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società
essere secondi
Chi ricorda
il secondo uomo
sbarcato
sulla Luna?
O chi giunse
al Polo Sud dopo
Amundsen? Chi
erano i gregari di
Coppi e Bartali?
Nella vita, nello
sport, nei libri,
nella musica,
non tutti sono
primi. Storie
sconosciute, o
quasi, di secondi.
A modo loro,
degli eroi.
Dipende da quale
angolazione
si guardano.
La bellezza
dei numeri due
di N i c o l e t t a M a s e t t o
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Messaggero
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shapencolour / alamy / olycom
l gol e l’assist. L’oro e l’argento. Il campione e il gregario. La voce solista e il tastierista. L’attore protagonista e la «spalla». Lo scrittore di successo e il suo editor. Il lato A e il lato B dei vecchi 45 giri. La notizia in prima pagina e quella nella successiva. Il primo della classe
e quello un po’ meno brillante. I primogeniti e i secondogeniti. In poche parole, anzi due per restare in tema:
i primi e i cosiddetti «secondi». Secondi spesso dimenticati. Chi ricorda Buzz Aldrin, il secondo uomo sbarcato sulla Luna dopo Neil Armstrong? E chi sa quale fosse il corridore che tirava la volata a Coppi e Bartali? O
il centrocampista che serviva il lancio giusto per i gol di
Rivera? O l’esploratore che, partito lo stesso mese dello
stesso anno, arrivò al Polo Sud subito dopo Amundsen?
Non tutti sono primi. Non tutti vogliono esserlo. Bollati
come perdenti, i secondi raggiungono, comunque, la meta. A suon di sconfitte e (poche) vittorie, di denti stretti
e testa bassa, di fatica e umiltà. Valori, in un certo senso secondi, perché in apparenza poco importanti di questi tempi. Storie da prima pagina, quelle dei numeri uno.
Altre storie, invece, quelle dei numeri due, i quali spesso non amano nemmeno raccontarle. Eppure anche queste sono pervase di lotta, di duro lavoro, di impegno per
cambiare un pezzetto, magari piccolo, di mondo. I secondi non vincono mai. Ma sono comunque, a modo loro, degli eroi. Dipende da quale angolazione si guardano.
’Antonio
Messaggero
di
sant
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’Antonio
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società
essere secondi
Scienza: ragazzi di via Panisperna
Numeri uno
nel coordinare
L’altro Enrico
Studi autorevoli sulla
genitura dimostrano
che a beneficiare della
presenza di un fratello
sono soprattutto
i secondogeniti.
Tanto da diventare
i più bravi nelle abilità
di negoziazione
e coordinamento.
Nella pagina accanto,
il libro di Alessandra
Arachi dedicato a Enrico
Persico, fisico, eterno
secondo di Fermi. Tra i
secondogeniti famosi,
Nelson Mandela (qui
sotto), Martin Luther
King, Tony Blair, Lech
Walesa e Bill Gates.
I
patrick lane photography / corbis
Essere
secondogeniti
andrew bannister / gallo images / corbis
Se i primogeniti conquistano il mondo, i secondogeniti lo rivoluzionano. Lo afferma Michael Grose, australiano, autore di Primogeniti,
mediani, ultimogeniti, edizioni Red. Non è l’unico. Katrin
Schumann, americana, coautrice del libro Il potere segreto
dei secondogeniti, è convinta
non si tratti di puro caso se, a
partire dal 1787, ben il 52 per
cento dei presidenti alla guida della Casa Bianca è figlio
secondogenito e mediano.
Leggende da un capo all’altro del mondo? Alfred Adler,
tra i fondatori della psicologia psicodinamica, scriveva:
«La posizione in famiglia lascia un marchio indelebile».
«L’opinione che i secondogeniti siano più svegli dei primi nati non è solo un sentire comune. Lo dimostrano
gli studi: i secondogeniti sono più bravi nelle abilità di negoziazione e coordinamento»
afferma la professoressa Serena Lecce, docente di Psicolo-
Messaggero
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sant
gia evolutiva all’Università di
Pavia e autrice, con Giuliana
Pinto dell’Università di Firenze, di alcuni studi su un campione di 171 primogeniti e 168
secondogeniti. «Esiste tutta
una letteratura sulla relazione fraterna e sull’ordine di genitura. La relazione fraterna è
di per sé stabile, dura tutta la
vita; non è, però, voluta, non
siamo noi a scegliercela. Questo ne spiega, in parte, l’ambivalenza. Troviamo coppie di
fratelli in cui emergono solidarietà, alleanza, complicità.
In altre, invece, gelosia e conflittualità. In ogni caso, la relazione fraterna modella il nostro mondo interno: affonda le
radici in una condivisione di
vita famigliare, molto intensa
a livello emotivo. In famiglia il
bambino inizia a stare con gli
altri, imparando a negoziare,
a competere, a coordinarsi, a
cercarsi alleati. Aspetti che la
psicologia evolutiva considera fondamentali per lo sviluppo della competenza. I bambini che sanno coordinarsi sono quelli che poi si fanno più
amici e vanno meglio a scuo-
la. Tale vantaggio riguarda soprattutto i secondogeniti». Sono più loro che i primi nati a
beneficiare del fatto di avere
un fratello. «Hanno un partner che sa fare un po’ meglio
quello che sanno fare loro, ma
non è distante come l’adulto.
Da lui imparano tutto ciò che
serve. Non è sempre vero che
i secondogeniti sono i più bravi, ma lo sono di più quando
la relazione fraterna ha una
qualità positiva, quando esistono cooperazione e scambio. Tanto più due fratelli vanno d’accordo tanto più avranno la possibilità di scambiarsi conoscenze. Sono importanti sia l’ordine di genitura
che la qualità del rapporto. Il
vantaggio per i secondogeniti
vale soprattutto quando sono
meno abili a livello verbale. Se
un bambino è meno preparato
dal punto di vista linguistico,
ha più difficoltà a interagire
con l’adulto. Avere un fratello funziona, allora, come cuscinetto di protezione. Sono i
bambini che ne hanno più bisogno a trarne maggiore beneficio».
Gregari
e mediani
Più che per le sue vittorie,
Lui­gi Malabrocca, divenne
famoso per la maglia. Né rosa, né gialla, né verde, bensì
nera. Assegnatagli come ultimo classificato ai Giri d’Italia 1946 e 1947. Nasce nello
sport, in particolare nel ciclismo, il mito dell’eterno secondo, assimilato spesso all’ultimo. Gregari, vale a dire uomini di fatica, mai di traguardo.
Operai umili e indomiti. Sulle
gambe chilometri e chilometri macinati sotto pioggia, neve, vento. E poi sudore, testa
bassa, fatica, borracce da distribuire ai compagni, e volate da tirare sino allo spasimo
per far vincere i numeri uno.
Marzio Bruseghin lo ha fatto
per sedici anni. Senza stancarsi mai, senza battere mai
ciglio, senza un gesto di stizza o una parola fuori luogo.
Nelle retrovie, lontano dai riflettori, sempre al suo posto,
nello svolgere il proprio compito: gregario di Indurain,
Valverde, Petacchi. Un lavoro
l Papa, il Cardinale
Vicario, l’Abate, e
persino lo Spirito
Santo. E ancora il Cucciolo
e il basilisco. E pure il
Cardinale di Propaganda
Fide. Il luogo: Roma. Ma,
attenzione: non siamo nel
bel mezzo di un conclave.
La zona è quella del
Viminale. La via:
Panisperna, civico 89.
L’anno: 1934. Siamo nel
cortile del palazzo che
ospita l’istituto di Fisica.
Fondato alla fine dell’800,
è il primo in Italia. Al
centro c’è una fontanella
con dei pesci rossi.
«Ragazzi, ma state attenti:
mi spaventate i pesci…»
esclama il guardiano,
all’oscuro di tutto. Quei
ragazzi hanno appena
immerso il grammo di
radio, che emette
neutroni, e un piccolo
cilindro d’argento. È la
conferma che cercano:
l’idrogeno, costituente
dell’acqua insieme con
l’ossigeno, rallenta
significativamente i
neutroni. È la lentezza il
segreto dell’energia
atomica. La scoperta dà il
via alla realizzazione del
primo reattore nucleare e
della bomba atomica.
Quei ragazzi hanno tutti
un soprannome. Dal
primo: Enrico Fermi, detto
il Papa, premio Nobel per
la fisica nel 1938.
All’ultimo: Enrico Persico,
il Cardinale di Propaganda
Fide, l’altro Enrico. Fu il
primo, tra tutti i «ragazzi»,
ad arrivare all’istituto di
via Panisperna.
«La sua è la storia di
un eterno secondo»
racconta la giornalista
Alessandra Arachi che
alla figura di Persico ha
dedicato il libro Coriandoli
nel deserto, Narratori
Feltrinelli. La Arachi,
appassionata di fisica, lei
stessa secondogenita, ha
cercato di ricostruire la
storia di Persico andando
a spulciare negli archivi,
cercando frammenti di
ricordi e testimonianze
anche all’estero. «Persico
ha perso la gloria e la fama
che sono andate tutte
a lui, l’amico fraterno. Il
premio Nobel per la fisica.
L’inventore dell’energia
atomica. Fu il primo,
Persico, ad arrivare in
via Panisperna. Fermi,
all’epoca, stava ancora a
Firenze».
«Ho sempre avuto
bisogno di lui – afferma il
protagonista riferendosi a
Fermi –. Il mio ventriloquo.
Il mio faro. Il mio
nutrimento. Il mio boia. Lui
insegnava a Firenze, ma
il suo unico obiettivo era
conquistare l’Università
di Roma». Persico, nato
nel 1900, è morto nel
1969. I medici del reparto
di Malattie infettive e
tropicali del Policlinico
’Antonio
di Roma non sono mai
riusciti a capire quale sia
stata la causa della sua
malattia. I suoi beni, come
da testamento olografo,
sono stati usati per borse
di studio per gli studenti
di Fisica dell’Università di
Roma.
Nel libro la Arachi parla
anche di altri personaggi
secondi, non per questo
secondari. Molto spesso
si tratta di donne. Come
Nella Mortara. C’è anche
lei, unica donna, di cui
nessuno ha mai scritto, tra
i fisici di via Panisperna.
All’avanguardia per
quei tempi. A tal punto
che salì su un aereo,
volando sopra Roma,
molto prima di Fermi. Il
primo volo del Premio
Nobel, invece, finì subito
sui giornali. Nonostante
fosse avvenuto tre anni
dopo quello di Nella. «La
storia di questa fisica è
singolare – conclude la
Arachi –. Come quella di
tante donne, quasi sempre
nell’ombra, sebbene
fossero di gran lunga dei
numeri primi, e non certo
delle comprimarie. Ida
Noddack, per citarne una.
È questa fisica tedesca che,
per prima, intuì la fissione
nucleare».
Nel 1934 Ida scrisse a
Fermi. «Guarda che i tuoi
neutroni lenti hanno avuto
anche un altro effetto,
hanno spaccato in due il
nucleo dell’uranio». Il fisico
italiano buttò la nota in
un cestino. Non fu l’unico.
Nessuno dette retta alla
Noddack: la sua ipotesi
fu ritenuta contraria al
pensiero scientifico del
momento.
Messaggero
di
sant
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dossier
società
essere secondi
harry potter
Ron e Neville, secondi… ma non per sempre
Tra i secondi più noti ci sono
anche alcuni personaggi del
ciclo dedicato al maghetto di
Hogwarts, Harry Potter.
I sette libri, uno per ogni
anno di studio frequentato
da Harry alla scuola di magia
e stregoneria, sono al centro
di una serie di opuscoli scritti
a quattro mani da don Luigi
Guglielmoni, parroco di
sant’Antonio a Salsomaggiore
Terme, e da Fausto Negri,
insegnante, impegnato
nella pastorale giovanile e
familiare, direttore dell’Ufficio
catechistico della diocesi
di Fidenza (Parma). I testi,
a cominciare da Viva Harry
Potter. Manuale per giovani
potteriani, Nuova editrice
Berti, sono diventati sussidi
educativi per adolescenti
e giovani utilizzati in molti
percorsi formativi. I due
hanno anche scritto Lo sport
per la vita. Come risultare
vincenti senza arrivare primi.
«Ron – spiega Negri – è
l’eterno secondo, sia in
famiglia che nell’amicizia
con Harry. Ultimo figlio
maschio della famiglia
Weasley, numerosa e povera,
è costretto a portare gli abiti
dismessi dai fratelli maggiori.
Sia nello studio che nel gioco
non dimostra grandissime
capacità: per questo viene
preso in giro da Draco Malfoy,
il bullo dei Serpeverde. Harry
peter steffen / dpa / corbis
Messaggero
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sant
e Ron si incontrano, per la
prima volta, alla stazione dei
treni. Harry non trova il binario
9 e ¾. Sarà la signora Weasley,
con i suoi numerosi figli, tra
cui Ron, a spiegargli come
arrivare al treno. Durante il
viaggio si trovano vicini, si
scambiano le cioccorane e
diventano inseparabili amici
di avventure. La loro amicizia,
continuamente rafforzata
dai pericoli e dalle difficoltà
che devono affrontare, li farà
gradualmente crescere verso
la piena maturità. Collerico
e ipersensibile, Ron invidia
Harry, ricco e bravissimo
“cercatore” nel Quidditch,
sino a giungere a grandi
scenate e a liti plateali sia
con Hermione che con Harry
stesso. Nel settimo episodio,
dopo essersi trasformato in
Harry bevendo la pozione
Polisucco (bell’esempio del
mettersi nei panni dell’altro,
correndo rischi per salvargli
la vita), abbandonerà il suo
amico nel momento di
maggiore pericolo. Harry,
che è un primo ma pure un
“cenerentolo”, è affascinato
dalla famiglia di Ron che,
pur non perfetta – in quella
casa regna sempre una gran
confusione –, gli dona una
grande tranquillità e senso di
protezione».
In comune, Harry e Ron
hanno anche un altro aspetto:
ambedue sono sempre
secondi – e, in questo,
simili – con le ragazze.
«Nel quarto episodio della
serie – continua Negri –,
quando viene annunciato
il Ballo del Ceppo, Ron ed
Harry non sono tempestivi
nella scelta della dama, così
si fanno accompagnare
da due ragazze scelte a
caso. Il ballo si rivela una
delusione e i due finiscono
per fare una passeggiata
nel parco. Impacciato sarà
Harry, appena ricevuto il
bacio dalla bellissima Cho.
Così pure Ron, attratto da
Hermione: le sue vicende
sentimentali con la ragazza
più intelligente di Hogwarts
monopolizzano il sesto
episodio, e si concludono
con il matrimonio alla fine
del settimo. Harry, invece,
sposerà la sorella più piccola
di Ron, Ginny, una seconda
anche lei. Diventerà una
donna matura ed equilibrata
dopo un lungo cammino.
Timida e impacciata, si
rivelerà gradualmente sveglia,
coraggiosa e simpatica,
nonché bravissima nel gioco
del Quidditch. Amica di
Harry, dopo varie vicende
amorose, diventerà sua
moglie e la madre dei suoi
figli. Tutta la storia di Harry è
un’evoluzione. I personaggi
non sono dei Peter Pan».
Un altro personaggio, forse
ancor più di Ron, incarna
l’immagine dell’ eterno
secondo. È Neville Paciock.
Amico di Harry, Ron ed
Hermione, è talmente
imbranato da essere
scambiato all’inizio per un
magonò, una persona senza
poteri magici. A partire dal
quinto episodio, il Neville
timido, impacciato e
maldestro inizierà a dar prova
di coraggio e di lealtà assoluta
nei confronti di Harry. È il più
motivato, colui che impara
più velocemente tra i membri
dell’Es (il gruppo che si trova
di nascosto per prepararsi
a combattere Voldemort,
prendendo lezioni da Harry).
Nel settimo capeggia il
movimento di rivolta contro
i Mangiamorte e riesce
a distruggere il serpente
Nagini. Alla fine diventerà
professore di Erbologia
a Hogwarts.
«sporco», di quelli che nessuno vuol fare perché, stando a ruota, mangi solo fango, e non hai il premio finale. Oggi Marzio fa il contadino. Ce lo dice con orgoglio.
Ha appeso la bici al chiodo lo
scorso anno. Senza rimpianti, senza nostalgie. Vive a Piadera, nel comune di Vittorio Veneto (TV). Venti ettari
di terreno in collina, cinque
a vitigno, una chiesetta nel
bel mezzo. È intitolata a san
Maman (che è anche il nome
della sua azienda) come dicono da queste parti, san Mamante di Cesarea, protettore
delle nutrici e del latte materno. «Da piccolo giocavo a calcio. Ho iniziato a correre in
bici a 16 anni. Gregario lo sono diventato per le mie caratteristiche, fisiche e non solo.
Non ho mai sofferto per il fatto di arrivare secondo o ultimo» dice con un sorriso. «Ho
sempre amato stare al mio
posto, servire i compagni come mi veniva chiesto. Che
non significa non farsi valere: quando ho avuto qualcosa da dire non ci ho pensato
due volte. Non mi hanno mai
spaventato la fatica e il sudore. Non potrei essere oggi un
contadino se non fosse stato
così. Non mi sono mai sentito un corridore di serie B,
piuttosto la parte importante di un tutto, di una squadra. Se ognuno svolge il proprio ruolo, tutti sono determinanti, dal primo all’ultimo, compresi i numeri due».
Uno dei suoi vini si chiama
Amets che, in basco, significa sogno. Il suo sogno di fare
il contadino. Tutti qui hanno
un nome. Compresi gli asini che Marzio alleva, liberi in
questa terra di Prosecco. «Ho
cominciato con cinque asini,
dieci anni fa. Oggi ne ho cinquantasei». Gli asini (i fan di
Bruseghin indossavano cappelli con orecchie d’asino) sono un po’ gregari: anche loro
fanno quel lavoro umile a cui
Marzio e gli asini
Gregario di grandi
campioni della due
ruote, Marzio Bruseghin
non si è mai sentito
un corridore di serie B.
Oggi fa il contadino.
E alleva asini, animali
umili e preziosi.
Come il loro padrone.
Come Ron (nell’altra
pagina) e Neville, fedeli
amici di Harry Potter.
Sotto, Tania Cagnotto
argento nei tuffi
ai mondiali
di Barcellona 2013.
non si può rinunciare. «Tengono pulito il terreno laddove
l’impatto delle macchine sarebbe diverso. Prima del profitto, mi interessa il rispetto
dell’ambiente». Questo aveva
scritto Marco Pastonesi, giornalista della «Gazzetta dello
Sport» a proposito di Marzio
Bruseghin: «Bruseghin è stato il ciclismo locale nell’epoca del ciclismo internazionale e globale, il ciclismo contadino nell’era del ciclismo mediatico, il ciclismo pane e vino nell’età delle barrette e dei
beveroni, l’eroe dei poveri,
dei modesti, degli umili, di
tutti gli asini a due zampe o
meglio a due gambe, dei ricchi di spirito, di chi dice che
c’è dell’altro nella vita, di chi
pensa che tolta la maglia rimane l’uomo».
Anche una medaglia d’argento
può essere guardata da un altro punto di vista. Ne sa qualcosa Tania Cagnotto, campionessa di tuffi come papà Giorgio, il suo allenatore. Ha vinto ori, e tanti argenti. Spesso
d’un soffio. Come ai mondiali di Barcellona 2013. Appena dieci centesimi di punto la
staccano dalla prima, la cinese
He Zi. «È un argento che vale
oro. Sono stata la prima dopo
le cinesi. Ho dato il massimo,
è questo ciò che conta. Brucia al momento, ma poi pas-
sa. L’allenatore? Capisce, ci è
passato anche lui. E poi è papà: mi incoraggia, sempre».
Sul campo di calcio la musica non cambia. Ricordano tutti Gianni Rivera. Quasi nessuno rammenta, invece, che, nel Milan degli anni ’70, a correre in lungo e in
largo per il campo, più che il
golden boy del calcio era tale Giovanni Lodetti. Quando portò a casa il primo stipendio, 160 mila lire, mamma Maria gli disse: «Attento,
el dane’ dana (il denaro danna, ndr)». Vita da mediano la
sua, come molte altre nello
sport più amato dagli italiani.
Una su tutte, quella di Oriali, conosciuta dai giovani di
oggi anche grazie a una canzone di Ligabue: «Una vita da
mediano / a recuperar palloni /
nato senza i piedi buoni / lavorare sui polmoni / una vita da
mediano / con dei compiti precisi / a coprire certe zone / a
giocare generosi / lì, sempre lì /
lì nel mezzo».
È proprio vero quanto dice
Mattias, giovane protagonista del libro Che ne è stato di
te, Buzz Aldrin del norvegese Johan Harstad: «Serve una
forza di volontà immensa, e
fortuna, e abilità per arrivare
primi. Ma serve un cuore gigantesco per essere il numero due».
Musica
e dintorni
«Ci sono secondi che possono colorare le pagine di un
romanzo, con imprese ancora più esaltanti di quelli che
collezionano gli ori. Nello
sport, nella vita, nella storia,
nella musica». Parola di Marilena Lualdi, scrittrice e giornalista che ai secondi ha dedicato L’importanza di essere secondi, edito da Nomos.
«Spesso si tratta di donne, figure erroneamente nell’ombra, eppure sublimi. Penso a
Eloisa e al suo amore per Abelardo, ma anche a scrittrici, atlete, eroine di tutti i giorni».
In ambito musicale, il primo
riferimento è a Salieri, eterno
secondo di Mozart (ricordate
il film Amadeus?). «In tempi
recenti, nelle rock band, i secondi sono spesso batteristi,
bassisti, tastieristi – prosegue
Lualdi –. Come Nick Mason,
batterista dei Pink Floyd. Straordinario eppure semisconosciuto in mezzo a due giganti come Roger Waters e David
Gilmour. Due anni fa, in occasione del lancio dell’opera
omnia del gruppo, Nick disse:
“Mi sento come il cuoco della
nave, quello che domanda di
meno, ma sfama tutti”. E ancora, Ray Manzarek, cofondatore dei Doors, da poco
’Antonio
Messaggero
juanjo martin / epa / corbis
di
sant
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società
essere secondi
Storie di eroismo
e non solo
Sono quelle raccontate
nel libro di Marilena
Lualdi, L’importanza
di essere secondi,
edizioni Nomos.
scomparso. Oscurato dalla figura leggendaria di Jim Morrison, amico e testimone di nozze. Manzarek era tastierista e,
per la bravura, pure bassista:
suonava l’organo con la destra
e il basso, grazie a un piano
bass, con la sinistra». Vengono
in mente, poi, i vecchi dischi
45 giri. Il lato A era la canzone da far ascoltare; il B un
riempitivo, l’outtake, lo scarto, il brano che non «spacca».
Spesso non fu così: Queen, We
Are The Champions / We will
rock you (’77); Rolling Stones,
Get Off my cloud Stones / I’m
free; Fabrizio De Andrè, Valzer
per un amore / Canzone di Marinella (’64). Caso a parte, i Beatles. Introdussero il concetto
di doppia A, su entrambi i lati, con il singolo We can work
it out / Day tripper nel 1965.
La ruota
e lo sherpa
«Non tutti vogliono dirigere
un’azienda. Qualcuno vuol essere una ruota dell’ingranaggio. Nient’altro» dice Mattias
nel già citato libro di Harstad.
Invisibili, eppure insostituibili. Come gli sherpa. Perfetto il ritratto che ne fa Erri De
tetra images / corbis
Luca in Sulla traccia di Nives,
Mondadori (lei è Nives Meroi,
unica donna a scalare le vette più alte senza utilizzare ossigeno supplementare e sherpa). «Reggono il nostro peso e
non perdono un grammo, non
manca un fazzoletto nel bagaglio consegnato a fine tappa.
Non sono più adatti di noi alla
quota, di notte li sento tossire.
Noi arranchiamo in silenzio, loro non rinunciano a raccontare mentre vanno. Senza di
loro non saremmo
agili, né atletici,
né ricchi. Scompaiono a fine trasporto. Vanno a
sparpagliarsi nelle valli. Ancora in
tempo per il lavoro
del riso e dell’orto». n
bruno maggioni, biblista
«Se vuoi essere il primo, sii l’ultimo e il servitore di tutti»
Nella Bibbia troviamo straordinarie rappresentazioni di fratelli e
sorelle, di secondi, e di ultimi, diventati primi. Con l’aiuto di don
Bruno Maggioni, biblista, ne abbiamo evidenziate alcune.
ai tuoi occhi, accetta dalla mia mano il mio dono, perché per
questo sono venuto alla tua presenza, come si viene davanti alla
presenza di Dio›› (Gen 33,10).
CAINO E ABELE
Agricoltore il primo, pastore il secondo. Diversi non solo nel
mestiere, ma anche nel modo in cui Dio accetta i loro doni. Dio
sembra preferire Abele, il fratello minore. Nessuna ragione è detta
nella Bibbia per giustificare questa preferenza. Ma è così, ancora
oggi, nella vita ordinaria: c’è chi sembra più fortunato, più sano,
più ricco. Altri più sfortunati, ammalati, trascurati. La scelta di Dio
può sembrare ingiusta. E capita che susciti invidia, amarezza,
tanto che la fraternità si spezza. Dovrebbe invece essere diverso.
La differenza dovrebbe creare solidarietà. Ma Caino rifiuta questa
scelta e dice: sono forse il custode di mio fratello? È questa
una delle grandi radici del peccato. Le differenze che ci sono
nel mondo, e che sembrano ingiuste, devono portare a una
costruzione di solidarietà, non diventare ragioni di guerra.
MARTA E MARIA
Mentre è in viaggio verso Gerusalemme Gesù entra in un
villaggio e una donna di nome Marta lo ospita nella sua casa
(Lc 10,38-42). Qui c’è anche la sorella Maria. Marta assume nei
confronti dell’ospite un ruolo allora tipicamente femminile: tutta
affaccendata prepara la tavola. Maria, al contrario, si intrattiene
con l’ospite, ruolo che la mentalità del tempo riservava agli
uomini. Un fatto insolito che neppure Marta condivide. Tanto
da dire a Gesù: ‹‹Perché non inviti anche mia sorella Maria
a servirti?››. Gesù le risponde ricordando che il servizio non
deve assillare al punto da far dimenticare l’ascolto. ‹‹Marta, ti
preoccupi e ti agiti per troppe cose››. Rinchiudere le parole di
Gesù dentro la prospettiva della vita attiva nel mondo (Marta) e
della vita contemplativa del chiostro (Maria) significa mortificare
questa bellissima pagina. La visione è più ampia e i due
atteggiamenti devono far parte della vita di qualsiasi discepolo:
servire e ascoltare. La tensione non è fra ascolto e servizio, fra
contemplazione e azione. È piuttosto tra ascolto e servizio che
distrae, tra lo stare con l’ospite e il troppo affaccendarsi che
impedisce di fargli compagnia, tra il secondario e l’essenziale.
Affannarsi è l’atteggiamento dei pagani. Anche agitarsi per Dio
o per il prossimo può diventare pagano. Non perché sia pagano
l’oggetto della ricerca, ma perché è pagano il modo di cercare:
affannoso, inquieto, agitato. L’ospitalità esige il servizio, ma se è
troppo esso impedisce l’ascolto, e quindi la vera accoglienza.
GIACOBBE ED ESAù
Figli di Isacco, i due fratelli gemelli litigano già nel seno materno.
Esaù è un cacciatore ed è il preferito del padre. Giacobbe è più
calmo, tranquillo, ed è il preferito della madre. La primogenitura
spetta a Esaù. Ma Giacobbe, con l’aiuto della madre e con la
propria furbizia, la ruba al fratello. Tanto che è costretto a fuggire
per sottrarsi alla vendetta di Esaù. Dopo molti anni, decide di
tornare. Vuole ritrovare il fratello. Lo ha ingannato, ma ora vuole
vederlo e chiedergli perdono. I due si incontrano e si scambiano i
doni. Belle le parole di Giacobbe al fratello: ‹‹Se ho trovato grazia
Messaggero
di
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sant
’Antonio
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Messaggero di Sant`Antonio, 2013-11-01