regalò ai giovani suoi comprovinciali: era una prova della
stima che aveva di qualcuno, quando poteva fargli conoscere l'austero filosofo, che, a leggerlo e a studiarlo ora, sotto
certi aspetti, appare tanto moderno.
Dante fu per lui quello che, per i credenti, la Bibbia.
Ne sapeva a memoria parecchi canti e lo aveva a portata
di mano, e, qua e là, nei margini, coperto da certe sue originali annotazioni : era l'edizione in 32° del Le Monnier, che
un amico, qualche anno fa, gli chiese ed egli non seppe rifiutargliela. A Roma, in casa del Genala, un anno, lesse, com'egli
sapeva, tutto Dante a un gruppo di colleghi della Camera.
La Regina Margherita, che ne era stata informata, a una
dama di Corte che gliene riferì, ebbe a dire che, in Italia,
tre erano i perfetti lettori : Giuseppe Giacosa, Enrico Panzacchi e Giustino Fortunato. E mai lode giunse più gradita
nell'anima del mirabile dicitore.
Pel Manzoni, la sua incondizionata ammirazione rasentò il
fanatismo. Fino dal 1874, (Napoli, Detken e Rocholl, libraieditori), aveva tradotto dal tedesco il Saggio evitico di Carlo
Marquard Sauer, il quale, nel dare, con piacere, consentimento alla pubblicazione in italiano di quella monografia, da
Praga, gli scriveva: «Dite bene che vi sono tanti legami
che uniscono la Germania all'Italia. Di tutte le nazioni neolatine i soli Italiani hanno un grande avvenire, e per ciò è
nostro dovere camminar d'accordo sulla via del progresso e
della civiltà ». La traduzione del Sauer è ora rarissima e
solo per un puro caso, in una miscellanea, mi riuscì, parecchi anni fa, di acquistarla. Il Fortunato avrebbe voluto
ripubblicarla, in un volume, nel quale voleva raccogliere parecchi altri suoi scritti minori come, ad esempio, l'opuscolo
in morte del nipote Alberto Viggiani ; Due nuovi Vescovi
della chiesa di Rapolla (Trani, V. Vecchi ed., 1903); Sergianni Caracciolo duca di Venosa, un breve scritto su padre
Semeria, ecc. ; m a . . . chi ci penserà più, ora ?
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