.LETTERE e INTERVENTI.
18 GIOVEDÌ 8 DICEMBRE 2005
Il
direttore
risponde
I VAL DI SUSA:
LE AMBIGUITÀ DI PRODI
E DELLA SINISTRA
"DI GOMMA"
di Mauro Del Bue, Sottosegretario alle Infrastrutture
E'
sempre facile dare ragione a
chi ha preso manganellate e
si lamenta di qualche ferita. Il sangue fa ribrezzo anche a me. E sono
convinto che ove possibile vadano
sempre evitate repressioni e cariche della polizia nei confronti dei
manifestanti. Ha però ragione Sergio Romano sul “Corriere” quando
afferma: “Anche l’occupazione è
violenza” e, aggiunge Mercedes
Bresso, presidente ulivista del Piemonte: “Mi spiace, ne sono ovviamente preoccupata, ma non si poteva fare altrimenti”. Insomma se è
violenza il manganello, questo è a
volte la conseguenza della violenza
di un’occupazione illegittima e la
repressione, secondo la stessa
Bresso,“era inevitabile che accadesse, non c’era altra soluzione”.
Perché si è arrivati a questo punto
e cosa potrà accadere adesso? Ha
ragione Fassino quando sostiene
che l’alta velocità “è un’opera importante che va realizzata, è un
tratto di un’asse che da Lisbona arriva a Mosca”. La scelta di realizzare l’alta velocità in Italia coinvolge
addirittura lo stesso governo di
centro sinistra, è stata approvata
da tutti, e la ferrovia da Torino a Lione è strategica assai di più che non
quella da Roma a Napoli, perchè
consente di collegare il nostro Paese ai traffici europei, che potrebbero anche escluderci e cercare altre
I
tà di decidere e di convincere?
Domande retoriche. E aggiungo,
soprattutto, com’è compatibile
questa posizione con quella
espressa da esponenti come il
presidente della Regione Piemonte, il sindaco di Torino e la parte
più responsabile del centro sinistra italiano? Il compito di questa
impossibile sintesi è affidato a
Prodi che, anche dopo il seminario
sul programma di San Martino in
Campo, ostenta il massimo di ambiguità. E finisce solamente per
prendersela con la polizia e con il
governo. Si dice: occorre il dialogo.
Ma è tutto da dimostrare che non
lo si sia tentato e che i manifestanti lo abbiano accettato. La parola “dialogo” pare una ricetta che
il centro sinistra esprime a mò di
balsamo miracoloso. Dobbiamo
convincere con dati alla mano che
non c’è un pericolo amianto? Lo si
è fatto, ma poi, dopo il “pericolo
amianto”, si dirà che ce n’è un altro, come in Campania dove contestano, in nome della sindrome
Nimby, il termovalorizzatore, a
Grosseto dove non vogliono le pale eoliche, a Brindisi dove criminalizzano il degassificatore. Eppure
sono stati attivati numerosi tavoli
di confronto con tutte le forze istituzionali, politiche e sociali in
campo, soprattutto in Piemonte.
Dobbiamo governare un Paese inseguendo tutte le proteste? Se si
vuole dire che qualche autorevole
esponente del governo poteva
spostarsi in Val di Susa a tentare
una coraggiosa opera di convincimento, io, personalmente, non ho
obiezioni. Non dimentico il tempo
Blocco anti-Tav in Val di Susa
direzioni.
E, in più, la scelta di diminuire il
traffico su gomma a vantaggio di
quello su ferro, è fortemente ecologica, in quanto attenua il forte impatto dei camion e dei tir che invadono le nostre autostrade. E allora
cosa si contesta? Se la ragione sta
nella scelta dell’alta velocità e se
quasi nessuno, a livello nazionale,
ha messo in discussione la ferrovia Torino–Lione, qual’è il problema? Intanto non è proprio così per
tutti. Esiste una parte della sinistra
italiana, che decide una cosa e
poi cambia idea seguendo le proteste localistiche in funzione di un
vecchio ritornello populista e della
convenienza elettorale.
La cosiddetta sinistra radicale è
oggi schierata con i ribelli della Val
di Susa come a Genova era schierata con Agnoletto e Casarini e da
“No global” diviene improvvisamente “No Tav”. Ma è ragionevole
cambiare idea e, anziché guidare
una protesta, inseguirla e cavalcarla? E’ questo l’atteggiamento
di una sinistra che si accinge a
chiedere di governare questo nostro Paese? E’ compatibile questa
posizione con il declamato riformismo, che invece è sempre capaci-
di Otello Montanari
l quotidiano reggiano L’Informazione del 6/11/2005
ha pubblicato una lettera di
Angelo Simonazzi che porta il
titolo:“Il P.C.I., il fascista – comunista e la fine dei fratelli
Cervi”.
Simonazzi accredita fatti
del tutto infondati scrivendo:
“per liquidare i Cervi, già isolati con un “cordone sanitario”il Partito Comunista ha
usato il canale di infiltrazione, ossia il compagno Riccardo Cocconi, che sta contemporaneamente con i fascisti, con
i comunisti e con i suoi parenti proprietari del Tagliavino e
della casa colonica dei Cervi.
Il 23 novembre Riccardo
Cocconi, in un colpo solo, ha
fatto l’interesse di tutti i nemici della banda dei “Campi
Rossi”(fascisti, comunisti e
padroni).Ha denunciato i sette fratelli all’Ufficio Politico Investigativo della GNR di Reggio, dopo una riunione presso
la Caserma Mussolini della
MVSN sita a Reggio inViale Timavo”.
Questa dichiarazione è
una falsificazione della verità.
Di questo problema mi ero
già occupato attorno agli anni settanta, circa 35 anni or
sono.Anche altri lo avevano
fatto, meglio di me, in particolare Ricerche Storiche n.10 –
11 del 1970 ed in modo esauriente.
Nella primavera del 1968
fu pubblicato un opuscolo
intitolato:“La Verità – I sette
fratelli Cervi”che riportava
uno scritto tratto dal fascicolo
n.23 della“Storia della guerra
in cui il ministro del Lavoro De Michelis viaggiava da una fabbrica
all’altra, comprese quelle a rischio, per tentare di convincere gli
operai sul tema della lotta all’inflazione. La politica è la politica. E
il riformismo a volte è impopolare,
a volte perfino rischioso. Ma anche il dialogo è un mezzo e non un
fine.
Resta il tema del che fare e anche
se si fosse dimostrata maggiore
capacità di convincimento, è tutto
da dimostrare che si sarebbero ottenuti risultati.Adesso è tempo di
decisioni. I cantieri devono partire
o l’Italia starà fuori dall’Europa. O il
corridoio 5 che interessa il nostro
Paese trova sbocco in Italia o l’Italia verrà esclusa dagli altri due corridoi europei che unificano l’Ovest
con l’Est dell’Europa.Vedremo
quanta parte dell’opposizione seguirà la strada dell’interesse nazionale, e della permanenza dell’Italia
in Europa, e quanta parte invece
sarà schiava dell’interesse suo proprio e di quello della cosiddetta
lobbie della gomma.Attenzione.
Una sinistra di gomma può solo
dar vita a un governo di gomma,
molle, sgonfio e potenzialmente
già esploso.
di Pierluigi Ghiggini
tello Montanari, armato
di una documentazione di
ferro, anche in questa occasione dimostra di avere a cuore la
verità.E questo gli fa onore pienamente, a maggior ragione
perché - come in questi giorni tornano a farsi vive le mosche
cocchiere del silenzio e dell'oblio.
Ecco perché mi permetto di offrire a Montanari alcune osservazioni,come contributo alla ricerca della verità sul martirio dei
fratelli Cervi.
1) Il contrasto che opponeva
la "banda Cervi" a una parte,
credo preponderante,del gruppo
dirigente del Pci durante la Resistenza fu molto più di un semplice "dissenso".Tralascio la vicenda dell'omicidio del segretario comunale di Bagnolo, che si
concatenò con la fucilazione dei
sette fratelli e di Quarto Camurri, per sottolineare qui che le testimonianze raccolte da Liano
Fanti (materiale utilizzato in
primo tempo da Renato Nicolai,
e che solo nei primi anni Novanta Fanti rielaborò nella "Storia
di campagna" edita da Camunia) concordano nell'affermare che qualcuno al vertice del Pci
clandestino, o delle formazioni
ad esso legate, aveva steso intorno alla famiglia Cervi un "cordone sanitario", al punto che nelle
ore che precedettero l'arresto nessuno volle offrirgli rifugio.Non
entro nel merito delle ragioni,
(peraltro non possono essere
ignorate le regole ferree della
clandestinità), ma il fatto va registrato nella sua interezza,
O
Otello Montanari: vecchie calunnie generate da un'omonimia
Il martirio dei Cervi: solo
falsità su Riccardo Cocconi
civile in Italia”edita da “Edison”F.P.E.r.r.Milano,Via Cusani n.10.
Si trattava in sostanza di
un libello che fu ripreso anche
dal settimanale“Candido”dell’aprile 1970 e si riferiva al
fatto che l’arresto e l’uccisione
dei sette fratelli Cervi sarebbe avvenuto per ispirazione
del P.C.I.e che il Dott.Cocconi
sarebbe stato il coesecutore
del criminale disegno. Era
una autentica provocazione.
Voglio richiamare la dichiarazione dei massimi esponenti della Resistenza Reggiana, i
quali smentiscono le assurde
accuse contro il dott.Riccardo
Cocconi di cui apprezzano
pienamente le sue scelte democratiche e antifasciste.Si
tratta delle seguenti personalità:
1)Virgilio Camparada,
azionista e membro del
C.N.L.P.;
Cesare Campioli, membro
del C.N.L.P.e sindaco di Reggio
per 17 anni, comunista;
Magnani Aldo, già presidente del C.L.N.P.- comunista;
Pellizzi avv.Vittorio, già presidente del C.L.N.P.e Prefetto
della Liberazione - azionista;
Salvarani Osvaldo già capo
di S.M.delle formazioni partigiane - indipendente;
Mons.Prospero Simonelli,
già membro del C.L.N.P. nel
1943-44;
Veroni Gismondo, decora-
Otello Montanari
to, comandante partigiano –
presidente dell’ANPI prov.– comunista;
2) Le sopracitate personalità rilasciarono una lunga
dichiarazione nella quale affermarono che “la riunione
che sarebbe avvenuta il 23
novembre 1943 negli uffici
dell’UPI presso la caserma
“Mussolini”non ha mai avuto luogo;o almeno, se una riunione vi fu con lo scopo di
concertare l’azione che condusse all’arresto della famiglia Cervi, ad essa furono
estranei e non parteciparono
né il dott.Cocconi e neppure
il capitano fascista Lorenzo
Cagliari”.
3) Racconta Ermanno Gorrieri, storico scrupolosissimo
e dirigente della Resistenza
Modenese, che “Riccardo Cocconi, nel periodo in cui a Reg-
Un'informativa del '51 e il "giallo" della condanna di Facio
Ben altro che "dissensi"
tra il Pci e i sette fratelli
I fratelli Cervi
esaminato in tutta la sua portata e messo in relazione agli
altri eventi.
2)A proposito del dottor Riccardo Cocconi:la sua militanza
nella Resistenza è incontrovertibile, così come la sua adesione
al movimento di Cucchi e Magnani.
In un fascicolo di Storia Ribelle pubblicato nel 2004,Roberto Gremmo ha pubblicato una
monografia su Cucchi e Magnani in cui fra l'altro viene messo a
fuoco il ruolo di Riccardo Cocconi all'interno del movimento.E
proprio in quelle pagine Gremmo pubblica un appunto riservato inviato nel 1951 scritto
dal Questore di Reggio per il Ministero degli Interni.Nell'informativa,rintracciato all'Archivio
I SOLIDARIETÀ AI NO TAV
DA RIFONDAZIONE
E VERDI DI REGGIO
E
L’INFORMAZIONE
sprimiamo la nostra totale contrarietà alla
barbara violenza perpetrata dal governo contro i cittadini e i comitati che in Val di Susa difendono il territorio contro la costruzione della Tav.
Quanto successo nelle prime ore dell’alba di
martedì è di una gravità inaudita: non si vuole
convincere ma zittire con i manganelli la sacrosanta protesta degli abitanti di una valle, negando loro la capacità e la legittimità di decidere del
proprio futuro e della pianificazione del proprio
territorio.
Si vuole imporre con la forza un’opera devastante
per l’impatto ambientale e pericolosa per la salute dei cittadini, al di fuori anche di ogni normativa
comunitaria che impone la Valutazione d’impatto
centrale dello Stato, il Questore
tratteggia una breve profilo di
Riccardo Cocconi,aggiungendo
che durante la guerra avrebbe
fatto "il doppio gioco".
Siamo nel 1951, quindi in
tempi non sospetti e soprattutto
molto vicini al periodo della Resistenza.Può darsi che anche il
Questore fosse caduto nel famoso equivoco tra Riccardo e Filippo, ma certamente Montanari
converrà sul fatto che quel documento vada preso in seria considerazione e studiato a fondo,
magari approfondendo le ricerche nei fascicoli della direzione
Affari riservati e anche in quelli
desecretati dalla Prefettura di
Reggio.È bene ricordare che in
diverse circostanze gli infiltrati
partigiani nella Rsi hanno svol-
ambientale, utilizzando le procedure semplificate
e sbrigative della legge obiettivo.
Alle popolazioni della Valle di Susa e alla loro lotta va tutta la nostra solidarietà, riteniamo che non
sia in gioco solo il futuro di quella valle, ma quello
del sistema trasportistico italiano, perché in questa opera si vogliono investire quasi 40.000 miliardi delle vecchie lire, per creare un doppione
dell’attuale linea Torino-Lione che è ben lontana
dall’essere saturata, e in barba alle reali esigenze
di trasporto di uomini e merci.
Se il progetto Tav si realizzasse, nei prossimi quindici anni sarebbe sempre più il trasporto su gomma a goderne per l’inefficienza in cui verrebbe lasciato il trasporto ferroviario, privato di ulteriori risorse. Siamo di fronte ad un furto di Beni comuni,
del suolo, delle falde acquifere, dell'aria, della capacità di mobilità di massa.
gio avrebbe avuto luogo la
pretesa riunione, si trovava
fin dai primi di novembre in
provincia di Modena, ai confini con il bolognese.Cocconi
rientrò a Campegine dove apprese che i fratelli Cervi erano
già stati arrestati.
4) Il fatto specifico attribuito al dottor Riccardo Cocconi è del tutto inventato.
Si rifletta pure e si troverà
che gli autori del libello erano
caduti in un equivoco.
"Viveva infatti in quell’epoca a Reggio Emilia certo Cocconi Filippo che si arruolò nella Guardia Nazionale Repubblicana.Nell’esplicazione delle sue funzioni si macchiò di
crimini, rapine.Si vantava di
essere congiunto del Comandante Partigiano Riccardo
Cocconi”.L’equivoco probabile fu certamente quello di
vedere la sua presenza nella
riunione del 23 novembre
1943 presso il capitano Pilati.
Si scambiò, molto probabilmente, il Filippo Cocconi con
il dott.Riccardo Cocconi che
era un valoroso dirigente della Resistenza e del P.C.I.che
fu espulso insieme a Magnani Valdo dal partito per il dissenso verso l’U.R.S.S.e per la difesa della indipendenza nazionale.
Le calunnie contro il dott.
Riccardo Cocconi sono completamente false. I dissensi
fra alcuni dirigenti (non tutti) del P.C.I. clandestino e i
fratelli Cervi non hanno nulla a che fare con il loro arresto.E’una pura invenzione.Ne
parlerò in una prossima pubblicazione con nuove testimonianze inedite.
to un lavoro prezioso e talvolta
eroico.Però è accaduto anche il
contrario.
3)Ma ciò che a mio parere
rende evidenti i rapporti critici
tra la "banda Cervi" e il Pci clandestino è la tragica vicenda di
Dante Castellucci, il comandante Facio, braccio destro di
Aldo Cervi e catturato a Campi
Rossi insieme ai sette fratelli.
Castellucci,giovane emigrato calabrese in Francia e studente alla Sorbona,riuscì a farsi passare
per francese e quindi,come straniero belligerante, fu mandato
con gli altri prigionieri di guerra
in carcere a Parma,da cui riuscì
a fuggire.Venti giorni dopo la
fucilazione dei Cervi, il "comando militare" del Pci ordinò a Otello Sarzi di uccidere Facio.Il partigiano,poi maestro burattinaio
di fama mondiale, era amico di
Facio (fu lui a portarlo a casa
Cervi) e naturalmente non eseguì la "sentenza".Fu invece eseguita esattamente sei mesi più
tardi, quando il 21 luglio 1944
Facio (nel frattempo diventato
comandante partigiano in Lunigiana ed eroe della battaglia
del lago Santo) fu fucilato a Zeri dai suoi stessi compagni dopo un processo-farsa.Della tragica vicenda di Facio scriverò in
un prossimo articolo.Ma già
questi cenni bastano per poter
affermare che la questione dei
rapporti tra i Cervi e il Pci reggiano non è affatto chiusa, e che si
impone una nuova fase di ricerche e riflessioni senza pregiudizi.
(continua)
Le affermazioni secondo cui "se il Piemonte perde la Tav siamo perduti" e che "la Tav non si discute perché è la condizione per lo sviluppo del
paese" sono prive di fondamento, sono luoghi
comuni basati su concezioni dello sviluppo fantascientifiche, considerato anche il fatto che tale
opera sarà in funzione tra 20 anni.
Condividiamo le affermazioni di Marco Revelli:
“Lo sanno tutti che tra 20 anni questo modello di
sviluppo basato sulla mobilità totale delle merci
avrà toccato il limite...e che se ci sarà un modello
di economia più civile sarà un modello che ragiona sul risparmio di mobilità quantomeno delle
merci, su reti di consumo locali che ricorrono alle
reti lunghe in modo selettivo. Siamo alla fine del
ciclo industriale e credono di essere all’inizio”.
(Associazione Comunale dei Verdi di Reggio
Emilia, Partito della Rifondazione Comunista)
.LETTERE e INTERVENTI.
L’INFORMAZIONE
LE LETTERE
I PENA DI MORTE:
INCREMENTARE I
RAPPORTI CON FORT
WORTH PER FAR
CONOSCERE
I NOSTRI VALORI
di Sereno Prodi*
La tradizione che vede Reggio Emilia impegnata,a fianco di tante altre
città del mondo,per l’abrogazione
della pena di morte nei tanti,troppi,
paesi dove ancora questa pratica
viene utilizzata come strumento di
“giustizia”,richiede una riflessione
su quali azioni promuovere e quali
strade percorrere per espandere
l’adesione a questo fondamentale
principio del rispetto dei Diritti dell’uomo.
Al di sopra delle giuste azioni di denuncia,di protesta e di testimonianza,dobbiamo chiederci quanto,con
il nostro agire,riusciamo ad incidere
sulle coscienze,sulle opinioni pubbliche e sui governi di quei paesi
che utilizzano ancora la pena capitale; chiediamoci se ogni volta che
agiamo spostiamo,anche di poco,
l’ago della bilancia verso la nostra
posizione o se viceversa provochiamo indifferenza o peggio ancora avversione.
In Europa il radicamento dell’abolizione della pena di morte è frutto di
un percorso profondamente incluso
nella cultura dei popoli,in un pensiero che nei secoli si è imposto al
punto che la repulsione per questa
pena è in ognuno di noi un fatto naturale.
Le ragioni che ci fanno essere contrari alla pena capitale sono molteplici,dalla inefficacia come strumento di prevenzione dei crimini,alla sacralità della vita,dal rischio eccessivo di commettere errori giudiziari,alla profonda ingiustizia sociale di una pena irreversibile,ed ognuna di esse è di per sé motivo sufficiente per rifiutare tale strumento;
evidentemente non è così in tutto il
mondo,non lo è in tanti paesi dove
il valore della vita umana è poco
considerata causa l’arretratezza
economica,sociale,politica ma anche in paesi sviluppati il cui percor-
so di crescita non ha portato ad una
sufficiente maturazione del concetto del valore della vita umana.
Viene dunque spontaneo chiederci
come agire nei confronti della città
gemellata di Fort Worth: serve insistere con il gemellaggio o è giunto il
momento di sbattere la porta,di
prendere atto della impossibilità di
incidere e di aprire rapporti di amicizia con un’altra città Americana
abolizionista?.
Capisco la serietà di entrambe le
opzioni ma,avendo avuto la fortuna
di conoscere la città Texana non
tanto in forma ufficiale,ma come
ospite di famiglie,ho maturato l’opinione che possiamo fare tanto per
aiutare ad emergere posizioni abolizioniste che ora sono minoritarie.
Insistere negli scambi,far conoscere in quella città la cultura europea
intimamente legata ad una giustizia
rispettosa della persona umana,è
la strada che dobbiamo preferire,
senza mai abbassare il tono rispetto
alla condanna delle esecuzioni.
Dobbiamo e possiamo agire per
spostare ogni giorno coscienze,si
tratta di esercitare un’opera continua che coinvolga soprattutto i giovani,più permeabili e disponibili ad
ascoltare ed a mettersi in discussione.
Incrementiamo e non affievoliamo
dunque i rapporti di amicizia,con la
consapevolezza che sul tema del rispetto dei Diritti Umani potremo anche litigare con i nostri “gemelli”,in
fondo è proprio con gli amici che si
può litigare per affermare il pensiero
di chi sa di essere dalla parte della
ragione.
Se si dovesse giungere all’interruzione del gemellaggio a causa delle divergenze su questo punto,ci potremmo consolare certi di stare dalla parte giusta ma dovremmo registrare una sconfitta nell’azione per
espandere i valori che stanno alla
base dell’avversione alla pena capitale; lasceremmo soli tanti cittadini
Texani disposti ad ascoltarci e rinunceremmo a svolgere un ruolo positivo proprio là dove accorre agire.
(*Consigliere provinciale Ds)
di Pierluigi Ghiggini
a prova che nel 1944 i rapporti tra i vertici del Pci reggiano e i fratelli Cervi erano pessimi, non solo "dissensi" ma
una contrapposizione irriducibile,esiste.La prova è la condanna a morte emessa dal "comando militare del Partito comunista" nei confronti di Dante Castellucci, il comandante Facio,
che era il braccio destro di Aldo
Cervi e aveva un ruolo di primo
piano nella formazione partigiana dei Campi Rossi.
Dante Castellucci, calabrese
di Sant'Agata d'Esaro, era emigrato in Francia da bambino
con la famiglia.Studiava alla
Sorbona quando ricevette dall'italia la cartolina precetto per
andare in guerra sul fronte delle Alpi Marittime a combattere
proprio contro la Francia, il
paese che lo aveva ospitato e dove era diventato uomo.
Finito in convalescenza a
Sant'Agata d'Esaro, lì incontrò
Otello Sarzi Madidini, confinato politico.Sarzi era già in contatto con i Cervi e fu lui dopo un
rientro fortunoso al Nord a portare nella "banda" anche Dante
Castellucci.
Questi, nella notte fatidica, fu
catturato insieme ai Cervi, ma
grazie anche all'aiuto di Aldo
riuscì a farsi passare per francese:fu diviso dai sette fratelli e
rinchiuso nel carcere di Parma
dove erano concentrati i prigionieri di guerra stranieri.Da lì
riuscì a fuggire e a rientrare a
Reggio con la speranza, vana,
di poter organizzare un colpo
di mano per liberare i suoi compagni.
Dai verbali degli interrogatori dei Cervi pubblicati lo scorso anno da Luca Tadolini del
Centro Studi Italia emerge con
chiarezza che il rapporto tra Castellucci e Aldo Cervi non era un
rapporto qualsiasi.
Di fronte agli aguzzini Castellucci "il francese" si assunse la
responsabilità delle operazioni
militari della formazione, e la
sua versione fu confermata
per filo e per segno da Aldo Cervi, come attestano i verbali.
Delle due l'una:o quella versio-
L
VENERDÌ 9 DICEMBRE 2005
I Sette Fratelli e Dante Castellucci: c'è molto da approfondire
Il braccio destro di Aldo Cervi
fu condannato a morte dal Pci
ne era frutto di un accordo di
ferro tra i due (in quanto "francese", Castellucci era considerato non "bandito" ma prigioniero di guerra, e assumendosi la
responsabilità delle azioni militari avrebbe salvaguardato la
famiglia Cervi:mossa ben congegnata ma che purtroppo fallì), oppure "Facio" era effettivamente il comandante militare
dei Campi Rossi.In ogni caso
emerge il quadro di un rapporto più che tra "compagni", ma
fraterno tra lui e Aldo Cervi.
Eppure, o forse proprio per
questo, appena tre settimane
dopo l'esecuzione dei sette fratelli qualcuno del Pci ordinò di
uccidere Dante Castellucci.Era
il gennaio 1944:i vertici militari del partito decisero di sopprimere il principale esponente sopravvissuto della formazione
distrutta il 28 dicembre al poligono di tiro con la fucilazione
dei fratelli Cervi, completando
così il nefando "lavoro" delle autorità fasciste.
Otello Sarzi dichiarò nel
1992 a chi scrive che Ottavo
Morgotti, gappista e dirigente
comunista, si presentò da lui e
gli trasmise l'ordine di sparare
a Dante Castellucci.La sentenza
naturalmente non fu eseguita:
«Con Facio giocavamo a rimpiattino - raccontò Sarzi Quando entravamo in una casa che lo aveva ospitato, c'era
sempre ad aspettarci un suo
bigliettino:"Domani mi nasconderò dal Tale"».Tra i due amici il
"gioco" andò avanti sino a
quando Castellucci non trovò
rifugio tra i compagni di Parma al riparo dalla condanna
a morte del Pci reggiano.
Ma quella condanna fu eseguita esattamente sei mesi più
tardi sui monti di Zeri, dove
Facio - che nel frattempo aveva
passato l'Appennino per andare a combattere contro i tede-
schi in Lunigiana - comandava
il battaglione Matteotti-Picelli e
si era guadagnato la fama di
eroe della battaglia del lago
Santo.Può sembrare incredibile, ma ancora oggi nei casolari
di Zeri i vecchi, e non solo loro,
parlano di Facio come di un
eroe mitico.C'è chi scrive ballate su Castellucci e la fidanzata
Laura Seghettini (che gli fu accanto nelle ultime ore) e le incide su cd.
Facio fu fucilato dai suoi stessi compagni della Brigata Liguria all'alba del 21 luglio 1944
dopo un processo-farsa montato in fretta e furia sulla base di
una accusa quasi certamente
infondata e soprattutto ridicola
rispetto alla pena:essersi impossessato di un lancio alleato destinato ad un'altra formazione.
Due o tre giorni dopo la sua
morte, i tedeschi seppero approfittare dello smarrimento
provocato fra i partigiani dalla fucilazione di un loro comandante ammirato dai combattenti e amato dalla popolazione:sfondarono le linee presidiate dai partigiani comunisti e dilagarono inVal diVara,disperdendo sino all'autunno la
colonna di Giustizia e Libertà
che controllava interi paesi.
Il principale accusatore di Facio, l'uomo che ne volle implacabilmente la fucilazione, fu
Antonio Cabrelli:era salito in
montagna in circostanze poco
chiare,e subito dopo la morte di
Facio diventò commissario politico della Brigata Liguria sino a quando il Cln non decise
di fare un bel repulisti.Ma Cabrelli, emigrante pontremolese
iscritto al Pci a Parigi e funzionario della Cgt, era rientrato
in Italia nel 1939 perché ricercato a Tunisi come sospetta spia
dell'Ovra:si era accordato con
l'ambasciata di Parigi e al suo
arrivo a Carrara aveva scritto e
19
firmato un atto di sottomissione a Mussolini e al regime fascista.Il documento,quattro facciate complete scritte a mano,
è nel fascicolo Cabrelli del Casellario Politico conservato all'Archivio centrale dello Stato, ed è
una vera e propria delazione
sulla struttura e sui vertici del
Pci in esilio.Non la faccio più
lunga, perché questa storia ha
molti risvolti degni di un thriller:aggiungo solo che il primo a
parlare del doppiogiochismo di
Antonio Cabrelli fu Giorgio
Amendola in "Lettere a Milano".
Resta un particolare decisivo:
il documento scritto che attesta
la condanna a morte.Si tratta
della trascrizione effettuata negli anni '50 da Giulio Mongatti
del memoriale scritto di persona dal comandante Facio nelle
ore che precedettero l'esecuzione.Vi si legge testualmente:«Il 21
gennaio (1944, ndr.) sono stato condannato a morte dal comando militare del Pci di Reggio».Il documento e altre lettere del fucilato sono disponibili
presso diversi istituti storici della Resistenza.Negli anni '70
Facio fu decorato alla memoria
con medaglia d'argento al valor
militare, ma con una motivazione bugiarda: «Caduto in
combattimento contro preponderanti forze nemiche».Le vere
ragioni erano e restano politicamente troppo imbarazzanti.
Non vi possono essere dubbi
sul fatto che il principale collaboratore di Aldo Cervi fu condannato a morte dal Pci clandestino di Reggio Emilia, peraltro con l'opposizione del Pci di
Parma.E che la sentenza non
eseguita da Sarzi fu invece portata a compimento in montagna dagli stessi compagni di Facio istigati da un doppiogiochista.Se tutto ciò fosse preordinato, o sia avvenuto per un caso
del destino, forse non lo sapremo mai.
Ciò che conta è che sulla vicenda dei fratelli Cervi resta ancora molto da approfondire,per
quanto lo permetta un vuoto di
ricerca durato decenni.
(Fine. Il primo articolo è stato
pubblicato l'8 Dicembre)
.PRIMO PIANO.
38 LUNEDÌ 9 GENNAIO 2006
L’INFORMAZIONE
Pubblichiamo un
contributo di Cesare
Cattani sulle troppe
domande rimaste
ancora senza
risposta sulla morte
del partigiano
voluta dai suoi
stessi compagni
Nella foto grande
i sette
fratelli Cervi
A destra
Dante Castellucci
partigiano
che aveva il nome
di battaglia "Facio"
L'autore
RESISTENZA Molti vuoti nella ricostruzione dei difficili rapporti tra i Cervi e il partito reggiano
Perché il Pci condannò Facio?
I misteri della tragica vicenda di Dante Castellucci
di Cesare Cattani
eggo con ritardo gli articoli
di Otello Montanari e Pierluigi Ghiggini inerenti i Cervi,Riccardo Cocconi e Dante Castellucci .
Concordo in parte con Pierluigi Ghiggini quando afferma
chiudendo il suo secondo articolo,che ...”sulla vicenda dei fratelli Cervi resta ancora molto da
approfondire per quanto lo permetta un vuoto di ricerca durato decenni”.
Aggiungerei pure:un vuoto
incredibilmente portato avanti
soprattutto da
chi vi era preposto. Sostanzialmente non sappiamo molto di
cosa era l’ambiente,chi erano
le persone che
insieme ai Cervi
diedero vita al primo gruppo
combattente della Resistenza
nel nord Italia.Veroni parla,in
una lettera del 1946 alla commissione per il riconoscimento
dei gradi partigiani ,di un primo
nucleo,a Cervarezza,diretto da
Gino (Aldo) Cervi,di 23 persone.
Oltre ai Cervi,a Castellucci,
Lucia e Aldo Sarzi e i prigionieri russi chi erano gli altri? Rino
Montanari? Delio Galassi? “Pasquale “? (Olimpio Mercati?).
Chi accompagnò i Cervi nella
loro prima salita a Cervarezza?
C’erano solo loro? Nessuno dei
Lambruschi di Cogruzzo andò
con loro per quel primo viaggio?,ci andò Renzo Querenti,
di Gattatico,che
poi dai Servi finì
direttamente in
Germania e non
fece più ritorno?
reduce di Russia,
Ci andò Marconi,di Olmo di
Gattatico che
portò dai Cervi il camion Lancia
che bruciò la notte dell’incendio? Mah!?
Il diverbio avuto da Aldo Cervi con l’avvocato Poppi,a Cervarezza,- ma direi,stando alle testimonianze – soprattutto tra
Castellucci e Poppi,fu un normale diverbio dialettico o non,
piuttosto,uno scontro che rasentò limiti estremi? E pure il
successivo incontro tra i Cervi
e Eros e “Bortesi”o “Tito”(Gismondo Veroni,all’epoca uno
dei tre responsabili del“triangolo sportivo”,i tre incaricati del
PCI reggiano del lavoro militare
clandestino), questa volta a
Campegine,più avanti – il mese
successivo – al quale assistette
Otello Sarzi.“...Altro che dialettica;a momenti ci mettiamo le
L
L'8 dicembre scorso abbiamo pubblicato un articolo di Otello Montanari in difesa del partigiano Riccardo Cocconi, portato in causa in precedente scritto da Angelo Simonazzi a proposito della condanna e della fucilazione dei sette fratelli Cervi. Sempre l'8 dicembre e il giorno successivo abbiamo pubblicato due articoli del direttore Pierluigi Ghiggini sui rapporti difficili tra Facio e l'organizzazione militare del Pci nel 1943,
sui vuoti di ricerca in proposito e sulla vicenda di Dante Castellucci "Facio" che era partigiano con i Cervi e che fu condannato a morte dal Pci. Facio, passato poi a combattere in
Lunigiana, fu fucilato dai suoi stessi compagni nel luglio 1944.
A commento di questi articoli, abbiamo ricevuto un documentato saggio di Cesare Cattani, di cui oggi vi proponiamo
la prima parte.
Non si sa
chi era con
i Cervi a
Cervarezza
torrente Parma...Aldo fece una
relazione delle azioni fin allora
compiute...Nel contempo mise
in evidenza le difficoltà che incontravano,la maggiore delle
quali era rappresentata dalla
incomprensione dei dirigenti
della federazione del Partito.
Questi anziché aiutarli e
stimolarli affinché aumentassero la loro attività ne criticavano aspramente l’operato che definivano temerario e suscettibile di provocare
inutili e feroci rappresaglie contro la popolazione. Proprio per queste cose i
Cervi avevano voluto l’incontro
ed ancora per lo stesso motivo,
a nome dei compagni di S.Ilario-Campegine,chiedevano di
potere essere,da quel momento,inquadrati nella federazione
di Parma e con questa soltanto
mantenere i rapporti per la prosecuzione della guerriglia»
(pag.200).
Mi sembra che queste parole di Porcari siano chiarissime.Non servono commenti.
Per la situazione personale del gruppo (o
banda) dei Cervi.Altro è
inquadrare storicamente il momento nelle difficoltà
dell’inizio della lotta armata
contro il fascismo, capire che
vi erano atteggiamenti “attendisti”o che l’allora PCI era un
partito comunque organizzato
secondo una rigorosa disciplina
che non ammetteva deroghe.
Resta che qualcuno o alcuni
to da Sua Eminenza il capo del
Governo Cav.Benito Mussolini,
Facio è già con la compagnia
di suo padre Francesco Sarzi.
Dante Castellucci non ha mai
studiato alla Sorbona.Esulava
dalle sue possibilità economiche e pratiche.Era emigrato in
Francia al seguito del padre nel 1923.Aveva abitato nel dipartimento
Nord-Pas de Calais.A Somain, Fenain e Landrecie ,in un distretto minerario dove alta era la
componente di immigrati,soprattutto polacchi. Qui aveva fatto le scuole
complementari – una sorta di
nostre scuole professionali -.
Contemporaneamente aiutava
il padre nella attività di gelataio
ambulante,d’estate e di venditore ambulante di carbone e
cartoni d’inverno.Sembra che
abbia pure lavorato come minatore.
Da privatista,a Fenain,
aveva studiato pittura e
musica.Suonava il violino.Aveva pubblicato a
Amiens delle poesia in
una raccolta collettiva
dal titolo“La lyre fleurie”,
sotto l’egida del“Flambeau intellectuel”.Tra l’altro
compose la musica dell’inno
del Battaglione Picelli,i cui versi furono invece scritti da Fermo Ognibene.
Rientrato in Italia nel 1939,
perché il padre aveva,in sostanza avuto dei guai in Francia, non era esattamente onestissimo nel commercio di carbone ;
La vita
difficile di
Facio in
Francia
Tre anni in
guerra
prima della
Resistenza
Cesare Cattani, è stato funzionario dell'Arci, nel settore culturale, poi organizzatore-manager degli Area (con Demetrio
Stratos), dei Giancattivi e di
Otello Sarzi. Quindi ha cominciato a lavorare come operaio
ed artigiano meccanico montatore, attività che svolge tuttora.
Ha promosso la fondazione
Sarzi. Successivamente ha
contribuito a ideare ed organizzare il festival Teatrinstrada di
Bagnolo. Un anno fa ha curato la parte storica della mostra
riguardante I Cervi e i Sarzi.
Ha stretto rapporti di amicizia
con protagonisti della Resistenza o con i loro congiunti.
Tra questi Gianfranco Corradino, che incontra regolarmente, e Laura Seghettini, la maestra di Pontremoli che la fidanzata del comandante Facio e
gli fu accanto negli ultimi momenti della sua vita. Ha anche avuto l'amicizia di Francine Castellucci, sorella di Dante Castellucci "Facio" e, tutt'ora, di Pierino Cozzitorto, il
suo più grande amico di gioventù, oggi farmacista 85enne
in pensione a Nocera Inferiore.
Ha conosciuto anche Pietro
Zuccarelli e Pietro Gnetti, gli
unici due viventi che hanno
combattuto la battaglia del Lago Santo. Uno vive a Ponzano
di Magra e l'altro a Bedonia.
Entrambi lo hanno accolto con
stima e gratitudine per esserli
andati a cercare per parlare
di Facio.
"All'epoca vi erano atteggiamenti attendisti e il
Pci era allora un partito organizzato secondo una
rigorosa disciplina che non ammetteva deroghe"
Diverbio o
scontro
con il Pci
reggiano?
Otello Sarzi
Un canto patriottico scritto da Fermo Ognibene e Dante Castellucci (Archivio Cattani)
mani addosso!”.
Che poi sia stato costituito un
vero e proprio “cordone sanitario intorno ai Cervi”,prima del
loro arresto,non è una novità.
Lo ha scritto chiaramente Gismondo Veroni: «Il partito a
Campegine non ebbe a cadere
solo perché avevo provveduto
a stendere un cordone sanitario
attorno a quei compagni».Cito
a memoria,ma si tratta della memoria resa da Veroni sul“Lavoro
sportivo”nel reggiano dal settembre al dicembre 1943 e pubblicata da Ricerche Storiche.
Pure Luigi Porcari,responsabile del “lavoro sportivo”a Parma nel 1943 – poi segretario
delle federazioni del PCI di Siena e Parma - nel suo libro Così
si resisteva scrive:«...Nella seconda metà dell’ottobre del
1943 Aldo Cervi e i suoi fratelli
fecero presente alla Lucia Sarzi
– sorella di Otello, nota mia –
la inderogabile necessità ...di incontrarsi col responsabile del
lavoro militare per il nord Emilia (Amerigo Clocchiati.Nota
mia).L’incontro ebbe luogo alcuni giorni dopo sul greto del
del gruppo dirigente del partito
comunista reggiano condannano a morte uno dei più attivi
componenti del gruppo dei
Cervi, Dante Castellucci “Facio”.(Pare che il nome di battaglia provenga da un brigante calabrese dell’
800).
Non so se,come scrive Ghiggini,Facio fosse
il braccio destro di Aldo
Cervi.Mi pare improbabile,Vi erano 20 anni di
differenza.Aldo era riflessivo,Facio impetuoso...Una
cosa sono i verbali degli interrogatori della GNR,pubblicati da
Tadolini, una cosa le testimonianze .A questo proposito,sono necessarie alcune precisazioni su quanto scrfitto da Ghiggini.
Quando Otello Sarzi torna dal
confino,dal quale è stato grazia-
parole della figlia Francine,sorella di Facio - nel 1940 viene
chiamato alle armi in artiglieria
a AquiTerme.Nel 2° rgmt.Art.di
Corpo d’Armata.
Qui scrive una “lunga novella”dal titolo“I deboli”che
andrà distrutta nell’ incendio di casa Cervi. E
durante una licenza che
conosce Otello Sarzi,allora al confino a S.Agata
d’Esaro.Nel 1940 partecipa alla campagna contro la Francia sulle Alpi
occidentali.Sembra che si sia rifiutato di sparare – come capo
pezzo – su chi“ gli aveva dato da
mangiare sino a poco prima”.
Nel luglio del ’42 è con il CSIR
in Russia.Ferito nel combattimento di Debalzewo - lo scoppio di un proiettile di Katiuscia
gli rompe un timpano - è ricoverato in un ospedale da campo
L'ordine
trasmesso
da Ottavo
Morgotti
e successivamente – dicembre
1942 – a Udine.Dalla convalescenza non rientrerà più al corpo.Si reca presso la compagnia
di Francesco Sarzi, Padre di
Otello che, contemporaneamente, era stato trasferito al
confino di Villaggio Marconia
(Pisticci).
Per quale ragione Facio fu
condannato a morte dal Pci reggiano? Chi dette l’incarico a Attilio Morgotti,nome di battaglia
“Baffetti” (Ottavo Morgotti,
ndr.) di trasmettere l’ordine di
liquidarlo a Otello Sarzi e Viktor
Pirogov“Modena”? Perché proprio a Otello, il suo migliore
amico? Forse a causa dei compartimenti stagni in cui necessariamente la piramide decisionale doveva essere organizzata?
(continua)
.PRIMO PIANO.
28 SABATO 14 GENNAIO 2006
UN EROE
PARTIGIANO
UCCISO
DAI SUOI
COMPAGNI
La tomba di Dante Castelluci
"Facio" a Pontremoli.A
destra: il ritratto del
comandante partigiano
L’INFORMAZIONE
Perchè il Pci reggiano
condannò a morte
Dante Castellucci,
partigiano con i Cervi?
Chi fu a dare l'ordine?
Perchè si continua a
tacere sulla figura del
"traditore" Cabrelli che
impose la fucilazione di
Facio? Cesare Cattani
indaga su una pagina
oscura della Resistenza
Una sfida
all'omertà
La terribile sentenza del vertice militare comunista fu eseguita ai monti, complice un doppiogiochista
Facio,la verità negata da 62 anni
Un muro di gomma dal '44. La denuncia di Laura Seghettini
di Cesare Cattani
mettono al Facio di essere un otante Castellucci "Facio",arre- timo comandante militare.Egli
stato coi Cervi,evade dalla infatti pondera la situazione e
cittadella di Parma la notte del 24 ne osserva minutamente i partidicembre del ’43.Rientra a Cam- colari in modo celere e ne trae
pegine,prima ai Campi Rossi poi conseguenze che gli permettoni
alTagliavino daWalter e Massimi- di preparare piani ottimi.Gode la
no Cervi.Qui viene curato e rive- stima di tutti gli uomini ed è ottistito.Passa a Cogruzzo da Otello mo e buon compagno con tutti
Lambruschi (Bruschìn),e da qui gli elementi del distaccamento....
a Rio Saliceto in casa “... di un Completo il resoconto con l’allecompagno coi baffoni”dove si gato foglio di note e particolari
riunisce a Otello e “Modena”. sulla vita del Facio da egli stesso
(Registrazione mia con Otello narrati.(allegato mai trovato,
nota mia).
Sarzi del giugno 1998).
Egli ha taciuto,o meglio,non
Qui arriva Morgotti.Chi decideva del lavoro sportivo nei pri- ha voluto parlare più a lungo e
missimi giorni del 1944? Chi po- non si è voluto soffermare sul
punto in cui fu trattato
teva emettere una concome spia da quelli di
danna a morte nei suoi
LA MENZOGNA
Reggio in quanto asseconfronti e in base a
risce di aver già
quali valutazioni?
mandato a Parma
Nei primi giorni del
un suo ben dettaglia1944 Gismondo Veroni
to rapporto». (7 MAGè il responsabile del laGIO 1944.Relazione
voro militare clandestidell’Ispettore Musiari
no del PCI di Reggio.Vivaldo Salsi assume la responsa- sul distaccamento Picelli.Sta in
bilità per la zona della Bassa. “Documenti delle Brigate GariL’avvocato Poppi è già stato tra- baldi”a cura dell’Ist.Gramsci e
sferito nel modenese.PureAlcide Fondaz. Feltrinelli, pag. 382 e
Leonardi nei primi di gennaio del 383).
Tra poco,a Parma,sarà disponi1944 è trasferito a Parma.Una di
queste tre persone è quella che bile al pubblico l’archivio del
ha dato l’ordine di uccidere Dan- PCI.Speriamo che si trovi pure
te Castellucci.Altri non poteva- questa “dettagliata relazione di
Facio al PCI,che sin’ora non è
no.
Sempre Luigi Porcari scrisse: mai stata trovata.
Facio tornò di nuovo a Campe«Qualche giorno dopo la fine
dei sette eroici fratelli pervenne gine nei primissimi giorni del
al “trangolo sportivo”e quindi a giugno del ’44:era già comandanme che in quel momento mi tro- te del battaglione Picelli della XII
vavo in città una comunicazio- brigata Garibaldi Parma “Fermo
ne dei compagni di Reggio Emi- Ognibene”(un altro dimenticato
lia secondo la quale il «capitano da Reggio,cresciuto a Rubiera;
Facio», un ufficiale calabrese primo comandante del Picelli,
che sin dall’8 settembre faceva medaglia d'oro al Valor Militare);
parte del gruppo Cervi,ai quali non,come scrive Ghiggini del
credo fosse stato presentato dal- battaglione Matteotti- Picelli.
La“Brigata”Matteotti-Picelli nala stessa Lucia (Sarzi, nota mia),
era un agente provocatore al scerà dopo,proprio in seguito alsoldo dei tedeschi,che probabil- la frattura causata dall’assassinio
mente era responsabile della cat- di Facio.Lo scrive Giulivo Ricci
tura di Aldo e dei suoi fratelli e nella sua storia della Brigata Matche quindi doveva essere fucila- teotti-Picelli.
Ricci scrive che Facio tornò
to immediatamente e senza nessuna formalità ovunque lo si fos- per approvvigionarsi di riso grase trovato. Nessuno accenno no e generi alimentari dai Cervi.
conteneva la comunicazione Dai Cervi? Dalle vedove Cervi
degli elementi che davano origi- alle quali avevano ammazzato i
ne e giustificazione della grave mariti e compagni e bruciato la
denuncia e dell’ancor più grave casa? Un comandante di battainvito». (Porcari:“Così si resiste- glione abbandona il proprio reva”Guanda.Pagg.201,202,203). parto per fare 150 kilometri tra
tedeschi,brigatisti neri
Chi poteva “qualche
e decima mas per due
giorno dopo la fine deIL VIAGGIO
sacchi di riso?
gli eroici fratelli”,in un
Laura Seghettini,la
momento in cui le regosua compagna,poi vice
le della clandestinità docommissaria della XII
vevano essere ferree coBrigata Garibaldi,poi
noscere il“responsabile
funzionaria della comdel lavoro sportivo”di
missione femminile del
Parma,e sapere quale
PCI di Parma,nel ’46,racconta un
incarico rivestiva?
Un altro comunista,poco tem- altra storia.
Facio venne si a Campegine,
po dopo,scrive di Facio:«Le azioni,solo prefissate alla partenza, ma per fare i conti con chi aveva
sono meticolosamente (a parere tradito e causato l’arresto dei
degli uomini) preparate dal Fa- Cervi:«...uno che faceva il dopcio.Profondo spirito d osserva- pio gioco.Uno che portava gli stizione,acutezza d’ingegno,intel- valoni alla Chantilly» (registraz.
ligenza brillante,coraggio per- Televisiva di Cesare Cattani a
D
«Per quale ragione Facio fu condannato a morte dal Pci reggiano?». Con questo e altri interrogativi si concludeva la prima parte del saggio di Cesare Cattani (che abbiamo pubblicato il 9 gennaio) sui difficili rapporti fra il Pci e i fratelli
Cervi e sulla tragica vicenda di Dante Castellucci. Nella seconda parte che pubblichiamo oggi, Cattani continua l'indagine su "Facio" per concludere che il suo nemico «erano i suoi
compagni». Attraverso Laura Seghettini l'autore solleva la
questione, decisiva eppure volutamente ignorata dalla storiografia ufficiale, del "traditore" Antonio Cabrelli. È uno
sprazzo di luce su una pagina oscura della Resistenza e sulla
figura di un combattente straordinario, decorato alla memoria ma con una motivazione menzognera per coprire il misfatto. A distanza di 57 anni dalla morte, Facio attende ancora che la verità sia svelata e riconosciuta sino in fondo.
«È un agente
al soldo dei
tedeschi:
fucilatelo»
Ritornò a
Campegine
nel giugno del
'44: perché?
Laura Seghettini;Pontremoli,
1.11.2003).Di li a poco Facio
sarà fucilato in base a un complotto di un traditore del quale
esistono le confessioni all’OVRA
che solo chi non vuole vedere
non vede.Salvatore Cabrelli.Il
quale non dice più di quanto i
servizi segreti già non sapessero.L’organigramma del gruppo
dirigente del PCI a Parigi.Dice
qualcosa di più:il comunismo
non ha realizzato nulla e il fascismo ha conseguito tutti i suoi
obiettivi per cui lui – Cabrelli –
si mette a disposizione e fa ammenda.Le confessioni di Salvatore Cabrelli,che firma la condanna a morte di Dante Castellucci“a
nome del PCI”sono rintracciabili da chiunque abbia un minimo di buona volontà.Non solo
all’archivio centrale dello stato.
Anche agli Istituti storici di Parma e Spezia.Anche a casa mia.
Le metto a disposizione».
Occorre dire anche che il PCI
(di Spezia) inviò immediatamente un ispettore per fare luce sul
Solo pochi appunti a margine di
questo notevole saggio di Cesare
Cattani.
- La ricostruzione fatta dall'Autore
delle vicende di Castellucci prima
del suo arrivo ai Campi Rossi è
sostanzialmente corretta,e corrisponde a quanto mi dichiarò Otello Sarzi in una intervista che pubblicai nel 1992 (il quale,peraltro,
affermò che Facio arrivò a Reggio
da S.Agata d'Esaro insieme a lui).
Le discrepanze con il mio articolo
del 9 dicembre sono dovute alla citazione a memoria.La storia di Facio studente alla Sorbona è evidentemente frutto di una vulgata
popolare.
- Mi sembra che il ruolo di primo
piano di Facio nella formazione
Cervi sia provato: i verbali degli interrogatori pubblicati da Tadolini
non dovrebbero lasciare dubbi,e ritengo significativa anche l'ampia
citazione di Musiari sulle qualità
di comandante militare di Facio,
che Cattani riporta in questa pagina.
- Attilio Morgotti è Ottavo Morgotti,
mentre la "Brigata Muccino" va
intesa come la "Brigata Muccini"
della IV Zona Operativa.
- Le affermazioni di Laura Seghettini suAntonio Cabrelli "Salvatore" si
riferiscono ai documenti conservati nel Casellario politico centrale
(Archivio Centrale dello Stato),da
me rintracciati nel 1991,e a un'inchiesta che pubblicai in più puntate su "Lunigiana La Sera".In questa pagina pubblico due riproduzioni dell documento olografo con
cui Cabrelli,funzionario della Cgt e
dirigente del Pci a Parigi,rientrato
dalla Francia nel 1940,dichiarò
la propria fedeltà al fascismo.
Sulla vicenda di Facio, troppo
scomoda e troppo legata a una pagina "strategica" per la storiografia di matrice comunista - il martirio dei Cervi - il silenzio ufficiale resta agghiacciante.Insieme a Laura Seghettini e a Paolino Ranieri,da
anni in molti lottiamo contro
l'omertà.Ora anche l'Anpi e Istoreco non possono più tacere.
Pierluigi Ghiggini
I sette fratelli Cervi
Qui sopra e sotto: lo scritto del 1940 con cui Antonio Cabrelli "Salvatore" si mise al
servizio del fascismo (Archivio Centrale dello Stato)
Una delle figure più splendide della Resistenza,
un musicista e un poeta, un compagno dei Sarzi
e dei Cervi, è sostanzialmente dimenticato. Fu
scoperto dal nemico: però il nemico erano i suoi
compagni.A Reggio neppure una targa lo ricorda
caso.(La fucilazione di Facio ad menticato.
opera di un plotone di esecuzioFacio fu decorato di medaglia
ne del battaglione Garibaldi“Se- d’argento al valore militare.La
gnanini”non fece solo scalpore e motivazione recita (ancora):“Vascandalo;fu una vera e propria loroso organizzatore della lotta
frattura nel movimento partigia- partigiana,incurante di ogni peno,anzi lo è ancora.A Spezia esi- ricolo partecipava da prode a
ste tutt’oggi un muro di gomma numerose cruenti azioni.Scosull’argomento,e a quanto pare perto dal nemico,si difendeva
anche a Reggio).L’ispettore,an- strenuamente.Sopraffatto ed
che su incarico del CLN era Pao- avendo rifiutato di arrendersi,velino Ranieri “Andrea”,poi “stori- niva ucciso sul posto.Esempio
co”sindaco di Sarzana;Commis- fulgido del più puro eroismo.Zosario politico della Brigata Gari- na di Pontremoli, 22 luglio
baldi Muccino,Medagli d’argen- 1944.”
to al Valor militare.La sua relaFu in effetti scoperto dal nemizione fu un atto d’accusa duris- co.Però il nemico erano i suoi
simo contro certi mecompagni,e i miei –dotodi settari e spietati.
po-.E’vero che rifiutò di
L'ESECUZIONE
Otello Sarzi,immearrendersi.Incoraggiato
diatamente dopo la
a fuggire dalle guardie
guerra andò a Pontreche lo avevano in conmoli per liquidare i
segna disse che era già
conti con gli assassini
fuggito dai tedeschi e fadi Facio.Lo fermò Lauscisti due volte.Non l’
ra Seghettini “perché
avrebbe fatto dai partitroppo sangue era stato versato”. giani.Alle 5 del mattino si comanRimane che una delle più dò la propria fucilazione.A Regsplendide figure della Resisten- gio non una targa lo ricorda.Neza,un compagno dei Sarzi e dei anche a Parma e a Pontremoli.
Cervi,un musicista e poeta,un C’è a San' Agata d’Esaro.Sul mocombattente meridionale contro numento ai caduti della prima
il fascismo,condannato a morte guerra mondiale.
dal gruppo dirigente del PCI (Fine. Il primo articolo è stato
reggiano è sostanzialmente di- pubblicato il 9 Gennaio)
Un complotto
che divide
ancora i
partigiani
Scarica

allegato - Santagataviva