Associazione culturale "Le ragazze baranesi anni '60" Tradizioni e cultura popolare di Antonio Schiazzano Alla ricerca della memoria perduta…e ritrovata! Sembra essere proprio questo il motivo conduttore che ha ispirato l'Associazione culturale “Le ragazze baranesi anni '60” a profondere tutte le loro energie nell’allestimento, con cadenza annuale nel mese di agosto, di una bellissima mostra che ripercorre nel tempo tra foto, ricordi, documenti e testimonianze la vita culturale, economica, politica e sociale del comune baranese. Un gruppo di amiche che hanno trascorso insieme la loro infanzia - spesso spensierata e talvolta anche un poco bohemienne - e che occasionalmente si ritrovano nell’agorà di Piazza S. Rocco, cuore pulsante del paese natio, a rivivere e rinverdire gli innocenti giochi di un tempo che fu. Incentivate da entusiasmo e passione, si sono dunque dedicate alla creazione di una vera e propria associazione culturale, il cui scopo precipuo diventa la ricerca della propria identità ed il recupero della memoria perduta, attraverso la valorizzazione di luoghi e personaggi caratteristici e caratterizzanti del proprio paese. “Le tradizioni e la cultura popolare sono la ricchezza di un popolo, tramandarle vuol 32 La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 dire conservare la ricchezza di quel popolo…” recita sul frontespizio l’opuscolo della manifestazione, che ogni anno propone temi diversificati. Lo sforzo delle Ragazze baranesi, ovvero ritagliare una finestra sul passato per riscoprire le emozioni del presente, merita un sincero encomio ed apprezzamento, se non altro per la capacità e la competenza con cui hanno promosso, realizzato ed abbellito questa mostra, unica nel suo genere. Un’associazione nata quasi per gioco, ma nel tempo diventata una vera e propria fucina di creatività, un laboratorio tangibile e multimediale di valorizzazione di luoghi storici o semplicemente scorci di vita quotidiana, che punta lo sguardo sulla gente comune, immortalata nelle foto spesso ingiallite dal tempo, nei momenti più familiari, intimi, nelle proprie attività lavorative o semplicemente nei momenti di riposo o di svago. Dal 2011 le Ragazze baranesi ripropongono temi di vita passata e nella V edizione appena conclusa hanno rievocato attraverso foto, documenti, scenografie e letteratura d’autore alcuni personaggi di indiscusso rilievo e prestigio del paese; il risultato è un affresco attraente e gradevole che valorizza e ripaga ampiamente gli sforzi degli organizzatori. La V edizione di “Barano si ricorda…”, che ha avuto come titolo “E di essi … si illuminò il paese”, è stata curata in ogni dettaglio, grazie anche alla perizia artistica del maestro Antonio Cutaneo, che ha saputo ricostruire mirabilmente case, edifici pubblici, monumenti, pezzi architettonici e storici, spaccati classici di Piazza S. Rocco. La mostra era articolata in quattro sezioni: nella prima è stato rievocato il mondo economico del paese ed i suoi esercenti durante gli anni 50/60; nella seconda si è ripercorsa la vita di uomini che si sono distinti per le loro capacità artistiche, professionali ed impegno civile; nella terza è stata ricordata Stella Conte, sarta e ricamatrice del paese da anni immemorabili, scomparsa questa primavera; nella quarta è stato possibile assistere alla proiezione di un video che sintetizzava la storia politica di Barano dal 1946 al duemila, attraverso l’opera dei suoi sindaci. Un momento intenso e particolarmente suggestivo si è avuto sabato 22 agosto nella scuola elementare di Barano, sede della mostra, allor- quando sono stati ricordati tre baranesi illustri: il dottor Michele Garofalo, farmacista storico di Barano centro nonché ispirato rimatore, Michele Amalfitano, dipendente comunale ma soprattutto fine musicante, ed Alfonsiano Iacono, poliedrico intellettuale fondatore dell’Atletica Isola d’Ischia ed organizzatore della mitica Straischia degli anni ’70; tutti personaggi noti ai più per la loro bonomia, signorilità e professionalità, ma anche autori di testi letterari, dei cui brani è stata proposta la lettura con l’accompagnamento della chitarra di una memoria storica del paese, Vincenzo Lombardi. La serata è stata impeccabilmente condotta dall’avv. Giuseppe Di Meglio, relatore, e dai lettori Anna Maria Agostino e Crescenzo Versiero. La manifestazione è stata seguita da un folto e partecipativo gruppo di visitatori, isolani e turisti, che non si è risparmiato nell’esternare il proprio gradimento ed apprezzamento per l’iniziativa, incoraggiando le ragazze a proseguire nell’attività di recupero e valorizzazione delle tradizioni popolari. Scintillio di lucciole… il risveglio ancora meno; ci si curava con rimedi naturali, utilizzando erbe e prodotti che le nostre terre offrivano. In questa stagione la natura si risveglia, la campagna si ripopola di lucertole, insetti, serpenti ed i cieli sono nuovamente popolati da farfalle e splendidi uccelli: è tempo di straordinarie avventure. Mentre le bambine vanno a raccogliere viole e ciclamini, i maschietti vanno alla conquista di prede succulenti; sono ormai giunti gli uccelli da trappola, così si va alla ricerca delle esche da usare con le trappole, carùle e vesacce. Non appena si vede qualcuno di questi uccelli, giù a preparare le chiazze ed apparare le trappulelle per catturare cularosse, favaiole, rescignuole, scellaiatte, petaruozze, colaianche... e che gioia se nella trappola rimane incastrato il re di questi uccelli: ‘u crasteco. Gli uccelli catturati costituivano un’ottima pietanza in tempi in cui il secondo non era presente tutti i giorni sulla tavola. Sempre per procurarsi un po’ di cibo in più, anche i grandi andavano a caccia e, mentre facevano la posta alle tortore, a molti ragazzi veniva data la possibilità di sparare alle fucetole con dosi dimezzate di piombo (mezza botta). Un tempo le stagioni, il clima e le tradizioni scandivano l’alternarsi di ritmi ed abitudini; ogni stagione era caratterizzata dai propri sapori, lavori, giochi, intrattenimenti, consuetudini e tempi. In questo terzo fascicolo1 vogliamo rievocare il risveglio della natura e l’inizio della vita all’aria aperta, quando finalmente si poteva uscire nei cortili e svolgere tutte le attività della giornata nel caldo tepore del sole primaverile. Le ore di luce sono tante e ancora di più le cose da fare, in campagna, in casa e in paese. San Benedetto, la rondine sotto il tetto - La primavera è già arrivata da alcuni giorni e la temperatura comincia a salire. Si aspetta con ansia di poter toglier dai piedi gli ingombranti scarponi invernali e calzare i semplici zoccoli di legno costruiti in maniera artigianale dal proprio padre con il legno dei pioppi delle Chianole e con tante centrelle per impedirne una rapida consumazione. E che gioia quando, alla fine di aprile, arriva l’agognato permesso: “guagliù, potete andare scalzi”. E allora via a correre a piedi nudi per terreni e viottoli ed anche su strade più grandi percorse da qualche carretta, da non troppe macchine e da qualche pullman della SEPSA, stando ben attenti a non incocciare in un pezzo di vetro: nel caso c’era sempre a casa un po’ di vino con cui disinfettare l’eventuale ferita. Dal medico si andava raramente e i medicinali si compravano 1 Associazione culturale “Le ragazze baranesi anni ’60”, Scintillio di luce… il risveglio – Ricordi, ricette e rimedi naturali, 2014. C’era poi chi preferiva la cattura di alcuni uccelli con le pesaròle, sorta di trappola posta in cima ad un palo, e con le gabbie. Una volta avvistata una lucertola, ci si appostava tenendole sospeso il cappio davanti ed appena questa vi infilava la testa, si tirava stringendo, quando la malcapitata cercava di allontanarsi. A volte la crudeltà dei bambini era esasperata agli estremi; difatti si portava la povera lucertola agonizzante in giro per spaventare i compagni di gioco. La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 33 Come già negli anni precedenti, l’associazione ha incorniciato l’evento con la pubblicazione di un opuscolo, in cui sono stati assemblati detti, racconti, ricette e memorie del passato, tutti legati in questa edizione al tema della stagione estiva. Presidente e anima dell’associazione è la signora Lina Balestrieri, che ha illustrato la storia di una manifestazione che merita a pieno titolo di avere un posto di rilievo nel panorama culturale isolano. “Tutto cominciò per caso la sera di S. Sebastiano del 2005 quando ci ritrovammo in Piazza S. Rocco, un gruppo di amiche, dopo tanto che non ci vedevamo. Ci scambiammo un po’ di notizie e cominciammo a ricordare episodi dell’infanzia e dell’adolescenza vissuti nei vicoli baranesi. I ricordi erano tantissimi ma tutte rievocammo le giornate precedenti il Natale quando ci divertivamo a giocare a nocelle, fu così che decontinua a pagina 37 Con l’allungarsi delle giornate la sera ci si ritrovava in piazza per giocare al trentuno a squadre. Divisi in due squadre, stabiliti i confini entro cui il gioco doveva svolgersi, a turno ci si nascondeva e l’altra squadra doveva trovare tutti coloro che si erano nascosti, in particolare il capo. Talvolta la ricerca durava alcune ore - non era facile trovare chi si era nascosto bene nella cava di Barano o a Rosanuvella - e qualche volta il caposquadra rimaneva nascosto senza rendersi conto che tutti gli altri erano andati via. Oltre al trentuno a squadre c’era il trentuno individuale che si giocava nelle corteglie; si iniziava nel tardo pomeriggio e si finiva a tarda serata, ma prima del ritorno a casa un menale in un orto vicino era dovuto. Ci si intrufolava nel campo e giù a fare una bella scorpacciata di piselli, fave, ciliegie, a volte però la serata finiva con le grida del padrone e qualche minaccia di una “schioppettata” e allora via a gambe levate, tra risate a crepapelle e batticuore. Se per i bambini la primavera era solo fonte di gioia rinnovata, di giochi e avventure all’aria aperta, per gli adulti segnava l’inizio di un nuovo ciclo di lavori in campagna. Si suddivideva la giornata in due parti: nella prima si andava a servizio presso proprietari di altri terreni dietro compenso, mentre nella seconda parte si svolgevano le stesse attività ma nel proprio terreno. Fave, piselli e carciofi costituiscono gli ingredienti della cianfotta2, un piatto molto comune e frequentemente presente a tavola in questo periodo. Spesso 2 Zuppa composta da varie verdure ed ortaggi che, accompagnata dal pane, è un piatto unico. 34 La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 veniva arricchita anche con pancetta affumicata di casa, quella preparata qualche mese prima in occasione dell’uccisione del maiale cresciuto nel casiello poco distante da casa. Che dire poi di “fave e ventresca” assieme a un bel bicchiere di vino bianco! Col passare dei giorni i tralci delle viti continuano a crescere ed il numero delle foglie ad aumentare. San Giorgio si avvicina ed è tempo di pensare ad irrorare le viti con poltiglia bordolese, a base di solfato di rame e calce, in idonea proporzione; in ogni campo, anche lontano da casa, c’è una vasca costruita per questo scopo: lì si prepara la “zurfata” che viene poi distribuita sulle viti usando pesanti pompe di rame: anche la donna deve contribuire al lavoro, correndo a riempire la pompa ogni qualvolta essa si svuota. Intanto si seminano i legumi che saranno consumati anche secchi in autunno ed in inverno. Sono in genere fagioli ma c’è chi non disdegna di seminare anche ceci, lenticchie e chichierchie. Più o meno nello stesso periodo si trapiantano le piantine di pomodoro prendendole dalla piecia dove i semi erano stati messi a dimora qualche mese prima. Le ciliegie intanto cominciano ad ingrossarsi ed a mostrare il loro colorito rosso: gli uccelli, in particolare le fucetole, sono i primi ad accorgersene ed allora è una corsa a riempire le piante con carte, stoffe, pupazzi e qualsiasi altra cosa che possa spaventare gli uccelli. Non è raro raccogliere ciliegie su una scala, che può essere anche di dodici gradini, mentre una “fucetola” accanto a te tranquillamente continua a beccare la ciliegia più bella! Una volta raccolte le ciliegie (napulitane, tustarelle, cannamel, mulignane) vanno scelte: si tolgono quelle non perfettamente mature o pizzicate dagli uccelli e si prepara la cufanella per poter andare a venderle a Ischia. Alle quattro di notte ci si sveglia (in genere la donna con qualche figlio), ci si prepara e ci si avvia alla volta di Ischia, al mercato. Lungo la strada si incontrano altre donne, ciascuna con la sua cufanella di ciliegie in testa o qualche altro prodotto nel cesto (fave, piselli, limoni, origano...). Non è raro incontrare qualcuno che viene in particolare da Buonopone o Fontana che in testa ha un fascio di rampegne (gramigna), cibo molto gradito ai cavalli dei “signori” o di quelli che hanno carrozza e cavallo per portare in giro i primi turisti. Con l’avanzare della bella stagione il lavoro nei campi si intensifica. Alla fine di maggio cominciano a maturare le albicocche e le prime pesche, le maggesi, che sostituiranno a tavola ciliegie e nespole che ormai stanno per terminare. Qualche pioggia primaverile ha favorito la crescita sul terreno di erba che deve essere eliminata : s’adda scorre ‘a terra, non è una zappatura profonda come quella di marzo, ma è comunque faticosa, non fosse altro che per il sole che comincia a picchiare. L’uva intanto inizia a sfiorire e bisogna effettuare la lotta contro l’oidio; ecco allora che si tira fuori il mantice, nel quale viene messo lo zolfo che viene soffiato abbondantemente sulle viti. Più tardi, dopo aver opportunamente sfrunnato ‘e vvite si fa la seconda menata ‘e zurfe, questa volta molto più leggera: si deve “sciuscià” l’uva. A sera, comunque, è un continuo stropicciarsi gli occhi che chiàgnene per l’irritazione causata dallo zolfo e non c’è acqua o sapone che tenga per farla passare. È una corsa continua per il contadino: tra la cura delle viti e del terreno (e non dimentichiamo che allora non si usava buttare insetticidi sulle piante da frutto, per cui delle magnifiche pesche gialle, ideali per mettere nel vino, si prendeva solo una piccola parte e si buttava il fraceto) non c’è un attimo di tregua: è questo il periodo in cui a terr t’atterre. Arriva finalmente il 24 giugno, l’estate è già iniziata da tre giorni e si può smettere con i trattamenti, fedeli al detto: A San Giuvanne s’appenne ‘o mantice. Si può finalmente correre ai Maronti, stendere un lenzuolo fra due barche e godersi qualche giornata di meritato riposo. Come per i loro uomini, anche per le donne la fatica aumentava, anzi per esse triplicava, infatti si dovevano destreggiare nelle lunghe giornate primaverili, tra casa, terra, figli e conserve. Per i bambini la primavera rappresentava un importante periodo dell’anno, come per tutta la natura, ad essa si associava la ripresa della crescita che il lungo inverno aveva rallentato. Per dare un aiuto in questa importante fase della vita le mamme erano solite effettuare una sorta di purificazione generale dell’organismo, cominciando con la somministrazione di due cucchiai di olio di fegato di merluzzo che garantivano rinforzo fisico e riequilibrio intestinale, vigore e pulizia interna prima della bella stagione. L’ultimo venerdì del mese di marzo poi, a primavera appena iniziata, tutti i bambini della famiglia, di ogni genere ed età, erano sottoposti al rituale taglio di capelli fatto dalla mamma: si trattava di una sommaria spuntatina fatta in casa propria, con estrema economia, con molta approssimazione e strumenti di fortuna, qualsiasi paio di forbici che si trovava in casa andava bene. Purtroppo non sempre il risultato era perfetto, non era difficile incontrare, in quel periodo, bambine con la frangetta sbilenca o capelli che toccavano la spalla soltanto da un lato, ma era una operazione indispensabile in questo periodo per rinforzare e rinfoltire i capelli. Col bel tempo anche la casa veniva rinnovata con le grandi pulizie pre-pasquali. Si toglieva ‘a cuperta ‘mbuttita, u mullettone, che per più giorni veniva stesa al sole e scossa con il battipanni. Bisognava eliminare gli odori ed i malanni dell’inverno! Si sostituiva con coperte più leggere, molto simili alle coperte militari. Si tiravano fuori da scatole di cartone, di solito nascoste sotto i letti, e si lavavano gli indumenti estivi di tutta la famiglia conservati l’inverno precedente. Il focolare veniva tirato a lucido e tutti gli oggetti in rame sceriati con cenere e limone. Si tiravano fuori i tegami scheggiati perché era ormai prossimo l’arrivo ‘u congia tiane, che con uno speciale mastice ed un trapano li riparava in modo da essere di nuovo pronti per il pranzo pasquale a cui ci si preparava per tempo. Bisognava inoltre dare una affilata a tutti La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 35 i coltelli di casa, soprattutto a quelli che si usavano per macellare polli e conigli. In un grande cassetto di legno si conservavano le uova che sarebbero servite per i vari piatti pasquali e per le ceste che le ragazze erano solite preparare per portarle in dono alla futura suocera. Si lavavano i vetri con acqua e aceto facendo attenzione a non ferirsi con i divisori in ferro. Se era possibile si tinteggiava la casa con calce bianca e si dava una mano di pittura alle porte. Non si fermava il lavoro di cucito, dei cesti in raffia o del ricamo, ma ormai si lavorava all’aperto, nella curteglia chiacchierando con le amiche fino a quando la luce del sole lo permetteva. Tanti erano i fiori coltivati: fucsie, fiori d’angelo, piselli odorosi, garofani di montagna, gerani, bocche di lupo, malvoni, gardenie, dalie, camelie, ortensie, belle di notte, glicini, gelsomini, ed altri ancora, tuttavia, nonostante la bellezza di tutti questi fiori, le rose risultavano sempre i fiori più pregiati. Molteplici erano gli usi cui esse erano destinate, se ne raccoglievano grandi fasci per addobbare tombe ed altari, questi ultimi in modo particolare per tutta la durata del mese di maggio; i petali, invece, erano raccolti per la festa dell’Ascensione. In quest’occasione, la sera precedente si ponevano i petali in una bacinella con acqua, lasciata all’aperto sui balconi o in giardino passava l’angelo e la benediceva durante la notte. La mattina seguente tutti i componenti della famiglia utilizzavano l’acqua benedetta con i petali profumati per lavarsi il viso. E che divertimento per i bambini lavarsi in compagnia e strofinare quei petali profumati sul viso, magari lasciandoli attaccati qualche secondo in più del necessario! Quanta gioia in queste piccole cose che magicamente si trasformavano in divertimento per gli animi semplici dei bimbi di quel tempo genuino. Durante i lavori all’aria aperta il profumo intenso dei fiori di camomilla essiccati al sole contrastava con l’acre odore delle alici messe sotto sale. Le donne “testaccesi”, per permettere ai mariti pescatori di riposare, raccoglievano il pescato in tini e posti in testa sopra ‘u turtielle, giravano per le strade vendendo e dando la voce aluzze, accattateve aluzze. 36 La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 Le fave e i piselli non consumati freschi giacevano al sole in mezzo alle corteglie, mentre le piante venivano utilizzate come mangime per gli animali; i semi, sgranati, venivano ben riposti in sacchi di iuta, una parte veniva consumata d’inverno in gustose zuppe o minestre, un’altra serviva per la semina del nuovo anno. Gli ultimi carciofi raccolti si mondavano e si conciavano in vasetti con olio e aromi per essere consumati d’inverno, arricchendo le insalate serali. In maggio la devozione a Maria era anche motivo di uscite serali in piazza per partecipare alla messa a cui seguiva una processione dalla chiesa di San Sebastiano alla congrega, durante la quale si recitava il rosario. In casa i bimbi preparavano e curavano tutti i giorni gli altarini, allestiti per onorare e pregare la mamma di Gesù. Uno scatolo di scarpe vuoto era ottimo per l’utilizzo, giacché capovolto era un perfetto altare su cui poter poggiare la statuina della Madonna, davanti alla quale si offrivano quotidianamente i fiori freschi e la luce di una piccola candela, la cui fiamma non si lasciava mai spegnere. Spesso la fantasia dei piccoli dava un tocco personale alla tradizione, aggiungendo all’altarino le lucciole che rubavano alla corteglia offrendole alla Madonna per allietare i suoi occhi di uno spettacolo che giudicavano imperdibile. Le mettevano sotto un barattolo capovolto, spegnevano la luce e guardavano estasiati la bellezza del piccolo trono mariano. Ma, meraviglia delle meraviglie, al mattino seguente non c’era più nessuna lucciola, né viva né morta, sotto il barattolo o nei dintorni: sicuramente appena i bimbi andavano a letto qualcuno in famiglia, mosso da pietà verso le povere malcapitate, le aveva rimesse in libertà. La processione del Corpus Domini era l’occasione per addobbare balconi, strade e portoni, dove si improvvisavano piccole cappelle per permettere, durante il percorso, al “Santissimo” una sosta di preghiera. All’alba ci si ritrovava, piccoli e grandi, per andare a raccogliere ginestre e fiori di campo che servivano per le “infiorate” lungo le strade. Per allestire le cappelle tutte le donne delle diverse contrade tiravano fuori dalle casse i capi più belli del proprio corredo. segue da pagina 34 cidemmo di ritrovarci il Natale successivo con un sacchetto di nocciole a riprovare a giocare istituendo un torneo. Così fu e quando nei freddi giorni di dicembre scavammo la fossa a “mern’ a cava” fu un tripudio di emozioni. Trascorremmo momenti di grande complicità e gioia nello stare insieme. Di anno in anno il torneo si è sempre più arricchito e perfezionato mettendo anche in palio coppe per ricordare alcuni nostri amici scomparsi. Il gruppo si incontrava anche in altri momenti dell’anno per trascorrere piacevoli serate fino a che, ad un certo punto, si pensò di non tenere i ricordi come patrimonio esclusivo ma di metterli a disposizione di chi voleva mantener viva la memoria di un tempo passato. Fu così che nacque l’associazione culturale “Ragazze baranesi anni ‘60”, senza scopo di lucro ma con la finalità di promuovere l’aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività atte soprattutto alla valorizzazione e alla riscoperta delle nostre tradizioni. Il torneo natalizio rimane ancora oggi molto importante e da alcuni anni l’associazione partecipa ai giochi natalizi di Panza, sfidando un gruppo di colleghe panzesi. Nel 2011 mettemmo in atto il primo evento estivo. Dopo un’accurata ricerca organizzammo una mostra fotografica nello storico portone in piazza, accanto alla farmacia. Ciò suscitò molto interesse e nel 2012 negli spazi della scuola elementare, messi gentilmente a disposizione dalla direttrice scolastica, oltre ad ampliare la mostra fotografica, ricostruimmo una casa ed una cantina degli inizi del secolo con oggetti originali ed altri fedelmente riprodotti. Nel 2014 fu il momento di ricordare un baranese che ha immortalato visivamente la storia del paese, il fotografo Angioletto Di Scala. Tutto l’evento raccontava con oggetti e foto la vita di questo personaggio legata indissolubilmente alla vita di tanti altri. L’evento del 2014 è stato dedicato alla storia politica del comune dal dopoguerra al 2000, sempre con foto, aneddoti e documenti originali. Nel 2015 è stato bello ricordare alcuni baranesi, commercianti e uomini di cultura. Abbiamo inoltre cercato di riprodurre alcuni portoni storici della piazza. Ogni anno, sempre negli ambienti della scuola, oltre all’evento in corso, è possibile assistere alla proiezione di un video che sintetizza i lavoro dell’anno preceden- te. Negli ultimi quattro anni le ragazze hanno creduto opportuno realizzare anche degli opuscoli che raccolgono ricordi, ricette antiche di una cucina povera, racconti, filastrocche, etc. Il primo racchiude essenzialmente proverbi baranesi, il secondo nenie, giaculatorie e la vita legata all’inverno, il terzo rimedi naturali e ciò che si faceva in primavera, il quarto conserve e ricordi d’estate. I progetti e il desiderio di poterli realizzare sono ancora tanti, purtroppo, non avendo una sede diventa tutto più difficile ma le ragazze non si arrendono e già guardano oltre. Altra iniziativa dell’associazione che va avanti già da alcuni anni è quella di organizzare corsi gratuiti per il recupero delle arti che vanno estinguendosi. Da novembre a marzo è possibile partecipare a corsi di ricamo, uncinetto, maglia, cestini con la raffia, canestri e chiacchierino.” Appuntamento, immancabile e diremo d’obbligo, è per il prossimo agosto per ravvivare la memoria con nuovi personaggi, nuove riscoperte, nuove emozioni… *** Opuscoli 2011- Barano si ricorda Tra i sapori della saggezza popolare Ricette antiche, detti popolari, ricordi e curiosità dei tempi andati 2012 I luoghi le attività di un tempo Alla fioca luce del lume - Nenie, preghiere e racconti dei tempi andati 2013- Un paese attraverso l’arte di un suo fotografo: Angioletto Di Scala Scintillio di lucciole…il risveglio - Ricordi, ricette e rimedi naturali 2014- I Sindaci del Comune di Barano dal 1946 al 2000 foto ricordi, documenti della vita politica passata Stridon le cicale…è estate! - Ricordi, ricette e conserve 2015- E di essi… si illuminò il paese Cadono le foglie...è tempo di castagne! Antonio Schiazzano La Rassegna d’Ischia n. 5/2015 37