degli Stelliniani
Periodico d’informazione culturale dell’Associazione “Gli Stelliniani” di Udine – Anno X – Numero 1 – Luglio 2011
Periodicità quadrimestrale – Spedizione in abbonamento postale – Articolo 2, comma 20/c, legge 662/96 – D.C.I. “UD”
Seminario sul Risorgimento allo Stellini
Il tempo dell’unità nazionale
e quello della rinascita civile
Buon compleanno,
Italia!
I
l 2011 è l’anno del centocinquantenario dell’Unità d’Italia e,
poiché si tratta di una ricorrenza festeggiata ogni cinquant’anni, è già un privilegio quello d’averla vissuta. Proprio
adesso che il clamore delle celebrazioni si sta spegnendo, ci rendiamo conto, peraltro, che quello appena trascorso non è stato
soltanto un momento retorico, un omaggio obbligato al calendario. Che così fosse, lo abbiamo intuito il giorno in cui, assistendo sui canali di Rai Storia ad una rivisitazione di quanto avvenuto nel 1961, ci siamo calati nell’atmosfera dell’epoca.
Un’atmosfera in cui pareva di cogliere il senso di una maggiore solennità, ma che suggeriva l’impressione di un evento pilotato dall’alto, piuttosto che di un’emozione condivisa dal basso.
Ne abbiamo avuto la conferma il giorno dopo, quando, il 17
marzo, siamo andati in piazza Libertà per partecipare ad una
festa che non aveva precedenti nella nostra memoria.
Abituati, da bambini, alle fanfare e agli allori del 4 novembre
e, da più grandi, ai discorsi e alle bandiere del 25 aprile, non sapevamo che sapore e che musica avesse il giorno dell’Unità Nazionale. E, come noi, non lo sapevano i tanti che erano scesi in
strada quel giorno, in una Udine che, come tutta l’Italia, era stata messa di fronte ad un appuntamento improvviso e fin lì sconosciuto. La memoria di un evento pretende una data certa e
non ci può essere celebrazione, né commemorazione, senza che
quelle abbiano un riferimento preciso. Quando qualcuno di noi
compie gli anni, o quando si festeggia un anniversario o si ricorda una persona amata, il giorno dedicato è uno solo.
La grande (se pur sofferta) conquista del centocinquantenario 2011 è stata appunto quella di aver messo una data, di aver
piantato una bandierina su un punto esatto dell’anno. Era il solo modo possibile per dare continuità all’evento e non ci si sarebbe mai potuti arrivare senza una consapevolezza storica che
nel 1961, probabilmente, non esisteva ancora. Quella era l’Italia
del boom economico: protesa a conquistare il futuro ma spesso
immemore del suo passato. Non so se sia possibile estrarre una
morale da questo confronto, ma, come è nei momenti di prosperità che una nazione può dilapidare i suoi tesori più preziosi, così è in quelli di crisi che può trovare soluzioni vincenti.
Quell’Italia positiva e soddisfatta di sé, sarebbe entrata di lì a
qualche anno nelle oscurità del terrorismo e del conflitto sociale.
C’è voluto quel doloroso passaggio per arrivare all’Italia di
oggi. Un’Italia che sa di essere parte di un progetto europeo e di
un discorso mondiale; forse meno ottimista di quella di cinquant’anni or sono, ma più responsabile e probabilmente più
preparata. Un’Italia in cui la consapevolezza della propria identità culturale, un’accorta politica dell’integrazione, la tutela dell’ambiente, la valorizzazione del patrimonio artistico, le risorse
della tecnologia, la coscienza che la globalizzazione ormai ci appartiene, possono rappresentare un’oggettiva ricchezza e la migliore premessa del Paese di domani.
Anche questi erano il sapore e la musica di quel 17 marzo in
piazza Libertà. Ai fortunati che vedranno il 2061, rivolgiamo la
nostra affettuosa invidia e l’augurio di trovare un’Italia ed un
Mondo ancora più maturi ed ancora più uniti.
Andrea Purinan
Il Coro degli studenti introduce il convegno intonando l’Inno di Mameli
I
l Risorgimento non è soltanto un mito da celebrare, né il capitolo, seppure
glorioso, di una vicenda
conclusa. E non è neppure
una mera sequenza di trattati e di battaglie. Certo, è
anche quello, ma soprattutto qualcosa d’altro: è il tempo in cui un popolo ha preso coscienza della sua storia
e della sua identità. In cui si
è dato delle leggi ed ha costituito un’organizzazione
civile, che hanno formato le
radici del suo progresso sociale.
Sono queste le conclusioni del seminario di studi inserito nel Progetto “Diritto
e Giustizia” 2011, l’annuale appuntamento organizzato dagli Stelliniani con la
collaborazione del Liceo
Stellini e dell’Unione Italiana Giuristi Cattolici. Nell’anno in cui si celebra il
centocinquantenario dell’unità nazionale, questo
simposio non poteva che
essere dedicato ad una riflessione storico-giuridica
sul Risorgimento per cogliere la portata dell’evento
e l’attualità della lezione
che esso ci consegna.
Mai come oggi sentiamo
la difficoltà di restituire al
lettore l’importanza degli
argomenti che sono stati affrontati dai relatori, quando era ancora viva l’emozione per la festa del 17
marzo. E mai come oggi
vorremmo che le parole
scritte potessero rendere,
almeno in parte, l’effetto
sonoro, perché il momento
più intenso della giornata è
stato certamente quello nel
quale il Coro degli studenti,
presto seguito dall’intera
aula magna, ha intonato
l’inno nazionale.
Introdotti dalla preside,
professoressa Giovanna
Marsoni, dalla presidente
degli Stelliniani, professoressa Elettra Patti, e dal
presidente
dell’Unione
Giuristi Cattolici di Udine e
Gorizia, notaio Paolo Alberto Amodio, sono intervenuti i rappresentanti delle istituzioni: Mons. Sandro
Piussi, direttore della Biblioteca Diocesana, il vicesindaco di Udine, Vincenzo Martines, l’assessore
Enio Decorte, in rappresentanza della Provincia, e
il viceprefetto Francesco
Palazzolo. Ha moderato i
lavori e coordinato i vari interventi il prof. Stefano Perini, docente di storia e filosofia allo Stellini e referente
interno del progetto.
Il primo dei relatori, prof.
Daniele Picierno, ha dissertato su: Il Risorgimento:
Nord e Sud nella storia d’Italia, prendendo le mosse
dall’opera di Francesco De
Sanctis. Colui che è stato
definito da Antonio Gramsci il “Francesco d’Assisi
della nostra letteratura”,
aveva dato alle stampe il
primo volume della sua
fondamentale Storia della
letteratura italiana nell’agosto 1870, poco prima che il
disegno unitario venisse
portato a compimento con
l’entrata dei bersaglieri
nella città di Roma. La Storia desanctisiana si poneva
dunque in straordinaria
consonanza con gli eventi
a lui contemporanei, anche perché l’intenzione del
grande critico irpino era
stata proprio quella di fornire ai giovani del nuovo
stato uno strumento per la
comprensione della storia
nazionale e delle profonde
(segue a pagina 2)
2
La professoressa Patti porta il saluto degli Stelliniani. Alla sua destra il notaio Amodio
relazioni esistenti fra la tradizione letteraria e quella
civile.
L’opera di De Sanctis si
proponeva di superare l’antica distinzione tra cultura elevata e cultura popolare, evidenziando la presenza di
un’identità nazionale in cui
era possibile trascendere il
particolarismo che aveva caratterizzato le età della decadenza. E non deve stupire
che ad enunciare quel “programma” fosse un intellettuale formatosi nell’ambiente
culturale napoletano del primo Ottocento. Questa era
semmai la conferma che l’idea unitaria costituiva patrimonio dei circoli più illuminati dell’intera penisola, come avrebbero dimostrato anche le gesta di Antonio Andreuzzi, ispiratore dei moti
friulani di Navarons.
L’unità italiana costituisce,
pertanto, una realtà antropologica, che trova riscontro
nella storia delle popolazioni
preromane. Gli antichi abitanti della Puglia, Iapigi e
Messapi, provenivano, infatti, da quegli stessi balcani da
cui erano partiti coloro che
avrebbero poi occupato le
pianure nord-orientali d’Italia, assumendo il nome di Veneti. E così pure esisteva una
Langobardia del nord ed una
del sud, come un’identica origine celtica accomunava popolazioni distribuitesi a nord
del Po e a sud del Garigliano,
per non tacere del fatto che la
parola “italiani” (vitelioi) è nata in Calabria ed ha poi risalito la dorsale appenninica.
Il substrato culturale italiano rivela dunque connessioni antichissime, ma è stato
solo nel corso dei secoli che
quell’identità comune è di-
ventata anche storia unitaria.
Ben l’avevano compreso, a
distanza di trecento anni,
Niccolò Machiavelli e lo stesso De Sanctis, i quali avevano
colto il senso più profondo di
quell’unità nella compenetrazione della dimensione
politica e di quella religiosa.
Una religiosità naturale che è
stata anche ardente passione
civile, come hanno testimoniato, nel Risorgimento, il
pensiero e l’opera di Giuseppe Mazzini.
***
Ha preso quindi la parola il
prof. Fulvio Salimbeni, docente di Storia contemporanea all’Università di Udine, il
quale si è intrattenuto su: Il
Risorgimento d’Italia: una
questione sempre aperta.
Parlare del Risorgimento
in un convegno che è anche
giuridico – ha esordito Salimbeni – non è possibile senza
citare il contributo che ad esso hanno dato grandi giuristi
come Filangeri e Romagnosi.
E, parlandone allo Stellini, è
doveroso ricordare come
questa prestigiosa scuola sia
stata fondata negli stessi anni
in cui Ugo Foscolo, rivolgendosi agli studenti dell’Università di Pavia, li esortava a
riscoprire le “storie” d’Italia.
Il Risorgimento, peraltro,
non merita di venire studiato
soltanto per gli eventi militari e diplomatici che lo contrassegnarono, ma anche
perché esso costituì un eccezionale fenomeno di civiltà e
di cultura, nel quale videro la
loro affermazione alcuni dei
fondamentali principi dello
stato di diritto: in particolare
quello di eguaglianza.
Nel suo celebre saggio sulle Interdizioni israelitiche, Carlo Cattaneo sottolineava non
Da sinistra, i professori Salimbeni, Picierno, Perini e Garancini
a caso come il Regno di Sardegna, e poi il nuovo stato
nazionale, trattassero le confessioni diverse da quella cattolica con una legislazione
progredita e liberale, a differenza di quanto avveniva in
altri stati accreditati di tolleranza e civiltà, come l’Austria o l’Inghilterra.
Anche per questo un importante contributo alla causa
risorgimentale e alla costruzione della nuova Italia venne offerto dagli stessi ebrei:
tra questi, devono essere ricordati uomini politici come
Luigi Luzzatti o glottologi come Graziadio Isaia Ascoli,
che erano ascesi ai massimi
vertici dell’organizzazione
statale e universitaria.
Il Risorgimento non può
essere considerato, pertanto – come ha fatto a volte certa parte della critica – il prodotto di fortuite congiunture
diplomatiche, essendo stato
viceversa il risultato di movimenti culturali che si proponevano di raggiungere, oltre
che l’unità territoriale e l’indipendenza dallo straniero,
anche essenziali traguardi di
progresso civile.
Un ruolo fondamentale,
sotto questo profilo, era stato
attribuito all’Educazione. Di
essa Giuseppe Mazzini aveva scritto pagine memorabili
nell’opera I doveri dell’uomo,
affermando la centralità della
scuola nell’organizzazione
del nuovo stato e l’esigenza
che l’istituzione scolastica infondesse negli studenti il
senso dell’appartenenza ad
una storia condivisa e alla comune famiglia italiana.
Esemplari dell’importanza
riservata alla scuola erano
stati il romanzo Cuore ed altre opere dell’Italia post-uni-
taria, nelle quali si rivendicava la funzione dell’educazione scolastica come strumento per liberare il cittadino dai
ceppi dell’analfabetismo e
dell’ignoranza. Gli stessi ministri dell’istruzione erano
scelti, del resto, tra i massimi
intelletti dell’epoca: da Francesco De Sanctis per passare
a Benedetto Croce e finire
con Giovanni Gentile.
Il Risorgimento – ha terminato Salimbeni – fu dunque
un vero momento di rigenerazione, non solo politica, ma
anche morale, culturale e civile. Questa è l’eredità che esso trasmette a noi contemporanei e, soprattutto, ai più
giovani, affinché essi si impegnino per assicurare la continuità di quei valori e di quegli ideali.
***
Il simposio è stato concluso dal prof. Gianfranco Garancini, docente di Storia
del Diritto presso la facoltà
di Scienze Politiche dell’Università di Milano e presidente dell’Unione Italiana Giuristi Cattolici, il quale ha affrontato il tema: Dagli Stati
patrimoniali allo stato di
diritto.
Per introdurre l’argomento, il relatore ha invitato a
considerare l’importanza
della dimensione storica nell’evoluzione giuridica. Il di-
ritto, in particolare quello
pubblico, è infatti una “produzione” della cultura del
tempo e non può essere adeguatamente compreso se
non calandosi nel contesto
storico all’interno del quale
esso si è formato. In origine,
il diritto era emanazione del
sovrano e lo stato costituiva
patrimonio privato del principe. Già Federico Barbarossa, tuttavia, si pose il problema (era il 1158) se egli fosse
dominus quoad proprietatem,
cioè se il potere gli appartenesse in quanto signore, oppure dominus quoad iurisdictionem, cioè se fosse una
legge a giustificare il suo imperio. La storia ci ricorda che
l’imperatore sciolse il dilemma optando per la prima
delle due accezioni, né diversamente si sarebbe comportato Luigi XIV, il quale ebbe a
proclamare, cinque secoli
dopo: “lo Stato sono io”.
La concezione patrimoniale dello stato si sarebbe incrinata nell’Illuminismo, ma è
soltanto con il Romanticismo
- ha osservato Garancini che è avvenuto il suo definitivo superamento. A renderlo possibile, fu l’affermazione che il soggetto del diritto
non fosse il sovrano, ma il
Terzo Stato e cioè la borghesia. È soltanto allora che nasce lo stato di diritto, il quale
deriva la propria legittimazione non più dalla parola
del principe, ma dalla concreta esperienza giuridica
che si sviluppa nella realtà
sociale.
Il Romanticismo non è stato, quindi, soltanto un fenomeno culturale che ha ispirato gli ideali del Risorgimento, ma anche un fondamentale passaggio nella costruzione dello stato moderno. Esso ha segnato, infatti,
l’irruzione della storia e della società reale nel mondo
pietrificato dell’Ancient Regime, esprimendo un concetto
unitario di soggetto giuridico (il popolo, appunto) e riconoscendo in quello stesso
soggetto l’esclusivo titolare
del potere legislativo.
***
A conclusione del seminario, la Presidente ha premiato i vincitori del concorso
”Sergio Sarti” tenutosi nei locali del Liceo il 19 marzo e
avente come argomento anch’esso il Risorgimento. Si
sono classificati rispettivamente al primo e al terzo posto gli studenti del Liceo
“Leopardi-Majorana” Francesco Cassini (III E) e Paolo
Cappuzzo (V D), mentre la
stelliniana Letizia Della Longa si è aggiudicata il secondo
premio.
Andrea Purinan
Inaugurata a Udine
la biblioteca
“Renato Del Din”
C
’è una stretta parentela tra gli
ideali del Risorgimento e quelli che
hanno animato gli spiriti più puri della nostra
Resistenza. Uno di loro
era il sottotenente degli
Alpini Renato Del Din,
già allievo dello Stellini,
primo caduto della
“Osoppo” il 25 aprile
1944, nel corso di una La professoressa Del Din e il dottor Marzona
coraggiosa azione nel
centro di Tolmezzo che gli valse la medaglia d’oro al valor militare.
Il 26 marzo scorso l’Associazione Partigiani “Osoppo-Friuli” - proseguendo nel
suo impegno culturale tendente a far conoscere la storia dei “fazzoletti verdi”, i loro ideali ed il contributo dato per la democrazia e la libertà in Italia - ha intitolato
a lui la propria biblioteca, dotata di un patrimonio iniziale di oltre tremila testi riguardanti la prima metà del Novecento.
La cerimonia si è aperta con il saluto del presidente dell’Associazione Partigiani
“Osoppo”, dott. Cesare Marzona. Per le istituzioni sono intervenuti il vice sindaco
di Udine, Vincenzo Martines e, in rappresentanza della Provincia di Udine, il consigliere Bassi. La professoressa Lucia Comelli è intervenuta in rappresentanza del
Liceo Classico Stellini, scuola frequentata da Renato Del Din, ove un’aula lo ricorda alle nuove generazioni di studenti, i quali hanno partecipato con una folta delegazione. Alla cerimonia erano presenti anche la dirigente dello Stellini, professoressa Marsoni, e quella dell’Istituto Uccellis, professoressa Burtulo, nonché docenti degli Istituti Sello e Deganutti. La professoressa Paola Del Din, sorella di Renato
e medaglia d’oro al valor militare come il fratello, ne ha ricordato il carattere e gli
ideali che già precocemente si erano manifestati in lui.
La biblioteca per ora sarà aperta solo il mercoledì pomeriggio ed il sabato mattina. Grazie alla disponibilità dei volontari dell’associazione, in primis il bibliotecario Guglielmo Biasutti, potrà essere accessibile in futuro anche in altre giornate, su
appuntamento. Il catalogo della biblioteca è reperibile su Bibliowin.
3
TERZA PAGINA
Le Giornate FAI di Primavera 2011:
gli studenti dello Stellini
all’opera nel palladiano Palazzo Antonini
S
abato 26 e Domenica 27 Marzo si sono svolte in tutta Italia
le ormai tradizionali Giornate di Primavera promosse dal
FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano, un appuntamento diventato irrinunciabile, giunto oramai alla 18a edizione. L’evento
è molto atteso in tutta Italia perché viene offerta la possibilità a
chiunque lo desideri, seguendo un itinerario specifico, diverso
di anno in anno, di entrare in sedi – chiese, palazzi, giardini, monumenti, sedi bancarie o di fondazioni… – solitamente poco o
per nulla accessibili al grande pubblico, richiamando perciò l’attenzione su percorsi insoliti. L’edizione del 2011 è stata incentrata sull’argomento-principe delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, perciò anche nella nostra realtà territoriale è stata declinata sul tema “I luoghi del Risorgimento a
Udine e in Friuli”.
All’appuntamento hanno aderito numerosi istituti scolastici
superiori cittadini che, in rigoroso ordine alfabetico, quest’anno
sono risultati i seguenti: Copernico, Marinelli, Marinoni, Percoto, Sello, Stellini, Stringher, Uccellis, Zanon. Sono passati ormai
ben 14 anni da quando proprio quest’ultima scuola, grazie alla
sensibilità e all’intraprendenza della professoressa Daniela De
Maglio, coordinatrice per la sezione Scuola del FAI cittadino, ha
avviato l’allora inedita proposta delle visite guidate ai vari monumenti non esclusivamente tramite gli esperti nel settore storico-culturale ma con il diretto coinvolgimento degli studenti in
qualità di “apprendisti ciceroni”, in una interessante quanto formativa esperienza, ripresa poi in tutta Italia, a contatto diretto
con le opere d’arte. Queste ultime vengono analizzate e studiate nella fase preparatoria sotto la guida dei professori che accompagnano i ragazzi in questo iter, in lezioni a scuola e in loco,
e poi direttamente illustrate dai giovani volontari – che si mettono alla prova con grande disponibilità – ai visitatori, cui essi
trasmettono non solo informazioni storico-artistiche ma la loro
stessa passione ed emozione di fronte a contesti mai prima analizzati con tanto interesse e consapevolezza della loro effettiva
importanza, in quanto espressione di una realtà che si radica
nella cultura di un determinato luogo: l’esperienza artistica nella concretezza storica e ambientale di un territorio ben definito.
Questo è, in sintesi, il senso dell’operazione che, concordata
ed organizzata ogni anno, viene coordinata dalla dott.ssa Laura
Stringari, capo delegazione del FAI di Udine. Nel 2011 si è giunti ormai al 9° anno di collaborazione fra il Liceo Classico Stellini
e il FAI udinese: dopo le numerose edizioni dedicate ai vari borghi cittadini con i loro tesori più o meno nascosti, fino all’edizione dell’anno 2010 dedicata ai vari siti affrescati dal pittore comasco Giulio Quaglio, si è ripercorsa quest’anno, come si diceva in apertura, la vicenda del Risorgimento attraverso tutta una
serie di tappe espositive lungo le quali si sono dislocate le varie
scuole (Palazzi Antonini-Belgrado e Antonini-Del Torso, Giardino Ricasoli, locali del Castello e Carceri, Scuola Manzoni, Farmacia Colutta, Torre di Porta Aquileia…).
Inizialmente allo Stellini era stato affidato il Palazzo Antonini,
ora sede della Provincia, poi un colpo di scena ha offerto una
possibilità insperata: la direzione nazionale della Banca d’Italia
ha proposto al FAI nazionale l’esclusiva apertura al pubblico di
quella che è stata la sua storica sede udinese e che ora sta per essere posta in vendita (qui si aprirebbe un lungo discorso, che
meriterebbe spazio apposito, sul destino futuro del complesso):
il Palazzo cittadino più prestigioso dal punto di vista architettonico, quello progettato alla metà del XVI secolo da Andrea Palladio per un colto committente come Floriano Antonini. L’occasione si è dimostrata subito allettante, anche se molto impegna-
Valentina Tavano, una degli “apprendisti ciceroni”
L’esercito dei “ciceroni”
tiva, perché l’organizzazione delle visite avrebbe richiesto grande impegno a fronte dell’affluenza di pubblico prevista per un
appuntamento molto atteso da una folta schiera di udinesi e
non, tanto a lungo il Palazzo palladiano è risultato praticamente inaccessibile per ragioni di sicurezza, in quanto sede della
Banca. Ora per la prima volta, e solo in quei giorni, venivano
aperte a tutti le sue porte, e si potevano ammirare anche gli interni e il giardino. E qualche richiamo all’Unità d’Italia si sarebbe potuto riscontrare anche lì, per la dedizione alla causa risorgimentale di Rambaldo Antonini, per l’afflato patriottico di Pietro Quaglia (progettista del giardino ottocentesco), per il contributo del benemerito concittadino Bonaldo Stringher, primo governatore della Banca d’Italia, all’acquisizione dell’illustre complesso privato per inserirlo nelle proprietà dell’importante istituzione bancaria nazionale.
Con questa consapevolezza, in due giorni densissimi, gli studenti dello Stellini (una pattuglia di ben 73 elementi, il numero
più alto finora raggiunto di partecipanti) hanno affrontato l’assedio delle persone che si sono presentate a Palazzo Antonini.
Pur avendo lavorato parecchio nei mesi precedenti dal punto di
vista della preparazione teorica e pur avendo visitato con gli studenti il complesso, non è stato possibile oliare anticipatamente
sul posto il meccanismo di visita: si è dovuto pensare in fieri alle prenotazioni, in accordo con i desiderata dei dirigenti della
Banca (con a capo il dott. Pietro Sambati, responsabile per il
Friuli Venezia Giulia) ed escogitare un sistema per poter costituire i gruppi, assegnare a tutti un numero/contrassegno per un
controllo, al fine di dare un po’ di ordine alla marea dei visitatori che hanno dato il previsto assalto al complesso: ben 6.000 in
due giorni, in un totale di 10.000 per tutta l’edizione 2011 relativa alla Delegazione udinese.
La posta in gioco era alta, quindi bisognava dare il meglio, e
gli studenti l’hanno ben compreso, dandosi da fare come mai
prima. Se c’è stato qualche rallentamento all’inizio, poi il meccanismo si è sciolto e i gruppi sono partiti con cadenza sempre più
ritmata ed efficace, cercando di accontentare le varie tipologie di
pubblico, come ad esempio una scolaresca delle elementari dell’Uccellis che non poteva fare il giro completo ma non voleva
perdersi la vista della sequoia, la “nonna vegetale” che dominava – anche se un po’ acciaccata – il romantico giardino all’inglese che digrada verso piazza Primo Maggio.
C’erano poi altri importanti problemi da risolvere, come l’affollamento in entrata e quello degli interni, soprattutto al piano
nobile. I dirigenti della Banca d’Italia hanno tuttavia capito la
posta in gioco, collaborando validamente: si è stati autorizzati
ad adottare quasi una no-stop per far entrare più gente possibile.
Nella serata di domenica, congedati gli ultimi visitatori, si è andati a casa, chiuso il palazzo, quasi alle 20. Una bella tirata, dopo un sabato altrettanto tosto. Gli orari si sono perciò ampiamente dilatati, le persone – anche se in alcuni momenti si è dovuto un po’ attendere – sono state aiutate il più possibile a entrare: si partiva ogni 5-8 minuti, con tre ragazzi a tener compattato ciascun gruppo in esterni, gruppo che poi veniva affidato
ad altri studenti in interni, passando infine ad ulteriori allievi il
testimone per il giardino, costituendo così una piacevole alternanza durante una visita sempre variata perché si dipanava come un racconto a più voci.
Tutti gli studenti coinvolti nell’impresa hanno avuto modo di
porsi meritatamente in luce: tra loro, Elena Gheller ha predisposto elenchi su elenchi per fronteggiare la pressione dei visitatori,
Camilla Covazzi e la stessa Elena hanno chiamato persone sino
allo sfinimento, affrontando le rimostranze di coloro che si sentivano penalizzati, quasi si fossero trovati di fronte ad un’organizzazione professionale e non a dei volontari armati solo di
diponibilità e impegno. Comunque i visitatori sono risultati
soddisfatti dell’ampio giro, delle spiegazioni e dei raccordi tra
i vari illustratori, della varietà e ricchezza delle storie proposte,
e hanno apprezzato il serio coinvolgimento dei ragazzi in questa attività per loro insolita, complessa e faticosa, eppur così appagante, in cui si sono prodigati senza risparmio: non c’è stato
bisogno di sollecitare, erano tutti in postazione, con il distintivo
della scuola in bella vista. Avevano ben capito l’importanza dell’occasione e la necessità di dare il meglio di sè: anche coloro che
erano al debutto, anche i più timidi, si sono fatti forza!
Un plauso sincero ai nostri ragazzi che sono stati capaci di sorprendere ancora una volta. Alla prova generale del venerdì ero
sconsolata: non sembravano pronti. Come responsabile dell’iniziativa per il nostro Liceo capivo che si trattava di un’occasione
che sarebbe stato difficile ripetere, con un capolavoro così “nascosto” e prestigioso tutto per noi, un’opera del grande architetto veneto (che merita tutta la nostra venerazione): Andrea Palladio, aiutaci tu! C’era il rischio di fare cilecca: ma per fortuna non
è stato così, da sabato tutt’altra musica, e i ragazzi impavidi davanti a contrattempi o a brontolamenti, guadagnandosi poi i ringraziamenti o perfino gli applausi dei vari gruppi. L’occasione
era stata preparata: visite, elenchi, libretto di studio, previsione
postazioni, divisione parti nei diversi settori … e poi, last but non
least, il decalogo comportamentale, il galateo del bravo “apprendista-cicerone”, il look giusto, curato e gradevole. Un bel regalo anche dal tempo: la pioggia, per fortuna, non ha rovinato
quella che doveva essere (e lo è stata) una vera festa per l’arte, a
cui ha contribuito la collega Clelia Di Lenardo, che ci ha sostenuto in alcuni momenti “affollati”. Grazie anche a lei, come agli
altri insegnanti che sono venuti a visitarci: ritengo possa essere
considerato un successo per l’intero nostro istituto se questa prova è stata superata. Tutti i partecipanti si sono sentiti trascinati in
Gruppi di visitatori nel giardino di Palazzo Antonini
una situazione che li ha messi di fronte a momenti non facili,
una vera e propria esperienza di vita! Hanno vinto la fatica e il
giorno dopo erano a scuola senza lagnarsi. Un grande stress ma
ormai alle spalle, con la giusta gratificazione per i ragazzi, visto
che la stampa locale ha dato e ridato notizia del record d’afflusso. L’edizione di quest’anno, che sarà certamente ricordata, è
stata celebrata pubblicamente all’auditorium Zanon lo scorso 9
maggio, con la partecipazione degli allievi delle scuole coinvolte, alla presenza del sindaco. E i nostri ragazzi non se la scorderanno di sicuro perché la si è festeggiata anche in seguito! Infine,
un buon motivo d’ottimismo: si dice troppo spesso che gli studenti risultano passivi e scarsamente motivati, ma se si accende
il loro entusiasmo in relazione a ciò che sentono davvero come
importante, qualcosa che trasferisca le loro abilità nel campo
operativo, sorprendono con la loro energia trascinante facendo
intravedere tutte le potenzialità che poi riverseranno nelle scelte
future.
Francesca Venuto
Il racconto della visita a Palazzo Antonini vuole essere l’augurio che questo storico edificio ed il suo
splendido parco possano costituire, in futuro, parte
viva e integrante della città di Udine.
4
CRONACHE STELLINIANE
Gran finale di primavera
per il Coro e l’Orchestra del Liceo Stellini
La Preside con i direttori Alessio Venier e Chiara Spizzo.
Tra di loro la professoressa Monica De Nardi
L
o scorso venerdì 13 maggio il Coro e
l’Orchestra del Liceo Stellini hanno
offerto al folto pubblico della Basilica
delle Grazie in Piazza Primo Maggio un ricco concerto imperniato sul tema “L’uomo
per l’uomo”: numerosi i brani eseguiti e
molto alta la qualità dell’interpretazione.
L’esibizione, che ha avuto una replica sabato 14 nel Duomo di Gemona, era stata
preparata attentamente grazie anche alla
partecipazione del gruppo corale del Liceo
alla rassegna musicale “Festival di primavera”, tenutasi a Montecatini Terme dal 13
al 16 aprile scorsi. Organizzata dalla Feniarco, la rassegna ha visto esibirsi cori provenienti da 20 istituti scolastici italiani che
hanno presentato i propri brani al Teatro
Verdi della nota località termale toscana. Il
gruppo del liceo udinese (oltre 50 componenti) ha ottenuto consensi unanimi e grandi applausi specialmente per l'esecuzione
del brano cinquecentesco friulano Scjaraçule/maraçule, composto da G. Mainerio, arrangiato per l’occasione dall’allievo Alessio
Venier, Direttore dell’Orchestra d’Istituto,
ed eseguito dal Coro diretto dall’alunna
Chiara Spizzo. Nella “tre giorni” toscana i
ragazzi dello Stellini hanno inoltre partecipato all’Atelier di musica rinascimentale
diretto dal Maestro Mauro Marchetti, che si
è complimentato con gli studenti per l’impegno e l’entusiasmo profusi sia nelle prove che nelle esecuzioni sempre al Teatro
Verdi di Montecatini. Per gli alunni è stata
un’occasione importante per arricchire la
propria esperienza e per confrontarsi con
altre realtà scolastiche italiane, tanto che
sulla strada del ritorno si sono esibiti anche
presso il Liceo Scientifico di Empoli “Il
Pontormo”, dove hanno portato la propria
personale e probabilmente unica realtà italiana di coro gestito interamente dagli stessi studenti.
Questa costruttiva esperienza si è rivelata
decisiva in vista della preparazione al tradizionale Concerto di Primavera, giunto
quest’anno all’undicesima edizione. Il programma, particolarmente denso, comprendeva impegnativi brani di compositori classici (Beethoven, Mascagni, Mussorgsky-Ravel, Shostakovich, Gounod, Elgar), suonati
dall’Orchestra, e moderni, accompagnati
dal Coro (Lennon-Mc Cartney e Sting, con
Russians e Every little thing…, quest’ultimo
ripreso nel bis finale) in un’esecuzione sinfonica di grande effetto.
Il Coro si è poi cimentato nell’esecuzione
di brani rinascimentali, tradizionali irlandesi e americani, e moderni (tra cui la notevole resa di Listen to the rain).
Alla corposa e trascinante parte musicale
si sono alternate, in modo piacevole e ritmato, le letture introduttive da parte di alcuni allievi (si è distinta per verve espressiva l’allieva Lisa Lendaro), che hanno interpretato prose e versi di scrittori e poeti (Tagore, Turoldo, Baudelaire, Verlaine, Rodari,
Baricco…. ma anche autori della classicità
come Orazio, sapientemente “ringiovaniti”
e sempre attuali, come la vera arte sa essere) scelti dagli stessi ragazzi in accordo al
tema conduttore. Alla fine, dopo le parole
di elogio della Preside, professoressa Giovanna Marsoni, per gli stessi studenti che
hanno ideato e realizzato con tanta passione
e dedizione un appuntamento ormai imprescindibile e caro al pubblico cittadino, un
particolare saluto ai due Direttori Chiara
Spizzo e Alessio Venier che, giunti all’ultimo
anno di scuola, hanno concluso la loro esperienza di conduzione. Il calore e l’entusiasmo con cui il pubblico che gremiva la Basilica ha seguito l’esibizione hanno dimostrato l’ammirazione e l’affetto che questi ragazzi hanno saputo suscitare e far crescere in
questi anni nei confronti di una formazione
artistica che si può considerare un punto di
riferimento anche per la realtà cittadina.
Francesca Venuto
con la collaborazione di Andrea Nunziata
Coro e orchestra del Liceo Stellini durante il concerto presso la Basilica delle Grazie
La donazione del fondo “Luigi Mari”
alla biblioteca dello Stellini
Luigi Mari, studente liceale, con la compagna di classe Liliana Spinozzi
L
’11 febbraio scorso, presso la sede
del Liceo “Stellini”, si è svolta la cerimonia di consegna dei preziosi libri della biblioteca privata del professor
Luigi Mari, mancato improvvisamente il
1° luglio del 2010.
Erano presenti la dirigente, professoressa Giovanna Marsoni, le bibliotecarie
professoresse Francesca Noacco e Gina
Misdaris, la professoressa Lucia Sbuelz,
esecutrice testamentaria, la professoressa
Paola Sbuelz e il dott. Piero Cappelletti,
direttore generale del Centro di riferimento oncologico di Aviano. Questa isti-
tuzione infatti, erede universale del docente,
su consiglio dell'esecutrice testamentaria, ha
ritenuto di realizzare il desiderio del professor Mari che i propri libri passassero in dotazione alla biblioteca dello Stellini.
Così numerosi volumi di classici greci e latini della Utet, della Zanichelli, della Laterza,
della Loeb, insieme a dizionari etimologici e
linguistici, a saggi critici delle varie letterature, a volumi monografici su artisti famosi e
sulle grandi civiltà, alle opere di Freud e ad
una pregevole edizione della Historia Langobardorum di Paolo Diacono, andranno ad arricchire la biblioteca dell'Istituto.
Accanto a queste opere, che testimoniano
le vaste conoscenze della cultura classica e il
continuo desiderio di aggiornamento del
professor Mari, vi sono anche pubblicazioni
e libri che ci ricordano le grandi passioni dell'insegnante per la storia dell'arte e la musica: dalle riviste di archeologia all'enciclopedia della musica, dagli spartiti musicali a
diapositive di vario argomento.
I suoi ex-allievi ricorderanno le sue splendide lezioni di arte per accompagnare l'apprendimento delle civiltà classiche, svolte
nell'aula oscurata per consentire la proiezione delle diapositive, sempre accompagnate
da osservazioni colte e precise. Non si possono poi dimenticare i vari viaggi di istruzione
che il professor Mari organizzava per i suoi
studenti, preparati con cura meticolosa, di
cui sono testimonianza le tante guide di
viaggio e opuscoli artistici presenti nella sua
biblioteca.
Fanno poi parte del lascito anche numerosi testi di narrativa novecentesca italiana e
straniera, la produzione poetica del padre,
professor Mario Mari, e opere di autori istriani e friulani, a testimoniare da un lato il ricordo della terra d'origine del professore e
dall'altro il legame instauratosi con quella
terra friulana che l'ha visto crescere e affer-
marsi come valido docente e uomo di
profonda cultura.
Un sentito ringraziamento va quindi
al CRO di Aviano, che ha consentito al
Liceo Stellini di acquisire questo patrimonio bibliotecario, che andrà ad aggiungersi ai libri già posseduti e che potrà sicuramente essere fruito da tanti docenti e studenti, come era desiderio del
compianto professor Mari, al quale va il
ricordo di quanti hanno avuto la possibilità di conoscerlo.
Gina Misdaris
Da sinistra, le professoresse Paola e Lucia Sbuelz, Gina Misdaris (in piedi), la preside Giovanna Marsoni, il dottor
Piero Cappelletti e la professoressa Francesca Noacco
5
CRONACHE STELLINIANE
Chiusura festosa di un anno scolastico
particolarmente generoso di riconoscimenti
La classe 1a A con la professoressa Maieron e la Preside
Gli studenti dello Stellini in palestra per assistere allo spettacolo di fine anno
C
on una lieta e corposa
manifestazione, tenutasi
presso la palestra grande,
gli studenti del Liceo Stellini
hanno salutato, sabato 11 giugno, la chiusura dell’anno scolastico 2010/2011.
È stata l’occasione per assistere all’esibizione di vari allievi
che, alla presenza della Preside,
professoressa Giovanna Marsoni, dei docenti e del personale
della Scuola, si sono cimentati in
alcune delle attività complementari e integrative che non solo li
hanno visti protagonisti durante
tutto l’anno all’interno dell’Istituto, ma li hanno fatti pure conoscere e apprezzare al di fuori del
Liceo.
Un ruolo particolarmente significativo è stato svolto dal Coro e dall’Orchestra, guidati rispettivamente da Chiara Spizzo
e da Alessio Venier, che hanno
riproposto l’esecuzione di alcuni tra i brani più suggestivi del
loro repertorio, già applauditi al
seminario di Montecatini, cui il
gruppo dello Stellini ha partecipato in aprile, e poi ripresi ed integrati nei Concerti di Primavera presso la Basilica delle Grazie
e il Duomo di Gemona, nelle serate dell’8 e del 9 maggio. I brani musicali sono stati intervallati dalle letture, a cura di Lisa
Lendaro di III C, di passi significativi di giuristi e scrittori, partendo da Pietro Calamandrei
per giungere a Roberto Saviano.
Il Valzer degli stelliniani
Si sono svolte inoltre alcune
performances di educazione fisica
da parte delle allieve di varie
classi. Particolarmente attese ed
applaudite sia l’esibizione di
ginnastica artistica di Maristella
Toniutti (III C), campionessa di
ginnastica ritmica presso l’ASU,
sia quella di danza moderna di
Lorenzo Moscato (II D) e Giulia
Mazzolini (III B).
Sono stati premiati gli alunni
meritevoli delle classi terze con
una scelta di libri omaggio, in
parte offerti dalla Fondazione
Lorenzo Valla di Roma: sono
stati selezionati, in base al profitto riportato nell’ultimo anno,
gli studenti: Carlotta Ceretelli
e Chiara Felluga della III A,
Alessio Venier e Chiara Spizzo della III B, Maristella Toniutti, Letizia Della Longa e
Beatrice De Luca della III C,
Anna Fabris, Martina Cita e
Elena Gheller della III D, Matteo Tabacchi e Federica Tomelj
della III F, più Giulio Battistella della II E per il Concorso di
Storia. Letizia Della Longa ha
inoltre conseguito il Premio
Sarti – all’interno del progetto
“Diritto e Giustizia” – nello
scorso marzo.
Particolare menzione hanno
ricevuto le allieve che si sono segnalate al Concorso indetto dall’INDA (Istituto Nazionale del
Teatro Antico di Siracusa): si
tratta delle studentesse Carlotta
Ceretelli e Sonia Mele, entram-
be di III A, attestatesi rispettivamente al 2° e 4° posto.
Sono stati inoltre adeguatamente segnalati e festeggiati gli
studenti che si sono cimentati
nella lettura di passi della Bibbia
in friulano, manifestazione svoltasi nella Cappella della Purità,
situata a fianco del Duomo di
per il dono del sangue sia perché molti suoi componenti (9)
hanno partecipato al Concorso
“Fabbricando 2011”, promosso
dal Danieli Group di Buttrio, in
collaborazione con una classe
dell’Istituto Malignani, sempre
di Udine. Il Concorso è stato patrocinato dalla Regione Autono-
La Preside con i rappresentanti del Consiglio di Istituto e della Consulta degli
Studenti
Udine, nello scorso aprile: Davide Bagnarol (II D), Marco Boatto (I A), Angelica Puntel (II A),
Alex De Nardo (III A), Mariagiusy Longo (III A), Eva Zucchiatti (III C), insieme con la
preside, professoressa Marsoni,
e con i docenti Olga Maieron e
Stefano Perini.
La classe I A si è distinta sia
ma Friuli Venezia Giulia e dal
Ministero dell’Istruzione sotto
l’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica. Il titolo del
progetto presentato è “Poiountes:
teoria, techne e mechané dal mondo
omerico all’ellenismo”, concentrato sul “saper fare” della tradizione greca antica. Per la menzione
ricevuta, gli allievi della I A, coordinati dalla professoressa
Maieron, hanno partecipato alla
cerimonia di premiazione avvenuta nell’auditorium del palazzo della Regione di Udine il 28
maggio e hanno effettuato una
visita premio a Milano, al Museo nazionale della Scienza e
Tecnologia “Leonardo da Vinci”.
Riportiamo inoltre anche i riconoscimenti ottenuti in campo
sportivo nei campionati studenteschi di atletica: la squadra
femminile, con le allieve Tosatto, Sangoi, Andreutti, B. e M.
Danielis, Carignani e Gattesco
si è classificata terza alle provinciali; la squadra degli allievi, for-
mata da Petrucco, Pezzini, Soramel, Del Giudice, Pradolin,
Pilutti e Armellini si è posizionata al quarto posto. A livello
provinciale, sul gradino più alto
del podio, sono saliti l’allievo
Petrucco, nei cento metri
(11''66), e le allieve Tosatto e
Sangoi, rispettivamente nei cento metri ostacoli e nel lancio del
peso. Alle regionali hanno vinto
ancora le allieve Alice Tosatto e
Serena Sangoi, nei cento ostacoli (15''01) e nel lancio del peso
(9.18 m), e Giada Andreutti, nel
lancio del disco (28.92 m). Meritevole di segnalazione è poi il
progetto “Equilibrio e postura”,
sviluppato dagli studenti della
IV C con la supervisione del
prof. Sepulcri in una situazione
operativa di ricerca sperimentale. Il progetto, destinato a guidare gli studenti ad avere le competenze necessarie per assumere
abitudini e comportamenti utili
a salvaguardare la propria salute e il proprio benessere psicofisico, è stato presentato al pubblico in aula magna sabato 4 giugno, con gli interventi del prof.
C. Bardini, docente di Scienze
Motorie presso la Scuola Media
di Tavagnacco, della dott.ssa L.
Passoni, medico di famiglia, e
del prof. P.E. di Prampero, fisiologo di fama internazionale.
Infine vanno menzionati l’impegno dedicato da una settantina di studenti liceali nelle Giornate FAI di Primavera, svoltesi
nel mese di marzo, allorché hanno presentato al pubblico un
gioiello nascosto come il palladiano Palazzo Antonini (già sede udinese della Banca d’Italia)
e la collaborazione di alcuni studenti, giornalisti in erba, con la
redazione scuola del quotidiano
locale “Messaggero Veneto”.
Al termine di una cerimonia
veramente partecipata, organizzata dagli stessi ragazzi, e di una
sfilata conclusiva degli allievi
che hanno ricoperto ruoli “ufficiali” come quelli di rappresentanti d’Istituto e della Consulta
degli Studenti, l’esecuzione da
parte dell’orchestra di un coinvolgente Valzer di Shostakovich
ha trascinato gran parte degli
studenti – cui si sono uniti anche
alcuni docenti ed esponenti del
personale della scuola – a danzare tutti insieme, volteggiando
allegramente sul parquet della
palestra.
Un saluto speciale ai maturandi è stato infine rivolto a coloro che si stavano apprestando
a sostenere l’esame di stato nelle
settimane successive per concludere il loro ciclo di studi. Non è
finita lì: i festeggiamenti sono
proseguiti al di fuori della scuola, in Giardin Grande, segno inequivocabile e fragoroso che un
altro anno è terminato nel gaudio generale.
Francesca Venuto
Maristella Toniutti, bravissima anche negli studi
6
SPECIALE CULTURA
Appuntamenti internazionali
in una terra accogliente
D
a non pochi anni Udine e la sua provincia sono diventate teatro di manifestazioni capaci di prospettare significative opportunità di confronto con e fra diverse realtà
culturali di portata internazionale. Mi riferisco, in ordine storico di presenza, al Premio Nonino, ormai al suo XXXVI anno; al Mittelfest che ha da poco celebrato il suo
XX anno di vita; al Far East Film e a Vicino/Lontano che hanno concluso a maggio rispettivamente la loro XIII e VII edizione. Ne tento in questa sede una breve storia,
riferendo dati recentemente pervenuti o confermati.
Mittelfest (1991-2011)
I
I premiati 2011, la famiglia Nonino e parte della giuria
Premio Nonino (1975-2011)
I
l Premio Nonino Risit d’Âur è nato nel 1975 con il fine di salvare gli antichi vitigni autoctoni friulani di
cui era proibita la coltivazione (Schioppettino, Ribolla, Pignolo e Tazzelenghe), sollecitandone il riconoscimento ufficiale dagli organi nazionali e comunitari, ottenuto nel 1978, fino all’inserimento fra
i vitigni raccomandati nel 1983. Inizialmente conferito al vignaiolo che ne avesse posto a dimora il miglior impianto, il premio è stato col tempo esteso a coloro che credono nei permanenti valori della Civiltà Contadina: a quanti salvaguardano i «tesori alimentari che si vorrebbero anonimamente uniformare» come i panificatori di Altamura e i coltivatori del «pomodoro ancestrale»; a Gavino Ledda per il coraggioso riscatto da una schiavitù atavica con il libro Padre Padrone; al narratore vietnamita Nguyên
Huy Thiêp per aver suscitato dalle «ceneri della sua terra profondi valori millenari»; a “Manos Blancas”, coro di bambini portatori di handicap, nato nel 1999 per incentivarne l’integrazione con la musica su iniziativa di N. Garcia, in collegamento con il Sistema di Orchestre Venezuelane.
Nel 1977 venne istituito il Premio Nonino di Letteratura (Davide M. Turoldo tra i giurati), di regola assegnato ad italiani1, con eccezioni quali Rigoberta Menchù (qui premiata per la sua testimonianza di
contadina guatemalteca 5 anni prima del Nobel per la Pace); Ousmane Sembène, scrittore e regista senegalese impegnato nella lotta contro la pratica millenaria dell’escissione; la Maison des journalistes che
ospita a Bobigny giornalisti in esilio; Silvia Perez-Vitoria per “La questione contadina” e Jean Jouzel per
gli studi sul clima derivanti dalla sua esplorazione dell’Antartide.
Si ribadì il «netto proposito di sottolineare la permanente attualità della civiltà contadina» anche per il
Premio Nonino Internazionale, istituito nel 1984 e dedicato ad autori stranieri pubblicati in Italia come Jorge Amado, Leopold Sedar Senghor, Claude Levi-Strauss, Aron Gurevic, Jacques Brosse, Erik Orsenna,
Henry Roth, Alvaro Mutis, Zhong Acheng, Vidiadhar Surajprasad Naipaul (8 anni prima di ricevere il
Nobel), Chinua Achebe, Jaan Kross, Edward W. Said, Yashar Kemal, Amin Maalouf, Adonis alias Alì Ahmad Said Esber, Hugo Claus, Ngugi wa Thiong’o, Norman Manea, John Banville, Tomas Tranströmer,
Mo Yan, Haroumi Setouchi, Harry Mulisch, William Trevor, Chimamanda Ngozi Adichie, Sigfried Lenz.
Nel 1990 fu istituito il Premio Nonino ad un «Maestro del nostro tempo», talora diversificato in due sezioni dedicate agli stranieri e agli italiani. Tale premio è stato conferito ad intellettuali attivi in campi diversi, quali Norbert Elias, Peter Brook, Emmanuel Le Roy Ladurie, Hans Jonas, Jerzy Grotowski, Raymond Klibansky, James Lovelock, Leszek Kolakowski e Luigi Cavalli Sforza, René Girard e Fosco Maraini, Jorge Semprun e Claudio Abbado, Edward O. Wilson e Emmanuel Anati, Raimon Panikkar e Suso Cecchi d’Amico, Tzvetan Todorov, il Progetto Educativo per l’Infanzia di Reggio Emilia, Antonio R.
Damasio ed Emilio Vedova, Edgar Morin e Marcello Cini, Mahasweta Devi e Giorgio Parisi, le Madri
di Plaza de Mayo, Yves Coppens, Leila Shahid, Hugh Thomas, Serge Moscovici.
Il 29 Gennaio scorso, alla presenza di 600 convitati sistemati nella sala centrale delle Distillerie Nonino di Ronchi di Percoto, la Giuria2 ha assegnato il “Premio Internazionale” allo spagnolo Javier Marías,
autore che (licita la motivazione) «sa narrare come pochissimi altri l'esistenza individuale nelle sue passioni e nelle sue ambiguità e il tessuto storico e sociale in cui essa è immersa; che ha mostrato nuovi e
reconditi abissi dell’animo, che ha indagato il rapporto tra la vita e la verità, il bene e il male della verità stessa e la drammatica difficoltà di convivere con essa, di scoprirla o di ignorarla». Il Premio “Maestro del nostro tempo” è stato conferito a Renzo Piano «per aver fatto della architettura l’ambito della
sua missione sociale, morale e civile», oltre che estetica; il “Premio Letterario” all’etologo austriaco Irenäus Eibl-Eibesfeldt che «oggi ci dice che l'uomo, ambizioso e predatore, è un animale a rischio e che
solo allargando il senso di famiglia e salvando con saggezza la sua identità di gruppo potrà avere un
futuro». La Giuria ha infine assegnato il Risit d’Âur alla statunitense Frances Moore Lappé che «ci invita a ritornare ai ritmi delle origini, a un coltivare rispettoso dell’ambiente, a ridare al mondo animale
il suo ruolo e capire che tutto ciò che sprechiamo è peccato».
Alle 18 dello stesso giorno è stato offerto al pubblico udinese il “Dialogo del Premio Nonino” tra il
germanista e scrittore triestino Claudio Magris e l’autore britannico nativo delle Antille V. S. Naipaul
«grande viaggiatore che ha descritto il mondo caraibico con pungente ironia, senza trascurare i temi della schiavitù, della violenza armata e della difficile emancipazione dei paesi africani». Tuttavia la famiglia Nonino operò scelte analoghe in passato, offrendo, per esempio, alla cittadinanza gli incontri con
Mahasweta Devi (2005) e Perez-Vitoria (2009), lo spettacolo Oh les beaux jours! di Beckett con Natasha
Parry e la regia di Brook (1996, teatro San Giorgio), la prova generale di Così fan tutte di Mozart con la
Mahler Chamber Orchestra diretta da Abbado (2000, teatro Giovanni da Udine), la proiezione del film
Moolaadé di O. Sembène (2007, Visionario).
Va rimarcato che i Nonino finanziano tutte le suddette manifestazioni (premi compresi) utilizzando
la maggior parte del loro budget pubblicitario.
l Mittelfest nacque nel 1991 con l’intento di «riattivare
forze che avevano dato unità all’area geografica e culturale mitteleuropea» nell’Europa centro-orientale ove «nei
2 primi decenni del ‘900» si era verificata «un’incredibile
concentrazione di creatività» messa a dura prova dalle
guerre mondiali. L’idea di un appuntamento internazionale «nel quale far risuonare almeno 5 diverse lingue e altrettante culture» fu la base del progetto, realizzato grazie al sostegno della Regione FVG con l’appoggio (solo al 1° anno)
del Ministero degli Esteri. Vi lavorarono C. de Incontrera,
M. Gallina e G. Pressburger che, in qualità di responsabile
artistico, coordinava l’intero gruppo dei colleghi T. Ascher,
J. Ćirilov, J. Menzel, G. Tabori, cui sarebbe passata la direzione negli anni successivi. Nel 1992 Tabori coordinò il festival dedicato a Franz Kafka.
Interrotto per l’escalation bellica in Jugoslavia, il festival
riprese con il titolo Guerra e Pace, rinnovando l’intento di
«valorizzare i legami che venivano crescendo con i paesi di
un’altra Europa». Infatti nella seconda metà degli anni Novanta si costruirono progetti (Identità 1 del 1996, Identità 2
del 1997, Transizioni del 1998) imperniati sulle peculiarità del
processo innovativo delle nazioni di un assetto europeo visibilmente mutato.
Le edizioni accomunate dal titolo Partire/Tornare identificavano coi sottotitoli Via dell’ambra (1999), Via della seta
(2000) e Via del sale (2001) 3 percorsi «ispirati dalle dinamiche del viaggio in una prospettiva opposta a quella dei pregiudizi nazionali e delle loro derive». Con le edizioni del
2002 Sparsi per il mondo. Popoli e destini e del 2003 Sorrisi d’Europa. La comicità italiana e mitteleuropea erano diventate 18 le
nazioni partecipanti, in conseguenza della frantumazione
di realtà nazionali precedenti, ma anche dell’ingresso nel festival di Polonia, Albania, Romania, Bulgaria.
Con l’edizione Il Tempo/Le Voci del 2004 iniziava il quinquennio della direzione artistica di Moni Ovadia, che nella
serata inaugurale presentava il suo divertissement appositamente ideato Il tempo dei tempi. Numerosi gli spettacoli e gli
artisti presenti (per esempio Salmagundi, Variazioni Sul Cielo,
Sœur Marie Keyrouz, Kinder-Traum Seminar, Susanne Linke,
Yiddish Theatre of Israel), tra cui è memorabile Kontakthof
mit Damen und Herren ab 65, spettacolo «di intensa forza
espressiva» allestito dalla coreografa Pina Bausch.
Nell’edizione del 2005 (volutamente senza dedica come
nel 2006) Ovadia presentava il suo spettacolo Es iz Amerike!,
dichiarando in apertura del festival: «se la cultura viene accolta dall’economia come una delle emergenze del Paese, la
cultura può aiutare a rivitalizzare l’economia stimolando i
desideri e i bisogni dell'uomo». Erano in programma tra
l’altro Il sogno di una cosa di P. P. Pasolini (nel 30° anno dalla
morte), uno spettacolo sul poeta triestino C. L. Cergoly di A.
Lacosegliaz, il Progetto Alexandria a cura di F. Però e I Pacefondai di e con V. De Lucia.
Nel 2006 veniva per la prima volta utilizzata la Cava di
Tarpezzo con Storie di lavoro a cura di V. Colle e M. Brandolin, ove G. Bertelli, M. Brugnaro, A. Celestini, M. Corona, A.
Kersevan, G. Marini, P. Nasini, M. Paolini e G. A. Stella si
impegnavano «a ricostruire, in decine di tasselli, il senso di
ciò che la Costituzione italiana riconosce fondante della nostra identità nazionale». Tra le altre manifestazioni ricorderei Kaddish per il bambino non nato del premio Nobel I. Kertész; Le storie del signor Keuner di Brecht organizzato da R.
Andò ed Ovadia; Dottore ebreo che ha paura del sangue, rifles-
Moni Ovadia e Claudio Magris
sioni di C. Magris ed Ovadia su Freud e l’umorismo ebraico; A quel cielo lontano, il mio Pascoli di R. Molinari, con G.
Battiston.
Nel 2007 particolarmente significativa è stata la maratona alla Cava di Tarpezzo il cui tema di fondo, richiamando
la “Carta universale dei diritti dell’uomo”, si realizzava attraverso perfomance (allievi ed ex allievi della “P. Grassi”,
tra cui M. Speziani; M. Somaglino e R. Maranzana su L’udienza di V. Havel); video/interventi (Havel stesso e G. Strada, coinvolgente nella sua testimonianza); dibattiti (R. Calligaro e S. Staino coordinati da G. Carbonetto), interventi satirici (P. Rossi e A. Cornacchione), intervista (M. Ovadia a G.
A. Stella) e altro. Tra gli spettacoli in cartellone, da segnalare lo sloveno Fragile! della drammaturga croata T. Štivicic
per la regia di M. Pograjc.
Costruire il tempo. Fragili futuri era il tema dell’edizione
2008, che ebbe come spettacoli di eccellenza l’Amleto di Latella, l’Oylem Goylem di Ovadia (confermando che teatro,
musica e danza sono forme espressive che possono coniugare valori estetici, utilità sociale e impegno civile) e soprattutto il Caligula dello sloveno T. Pandur (evento che per molti è impossibile dimenticare). Sul versante del balletto fu
presentato al Giovanni da Udine Three Duets con M. Baryshnikov, D. Neumann e la bravissima A. Laguna, coreografie
di M. Esk.
Con il Mittelfest 2009, avente per tema Prove d’Europa. A
20 dalla caduta del muro di Berlino: dal dissenso alle nuove tendenze, iniziavano la direzione artistica Furio Bordon per il
teatro, Claudio Mansutti per la musica e Walter Mramor per
la danza. Lo spettacolo evento fu Prove d’Europa con l’Antigone di Lemming seguita dalla lettura di testi di D. M. Turoldo da parte di G. Lavia per concludersi con la danza degli Spellbound che facevano crollare il fondale-Muro. Tra gli
spettacoli si segnala Orson Welles’ Roast con G. Battiston.
Nell’edizione XIX Genio d’Europa, il sottotitolo Demoni, allusivo a quanti hanno contribuito a formare l’identità culturale dell’Europa, rimanda alla tipologia dell’anti-eroe di Dostoewskij (che mise in crisi la narrativa imperniata sullo scire per causas), di cui si sono presentate le rielaborazioni teatrali di I Karamazov, Delitto e Castigo, efficacemente diretto da
De Brea e Idiotas con la bella regia di Nekrošius. Per la danza si sono visti Il processo con la coreografia di Zurovac e
musica di Šipuš, l’applauditissimo Love machines della compagnia “Kataklò” e il gala internazionale Le pas de deux génial molto apprezzato dal pubblico.
Con la XX edizione Nazioni e Identità, svoltasi dal 9 al 24
Luglio ed inaugurata con La modestia di Spregelburd, si sono viste significative pièce slave come Anime morte di Vicen,
When I was dead diretto da De Brea, Il drago d’oro da Kica, Salomé diretta da Frey e lo splendido Giochi di famiglia di Srbljanovič diretto da Magelli. Tra gli spettacoli di danza molto
apprezzati i balletti armeno Forceful Feelings, russo di Igor
Moiseev e cinese La poesia del vento. Interessante il concerto di
Brunello, arricchito dal connubio con Paolini su Notte Trasfigurata di Schönberg. L’edizione celebrativa s’è conclusa al
GDU con due belle coreografie di Monteverde e con quella
di Santilli per La morte e la fanciulla.
7
SPECIALE CULTURA
Far East Film Festival (1999-2011)
C. Martinez ed E. Domingo
F
EFF, la cui idea è nata dalla rassegna tematica Udine/Incontri Cinema, organizzata dal Centro Espressioni
Cinematografiche di Udine dal
1986 e trasformatasi nel 1998 in
un festival dedicato a Hong
Kong, da 13 anni ha fatto dell’esplorazione del cinema popolare asiatico «una missione
di studio, di scoperta e di ricerca», presentandosi come «un
festival unico, lontano dai meccanismi di potere, [in grado di]
fornire strumenti di comprensione/connessione» verso la ci-
nematografia popolare dell’estremo Oriente, con l’intento di
incentivarne la conoscenza in
Occidente. Nell’arco di 9 giornate si proiettano, per lo più al
Giovanni da Udine, più di 50
film di vario genere, prodotti
e/o girati in Cina, Hong Kong,
Taiwan, Singapore, Corea del
Sud, Tailandia, Indonesia, Malesia, Vietnam, Filippine e
Giappone, da ultimo anche in
Mongolia. Gli spettatori, 25.000
nel 1999, si sono più che raddoppiati nel corso degli anni,
come pure i giornalisti (italiani
e stranieri, ora 200) che seguono di solito il festival con reportage giornalieri, approfondimenti ed interviste. Col tempo
FEFF è diventato un’evenienza
di maggiore «visibilità per produttori e distributori internazionali» grazie al fatto che, per
esempio, un film come Departures del giapponese Yojiro Takita, presentato in anteprima
mondiale a FEFF, è stato insignito del premio Oscar nel
2009.
In 13 anni sono state organizzate speciali retrospettive su registi di Hong Kong come Johnnie To, Ringo Lam e Patrick
Lung Kong (anche sceneggiatore ed attore, famoso per Story
of the discarged prisoner del
1967), Patrick Tam, Ann Hui e
Michael Hui; o giapponesi come Teruo Ishii e Joe Shishido;
ma anche su generi cinematografici come Nikkatsu Action
(il CEC ha prodotto il «primo
volume tematico esistente al
mondo su questo particolare
genere giapponese») e su case
cinematografiche come la ShinToho (che dagli anni Quaranta
ha prodotto film di Akira Kurosawa, Kenji Mizoguchi e Yasujiro Ozu e, più di recente, quelli
di Hideo Nakata). Sono stati infine ospitati importanti registi
del film asiatico come i coreani
Park Chan-wook (che ha tra
l’altro girato nel 2005 il film di
33’ Night Fishing con 8 iPhone);
Ji-woon Kim (Bittersweet life del
2005 è «un efficace esempio del
modo con cui un regista di talento ricorre alle convenzioni di
un genere e le cambia» per reinventare la realtà); il giapponese
Hideo Nakata (famosi gli horror The ring 1, 2 e 3) ed i cinesi
Pang Ho-Cheung, Feng Xiaogang e Zhang Yimou (vincitore
nel 1988 dell’”Orso d’oro” con
Sorgo Rosso in cui recitava la
grande Gong Li, protagonista
anche dei suoi Lanterne rosse
vincitore del “Leone d’argento”, La storia di Qiu Ju vincitore
del “Leone d’oro” e La città proibita del 2006; Yimou vinse inoltre l”Orso d’argento” per La
strada verso casa del 2000).
La XIII edizione ha realizzato
un afflusso da record (55.000
spettatori, italiani e stranieri,
tra cui numerosi giornalisti, critici e studenti di cinema anche
da università come Coventry,
Princeton e Singapore) con l’offerta di ben 87 film. È stata la
Cina protagonista di punta con
l’assegnazione del “Gelso d’oro” ad Aftershock, presentato in
occasione della XXXV commemorazione del terremoto friulano. Il regista Feng Xiaogang,
che ha diretto 15 film in Cina
(ma in Italia finora era noto, e
solo sul mercato home video, per
Un funerale dell’altro mondo del
2001), è considerato «una sorta
di Spielberg cinese per qualità
tecniche, spettacolarità e gusto
del racconto». Il 2° premio è
stato assegnato a Under the
Hawthorn tree del talentuoso
Zhang Yimou. Il 3° premio è
stato assegnato a Here comes the
bride del regista filippino Chris
Martinez (presente con la protagonista Eugene Domingo).
Ma il film che più sembra
aver incontrato il favore del
pubblico è stato Confessions,
«magnifico thriller» diretto dal
giapponese Tetsuya Nakashima, eletto miglior film dalla
giuria degli accreditati Black
Dragon (pubblico «consapevole» di giornalisti, distributori ed
operatori del settore) e quello
dei lettori di MyMovies.it (premio assegnato dal sito, con la
collaborazione del CEC, in base
alle preferenze di chi ha visto il
film al festival).
La XIV edizione (su cui si sta
già lavorando) inquadrerà la cinematografia vietnamita.
Vicino/Lontano (2005-2011)
V
icino/Lontano è un’associazione il cui progetto prevede una serie di confronti sulle relazioni e i conflitti tra Occidente e Oriente, ribaditi dal sottotitolo identità e differenze al tempo
dei conflitti: ove il tempo appare metaforicamente allusivo al nostro presente caratterizzato
soprattutto da cospicui flussi migratori, da conflitti di civiltà e dal prorompente espansionismo cinese, fenomeni che occorre comprendere nella loro origine e “ragione” se si vuole evitare l’innescarsi di pericolosi meccanismi xenofobi.
La figura di Tiziano Terzani, che è vissuto per trent’anni in Asia con la sua famiglia, lavorando
come corrispondente del settimanale Der Spiegel da Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo, Bangkok e Nuova Delhi, vuole essere esemplificativa di una dimensione umana che si apra all’altro con
la paziente fiducia in possibili reciproche comprensioni e nel rispetto delle proprie ed altrui diversità. Come disse Ryszard Kapuściński (componente della giuria per 3 anni) Terzani seppe «creare
quel ponte tra le differenze che poi dà modo anche agli altri di capire il mondo, un mondo che
cambia velocemente e drammaticamente».
Da questa sintonia d’intenti tra il gruppo promotore di Vicino/Lontano ed il giornalista (morto
nel 2004) è nata l’idea del Premio Terzani assegnato all’autore di un saggio o di un reportage «che
affronti i temi del confronto, delle relazioni e dei conflitti che si generano nell’incontro di culture
differenti o descriva un fenomeno significativo del nostro tempo, offrendo un efficace spaccato di
civiltà in mutamento».
I premiati dal 2005 al 2010 sono stati François Bizot, Jonathan Randal per Osama, Anna Politkovskaja (alla memoria), Fabrizio Gatti per Bilal, Ahmed Rashid per Caos Asia, Umberto Ambrosoli per Qualunque cosa succeda. Nella recente edizione la Giuria3 ha assegnato il premio Terzani alla giornalista statunitense, nata da genitori cinesi, Leslie T. Chang per il libro Operaie. La motivazione ricorda che il libro è frutto di lunghe frequentazioni, da parte della Chang, di giovani operaie che lavorano nelle grandi fabbriche manifatturiere della Cina globalizzata, nell’intento di capirne i sogni e le speranze, le delusioni e le sconfitte, e finendo per ricostruire e meglio capire le
vicende migratorie della propria famiglia, «salvando dall’oblio l’immagine, anche simbolica, di un
paese ormai lontano da se stesso».
Al Giovanni da Udine si è tenuta il mattino di Sabato 14 Maggio la premiazione delle due sezioni del Concorso Scuole, coordinato da Gianni Cianchi, responsabile di tale progetto ma anche
coordinatore della serata di premiazione della Chang, che è stata preceduta da una lettura scenica, tenuta da Maddalena Crippa e Chiara Donada, intervallata da performance di allievi dell’Accademia “Nico Pepe” diretti da Claudio De Maglio, nonché da 2 esibizioni degli Arearea che ben
comunicavano l’ossessione
spersonalizzante del lavoro ripetitivo della fabbrica. La serata di Domenica a San Francesco è stata dedicata a George Brassens e ai suoi vari “traduttori” in moltissime lingue,
in particolare il friulano in cui
si è cimentato per anni l’indimenticabile Giorgio Ferigo.
L’incessante lavoro organizzativo dello staff si realizza di
solito in diverse attività che
hanno, da 2 anni, il loro momento inaugurale in una serata
evento speciale del Mercoledì
I
Premio Vicino/Lontano: lo stelliniano Giacomo Rizzolatti, scopritore dei “Neuroni specchio”
Umberto Ambrosoli, alla presenza di Angela Terzani, consegna il Premio Terzani 2011 a Leslie T. Chang
precedente. Quest’anno Massimo Somaglino ha operato una lettura scenica di 3 frammenti da La parola errante di Armand Gatti, con la partecipazione di Daniele D’Agaro e del Coro-Laboratorio diretto da
Claudia Grimaz. Nel pomeriggio di Giovedì si dà il via alle manifestazioni che si articolano in diverse
tipologie – confronti, incontri, eventi, proiezioni, musica, storia, poesia – ed in diversi spazi – la chiesa
di San Francesco, l’Oratorio del Cristo, il Palazzo Morpurgo, la Libreria Friuli ed il Giovanni da Udine.
Interessanti sono spesso, a San Francesco, i Confronti di cui “Stato e Antistato” dell’8 Maggio
2010, con U. Ambrosoli, G. Colombo e T. Padoa Schioppa moderati da F. Gatti, è indimenticabile
per l’atmosfera di altissimo senso civico che vi si respirava. Venerdì 13 Maggio 2011 “L’Italia dopo l’Italia” era il tema del confronto tra A. Bianchi, G. Arfaras, I. Cipolletta e L. Ceccarini moderati da G. Cevolin su interessanti questioni dibattute nell’omonimo numero di Limes. Sabato mattina il neurologo G. Rizzolatti, «in odore di Nobel per aver scoperto i neuroni specchio», ne spiegava l’importanza per comprendere le emozioni e le intenzioni alla base del comportamento umano, anche senza una mediazione cognitiva. Nel pomeriggio, dopo un interessante dibattito sul tema “Quanta disuguaglianza possiamo accettare?”, discutevano sul tema “Flessibile precario a rischio: il valore del lavoro in Occidente” una S. Camusso autorevolmente imperturbabile, A. Bagnasco, A. Barcella e A. Ichino coordinati da M. Panara. Domenica pomeriggio il nuovo presidente di “Medici senza frontiere” A. Campopiano teneva testa a R. Rui e a E. Krippendorff con argomentazioni limpidamente efficaci sul significato di “pace”.
Tra gli incontri realizzati a San Francesco sono stati molto apprezzati “Istmi: lingue di terra e lingua di cieli” con Alessandro Bergonzoni e quello della mattinata di Venerdì sul “piacere della legalità” in cui hanno avuto un ruolo significativo gli allievi della Valussi e del Percoto. Va infine ricordato che sono progetti di Vicino/Lontano anche Fuorirotta (destinato a viaggiatori, o aspiranti tali,
come occasione di incontro, confronto, scambio di informazioni, esperienze e suggestioni) il cui ultimo focus era sulla Finlandia; Il Cortile delle parole «fondanti dei diversi ambiti sia della riflessione
filosofico scientifica che della vita quotidiana, per ricontestualizzarle e scoprirne i nuovi significati»; l’allestimento di mostre e la realizzazione della collana editoriale vicino lontano, in collaborazione
con la casa editrice Forum.
n conclusione, la nostra terra vive annualmente esperienze stimolanti che le consentono, secondo me (friulana d’adozione, ma di origine tedesco/romana), di mantenere vivo lo spirito di dialogo interattivo con culture altre, senza cadere in esotismi di maniera. E se pensiamo al successo di “è/Storia” di Gorizia e di “Pordenone legge”, constatiamo che è proprio questa la strada in salita che, in termini di ampliamento dei propri orizzonti culturali, il Friuli sta coerentemente percorrendo negli ultimi anni.
Betuel Arci Biffoni
L’autrice ringrazia la famiglia Nonino, il CEC e la segreteria dell’associazione “Vicino/Lontano” per le informazioni e le fotografie gentilmente concesse. Per il capitolo sul Mittelfest, le citazioni e i dati fino al 2003 sono stati tratti da R. Canziani; le foto dal sito del “Messaggero Veneto”.
1 Sergio Maldini, Fulvio Molinari, Ermanno Olmi per il film L’albero degli zoccoli, Giuseppe Lisi, Gina Marpillero, Mario Rigoni Stern, Leonardo Sciascia, Piero Camporesi, Giorgio Bocca, Nuto Revelli, Tonino Guerra, Andrea Giacomini, Carlo Sgorlon, Franco Loi, Domenico Rea, Luigi Meneghello, Tullio De Mauro, Alfonso Di Nola, Andrea Zanzotto, G. Luigi Beccaria.
2 La giuria, presieduta da Naipaul, è composta da Adonis, J. Banville, U. Bernardi, P. Brook, L. Cendali, A. R. Damasio, E. Le Roy Ladurie, J. Lovelock, C. Magris, N. Manea, M. Morandini, E. Morin, E. Olmi.
3 La giuria, presieduta da A. Terzani, è composta da G. Anselmi, T. Capuozzo, A. Filippi, M. Gabanelli, E. Mo, V. Pellizzari, P. Popham e P. Rumiz.
8
I PROGETTI DEGLI STELLINIANI
L’antimilitarismo del poeta greco all’Auditorium dello Zanon
Le Troiane di Euripide
I
Ecuba tra le corifee
La trama delle Troiane
Nelle Troiane (Τρώαδες nella lingua originale), rappresentate per la prima volta nel
415 a. C., vengono raccontate, attraverso le sofferenze fisiche e interiori delle prigioniere troiane in attesa di essere assegnate come schiave ai vincitori e imbarcate sulle navi alla volta della Grecia, le ultime ore di Ilio, finalmente espugnata dagli Achei dopo dieci
lunghi anni di assedio. Lo scenario è dunque quello della guerra di Troia, a giusto titolo
definita ‘la madre di tutte le guerre’.
È l’alba del giorno dopo e davanti alle rovine di Troia, sul litorale dove si trova l’accampamento greco, compare il dio Poseidone per dare il suo estremo saluto alla città da
lui stesso fondata e per questo prediletta. Sopraggiunge la dea Atena che, prima favorevole ai Greci, ora li odia per il fatto che hanno permesso ad Aiace di strappare impunemente Cassandra dal suo tempio, dove si era rifugiata supplice. Insieme progettano un
ritorno infausto per i Greci.
Dopo che le due divinità sono uscite di scena, la regina Ecuba, dolente e prostrata,
piange il mutamento della sorte sua personale e dell’intera città, maledicendo Elena che
ritiene responsabile dell’immane tragedia.
I lamenti della regina richiamano fuori dalle tende, dove sono state radunate, le Troiane angosciate per il futuro di schiavitù che le attende.
Giunge l’araldo degli Achei Taltibio per annunciare a Ecuba la destinazione sua e delle principesse reali: la profetessa Cassandra è destinata a divenire concubina di Agamennone che si è invaghito di lei, mentre la figlia minore Polissena è stata ‘consacrata’, come
dice ambiguamente, alla tomba di Achille; Andromaca, la vedova di Ettore, diverrà concubina di Neottolemo; la regina Ecuba, infine, se l’aggiudica come schiava Odisseo.
Entra in scena Cassandra e, in preda al delirio, celebra esultante il proprio rito nuziale: l’unione sarà per lei una vittoria perché avrà come conseguenza la morte di Agamennone, oltre che la sua. Ecuba lamenta la solitudine e la miseria dopo un’esistenza vissuta tra gli affetti e nel fasto.
Il coro delle Troiane ricorda l’inganno del cavallo e i festeggiamenti, finiti nel sangue,
per la presunta pace ritrovata.
Giunge poi Andromaca con il piccolo Astianatte, il figlio che ha avuto da Ettore. Reca alla suocera la notizia della morte di Polissena, immolata sulla tomba di Achille per
garantire un fausto ritorno alla flotta achea. Anche lei desidera morire pur di non doversi unire, dopo una vita consacrata all’amore e alla fedeltà per Ettore, con il figlio del suo
uccisore. Ma Ecuba la esorta ad accettare la nuova vita per il bene di Astianatte.
Ritorna Taltibio e annuncia che i Greci, su consiglio di Odisseo, hanno deciso di gettare il bambino dalle mura di Ilio onde evitare che un giorno possa vendicare il padre, e
per estinguere definitivamente la stirpe troiana. Se Andromaca si opporrà, non le sarà
concesso neppure di seppellirlo. Andromaca cede al ricatto proclamando l’ingiustizia e
maledicendo Elena, mentre Taltibio, vinto dalla commozione, porta via il bambino.
Il coro rievoca la prima distruzione di Troia, avvenuta per mano di Eracle adirato per
la slealtà del re Laomedonte, e osserva che l’amore di Zeus e Aurora per i troiani Ganimede e Titono non è valso a salvare la città.
Sopraggiunge Menelao trionfante per aver ripreso Elena: una volta giunti in patria,
intende giustiziarla per vendicare le innumerevoli vittime della guerra. Quando Elena,
nel sentire la voce del marito, esce dalla tenda, inizia una sorta di agone giudiziario tra
lei ed Ecuba. Elena, consapevole che il marito, vinto dalla sua fatale bellezza, la risparmierà, difende strenuamente il proprio operato, ma le sue argomentazioni, sebbene sostenute con grande abilità oratoria, non reggono il confronto con l’arringa di Ecuba che
accusa la donna di essere fuggita con Paride perché attratta dalla ricchezza e indotta dalla lussuria; la regina rivela poi come a Troia Elena abbia agito sempre con opportunismo.
È lei l’unica responsabile della cruenta guerra! Menelao sentenzia in favore di Ecuba e
accoglie la sua raccomandazione di non far salire Elena sulla propria nave.
Il coro, maledicendo a sua volta Elena, prega Zeus di distruggere con un fulmine la
nave sulla quale viaggia la sposa fedifraga.
Compare nuovamente Taltibio per annunciare che Neottolemo e Andromaca sono salpati: spetta pertanto a Ecuba il compito di fare le esequie di Astianatte che, per desiderio
di Andromaca, deve essere seppellito nello scudo di Ettore. Ecuba porge al nipotino morto l’estremo accorato saluto e compie il rito funebre assistita dal coro delle Troiane.
Taltibio dà quindi l’ordine ai Greci di appiccare il fuoco a ciò che ancora resta di Troia,
prima di levare le ancore. Un terribile boato annuncia il definitivo crollo di Troia. Ecuba, ormai in preda a una folle disperazione, vuole gettarsi nel rogo ma viene trattenuta
dai soldati e, insieme alle altre Troiane, si avvia alle navi nemiche per essere deportata
schiava in Grecia.
Taltibio
Ecuba e Cassandra
l 13 giugno scorso Gli Stelliniani sono ritornati sul palcoscenico per rappresentare nuovamente una tragedia greca, e
questa volta la scelta è caduta sulle Troiane di Euripide, considerate uno dei capolavori del teatro mondiale per l’accorato
appello pacifista che gli conferisce un carattere di eterna attualità. Il nostro gruppo teatrale, infatti, pur consapevole che nel rendere un testo drammatico antico fruibile ai giorni nostri non sia
possibile salvaguardarne appieno lo statuto poetico e conservarne tutti i riferimenti letterari e storico-mitologici, con la scelta del teatro classico antico intende mantenere vivo un patrimonio troppo spesso trascurato e al contempo mettere in condizione di fruirne anche chi non ha coltivato questo genere di studi.
Per la tematica trattata e, soprattutto, per l’acceso dibattito
giudiziario in cui si fronteggiano Ecuba ed Elena, l’evento
avrebbe trovato la sua ideale collocazione all’interno del progetto Diritto e Giustizia, il cui statuto prevede appunto, oltre al
concorso e al seminario di studi, anche una rappresentazione
teatrale, strumento quanto mai valido per veicolare con coinvolgente immediatezza le problematiche filosofico-giuridiche
affrontate negli altri due momenti del progetto. Ma, visto che
quest’anno esso ha trattato il tema del Risorgimento italiano
(cfr. l’articolo in prima e seconda pagina), lo spettacolo ha avuto una programmazione autonoma.
La messa in scena
La regia (frutto di una collaborazione tra Francesco Godina,
docente presso l’Accademia di Arte Drammatica “Nico Pepe”,
e chi scrive) non ha voluto ambientare la vicenda ai giorni nostri, nella convinzione che tali operazioni non siano sempre dettate da reale necessità, né ha inteso alterare la struttura del
dramma, benché non sia sempre stato apprezzato dalla critica
quel suo procedere per quadri “giustapposti”, nei quali si susseguono senza un reale sviluppo dell’azione ben quattro protagoniste: Ecuba, Cassandra, Andromaca ed Elena. Ma questo telaio, ben lungi dal togliere al dramma la coesione e la tensione
garantite dal tema di fondo (la sofferenza fisica e morale provocata dai conflitti armati) e dalla costante presenza sulla scena
della regina Ecuba, che con tutti gli altri personaggi interagisce
in un continuo confronto, gli conferisce invece un fascino
straordinario e una potente suggestione. L’impostazione filologica non ha, tuttavia, impedito di ridurre e semplificare il testo
per renderlo più comprensibile e coinvolgente per il pubblico. I
tagli comunque sono stati condotti in modo da non togliere efficacia drammaturgica alla tragedia. Con maggiore libertà sono
state rese le parti corali, dove, com’è tradizione del Gruppo, si
sono voluti creare dei quadri suggestivi che dessero autonomia
alle singole coreute pur nel rispetto della coralità.
Il coro delle Troiane
Andromaca
Minimalista ma non per questo inefficace la scenografia, consistente in drappi color rosso sangue appesi in modo da simulare le tende militari, luogo di raccolta per le prigioniere troiane in attesa della deportazione. Semplici ed eleganti allo stesso
tempo i costumi delle attrici realizzati nel laboratorio L’Ago
spuntato (recentemente attivato da alcune socie stelliniane).
La principale chiave di lettura dell’opera è, come si diceva,
l’antimilitarismo, che non appare comunque una generica condanna della guerra come avviene in altre tragedie greche non
solo di Euripide - si pensi ai Persiani di Eschilo, con cui Le Troiane hanno in comune la centralità del punto di vista dei vinti a
evidenziare non tanto l’eroismo dei vincitori, quanto la disperazione dei vinti - ma richiama una precisa operazione bellica
compiuta da Atene l’anno precedente.
Nel 416 a. C., infatti, in piena Guerra del Peloponneso (Atene
contro Sparta, 431/404 a. C.), Atene aveva chiesto agli abitanti
di Melo di aderire alla lega delio-attica di cui era a capo. I Meli, che erano ex coloni spartani con governo autonomo, si erano
rifiutati di farlo, garantendo però la neutralità. Gli Ateniesi, temendo che un atteggiamento troppo morbido verso Melo venisse interpretato come un segno di debolezza, avevano infine
attaccato l’isola, uccidendo gli uomini e vendendo come schiavi le donne e i bambini. Il sacco di Melo aveva profondamente
turbato la coscienza degli Ateniesi e ne era scaturito un acceso
dibattito a livello sia politico che filosofico. Come anche il grande storico greco Tucidide (La Guerra del Peloponneso), Euripide
denunciava in maniera chiara e molto dura lo spietato imperialismo della sua città.
Ma se l’antimilitarismo rappresenta la chiave interpretativa
più ovvia, il dramma offre allo spettatore l’opportunità di riflettere su molti altri temi: sulla precarietà della sorte (Ecuba divenuta da regina schiava; i Greci mutati da vincitori in vittime
dell’ira divina); sul carattere soggettivo della giustizia umana
(la condanna di Elena da parte di Menelao suona più come una
vendetta privata che come un atto di autentica giustizia trascendente l’umano) e, conseguentemente, sulla necessità avvertita dall’uomo di credere nell’esistenza di un dio garante
della giustizia; sulla dignità umana che si rivela piuttosto nella
sventura che nella prosperità (ciascuna delle protagoniste mostra una grande forza morale nell’affrontare la sorte avversa,
mentre i vincitori appaiono insensatamente spietati e ignobili
nell’uccidere Astianatte) e sulla maggiore forza morale delle
donne al confronto degli uomini; sull’esaltazione dei valori
umani positivi (quali la coerenza, il coraggio, la pietà, la speranza, l’amore); sulla responsabilità dell’uomo, solo apparentemente in balìa di un destino cieco e crudele, in realtà vittima
delle sue stesse azioni (l’ira degli dei appare come reazione a
certi atti iniqui commessi dai mortali: infatti Atena si allea con
Poseidone perché Aiace ha profanato il suo tempio).
Applauditi a lungo ed entusiasticamente gli interpreti, alcuni
dei quali vantano nel proprio curriculum molte esperienze teatrali vissute sia da studenti liceali sia all’interno del Gruppo.
Qui di seguito i loro nomi in ordine di entrata: Enrico Cicuttin
(Poseidone); Elena Asquini (nella duplice veste di Atena e di
prima corifea); Cecilia Menossi (Ecuba); Sofia Costello (seconda
corifea); Dianora Hollmann, Laura Lestani, Erika Milite e Giulia Valle (coreute); Davide Morassi (Taltibio); Roberta Di Vora
(Cassandra); Elena Rifiorati (Andromaca); Fabio Soccorsi (Menelao); Lisa Lendaro (Elena).
Si coglie l’occasione per ringraziare Laura Lestani ed Erika
Milite che hanno accettato con entusiasmo di entrare nel Gruppo pur non essendo di matrice stelliniana, e con esse anche la
giovanissima violinista Allegra Meroi, studentessa del liceo
classico “Bertoni” di Udine, che ha eseguito dal vivo le musiche
di scena per lo più tratte dal repertorio classico (A. Vivaldi).
Elettra Patti
Elena
Menelao
9
I PROGETTI DEGLI STELLINIANI
Splendida interpretazione dell’attrice udinese Daniela Zorzini
La Signora Sandokan
Omaggio a Emilio Salgari
C
ento anni fa Emilio Salgari sceglieva di por fine alla
sua breve esistenza con un gesto che voleva imitare
quello di un samurai, ma che fu solo la scelta di un
uomo disperato. Le opere dello scrittore veronese (1862 –
1911), ambientate in ogni parte del mondo, sono ben radicate ancor oggi nell'immaginario collettivo italiano e internazionale.
Per rendere omaggio al romanziere la nostra associazione,
in collaborazione con l’Associazione Friulana Emilio Salgari, ha
scelto di far interpretare nell’aula magna del liceo Stellini un
monologo teatrale all’attrice udinese Daniela Zorzini, nota
ben al di là dei confini regionali per la sua particolarissima
vis drammatica. L’introduzione allo spettacolo è stata curata
dal professor Daniele Picierno; il dottor Lucio Costantini,
presidente dell’Associazione Friulana Emilio Salgari, ha
tracciato un profilo biografico del romanziere, soffermandosi in particolare sulla sua capacità di immettere il lettore nel
vivo dell’azione fin dalle prime pagine dei suoi romanzi e di
trascinarlo nel vortice delle vicende narrate, quasi fosse egli
stesso uno dei protagonisti. Per rendere il pubblico più consapevole di quella caratteristica, Costantini ha eseguito una
breve lettura interpretativa tratta dall'incipit del romanzo
“L’uomo di fuoco”.
L’attrice Daniela Zorzini con intensa, crescente, vibrante
capacità interpretativa, ha saputo dare voce e volto all’ama-
Emilio Salgari con la moglie Ida e i figli
ta moglie di Salgari, Ida, da lui affettuosamente chiamata Aida, voce che lo scrittore e giornalista Osvaldo Guerrieri – autore del testo – ha immaginato provenire di là dalle spesse,
ovattate pareti del manicomio nel quale era stata rinchiusa,
nel momento in cui le venne portata la notizia ferale del suicidio del suo buon Emilio. Nelle frasi, a tratti sconnesse, della donna provata dalla follia, la voce dell’attrice ha lasciato
trasparire un dolore incommensurabile, lacerante, profondo,
quasi un’ultima accorata dichiarazione d’amore all’uomo
della sua vita. L’attenzione partecipe degli spettatori incollati sulle poltrone, la loro commozione, sono state la migliore
testimonianza, insieme agli applausi scroscianti finali, della
rara qualità di interpretazione drammatica dell’attrice, ben
nota per la sua bravura, ma che ci è parsa in questa occasione, nei panni della dolente moglie di Salgari, superare se
stessa. La professoressa Elettra Patti, presidente degli Stelliniani, rivolgendo parole di apprezzamento all’attrice si è resa spontaneamente interprete dell’opinione esternata da
molti dei presenti, affermando che Daniela Zorzini merita
palcoscenici ben più ampi per ancor più ampi consensi.
Eugenio Salici
Progetto Batticaloa
Mani operose con L’ago spuntato
I
n attesa che venga messa in atto la tradizionale colletta a favore dell’associazione di volontariato Raffaella Piva Fund tra
le classi dello Stellini (cfr. Progetto Batticaloa), gli Stelliniani, per reperire almeno in parte il denaro necessario al mantenimento dei loro “figli adottivi” dello Sri Lanka, hanno collaborato fattivamente all’organizzazione del mercatino allestito
alla fine di maggio sul sagrato della Basilica della Beata Vergine delle Grazie, grazie alla disponibilità del priore Padre Cristiano e alla collaborazione offerta da parte della parrocchia.
Si tratta di una delle attività che la professoressa Margherita Piva, referente per la sezione friulana del R.P.F., organizza annualmente a sostegno della popolazione disagiata dello Sri Lanka. L’apporto del nostro sodalizio è consistito nella confezione di sciarpe, stole e borsette da sera a cura di alcune socie con l’hobby del cucito che amano ritrovarsi periodicamente, sotto la guida della nostra eclettica presidente, in un laboratorio intitolato con palese autoironia L’ago
spuntato. Oltre alle nostre api operose, il Direttivo ringrazia
anche la pittrice Rosalba Cuttini che ha ceduto in favore del-
l’iniziativa umanitaria alcuni suoi pregevoli acquerelli.
Grazie alla qualità degli oggetti posti in vendita, manufatti
provenienti in gran parte dallo Sri Lanka, oltre che preparati e
offerti dal comitato organizzativo del R.P.F (Emma Della Pietra, Franca Giordani, Fiorenza Saro e Dolores Tomini) e, come
si è detto, dal nostro laboratorio, il mercatino si è rivelato molto vivace e ha fruttato un incasso di circa 1.600 euro.
Il R.P.F. è ormai una realtà che ha un certo seguito nella nostra città Udine e pertanto il mercatino ha rappresentato per i
simpatizzanti e i sostenitori anche un’occasione d’incontro in
un’atmosfera serena e cordiale.
RAFFAELLA PIVA FUND
Via Antonio da Trento, 15 - 38100 Trento
Codice fiscale: 96069530226
c/c postale: 62240064
c/o Cassa Rurale di Pergine Valsugana
Cod IBAN: 28C0760101800000062240064
[email protected]
Progetto Traduzion leterarie
da lis lenghis classichis in furlan
N
el corso della Fraie de Vierte, quest’anno organizzata dalla Società Filologica Friulana a
Sappada il 26 di giugno, sono stati premiati gli studenti vincitori del Concorso di traduzione dal greco e dal latino in friulano. Si tratta di: Glenda Tavella, frequentante il Liceo
Classico "Leopardi-Majorana" di Pordenone, segnalata per la sezione greco-triennio; Valeria
Salvador del Liceo Scientifico "Albert Einstein" di Cervignano del Friuli, vincitrice per la sezione latino-biennio; Matteo Trevisanut del Liceo Scientifico "Manzini" di San Daniele del Friuli, segnalato sempre per la sezione latino-biennio; Giorgia Franceschin (Liceo Classico "Leopardi-Majorana") e Clara Salvador (Liceo Scientifico "Albert Einstein" di Cervignano del Friuli), vincitori per la sezione latino-triennio. Grande assente nel medagliere lo Stellini che negli
anni passati aveva fatto sempre la parte del leone: si ricorda che nell’edizione del 2010 erano
stati ben quattro gli allievi risultati vincitori e due i segnalati.
Il concorso rientra in un progetto che la nostra Associazione ha varato nel 2003 in collaborazione con la Società Filologica Friulana e con il Liceo Classico “Stellini” di Udine e che prevede anche una pubblicazione. Nel 2004 usciva infatti il volumetto Chel uuarp chu za chianta
chun grec latin che può essere considerato il primo numero di una collana, in seguito intitolata No dome a Aquilee, dedicata appunto al concorso annuale di traduzione dalle lingue classiche in friulano. L’opuscolo raccoglieva i migliori testi pervenuti alla commissione esaminatrice nelle prime due edizioni.
Il libretto conteneva inoltre una brillante versione in lingua friulana dei Mimi del poeta greco di epoca ellenistica Eroda affidata al prof. Gabriele Ragogna, curatore dell’opera. Si tratta di
commediole di contenuto e carattere comico-popolare, in realtà frutto di un raffinato esperimento linguistico-letterario. L’idea del concorso era infatti nata dal consenso ottenuto dalla gustosissima traduzione di uno di questi mimi, “Il Calzolaio”, finalizzata a una rappresentazione teatrale in lingua friulana e messa in scena nel 2002 dal gruppo studentesco dello Stellini.
Era stata un’operazione coraggiosa, per non dire temeraria, coronata da un grande successo
al di là di ogni aspettativa: il trasferimento della vicenda dall’isola di Cos del terzo secolo a. C.,
in un improbabile paesino del Friuli dei nostri giorni aveva potenziato la comicità della situa-
zione raccontata, sortendo un effetto esilarante sul pubblico; ma, quel che più conta, la buona riuscita dell’esperimento linguistico aveva rinforzato la convinzione che il
friulano potesse veicolare persino un testo così particolare
della letteratura classica latina e greca a un pubblico variegato e non composto di soli specialisti.
Si decise pertanto di proseguire lungo la strada intrapresa, proponendo agli studenti delle scuole della
Regione che contemplassero nel loro piano di studi il
greco e/o il latino di cimentarsi in un concorso di Traduzion leterarie da lis lenghis classichis in furlan. Gli ideatori del progetto, il prof. Gabriele Ragogna e chi scrive, trovarono subito condivisione e collaborazione nel
prof. Federico Vicario, vicepresidente della Società Filologica Friulana, oltre che membro del Direttivo del
sodalizio stelliniano, e sostegno finanziario nella Provincia di Udine. E così, sia pure con
il timore che l’iniziativa non incontrasse adesione tra gli studenti o che le traduzioni risultassero risibili, l’audace progetto partì.
L’allora presidente dell’Associazione “Gli Stelliniani”, l’avvocato Pier Eliseo De Luca,
avrebbe salutato la prima raccolta delle traduzioni pervenute alla commissione giudicatrice,
esternando un vivo compiacimento per l’ottimo livello delle traduzioni e formulando l’augurio che quella pubblicazione non restasse un fatto isolato ma continuasse nel tempo a testimoniare l’interesse dei giovani per la lingua friulana e il loro desiderio di confrontarsi con
dei testi classici alle volte molto impegnativi.
E così è stato, tant’è vero che nel dicembre del 2010 è uscito il quarto numero della collana
con i testi della settima e dell’ottava edizione del concorso. Quanto alla qualità, si segnala l’eccellenza raggiunta in più di qualche caso dai partecipanti al certame.
Elettra Patti
10
LE CONFERENZE
Riflessioni su una conferenza di Paolo Moreno
Alla scuola dei Greci
P
iù volte su queste pagine si è parlato di Paolo Moreno, accolto ad honorem nell’Associazione nel 2009. Vi ha trovato risonanza la sua lettura della cosiddetta Venere Esquilina, ormai Cleopatra Capitolina, titolo da lui assegnato all’edizione promossa dal Comune di Roma e dal Ministero degli Esteri, dopo
che la statua era stata ammirata nel Padiglione Italia all’Expo Internazionale di Saragozza del 2008.
Rimandiamo inoltre il lettore all’intervista Paolo Moreno: la lezione della bellezza (La Voce, VIII, n. 1, luglio 2009, p. 4-5), dove c’è
la spiegazione del reiterato successo delle sue conferenze allo
Stellini: quella pomeridiana del 4 maggio 2009, Alessandro Magno,
Immagini come storia, e quella del 19 febbraio scorso, con un orario
matttutino confacente alla partecipazione degli studenti, per un
argomento che investiva il programma scolastico di arte greca
nell’informazione e nel metodo: Grandi Bronzi, nuova storia dell’arte antica.
Il segreto del nostro maître à penser è semplice nella formulazione, arduo a rappresentare. Una visione rifondata sugli originali:
non solo le ceramiche trasmettono l’autentico disegno dall’età
geometrica all’ellenismo con tante notazioni di colore, bensì la
pittura parietale è affiorata in decine di tombe macedoni e innumerevoli abitazioni dell’area ellenica dall’Anatolia alla Sicilia,
mentre la scultura annovera strepitosi pezzi, riconosciuti nei depositi dei musei di Grecia, offerti continuamente dagli scavi, recuperati sorprendentemente dalle acque.
Per questo approccio rivoluzionario, la scelta dei bronzi ci porta al vivo della plastica, alla figura modellata nella cera dalla mano del demiurgo, di cui si cominciano ad archiviare le impronte
digitali a futura memoria. Il materiale, talora frainteso dagli specialisti e lasciato ai margini dei manuali nella sospensione del giudizio, è stato presentato nello svolgimento storico attraverso
quattro sistematiche selezioni in PowerPoint: Dall’arcaico a Policleto, Cefisodoto il Vecchio ed Eufranore, Prassitele e Lisippo, fino al
monografico Polidamante, capolavoro di Lisippo a Olimpia ravvisato per inequivocabili coincidenze col Pugile delle Terme al Museo Nazionale Romano. Indimenticabile a pieno schermo l’incunabolo fotografico della scoperta dell’atleta seduto, sul Quirinale,
nel 1885.
Che altro resta nella memoria degli studenti? Al termine della
Le professoresse Venuto, Patti, Di Lenardo e Locatelli con la Preside e il professor Moreno
relazione, dopo la scontata pausa di titubanza, uno di loro si è alzato a dire lo stupore per gl’inesauribili confronti e passaggi dall’uno all’altro artista, non intabulati dalla convenzione, bensì producenti nella progressiva definizione delle personalità. Perfette
riproduzioni, dettagli indagati da fotografi all’unisono col critico:
elementi di un linguaggio che più non si era espresso dal tempo
in cui felicemente si pronunciava e veniva inteso e propalato, fino alle rinascenze di età romana. Paolo Moreno racconta di aver
compreso in Grecia che l’antico è solo nascosto: ce lo rivela con gli
occhi di Johann Joachim Winckelmann che rapportava tutto al
monumento, convinto che l’artefice l’avesse dotato di quanto serve a comprenderlo.
Tideo e Anfiarao, esponenti dei Sette a Tebe, riconosciuti nei
Bronzi di Riace forgiati in Argo (tale la terra di fusione rimasta all’interno delle statue, analizzata dai geologi), rispettivamente da
Agelada il Giovane, nativo della città stessa, e da Alcamene di
Lemno. I quali si palesano a loro volta responsabili della decorazione del tempio di Zeus a Olimpia, per la serrata logica delle
analogie e dei dati prosopografici e mitici: soluzione alla tenace
incognita del Maestro di Olimpia.
Di Policleto, degno allievo di Agelada, il Doriforo ridisegnato
con lancia e scudo a perfezionamento di una fondata interpretazione della copia al Museo di Napoli; l’Idolino da Pesaro, al Museo Archeologico di Firenze, rivisitato con altri documenti per
un’opera finale del celebre bronzista.
Il peribóetos di Prassitele dal catalogo di Plinio (Storia naturale,
34, 69) al Satiro di Mazara “che grida freneticamente”, e ha trionfato in Roma con tale commento al Palazzo di Montecitorio
(2003), in Giappone all’Esposizione Universale 2005 di Aichi,
quindi al Louvre per la mostra Praxitèle (2007); il paragone insperato del nudo con l’altro bronzo dell’ateniese, l’Apollo Sauroktónos acquistato nel 2004 dal Cleveland Museum of Art (Ohio).
L’Atleta recentemente affiorato dal mare di Lussino, riferibile a
Dedalo di Sicione, con altri due multipli in bronzo del soggetto,
rispettivamente a Vienna e a Fort Knox (Texas).
La personificazione di Agone, opera di Lisippo dall’Adriatico
al Getty Museum, oggi in predicato di tornare all’Italia. Accostamento a Lisippo per l’Eracle in riposo da Sulmona, piccola taglia
e suprema tecnica, riduzione d’autore, al pari dell’altro Eracle del
Sicionio cantato da Stazio (“Selve”, 4, 6, 37-47): per quanto la sua
straordinaria grandezza stia nell’altezza di un piede […] in così breve
spazio tanto grande illusione di bellezza. Quanta misura nella mano,
quanto grande esperienza nel provetto artefice, per poter allo stesso tempo plasmare ornamenti da tavola e agitare nell’animo immani colossi.
Si vorrebbe continuare al di là dell’evento del febbraio scorso,
che l’autore è pronto a riaprire per focalizzare ai nostri occhi la
strenua inchiesta dei Greci sulla condizione umana: altri originali illustrati nelle sue inesauste scritture, i ritratti in bronzo nella fase della maniera, dal figlio di Alessandro, che dà nome al Musée
dell’Ephèbe (Agde, Costa Azzurra), al portentoso re Seute degli
Odrisi in Tracia, esposto al Quirinale tra i tesori della Bulgaria nel
2005, proseguendo attraverso i secoli dell’ellenismo con l’Esopo,
l’Arsinoe di Mantova vagheggiata come l’Afrodite poi nascosta
nella Vittoria di Brescia, i condottieri della Roma repubblicana,
Flaminino ed Emilio Paolo, per finire col tragico Cesarione del
Museo di Iráklio a Creta.
Quanto c’è di grande e imprevisto che dal passato non ci raggiunge, senza l’intrepido impegno dello studioso a tempo pieno?
Sarà questa, speriamo, la prossima storia.
Antonietta Locatelli
I SOCI ONORARI DEL 2011
Giuseppe Tonutti
Giovanni Frau
N
ato a Fiume il 22.2.1940, si matura allo “Stellini”
nel 1959 e si laurea in Lettere e filosofia all’Università di Padova nel 1964 con il massimo dei
voti e la lode, discutendo una tesi in glottologia con il
prof. C. Tagliavini.
Dal 1966 al 1969 è assistente volontario del prof. G. B.
Pellegrini presso la cattedra di Storia comparata delle lingue
classiche dell’Università di Padova. Dal 1969 è collaboratore scientifico, dal luglio 1970 assistente incaricato, dal
1971 professore incaricato di Linguistica ladina, dal 1983
professore associato, infine professore straordinario ed
ordinario dal 1989 di Lingua e cultura ladina presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di
Udine, già Facoltà dell’Università di Trieste fino al 1978.
Presso la stessa Facoltà, per più anni tiene anche corsi di Filologia romanza e di Dialettologia
italiana. Nel 2008 diventa professore ordinario di Linguistica e filologia romanza presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università udinese, cattedra che conserverà sino alla quiescenza.
Per vari anni è stato Direttore dell’Istituto di Filologia Romanza e delegato del Rettore
per molteplici settori, fra i quali, dal 2000 al 2007, quello Lingua e cultura friulane. È stato
componente della Deputazione di Storia Patria del Friuli, socio ordinario e membro del
consiglio della Accademia delle Scienze, Lettere Arti di Udine, socio della Società Italiana di Glottologia e di altre istituzioni culturali. Dal 1990 è stato condirettore, e dal 2007
direttore, del periodico Ce fastu?, rivista scientifica della Società Filologica Friulana. È stato inoltre redattore o collaboratore di numerosi periodici scientifici internazionali e nazionali, nonché autore di oltre duecento contributi a stampa comprendenti monografie,
articoli, recensioni od altro, fra i quali si ricordano la redazione dei sei volumi dell’Atlante storico Linguistico-Etnografico friulano (1972-1986), il Dizionario di toponomastica del Friuli
Venezia Giulia e la monografia su I dialetti del Friuli.
Dal 1994 al 2010 è stato Presidente del Consorzio Universitario del Friuli. Dal 1997 al
2003 ha presieduto il Comitato scientifico dell’Osservatorio della lingua e della cultura
friulane dalla Regione Friuli Venezia Giulia ed è stato membro della Commissione tecnico-consultiva nazionale per gli adempimenti della legge 482/1996, operante presso la
Presidenza del Consiglio della Repubblica italiana, Ministero degli Affari regionali.
N
ato a Udine il 19.3.1925, è figlio dell’avv. Elio, ultimo Segretario Provinciale del Partito popolare italiano del
Friuli, sciolto dal Fascismo nel 1926. Ottenuta nel 1944
la maturità classica allo “Stellini”, si laurea in Filosofia. Nel dopoguerra, milita nell’Azione Cattolica e si iscrive alla Democrazia Cristiana. Nel 1946 fonda, con i professori Sarti, Toso e Francescatto, il mensile: “Momento della cultura e dell’arte”. Dirigerà poi “Il Popolo del Friuli Venezia Giulia” dal 1966 al 1975. Nel
maggio del 1948 è chiamato ad assumere la direzione del settimanale del partito “Il nuovo Friuli”, che mantiene fino al 1952.
Dopo un breve periodo a Roma, nel 1952 assume la Segreteria
Provinciale della D.C. ed è eletto Consigliere Comunale di Udine. Ritornato a Roma nel 1954, diventa direttore amministrativo
della GEPI s.p.a., società proprietaria di diversi periodici e quotidiani a diffusione nazionale.
Nel 1964 rientra a Udine per collaborare con Alfredo BerzanGiuseppe Tonutti con Aldo Moro
ti all’organizzazione della Regione Friuli Venezia Giulia, costituita l’anno prima. Nel 1966 è eletto Segretario Regionale per il Friuli Venezia Giulia della Democrazia Cristiana, carica che conserva fino all’autunno del 1976.
Nel 1966 è nominato Presidente e Consigliere delegato della società “Autovie Venete”, incarico
che manterrà sino al 1974. Dal 1969 al 1972 è Presidente della società “Traforo Monte Croce Carnico”; dal 1970 al 1973, della società “Autovie Servizi”; dal 1972 al 1974, dell’“Istituto di Medio
Credito del Friuli Venezia Giulia”; dal 1974 al 1976 della “Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone” e Consigliere d’Amministrazione dell’”Istituto di credito Fondiario delle Venezie”. Nel
1974 è investito della Presidenza dell’Ente autonomo del Porto di Trieste, che mantiene fino al
1976. In quell’anno è eletto Senatore della Repubblica nel Collegio di Udine e sarà rieletto per altre tre legislature, fino al 1987. Dopo il terremoto del 1976 segue tutti i problemi della ricostruzione e dello sviluppo del Friuli, contribuisce all’elaborazione della legge sulla ricostruzione, la n. 546
del 1977, ed è relatore dell’ultima legge per la ricostruzione del Friuli, la n. 828 del 1982.
Dopo il Congresso nazionale della D.C. del 1982, è eletto Segretario Nazionale amministrativo, carica che mantiene sino al 1986. Lasciato il mandato parlamentare, assume, alla fine del
1989, la presidenza della finanziaria regionale “Friulia” s.p.a. Sempre nel 1989 viene nominato
Presidente del Consiglio d’Amministrazione della “Laben” s.p.a., società per la progettazione e
realizzazione di strumentazione elettronica per applicazioni spaziali e nucleari.
Per le sue benemerenze, gli sono stati conferiti i titoli di Commendatore della Repubblica italiana e di Cavaliere ufficiale della Repubblica di S. Marino.
11
L’ALBUM DEGLI STELLINIANI
Le nozze del Consigliere Ettore Giulio Barba
N
el pomeriggio di mercoledì 8 giugno, presso l’Abbazia di Santa Maria in Sylvis sita nel centro storico di
Sesto al Reghena, l’avvocato Ettore Giulio Barba,
membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Gli Stelliniani e figlio della professoressa Elettra Patti, che ne è l’attuale presidente, si è sposato con la dott.ssa Elisa Piacentini, anch’essa laureata in Giurisprudenza.
La sposa, che ha conosciuto Ettore Giulio nel 2008 a Udine,
dove si è trasferita dalla natia Bagnarola di Sesto al Reghena
per frequentare l’Università e si è inserita talmente bene da
eleggervi stabilmente la sua residenza, ha però voluto che le
nozze fossero consacrate nell’Abbazia benedettina di Sesto al
Reghena da lei sentita come un luogo speciale non solo per lo
straordinario fascino della costruzione e la storia millenaria,
ma soprattutto perché in quella zona ha trascorso gli anni
fondanti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Alla cerimonia, officiata da due sacerdoti – in primis dal novantenne Mons. Arduino che, oltre ad aver battezzato e comunicato per la prima volta Elisa, ha anche sposato i suoi genitori – hanno assistito centoventi invitati, molti dei quali (parenti e amici di Ettore Giulio) stelliniani come lui. I vetusti affreschi dell’Abbazia hanno fornito una cornice prestigiosa al-
la cerimonia, mentre le magistrali e vibranti note offerte agli
sposi dall’organista Francesco Grisostolo e la stupenda voce
del soprano Giulia Della Peruta, anch’essi stelliniani doc, si libravano nell’aria avvolgendo gli sposi che a malapena dissimulavano la loro emozione.
Dopo la celebrazione del sacramento, gli sposi hanno salutato parenti e amici nel ristorante del borgo “Braida di Casa”
che, racchiuso da una cinta muraria di sasso con alte merlature e situato all’interno di una riserva naturale di venti ettari, dove sgorgano acque risorgive e trovano rifugio aironi,
germani, fagiani, lepri e pernici, sorge nei pressi di San Vito al
Tagliamento. Molto apprezzata dagli invitati la scelta del luogo, di cui il sapiente restauro apportato alla cappella settecentesca, alle abitazioni coloniche, ai granai, alle cantine e alle stalle pre-esistenti che lo costituiscono, sia pur donandogli
un tocco di raffinatezza, non ha alterato l’atmosfera rustica
friulana dei tempi antichi. Il parco della villa Chiurlo-Lucheschi, che funge da confine tra il borgo e i vigneti circostanti,
ha prestato i suoi incantevoli scorci per immortalare l’evento,
mentre il tempo, quel giorno a dire il vero piuttosto uggioso,
ammiccando con complicità apriva di tanto in tanto opportuni squarci di sereno.
Il Consiglio direttivo e la Redazione de La Voce si uniscono
al coro dei parenti e degli amici per augurare ai novelli sposi,
che dopo la cerimonia sono partiti per un lungo viaggio di
nozze negli Stati Uniti, una vita coniugale duratura e felice.
L’Abbazia di Sesto al Reghena
L
a cronaca delle nozze BarbaPiacentini offre il destro per
parlare dell’Abbazia di Sesto al
Reghena, il più noto e importante
esempio di monastero fortificato del
Friuli che, proprio per questo, nel
2004 fu eletto a meta dell’uscita primaverile degli Stelliniani, tradizionalmente dedicata alla scoperta della
Piccola Patria.
L’abbazia di Santa Maria in Sylvis,
fondata intorno al 730, si trova citata
per la prima volta in un documento
del 3 maggio 762 (“unum [monasterium] in locum desertum qui vocatur Sexto”) in relazione a un atto di
donazione di tutte le loro proprietà
firmato dai nobili longobardi Anto,
Erfo e Marco a favore dei Benedettini. Distrutta dagli Ungari nel giugno
del 900, risorse nel X secolo fortificata più o meno con l’aspetto attuale;
da allora svolse un ruolo rilevante sia
civile che religioso fino al 1420 quando, assoggettata al dominio della Serenissima, iniziò la sua decadenza.
Sappiamo però che sul luogo dell’attuale cripta, sotto il presbiterio,
era stato eretto nel 2 a. C. il tempio
intitolato al divo Augusto imperatore e agli dei Marte e Vesta. A lato di
questa costruzione venne edificata in
seguito, tra il IV e il V secolo, una
chiesa paleocristiana a trichora, come
anche nella vicina Concordia Sagittaria: solo tre secoli più tardi, sui ruderi del tempio pagano venne eretta
dai Longobardi, come abbiamo detto, l’attuale abbazia, che costituisce
un sito particolare oltre che per l’organicità del suo complesso anche per
essere topograficamente un’isola oggi contornata solo dalle acque del
fiume Reghena e del rio Sestian, una
volta anche da mura merlate e da
torri. Di queste (sette nel 960) è visibile ora solo quella trasformata in
campanaria che fa anche da porta,
mentre è rintracciabile un’altra d’angolo, nello spigolo sud orientale della canonica. Di notevole, oltre ai singoli fabbricati, nella quasi totale distruzione delle opere fortificate, l’esistenza del terrapieno nel settore sempre sud orientale che dal fossato risale in scarpata verso l’interno ora so-
stenuto da una parte della canonica e nedettini abbandonarono Sesto e
da un muro di contenimento.
l’abbazia fu data in commenda. Nel
La chiesa, dopo la ricostruzione 1790 il Senato Veneto soppresse la
avvenuta a seguito dei danni subiti Commenda abbaziale e mise all’asta
dall’invasione ungarica, ha assunto l’abbazia e tutti i suoi averi: si conuna configurazione romanica che si è cluse così, dopo oltre mille anni, la
conservata nel corso dei secoli nono- vita di uno dei più gloriosi istituti
stante i numerosi interventi di modi- monastici del Friuli.
fica, tra i quali merita una particolare
Originariamente la chiesa era tutta
menzione il rifacimento della faccia- affrescata, ma nel corso dei secoli la
ta (XVI secolo). Si tratta di un am- decorazione primitiva è andata dipliamento riuscito, opera certamente strutta o sostituita. Riferibili al secolo
di un architetto capace, ben conscio XII sono alcuni lacerti significativi
che l’intervento comportava il pro- presenti sui pilastri dell’atrio e raffiblema di incorporare l’edificio me- guranti San Cristoforo (la cui immadievale. Attualmente la chiesa è pre- gine protettrice dei viandanti compaceduta da un atrio ricoperto a cui si riva in tutti gli edifici sacri situati lunaccede attraverso un vestibolo sor- go le vie di comunicazione), Sant’Elemontato da un ampio salone: la struttura costituisce
una novità assoluta per l’architettura religiosa dell’Italia
settentrionale. Alla facciata,
originariamente liscia, intorno al secolo XII è stata addossata una loggetta a sinistra della porta d’ingresso,
mentre a destra è stata collocata una scala di pietra con
balaustra a colonnine che
conduce al salone sovrastante. L’interno della chiesa è a
tre navate absidate, divise
L’Abbazia di Sesto al Reghena
da due file di pilastri e colonne sormontati da archi a
tutto sesto. La zona presbiteriale, na, l’Assunzione della Madonna, la
provvista di transetto, è sopraelevata Visitazione e l’imperatore Costantiper lasciare spazio ad una cripta a no. Agli ultimi decenni del medesisette piccole navate. L’esterno, molto mo secolo è databile il San Michele di
semplice nelle pareti nord e sud, pre- ottima fattura sulla parete di fondo
senta dei motivi decorativi nei riqua- del salone.
Alla fine del secolo XIII e agli inizi
dri delle finestre della parete est. La
composizione dell’edificio, nelle sue del XIV si possono far risalire le due
linee essenziali, discende dalle chiese scene all’interno della loggetta, trapaleocristiane e si ricollega a modelli sposizione pittorica di episodi tratti
altomedievali di abbazie proposti da cicli cavallereschi ispirati alle fidalla riforma cluniacense. Scompar- gure di Carlo Magno e Rolando, cosa l’abbazia di Montecassino, quella me la Chanson di Otinel: in una è rapdi Sesto al Reghena costituisce at- presentata Bellissant seduta a fianco
tualmente l’esempio più significati- di Carlo Magno, alla presenza di un
gruppo di armati, in attesa del duelvo di tale momento in Italia.
Nel 967 l’abbazia con tutti i suoi lo tra Otinel e Orlando; nell’altra vi
possedimenti fu donata al Patriarca sono coppie di cavalli affrontati. Sod’Aquileia e nel 1182 il Papa la prese no l’unico resto degli affreschi tresotto la sua protezione. Nel 1440, do- centeschi che ornavano un tempo la
po circa 700 anni di residenza, i Be- primigenia facciata della residenza
degli abati, ingrandita nel XVI secolo.
Sulla facciata sopra la porta di ingresso si conservano un San Gabriele Arcangelo e un San Benedetto risalenti alla fine del XIII secolo. In cima
allo scalone, nel punto di unione del
lato nord della residenza degli abati
con la facciata dell’atrio, si conserva
un affresco del secolo XIV raffigurante, su due riquadri, ancora una
scena cavalleresca. Elementi di pittura tardoromanica sono rilevabili nel
gruppo della Madonna con San Pietro e San Giovanni Battista che si trova sul muro, a fianco del portale.
Trecentesca è la decorazione pittorica più imponente dell’abbazia sestense che sviluppa in genere alcuni cicli ben precisi come quella di pregevole qualità che si dispiega nel presbiterio (transetto, tiburio e
abside) databile verso il
1320. Nel transetto destro,
dove campeggia il Lignum
Vitae (Albero della Vita) raffigurato come un immenso
melograno, sono disposte alcune scene relative alla vita
dei Santi Pietro e Paolo. Nel
transetto sinistro compare
l’Assunzione di San Giovanni Evangelista. Nell’abside
centrale troviamo l’Incoronazione della Vergine, la Natività,
l’Annuncio ai pastori e Santi. Nel tiburio sono affrescate Storie della Vergine e di San Benedetto. Nel quadrilungo della navata centrale sono rappresentati due episodi della vita di
San Benedetto. La matrice prettamente padovana di queste pitture testimonia la diffusione del giottismo
nel basso Friuli nei primi decenni del
Trecento.
Alla seconda metà del Quattrocento risalgono invece l’Inferno e il Paradiso delle pareti del vestibolo, scene
di ispirazione dantesca assegnabili
forse ad Antonio da Firenze, e le figure di San Tommaso, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino dell’atrio. Sopra
il portale è raffigurato S. Michele Arcangelo che pesa le anime e le invia
alla giusta destinazione a seconda
dei meriti. Le pareti laterali dell’atrio,
anticamente adibite a cimitero di
abati e monaci, ospitano un lapidario
con resti romani, altomedioevali, romanici, gotici e rinascimentali.
Nella cripta, oltre alla cosiddetta
“Urna” di Santa Anastasia in marmo
d’Aurisina, bellissimo reliquiario a
cassa altomedioevale formato da lastre di marmo greco scolpite a motivi
geometrici, pezzo assai prestigioso risalente all’epoca della fondazione che
rappresenta il migliore esempio di
scultura della rinascenza liutprandea
(in origine si trattava di una cattedra o
un ambone, ma in epoca successiva fu
adattata a monumento funebre), vengono custodite altre vere e proprie
opere d’arte: le colonne con i capitelli
corinzi, risalenti anche esse all’epoca
della fondazione; un Vesperbild (Pietà) del XV secolo, di produzione tedesca, scultura in pietra dolce dipinta ad
olio, risalente al XIII-XIV secolo; l’Annunciazione; due pannelli in marmo
d’Aurisina distinti e inseriti nella stessa cornice, il primo dei quali, raffigurante la Madonna, risale al secolo IX,
mentre quello con San Gabriele Arcangelo è del secolo XIII; le statue lignee di San Rocco, Sant’Antonio da
Padova; la Vergine del Rosario e Gesù
sorridente, tutte di scuola della Val
Gardena o Grödnertal.
I numerosi dipinti e affreschi dell’abbazia sono di particolare rilevanza storica e artistica in quanto opera
di Guidolino di Pietro detto Beato
Angelico, dei discepoli di Giotto di
Bondone, di Andrea e Antonio da Firenze, di Alessandro Varotari detto il
Padovanino, di Andrea di Bertolotto
detto il Bellunello, di Cristoforo Diana discepolo dell’Amalteo, di Pomponio Amalteo, di Pellegrino da San
Daniele, di Giovanni Francesco da
Tolmezzo, di Viviano da Conegliano,
di Giovanni Pietro Albanese detto
Pietro da San Vito, di Giovanni Laurentini detto Arrigoni discepolo del
Barocci, di Giovanni Antonio de Sacchis detto il Pordenone, di Marco Basaiti discepolo del Vivarini, di Marcello Fogolino, del Pantaleoni, del
Tosoni, del Cestari e del Pappini.
Elettra Patti
12
LA SCRITTURA DEGLI STELLINIANI
Le sette tele
S
e lei poneva la punta del lapis su
una carta, qualunque fosse, girava da sé sul foglio in volute barocche dove le linee curve non avevano soluzione di continuità e all’interno di
una figura penetravano in meandri e
scorci sempre nuovi cangianti ad ogni
piccolo tratto e ombreggiatura.
Se questo fosse il mondo reale o l’altro di oggetti squadrati e distinti non lo
sapeva.
Certe volte era una grande tela dove
l’ispessimento della trama generava figure e la sua rarefazione pause del tempo. Le tele potevano essere scenari che
si aprivano gli uni sugli altri. Ma se
qualche smagliatura lasciava intravedere il fondo?
Allora quel fondo era solo nero, nero
senza contorni.
Il primo giorno la tela era un’acqua
gorgogliante che correva a fior di prato.
Luccicava un po’ e saltellava come un
bambino che non poteva star fermo.
Nasceva dal ghiaccio e dalla neve e perciò imperlava l’erba.
Il cielo capovolto correva sul prato.
Un piatto di plastica aveva raccolto
l’ultima pioggia e gli uccelli del luogo
si abbeveravano. Le formiche anche e le
vespe.
Non tutte le foglie degli alberi erano
uguali, alcune erano ispessite, altre
sembravano bruciate, ma da lontano il
verde appariva costante nelle variazioni di luce e ombra.
La para delle scarpe da basket aveva
calpestato le erbe lungo un tracciato ma
intorno si ergevano ritte con grande
varietà di forme e fioriture.
Lei aveva disegnato sottili corde che
correvano da un albero all’altro con
bandierine che ballavano al vento, i colori quelli del prato.
Un po’ alla volta il prato si popolava
di forme mutanti: il gatto assumeva le
dimensioni della tigre, lo scoiattolo della marmotta, il topo diventava un orso,
il bruco un serpente, il picchio un grifone.
L’elefante diventava una farfalla, il
bue una libellula, l’aquila un’oca, lo
scimpanzé una lucertola, il coccodrillo
un uomo.
All’inizio ogni specie vagava nella
grande tela in gruppi omogenei che si
disponevano ciascuno in un colore di
sfondo, ora in prevalenza verde, ora
rosso fuoco, ora blu, ora candido.
Poi la trama si ispessiva in riquadri
sempre più piccoli, aree protette, riserve, zoo, circhi, unendo anche specie e
colori diversi, senza più ordine.
Viceversa, dove sonnecchiavano i
leoni, correva una strada, dove si aggiravano le tigri, si delineavano le torri di
una fabbrica chimica, dove nuotavano i
pesci, distese di petrolio, dove stavano
le balene, le baleniere.
Le linee erano troppo confuse e la
donna ebbe l’impulso di cancellare tutto.
Il secondo giorno ancora acqua che
scorre, più calma, una roggia di città, le
erbe del fondo fluttuano sinuose, dando
una colorazione verde-giallognola alla
superficie.
Le coppie di germani reali abbandonano le nidiate destinate ai grandi ratti notturni e ai corvi rapaci dell’alba.
I nidi stanno sul lavatoio di pietra
che sporge dal vecchio muro del convento, ormai trasformato in una miniatura di foresta vergine, di fronte l’acqua
pronta ad accogliere i primi tuffi, alle
spalle gradini risalenti verso un cancello sempre chiuso.
Trame bucate di coppie senza prole,
madri e padri inquietanti, inquieti.
Un uomo apre il cancello arrugginito, si affaccia al lavatoio, mostra una
via al ricovero in pietra.
La trama di un’altra estate si infittisce di pulcini che oltrepassano il cancello per scendere dal nuovo covo al coperto, viaggiano per acqua circondati e
difesi e infine cresce il ciuffo adolescenziale sulle loro teste.
Notte.
I gatti aspettano.
Non chiamano, non si muovono, attendono ore.
Appaiono all’improvviso da sotto
un’auto, escono da un’inferriata, dal
sottoportico delle case abbandonate.
Spiano i movimenti, sognano i passi così intensamente che quando arrivano loro
lo sanno e si mostrano per un attimo mentre vengono deposte le ciotole, acqua, cibo.
Riparati dietro il muro, si mostrano
a metà, come chi confida ma non appartiene.
Il terzo giorno è un mondo d’acqua a
tratti di una calma plumbea, a tratti furioso e fangoso.
In quel mare senza pesci oscillano
isole e nessun filo le collega alla trama,
così chi ci vive è assediato, beve l’acqua
fangosa, mangia la terra.
Le città sullo sfondo tutt’attorno
scintillano elettriche, pompano gas nell’alto, rovesciano in terra fiumi di grasso. La tela è tirata allo spasimo dal
grande peso delle città e altrove cede.
L’Oceano si scalda e gonfia i monsoni che sorvolano le terre rombando, per
settimane si aprono le cataratte del cielo, le vecchie piaghe d’Egitto, il Diluvio
Universale.
Le madri spingono in alto con le
braccia i figli, gli uomini sorreggono i
vecchi padri sulle spalle, altri sono travolti via dalla corrente, qualcuno si aggrappa ai rami degli alberi ma è trascinato via.
Sulla tela il peso delle città brillanti
provoca strappi, buchi che si allargano,
fili ormai recisi.
Lei lascia cadere il lapis, stanca.
Il quarto giorno, l’Oceano, là dove le
correnti cessano, la superficie è calma,
sotto è una vertigine buia. Troppo.
Meglio l’enorme corpo che fluttua a
pelo d’acqua, un essere di plastica.
Sembra innocuo quest’essere trasparente, docile alle onde, snodato, eppure
nulla sfugge al suo abbraccio di quanto
di vivente lo raggiunge. Nei suoi interstizi, avvolti nelle pieghe delle sue vesti, nei suoi cappucci, nei suoi guanti,
nuotano scheletri di pesci, polipi ammanettati, carapaci rivoltati di tartarughe marine.
Semina in mare frammenti bianchi
come uova che si disperdono nei flutti.
Una bambina è arrivata qui in compagnia di un pellicano, dondolano sul
fondo di una vasca di plastica color
giallo slavato persa nel grande essere.
Di giorno sembra di scivolare su vele bianche a fior d’acqua, di sera, su
una città sommersa, priva di vita.
A volte affiorano palle colorate e barchette. Altre volte borse della spesa con
il pesce non più fresco. Più avanti il
vento gonfia dei teli che si alzano come
alberi colorati.
Navigano lungo le coste del grande
essere così il pellicano ogni tanto può
uscire in mare aperto e ritornare dalla
bambina.
degli Stelliniani
Non un suono, un richiamo, un
guizzo, solo odore acre di sale e di putrefazione.
Le forme e i colori variano, richiamano sprazzi di vite lontane, nei cortili, nelle cucine, negli ospedali, nei bar.
Arriva una cassetta per la frutta di
plastica celeste, la bambina la sfiora, si
accorge che qualche forma di vita pende dai filamenti di polimeri blu che fluttuano sott’acqua.
Sono alghe ed altri piccoli molluschi
che si attaccano a loro.
La cassetta passa con le sue radici vitali, portata dalle deboli onde.
Di notte la vasca scivola inavvertita
più all’interno di quel mondo strano.
All’alba del quinto giorno le acque
oceaniche sono una striscia all’orizzonte e il pellicano tarda a ritornare.
La bambina non sa se sta sognando
ancora ma qualcosa guizza in mezzo al
plancton di polimeri: sono pesci, viola
scuro, blu, verdi. Nuotano a pelo d’acqua e si lasciano toccare.
La loro pelle è floscia tra le dita, si piega, ma non si spezza neanche tirandola.
Pascolano felici il plancton di plastica e seguono in branco la vasca giallognola.
Gli occhi opachi ricordano il fondo
delle bottiglie di bibite con qualche resi-
COVAZZI CAMILLA
DEL PIN IRENE
DI LENA GIOVANNI
FERUGLIO MARIA
GRISON DAVIDE
LAPO AMANDA
MAZZOLINI GIULIA
MONFREDO MANILYN
MORSUT LILIANA
PASQUARIELLO MARCO
PETRIN PAOLO
SALIMBENI FRANCESCO MARIA
SCARSINI VALENTINA
SPIZZO CHIARA
TITOTO ALBERTO
VENIER ALESSIO
ZORZI ANNA
BARBIANI CLARA
CODOGNO CHIARA
CUCCI LAURA
D’ANDREA ARIANNA
DELLA LONGA LETIZIA
DE LUCA BEATRICE
FABRIS FEDERICO
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Il sesto giorno i pesci dalla pelle elastica appaiono irrequieti, scattanti, in
allarme. Nel luogo dove la barchetta è
arrivata le borse di plastica sembrano
impigliate a sostegni rotanti e si gonfiano come vele al vento. Quando l’imboccatura ruota verso la bambina, all’interno appaiono grandi occhi che
sembrano dipinti nella ceramica e fissi
nell’acqua.
Improvvisamente un corpo trasparente esce e piegandosi come carta straccia, avvolge la preda, trattiene in una
pellicola appiccicosa i pesci sorpresi.
La vasca sosta per un po’ tra i nidi di
borse opache, poi la bambina con le mani spinge avanti la sua barchetta perché
ora lei e il pellicano sono curiosi di
esplorare ancora.
Il lapis nella mano della donna corre
a disegnare tante specie nuove, con i loro covi, i loro colori, le loro forme e popola quel continente.
Un mare più profondo è la tela del
settimo giorno, se si potesse percorrerlo
porterebbe al Big Bang iniziale.
E dentro ci sono tutte le galassie le
costellazioni le stelle i pianeti.
La trama può assumere dimensioni
impreviste con lo spazio che si muove
come un disco intorno al suo perno di
tempo immobile. La tela è attraversata
da ondulazioni ora veloci e possenti come urla, ora da lente e leggere increspature come sospiri, richiami ripetuti,
aneliti.
Onde di incommensurabili tele, di
tele-schermi.
Le onde creano figure che appaiono,
scompaiono o mutano.
Lei disegna una rosa, alcuni petali si
staccano, altri rimangono attaccati al
peduncolo, scolorano, si coprono di piccole macchie, raggrinziscono finché,
leggeri, volano via.
Il tempo lavora a rimestare gli ingredienti di base delle forme.
Perdurano l’arte tessile dei ragni,
l’organizzazione delle formiche, la
musicalità degli uccelli, la maternità
che “intasca” i piccoli canguri o forse
nasceranno nuove idee.
Quanto alla formichina, proprio lei,
che si inerpica con grande sforzo sulla
sua scarpa, ecco la donna si affretta a
salvarla, un file nell’archivio dei suoi
disegni.
Sandra Del Fabro con il papà Edoardo e la sorella maggiore Renata davanti all’ingresso del Liceo dalla via Cairoli
I maturi dell’anno scolastico 2010-11
AVANZO ANDREA
3A
BANCHIG ELEONORA
3A
BATTISTELLA GIULIA
3A
CALABRO' GIULIA
3A
CERETELLI CARLOTTA
3A
DE NARDO ALEX
3A
FELLUGA CHIARA
3A
FRACASSO GRETA
3A
GEATTI MARTINA
3A
LONGO MARIAGIUSY
3A
MARTINUZZI GEMMA
3A
MELE SONIA
3A
MUNER CAMILLA
3A
PESARIN TOBIA
3A
PIANI CAROLINA
3A
SPAGNOL CHIARA
3A
SPANGARO SOFIA
3A
TOMAT KEVIN
3A
BARZAN ELISABETTA
3B
BATTAINI MARTA
3B
BELLINETTI ANTONELLA MARIA 3B
BORGNA MICHELA
3B
CARLETTI MARILYN
3B
CODARINI GIADA
3B
duo nero o arancio.
Il pellicano, tornato dalla bambina,
non è attirato da queste creature violacee, lilla, verdastre che si sentono a proprio agio lì, padrone del loro elemento,
prive di antagonisti.
La vasca avanza nel grande essere forse sta solo navigando in tondo - seguita dal branco.
GENTILE FRANCESCO
GORZA GIULIA
LENDARO LISA
MARCHIOL MARGHERITA
MATTIUSSI ILARIA
MICHELOTTI ANNA
MINOZZI GIOVANNI
ONESTI ALAN
PAOLINI SERENA
SALVADOR ELENA
SANTORO ROSSELLA
TITOLO ANNACHIARA
TONIUTTI MARISTELLA
ZUCCHIATTI EVA
BIONDI VALENTINA
BONINI GRETA
CHIARANDINI CECILIA
CITA MARTINA
COLOSETTI VALERIA
DEL PICCOLO DENNIS
FABRIS ANNA
FORABOSCO FRANCESCA
GHELLER ELENA
IRLANDO LUCREZIA
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MATTIUSSI SIMONE
MONGERA STEFANIA
PIANI ANGELICA
SACCAVINI MARTA
SACCAVINO MARTA
SBRUAZZO CHIARA
TAVIANI ELENA
BADO FEDERICA
CASSINA FRANCESCA
DE PROPHETIS FRANCESCA
FABRIS FRANCESCA
GAGIC BILJANA
GRUER ALICE
GUZZETTI GIULIA
LIGUORI RICCARDO
NADALIN FRANCESCA
PRATESI MATTEO
ROJATTI CARLOTTA
TABACCHI MATTEO
TOGNON GAIA
TOMELJ FEDERICA
TOSCANO TIZIANA
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Periodico
di informazione culturale
Anno X, N. 1 – Luglio 2011
Direttore editoriale
Andrea Purinan
[email protected]
Direttore responsabile
Davide Vicedomini
Comitato di redazione
Elettra Patti, Andrea Purinan
Direzione e redazione
Associazione “Gli Stelliniani”
c/o Liceo Ginnasio
“Jacopo Stellini”
Piazza I Maggio, 26
33100 Udine
Hanno collaborato
a questo numero
Betuel Arci Biffoni
Lucio Costantini
Sandra Del Fabro
Antonietta Locatelli
Gina Misdaris
Andrea Nunziata
Elettra Patti
Andrea Purinan
Francesca Venuto
Consiglio direttivo
Presidente onorario:
Daniele Picierno
Presidente: Elettra Patti
Vice Presidente: Gabriele Damiani
Segretaria: Albarosa Passone
Consiglieri:
Giovanna Marsoni (Dirigente Scol.)
Ettore Giulio Barba
Gaetano Cola
Pier Eliseo De Luca
Andrea Nunziata
Andrea Purinan
Gabriele Ragogna
Daniele Tonutti
Francesca Venuto
Francesco Zorgno
Collegio Probiviri
Paolo Alberto Amodio
Carlo Appiotti
Marco Marpillero
Flavio Pressacco
Collegio Revisori dei Conti
Gino Colla
Paolo Gandolfo
Federico Vicario
Stampa e spedizione
Cartostampa Chiandetti
Reana del Rojale
Iscrizione al Tribunale di Udine
N° 27/2000 del 30/11/2000
Sandra Del Fabro
COME DIVENTARE SOCI
Quote associative per l’anno sociale 2011
socio sostenitore: .......................................................................€
socio ordinario: ..........................................................................€
socio simpatizzante:..................................................................€
socio studente universitario: ...................................................€
40
20
20
10
Possono iscriversi, in qualità di soci sostenitori o ordinari, gli ex allievi, i docenti ed il personale amministrativo e tecnico dell’Istituto, anche se non più in servizio. Possono aderire, come soci simpatizzanti, tutti coloro che condividono le finalità dell’associazione.
La durata dell’iscrizione è annuale. Lo statuto dell’associazione e
le altre notizie che la riguardano sono reperibili sul sito internet.
L’iscrizione avviene:
– rivolgendosi alla segreteria dell’associazione:
cell. 347/9241345
– oppure compilando il modulo che si può scaricare dal sito internet dell’associazione (www.stelliniani.it) ed inviandolo a
mezzo posta alla professoressa Elettra Patti, 33100 Udine via
Brazzacco n. 3, corredato dalla ricevuta di versamento sul c.c.b.
n° 740/4341669 P, presso la Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia - Codice IBAN IT80 V063 4012 3000 7404 3416 69
L’indirizzo di posta elettronica e l’indirizzo del sito internet
dell’associazione sono:
[email protected] – www.stelliniani.it
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