.LETTERE e INTERVENTI. 18 GIOVEDÌ 8 DICEMBRE 2005 Il direttore risponde I VAL DI SUSA: LE AMBIGUITÀ DI PRODI E DELLA SINISTRA "DI GOMMA" di Mauro Del Bue, Sottosegretario alle Infrastrutture E' sempre facile dare ragione a chi ha preso manganellate e si lamenta di qualche ferita. Il sangue fa ribrezzo anche a me. E sono convinto che ove possibile vadano sempre evitate repressioni e cariche della polizia nei confronti dei manifestanti. Ha però ragione Sergio Romano sul “Corriere” quando afferma: “Anche l’occupazione è violenza” e, aggiunge Mercedes Bresso, presidente ulivista del Piemonte: “Mi spiace, ne sono ovviamente preoccupata, ma non si poteva fare altrimenti”. Insomma se è violenza il manganello, questo è a volte la conseguenza della violenza di un’occupazione illegittima e la repressione, secondo la stessa Bresso,“era inevitabile che accadesse, non c’era altra soluzione”. Perché si è arrivati a questo punto e cosa potrà accadere adesso? Ha ragione Fassino quando sostiene che l’alta velocità “è un’opera importante che va realizzata, è un tratto di un’asse che da Lisbona arriva a Mosca”. La scelta di realizzare l’alta velocità in Italia coinvolge addirittura lo stesso governo di centro sinistra, è stata approvata da tutti, e la ferrovia da Torino a Lione è strategica assai di più che non quella da Roma a Napoli, perchè consente di collegare il nostro Paese ai traffici europei, che potrebbero anche escluderci e cercare altre I tà di decidere e di convincere? Domande retoriche. E aggiungo, soprattutto, com’è compatibile questa posizione con quella espressa da esponenti come il presidente della Regione Piemonte, il sindaco di Torino e la parte più responsabile del centro sinistra italiano? Il compito di questa impossibile sintesi è affidato a Prodi che, anche dopo il seminario sul programma di San Martino in Campo, ostenta il massimo di ambiguità. E finisce solamente per prendersela con la polizia e con il governo. Si dice: occorre il dialogo. Ma è tutto da dimostrare che non lo si sia tentato e che i manifestanti lo abbiano accettato. La parola “dialogo” pare una ricetta che il centro sinistra esprime a mò di balsamo miracoloso. Dobbiamo convincere con dati alla mano che non c’è un pericolo amianto? Lo si è fatto, ma poi, dopo il “pericolo amianto”, si dirà che ce n’è un altro, come in Campania dove contestano, in nome della sindrome Nimby, il termovalorizzatore, a Grosseto dove non vogliono le pale eoliche, a Brindisi dove criminalizzano il degassificatore. Eppure sono stati attivati numerosi tavoli di confronto con tutte le forze istituzionali, politiche e sociali in campo, soprattutto in Piemonte. Dobbiamo governare un Paese inseguendo tutte le proteste? Se si vuole dire che qualche autorevole esponente del governo poteva spostarsi in Val di Susa a tentare una coraggiosa opera di convincimento, io, personalmente, non ho obiezioni. Non dimentico il tempo Blocco anti-Tav in Val di Susa direzioni. E, in più, la scelta di diminuire il traffico su gomma a vantaggio di quello su ferro, è fortemente ecologica, in quanto attenua il forte impatto dei camion e dei tir che invadono le nostre autostrade. E allora cosa si contesta? Se la ragione sta nella scelta dell’alta velocità e se quasi nessuno, a livello nazionale, ha messo in discussione la ferrovia Torino–Lione, qual’è il problema? Intanto non è proprio così per tutti. Esiste una parte della sinistra italiana, che decide una cosa e poi cambia idea seguendo le proteste localistiche in funzione di un vecchio ritornello populista e della convenienza elettorale. La cosiddetta sinistra radicale è oggi schierata con i ribelli della Val di Susa come a Genova era schierata con Agnoletto e Casarini e da “No global” diviene improvvisamente “No Tav”. Ma è ragionevole cambiare idea e, anziché guidare una protesta, inseguirla e cavalcarla? E’ questo l’atteggiamento di una sinistra che si accinge a chiedere di governare questo nostro Paese? E’ compatibile questa posizione con il declamato riformismo, che invece è sempre capaci- di Otello Montanari l quotidiano reggiano L’Informazione del 6/11/2005 ha pubblicato una lettera di Angelo Simonazzi che porta il titolo:“Il P.C.I., il fascista – comunista e la fine dei fratelli Cervi”. Simonazzi accredita fatti del tutto infondati scrivendo: “per liquidare i Cervi, già isolati con un “cordone sanitario”il Partito Comunista ha usato il canale di infiltrazione, ossia il compagno Riccardo Cocconi, che sta contemporaneamente con i fascisti, con i comunisti e con i suoi parenti proprietari del Tagliavino e della casa colonica dei Cervi. Il 23 novembre Riccardo Cocconi, in un colpo solo, ha fatto l’interesse di tutti i nemici della banda dei “Campi Rossi”(fascisti, comunisti e padroni).Ha denunciato i sette fratelli all’Ufficio Politico Investigativo della GNR di Reggio, dopo una riunione presso la Caserma Mussolini della MVSN sita a Reggio inViale Timavo”. Questa dichiarazione è una falsificazione della verità. Di questo problema mi ero già occupato attorno agli anni settanta, circa 35 anni or sono.Anche altri lo avevano fatto, meglio di me, in particolare Ricerche Storiche n.10 – 11 del 1970 ed in modo esauriente. Nella primavera del 1968 fu pubblicato un opuscolo intitolato:“La Verità – I sette fratelli Cervi”che riportava uno scritto tratto dal fascicolo n.23 della“Storia della guerra in cui il ministro del Lavoro De Michelis viaggiava da una fabbrica all’altra, comprese quelle a rischio, per tentare di convincere gli operai sul tema della lotta all’inflazione. La politica è la politica. E il riformismo a volte è impopolare, a volte perfino rischioso. Ma anche il dialogo è un mezzo e non un fine. Resta il tema del che fare e anche se si fosse dimostrata maggiore capacità di convincimento, è tutto da dimostrare che si sarebbero ottenuti risultati.Adesso è tempo di decisioni. I cantieri devono partire o l’Italia starà fuori dall’Europa. O il corridoio 5 che interessa il nostro Paese trova sbocco in Italia o l’Italia verrà esclusa dagli altri due corridoi europei che unificano l’Ovest con l’Est dell’Europa.Vedremo quanta parte dell’opposizione seguirà la strada dell’interesse nazionale, e della permanenza dell’Italia in Europa, e quanta parte invece sarà schiava dell’interesse suo proprio e di quello della cosiddetta lobbie della gomma.Attenzione. Una sinistra di gomma può solo dar vita a un governo di gomma, molle, sgonfio e potenzialmente già esploso. di Pierluigi Ghiggini tello Montanari, armato di una documentazione di ferro, anche in questa occasione dimostra di avere a cuore la verità.E questo gli fa onore pienamente, a maggior ragione perché - come in questi giorni tornano a farsi vive le mosche cocchiere del silenzio e dell'oblio. Ecco perché mi permetto di offrire a Montanari alcune osservazioni,come contributo alla ricerca della verità sul martirio dei fratelli Cervi. 1) Il contrasto che opponeva la "banda Cervi" a una parte, credo preponderante,del gruppo dirigente del Pci durante la Resistenza fu molto più di un semplice "dissenso".Tralascio la vicenda dell'omicidio del segretario comunale di Bagnolo, che si concatenò con la fucilazione dei sette fratelli e di Quarto Camurri, per sottolineare qui che le testimonianze raccolte da Liano Fanti (materiale utilizzato in primo tempo da Renato Nicolai, e che solo nei primi anni Novanta Fanti rielaborò nella "Storia di campagna" edita da Camunia) concordano nell'affermare che qualcuno al vertice del Pci clandestino, o delle formazioni ad esso legate, aveva steso intorno alla famiglia Cervi un "cordone sanitario", al punto che nelle ore che precedettero l'arresto nessuno volle offrirgli rifugio.Non entro nel merito delle ragioni, (peraltro non possono essere ignorate le regole ferree della clandestinità), ma il fatto va registrato nella sua interezza, O Otello Montanari: vecchie calunnie generate da un'omonimia Il martirio dei Cervi: solo falsità su Riccardo Cocconi civile in Italia”edita da “Edison”F.P.E.r.r.Milano,Via Cusani n.10. Si trattava in sostanza di un libello che fu ripreso anche dal settimanale“Candido”dell’aprile 1970 e si riferiva al fatto che l’arresto e l’uccisione dei sette fratelli Cervi sarebbe avvenuto per ispirazione del P.C.I.e che il Dott.Cocconi sarebbe stato il coesecutore del criminale disegno. Era una autentica provocazione. Voglio richiamare la dichiarazione dei massimi esponenti della Resistenza Reggiana, i quali smentiscono le assurde accuse contro il dott.Riccardo Cocconi di cui apprezzano pienamente le sue scelte democratiche e antifasciste.Si tratta delle seguenti personalità: 1)Virgilio Camparada, azionista e membro del C.N.L.P.; Cesare Campioli, membro del C.N.L.P.e sindaco di Reggio per 17 anni, comunista; Magnani Aldo, già presidente del C.L.N.P.- comunista; Pellizzi avv.Vittorio, già presidente del C.L.N.P.e Prefetto della Liberazione - azionista; Salvarani Osvaldo già capo di S.M.delle formazioni partigiane - indipendente; Mons.Prospero Simonelli, già membro del C.L.N.P. nel 1943-44; Veroni Gismondo, decora- Otello Montanari to, comandante partigiano – presidente dell’ANPI prov.– comunista; 2) Le sopracitate personalità rilasciarono una lunga dichiarazione nella quale affermarono che “la riunione che sarebbe avvenuta il 23 novembre 1943 negli uffici dell’UPI presso la caserma “Mussolini”non ha mai avuto luogo;o almeno, se una riunione vi fu con lo scopo di concertare l’azione che condusse all’arresto della famiglia Cervi, ad essa furono estranei e non parteciparono né il dott.Cocconi e neppure il capitano fascista Lorenzo Cagliari”. 3) Racconta Ermanno Gorrieri, storico scrupolosissimo e dirigente della Resistenza Modenese, che “Riccardo Cocconi, nel periodo in cui a Reg- Un'informativa del '51 e il "giallo" della condanna di Facio Ben altro che "dissensi" tra il Pci e i sette fratelli I fratelli Cervi esaminato in tutta la sua portata e messo in relazione agli altri eventi. 2)A proposito del dottor Riccardo Cocconi:la sua militanza nella Resistenza è incontrovertibile, così come la sua adesione al movimento di Cucchi e Magnani. In un fascicolo di Storia Ribelle pubblicato nel 2004,Roberto Gremmo ha pubblicato una monografia su Cucchi e Magnani in cui fra l'altro viene messo a fuoco il ruolo di Riccardo Cocconi all'interno del movimento.E proprio in quelle pagine Gremmo pubblica un appunto riservato inviato nel 1951 scritto dal Questore di Reggio per il Ministero degli Interni.Nell'informativa,rintracciato all'Archivio I SOLIDARIETÀ AI NO TAV DA RIFONDAZIONE E VERDI DI REGGIO E L’INFORMAZIONE sprimiamo la nostra totale contrarietà alla barbara violenza perpetrata dal governo contro i cittadini e i comitati che in Val di Susa difendono il territorio contro la costruzione della Tav. Quanto successo nelle prime ore dell’alba di martedì è di una gravità inaudita: non si vuole convincere ma zittire con i manganelli la sacrosanta protesta degli abitanti di una valle, negando loro la capacità e la legittimità di decidere del proprio futuro e della pianificazione del proprio territorio. Si vuole imporre con la forza un’opera devastante per l’impatto ambientale e pericolosa per la salute dei cittadini, al di fuori anche di ogni normativa comunitaria che impone la Valutazione d’impatto centrale dello Stato, il Questore tratteggia una breve profilo di Riccardo Cocconi,aggiungendo che durante la guerra avrebbe fatto "il doppio gioco". Siamo nel 1951, quindi in tempi non sospetti e soprattutto molto vicini al periodo della Resistenza.Può darsi che anche il Questore fosse caduto nel famoso equivoco tra Riccardo e Filippo, ma certamente Montanari converrà sul fatto che quel documento vada preso in seria considerazione e studiato a fondo, magari approfondendo le ricerche nei fascicoli della direzione Affari riservati e anche in quelli desecretati dalla Prefettura di Reggio.È bene ricordare che in diverse circostanze gli infiltrati partigiani nella Rsi hanno svol- ambientale, utilizzando le procedure semplificate e sbrigative della legge obiettivo. Alle popolazioni della Valle di Susa e alla loro lotta va tutta la nostra solidarietà, riteniamo che non sia in gioco solo il futuro di quella valle, ma quello del sistema trasportistico italiano, perché in questa opera si vogliono investire quasi 40.000 miliardi delle vecchie lire, per creare un doppione dell’attuale linea Torino-Lione che è ben lontana dall’essere saturata, e in barba alle reali esigenze di trasporto di uomini e merci. Se il progetto Tav si realizzasse, nei prossimi quindici anni sarebbe sempre più il trasporto su gomma a goderne per l’inefficienza in cui verrebbe lasciato il trasporto ferroviario, privato di ulteriori risorse. Siamo di fronte ad un furto di Beni comuni, del suolo, delle falde acquifere, dell'aria, della capacità di mobilità di massa. gio avrebbe avuto luogo la pretesa riunione, si trovava fin dai primi di novembre in provincia di Modena, ai confini con il bolognese.Cocconi rientrò a Campegine dove apprese che i fratelli Cervi erano già stati arrestati. 4) Il fatto specifico attribuito al dottor Riccardo Cocconi è del tutto inventato. Si rifletta pure e si troverà che gli autori del libello erano caduti in un equivoco. "Viveva infatti in quell’epoca a Reggio Emilia certo Cocconi Filippo che si arruolò nella Guardia Nazionale Repubblicana.Nell’esplicazione delle sue funzioni si macchiò di crimini, rapine.Si vantava di essere congiunto del Comandante Partigiano Riccardo Cocconi”.L’equivoco probabile fu certamente quello di vedere la sua presenza nella riunione del 23 novembre 1943 presso il capitano Pilati. Si scambiò, molto probabilmente, il Filippo Cocconi con il dott.Riccardo Cocconi che era un valoroso dirigente della Resistenza e del P.C.I.che fu espulso insieme a Magnani Valdo dal partito per il dissenso verso l’U.R.S.S.e per la difesa della indipendenza nazionale. Le calunnie contro il dott. Riccardo Cocconi sono completamente false. I dissensi fra alcuni dirigenti (non tutti) del P.C.I. clandestino e i fratelli Cervi non hanno nulla a che fare con il loro arresto.E’una pura invenzione.Ne parlerò in una prossima pubblicazione con nuove testimonianze inedite. to un lavoro prezioso e talvolta eroico.Però è accaduto anche il contrario. 3)Ma ciò che a mio parere rende evidenti i rapporti critici tra la "banda Cervi" e il Pci clandestino è la tragica vicenda di Dante Castellucci, il comandante Facio, braccio destro di Aldo Cervi e catturato a Campi Rossi insieme ai sette fratelli. Castellucci,giovane emigrato calabrese in Francia e studente alla Sorbona,riuscì a farsi passare per francese e quindi,come straniero belligerante, fu mandato con gli altri prigionieri di guerra in carcere a Parma,da cui riuscì a fuggire.Venti giorni dopo la fucilazione dei Cervi, il "comando militare" del Pci ordinò a Otello Sarzi di uccidere Facio.Il partigiano,poi maestro burattinaio di fama mondiale, era amico di Facio (fu lui a portarlo a casa Cervi) e naturalmente non eseguì la "sentenza".Fu invece eseguita esattamente sei mesi più tardi, quando il 21 luglio 1944 Facio (nel frattempo diventato comandante partigiano in Lunigiana ed eroe della battaglia del lago Santo) fu fucilato a Zeri dai suoi stessi compagni dopo un processo-farsa.Della tragica vicenda di Facio scriverò in un prossimo articolo.Ma già questi cenni bastano per poter affermare che la questione dei rapporti tra i Cervi e il Pci reggiano non è affatto chiusa, e che si impone una nuova fase di ricerche e riflessioni senza pregiudizi. (continua) Le affermazioni secondo cui "se il Piemonte perde la Tav siamo perduti" e che "la Tav non si discute perché è la condizione per lo sviluppo del paese" sono prive di fondamento, sono luoghi comuni basati su concezioni dello sviluppo fantascientifiche, considerato anche il fatto che tale opera sarà in funzione tra 20 anni. Condividiamo le affermazioni di Marco Revelli: “Lo sanno tutti che tra 20 anni questo modello di sviluppo basato sulla mobilità totale delle merci avrà toccato il limite...e che se ci sarà un modello di economia più civile sarà un modello che ragiona sul risparmio di mobilità quantomeno delle merci, su reti di consumo locali che ricorrono alle reti lunghe in modo selettivo. Siamo alla fine del ciclo industriale e credono di essere all’inizio”. (Associazione Comunale dei Verdi di Reggio Emilia, Partito della Rifondazione Comunista) .LETTERE e INTERVENTI. L’INFORMAZIONE LE LETTERE I PENA DI MORTE: INCREMENTARE I RAPPORTI CON FORT WORTH PER FAR CONOSCERE I NOSTRI VALORI di Sereno Prodi* La tradizione che vede Reggio Emilia impegnata,a fianco di tante altre città del mondo,per l’abrogazione della pena di morte nei tanti,troppi, paesi dove ancora questa pratica viene utilizzata come strumento di “giustizia”,richiede una riflessione su quali azioni promuovere e quali strade percorrere per espandere l’adesione a questo fondamentale principio del rispetto dei Diritti dell’uomo. Al di sopra delle giuste azioni di denuncia,di protesta e di testimonianza,dobbiamo chiederci quanto,con il nostro agire,riusciamo ad incidere sulle coscienze,sulle opinioni pubbliche e sui governi di quei paesi che utilizzano ancora la pena capitale; chiediamoci se ogni volta che agiamo spostiamo,anche di poco, l’ago della bilancia verso la nostra posizione o se viceversa provochiamo indifferenza o peggio ancora avversione. In Europa il radicamento dell’abolizione della pena di morte è frutto di un percorso profondamente incluso nella cultura dei popoli,in un pensiero che nei secoli si è imposto al punto che la repulsione per questa pena è in ognuno di noi un fatto naturale. Le ragioni che ci fanno essere contrari alla pena capitale sono molteplici,dalla inefficacia come strumento di prevenzione dei crimini,alla sacralità della vita,dal rischio eccessivo di commettere errori giudiziari,alla profonda ingiustizia sociale di una pena irreversibile,ed ognuna di esse è di per sé motivo sufficiente per rifiutare tale strumento; evidentemente non è così in tutto il mondo,non lo è in tanti paesi dove il valore della vita umana è poco considerata causa l’arretratezza economica,sociale,politica ma anche in paesi sviluppati il cui percor- so di crescita non ha portato ad una sufficiente maturazione del concetto del valore della vita umana. Viene dunque spontaneo chiederci come agire nei confronti della città gemellata di Fort Worth: serve insistere con il gemellaggio o è giunto il momento di sbattere la porta,di prendere atto della impossibilità di incidere e di aprire rapporti di amicizia con un’altra città Americana abolizionista?. Capisco la serietà di entrambe le opzioni ma,avendo avuto la fortuna di conoscere la città Texana non tanto in forma ufficiale,ma come ospite di famiglie,ho maturato l’opinione che possiamo fare tanto per aiutare ad emergere posizioni abolizioniste che ora sono minoritarie. Insistere negli scambi,far conoscere in quella città la cultura europea intimamente legata ad una giustizia rispettosa della persona umana,è la strada che dobbiamo preferire, senza mai abbassare il tono rispetto alla condanna delle esecuzioni. Dobbiamo e possiamo agire per spostare ogni giorno coscienze,si tratta di esercitare un’opera continua che coinvolga soprattutto i giovani,più permeabili e disponibili ad ascoltare ed a mettersi in discussione. Incrementiamo e non affievoliamo dunque i rapporti di amicizia,con la consapevolezza che sul tema del rispetto dei Diritti Umani potremo anche litigare con i nostri “gemelli”,in fondo è proprio con gli amici che si può litigare per affermare il pensiero di chi sa di essere dalla parte della ragione. Se si dovesse giungere all’interruzione del gemellaggio a causa delle divergenze su questo punto,ci potremmo consolare certi di stare dalla parte giusta ma dovremmo registrare una sconfitta nell’azione per espandere i valori che stanno alla base dell’avversione alla pena capitale; lasceremmo soli tanti cittadini Texani disposti ad ascoltarci e rinunceremmo a svolgere un ruolo positivo proprio là dove accorre agire. (*Consigliere provinciale Ds) di Pierluigi Ghiggini a prova che nel 1944 i rapporti tra i vertici del Pci reggiano e i fratelli Cervi erano pessimi, non solo "dissensi" ma una contrapposizione irriducibile,esiste.La prova è la condanna a morte emessa dal "comando militare del Partito comunista" nei confronti di Dante Castellucci, il comandante Facio, che era il braccio destro di Aldo Cervi e aveva un ruolo di primo piano nella formazione partigiana dei Campi Rossi. Dante Castellucci, calabrese di Sant'Agata d'Esaro, era emigrato in Francia da bambino con la famiglia.Studiava alla Sorbona quando ricevette dall'italia la cartolina precetto per andare in guerra sul fronte delle Alpi Marittime a combattere proprio contro la Francia, il paese che lo aveva ospitato e dove era diventato uomo. Finito in convalescenza a Sant'Agata d'Esaro, lì incontrò Otello Sarzi Madidini, confinato politico.Sarzi era già in contatto con i Cervi e fu lui dopo un rientro fortunoso al Nord a portare nella "banda" anche Dante Castellucci. Questi, nella notte fatidica, fu catturato insieme ai Cervi, ma grazie anche all'aiuto di Aldo riuscì a farsi passare per francese:fu diviso dai sette fratelli e rinchiuso nel carcere di Parma dove erano concentrati i prigionieri di guerra stranieri.Da lì riuscì a fuggire e a rientrare a Reggio con la speranza, vana, di poter organizzare un colpo di mano per liberare i suoi compagni. Dai verbali degli interrogatori dei Cervi pubblicati lo scorso anno da Luca Tadolini del Centro Studi Italia emerge con chiarezza che il rapporto tra Castellucci e Aldo Cervi non era un rapporto qualsiasi. Di fronte agli aguzzini Castellucci "il francese" si assunse la responsabilità delle operazioni militari della formazione, e la sua versione fu confermata per filo e per segno da Aldo Cervi, come attestano i verbali. Delle due l'una:o quella versio- L VENERDÌ 9 DICEMBRE 2005 I Sette Fratelli e Dante Castellucci: c'è molto da approfondire Il braccio destro di Aldo Cervi fu condannato a morte dal Pci ne era frutto di un accordo di ferro tra i due (in quanto "francese", Castellucci era considerato non "bandito" ma prigioniero di guerra, e assumendosi la responsabilità delle azioni militari avrebbe salvaguardato la famiglia Cervi:mossa ben congegnata ma che purtroppo fallì), oppure "Facio" era effettivamente il comandante militare dei Campi Rossi.In ogni caso emerge il quadro di un rapporto più che tra "compagni", ma fraterno tra lui e Aldo Cervi. Eppure, o forse proprio per questo, appena tre settimane dopo l'esecuzione dei sette fratelli qualcuno del Pci ordinò di uccidere Dante Castellucci.Era il gennaio 1944:i vertici militari del partito decisero di sopprimere il principale esponente sopravvissuto della formazione distrutta il 28 dicembre al poligono di tiro con la fucilazione dei fratelli Cervi, completando così il nefando "lavoro" delle autorità fasciste. Otello Sarzi dichiarò nel 1992 a chi scrive che Ottavo Morgotti, gappista e dirigente comunista, si presentò da lui e gli trasmise l'ordine di sparare a Dante Castellucci.La sentenza naturalmente non fu eseguita: «Con Facio giocavamo a rimpiattino - raccontò Sarzi Quando entravamo in una casa che lo aveva ospitato, c'era sempre ad aspettarci un suo bigliettino:"Domani mi nasconderò dal Tale"».Tra i due amici il "gioco" andò avanti sino a quando Castellucci non trovò rifugio tra i compagni di Parma al riparo dalla condanna a morte del Pci reggiano. Ma quella condanna fu eseguita esattamente sei mesi più tardi sui monti di Zeri, dove Facio - che nel frattempo aveva passato l'Appennino per andare a combattere contro i tede- schi in Lunigiana - comandava il battaglione Matteotti-Picelli e si era guadagnato la fama di eroe della battaglia del lago Santo.Può sembrare incredibile, ma ancora oggi nei casolari di Zeri i vecchi, e non solo loro, parlano di Facio come di un eroe mitico.C'è chi scrive ballate su Castellucci e la fidanzata Laura Seghettini (che gli fu accanto nelle ultime ore) e le incide su cd. Facio fu fucilato dai suoi stessi compagni della Brigata Liguria all'alba del 21 luglio 1944 dopo un processo-farsa montato in fretta e furia sulla base di una accusa quasi certamente infondata e soprattutto ridicola rispetto alla pena:essersi impossessato di un lancio alleato destinato ad un'altra formazione. Due o tre giorni dopo la sua morte, i tedeschi seppero approfittare dello smarrimento provocato fra i partigiani dalla fucilazione di un loro comandante ammirato dai combattenti e amato dalla popolazione:sfondarono le linee presidiate dai partigiani comunisti e dilagarono inVal diVara,disperdendo sino all'autunno la colonna di Giustizia e Libertà che controllava interi paesi. Il principale accusatore di Facio, l'uomo che ne volle implacabilmente la fucilazione, fu Antonio Cabrelli:era salito in montagna in circostanze poco chiare,e subito dopo la morte di Facio diventò commissario politico della Brigata Liguria sino a quando il Cln non decise di fare un bel repulisti.Ma Cabrelli, emigrante pontremolese iscritto al Pci a Parigi e funzionario della Cgt, era rientrato in Italia nel 1939 perché ricercato a Tunisi come sospetta spia dell'Ovra:si era accordato con l'ambasciata di Parigi e al suo arrivo a Carrara aveva scritto e 19 firmato un atto di sottomissione a Mussolini e al regime fascista.Il documento,quattro facciate complete scritte a mano, è nel fascicolo Cabrelli del Casellario Politico conservato all'Archivio centrale dello Stato, ed è una vera e propria delazione sulla struttura e sui vertici del Pci in esilio.Non la faccio più lunga, perché questa storia ha molti risvolti degni di un thriller:aggiungo solo che il primo a parlare del doppiogiochismo di Antonio Cabrelli fu Giorgio Amendola in "Lettere a Milano". Resta un particolare decisivo: il documento scritto che attesta la condanna a morte.Si tratta della trascrizione effettuata negli anni '50 da Giulio Mongatti del memoriale scritto di persona dal comandante Facio nelle ore che precedettero l'esecuzione.Vi si legge testualmente:«Il 21 gennaio (1944, ndr.) sono stato condannato a morte dal comando militare del Pci di Reggio».Il documento e altre lettere del fucilato sono disponibili presso diversi istituti storici della Resistenza.Negli anni '70 Facio fu decorato alla memoria con medaglia d'argento al valor militare, ma con una motivazione bugiarda: «Caduto in combattimento contro preponderanti forze nemiche».Le vere ragioni erano e restano politicamente troppo imbarazzanti. Non vi possono essere dubbi sul fatto che il principale collaboratore di Aldo Cervi fu condannato a morte dal Pci clandestino di Reggio Emilia, peraltro con l'opposizione del Pci di Parma.E che la sentenza non eseguita da Sarzi fu invece portata a compimento in montagna dagli stessi compagni di Facio istigati da un doppiogiochista.Se tutto ciò fosse preordinato, o sia avvenuto per un caso del destino, forse non lo sapremo mai. Ciò che conta è che sulla vicenda dei fratelli Cervi resta ancora molto da approfondire,per quanto lo permetta un vuoto di ricerca durato decenni. (Fine. Il primo articolo è stato pubblicato l'8 Dicembre) .PRIMO PIANO. 38 LUNEDÌ 9 GENNAIO 2006 L’INFORMAZIONE Pubblichiamo un contributo di Cesare Cattani sulle troppe domande rimaste ancora senza risposta sulla morte del partigiano voluta dai suoi stessi compagni Nella foto grande i sette fratelli Cervi A destra Dante Castellucci partigiano che aveva il nome di battaglia "Facio" L'autore RESISTENZA Molti vuoti nella ricostruzione dei difficili rapporti tra i Cervi e il partito reggiano Perché il Pci condannò Facio? I misteri della tragica vicenda di Dante Castellucci di Cesare Cattani eggo con ritardo gli articoli di Otello Montanari e Pierluigi Ghiggini inerenti i Cervi,Riccardo Cocconi e Dante Castellucci . Concordo in parte con Pierluigi Ghiggini quando afferma chiudendo il suo secondo articolo,che ...”sulla vicenda dei fratelli Cervi resta ancora molto da approfondire per quanto lo permetta un vuoto di ricerca durato decenni”. Aggiungerei pure:un vuoto incredibilmente portato avanti soprattutto da chi vi era preposto. Sostanzialmente non sappiamo molto di cosa era l’ambiente,chi erano le persone che insieme ai Cervi diedero vita al primo gruppo combattente della Resistenza nel nord Italia.Veroni parla,in una lettera del 1946 alla commissione per il riconoscimento dei gradi partigiani ,di un primo nucleo,a Cervarezza,diretto da Gino (Aldo) Cervi,di 23 persone. Oltre ai Cervi,a Castellucci, Lucia e Aldo Sarzi e i prigionieri russi chi erano gli altri? Rino Montanari? Delio Galassi? “Pasquale “? (Olimpio Mercati?). Chi accompagnò i Cervi nella loro prima salita a Cervarezza? C’erano solo loro? Nessuno dei Lambruschi di Cogruzzo andò con loro per quel primo viaggio?,ci andò Renzo Querenti, di Gattatico,che poi dai Servi finì direttamente in Germania e non fece più ritorno? reduce di Russia, Ci andò Marconi,di Olmo di Gattatico che portò dai Cervi il camion Lancia che bruciò la notte dell’incendio? Mah!? Il diverbio avuto da Aldo Cervi con l’avvocato Poppi,a Cervarezza,- ma direi,stando alle testimonianze – soprattutto tra Castellucci e Poppi,fu un normale diverbio dialettico o non, piuttosto,uno scontro che rasentò limiti estremi? E pure il successivo incontro tra i Cervi e Eros e “Bortesi”o “Tito”(Gismondo Veroni,all’epoca uno dei tre responsabili del“triangolo sportivo”,i tre incaricati del PCI reggiano del lavoro militare clandestino), questa volta a Campegine,più avanti – il mese successivo – al quale assistette Otello Sarzi.“...Altro che dialettica;a momenti ci mettiamo le L L'8 dicembre scorso abbiamo pubblicato un articolo di Otello Montanari in difesa del partigiano Riccardo Cocconi, portato in causa in precedente scritto da Angelo Simonazzi a proposito della condanna e della fucilazione dei sette fratelli Cervi. Sempre l'8 dicembre e il giorno successivo abbiamo pubblicato due articoli del direttore Pierluigi Ghiggini sui rapporti difficili tra Facio e l'organizzazione militare del Pci nel 1943, sui vuoti di ricerca in proposito e sulla vicenda di Dante Castellucci "Facio" che era partigiano con i Cervi e che fu condannato a morte dal Pci. Facio, passato poi a combattere in Lunigiana, fu fucilato dai suoi stessi compagni nel luglio 1944. A commento di questi articoli, abbiamo ricevuto un documentato saggio di Cesare Cattani, di cui oggi vi proponiamo la prima parte. Non si sa chi era con i Cervi a Cervarezza torrente Parma...Aldo fece una relazione delle azioni fin allora compiute...Nel contempo mise in evidenza le difficoltà che incontravano,la maggiore delle quali era rappresentata dalla incomprensione dei dirigenti della federazione del Partito. Questi anziché aiutarli e stimolarli affinché aumentassero la loro attività ne criticavano aspramente l’operato che definivano temerario e suscettibile di provocare inutili e feroci rappresaglie contro la popolazione. Proprio per queste cose i Cervi avevano voluto l’incontro ed ancora per lo stesso motivo, a nome dei compagni di S.Ilario-Campegine,chiedevano di potere essere,da quel momento,inquadrati nella federazione di Parma e con questa soltanto mantenere i rapporti per la prosecuzione della guerriglia» (pag.200). Mi sembra che queste parole di Porcari siano chiarissime.Non servono commenti. Per la situazione personale del gruppo (o banda) dei Cervi.Altro è inquadrare storicamente il momento nelle difficoltà dell’inizio della lotta armata contro il fascismo, capire che vi erano atteggiamenti “attendisti”o che l’allora PCI era un partito comunque organizzato secondo una rigorosa disciplina che non ammetteva deroghe. Resta che qualcuno o alcuni to da Sua Eminenza il capo del Governo Cav.Benito Mussolini, Facio è già con la compagnia di suo padre Francesco Sarzi. Dante Castellucci non ha mai studiato alla Sorbona.Esulava dalle sue possibilità economiche e pratiche.Era emigrato in Francia al seguito del padre nel 1923.Aveva abitato nel dipartimento Nord-Pas de Calais.A Somain, Fenain e Landrecie ,in un distretto minerario dove alta era la componente di immigrati,soprattutto polacchi. Qui aveva fatto le scuole complementari – una sorta di nostre scuole professionali -. Contemporaneamente aiutava il padre nella attività di gelataio ambulante,d’estate e di venditore ambulante di carbone e cartoni d’inverno.Sembra che abbia pure lavorato come minatore. Da privatista,a Fenain, aveva studiato pittura e musica.Suonava il violino.Aveva pubblicato a Amiens delle poesia in una raccolta collettiva dal titolo“La lyre fleurie”, sotto l’egida del“Flambeau intellectuel”.Tra l’altro compose la musica dell’inno del Battaglione Picelli,i cui versi furono invece scritti da Fermo Ognibene. Rientrato in Italia nel 1939, perché il padre aveva,in sostanza avuto dei guai in Francia, non era esattamente onestissimo nel commercio di carbone ; La vita difficile di Facio in Francia Tre anni in guerra prima della Resistenza Cesare Cattani, è stato funzionario dell'Arci, nel settore culturale, poi organizzatore-manager degli Area (con Demetrio Stratos), dei Giancattivi e di Otello Sarzi. Quindi ha cominciato a lavorare come operaio ed artigiano meccanico montatore, attività che svolge tuttora. Ha promosso la fondazione Sarzi. Successivamente ha contribuito a ideare ed organizzare il festival Teatrinstrada di Bagnolo. Un anno fa ha curato la parte storica della mostra riguardante I Cervi e i Sarzi. Ha stretto rapporti di amicizia con protagonisti della Resistenza o con i loro congiunti. Tra questi Gianfranco Corradino, che incontra regolarmente, e Laura Seghettini, la maestra di Pontremoli che la fidanzata del comandante Facio e gli fu accanto negli ultimi momenti della sua vita. Ha anche avuto l'amicizia di Francine Castellucci, sorella di Dante Castellucci "Facio" e, tutt'ora, di Pierino Cozzitorto, il suo più grande amico di gioventù, oggi farmacista 85enne in pensione a Nocera Inferiore. Ha conosciuto anche Pietro Zuccarelli e Pietro Gnetti, gli unici due viventi che hanno combattuto la battaglia del Lago Santo. Uno vive a Ponzano di Magra e l'altro a Bedonia. Entrambi lo hanno accolto con stima e gratitudine per esserli andati a cercare per parlare di Facio. "All'epoca vi erano atteggiamenti attendisti e il Pci era allora un partito organizzato secondo una rigorosa disciplina che non ammetteva deroghe" Diverbio o scontro con il Pci reggiano? Otello Sarzi Un canto patriottico scritto da Fermo Ognibene e Dante Castellucci (Archivio Cattani) mani addosso!”. Che poi sia stato costituito un vero e proprio “cordone sanitario intorno ai Cervi”,prima del loro arresto,non è una novità. Lo ha scritto chiaramente Gismondo Veroni: «Il partito a Campegine non ebbe a cadere solo perché avevo provveduto a stendere un cordone sanitario attorno a quei compagni».Cito a memoria,ma si tratta della memoria resa da Veroni sul“Lavoro sportivo”nel reggiano dal settembre al dicembre 1943 e pubblicata da Ricerche Storiche. Pure Luigi Porcari,responsabile del “lavoro sportivo”a Parma nel 1943 – poi segretario delle federazioni del PCI di Siena e Parma - nel suo libro Così si resisteva scrive:«...Nella seconda metà dell’ottobre del 1943 Aldo Cervi e i suoi fratelli fecero presente alla Lucia Sarzi – sorella di Otello, nota mia – la inderogabile necessità ...di incontrarsi col responsabile del lavoro militare per il nord Emilia (Amerigo Clocchiati.Nota mia).L’incontro ebbe luogo alcuni giorni dopo sul greto del del gruppo dirigente del partito comunista reggiano condannano a morte uno dei più attivi componenti del gruppo dei Cervi, Dante Castellucci “Facio”.(Pare che il nome di battaglia provenga da un brigante calabrese dell’ 800). Non so se,come scrive Ghiggini,Facio fosse il braccio destro di Aldo Cervi.Mi pare improbabile,Vi erano 20 anni di differenza.Aldo era riflessivo,Facio impetuoso...Una cosa sono i verbali degli interrogatori della GNR,pubblicati da Tadolini, una cosa le testimonianze .A questo proposito,sono necessarie alcune precisazioni su quanto scrfitto da Ghiggini. Quando Otello Sarzi torna dal confino,dal quale è stato grazia- parole della figlia Francine,sorella di Facio - nel 1940 viene chiamato alle armi in artiglieria a AquiTerme.Nel 2° rgmt.Art.di Corpo d’Armata. Qui scrive una “lunga novella”dal titolo“I deboli”che andrà distrutta nell’ incendio di casa Cervi. E durante una licenza che conosce Otello Sarzi,allora al confino a S.Agata d’Esaro.Nel 1940 partecipa alla campagna contro la Francia sulle Alpi occidentali.Sembra che si sia rifiutato di sparare – come capo pezzo – su chi“ gli aveva dato da mangiare sino a poco prima”. Nel luglio del ’42 è con il CSIR in Russia.Ferito nel combattimento di Debalzewo - lo scoppio di un proiettile di Katiuscia gli rompe un timpano - è ricoverato in un ospedale da campo L'ordine trasmesso da Ottavo Morgotti e successivamente – dicembre 1942 – a Udine.Dalla convalescenza non rientrerà più al corpo.Si reca presso la compagnia di Francesco Sarzi, Padre di Otello che, contemporaneamente, era stato trasferito al confino di Villaggio Marconia (Pisticci). Per quale ragione Facio fu condannato a morte dal Pci reggiano? Chi dette l’incarico a Attilio Morgotti,nome di battaglia “Baffetti” (Ottavo Morgotti, ndr.) di trasmettere l’ordine di liquidarlo a Otello Sarzi e Viktor Pirogov“Modena”? Perché proprio a Otello, il suo migliore amico? Forse a causa dei compartimenti stagni in cui necessariamente la piramide decisionale doveva essere organizzata? (continua) .PRIMO PIANO. 28 SABATO 14 GENNAIO 2006 UN EROE PARTIGIANO UCCISO DAI SUOI COMPAGNI La tomba di Dante Castelluci "Facio" a Pontremoli.A destra: il ritratto del comandante partigiano L’INFORMAZIONE Perchè il Pci reggiano condannò a morte Dante Castellucci, partigiano con i Cervi? Chi fu a dare l'ordine? Perchè si continua a tacere sulla figura del "traditore" Cabrelli che impose la fucilazione di Facio? Cesare Cattani indaga su una pagina oscura della Resistenza Una sfida all'omertà La terribile sentenza del vertice militare comunista fu eseguita ai monti, complice un doppiogiochista Facio,la verità negata da 62 anni Un muro di gomma dal '44. La denuncia di Laura Seghettini di Cesare Cattani mettono al Facio di essere un otante Castellucci "Facio",arre- timo comandante militare.Egli stato coi Cervi,evade dalla infatti pondera la situazione e cittadella di Parma la notte del 24 ne osserva minutamente i partidicembre del ’43.Rientra a Cam- colari in modo celere e ne trae pegine,prima ai Campi Rossi poi conseguenze che gli permettoni alTagliavino daWalter e Massimi- di preparare piani ottimi.Gode la no Cervi.Qui viene curato e rive- stima di tutti gli uomini ed è ottistito.Passa a Cogruzzo da Otello mo e buon compagno con tutti Lambruschi (Bruschìn),e da qui gli elementi del distaccamento.... a Rio Saliceto in casa “... di un Completo il resoconto con l’allecompagno coi baffoni”dove si gato foglio di note e particolari riunisce a Otello e “Modena”. sulla vita del Facio da egli stesso (Registrazione mia con Otello narrati.(allegato mai trovato, nota mia). Sarzi del giugno 1998). Egli ha taciuto,o meglio,non Qui arriva Morgotti.Chi decideva del lavoro sportivo nei pri- ha voluto parlare più a lungo e missimi giorni del 1944? Chi po- non si è voluto soffermare sul punto in cui fu trattato teva emettere una concome spia da quelli di danna a morte nei suoi LA MENZOGNA Reggio in quanto asseconfronti e in base a risce di aver già quali valutazioni? mandato a Parma Nei primi giorni del un suo ben dettaglia1944 Gismondo Veroni to rapporto». (7 MAGè il responsabile del laGIO 1944.Relazione voro militare clandestidell’Ispettore Musiari no del PCI di Reggio.Vivaldo Salsi assume la responsa- sul distaccamento Picelli.Sta in bilità per la zona della Bassa. “Documenti delle Brigate GariL’avvocato Poppi è già stato tra- baldi”a cura dell’Ist.Gramsci e sferito nel modenese.PureAlcide Fondaz. Feltrinelli, pag. 382 e Leonardi nei primi di gennaio del 383). Tra poco,a Parma,sarà disponi1944 è trasferito a Parma.Una di queste tre persone è quella che bile al pubblico l’archivio del ha dato l’ordine di uccidere Dan- PCI.Speriamo che si trovi pure te Castellucci.Altri non poteva- questa “dettagliata relazione di Facio al PCI,che sin’ora non è no. Sempre Luigi Porcari scrisse: mai stata trovata. Facio tornò di nuovo a Campe«Qualche giorno dopo la fine dei sette eroici fratelli pervenne gine nei primissimi giorni del al “trangolo sportivo”e quindi a giugno del ’44:era già comandanme che in quel momento mi tro- te del battaglione Picelli della XII vavo in città una comunicazio- brigata Garibaldi Parma “Fermo ne dei compagni di Reggio Emi- Ognibene”(un altro dimenticato lia secondo la quale il «capitano da Reggio,cresciuto a Rubiera; Facio», un ufficiale calabrese primo comandante del Picelli, che sin dall’8 settembre faceva medaglia d'oro al Valor Militare); parte del gruppo Cervi,ai quali non,come scrive Ghiggini del credo fosse stato presentato dal- battaglione Matteotti- Picelli. La“Brigata”Matteotti-Picelli nala stessa Lucia (Sarzi, nota mia), era un agente provocatore al scerà dopo,proprio in seguito alsoldo dei tedeschi,che probabil- la frattura causata dall’assassinio mente era responsabile della cat- di Facio.Lo scrive Giulivo Ricci tura di Aldo e dei suoi fratelli e nella sua storia della Brigata Matche quindi doveva essere fucila- teotti-Picelli. Ricci scrive che Facio tornò to immediatamente e senza nessuna formalità ovunque lo si fos- per approvvigionarsi di riso grase trovato. Nessuno accenno no e generi alimentari dai Cervi. conteneva la comunicazione Dai Cervi? Dalle vedove Cervi degli elementi che davano origi- alle quali avevano ammazzato i ne e giustificazione della grave mariti e compagni e bruciato la denuncia e dell’ancor più grave casa? Un comandante di battainvito». (Porcari:“Così si resiste- glione abbandona il proprio reva”Guanda.Pagg.201,202,203). parto per fare 150 kilometri tra tedeschi,brigatisti neri Chi poteva “qualche e decima mas per due giorno dopo la fine deIL VIAGGIO sacchi di riso? gli eroici fratelli”,in un Laura Seghettini,la momento in cui le regosua compagna,poi vice le della clandestinità docommissaria della XII vevano essere ferree coBrigata Garibaldi,poi noscere il“responsabile funzionaria della comdel lavoro sportivo”di missione femminile del Parma,e sapere quale PCI di Parma,nel ’46,racconta un incarico rivestiva? Un altro comunista,poco tem- altra storia. Facio venne si a Campegine, po dopo,scrive di Facio:«Le azioni,solo prefissate alla partenza, ma per fare i conti con chi aveva sono meticolosamente (a parere tradito e causato l’arresto dei degli uomini) preparate dal Fa- Cervi:«...uno che faceva il dopcio.Profondo spirito d osserva- pio gioco.Uno che portava gli stizione,acutezza d’ingegno,intel- valoni alla Chantilly» (registraz. ligenza brillante,coraggio per- Televisiva di Cesare Cattani a D «Per quale ragione Facio fu condannato a morte dal Pci reggiano?». Con questo e altri interrogativi si concludeva la prima parte del saggio di Cesare Cattani (che abbiamo pubblicato il 9 gennaio) sui difficili rapporti fra il Pci e i fratelli Cervi e sulla tragica vicenda di Dante Castellucci. Nella seconda parte che pubblichiamo oggi, Cattani continua l'indagine su "Facio" per concludere che il suo nemico «erano i suoi compagni». Attraverso Laura Seghettini l'autore solleva la questione, decisiva eppure volutamente ignorata dalla storiografia ufficiale, del "traditore" Antonio Cabrelli. È uno sprazzo di luce su una pagina oscura della Resistenza e sulla figura di un combattente straordinario, decorato alla memoria ma con una motivazione menzognera per coprire il misfatto. A distanza di 57 anni dalla morte, Facio attende ancora che la verità sia svelata e riconosciuta sino in fondo. «È un agente al soldo dei tedeschi: fucilatelo» Ritornò a Campegine nel giugno del '44: perché? Laura Seghettini;Pontremoli, 1.11.2003).Di li a poco Facio sarà fucilato in base a un complotto di un traditore del quale esistono le confessioni all’OVRA che solo chi non vuole vedere non vede.Salvatore Cabrelli.Il quale non dice più di quanto i servizi segreti già non sapessero.L’organigramma del gruppo dirigente del PCI a Parigi.Dice qualcosa di più:il comunismo non ha realizzato nulla e il fascismo ha conseguito tutti i suoi obiettivi per cui lui – Cabrelli – si mette a disposizione e fa ammenda.Le confessioni di Salvatore Cabrelli,che firma la condanna a morte di Dante Castellucci“a nome del PCI”sono rintracciabili da chiunque abbia un minimo di buona volontà.Non solo all’archivio centrale dello stato. Anche agli Istituti storici di Parma e Spezia.Anche a casa mia. Le metto a disposizione». Occorre dire anche che il PCI (di Spezia) inviò immediatamente un ispettore per fare luce sul Solo pochi appunti a margine di questo notevole saggio di Cesare Cattani. - La ricostruzione fatta dall'Autore delle vicende di Castellucci prima del suo arrivo ai Campi Rossi è sostanzialmente corretta,e corrisponde a quanto mi dichiarò Otello Sarzi in una intervista che pubblicai nel 1992 (il quale,peraltro, affermò che Facio arrivò a Reggio da S.Agata d'Esaro insieme a lui). Le discrepanze con il mio articolo del 9 dicembre sono dovute alla citazione a memoria.La storia di Facio studente alla Sorbona è evidentemente frutto di una vulgata popolare. - Mi sembra che il ruolo di primo piano di Facio nella formazione Cervi sia provato: i verbali degli interrogatori pubblicati da Tadolini non dovrebbero lasciare dubbi,e ritengo significativa anche l'ampia citazione di Musiari sulle qualità di comandante militare di Facio, che Cattani riporta in questa pagina. - Attilio Morgotti è Ottavo Morgotti, mentre la "Brigata Muccino" va intesa come la "Brigata Muccini" della IV Zona Operativa. - Le affermazioni di Laura Seghettini suAntonio Cabrelli "Salvatore" si riferiscono ai documenti conservati nel Casellario politico centrale (Archivio Centrale dello Stato),da me rintracciati nel 1991,e a un'inchiesta che pubblicai in più puntate su "Lunigiana La Sera".In questa pagina pubblico due riproduzioni dell documento olografo con cui Cabrelli,funzionario della Cgt e dirigente del Pci a Parigi,rientrato dalla Francia nel 1940,dichiarò la propria fedeltà al fascismo. Sulla vicenda di Facio, troppo scomoda e troppo legata a una pagina "strategica" per la storiografia di matrice comunista - il martirio dei Cervi - il silenzio ufficiale resta agghiacciante.Insieme a Laura Seghettini e a Paolino Ranieri,da anni in molti lottiamo contro l'omertà.Ora anche l'Anpi e Istoreco non possono più tacere. Pierluigi Ghiggini I sette fratelli Cervi Qui sopra e sotto: lo scritto del 1940 con cui Antonio Cabrelli "Salvatore" si mise al servizio del fascismo (Archivio Centrale dello Stato) Una delle figure più splendide della Resistenza, un musicista e un poeta, un compagno dei Sarzi e dei Cervi, è sostanzialmente dimenticato. Fu scoperto dal nemico: però il nemico erano i suoi compagni.A Reggio neppure una targa lo ricorda caso.(La fucilazione di Facio ad menticato. opera di un plotone di esecuzioFacio fu decorato di medaglia ne del battaglione Garibaldi“Se- d’argento al valore militare.La gnanini”non fece solo scalpore e motivazione recita (ancora):“Vascandalo;fu una vera e propria loroso organizzatore della lotta frattura nel movimento partigia- partigiana,incurante di ogni peno,anzi lo è ancora.A Spezia esi- ricolo partecipava da prode a ste tutt’oggi un muro di gomma numerose cruenti azioni.Scosull’argomento,e a quanto pare perto dal nemico,si difendeva anche a Reggio).L’ispettore,an- strenuamente.Sopraffatto ed che su incarico del CLN era Pao- avendo rifiutato di arrendersi,velino Ranieri “Andrea”,poi “stori- niva ucciso sul posto.Esempio co”sindaco di Sarzana;Commis- fulgido del più puro eroismo.Zosario politico della Brigata Gari- na di Pontremoli, 22 luglio baldi Muccino,Medagli d’argen- 1944.” to al Valor militare.La sua relaFu in effetti scoperto dal nemizione fu un atto d’accusa duris- co.Però il nemico erano i suoi simo contro certi mecompagni,e i miei –dotodi settari e spietati. po-.E’vero che rifiutò di L'ESECUZIONE Otello Sarzi,immearrendersi.Incoraggiato diatamente dopo la a fuggire dalle guardie guerra andò a Pontreche lo avevano in conmoli per liquidare i segna disse che era già conti con gli assassini fuggito dai tedeschi e fadi Facio.Lo fermò Lauscisti due volte.Non l’ ra Seghettini “perché avrebbe fatto dai partitroppo sangue era stato versato”. giani.Alle 5 del mattino si comanRimane che una delle più dò la propria fucilazione.A Regsplendide figure della Resisten- gio non una targa lo ricorda.Neza,un compagno dei Sarzi e dei anche a Parma e a Pontremoli. Cervi,un musicista e poeta,un C’è a San' Agata d’Esaro.Sul mocombattente meridionale contro numento ai caduti della prima il fascismo,condannato a morte guerra mondiale. dal gruppo dirigente del PCI (Fine. Il primo articolo è stato reggiano è sostanzialmente di- pubblicato il 9 Gennaio) Un complotto che divide ancora i partigiani