Editoriale Carissimi lettori, tempi duri i nostri con la fine del primo quadrimestre sul collo e le numerose verifiche e interrogazioni in tutte le materie. Speriamo che questo numero possa farvi rilassare un po’ e per questo abbiamo dedicato un paio di articoli al Carnevale, a proposito l’ultima pagina è una maschera che potete ritagliare e colorare e da indossare magari per ballare un merengue alla festa del martedì grasso. Continuiamo con le nostre interviste ai professori , in modo da scoprire i loro gusti e le loro passioni. La nostra inchiesta questa volta si dedica alla bellissima chiesa di San Prospero e i consigli per la lettura sono addirittura tre… Vi auguriamo un divertente carnevale e ricordatevi potete seguirci anche su internet all’indirizzo……..dove a breve troverete anche dei power point utili per ripassare storia e geografia. La redazione Relazione della visita al museo 'C' è scheletro e scheletro" Il giorno 10 Gennaio 2013 noi alunni della classe 2^ A ci siamo recati ai musei civici per assistere a una lezione scientifica chiamata "C' è scheletro e scheletro". Arrivati ai musei siamo stati accolti da una guida di nome Riccardo che ci ha fatto accomodare in un’ aula attrezzata piena di animali impagliati dove siamo stati divisi in tre tavoli; su ogni tavolo erano poggiati, dentro scatoline trasparenti: una conchiglia, degli insetti spillati, un granchio imbalsamato, dei ricci di mare, una stella marina e un pezzo di corallo. La lezione è iniziata con una prima definizione di scheletro dataci dalla guida: "Uno scheletro è una struttura più o meno rigida che offre una protezione a un organismo vivente, all' intero animale o agli organi vitali". Abbiamo poi iniziato ad, analizzare gli scheletri che avevamo disposti sul tavolo. Siamo partiti dalle conchiglie che, una volta, ospitavano dei molluschi. Queste sono i loro esoscheletri (scheletri esterni) che costruiscono loro stessi, di varie forme, per proteggersi. Le conchiglie più spesse saranno costruite da molluschi che non hanno la possibilità di muoversi (come il murex), quelle più leggere da molluschi che si possono muovere(come il nautilus). Subito dopo abbiamo parlato degli insetti e del loro esoscheletro. Tali invertebrati sono dotati di uno scheletro esterno chitinoso (ovvero fatto di chitina) che ha lo scopo di proteggere e contenere gli organi interni, è lo scheletro in proporzione più resistente. L' esoscheletro dei crostacei, invece, ricopre tutto il corpo, occhi compresi, ed ha una funzione di difesa che non lascia nessuna parte scoperta. Cì è poi stato spiegato che animali apparentemente sprovvisti di strutture scheletriche, come i lombrichi, possono esserne provvisti. I lombrichi sono infatti dotati di un idroscheletro: una sottile pellicola formata da liquidi circolanti a pressione costante, che permette loro il movimento. Riccardo ci ha poi illustrato la struttura degli echinodermi (ECHINODERMA: pelle spinosa per le protuberanze dell' esoscheletro) facendo anche passare un riccio di mare ed una stella marina sotto allo stereoscopio. Lo scheletro esterno di questi animali è un derma scheletro, ovvero pelle modificata per proteggere il corpo. 1 I coralli sono invece strutture (scheletri) costruite da piccoli animali che abitano al loro interno (polipi). Le spugne invece, animali filtratori apparentemente privi di scheletro, sono provviste di un endoscheletro (scheletro interno) che protegge il loro apparato digerente e le loro strutture. Tale scheletro è in realtà un insieme di frammenti solidi, spicole, a scopo rafforzativo. Finiti di analizzare gli scheletri degli invertebrati abbiamo potuto osservare da vicino i crani di alcuni animali vertebrati: cinghiale, cane, faina, lupo e uomo. Abbiamo così potuto notare quanto la dentatura e la forma dei crani possano essere diverse da un vertebrato all'altro, in base alla loro diversa alimentazione, o simili in vertebrati simili come cane e lupo. Successivamente ci siamo spostati per poter vedere da vicino un vero scheletro umano. Era un maschio piuttosto giovane e lo si riconosceva dalla colonna vertebrale non deteriorata dall'invecchiamento e dalle ossa del bacino strette, tipiche del sesso maschile. Un successivo confronto tra uno scheletro umano maschile e uno femminile ci ha rivelato che l'angolo formato dalle due ossa pubiche (ossa del bacino) maschili è acuto mentre quello tra le due femminili è retto. Oltretutto il bacino maschile visto dall' alto presenta una cavità a forma di cuore, mentre quella femminile è tonda. Infine lo sterno(osso centrale della cassa toracica) femminile è più largo per ospitare l' attacco per i muscoli pettorali che formano il seno e le ossa dei polsi maschili sono più grandi. Nella stanza di anatomia abbiamo potuto osservare gli scheletri di molti animali vertebrati ( quindi tutti dotati di colonna vertebrale il cui scopo principale è quello di contenere il midollo spinite oltre che sostenere l'organismo e tenere legati i muscoli) quali una tartaruga, un topo, un serpente a sonagli, una rana un pappagallo, un cavallo e una tigre. Abbiamo potuto osservare le particolarità di ogni struttura scheletrica e abbiamo potuto notare che tutti i mammiferi hanno sette vertebre nel collo. A conclusione della lezione la guida ci ha mostrato uno scheletro di neonato umano, e ci ha spiegato che se in età adulta un individuo ha circa 206 ossa, da bambino ne ha circa 350 perché molte di esse sono formate da più parti che si saldano nel corso della crescita. Mi è piaciuta molto la lezione perché avevamo sotto agli occhi le cose di cui trattavamo. Marco Cavazzoli 2 Conosciamo meglio i nostri prof… Nome: Alessandro Cognome: Carciola Compleanno: 19 Settembre Hobbies: Cinema e sport Cibo: Verdure grigliate, patate qualunque sia la modalità di cottura, erbazzone e cannolo siciliano Musica: Tutto il grande rock degli anni 80-90 e poi certa musica popolare. Mi perdo nella voce magnifica di Rosa Balistreri, la grande poetessa della musica popolare siciliana. Colore: Rosso Film:sono tre i miei films: Il grande Lebowski, Pulp Fiction e Drive Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante? L’amore grande per la matematica e per i ragazzi e la noia per il lavoro in banca. E’ contento/a di questa sua scelta?si si e si…..almeno per il momento!!! ;) Ultimo libro letto: “Prigionieri del paradiso” di uno scrittore finlandese: Arto Paasilinna. Per cosa vorrebbe premiare i suoi alunni? Per l’impegno e la voglia-desiderio della scoperta. I propositi per quest’anno: fare apprezzare al maggiore numero possibile di studenti e studentesse la bellezza della matematica e stare benissimo con voi. Cosa prova quando entra in una nuova classe? Accelera il battito cardiaco, schizza in alto nel cielo, la curiosità e poi tanto panico. Cosa prova quando la classe si licenzia? Finora mi è capitato solo una volta: l’anno scorso. Ho provato un grande senso di smarrimento come quando ritorni da un viaggio lungo e appassionante …. che volevi non finisse così presto. 3 Nome: Enrica Cognome: Rossi Compleanno: 02 Dicembre Hobbies: lettura, teatro, balletti classici e contemporanei Cibo: cioccolata Musica: mi piacciono i cantanti italiani, ma anche voci splendide come Adele, Elisa e Skin. Colore: giallo Film: ”Momenti di gloria” Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante? Ho iniziato ad insegnare psico-motricità rivolgendomi a bambini di età meravigliose (3-5 anni) con progetti di motoria. Ho capito poi che avrei continuato nell’insegnamento di questa bella disciplina. E’ contento/a di questa sua scelta? Moltissimo Ultimo libro letto?: “Tempo di mutamenti” di Rita Levi Montalcini. Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni? Di mantenere sempre un atteggiamento sportivo (rispettoso delle regole e degli altri) a scuola e nella vita. Per cosa li vorrebbe premiare? Per l’educazione e la costanza. Per l’impegno con cui affrontano la scuola nella quotidianità. I propositi per quest’anno: fare amare a tutti i ragazzi la mia bellissima materia. Cosa prova quando entra in una nuova classe? Curiosità ed emozione. Cosa prova quando la classe si licenzia? Nostalgia. Mi auguro che le scelte fatte portino frutti positivi. 4 Nome: Laura Cognome: Ferrrari Compleanno: 10 Settembre Hobbies: lettura, cinema, musica, moto, vela Cibo: erbazzone, pizza Musica: pop/rock. Colore: azzurro e nero Film: ”Il discorso del re”, “Vi presento Joe Black”, “The avengers”. Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante? Mi ha spinto la voglia di incuriosire bambini e ragazzi sulle cose che mi hanno appassionato nella lingua e cultura inglese, oltre che nella vita. E’ contenta di questa sua scelta? Sono sempre più soddisfatta della scelta che ho fatto e cerco costantemente di migliorare. Ultimo libro letto: “La signora delle camelie”. Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni? Vorrei chiedere loro di non abbattersi se le cose non vanno come si vorrebbe a volte; l’importante è continuare senza mollare con il massimo impegno e il maggior entusiasmo possibile. Per cosa li vorrebbe premiare? Li vorrei premiare per la forza di volontà, la voglia di conoscere e la simpatia di regalare lezioni divertenti. I propositi per quest’anno: Sperimentare nuovi approcci per un migliore apprendimento e insegnare sempre col sorriso. Cosa prova quando entra in una nuova classe? Provo grande curiosità di conoscere i miei nuovi alunni, augurandomi di trascorrere dei bei momenti insieme. Cosa prova quando la classe si licenzia? Provo grandissima tristezza, ma anche contentezza per loro che continuano nel loro percorso verso la maturità. Spero sempre di aver lasciato loro, oltre che un buon ricordo, qualcosa che possa servire per il futuro. 5 Nome: Roberto Cognome: Bortoluzzi Compleanno: 15 Giugno Hobbies: escursionismo Cibo: baccalà alla vicentina Musica: indie, jazz Colore: blu Film: ”Morte di un allibratore cinese” di J. Cassavetes Cosa l’ha spinta verso la carriera di insegnante? L’amore e la riconoscenza per la lingua e la letteratura italiane e la curiosità per quegli strani esseri umani chiamati “adolescenti”. E’ contento di questa sua scelta? Sì, non vorrei fare niente di diverso. Se un giorno, però, dovessi accorgermi di sentire l’insegnamento come un peso e di non divertirmi più, allora sarà il caso di iscriversi alle liste di collocamento …. Ultimo libro letto: “La mandragola” di N. Machiavelli e un saggio sul cinema “noir” americano. Cosa vorrebbe chiedere ai suoi alunni? Di continuare a stimolarmi con il loro entusiasmo. Per cosa li vorrebbe premiare? Per l’altruismo e la solidarietà che dimostrano verso i loro compagni. I propositi per quest’anno: trovare un modo per far amare la storia alla 2°B! Cosa prova quando entra in una nuova classe? Curiosità e simpatia. Cosa prova quando la classe si licenzia? La soddisfazione per aver guidato un gruppo nel corso di tre anni ricchi di esperienze e la speranza di aver contribuito a formare dei ragazzi con senso critico e consapevoli. Letizia Leoni e Silvio Calò 6 La timidezza Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo un problema che ci provoca grande imbarazzo: la timidezza e dato che molti di noi si ritrovano nella categoria dei timidi , abbiamo deciso di dedicare un articolo a questo problema e di fare delle ricerche per capire meglio e forse trovare delle strategie per superare i momenti più critici. Il carattere di chi è timido è riservato, il suddetto individuo ha paura del giudizio altrui, prova timore di sbagliare, ha un comportamento impacciato e schivo e qualcuno può arrivare a sentirsi addirittura paralizzato dalla timidezza!!! La timidezza ha anche delle manifestazioni fisiche come la bocca asciutta, le parole escono confuse, pasticciate, il cuore rimbomba nelle orecchie e una vampata di calore sale d'improvviso al volto. E' più o meno questo quello che la maggioranza di noi ha provato una volta o l'altra nella vita nel momento in cui ha avuto a che fare con una persona, un gruppo o un rappresentante del sesso opposto. In alcune occasioni, cominciamo a preoccuparci dell'impressione che l'altro ha di noi, temiamo di essere criticati, di apparire ridicoli, incompetenti, impacciati e questo influenza la percezione del nostro comportamento e della nostra persona. Le situazioni più comuni un cui si presenta la timidezza sono definite sociali e quella paure che pressoché tutti conoscono è parlare in pubblico: essere invitati a fare un discorso per un brindisi, una relazione scolastica di fronte alla classe. Spesso però le situazioni che "innescano" la nostra timidezza sono piuttosto ordinarie: come lasciare un messaggio alla segreteria telefonica e persino chiedere un'indicazione ad uno sconosciuto. I maggiori timori sociali sono nell'ordine: • trovare imbarazzante parlare con un'autorità; • fare azioni o parlare di fronte ad un uditorio; • essere osservate mentre lavorano; • entrare in una stanza in cui altri sono già seduti; • essere al centro dell'attenzione; 7 • esprimere disappunto o disapprovazione a qualcuno con cui non hanno confidenza. La timidezza nell'uomo si manifesta con un grande timore della disapprovazione, del giudizio e dell'accettazione degli altri, accompagnato a senso di inferiorità e di inadeguatezza, disistima e ad ansia eccessiva. Per questi motivi, il timido tende a non confidarsi, evitare gli incontri sociali, il pubblico e il confronto con gli altri. Nella persona adulta o adolescente si prendono "strade diverse" a seconda del sesso di appartenenza, infatti la timidezza è sessista: uomini e donne sono timidi in modo diverso. Innanzitutto, il sesso maschile é colpito più del doppio da questo problema rispetto a quello femminile. Il linguaggio del corpo del timido: chi prova un intenso imbarazzo sociale ha un comportamento non verbale che lo porta ad essere meno visibile possibile, infatti, parla a voce bassa e poco, evita lo sguardo diretto. In genere, si muove molto poco, sperando che questo lo porti a mimetizzarsi con l'ambiente e gesticola in modo moderato e pacato. In compenso, tende in situazioni sociali a dare vistosi segni di tensione: arrossisce facilmente, si pizzica la pelle del volto, si stropiccia le dita e attorciglia gambe e caviglie in posture da contorsionista. Spesso riteniamo che la timidezza sia un grande peso che non ci permette di esprimere i nostri pensieri o i nostri sentimenti in libertà e a volte ci chiediamo se questa imbarazzante compagna ci sarà accanto per sempre o se è una fastidiosa controindicazione dell’adolescenza. Abbiamo appurato leggendo alcune fonti scientifiche , ossia quelle che abbiamo riportato sopra, che anche gli adulti possono essere timidi. Chiacchierando con i nostri genitori e i nostri professori ci siamo sentiti dire che è vero la timidezza non scompare crescendo, ma assume nuove forme e si trovano via via da sé vari stratagemmi per arginarla. Speriamo bene!!! Lisa Iori e Carlo Sani 8 LA STORIA DELLE MASCHERE Le maschere forse sono esistite da sempre, le portavano gli uomini delle caverne quando si dedicavano ai loro strani riti magici. Ci sono due tipi di maschere: quelle facciali che nascondono il volto e quelle a elmo che nascondono completamente la testa. Cinquecento anni fa gli attori della commedia dell’arte crearono le mascherepersonaggio, dal servo sciocco e dall’intrigante nacquero maschere come Arlecchino e Brighella. In teatro mantennero a lungo questa caratteristica, finché il declino della Commedia dell’ Arte li allontanò pian piano dai palcoscenici per limitare la loro presenza nei teatri dei burattini e nelle sfilate di carnevale. LA CARTAPESTA Nonostante le antichissime origini di alcuni carnevali italiani, il primo carro allegorico viene costruito a Viareggio nel 1873. Questo carro era realizzato da addetti del porto che, ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi, riuscirono ad erigere strutture con corde, cavi d’acciaio e paranchi usati nei cantieri. Queste prime opere avevano dei mascheroni realizzati in gesso e pesavano, quindi, anche parecchi quintali. Nel 1921 un carro ospitò, per la prima volta, una intera orchestra. La cosa ebbe così successo che nel 1923 alcuni carristi pensarono di far “ballare” anche i pupi, realizzando, così, i primi movimenti. La nascita della moderna “cartapesta” (in realtà carta da calco) è però dovuta al Maestro Antonio D’Ariano (1925) che pensò ad un nuovo sistema: ricoprire la creta con il gesso, in modo da ottenere uno stampo al negativo della figura originale, e poi mettere vari strati di carta all’interno di un modello di gesso. Una volta asciugata, la sagoma in carta si staccava dal gesso senza problemi e, identica all’originale, pesava qualche chilo invece di quintali. Grazie a questa invenzione si possono costruire carri immensi che sfidano le leggi della gravità. 9 Pulcinella: figura buffa e goffa; un gran naso, mascherina nera con il naso adunco, cioè grosso e curvo, gobba, cappello a punta, camiciotto e pantaloni bianchi, molto larghi. Porta con sé un mandolino, sa cantare dolcemente. Le sue scarpe sono nere e lunghe con dei calzini rosa scuro. ARLECCHINO Il nome deriverebbe dal francese antico Hellequin, diavolo buffo delle E’ una delle maschere italiane più popolari. Ha origini napoletane e non è certo da dove derivi il suo nome: forse dal napoletano “polene” (pulce), forse da “pulcinello”, cioè “piccolo pulcino”. E’ una figura essenzialmente popolare. Impertinente, pazzerello, chiacchierone, un po’ egoista è la personificazione del dolce far niente. Le sue più grandi aspirazioni sono il mangiare e il bere. Pur essendo spesso fatto oggetto di pesanti bastonate, egli riesce simpatico anche ai potenti che prende in giro e inganna con amabile furbizia. leggende medievali. Nel XVI secolo Arlecchino, proveniente da Bergamo, divenne la maschera più popolare del Teatro dell’Arte italiano; all’abito multicolore aggiunse una maschera nera sul viso, un cappello bianco, una borsa di cuoio legata alla cintura e una spatola di legno (batocio).Agli inizi personificava il servo lazzarone e truffaldino, mezzano e cinico. In seguito, soprattutto con Carlo Goldoni, si trasformò nel popolano malizioso ma in fondo onesto e sensato. Compagna di Arlecchino è Colombina. 10 COLOMBINA L’unica maschera femminile ad imporsi in mezzo a tanti personaggi maschili è Colombina o Smeraldina, briosa e furba servetta. E’ vivace, graziosa, bugiarda e parla veneziano. E’ molto affezionata alla sua signora, altrettanto giovane e graziosa, Rosaura, e pur di renderla felice è disposta a combinare imbrogli su imbrogli. Con i padroni vecchi e brontoloni va poco d’ accordo e schiaffeggia senza misericordia chi osa importunarla mancandole di rispetto. Abitualmente non porta la maschera e indossa una cuffia e un vestito a strisce bianche e blu che spiccano sulla gonna blu e sulle calze rosse, ha il grembiule a balze e sul lato è arricchito da un fiocco rosa. Sulla fibbia delle scarpe c’e’ un fiocchetto azzurro. DOTTOR BALANZONE Il Dottor Balanzone è una maschera tipica di Bologna che rappresenta un personaggio pedante e brontolone. Pignolo, cavilloso, prodigo di inutili insegnamenti e di consigli inappropriati, è sempre pronto a trovare ogni minima scusa per iniziare uno dei suoi infiniti sproloqui "dotti" a suon di parole storpiate e discorsi ampollosi ma senza senso. In testa ha un cappello nero a larghe falde; indossa una toga lunga e nera, il panciotto e i pantaloni neri. Ha un merletto bianco sui polsi e, sul collo, un bel colletto di pizzo. Porta le calze bianche e delle scarpe nere con tanto di tacco. Molto spesso tiene un libro sotto il braccio che completa la sua immagine. 11 BRIGHELLA Brighella è una maschera tradizionale dell’Italia, proviene dalla Lombardia e precisamente da Bergamo. Il suo personaggio era originariamente quello del servo buffo e intrigante, astuto (il nome Brighella deriva da “briga”) al punto che non si riesce mai a capire se la furberia sia un voluto abbandonarsi al gioco degli inganni e se la balordaggine non nasconda una buona dose di finezza. Vivace e insolente con le donne, chiacchierone coraggioso con i poltroni, Brighella indossa giacca e pantaloni decorati di galloni verdi; ha le scarpe nere con i pon-pon verdi; il mantello è bianco con due strisce verdi, la maschera e il cappello sono neri. Suona e canta molto bene ed e’ un tipo spiritoso e scherzoso, in fondo in fondo fedele e altruista. SANDRONE E’ una tipica maschera dell’ Emilia Romagna.Il suo cappello, di lana rossa, sembra una cuffia da notte. Porta una giubba verde, una panciera bianca con pallini rossi, i calzoni corti color marrone, le calze rigate bianche e rosse. Le scarpe sono molto grosse. Ha il faccione color vino, di cui è molto amico, infatti spesso ha in mano un fiasco di vino rosso. Sandrone rappresenta il contadino del passato, rozzo, ma furbo e scaltro. È portavoce del popolo più umile e maltrattato, e sempre in cerca di stratagemmi per sbarcare il lunario. Per questo talvolta diventa falso e bastonatore, cioè ama picchiare, a ragione o torto. 12 FAGIOLINO Il personaggio più conosciuto ed amato nella tradizione del carnevale romagnolo è sicuramente la maschera di Fasulén (che in dialetto bolognese sta per Fagiolino) la cui nascita si fa risalire alla fine al 1700 a Bologna, insieme a quella del più dotto dottor Balanzone. Ma la fortuna della maschera di Fagiolino – utilizzata spesso anche come burattino – è probabilmente dovuta al suo carattere di popolano semplice ed ignorante che combatte con la fame e la miseria senza cedervi, in cui malignità ed arguzia, volgarità e sincerità si alleano con una furbizia contadina che lo rende un anti-eroe popolare in cui molti possono riconoscersi. Fagiolino è facilmente riconoscibile per la cuffia in testa, da “monello”, indossa una corta giacca, ha la camicia bianca e calze bianche a righe rosse, magro e segaligno, nervoso e dispettoso e vanta doti di grande amatore, anche se impegnato con Rosaura energica servetta che gli tiene testa. Si definisce “povero di portafoglio ma ricco di appetito” e la sua perenne ricerca di denaro, di fortuna e di cibo lo proiettano in mille avventure fantastiche, sempre accompagnato dal fedele bastone che lo difende da ogni pericolo e che utilizza ad ogni occasione per sonore randellate sulla “ciribiricoccola” (come usa chiamar lui la testa), fra maghi malvagi e draghi sputafuoco, vecchie streghe e lupi affamati. A cura di Irene Sezzi 13 FILASTROCCHE DI CARNEVALE Carnevale vecchio e pazzo Gabriele D'Annunzio Carnevale vecchio e pazzo s’è venduto il materasso per comprare pane, vino, tarallucci e cotechino. E mangiando a crepapelle la montagna di frittelle gli è cresciuto un gran pancione che somiglia ad un pallone. Beve, beve all’improvviso gli diventa rosso il viso poi gli scoppia anche la pancia mentre ancora mangia, mangia. Così muore il Carnevale e gli fanno il funerale: dalla polvere era nato e di polvere è tornato. Carnevale Gianni Rodari Carnevale in filastrocca, con la maschera sulla bocca, con la maschera sugli occhi, con le toppe sui ginocchi: sono le toppe d’Arlecchino, vestito di carta, poverino. Pulcinella è grosso e bianco, e Pierrot fa il saltimbanco. Pantalon dei Bisognosi “Colombina,” dice, “mi sposi?” Gianduia lecca un cioccolatino e non ne da niente a Meneghino, mentre Gioppino col suo randello mena botte a Stenterello. Per fortuna il dottor Balanzone gli fa una bella medicazione, poi lo consola: “E’ Carnevale, e ogni scherzo per oggi vale.” 14 Viva i coriandoli di Carnevale Gianni Rodari Viva i coriandoli di Carnevale, bombe di carta che non fan male! Van per le strade in gaia compagnia i guerrieri dell’allegria: si sparano in faccia risate scacciapensieri, si fanno prigionieri con le stelle filanti colorate. Non servono infermieri perchè i feriti guariscono con una caramella. Guida l’assalto, a passo di tarantella, il generale in capo Pulcinella. Cessata la battaglia, tutti a nanna. Sul guanciale spicca come una medaglia un coriandolo di Carnevale. Le maschere di Carnevale Attilio Cassinelli Arlecchino ti presento tutte toppe ma contento. e Brighella suo compare, cosa pensa di brigare? Scaramuccia faccia buffa sempre pronto a far baruffa. E Tartaglia che non sbaglia, quando canta non tartaglia. Meneghino che, pian piano, va a passeggio per Milano e Pierrot vediamo qui che è venuto da Paris. Vuoi sapere chi è costui? Peppe Nappa, proprio lui Pulcinella saggio e arguto che da Napoli è venuto. E Gianduia piemontese che di tutti è il più cortese. Da Bologna ecco che avanza Balanzon dalla gran panza. Tutti insieme fan colazione e chi paga è Pantalone! La redazione ringrazia il signor Azio Sezzi per la preziosa collaborazione 15 Intrigoni di Carnevale. Sono un dolce appartenente alla stessa famiglia delle chiacchiere, solo che gli ingredienti utilizzati nell’impasto danno un risultato più morbido e sono tipiche di Reggio. Ingredienti: burro, 2 tuorli più 1 uovo intero, farina, latte, zucchero e lievito per dolci. Preparazione: ammorbidire il burro. Versare la farina sulla spianatoia e formare un cratere. Mescolare la farina con lo zucchero, le uova, il latte e il lievito per dolci. Aggiungere per ultimo il burro, impastare fino a ottenere una bella palla liscia. Avvolgerla nella pellicola trasparente e riporla in frigorifero per 30 minuti. Dividere la pasta in 4 o 5 pezzi e tirarla col matterello formando delle strisce. Tagliare le strisce a losanghe e inciderle con due tagli obliqui in cui infilerete un angolo della stessa. Prendere una padella dai bordi alti, riempirla di strutto o olio di semi. Quando sarà caldo friggere gli intrigoni pochi per volta e rigirarli fino a quando saranno dorati. Appoggiarli su carta assorbente e farli raffreddare. Spolverizzarli di zucchero a velo. Ottimi se accompagnati da una malvasia dolce o da un vin santo. Silvio Calò 16 I balli latini-americani Merengue Le origini del merengue sono un po’ incerte sia per quel che concerne il suo nome che per la sua derivazione; Il termine potrebbe derivare da merengue, nome di un dolce tipico dominicano, fatto con uova e zucchero oppure da una parola creola, derivata dal francese 'meringue' che significa meringa. Per quanto riguarda le sue origini il merengue veniva ballato nell’isola che oggi si chiama Repubblica Dominicana dagli schiavi africani che, a decorrere dalla metà del 1500, furono portati a lavorare in catene nei campi di canna da zucchero, sotto la dominazione spagnola. Le catene ai piedi non consentivano grandi movimenti; ma non impedirono di inventare il passo del merengue, che consisteva nel trasferire ritmicamente il peso del corpo da un piede all'altro. irrigidire una danza nata libera. Questo perché le figure comportano l'allontanamento dei ballerini, e ciò contrasta con la natura stessa del Merengue, che è un ballo corpo a corpo e, in quanto tale, richiederebbe un contatto permanente e totale dei ballerini. Il Merengue è una danza che, in linea di massima, si esegue sul posto: la guida del ballerino è affidata unicamente al corpo. La dama deve sentire sul suo corpo i movimenti del partner e assecondarlo. Le anche sono la parte del corpo più impegnata in questo ballo, perché il motore del merengue è il bacino, vero centro pulsore di tutti i movimenti. Talvolta, insieme con il movimento latino dei fianchi, è utilizzato un leggero ondeggiamento contrario. Anche se il ritmo di ballo è simile ad un ritmo di marcia, possono essere utilizzati molti altri ritmi sincopati. Il Merengue è un ballo popolare, in ogni caso i partners Il tipico passo 'trascinato' fu “lanciato tra virgolette” da uno schiavo che, insorto contro gli Spagnoli rimase ferito ad una gamba: durante una festa in suo onore si era esibito nel ballare, nonostante l’incapacità di muoversi liberamente. Successivamente gli amici lo imitarono nei movimenti e, senza volerlo, inventarono un nuovo ballo. Secondo gli storici, il merengue è nato poco lontano da Cuba, nell'isola di Hispaniola. Il movimento fondamentale di tale ballo è il "cuban motion": si tratta di un movimento accentuato dei fianchi che accompagna i singoli passi sia del ballerino che della dama. Il movimento delle gambe è costante per l'intera durata del ballo. Ci sono coloro che vogliono mantenere il ballo solamente legato alla sue origini e ritengono negativo inserire figure prefabbricate, poiché significa dovrebbero concentrarsi l'uno sull'altro, creando un sentimento di sensualità attraverso movimenti ravvicinati, rotazioni intricate, e un sottile gioco in cui ci si stuzzica reciprocamente. L'espressione del reggaeton è una forma di danza semplice e terapeutica in cui l'obiettivo è di rendere più positiva la relazione con se stessi e con gli altri. L'espressione della danza reggaeton utilizza il corpo nel quale essa fa vibrare i differenti livelli per metterli in risonanza attraverso il ritmo, il movimento ed il canto. E' una forma di danza collettiva che si ispira alle danze ed ai rituali tradizionali del mondo, della natura e della cultura, degli archetipi. Il reggaeton è sopra ogni cosa un movimento trasgressivo. Musicalmen- 17 te lo potremmo analizzare da diverse prospettive, ma sicuramente ha in sé le radici della trasgressione. ma più marcato. Il raggaeton è un ballo di strada che di solito si balla individualmente. Il Reggaeton, è una variante del Raggamuffin, che a sua volta deriva dal Reggae, e dall´Hip Hop. Le particolarità di questo stile musicale sono nei testi, cantati in spagnolo e nell´influenza di altri stili latini, come la Bomba e la Salsa. Il Reggaeton è un genere musicale relativamente nuovo, che ha raggiunto grande popolaritá nelle nazioni dei Caraibi a partire dagli anni 90. Come l´Hip Hop nordamericano, il pubblico principale a cui si dirige il Reggaeton é la gioventù. A Porto Rico, i giovani si animarono a crearlo, dopo aver ascoltato il Rap in spagnolo cantato da differenti artisti di Panama, aggiungendogli allora un po´ di ritmo della Bomba e della Salsa. Si considera che il Reggaeton sia strettamente vincolato con il movimento Undergruond giovanile urbano e alcune volte é conosciuto in spagnolo come Perreo, un termine che si riferisce alla forma piú comune di ballarlo, che ricorda le posizioni sessuali. Per me il ballo è vitale, spontaneo. Ho scelto raggaeton e merengue perché sono i balli che ho imparato . Il merengue è un ballo in cui si sta in posizione eretta (non come nel raggaeton o nella rumba). È un ballo dinamico, veloce e allegro . Per praticare questo tipo di ballo non occorre possedere una certa scioltezza di movimento , al contrario del raggaeton , dove invece movimenti, molto più sensuali , sono abbondantemente accentuati. Nel secondo ballo il ritmo è sempre veloce Il mio primo spettacolo di ballo è stato a 6 anni, al teatro Regiò di Reggio. Fino ad adesso ho avuto diversi insegnanti prima di trovare quello giusto. Da 2 anni frequento la palestra Let’s dance, e credo di continuare lì il mio percorso di formazione. Con il nostro (siamo un gruppo) insegnante, abbiamo partecipato a numerosi spettacoli estivi, a sagre e feste di paese; il più lontano è stato a La Vecchia, frazione di Vezzano sul Crostolo. Per il saggio finale dell’anno scorso era stato scelto il teatro Ariosto, dichiarato poi dal comune inagibile a causa del terremoto avvenuto poco tempo prima. Si è quindi deciso di spostare l’evento nel cortile della palestra. Il ricavato dei biglietti è stato devoluto alle popolazioni terremotate. Letizia Maria Leoni 18 SAN PROSPERO La fondazione della Basilica di San Prospero risale al Vescovo Teuzone (979-1030) ed è intitolata al patrono della nostra città di Reggio Emilia, verso cui sono doverosi alcuni cenni storici. Secondo la tradizione San Prospero visse nel V secolo e fu vescovo di Reggio tra il 480 ed il 505 circa. Secondo l'usanza di allora il vescovo veniva eletto dal clero e dal popolo riuniti in assemblea scegliendolo tra i preti o i laici più stimati per fede, dottrina e pietà. Così avvenne per san Prospero che di certo era reggiano e meritò non solo l'onore dell'episcopato, ma anche il culto come santo per il suo impegno nella diffusione e difesa della fede e protettore della città. assegnarle ai suoi soldati ed alle loro famiglie. Ci fu un periodo di relativa calma , se si eccettuano i soprusi per le confische.... Ma ecco i patti con i Vandali d'Africa, i Visigoti di Spagna, i Franchi e i Burgundi di Francia, ingelosirono Zenone, imperatore d'Oriente che spinse Teodorico ed i suoi Ostrogoti ad invadere l'Italia. Seguirono quattro anni di guerre, di scorrerie e di saccheggi, di anarchia e violenza in tutta la nostra regione. In questa situazione furono i vescovi che dovettero assumersi gli oneri dei magistrati, anche come amministratori delle città: dovettero esercitare sia funzioni religiose, sia pubbliche, assurgendo a veri “difensori della città”. In questi gravosi compiti S. Prospero dovette distinguersi per la diffusione del Vangelo, la protezione dei deboli e l'assistenza agli sbandati. Per questo i reggiani ne riconobbero la Santità ed anche dopo la morte ne invocarono la protezione celeste sulla città. Riprendiamo la Basilica..... Per capire il ruolo di San Prospero nella vita e nella storia della città occorre rivedere le vicende di quei tempi difficilissimi. Si vuole che la Basilica venisse consacrata nel 998 da Papa Gregorio V. Dopo cinque secoli di vita, resasi pericolante, fu abbattuta fino alle fondamenta. Dal 476 e per quasi vent'anni Odoacre, capo degli Eruli, regnò sull'Italia col titolo di patrizio romano, appropriando- Negli anni intorno al 1500 si dette inizio alla nuova costruzione. Nel 1504 Girolamo Pratonieri fece scolpire da Gaspare Bisi i sei leoni in marmo rosso, perché servissero si di un terzo delle terre per 19 da sostegno alle colonne dei protiri della facciata. A metà del '700, in occasione della realizzazione dell'attuale prospetto i leoni vennero rimossi e posti ad ornamento del sagrato. Dopo varie difficoltà intervenute nel corso della costruzione, la Chiesa fu consacrata nel 1543. Nel 1538 si iniziò la costruzione della torre su disegno degli architetti reggiani Leonardo, Alberto, Roberto Pacchioni. Essa è a pianta ottagonale e doveva presentare una sovrapposizione di quattro ordini architettonici: dorico, ionico, corinzio e composito; rimase invece incompiuta al terzo ordine. Le campane furono rifuse diverse volte; l'ultima fusione risale al 1796 ed è opera dei Fratelli Riatti. Nel 1546 le sedie corali, tutte istoriate furono realizzate dai cremonesi Giuseppe e Cristoforo de Venetiis. Tutti gli oggetti di intaglio ligneo, compreso il pulpito eseguito da Nicola Sampolo nel 1571, furono restaurati nel 1871 da Fedele Boni. Nell'interno sono degni di speciale menzione gli affreschi del coro terminati nel 1587 da Camillo Procaccini che vi realizzò il Paradiso, la resurrezione dei martiri e l'Inferno del catino absidale, il Seppellimento di Cristo ed i Profeti Isaia e Osea alle pareti, l'Eterno circondato dagli Evangelisti, la Creazione di Eva e l'Apocalisse nell'arcone. Gli affreschi della chiesa furono terminati da Benedetto Antelami, che, dopo aver iniziato, andò a Milano dalla famiglia, e tornò a Reggio dopo tredici anni di continue pressioni da parte dei reggiani Nel 1748, per la generosità del Conte Claudio Calcagni, si provvide al compimento della facciata terminata nel 1753 dall'architetto reggiano Gio Battista Cattani, alias Cavallari. Le statue rappresentanti quattro dottori della Chiesa ed i santi protettori, furono eseguite dal veronese Andrea Finali. Nel 1840 si rifece il pavimento ed in tale occasione venne alla luce l'antico pavimento. Nel 1881 fu rinnovato l'organo e venne realizzato il nuovo altare maggiore in marmo di Carrara da G. Fornaciari ed E. Grassi su disegno di Prospero Sassi. Sotto l'altare si conservano i resti di San Prospero. Vorremmo chiudere questo nostro articolo con una bellissima poesia sul miracolo attribuito al nostro Santo patrono scritta dalla maestra delle elementari di Matteo ed Emilio, Cristina Ferretti: 20 LA LEGGENDA DELLA NEBBIA Ecco San Prospero della città fu eletto vescovo tanti anni fa. Tempi difficili erano quelli: gli uomini certo non eran fratelli; allora i problemi erano tanti: furfanti e assassini tra gli abitanti. Un brutto giorno dalla pianura vennero i vandali: uh che paura! La gente fugge, non sa dove andare, Prospero in chiesa li fa radunare. Là nel silenzio e nella preghiera scende la nebbia e fa barriera. Questo è il miracolo della bontà! Per il suo cuore e la sua santità, come d'incanto la nebbia l'avvolge e la città come un manto protegge: quei maledetti non vedon più nulla ché Reggio Emilia è dentro una culla! I barbari presto sono confusi e si allontanano tristi ed offesi; ecco che il santo viene acclamato e da quel giorno è venerato. Così fu che Reggio ebbe il patrono: il santo Prospero assiso sul trono! Emilio Serdini e Matteo Serri FONTI: “Le chiese della città” di Umberto Nobili – Comune di Reggio Emilia Assessorato alla Cultura. “San Prospero: un santo, una città e il suo Pastore” Opuscolo a cura degli amici e della Comunità Parrocchiale (S. Maccarini). Fonti orali della maestra Cristina Ferretti. 21 Il Walrus Il freddo mattino del 3 Gennaio 2032 il sottomarino Walrus dell’ Unione Europea era pronto a partire. Il vento gelido che sferzava la baia aveva costretto i marinai ad imbarcarsi un’ ora prima della partenza. Un uomo solo era rimasto fuori dal colossale sommergibile insofferente al freddo. Quell’ uomo era Marco Cavazzoli. Era alto, muscoloso, piuttosto giovane e di bell’aspetto. Stava guardando per gli ultimi dieci minuti il cielo, impassibile. Il cielo, le nubi, il sole… tre cose che non avrebbe più visto per parecchi anni, forse mai più. Quei penetranti occhi verdi scrutavano enormi quel mondo che lo circondava e che non avrebbe più guardato forse. Il giorno appena prima era nata sua figlia. Chissà se l’avrebbe più rivista. Lo stesso pensiero era rivolto a sua moglie. Voleva, desiderava ardentemente specchiarsi in quegli occhi azzurri, immergersi nelle sua labbra carnose, scrutare il suo corpo per un’ ultima volta. Una sola lacrima versò l’ uomo e si imbarcò nel sottomarino. Il Walrus era enorme, colossale, poderoso e resistentissimo. Poteva raggiungere parecchi km orari ed era dotato di una tecnologia ineguagliabile. Un solo difetto, una sola irrimediabile mancanza: totalmente sprovvisto di comunicazioni col mondo esterno. La missione era troppo segreta per rischiare che finisse in mani sbagliate. Fonti certe assicuravano che, al di sotto della remota fossa delle Marianne, fosse presente una faglia trasversale che (come un lungo cunicolo) conduceva ad una camera ampissima (forse di addirittura 5000 m³ ) a grande profondità e che, secondo alcune fonti, sarebbe stata piena di acqua dolce che doveva essere recuperata per sopperire alla sua scarsità sulla Terra. L’ immenso incremento demografico aveva infatti portato al quasi totale esaurimento dell’ acqua dolce potabile (tale fenomeno era anche dovuto all’ effetto serra che aveva sciolto i ghiacciai), per cui una tale riserva di acqua era indispensabile per mantenere la pace. Un vero tesoro era dunque celato a 15 994 m di profondità, ed era quindi compito del Walrus accertarsi dell’ esistenza di tale ricchezza. Il sottomarino viaggiava velocissimo e del tutto inosservato. Solo gli uomini dello equipaggio e le loro famiglie erano a conoscenza della missione ardita e ognuno si guardava bene dal rendere il fatto pubblico. 22 L’ enorme marchingegno viaggiava attraverso scogli aguzzi, foreste di alghe, banchi di pesci, stretti passaggi e barriere coralline. Le difficoltà erano tantissime: quali avanzare con regolare velocità sui fondali marini mentre alghe e creature abissali intralciavano il passaggio, non rovinare il solido scafo andando a sbattere contro gli scogli, manovrare il sottomarino durante le tempeste e rimanere nascosti in acque poco profonde. Dentro il Walrus la convivenza era piuttosto pacifica: il giorno si lavorava e la notte si dormiva e la collaborazione era assidua. Certo il cibo non era il massimo ma Marco non si lamentava. Questi si preoccupava solo di una cosa: la corazzatura del Walrus era possente, ma avrebbe potuto sopportare una pressione di 2000 atmosfere? Lo avrebbe saputo presto. Il 26 Giugno 2032 il Walrus era sopra la fossa delle Marianne. Da lì sarebbe iniziata la discesa. Il sottomarino si calava nelle profondità abissali verticalmente producendo rumori cupi, talvolta di gorgoglii, talvolta di cigolii stridenti. La velocità era aumentata notevolmente e i rumori erano parecchio aumentati di intensità. Dopo due mesi la pressione diventava quasi insopportabile e il freddo aumentava. Altri quattro mesi passarono e Marco era uno degli unici marinai a sopportare il gelo; si stava già attraversando la faglia e la velocità era in aumento. Dopo tre settimane lunghe e difficili i 18 km di profondità si fecero sentire ancor di più e l’ aria si respirava ormai a fatica. Le sofferenze durarono ancora a lungo finché una notte, mentre tutti dormivano, un riverbero e uno scossone svegliarono tutti i marinai e un fischio acuto li assordò. Marco guardò fuori dall’ oblò e, per la prima volta dopo tre anni, non vide della acqua: il Walrus stava galleggiando sopra, e non sotto, una distesa di acqua dolce. Marco Cavazzoli 23 Le nostre recensioni Il romanzo d’avventura “Il richiamo della foresta” è stato scritto dall’americano Jack London nel 1903. Il protagonista è un cane di nome Buck, un incrocio tra un pastore scozzese e un San Bernardo che vive i suoi primi 4 anni di vita come un cane di famiglia. Educato e benvoluto dal giudice Miller, finché per il tradimento di un giardiniere viene venduto a delle persone che cercano dei cani di forte muscolatura e pelo lungo che sarebbero serviti come cani da slitta ai cercatori d’oro per arrivare sulle montagne del Klondiche. A Buck, la vendita, fa scoprire quanto può essere terrificante il dolore di essere picchiato e impara a conoscere il bastone. Durante le sue corse faticose si risvegliano i suoi istinti primordiali. L’incontro con John Torton gli fa conoscere l’amore assoluto e la dedizione totale, ma quando il suo padrone morirà, Buck sceglierà la libertà nella foresta e si unirà a un branco di lupi diventandone il capo. Il romanzo è ambientato nella regione del Klondiche nel Nord America alla fine dell‘ 800 al tempo dei primi scopritori d’oro. Il libro è avvincente e di facile lettura, mi è piaciuto moltissimo e ho trepidato per la sorte di Buck. L’autore fa capire bene com’era difficile la vita tra le montagne del Klondiche dove: se non mangi vieni mangiato, se non uccidi vieni ucciso. Il romanzo d’avventura “Il Conte di Montecristo” è stato scritto dal francese Alexander Dumas. Il protagonista è Edmon Dantes e il titolo del libro deriva proprio dall’identità che assume Dantes per compiere la sua vendetta contro i suoi nemici. L’innocente Edmond è stato imprigionato nel Castello d’If, una tetra prigione di stato, per volere di un magistrato e per la gelosia di alcuni suoi rivali, ma dopo 14 anni riesce a evadere, s’impossessa di un tesoro, cambia identità assumendo quella dell’enigmatico Conte di Montecristo. Sarà in questo modo che si insinuerà nell’esistenza dei suoi ricchi nemici, portando a termine la sua vendetta. Il romanzo è stato ambientato in Francia, al tempo della Restaurazione della monarchia di Luigi Filippo. Il libro è molto lungo, è un intreccio di storie veramente appassionante, lo scrittore fa capire che lusso, ricchezza e odio non sono alla base della felicità di un uomo e inoltre fotografa molto bene l’800. Il romanzo d’avventura “Le Tigri di Mompracem” è stato scritto nel 1900 dal veronese Emilio Salgari, datato di una fervida fantasia, scrisse numerosi libri i quali non gli permisero di vivere in condizioni agiate e la povertà fu una delle sue cause del suo suicidio avvenuto a Torino nel 1911. 24 Il protagonista è Sandokan, un pirata tanto temuto dai colonizzatori inglesi da essere soprannominato la Tigre della Malesia. E’ alto, molto muscoloso con la pelle olivastra e lunghi capelli neri. E’ dotato di sentimenti estremi: come ama alla follia Marianna così odia gli inglesi che gli hanno sterminato la famiglia. E’ temuto per le sue imprese e i suoi pirati, i tigrotti, sono disposti a seguirlo dappertutto e a dare la vita per lui. La cosa che teme di più non è la morte, ma di perdere la Tigre che è in lui. Sandokan dopo tante imprese e disavventure finalmente riesce a sposare Marianna, nipote dell’inglese Lord Guillonk e dopo un’ultima violente battaglia dice addio alla Tigre, agli assalti e alle vendette per vivere una vita tranquilla con la sua amata. Il romanzo è ambientato nel 1849 nelle isole del Mare Malese. Il libro è ricco di descrizioni, Salgari descrive dettagliatamente il cielo, il mare, la foresta, gli alberi di banani, i feroci animali e gli abitanti. Vengono descritte le usanze e tutti i preparativi che precedono le battaglie. Il libro è bellissimo, coinvolgente, ricco di colpi di scena e mi ha stimolato la fantasia. Salgari utilizza un linguaggio semplice, scorrevole con molti dialoghi. Questo romanzo insegna a non arrendersi mai davanti alle difficoltà e che bisogna lottare per quello che si desidera. Tutti e tre i romanzi mi sono piaciuti moltissimo, in tutti e tre il protagonista vive la brutta esperienza del tradimento (Buck viene venduto dal giardiniere, Dantes tradito dai conoscenti e Sandokan ha perso la famiglia e il regno a causa dei colonizzatori inglesi) porta avanti la vendetta contro coloro che gli hanno rovinato la vita e alla fine ottiene ciò che desidera e ritrova soprattutto la pace interiore. Tutti i romanzi insegnano che per ottenere qualcosa è spesso necessario lottare e non arrendersi di fronte alle difficoltà di cui la vita è piena. Matteo Serri 25 San vincenzino news Carnevale 2013 26 27 28 29