di III A, attestatesi rispettivamente al 2° e 4° posto. Sono stati inoltre adeguatamente segnalati e festeggiati gli studenti che si sono cimentati nella lettura di passi della Bibbia in friulano, manifestazione svoltasi nella Cappella della Purità, situata a fianco del Duomo di per il dono del sangue sia perché molti suoi componenti (9) hanno partecipato al Concorso “Fabbricando 2011”, promosso dal Danieli Group di Buttrio, in collaborazione con una classe dell’Istituto Malignani, sempre di Udine. Il Concorso è stato patrocinato dalla Regione Autono- La Preside con i rappresentanti del Consiglio di Istituto e della Consulta degli Studenti Udine, nello scorso aprile: Davide Bagnarol (II D), Marco Boatto (I A), Angelica Puntel (II A), Alex De Nardo (III A), Mariagiusy Longo (III A), Eva Zucchiatti (III C), insieme con la preside, professoressa Marsoni, e con i docenti Olga Maieron e Stefano Perini. La classe I A si è distinta sia ma Friuli Venezia Giulia e dal Ministero dell’Istruzione sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. Il titolo del progetto presentato è “Poiountes: teoria, techne e mechané dal mondo omerico all’ellenismo”, concentrato sul “saper fare” della tradizione greca antica. Per la menzione ricevuta, gli allievi della I A, coordinati dalla professoressa Maieron, hanno partecipato alla cerimonia di premiazione avvenuta nell’auditorium del palazzo della Regione di Udine il 28 maggio e hanno effettuato una visita premio a Milano, al Museo nazionale della Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci”. Riportiamo inoltre anche i riconoscimenti ottenuti in campo sportivo nei campionati studenteschi di atletica: la squadra femminile, con le allieve Tosatto, Sangoi, Andreutti, B. e M. Danielis, Carignani e Gattesco si è classificata terza alle provinciali; la squadra degli allievi, for- mata da Petrucco, Pezzini, Soramel, Del Giudice, Pradolin, Pilutti e Armellini si è posizionata al quarto posto. A livello provinciale, sul gradino più alto del podio, sono saliti l’allievo Petrucco, nei cento metri (11''66), e le allieve Tosatto e Sangoi, rispettivamente nei cento metri ostacoli e nel lancio del peso. Alle regionali hanno vinto ancora le allieve Alice Tosatto e Serena Sangoi, nei cento ostacoli (15''01) e nel lancio del peso (9.18 m), e Giada Andreutti, nel lancio del disco (28.92 m). Meritevole di segnalazione è poi il progetto “Equilibrio e postura”, sviluppato dagli studenti della IV C con la supervisione del prof. Sepulcri in una situazione operativa di ricerca sperimentale. Il progetto, destinato a guidare gli studenti ad avere le competenze necessarie per assumere abitudini e comportamenti utili a salvaguardare la propria salute e il proprio benessere psicofisico, è stato presentato al pubblico in aula magna sabato 4 giugno, con gli interventi del prof. C. Bardini, docente di Scienze Motorie presso la Scuola Media di Tavagnacco, della dott.ssa L. Passoni, medico di famiglia, e del prof. P.E. di Prampero, fisiologo di fama internazionale. Infine vanno menzionati l’impegno dedicato da una settantina di studenti liceali nelle Giornate FAI di Primavera, svoltesi nel mese di marzo, allorché hanno presentato al pubblico un gioiello nascosto come il palladiano Palazzo Antonini (già sede udinese della Banca d’Italia) e la collaborazione di alcuni studenti, giornalisti in erba, con la redazione scuola del quotidiano locale “Messaggero Veneto”. Al termine di una cerimonia veramente partecipata, organizzata dagli stessi ragazzi, e di una sfilata conclusiva degli allievi che hanno ricoperto ruoli “ufficiali” come quelli di rappresentanti d’Istituto e della Consulta degli Studenti, l’esecuzione da parte dell’orchestra di un coinvolgente Valzer di Shostakovich ha trascinato gran parte degli studenti – cui si sono uniti anche alcuni docenti ed esponenti del personale della scuola – a danzare tutti insieme, volteggiando allegramente sul parquet della palestra. Un saluto speciale ai maturandi è stato infine rivolto a coloro che si stavano apprestando a sostenere l’esame di stato nelle settimane successive per concludere il loro ciclo di studi. Non è finita lì: i festeggiamenti sono proseguiti al di fuori della scuola, in Giardin Grande, segno inequivocabile e fragoroso che un altro anno è terminato nel gaudio generale. Francesca Venuto Maristella Toniutti, bravissima anche negli studi 6 SPECIALE CULTURA Appuntamenti internazionali in una terra accogliente D a non pochi anni Udine e la sua provincia sono diventate teatro di manifestazioni capaci di prospettare significative opportunità di confronto con e fra diverse realtà culturali di portata internazionale. Mi riferisco, in ordine storico di presenza, al Premio Nonino, ormai al suo XXXVI anno; al Mittelfest che ha da poco celebrato il suo XX anno di vita; al Far East Film e a Vicino/Lontano che hanno concluso a maggio rispettivamente la loro XIII e VII edizione. Ne tento in questa sede una breve storia, riferendo dati recentemente pervenuti o confermati. Mittelfest (1991-2011) I I premiati 2011, la famiglia Nonino e parte della giuria Premio Nonino (1975-2011) I l Premio Nonino Risit d’Âur è nato nel 1975 con il fine di salvare gli antichi vitigni autoctoni friulani di cui era proibita la coltivazione (Schioppettino, Ribolla, Pignolo e Tazzelenghe), sollecitandone il riconoscimento ufficiale dagli organi nazionali e comunitari, ottenuto nel 1978, fino all’inserimento fra i vitigni raccomandati nel 1983. Inizialmente conferito al vignaiolo che ne avesse posto a dimora il miglior impianto, il premio è stato col tempo esteso a coloro che credono nei permanenti valori della Civiltà Contadina: a quanti salvaguardano i «tesori alimentari che si vorrebbero anonimamente uniformare» come i panificatori di Altamura e i coltivatori del «pomodoro ancestrale»; a Gavino Ledda per il coraggioso riscatto da una schiavitù atavica con il libro Padre Padrone; al narratore vietnamita Nguyên Huy Thiêp per aver suscitato dalle «ceneri della sua terra profondi valori millenari»; a “Manos Blancas”, coro di bambini portatori di handicap, nato nel 1999 per incentivarne l’integrazione con la musica su iniziativa di N. Garcia, in collegamento con il Sistema di Orchestre Venezuelane. Nel 1977 venne istituito il Premio Nonino di Letteratura (Davide M. Turoldo tra i giurati), di regola assegnato ad italiani1, con eccezioni quali Rigoberta Menchù (qui premiata per la sua testimonianza di contadina guatemalteca 5 anni prima del Nobel per la Pace); Ousmane Sembène, scrittore e regista senegalese impegnato nella lotta contro la pratica millenaria dell’escissione; la Maison des journalistes che ospita a Bobigny giornalisti in esilio; Silvia Perez-Vitoria per “La questione contadina” e Jean Jouzel per gli studi sul clima derivanti dalla sua esplorazione dell’Antartide. Si ribadì il «netto proposito di sottolineare la permanente attualità della civiltà contadina» anche per il Premio Nonino Internazionale, istituito nel 1984 e dedicato ad autori stranieri pubblicati in Italia come Jorge Amado, Leopold Sedar Senghor, Claude Levi-Strauss, Aron Gurevic, Jacques Brosse, Erik Orsenna, Henry Roth, Alvaro Mutis, Zhong Acheng, Vidiadhar Surajprasad Naipaul (8 anni prima di ricevere il Nobel), Chinua Achebe, Jaan Kross, Edward W. Said, Yashar Kemal, Amin Maalouf, Adonis alias Alì Ahmad Said Esber, Hugo Claus, Ngugi wa Thiong’o, Norman Manea, John Banville, Tomas Tranströmer, Mo Yan, Haroumi Setouchi, Harry Mulisch, William Trevor, Chimamanda Ngozi Adichie, Sigfried Lenz. Nel 1990 fu istituito il Premio Nonino ad un «Maestro del nostro tempo», talora diversificato in due sezioni dedicate agli stranieri e agli italiani. Tale premio è stato conferito ad intellettuali attivi in campi diversi, quali Norbert Elias, Peter Brook, Emmanuel Le Roy Ladurie, Hans Jonas, Jerzy Grotowski, Raymond Klibansky, James Lovelock, Leszek Kolakowski e Luigi Cavalli Sforza, René Girard e Fosco Maraini, Jorge Semprun e Claudio Abbado, Edward O. Wilson e Emmanuel Anati, Raimon Panikkar e Suso Cecchi d’Amico, Tzvetan Todorov, il Progetto Educativo per l’Infanzia di Reggio Emilia, Antonio R. Damasio ed Emilio Vedova, Edgar Morin e Marcello Cini, Mahasweta Devi e Giorgio Parisi, le Madri di Plaza de Mayo, Yves Coppens, Leila Shahid, Hugh Thomas, Serge Moscovici. Il 29 Gennaio scorso, alla presenza di 600 convitati sistemati nella sala centrale delle Distillerie Nonino di Ronchi di Percoto, la Giuria2 ha assegnato il “Premio Internazionale” allo spagnolo Javier Marías, autore che (licita la motivazione) «sa narrare come pochissimi altri l'esistenza individuale nelle sue passioni e nelle sue ambiguità e il tessuto storico e sociale in cui essa è immersa; che ha mostrato nuovi e reconditi abissi dell’animo, che ha indagato il rapporto tra la vita e la verità, il bene e il male della verità stessa e la drammatica difficoltà di convivere con essa, di scoprirla o di ignorarla». Il Premio “Maestro del nostro tempo” è stato conferito a Renzo Piano «per aver fatto della architettura l’ambito della sua missione sociale, morale e civile», oltre che estetica; il “Premio Letterario” all’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt che «oggi ci dice che l'uomo, ambizioso e predatore, è un animale a rischio e che solo allargando il senso di famiglia e salvando con saggezza la sua identità di gruppo potrà avere un futuro». La Giuria ha infine assegnato il Risit d’Âur alla statunitense Frances Moore Lappé che «ci invita a ritornare ai ritmi delle origini, a un coltivare rispettoso dell’ambiente, a ridare al mondo animale il suo ruolo e capire che tutto ciò che sprechiamo è peccato». Alle 18 dello stesso giorno è stato offerto al pubblico udinese il “Dialogo del Premio Nonino” tra il germanista e scrittore triestino Claudio Magris e l’autore britannico nativo delle Antille V. S. Naipaul «grande viaggiatore che ha descritto il mondo caraibico con pungente ironia, senza trascurare i temi della schiavitù, della violenza armata e della difficile emancipazione dei paesi africani». Tuttavia la famiglia Nonino operò scelte analoghe in passato, offrendo, per esempio, alla cittadinanza gli incontri con Mahasweta Devi (2005) e Perez-Vitoria (2009), lo spettacolo Oh les beaux jours! di Beckett con Natasha Parry e la regia di Brook (1996, teatro San Giorgio), la prova generale di Così fan tutte di Mozart con la Mahler Chamber Orchestra diretta da Abbado (2000, teatro Giovanni da Udine), la proiezione del film Moolaadé di O. Sembène (2007, Visionario). Va rimarcato che i Nonino finanziano tutte le suddette manifestazioni (premi compresi) utilizzando la maggior parte del loro budget pubblicitario. l Mittelfest nacque nel 1991 con l’intento di «riattivare forze che avevano dato unità all’area geografica e culturale mitteleuropea» nell’Europa centro-orientale ove «nei 2 primi decenni del ‘900» si era verificata «un’incredibile concentrazione di creatività» messa a dura prova dalle guerre mondiali. L’idea di un appuntamento internazionale «nel quale far risuonare almeno 5 diverse lingue e altrettante culture» fu la base del progetto, realizzato grazie al sostegno della Regione FVG con l’appoggio (solo al 1° anno) del Ministero degli Esteri. Vi lavorarono C. de Incontrera, M. Gallina e G. Pressburger che, in qualità di responsabile artistico, coordinava l’intero gruppo dei colleghi T. Ascher, J. Ćirilov, J. Menzel, G. Tabori, cui sarebbe passata la direzione negli anni successivi. Nel 1992 Tabori coordinò il festival dedicato a Franz Kafka. Interrotto per l’escalation bellica in Jugoslavia, il festival riprese con il titolo Guerra e Pace, rinnovando l’intento di «valorizzare i legami che venivano crescendo con i paesi di un’altra Europa». Infatti nella seconda metà degli anni Novanta si costruirono progetti (Identità 1 del 1996, Identità 2 del 1997, Transizioni del 1998) imperniati sulle peculiarità del processo innovativo delle nazioni di un assetto europeo visibilmente mutato. Le edizioni accomunate dal titolo Partire/Tornare identificavano coi sottotitoli Via dell’ambra (1999), Via della seta (2000) e Via del sale (2001) 3 percorsi «ispirati dalle dinamiche del viaggio in una prospettiva opposta a quella dei pregiudizi nazionali e delle loro derive». Con le edizioni del 2002 Sparsi per il mondo. Popoli e destini e del 2003 Sorrisi d’Europa. La comicità italiana e mitteleuropea erano diventate 18 le nazioni partecipanti, in conseguenza della frantumazione di realtà nazionali precedenti, ma anche dell’ingresso nel festival di Polonia, Albania, Romania, Bulgaria. Con l’edizione Il Tempo/Le Voci del 2004 iniziava il quinquennio della direzione artistica di Moni Ovadia, che nella serata inaugurale presentava il suo divertissement appositamente ideato Il tempo dei tempi. Numerosi gli spettacoli e gli artisti presenti (per esempio Salmagundi, Variazioni Sul Cielo, Sœur Marie Keyrouz, Kinder-Traum Seminar, Susanne Linke, Yiddish Theatre of Israel), tra cui è memorabile Kontakthof mit Damen und Herren ab 65, spettacolo «di intensa forza espressiva» allestito dalla coreografa Pina Bausch. Nell’edizione del 2005 (volutamente senza dedica come nel 2006) Ovadia presentava il suo spettacolo Es iz Amerike!, dichiarando in apertura del festival: «se la cultura viene accolta dall’economia come una delle emergenze del Paese, la cultura può aiutare a rivitalizzare l’economia stimolando i desideri e i bisogni dell'uomo». Erano in programma tra l’altro Il sogno di una cosa di P. P. Pasolini (nel 30° anno dalla morte), uno spettacolo sul poeta triestino C. L. Cergoly di A. Lacosegliaz, il Progetto Alexandria a cura di F. Però e I Pacefondai di e con V. De Lucia. Nel 2006 veniva per la prima volta utilizzata la Cava di Tarpezzo con Storie di lavoro a cura di V. Colle e M. Brandolin, ove G. Bertelli, M. Brugnaro, A. Celestini, M. Corona, A. Kersevan, G. Marini, P. Nasini, M. Paolini e G. A. Stella si impegnavano «a ricostruire, in decine di tasselli, il senso di ciò che la Costituzione italiana riconosce fondante della nostra identità nazionale». Tra le altre manifestazioni ricorderei Kaddish per il bambino non nato del premio Nobel I. Kertész; Le storie del signor Keuner di Brecht organizzato da R. Andò ed Ovadia; Dottore ebreo che ha paura del sangue, rifles- Moni Ovadia e Claudio Magris sioni di C. Magris ed Ovadia su Freud e l’umorismo ebraico; A quel cielo lontano, il mio Pascoli di R. Molinari, con G. Battiston. Nel 2007 particolarmente significativa è stata la maratona alla Cava di Tarpezzo il cui tema di fondo, richiamando la “Carta universale dei diritti dell’uomo”, si realizzava attraverso perfomance (allievi ed ex allievi della “P. Grassi”, tra cui M. Speziani; M. Somaglino e R. Maranzana su L’udienza di V. Havel); video/interventi (Havel stesso e G. Strada, coinvolgente nella sua testimonianza); dibattiti (R. Calligaro e S. Staino coordinati da G. Carbonetto), interventi satirici (P. Rossi e A. Cornacchione), intervista (M. Ovadia a G. A. Stella) e altro. Tra gli spettacoli in cartellone, da segnalare lo sloveno Fragile! della drammaturga croata T. Štivicic per la regia di M. Pograjc. Costruire il tempo. Fragili futuri era il tema dell’edizione 2008, che ebbe come spettacoli di eccellenza l’Amleto di Latella, l’Oylem Goylem di Ovadia (confermando che teatro, musica e danza sono forme espressive che possono coniugare valori estetici, utilità sociale e impegno civile) e soprattutto il Caligula dello sloveno T. Pandur (evento che per molti è impossibile dimenticare). Sul versante del balletto fu presentato al Giovanni da Udine Three Duets con M. Baryshnikov, D. Neumann e la bravissima A. Laguna, coreografie di M. Esk. Con il Mittelfest 2009, avente per tema Prove d’Europa. A 20 dalla caduta del muro di Berlino: dal dissenso alle nuove tendenze, iniziavano la direzione artistica Furio Bordon per il teatro, Claudio Mansutti per la musica e Walter Mramor per la danza. Lo spettacolo evento fu Prove d’Europa con l’Antigone di Lemming seguita dalla lettura di testi di D. M. Turoldo da parte di G. Lavia per concludersi con la danza degli Spellbound che facevano crollare il fondale-Muro. Tra gli spettacoli si segnala Orson Welles’ Roast con G. Battiston. Nell’edizione XIX Genio d’Europa, il sottotitolo Demoni, allusivo a quanti hanno contribuito a formare l’identità culturale dell’Europa, rimanda alla tipologia dell’anti-eroe di Dostoewskij (che mise in crisi la narrativa imperniata sullo scire per causas), di cui si sono presentate le rielaborazioni teatrali di I Karamazov, Delitto e Castigo, efficacemente diretto da De Brea e Idiotas con la bella regia di Nekrošius. Per la danza si sono visti Il processo con la coreografia di Zurovac e musica di Šipuš, l’applauditissimo Love machines della compagnia “Kataklò” e il gala internazionale Le pas de deux génial molto apprezzato dal pubblico. Con la XX edizione Nazioni e Identità, svoltasi dal 9 al 24 Luglio ed inaugurata con La modestia di Spregelburd, si sono viste significative pièce slave come Anime morte di Vicen, When I was dead diretto da De Brea, Il drago d’oro da Kica, Salomé diretta da Frey e lo splendido Giochi di famiglia di Srbljanovič diretto da Magelli. Tra gli spettacoli di danza molto apprezzati i balletti armeno Forceful Feelings, russo di Igor Moiseev e cinese La poesia del vento. Interessante il concerto di Brunello, arricchito dal connubio con Paolini su Notte Trasfigurata di Schönberg. L’edizione celebrativa s’è conclusa al GDU con due belle coreografie di Monteverde e con quella di Santilli per La morte e la fanciulla. 7 SPECIALE CULTURA Far East Film Festival (1999-2011) C. Martinez ed E. Domingo F EFF, la cui idea è nata dalla rassegna tematica Udine/Incontri Cinema, organizzata dal Centro Espressioni Cinematografiche di Udine dal 1986 e trasformatasi nel 1998 in un festival dedicato a Hong Kong, da 13 anni ha fatto dell’esplorazione del cinema popolare asiatico «una missione di studio, di scoperta e di ricerca», presentandosi come «un festival unico, lontano dai meccanismi di potere, [in grado di] fornire strumenti di comprensione/connessione» verso la ci- nematografia popolare dell’estremo Oriente, con l’intento di incentivarne la conoscenza in Occidente. Nell’arco di 9 giornate si proiettano, per lo più al Giovanni da Udine, più di 50 film di vario genere, prodotti e/o girati in Cina, Hong Kong, Taiwan, Singapore, Corea del Sud, Tailandia, Indonesia, Malesia, Vietnam, Filippine e Giappone, da ultimo anche in Mongolia. Gli spettatori, 25.000 nel 1999, si sono più che raddoppiati nel corso degli anni, come pure i giornalisti (italiani e stranieri, ora 200) che seguono di solito il festival con reportage giornalieri, approfondimenti ed interviste. Col tempo FEFF è diventato un’evenienza di maggiore «visibilità per produttori e distributori internazionali» grazie al fatto che, per esempio, un film come Departures del giapponese Yojiro Takita, presentato in anteprima mondiale a FEFF, è stato insignito del premio Oscar nel 2009. In 13 anni sono state organizzate speciali retrospettive su registi di Hong Kong come Johnnie To, Ringo Lam e Patrick Lung Kong (anche sceneggiatore ed attore, famoso per Story of the discarged prisoner del 1967), Patrick Tam, Ann Hui e Michael Hui; o giapponesi come Teruo Ishii e Joe Shishido; ma anche su generi cinematografici come Nikkatsu Action (il CEC ha prodotto il «primo volume tematico esistente al mondo su questo particolare genere giapponese») e su case cinematografiche come la ShinToho (che dagli anni Quaranta ha prodotto film di Akira Kurosawa, Kenji Mizoguchi e Yasujiro Ozu e, più di recente, quelli di Hideo Nakata). Sono stati infine ospitati importanti registi del film asiatico come i coreani Park Chan-wook (che ha tra l’altro girato nel 2005 il film di 33’ Night Fishing con 8 iPhone); Ji-woon Kim (Bittersweet life del 2005 è «un efficace esempio del modo con cui un regista di talento ricorre alle convenzioni di un genere e le cambia» per reinventare la realtà); il giapponese Hideo Nakata (famosi gli horror The ring 1, 2 e 3) ed i cinesi Pang Ho-Cheung, Feng Xiaogang e Zhang Yimou (vincitore nel 1988 dell’”Orso d’oro” con Sorgo Rosso in cui recitava la grande Gong Li, protagonista anche dei suoi Lanterne rosse vincitore del “Leone d’argento”, La storia di Qiu Ju vincitore del “Leone d’oro” e La città proibita del 2006; Yimou vinse inoltre l”Orso d’argento” per La strada verso casa del 2000). La XIII edizione ha realizzato un afflusso da record (55.000 spettatori, italiani e stranieri, tra cui numerosi giornalisti, critici e studenti di cinema anche da università come Coventry, Princeton e Singapore) con l’offerta di ben 87 film. È stata la Cina protagonista di punta con l’assegnazione del “Gelso d’oro” ad Aftershock, presentato in occasione della XXXV commemorazione del terremoto friulano. Il regista Feng Xiaogang, che ha diretto 15 film in Cina (ma in Italia finora era noto, e solo sul mercato home video, per Un funerale dell’altro mondo del 2001), è considerato «una sorta di Spielberg cinese per qualità tecniche, spettacolarità e gusto del racconto». Il 2° premio è stato assegnato a Under the Hawthorn tree del talentuoso Zhang Yimou. Il 3° premio è stato assegnato a Here comes the bride del regista filippino Chris Martinez (presente con la protagonista Eugene Domingo). Ma il film che più sembra aver incontrato il favore del pubblico è stato Confessions, «magnifico thriller» diretto dal giapponese Tetsuya Nakashima, eletto miglior film dalla giuria degli accreditati Black Dragon (pubblico «consapevole» di giornalisti, distributori ed operatori del settore) e quello dei lettori di MyMovies.it (premio assegnato dal sito, con la collaborazione del CEC, in base alle preferenze di chi ha visto il film al festival). La XIV edizione (su cui si sta già lavorando) inquadrerà la cinematografia vietnamita. Vicino/Lontano (2005-2011) V icino/Lontano è un’associazione il cui progetto prevede una serie di confronti sulle relazioni e i conflitti tra Occidente e Oriente, ribaditi dal sottotitolo identità e differenze al tempo dei conflitti: ove il tempo appare metaforicamente allusivo al nostro presente caratterizzato soprattutto da cospicui flussi migratori, da conflitti di civiltà e dal prorompente espansionismo cinese, fenomeni che occorre comprendere nella loro origine e “ragione” se si vuole evitare l’innescarsi di pericolosi meccanismi xenofobi. La figura di Tiziano Terzani, che è vissuto per trent’anni in Asia con la sua famiglia, lavorando come corrispondente del settimanale Der Spiegel da Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo, Bangkok e Nuova Delhi, vuole essere esemplificativa di una dimensione umana che si apra all’altro con la paziente fiducia in possibili reciproche comprensioni e nel rispetto delle proprie ed altrui diversità. Come disse Ryszard Kapuściński (componente della giuria per 3 anni) Terzani seppe «creare quel ponte tra le differenze che poi dà modo anche agli altri di capire il mondo, un mondo che cambia velocemente e drammaticamente». Da questa sintonia d’intenti tra il gruppo promotore di Vicino/Lontano ed il giornalista (morto nel 2004) è nata l’idea del Premio Terzani assegnato all’autore di un saggio o di un reportage «che affronti i temi del confronto, delle relazioni e dei conflitti che si generano nell’incontro di culture differenti o descriva un fenomeno significativo del nostro tempo, offrendo un efficace spaccato di civiltà in mutamento». I premiati dal 2005 al 2010 sono stati François Bizot, Jonathan Randal per Osama, Anna Politkovskaja (alla memoria), Fabrizio Gatti per Bilal, Ahmed Rashid per Caos Asia, Umberto Ambrosoli per Qualunque cosa succeda. Nella recente edizione la Giuria3 ha assegnato il premio Terzani alla giornalista statunitense, nata da genitori cinesi, Leslie T. Chang per il libro Operaie. La motivazione ricorda che il libro è frutto di lunghe frequentazioni, da parte della Chang, di giovani operaie che lavorano nelle grandi fabbriche manifatturiere della Cina globalizzata, nell’intento di capirne i sogni e le speranze, le delusioni e le sconfitte, e finendo per ricostruire e meglio capire le vicende migratorie della propria famiglia, «salvando dall’oblio l’immagine, anche simbolica, di un paese ormai lontano da se stesso». Al Giovanni da Udine si è tenuta il mattino di Sabato 14 Maggio la premiazione delle due sezioni del Concorso Scuole, coordinato da Gianni Cianchi, responsabile di tale progetto ma anche coordinatore della serata di premiazione della Chang, che è stata preceduta da una lettura scenica, tenuta da Maddalena Crippa e Chiara Donada, intervallata da performance di allievi dell’Accademia “Nico Pepe” diretti da Claudio De Maglio, nonché da 2 esibizioni degli Arearea che ben comunicavano l’ossessione spersonalizzante del lavoro ripetitivo della fabbrica. La serata di Domenica a San Francesco è stata dedicata a George Brassens e ai suoi vari “traduttori” in moltissime lingue, in particolare il friulano in cui si è cimentato per anni l’indimenticabile Giorgio Ferigo. L’incessante lavoro organizzativo dello staff si realizza di solito in diverse attività che hanno, da 2 anni, il loro momento inaugurale in una serata evento speciale del Mercoledì I Premio Vicino/Lontano: lo stelliniano Giacomo Rizzolatti, scopritore dei “Neuroni specchio” Umberto Ambrosoli, alla presenza di Angela Terzani, consegna il Premio Terzani 2011 a Leslie T. Chang precedente. Quest’anno Massimo Somaglino ha operato una lettura scenica di 3 frammenti da La parola errante di Armand Gatti, con la partecipazione di Daniele D’Agaro e del Coro-Laboratorio diretto da Claudia Grimaz. Nel pomeriggio di Giovedì si dà il via alle manifestazioni che si articolano in diverse tipologie – confronti, incontri, eventi, proiezioni, musica, storia, poesia – ed in diversi spazi – la chiesa di San Francesco, l’Oratorio del Cristo, il Palazzo Morpurgo, la Libreria Friuli ed il Giovanni da Udine. Interessanti sono spesso, a San Francesco, i Confronti di cui “Stato e Antistato” dell’8 Maggio 2010, con U. Ambrosoli, G. Colombo e T. Padoa Schioppa moderati da F. Gatti, è indimenticabile per l’atmosfera di altissimo senso civico che vi si respirava. Venerdì 13 Maggio 2011 “L’Italia dopo l’Italia” era il tema del confronto tra A. Bianchi, G. Arfaras, I. Cipolletta e L. Ceccarini moderati da G. Cevolin su interessanti questioni dibattute nell’omonimo numero di Limes. Sabato mattina il neurologo G. Rizzolatti, «in odore di Nobel per aver scoperto i neuroni specchio», ne spiegava l’importanza per comprendere le emozioni e le intenzioni alla base del comportamento umano, anche senza una mediazione cognitiva. Nel pomeriggio, dopo un interessante dibattito sul tema “Quanta disuguaglianza possiamo accettare?”, discutevano sul tema “Flessibile precario a rischio: il valore del lavoro in Occidente” una S. Camusso autorevolmente imperturbabile, A. Bagnasco, A. Barcella e A. Ichino coordinati da M. Panara. Domenica pomeriggio il nuovo presidente di “Medici senza frontiere” A. Campopiano teneva testa a R. Rui e a E. Krippendorff con argomentazioni limpidamente efficaci sul significato di “pace”. Tra gli incontri realizzati a San Francesco sono stati molto apprezzati “Istmi: lingue di terra e lingua di cieli” con Alessandro Bergonzoni e quello della mattinata di Venerdì sul “piacere della legalità” in cui hanno avuto un ruolo significativo gli allievi della Valussi e del Percoto. Va infine ricordato che sono progetti di Vicino/Lontano anche Fuorirotta (destinato a viaggiatori, o aspiranti tali, come occasione di incontro, confronto, scambio di informazioni, esperienze e suggestioni) il cui ultimo focus era sulla Finlandia; Il Cortile delle parole «fondanti dei diversi ambiti sia della riflessione filosofico scientifica che della vita quotidiana, per ricontestualizzarle e scoprirne i nuovi significati»; l’allestimento di mostre e la realizzazione della collana editoriale vicino lontano, in collaborazione con la casa editrice Forum. n conclusione, la nostra terra vive annualmente esperienze stimolanti che le consentono, secondo me (friulana d’adozione, ma di origine tedesco/romana), di mantenere vivo lo spirito di dialogo interattivo con culture altre, senza cadere in esotismi di maniera. E se pensiamo al successo di “è/Storia” di Gorizia e di “Pordenone legge”, constatiamo che è proprio questa la strada in salita che, in termini di ampliamento dei propri orizzonti culturali, il Friuli sta coerentemente percorrendo negli ultimi anni. Betuel Arci Biffoni L’autrice ringrazia la famiglia Nonino, il CEC e la segreteria dell’associazione “Vicino/Lontano” per le informazioni e le fotografie gentilmente concesse. Per il capitolo sul Mittelfest, le citazioni e i dati fino al 2003 sono stati tratti da R. Canziani; le foto dal sito del “Messaggero Veneto”. 1 Sergio Maldini, Fulvio Molinari, Ermanno Olmi per il film L’albero degli zoccoli, Giuseppe Lisi, Gina Marpillero, Mario Rigoni Stern, Leonardo Sciascia, Piero Camporesi, Giorgio Bocca, Nuto Revelli, Tonino Guerra, Andrea Giacomini, Carlo Sgorlon, Franco Loi, Domenico Rea, Luigi Meneghello, Tullio De Mauro, Alfonso Di Nola, Andrea Zanzotto, G. Luigi Beccaria. 2 La giuria, presieduta da Naipaul, è composta da Adonis, J. Banville, U. Bernardi, P. Brook, L. Cendali, A. R. Damasio, E. Le Roy Ladurie, J. Lovelock, C. Magris, N. Manea, M. Morandini, E. Morin, E. Olmi. 3 La giuria, presieduta da A. Terzani, è composta da G. Anselmi, T. Capuozzo, A. Filippi, M. Gabanelli, E. Mo, V. Pellizzari, P. Popham e P. Rumiz. 8 I PROGETTI DEGLI STELLINIANI L’antimilitarismo del poeta greco all’Auditorium dello Zanon Le Troiane di Euripide I Ecuba tra le corifee La trama delle Troiane Nelle Troiane (Τρώαδες nella lingua originale), rappresentate per la prima volta nel 415 a. C., vengono raccontate, attraverso le sofferenze fisiche e interiori delle prigioniere troiane in attesa di essere assegnate come schiave ai vincitori e imbarcate sulle navi alla volta della Grecia, le ultime ore di Ilio, finalmente espugnata dagli Achei dopo dieci lunghi anni di assedio. Lo scenario è dunque quello della guerra di Troia, a giusto titolo definita ‘la madre di tutte le guerre’. È l’alba del giorno dopo e davanti alle rovine di Troia, sul litorale dove si trova l’accampamento greco, compare il dio Poseidone per dare il suo estremo saluto alla città da lui stesso fondata e per questo prediletta. Sopraggiunge la dea Atena che, prima favorevole ai Greci, ora li odia per il fatto che hanno permesso ad Aiace di strappare impunemente Cassandra dal suo tempio, dove si era rifugiata supplice. Insieme progettano un ritorno infausto per i Greci. Dopo che le due divinità sono uscite di scena, la regina Ecuba, dolente e prostrata, piange il mutamento della sorte sua personale e dell’intera città, maledicendo Elena che ritiene responsabile dell’immane tragedia. I lamenti della regina richiamano fuori dalle tende, dove sono state radunate, le Troiane angosciate per il futuro di schiavitù che le attende. Giunge l’araldo degli Achei Taltibio per annunciare a Ecuba la destinazione sua e delle principesse reali: la profetessa Cassandra è destinata a divenire concubina di Agamennone che si è invaghito di lei, mentre la figlia minore Polissena è stata ‘consacrata’, come dice ambiguamente, alla tomba di Achille; Andromaca, la vedova di Ettore, diverrà concubina di Neottolemo; la regina Ecuba, infine, se l’aggiudica come schiava Odisseo. Entra in scena Cassandra e, in preda al delirio, celebra esultante il proprio rito nuziale: l’unione sarà per lei una vittoria perché avrà come conseguenza la morte di Agamennone, oltre che la sua. Ecuba lamenta la solitudine e la miseria dopo un’esistenza vissuta tra gli affetti e nel fasto. Il coro delle Troiane ricorda l’inganno del cavallo e i festeggiamenti, finiti nel sangue, per la presunta pace ritrovata. Giunge poi Andromaca con il piccolo Astianatte, il figlio che ha avuto da Ettore. Reca alla suocera la notizia della morte di Polissena, immolata sulla tomba di Achille per garantire un fausto ritorno alla flotta achea. Anche lei desidera morire pur di non doversi unire, dopo una vita consacrata all’amore e alla fedeltà per Ettore, con il figlio del suo uccisore. Ma Ecuba la esorta ad accettare la nuova vita per il bene di Astianatte. Ritorna Taltibio e annuncia che i Greci, su consiglio di Odisseo, hanno deciso di gettare il bambino dalle mura di Ilio onde evitare che un giorno possa vendicare il padre, e per estinguere definitivamente la stirpe troiana. Se Andromaca si opporrà, non le sarà concesso neppure di seppellirlo. Andromaca cede al ricatto proclamando l’ingiustizia e maledicendo Elena, mentre Taltibio, vinto dalla commozione, porta via il bambino. Il coro rievoca la prima distruzione di Troia, avvenuta per mano di Eracle adirato per la slealtà del re Laomedonte, e osserva che l’amore di Zeus e Aurora per i troiani Ganimede e Titono non è valso a salvare la città. Sopraggiunge Menelao trionfante per aver ripreso Elena: una volta giunti in patria, intende giustiziarla per vendicare le innumerevoli vittime della guerra. Quando Elena, nel sentire la voce del marito, esce dalla tenda, inizia una sorta di agone giudiziario tra lei ed Ecuba. Elena, consapevole che il marito, vinto dalla sua fatale bellezza, la risparmierà, difende strenuamente il proprio operato, ma le sue argomentazioni, sebbene sostenute con grande abilità oratoria, non reggono il confronto con l’arringa di Ecuba che accusa la donna di essere fuggita con Paride perché attratta dalla ricchezza e indotta dalla lussuria; la regina rivela poi come a Troia Elena abbia agito sempre con opportunismo. È lei l’unica responsabile della cruenta guerra! Menelao sentenzia in favore di Ecuba e accoglie la sua raccomandazione di non far salire Elena sulla propria nave. Il coro, maledicendo a sua volta Elena, prega Zeus di distruggere con un fulmine la nave sulla quale viaggia la sposa fedifraga. Compare nuovamente Taltibio per annunciare che Neottolemo e Andromaca sono salpati: spetta pertanto a Ecuba il compito di fare le esequie di Astianatte che, per desiderio di Andromaca, deve essere seppellito nello scudo di Ettore. Ecuba porge al nipotino morto l’estremo accorato saluto e compie il rito funebre assistita dal coro delle Troiane. Taltibio dà quindi l’ordine ai Greci di appiccare il fuoco a ciò che ancora resta di Troia, prima di levare le ancore. Un terribile boato annuncia il definitivo crollo di Troia. Ecuba, ormai in preda a una folle disperazione, vuole gettarsi nel rogo ma viene trattenuta dai soldati e, insieme alle altre Troiane, si avvia alle navi nemiche per essere deportata schiava in Grecia. Taltibio Ecuba e Cassandra l 13 giugno scorso Gli Stelliniani sono ritornati sul palcoscenico per rappresentare nuovamente una tragedia greca, e questa volta la scelta è caduta sulle Troiane di Euripide, considerate uno dei capolavori del teatro mondiale per l’accorato appello pacifista che gli conferisce un carattere di eterna attualità. Il nostro gruppo teatrale, infatti, pur consapevole che nel rendere un testo drammatico antico fruibile ai giorni nostri non sia possibile salvaguardarne appieno lo statuto poetico e conservarne tutti i riferimenti letterari e storico-mitologici, con la scelta del teatro classico antico intende mantenere vivo un patrimonio troppo spesso trascurato e al contempo mettere in condizione di fruirne anche chi non ha coltivato questo genere di studi. Per la tematica trattata e, soprattutto, per l’acceso dibattito giudiziario in cui si fronteggiano Ecuba ed Elena, l’evento avrebbe trovato la sua ideale collocazione all’interno del progetto Diritto e Giustizia, il cui statuto prevede appunto, oltre al concorso e al seminario di studi, anche una rappresentazione teatrale, strumento quanto mai valido per veicolare con coinvolgente immediatezza le problematiche filosofico-giuridiche affrontate negli altri due momenti del progetto. Ma, visto che quest’anno esso ha trattato il tema del Risorgimento italiano (cfr. l’articolo in prima e seconda pagina), lo spettacolo ha avuto una programmazione autonoma. La messa in scena La regia (frutto di una collaborazione tra Francesco Godina, docente presso l’Accademia di Arte Drammatica “Nico Pepe”, e chi scrive) non ha voluto ambientare la vicenda ai giorni nostri, nella convinzione che tali operazioni non siano sempre dettate da reale necessità, né ha inteso alterare la struttura del dramma, benché non sia sempre stato apprezzato dalla critica quel suo procedere per quadri “giustapposti”, nei quali si susseguono senza un reale sviluppo dell’azione ben quattro protagoniste: Ecuba, Cassandra, Andromaca ed Elena. Ma questo telaio, ben lungi dal togliere al dramma la coesione e la tensione garantite dal tema di fondo (la sofferenza fisica e morale provocata dai conflitti armati) e dalla costante presenza sulla scena della regina Ecuba, che con tutti gli altri personaggi interagisce in un continuo confronto, gli conferisce invece un fascino straordinario e una potente suggestione. L’impostazione filologica non ha, tuttavia, impedito di ridurre e semplificare il testo per renderlo più comprensibile e coinvolgente per il pubblico. I tagli comunque sono stati condotti in modo da non togliere efficacia drammaturgica alla tragedia. Con maggiore libertà sono state rese le parti corali, dove, com’è tradizione del Gruppo, si sono voluti creare dei quadri suggestivi che dessero autonomia alle singole coreute pur nel rispetto della coralità. Il coro delle Troiane Andromaca Minimalista ma non per questo inefficace la scenografia, consistente in drappi color rosso sangue appesi in modo da simulare le tende militari, luogo di raccolta per le prigioniere troiane in attesa della deportazione. Semplici ed eleganti allo stesso tempo i costumi delle attrici realizzati nel laboratorio L’Ago spuntato (recentemente attivato da alcune socie stelliniane). La principale chiave di lettura dell’opera è, come si diceva, l’antimilitarismo, che non appare comunque una generica condanna della guerra come avviene in altre tragedie greche non solo di Euripide - si pensi ai Persiani di Eschilo, con cui Le Troiane hanno in comune la centralità del punto di vista dei vinti a evidenziare non tanto l’eroismo dei vincitori, quanto la disperazione dei vinti - ma richiama una precisa operazione bellica compiuta da Atene l’anno precedente. Nel 416 a. C., infatti, in piena Guerra del Peloponneso (Atene contro Sparta, 431/404 a. C.), Atene aveva chiesto agli abitanti di Melo di aderire alla lega delio-attica di cui era a capo. I Meli, che erano ex coloni spartani con governo autonomo, si erano rifiutati di farlo, garantendo però la neutralità. Gli Ateniesi, temendo che un atteggiamento troppo morbido verso Melo venisse interpretato come un segno di debolezza, avevano infine attaccato l’isola, uccidendo gli uomini e vendendo come schiavi le donne e i bambini. Il sacco di Melo aveva profondamente turbato la coscienza degli Ateniesi e ne era scaturito un acceso dibattito a livello sia politico che filosofico. Come anche il grande storico greco Tucidide (La Guerra del Peloponneso), Euripide denunciava in maniera chiara e molto dura lo spietato imperialismo della sua città. Ma se l’antimilitarismo rappresenta la chiave interpretativa più ovvia, il dramma offre allo spettatore l’opportunità di riflettere su molti altri temi: sulla precarietà della sorte (Ecuba divenuta da regina schiava; i Greci mutati da vincitori in vittime dell’ira divina); sul carattere soggettivo della giustizia umana (la condanna di Elena da parte di Menelao suona più come una vendetta privata che come un atto di autentica giustizia trascendente l’umano) e, conseguentemente, sulla necessità avvertita dall’uomo di credere nell’esistenza di un dio garante della giustizia; sulla dignità umana che si rivela piuttosto nella sventura che nella prosperità (ciascuna delle protagoniste mostra una grande forza morale nell’affrontare la sorte avversa, mentre i vincitori appaiono insensatamente spietati e ignobili nell’uccidere Astianatte) e sulla maggiore forza morale delle donne al confronto degli uomini; sull’esaltazione dei valori umani positivi (quali la coerenza, il coraggio, la pietà, la speranza, l’amore); sulla responsabilità dell’uomo, solo apparentemente in balìa di un destino cieco e crudele, in realtà vittima delle sue stesse azioni (l’ira degli dei appare come reazione a certi atti iniqui commessi dai mortali: infatti Atena si allea con Poseidone perché Aiace ha profanato il suo tempio). Applauditi a lungo ed entusiasticamente gli interpreti, alcuni dei quali vantano nel proprio curriculum molte esperienze teatrali vissute sia da studenti liceali sia all’interno del Gruppo. Qui di seguito i loro nomi in ordine di entrata: Enrico Cicuttin (Poseidone); Elena Asquini (nella duplice veste di Atena e di prima corifea); Cecilia Menossi (Ecuba); Sofia Costello (seconda corifea); Dianora Hollmann, Laura Lestani, Erika Milite e Giulia Valle (coreute); Davide Morassi (Taltibio); Roberta Di Vora (Cassandra); Elena Rifiorati (Andromaca); Fabio Soccorsi (Menelao); Lisa Lendaro (Elena). Si coglie l’occasione per ringraziare Laura Lestani ed Erika Milite che hanno accettato con entusiasmo di entrare nel Gruppo pur non essendo di matrice stelliniana, e con esse anche la giovanissima violinista Allegra Meroi, studentessa del liceo classico “Bertoni” di Udine, che ha eseguito dal vivo le musiche di scena per lo più tratte dal repertorio classico (A. Vivaldi). Elettra Patti Elena Menelao 9 I PROGETTI DEGLI STELLINIANI Splendida interpretazione dell’attrice udinese Daniela Zorzini La Signora Sandokan Omaggio a Emilio Salgari C ento anni fa Emilio Salgari sceglieva di por fine alla sua breve esistenza con un gesto che voleva imitare quello di un samurai, ma che fu solo la scelta di un uomo disperato. Le opere dello scrittore veronese (1862 – 1911), ambientate in ogni parte del mondo, sono ben radicate ancor oggi nell'immaginario collettivo italiano e internazionale. Per rendere omaggio al romanziere la nostra associazione, in collaborazione con l’Associazione Friulana Emilio Salgari, ha scelto di far interpretare nell’aula magna del liceo Stellini un monologo teatrale all’attrice udinese Daniela Zorzini, nota ben al di là dei confini regionali per la sua particolarissima vis drammatica. L’introduzione allo spettacolo è stata curata dal professor Daniele Picierno; il dottor Lucio Costantini, presidente dell’Associazione Friulana Emilio Salgari, ha tracciato un profilo biografico del romanziere, soffermandosi in particolare sulla sua capacità di immettere il lettore nel vivo dell’azione fin dalle prime pagine dei suoi romanzi e di trascinarlo nel vortice delle vicende narrate, quasi fosse egli stesso uno dei protagonisti. Per rendere il pubblico più consapevole di quella caratteristica, Costantini ha eseguito una breve lettura interpretativa tratta dall'incipit del romanzo “L’uomo di fuoco”. L’attrice Daniela Zorzini con intensa, crescente, vibrante capacità interpretativa, ha saputo dare voce e volto all’ama- Emilio Salgari con la moglie Ida e i figli ta moglie di Salgari, Ida, da lui affettuosamente chiamata Aida, voce che lo scrittore e giornalista Osvaldo Guerrieri – autore del testo – ha immaginato provenire di là dalle spesse, ovattate pareti del manicomio nel quale era stata rinchiusa, nel momento in cui le venne portata la notizia ferale del suicidio del suo buon Emilio. Nelle frasi, a tratti sconnesse, della donna provata dalla follia, la voce dell’attrice ha lasciato trasparire un dolore incommensurabile, lacerante, profondo, quasi un’ultima accorata dichiarazione d’amore all’uomo della sua vita. L’attenzione partecipe degli spettatori incollati sulle poltrone, la loro commozione, sono state la migliore testimonianza, insieme agli applausi scroscianti finali, della rara qualità di interpretazione drammatica dell’attrice, ben nota per la sua bravura, ma che ci è parsa in questa occasione, nei panni della dolente moglie di Salgari, superare se stessa. La professoressa Elettra Patti, presidente degli Stelliniani, rivolgendo parole di apprezzamento all’attrice si è resa spontaneamente interprete dell’opinione esternata da molti dei presenti, affermando che Daniela Zorzini merita palcoscenici ben più ampi per ancor più ampi consensi. Eugenio Salici Progetto Batticaloa Mani operose con L’ago spuntato I n attesa che venga messa in atto la tradizionale colletta a favore dell’associazione di volontariato Raffaella Piva Fund tra le classi dello Stellini (cfr. Progetto Batticaloa), gli Stelliniani, per reperire almeno in parte il denaro necessario al mantenimento dei loro “figli adottivi” dello Sri Lanka, hanno collaborato fattivamente all’organizzazione del mercatino allestito alla fine di maggio sul sagrato della Basilica della Beata Vergine delle Grazie, grazie alla disponibilità del priore Padre Cristiano e alla collaborazione offerta da parte della parrocchia. Si tratta di una delle attività che la professoressa Margherita Piva, referente per la sezione friulana del R.P.F., organizza annualmente a sostegno della popolazione disagiata dello Sri Lanka. L’apporto del nostro sodalizio è consistito nella confezione di sciarpe, stole e borsette da sera a cura di alcune socie con l’hobby del cucito che amano ritrovarsi periodicamente, sotto la guida della nostra eclettica presidente, in un laboratorio intitolato con palese autoironia L’ago spuntato. Oltre alle nostre api operose, il Direttivo ringrazia anche la pittrice Rosalba Cuttini che ha ceduto in favore del- l’iniziativa umanitaria alcuni suoi pregevoli acquerelli. Grazie alla qualità degli oggetti posti in vendita, manufatti provenienti in gran parte dallo Sri Lanka, oltre che preparati e offerti dal comitato organizzativo del R.P.F (Emma Della Pietra, Franca Giordani, Fiorenza Saro e Dolores Tomini) e, come si è detto, dal nostro laboratorio, il mercatino si è rivelato molto vivace e ha fruttato un incasso di circa 1.600 euro. Il R.P.F. è ormai una realtà che ha un certo seguito nella nostra città Udine e pertanto il mercatino ha rappresentato per i simpatizzanti e i sostenitori anche un’occasione d’incontro in un’atmosfera serena e cordiale. RAFFAELLA PIVA FUND Via Antonio da Trento, 15 - 38100 Trento Codice fiscale: 96069530226 c/c postale: 62240064 c/o Cassa Rurale di Pergine Valsugana Cod IBAN: 28C0760101800000062240064 [email protected] Progetto Traduzion leterarie da lis lenghis classichis in furlan N el corso della Fraie de Vierte, quest’anno organizzata dalla Società Filologica Friulana a Sappada il 26 di giugno, sono stati premiati gli studenti vincitori del Concorso di traduzione dal greco e dal latino in friulano. Si tratta di: Glenda Tavella, frequentante il Liceo Classico "Leopardi-Majorana" di Pordenone, segnalata per la sezione greco-triennio; Valeria Salvador del Liceo Scientifico "Albert Einstein" di Cervignano del Friuli, vincitrice per la sezione latino-biennio; Matteo Trevisanut del Liceo Scientifico "Manzini" di San Daniele del Friuli, segnalato sempre per la sezione latino-biennio; Giorgia Franceschin (Liceo Classico "Leopardi-Majorana") e Clara Salvador (Liceo Scientifico "Albert Einstein" di Cervignano del Friuli), vincitori per la sezione latino-triennio. Grande assente nel medagliere lo Stellini che negli anni passati aveva fatto sempre la parte del leone: si ricorda che nell’edizione del 2010 erano stati ben quattro gli allievi risultati vincitori e due i segnalati. Il concorso rientra in un progetto che la nostra Associazione ha varato nel 2003 in collaborazione con la Società Filologica Friulana e con il Liceo Classico “Stellini” di Udine e che prevede anche una pubblicazione. Nel 2004 usciva infatti il volumetto Chel uuarp chu za chianta chun grec latin che può essere considerato il primo numero di una collana, in seguito intitolata No dome a Aquilee, dedicata appunto al concorso annuale di traduzione dalle lingue classiche in friulano. L’opuscolo raccoglieva i migliori testi pervenuti alla commissione esaminatrice nelle prime due edizioni. Il libretto conteneva inoltre una brillante versione in lingua friulana dei Mimi del poeta greco di epoca ellenistica Eroda affidata al prof. Gabriele Ragogna, curatore dell’opera. Si tratta di commediole di contenuto e carattere comico-popolare, in realtà frutto di un raffinato esperimento linguistico-letterario. L’idea del concorso era infatti nata dal consenso ottenuto dalla gustosissima traduzione di uno di questi mimi, “Il Calzolaio”, finalizzata a una rappresentazione teatrale in lingua friulana e messa in scena nel 2002 dal gruppo studentesco dello Stellini. Era stata un’operazione coraggiosa, per non dire temeraria, coronata da un grande successo al di là di ogni aspettativa: il trasferimento della vicenda dall’isola di Cos del terzo secolo a. C., in un improbabile paesino del Friuli dei nostri giorni aveva potenziato la comicità della situa- zione raccontata, sortendo un effetto esilarante sul pubblico; ma, quel che più conta, la buona riuscita dell’esperimento linguistico aveva rinforzato la convinzione che il friulano potesse veicolare persino un testo così particolare della letteratura classica latina e greca a un pubblico variegato e non composto di soli specialisti. Si decise pertanto di proseguire lungo la strada intrapresa, proponendo agli studenti delle scuole della Regione che contemplassero nel loro piano di studi il greco e/o il latino di cimentarsi in un concorso di Traduzion leterarie da lis lenghis classichis in furlan. Gli ideatori del progetto, il prof. Gabriele Ragogna e chi scrive, trovarono subito condivisione e collaborazione nel prof. Federico Vicario, vicepresidente della Società Filologica Friulana, oltre che membro del Direttivo del sodalizio stelliniano, e sostegno finanziario nella Provincia di Udine. E così, sia pure con il timore che l’iniziativa non incontrasse adesione tra gli studenti o che le traduzioni risultassero risibili, l’audace progetto partì. L’allora presidente dell’Associazione “Gli Stelliniani”, l’avvocato Pier Eliseo De Luca, avrebbe salutato la prima raccolta delle traduzioni pervenute alla commissione giudicatrice, esternando un vivo compiacimento per l’ottimo livello delle traduzioni e formulando l’augurio che quella pubblicazione non restasse un fatto isolato ma continuasse nel tempo a testimoniare l’interesse dei giovani per la lingua friulana e il loro desiderio di confrontarsi con dei testi classici alle volte molto impegnativi. E così è stato, tant’è vero che nel dicembre del 2010 è uscito il quarto numero della collana con i testi della settima e dell’ottava edizione del concorso. Quanto alla qualità, si segnala l’eccellenza raggiunta in più di qualche caso dai partecipanti al certame. Elettra Patti 10 LE CONFERENZE Riflessioni su una conferenza di Paolo Moreno Alla scuola dei Greci P iù volte su queste pagine si è parlato di Paolo Moreno, accolto ad honorem nell’Associazione nel 2009. Vi ha trovato risonanza la sua lettura della cosiddetta Venere Esquilina, ormai Cleopatra Capitolina, titolo da lui assegnato all’edizione promossa dal Comune di Roma e dal Ministero degli Esteri, dopo che la statua era stata ammirata nel Padiglione Italia all’Expo Internazionale di Saragozza del 2008. Rimandiamo inoltre il lettore all’intervista Paolo Moreno: la lezione della bellezza (La Voce, VIII, n. 1, luglio 2009, p. 4-5), dove c’è la spiegazione del reiterato successo delle sue conferenze allo Stellini: quella pomeridiana del 4 maggio 2009, Alessandro Magno, Immagini come storia, e quella del 19 febbraio scorso, con un orario matttutino confacente alla partecipazione degli studenti, per un argomento che investiva il programma scolastico di arte greca nell’informazione e nel metodo: Grandi Bronzi, nuova storia dell’arte antica. Il segreto del nostro maître à penser è semplice nella formulazione, arduo a rappresentare. Una visione rifondata sugli originali: non solo le ceramiche trasmettono l’autentico disegno dall’età geometrica all’ellenismo con tante notazioni di colore, bensì la pittura parietale è affiorata in decine di tombe macedoni e innumerevoli abitazioni dell’area ellenica dall’Anatolia alla Sicilia, mentre la scultura annovera strepitosi pezzi, riconosciuti nei depositi dei musei di Grecia, offerti continuamente dagli scavi, recuperati sorprendentemente dalle acque. Per questo approccio rivoluzionario, la scelta dei bronzi ci porta al vivo della plastica, alla figura modellata nella cera dalla mano del demiurgo, di cui si cominciano ad archiviare le impronte digitali a futura memoria. Il materiale, talora frainteso dagli specialisti e lasciato ai margini dei manuali nella sospensione del giudizio, è stato presentato nello svolgimento storico attraverso quattro sistematiche selezioni in PowerPoint: Dall’arcaico a Policleto, Cefisodoto il Vecchio ed Eufranore, Prassitele e Lisippo, fino al monografico Polidamante, capolavoro di Lisippo a Olimpia ravvisato per inequivocabili coincidenze col Pugile delle Terme al Museo Nazionale Romano. Indimenticabile a pieno schermo l’incunabolo fotografico della scoperta dell’atleta seduto, sul Quirinale, nel 1885. Che altro resta nella memoria degli studenti? Al termine della Le professoresse Venuto, Patti, Di Lenardo e Locatelli con la Preside e il professor Moreno relazione, dopo la scontata pausa di titubanza, uno di loro si è alzato a dire lo stupore per gl’inesauribili confronti e passaggi dall’uno all’altro artista, non intabulati dalla convenzione, bensì producenti nella progressiva definizione delle personalità. Perfette riproduzioni, dettagli indagati da fotografi all’unisono col critico: elementi di un linguaggio che più non si era espresso dal tempo in cui felicemente si pronunciava e veniva inteso e propalato, fino alle rinascenze di età romana. Paolo Moreno racconta di aver compreso in Grecia che l’antico è solo nascosto: ce lo rivela con gli occhi di Johann Joachim Winckelmann che rapportava tutto al monumento, convinto che l’artefice l’avesse dotato di quanto serve a comprenderlo. Tideo e Anfiarao, esponenti dei Sette a Tebe, riconosciuti nei Bronzi di Riace forgiati in Argo (tale la terra di fusione rimasta all’interno delle statue, analizzata dai geologi), rispettivamente da Agelada il Giovane, nativo della città stessa, e da Alcamene di Lemno. I quali si palesano a loro volta responsabili della decorazione del tempio di Zeus a Olimpia, per la serrata logica delle analogie e dei dati prosopografici e mitici: soluzione alla tenace incognita del Maestro di Olimpia. Di Policleto, degno allievo di Agelada, il Doriforo ridisegnato con lancia e scudo a perfezionamento di una fondata interpretazione della copia al Museo di Napoli; l’Idolino da Pesaro, al Museo Archeologico di Firenze, rivisitato con altri documenti per un’opera finale del celebre bronzista. Il peribóetos di Prassitele dal catalogo di Plinio (Storia naturale, 34, 69) al Satiro di Mazara “che grida freneticamente”, e ha trionfato in Roma con tale commento al Palazzo di Montecitorio (2003), in Giappone all’Esposizione Universale 2005 di Aichi, quindi al Louvre per la mostra Praxitèle (2007); il paragone insperato del nudo con l’altro bronzo dell’ateniese, l’Apollo Sauroktónos acquistato nel 2004 dal Cleveland Museum of Art (Ohio). L’Atleta recentemente affiorato dal mare di Lussino, riferibile a Dedalo di Sicione, con altri due multipli in bronzo del soggetto, rispettivamente a Vienna e a Fort Knox (Texas). La personificazione di Agone, opera di Lisippo dall’Adriatico al Getty Museum, oggi in predicato di tornare all’Italia. Accostamento a Lisippo per l’Eracle in riposo da Sulmona, piccola taglia e suprema tecnica, riduzione d’autore, al pari dell’altro Eracle del Sicionio cantato da Stazio (“Selve”, 4, 6, 37-47): per quanto la sua straordinaria grandezza stia nell’altezza di un piede […] in così breve spazio tanto grande illusione di bellezza. Quanta misura nella mano, quanto grande esperienza nel provetto artefice, per poter allo stesso tempo plasmare ornamenti da tavola e agitare nell’animo immani colossi. Si vorrebbe continuare al di là dell’evento del febbraio scorso, che l’autore è pronto a riaprire per focalizzare ai nostri occhi la strenua inchiesta dei Greci sulla condizione umana: altri originali illustrati nelle sue inesauste scritture, i ritratti in bronzo nella fase della maniera, dal figlio di Alessandro, che dà nome al Musée dell’Ephèbe (Agde, Costa Azzurra), al portentoso re Seute degli Odrisi in Tracia, esposto al Quirinale tra i tesori della Bulgaria nel 2005, proseguendo attraverso i secoli dell’ellenismo con l’Esopo, l’Arsinoe di Mantova vagheggiata come l’Afrodite poi nascosta nella Vittoria di Brescia, i condottieri della Roma repubblicana, Flaminino ed Emilio Paolo, per finire col tragico Cesarione del Museo di Iráklio a Creta. Quanto c’è di grande e imprevisto che dal passato non ci raggiunge, senza l’intrepido impegno dello studioso a tempo pieno? Sarà questa, speriamo, la prossima storia. Antonietta Locatelli I SOCI ONORARI DEL 2011 Giuseppe Tonutti Giovanni Frau N ato a Fiume il 22.2.1940, si matura allo “Stellini” nel 1959 e si laurea in Lettere e filosofia all’Università di Padova nel 1964 con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi in glottologia con il prof. C. Tagliavini. Dal 1966 al 1969 è assistente volontario del prof. G. B. Pellegrini presso la cattedra di Storia comparata delle lingue classiche dell’Università di Padova. Dal 1969 è collaboratore scientifico, dal luglio 1970 assistente incaricato, dal 1971 professore incaricato di Linguistica ladina, dal 1983 professore associato, infine professore straordinario ed ordinario dal 1989 di Lingua e cultura ladina presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Udine, già Facoltà dell’Università di Trieste fino al 1978. Presso la stessa Facoltà, per più anni tiene anche corsi di Filologia romanza e di Dialettologia italiana. Nel 2008 diventa professore ordinario di Linguistica e filologia romanza presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università udinese, cattedra che conserverà sino alla quiescenza. Per vari anni è stato Direttore dell’Istituto di Filologia Romanza e delegato del Rettore per molteplici settori, fra i quali, dal 2000 al 2007, quello Lingua e cultura friulane. È stato componente della Deputazione di Storia Patria del Friuli, socio ordinario e membro del consiglio della Accademia delle Scienze, Lettere Arti di Udine, socio della Società Italiana di Glottologia e di altre istituzioni culturali. Dal 1990 è stato condirettore, e dal 2007 direttore, del periodico Ce fastu?, rivista scientifica della Società Filologica Friulana. È stato inoltre redattore o collaboratore di numerosi periodici scientifici internazionali e nazionali, nonché autore di oltre duecento contributi a stampa comprendenti monografie, articoli, recensioni od altro, fra i quali si ricordano la redazione dei sei volumi dell’Atlante storico Linguistico-Etnografico friulano (1972-1986), il Dizionario di toponomastica del Friuli Venezia Giulia e la monografia su I dialetti del Friuli. Dal 1994 al 2010 è stato Presidente del Consorzio Universitario del Friuli. Dal 1997 al 2003 ha presieduto il Comitato scientifico dell’Osservatorio della lingua e della cultura friulane dalla Regione Friuli Venezia Giulia ed è stato membro della Commissione tecnico-consultiva nazionale per gli adempimenti della legge 482/1996, operante presso la Presidenza del Consiglio della Repubblica italiana, Ministero degli Affari regionali. N ato a Udine il 19.3.1925, è figlio dell’avv. Elio, ultimo Segretario Provinciale del Partito popolare italiano del Friuli, sciolto dal Fascismo nel 1926. Ottenuta nel 1944 la maturità classica allo “Stellini”, si laurea in Filosofia. Nel dopoguerra, milita nell’Azione Cattolica e si iscrive alla Democrazia Cristiana. Nel 1946 fonda, con i professori Sarti, Toso e Francescatto, il mensile: “Momento della cultura e dell’arte”. Dirigerà poi “Il Popolo del Friuli Venezia Giulia” dal 1966 al 1975. Nel maggio del 1948 è chiamato ad assumere la direzione del settimanale del partito “Il nuovo Friuli”, che mantiene fino al 1952. Dopo un breve periodo a Roma, nel 1952 assume la Segreteria Provinciale della D.C. ed è eletto Consigliere Comunale di Udine. Ritornato a Roma nel 1954, diventa direttore amministrativo della GEPI s.p.a., società proprietaria di diversi periodici e quotidiani a diffusione nazionale. Nel 1964 rientra a Udine per collaborare con Alfredo BerzanGiuseppe Tonutti con Aldo Moro ti all’organizzazione della Regione Friuli Venezia Giulia, costituita l’anno prima. Nel 1966 è eletto Segretario Regionale per il Friuli Venezia Giulia della Democrazia Cristiana, carica che conserva fino all’autunno del 1976. Nel 1966 è nominato Presidente e Consigliere delegato della società “Autovie Venete”, incarico che manterrà sino al 1974. Dal 1969 al 1972 è Presidente della società “Traforo Monte Croce Carnico”; dal 1970 al 1973, della società “Autovie Servizi”; dal 1972 al 1974, dell’“Istituto di Medio Credito del Friuli Venezia Giulia”; dal 1974 al 1976 della “Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone” e Consigliere d’Amministrazione dell’”Istituto di credito Fondiario delle Venezie”. Nel 1974 è investito della Presidenza dell’Ente autonomo del Porto di Trieste, che mantiene fino al 1976. In quell’anno è eletto Senatore della Repubblica nel Collegio di Udine e sarà rieletto per altre tre legislature, fino al 1987. Dopo il terremoto del 1976 segue tutti i problemi della ricostruzione e dello sviluppo del Friuli, contribuisce all’elaborazione della legge sulla ricostruzione, la n. 546 del 1977, ed è relatore dell’ultima legge per la ricostruzione del Friuli, la n. 828 del 1982. Dopo il Congresso nazionale della D.C. del 1982, è eletto Segretario Nazionale amministrativo, carica che mantiene sino al 1986. Lasciato il mandato parlamentare, assume, alla fine del 1989, la presidenza della finanziaria regionale “Friulia” s.p.a. Sempre nel 1989 viene nominato Presidente del Consiglio d’Amministrazione della “Laben” s.p.a., società per la progettazione e realizzazione di strumentazione elettronica per applicazioni spaziali e nucleari. Per le sue benemerenze, gli sono stati conferiti i titoli di Commendatore della Repubblica italiana e di Cavaliere ufficiale della Repubblica di S. Marino. 11 L’ALBUM DEGLI STELLINIANI Le nozze del Consigliere Ettore Giulio Barba N el pomeriggio di mercoledì 8 giugno, presso l’Abbazia di Santa Maria in Sylvis sita nel centro storico di Sesto al Reghena, l’avvocato Ettore Giulio Barba, membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Gli Stelliniani e figlio della professoressa Elettra Patti, che ne è l’attuale presidente, si è sposato con la dott.ssa Elisa Piacentini, anch’essa laureata in Giurisprudenza. La sposa, che ha conosciuto Ettore Giulio nel 2008 a Udine, dove si è trasferita dalla natia Bagnarola di Sesto al Reghena per frequentare l’Università e si è inserita talmente bene da eleggervi stabilmente la sua residenza, ha però voluto che le nozze fossero consacrate nell’Abbazia benedettina di Sesto al Reghena da lei sentita come un luogo speciale non solo per lo straordinario fascino della costruzione e la storia millenaria, ma soprattutto perché in quella zona ha trascorso gli anni fondanti dell’infanzia e dell’adolescenza. Alla cerimonia, officiata da due sacerdoti – in primis dal novantenne Mons. Arduino che, oltre ad aver battezzato e comunicato per la prima volta Elisa, ha anche sposato i suoi genitori – hanno assistito centoventi invitati, molti dei quali (parenti e amici di Ettore Giulio) stelliniani come lui. I vetusti affreschi dell’Abbazia hanno fornito una cornice prestigiosa al- la cerimonia, mentre le magistrali e vibranti note offerte agli sposi dall’organista Francesco Grisostolo e la stupenda voce del soprano Giulia Della Peruta, anch’essi stelliniani doc, si libravano nell’aria avvolgendo gli sposi che a malapena dissimulavano la loro emozione. Dopo la celebrazione del sacramento, gli sposi hanno salutato parenti e amici nel ristorante del borgo “Braida di Casa” che, racchiuso da una cinta muraria di sasso con alte merlature e situato all’interno di una riserva naturale di venti ettari, dove sgorgano acque risorgive e trovano rifugio aironi, germani, fagiani, lepri e pernici, sorge nei pressi di San Vito al Tagliamento. Molto apprezzata dagli invitati la scelta del luogo, di cui il sapiente restauro apportato alla cappella settecentesca, alle abitazioni coloniche, ai granai, alle cantine e alle stalle pre-esistenti che lo costituiscono, sia pur donandogli un tocco di raffinatezza, non ha alterato l’atmosfera rustica friulana dei tempi antichi. Il parco della villa Chiurlo-Lucheschi, che funge da confine tra il borgo e i vigneti circostanti, ha prestato i suoi incantevoli scorci per immortalare l’evento, mentre il tempo, quel giorno a dire il vero piuttosto uggioso, ammiccando con complicità apriva di tanto in tanto opportuni squarci di sereno. Il Consiglio direttivo e la Redazione de La Voce si uniscono al coro dei parenti e degli amici per augurare ai novelli sposi, che dopo la cerimonia sono partiti per un lungo viaggio di nozze negli Stati Uniti, una vita coniugale duratura e felice. L’Abbazia di Sesto al Reghena L a cronaca delle nozze BarbaPiacentini offre il destro per parlare dell’Abbazia di Sesto al Reghena, il più noto e importante esempio di monastero fortificato del Friuli che, proprio per questo, nel 2004 fu eletto a meta dell’uscita primaverile degli Stelliniani, tradizionalmente dedicata alla scoperta della Piccola Patria. L’abbazia di Santa Maria in Sylvis, fondata intorno al 730, si trova citata per la prima volta in un documento del 3 maggio 762 (“unum [monasterium] in locum desertum qui vocatur Sexto”) in relazione a un atto di donazione di tutte le loro proprietà firmato dai nobili longobardi Anto, Erfo e Marco a favore dei Benedettini. Distrutta dagli Ungari nel giugno del 900, risorse nel X secolo fortificata più o meno con l’aspetto attuale; da allora svolse un ruolo rilevante sia civile che religioso fino al 1420 quando, assoggettata al dominio della Serenissima, iniziò la sua decadenza. Sappiamo però che sul luogo dell’attuale cripta, sotto il presbiterio, era stato eretto nel 2 a. C. il tempio intitolato al divo Augusto imperatore e agli dei Marte e Vesta. A lato di questa costruzione venne edificata in seguito, tra il IV e il V secolo, una chiesa paleocristiana a trichora, come anche nella vicina Concordia Sagittaria: solo tre secoli più tardi, sui ruderi del tempio pagano venne eretta dai Longobardi, come abbiamo detto, l’attuale abbazia, che costituisce un sito particolare oltre che per l’organicità del suo complesso anche per essere topograficamente un’isola oggi contornata solo dalle acque del fiume Reghena e del rio Sestian, una volta anche da mura merlate e da torri. Di queste (sette nel 960) è visibile ora solo quella trasformata in campanaria che fa anche da porta, mentre è rintracciabile un’altra d’angolo, nello spigolo sud orientale della canonica. Di notevole, oltre ai singoli fabbricati, nella quasi totale distruzione delle opere fortificate, l’esistenza del terrapieno nel settore sempre sud orientale che dal fossato risale in scarpata verso l’interno ora so- stenuto da una parte della canonica e nedettini abbandonarono Sesto e da un muro di contenimento. l’abbazia fu data in commenda. Nel La chiesa, dopo la ricostruzione 1790 il Senato Veneto soppresse la avvenuta a seguito dei danni subiti Commenda abbaziale e mise all’asta dall’invasione ungarica, ha assunto l’abbazia e tutti i suoi averi: si conuna configurazione romanica che si è cluse così, dopo oltre mille anni, la conservata nel corso dei secoli nono- vita di uno dei più gloriosi istituti stante i numerosi interventi di modi- monastici del Friuli. fica, tra i quali merita una particolare Originariamente la chiesa era tutta menzione il rifacimento della faccia- affrescata, ma nel corso dei secoli la ta (XVI secolo). Si tratta di un am- decorazione primitiva è andata dipliamento riuscito, opera certamente strutta o sostituita. Riferibili al secolo di un architetto capace, ben conscio XII sono alcuni lacerti significativi che l’intervento comportava il pro- presenti sui pilastri dell’atrio e raffiblema di incorporare l’edificio me- guranti San Cristoforo (la cui immadievale. Attualmente la chiesa è pre- gine protettrice dei viandanti compaceduta da un atrio ricoperto a cui si riva in tutti gli edifici sacri situati lunaccede attraverso un vestibolo sor- go le vie di comunicazione), Sant’Elemontato da un ampio salone: la struttura costituisce una novità assoluta per l’architettura religiosa dell’Italia settentrionale. Alla facciata, originariamente liscia, intorno al secolo XII è stata addossata una loggetta a sinistra della porta d’ingresso, mentre a destra è stata collocata una scala di pietra con balaustra a colonnine che conduce al salone sovrastante. L’interno della chiesa è a tre navate absidate, divise L’Abbazia di Sesto al Reghena da due file di pilastri e colonne sormontati da archi a tutto sesto. La zona presbiteriale, na, l’Assunzione della Madonna, la provvista di transetto, è sopraelevata Visitazione e l’imperatore Costantiper lasciare spazio ad una cripta a no. Agli ultimi decenni del medesisette piccole navate. L’esterno, molto mo secolo è databile il San Michele di semplice nelle pareti nord e sud, pre- ottima fattura sulla parete di fondo senta dei motivi decorativi nei riqua- del salone. Alla fine del secolo XIII e agli inizi dri delle finestre della parete est. La composizione dell’edificio, nelle sue del XIV si possono far risalire le due linee essenziali, discende dalle chiese scene all’interno della loggetta, trapaleocristiane e si ricollega a modelli sposizione pittorica di episodi tratti altomedievali di abbazie proposti da cicli cavallereschi ispirati alle fidalla riforma cluniacense. Scompar- gure di Carlo Magno e Rolando, cosa l’abbazia di Montecassino, quella me la Chanson di Otinel: in una è rapdi Sesto al Reghena costituisce at- presentata Bellissant seduta a fianco tualmente l’esempio più significati- di Carlo Magno, alla presenza di un gruppo di armati, in attesa del duelvo di tale momento in Italia. Nel 967 l’abbazia con tutti i suoi lo tra Otinel e Orlando; nell’altra vi possedimenti fu donata al Patriarca sono coppie di cavalli affrontati. Sod’Aquileia e nel 1182 il Papa la prese no l’unico resto degli affreschi tresotto la sua protezione. Nel 1440, do- centeschi che ornavano un tempo la po circa 700 anni di residenza, i Be- primigenia facciata della residenza degli abati, ingrandita nel XVI secolo. Sulla facciata sopra la porta di ingresso si conservano un San Gabriele Arcangelo e un San Benedetto risalenti alla fine del XIII secolo. In cima allo scalone, nel punto di unione del lato nord della residenza degli abati con la facciata dell’atrio, si conserva un affresco del secolo XIV raffigurante, su due riquadri, ancora una scena cavalleresca. Elementi di pittura tardoromanica sono rilevabili nel gruppo della Madonna con San Pietro e San Giovanni Battista che si trova sul muro, a fianco del portale. Trecentesca è la decorazione pittorica più imponente dell’abbazia sestense che sviluppa in genere alcuni cicli ben precisi come quella di pregevole qualità che si dispiega nel presbiterio (transetto, tiburio e abside) databile verso il 1320. Nel transetto destro, dove campeggia il Lignum Vitae (Albero della Vita) raffigurato come un immenso melograno, sono disposte alcune scene relative alla vita dei Santi Pietro e Paolo. Nel transetto sinistro compare l’Assunzione di San Giovanni Evangelista. Nell’abside centrale troviamo l’Incoronazione della Vergine, la Natività, l’Annuncio ai pastori e Santi. Nel tiburio sono affrescate Storie della Vergine e di San Benedetto. Nel quadrilungo della navata centrale sono rappresentati due episodi della vita di San Benedetto. La matrice prettamente padovana di queste pitture testimonia la diffusione del giottismo nel basso Friuli nei primi decenni del Trecento. Alla seconda metà del Quattrocento risalgono invece l’Inferno e il Paradiso delle pareti del vestibolo, scene di ispirazione dantesca assegnabili forse ad Antonio da Firenze, e le figure di San Tommaso, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino dell’atrio. Sopra il portale è raffigurato S. Michele Arcangelo che pesa le anime e le invia alla giusta destinazione a seconda dei meriti. Le pareti laterali dell’atrio, anticamente adibite a cimitero di abati e monaci, ospitano un lapidario con resti romani, altomedioevali, romanici, gotici e rinascimentali. Nella cripta, oltre alla cosiddetta “Urna” di Santa Anastasia in marmo d’Aurisina, bellissimo reliquiario a cassa altomedioevale formato da lastre di marmo greco scolpite a motivi geometrici, pezzo assai prestigioso risalente all’epoca della fondazione che rappresenta il migliore esempio di scultura della rinascenza liutprandea (in origine si trattava di una cattedra o un ambone, ma in epoca successiva fu adattata a monumento funebre), vengono custodite altre vere e proprie opere d’arte: le colonne con i capitelli corinzi, risalenti anche esse all’epoca della fondazione; un Vesperbild (Pietà) del XV secolo, di produzione tedesca, scultura in pietra dolce dipinta ad olio, risalente al XIII-XIV secolo; l’Annunciazione; due pannelli in marmo d’Aurisina distinti e inseriti nella stessa cornice, il primo dei quali, raffigurante la Madonna, risale al secolo IX, mentre quello con San Gabriele Arcangelo è del secolo XIII; le statue lignee di San Rocco, Sant’Antonio da Padova; la Vergine del Rosario e Gesù sorridente, tutte di scuola della Val Gardena o Grödnertal. I numerosi dipinti e affreschi dell’abbazia sono di particolare rilevanza storica e artistica in quanto opera di Guidolino di Pietro detto Beato Angelico, dei discepoli di Giotto di Bondone, di Andrea e Antonio da Firenze, di Alessandro Varotari detto il Padovanino, di Andrea di Bertolotto detto il Bellunello, di Cristoforo Diana discepolo dell’Amalteo, di Pomponio Amalteo, di Pellegrino da San Daniele, di Giovanni Francesco da Tolmezzo, di Viviano da Conegliano, di Giovanni Pietro Albanese detto Pietro da San Vito, di Giovanni Laurentini detto Arrigoni discepolo del Barocci, di Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone, di Marco Basaiti discepolo del Vivarini, di Marcello Fogolino, del Pantaleoni, del Tosoni, del Cestari e del Pappini. Elettra Patti 12 LA SCRITTURA DEGLI STELLINIANI Le sette tele S e lei poneva la punta del lapis su una carta, qualunque fosse, girava da sé sul foglio in volute barocche dove le linee curve non avevano soluzione di continuità e all’interno di una figura penetravano in meandri e scorci sempre nuovi cangianti ad ogni piccolo tratto e ombreggiatura. Se questo fosse il mondo reale o l’altro di oggetti squadrati e distinti non lo sapeva. Certe volte era una grande tela dove l’ispessimento della trama generava figure e la sua rarefazione pause del tempo. Le tele potevano essere scenari che si aprivano gli uni sugli altri. Ma se qualche smagliatura lasciava intravedere il fondo? Allora quel fondo era solo nero, nero senza contorni. Il primo giorno la tela era un’acqua gorgogliante che correva a fior di prato. Luccicava un po’ e saltellava come un bambino che non poteva star fermo. Nasceva dal ghiaccio e dalla neve e perciò imperlava l’erba. Il cielo capovolto correva sul prato. Un piatto di plastica aveva raccolto l’ultima pioggia e gli uccelli del luogo si abbeveravano. Le formiche anche e le vespe. Non tutte le foglie degli alberi erano uguali, alcune erano ispessite, altre sembravano bruciate, ma da lontano il verde appariva costante nelle variazioni di luce e ombra. La para delle scarpe da basket aveva calpestato le erbe lungo un tracciato ma intorno si ergevano ritte con grande varietà di forme e fioriture. Lei aveva disegnato sottili corde che correvano da un albero all’altro con bandierine che ballavano al vento, i colori quelli del prato. Un po’ alla volta il prato si popolava di forme mutanti: il gatto assumeva le dimensioni della tigre, lo scoiattolo della marmotta, il topo diventava un orso, il bruco un serpente, il picchio un grifone. L’elefante diventava una farfalla, il bue una libellula, l’aquila un’oca, lo scimpanzé una lucertola, il coccodrillo un uomo. All’inizio ogni specie vagava nella grande tela in gruppi omogenei che si disponevano ciascuno in un colore di sfondo, ora in prevalenza verde, ora rosso fuoco, ora blu, ora candido. Poi la trama si ispessiva in riquadri sempre più piccoli, aree protette, riserve, zoo, circhi, unendo anche specie e colori diversi, senza più ordine. Viceversa, dove sonnecchiavano i leoni, correva una strada, dove si aggiravano le tigri, si delineavano le torri di una fabbrica chimica, dove nuotavano i pesci, distese di petrolio, dove stavano le balene, le baleniere. Le linee erano troppo confuse e la donna ebbe l’impulso di cancellare tutto. Il secondo giorno ancora acqua che scorre, più calma, una roggia di città, le erbe del fondo fluttuano sinuose, dando una colorazione verde-giallognola alla superficie. Le coppie di germani reali abbandonano le nidiate destinate ai grandi ratti notturni e ai corvi rapaci dell’alba. I nidi stanno sul lavatoio di pietra che sporge dal vecchio muro del convento, ormai trasformato in una miniatura di foresta vergine, di fronte l’acqua pronta ad accogliere i primi tuffi, alle spalle gradini risalenti verso un cancello sempre chiuso. Trame bucate di coppie senza prole, madri e padri inquietanti, inquieti. Un uomo apre il cancello arrugginito, si affaccia al lavatoio, mostra una via al ricovero in pietra. La trama di un’altra estate si infittisce di pulcini che oltrepassano il cancello per scendere dal nuovo covo al coperto, viaggiano per acqua circondati e difesi e infine cresce il ciuffo adolescenziale sulle loro teste. Notte. I gatti aspettano. Non chiamano, non si muovono, attendono ore. Appaiono all’improvviso da sotto un’auto, escono da un’inferriata, dal sottoportico delle case abbandonate. Spiano i movimenti, sognano i passi così intensamente che quando arrivano loro lo sanno e si mostrano per un attimo mentre vengono deposte le ciotole, acqua, cibo. Riparati dietro il muro, si mostrano a metà, come chi confida ma non appartiene. Il terzo giorno è un mondo d’acqua a tratti di una calma plumbea, a tratti furioso e fangoso. In quel mare senza pesci oscillano isole e nessun filo le collega alla trama, così chi ci vive è assediato, beve l’acqua fangosa, mangia la terra. Le città sullo sfondo tutt’attorno scintillano elettriche, pompano gas nell’alto, rovesciano in terra fiumi di grasso. La tela è tirata allo spasimo dal grande peso delle città e altrove cede. L’Oceano si scalda e gonfia i monsoni che sorvolano le terre rombando, per settimane si aprono le cataratte del cielo, le vecchie piaghe d’Egitto, il Diluvio Universale. Le madri spingono in alto con le braccia i figli, gli uomini sorreggono i vecchi padri sulle spalle, altri sono travolti via dalla corrente, qualcuno si aggrappa ai rami degli alberi ma è trascinato via. Sulla tela il peso delle città brillanti provoca strappi, buchi che si allargano, fili ormai recisi. Lei lascia cadere il lapis, stanca. Il quarto giorno, l’Oceano, là dove le correnti cessano, la superficie è calma, sotto è una vertigine buia. Troppo. Meglio l’enorme corpo che fluttua a pelo d’acqua, un essere di plastica. Sembra innocuo quest’essere trasparente, docile alle onde, snodato, eppure nulla sfugge al suo abbraccio di quanto di vivente lo raggiunge. Nei suoi interstizi, avvolti nelle pieghe delle sue vesti, nei suoi cappucci, nei suoi guanti, nuotano scheletri di pesci, polipi ammanettati, carapaci rivoltati di tartarughe marine. Semina in mare frammenti bianchi come uova che si disperdono nei flutti. Una bambina è arrivata qui in compagnia di un pellicano, dondolano sul fondo di una vasca di plastica color giallo slavato persa nel grande essere. Di giorno sembra di scivolare su vele bianche a fior d’acqua, di sera, su una città sommersa, priva di vita. A volte affiorano palle colorate e barchette. Altre volte borse della spesa con il pesce non più fresco. Più avanti il vento gonfia dei teli che si alzano come alberi colorati. Navigano lungo le coste del grande essere così il pellicano ogni tanto può uscire in mare aperto e ritornare dalla bambina. degli Stelliniani Non un suono, un richiamo, un guizzo, solo odore acre di sale e di putrefazione. Le forme e i colori variano, richiamano sprazzi di vite lontane, nei cortili, nelle cucine, negli ospedali, nei bar. Arriva una cassetta per la frutta di plastica celeste, la bambina la sfiora, si accorge che qualche forma di vita pende dai filamenti di polimeri blu che fluttuano sott’acqua. Sono alghe ed altri piccoli molluschi che si attaccano a loro. La cassetta passa con le sue radici vitali, portata dalle deboli onde. Di notte la vasca scivola inavvertita più all’interno di quel mondo strano. All’alba del quinto giorno le acque oceaniche sono una striscia all’orizzonte e il pellicano tarda a ritornare. La bambina non sa se sta sognando ancora ma qualcosa guizza in mezzo al plancton di polimeri: sono pesci, viola scuro, blu, verdi. Nuotano a pelo d’acqua e si lasciano toccare. La loro pelle è floscia tra le dita, si piega, ma non si spezza neanche tirandola. Pascolano felici il plancton di plastica e seguono in branco la vasca giallognola. Gli occhi opachi ricordano il fondo delle bottiglie di bibite con qualche resi- COVAZZI CAMILLA DEL PIN IRENE DI LENA GIOVANNI FERUGLIO MARIA GRISON DAVIDE LAPO AMANDA MAZZOLINI GIULIA MONFREDO MANILYN MORSUT LILIANA PASQUARIELLO MARCO PETRIN PAOLO SALIMBENI FRANCESCO MARIA SCARSINI VALENTINA SPIZZO CHIARA TITOTO ALBERTO VENIER ALESSIO ZORZI ANNA BARBIANI CLARA CODOGNO CHIARA CUCCI LAURA D’ANDREA ARIANNA DELLA LONGA LETIZIA DE LUCA BEATRICE FABRIS FEDERICO 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3B 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C Il sesto giorno i pesci dalla pelle elastica appaiono irrequieti, scattanti, in allarme. Nel luogo dove la barchetta è arrivata le borse di plastica sembrano impigliate a sostegni rotanti e si gonfiano come vele al vento. Quando l’imboccatura ruota verso la bambina, all’interno appaiono grandi occhi che sembrano dipinti nella ceramica e fissi nell’acqua. Improvvisamente un corpo trasparente esce e piegandosi come carta straccia, avvolge la preda, trattiene in una pellicola appiccicosa i pesci sorpresi. La vasca sosta per un po’ tra i nidi di borse opache, poi la bambina con le mani spinge avanti la sua barchetta perché ora lei e il pellicano sono curiosi di esplorare ancora. Il lapis nella mano della donna corre a disegnare tante specie nuove, con i loro covi, i loro colori, le loro forme e popola quel continente. Un mare più profondo è la tela del settimo giorno, se si potesse percorrerlo porterebbe al Big Bang iniziale. E dentro ci sono tutte le galassie le costellazioni le stelle i pianeti. La trama può assumere dimensioni impreviste con lo spazio che si muove come un disco intorno al suo perno di tempo immobile. La tela è attraversata da ondulazioni ora veloci e possenti come urla, ora da lente e leggere increspature come sospiri, richiami ripetuti, aneliti. Onde di incommensurabili tele, di tele-schermi. Le onde creano figure che appaiono, scompaiono o mutano. Lei disegna una rosa, alcuni petali si staccano, altri rimangono attaccati al peduncolo, scolorano, si coprono di piccole macchie, raggrinziscono finché, leggeri, volano via. Il tempo lavora a rimestare gli ingredienti di base delle forme. Perdurano l’arte tessile dei ragni, l’organizzazione delle formiche, la musicalità degli uccelli, la maternità che “intasca” i piccoli canguri o forse nasceranno nuove idee. Quanto alla formichina, proprio lei, che si inerpica con grande sforzo sulla sua scarpa, ecco la donna si affretta a salvarla, un file nell’archivio dei suoi disegni. Sandra Del Fabro con il papà Edoardo e la sorella maggiore Renata davanti all’ingresso del Liceo dalla via Cairoli I maturi dell’anno scolastico 2010-11 AVANZO ANDREA 3A BANCHIG ELEONORA 3A BATTISTELLA GIULIA 3A CALABRO' GIULIA 3A CERETELLI CARLOTTA 3A DE NARDO ALEX 3A FELLUGA CHIARA 3A FRACASSO GRETA 3A GEATTI MARTINA 3A LONGO MARIAGIUSY 3A MARTINUZZI GEMMA 3A MELE SONIA 3A MUNER CAMILLA 3A PESARIN TOBIA 3A PIANI CAROLINA 3A SPAGNOL CHIARA 3A SPANGARO SOFIA 3A TOMAT KEVIN 3A BARZAN ELISABETTA 3B BATTAINI MARTA 3B BELLINETTI ANTONELLA MARIA 3B BORGNA MICHELA 3B CARLETTI MARILYN 3B CODARINI GIADA 3B duo nero o arancio. Il pellicano, tornato dalla bambina, non è attirato da queste creature violacee, lilla, verdastre che si sentono a proprio agio lì, padrone del loro elemento, prive di antagonisti. La vasca avanza nel grande essere forse sta solo navigando in tondo - seguita dal branco. GENTILE FRANCESCO GORZA GIULIA LENDARO LISA MARCHIOL MARGHERITA MATTIUSSI ILARIA MICHELOTTI ANNA MINOZZI GIOVANNI ONESTI ALAN PAOLINI SERENA SALVADOR ELENA SANTORO ROSSELLA TITOLO ANNACHIARA TONIUTTI MARISTELLA ZUCCHIATTI EVA BIONDI VALENTINA BONINI GRETA CHIARANDINI CECILIA CITA MARTINA COLOSETTI VALERIA DEL PICCOLO DENNIS FABRIS ANNA FORABOSCO FRANCESCA GHELLER ELENA IRLANDO LUCREZIA 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3C 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3D MATTIUSSI SIMONE MONGERA STEFANIA PIANI ANGELICA SACCAVINI MARTA SACCAVINO MARTA SBRUAZZO CHIARA TAVIANI ELENA BADO FEDERICA CASSINA FRANCESCA DE PROPHETIS FRANCESCA FABRIS FRANCESCA GAGIC BILJANA GRUER ALICE GUZZETTI GIULIA LIGUORI RICCARDO NADALIN FRANCESCA PRATESI MATTEO ROJATTI CARLOTTA TABACCHI MATTEO TOGNON GAIA TOMELJ FEDERICA TOSCANO TIZIANA 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3D 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F 3F Periodico di informazione culturale Anno X, N. 1 – Luglio 2011 Direttore editoriale Andrea Purinan [email protected] Direttore responsabile Davide Vicedomini Comitato di redazione Elettra Patti, Andrea Purinan Direzione e redazione Associazione “Gli Stelliniani” c/o Liceo Ginnasio “Jacopo Stellini” Piazza I Maggio, 26 33100 Udine Hanno collaborato a questo numero Betuel Arci Biffoni Lucio Costantini Sandra Del Fabro Antonietta Locatelli Gina Misdaris Andrea Nunziata Elettra Patti Andrea Purinan Francesca Venuto Consiglio direttivo Presidente onorario: Daniele Picierno Presidente: Elettra Patti Vice Presidente: Gabriele Damiani Segretaria: Albarosa Passone Consiglieri: Giovanna Marsoni (Dirigente Scol.) Ettore Giulio Barba Gaetano Cola Pier Eliseo De Luca Andrea Nunziata Andrea Purinan Gabriele Ragogna Daniele Tonutti Francesca Venuto Francesco Zorgno Collegio Probiviri Paolo Alberto Amodio Carlo Appiotti Marco Marpillero Flavio Pressacco Collegio Revisori dei Conti Gino Colla Paolo Gandolfo Federico Vicario Stampa e spedizione Cartostampa Chiandetti Reana del Rojale Iscrizione al Tribunale di Udine N° 27/2000 del 30/11/2000 Sandra Del Fabro COME DIVENTARE SOCI Quote associative per l’anno sociale 2011 socio sostenitore: .......................................................................€ socio ordinario: ..........................................................................€ socio simpatizzante:..................................................................€ socio studente universitario: ...................................................€ 40 20 20 10 Possono iscriversi, in qualità di soci sostenitori o ordinari, gli ex allievi, i docenti ed il personale amministrativo e tecnico dell’Istituto, anche se non più in servizio. Possono aderire, come soci simpatizzanti, tutti coloro che condividono le finalità dell’associazione. La durata dell’iscrizione è annuale. Lo statuto dell’associazione e le altre notizie che la riguardano sono reperibili sul sito internet. L’iscrizione avviene: – rivolgendosi alla segreteria dell’associazione: cell. 347/9241345 – oppure compilando il modulo che si può scaricare dal sito internet dell’associazione (www.stelliniani.it) ed inviandolo a mezzo posta alla professoressa Elettra Patti, 33100 Udine via Brazzacco n. 3, corredato dalla ricevuta di versamento sul c.c.b. n° 740/4341669 P, presso la Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia - Codice IBAN IT80 V063 4012 3000 7404 3416 69 L’indirizzo di posta elettronica e l’indirizzo del sito internet dell’associazione sono: [email protected] – www.stelliniani.it