Associazione culturale
"Le ragazze baranesi anni '60"
Tradizioni e cultura popolare
di Antonio Schiazzano
Alla ricerca della memoria perduta…e ritrovata!
Sembra essere proprio questo il motivo conduttore che ha ispirato l'Associazione culturale “Le
ragazze baranesi anni '60” a profondere tutte
le loro energie nell’allestimento, con cadenza annuale nel mese di agosto, di una bellissima mostra
che ripercorre nel tempo tra foto, ricordi, documenti e testimonianze la vita culturale, economica, politica e sociale del comune baranese. Un
gruppo di amiche che hanno trascorso insieme la
loro infanzia - spesso spensierata e talvolta anche
un poco bohemienne - e che occasionalmente si
ritrovano nell’agorà di Piazza S. Rocco, cuore pulsante del paese natio, a rivivere e rinverdire gli innocenti giochi di un tempo che fu. Incentivate da
entusiasmo e passione, si sono dunque dedicate
alla creazione di una vera e propria associazione
culturale, il cui scopo precipuo diventa la ricerca
della propria identità ed il recupero della memoria perduta, attraverso la valorizzazione di luoghi
e personaggi caratteristici e caratterizzanti del
proprio paese. “Le tradizioni e la cultura popolare
sono la ricchezza di un popolo, tramandarle vuol
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dire conservare la ricchezza di quel popolo…” recita sul frontespizio l’opuscolo della manifestazione, che ogni anno propone temi diversificati. Lo
sforzo delle Ragazze baranesi, ovvero ritagliare
una finestra sul passato per riscoprire le emozioni del presente, merita un sincero encomio ed
apprezzamento, se non altro per la capacità e la
competenza con cui hanno promosso, realizzato
ed abbellito questa mostra, unica nel suo genere.
Un’associazione nata quasi per gioco, ma nel tempo diventata una vera e propria fucina di creatività, un laboratorio tangibile e multimediale di
valorizzazione di luoghi storici o semplicemente
scorci di vita quotidiana, che punta lo sguardo
sulla gente comune, immortalata nelle foto spesso ingiallite dal tempo, nei momenti più familiari,
intimi, nelle proprie attività lavorative o semplicemente nei momenti di riposo o di svago. Dal 2011
le Ragazze baranesi ripropongono temi di vita
passata e nella V edizione appena conclusa hanno
rievocato attraverso foto, documenti, scenografie
e letteratura d’autore alcuni personaggi di indiscusso rilievo e prestigio del paese; il risultato è un affresco attraente e gradevole che valorizza e
ripaga ampiamente gli sforzi degli organizzatori.
La V edizione di “Barano si ricorda…”, che ha avuto come titolo “E di essi … si illuminò il paese”,
è stata curata in ogni dettaglio, grazie anche alla
perizia artistica del maestro Antonio Cutaneo, che
ha saputo ricostruire mirabilmente case, edifici
pubblici, monumenti, pezzi architettonici e storici, spaccati classici di Piazza S. Rocco.
La mostra era articolata in quattro sezioni: nella
prima è stato rievocato il mondo economico del
paese ed i suoi esercenti durante gli anni 50/60;
nella seconda si è ripercorsa la vita di uomini che
si sono distinti per le loro capacità artistiche, professionali ed impegno civile; nella terza è stata ricordata Stella Conte, sarta e ricamatrice del paese
da anni immemorabili, scomparsa questa primavera; nella quarta è stato possibile assistere alla
proiezione di un video che sintetizzava la storia
politica di Barano dal 1946 al duemila, attraverso
l’opera dei suoi sindaci.
Un momento intenso e particolarmente suggestivo si è avuto sabato 22 agosto nella scuola
elementare di Barano, sede della mostra, allor-
quando sono stati ricordati tre baranesi illustri:
il dottor Michele Garofalo, farmacista storico di
Barano centro nonché ispirato rimatore, Michele
Amalfitano, dipendente comunale ma soprattutto
fine musicante, ed Alfonsiano Iacono, poliedrico
intellettuale fondatore dell’Atletica Isola d’Ischia
ed organizzatore della mitica Straischia degli anni
’70; tutti personaggi noti ai più per la loro bonomia, signorilità e professionalità, ma anche autori
di testi letterari, dei cui brani è stata proposta la
lettura con l’accompagnamento della chitarra di
una memoria storica del paese, Vincenzo Lombardi. La serata è stata impeccabilmente condotta
dall’avv. Giuseppe Di Meglio, relatore, e dai lettori
Anna Maria Agostino e Crescenzo Versiero.
La manifestazione è stata seguita da un folto e
partecipativo gruppo di visitatori, isolani e turisti,
che non si è risparmiato nell’esternare il proprio
gradimento ed apprezzamento per l’iniziativa, incoraggiando le ragazze a proseguire nell’attività di
recupero e valorizzazione delle tradizioni popolari.
Scintillio di lucciole… il risveglio
ancora meno; ci si curava con rimedi naturali, utilizzando erbe e prodotti che le nostre terre offrivano.
In questa stagione la natura si risveglia, la campagna
si ripopola di lucertole, insetti, serpenti ed i cieli sono
nuovamente popolati da farfalle e splendidi uccelli: è tempo di straordinarie avventure. Mentre le bambine vanno a raccogliere viole e ciclamini, i maschietti
vanno alla conquista di prede succulenti; sono ormai
giunti gli uccelli da trappola, così si va alla ricerca delle
esche da usare con le trappole, carùle e vesacce. Non
appena si vede qualcuno di questi uccelli, giù a preparare le chiazze ed apparare le trappulelle per catturare
cularosse, favaiole, rescignuole, scellaiatte, petaruozze, colaianche... e che gioia se nella trappola rimane
incastrato il re di questi uccelli: ‘u crasteco. Gli uccelli
catturati costituivano un’ottima pietanza in tempi in
cui il secondo non era presente tutti i giorni sulla tavola. Sempre per procurarsi un po’ di cibo in più, anche
i grandi andavano a caccia e, mentre facevano la posta
alle tortore, a molti ragazzi veniva data la possibilità di sparare alle fucetole con dosi dimezzate di piombo
(mezza botta).
Un tempo le stagioni, il clima e le tradizioni scandivano l’alternarsi di ritmi ed abitudini; ogni stagione
era caratterizzata dai propri sapori, lavori, giochi, intrattenimenti, consuetudini e tempi.
In questo terzo fascicolo1 vogliamo rievocare il risveglio della natura e l’inizio della vita all’aria aperta,
quando finalmente si poteva uscire nei cortili e svolgere tutte le attività della giornata nel caldo tepore del
sole primaverile. Le ore di luce sono tante e ancora di
più le cose da fare, in campagna, in casa e in paese.
San Benedetto, la rondine sotto il tetto - La primavera è già arrivata da alcuni giorni e la temperatura
comincia a salire. Si aspetta con ansia di poter toglier
dai piedi gli ingombranti scarponi invernali e calzare i
semplici zoccoli di legno costruiti in maniera artigianale dal proprio padre con il legno dei pioppi delle Chianole e con tante centrelle per impedirne una rapida
consumazione. E che gioia quando, alla fine di aprile,
arriva l’agognato permesso: “guagliù, potete andare
scalzi”. E allora via a correre a piedi nudi per terreni e
viottoli ed anche su strade più grandi percorse da qualche carretta, da non troppe macchine e da qualche pullman della SEPSA, stando ben attenti a non incocciare
in un pezzo di vetro: nel caso c’era sempre a casa un po’
di vino con cui disinfettare l’eventuale ferita. Dal medico si andava raramente e i medicinali si compravano
1 Associazione culturale “Le ragazze baranesi anni
’60”, Scintillio di luce… il risveglio – Ricordi, ricette e
rimedi naturali, 2014.
C’era poi chi preferiva la cattura di alcuni uccelli con
le pesaròle, sorta di trappola posta in cima ad un palo,
e con le gabbie. Una volta avvistata una lucertola, ci
si appostava tenendole sospeso il cappio davanti ed
appena questa vi infilava la testa, si tirava stringendo,
quando la malcapitata cercava di allontanarsi. A volte
la crudeltà dei bambini era esasperata agli estremi; difatti si portava la povera lucertola agonizzante in giro
per spaventare i compagni di gioco.
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Come già negli anni precedenti, l’associazione
ha incorniciato l’evento con la pubblicazione di
un opuscolo, in cui sono stati assemblati detti,
racconti, ricette e memorie del passato, tutti legati
in questa edizione al tema della stagione estiva.
Presidente e anima dell’associazione è la signora
Lina Balestrieri, che ha illustrato la storia di una
manifestazione che merita a pieno titolo di avere
un posto di rilievo nel panorama culturale isolano.
“Tutto cominciò per caso la sera di S. Sebastiano del 2005 quando ci ritrovammo in Piazza S.
Rocco, un gruppo di amiche, dopo tanto che non
ci vedevamo. Ci scambiammo un po’ di notizie e
cominciammo a ricordare episodi dell’infanzia
e dell’adolescenza vissuti nei vicoli baranesi. I
ricordi erano tantissimi ma tutte rievocammo
le giornate precedenti il Natale quando ci divertivamo a giocare a nocelle, fu così che decontinua a pagina 37
Con l’allungarsi delle giornate la sera ci si ritrovava
in piazza per giocare al trentuno a squadre. Divisi in
due squadre, stabiliti i confini entro cui il gioco doveva svolgersi, a turno ci si nascondeva e l’altra squadra
doveva trovare tutti coloro che si erano nascosti, in
particolare il capo. Talvolta la ricerca durava alcune
ore - non era facile trovare chi si era nascosto bene nella cava di Barano o a Rosanuvella - e qualche volta il
caposquadra rimaneva nascosto senza rendersi conto
che tutti gli altri erano andati via.
Oltre al trentuno a squadre c’era il trentuno individuale che si giocava nelle corteglie; si iniziava nel tardo pomeriggio e si finiva a tarda serata, ma prima del
ritorno a casa un menale in un orto vicino era dovuto.
Ci si intrufolava nel campo e giù a fare una bella scorpacciata di piselli, fave, ciliegie, a volte però la serata
finiva con le grida del padrone e qualche minaccia di
una “schioppettata” e allora via a gambe levate, tra risate a crepapelle e batticuore.
Se per i bambini la primavera era solo fonte di gioia rinnovata, di giochi e avventure all’aria aperta, per
gli adulti segnava l’inizio di un nuovo ciclo di lavori in
campagna. Si suddivideva la giornata in due parti: nella prima si andava a servizio presso proprietari di altri
terreni dietro compenso, mentre nella seconda parte si
svolgevano le stesse attività ma nel proprio terreno.
Fave, piselli e carciofi costituiscono gli ingredienti
della cianfotta2, un piatto molto comune e frequentemente presente a tavola in questo periodo. Spesso
2 Zuppa composta da varie verdure ed ortaggi che,
accompagnata dal pane, è un piatto unico.
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veniva arricchita anche con pancetta affumicata di
casa, quella preparata qualche mese prima in occasione dell’uccisione del maiale cresciuto nel casiello poco
distante da casa. Che dire poi di “fave e ventresca” assieme a un bel bicchiere di vino bianco!
Col passare dei giorni i tralci delle viti continuano a
crescere ed il numero delle foglie ad aumentare. San
Giorgio si avvicina ed è tempo di pensare ad irrorare
le viti con poltiglia bordolese, a base di solfato di rame
e calce, in idonea proporzione; in ogni campo, anche
lontano da casa, c’è una vasca costruita per questo scopo: lì si prepara la “zurfata” che viene poi distribuita
sulle viti usando pesanti pompe di rame: anche la donna deve contribuire al lavoro, correndo a riempire la
pompa ogni qualvolta essa si svuota.
Intanto si seminano i legumi che saranno consumati
anche secchi in autunno ed in inverno. Sono in genere
fagioli ma c’è chi non disdegna di seminare anche ceci,
lenticchie e chichierchie.
Più o meno nello stesso periodo si trapiantano le
piantine di pomodoro prendendole dalla piecia dove i
semi erano stati messi a dimora qualche mese prima.
Le ciliegie intanto cominciano ad ingrossarsi ed a mostrare il loro colorito rosso: gli uccelli, in particolare le
fucetole, sono i primi ad accorgersene ed allora è una
corsa a riempire le piante con carte, stoffe, pupazzi e
qualsiasi altra cosa che possa spaventare gli uccelli.
Non è raro raccogliere ciliegie su una scala, che può
essere anche di dodici gradini, mentre una “fucetola”
accanto a te tranquillamente continua a beccare la ciliegia più bella!
Una volta raccolte le ciliegie (napulitane, tustarelle,
cannamel, mulignane) vanno scelte: si tolgono quelle non perfettamente mature o pizzicate dagli uccelli
e si prepara la cufanella per poter andare a venderle
a Ischia. Alle quattro di notte ci si sveglia (in genere la
donna con qualche figlio), ci si prepara e ci si avvia alla
volta di Ischia, al mercato. Lungo la strada si incontrano altre donne, ciascuna con la sua cufanella di ciliegie
in testa o qualche altro prodotto nel cesto (fave, piselli,
limoni, origano...).
Non è raro incontrare qualcuno che viene in particolare da Buonopone o Fontana che in testa ha un fascio
di rampegne (gramigna), cibo molto gradito ai cavalli
dei “signori” o di quelli che hanno carrozza e cavallo
per portare in giro i primi turisti. Con l’avanzare della
bella stagione il lavoro nei campi si intensifica.
Alla fine di maggio cominciano a maturare le albicocche e le prime pesche, le maggesi, che sostituiranno a tavola ciliegie e nespole che ormai stanno per
terminare. Qualche pioggia primaverile ha favorito la
crescita sul terreno di erba che deve essere eliminata :
s’adda scorre ‘a terra, non è una zappatura profonda
come quella di marzo, ma è comunque faticosa, non
fosse altro che per il sole che comincia a picchiare. L’uva intanto inizia a sfiorire e bisogna effettuare la lotta
contro l’oidio; ecco allora che si tira fuori il mantice,
nel quale viene messo lo zolfo che viene soffiato abbondantemente sulle viti. Più tardi, dopo aver opportunamente sfrunnato ‘e vvite si fa la seconda menata ‘e
zurfe, questa volta molto più leggera: si deve “sciuscià”
l’uva. A sera, comunque, è un continuo stropicciarsi gli
occhi che chiàgnene per l’irritazione causata dallo zolfo e non c’è acqua o sapone che tenga per farla passare.
È una corsa continua per il contadino: tra la cura delle
viti e del terreno (e non dimentichiamo che allora non
si usava buttare insetticidi sulle piante da frutto, per
cui delle magnifiche pesche gialle, ideali per mettere
nel vino, si prendeva solo una piccola parte e si buttava
il fraceto) non c’è un attimo di tregua: è questo il periodo in cui a terr t’atterre.
Arriva finalmente il 24 giugno, l’estate è già iniziata
da tre giorni e si può smettere con i trattamenti, fedeli
al detto: A San Giuvanne s’appenne ‘o mantice. Si può
finalmente correre ai Maronti, stendere un lenzuolo
fra due barche e godersi qualche giornata di meritato
riposo.
Come per i loro uomini, anche per le donne la fatica
aumentava, anzi per esse triplicava, infatti si dovevano destreggiare nelle lunghe giornate primaverili, tra
casa, terra, figli e conserve. Per i bambini la primavera
rappresentava un importante periodo dell’anno, come
per tutta la natura, ad essa si associava la ripresa della
crescita che il lungo inverno aveva rallentato. Per dare
un aiuto in questa importante fase della vita le mamme
erano solite effettuare una sorta di purificazione generale dell’organismo, cominciando con la somministrazione di due cucchiai di olio di fegato di merluzzo che
garantivano rinforzo fisico e riequilibrio intestinale, vigore e pulizia interna prima della bella stagione. L’ultimo venerdì del mese di marzo poi, a primavera appena
iniziata, tutti i bambini della famiglia, di ogni genere
ed età, erano sottoposti al rituale taglio di capelli fatto
dalla mamma: si trattava di una sommaria spuntatina
fatta in casa propria, con estrema economia, con molta
approssimazione e strumenti di fortuna, qualsiasi paio
di forbici che si trovava in casa andava bene. Purtroppo non sempre il risultato era perfetto, non era difficile
incontrare, in quel periodo, bambine con la frangetta
sbilenca o capelli che toccavano la spalla soltanto da un
lato, ma era una operazione indispensabile in questo
periodo per rinforzare e rinfoltire i capelli.
Col bel tempo anche la casa veniva rinnovata con
le grandi pulizie pre-pasquali. Si toglieva ‘a cuperta
‘mbuttita, u mullettone, che per più giorni veniva stesa
al sole e scossa con il battipanni. Bisognava eliminare
gli odori ed i malanni dell’inverno! Si sostituiva con coperte più leggere, molto simili alle coperte militari. Si
tiravano fuori da scatole di cartone, di solito nascoste
sotto i letti, e si lavavano gli indumenti estivi di tutta
la famiglia conservati l’inverno precedente. Il focolare
veniva tirato a lucido e tutti gli oggetti in rame sceriati
con cenere e limone.
Si tiravano fuori i tegami scheggiati perché era ormai
prossimo l’arrivo ‘u congia tiane, che con uno speciale
mastice ed un trapano li riparava in modo da essere di
nuovo pronti per il pranzo pasquale a cui ci si preparava per tempo. Bisognava inoltre dare una affilata a tutti
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i coltelli di casa, soprattutto a quelli che si usavano per
macellare polli e conigli.
In un grande cassetto di legno si conservavano le
uova che sarebbero servite per i vari piatti pasquali e
per le ceste che le ragazze erano solite preparare per
portarle in dono alla futura suocera. Si lavavano i vetri con acqua e aceto facendo attenzione a non ferirsi
con i divisori in ferro. Se era possibile si tinteggiava la
casa con calce bianca e si dava una mano di pittura alle
porte. Non si fermava il lavoro di cucito, dei cesti in raffia o del ricamo, ma ormai si lavorava all’aperto, nella
curteglia chiacchierando con le amiche fino a quando
la luce del sole lo permetteva.
Tanti erano i fiori coltivati: fucsie, fiori d’angelo, piselli odorosi, garofani di montagna, gerani, bocche di
lupo, malvoni, gardenie, dalie, camelie, ortensie, belle
di notte, glicini, gelsomini, ed altri ancora, tuttavia, nonostante la bellezza di tutti questi fiori, le rose risultavano sempre i fiori più pregiati.
Molteplici erano gli usi cui esse erano destinate, se
ne raccoglievano grandi fasci per addobbare tombe ed
altari, questi ultimi in modo particolare per tutta la durata del mese di maggio; i petali, invece, erano raccolti
per la festa dell’Ascensione. In quest’occasione, la sera
precedente si ponevano i petali in una bacinella con
acqua, lasciata all’aperto sui balconi o in giardino passava l’angelo e la benediceva durante la notte. La mattina seguente tutti i componenti della famiglia utilizzavano l’acqua benedetta con i petali profumati per
lavarsi il viso. E che divertimento per i bambini lavarsi
in compagnia e strofinare quei petali profumati sul
viso, magari lasciandoli attaccati qualche secondo in
più del necessario! Quanta gioia in queste piccole cose
che magicamente si trasformavano in divertimento per
gli animi semplici dei bimbi di quel tempo genuino.
Durante i lavori all’aria aperta il profumo intenso dei
fiori di camomilla essiccati al sole contrastava con l’acre odore delle alici messe sotto sale.
Le donne “testaccesi”, per permettere ai mariti pescatori di riposare, raccoglievano il pescato in tini e
posti in testa sopra ‘u turtielle, giravano per le strade
vendendo e dando la voce aluzze, accattateve aluzze.
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Le fave e i piselli non consumati freschi giacevano al
sole in mezzo alle corteglie, mentre le piante venivano
utilizzate come mangime per gli animali; i semi, sgranati, venivano ben riposti in sacchi di iuta, una parte
veniva consumata d’inverno in gustose zuppe o minestre, un’altra serviva per la semina del nuovo anno. Gli
ultimi carciofi raccolti si mondavano e si conciavano in
vasetti con olio e aromi per essere consumati d’inverno, arricchendo le insalate serali.
In maggio la devozione a Maria era anche motivo di
uscite serali in piazza per partecipare alla messa a cui
seguiva una processione dalla chiesa di San Sebastiano
alla congrega, durante la quale si recitava il rosario.
In casa i bimbi preparavano e curavano tutti i giorni
gli altarini, allestiti per onorare e pregare la mamma di
Gesù.
Uno scatolo di scarpe vuoto era ottimo per l’utilizzo,
giacché capovolto era un perfetto altare su cui poter
poggiare la statuina della Madonna, davanti alla quale
si offrivano quotidianamente i fiori freschi e la luce di
una piccola candela, la cui fiamma non si lasciava mai
spegnere. Spesso la fantasia dei piccoli dava un tocco
personale alla tradizione, aggiungendo all’altarino le
lucciole che rubavano alla corteglia offrendole alla Madonna per allietare i suoi occhi di uno spettacolo che
giudicavano imperdibile. Le mettevano sotto un barattolo capovolto, spegnevano la luce e guardavano estasiati la bellezza del piccolo trono mariano. Ma, meraviglia delle meraviglie, al mattino seguente non c’era più
nessuna lucciola, né viva né morta, sotto il barattolo
o nei dintorni: sicuramente appena i bimbi andavano
a letto qualcuno in famiglia, mosso da pietà verso le
povere malcapitate, le aveva rimesse in libertà.
La processione del Corpus Domini era l’occasione
per addobbare balconi, strade e portoni, dove si improvvisavano piccole cappelle per permettere, durante
il percorso, al “Santissimo” una sosta di preghiera.
All’alba ci si ritrovava, piccoli e grandi, per andare a
raccogliere ginestre e fiori di campo che servivano per
le “infiorate” lungo le strade. Per allestire le cappelle
tutte le donne delle diverse contrade tiravano fuori
dalle casse i capi più belli del proprio corredo.
segue da pagina 34
cidemmo di ritrovarci il Natale successivo con
un sacchetto di nocciole a riprovare a giocare
istituendo un torneo. Così fu e quando nei freddi
giorni di dicembre scavammo la fossa a “mern’
a cava” fu un tripudio di emozioni. Trascorremmo momenti di grande complicità e gioia nello stare insieme. Di anno in anno il torneo si è
sempre più arricchito e perfezionato mettendo
anche in palio coppe per ricordare alcuni nostri
amici scomparsi. Il gruppo si incontrava anche in altri momenti dell’anno per trascorrere
piacevoli serate fino a che, ad un certo punto,
si pensò di non tenere i ricordi come patrimonio esclusivo ma di metterli a disposizione di chi
voleva mantener viva la memoria di un tempo
passato. Fu così che nacque l’associazione culturale “Ragazze baranesi anni ‘60”, senza scopo
di lucro ma con la finalità di promuovere l’aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di
attività atte soprattutto alla valorizzazione e
alla riscoperta delle nostre tradizioni. Il torneo
natalizio rimane ancora oggi molto importante e da alcuni anni l’associazione partecipa ai
giochi natalizi di Panza, sfidando un gruppo di
colleghe panzesi. Nel 2011 mettemmo in atto il
primo evento estivo.
Dopo un’accurata ricerca organizzammo una
mostra fotografica nello storico portone in
piazza, accanto alla farmacia. Ciò suscitò molto interesse e nel 2012 negli spazi della scuola
elementare, messi gentilmente a disposizione
dalla direttrice scolastica, oltre ad ampliare la
mostra fotografica, ricostruimmo una casa ed
una cantina degli inizi del secolo con oggetti originali ed altri fedelmente riprodotti. Nel 2014
fu il momento di ricordare un baranese che ha
immortalato visivamente la storia del paese,
il fotografo Angioletto Di Scala. Tutto l’evento
raccontava con oggetti e foto la vita di questo
personaggio legata indissolubilmente alla vita
di tanti altri. L’evento del 2014 è stato dedicato
alla storia politica del comune dal dopoguerra
al 2000, sempre con foto, aneddoti e documenti
originali. Nel 2015 è stato bello ricordare alcuni baranesi, commercianti e uomini di cultura.
Abbiamo inoltre cercato di riprodurre alcuni
portoni storici della piazza. Ogni anno, sempre
negli ambienti della scuola, oltre all’evento in
corso, è possibile assistere alla proiezione di un
video che sintetizza i lavoro dell’anno preceden-
te. Negli ultimi quattro anni le ragazze hanno
creduto opportuno realizzare anche degli opuscoli che raccolgono ricordi, ricette antiche di
una cucina povera, racconti, filastrocche, etc.
Il primo racchiude essenzialmente proverbi baranesi, il secondo nenie, giaculatorie e la vita
legata all’inverno, il terzo rimedi naturali e ciò
che si faceva in primavera, il quarto conserve e
ricordi d’estate. I progetti e il desiderio di poterli realizzare sono ancora tanti, purtroppo, non
avendo una sede diventa tutto più difficile ma le
ragazze non si arrendono e già guardano oltre.
Altra iniziativa dell’associazione che va avanti
già da alcuni anni è quella di organizzare corsi gratuiti per il recupero delle arti che vanno
estinguendosi. Da novembre a marzo è possibile partecipare a corsi di ricamo, uncinetto, maglia, cestini con la raffia, canestri e chiacchierino.”
Appuntamento, immancabile e diremo d’obbligo, è per il prossimo agosto per ravvivare la memoria con nuovi personaggi, nuove riscoperte,
nuove emozioni…
***
Opuscoli
2011- Barano si ricorda
Tra i sapori della saggezza popolare Ricette antiche, detti popolari, ricordi e curiosità dei tempi
andati
2012 I luoghi le attività di un tempo
Alla fioca luce del lume - Nenie, preghiere e racconti dei tempi andati
2013- Un paese attraverso l’arte di un
suo fotografo: Angioletto Di Scala
Scintillio di lucciole…il risveglio - Ricordi, ricette
e rimedi naturali
2014- I Sindaci del Comune di Barano
dal 1946 al 2000 foto ricordi, documenti della vita politica passata
Stridon le cicale…è estate! - Ricordi, ricette e conserve
2015- E di essi… si illuminò il paese
Cadono le foglie...è tempo di castagne!
Antonio Schiazzano
La Rassegna d’Ischia n. 5/2015
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