LEONARDO BIANCHI di Paolo Angelo Furbesco Neurologo e psichiatra, professore universitario, deputato, ministro, senatore a vita, personaggio carismatico della Napoli di primo novecento, Leonardo Maria Vincenzo Bianchi era nato a San Bartolomeo in Galdo, in provincia di Benevento, nel 1848: un paese che «prima non era che un punto oscuro nella oscura Valfortore, ora, invece, è un punto luminoso nella Storia della Scienza», per usare le parole dell’insigne storico Antonio Iamalio. Il 5 aprile, giorno della sua nascita, rappresenta una data storica per la nostra comunità. Nell’archivio parrocchiale di San Bartolomeo in Galdo, registro dei battezzati del 1848, si legge: «A dì 6 aprile 1848. Il Reverendo D. Saverio Braca Canonico di questa Regia Badiale Chiesa di San Bartolomeo in Galdo sotto il titolo di S. Bartolomeo Apostolo col mio permesso ha battezzato un Infante nato alle ore otto del dì antecedente figlio di D. Vincenzo Bianchi e D. Alessia Longo coniugi, al quale si è dato il nome di Leonardo Maria Vincenzo. La Comare è stata D. Angela Braca delli furono D. Giovanni e D. Luisa Beccari coniugi. In fede ecc. sacrista maggiore Michele Ziccardi. Il segretario Franco Domenico Boffa. Michelangelo Arciprete D’Onofrio». Dalla visione di numerosi testi biografici di vari autori (Colucci, De Camillis, De Lucia, Fragola, Jelardi, Vitelli) ho appreso che Bianchi trascorse l’infanzia nel sereno ambiente familiare sito in via Frentana (ora via Leonardo Bianchi), coccolato dal padre Vincenzo (chimico farmacista) e dalla mamma Alessia Longo (gentildonna), mentre un colto sacerdote di latino gli trasmise le prime cognizioni del sapere, la passione per la letteratura classica e le arti, che alimentarono il suo spirito verso mete lontane. Compì gli studi classici a Benevento. Contrariamente alle aspettative del padre (che lo voleva iscritto alla facoltà di giurisprudenza) si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università Federico II di Napoli ove, ancor prima di laurearsi, divenne – a ventidue anni – assistente presso la Clinica Chirurgica universitaria. Nel 1871 – a soli ventitré anni – conseguì la laurea in medicina e chirurgia. Fu nominato medico dell’allora Real Albergo dei Poveri (palazzo Fuga ubicato nell’attuale piazza Carlo III, ndr), indirizzandosi verso l’anatomia patologica e in particolare verso la neuropsichiatria. Per cinque anni fu assistente nei diversi istituti scientifici, ospedali e laboratori di Napoli fino al 1876 quando conseguì la docenza in elettroterapia, in patologia medica nel 1877 e in clinica medica nel 1878: studi che gli permisero di condurre le sue geniali indagini sulla funzione dei nervi e del cervello e di ottenere successivamente la nomina di Docente universitario a Cagliari (1879), Torino (1882) e Palermo (1888), dove assunse anche la carica di direttore del Manicomio Provinciale. Durante questo periodo (nel 1886) a Napoli pubblicò La emiplegia, saggio di fisiopatologia del cervello con speciale riguardo alle localizzazioni celebrali e nel 1889, presso la Vallardi di Milano, il Trattato di semiotica delle malattie del sistema nervoso (la seconda edizione sarà nel 1891). 1 Tornato a Napoli nel 1890, alla morte di Giuseppe Buonuomo assunse la direzione della cattedra di Clinica delle malattie mentali dell’Università degli Studi Federico II (ove fuse insieme le due cattedre di Neuropatologia e di Psichiatria) e fu nominato anche direttore del Manicomio “San Francesco di Sales” (ubicato lungo la strada dell’Infrascata, oggi via Salvator Rosa, ndr). Tale struttura, ampliata negli anni successivi, dal 1927 con delibera dell’amministrazione provinciale assunse il nome di “Ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi”, con sede in Calata Capodichino, 232. Autore di numerosi e innovativi studi di neurologia legò il suo nome al periodico La Psichiatria, la Neuropatologia e scienze affini (poi Annali di Neurologia) e a un gran numero di pubblicazioni scientifiche, tra cui la monumentale Meccanica del cervello (Torino 1921). Da citare inoltre: lezioni Sulle localizzazioni cerebrali (Napoli 1892); La frenesi sensoria e la paralisi progressiva (Milano 1897); Malattie del cervello, in Trattato italiano di patologia e terapia medica, a cura di Arnaldo Cantani ed Edoardo Maragliano, II, 2 (Milano 1899); il Trattato di psichiatria ad uso dei medici e degli studenti (Napoli 1905), la cui seconda edizione fu ristampata nel 1915; Eugenica (Napoli 1925). Le sue ricerche più importanti e originali ebbero come oggetto la neuropsichiatria sperimentale, in particolare la localizzazione delle funzioni cerebrali. Fu considerato, per le sue teorie riguardanti i lobi frontali, fondatore della neurologia moderna. (Fece numerose osservazioni asportando i lobi frontali dal cervello delle scimmie dimostrando come questi siano necessari alla percezione, alla memoria e al comportamento volontario). In merito a quanto sopra, Vincenzo Bonavita (scienziato di fama internazionale), ordinario da 32 anni alla “Federico II” di Napoli e attualmente direttore della scuola di specializzazione in neurologia presso lo stesso ateneo, a ricordo del suo illustrissimo predecessore, in un’intervista rilasciata in data 20 dicembre 2007 a Cristian Fuschetto, osserva: «Bianchi aveva pubblicato nel 1895 un lavoro su Brain su La funzione dei lobi frontali. Lui, che non conosceva l’inglese, ebbe l’onore della traduzione del lavoro da parte di De Vatteville, che era l’editore di Brain, rivista tra le più importanti nello scenario delle riviste internazionali. Consideri che quei lavori sull’attività dei lobi frontali, lavori condotti attraverso la demolizione e la stimolazione dei lobi frontali delle scimmie, sono rimasti una pietra miliare nella storia della neurologia. E tanto per intendersi su quali fossero gli strumenti allora disponibili, pensi che egli, per misurare l’intensità della stimolazione, applicava lo stimolo sulla sua stessa lingua». Infine, ecco – molto sinteticamente – le tappe principali della sua strepitosa carriera universitaria e politica nelle parole di Alfredo Zazo (Dizionario bio bibliografico del Sannio, Napoli 1973): «Rettore dell’Università di Napoli nel 1902-3 e nel 1911; socio di numerose accademie, dottore honoris causa dell’Università di Manchester, insignito di alte onorificenze, partecipò, sorretto da un’avvincente oratoria, alla vita politica e amministrativa. Fece parte dell’Amministrazione comunale di Napoli; nel 1892 su deputato per il Collegio di San Bartolomeo in Galdo e nel 1897 rappresentò il Collegio di Montesarchio, informando costantemente il suo orientamento politico alle più alte idealità nazionali. Prospettò il problema delle carceri che definì scuole di delinquenza e chiese l’istituzione di sanatori criminali per il ricupero di delinquenti occasionali. Nel 1905 fu Ministro della P.I. nel Ministero Fortis […]. Fu di nuovo ministro (Ministero Boselli) e gli fu devoluto il gravoso compito dell’assistenza 2 sociale e sanitaria (giugno 1916-ottobre 1917). Si recò sull’Altopiano dell’Asiago e volle visitare la Brigata Benevento per conversare con i soldati della sua Terra e incoraggiarli ad essere degni eredi dei Sanniti. A coronazione di tante battaglie politiche il 6 ottobre 1919 fu nominato Senatore del Regno con un Decreto Reale». (Venne chiamato a far parte della Commissione del Dopoguerra, ove riferì sulla profilassi delle malattie nervose e mentali). Mostrò sempre vivo interesse e gratitudine per il suo elettorato e per i suoi luoghi di origine. Da deputato inizialmente si era unito ai gruppi democratici di opposizione, cui appartenevano anche Felice Cavallotti e Matteo Renato Imbriani; nelle successive vicende della vita parlamentare ebbe una posizione più autonoma, pur facendo parte della sinistra democratica. Da vari atti parlamentari risulta anche che insistesse «presso tutti i Ministri dei Lavori Pubblici e il Ministero del Tesoro per ottenere il massimo assegno dello Stato» per la realizzazione di un ramo ferroviario che congiungesse la regione pugliese e molisana alla regione sannitica, attraverso i monti dell’Appennino Sannitico, poiché da Benevento a San Bartolomeo in Galdo si impiegavano circa «8-9 ore di carrozza, non meno di tre giorni tra andata e ritorno pel disbrigo di pubbliche o private faccende» (dagli atti di un suo discorso del 1904). Purtroppo questo suo sogno non poté avverarsi per mancanza di fondi, causa la Grande guerra del ’15-’18 contro l’esercito Austro-ungarico, che mise in ginocchio per molti anni l’economia dello Stato italiano. Nella lunga attività parlamentare spicca tra l’altro la Legge 36/1904 (emanata il 14 febbraio) Sui manicomi e gli alienati, della quale fu relatore e che sanciva l’assoluta preminenza della classe medica nella terapia e ricovero dei malati mentali. È ricordato anche per aver istituito (durante il periodo marzo-dicembre 1905 come ministro della Pubblica Istruzione) le prime cattedre italiane di psicologia sperimentale nelle facoltà di Lettere e filosofia delle Università di Napoli, Roma e Torino, creando altresì – sempre a Torino, per onorare lo scienziato Cesare Lombroso – una cattedra speciale di Antropologia criminale. A Milano fondò invece la Clinica delle malattie del lavoro. Inoltre, tra le tante cariche ricoperte, figura anche la Presidenza della Provincia di Benevento dal 1910 al 1914. A testimonianza dell’importanza scientifica della sua opera, basterà ricordare che al grande psichiatra sono intitolate strade e strutture sanitarie a Roma, a Napoli e a Benevento, ove a ricordo del suo operato venne eretta una grande statua opera dello scultore Michelangelo Parlato, inaugurata nel centenario della sua nascita (1948) dall’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Anche il Comune di San Bartolomeo in Galdo si è ricordato del suo concittadino provvedendo all’installazione, in piazza Municipio, di una statua bronzea inaugurata il 10 luglio 2004 da Bruno Casamassa, (presidente del Consiglio regionale della Campania) alla presenza del sindaco Donato Agostinelli e di numerose altre autorità civili e religiose. Tra i presenti, Leonardo Bianchi Junior, nipote dell’illustre scienziato, anch’egli neurologo. Opera dell’artista Fulvio Rosapane, la scultura (alta 180 cm., con 60 cm. di larghezza e 50 cm. di profondità) reca impresse sulla base le seguenti parole: «Senatore del Regno Cittadino di S. Bartolomeo in Galdo Leonardo Bianchi Magnifico Rettore Università di Napoli Ministro della Pubblica Istruzione Padre della Neurologia Italiana illustrò l’Italia nel mondo con le sue scoperte sulla funzione dei lobi frontali S. Bartolomeo in Galdo 05.04.1848 Napoli 13.02.1927. Esempio ai giovani Sanniti che dalle nostre radici si può giungere ai più luminosi 3 traguardi». Sono state intitolate al suo nome anche l’attuale Scuola Media Statale e l’ex via Frentana. Visse sempre a Napoli (sua patria di adozione), dove abitò in via Museo, 73 (ora via Enrico Pessina, 73, ndr), circondato dall’affetto della moglie Raffaella Grannone e dei quattro figli Armida, Ida, Olimpia e Vincenzo e dalla stima e dall’amicizia di illustri colleghi (Pietro Castellino, Antonio Cardarelli, Giovanni Boeri e Giuseppe Moscati). Nel 1923, per effetto della nuova legislazione allora entrata in vigore, avendo compiuto i settantacinque anni di età dovette a malincuore abbandonare l’insegnamento universitario. Rimase però attivissimo e, nonostante l’età avanzata, continuò il lavoro di ricerca fino alla fine dei suoi giorni. Morì il pomeriggio del 13 febbraio 1927, durante un convegno all’Università “Federico II” di Napoli, appena dopo aver finito di esporre la sua relazione. In merito, dall’articolo “Enrico Caruso e Leonardo Bianchi assistiti da Moscati spirano confidando in Dio”, apparso sulla rivista Il Gesù Nuovo (2009) dei Padri Gesuiti napoletani, ecco il riferimento di Alfredo Marranzini (uno dei più importanti biografi di san Giuseppe Moscati): «Al termine del suo intervento scrosciarono gli applausi, ma l’anziano scienziato, mentre stava per avviarsi al proprio posto, fu colpito da un attacco di angina pectoris e improvvisamente si accasciò. Soccorso dai professori Moscati e Castellino, fu portato nella vicina biblioteca e adagiato su una poltrona; mentre molti clinici si stringevano a lui lo sguardo del moribondo cercava soprattutto Moscati, che era lì vicino al maestro, con l’animo in tumulto, profondamente teso verso il cupo interrogativo che sovrastava quell’anima. Moscati sapeva che Leonardo Bianchi da decenni non aveva voluto più chinare la fronte davanti al Cristo crocefisso e risorto. Che sarebbe avvenuto in quell’istante decisivo? Ma ora quello sguardo, rivolto proprio verso di lui, aveva un significato che non si poteva fraintendere. Moscati disse immediatamente: “Chiamate un sacerdote”, ed egli, chinatosi sul maestro, trasse dal proprio taschino un piccolo crocefisso, glielo diede a baciare e gli suggerì la giaculatoria: “Gesù mio, misericordia!”, che Bianchi ripeté più volte come poté con fievole soffio di voce per un minuto, finché spirò. Il sacerdote presto sopraggiunto gl’impartì l’assoluzione e amministrò l’unzione degli infermi in formula breve». Ecco la testimonianza di questo episodio ricavata da una lettera scritta da Giuseppe Moscati a suor Paolina, nipote dello scienziato: «Si è avverato di vostro zio ciò che dice la parabola del Vangelo, che i chiamati all’undicesima ora avranno la stessa ricompensa di quelli chiamati alla prima ora del giorno. Sento anche ora l’impressione di quello sguardo che cercava me tra i tanti lì convenuti […]. E Leonardo Bianchi sapeva bene i miei sentimenti religiosi, conoscendomi fin da quando io ero studente. Gli suggerii le parole di pentimento e di fiducia mentre egli mi stringeva la mano non potendo parlare… In formula breve gli fu anche amministrata l’estrema unzione […]. Non volevo andare a quella conferenza, essendomi da tempo allontanato dall’ambiente dell’Università; ma quel giorno una forza sovrumana alla quale non seppi resistere, mi ci spinse». Infine le parole di Antonio Iamalio, scritte il 13 febbraio 1927, giorno della scomparsa dell’insegne scienziato: «È caduto sulla breccia: il suo spirito era assorto nella contemplazione degli eterni veri, quando spiccò il volo pe’ campi eterni, e non 4 tornò più a rivedere questa “bassa aiuola, che ci fa tanto feroci!”. Leonardo Bianchi, di San Bartolomeo in Galdo, oltre ad essere il più grande Psichiatria del suo tempo, fu anche un Oratore geniale e fascinoso, onde poté assolvere con pieno successo in Parlamento le supreme mansioni di Consigliere della Corona! Lo sparire d’in su la breccia è dei Numi, ed egli era un Nume nel campo della Scienza, onde il suo nome si appartiene oramai alla storia del progresso umano! Leonardo Bianchi è passato anche Lui alla storia con le stimmate santificanti della ingratitudine cittadina; ma Egli nella sua grande bontà, obliando ogni offesa, non cessò mai di amare di tenero amor filiale la terra natia: i veri patrioti non dicono mai: “ingrata patria!”: amano il proprio paese più per quel che gli dànno, che per ciò che ne ricevono: ne ricevono più spesso ingratitudine e persecuzione, e gli dànno per lo meno luce e celebrità. San Bartolomeo in Galdo prima non era che un punto oscuro della oscura Valfortore: ora è un punto luminoso nella Storia della Scienza». Sempre in merito alla sua scomparsa, trascrivo integralmente quanto riportato nell’introduzione dell’opuscolo “Omaggio a Leonardo Bianchi e alla sua terra”, elaborato dell’amministrazione comunale a firma del sindaco Donato Agostinelli. Dalla Residenza Municipale, lì 10 luglio 2004: «Il 13 febbraio 1927 fulmineamente si spegneva in Napoli il Prof. Leonardo Bianchi, la cui fama di neurologo aveva da molti anni valicato i confini della Patria: la sua improvvisa scomparsa, mentre egli aveva vivido l’intelletto e dava la sua fervida attività al bene della scienza e della Patria, era gravissimo lutto non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo scientifico. Con lui si era spento un alto illuminato spirito, un nobile cuore si era fermato per sempre. Era nato a San Bartolomeo in Galdo il 5 aprile 1848: laureato giovanissimo in Medicina, dopo una salda preparazione di studi classici, iniziava a 23 anni la sua feconda carriera scientifica e ed universitaria. È stato indubbiamente uno dei più grandi psichiatri e neurologi del suo tempo. Il suo pensiero è raccolto in dodici volumi ed in oltre cento memorie scientifiche, oltre a numerose conferenze e discorsi. Non esiste quasi argomento di psichiatria e di neurologia ai quali egli non abbia dato cospicuo contributo, tenendo alto di fronte agli altri paesi l’onore della scienza italiana. Alla cattedra ed alla clinica psichiatrica di Napoli, ove professò quasi ininterrottamente, dette con il valore del suo quasi quarantennale e delle sue esperienze grande lustro, facendone un vero centro scientifico e creando una scuola fecondissima e di carattere prettamente italiano. Fu nell’insegnamento vero maestro, esempio di fervore, di disinteresse, di entusiasmo che sapeva comunicare ai giovani, efficace assertore di ogni ideale più nobile ed elevato. Rendere onore a Leonardo Bianchi vuol dire onorare l’ingegno, lo studio, il carattere e la bontà di un animo sempre sereno, innamorato della scienza e delle più elevate virtù. Io vorrei che i giovani, oltre ad ammirare, imitassero di Leonardo Bianchi l’instancabile attività, la franca sincerità nella scienza e nella vita». Una curiosità storica Dopo l’avvento del fascismo, secondo alcuni cronisti di allora, una sua “schietta affermazione” espressa nei riguardi dell’allora Presidente del Consiglio Benito Mussolini gli costò la nomination al Nobel da parte dell’Accademia di Stoccolma. Invece, la sottoscrizione al primo Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce (pubblicato su Il Mondo il 1° maggio 1925), gli pregiudicò la celebrazione dei funerali di Stato. Tale manifesto sancì la definitiva rottura col fascismo del grande filosofo che aveva precedentemente votato la fiducia al governo Mussolini. Per la cronaca, ecco alcuni firmatari: Giovanni Amendola (giornalista, deputato, ministro), Luigi Albertini (giornalista, editore, senatore, direttore del Corriere della Sera dal 1900 al 1925), Sem Benelli (poeta e scrittore), 5 Piero Calamandrei (giornalista, giurista, deputato), Gaetano De Sanctis (storico, senatore a vita), Carlo Linati (scrittore), Eugenio Montale (poeta, giornalista, premio Nobel per la letteratura nel 1975), Gaetano Mosca (giurista, deputato, senatore), Francesco Ruffini (storico, giurista, senatore), Gaetano Salvemini (storico, deputato), Matilde Serao (scrittrice, giornalista) e Luigi Einaudi (economista di fama mondiale, governatore della Banca d’Italia, ministro, considerato uno dei padri della Repubblica Italiana, Presidente della Repubblica Italiana dal 1948 al 1955). Commemorazione A onor di cronaca, riporto quanto riferito negli Atti Parlamentari del Senato del Regno, nella seduta del 28 marzo 1927, presieduta dal Presidente Tommaso Tittoni: «Onorevoli colleghi. Molti e gravi lutti ci hanno colpito nel lungo intervallo dei nostri lavori. […] Il 13 febbraio fulmineamente spegnevasi in Napoli il prof. Leonardo Bianchi, la cui fama di neurologo aveva da molti anni valicato i confini della patria: la sua improvvisa scomparsa mentre egli aveva ancora vivido l’intelletto e dava tutta la sua fervida attività al bene della scienza e della patria, è gravissimo lutto non solo per l’Italia, ma per tutto il mondo scientifico. Con lui si è spento un alto illuminato spirito, un nobile cuore si è fermato per sempre. Era nato a San Bartolomeo in Galdo il 5 aprile 1948: laureato giovanissimo in medicina dopo una salda preparazione, iniziava a 23 anni la sua feconda carriera scientifica ed universitaria. Leonardo Bianchi fu indubbiamente uno dei più grandi psichiatri e neurologi del nostro tempo: non è qui il luogo per esaminare la portata delle sue teorie e delle sue ricerche o per scrutare il suo pensiero diffuso in dodici volumi e in oltre cento memorie scientifiche, oltre a numerosissime conferenze e discorsi. Basti l’affermare che non esiste quasi argomento di psichiatria e di neurologia ai quali egli non abbia dato cospicuo contributo, tenendo alto di fronte all’estero l’onore della scienza italiana. Alla cattedra e alla clinica psichiatrica di Napoli, ove professò quasi ininterrottamente, dette col valore del suo pressoché quarantennale insegnamento e delle sue esperienza, grande lustro facendone un vero centro scientifico e creando una scuola fecondissima e di carattere prettamente italiano. Fu nell’insegnamento vero maestro, esempio di fervore, di disinteresse, di entusiasmo che sapeva comunicare ai giovani, efficace assertore d’ogni ideale più nobile ed elevato. Rettore due volte dell’Università di Napoli, nel 1903 e 1911, dette le sue mirabili energie alla soluzione dei molti e gravi problemi universitari. Uomo d’azione non meno che di pensiero, ideò la riforma dei manicomi e seppe attuarla: e direttore del manicomio provinciale di Napoli, fu suo merito la creazione del nuovo Istituto, ispirato a criteri moderni e razionali per il ricovero degli infelici dementi. Intesa e altamente benemerita fu anche l’opera di Leonardo Bianchi nel campo parlamentare. Deputato per 6 legislature fino al 1919, pei collegi di San Bartolomeo in Galdo e Montesarchio, fu attivissimo, propugnando colla sua opera utili riforme sia nel campo sanitario e assistenziale che in quello penitenziario e nell’istruzione pubblica: e della riforma sanitaria come di quella dei manicomi fu nel 1903 relatore. Le riforme propugnate da lui nel campo dell’istruzione, ebbe poi la ventura di attuare, almeno in parte, allorché fu nel 1905 chiamato a governare le sorti della pubblica istruzione nel Gabinetto Fortis. E nuovamente ministro fu, ma senza portafoglio, nel 1916 e 1917, preposto a dirigere l’organizzazione sanitaria del paese in guerra e dette opera preziosa non solo in tale importantissimo campo, ma anche in quello della propaganda patriottica e della resistenza morale. Nominato senatore il 6 ottobre 1919 prese parte attiva anche ai nostri lavori e la sua parola convinta e suadente suonò fra noi nelle più importanti discussioni di politica generale o d’igiene sociale. Era anche membro autorevole della nostra Commissione di finanze. 6 In Parlamento e fuori, Leonardo Bianchi ebbe anzitutto un pensiero, un’aspirazione, cui dedicò tutta la lunga nobile sua esistenza: il miglioramento fisico e psichico degli italiani, onde fare la patria più grande e più prospera. Questo altissimo fine egli ebbe sempre presente; non per nulla la morte lo ha ghermito d’improvviso, come un soldato sul campo, allorché aveva appena discusso, nell’Accademia medicochirurgica di Napoli, sull’alcoolismo e sull’abuso degli stupefacenti, due mali sociali contro cui tanto aveva lottato. E in questi ultimi tempi, sempre con quel fine presente nello spirito, aveva gettato le basi dell’eugenismo. Leonardo Bianchi amò di pari intenso amore la scienza, la scuola, la patria: fu insieme scienziato e sociologo, teorico e realizzatore, uomo di pensiero e d’azione: ebbe l’animo grande e nobile al pari dell’intelletto. Piangiamo reverenti la sua dipartita ed esprimiamo alla sua desolata famiglia i sensi del nostro più vivo rammarico. (Benissimo). FEDERZONI, ministro delle colonie. Domando di parlare. PRESIDENTE. Ne ha la facoltà. FEDERZONI, ministro delle colonie. Il Governo aggiunge una sua parola di riverente compianto alla celebrazione dei senatori defunti, nobilmente fatta dall’illustre Presidente di questa Assemblea. […] del senatore Leonardo Bianchi, la cui sapienza di cultore delle discipline psichiatriche e neurologiche fu eguagliata soltanto dalla dirittura politica e dall’intemerato patriottismo. […] Tutti questi uomini insigni lasciano un ricco retaggio di affetti e di esempi. La nazione lo raccoglie e lo saprà segnatamente custodire. (Vive approvazioni – Applausi)». Moriva così a settantanove anni uno dei più grandi scienziati campani contemporanei che, pur essendo un luminare insigne e uno scienziato di fama internazionale, aveva improntato tutta la sua vita alla semplicità, all’amore e al rispetto per il prossimo e l’umanità sofferente. A un suo allievo aveva infatti confidato: «L’unico libro da cui possono raccogliersi gli insegnamenti più fecondi, che più disciplinano l’osservazione, che più inducono alla misura ed alla logica, è il libro che si chiama malato, e che bisogna non solo interpretare, ma che bisogna amare». (Andrea Jelardi in data 1-10-2007 nell’ottantesimo anniversario della scomparsa dello scienziato). Ultima annotazione «Il prof. Bianchi, quale rettore dell’Università di Napoli, il 4 agosto 1903 aveva firmato il diploma di Moscati, aprendo la via al suo apostolato scientifico e ospedaliero; Moscati ha schiuso a Bianchi l’adito alla vita eterna in Dio. Nessuno avrebbe potuto prevedere che a distanza di soli 58 giorni, il 12 aprile 1927, martedì santo, anche Peppino Moscati, sarebbe stato colto da morte fulminea nella sua casa in via Cisterna dell’Olio; però vi era ben preparato». Sono parole di Antonio Tripodoro tratte dalla biografia: Giuseppe Moscati, Il Medico Santo di Napoli, Ed. Napoli 2006. Paolo Angelo Furbesco, agosto 2011 7