BIBLIOGRAFIA SALENTINA
LECCE in Enciclopedia Italiana, Vol. XX, pagg. 716, 717, 718, 719. Roma, Isti-
stuto dell'Enciclopedia Italiana MCMXXXIII.
Salutammo tutti l'apparizione dell'Enciclopedia che doveva emancipare la
cultura italiana dalle pubblicazioni straniere consimili. Critiche acri sono apparse finora, più che lodi, all'indirizzo di questa monumentale opera che nelle
intenzioni doveva essere l'estratto concentrato ed aggiornato della cultura italiana; la precisione scientifica doveva essere il suo precipuo scopo. Cose tutte,
a ragione, pretese dal pubblico italiano. L'Enciclopedia ormai fa lo spasso anche
dei giornali umoristici. Non parliamo delle lacune, che a volte divengono oceani,
rilevate a più riprese da riviste e giornali grandi e piccoli.
In una pubblicazione uscita con quei mezzi a disposizione, non è tollerabile il « press'a poco », la compilazione banale, l'erudizione di seconda e di
terza mano.
Un articolo che presta il fianco a numerosi e svariati appunti, non certo
di lode, è quello che riguarda Lecce, apparso nel XX vol. dell'Enciclopedia.
Esso è stato redatto dai signori : Carmelo Colamonico, prof. nella R. Università di Napoli, per la parte generale; Vincenzo Verginelli, del R. Liceo di
Bari, per la storia dell'arte ; prof. Arturo Solari, dell'Università di Bologna per
la topografia e storia antica ; prof. Raffaele Ciasca dell'Università di Genova,
per la storia medioevale e moderna.
Diciamo subito che molto non c'è da rilevare alla parte redatta dal prof.
Colamonico, il quale, e perchè nato in Puglia, e quindi conoscitore dei luoghi,
e perchè studioso di cose locali, ha detto, in breve, quel che c'è da dire sulla
posizione geografica, sul suolo, sulle culture, ecc. Ma, via, qualche cos'altro
d'importante poteva anche non trascurarlo. Lo straniero ed anche l'italiano
che legge non sa che a Lecce vi sono : 3 Licei, uno scientifico e
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classici, Isti-
tuto Magistrale, Scuola Artistica, Musei archeologico e civico, Biblioteca, Liceo
Musicale, Tribunali e Corte d'Appello, Istituto tecnico ed agrario ; grande Ospedale, grande Sanatorio ecc.
Compendioso ed esatto, quel che ha scritto il prof. Solari sulla storia e
topografia antiche della città.
Il prof. Vincenzo Verginelli, del quale soltanto ora, certo a causa della
nostra ignoranza, conosciamo l'esistenza fisica e letteraria grazie alla rivelazione autorevole dell'Enciclopedia — si è occupato della storia dell'arte antica
e moderna della nostra città. Assorbito com'è l'illustre professore, dal suo inse-
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gnamento nel Liceo di Bari, crediamo che non abbia potuto fare nemmeno un
viaggetto domenicale — magari con treni popolari — da Bari a Lecce, per rendersi conto direttamente dei monumenti della nostra città. Si sa, il tempo manca,
i programmi da svolgere, le domeniche dei professori sono assorbite dalla noiosa
correzione dei compiti, per andare e tornare da Lecce se ne va una buona
mezza giornata e l'igiene insegna che è meglio, quella mezza giornata, dedicarla ad una passeggiata, insieme alla famiglia, per il lungo mare di Bari. Sono
tanti e poi tanti i libri che si sono occupati, bene o male, dei monumenti di
Lecce ! E' più agevole e più comodo assolvere il compito assegnato dall'Enciclopedia facendo una capatina in una pubblica biblioteca, anche modestamente
fornita : tanto sono i pochi righi da vergare e l'Enciclopedia non tiene affatto
alla originalità.
« Dell'età antica — rivela il prof. Verginelli restano un ipogeo greco
messapico del IV sec. a. C. con decorazione scolpita e l'Anfiteatro romano ».
E basta. A parte l'ammirevole rapidità sintetica — che nel caso in oggetto,
data l'importanza dei monumenti, si sarebbe desiderata meno... rapida — un po'
d'aggiornamento, nelle vostre faticose ricerche, via, professore, non avrebbe
guastato. Dal 1929 il sole illumina un altro monumento dell'età antica, monumento che, anche se tutto non è stato scoperto, secondo gli archeologi, è un teatro
greco. E scusate se è poco ! Non starà a noi di dire l'importanza del monumento che è forse l'unico nel genere nell'Italia meridionale continentale, e che,
a scavo ultimato, chi sa quanta luce potrà proiettare sulla oscurità delle origini
della città idomenea. Ma tant'è, nessuna notizia ha trovato il prof. Verginelli
in pubblicazioni che trattano di scavi ; nessuna notizia comunicò, compreso del
suo egoismo accentratore, il defunto Quagliati, in altre restauratorie faccende
affaccendato in quel di Bari. Ma del Teatro greco i giornali hanno dato diffuse
informazioni e a più riprese ; una pubblicazione a scopo turistico edita dall'Ente Naz. Industrie Turistiche (Lecce — « Novissima », Roma, s. a. ma 1929) ne
dà notizia. Doveva bastar ciò per chiedere più precise e più ampie informazioni alla Soprintendenza o a qualche studioso locale, se non valeva da solo
la pena di quel tale viaggetto domenicale.
E passiamo a SS. Niccolò e Cataldo : « L'interno a tre navate divisa da
otto pilastri polistili archi e volte a botte in sesto acuto, è lutto improntato a
modi oltremontani [la sottolineazione è del recensore] i quali ne giustificherebbero l'attribuzione a qualche architetto cluniacense o cistercense ispiratosi a
forme borgognone se gíà non comparissero altrove, accordati con accogliente
ecclettismo i segni di altre influenze come nella cupoletta emisferica nel cui
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Einascenza Saierainct
alto tamburo ad arcate rette da esili colonnine le maestranze pugliesi modificarono modelli bizantini ».
Aprite : E. Bertaux — L'Ari dans l'Italie Meridionale (Parigi, Fontemoing,
1904, Tome pr. pgg. 333-334, e vi troverete su per giú gli stessi concetti. Ma
il prof. Verginelli — nella sua verginità di storico italiano dell'arte — non si è
preso nemmeno la briga di citarlo nella bibliografia. Distrazioni, si sa.
Nulla della Torre di Bello Luogo (sec. XIII), ammirevole per la bella ed
originale fattura e per la bellezza degli affreschi della cappella interna ; nulla
della Torre del Parco (inizi del sec. XV), nulla del Castello (almeno per la
Torre degli Enghien) nulla del Ninfeo delle fate; cinque righi per Cerrate.
Crepi l'avarizia.
Poi, il prof. Verginelli, parla del barocco. Ah se del barocco leccese invece di un professore avesse scritto un artista! «... E forme barocche e baroccheggianti improntano porta Rusce (rifacimento del 1703) porta Napoli o Arco
di Trionfo (1548) in onore di Carlo V, la Colonna di S. Oronzo (1661-82)... ».
Ma la colonna di S. Oronzo, caro Professore, ad eccezione del capitello e della
base è quella gemella romana di Brindisi : lo sanno anche i suoi alunni del
Liceo di Bari.
Nulla del caratteristico periodo di transizione che va dal rinascimento al
barocco, che a Lecce ha tanti ammirati ed originali esempi.
Ah l'invocato da noi, e non da voi effettuato viaggetto ! Una passeggiata,
anche superficialmente turistica, per le vie di Lecce, vi avrebbe fatto per lo
meno ammirare -- non per i lettori dell'Enciclopedia che se vorranno sapere qualcosa dell'arte leccese sono costretti ad andare alle fonti che voi non avete nemmeno indicate — ma per voi stesso, per la vostra deboluccia cultura artistica, i
bei palagi : Vernazza, Adorni, Giustiniani, Palmieri, Carafa, Andretta, Romano,
Rossi, Ungaro, Voccoli, Tafuri, ecc. ecc. dei quali, naturalmente, avete taciuto
perchè poche erano le schede bibliografiche a vostra conoscenza e quelle poche
che avete consultato non le avete digerite bene.
Infatti, avete letto il Briggs, da voi citato? Tutte queste cose ed altre ancora
le avreste trovate e descritte con animo e cultura da esteta. Una delle due :
o avete citato il Briggs di seconda mano, o, avendolo letto, non lo avete assimilato.
Prima di finire vogliamo fare buon sangue.
Una perla giapponese che farebbe la delizia dei lettori del Travaso, va
presa con le molle, e la offriamo, invece, ai nostri lettori. Essa perla esclude -ad abundantiam— la ben che minima conoscenza, da parte del professore barese,
della storia dell'arte leccese e dimostra che quel che ha ammannito ai lettori del-
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l'Enciclopedia è preso, senza critica, di seconda mano e ci conferma che Lecce
non è stata onorata da una visita, nemmeno superficiale, dell'insigne uomo.
La perla è costituita dalla seguente affermazione : « La basilica di S. Croce
nasconde quasi interamente la sua origine (1353 da Gualtieri di Brienne duca
d'Atene) sotto i rifacimenti barocchi (1549-1695) ». Ma se sul posto dove sorge
ora S. Croce non è mai esistita un'altra basilica nè di Gualtieri nè che si chiamasse S. Croce, che cosa mai quasi debbono nascondere i rifacimenti barocchi ?
Forse l'illuminata competenza del prof. Verginelli, visto che non vi è una
pietra — perchè non c'è mai stata — della presunta S. Croce del 1353. Quanto
vale quel quasi! Ebbene, professore, la vecchia chiesa di S. Croce era attaccata
all'antico maniero e fu demolita quando per ordine di Carlo V fu edificato il
Castello che esiste tuttavia.
7ableau!
***
Ed ora passiamo alla parte storica redatta dal Prof. Raffaele Ciasca, della
R. Università di Genova. Molte lacune, molte — come dire? — inesattezze per
non usare una parola più appropriata. Occorre, di sfuggita, rilevarne qualcuna.
Lacune : silenzio sulla zecca di Lecce — e sì che la zecca denota l'importanza storica di una città — silenzio sugli ordinamenti giudiziari che per Lecce
hanno un'importanza notevolissima in quanto col Conctstorium principis, nel l'età feudale, Lecce era quasi avulsa e indipendente dal reame, costituendo
il suo feudo, non soltanto per l'estensione, ma per la potenza, un re
gno nel regno, e durante il periodo regio (aragonese e spagnolo, 1463-1590),
col Sacro Regio Provincia/ Consiglio Otrantino, aveva un'istituzione giudiziaria
che soltanto Napoli, capitale, aveva, per cui era Capoluogo delle provincie di
Lecce e Bari e dell'attuale provincia di Matera.
Silenzio sulle Cattedre universitarie ; sull'interdetto (1711-1719) che non fu
un semplice fatto di cronaca ma rappresentò la resistenza della città per io anni
contro le sopraffazioni papali ; silenzio sulla sommossa popolare e l'uccisione del
Percettore Cardamone, esponente di tutto un sistema vessatorio straniero.
Tutte queste ed altre cose non meno importanti, che non accenniamo per
brevità, il prof. Ciasca avrebbe trovato nei vari libri citati da lui nella bibliografia
(INFANTINO, Lecce ..Sacra; PALUMBO, Storia di Lecce; Da SIMONE, Lecce e i suoi
Monumenti; VACCA, La Corte d'Appello di Lecce nella storia, ecc.) Ma questi
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libri o l'ha citati di seconda mano, o li ha letti senza la minima attenzione.
Ma lasciamo le lacune che diventan... pelago e veniamo a quel che ha
scritto, per summo capita, ché a fermarci troppo ci sarebbe da empire un volume di... rettifiche.
« Afflitta da peste frequentemente (1469, 1481, 1520, 1616) — scrive
il prof. Ciasca [Lecce] fu colonizzata con molti altri paesi di Terra d'Otranto,
dai Greci oriundi di terre soggette ai turchi nel 1515, 1636, 1682, ecc. ».
È talmente peregrina questa notizia che si desidererebbe citata la fonte.
Quando mai Lecce fu colonizzata dai Greci ? Che non ci fossimo accorti di parlare il greco come a Calimera, Zollino, Melpignano, Martano, Soleto, Carpignano, Sternatia, Corigliano, che sono realmente colonie greche, le cui origini
sono ancora sub judice? Sono venuti a Lecce, sì, a varie riprese, sparuti gruppi
di famiglie greche, ma ciò non vuol dire che la nostra città sia stata colonizzata dai greci.
E più giù ancora. « Nel sec. XV Lecce divenne convegno di mercanti fiorentini, veneziani e genovesi.., e poi greci, albanesi che stabilitisi più tardi diedero alla città carattere orientale ».
Dormiamo o siam desti ? Che non ci fossimo mai accorti del gran numero
di greci e dei fez schipetari che hanno talmente permeato la vita, la cultura,
i costumi, le industrie, i commerci della nostra città da darle nientemeno un
carattere orientale? Ma via, prof. Ciasca, ci faccia una visita, nonostante
quello che ha scritto, da gente ospitale e non orientale, e tanto meno albanese,
le faremo, come è nostro costume, buona accoglienza. Con quelli che ci vogliono scoprire, siamo gentili. Lecce è posta sulla linea Lecce-Bologna, non
sulle vette inaccessibili dell'Everest : una visita non costa troppo, in compenso
si può in questo modo conoscere una città che, vivaddio, è in Italia e tiene
alla sua italianità.
***
E passiamo alla parte bibliografica.
L'Enciclopedia ad ogni articolo fa seguire, e fa benissimo, una bibliografia
sull'argomento bene o male trattato, per quei lettori che vogliano saperne di
più. Si pretende, a ragione, una bibliografia, per quanto essenziale, precisa
e completa.
. Vediamo un poco come se la sbrigano i compilatori.
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Citazione : G. B. Cantarelli, Storia di Lecce, Lecce, 1885. È errata. Correggi:
G. B. Cantarelli, Monografia Storica della città di Lecce, Lecce Tip. Salentina 1885.
È di poco valore.
È citato, subito dopo l'Infantino, un T. Angiulli, Lecce rosata, Lecce, 1656.
È un opuscolo quasi introvabile e se i compilatori l'avessero letto si sarebbero
trovati dinanzi ad un panegirico slombato e barocco di un predicatore secentista, insulso quanto inconcludente.
Tanto valeva citare il Ferrari (Apologia paradossica, Lecce 17o71 che pur
con i suoi difetti, inesattezze, interpolazioni ed esagerazioni, è un libro che in
mano dei competenti di storia locale ha reso e può rendere ancora buoni servizi. Ma queste son cose da nulla dinanzi alla mancata citazione di libri fondamentali per la nostra arte e per la nostra storia.
Completiamo per conto nostro la bibliografia essenziale, senza perderci nelle
minuzie, e poi il lettore faccia i commenti.
Mancano, e scusate se è poco, per Lecce e provincia :
ANTONIO GALATEO, De situ japygiae, Basilea, 1558 ; G. MARCIANO, Descri-
zione, origine e successi della Prov. di Otranto, Napoli, 1855 ; G. ARDITI, Corografia fisica e storica della Prov. di 7. d' O., Lecce, 1879-85 ; C. DE GIORGI,
La provincia di Lecce Bozzetti - Lecce 1882-85 ; P. SCARDINO, Discorso intorno
all'antichità e sito della fedelissima città di Lecce, Bari, 1607 ; F. DE SASSENAY,
Les Brienne de Lecce e d' Allzènes, Paris Hachette, 1869 ; P. PALUMBO, Lecce
Vecchia, Lecce 1912 ; IDEM, Risorgimento Salentino, Lecce, 1911 ; P. ROMANELLI,
Corpus vasorum rantiquorum, fasc. IV e VI - Museo Prov. Castromediano, Bestetti e Tumminelli Milano Roma, s. d. E. BERTAUX, L'ari dans l'Italie Méridinale, Paris 1904; CH. YRIARTE, Le Bords de l' Adriatique et le Montenegro,
Paris, Hachette e C. 1878, p. 615 ; SPRINGER e RICCI, Storia dell'Arte, Bergamo, Istituto d'Arti Grafiche, s. d. F. GREGÓROVIUS, Nelle Puglie, Firenze 1882 ;
P. BOURGET, Sensations d'Italie, Paris, 1-891 ; Numero unico per le leste del Gonfalone, 1896 ; Aumero unico per le leste Inaugurali, Lecce, 1898 ; G. F. TANZI,
La Contea di Lecce, Lecce, :896 ; G. CEVA-GRIMALDI, Itinerario da Napoli a
Lecce, Napoli 1821; A. CUTOLO, Maria d'Enghien, Napoli, 1929 ; G. L. DE
SIMONE, Note Iapygo-Messapiche, Torino, 1877 ; F. RIBEZZO, Le iscrizioni di
Rudiae e di Lupzae, Napoli 1933 ; BRACCIO, PANETTERA, CINO, PICCINNI, Cronache leccesi, pubblicate in app. alla Rivista Storica Salentina; G. GIGLI, Il
Tallone d'Italia vol. i Bergamo, 1910 ; FILIPPO BACILE, Scritti Vari di Arte
e di Storia, Bari,
1915 ; G. BACILE, Castelli Pugliesi, Roma 1927 ; C. BERTACCHI,
La Puglia, Torino, Utet, 1926 ; MARIOTTI, Nostalgie di Puglia, Roma s. d. ; M. A.
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MICALELLA, Un Ipogeo Messapieo a Lecce in Abulia A. IV, p. 93. Ecc., ecc.
Illustrazioni, per quanto nitide, le solite : una piccola pianta, un particolare della Prefettura, il Seminario, il Sedile, il portale di S. S. Nicolò e Cataldo, e parte superiore della stessa. Non una stampa antica.
Così, e semplicemente così, l'Enciclopedia se l'è sbrigata per Lecce.
plausi
(Ap-
vivissimi, coni/nodi animati).
[N. V.]
A. AVETTA, Studi cavouriani. Una «vexata questio ›> alla ince dei carteggi cavouriani. In Rassegna stor. del Risorgimento, XXI (1934), app. 49-71.
Si tratta dell'episodio Lacaita, cioè di quell'episodio per il quale il patriota,
salentino, pregato dal Cavour, sarebbe intervenuto in circostanze romantiche
presso il Ministro degli esteri inglese, Lord Russell, e avrebbe sventato un
piano d'intervento navale anglo-francese per impedire a Garibaldi nel '6o di
traversare lo Stretto.
Secondo l'A., di questo episodio, spuntato tardivamente nel 1883, con una
narrazione fattane dallo stesso Lacaita, non vi è traccia nelle carte del Cavour e dei suoi corrispondenti, e neppure nei carteggi fra i rappresentanti delle
potenze interessate. Le trattative circa i tentativi di Napoli per ottenere che
Francia e Inghilterra arrestassero Garibaldi allo Stretto escludono la gran parte
che il Lacaita si attribuì poi, pur non potendosi negare che una parte egli vi
ebbe. Quando gl'inviati napoletani si presentarono a Lord Russell, se la Francia non pareva contraria a un intervento e dal suo atteggiamento pro o contro
voleva trarre un qualche vantaggio l'Inghilterra aveva già presa la sua decisione e oppose così a quegl'inviati un reciso rifiuto.
L'episodio Lacaita si riduce quindi a proporzioni molto modeste. Il Lacaita,
per incarico di Emanuele D'Azeglio rappresentante piemontese a Londra, si
presentò sì al Russell, ma non ebbe a sostenere alcun contrasto per far adottare da quel Mìnistero la politica del non intervento. Tutto era inesorabilmente
fissato in questo senso. Se mai la visita del Lacaita ebbe uno scopo informativo ed anche confermativo, in quanto servì a confermare il Russell nella
buona via.
Un argomento decisivo a favore della tesi sostenuta dall'A. è che il Lacaita nello stesso giorno di quella visita, 24 luglio, consacrò su questa nel suo
Diario un accenno laconico, molto differente dal racconto che ne fece ventitrè anni dopo.
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L'A. con la sua nota non ha voluto togliere al Lacaita le molte benemerenze che egli ha, ma ha voluto rendere omaggio alla verità, in base ai documenti relativi ai fatti. Ma non sappiamo se il recente libro sul Lacaita pubblicato dal figlio contiene elementi documentari sull'episodio che valgano a spostare le conclusioni dell'A.
[S. P.]
LUIGI DELL'ERBA : La riforma monetaria angioina e il suo sviluppo storico nel
Reame di Napoli in Archivio Storico per le provincie napoletane. Nuova
Serie A. XIX fase. I-IV, Napoli,Soc. Nap. di Storia Patria 1933, pp. 5-66.
Interessante sistematico lavoro sulla riforma monetaria angioina, non solo
per la storia numismatica del reame ma anche per quella della nostra regione.
In questa seconda parte dello studio si parla (p. 38) del carlino di Lecce, moneta postuma di Renato d'Angiò (periodo 1459-1464) del carlino di Lecce fatto
coniare da Giovanni Antonio Orsini del Balzo (1460-1461) nella zecca di Lecce
istituita dal principe fuori le mura, affidata a maestro Gaspare de Argenteriis.
Questa zecca fu istituita da Giovanni Antonio al tempo delle lotte tra il nipote
Re Ferdinando I d'Aragona e Renato d'Angiò epoca in cui, nel « recondito scopo
di snervare i due contendenti in una lunga guerra, disfarli ed impadronirsi del
regno », occorrendogli per ambizioso disegno molto denaro fece coniare questi
carlini di bassa lega, battuti al nome di Renato d'Angiò, e che dal popolo furono
detti mali carlini. L'A. descrive la moneta e ricorda che nelle cedole della
tesoreria aragonese si fa spesso cenno di questi « carlini non boni » che attualmente sono rarissimi, (pp. 35-36). Più oltre parla del famoso armellino, di alta
rarità, battuto nella zecca di Lecce, sotto Ferdinando I d'Aragona, di cui parla
il De Simone Lecce e i suoi monumenti pp. 19e 211) ; dell'armellino, non meno
raro, coniato pure nella zecca leccese sotto Ferdinando II d'Aragona (1495-1496) ;
del mezzo carlino di Brindisi con l'immagine di S. Teodoro scolpita, pure dello
stesso re.
Infine descrive il mezzo carlino (Armellino) di Lecce, rarissimo, coniato
nella zecca di Lecce dal re Federico III d'Aragona (1496-1501).
[N. V.]
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