Navigano su Internet, postano e bannano, ne sanno sempre una più del Diavolo che ciascuno di noi ha la presunzione di sentirsi. «Alla rivoluzione mediatica ci si prepara combinando quel che è flusso (Internet) e quel che argina il flusso dandogli ordine (i giornali scritti). L’unica cosa che non si può fare è ignorare la sfida, negare la rivoluzione, opporle sante alleanze conservatrici del vecchio»: parole e musica di Barbara Spinelli su «la Repubblica». Prendete nota, please. Alberto Cavallari, il direttore che traghettò il «Corriere della Sera» oltre gli anni bui della P2, ha scritto: «Per ciò che mi riguarda, come operaio che ha lavorato nella fabbrica del presente, non mi pongo mai la domanda se sono stato obiettivo. Mi chiedo solo se sono stato sincero». Ecco una solida base di partenza, di discussione. Gli aspetti scientifici non devono mai farci perdere di vista la tensione etica. Internet o non Internet, il giorrnalista rimane un testimone. Deve informare, prima che giudicare. Se le tirature sono crollate, non è colpa esclusiva del Belzebù paratelevisivo. Gli alibi frenano la crescita, ovunque. diversi usati dai commercianti per i loro prodotti. Un pubblico si conquista, gli amici si meritano. E bisogna meritarli sempre, senza interruzione, correndo ogni giorno il rischio di contraddirli e di perderli. La fiducia dei miei lettori è certamente un bene prezioso, ma io non ne ho l’usufrutto: essi sono sempre liberi di riprendersela quando vogliono. D’altra parte preferisco mille volte perdere la loro fiducia piuttosto che tradirla». Si parla di scrittori e non di giornalisti, e la traduzione di pubblico & amici potrebbe generare maliziose allusioni (amici di chi: dell’editore?), a maggior ragione in 25 ANCHE DARWIN L’AVEVA PREVISTO Resistere, resistere, resistere. Charles Darwin ci guarda dall’alto e sghignazza. L’aveva scritto in tempi non sospetti che sarebbero sopravvissuti i più «favoriti», i più forti, i più adattabili. D’accordo, si riferiva alle specie animali e vegetali, ma la teoria dell’illustre naturalista britannico sembra tagliata su misura anche per i giornali e i giornalisti. Non si contano le testate che chiudono o passano sul web. A ogni pensionato, le aziende stappano champagne. Eppure la lotta continua, ed è bello che sia così. Il giornalismo non è (soltanto) un mestiere che si fa con passione. È una passione che si fa per mestiere. Un sogno che continua. Nonostante far west e far web. CERCHIAMO DI SORRIDERE CON I GRANDI DELLA SATIRA POCHI LETTORI E NON MOLTI TIFOSI Prendete i giornali sportivi, che poi riassumono la polpa della mia materia: a forza di confondere i lettori con i tifosi, si sono ritrovati con pochi lettori e non molti tifosi, dal momento che la faziosità ha istinti tribali, vampireschi, vorrebbbe succhiare sangue persino dai pretesti più insignificanti, dagli argomenti più innocui. Georges Bernanos, scrittore francese (1888-1948), non ha dubbi: «Viene il momento in cui uno scrittore deve scegliere tra il pubblico e gli amici. Io ho scelto gli amici. Un pubblico si guadagna e si conserva con mezzi non molto un Paese come il nostro, così attratto da inciuci e compro-messi, nel senso letterale di comprare i messi, i messaggeri, gli interlocutori. Sono fili d’Arianna che giro ai giovani che battono i marciapiedi della cronaca nuda, come si faceva in passato, o frequentano le scuole di giornalismo, come si fa adesso. Dall’alto in senso orario: l’ultimo tifoso di Armstrong, Draghi cavalca l’euro, il nuovo idillio europeo, pre-elezioni in America ed il trionfo di Obama, nuovo Cesare e portato a spasso da Lincoln. Lo Sport di Carrà... La Mostra alla Fondazione Ferrero di Alba aperta sino al 27 gennaio 2013 uel piccolo gioiello che è la piemontese Alba, capitale del fast food dolciario, dove c’è chi sa dosare sapientemente le nocciole delle colline coi tartufi della pianura ma anche mostrare come l’iniziativa privata possa sopperire a quella pubblica. L’esempio viene dalla Fondazione Ferrero nella cui sede, incastonata in un centro sportivo da sogno a due passi dall’omonima industria famosa nel mondo, vengono allestite mostre che attraggono turisti ad ogni stagione. Dopo Morandi, ecco Carrà dalle origini ai suoi ultimi capolavori: e per la prima volta sono presenti tutte le sue opere che riguardano lo sport. Una mostra essenziale che vale la pena di visitare (è aperta sino al 27 gennaio, ingresso gratuito) perchè c’è davvero tutto Carrà a cominciare dal tennista (Il figlio del costruttore) che abbiamo ripreso, datato Q 1917-1921, una composizione metafisica per la quale Mario Broglio offrì all’autore 2.500 lire, una somma favolosa per l’epoca ma che venne rifiutata dal pittore che aveva impiegato tre anni per realizzarla preso da pentimenti ed eccessi di precisione. Il lungo percorso del pittore mandrogno passato attraverso futurismo e poi metafisica, “vere e proprie icone dell’arte del ‘900 – come scrive Maria Cristina Bandera nel suo catalogo – con le quali il pubblico potrà tornare a scoprire il lungo percorso compiuto da Carrà, protagonista dei grandi movimenti delle avanguardie italiane e interprete di un nuovo linguaggio altamente narrativo e di grande suggestione”. Anche quando parla di sport, Carrà è eccezionale: fermarsi davanti al quadro dedicato al mondiale vinto nel ‘34, significa tornare nel passato, vivere nell’immagine diventandone quasi protagonisti. r.m. “Lavorare, creare e donare” è il motto della Fondazione Piera, Pietro e Giovanni Ferrero di cui è presidente Maria Franca Ferrero. “A chi vuole prendere parte a questo nuovo appuntamento – scrive la stessa Ferrero nel magnifico catalogo curato da Maria Cristina Bandera – rivolgo un invito alla gioia di ammirare l’arte che da sempre è una preziosa fonte di benessere cui attingere per rendere migliore la nostra vita”. Nelle foto di Sport Universitario l’ingresso della Fondazione e l’immenso Centro Sportivo con la Scuola calcio che ha come uomo immagine il popolare calciatore Kaka. 26 e lo Sports Illustrated di Gnoli... D omenico Gnoli per diventare noto in Italia ha dovuto affermarsi prima in America. “Scoprirlo” attraverso le copertine di Sports Illustrated di cui negli anni 60 fu uno degli autori più prestigiosi significa ripercorrere il cammino della famosa rivista sportiva del mondo ma soprattutto anche l’iter artistico di questo romano al quale sembravano aprirsi in gioventù le porte della scenografia più che della pittura. Soltanto emigrando dapprima a Parigi e poi a New York riuscì a scrollarsi di dosso questa patina che non lo soddisfaceva e fu appunto attraverso Sports Illustrated ed altre prestigiose riviste come Fortune, Life, Holiday che si affidavano volentieri a giovani pittori emergenti, se ebbe modo di esprimere la sua arte poi diventata pittura con mostre che lo resero famoso. Anche Franco Maria Ricci gli dedicò una delle sue prestigiose monografie con la penna di Vittorio Sgarbi. Una pittura la sua quasi sempre in contrasto con quelle dell’epoca come appare dai giudizi dei critici a loro volta divisi dalla sua “immaginazione fertile” troppo lontana dalla tradizione e dalle tendenze egemoni degli Anni Cinquanta. Più avanti comunque Marchioni sottolineava che nonostante il collegamento con l’arte pop 27 americana, risentiva comunque di una “costante metafisica” come testimoniava la sua presenza nella mostra alla galleria Krugier presenti anche artisti come De Chirico, Carrà e Morandi. Per Barilli nelle sue opere emergeva un clima di “nuova oggettività” con la quale recuperava “l’autenticità di rapporto con i vari aspetti del mondo”. Nell’osservare a distanza di anni le copertine “dipinte” negli Anni 60 per la rivista sportiva americana, pur dovendo sottostare a regole di lettura abbastanza comprensibili, lo spirito di Gnoli affiorava nel tratto ma anche nell’autenticità dell’azione agonistica come si può notare nella scivolata del baseball e nella presa del football americano. I fantini, la vela, la scalata, le barche, i colori dell’Idaho sono soggetti tali da ben ispirare l’artista profondo conoscitore del mondo sportivo. Come riporta l’Enciclopedia Treccani nel numero di agosto del 1960 di Sports illustrated dedicò una serie di dipinti ad uno scritto di R. Graves sui giochi nell’antica Roma, The gaudy games of Rome, e nell’autunno inoltrato espose in una collettiva, “Eight Young Europeans”, itinerante tra la Bianchini e la Closson Gallery di Cincinnati. Nel 1961 trascorse un periodo in Italia, dove lavorò ad alcune incisioni, tra cui Man with fish, un ritratto di B. Shahn, omaggio al grande artista incontrato a New York, della cui influenza Gnoli risentì molto. Alla fine dell’anno uscì un libro scritto e illustrato da G. Orestes or the art of smiling (London-New York 1961), la storia di Oreste, principe di Terramafiusa, che a venti anni non ha imparato a sorridere e deve essere istruito a farlo. Le tavole originali furono presentate dal 20 novembre al 12 dic. 1961 alla galleria Bianchini, e nell’ottobre dell’anno successivo alla Hazlitt Gallery di Londra. Nel giugno del 1962 separatosi dalla moglie,americana si stabilì prima a Roma, poi, nell’autunno, a Parigi continuando a creare illustrazioni per le riviste americane attraverso il suo agente T. Riley, col quale era in rapporto dal 1960. Nel 1962 lavorò per Show, per Fortune, per Sports illustrated: si tratta spesso di illustrazioni di reportage creativo., come per esempio le tavole per un articolo di R.A. Smith (Fortune, giugno) sulla base spaziale di Cape Canaveral, suggerite da una visita alla base compiuta nell’aprile di quell’anno. Sono immagini strutturate e complesse, caratterizzate dalla prospettiva verticale e dall’abbondanza di particolari e di narrazione spiritosa, come le rampe di lancio, la sala dei computer, le postazioni televisive, o come le tavole dedicate a giochi praticati in America Latina (Sports illustrated, 12 nov. 1962) legati al passato precolombiano, frutto di un viaggio compiuto nell’estate del 1960. Nelle foto in alto, Parigi 24 agosto 1947, la nazionale universitaria italiana allo stadio di Colombes sfila ai primi mondiali dello sport goliardico del dopoguerra. In testa con la maglia colorata d’azzurro, Enzo Civelli, fondatore e primo presidente del Cus Trieste alla cui famiglia appartiene la foto utilizzata per la copertina del libro “Diario gialloblu” di Michele Scozzai, storia del movimento sportivo triestino. I Giochi non si chiamano ancora Universiade (al singolare) come avverrà per Torino 1970, nella seconda foto, con l’ingresso al Comunale della delegazione del Cusi. In basso, ritorniamo indietro al 1927 quando Roma ospitò il primo vero Mondiale universitario con la vittoria degli azzurri nel calcio grazie ai fuoriclasse che avrebbero vinto l’oro all’Olimpiade. Ecco i campioni impegnati nel saluto romano. Nell’altra foto l’inaugurazione del Comunale torinese con l’ingresso delle rappresentative partecipanti ai Littoriali del 1933 comprendenti sport e cultura. Dallo Sport Universitario Italiano L o sport universitario italiano è sempre stato in prima linea nell’organizzare ed “inventare” manifestazioni che poi sarebbero state copiate ed ampliate in Europa e nel mondo. Al di là degli scopi che erano alla base di questi movimenti, resta il fatto che la gioventù, fosse essa del littorio o del Guf, partecipava ai campionati, ne abbozzava altri, creando con l’entusiasmo quello che altri cercavano di realizzare con la tecnica. La prima edizione dei Giochi mondiali universitari vennero organizzati nel 1923 dall’UNEF (Union National des Estudiantes Française) nobilitati dalla presenza di un campione olimpico, lo statunitense Charlie Paddock (nella foto), famoso perchè a cominciare dai 20 anni stabilì dodici primati del mondo, dai 100 metri (un eccezionale 10”2) alle 220 yards. Fu capitano dei marines nella seconda guerra mondiale e morì nel Pacifico: il suo nome venne dato ad una nave. Dopo le manifestazioni studentesche di Varsavia (1924) e Praga (1925) toccò a Roma nel 1927 28 organizzare i primi veri Mondiali Universitari dal 24 agosto al 4 settembre. Vi parteciparono Austria, Cecoslovacchia, Estonia, Francia, Gran Bretagna, Haiti, Ungheria, Polonia, Svizzera e Italia con un complesso di 320 atleti, mentre a Pallanza, sul Lago Maggiore, il mese successivo, l’11 settembre, fu il momento dei mondiali di canottaggio. Nell’occasione venne stampato uno dei pezzi più ricercati della filatelia sportiva, la prima “meter cancel”. Il calcio fu il grande protagonista con le quattro nazionali che in quei tempi esprimevano il meglio del calcio europeo, Italia, Austria, Ungheria e Svizzera. Battendo l’Austria per 3 a 0 gli azzurri si aggiudicarono il primo trofeo ripetendosi l’anno dopo a Parigi, stavolta davanti all’Ungheria. L’Italia schierava molti elementi che avrebbero partecipato l’anno dopo all’Olimpiade di Amsterdam o giocato nella Nazionale A come Bernardini, Pitto, Foni, Sallustro, Borel II° e Varglien I°. Questi i risultati: Italia-Svizzera 10-1, era il 28 agosto data ufficiale del primo incontro di calcio il battito per il mondo ai Giochi universitari: Giuliani fece 4 gol e capitan Bernardini “mise cavallerescamente nelle mani del portiere svizzero un calcio di rigore”. Italia-Austria 3-0, Italia-Ungheria 1-0, Ungheria-Svizzera 5-0, AustriaSvizzera 11-0 e Austria-Ungheria 3-1. Classifica finale: 1) Italia, 2) Austria, 3) Ungheria, 4) Svizzera. Un particolare curioso che anticipava i tempi: nell’edizione del 1930 a Darmstard, in Germania, nell’incontro Italia-Germania 2-1 vennero utilizzati due arbitri “considerata l’insufficienza dimostrata da quello che aveva diretto la fase iniziale”: Werz nel primo tempo e Weingartner nella ripresa! Nella Nazionale universitaria del 1936 militavano cinque azzurri che poi vinsero ai giochi olimpici. Proprio per ospitare i primi Campionati nazionali universitari a Torino, sotto l’egida del Guf, Gioventù Universitaria fascista, venne costruito a tempo di record lo stadio su ordine perentorio di Mussolini il 29 quale si dedicò anche l’impianto, dopo il fallimento del faraonico impianto dei 100mila che venne iniziato e mai portato a termine nell’attuale zona del Politecnico. Lo stadio, ora divenuto Olimpico, venne inaugurato il 14 maggio 1933 appunto con i Littoriali studenteschi ed il 29 giugno ospitò la prima partita di calcio fra Juventus e Ujpest per la Coppa Centrale, equivalente alla Coppa dei Campioni. Littoriali che nel dopoguerra si trasformarono in campionati universitari con la prima edizione a Bologna nel 1947 e l’anno successivo a Torino. Tornei, non soltanto sportivi ma anche culturali, autentiche arene nelle quali si sono cimentate le grandi firme del giornalismo sportivo attraverso le cronache di Sport universitario e dei loro giornali: anche in questo caso è doveroso citarne soltanto alcuni come Gianni Brera, Giulio Signori, Giampaolo Ormezzano, Sergio Neri, Aldo De Martino, Angelo Pinasi, Fulvio Astorri, Toni Bellocchio, Candido Cannavò e così via. Gianni Brera si confidava sulle pagine del giornale universitario raccontando come il mitico Baloncieri l’avesse sconsigliato di fare il calciatore: “Fa’ l’avocat” gli diceva. “oppure lancia le ali come ti dico”. “Cavaliere – ribatteva Brera – lanciare le ali rasoterra è difficile perchè...”. “Fa l’avocat, crapotti – ingiungeva il cavaliere strizzando gli occhietti furbi ed inquieti”. Ma neppure nella scelta della facoltà universitaria ho voluto obbedirlo: all’Università scoprii che per remare sull’otto mi sarei dovuto alzare alle sette; che il rugby non conciliava con il mio tocco di palla; che il pugilato, al contrario, sovveniva alle deficienze della mia pensione di povero. E mi prestai, mastodontica cavia, agli esperimenti dei miei compagni già “impostati”. Ma ai Littoriali di Torino del ‘33 presi parte quale addetto stampa, non per questo cessando di tirare i miei bravi uppercut (e di pigliarne assai di più). Da quel giorno difendo lo sport goliardico con i pochi colpi del mio repertorio. E come l’Università esprime la classe dirigente del Paese, così lo sport goliardico deve esprimere la classe dirigente dello sport nazionale”. La nascita dei Giochi invernali universitari risale al 1928 con sede a Cortina d’Ampezzo e la partecipazione di un centinaio di universitari maschili e femminili. Le gare si svolsero dal 22 al 29 gennaio e fu l’inizio di una manifestazione che avrebbe avuto un seguito con Davos (1930) Bardonecchia e Borgonovo (1933: prima emissione di annulli postali con la scritta Universitari Internazionali) St.Moritz (1935) Zell-am- See (1937) e Lillehammer (1939). Ai Giochi Mondiali universitari parteciparono fra gli altri due dei più famosi esponenti dell’atletica internazionale a cominciare da Ondina Valli, che poi nel ’36 avrebbe vinto la prima medaglia d’oro femminile negli 80 ostacoli a Berlino: a Torino vinse nei 100 piani, negli 80 ad ostacoli, nel salto in alto e nella staffetta 4x100. L’altro universitario era Luigi Beccali che aveva appena vinto nel ’32 la medaglia a Los Angeles nei 1.500 e che vinse a Torino nella stessa specialista. Per i giochi di Torino vennero stampati i primi francobolli nonché sei cartoline “goliardiche” raffiguranti cinque sport, atletica, scherma, pallanuoto, rugby e tennis, allora fra i più popolari, calcio a parte. Al torneo di calcio parteciparono Italia, Germania, Ungheria e Lussemburgo che si classificarono nell’ordine, nonché Lettonia e Lussemburgo. Gli azzurri furono primi grazie al quoziente reti. I risultati: Italia- Lettonia 7-1, Germania-Ungheria 4-2, Italia-Germania 3-1, Ungheria-Lettonia 7-0, Ungheria-Italia 1-0, Germania-Lettonia 10-0. g.g. Nasciuti e D’Elicio nella nuova Fidal di Giomi di Maurizio Caldarelli atletica leggera per Alfio Giomi, neopresidente della Fidal, è la vita. La regina delle discipline olimpiche ha probabilmente trovato la persona giusta, anche se ha anticipato che quell’ambita sarà sua solo per quattro anni: «Se mi chiederanno di rimanere – dice – vuol dire che non ho fatto bene e che mi verrà concessa una seconda chance». Il 64enne dirigente maremmano è così, senza peli sulla lingua. Nella sua filosofia di vita è il campo a dire se hai lavorato bene o male. Prima di raccogliere il 60,7% dei consensi all’assemblea elettiva del 2 dicembre scorso a Milano, Giomi è stato vicepresidente di Gianni Gola, capodelegazione azzurro in un paio di Giochi, ma si è soprattutto fatto conoscere nel mondo per l’organizzazione del Meeting citta di Grosseto, che ha avuto l’onore di ospitare i migliori atleti al mondo, e per aver portato Europei e Mondiali Juniores in Maremma, con risultati organizzativi mai visti in passato. Alfio Giomi, che ha coronato a Milano un sogno inseguito per anni (e bastavano i suoi occhi lucidi per capirlo), vuole portare il bagaglio personale, le esperienze maturate nella sua Grosseto (era anche il massimo dirigente dell’Atletica Grosseto Banca della Maremma) al servizio di uno sport che ha bisogno di una rivoluzione per tornare ai vertici. «Deve essere – spiega – una rivoluzione L’ D’Elicio e Nasciuti col loro presidente Cusi, Coiana. nel sistema, nell’approccio. La Fidal è stata vista finora come il Palazzo, invece deve essere un luogo di servizio per gli atleti e per le società; deve essere aperta a tutti, per poter dare risposte concrete». Al momento del suo insediamento, che situazione ha trovato? «Ho avuto conferma di una situazione che immaginavo e cioè di una federazione lontana anni luce da società e atleti. Avevo questa percezione da fuori: adesso vediamo di cambiare questo stato di cose. Abbiamo un miliardo di cose e purtroppo incombe la stagione indoor. Abbiamo un gruppo di atleti su cui puntare agli Europei. Io ci credo e sarà la maniera migliore per iniziare questa avventura». Un’avventura che Giomi affronta con l’entusiasmo di un ventenne e l’esperienza di chi ha passato una vita sulle piste e sulle pedana a coltivare talenti. I suoi vice presideti saranno Enzo Parrinello e Mauro Nasciuti: per quest’ultimo una grande L’INGEGNERE DELL’ATLETICA RICCARDO CUOR DI LEONE Come è facile evincere dal curriculum, la storia dell’ing. Mauro Nasciuti come dirigente sportivo nasce dalla sua grande passione per l’atletica leggera. Da lì, attraverso l’attività di base societaria che si è sviluppata in seno al Cus Genova, e si è quindi unita ad una militanza polisportiva universitaria, Nasciuti ha raggiunto alcuni traguardi anche prestigiosi, che non riguardano solo l’atletica ma anche altre discipline, sia in ambito nazionale che internazionale. E una delle soddisfazioni maggiori, nonostante sia la più recente, è l’aver ottenuto la vice presidenza della FIDAL, una carica di grande rilievo, che va a chiudere il cerchio proprio da dove l’avventura era iniziata. Non dimentichiamo la sua presenza nella commissione mondiale della Fisu, la sua cultura in tutti gli sport, la sua conoscenza enciclopedica dei personaggi, difficile coglierlo in imbarazzo, lui sa davvero quasi tutto. Ed è la conseguenza della passione, del suo raziocinio universitario, dell’entusiasmo professionale che mette in ogni sua azione, anche la meno importante. Sintentizzare quello che ha fatto D’Elicio nella sua lunga stagione torinese (e mondiale) è impossibile. Come un libro, anzi un’enciclopedia. D’accordo che ha seguito le orme di Nebiolo, d’accordo che ha raccolto una grande eredità ma lui ha saputo gestirla da par suo, innovando nel giusto limite, realizzando anche quello che non sembrava realizzabile, creandosi attorno uno staff invidiabile, di gente esperta, donne e ragazze votate al lavoro e alla dura disciplina dell’impegno richiesto in campo internazionale. Grazie anche alla moglie, sempre in prima linea, e due figli d’oro. Ha saputo elevarsi culturalmente, dal diploma alla laurea, ha giocato a basket, ha saltato (bene) nell’alto (2,10) per una decina d’anni si è votato ai Giochi delle elementari coinvolgendo annualmente 15 mila bambini sino ai 52mila spettatori della finale del Grand Prix IAAF di Atletica di Torino organizzato nel 1992, ha organizzato quasi tutto di quanto organizzabile, anche un’Universiade di grande spessore e successo. Ora con Nasciuti dovrà contribuire a rilanciare la Fidal: ha già acceso i motori. E BELTRAMI NELLA FEDERMEDICI SPORTIVI DI CASASCO Anche per un altro consigliere Cusi un importante riconoscimento a livello nazionale: Gianfranco Beltrami è stato chiamato a fare parte del consiglio della Federazione Medico sportiva di cui è stato riconfermato presidente Maurizio Casasco. “Lotta al doping e promozione dello sport terapia saranno i pilastri sui quali imposterò il mio mandato” ha detto Beltrami che è anche presidente della commissione medica della Federazione mondiale baseball. “Nel campo della medicina sportiva – ha proseguito – l’Italia è un Paese all’avanguardia e merita di consolidare la propria leadership”. 30 rivincita, un ritorno che lo ripaga ampiamente per essere stato messo in disparte dopo quello che aveva fatto per l’ atletica italiana anche in campo internazionale. Con lui entra nel consiglio anche un altro presidente Cus, Riccardo D’Elicio, tanta esperienza a Torino ma anche nell’ambito mondiale attraverso l’Universiade e manifestazioni ricche di prestigio. I PRESIDENTI DELLE FEDERAZIONI Aero Club ACI Disciplina sportive da caccia Atletica leggera Automobil Club d’Italia Badminton Baseball Softball Canoa e Cayak Canottaggio Ciclistica Comitato Italiano Paralimpico Cronometristi Danze Sportive Ginnastica d’Italia Gioco Calcio Golf Handball Hockey su prato Hockey e Pattinaggio Lotta Pesi Judo Medici sportivi Motociclistica Motonautica Nuoto Pallacanestro Pallavolo Pentathlon Moderno Pesca Sportiva e subacquee Pesistica e Cultura fisica Pugilistica Rugby Scherma Sci nautico Sport del Ghiaccio Sport Equestri Sport Invernali Squash Taekwondo Tennis tennis tavolo Tiro a segno Tiro a volo Tiro con l’arco Triathlon Vela 31 Giuseppe Leoni Felice Buglione Alfio Giomi Angelo Sticchi Damiani Alberto Miglietta Riccardo Fraccari Luciano Buonfiglio Giuseppe Abbagnale Renato Di Rocco Luca Pancalli Giancarlo Ravà Christian Zamblera Riccardo Agabio Giancarlo Abete Franco Chimenti Francesco Porromuto Luca Di Mauro Sabatino Aracu Matteo Pellicone Maurizio Casasco Paolo Sesti Vincenzo Iaconianni Paolo Barelli Gianni Petrucci Carlo Magri Lucio Felicita Ugo Claudio Matteoli Antonio Urso Franco Falcinelli Alfredo Gavazzi Giorgio Scarso Silvio Falcioni Giancarlo Bolognini Antonella Dallari Flavio Roda Siro Zanella Massimo Verdina Angelo Binaghi Franco Sciannimanico Ernfried Obrist Luciano Rossi Alvaro Carboni Luigi Bianchi Emilio Carlo Croce Io e il colesterolo Sono a dieta dai tempi dell’esame di maturità. Facevo già sport ad alto livello, cercando di fare convivere i libri con la mia passione per la canoa e dovevo seguire un’alimentazione molto rigorosa. Tanto per dire, alle Olimpiadi Barcellona nel 1992, il massimo che mi veniva permesso era la pasta con il formaggio grana, senza burro o altri condimenti. In verità, secondo gli specialisti che mi seguivano, avrei dovuto mangiare i maccheroni senza neppure il parmigiano, appena scolati, tristissimi. Ma non sempre ce la facevo, e di nascosto, diventava tremendamente appetitoso. Ve l’assicuro. Eppure, nonostante cinque Olimpiadi (oltre a Barcellona anche Atlanta, Sydney, Atene e Pechino) e vent’anni di dieta, con piccoli sgarri, qualche mese fa mi sono accorto di avere il colesterolo alto. Rabbia e sorpresa. L’ho scoperto sottoponendomi ai soliti esami di routine, anche se qualche piccolo segnale, a onor del vero l’avevo avuto qualche tempo prima, perché mi sentivo stanco, e soprattutto avevo messo su peso. Dalla piena forma fisica degli 83 chili, nel lungo periodo delle Olimpiadi, ero passato a 87-88, che vanno benissimo per carità, visto che sono alto un metro e 86. Ma poi avevo raggiunto i 98 chili, che sono ivece decisamente troppi. La ragione è semplice: mi sono lasciato andare. Sono golosissimo, vado spesso a cena fuori casa e non riesco a rinunciare ai dolci al cucchiaio. Che mi piacciono da morire. Certo, dopo avere scoperto che il colesterolo era salito oltre i limiti, il mio piatto standard ha radicalmente cambiato aspetto, purtroppo: è diventato il farro con pomodorini e sedano. Che supplizio per una persona come me, che ama i cibi più calorici e ricchi di grassi come dolci, gelati e tiramisu. Soo ghiotto anche di formaggi e nel Lecchese, dove sono nato e risiedo, ce ne sono veramente di buonissimi, come i taleggi. Ma le tentazioni si presentano anche quando viaggio. Nell’Italia del sud, ad esempio, impazzisco per la mozzarella di bufala e la burrata. Ogni volta devo fare uno sforzo enorme per resistere, e mi sembra strano, per uno che ha sempre praticato sport ad alto livello come me. di Antonio Rossi Pensavo che l’attività fisica creasse una sorta di scudo e mi rendesse quasi invulnerabile… Invece non è così. Se in più aggiungete che, dal 2009 allo scorso anno, ho anche ridimensionato moltissimo gli allenamenti, il gioco è presto fatto. Quando ero nel pieno della mia attività sportiva mi allenavo sette ore al giorno. Poi sono passato ad una e neanche tutti i giorni, complici gli impegni vari. Nel frattempo sono diventato assessore allo sport alla Provincia di Lecco e presidente della commissione atleti europei. Questo significa meno esercizio fisico e molte più cene, aperitivi… Certo, ero così lontano dall’idea di avere il colesterolo che quando il medico mi ha letto l’esito delle analisi, ho risposto. “Ah, 235 di colesterolo, ma quello buono, vero?” “Niente affatto” ha commentato lo specialista. Quindi mi sono messo nuovamente a dieta. Frutta, verdura, pesce, carne bianca e legumi, cereali integrali. Banditi di colpo i miei amati formaggi e i dolci che inizialmente sognavo anche di notte. La dieta mi è stata prescritta da mio fratello Stefano che fa il geriatra a Lecco e si occupa molto dei problemi legati al colesterolo alto (in primis) le malattie cardiache, come l’infarto. Devo dire che adesso sono diventato piuttosto ligio e mi attengo scrupolosamente alle indicazioni del medico. E le mie analisi sono tornate, in poco tempo, a livelli normali. Però ogni tanto qualche piccolo strappo alla regola me lo concedo (o meglio, vorrei concedermelo). Un esempio ‘Quando vado da McDonald’s con i miei figli, Angelica di 12 anni e Riccardo di 11, mi piacerebbe abbuffarmi di hamburger. Ma interviene implacabilmente mia moglie Lucia. Ci pensa lei a tenermi in riga. (Fonte: Vanity Fair) La Lecture di Pablo Picasso esposta nella Mostra a Palazzo Reale di Milano oltanto Augusto Frasca poteva scrivere un libro come questo, una storia di un personaggio che è la storia dello sport italiano. Cioè, com’è scritto nel titolo del libro edito dal Coni e dalla Fondazione Giulio Onesti a 100 anni dalla nascita, colui che fece di uno “sfascio, una riserva biblica”. Perché prendere in mano la situazione dello sport italiano a pochi mesi dalla conclusione della terribile guerra che devastò il paese e l’animo delle genti, significava entrare in contrasto con tutto quanto sino ad allora era stato il predominio, oltretutto con una classe politica che bollava lo sport come espressione del fascismo quindi argomento delicato, anzi indelicato, da scartare alla prima occasione. L’investitura di Onesti sotto molti aspetti ci ricorda quella successiva di Papa Giovanni, il Papa Buono, cioè personaggi che non davano fastidio, chiamati soltanto a portare avanti un progetto che altri, più importanti, più vicini al comando supremo, avrebbero poi sviluppato. E che si rivelarono invece grandi condottieri, superiori di gran lunga ai politici, fossero del governo o della chiesa, che diedero loro spazio “pro tempore”. L’abilità di Onesti, come ha sottolineato Antonio Ghirelli nella sua introduzione, fu quella di appoggiarsi ad elementi ereditati dal regime, ex fascisti come Saini e Zauli capaci di offrire una grande esperienza ed una fedeltà assoluta. Personaggi ai quali Frasca ha aggiunto Garroni e Fabjan, nonché un comunista come Mario Vivaldi che ebbe particolare importanza nel servizio tecnico-sportivo e nella Scuola centrale dello sport. Dopo avere abbandonato dopo quattro anni la saletta di un albergo romano, salendo lo scalone del Foro Italico, come ricorda Frasca, Onesti portava sottobraccio due testi in edizione economica degli Annali di Tacito e il Principe di Machiavelli, proprio per frequentare il latino che Onesti, il Kissinger dello sport testi di Giorgio Gandolfi Un libro di Augusto Frasca a 100 anni dalla nascita S Giulio Onesti col suo nume tutelare, l’onorevole Giulio Andreotti. gli era congeniale coi suoi studi e i testi capaci di tenere allenata la scienza del comando. Così Onesti seppe districarsi dalla torma di servi per evidenziare i seguaci, assieme ad un “illimitato principio di autoconservazione”. A Frasca, nell’ultimo decennio, dobbiamo attraverso i libri testimonianze preziose, diremmo lungimiranti: da solo o assieme ad illustri colleghi, ha coperto spazi vuoti con progetti di cui avvertivamo la mancanza. Come non citare in proposito le due eccezioni dedicate al calcio, col volume dell’Enciclopedia Treccani, assieme ad altre prestigiose firme del comitato scientifico come Tosatti, Montezemolo, l’ex docente bolognese Roversi Monaco, Pescante, Bartoletti, Bortolotti, Cavalli, Gregori e poi, se non soprattutto, l’Enciclopedia Garzanti dello Sport con l’amico Claudio Ferretti, nostra continua e approfondita fonte di informazione. Negli “intervalli” altri gioielli come le opere su Oberweger, Dordoni, Dorando Petri, i libri sull’atletica leggera ed il meraviglioso Roma Olimpica. Questo su Giulio Onesti, raccoglie un’eccezionale documentazione fotografica ed una serie di testimonianze di grandi giornalisti, tipo Gualtiero Zanetti, Sergio Valentini, Giulio Signori, Gino Palumbo, Gian Paolo Ormezzano, Mario Pennacchia, Gianni Melidoni, Alberto Marchesi, Vanni Loriga, Antonio Ghirelli, Mario Gherarducci, Beppe Croce. Li ho citati quasi tutti perché oggi giorno non c’è neppure l’ombra nel giornalismo internauta di oggi. Testimonianze che sono documenti leggibili, ricordabili, memorabili. “Vivere onesti, morire poveri” ricordava l’ex direttore della Gazzetta dello sport, Zanetti. Ormezzano lo definì un “Kissinger dello sport” per il suo impegno sociale e politico a livello mondiale, il figlio di un ingegnere piemontese delle ferrovie che con gli studi si era dato un’istruzione profonda, “che mise tutto al servizio dello sport” lui che arrivò al Foto Italico in bicicletta, appoggiò il velocipede al muro – allora i ladri di biciclette stavano soprattutto nei film – entrò e decise che anziché liquidare il Coni, l’avrebbe fatto più grande”. Era nato a Torino cent’anni fa, il 4 gennaio 1912, figlio di Lino, capo servizio nel ministero dei trasporti che si sarebbe trasferito a Roma cinque anni dopo con la moglie Giuseppina Coppa dalla quale avrebbe avuto altri due figli, Giovanna e Giorgio, quest’ultimo destinato a calcare i palcoscenici della lirica affiancando cantanti come Renata Tebaldi, Del Monaco, Kraus, Anna Moffo. I giornali del ‘32 raccontano dei Littoriali e delle vittorie della Yole con l’equipaggio di Onesti. Dopo la guerra, in prima linea in Jugoslavia, ha 32 anni quando viene nominato prima Reggente e poi Commissario straordinario del Coni. Un mese dopo a Milano, nella sede del Tennis Club, i presidenti di 23 Federazioni lo eleggono presidente. Due anni dopo la firma dell’avvio della gestione diretta del Totocalcio, le prime vincite milionarie che avrebbero cambiato le domeniche degli italiani con introiti, grazie alla schedina, coi quali lo sport italiano raggiungerà traguardi insperati cancellando drasticamente le ombre opprimenti del passato. Frasca è stato bravissimo ed esauriente con l’inserimento di tasselli che sono autentiche testimonianze dei vari periodi. Dalle dimissioni di Fulvio Bernardini, che sbattè le porte lasciando la presidenza della nascente Federcalcio (causa “l’ambiente insincero e di scarsa sensibilità”) ai primi Maestri di sport nel ‘69 tra i quali Pietro Boscaini, Giacomo Crosa, Carlo Devoti, Giuseppe Gentile, Tullio Paratore, per non dire dell’enorme calcolatore nella sala stampa di Monaco “primo visibile utilizzo dell’informatica in edizione olimpica con un archivio elettronico a disposizione dei giornalisti, poi perfezionato dalla Honeywell agli europei di atletica a Roma”. Il 7 luglio del 1978 finiva l’era Onesti “tra le carezze del ponentino” come scriveva da Roma Oscar Eleni per il giornale di Montanelli” con una sentenza del consiglio di stato che ha tagliato senza alcun sentimentalismo qualcosa che in tutti noi se ne stava andando. Nell’aula del Consiglio di Stato lo sport è stato sconfitto”. Insomma, un altro libro da leggere e da ricordare, capace di rinfrescare la memoria grazie alla testimonianza di chi, come Frasca, ha vissuto in prima linea questi anni “storici” per lo sport. Augusto Frasca, “GIULIO ONESTI, LO SPORT ITALIANO” 288 pagine, edito dal Comitato Olimpico Nazionale italiano, Fondazione Giulio Onesti. 32 Giorgio Barberis D’ORO E D’AZZURRO Gli Olimpionici dell’atletica italiana. Edizione Sei Frontiere Daniele Marchesini L’ITALIA A QUATTRO RUOTE Storia dell’utilitaria Edizione Il Mulino Definire eclettico Daniele Marchesini, amabilmente da noi apostrofato “il professore” per il ruolo che ricopre, può sembrare riduttivo. In realtà eclettico in greco significa colui che sa scegliere ed è indubbio che nelle sue opere ha saputo scegliere bene anche se l’accostarsi molto spesso allo sport può indurre a pensare che l’agone abbia un fascino particolare per lui. Certo, Marchesini in gioventù è stato un ottimo atleta, campione d’Italia con la pallavolo assieme a Scotti, Roncoroni e De Angelis, una classe di 33 Non deve essere stato difficile per Giorgio Barberis scrivere questo ennesimo libro: quando si ama l’atletica, come nel suo caso, quando si conoscono i campioni come amici dell’infanzia o della scuola, tutto diventa più naturale, quasi normale. Oltretutto avendone seguiti molti in gara, soprattutto alle Olimpiadi dove questi “cavalieri” dello sport hanno gareggiato e spesso vinto facendo sventolare il tricolore. Campioni che diventano parte del romanzo che si cela nel libro che porta alla luce la storia, a volte inedita di diciassette campioni, gli olimpici dell’atletica italiana. E quando non li conosceva, Barberis ha potuto attingere alla memoria di tanti giornalisti che hanno amato l’atletica al par suo, Barra, Frasca, Menarini e Romeo, l’elite del giornalismo, per non dire di Carlo Monti e di quella grandissima firma che era l’inimitabile Renato Morino. Giorgio ha fatto bene a ricordarlo: ferro, ma sono coincidenze legate al fascino di certi personaggi dell’era moderna che abbondano appunto nello sport, come Coppi e Bartali, come Carnera, Fangio o Ferrari. In realtà ha scritto tantissimo di storia contemporanea come richiedeva il suo ruolo all’Università di Parma ma la popolarità gliel’hanno data questi otto libri che gli hanno procurato tra l’altro due Premi Coni ed un prestigioso Bancarella Sport per ritirare il quale arrivò in bicicletta a Pontremoli sfidando una giornata da lupi sulla Cisa, provocando l’ammirazione di Vittorio Adorni che l’attendeva per la premiazione del libro “Coppi e Bartali”. La sua nona fatica ha richiesto due anni di lavoro e di ricerche ma ne valeva la pena come si può constatare leggendo il suo libro “L’Italia a quattro ruote” edito dal Mulino, da poco in circolazione. Un argomento che aveva affascinato anche Giovanni Arpino al punto da indurlo a scrivere che l’auto ha un’anima. C’è una colleganza nel tempo fra Arpino e Marchesini pronto ad immergersi in un mondo fascinoso dopo avere consultato mille persone e presentata la prima bozza del libro agli amici parigini in un seminario sui trasporti ricevendo i primi, incondizionati elogi e gli stimoli per portare a fondo la sua opera. Che è un libro di cronaca in apparenza ma in realtà è un romanzo che commuove e intriga nonostante il rombo dei motori, coi è stato unico nel giornalismo e troppo presto dimenticato. Per noi che l’abbiamo conosciuto, letto e riletto, una leggenda. Bellissima l’introduzione con Frigerio l’innovatore e Beccali, l’americano; bellissime le parole di un taciturno, Abdon Pamich: “Lo sport fa bene, anzi benissimo, se praticato in giusta dose. Quello agonistico però rischia di fare danni sia fisici sia psicologici. Per questo merita la massima attenzione e preparazione”. Chissà con che dispiacere ha dovuto chiudere con Schwazer, il guascone con quelle parole che sembrano anticipare la sentenza: “Dopo il successo olimpico sono parse venir meno alcune motivazioni e ha cominciato ad avere crepe sempre più evidenti nel rapporto con l’allenatore. Così c’è stato il ritiro ai Mondiali di Berlino e agli Europei di Barcellona 2010... Quando invitò Marzotto all’Università di Parma per parlare della Formula uno. suoi personaggi di cui conosciamo la storia superficialmente ma che qui emergono con tutte le loro qualità, le paure, i difetti ed i grandi pregi in periodi nei quali era lecito sognare ma anche realizzare. Come immaginare che sia stato Mussolini a chiedere in modo perentorio alla Fiat di realizzare un’autovettura che costasse 5mila lire quando il Lingotto le vendeva da 15 a 20mila lire? E Dante Giacosa, il creatore della Topolino poi della 600 e della Nuova 500 ci riuscirà “rimanendo entro i 315 chilogrammi di peso” subito dopo il varo della Balilla e poi dell’Ardita definita da Marinetti “espressione di italica ingegnosità”. Ce ne vorrebbe un po’ anche oggi. Marchesini ci accompagna per mano a scoprire l’evoluzione della specie, gli episodi alla “007” che si celavano dietro la nascita di nuove vetture, le lettere anonime, lo spionaggio, l’accostamento del mondo della pubblicità all’uscita delle prime “divine” sulle quattro ruote, l’importanza dell’industria automobilista per la ripresa del Paese dopo la guerra quando la gente si scoprì povera e affamata. Il boom dell’auto è il boom italiano, in quella vetturetta cantata da Paolo Conte (“Sulla Topolino amaranto/ si va che è un incanto nel ‘46/ Se le lascio sciolta la briglia/ mi sembra un’Aprilia, rivali non ha…/Bionda non guardar fuori dal finestrino/che c’è un paesaggio che non va). L’auto piccola o grande diventa una diva, la dipinge Casorati, l’immortala la nascente televisione, la conquista di una vettura è la conquista del tempo libero, già nel ’60 due milioni di auto circolano nelle strade. La storia delle quattro ruote diventa la storia d’Italia, analizzata nelle curiosità e negli aspetti che Marchesini ha scoperto scrutando gli archivi della Fiat, di giornali, dello Csac di Parma, della Fondazione Gramsci di Torino e del Touring italiano, con foto stupende dell’archivio Alinari, il maestro dell’immagine. L’Italia in Topolino diventa l’immagine di un paese che ha saputo arrangiarsi in tempi difficili e che ora potrebbe ripetersi, visto che la “500” è tornata a farsi ammirare nella sua nuova-vecchia veste. Cosa è rimasto del Nebiolo che vent’anni a questa bella rivista partono sempre belle idee che Gandolfi alimenta con la sua memoria storica e i suoi archivi. Come cinquant’anni fa, quando ci incontrammo a Torino, giovani apprendisti a «Tuttosport» per ritrovarci poi compagni di viaggio a «La Stampa». Allora aveva meno archivi ma già altrettanta memoria, perchè la cultura delle radici l’aveva sempre stimolato. Mi ha posto, Gandolfi, un quesito partendo da alcune date: Primo Nebiolo giusto vent’anni fa, nel 1992, divenne membro del Cio e dunque c’è una ricorrenza che va ricordata. Moriva poi nel 1999, aveva 76 anni ben portati. D GIANNI ROMEO è stato uno dei giornalisti più vicini a Primo nella sua indimenticabile epopea. La sua figura si è sbiadita nel tempo? Cosa ci resta di lui, delle sue idee, delle sue geniali innovazioni? Nel 2013 che è dietro l’angolo Nebiolo avrebbe compiuto novant’anni. Ebbene, ce lo immaginiamo come sempre, con un pensiero nuovo nel cervello ogni mattina e la voglia di realizzarlo fin dal pomeriggio. E a chi lo avesse invitato a riflettere sulle difficoltà di quel progetto avrebbe risposto come sempre: non decolla soltanto ciò in cui non si crede. Per rispondere a Gandolfi, dunque: è attualissimo, Primo. Vent’anni dopo è ancora vivo, perchè vivono le sue idee. Citiamo il suo percorso senza la pretesa di scendere nei dettagli, mettendo a fuoco il suo fiore all’occhiello che è quello di dirigente senza confini. S’inventò l’Universiade, o meglio seppe far diventare adulta una creatura che era in fasce; allargò i Giochi degli studenti anche con l’edizione invernale. Non gl’importava quando e se i campioni di nome disertavano, interpretava l’appuntamento in primo luogo come un’occasione irripetibile per offrire ai giovani di tutto il mondo un momento per confrontarsi con le idee, prima ancora che con i muscoli. E fu, resta un’idea vincente. Superò montagne che sembravano l’Everest, aprì le porte del mondo ai tedeschi dell’Est e ai cinesi, scalfì l’apharteid del Sudafrica. Lo sport sopravvanzò a lungo le mosse della politica. Oggi in Italia grazie alla spinta di Nebiolo e alla lezione recepita dai suoi discepoli più moderni che governano i Cus, quanti rettorati guardano con simpatia all’attività degli 34 Quanti simpatici ricordi: il gioco del tamburello con gli amici di Scurzolengo; bronzo nel salto ai Cnu al Tardini di Parma; con Coiana ricevuti dal Presidente Scalfaro; spiega il baseball a Gianni Agnelli all’Universiade di Torino ‘70; un... appettitoso regalo all’Universiade di Sheffield da parte di Coiana, Bordi e Cornini e poi in divisa Cusi la cena all’italiana con la regìa di Franceschetti; a fianco del Papa Giovanni Paolo II° in visita a Formia con Andreotti, Gola e Gattai. fa divenne membro del Comitato Olimpico? studenti sportivi nell’ambito degli Atenei! Poi l’atletica. Senza la sua spinta cosa sarebbe oggi? Ruppe l’ipocrisia imponendo i premi in denaro agli atleti dopo aver tirato fuori dal cassetto una vecchia idea di Paulen. Lanciò i campionati mondiali, prima ogni quadriennio (dal 1983), poi ogni due anni (dal 1991, poi anche indoor) perchè l’attività con il contagocce non era sufficiente a scaldare i cuori. Cosa sarebbe Bolt oggi senza Nebiolo? Lo vedremmo a rate, ammesso che non si fosse stufato di appuntamenti senza stimoli e non avesse dirottato le doti fornitegli da madre natura in abbondanza verso altri sport. Convinse 35 (impose) il Comitato Olimpico Internazionale a inserire come membri di diritto nel governo dello sport mondiale i presidenti delle federazioni più importanti, l’atletica per prima. E, cosa di cui tanto mondo sportivo gli è ancor grato oggi, «obbligò» il Cio a Con Samaranch e Alberto di Monaco. dividere i ricchi proventi televisivi dei Giochi fra le federazioni secondo un criterio oggettivo di biglietti venduti e di audience, senza più tenersi il malloppo olimpico. Fra le svolte imposte alla Iaaf resta significativa quella dei Mondiali giovanili, voluti per evitare troppe fughe anzitempo dall’atletica... Ma il discorso sarebbe lungo. Ricordiamo, in chiave italiana, che Nebiolo quando prese in mano le redini della Fidal s’inventò uno slogan: d’estate dobbiamo diventare l’alternativa al calcio. Organizzò meeting affollati da 30-40.000 persone, i suoi ambasciatori diventarono personaggi da prima pagina. Per ambasciatori intendiamo Mennea e Simeoni, Ortis e Cova, prima ancora Arese e Fava, poi Dorio e tanti altri, altre. Ebbe la fortuna, dice qualcuno, di far durare a lungo i suoi eroi; in realtà li motivò e li gratificò, era interesse degli atleti fare i professionisti di lungo corso. Abbiamo citato dei fatti, il nostro non è stato un amarcord sentimentale. Durante il percorso non è stato esente da peccati, non gli abbiamo mai risparmiato le critiche. Ma i fatti parlano per Lui. Il ricordo è sbiadito? Già lo sopportavano in pochi quand’era in vita, era molto ingombrante. Oggi abbattono le statue dei dittatori, figuriamoci com’è facile scacciare l‘ombra di un ricordo. iravano ancora le Am-lire a Palermo quando un manipolo di studenti di Giurisprudenza e Medicina si mise attorno ad un tavolo e fondò il Cus Palermo. Era il 1947 e la città era ancora un cumulo di rovine. Mancava tutto a Palermo, ma quegli studenti di allora, Paolo Cimino, Nino Rizzuto, Francesco Macaluso, Lorenzo Purpari, non si persero d’animo. Per garantire lo sport alle matricole affittavano quei pochi impianti che c’erano. Ma già da allora il Cus, come tutti i centri sportivi universitari d’Italia, strizzava l’occhio all’agonismo. E giù con le prime iscrizioni ai campionati federali, pallavolo e pallacanestro. Nei primi anni ’50 arriva l’atletica e qualche anno dopo il Cus comincia a fare incetta di atleti: Bommarito, olimpionico a Roma ’60, Equizzi, Bevilacqua, Termini, Campolmi. L’elenco è lungo, lunghissimo. Difficile farlo. Più facile riassumere tutto in immagini, come ha fatto il regista del 65mo anniversario del Cus Palermo, che ha preparato un lungo prewiew di immagini e musica che la dicevano tutta. Alla piscina del Cus Palermo erano in 600 per festeggiare questo traguardo, domenica 4 novembre, anniversario della Vittoria (ma è solo un caso): giovani, meno giovani e vecchie glorie. E i dieci presidenti che in 65 anni si sono succeduti. Da Paolo Cimino all’ex lanciatore e attuale presidente Ignazio Equizzi, che ha aperto la narrazione con i suoi ricordi. Lo speaker ha preparato uno spettacolo per loro. Per ogni anno una canzone di successo con tanto di videoclip, a cui era collegata l’intervista ad un protagonista. Così il ’69 era dedicato ai Beatles con “Here comes the Sun” e a Roberto Cecchinato, prima maglia G Cus Palermo: 65 Hurrà! di Mario Pintagro ro Il presidente Ignazio Equizzi, il Magnifico Rettore Roberto Lagalla ed il vice presidente Michele Bevilacqua. azzurra del Cus Palermo che ha esordito – indovinate un po’ – con uno juniores di luminoso futuro, tale Pietro Mennea. Solo che Mennea era classe ’52 e Cecchinato di dieci anni più anziano: due generazioni di atleti in pista. Per passare poi alla nascita delle sezioni sportive. Il ’73 con Walter Pezzer e la pallamano; il ’75 con Giancarlo Ventura e Giovanni Martucci e il nuoto; il ’78 con Rosolino Siculiana che raccontava della prima volta in serie A1 con l’atletica maschile. Passando poi per i quattro olimpici di Los Angeles, Giovanni D’Aleo nella maratona, Totò Antibo nei 10mila metri e Antonio e Piero Selvaggio nei 5000 metri. Appropriata la scelta della canzone: “Siamo solo noi”, di Vasco Rossi, perché nessuna società è riuscita a centrare un traguardo simile. E poi l’Antibo in formato “Bombastic” del ’90. Sullo schermo scorrono le immagini di quell’ultimo giro incredibile agli Europei di Spalato, quando Totò cade, rimane staccato di 30 metri: Hammer, Castro, Lavanture, Mei la fanno da padrone ma Antibo fulmina tutti in un finale da leggenda. La platea schizza in piedi ad applaudire e parte un boato di approvazione. Pare di essere allo stadio. E poi le terribili ragazze che conquistano lo scudetto con l’atletica nel ’95, sfidando colossi industriali e militari, e diventano l’ombelico del mondo, come canta Jovanotti, con capitan Maria Tranchina e la biondissima Valentina Cuccia che raccontano l’epopea. E ancora, le Universiadi del ’97, sognate da Michele Bevilacqua, ma fortemente volute da Primo Nebiolo che aveva raccolto il suggerimento del presidente cussino per sollecitare politici e urbanisti a realizzare il campus. Conclude l’oro di Simona La Mantia agli euroindoor di Parigi del 2011 e la palma di miglior tecnico italiano assegnata al suo trainer, Michele Basile. In mezzo, anche una sfilata di moda, con ragazze mozzafiato che indossano le tute di 65 anni. Per finire, il coro in presa diretta dell’Ersu, diretto da Pietro Gizzi: così intenso e palpitante che pareva di essere davvero alle Universiadi. Perché al “Pereat diabolus”, scoppiano i fuochi pirotecnici, proprio come ai Giochi Mondiali Universitari. 36 Rocca e Sette Cus in prima linea per il Cus Golf Association di Mauro Nasciuti l Circolo Golf Colline del Gavi, su iniziativa del Cus Genova e durante il campionato nazionale PGAI dello scorso ottobre, si è tenuta alla presenza del Presidente della PGAI stessa, il campione Costantino Rocca, la prima riunione dei Centri Universitari Sportivi che hanno iniziato o stanno iniziando un’attività nel mondo del golf, affiliati alla Federazione Italiana Golf. Una iniziativa aperta poi a tutti quei Cus che sceglieranno di avvicinarsi al mondo di questa disciplina che coinvolge sempre più appassionati, molti dei quali, soprattutto proponendo iniziative interessanti e meno onerose, studenti universitari. I Cus di Genova, Torino, Ferrara, Pisa, Parma, Milano e Napoli, hanno deciso di attivare una prima forma di collaborazione tesa allo sviluppo del golf a livello universitario. L’obiettivo di questa prima fase è quello di aumentare il numero di studenti universitari che giocano a golf attraverso quattro strumenti fondamentali: A La bella festa del Cus Palermo, la... gustosa torta e la segreteria organizzativa del sodalizio. 37 un’immagine univoca, una comune strategia di promozione e reclutamento, un condiviso circuito nazionale di convenzioni con altri circoli, un programma di challenge universitari intercircolo, che permetterà agli oltre 2500 associati ai club golfistici universitari di confrontarsi a livello nazionale, per arrivare come sempre al traguardo finale dei Campionati Nazionali Universitari, appuntamento da valorizzare con una partecipazione più importante. Il progetto ha già ricevuto il benestare informale del Cusi, della FIG e della PGAI, che intravedono nel golf universitario uno straordinario strumento di crescita del movimento golfistico nazionale, sia in termini di quantità, sia soprattutto di qualità. Costantino Rocca presente all’incontro, ha sottolineato che all’interno del mondo universitario si costruisce la classe politica ed imprenditoriale di ogni paese. Lo stesso Rocca ama ricordare che lui è entrato nel circuito europeo a 27 anni e “qualcosa di buono ha fatto” con le sue cinque vittorie allo European Tour e la partecipazione a tre edizioni della Ryder Cup. Ed allora perché non augurarsi di recuperare tra gli universitari tanti nuovi appassionati e magari qualche talento che potrebbe essersi perso per strada? La via è ancora lunga ma il primo embrione è venuto alla vita, ora dobbiamo solo farlo crescere. Il prossimo passo sarà la ratifica ufficiale della Associazione, la cui sigla proposta è Cus Golf Association, che dovrà essere sottoscritta dal Presidente del Cusi, dr. Leonardo Coiana, da quello della Federgolf, Franco Cimenti, e, ovviamente da Costantino Rocca per la PGAI. Il Rettore dell’Università di Brescia, professor Sergio Pecorelli con il dr. Boldrini di Intermedia ed il presidente del Cus Brescia, dr. Artemio Carra. l farmaco che ci mantiene giovani, rinfresca la memoria e allontana gli acciacchi si chiama attività fisica. Ma proprio come un farmaco, per essere efficace va prescritta con le giuste dosi, frequenza e continuità. Farlo capire ai bresciani non è facile: un terzo degli adulti è completamente sedentario, il 10 per cento è obeso e quasi uno su tre è sovrappeso. E dire che l’attività fisica sarebbe in grado di prevenire molte malattie croniche, e assicurare notevoli risparmi alla spesa pubblica sanitaria. Si è impegnata a invertire la rotta l’Università degli Studi di Brescia, che con il progetto «Il ritratto della salutea» intende coinvolgere i 15 mila studenti iscritti e gli oltre mille fra docenti e amministrativi nella promozione concreta di stili di vita sani. Speciali kit della salute con contapassi, metro per misurare il girovita e una mappa con otto passeggiate che si snodano per le vie di Brescia sono stati distribuiti a largo raggio in ateneo, insieme all’opuscolo «Obiettivo 5 mila passi«, ovvero 3 km, la distanza minima da percorrere ogni giorno per rimanere in forma. Verrà realizzata anche un’applicazione per smartphone per I Da Brescia parte il “Ritratto della Salute” di Marcello Martinelli Un’esperienza pilota di richiamo europeo per la città e gli universitari, esportabile in altre Università. I due pilastri della campagna, secondo il Rettore Pecorelli, sono il movimento e l’alimentazione. L’obiettivo dei 5mila passi da fare ogni giorno per restare in forma. calcolare i nutrienti assunti con i pasti della giornata, sono in programma «passeggiate di salute» aperte a tutta la cittadinanza, corsi di cucina, un torneo rivolto a studenti e personale, e sarà lanciata una web radio dell’Università gestita dagli studenti, in cui troveranno spazio programmi dedicati alla salute. Il progetto, che durerà per l’anno accademico 2012/2013, è realizzato con il fondamentale coinvolgimento del Centro universitario sportivo-Cus, e rappresenta un’esperienza pilota di richiamo europeo: la prima che incide nel concreto sulla prevenzione delle malattie sui luoghi di studio e lavoro, come tale esportabile in futuro anche ad altre Università. Un ritorno importante sulla buona riuscita del progetto saranno i risultati dei duemila questionari sugli stili di vita che verranno somministrati periodicamente in ateneo. «L’obiettivo è far comprendere a tutti che l’attività fisica ha una rilevanza diretta sul nostro benessere, a tutte le età: ad esempio nella prevenzione delle malattie croniche, come stimolante cerebrale, per mantenere memoria e proprietà cognitive», spiega il rettore Sergio Pecorelli, ricordando che i due pilastri su cui si concentra la campagna sono il movimento e l’alimentazione, variabili che dipendono dalle scelte del singolo, a differenza del terzo elemento che entra in gioco nella prevenzione, ovvero l’ambiente, su cui l’individuo ha meno possibilità di incidere. «A stimolarci in questo progetto è l’esigenza profonda di modificare in meglio la nostra società – prosegue il rettore –. Il nostro “opificio” crea laureati, ma anche persone che vivono nella comunità: per questo il messaggio che vogliamo lanciare è quello di un’Università aperta alla città e alle partnership per l’innovazione». «NON A CASO intendiamo coinvolgere 38 anche tutta la popolazione che non frequenta l’ambiente universitario, con iniziative aperte come le “Serate del benessere” con esperti e testimonial», sottolinea il presidente del Cus Artemio Carra, affiancato dal prorettore Daniele Marioli. L’iniziativa ha l’approvazione dalla Federazione Medico Sportiva Italiana-Fmsi, che nell’occasione, per voce del suo presidente Maurizio Casasco, lancia un monito a chi governa: «In una città non serve solo il Pgt, ma anche un piano regolatore sportivo che coinvolga scuole, medici, istituzioni – dice Casasco –. Ben vengano le Cittadelle dello sport, ma prima è necessario vedere come ciascun abitante – dalla massaia al lavoratore – può fare attività fisica a Brescia: abbiamo splendide palestre a cielo aperto, dal Castello a Campo Marte, strutture straordinarie che è ora di valorizzare». LA VITA SEGRETA DI GINO BARTALI Non tutti i ciclisti facevano mercato nero durante la guerra Allorquando il giornalista Emile Besson venne intervistato da un giovane collega che stava scrivendo un libro sul Tour de France, affermò che durante l’ultima guerra i ciclisti si battevano non per la gloria sportiva ma per vincere i premi di tappa nei quali erano in palio prosciutti e specialità alimentari che poi rivendevano. Una splendida smentita è stata la rivelazione su quello che fece Gino Bartali dopo il 1938 quando vinse il Tour de France. Indicato da Mussolini come simbolo del partito, Bartali ebbe ampia libertà d’azione e la sfruttò percorrendo in bici le strada della Toscana e dell’Umbria con la gente convinta che si allenasse. Portava una maglia con su scritto il suo nome che funzionava da lasciapassare quando incrociava polizia o soldati che l’applaudivano con entusiasmo. Non sapevano che in realtà nel sellino c’erano documenti della resistenza o falsi passaporti destinati a famiglie di ebrei che si nascondevano nei conventi. Si calcola che contribuì a salvare almeno ottocento persone. La verità è emersa quando gli eredi di Giorgio Nissim fondatore di DELASEM, l’eroe della resistenza ebrea, scoprirono il suo diario nel quale erano annotati i percorsi e i km fatti da Bartali che verranno presto resi pubblici. 39 La Rubrica Medica Il consigliere del Cusi, dottor Gianfranco Beltrami, ha fatto l’esordio sulle pagine del Corriere della Sera nell’inserto domenicale dedicato ai problemi della medicina. Riprendiamo il suo articolo certi che potrà interessare anche i nostri lettori. Da anni soffro di ipertensione arteriosa che sto curando con alcuni farmaci. Sono anche in sovrappeso e ho il colesterolo leggermente alto. Il medico continua a dirimi che, oltre alla dieta senza grassi con poco sale e meno calorie, mi farebbe bene l’attività fisica. Sono un pò pigro ma cerco di sforzarmi: in estate gioco a tennis, mi sono iscritto in passato anche ad una palestra dove però mi hanno detto che non posso sollevare pesi. Vorrei sapere che tipo di attività fisica è consigliata a chi soffre di ipertensione, quante volte a settimana andrebbe praticata e se ci sono sport o esercizi che andrebbero evitati. Tantissimi studi clinici hanno dimostrato come l’esercizio fisico rappresenta per l’iperteso un vero e proprio farmaco in grado di ridurre sia i valori della pressione sistolica e diastolica in misura clinicamente rilevante, sia la mortalità per tutte le cause. Molto bene ha fatto quindi il suo medico a consigliarle un programma di attività fisica da abbinare alla terapia farmacologica, ad una corretta alimentazione, al controllo del peso e un idoneo stile di vita. Come ogni farmaco che si rispetti, però, anche l’attività fisica deve essere prescritta in maniera corretta e soprattutto non deve essere sottodosata, perché risulterebbe poco efficace e nemmeno sovradosata Sono un iperteso: quale attività sportiva mi può essere utile? perché potrebbe avere, come ogni medicina, effetti collaterali sfavorevoli. Prima di iniziare gli allenamenti è utile effettuare un elettrocardiogramma con un test da sforzo per evidenziare eventuali alterazioni o sintomi legati all’esercizio. Questo test andrà eseguito mantenendo il trattamento farmacologico di routine. L’attività fisica per i pazienti affetti da ipertensione lieve o moderata ben controllata dalla terapia prevede, per essere efficace, una frequenza di almeno tre volte alla settimana, ma meglio ancora se è quotidiana o quasi. L’esercizio deve essere di tipo aerobico (marcia, corsa, bicicletta, sci di fondo, ecct) e può essere effettuato sia all’aperto sia in palestra per un tempo minimo variabile da 30 a 60 minuti nel corso della giornata ( suddivisibili anche in periodi di 10-15 minuti) a un’intensità abbastanza sostenuta, tale da portare la frequenza cardiaca dal 65 al 75 per cento del valore massimale raggiunto con la prova da sforzo. Non è vero che in palestra non si possono sollevare pesi. Anzi se l’attività è correttamente eseguita, sono stati dimostrati benefici anche con esercizi comunemente usati per sviluppare la forza, che possono affiancare ma non sostituire l’esercizio aerobico. Consiglio però di evitare l’allenamento con pesi troppo elevati o l’esecuzione di esercizi isometrici massimali (sforzi contro resistenza senza movimento delle braccia o delle gambe, che possono fare rialzare bruscamente la pressione) ed esercizi in cui la posizione della testa è più bassa di quella del cuore. Al fine di tonificare i principali gruppi muscolari per ogni esercizio deve essere fatta almeno una serie da 12-15 ripetizioni eseguite abbastanza velocemente con non meno di un minuto di pausa tra una serie e l’altra. Anche se meno utili a ridurre i valori pressori consiglio inoltre di eseguire esercizi per la flessibilità e la postura: bastano pochi minuti tutti i giorni per migliorare la mobilità e favorire il rilassamento ed il senso di benessere La 16° Regatta sulle acque del nobile fiume el mondo universitario sportivo torinese esiste una grande sfida che porta gli equipaggi di Università e Politecnico a dare davvero tutto per vincere, è la Rowing Regatta, gara a colpi di remo che da ben sedici anni vede opposti i due atenei. Quest’anno sono stati gli umanisti ad avere la meglio, portando così l’Albo d’Oro della manifestazione sul punteggio di 9 a 7. Ma andiamo per gradi, perché la Rowing Regatta non è “solo” sport. Il tutto è cominciato intorno alle ore 20.00 con l’apertura del Mercatino Enogastronomico allestito in collaborazione con Marachella Gruppo (a cui si è legato l’Happy Hour grazie alla collaborazione con Società Anonima). In contemporanea: gare di canottaggio tra le scuole, esibizione del Dragon Boat, lezione aperta e dimostrazione di Arrampicata metropolitana ed esibizione di Ultimate Frisbee. Speaker della serata Orlando Ferraris, noto dj radiofonico. Un ringraziamento anche a Marzio Rasini, per il prezioso supporto dato al commento tecnico. Alle 21 sono partite le gare vere e proprie con le atlete di Università di Torino e Politecnico di Torino che si sono sfidate nel 4 di coppia. Hanno vinto le studentesse del Politecnico (2 manches a 0 il risultato finale). N Alle 21.30 è partito un FLASH MOB (con la collaborazione della Paranza del Geco), momento di musica spontanea che ha coinvolto centinaia di persone “accompagnandole” dall’inizio della discesa ai Murazzi fino alla riva dove ha preso il via la XVI Rowing Regatta, gara maschile con Università degli Studi di Torino opposta al Politecnico di Torino. Una sfida all’ultimo remo che quest’anno ha visto l’Università avere la meglio sul Politecnico (2 a 0 le manches in questo caso a favore degli umanisti), portando così l›Albo d›Oro della manifestazione sul punteggio di 9 a 7. Tanti gli atleti titolati presenti tra i due equipaggi, tra cui campioni del mondo senior, campioni del mondo under 23, campioni europei e campioni mondiali universitari. L›Università aveva come capo voga Giorgio Tuccinardi (fresco argento mondiale universitario lo scorso settembre in Russia e già tre volte campione del mondo; studente di Scienze della Comunicazione all›Università di Torino). Verso le 22.20 è partito dai Giardini Ginzburg il tanto atteso spettacolo di fuochi d›artificio che ha lasciato le migliaia di persone presenti con il naso all’insù per oltre dieci minuti. Tante anche le personalità incontrate nell’Area Riservata allestita ai Murazzi vicino alla zona di arrivo della Regatta. Tra queste: il Presidente CUS Torino Riccardo D›Elicio, il Magnifico Rettore dell’Università di Torino Ezio Pelizzetti, il Magnifico Rettore del Politecnico di Torino Marco Gilli, il ProRettore dell’Università di Torino Sergio Roda, il Direttore Generale del Politecnico 40 di Torino Davide Bergamini, il Direttore Generale dell’Università di Torino Loredana Segreto, il Vice Presidente e Assessore allo Sport della Provincia e Presidente Coni Piemonte Gianfranco Porqueddu, il Presidente della Federazione Italiana Canottaggio Enrico Gandola, il Vice Presidente della Federazione Nazionale di Canottaggio Stefano Comellini, il Presidente della FIC Regionale Stefano Mossino, il Direttore Amministrativo scuola Normale Superiore di Pisa Anna Maria Gaibisso, il Preside della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino Bartolomeo Biolatti, la Responsabile del Servizio Gestione Didattica del Politecnico di Torino Ilaria Maria Adamo, il delegato del Politecnico di Torino nel Consiglio Direttivo cussino Marco Mezzalama, il delegato dell’Università di Torino nel Consiglio Direttivo cussino Paolo Simone, oltre a numerosi membri del Consiglio Direttivo del CUS Torino. Alla fine dei fuochi d’artificio si sono poi svolte le premiazioni a cui hanno partecipato le autorità presenti e che sono state applaudite da un grande pubblico festante. La Rowing Regatta, per il terzo anno, era dedicata ad un grande uomo di sport, Bebo Carando, e perciò gli atleti vincitori hanno ricevuto anche la preziosa Coppa Carando. Dalle 22.30 ha poi preso il via la grande Festa delle Matricole con un DJ set curato prima da Richi Sacco e poi, ciliegina sulla torta di questa grande serata, da Vicio e Ninja, musicisti del famoso gruppo torinese Subsonica. 41 Il gemellaggio del Cus Torino con la pallacanestro Siglato un importante accordo pluriennale di collaborazione tra il CUS Torino e la Pallacanestro Torino. Presenti alla firma il Presidente del CUSI Leonardo Coiana, il Presidente del CUS Torino Riccardo D’Elicio, il Presidente della Pallacanestro Torino Mario Soriente, accompagnato dal responsabile tecnico del settore giovanile Maurizio Salvemini, e il responsabile della sezione Basket cussina Emanuele Di Pasquale. L’accordo prevede una stretta collaborazione tra le due società con l’obiettivo di far crescere ancora di più il movimento cestistico torinese, soprattutto quello femminile, fino alla categoria Under 14. Quella telefonata fra la Grimaldi e il Rettore Dionigi: “Chi Parla?” Che festa al Cus Bologna n Magnifico Rettore, una medaglia di bronzo dei Giochi 2012 e un paio di reduci da Londra. Mescolate il tutto e otterrete l’inaugurazione dell’anno sportivo accademico di Bologna, un grande evento firmato Cus da una splendida idea del suo presidente, Francesco Franceschetti. Ma partiamo dall’inizio, svelando tutti i protagonisti di un pomeriggio memorabile nel suggestivo complesso di San Giovanni in U di Alex Gallo Monte, a Bologna, nel cuore del mondo universitario. Il Magnifico Rettore è Ivano Dionigi, la medaglia di bronzo dei Giochi 2012 è Martina Grimaldi e i due reduci da Londra sono Pietro Camporesi e Niccolò Ferrari, ovvero i componenti del C2 azzurro, la canadese biposto della canoa. Serata di prestigio perché il Cus, rispetto a un recente passato, preferisce rinunciare alla lectio magistralis – anche se un anno fa Giacomo Calzolari era risultato straordinariamente efficace – e alterna gli interventi delle autorità alle premiazioni dei campioni della stagione 2012. Ci sono il presidente del Comitato per lo Sport Universitario Roberto Farnè, gli assessori regionali e provinciali allo sport, Massimo Mezzetti e Marco Pondrelli (l’assessore comunale Luca Rizzo Nervo, infortunato, manda comunque una lettera di saluto), i presidenti del Coni Emilia Romagna e di Bologna, William Reverberi e Renato Rizzoli, il presidente del quartiere Santo Stefano Ilaria Giorgetti. Si parla dello Sterlino, la struttura appena acquisita dal Cus Bologna – Rizzoli e Giorgetti tessono le lodi dell’intervento del braccio sportivo dell’Alma Mater Studiorum –, ma le attenzioni di tutti sono rivolte al padrone di casa, Francesco Franceschetti e al suo illustre ospite, Ivano Dionigi.La presenza del Magnifico Rettore dell’Università più antica al mondo rende speciale l’evento e Dionigi non si sottrae al microfono ricordando un gustoso aneddoto legato a Martina Grimaldi. Prima di consegnarle il Sigillo d’oro dell’Alma Mater Studiorum, Dionigi ricorda un pomeriggio caldo di agosto. “Ero in montagna – racconta Dionigi -, quando ho visto l’impresa di Martina. Mi sono fatto dare il suo numero per chiamarla, ma non ci sono riuscito subito. In serata mi ha chiamato lei, mi ha chiesto chi ero. Le ho risposto: mi chiamano il Rettore, sono Ivano Dionigi. Voglio farti i complimenti per questo risultato eccezionale che ci riempie di orgoglio”. Il modo migliore e più diretto per ricevere l’omaggio del numero uno dell’Università di Bologna, reduce tra l’altro da un viaggio a Houston. “Dove mi hanno chiamato – prosegue Dionigi – in qualità di rettore dell’ateneo più antico del mondo o, comunque, del mondo occidentale. Ho visto spazi immensi e grandi strutture per lo sport. Ho pensato alla mia, alla nostra realtà bolognese composta da 85mila studenti. Dobbiamo fare molto per loro, compatibilmente ai conti da tenere 42 La sfida del Rettore per il Terzo Millennio Cus Firenze Rinnovato il protocollo d’intesa per l’utilizzo dell’impianto “Val di Rose” nel polo scientifico. in considerazione e che riguardano l’attualità e questo momento di crisi generale. Dicono che l’Italia sia un paese dove non ci sono occasioni per i giovani, ma non vedo nemmeno grandi opportunità per quelli che vengono etichettati come vecchi. Abbiamo il dovere di andare avanti, 43 però”. Uno sportivo vero il Magnifico Rettore, pronto a raccogliere la sfida portata dal terzo millennio. La stessa determinazione che si legge nelle parole e nelle azioni di Francesco Franceschetti: il Cus Bologna continua sulla sua strada fatta di programmazione, di impianti da gestire per metterli a disposizione della popolazione studentesca e delle Due Torri. E la voglia di tenere in alto il vessillo dell’Alma Mater Studiorum, tanto in Italia, quanto in Europa. Applausi per tutti, alla fine, compreso una visita d’eccezione, quella di Renato Villalta, proprio lui, il capitano della Virtus Bologna che ha fatto la storia della pallacanestro italiana e delle Due Torri. L’accordo è stato sottoscritto dal sindaco Gianni Gianassi e dal presidente del Cus Firenze Carlo Dolfi. Il protocollo prevede l’utilizzo fino al 30 giugno 2014 dell’impianto sportivo da parte del Comune di Sesto Fiorentino per le proprie attività istituzionali e da parte di società e associazioni sportive del territorio. “Quando è stato sottoscritto per la prima volta nel 2010 – ha spiegato il sindaco Gianni Gianassi – l’accordo rispondeva all’esigenza di risolvere le problematiche di spazi di alcune associazioni sportive, allo stesso tempo credevamo che la struttura si potesse aprire al territorio, cosa che grazie alla collaborazione del Cus in seguito è avvenuta”. “Apprezziamo molto lo sforzo fatto dal Cus – ha proseguito il sindaco Gianassi – e crediamo che questa sia la strada giusta sia per le associazioni che possono così ovviare a problematiche di spazi sia per il Cus che continuerà ad essere parte attiva nella produzione di occasioni di sport sul territorio”. “Siamo molto soddisfatti dell’accordo e intendiamo migliorarlo ancora in futuro – ha sottolineato il presidente del Cus Firenze Carlo Dolfi –. In questo momento di crisi dobbiamo creare condivisione di idee e opportunità con le altre realtà del territorio”. Ricordiamo che l’impianto situato all’interno del Polo Scientifico Universitario ospita un campo di calcio e rugby, una pista di atletica a sei corsie, due campi da tennis, un campo polivalente per la pallavolo, due campi di calcetto, una piccola palestra e una piscina all’aperto. Fonte: Comune di Sesto Fiorentino ufficio stampa Rugby, lo sport universitario Sia ai tempi dei Guf che nel dopoguerra il rugby è stato per antonomasia lo sport universitario. Una grande tradizione che si sta rinnovando ora in tanti Cus come a Genova, Ferrara, Torino, Milano, Padova. FERRARA, “PATTO DI SANGUE” ome una cometa la palla da rugby passò a Ferrara Come una cometa la palla da rugby passò a Ferrara nel 1928, quando per desiderio di Guennesi, un noto sportivo dell’epoca, sul campo da calcio della Spal si affrontarono le formazioni di Padova e Bologna. Questo piccolo seme evidentemente germogliò, attecchendo nel fertile tessuto universitario dell’allora GUF. In Italia erano i tempi di Invernici, Sessa (che con il guru di allora Julien Saby scrisse poi numerosi libri sul tema), a Ferrara invece erano quelli di Zavarini, Spettoli, Preti, Zagatti, Mantovani, che con altri compagni rappresentarono la prima Ferrara rugbistica ai Littoriali del 1934 a Milano. L’attività proseguì fino al 1939 fra campi rudimentali e senza strutture, per poi arrendersi sbattendo sul muro della guerra. Ancora Giuseppe Zavarini, all’inizio degli anni 50, fra i protagonisti del secondo tentativo di rinascita del rugby. Arriva da Rovigo “Maci” Battaglini ad allenare un manipolo di giovanotti fra cui Adriano Piffanelli, ancora oggi presidente onorario della sezione la “penna” di Mirto Govoni che ne era fiduciario, ma anche questo tentativo ebbe vita breve. Bisogna arrivare al 1968 per vedere un manipolo di appassionati, riuniti attorno ad una tavola, a firmare un C “patto di sangue” su un tovagliolo. Il rugby era risorto con Giancarlo Sitta presidente. A Montecatini il Cus Ferrara vince il titolo italiano universitario battendo 23 a 13 il Cus Milano forte di giocatori di serie A. Sono tempi strani; a Ferrara si parla il dialetto rodigino, manca una vera identità anche per il poco credito che il rugby ha nel tessuto sociale, ma grazie alla volontà di quel gruppo si innesteranno a breve i “reclutati” del 75, per un decollo che porterà lontano. È il 1981 quando arriva e Ferrara una coppia indimenticabile: il tecnico Doro Quaglio ed il preparatore Paolo Sisini e la cura si vede L’organico cresce in tecnica e carattere, arrivano rinforzi d’oltre Po e due anni dopo,finalmente, la promozione in C1, seguita da una B sfiorata nei play off con il Cus Aquila e dalla conquista della Coppa Italia seguita dalla vittoria del tricolore universitario nell’86. Alla guida del Cus arriva il tecnico parmense Gianni Azzali, si cura sempre più l’aspetto dei tecnici di casa del vivaio che sforna atleti come Vincenzo Spaccamonte convocati anche in azzurro. Si arriva all’ argento dei Campionati Universitari dell’ 87 a Palermo e le di seguito la conquista della salvezza espugnando il campo di Teramo inviolato da 5 anni. Il dopo Azzali è il ritorno Doro Quaglio col preparatore Marangoni. Nell’89 debutta a Cesena Anthony Bottura un ragazzino italo australiano e l’anno dopo è il momento del neeozelandese Benjamin Banse il primo straniero del Cus. L’ultimo incontro del 1990 a Prato chiude un ciclo. Il Cus gira pagina ed inizia con forze nuove a lavorare per il futuro. Nell’ autunno 2002 la dirigenza accetta – una settimana prima dell’inizio dei campionati – la proposta del Bologna di portare la serie A2 a Ferrara: nonostante un buon girone di ritorno, la squadra affidata a Zanella retrocede e la società, non in grado di garantire il proseguimento della attività sportiva e con una situazione economica molto compromessa si rifonda per iniziativa di un gruppo di coraggiosi e riparte dal campionato di C. Un CUS di nuovo tutto ferrarese arriva per tre volte ai play off promozione, per centrare l’ obiettivo nel giugno 2007 dopo una serie infinita di partite spareggio. Senza rinforzi però la squadra retrocede dopo un solo anno ma il CUS Ferrara torna in B 3 anni dopo nel campionato 2010/11,con alla guida tecnica Andrea Fabbri. La squadra parte con grande entusiasmo, raggiunge la vittoria in alcune partite “capolavoro” (alla fine il bilancio sarà di 19 vittorie in 22 incontri) ed arriva agli spareggi promozione col Civitavecchia. Due partite al cardiopalma, vinte entrambe di due punti, 44 ed il 5 giugno il Cus Ferrara Rugby può nuovamente festeggiare il ritorno in serie B. Il resto non è più storia, ma cronaca. Il 2011/12 vede la prima squadra cussina inserita nell’ impegnativo girone veneto della serie B, con alcuni studenti universitari arrivati a rinforzare un organico che resta sicuramente fra i più giovani della categoria. Grande prova di maturità e salvezza conquistata con largo anticipo. Quest’anno la squadra si lega al territorio. Porta le effigi cittadine sulla maglia e ricorda la regione terremotata. Si presenta in grande stile con la partecipazione di Vittorio Munari. Va infine sottolineata come sorpresa degli ultimi anni, la nascita di una nuova realtà di rugby femminile seniores che va ad affiancarsi all’attività maschile. Una squadra che assieme al talento si segnala per un grande entusiasmo e sicure prospettive di crescita; parliamo delle “Velenose” di Luca Rizzati e Dario Gargano – subentrato a Luca Zampollo passato al settore maschile – che, dopo un paio di stagioni incentrate sui tornei Seven ( quarta nell’ultimo campionato nazionale in una specialità che dal 2016 sarà disciplina Olimpica) e sui campi sabbiosi del Beach rugby, da due stagioni si cimentano nel campionato di serie A. Il campionato in corso si vorrebbe fosse quello della consacrazione, quello in cui le ragazze mostrano di essersi calate bene nella parte fino recitare un ruolo da protagoniste. La trasferta inglese fatta a settembre con il compito di fare “team building” ha evidenziato le qualità ed il carattere delle ragazze, uscite fra gli applausi dalla Blackheat arena, contro il club locale e la Nazionale in rosa dei Vigili del Fuoco britannici, ma non solo; anche la capacità di giocare e bene contro qualsiasi avversaria. In campionato se la stanno vedendo con Bologna, Pesaro, Terni, Roma L’Aquila La squadra è composta da ragazze che studiano, lavorano sempre alle prese con il normale quotidiano all’interno del quale trovano il tempo per allenarsi alla sera finiti gli impegni lavorativi per tre volte la settimana. Poi ci son le partite che le portano in giro per l’Italia. Squadra attiva anche nel sociale. In occasione del recente terremoto che ha colpito il territorio ferrarese le ragazze hanno offerto le loro braccia alla protezione civile in aiuto alle popolazioni così come i ragazzi della B maschile e l’Under 20. 45 Torino una vecchia storia da ringiovanire col Ce.S.In.Group e tanto entusiasmo una vecchia storia quella del rugby a Torino perché occorre risalire quando si giocava al vecchio velodromo ed era davvero una bella storia. Proseguita nel tempo con alti e bassi ma sempre proseguita e che oggi si è arricchita con una nuova squadra e la voglia di fare davvero bene nel rispetto della tradizione. Quando è stata presentata la squadra – oramai siamo nel vivo del campionato – c’erano in tanti a festeggiarla a Palazzo Civico, a cominciare dal presidente Riccardo D’Elicio, per finire all’Assessore allo Sport Stefano Gallo, al Consigliere Provinciale Roberto Barbieri, quindi il Presidente del Comitato Regionale Franz Mauthe von Degerfeld, il Responsabile della Sezione universitaria Paolo Sacco el’ Head Coach della prima squadra Regan Sue. Prese parte alla conferenza anche una nutrita rappresentanza degli atleti della squadra di serie A guidati da capitan Narcisi, tra cui anche l’ultimo importante acquisto, l’inglese Charlie Clyde-Smith che esordì tra le file del Ce.S.In. a Parma. Palcoscenico eccellente, quello di Palazzo Civico, per un’eccellenza dello sport torinese, il Ce.S.In. Cus Torino che dopo 47 anni di assenza è tornato in serie A esordendo alla grande alle spese del Cus Padova, battuto per 32-13. “La palla ovale – ha spiegato D’Elicio – è uno dei nostri fiori all’occhiello e la storia del Cus passa anche attraverso questa sezione, creata da un gruppo di dirigenti dai valori antichi. Si tratta di una grande famiglia e proprio da Montecarlo ho ricevuto la telefonata del figlio di Vincenzo Bertolotto, un vecchio capitano cussino del dopoguerra, che mi ha chiesto di non dimenticarci di suo padre. Al centro sportivo “Angelo Albonico”, che è un impianto molto difficile da gestire, stiamo rifacendo il terzo campo e se lui ci darà una mano a sostenere i lavori, saremo ben felici di intitolare quel terreno di gioco al papà. La sezione è molto amata e ogni anno riceve donazioni per E’ 150mila euro, che insieme con il contributo degli sponsor le consentono di andare avanti. La squadra in serie A è un valore molto importante e gli atleti devono sentire l’orgoglio di rappresentare in giro per l’Italia la città e il sistema universitario torinese. Dovremo continuare a fare sistema per far crescere questo movimento e per quanto ci riguarda non ci tireremo indietro». Paolo Sacco ha esordito ringraziando lo sponsor Ce.S.In. Group e ha continuato esprimendo l›orgoglio di essere il responsabile di sezione: «Ricordo di quando avevo 12 anni e andavo all’Albonico per vedere giocare la serie A. Non sono riuscito ad arrivarci come giocatore, mentre come dirigente sono stato più fortunato. Sono orgoglioso di avere ereditato un movimento florido, creato da Benedetto Pasqua e Mattia Basile e di averlo portato avanti, grazie a un gruppo di dirigenti senza il quale non ci sarei riuscito. Abbiamo gli allenatori che rimangono con noi perché credono nel progetto. Anche il nostro coach Regan Sue, alla quarta stagione al Cus, è cresciuto con i nostri ragazzi. Hanno creduto in noi anche i cinque nuovi Giulio Forte, Vittorio Lo Faro, Gianmarco Baire, Adriano Nicita e l’inglese Charlie Clyde-Smith. Qualche anno fa non sarebbe stato possibile, ma ora siamo un riferimento in campo nazionale. Altro motivo di orgoglio è costituito dai ragazzi dai 6 ai 16 anni che ogni settimana contendono il successo ai migliori club italiani. Questo progetto deve essere allargato e stiamo chiudendo l›accordo con una grande azienda, che si unirà a Ce.S.In. Speriamo di vivere una grande stagione». La parola è poi passata a Regan Sue che ha ricordato che «il nostro precampionato è iniziato il 20 agosto e ha avuto il suo apice nei cinque giorni di ritiro trascorsi a Sestriere. In 23 ore di allenamento abbiamo sputato sangue. Ho a disposizione un buon gruppo, composto da bravi ragazzi che s›impegnano senza mai lamentarsi. Sono fortunato, anche perché sono in una società che vuole crescere”. Cassino applaude il Rettore e pensa già ai Cnu e ne parla ancora di quella “stracciata” che il Rettore dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale ha inflitto al presidente del Cus, Carmine Calce nella mezza maratona di Stoccolma. Con un tempo prestigioso da parte di Ciro Attaianese che ha migliorato il suo tempo di sei minuti rispetto alla gara di aprile (un’ora e ‘52 contro un’ora e ‘58). Perchè dovete sapere che ogni gara è una sfida fra i due come avvenne nella Roma-Ostia che diede inizio alle... ostilità! “Al di là della competizione con Calce – sono parole del Rettore – ho partecipato con entusiasmo alla gara di Stoccolma per sensibilizzare allo sport i nostri studenti. L’obiettivo è quello di avvicinare S il maggior numero di universitari alle attività motorie e alle iniziative del Cus Cassino”. A Stoccolma erano in dieci gli universitari in gara col miglior tempo da parte di Augusto Terranova: un’ora e 35’; qualche minuto in più per Tullio di Zazzo Maria Teresa Lancia. Tre ore per la presidentessa del comitato organizzatore dei Cnu, Alessandra Zanon. “Speriamo – ha aggiunto Attaianese – di trasferire stessi entusiasmo e organizzazione di Stoccolma, dove c’erano 20mila spettatori, ai nostri Cnu di maggio”. In effetti la partenza, cioè il conto alla rovescia per la manifestazione, è iniziato nel miglior modo possibile presenti il presidente del Cusi, Leonardo Coiana col direttore generale Antonio Dima (nella foto) con la delegata del ministro Gnudi, assente per motivi di salute, Anna Teresa Formisano. “Da oggi – ha detto la deputata – questa sarà la rotonda dei Campionati universitari e non più il rondò del Mc Donald’s”. Ovviamente c’era Ciro Attaianese, e poi il sindaco Petrarcone, gli assessori Grossi e Costa con Carmine Calce ed altre autorità. Intanto prosegue l’attività nella nuova palestra e nei centri sportivi che accoglieranno gli universitari provenienti da ogni parte d’Italia. 46 Cus Torino Spettacolo ed entusiasmo per il concerto del Buon Anno Accademico Sportivo 2013 al Palazzo delle Feste di Bardonecchia, organizzato dal Cus Torino. Nato nel 1989 per opera del suo ideatore e direttore Aurelio Pitino, l’Anno Domini Gospel Choir,è una formazione corale di testimonianza cristiana a carattere interconfessionale.. L’entusiasmante interpretazione ha coinvolto tutti i presenti. Hanno avuto il piacere di gustare la magica esibizione di questo grande gruppo gospel il padrone di casa, il sindaco di Bardonecchia Roberto Borgis, il presidente Cus Riccardo D’Elicio, il Prorettore dell’Università Sergio Roda, il Direttore Generale Loredana Segreto, quello del Politecnico Davide Bergamini, il delegato del Politecnico nel Consiglio Direttivo cussino Marco Mezzalama, il Direttore Regionale dei Beni Culturali Mario Turetta e il Consigliere della Regione Mauro Laus. Come ogni anno il salone di Palazzo delle Feste era colmo di gente che ha celebrato con un lunghissimo applauso finale l’esibizione degli Anno Domini Gospel Choir. Fino al 4 gennaio è stato possibile prenotare il posto nominale ad un prezzo simbolico di 10,00 Euro. Tutto questo a scopo benefico; l’incasso infatti è stato totalmente devoluto in beneficenza per la pratica sportiva di atleti diversamente abili. 47 Quando le campionesse fanno le Star di Alex Gallo Il Calendario benefico del Cus Bologna: dalla Balassini all’Isaya, tante campionesse in posa per Simone Gallini e a favore della Casa Santa Chiara. C’è Ester Balassini, che del Cus Bologna è la “figlia” più bella e famosa. Perché Ester ha preso parte a due edizione dei Giochi Olimpici ed è tuttora primatista italiana di lancio del martello. C’è, insieme a Ester (laureata in Scienze delle Formazione e oggi mamma di due splendidi bambini), Martina Grimaldi, la regina del nuoto azzurro, pure lei studentessa dell’Alma Mater Studiorum (Statistiche). Sono alcuni dei nomi eccellenti di un progetto tanto bello quanto benefico. Ester Balassini e il fotografo Simone Gallini hanno deciso di realizzare un calendario benefico coinvolgendo le principali atlete di Bologna. Un calendario tirato in duemila copie e messo in vendita a 10 euro che servirà per finanziare progetti e associazioni. Quattro le realtà coinvolte: Gvc, organizzazione laica e indipendente che da quarant’anni opera per costruire un mondo migliore, equo e solidale; Casa Santa Chiara, la cooperativa le cui opere sono rivolte in particolari a minori, giovani e adulti a volte privi di nucleo famigliare e non solo; ricostruzione della Scuola Primaria del Comune di Poggio Rusco nel Mantovano; Amo, associazione malati oncologici sede di Finale Emilia. Le diciotto fanciulle, capitanate da Ester Balassini che per prima ha avuto questa intuizione sono Jovin Semakula (atletica leggera), Manuela Levorato (atletica leggera), Sabrina Del Mastio (softball), Erika Morri (rugby), Arianna Barbieri (nuoto), Martina Grimaldi (nuoto), Ilaria Bianchi (nuoto), Sara Paganini (ju jitsu), Annalisa Govoni (scherma), Ginevra Tarantini (scherma), Benedetta Bavieri (pallavolo), Erica Falasca (pallavolo), Gloria Calabrese (pallacanestro), Veronica Maurizzi (karate), Silvia Veratti (equitazione), Anna Sgarzi (pugilato), Laura Isaya (pugilato). 2013, sarà un Anno migliore? Dalla Russia al Trentino per l’Universiade FEBBRAIO 1-3 Tennis: Primo turno di Coppa Davis, Italia-Croazia 3 Rugby: Sei Nazioni, Italia-Francia 3 Elezioni legislative a Cuba 3 Superbowl: finale del football americano 8 Calcio: Olanda-Italia 9 Rugby: Scozia-Italia 19 Elezione presidente Coni 20 al 3 marzo Sci di fondo: Mondiali Val di Fiemme 23 Rugby: Italia-Galles 24-25 Elezioni legislative in Italia MARZO 2-19 World Baseball Classic, campionato del mondo di baseball in Giappone, Stati Uniti, Taiwan e Porto Rico 10 Rugby: Inghilterra-Italia 11-14 Cnu Universitari di sci S.M. di Castrozza 16-17 finali Champions volley in Russia 16 Rugby: Italia-Irlanda 17 Ciclismo: Milano-Sanremo 21 Calcio: Italia-Brasile 26 Calcio: Malta-Italia APRILE 7 Atletica: Maratona di Milano 12-15 Dopo dieci anni di restauri riapre ad Amsterdam il Museo Rijskmuseum, soltanto la Ronda di Notte di Rembrandt ritrova il suo posto iniziale 14 Formula 1: GP di Cina 16-21/4 Vela: World Series a Napoli 17 Ciclismo: Freccia Vallone (Belgio) 21 Ciclismo: Liedi-Bastogne-Liegi 21 Formula 1: GP Bahrain 21 Motomondiale: GP delle Americhe MAGGIO 4-26 Ciclismo: Giro d’Italia 10 Atletica: Diamond League a Doha 12 Formula 1: GP di Spagna 12-19 Tennis: Internazionali di Roma 13-20 Tennis tavolo: Mondiali a Parigi 15 Calcio: Finale Europa League 18-26 CNU Campionati nazionali universitari a Cassino 19 Atletica: Diamond League a Shanghai. 1 luglio: La Lituania prende la presidenza dell’Europa (disegno di Kazanesky, Ucraina) 25 Calcio: Finale della Coppa dei campioni a Wembley (Londra). 26 Tennis: Internazionali di Francia al Roland Garros (sino al 9 giugno) 26 o 1/6 Calcio: Finale Coppa Italia 31 Elezioni in Libia e Pakistan. GIUGNO 1 55° Biennale internazionale d’arte a Venezia 1 Diamond League negli Usa (Eugene) 2 Motomondiale al Mugello 2 60° Anniversario dell’incoronazione della Regina Elisabetta 4 Basket: Inizio finali NBA 5-18 Europeo Under 21 in Israele 6 Atletica: Diamond League a Roma 8 Calcio: R.Ceca-Italia 24 Tennis: Torneo di Wimbledon 24-3 luglio Giochi del Mediterraneo in Turchia 29 al 21 luglio: Ciclismo. Centesima edizione del Tour de France che parte per la prima volta dalla Corsica. 19-4 agosto: Mondiali a Barcellona 26-27 Diamond League a Londra AGOSTO 6-14 Scherma: Mondiali a Budapest 10-18 Debutto a Mosca dei Mondiali di atletica 22 Atletica: Diamond League a Stoccolma 24-15/9 Ciclismo: Vuelta in Spagna 25-1/9 Canottaggio: Mondiali a Chungju (Corea del Sud) SETTEMBRE 7-10 Il Comitato Olimpico si riunisce a Buenos Aires per designare la città che ospiterà i Giochi del 2020 (vedi disegno di Kazanesky, Ukraina). DICEMBRE 11-21 Universiade nel Trentino LUGLIO 4 Atletica: Diamond League a Losanna 4-30 agosto: Louis Vuitton Cup 7 Formula 1: GP di Germania 9 Inizia il Ramadan per i paesi musulmani (sino all’8 agosto) 10-28 Universiade a Kazan (Russia) 18-21 Golf: Brithis Open in Scozia 48