Navigano su Internet, postano e bannano,
ne sanno sempre una più del Diavolo che
ciascuno di noi ha la presunzione di sentirsi.
«Alla rivoluzione mediatica ci si prepara
combinando quel che è flusso (Internet) e
quel che argina il flusso dandogli ordine (i
giornali scritti). L’unica cosa che non si può
fare è ignorare la sfida, negare la rivoluzione,
opporle sante alleanze conservatrici del
vecchio»: parole e musica di Barbara Spinelli
su «la Repubblica». Prendete nota, please.
Alberto Cavallari, il direttore che traghettò il
«Corriere della Sera» oltre gli anni bui della
P2, ha scritto: «Per ciò che mi riguarda,
come operaio che ha lavorato nella fabbrica
del presente, non mi pongo mai la domanda
se sono stato obiettivo. Mi chiedo solo
se sono stato sincero». Ecco una solida
base di partenza, di discussione. Gli aspetti
scientifici non devono mai farci perdere
di vista la tensione etica. Internet o non
Internet, il giorrnalista rimane un testimone.
Deve informare, prima che giudicare. Se le
tirature sono crollate, non è colpa esclusiva
del Belzebù paratelevisivo. Gli alibi frenano la
crescita, ovunque.
diversi usati dai commercianti per i loro
prodotti. Un pubblico si conquista, gli amici
si meritano. E bisogna meritarli sempre,
senza interruzione, correndo ogni giorno
il rischio di contraddirli e di perderli. La
fiducia dei miei lettori è certamente un bene
prezioso, ma io non ne ho l’usufrutto: essi
sono sempre liberi di riprendersela quando
vogliono. D’altra parte preferisco mille volte
perdere la loro fiducia piuttosto che tradirla».
Si parla di scrittori e non di giornalisti, e la
traduzione di pubblico & amici potrebbe
generare maliziose allusioni (amici di
chi: dell’editore?), a maggior ragione in
25
ANCHE DARWIN
L’AVEVA PREVISTO
Resistere, resistere, resistere. Charles
Darwin ci guarda dall’alto e sghignazza.
L’aveva scritto in tempi non sospetti che
sarebbero sopravvissuti i più «favoriti», i più
forti, i più adattabili. D’accordo, si riferiva
alle specie animali e vegetali, ma la teoria
dell’illustre naturalista britannico sembra
tagliata su misura anche per i giornali
e i giornalisti. Non si contano le testate
che chiudono o passano sul web. A ogni
pensionato, le aziende stappano champagne.
Eppure la lotta continua, ed è bello che
sia così. Il giornalismo non è (soltanto)
un mestiere che si fa con passione. È una
passione che si fa per mestiere. Un sogno
che continua. Nonostante far west e far web.
CERCHIAMO DI SORRIDERE CON I GRANDI DELLA SATIRA
POCHI LETTORI
E NON MOLTI TIFOSI
Prendete i giornali sportivi, che poi
riassumono la polpa della mia materia: a
forza di confondere i lettori con i tifosi, si
sono ritrovati con pochi lettori e non molti
tifosi, dal momento che la faziosità ha istinti
tribali, vampireschi, vorrebbbe succhiare
sangue persino dai pretesti più insignificanti,
dagli argomenti più innocui. Georges
Bernanos, scrittore francese (1888-1948),
non ha dubbi: «Viene il momento in cui uno
scrittore deve scegliere tra il pubblico e gli
amici. Io ho scelto gli amici. Un pubblico si
guadagna e si conserva con mezzi non molto
un Paese come il nostro, così attratto da
inciuci e compro-messi, nel senso letterale
di comprare i messi, i messaggeri, gli
interlocutori. Sono fili d’Arianna che giro
ai giovani che battono i marciapiedi della
cronaca nuda, come si faceva in passato, o
frequentano le scuole di giornalismo, come
si fa adesso.
Dall’alto in senso orario: l’ultimo tifoso di
Armstrong, Draghi cavalca l’euro, il nuovo
idillio europeo, pre-elezioni in America ed il
trionfo di Obama, nuovo Cesare e portato a
spasso da Lincoln.
Lo Sport di Carrà...
La Mostra alla
Fondazione Ferrero
di Alba aperta sino
al 27 gennaio 2013
uel piccolo gioiello che è la
piemontese Alba, capitale del
fast food dolciario, dove c’è
chi sa dosare sapientemente le
nocciole delle colline coi tartufi della pianura
ma anche mostrare come l’iniziativa privata
possa sopperire a quella pubblica. L’esempio
viene dalla Fondazione Ferrero nella cui sede,
incastonata in un centro sportivo da sogno a
due passi dall’omonima industria famosa nel
mondo, vengono allestite mostre che attraggono
turisti ad ogni stagione. Dopo Morandi, ecco
Carrà dalle origini ai suoi ultimi capolavori: e per
la prima volta sono presenti tutte le sue opere
che riguardano lo sport. Una mostra essenziale
che vale la pena di visitare (è aperta sino al 27
gennaio, ingresso gratuito) perchè c’è davvero
tutto Carrà a cominciare dal tennista (Il figlio
del costruttore) che abbiamo ripreso, datato
Q
1917-1921, una composizione metafisica per
la quale Mario Broglio offrì all’autore 2.500
lire, una somma favolosa per l’epoca ma che
venne rifiutata dal pittore che aveva impiegato
tre anni per realizzarla preso da pentimenti ed
eccessi di precisione. Il lungo percorso del
pittore mandrogno passato attraverso futurismo
e poi metafisica, “vere e proprie icone dell’arte
del ‘900 – come scrive Maria Cristina Bandera
nel suo catalogo – con le quali il pubblico potrà
tornare a scoprire il lungo percorso compiuto da
Carrà, protagonista dei grandi movimenti delle
avanguardie italiane e interprete di un nuovo
linguaggio altamente narrativo e di grande
suggestione”. Anche quando parla di sport,
Carrà è eccezionale: fermarsi davanti al quadro
dedicato al mondiale vinto nel ‘34, significa
tornare nel passato, vivere nell’immagine
diventandone quasi protagonisti.
r.m.
“Lavorare, creare e donare” è il
motto della Fondazione Piera, Pietro
e Giovanni Ferrero di cui è presidente
Maria Franca Ferrero.
“A chi vuole prendere parte a questo
nuovo appuntamento – scrive la stessa
Ferrero nel magnifico catalogo curato
da Maria Cristina Bandera – rivolgo
un invito alla gioia di ammirare l’arte
che da sempre è una preziosa fonte di
benessere cui attingere per rendere
migliore la nostra vita”.
Nelle foto di Sport Universitario
l’ingresso della Fondazione e
l’immenso Centro Sportivo con la
Scuola calcio che ha come uomo
immagine il popolare calciatore Kaka.
26
e lo Sports Illustrated di Gnoli...
D
omenico Gnoli per diventare noto in
Italia ha dovuto affermarsi prima in
America. “Scoprirlo” attraverso le
copertine di Sports Illustrated di cui
negli anni 60 fu uno degli autori più prestigiosi
significa ripercorrere il cammino della famosa
rivista sportiva del mondo ma soprattutto
anche l’iter artistico di questo romano al quale
sembravano aprirsi in gioventù le porte della
scenografia più che della pittura. Soltanto
emigrando dapprima a Parigi e poi a New York
riuscì a scrollarsi di dosso questa patina che non
lo soddisfaceva e fu appunto attraverso Sports
Illustrated ed altre prestigiose riviste come
Fortune, Life, Holiday che si affidavano volentieri
a giovani pittori emergenti, se ebbe modo di
esprimere la sua arte poi diventata pittura con
mostre che lo resero famoso. Anche Franco
Maria Ricci gli dedicò una delle sue prestigiose
monografie con la penna di Vittorio Sgarbi. Una
pittura la sua quasi sempre in contrasto con
quelle dell’epoca come appare dai giudizi dei
critici a loro volta divisi dalla sua “immaginazione
fertile” troppo lontana dalla tradizione e dalle
tendenze egemoni degli Anni Cinquanta. Più
avanti comunque Marchioni sottolineava che
nonostante il collegamento con l’arte pop
27
americana, risentiva comunque di una “costante
metafisica” come testimoniava la sua presenza
nella mostra alla galleria Krugier presenti anche
artisti come De Chirico, Carrà e Morandi. Per
Barilli nelle sue opere emergeva un clima di
“nuova oggettività” con la quale recuperava
“l’autenticità di rapporto con i vari aspetti del
mondo”. Nell’osservare a distanza di anni le
copertine “dipinte” negli Anni 60 per la rivista
sportiva americana, pur dovendo sottostare a
regole di lettura abbastanza comprensibili, lo
spirito di Gnoli affiorava nel tratto ma anche
nell’autenticità dell’azione agonistica come si può
notare nella scivolata del baseball e nella presa
del football americano. I fantini, la vela, la scalata,
le barche, i colori dell’Idaho sono soggetti tali
da ben ispirare l’artista profondo conoscitore
del mondo sportivo. Come riporta l’Enciclopedia
Treccani nel numero di agosto del 1960 di
Sports illustrated dedicò una serie di dipinti ad
uno scritto di R. Graves sui giochi nell’antica
Roma, The gaudy games of Rome, e nell’autunno
inoltrato espose in una collettiva, “Eight Young
Europeans”, itinerante tra la Bianchini e la
Closson Gallery di Cincinnati. Nel 1961 trascorse
un periodo in Italia, dove lavorò ad alcune
incisioni, tra cui Man with fish, un ritratto di B.
Shahn, omaggio al grande artista incontrato
a New York, della cui influenza Gnoli risentì
molto. Alla fine dell’anno uscì un libro scritto
e illustrato da G. Orestes or the art of smiling
(London-New York 1961), la storia di Oreste,
principe di Terramafiusa, che a venti anni non
ha imparato a sorridere e deve essere istruito
a farlo. Le tavole originali furono presentate
dal 20 novembre al 12 dic. 1961 alla galleria
Bianchini, e nell’ottobre dell’anno successivo alla
Hazlitt Gallery di Londra. Nel giugno del 1962
separatosi dalla moglie,americana si stabilì prima
a Roma, poi, nell’autunno, a Parigi continuando
a creare illustrazioni per le riviste americane
attraverso il suo agente T. Riley, col quale era in
rapporto dal 1960. Nel 1962 lavorò per Show,
per Fortune, per Sports illustrated: si tratta
spesso di illustrazioni di reportage creativo.,
come per esempio le tavole per un articolo di
R.A. Smith (Fortune, giugno) sulla base spaziale
di Cape Canaveral, suggerite da una visita alla
base compiuta nell’aprile di quell’anno. Sono
immagini strutturate e complesse, caratterizzate
dalla prospettiva verticale e dall’abbondanza
di particolari e di narrazione spiritosa, come
le rampe di lancio, la sala dei computer, le
postazioni televisive, o come le tavole dedicate
a giochi praticati in America Latina (Sports
illustrated, 12 nov. 1962) legati al passato
precolombiano, frutto di un viaggio compiuto
nell’estate del 1960.
Nelle foto in alto, Parigi 24 agosto 1947, la
nazionale universitaria italiana allo stadio
di Colombes sfila ai primi mondiali dello
sport goliardico del dopoguerra. In testa con
la maglia colorata d’azzurro, Enzo Civelli,
fondatore e primo presidente del Cus Trieste
alla cui famiglia appartiene la foto utilizzata
per la copertina del libro “Diario gialloblu”
di Michele Scozzai, storia del movimento
sportivo triestino. I Giochi non si chiamano
ancora Universiade (al singolare) come
avverrà per Torino 1970, nella seconda foto,
con l’ingresso al Comunale della delegazione
del Cusi. In basso, ritorniamo indietro al 1927
quando Roma ospitò il primo vero Mondiale
universitario con la vittoria degli azzurri nel
calcio grazie ai fuoriclasse che avrebbero
vinto l’oro all’Olimpiade. Ecco i campioni
impegnati nel saluto romano. Nell’altra foto
l’inaugurazione del Comunale torinese con
l’ingresso delle rappresentative partecipanti
ai Littoriali del 1933 comprendenti sport e
cultura.
Dallo Sport Universitario Italiano
L
o sport universitario italiano è sempre stato
in prima linea nell’organizzare ed “inventare”
manifestazioni che poi sarebbero state
copiate ed ampliate in Europa e nel mondo.
Al di là degli scopi che erano alla base di questi
movimenti, resta il fatto che la gioventù, fosse essa
del littorio o del Guf, partecipava ai campionati, ne
abbozzava altri, creando con l’entusiasmo quello che
altri cercavano di realizzare con la tecnica. La prima
edizione dei Giochi mondiali universitari vennero
organizzati nel 1923 dall’UNEF (Union National des
Estudiantes Française) nobilitati dalla presenza di un
campione olimpico, lo statunitense
Charlie Paddock (nella foto), famoso
perchè a cominciare dai 20 anni stabilì dodici primati
del mondo, dai 100 metri (un eccezionale 10”2) alle
220 yards. Fu capitano dei marines nella seconda
guerra mondiale e morì nel Pacifico: il suo nome venne
dato ad una nave.
Dopo le manifestazioni studentesche di Varsavia
(1924) e Praga (1925) toccò a Roma nel 1927
28
organizzare i primi veri Mondiali Universitari dal 24
agosto al 4 settembre. Vi parteciparono Austria,
Cecoslovacchia, Estonia, Francia, Gran Bretagna,
Haiti, Ungheria, Polonia, Svizzera e Italia con un
complesso di 320 atleti, mentre a Pallanza, sul Lago
Maggiore, il mese successivo, l’11 settembre, fu il
momento dei mondiali di canottaggio. Nell’occasione
venne stampato uno dei pezzi più ricercati della
filatelia sportiva, la prima “meter cancel”. Il calcio fu
il grande protagonista con le quattro nazionali che in
quei tempi esprimevano il meglio del calcio europeo,
Italia, Austria, Ungheria e Svizzera. Battendo l’Austria
per 3 a 0 gli azzurri si aggiudicarono il primo trofeo
ripetendosi l’anno dopo a Parigi, stavolta davanti
all’Ungheria. L’Italia schierava molti elementi che
avrebbero partecipato l’anno dopo all’Olimpiade
di Amsterdam o giocato nella Nazionale A come
Bernardini, Pitto, Foni, Sallustro, Borel II° e Varglien
I°. Questi i risultati: Italia-Svizzera 10-1, era il 28
agosto data ufficiale del primo incontro di calcio
il battito per il mondo
ai Giochi universitari: Giuliani fece 4 gol e capitan
Bernardini “mise cavallerescamente nelle mani del
portiere svizzero un calcio di rigore”. Italia-Austria 3-0,
Italia-Ungheria 1-0, Ungheria-Svizzera 5-0, AustriaSvizzera 11-0 e Austria-Ungheria 3-1. Classifica finale:
1) Italia, 2) Austria, 3) Ungheria, 4) Svizzera.
Un particolare curioso che anticipava i tempi:
nell’edizione del 1930 a Darmstard, in Germania,
nell’incontro Italia-Germania 2-1 vennero utilizzati due
arbitri “considerata l’insufficienza dimostrata da quello
che aveva diretto la fase iniziale”: Werz nel primo
tempo e Weingartner nella ripresa! Nella Nazionale
universitaria del 1936 militavano cinque azzurri che poi
vinsero ai giochi olimpici.
Proprio per ospitare i primi Campionati nazionali
universitari a Torino, sotto l’egida del Guf, Gioventù
Universitaria fascista, venne costruito a tempo di
record lo stadio su ordine perentorio di Mussolini il
29
quale si dedicò anche l’impianto, dopo il fallimento
del faraonico impianto dei 100mila che venne
iniziato e mai portato a termine nell’attuale zona del
Politecnico. Lo stadio, ora divenuto Olimpico, venne
inaugurato il 14 maggio 1933 appunto con i Littoriali
studenteschi ed il 29 giugno ospitò la prima partita
di calcio fra Juventus e Ujpest per la Coppa Centrale,
equivalente alla Coppa dei Campioni.
Littoriali che nel dopoguerra si trasformarono in
campionati universitari con la prima edizione a
Bologna nel 1947 e l’anno successivo a Torino. Tornei,
non soltanto sportivi ma anche culturali, autentiche
arene nelle quali si sono cimentate le grandi firme del
giornalismo sportivo attraverso le cronache di Sport
universitario e dei loro giornali: anche in questo caso
è doveroso citarne soltanto alcuni come Gianni Brera,
Giulio Signori, Giampaolo Ormezzano, Sergio Neri,
Aldo De Martino, Angelo Pinasi, Fulvio Astorri, Toni
Bellocchio, Candido Cannavò e così via.
Gianni Brera si confidava sulle pagine del giornale
universitario raccontando come il mitico Baloncieri
l’avesse sconsigliato di fare il calciatore: “Fa’ l’avocat”
gli diceva. “oppure lancia le ali come ti dico”.
“Cavaliere – ribatteva Brera – lanciare le ali rasoterra è
difficile perchè...”.
“Fa l’avocat, crapotti – ingiungeva il cavaliere
strizzando gli occhietti furbi ed inquieti”. Ma neppure
nella scelta della facoltà universitaria ho voluto
obbedirlo: all’Università scoprii che per remare sull’otto
mi sarei dovuto alzare alle sette; che il rugby non
conciliava con il mio tocco di palla; che il pugilato, al
contrario, sovveniva alle deficienze della mia pensione
di povero. E mi prestai, mastodontica cavia, agli
esperimenti dei miei compagni già “impostati”. Ma
ai Littoriali di Torino del ‘33 presi parte quale addetto
stampa, non per questo cessando di tirare i miei bravi
uppercut (e di pigliarne assai di più). Da quel giorno
difendo lo sport goliardico con i pochi colpi del mio
repertorio. E come l’Università esprime la classe
dirigente del Paese, così lo sport goliardico deve
esprimere la classe dirigente dello sport nazionale”.
La nascita dei Giochi invernali universitari risale
al 1928 con sede a Cortina d’Ampezzo e la
partecipazione di un centinaio di universitari maschili
e femminili. Le gare si svolsero dal 22 al 29 gennaio e
fu l’inizio di una manifestazione che avrebbe avuto un
seguito con Davos (1930) Bardonecchia e Borgonovo
(1933: prima emissione di annulli postali con la scritta
Universitari Internazionali) St.Moritz (1935) Zell-am-
See (1937) e Lillehammer (1939).
Ai Giochi Mondiali universitari parteciparono fra
gli altri due dei più famosi esponenti dell’atletica
internazionale a cominciare da Ondina Valli, che poi nel
’36 avrebbe vinto la prima medaglia d’oro femminile
negli 80 ostacoli a Berlino: a Torino vinse nei 100
piani, negli 80 ad ostacoli, nel salto in alto e nella
staffetta 4x100. L’altro universitario era Luigi Beccali
che aveva appena vinto nel ’32 la medaglia a Los
Angeles nei 1.500 e che vinse a Torino nella stessa
specialista. Per i giochi di Torino vennero stampati i
primi francobolli nonché sei cartoline “goliardiche”
raffiguranti cinque sport, atletica, scherma, pallanuoto,
rugby e tennis, allora fra i più popolari, calcio a parte.
Al torneo di calcio parteciparono Italia, Germania,
Ungheria e Lussemburgo che si classificarono
nell’ordine, nonché Lettonia e Lussemburgo.
Gli azzurri furono primi grazie al quoziente reti.
I risultati: Italia- Lettonia 7-1, Germania-Ungheria 4-2,
Italia-Germania 3-1, Ungheria-Lettonia 7-0,
Ungheria-Italia 1-0, Germania-Lettonia 10-0.
g.g.
Nasciuti e D’Elicio nella nuova Fidal di Giomi
di Maurizio Caldarelli
atletica leggera per Alfio Giomi,
neopresidente della Fidal, è la
vita. La regina delle discipline
olimpiche ha probabilmente
trovato la persona giusta, anche se ha anticipato
che quell’ambita sarà sua solo per quattro anni:
«Se mi chiederanno di rimanere – dice – vuol dire
che non ho fatto bene e che mi verrà concessa
una seconda chance».
Il 64enne dirigente maremmano è così, senza
peli sulla lingua. Nella sua filosofia di vita è il
campo a dire se hai lavorato bene o male. Prima
di raccogliere il 60,7% dei consensi all’assemblea
elettiva del 2 dicembre scorso a Milano,
Giomi è stato vicepresidente di Gianni Gola,
capodelegazione azzurro in un paio di Giochi, ma
si è soprattutto fatto conoscere nel mondo per
l’organizzazione del Meeting citta di Grosseto,
che ha avuto l’onore di ospitare i migliori atleti
al mondo, e per aver portato Europei e Mondiali
Juniores in Maremma, con risultati organizzativi
mai visti in passato.
Alfio Giomi, che ha coronato a Milano un sogno
inseguito per anni (e bastavano i suoi occhi lucidi
per capirlo), vuole portare il bagaglio personale,
le esperienze maturate nella sua Grosseto (era
anche il massimo dirigente dell’Atletica Grosseto
Banca della Maremma) al servizio di uno sport
che ha bisogno di una rivoluzione per tornare ai
vertici. «Deve essere – spiega – una rivoluzione
L’
D’Elicio e Nasciuti col loro presidente Cusi,
Coiana.
nel sistema, nell’approccio. La Fidal è stata vista
finora come il Palazzo, invece deve essere un
luogo di servizio per gli atleti e per le società;
deve essere aperta a tutti, per poter dare risposte
concrete».
Al momento del suo insediamento, che situazione
ha trovato?
«Ho avuto conferma di una situazione che
immaginavo e cioè di una federazione lontana
anni luce da società e atleti. Avevo questa
percezione da fuori: adesso vediamo di cambiare
questo stato di cose. Abbiamo un miliardo di
cose e purtroppo incombe la stagione indoor.
Abbiamo un gruppo di atleti su cui puntare agli
Europei. Io ci credo e sarà la maniera migliore
per iniziare questa avventura». Un’avventura che
Giomi affronta con l’entusiasmo di un ventenne e
l’esperienza di chi ha passato una vita sulle piste
e sulle pedana a coltivare talenti.
I suoi vice presideti saranno Enzo Parrinello e
Mauro Nasciuti: per quest’ultimo una grande
L’INGEGNERE DELL’ATLETICA
RICCARDO CUOR DI LEONE
Come è facile evincere dal curriculum, la
storia dell’ing. Mauro Nasciuti come dirigente
sportivo nasce dalla sua grande passione per
l’atletica leggera. Da lì, attraverso l’attività di
base societaria che si è sviluppata in seno
al Cus Genova, e si è quindi unita ad una
militanza polisportiva universitaria, Nasciuti ha
raggiunto alcuni traguardi anche prestigiosi,
che non riguardano solo l’atletica ma anche
altre discipline, sia in ambito nazionale che
internazionale. E una delle soddisfazioni
maggiori, nonostante sia la più recente, è l’aver
ottenuto la vice presidenza della FIDAL, una
carica di grande rilievo, che va a chiudere il
cerchio proprio da dove l’avventura era iniziata.
Non dimentichiamo la sua presenza nella
commissione mondiale della Fisu, la sua cultura
in tutti gli sport, la sua conoscenza enciclopedica
dei personaggi, difficile coglierlo in imbarazzo,
lui sa davvero quasi tutto. Ed è la conseguenza
della passione, del suo raziocinio universitario,
dell’entusiasmo professionale che mette in ogni
sua azione, anche la meno importante.
Sintentizzare quello che ha fatto D’Elicio nella
sua lunga stagione torinese (e mondiale) è
impossibile. Come un libro, anzi un’enciclopedia.
D’accordo che ha seguito le orme di Nebiolo,
d’accordo che ha raccolto una grande eredità
ma lui ha saputo gestirla da par suo, innovando
nel giusto limite, realizzando anche quello che
non sembrava realizzabile, creandosi attorno
uno staff invidiabile, di gente esperta, donne e
ragazze votate al lavoro e alla dura disciplina
dell’impegno richiesto in campo internazionale.
Grazie anche alla moglie, sempre in prima linea, e
due figli d’oro. Ha saputo elevarsi culturalmente,
dal diploma alla laurea, ha giocato a basket, ha
saltato (bene) nell’alto (2,10) per una decina
d’anni si è votato ai Giochi delle elementari
coinvolgendo annualmente 15 mila bambini sino
ai 52mila spettatori della finale del Grand Prix
IAAF di Atletica di Torino organizzato nel 1992, ha
organizzato quasi tutto di quanto organizzabile,
anche un’Universiade di grande spessore e
successo. Ora con Nasciuti dovrà contribuire a
rilanciare la Fidal: ha già acceso i motori.
E BELTRAMI NELLA FEDERMEDICI SPORTIVI DI CASASCO
Anche per un altro consigliere
Cusi un importante
riconoscimento a livello
nazionale: Gianfranco Beltrami
è stato chiamato a fare parte
del consiglio della Federazione
Medico sportiva di cui è stato
riconfermato presidente
Maurizio Casasco. “Lotta al
doping e promozione dello
sport terapia saranno i pilastri sui
quali imposterò il mio mandato”
ha detto Beltrami che è anche
presidente della commissione
medica della Federazione mondiale
baseball. “Nel campo della
medicina sportiva – ha proseguito
– l’Italia è un Paese all’avanguardia
e merita di consolidare la propria
leadership”.
30
rivincita, un ritorno che lo ripaga ampiamente
per essere stato messo in disparte dopo quello
che aveva fatto per l’ atletica italiana anche in
campo internazionale. Con lui entra nel consiglio
anche un altro presidente Cus, Riccardo D’Elicio,
tanta esperienza a Torino ma anche nell’ambito
mondiale attraverso l’Universiade e manifestazioni
ricche di prestigio.
I PRESIDENTI DELLE FEDERAZIONI
Aero Club ACI
Disciplina sportive da caccia
Atletica leggera
Automobil Club d’Italia
Badminton
Baseball Softball
Canoa e Cayak
Canottaggio
Ciclistica
Comitato Italiano Paralimpico
Cronometristi
Danze Sportive
Ginnastica d’Italia
Gioco Calcio
Golf
Handball
Hockey su prato
Hockey e Pattinaggio
Lotta Pesi Judo
Medici sportivi
Motociclistica
Motonautica
Nuoto
Pallacanestro
Pallavolo
Pentathlon Moderno
Pesca Sportiva e subacquee
Pesistica e Cultura fisica
Pugilistica
Rugby
Scherma
Sci nautico
Sport del Ghiaccio
Sport Equestri
Sport Invernali
Squash
Taekwondo
Tennis
tennis tavolo
Tiro a segno
Tiro a volo
Tiro con l’arco
Triathlon
Vela
31
Giuseppe Leoni
Felice Buglione
Alfio Giomi
Angelo Sticchi Damiani
Alberto Miglietta
Riccardo Fraccari
Luciano Buonfiglio
Giuseppe Abbagnale
Renato Di Rocco
Luca Pancalli
Giancarlo Ravà
Christian Zamblera
Riccardo Agabio
Giancarlo Abete
Franco Chimenti
Francesco Porromuto
Luca Di Mauro
Sabatino Aracu
Matteo Pellicone
Maurizio Casasco
Paolo Sesti
Vincenzo Iaconianni
Paolo Barelli
Gianni Petrucci
Carlo Magri
Lucio Felicita
Ugo Claudio Matteoli
Antonio Urso
Franco Falcinelli
Alfredo Gavazzi
Giorgio Scarso
Silvio Falcioni
Giancarlo Bolognini
Antonella Dallari
Flavio Roda
Siro Zanella
Massimo Verdina
Angelo Binaghi
Franco Sciannimanico
Ernfried Obrist
Luciano Rossi
Alvaro Carboni
Luigi Bianchi
Emilio Carlo Croce
Io e il colesterolo
Sono a dieta dai tempi dell’esame di maturità. Facevo già
sport ad alto livello, cercando di fare convivere i libri con la
mia passione per la canoa e dovevo seguire un’alimentazione
molto rigorosa. Tanto per dire, alle Olimpiadi Barcellona
nel 1992, il massimo che mi veniva permesso era la pasta
con il formaggio grana, senza burro o altri condimenti. In
verità, secondo gli specialisti che mi seguivano, avrei dovuto
mangiare i maccheroni senza neppure il parmigiano, appena
scolati, tristissimi. Ma non sempre ce la facevo, e di nascosto,
diventava tremendamente appetitoso. Ve l’assicuro.
Eppure, nonostante cinque Olimpiadi (oltre a Barcellona
anche Atlanta, Sydney, Atene e Pechino) e vent’anni di
dieta, con piccoli sgarri, qualche mese fa mi sono accorto
di avere il colesterolo alto. Rabbia e sorpresa. L’ho scoperto
sottoponendomi ai soliti esami di routine, anche se qualche
piccolo segnale, a onor del vero l’avevo avuto qualche tempo
prima, perché mi sentivo stanco, e soprattutto avevo messo
su peso.
Dalla piena forma fisica degli 83 chili, nel lungo periodo
delle Olimpiadi, ero passato a 87-88, che vanno benissimo
per carità, visto che sono alto un metro e 86. Ma poi avevo
raggiunto i 98 chili, che sono ivece decisamente troppi.
La ragione è semplice: mi sono lasciato andare. Sono
golosissimo, vado spesso a cena fuori casa e non riesco a
rinunciare ai dolci al cucchiaio. Che mi piacciono da morire.
Certo, dopo avere scoperto che il colesterolo era salito oltre i
limiti, il mio piatto standard ha radicalmente cambiato aspetto,
purtroppo: è diventato il farro con pomodorini e sedano.
Che supplizio per una persona come me, che ama i cibi
più calorici e ricchi di grassi come dolci, gelati e tiramisu.
Soo ghiotto anche di formaggi e nel Lecchese, dove sono
nato e risiedo, ce ne sono veramente di buonissimi, come i
taleggi. Ma le tentazioni si presentano anche quando viaggio.
Nell’Italia del sud, ad esempio, impazzisco per la mozzarella
di bufala e la burrata. Ogni volta devo fare uno sforzo enorme
per resistere, e mi sembra strano, per uno che ha sempre
praticato sport ad alto livello come me.
di Antonio Rossi
Pensavo che l’attività fisica creasse
una sorta di scudo e mi rendesse
quasi invulnerabile… Invece non è
così. Se in più aggiungete che, dal
2009 allo scorso anno, ho anche
ridimensionato moltissimo gli
allenamenti, il gioco è presto fatto.
Quando ero nel pieno della mia
attività sportiva mi allenavo sette ore
al giorno. Poi sono passato ad una
e neanche tutti i giorni, complici gli
impegni vari.
Nel frattempo sono diventato
assessore allo sport alla Provincia di Lecco e presidente della
commissione atleti europei. Questo significa meno esercizio
fisico e molte più cene, aperitivi…
Certo, ero così lontano dall’idea di avere il colesterolo che
quando il medico mi ha letto l’esito delle analisi, ho risposto.
“Ah, 235 di colesterolo, ma quello buono, vero?”
“Niente affatto” ha commentato lo specialista. Quindi mi sono
messo nuovamente a dieta. Frutta, verdura, pesce, carne
bianca e legumi, cereali integrali. Banditi di colpo i miei amati
formaggi e i dolci che inizialmente sognavo anche di notte.
La dieta mi è stata prescritta da mio fratello Stefano che
fa il geriatra a Lecco e si occupa molto dei problemi legati
al colesterolo alto (in primis) le malattie cardiache, come
l’infarto.
Devo dire che adesso sono diventato piuttosto ligio e mi
attengo scrupolosamente alle indicazioni del medico. E le
mie analisi sono tornate, in poco tempo, a livelli normali.
Però ogni tanto qualche piccolo strappo alla regola me lo
concedo (o meglio, vorrei concedermelo). Un esempio
‘Quando vado da McDonald’s con i miei figli, Angelica di
12 anni e Riccardo di 11, mi piacerebbe abbuffarmi di
hamburger. Ma interviene implacabilmente mia moglie Lucia.
Ci pensa lei a tenermi in riga.
(Fonte: Vanity Fair)
La Lecture di
Pablo Picasso
esposta nella
Mostra a
Palazzo Reale
di Milano
oltanto Augusto Frasca poteva scrivere un libro
come questo, una storia di un personaggio
che è la storia dello sport italiano. Cioè, com’è
scritto nel titolo del libro edito dal Coni e dalla
Fondazione Giulio Onesti a 100 anni dalla nascita, colui che
fece di uno “sfascio, una riserva biblica”. Perché prendere
in mano la situazione dello sport italiano a pochi mesi dalla
conclusione della terribile guerra che devastò il paese e
l’animo delle genti, significava entrare in contrasto con tutto
quanto sino ad allora era stato il predominio, oltretutto con
una classe politica che bollava lo sport come espressione
del fascismo quindi argomento delicato, anzi indelicato, da
scartare alla prima occasione. L’investitura di Onesti sotto
molti aspetti ci ricorda quella successiva di Papa Giovanni,
il Papa Buono, cioè personaggi che non davano fastidio,
chiamati soltanto a portare avanti un progetto che altri, più
importanti, più vicini al comando supremo, avrebbero poi
sviluppato. E che si rivelarono invece grandi condottieri,
superiori di gran lunga ai politici, fossero del governo o
della chiesa, che diedero loro spazio “pro tempore”. L’abilità
di Onesti, come ha sottolineato Antonio Ghirelli nella sua
introduzione, fu quella di appoggiarsi ad elementi ereditati
dal regime, ex fascisti come Saini e Zauli capaci di offrire
una grande esperienza ed una fedeltà assoluta. Personaggi
ai quali Frasca ha aggiunto Garroni e Fabjan, nonché
un comunista come Mario Vivaldi che ebbe particolare
importanza nel servizio tecnico-sportivo e nella Scuola
centrale dello sport. Dopo avere abbandonato dopo quattro
anni la saletta di un albergo romano, salendo lo scalone del
Foro Italico, come ricorda Frasca, Onesti portava sottobraccio
due testi in edizione economica degli Annali di Tacito e il
Principe di Machiavelli, proprio per frequentare il latino che
Onesti, il Kissinger dello sport
testi di Giorgio Gandolfi
Un libro di Augusto Frasca a 100 anni dalla nascita
S
Giulio Onesti col suo nume tutelare,
l’onorevole Giulio Andreotti.
gli era congeniale coi suoi studi e i testi capaci di tenere
allenata la scienza del comando. Così Onesti seppe districarsi
dalla torma di servi per evidenziare i seguaci, assieme ad un
“illimitato principio di autoconservazione”.
A Frasca, nell’ultimo decennio, dobbiamo attraverso i libri
testimonianze preziose, diremmo lungimiranti: da solo
o assieme ad illustri colleghi, ha coperto spazi vuoti con
progetti di cui avvertivamo la mancanza. Come non citare
in proposito le due eccezioni dedicate al calcio, col volume
dell’Enciclopedia Treccani, assieme ad altre prestigiose firme
del comitato scientifico come Tosatti, Montezemolo, l’ex
docente bolognese Roversi Monaco, Pescante, Bartoletti,
Bortolotti, Cavalli, Gregori e poi, se non soprattutto,
l’Enciclopedia Garzanti dello Sport con l’amico Claudio
Ferretti, nostra continua e approfondita fonte di informazione.
Negli “intervalli” altri gioielli come le opere su Oberweger,
Dordoni, Dorando Petri, i libri sull’atletica leggera ed il
meraviglioso Roma Olimpica.
Questo su Giulio Onesti, raccoglie un’eccezionale
documentazione fotografica ed una serie di testimonianze
di grandi giornalisti, tipo Gualtiero Zanetti, Sergio Valentini,
Giulio Signori, Gino Palumbo, Gian Paolo Ormezzano, Mario
Pennacchia, Gianni Melidoni, Alberto Marchesi, Vanni Loriga,
Antonio Ghirelli, Mario Gherarducci, Beppe Croce. Li ho
citati quasi tutti perché oggi giorno non c’è neppure l’ombra
nel giornalismo internauta di oggi. Testimonianze che sono
documenti leggibili, ricordabili, memorabili. “Vivere onesti,
morire poveri” ricordava l’ex direttore della Gazzetta dello
sport, Zanetti. Ormezzano lo definì un “Kissinger dello sport”
per il suo impegno sociale e politico a livello mondiale, il
figlio di un ingegnere piemontese delle ferrovie che con gli
studi si era dato un’istruzione profonda, “che mise tutto al
servizio dello sport” lui che arrivò al Foto Italico in bicicletta,
appoggiò il velocipede al muro – allora i ladri di biciclette
stavano soprattutto nei film – entrò e decise che anziché
liquidare il Coni, l’avrebbe fatto più grande”. Era nato a Torino
cent’anni fa, il 4 gennaio 1912, figlio di Lino, capo servizio
nel ministero dei trasporti che si sarebbe trasferito a Roma
cinque anni dopo con la moglie Giuseppina Coppa dalla quale
avrebbe avuto altri due figli, Giovanna e Giorgio, quest’ultimo
destinato a calcare i palcoscenici della lirica affiancando
cantanti come Renata Tebaldi, Del Monaco, Kraus, Anna
Moffo. I giornali del ‘32 raccontano dei Littoriali e delle vittorie
della Yole con l’equipaggio di Onesti. Dopo la guerra, in prima
linea in Jugoslavia, ha 32 anni quando viene nominato prima
Reggente e poi Commissario straordinario del Coni. Un mese
dopo a Milano, nella sede del Tennis Club, i presidenti di 23
Federazioni lo eleggono presidente. Due anni dopo la firma
dell’avvio della gestione diretta del Totocalcio, le prime vincite
milionarie che avrebbero cambiato le domeniche degli italiani
con introiti, grazie alla schedina, coi quali lo sport italiano
raggiungerà traguardi insperati cancellando drasticamente le
ombre opprimenti del passato. Frasca è stato bravissimo ed
esauriente con l’inserimento di tasselli che sono autentiche
testimonianze dei vari periodi. Dalle dimissioni di Fulvio
Bernardini, che sbattè le porte lasciando la presidenza della
nascente Federcalcio (causa “l’ambiente insincero e di scarsa
sensibilità”) ai primi Maestri di sport nel ‘69 tra i quali Pietro
Boscaini, Giacomo Crosa, Carlo Devoti, Giuseppe Gentile,
Tullio Paratore, per non dire dell’enorme calcolatore nella sala
stampa di Monaco “primo visibile utilizzo dell’informatica in
edizione olimpica con un archivio elettronico a disposizione
dei giornalisti, poi perfezionato dalla Honeywell agli europei
di atletica a Roma”. Il 7 luglio del 1978 finiva l’era Onesti “tra
le carezze del ponentino” come scriveva da Roma Oscar Eleni
per il giornale di Montanelli” con una sentenza del consiglio
di stato che ha tagliato senza alcun sentimentalismo qualcosa
che in tutti noi se ne stava andando. Nell’aula del Consiglio di
Stato lo sport è stato sconfitto”.
Insomma, un altro libro da leggere e da ricordare, capace di
rinfrescare la memoria grazie alla testimonianza di chi, come
Frasca, ha vissuto in prima linea questi anni “storici” per lo
sport.
Augusto Frasca,
“GIULIO ONESTI,
LO SPORT ITALIANO”
288 pagine, edito dal
Comitato Olimpico
Nazionale italiano,
Fondazione
Giulio Onesti.
32
Giorgio Barberis
D’ORO E D’AZZURRO
Gli Olimpionici
dell’atletica italiana.
Edizione Sei Frontiere
Daniele Marchesini
L’ITALIA A QUATTRO RUOTE
Storia dell’utilitaria
Edizione Il Mulino
Definire eclettico Daniele Marchesini,
amabilmente da noi apostrofato “il professore”
per il ruolo che ricopre, può sembrare riduttivo.
In realtà eclettico in greco significa colui che
sa scegliere ed è indubbio che nelle sue opere
ha saputo scegliere bene anche se l’accostarsi
molto spesso allo sport può indurre a pensare
che l’agone abbia un fascino particolare per lui.
Certo, Marchesini in gioventù è stato un ottimo
atleta, campione d’Italia con la pallavolo assieme
a Scotti, Roncoroni e De Angelis, una classe di
33
Non deve essere stato difficile per Giorgio Barberis scrivere questo
ennesimo libro: quando si ama l’atletica, come nel suo caso, quando
si conoscono i campioni come amici dell’infanzia o della scuola,
tutto diventa più naturale, quasi normale. Oltretutto avendone seguiti
molti in gara, soprattutto alle Olimpiadi dove questi “cavalieri” dello
sport hanno gareggiato e spesso vinto facendo sventolare il tricolore.
Campioni che diventano parte del romanzo che si cela nel libro che
porta alla luce la storia, a volte inedita di diciassette campioni, gli
olimpici dell’atletica italiana. E quando non li conosceva, Barberis ha
potuto attingere alla memoria di tanti giornalisti che hanno amato
l’atletica al par suo, Barra, Frasca, Menarini e Romeo, l’elite del
giornalismo, per non dire di Carlo Monti e di quella grandissima firma
che era l’inimitabile Renato Morino. Giorgio ha fatto bene a ricordarlo:
ferro, ma sono coincidenze legate al fascino di
certi personaggi dell’era moderna che abbondano
appunto nello sport, come Coppi e Bartali, come
Carnera, Fangio o Ferrari. In realtà ha scritto
tantissimo di storia contemporanea come
richiedeva il suo ruolo all’Università di Parma ma
la popolarità gliel’hanno data questi otto libri che
gli hanno procurato tra l’altro due Premi Coni
ed un prestigioso Bancarella Sport per ritirare il
quale arrivò in bicicletta a Pontremoli sfidando
una giornata da lupi sulla Cisa, provocando
l’ammirazione di Vittorio Adorni che l’attendeva
per la premiazione del libro “Coppi e Bartali”.
La sua nona fatica ha richiesto due anni di lavoro
e di ricerche ma ne valeva la pena come si può
constatare leggendo il suo libro “L’Italia a quattro
ruote” edito dal Mulino, da poco in circolazione.
Un argomento che aveva affascinato anche
Giovanni Arpino al punto da indurlo a scrivere
che l’auto ha un’anima. C’è una colleganza
nel tempo fra Arpino e Marchesini pronto ad
immergersi in un mondo fascinoso dopo avere
consultato mille persone e presentata la prima
bozza del libro agli amici parigini in un seminario
sui trasporti ricevendo i primi, incondizionati
elogi e gli stimoli per portare a fondo la sua
opera. Che è un libro di cronaca in apparenza
ma in realtà è un romanzo che commuove e
intriga nonostante il rombo dei motori, coi
è stato unico nel giornalismo e troppo presto dimenticato. Per noi che
l’abbiamo conosciuto, letto e riletto, una leggenda.
Bellissima l’introduzione con Frigerio l’innovatore e Beccali,
l’americano; bellissime le parole di un taciturno, Abdon Pamich:
“Lo sport fa bene, anzi benissimo, se praticato in giusta dose.
Quello agonistico però rischia di fare danni sia fisici sia psicologici.
Per questo merita la massima attenzione e preparazione”. Chissà
con che dispiacere ha dovuto chiudere con Schwazer, il guascone
con quelle parole che sembrano anticipare la sentenza: “Dopo il
successo olimpico sono parse venir meno alcune motivazioni e ha
cominciato ad avere crepe sempre più evidenti nel rapporto con
l’allenatore. Così c’è stato il ritiro ai Mondiali di Berlino e agli Europei
di Barcellona 2010...
Quando invitò Marzotto all’Università di
Parma per parlare della Formula uno.
suoi personaggi di cui conosciamo la storia
superficialmente ma che qui emergono con
tutte le loro qualità, le paure, i difetti ed i grandi
pregi in periodi nei quali era lecito sognare ma
anche realizzare. Come immaginare che sia stato
Mussolini a chiedere in modo perentorio alla Fiat
di realizzare un’autovettura che costasse 5mila
lire quando il Lingotto le vendeva da 15 a 20mila
lire? E Dante Giacosa, il creatore della Topolino
poi della 600 e della Nuova 500 ci riuscirà
“rimanendo entro i 315 chilogrammi di peso”
subito dopo il varo della Balilla e poi dell’Ardita
definita da Marinetti “espressione di italica
ingegnosità”. Ce ne vorrebbe un po’ anche oggi.
Marchesini ci accompagna per mano a scoprire
l’evoluzione della specie, gli episodi alla “007”
che si celavano dietro la nascita di nuove vetture,
le lettere anonime, lo spionaggio, l’accostamento
del mondo della pubblicità all’uscita delle
prime “divine” sulle quattro ruote, l’importanza
dell’industria automobilista per la ripresa del
Paese dopo la guerra quando la gente si scoprì
povera e affamata. Il boom dell’auto è il boom
italiano, in quella vetturetta cantata da Paolo
Conte (“Sulla Topolino amaranto/ si va che è un
incanto nel ‘46/ Se le lascio sciolta la briglia/ mi
sembra un’Aprilia, rivali non ha…/Bionda non
guardar fuori dal finestrino/che c’è un paesaggio
che non va). L’auto piccola o grande diventa
una diva, la dipinge Casorati, l’immortala la
nascente televisione, la conquista di una vettura
è la conquista del tempo libero, già nel ’60 due
milioni di auto circolano nelle strade.
La storia delle quattro ruote diventa la storia
d’Italia, analizzata nelle curiosità e negli aspetti
che Marchesini ha scoperto scrutando gli archivi
della Fiat, di giornali, dello Csac di Parma, della
Fondazione Gramsci di Torino e del Touring
italiano, con foto stupende dell’archivio Alinari,
il maestro dell’immagine. L’Italia in Topolino
diventa l’immagine di un paese che ha saputo
arrangiarsi in tempi difficili e che ora potrebbe
ripetersi, visto che la “500” è tornata a farsi
ammirare nella sua nuova-vecchia veste.
Cosa è rimasto del Nebiolo che vent’anni
a questa bella rivista
partono sempre belle idee
che Gandolfi alimenta con
la sua memoria storica e
i suoi archivi. Come cinquant’anni
fa, quando ci incontrammo a Torino,
giovani apprendisti a «Tuttosport»
per ritrovarci poi compagni di viaggio
a «La Stampa». Allora aveva meno
archivi ma già altrettanta memoria,
perchè la cultura delle radici l’aveva
sempre stimolato. Mi ha posto,
Gandolfi, un quesito partendo da
alcune date: Primo Nebiolo giusto
vent’anni fa, nel 1992, divenne
membro del Cio e dunque c’è una
ricorrenza che va ricordata. Moriva poi
nel 1999, aveva 76 anni ben portati.
D
GIANNI ROMEO
è stato uno dei
giornalisti più
vicini a Primo
nella sua
indimenticabile epopea.
La sua figura si è sbiadita nel tempo?
Cosa ci resta di lui, delle sue idee, delle
sue geniali innovazioni?
Nel 2013 che è dietro l’angolo Nebiolo
avrebbe compiuto novant’anni.
Ebbene, ce lo immaginiamo come
sempre, con un pensiero nuovo nel
cervello ogni mattina e la voglia di
realizzarlo fin dal pomeriggio. E a chi
lo avesse invitato a riflettere sulle
difficoltà di quel progetto avrebbe
risposto come sempre: non decolla
soltanto ciò in cui non si crede. Per
rispondere a Gandolfi, dunque: è
attualissimo, Primo. Vent’anni dopo è
ancora vivo, perchè vivono le sue idee.
Citiamo il suo percorso senza la
pretesa di scendere nei dettagli,
mettendo a fuoco il suo fiore
all’occhiello che è quello di dirigente
senza confini. S’inventò l’Universiade,
o meglio seppe far diventare adulta
una creatura che era in fasce;
allargò i Giochi degli studenti
anche con l’edizione invernale. Non
gl’importava quando e se i campioni
di nome disertavano, interpretava
l’appuntamento in primo luogo come
un’occasione irripetibile per offrire ai
giovani di tutto il mondo un momento
per confrontarsi con le idee, prima
ancora che con i muscoli. E fu, resta
un’idea vincente. Superò montagne
che sembravano l’Everest, aprì le porte
del mondo ai tedeschi dell’Est e ai
cinesi, scalfì l’apharteid del Sudafrica.
Lo sport sopravvanzò a lungo le mosse
della politica. Oggi in Italia grazie
alla spinta di Nebiolo e alla lezione
recepita dai suoi discepoli più moderni
che governano i Cus, quanti rettorati
guardano con simpatia all’attività degli
34
Quanti simpatici ricordi: il gioco
del tamburello con gli amici di
Scurzolengo; bronzo nel salto ai
Cnu al Tardini di Parma; con Coiana
ricevuti dal Presidente Scalfaro;
spiega il baseball a Gianni Agnelli
all’Universiade di Torino ‘70;
un... appettitoso regalo
all’Universiade di Sheffield da parte
di Coiana, Bordi e Cornini e poi in
divisa Cusi la cena all’italiana con
la regìa di Franceschetti; a fianco
del Papa Giovanni Paolo II° in
visita a Formia con Andreotti, Gola
e Gattai.
fa divenne membro del Comitato Olimpico?
studenti sportivi nell’ambito degli
Atenei!
Poi l’atletica. Senza la sua spinta
cosa sarebbe oggi? Ruppe l’ipocrisia
imponendo i premi in denaro agli atleti
dopo aver tirato fuori dal cassetto
una vecchia idea di Paulen. Lanciò
i campionati mondiali, prima ogni
quadriennio (dal 1983), poi ogni due
anni (dal 1991, poi anche indoor)
perchè l’attività con il contagocce non
era sufficiente a scaldare i cuori. Cosa
sarebbe Bolt oggi senza Nebiolo?
Lo vedremmo a rate, ammesso che
non si fosse stufato di appuntamenti
senza stimoli e non avesse dirottato
le doti fornitegli da madre natura in
abbondanza verso altri sport. Convinse
35
(impose) il Comitato Olimpico
Internazionale a inserire come membri
di diritto nel governo dello sport
mondiale i presidenti delle federazioni
più importanti, l’atletica per prima. E,
cosa di cui tanto mondo sportivo gli
è ancor grato oggi, «obbligò» il Cio a
Con Samaranch e Alberto di Monaco.
dividere i ricchi proventi televisivi dei
Giochi fra le federazioni secondo un
criterio oggettivo di biglietti venduti
e di audience, senza più tenersi il
malloppo olimpico.
Fra le svolte imposte alla Iaaf resta
significativa quella dei Mondiali
giovanili, voluti per evitare troppe
fughe anzitempo dall’atletica... Ma il
discorso sarebbe lungo. Ricordiamo,
in chiave italiana, che Nebiolo
quando prese in mano le redini della
Fidal s’inventò uno slogan: d’estate
dobbiamo diventare l’alternativa al
calcio. Organizzò meeting affollati da
30-40.000 persone, i suoi ambasciatori
diventarono personaggi da prima
pagina. Per ambasciatori intendiamo
Mennea e Simeoni, Ortis e Cova,
prima ancora Arese e Fava, poi Dorio
e tanti altri, altre. Ebbe la fortuna,
dice qualcuno, di far durare a lungo
i suoi eroi; in realtà li motivò e li
gratificò, era interesse degli atleti fare i
professionisti di lungo corso.
Abbiamo citato dei fatti, il nostro non
è stato un amarcord sentimentale.
Durante il percorso non è stato
esente da peccati, non gli abbiamo
mai risparmiato le critiche. Ma i fatti
parlano per Lui. Il ricordo è sbiadito?
Già lo sopportavano in pochi quand’era
in vita, era molto ingombrante. Oggi
abbattono le statue dei dittatori,
figuriamoci com’è facile scacciare
l‘ombra di un ricordo.
iravano ancora le Am-lire a
Palermo quando un manipolo
di studenti di Giurisprudenza e
Medicina si mise attorno ad un
tavolo e fondò il Cus Palermo. Era il 1947 e
la città era ancora un cumulo di rovine.
Mancava tutto a Palermo, ma quegli studenti
di allora, Paolo Cimino, Nino Rizzuto,
Francesco Macaluso, Lorenzo Purpari,
non si persero d’animo. Per garantire lo
sport alle matricole affittavano quei pochi
impianti che c’erano. Ma già da allora il
Cus, come tutti i centri sportivi universitari
d’Italia, strizzava l’occhio all’agonismo. E
giù con le prime iscrizioni ai campionati
federali, pallavolo e pallacanestro. Nei
primi anni ’50 arriva l’atletica e qualche
anno dopo il Cus comincia a fare incetta
di atleti: Bommarito, olimpionico a
Roma ’60, Equizzi, Bevilacqua, Termini,
Campolmi. L’elenco è lungo, lunghissimo.
Difficile farlo. Più facile riassumere tutto
in immagini, come ha fatto il regista del
65mo anniversario del Cus Palermo, che ha
preparato un lungo prewiew di immagini e
musica che la dicevano tutta. Alla piscina del
Cus Palermo erano in 600 per festeggiare
questo traguardo, domenica 4 novembre,
anniversario della Vittoria (ma è solo un
caso): giovani, meno giovani e vecchie
glorie. E i dieci presidenti che in 65 anni
si sono succeduti. Da Paolo Cimino all’ex
lanciatore e attuale presidente Ignazio
Equizzi, che ha aperto la narrazione con
i suoi ricordi. Lo speaker ha preparato
uno spettacolo per loro. Per ogni anno
una canzone di successo con tanto di
videoclip, a cui era collegata l’intervista ad
un protagonista. Così il ’69 era dedicato
ai Beatles con “Here comes the Sun”
e a Roberto Cecchinato, prima maglia
G
Cus Palermo: 65 Hurrà!
di Mario Pintagro
ro
Il presidente
Ignazio Equizzi,
il Magnifico
Rettore
Roberto
Lagalla ed il
vice presidente
Michele
Bevilacqua.
azzurra del Cus Palermo che ha esordito
– indovinate un po’ – con uno juniores di
luminoso futuro, tale Pietro Mennea. Solo
che Mennea era classe ’52 e Cecchinato di
dieci anni più anziano: due generazioni di
atleti in pista. Per passare poi alla nascita
delle sezioni sportive. Il ’73 con Walter
Pezzer e la pallamano; il ’75 con Giancarlo
Ventura e Giovanni Martucci e il nuoto; il
’78 con Rosolino Siculiana che raccontava
della prima volta in serie A1 con l’atletica
maschile. Passando poi per i quattro
olimpici di Los Angeles, Giovanni D’Aleo
nella maratona, Totò Antibo nei 10mila
metri e Antonio e Piero Selvaggio nei 5000
metri. Appropriata la scelta della canzone:
“Siamo solo noi”, di Vasco Rossi, perché
nessuna società è riuscita a centrare un
traguardo simile. E poi l’Antibo in formato
“Bombastic” del ’90. Sullo schermo
scorrono le immagini di quell’ultimo giro
incredibile agli Europei di Spalato, quando
Totò cade, rimane staccato di 30 metri:
Hammer, Castro, Lavanture, Mei la fanno da
padrone ma Antibo fulmina tutti in un finale
da leggenda. La platea schizza in piedi ad
applaudire e parte un boato di approvazione.
Pare di essere allo stadio. E poi le terribili
ragazze che conquistano lo scudetto con
l’atletica nel ’95, sfidando colossi industriali
e militari, e diventano l’ombelico del
mondo, come canta Jovanotti, con capitan
Maria Tranchina e la biondissima Valentina
Cuccia che raccontano l’epopea. E ancora,
le Universiadi del ’97, sognate da Michele
Bevilacqua, ma fortemente volute da Primo
Nebiolo che aveva raccolto il suggerimento
del presidente cussino per sollecitare politici
e urbanisti a realizzare il campus. Conclude
l’oro di Simona La Mantia agli euroindoor di
Parigi del 2011 e la palma di miglior tecnico
italiano assegnata al suo trainer, Michele
Basile. In mezzo, anche una sfilata di moda,
con ragazze mozzafiato che indossano le
tute di 65 anni. Per finire, il coro in presa
diretta dell’Ersu, diretto da Pietro Gizzi:
così intenso e palpitante che pareva di
essere davvero alle Universiadi. Perché
al “Pereat diabolus”, scoppiano i fuochi
pirotecnici, proprio come ai Giochi Mondiali
Universitari.
36
Rocca e Sette Cus in prima linea
per il Cus Golf Association
di Mauro Nasciuti
l Circolo Golf Colline del Gavi, su
iniziativa del Cus Genova e durante
il campionato nazionale PGAI
dello scorso ottobre, si è tenuta
alla presenza del Presidente della PGAI stessa, il
campione Costantino Rocca, la prima riunione dei
Centri Universitari Sportivi che hanno iniziato o
stanno iniziando un’attività nel mondo del golf, affiliati
alla Federazione Italiana Golf. Una iniziativa aperta
poi a tutti quei Cus che sceglieranno di avvicinarsi al
mondo di questa disciplina che coinvolge sempre più
appassionati, molti dei quali, soprattutto proponendo
iniziative interessanti e meno onerose, studenti
universitari.
I Cus di Genova, Torino, Ferrara, Pisa, Parma, Milano
e Napoli, hanno deciso di attivare una prima forma
di collaborazione tesa allo sviluppo del golf a livello
universitario.
L’obiettivo di questa prima fase è quello di aumentare
il numero di studenti universitari che giocano a
golf attraverso quattro strumenti fondamentali:
A
La bella festa del Cus Palermo,
la... gustosa torta
e la segreteria organizzativa del sodalizio.
37
un’immagine univoca, una comune strategia di
promozione e reclutamento, un condiviso circuito
nazionale di convenzioni con altri circoli, un
programma di challenge universitari intercircolo, che
permetterà agli oltre 2500 associati ai club golfistici
universitari di confrontarsi a livello nazionale,
per arrivare come sempre al traguardo finale dei
Campionati Nazionali Universitari, appuntamento da
valorizzare con una partecipazione più importante.
Il progetto ha già ricevuto il benestare informale del
Cusi, della FIG e della PGAI, che intravedono nel golf
universitario uno straordinario strumento di crescita
del movimento golfistico nazionale, sia in termini di
quantità, sia soprattutto di qualità.
Costantino Rocca presente all’incontro, ha
sottolineato che all’interno del mondo universitario
si costruisce la classe politica ed imprenditoriale di
ogni paese. Lo stesso Rocca ama ricordare che lui
è entrato nel circuito europeo a 27 anni e “qualcosa
di buono ha fatto” con le sue cinque vittorie allo
European Tour e la partecipazione a tre edizioni della
Ryder Cup.
Ed allora perché non augurarsi di recuperare tra gli
universitari tanti nuovi appassionati e magari qualche
talento che potrebbe essersi perso per strada?
La via è ancora lunga ma il primo embrione è venuto
alla vita, ora dobbiamo solo farlo crescere.
Il prossimo passo sarà la ratifica ufficiale della
Associazione, la cui sigla proposta è Cus Golf
Association, che dovrà essere sottoscritta dal
Presidente del Cusi, dr. Leonardo Coiana, da quello
della Federgolf, Franco Cimenti, e, ovviamente da
Costantino Rocca per la PGAI.
Il Rettore dell’Università di Brescia,
professor Sergio Pecorelli
con il dr. Boldrini di Intermedia
ed il presidente del Cus Brescia,
dr. Artemio Carra.
l farmaco che ci mantiene giovani, rinfresca
la memoria e allontana gli acciacchi si chiama
attività fisica. Ma proprio come un farmaco,
per essere efficace va prescritta con le giuste
dosi, frequenza e continuità. Farlo capire ai bresciani
non è facile: un terzo degli adulti è completamente
sedentario, il 10 per cento è obeso e quasi uno su
tre è sovrappeso. E dire che l’attività fisica sarebbe
in grado di prevenire molte malattie croniche, e
assicurare notevoli risparmi alla spesa pubblica
sanitaria. Si è impegnata a invertire la rotta l’Università
degli Studi di Brescia, che con il progetto «Il ritratto
della salutea» intende coinvolgere i 15 mila studenti
iscritti e gli oltre mille fra docenti e amministrativi
nella promozione concreta di stili di vita sani. Speciali
kit della salute con contapassi, metro per misurare
il girovita e una mappa con otto passeggiate che si
snodano per le vie di Brescia sono stati distribuiti a
largo raggio in ateneo, insieme all’opuscolo «Obiettivo
5 mila passi«, ovvero 3 km, la distanza minima da
percorrere ogni giorno per rimanere in forma. Verrà
realizzata anche un’applicazione per smartphone per
I
Da Brescia parte il “Ritratto della Salute”
di Marcello Martinelli
Un’esperienza pilota di richiamo europeo per la città e gli universitari, esportabile in altre
Università. I due pilastri della campagna, secondo il Rettore Pecorelli, sono il movimento
e l’alimentazione. L’obiettivo dei 5mila passi da fare ogni giorno per restare in forma.
calcolare i nutrienti assunti con i pasti della giornata,
sono in programma «passeggiate di salute» aperte a
tutta la cittadinanza, corsi di cucina, un torneo rivolto
a studenti e personale, e sarà lanciata una web radio
dell’Università gestita dagli studenti, in cui troveranno
spazio programmi dedicati alla salute. Il progetto,
che durerà per l’anno accademico 2012/2013, è
realizzato con il fondamentale coinvolgimento del
Centro universitario sportivo-Cus, e rappresenta
un’esperienza pilota di richiamo europeo: la prima che
incide nel concreto sulla prevenzione delle malattie
sui luoghi di studio e lavoro, come tale esportabile in
futuro anche ad altre Università. Un ritorno importante
sulla buona riuscita del progetto saranno i risultati
dei duemila questionari sugli stili di vita che verranno
somministrati periodicamente in ateneo. «L’obiettivo
è far comprendere a tutti che l’attività fisica ha una
rilevanza diretta sul nostro benessere, a tutte le età:
ad esempio nella prevenzione delle malattie croniche,
come stimolante cerebrale, per mantenere memoria e
proprietà cognitive», spiega il rettore Sergio Pecorelli,
ricordando che i due pilastri su cui si concentra la
campagna sono il movimento e l’alimentazione, variabili
che dipendono dalle scelte del singolo, a differenza del
terzo elemento che entra in gioco nella prevenzione,
ovvero l’ambiente, su cui l’individuo ha meno
possibilità di incidere. «A stimolarci in questo progetto
è l’esigenza profonda di modificare in meglio la nostra
società – prosegue il rettore –. Il nostro “opificio” crea
laureati, ma anche persone che vivono nella comunità:
per questo il messaggio che vogliamo lanciare è quello
di un’Università aperta alla città e alle partnership per
l’innovazione». «NON A CASO intendiamo coinvolgere
38
anche tutta la popolazione che non frequenta l’ambiente
universitario, con iniziative aperte come le “Serate
del benessere” con esperti e testimonial», sottolinea
il presidente del Cus Artemio Carra, affiancato dal
prorettore Daniele Marioli. L’iniziativa ha l’approvazione
dalla Federazione Medico Sportiva Italiana-Fmsi, che
nell’occasione, per voce del suo presidente Maurizio
Casasco, lancia un monito a chi governa: «In una città
non serve solo il Pgt, ma anche un piano regolatore
sportivo che coinvolga scuole, medici, istituzioni – dice
Casasco –. Ben vengano le Cittadelle dello sport, ma
prima è necessario vedere come ciascun abitante –
dalla massaia al lavoratore – può fare attività fisica a
Brescia: abbiamo splendide palestre a cielo aperto, dal
Castello a Campo Marte, strutture straordinarie che è
ora di valorizzare».
LA VITA
SEGRETA DI
GINO BARTALI
Non tutti i ciclisti
facevano
mercato nero
durante la guerra
Allorquando il giornalista Emile Besson venne intervistato
da un giovane collega che stava scrivendo un libro sul Tour
de France, affermò che durante l’ultima guerra i ciclisti si
battevano non per la gloria sportiva ma per vincere i premi di
tappa nei quali erano in palio prosciutti e specialità alimentari
che poi rivendevano. Una splendida smentita è stata la
rivelazione su quello che fece Gino Bartali dopo il 1938 quando
vinse il Tour de France. Indicato da Mussolini come simbolo
del partito, Bartali ebbe ampia libertà d’azione e la sfruttò
percorrendo in bici le strada della Toscana e dell’Umbria con
la gente convinta che si allenasse. Portava una maglia con su
scritto il suo nome che funzionava da lasciapassare quando
incrociava polizia o soldati che l’applaudivano con entusiasmo.
Non sapevano che in realtà nel sellino c’erano documenti
della resistenza o falsi passaporti destinati a famiglie di ebrei
che si nascondevano nei conventi. Si calcola che contribuì a
salvare almeno ottocento persone. La verità è emersa quando
gli eredi di Giorgio Nissim fondatore di DELASEM, l’eroe della
resistenza ebrea, scoprirono il suo diario nel quale erano
annotati i percorsi e i km fatti da Bartali che verranno presto
resi pubblici.
39
La Rubrica Medica
Il consigliere del Cusi, dottor
Gianfranco Beltrami, ha fatto
l’esordio sulle pagine del Corriere
della Sera nell’inserto domenicale
dedicato ai problemi della
medicina. Riprendiamo il suo
articolo certi che potrà interessare
anche i nostri lettori.
Da anni soffro di ipertensione arteriosa che sto
curando con alcuni farmaci. Sono anche in sovrappeso
e ho il colesterolo leggermente alto. Il medico
continua a dirimi che, oltre alla dieta senza grassi con
poco sale e meno calorie, mi farebbe bene l’attività
fisica. Sono un pò pigro ma cerco di sforzarmi: in
estate gioco a tennis, mi sono iscritto in passato
anche ad una palestra dove però mi hanno detto che
non posso sollevare pesi. Vorrei sapere che tipo di
attività fisica è consigliata a chi soffre di ipertensione,
quante volte a settimana andrebbe praticata e se ci
sono sport o esercizi che andrebbero evitati.
Tantissimi studi clinici hanno dimostrato come
l’esercizio fisico rappresenta per l’iperteso un vero e
proprio farmaco in grado di ridurre sia i valori della
pressione sistolica e diastolica in misura clinicamente
rilevante, sia la mortalità per tutte le cause. Molto
bene ha fatto quindi il suo medico a consigliarle un
programma di attività fisica da abbinare alla terapia
farmacologica, ad una corretta alimentazione, al
controllo del peso e un idoneo stile di vita.
Come ogni farmaco che si rispetti, però, anche l’attività
fisica deve essere prescritta in maniera corretta e
soprattutto non deve essere sottodosata, perché
risulterebbe poco efficace e nemmeno sovradosata
Sono un iperteso:
quale attività sportiva
mi può essere utile?
perché potrebbe avere, come ogni medicina, effetti
collaterali sfavorevoli. Prima di iniziare gli allenamenti
è utile effettuare un elettrocardiogramma con un
test da sforzo per evidenziare eventuali alterazioni o
sintomi legati all’esercizio. Questo test andrà eseguito
mantenendo il trattamento farmacologico di routine.
L’attività fisica per i pazienti affetti da ipertensione lieve
o moderata ben controllata dalla terapia prevede, per
essere efficace, una frequenza di almeno tre volte alla
settimana, ma meglio ancora se è quotidiana o quasi.
L’esercizio deve essere di tipo aerobico (marcia, corsa,
bicicletta, sci di fondo, ecct) e può essere effettuato sia
all’aperto sia in palestra per un tempo minimo variabile
da 30 a 60 minuti nel corso della giornata ( suddivisibili
anche in periodi di 10-15 minuti) a un’intensità
abbastanza sostenuta, tale da portare la frequenza
cardiaca dal 65 al 75 per cento del valore massimale
raggiunto con la prova da sforzo. Non è vero che
in palestra non si possono sollevare pesi. Anzi se
l’attività è correttamente eseguita, sono stati dimostrati
benefici anche con esercizi comunemente usati per
sviluppare la forza, che possono affiancare ma non
sostituire l’esercizio aerobico. Consiglio però di evitare
l’allenamento con pesi troppo elevati o l’esecuzione di
esercizi isometrici massimali (sforzi contro resistenza
senza movimento delle braccia o delle gambe, che
possono fare rialzare bruscamente la pressione) ed
esercizi in cui la posizione della testa è più bassa di
quella del cuore. Al fine di tonificare i principali gruppi
muscolari per ogni esercizio deve essere fatta almeno
una serie da 12-15 ripetizioni eseguite abbastanza
velocemente con non meno di un minuto di pausa
tra una serie e l’altra. Anche se meno utili a ridurre i
valori pressori consiglio inoltre di eseguire esercizi
per la flessibilità e la postura: bastano pochi minuti
tutti i giorni per migliorare la mobilità e favorire il
rilassamento ed il senso di benessere
La 16° Regatta sulle acque del nobile fiume
el mondo universitario sportivo torinese
esiste una grande sfida che porta gli
equipaggi di Università e Politecnico
a dare davvero tutto per vincere, è la
Rowing Regatta, gara a colpi di remo che da ben sedici
anni vede opposti i due atenei. Quest’anno sono stati
gli umanisti ad avere la meglio, portando così l’Albo
d’Oro della manifestazione sul punteggio di 9 a 7. Ma
andiamo per gradi, perché la Rowing Regatta non è
“solo” sport.
Il tutto è cominciato intorno alle ore 20.00 con
l’apertura del Mercatino Enogastronomico allestito in
collaborazione con Marachella Gruppo (a cui si è legato
l’Happy Hour grazie alla collaborazione con Società
Anonima). In contemporanea: gare di canottaggio tra
le scuole, esibizione del Dragon Boat, lezione aperta
e dimostrazione di Arrampicata metropolitana ed
esibizione di Ultimate Frisbee.
Speaker della serata Orlando Ferraris, noto dj
radiofonico. Un ringraziamento anche a Marzio Rasini,
per il prezioso supporto dato al commento tecnico.
Alle 21 sono partite le gare vere e proprie con le atlete
di Università di Torino e Politecnico di Torino che si
sono sfidate nel 4 di coppia. Hanno vinto le studentesse
del Politecnico (2 manches a 0 il risultato finale).
N
Alle 21.30 è partito un FLASH MOB (con la
collaborazione della Paranza del Geco), momento
di musica spontanea che ha coinvolto centinaia di
persone “accompagnandole” dall’inizio della discesa ai
Murazzi fino alla riva dove ha preso il via la XVI Rowing
Regatta, gara maschile con Università degli Studi di
Torino opposta al Politecnico di Torino.
Una sfida all’ultimo remo che quest’anno ha visto
l’Università avere la meglio sul Politecnico (2 a 0 le
manches in questo caso a favore degli umanisti),
portando così l›Albo d›Oro della manifestazione sul
punteggio di 9 a 7. Tanti gli atleti titolati presenti tra
i due equipaggi, tra cui campioni del mondo senior,
campioni del mondo under 23, campioni europei e
campioni mondiali universitari. L›Università aveva
come capo voga Giorgio Tuccinardi (fresco argento
mondiale universitario lo scorso settembre in Russia e
già tre volte campione del mondo; studente di Scienze
della Comunicazione all›Università di Torino). Verso
le 22.20 è partito dai Giardini Ginzburg il tanto atteso
spettacolo di fuochi d›artificio che ha lasciato le migliaia
di persone presenti con il naso all’insù per oltre dieci
minuti.
Tante anche le personalità incontrate nell’Area Riservata
allestita ai Murazzi vicino alla zona di arrivo della
Regatta. Tra queste: il Presidente CUS Torino Riccardo
D›Elicio, il Magnifico Rettore dell’Università di Torino
Ezio Pelizzetti, il Magnifico Rettore del Politecnico
di Torino Marco Gilli, il ProRettore dell’Università di
Torino Sergio Roda, il Direttore Generale del Politecnico
40
di Torino Davide Bergamini, il Direttore Generale
dell’Università di Torino Loredana Segreto, il Vice
Presidente e Assessore allo Sport della Provincia e
Presidente Coni Piemonte Gianfranco Porqueddu, il
Presidente della Federazione Italiana Canottaggio Enrico
Gandola, il Vice Presidente della Federazione Nazionale
di Canottaggio Stefano Comellini, il Presidente
della FIC Regionale Stefano Mossino, il Direttore
Amministrativo scuola Normale Superiore di Pisa Anna
Maria Gaibisso, il Preside della Facoltà di Medicina
Veterinaria dell’Università di Torino Bartolomeo Biolatti,
la Responsabile del Servizio Gestione Didattica del
Politecnico di Torino Ilaria Maria Adamo, il delegato del
Politecnico di Torino nel Consiglio Direttivo cussino
Marco Mezzalama, il delegato dell’Università di Torino
nel Consiglio Direttivo cussino Paolo Simone, oltre
a numerosi membri del Consiglio Direttivo del CUS
Torino.
Alla fine dei fuochi d’artificio si sono poi svolte le
premiazioni a cui hanno partecipato le autorità presenti
e che sono state applaudite da un grande pubblico
festante. La Rowing Regatta, per il terzo anno, era
dedicata ad un grande uomo di sport, Bebo Carando,
e perciò gli atleti vincitori hanno ricevuto anche la
preziosa Coppa Carando. Dalle 22.30 ha poi preso
il via la grande Festa delle Matricole con un DJ set
curato prima da Richi Sacco e poi, ciliegina sulla torta
di questa grande serata, da Vicio e Ninja, musicisti del
famoso gruppo torinese Subsonica.
41
Il gemellaggio del Cus Torino con la pallacanestro
Siglato un importante accordo
pluriennale di collaborazione
tra il CUS Torino e la
Pallacanestro Torino. Presenti
alla firma il Presidente del CUSI
Leonardo Coiana, il Presidente
del CUS Torino Riccardo
D’Elicio, il Presidente della
Pallacanestro Torino Mario
Soriente, accompagnato dal
responsabile tecnico del settore
giovanile Maurizio Salvemini,
e il responsabile della sezione
Basket cussina Emanuele Di
Pasquale. L’accordo prevede
una stretta collaborazione tra
le due società con l’obiettivo
di far crescere ancora di più il
movimento cestistico torinese,
soprattutto quello femminile, fino
alla categoria Under 14.
Quella telefonata fra la Grimaldi
e il Rettore Dionigi: “Chi Parla?”
Che festa al Cus Bologna
n Magnifico Rettore, una
medaglia di bronzo dei Giochi
2012 e un paio di reduci da
Londra. Mescolate il tutto
e otterrete l’inaugurazione dell’anno
sportivo accademico di Bologna, un
grande evento firmato Cus da una
splendida idea del suo presidente,
Francesco Franceschetti. Ma partiamo
dall’inizio, svelando tutti i protagonisti
di un pomeriggio memorabile nel
suggestivo complesso di San Giovanni in
U
di Alex Gallo
Monte, a Bologna, nel cuore del mondo
universitario.
Il Magnifico Rettore è Ivano Dionigi,
la medaglia di bronzo dei Giochi 2012
è Martina Grimaldi e i due reduci da
Londra sono Pietro Camporesi e Niccolò
Ferrari, ovvero i componenti del C2
azzurro, la canadese biposto della canoa.
Serata di prestigio perché il Cus,
rispetto a un recente passato, preferisce
rinunciare alla lectio magistralis – anche
se un anno fa Giacomo Calzolari era
risultato straordinariamente efficace – e
alterna gli interventi delle autorità alle
premiazioni dei campioni della stagione
2012.
Ci sono il presidente del Comitato per
lo Sport Universitario Roberto Farnè,
gli assessori regionali e provinciali
allo sport, Massimo Mezzetti e Marco
Pondrelli (l’assessore comunale Luca
Rizzo Nervo, infortunato, manda
comunque una lettera di saluto), i
presidenti del Coni Emilia Romagna e
di Bologna, William Reverberi e Renato
Rizzoli, il presidente del quartiere Santo
Stefano Ilaria Giorgetti. Si parla dello
Sterlino, la struttura appena acquisita dal
Cus Bologna – Rizzoli e Giorgetti tessono
le lodi dell’intervento del braccio sportivo
dell’Alma Mater Studiorum –, ma le
attenzioni di tutti sono rivolte al padrone
di casa, Francesco Franceschetti e al suo
illustre ospite, Ivano Dionigi.La presenza
del Magnifico Rettore dell’Università più
antica al mondo rende speciale l’evento
e Dionigi non si sottrae al microfono
ricordando un gustoso aneddoto legato a
Martina Grimaldi. Prima di consegnarle il
Sigillo d’oro dell’Alma Mater Studiorum,
Dionigi ricorda un pomeriggio caldo di
agosto.
“Ero in montagna – racconta Dionigi -,
quando ho visto l’impresa di Martina.
Mi sono fatto dare il suo numero per
chiamarla, ma non ci sono riuscito
subito. In serata mi ha chiamato lei, mi
ha chiesto chi ero. Le ho risposto: mi
chiamano il Rettore, sono Ivano Dionigi.
Voglio farti i complimenti per questo
risultato eccezionale che ci riempie di
orgoglio”.
Il modo migliore e più diretto per
ricevere l’omaggio del numero uno
dell’Università di Bologna, reduce tra
l’altro da un viaggio a Houston.
“Dove mi hanno chiamato – prosegue
Dionigi – in qualità di rettore dell’ateneo
più antico del mondo o, comunque,
del mondo occidentale. Ho visto spazi
immensi e grandi strutture per lo
sport. Ho pensato alla mia, alla nostra
realtà bolognese composta da 85mila
studenti. Dobbiamo fare molto per loro,
compatibilmente ai conti da tenere
42
La sfida del Rettore per il Terzo Millennio Cus Firenze
Rinnovato il protocollo d’intesa per
l’utilizzo dell’impianto “Val di Rose”
nel polo scientifico.
in considerazione e che riguardano
l’attualità e questo momento di crisi
generale.
Dicono che l’Italia sia un paese dove
non ci sono occasioni per i giovani, ma
non vedo nemmeno grandi opportunità
per quelli che vengono etichettati come
vecchi.
Abbiamo il dovere di andare avanti,
43
però”. Uno sportivo vero il Magnifico
Rettore, pronto a raccogliere la sfida
portata dal terzo millennio. La stessa
determinazione che si legge nelle parole
e nelle azioni di Francesco Franceschetti:
il Cus Bologna continua sulla sua strada
fatta di programmazione, di impianti da
gestire per metterli a disposizione della
popolazione studentesca e delle Due
Torri.
E la voglia di tenere in alto il vessillo
dell’Alma Mater Studiorum, tanto in
Italia, quanto in Europa. Applausi per
tutti, alla fine, compreso una visita
d’eccezione, quella di Renato Villalta,
proprio lui, il capitano della Virtus
Bologna che ha fatto la storia della
pallacanestro italiana e delle Due Torri.
L’accordo è stato sottoscritto dal sindaco
Gianni Gianassi e dal presidente del Cus
Firenze Carlo Dolfi. Il protocollo prevede
l’utilizzo fino al 30 giugno 2014 dell’impianto
sportivo da parte del Comune di Sesto
Fiorentino per le proprie attività istituzionali e
da parte di società e associazioni sportive del
territorio. “Quando è stato sottoscritto per la
prima volta nel 2010 – ha spiegato il sindaco
Gianni Gianassi – l’accordo rispondeva
all’esigenza di risolvere le problematiche di
spazi di alcune associazioni sportive, allo
stesso tempo credevamo che la struttura si
potesse aprire al territorio, cosa che grazie
alla collaborazione del Cus in seguito è
avvenuta”. “Apprezziamo molto lo sforzo fatto
dal Cus – ha proseguito il sindaco Gianassi
– e crediamo che questa sia la strada giusta
sia per le associazioni che possono così
ovviare a problematiche di spazi sia per il Cus
che continuerà ad essere parte attiva nella
produzione di occasioni di sport sul territorio”. “Siamo molto soddisfatti dell’accordo e
intendiamo migliorarlo ancora in futuro – ha
sottolineato il presidente del Cus Firenze Carlo
Dolfi –. In questo momento di crisi dobbiamo
creare condivisione di idee e opportunità
con le altre realtà del territorio”. Ricordiamo
che l’impianto situato all’interno del Polo
Scientifico Universitario ospita un campo di
calcio e rugby, una pista di atletica a sei corsie,
due campi da tennis, un campo polivalente per
la pallavolo, due campi di calcetto, una piccola
palestra e una piscina all’aperto.
Fonte: Comune di Sesto Fiorentino
ufficio stampa
Rugby, lo sport universitario
Sia ai tempi
dei Guf che nel
dopoguerra il
rugby è stato
per antonomasia
lo sport
universitario. Una
grande tradizione
che si sta
rinnovando ora in
tanti Cus come a
Genova, Ferrara,
Torino, Milano,
Padova.
FERRARA, “PATTO DI SANGUE”
ome una cometa la palla da rugby passò
a Ferrara Come una cometa la palla da
rugby passò a Ferrara nel 1928, quando
per desiderio di Guennesi, un noto
sportivo dell’epoca, sul campo da calcio della Spal si
affrontarono le formazioni di Padova e Bologna. Questo
piccolo seme evidentemente germogliò, attecchendo
nel fertile tessuto universitario dell’allora GUF. In Italia
erano i tempi di Invernici, Sessa (che con il guru di
allora Julien Saby scrisse poi numerosi libri sul tema),
a Ferrara invece erano quelli di Zavarini, Spettoli,
Preti, Zagatti, Mantovani, che con altri compagni
rappresentarono la prima Ferrara rugbistica ai Littoriali
del 1934 a Milano.
L’attività proseguì fino al 1939 fra campi rudimentali e
senza strutture, per poi arrendersi sbattendo sul muro
della guerra. Ancora Giuseppe Zavarini, all’inizio degli
anni 50, fra i protagonisti del secondo tentativo di
rinascita del rugby. Arriva da Rovigo “Maci” Battaglini
ad allenare un manipolo di giovanotti fra cui Adriano
Piffanelli, ancora oggi presidente onorario della sezione
la “penna” di Mirto Govoni che ne era fiduciario, ma
anche questo tentativo ebbe vita breve.
Bisogna arrivare al 1968 per vedere un manipolo di
appassionati, riuniti attorno ad una tavola, a firmare un
C
“patto di sangue” su un tovagliolo. Il rugby era risorto
con Giancarlo Sitta presidente. A Montecatini il Cus
Ferrara vince il titolo italiano universitario battendo 23 a
13 il Cus Milano forte di giocatori di serie A. Sono tempi
strani; a Ferrara si parla il dialetto rodigino, manca
una vera identità anche per il poco credito che il rugby
ha nel tessuto sociale, ma grazie alla volontà di quel
gruppo si innesteranno a breve i “reclutati” del 75, per
un decollo che porterà lontano. È il 1981 quando arriva
e Ferrara una coppia indimenticabile: il tecnico Doro
Quaglio ed il preparatore Paolo Sisini e la cura si vede
L’organico cresce in tecnica e carattere, arrivano rinforzi
d’oltre Po e due anni dopo,finalmente, la promozione
in C1, seguita da una B sfiorata nei play off con il Cus
Aquila e dalla conquista della Coppa Italia seguita dalla
vittoria del tricolore universitario nell’86.
Alla guida del Cus arriva il tecnico parmense Gianni
Azzali, si cura sempre più l’aspetto dei tecnici di casa
del vivaio che sforna atleti come Vincenzo Spaccamonte
convocati anche in azzurro.
Si arriva all’ argento dei Campionati Universitari
dell’ 87 a Palermo e le di seguito la conquista della
salvezza espugnando il campo di Teramo inviolato
da 5 anni. Il dopo Azzali è il ritorno Doro Quaglio col
preparatore Marangoni. Nell’89 debutta a Cesena
Anthony Bottura un ragazzino italo australiano
e l’anno dopo è il momento del neeozelandese
Benjamin Banse il primo straniero del Cus. L’ultimo
incontro del 1990 a Prato chiude un ciclo. Il Cus
gira pagina ed inizia con forze nuove a lavorare per
il futuro.
Nell’ autunno 2002 la dirigenza accetta – una
settimana prima dell’inizio dei campionati – la
proposta del Bologna di portare la serie A2 a Ferrara:
nonostante un buon girone di ritorno, la squadra
affidata a Zanella retrocede e la società, non in grado
di garantire il proseguimento della attività sportiva e
con una situazione economica molto compromessa
si rifonda per iniziativa di un gruppo di coraggiosi e
riparte dal campionato di C.
Un CUS di nuovo tutto ferrarese arriva per tre volte ai
play off promozione, per centrare l’ obiettivo nel giugno
2007 dopo una serie infinita di partite spareggio.
Senza rinforzi però la squadra retrocede dopo un solo
anno ma il CUS Ferrara torna in B 3 anni dopo nel
campionato 2010/11,con alla guida tecnica Andrea
Fabbri. La squadra parte con grande entusiasmo,
raggiunge la vittoria in alcune partite “capolavoro”
(alla fine il bilancio sarà di 19 vittorie in 22 incontri) ed
arriva agli spareggi promozione col Civitavecchia. Due
partite al cardiopalma, vinte entrambe di due punti,
44
ed il 5 giugno il Cus Ferrara Rugby può nuovamente
festeggiare il ritorno in serie B.
Il resto non è più storia, ma cronaca. Il 2011/12 vede la
prima squadra cussina inserita nell’ impegnativo girone
veneto della serie B, con alcuni studenti universitari
arrivati a rinforzare un organico che resta sicuramente
fra i più giovani della categoria. Grande prova di
maturità e salvezza conquistata con largo anticipo.
Quest’anno la squadra si lega al territorio. Porta le effigi
cittadine sulla maglia e ricorda la regione terremotata. Si
presenta in grande stile con la partecipazione di Vittorio
Munari. Va infine sottolineata come sorpresa degli ultimi
anni, la nascita di una nuova realtà di rugby femminile
seniores che va ad affiancarsi all’attività maschile.
Una squadra che assieme al talento si segnala per un
grande entusiasmo e sicure prospettive di crescita;
parliamo delle “Velenose” di Luca Rizzati e Dario
Gargano – subentrato a Luca Zampollo passato al settore
maschile – che, dopo un paio di stagioni incentrate sui
tornei Seven ( quarta nell’ultimo campionato nazionale
in una specialità che dal 2016 sarà disciplina Olimpica)
e sui campi sabbiosi del Beach rugby, da due stagioni si
cimentano nel campionato di serie A.
Il campionato in corso si vorrebbe fosse quello della
consacrazione, quello in cui le ragazze mostrano di
essersi calate bene nella parte fino recitare un ruolo da
protagoniste. La trasferta inglese fatta a settembre con il
compito di fare “team building” ha evidenziato le qualità
ed il carattere delle ragazze, uscite fra gli applausi dalla
Blackheat arena, contro il club locale e la Nazionale
in rosa dei Vigili del Fuoco britannici, ma non solo;
anche la capacità di giocare e bene contro qualsiasi
avversaria. In campionato se la stanno vedendo con
Bologna, Pesaro, Terni, Roma L’Aquila La squadra è
composta da ragazze che studiano, lavorano sempre
alle prese con il normale quotidiano all’interno del quale
trovano il tempo per allenarsi alla sera finiti gli impegni
lavorativi per tre volte la settimana. Poi ci son le
partite che le portano in giro per l’Italia. Squadra attiva
anche nel sociale. In occasione del recente terremoto
che ha colpito il territorio ferrarese le ragazze hanno
offerto le loro braccia alla protezione civile in aiuto
alle popolazioni così come i ragazzi della B maschile e
l’Under 20.
45
Torino una vecchia storia da ringiovanire
col Ce.S.In.Group e tanto entusiasmo
una vecchia storia quella del rugby
a Torino perché occorre risalire
quando si giocava al vecchio
velodromo ed era davvero una bella
storia. Proseguita nel tempo con alti e bassi ma sempre
proseguita e che oggi si è arricchita con una nuova
squadra e la voglia di fare davvero bene nel rispetto
della tradizione. Quando è stata presentata la squadra
– oramai siamo nel vivo del campionato – c’erano in
tanti a festeggiarla a Palazzo Civico, a cominciare dal
presidente Riccardo D’Elicio, per finire all’Assessore allo
Sport Stefano Gallo, al Consigliere Provinciale Roberto
Barbieri, quindi il Presidente del Comitato Regionale Franz
Mauthe von Degerfeld, il Responsabile della Sezione
universitaria Paolo Sacco el’ Head Coach della prima
squadra Regan Sue. Prese parte alla conferenza anche una
nutrita rappresentanza degli atleti della squadra di serie A
guidati da capitan Narcisi, tra cui anche l’ultimo importante
acquisto, l’inglese Charlie Clyde-Smith che esordì tra le file
del Ce.S.In. a Parma.
Palcoscenico eccellente, quello di Palazzo Civico,
per un’eccellenza dello sport torinese, il Ce.S.In. Cus
Torino che dopo 47 anni di assenza è tornato in serie A
esordendo alla grande alle spese del Cus Padova, battuto
per 32-13.
“La palla ovale – ha spiegato D’Elicio – è uno dei nostri
fiori all’occhiello e la storia del Cus passa anche attraverso
questa sezione, creata da un gruppo di dirigenti dai valori
antichi. Si tratta di una grande famiglia e proprio da
Montecarlo ho ricevuto la telefonata del figlio di Vincenzo
Bertolotto, un vecchio capitano cussino del dopoguerra,
che mi ha chiesto di non dimenticarci di suo padre. Al
centro sportivo “Angelo Albonico”, che è un impianto
molto difficile da gestire, stiamo rifacendo il terzo campo
e se lui ci darà una mano a sostenere i lavori, saremo
ben felici di intitolare quel terreno di gioco al papà. La
sezione è molto amata e ogni anno riceve donazioni per
E’
150mila euro, che insieme con il contributo degli sponsor
le consentono di andare avanti. La squadra in serie A
è un valore molto importante e gli atleti devono sentire
l’orgoglio di rappresentare in giro per l’Italia la città e il
sistema universitario torinese. Dovremo continuare a fare
sistema per far crescere questo movimento e per quanto
ci riguarda non ci tireremo indietro».
Paolo Sacco ha esordito ringraziando lo sponsor Ce.S.In.
Group e ha continuato esprimendo l›orgoglio di essere
il responsabile di sezione: «Ricordo di quando avevo
12 anni e andavo all’Albonico per vedere giocare la
serie A. Non sono riuscito ad arrivarci come giocatore,
mentre come dirigente sono stato più fortunato. Sono
orgoglioso di avere ereditato un movimento florido, creato
da Benedetto Pasqua e Mattia Basile e di averlo portato
avanti, grazie a un gruppo di dirigenti senza il quale non ci
sarei riuscito. Abbiamo gli allenatori che rimangono con
noi perché credono nel progetto. Anche il nostro coach
Regan Sue, alla quarta stagione al Cus, è cresciuto con i
nostri ragazzi. Hanno creduto in noi anche i cinque nuovi
Giulio Forte, Vittorio Lo Faro, Gianmarco Baire, Adriano
Nicita e l’inglese Charlie Clyde-Smith. Qualche anno fa non
sarebbe stato possibile, ma ora siamo un riferimento in
campo nazionale. Altro motivo di orgoglio è costituito dai
ragazzi dai 6 ai 16 anni che ogni settimana contendono
il successo ai migliori club italiani. Questo progetto deve
essere allargato e stiamo chiudendo l›accordo con una
grande azienda, che si unirà a Ce.S.In. Speriamo di vivere
una grande stagione».
La parola è poi passata a Regan Sue che ha ricordato che
«il nostro precampionato è iniziato il 20 agosto e ha avuto
il suo apice nei cinque giorni di ritiro trascorsi a Sestriere.
In 23 ore di allenamento abbiamo sputato sangue. Ho a
disposizione un buon gruppo, composto da bravi ragazzi
che s›impegnano senza mai lamentarsi. Sono fortunato,
anche perché sono in una società che vuole crescere”.
Cassino applaude il Rettore e pensa già ai Cnu
e ne parla ancora di quella
“stracciata” che il Rettore
dell’Università di Cassino e del
Lazio meridionale ha inflitto
al presidente del Cus, Carmine Calce
nella mezza maratona di Stoccolma.
Con un tempo prestigioso da parte di
Ciro Attaianese che ha migliorato il suo
tempo di sei minuti rispetto alla gara
di aprile (un’ora e ‘52 contro un’ora e
‘58). Perchè dovete sapere che ogni
gara è una sfida fra i due come avvenne
nella Roma-Ostia che diede inizio alle...
ostilità!
“Al di là della competizione con Calce –
sono parole del Rettore – ho partecipato
con entusiasmo alla gara di Stoccolma
per sensibilizzare allo sport i nostri
studenti. L’obiettivo è quello di avvicinare
S
il maggior numero di universitari alle
attività motorie e alle iniziative del Cus
Cassino”. A Stoccolma erano in dieci gli
universitari in gara col miglior tempo
da parte di Augusto Terranova: un’ora e
35’; qualche minuto in più per Tullio di
Zazzo Maria Teresa Lancia. Tre ore per la
presidentessa del comitato organizzatore
dei Cnu, Alessandra Zanon. “Speriamo
– ha aggiunto Attaianese – di trasferire
stessi entusiasmo e organizzazione
di Stoccolma, dove c’erano 20mila
spettatori, ai nostri Cnu di maggio”.
In effetti la partenza, cioè il conto alla
rovescia per la manifestazione, è iniziato
nel miglior modo possibile presenti il
presidente del Cusi, Leonardo Coiana
col direttore generale Antonio Dima
(nella foto) con la delegata del ministro
Gnudi, assente per motivi di salute, Anna
Teresa Formisano. “Da oggi – ha detto
la deputata – questa sarà la rotonda
dei Campionati universitari e non più
il rondò del Mc Donald’s”. Ovviamente
c’era Ciro Attaianese, e poi il sindaco
Petrarcone, gli assessori Grossi e Costa
con Carmine Calce ed altre autorità.
Intanto prosegue l’attività nella nuova
palestra e nei centri sportivi che
accoglieranno gli universitari provenienti
da ogni parte d’Italia.
46
Cus Torino
Spettacolo ed entusiasmo
per il concerto del Buon Anno
Accademico Sportivo 2013 al
Palazzo delle Feste di Bardonecchia,
organizzato dal Cus Torino.
Nato nel 1989 per opera del suo ideatore e
direttore Aurelio Pitino, l’Anno Domini Gospel
Choir,è una formazione corale di testimonianza
cristiana a carattere interconfessionale..
L’entusiasmante interpretazione ha coinvolto
tutti i presenti. Hanno avuto il piacere di
gustare la magica esibizione di questo grande
gruppo gospel il padrone di casa, il sindaco di
Bardonecchia Roberto Borgis, il presidente Cus
Riccardo D’Elicio, il Prorettore dell’Università
Sergio Roda, il Direttore Generale Loredana
Segreto, quello del Politecnico Davide Bergamini,
il delegato del Politecnico nel Consiglio Direttivo
cussino Marco Mezzalama, il Direttore Regionale
dei Beni Culturali Mario Turetta e il Consigliere
della Regione Mauro Laus. Come ogni anno il
salone di Palazzo delle Feste era colmo di gente
che ha celebrato con un lunghissimo applauso
finale l’esibizione degli Anno Domini Gospel Choir.
Fino al 4 gennaio è stato possibile prenotare il
posto nominale ad un prezzo simbolico di 10,00
Euro. Tutto questo a scopo benefico; l’incasso
infatti è stato totalmente devoluto in beneficenza
per la pratica sportiva di atleti diversamente abili.
47
Quando le campionesse fanno le Star
di Alex Gallo
Il Calendario benefico del Cus Bologna: dalla Balassini all’Isaya, tante campionesse in posa
per Simone Gallini e a favore della Casa Santa Chiara.
C’è Ester Balassini, che del Cus Bologna è la “figlia” più bella e famosa. Perché Ester ha preso parte a due
edizione dei Giochi Olimpici ed è tuttora primatista italiana di lancio del martello. C’è, insieme a Ester (laureata
in Scienze delle Formazione e oggi mamma di due splendidi bambini), Martina Grimaldi, la regina del nuoto
azzurro, pure lei studentessa dell’Alma Mater Studiorum (Statistiche).
Sono alcuni dei nomi eccellenti di un progetto tanto bello quanto benefico. Ester Balassini e il fotografo
Simone Gallini hanno deciso di realizzare un calendario benefico coinvolgendo le principali atlete di Bologna.
Un calendario tirato in duemila copie e messo in vendita a 10 euro che servirà per finanziare progetti e
associazioni. Quattro le realtà coinvolte: Gvc, organizzazione laica e indipendente che da quarant’anni opera
per costruire un mondo migliore, equo e solidale; Casa Santa Chiara, la cooperativa le cui opere sono rivolte
in particolari a minori, giovani e adulti a volte privi di nucleo famigliare e non solo; ricostruzione della Scuola
Primaria del Comune di Poggio Rusco nel Mantovano; Amo, associazione malati oncologici sede di Finale
Emilia. Le diciotto fanciulle, capitanate da Ester Balassini che per prima ha avuto questa intuizione sono
Jovin Semakula (atletica leggera), Manuela Levorato (atletica leggera), Sabrina Del Mastio (softball),
Erika Morri (rugby), Arianna Barbieri (nuoto), Martina Grimaldi (nuoto), Ilaria Bianchi (nuoto), Sara Paganini
(ju jitsu), Annalisa Govoni (scherma), Ginevra Tarantini (scherma), Benedetta Bavieri (pallavolo), Erica Falasca
(pallavolo), Gloria Calabrese (pallacanestro), Veronica Maurizzi (karate), Silvia Veratti (equitazione),
Anna Sgarzi (pugilato), Laura Isaya (pugilato).
2013, sarà un Anno migliore?
Dalla Russia al Trentino per l’Universiade
FEBBRAIO
1-3 Tennis: Primo turno di Coppa Davis,
Italia-Croazia
3 Rugby: Sei Nazioni, Italia-Francia
3 Elezioni legislative a Cuba
3 Superbowl: finale del football
americano
8 Calcio: Olanda-Italia
9 Rugby: Scozia-Italia
19 Elezione presidente Coni
20 al 3 marzo Sci di fondo: Mondiali Val
di Fiemme
23 Rugby: Italia-Galles
24-25 Elezioni legislative in Italia
MARZO
2-19 World Baseball Classic, campionato
del mondo di baseball in Giappone, Stati
Uniti, Taiwan e Porto Rico
10 Rugby: Inghilterra-Italia
11-14 Cnu Universitari di sci S.M. di
Castrozza
16-17 finali Champions volley in Russia
16 Rugby: Italia-Irlanda
17 Ciclismo: Milano-Sanremo
21 Calcio: Italia-Brasile
26 Calcio: Malta-Italia
APRILE
7 Atletica: Maratona di Milano
12-15 Dopo dieci anni di restauri riapre
ad Amsterdam il Museo Rijskmuseum,
soltanto la Ronda di Notte di Rembrandt
ritrova il suo posto iniziale
14 Formula 1: GP di Cina
16-21/4 Vela: World Series a Napoli
17 Ciclismo: Freccia Vallone (Belgio)
21 Ciclismo: Liedi-Bastogne-Liegi
21 Formula 1: GP Bahrain
21 Motomondiale: GP delle Americhe
MAGGIO
4-26 Ciclismo: Giro d’Italia
10 Atletica: Diamond League a Doha
12 Formula 1: GP di Spagna
12-19 Tennis: Internazionali di Roma
13-20 Tennis tavolo: Mondiali a Parigi
15 Calcio: Finale Europa League
18-26 CNU Campionati nazionali
universitari a Cassino
19 Atletica: Diamond League a Shanghai.
1 luglio: La Lituania prende la presidenza
dell’Europa (disegno di Kazanesky, Ucraina)
25 Calcio: Finale della Coppa dei
campioni a Wembley (Londra).
26 Tennis: Internazionali di Francia al
Roland Garros (sino al 9 giugno)
26 o 1/6 Calcio: Finale Coppa Italia
31 Elezioni in Libia e Pakistan.
GIUGNO
1 55° Biennale internazionale d’arte a
Venezia
1 Diamond League negli Usa (Eugene)
2 Motomondiale al Mugello
2 60° Anniversario dell’incoronazione
della Regina Elisabetta
4 Basket: Inizio finali NBA
5-18 Europeo Under 21 in Israele
6 Atletica: Diamond League a Roma
8 Calcio: R.Ceca-Italia
24 Tennis: Torneo di Wimbledon
24-3 luglio Giochi del Mediterraneo in
Turchia
29 al 21 luglio: Ciclismo. Centesima
edizione del Tour de France che parte per
la prima volta dalla Corsica.
19-4 agosto: Mondiali a Barcellona
26-27 Diamond League a Londra
AGOSTO
6-14 Scherma: Mondiali a Budapest
10-18 Debutto a Mosca dei Mondiali di
atletica
22 Atletica: Diamond League a Stoccolma
24-15/9 Ciclismo: Vuelta in Spagna
25-1/9 Canottaggio: Mondiali a Chungju
(Corea del Sud)
SETTEMBRE
7-10 Il Comitato Olimpico si riunisce a
Buenos Aires per designare la città che
ospiterà i Giochi del 2020 (vedi disegno
di Kazanesky, Ukraina).
DICEMBRE
11-21 Universiade nel Trentino
LUGLIO
4 Atletica: Diamond League a Losanna
4-30 agosto: Louis Vuitton Cup
7 Formula 1: GP di Germania
9 Inizia il Ramadan per i paesi musulmani
(sino all’8 agosto)
10-28 Universiade a Kazan (Russia)
18-21 Golf: Brithis Open in Scozia
48
Scarica

cerchiamo di sorridere con i grandi della satira