Itinerari
narranti
nel Parco
con il contributo di:
Parco Regionale dei Gessi Bolognesi
e Calanchi dell’Abbadessa
Introduzione
La sua memoria inesauribile abbracciava con lo sguardo la città,
la valle del fiume e tutto il circondario; sapeva orientarsi dappertutto, conosceva strade e vie fluviali, paesi, villaggi, poderi, ricoveri
accoglienti per la notte. Rifletté intensamente e ideò l’itinerario del
prossimo viaggio. H.Hesse
Lo scopo fondamentale di questo opuscolo è di suggerire ad
altri quanto abbiamo sfiorato, toccato, udito, provato.
Non ci accontentiamo di emozionarci, ma è nostro desiderio
condividere quello che abbiamo scoperto.
Itinerari narranti nel Parco rappresenta dunque un invito a riscoprire quelle emozioni che giacciono impolverate in noi, promuovendo una dimensione turistica conviviale e un rapporto
con il territorio autentico e dinamico.
Itinerari narranti nel Parco nasce dall’esigenza che tutti abbiamo di sfuggire, almeno per un giorno ai ritmi frenetici e caotici
della nostra vita, per gustarci una passeggiata avvicinandoci alla
natura.
Percorriamo sentieri, più o meno conosciuti, guardando non
solo il paesaggio per il suo aspetto naturalistico, ma scoprendone le tradizioni, le storie più o meno fantastiche.
Siamo convinti che la riscoperta di antiche storie e leggende del
territorio in cui viviamo aumenti il senso di appartenenza ad
esso e stimoli un incontro profondo tra l’ uomo e la natura.
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Itinerari
GAIBOLA
• La Buca di Gaibola
IDICE
• Lungo il torrente Idice
• Settefonti e dintorni
SETTEFONTI
SPIPOLA • Intorno alla Dolina
• Sentiero natura
ALBERI del Parco
• Percorso tra gli alberi
CARTINA con i percorsi tutti i sentieri CAI sono contrassegnati
da segnavia rosso-bianco, con indicato il numero del sentiero
3
La Buca di Gaibola
Percorso geologico-naturalistico
modalità
•
Percorribile a piedi
difficoltà
•
Facile; fare attenzione sugli affioramenti gessosi
tempo
•
circa 4 ore
lunghezza del percorso
stagione consigliata
• circa 3 km
• è percorribile in tutte le stagioni,
indirizzi utili
Percorso:
In auto e a piedi
Da Bologna superato l’abitato della Pulce e terminato il lungo
rettilineo che fiancheggia Villa Salina, dopo una curva a sinistra,
raggiungiamo la località Farneto e i nostri occhi si aprono sulla
“collina incantata” del Farneto, con in primo piano la suggestiva chiesa di San Lorenzo, mentre sullo sfondo appaiono i contorni delle Doline di Gaibola e dell’Inferno.
La chiesa di San Lorenzo del Farneto è stata edificata nel 1733,
mentre il campanile è del 1500. All’interno (chiedere al custode
se chiusa) merita particolare attenzione la pregevole tela d’altare, opera del 1600 di un artista della “Scuola del Guido Reni”, che
rappresenta Gesù crocifisso affiancato dai Santi Lorenzo e Lucia,
racchiusa in una ricca cornice in legno. Sulla parete sinistra si
nota il dipinto della Madonna della Cintura con Gesù bambino.
Al Farneto è presente il Centro culturale “Don Giulio Salmi”
luogo di accoglienza e di incontro fra generazioni ospita iniziative culturali, sociali, ricreative e formative.
Nei campi antistanti il complesso parrocchiale e il Centro
“G.Salmi”, si sta sviluppando il Parco di San Lorenzo.
La località Farneto prende nome da alberi di farnia, una varietà
di querce che popolavano le colline circostanti. Per ricordarne la
presenza, è stato messo a dimora un esemplare di farnia di 40
anni di età, alto 10 metri. Poco oltre, in via Jussi 171, si raggiunge
il Centro Parco “Casa Fantini”, al cui interno sono a disposizione dei visitatori allestimenti, attrezzature multimediali e materiale informativo sulle particolarità geologiche e naturalistiche
del Parco. Un ideale anticipo alla visita speleologica della Grotta del Farneto.
cosa vedere
consigliato in primavera per le fioriture
• B&B Murolungo Via Jussi,121 località Farneto - San Lazzaro
di Savena
• Azienda Agricola La Colombarola Via Zena,231 Pianoro
• Cooperativa Sociale Agriverde - Via del Seminario,1 - San
Lazzaro di Savena
•
•
•
•
•
Chiesa di San Lorenzo del Farneto Via Jussi,131 - Farneto
San Lazzaro di Savena
Dolina Gaibola
Buca dell’Inferno
Centro Parco “Casa Fantini”
Grotta del Farneto (solo su prenotazione)
collegamento alla città, • In auto o linea ATC 126 fino al Centro Parco-Casa Fantini
come raggiungere
In auto
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dalla località Farneto, dopo circa 500 mt, oltrepassato il Centro
Parco saliamo a sinistra per via dell’Eremo.
Dopo circa 2 km, in prossimità di alcune ville, voltiamo a sinistra
e parcheggiamo. Quindi a piedi ci inoltriamo per il sentiero CAI
806 - Dolina Gaibola.
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A piedi
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Dalla località Farneto, dopo circa 500 mt, raggiunto il Centro
Visita “Casa Fantini”, si parcheggia nell’area di sosta antistante e, oltrepassato il cancello, ci inoltriamo per il sentiero CAI
804 in salita, che si congiunge, successivamente, nel sentiero CAI 806 - Dolina Gaibola.
Dopo una ripida salita in mezzo al bosco, arriviamo alla località Coralupi e quindi in via Gaibola.
In primavera, ci accoglie una bella fioritura di primule, viole,
ranuncoli gialli, scilla bifolia, bucaneve, dente di cane, anemone fior di stella, elleboro, corniolo ed è possibile assaporare il piacere del silenzio e del contatto con la natura.
Lungo il nostro cammino incontriamo la Buca di Ronzana
(cartello informativo del Parco), un complesso di due cavità
che mostrano chiari segni di scorrimento idrico.
Sui costoni che chiudono la valle, percorriamo il crinale che
separa la Dolina dell’Inferno a sinistra dalla Buca di Gaibola
a destra, dove si sviluppa una rada boscaglia, interrotta a
tratti da affioramenti gessosi, tra i quali compaiono roverelle, perastri e ornielli. Sulla sinistra del sentiero, si apre un
campo coltivato dai cui margini si può godere di un suggestivo belvedere sulla città. Lasciamo il sentiero, voltando
a destra (è presente una catena e divieto di transito alle
moto) e arriviamo alla località nota come “Casone di Gaibola”, un edificio rurale in stato di abbandono, dove si trovano
un bel cipresso, che segna il punto più alto dell’itinerario e
un piccolo stagno ricco di vita vegetale e animale (tife, canne palustri e anfibi). Si apre davanti a noi la Buca di Gaibola
(cartello informativo del Parco) con spettacolari affioramenti gessosi e bolle di scollamento, che include la Grotta
Novella, sede di un laboratorio per lo studio e monitoraggio
dell’ambiente e degli organismi presenti.
Le “bolle di scollamento”, sono rigonfiamenti determinati
dal sollevamento degli strati più superficiali dei cristalli di
gesso.
Tutte le pareti della Buca della Gaibola sono caratterizzate
da un denso arbusteto e da un giovane bosco. Le acque che
vi scorrono, confluiscono nel fondo della dolina e successivamente, dopo un lungo percorso sotterraneo, si riversano
nel Torrente Idice.
Proseguiamo, scendendo verso sinistra e costeggiamo un
campo coltivato; quindi ci inseriamo nel sentiero CAI 817,
che diventa poi asfaltato.
Arriviamo a via dell’Eremo e giriamo a destra, fino al primo
bivio. Se siamo saliti a piedi (sentiero CAI 804), partendo dal
Centro Visita “Casa Fantini”, giriamo a destra (sentiero CAI
806), per ripercorrere il medesimo sentiero, in discesa.
Se siamo arrivati in auto da via dell’Eremo, torniamo dove
abbiamo parcheggiato.
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Lungo il Torrente Idice
Percorso geologico-naturalistico
modalità
•
difficoltà
tempo
lunghezza del percorso
stagione consigliata
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
collegamento alla città, •
cosa vedere
Percorso:
La prima parte del percorso, fino alla passerella pedonale-ciclabile sul Torrente Idice, è percorribile anche in auto.
Il percorso comincia dall’area di sosta di via Pedagna, in prossimità dell’area attrezzata, sotto una grande quercia, nei pressi
del torrente.
Percorriamo il ponte sul Torrente Idice e la strada che passa ai
piedi della collinetta di Pizzocalvo (122 m slm) sulla cui sommità si erge la chiesa di S. Maria Assunta, raggiungibile sia dalla
strada asfaltata che anche tramite un sentiero alberato.
Superato l’incrocio tra via Fondè e via Tomasella, proseguiamo
a sinistra per via Montebello, lasciamo alla nostra destra Via
Gaibola, che sale verso l’omonima dolina (sentiero CAI 806) e ci
inoltriamo per la strada sterrata fra campi coltivati e roverelle,
costeggiando il Torrente Idice.
Un cartello ci segnala che recenti scavi archeologici hanno portato alla luce una villa romana.
A 1400 m dall’inizio del percorso, da un alto argine sul torrente, possiamo osservare un tratto particolarmente spettacolare
dell’alveo fluviale, costituito da rocce di gesso levigate dallo
scorrere dell’acqua.
La strada prosegue ai piedi di alte pareti rocciose in parte coperte di vegetazione, con evidenti formazioni in gesso e cespugli
di ginestre.
Sul lato sinistro della strada, un cartello segnala un innovativo
intervento realizzato nell’ambito del Progetto Pellegrino Life Natura 98 finalizzato al ripristino della continuità fluviale prima interrotta dalla briglia, tramite una rampa che permette ai pesci di
risalire il fiume. Poco dopo giungiamo alla passerella pedonaleciclabile (sentiero CAI 801D) che attraversa il torrente Idice.
A questo punto termina la parte del percorso che possiamo
compiere in auto; proseguiamo a piedi o in bicicletta. (via Montebello prosegue verso Mercatale, sentiero CAI 817 contrasse8
come raggiungere
indirizzi utili:
•
B&B – fattorie didattiche
– ristoro
•
Percorribile parzialmente in auto, consigliato a piedi o in
bicicletta
facile
circa 4h a piedi
circa 5 km
è percorribile in tutte le stagioni
affioramenti gessosi
chiesa S.Maria Assunta a Pizzocalvo
Oasi del Molino Grande, gestita dal W.W.F di San Lazzaro
Cartelli informativi percorso geologico – “da mare a mare”
Cartello informativo Progetto Pellegrino Life Natura 98
Particolare fauna della zona umida a Ca’ de Mandorli
Area archeologica di epoca romana in via Montebello
In auto da San Lazzaro
Podere Maleto Centro Ippico, Via Montebello,34 San Lazzaro
di Savena
Circolo Ca’ de Mandorli Via Idice,24 San Lazzaro di Savena
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gnato “Castel de’ Britti”, mentre sulla destra a fianco
di una recinzione, inizia il sentiero CAI 817, che in
salita conduce alla Buca di Gaibola).
Superiamo la passerella e proseguiamo a sinistra
sulla sponda destra orografica del torrente (sentiero CAI 801). Da questo punto possiamo godere di
una vista suggestiva sul corso d’acqua e si possono
facilmente osservare esemplari di airone cenerino.
Il sentiero costeggia il torrente e diversi cartelli
(Itinerario geologico “da mare a mare”) offrono
spiegazioni circa la successione di strati geologici
scolpiti nel tempo dall’opera di scavo del torrente.
Giunti a Cà dei Mandorli, ammiriamo come una ex
cava di ghiaia sia stata recuperata, dando origine
a zone umide che offrono rifugio a molte specie
di fauna.
Proseguendo, troviamo un sentiero delimitato da
staccionate, che termina nell’area attrezzata accanto al ponte sul torrente Idice, in Via Pedagna, da
cui aveva avuto inizio il nostro percorso.
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Settefonti e dintorni
modalità
difficoltà
•
•
Percorribile a piedi, in auto, in bicicletta
facile
Percorso storico-naturalistico
tempo
•
Da Ozzano in auto circa 45 minuti
lunghezza del percorso
• In bici circa 2 ore • Km. 17 da Ozzano (Via Tolara) e ritorno (Via S.Cristoforo)
• è percorribile in tutte le stagioni
stagione consigliata
cosa vedere
Percorso:
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante direzione di Imola.
Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi e via Tolara di Sopra, strada il cui tracciato
esisteva già in epoca Medievale, probabilmente un ramo della
mitica Flaminia Minor.
Passiamo davanti alla Facoltà Universitaria di Medicina Veterinaria, all’interno della quale un museo ospita più di 4.300 preparati, disegni a colori, modelli in gesso, creta e cera, che riproducono fedelmente reperti patologici ed anatomici.
Proseguiamo per via Tolara e sulla sinistra notiamo un viale di
pini domestici che porta al Palazzo del Collegio di Spagna o
del Conte Bianchetti. La costruzione del XVI secolo si sviluppa
su tre piani e presenta una facciata maestosa ed aristocratica.
Dopo circa 4 km, sulla destra è visibile il Palazzo Guidalotti di
sotto, una corte fortificata del XVI secolo, dove sono presenti
grandi esemplari di quercia.
A sinistra si dirama via delle Armi, dove si trova la suggestiva
“Fontana delle Armi”, di probabili origini romane. Si può quindi
raggiungere in breve il borgo medioevale di San Pietro, con la
bella torre e uno scavo archeologico nel quale sono state ricostruite case medioevali. Ritornati su via Tolara di Sopra incontriamo sulla sinistra una parete di sabbia gialla dove in estate
nidificano i gruccioni, piccoli e variopinti uccelli.
Dopo circa 5 km, troviamo Villa Favorita o Palazzo Guidalotti
di Sopra un fabbricato del XVI secolo.
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leggende
Palazzo del Collegio di Spagna o del Conte Bianchetti
Via delle Armi – Fontana delle Armi
Borgo di San Pietro
Pieve di Pastino
Agriturismo Dulcamara
(punto panoramico)
Centro visita del Parco “Villa Torre”
Campanile di Settefonti
Via del Pilastrino, Calanchi dell’Abbadessa (punto
panoramico)
Oratorio Santa Maria delle Grazie - Ciagnano
Ruderi del cimitero della Chiesa S.Donato di Ciagnano
Museo di Veterinaria
• Beata Lucia da Sette Fonti
collegamento alla città, • Da Bologna seguire la Via Emilia Levante direzione Imola; come raggiungere
ad Ozzano seguire le indicazioni per Settefonti
(Via dei Billi e Via Tolara di Sopra)
• Bentivoglio Società Agricola - Caseificio produzione latte
indirizzi utili:
di bufala (chiuso la domenica) Via Tolara di Sopra,73 B&B – fattorie didattiche
Ozzano
– ristoro
• Agriturismo Dulcamara Via Tolara di Sopra,78 – Settefonti
Ozzano
• B&B Calanchi Via del Pilastrino,7 Settefonti Ozzano
• Azienda Agricola - trattoria La Palazzina Via Bianchina,1
Ciagnano Ozzano
• Osteria San Pietro - S.Pietro di Ozzano
Sulla destra, i ruderi della Pieve di Pastino, 284 m slm., in splendida posizione panoramica sulla pianura. Si dice che la Pieve sia
stata eretta sopra un preesistente tempio pagano eretto in onore del dio degli armenti e della pastorizia - Pan o Pastus o Pastenus, ma non si è trovata documentazione certa. È tuttavia noto
che nel 1077 la chiesa era già pieve ed era chiamata “S. Johannis
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in Toraciano”; l’attuale denominazione risale al 1189. Da notare
alcuni grossi conci di gesso presenti all’interno delle murature.
Dopo un breve strappo in salita, sulla destra incontriamo l’Agriturismo Dulcamara e poco più avanti a sinistra il Centro Visita
del Parco “Villa Torre”, all’interno del complesso di “Ca’ la Torre”, di epoca tardo medievale, con annessa cappella gentilizia
intitolata a S. Luigi Gonzaga, che è rimasto intatto nonostante
i bombardamenti particolarmente cruenti dell’ultima guerra. Il
palazzo è noto anche come “Torre dei Fava o dei Viaggi”. Nel podere Cà la Torre, all’ interno di uno stagno, si trova una fontana
di origine romana ora completamente sommersa dall’acqua. La
Villa è stata ristrutturata dal Parco nel 2005 per adibirla a Centro
Visita dell’Area Protetta.
La struttura ospita anche il percorso museale “Da Mare a Mare”
dedicato alla geologia del territorio del Parco e un’ aula attrezzata per attività di Educazione Ambientale.
Nel 2009 è stata ristrutturata la Foresteria, attrezzata con una
sala convegni, cucina e 16 stanze per un totale di 32 posti letto,
disponibile per soggiorni.
Proseguiamo per via Tolara di Sopra e raggiungiamo l’area di
sosta di Settefonti. Dall’area di sosta, attraverso un sentiero alberato (quercia, robinia, ailanto e cespugli di nocciolo, corniolo
e biancospino), saliamo ai ruderi della seicentesca chiesa di Santa Maria Assunta. Nel XII secolo esisteva un castello, il Castrum
Septem Fontium, eretto per sfruttare la posizione strategica,
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abbandonato e demolito nel corso del XV secolo, del quale
sono rimasti parte dei ruderi dell’antico muro di cinta.
Il toponimo Settefonti fa riferimento a sette leggendarie fontane che scaturivano nelle vicinanze, ormai quasi tutte cancellate dalle erosioni e dalle frane. Il colle è caratterizzato da
un affioramento di arenaria pliocenica.
Il campanile è stato restaurato dal Parco nel 2001; da notare,
ai quattro angoli del pavimento della chiesa (quasi totalmente distrutta dai bombardamenti del 1944) le “testate d’
Angolo” (v. “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata
d’angolo” (Sal 117[118],22)) di selenite (gesso) e nella parte
centrale della navata una pietra quadrata di arenaria con un
foro centrale.
In prossimità del campanile sono stati collocati alcuni pannelli informativi e didattici relativi alla storia e alla biodiversità del luogo.
Tornando verso Villa Torre, voltiamo a sinistra per via del Pilastrino, strada sterrata e sentiero CAI 801. Un pilastrino indica
che nei dintorni sorgeva l’antico Monastero Camaldolese di
Santa Cristina, risalente al 1099.
Più avanti si raggiunge l’area di sosta “via del Pilastrino”, un
bellissimo punto panoramico da cui si possono ammirare a
sud le cime del Monte delle Formiche, il Corno alle Scale e il
Monte Cimone e a nord gli spettacolari calanchi e il Passo
dell’Abbadessa (si passa dalla zona B - protezione generale
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alla zona A - protezione integrale del Parco). Nelle limpide giornate invernali non è raro scorgere all’orizzonte le cime innevate
dell’arco alpino.
Proseguiamo fino all’incrocio con via Bianchina, oltrepassato il
quale si raggiunge la località Ciagnano; su strada asfaltata si arriva al piccolo Oratorio della Madonna delle Grazie.
Questo oratorio venne fatto costruire nel 1677 a seguito di una
prodigiosa apparizione della Madonna, che sarebbe avvenuta
nelle vicinanze di un pero. Oggi a testimonianza dell’evento,
sono esposti all’interno dell’oratorio l’immagine sacra e un tronchetto dell’albero.
Da qui torniamo indietro verso Ciagnano e, imboccando a sinistra la strada asfaltata, incontriamo i resti di un piccolo cimitero di fronte al quale, sulla cima di un poggio, sorgeva la Chiesa
Parrocchiale di Ciagnano, definitivamente distrutta durante la
seconda guerra mondiale.
Scendiamo quindi verso Ozzano, percorrendo via del Poggio,
strada stretta e ombreggiata durante l’estate, fino all’incrocio
con via San Cristoforo. Svoltando a sinistra, dopo aver percorso da Ciagnano circa 3 km, incontriamo a destra il podere Ca’
Bassa e arriviamo in breve ad Ozzano, dove si conclude il nostro
percorso.
La leggenda della Beata Lucia da Sette Fonti
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Il monastero femminile di S. Cristina di Settefonti o di Pàstino fu
fondato dopo il 1097 da Cunizza Badessa del cenobio camaldolese
di S. Pietro in Luco, nel Mugello orientale.
Il monastero bolognese ricevette numerose donazioni di terre da
privati devoti, e presto diventò ricco e potente. Tuttavia l’insicurezza
delle campagne e la franosità del terreno, costrinsero le monache di
insediarsi a Bologna e nel 1245 vi si trasferirono, nella contrada della
Fondazza. Oggi a ricordo del monastero, ormai scomparso, rimane
un pilastrino fatto porre dal nobile bolognese Paolo Fava nel 1679
per ricordare il luogo dove il suo avo Diatagora fu salvato dalla beata
Lucia. Questa iscrizione, restaurata nel 1922, si riferisce alla leggenda
secondo la quale un nobile giovane, innamoratosi della monaca
Lucia, si recò a combattere in Terrasanta nella terza crociata, per
dimenticare la giovane religiosa.
Fatto prigioniero degli infedeli, una notte sognò che Lucia lo
liberava dalle catene e lo trasportava su quel calanco nei pressi del
monastero, che tante volte il cavaliere aveva percorso per recarsi a
visitare la donna amata. Svegliatosi, si ritrovò i ceppi aperti ai piedi,
miracolosamente libero nei pressi di Settefonti. Recatosi al monastero,
vide solo la tomba di Lucia, morta durante la sua lontananza. 17
La Dolina della Spipola
intorno alla Dolina
Percorso geologico-naturalistico
Percorso in auto:
vi sono due alternative
• da Bologna: percorriamo via Toscana e arriviamo a Rastignano; dopo il cartello segnaletico di inizio località voltiamo
a sinistra, in salita, per via Monte Calvo. Dopo alcune curve
raggiungiamo un incrocio, giriamo a sinistra per via Madonna
dei Boschi e parcheggiamo nell’area di sosta.
• da San Lazzaro di Savena: percorriamo via Bellaria e di
fronte al Parco della Resistenza (Circolo Arci) ci immettiamo
in via Croara. Proseguiamo tenendo sulla sinistra la chiesa di
Santa Cecilia, voltiamo a destra per via Madonna dei Boschi e
raggiungiamo, all’incrocio con via Buozzi, l’area di sosta dove
parcheggiamo.
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Descrizione:
La Dolina della Spipola è un’area carsica, fra le più estese in Europa. L’itinerario proposto consente di percorrerne tutta la circonferenza toccando numerose località di interesse sia storico
che naturalistico.
Dal parcheggio di Madonna dei Boschi, dal quale possiamo ammirare uno splendido panorama della città di Bologna, parte un
sentiero che costeggia le abitazioni fino ad arrivare ad uno dei
più antichi fronti di cava della zona, la Palestrina, probabilmente
di epoca romana, così chiamata in quanto utilizzata come palestra di roccia per arrampicata.
Osservando la parete di cristalli di gesso, si comprende come
possa essere stato imponente nel tempo il fenomeno di deposizione e sedimentazione dei sali.
Proseguiamo verso il Buco delle Candele, il cui nome prende
origine dagli effetti provocati sul gesso dall’ erosione verticale;
Le acque, che vengono assorbite in questo inghiottitoio, alimentano il sistema Spipola-Acquafredda.
Proseguiamo, quindi, verso la località Palazza dove, di fronte a
due antichi edifici rurali, si trovano una fontanella e alcuni pannelli informativi. Dalla Palazza seguiamo a destra la strada asfaltata fiancheggiata da un filare di cipressi, che in breve diventa
modalità
difficoltà
•
•
Percorribile a piedi
Facile
tempo
•
Circa 2,30 ore
lunghezza del percorso
stagione consigliata
•
•
Km 4
è percorribile in tutte le stagioni
• Altopiano di Miserazzano
• Buco delle Candele
• Palestrina
• Oratorio di Madonna dei Boschi
• Chiesa e convento di S.Cecilia alla Croara
• Valle cieca dell’Acquafredda
• Ex “Cava Filo”
collegamento alla città, • Auto, da San Lazzaro o Rastignano
cosa vedere
come raggiungere
indirizzi utili
Area di sosta attrezzata Madonna dei Boschi
(parcheggio auto, giochi per bambini, fontanella, cartelli informativi del parco, cestini, tettoia e panchine)
• Azienda Agricola Bonazza Via del Pozzo,2 San Lazzaro di
Savena (Bo)
• Trattoria Croara Via S.Ruffillo 25 – Croara (Bo)
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sterrata. Dopo la prima casa che incontriamo, saliamo a destra
per un sentiero tra cespugli e seguiamo l’indicazione sentiero
CAI 802, “Il Monte Castello”, che confluisce nella strada asfaltata
di via Madonna dei Boschi. La percorriamo per un breve tratto,
poi l’attraversiamo e ci inoltriamo per il sentiero a sinistra.
Da questo sentiero, volendo, con una piccola deviazione a destra (non segnalata) possiamo raggiungere la ex-Cava Filo, fronte di cava nel quale il gesso veniva tagliato con il filo elicoidale,
senza utilizzo di esplosivi. Nel corso dei lavori è stato tagliato
verticalmente un inghiottitoio e al suo interno sono stati ritrovati reperti fossili (tra cui uno scheletro di bisonte) risalenti a
25.000 anni fa, ora esposti nel Museo della Preistoria Luigi Donini di San Lazzaro.
Dalla cava ritorniamo sul sentiero lasciato precedentemente e
proseguiamo fino ad arrivare ad un punto panoramico dal quale possiamo ammirare Monte Calvo e il Rio Acquafredda, che
scompare sotto il monte Croara.
Proseguiamo in direzione Madonna dei Boschi, dove troviamo un piccolo oratorio del XVII secolo, restaurato nel 2001. Un
esemplare di quercia secolare delimita il suggestivo sagrato.
Al suo interno è presente un affresco di buona qualità, attribuibile ad un maestro del manierismo bolognese, della seconda
metà del XVI secolo.
Il nostro percorso si sta per concludere: arriviamo in via Madonna dei Boschi, proseguiamo per la Palestrina e riprendiamo a
sinistra il sentiero che abbiamo percorso all’andata, fino al parcheggio.
22
La leggenda della Madonna dei Boschi
La commovente storia tramandata dai vecchi abitanti della Croara, legata alla chiesetta di Madonna
dei Boschi, è ricavata da una poesia di Enrico Panzacchi intitolata “la Leggenda”.
Si dice che l’oratorio già esistesse nel periodo delle
crociate, arricchito da doni preziosi ed ex-voto portati dai pellegrini che vi si recavano per domandare
grazie o per averne ricevute.
Un eremita, fuggito dalla vita mondana, viveva in
una vicina grotta, luogo adatto per pregare e meditare nel raccoglimento di un luogo naturale isolato.
L’eremita era stato chiamato Prete Santo, dalla gente della Croara, e vestiva miseri stracci e viveva di
bacche, radici, frutti selvatici e carità.
Il vecchio eremita, durante una notte tormentata,
ebbe un incubo atroce; vide il figlio di suo fratello,
partito crociato per la Terra Santa che era prigioniero dei mussulmani, e che sarebbe stato ucciso se
non fosse pagato un oneroso riscatto. Per prendere
ispirazione dalla luce del sole nascente, il Prete Santo
uscì dalla sua grotta all’alba. Il Prete si sentiva privo
di idee, quasi una botte asciutta. Una voce interna,
quasi folgorante lo ispirò ad entrare nella chiesetta
dove portò via dalla statua della madonna tutto il
tesoro, che gli poteva servire come riscatto, per la
prigionia del nipote.
Non passò molto tempo, che fu scoperto il furto, considerato come un sacrilegio.
Fu accusato l’eremita, e giudicato. Quando già pendeva sulla sua testa la scure, tra la folla si fece largo
una bellissima signora di bianco vestita, contornata
da raggi di luce.
Tutti l’ascoltarono: “Rubò perché io lo indussi a farlo!”.
La folla presente, liberò subito l’eremita, il quale non
ebbe pace e cominciò a mendicare a Bologna, per
reintegrare il Tesoro della Vergine.
Si narra che un tempo, nei pomeriggi estivi, quando
la calura rendeva tremolanti le sagome degli alberi e
dei cespugli, intorno al sagrato dell’oratorio, si udiva
il suono del campanello del Prete Santo, che con il
capo chino precedeva la Madonna dei Boschi in una
sorta di mini processione diretta all’interno della
chiesetta.
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La Dolina della Spipola
sentiero natura
Gessi della Croara
Percorso geologico-naturalistico
ai confini di una Zona A - protezione integrale
Percorso:
Raggiunta in auto o con l’autobus n. 11/b la località Ponticella
percorriamo via San Ruffillo, teniamo la destra per via del Colle
e quindi saliamo per via Benassi.
La ripida salita di via Benassi conduce dopo circa 2 km, alla località Palazza, che comprende una piccola area parcheggio con
fontanella e pannelli informativi e la cartina del Sentiero Natura
dei Gessi della Croara.
Da questo punto si può ammirare una suggestiva sequenza di
cipressi che corona il bordo della dolina.
Il Sentiero natura permette di scoprire uno dei luoghi più affascinanti del Parco all’interno della Dolina della Spipola e dell’altopiano di Miserazzano.
La Dolina della Spipola è un area carsica gessosa tra le maggiori
d’Europa. Percorrendo il sentiero si incontrano 11 stazioni, segnalate da una freccia bianca su fondo verde. Partiamo dalla
località Palazza, (stazione n.1) scendiamo per la strada sterrata
subito a destra e dopo pochi metri imbocchiamo il sentiero a
sinistra.
Procediamo su affioramenti gessosi, fino a che a destra troviamo una ripida gradinata che scende nel bosco e che ci permette
di raggiungere la stazione n.2, la Buca del Calzolaio, ingresso
naturale della grotta della Spipola, ora non più utilizzato.
Facciamo qualche gradino ancora e raggiungiamo la stazione
n.3, l’ingresso della Grotta della Spipola, la quale è collegata
ad altre cavità maggiori che formano un reticolo di gallerie percorribili per oltre 10 km.
La grotta, scoperta nel 1932 da Luigi Fantini, si può visitare solo
con guida, previa prenotazione, rivolgendosi agli uffici del Parco
o consultando il sito www.parcogessibolognesi.it. All’interno si
osservano le diverse morfologie che caratterizzano le cavità nei
gessi (mammelloni, colate alabastrine, soffitti con canali di volta). La grotta ospita una fauna che comprende diverse specie di
chirotteri e invertebrati.
Al suo interno si rileva una temperatura media di circa 10°-12°
e l’umidità è pressoché costante al 90%. Nel bosco antistante,
a causa del fenomeno dell’inversione termica riscontrabile nel24
modalità
•
Percorribile a piedi
difficoltà
•
Facile
tempo
•
Circa 3 ore
lunghezza del percorso
stagione consigliata
• Km 6 circa
• è percorribile in tutte le stagioni
• Altopiano di Miserazzano
• Dolina della Spipola
• Cavaliere di Miserazzano
leggende
collegamento alla città, • Auto
come raggiungere
• Bus urbano ATC 11B
cosa vedere
la dolina, sono presenti alcune piante che
si trovano generalmente a quote più elevate come isopiro, mercorella canina, e il
rarissimo giglio martagone. Proseguendo
per il sentiero giungiamo alla stazione n.4,
Buco delle Lumache, nascosto al margine
del bosco, inghiottitoio con erosioni a candela, idrologicamente connesso al sistema
Spipola-Acquafredda.
Proseguendo, incontriamo la stazione n.5,
Bosco Fresco, all’interno del quale grazie
alla presenza di terreno fertile e di elevata
umidità, prevalgono specie quali pungitopo, nocciolo, orniello, acero campestre
mentre, in primavera, si possono ammirare
le meravigliose fioriture di scilla e dente di
cane. Continuiamo il sentiero e raggiungiamo la stazione n.6, Affioramenti in ombra,
dove notiamo pareti di gesso umide e fresche caratterizzate da un particolare microclima che favorisce la crescita di muschi, felci, borracina cinerea, di erba di San Giovanni dal colore giallo oro. Inoltre si scorgono
gli strigoli, dai fiori con calice tipicamente
rigonfio e venato, da cui sporgono i petali bianchi. Raggiungiamo la stazione n.7: il
Bosco a Roverella, presente nei versanti
caldi e asciutti. Fra gli arbusti compaiono
due sempreverdi tipici della macchia mediterranea come la fillirea e l’alaterno.
Alla stazione n.8: Affioramenti assolati, la
copertura vegetale è povera e discontinua,
in quanto le piante si sono adattate alla
aridità dell’ambiente. Risalendo il pendio
gessoso si raggiunge la stazione n.9, Altopiano di Miserazzano. L’area presenta una
sequenza di piccole doline e dossi gessosi,
punteggiata da lembi di bosco a roverella.
Nella storica e grande villa, che si trova nella parte più alta, sono presenti esemplari di
flora caratteristica del clima mediterraneo:
ulivo e fico d’india nano. Raggiungiamo,
attraverso un sentiero ghiaiato, il cartello
della stazione n.10, Buco dei Vinchi. Da
qui parte un sentiero pavimentato in legno,
percorribile anche da persone diversamente abili, dotato di piccole aree di sosta e
pannelli informativi in Braille, che arriva fino
all’inghiottitoio del Buco dei Vinchi.
Sulle rocce, all’ingresso della grotta, appare
una colorazione verde, generata da alcune
alghe, unica forma vegetale in grado di sopravvivere nella quasi totale oscurità.
Nelle vicinanze del Buco dei Vinchi è presente la stazione n.11: Prati e Siepi.
Le siepi sono rappresentate da biancospino, prugnolo, rosa selvatica e ligustro, ossia
le tipiche formazioni vegetali di transizione tra le macchie boscate e i prati, dove i
terreni sono più fertili e pianeggianti. Nei
prati sono presenti alcune piante bulbose
o rizomatose. In primavera fiorisce l’Ane25
mone fior di stella, pianta velenosa, dai fiori
rosa-violetti e l’aglio roseo e maggiore e in
autunno il colchico portoghese.
Dall’altopiano di Miserazzano, proseguiamo
a destra seguendo le indicazioni del sentiero
CAI 817.
Dopo aver attraversato un boschetto con alberi di carpino, incontriamo un campo dove
nascono spontanee piante di felci, vescicaria
e piantaggine. Camminando sugli affioramenti, dove sono presenti molte ginestre, arrivano profumi di alcune piante aromatiche
come elicriso, timo serpillo e menta.
Inoltre colonizzano la nuda roccia i licheni,
composti da due organismi (alga e fungo) e
la borracine (appartenente al genere Sedum),
che vegetano su un sottilissimo velo di sfatticcio, sfruttando i cuscinetti di muschio.
Seguendo le indicazioni CAI attraversiamo
un boschetto, dove si possono udire fagiani
e upupe e, con un po’ di fortuna, avvistare caprioli. Costeggiamo quindi in frutteto e giungiamo ad una strada sterrata che percorriamo verso destra, fino ad incontrare un sentiero che scende sulla sinistra inoltrandosi di
nuovo nel bosco, tra grandi massi gessosi. I
colori nel periodo primaverile sono innumerevoli: spiccano i fiori azzurri di damigella e
lilla di cicerchia.
Percorriamo un fitto bosco di rovi, corniolo,
sorbo, asparagina, biancospino al cui interno
si intravedono affioramenti gessosi. In primavera si notano le fioriture di pervinche.
Arrivati, infine, presso alcune abitazioni, oltrepassiamo una cancellata grigia e la località denominata Siberia; raggiungiamo Ponticella, percorriamo via Spipola, via Benassi
e quindi via Edera dove termina il nostro
percorso.
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La leggenda del povero Azzano
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Azzano, indossò velocemente l’armatura e si
precipitò nel cortile del castello con la spada
sguainata, montò su un cavallo baio, e si precipitò
contro lo sfidante.
Si racconta che tutta la valle del Savena rimbombò
e per tre giorni per gli echi dello scontro.
Ma il terzo giorno Azzano crollò dalla sella, perché
colpito dall’avversario con violenza, che lo salutò
con un sorriso e scomparve dietro una collina.
Azzano, mortificato nello spirito e nel corpo, non
sapeva darsi pace per la sconfitta.
Chi l’aveva apprezzato per le sue doti d’ invincibile
guerriero, lo abbandonò al suo destino.
Il cavaliere Azzano, schivo e depresso, cominciò ad
errare per l’Altopiano della Croara.
Un giorno, dopo una lunga folle rincorsa, a cavallo
si lanciò a capofitto dall’alto di una rupe che si
affacciava sulla valle del Savena.
Il suo grido di autocommiserazione, pronunciato in
latino, fu “misere Azzane”.
La tradizione vuole che, da quel grido disperato,
trasse il nome la località Miserazzano, in posizione
dominante ai margini della dolina della Spipola.
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Si racconta che nell’anno mille, viveva sull’altopiano
Carsico della Croara un nobile cavaliere di nome
Azzano. Era noto per il suo coraggio in battaglia
e la forza delle sue braccia, in tutta la contrada. Il
valoroso cavaliere indossava pesantissimi scudi e
spadoni di acciaio forgiati.
Azzano aveva partecipato ad una rischiosa impresa
guerresca, guadagnandosi la stima del Conte di
Bologna; ciò suscitò l’ammirazione di molte dame,
ma l’invidia dei cavalieri che servivano l’imperatore.
La fama di invincibilità del cavaliere Azzano destò
un forte spirito di competizione.
Da Bologna e dalle altre città situate sulla via Emilia,
giunsero ben sette cavalieri per sfidare Azzano, ma
tutti dovettero conoscere
l’umiliazione e dovettero
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mordere la polvere sotto i colpi vigorosi della spada
di Azzano, che lanciava nell’aria come un’elica.
Un giorno giunse nei pressi del castello di Azzano,
un giovane proveniente da sud che aveva armi
leggere e muscoli poderosi.
Nelle vicinanze del ponte levatoio, il giovane sulla
sua giumenta bianca, chiamò ad alta voce Azzano,
perché voleva sfidarlo.
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Tra gli alberi del Parco
modalità
difficoltà, tempo e lunghezza
•
•
Percorribile in auto, in bicicletta o a piedi
Dipende dal mezzo utilizzato e dal percorso
scelto
stagione consigliata
•
è consigliabile in primavera e autunno per
osservare la “tavolozza di colori” che la natura ci
offre
cosa vedere
•
chiese, edicole, ville e altri edifici storici
Percorso naturalistico
Abbiamo individuato, all’interno del Parco, alcuni alberi che ci sembrano interessanti per l’età, la dimensione e perché si trovano in
luoghi di particolare rilievo storico o naturalistico.
Vi sono particolari esemplari di querce che troviamo isolati o nei
boschi. Esistono diverse specie: tra quelle a foglia caduca troviamo
la Farnia, con le ghiande appese ad un peduncolo, la Rovere con le
ghiande sessili (senza peduncolo), il Cerro con le ghiande protette
da una cupola frangiata e la Roverella con le foglie tomentose (ricoperte da una sottile peluria) nella lamina inferiore. Il Leccio è invece
una quercia sempreverde, tipica dei climi temperati, la cui ghianda
di color marrone è allungata e la foglia è coriacea.
Presso Villa Salina troviamo un solitario esemplare di albero di castagno, insolito sia perché generalmente queste piante si trovano
all’interno di vasti castagneti, sia perchè questa specie è tipica di
altitudini maggiori.
L’olmo assume nel periodo primaverile una tonalità rosata e successivamente si copre di piccoli frutti (samare) quasi tondi i quali,
distaccandosi quando sono maturi, volano via portati dal vento.
L’olmo, insieme al gelso e al pioppo, è tra gli alberi che più caratterizzavano il paesaggio agrario padano.
L’ulivo è presente nel Parco con alcuni esemplari secolari che
spesso sono ubicati presso i giardini di ville private.
Il cipresso, con le foglie lievemente profumate, i cui frutti (coccole)
sono arrotondati a forma di uovo, conferisce al paesaggio del Parco
una caratteristica fisionomia dal sapore mediterraneo.
Il gelso bianco originario della Cina, produce frutti simili a more di
colore bianco ed è stato importato per nutrire con le foglie i
bachi da seta. Tutti gli anni veniva regolarmente potato per accrescere lo sviluppo di rami e foglie. Una legge del 1930 impediva l’abbattimento di tale albero.
Il giuggiolo è originario della Siria, dove viene coltivato da oltre
4000 anni. In Italia venne importato dai Romani, ma oggi viene
considerato “un albero dimenticato” anche per il suo scarso rendimento.
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Il pino domestico, una specie tipica del clima
mediterraneo, che produce i pinoli, è caratteristico per la chioma espansa ad ombrello.
Riportiamo alcune indicazioni per raggiungere i singoli alberi, individuati sulla cartina:
A Cipresso,
(Cupressus sempervirens), loc. Palazza
Da Bologna o da San Lazzaro raggiungiamo
la località Ponticella, quindi percorriamo via
San Ruffillo, teniamo la destra per via del Colle e giriamo a sinistra per via Benassi, in ripida salita. Prima di arrivare alla località Palazza,
incontriamo il maestoso cipresso, al quale fa
da sfondo la città di Bologna.
B Roverella,
(Quercus pubescens), loc. Madonna dei Boschi
• Da Bologna percorriamo via Toscana e
arriviamo a Rastignano; dopo il cartello
di inizio località voltiamo in salita a sinistra per via Monte Calvo, dopo alcune
curve raggiungiamo l’incrocio via Buozzi-via Montecalvo e giriamo a sinistra per
via Madonna dei Boschi, parcheggiando
nell’area di sosta che troviamo subito
sulla sinistra.
• Da San Lazzaro di Savena percorriamo
via Bellaria; di fronte al parco della Resistenza (circolo ARCI) imbocchiamo via
Croara e quindi, oltrepassata la Chiesa
di santa Cecilia, prendiamo a destra per
via Madonna dei Boschi. Passiamo da-
vanti alla “ex cava a filo” e parcheggiamo
nell’area di sosta sulla destra, poco prima
dell’incrocio con via Buozzi.
Dall’area di sosta seguiamo a piedi un sentiero che conduce alla “Palestrina”, quindi, attraversata la strada, imbocchiamo il sentiero nel
bosco che conduce all’Oratorio di Madonna
dei Boschi , risalente al XVI secolo, situato
proprio di fronte alla maestosa quercia.
C Cipressi, (Cupressus sempervirens),
loc. Monte Calvo.
Da San Lazzaro di Savena percorriamo via
Bellaria e di fronte al parco della Resistenza imbocchiamo via Croara. Oltrepassata la
chiesa della Croara, proseguiamo sempre
dritto per la chiesa di San Giovanni Battista
a Montecalvo, preceduta da un bel viale di
cipressi.
D Ulivi, (Olea europaea), loc. Monte Calvo
Da San Lazzaro di Savena percorriamo via
Bellaria e di fronte al parco della Resistenza
imbocchiamo via Croara.
Oltrepassata la chiesa della Croara, proseguiamo sempre dritto per la chiesa di San
Giovanni Battista a Montecalvo.
Per vedere gli ulivi, parcheggiata l’auto, percorriamo, sulla destra del viale di cipressi, la
sterrata in leggera discesa che, seguendo le
indicazioni per il sentiero CAI 817, conduce
nei pressi di una baracca di lamiera.
Voltando a destra arriviamo nel cortile di una
casa colonica (proprietà privata, occorre chiedere il permesso di passare), lo attraversiamo
imboccando poi il sentiero in discesa che
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ci conduce su un piccolo terrazzamento, dove
sono presenti diversi esemplari di ulivi secolari.
E Quercia, (Quercus pubescens), Giardino
Villa San Camillo.
È facilmente raggiungibile da San Lazzaro, in
località Mura S.Carlo. Nel giardino osserviamo
anche esemplari di cedro, bagolaro, pino Himalayano.
F Castagno, (Castanea sativa), Villa Salina
Da San Lazzaro seguiamo le indicazioni per il
Centro Parco Casa Fantini, percorrendo via Jussi in direzione Farneto. Villa Salina, ora casa di
riposo per anziani, è situata sulla sinistra di via
Jussi al civ.117. All’interno del bel parco storico,
con un pregevole giardino all’italiana, si trova un
solitario castagno.
G Ulivo, (Olea europaea), loc.Coralupi
- In auto Da Bologna raggiungiamo la località Farneto, oltrepassato il Centro Parco Casa Fantini (via Jussi,171) saliamo a sinistra per Via dell’Eremo.
Dopo circa 2 km, in prossimità di alcune ville,
voltiamo a sinistra per via Gaibola e parcheggiamo.
Ci inoltriamo quindi a piedi per il sentiero CAI
806, fino all’incrocio con il sentiero CAI 804, che
imbocchiamo in discesa a sinistra, fino ad arrivare ad un pianoro in località Coralupi, dove sulla
sinistra si può scorgere l’ulivo (proprietà privata)
al centro di una bella radura prativa.
-A piedi –
Da Bologna raggiungiamo la località Farneto,
quindi il Centro Parco Casa Fantini in Via Jussi
171 e parcheggiamo nell’area di sosta prospiciente. Oltrepassato il cancello imbocchiamo il
sentiero CAI 804 in salita.
Dopo un tratto ripido in mezzo al bosco, arriviamo alla località Coralupi, dove nei pressi della
casa, “ci accoglie” il grande ulivo, posto al centro
di una radura sulla destra del sentiero (non è
consentito percorre il prato, perché di proprietà
privata).
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H Ulivo, (Olea europaea), loc. Casola Canina
In località Farneto, oltrepassato il Centro Parco
Casa Fantini, svoltiamo a sinistra e percorriamo
in ripida salita via dell’Eremo; raggiunto il crinale, proseguiamo fino al termine della strada in
località Casola Canina, dove inizia una sterrata
(cartello bianco-verde del Parco: Calanchi Casola Canina). Qui parcheggiamo l’auto e continuiamo a piedi seguendo le indicazioni del
sentiero CAI 831.
Percorso un tratto di crinale che attraversa una
zona calanchiva, arriviamo ad un magazzino
agricolo e proseguiamo a sinistra per il cimitero
di Casola Canina.
Dalla strada sterrata, prima di arrivare al Cimitero, si intravede tra gli alberi un unico esemplare
di ulivo.
N Quercia, (Quercus pubescens), Torrente
Centonara
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti, percorriamo via dei Billi,
via Pertini e la sterrata che costeggia il Torrente
Centonara (dietro la facoltà di Medicina e Veterinaria) dove, nei pressi di un’abitazione rurale,
si trova una quercia monumentale.
I Quercia, (Quercus pubescens), Ponte Idice.
Da San Lazzaro percorriamo via Palazzetti, superiamo il ponte sul torrente Idice e giriamo a
destra per via Pedagna.
Subito dopo la prima curva si trova sulla sinistra una piccola area attrezzata, nei pressi del
torrente, dove si può sostare sotto una grande
quercia.
P Querce, (Quercus pubescens), Palazzo
Guidalotti di sotto.
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi e
via Tolara di Sopra; in prossimità di una curva si
innalzano sulla destra le querce del Palazzo Guidalotti di sotto.
L Cipressi, (Cupressus sempervirens),
Mulino Grande.
Da San Lazzaro si percorre via Palazzetti fino
all’incrocio con via Fondè, che imbocchiamo
sulla destra, proseguiamo oltrepassando sullo
stretto ponticello il torrente Zena e all’incrocio
successivo proseguiamo dritto per via Tomasella, verso l’Oasi Fluviale del Mulino Grande. Prima
di arrivare all’area di sosta sono presenti, in corrispondenza di in una curva, 3 grandi cipressi.
M Querce, (Quercus pubescens), Mulino
Grande.
Da San Lazzaro si percorre via Palazzetti finoall’incrocio con via Fondè, che imbocchiamo
sulla destra, proseguiamo oltrepassando sullo
stretto ponticello il torrente Zena e all’incrocio
successivo proseguiamo dritto per via Tomasella, fino all’Oasi Fluviale del Mulino Grande.
Le querce si trovano subito dopo il cartello informativo, scendendo verso il torrente Idice.
O Pini; (Pinus pinea), Palazzo di Spagna.
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi e
via Tolara di Sopra; a metà di un rettilineo incontriamo sulla sinistra il viale alberato di pini che
conduce al Palazzo.
Oltrepassato l’edificio principale si trova il viale di
mandorli, che conduce ad una piccola collina, da
dove si può ammirare uno splendido panorama.
S Quercia, (Quercus pubescens), Villa Torre loc.
Settefonti
T Gelso bianco, (Morus alba), Villa Torre loc.
Settefonti
U Giuggiolo, (Zizyphus vulgaris),
Villa Torre loc. Settefonti
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi
e via Tolara di Sopra, fino a raggiungere la località Settefonti e le indicazioni, sulla sinistra, per il
Centro Visita del Parco - Villa Torre.
Parcheggiata l’auto si prosegue a piedi e, sul bordo del piazzale, ci troviamo di fronte l’imponente
quercia secolare; il gelso e il giuggiolo si trovano
invece rispettivamente dietro e davanti all’entrata principale della Villa.
Q Leccio, (Quercus ilex), S.Andrea
Da Bologna seguiamo la via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi e
via Tolara di Sopra, fino a raggiungere l’incrocio
con via Del Florio,dove giriamo a destra e quindi
a sinistra seguendo le indicazioni per S. Andrea.
Parcheggiata l’auto, proseguiamo prima per strada ghiaiata, poi per il sentiero, dove dopo poco,
sulla destra, troviamo un maestoso esemplare di
leccio.
R Mandorli, (Prunus Dulcis), Dulcamara loc.
Settefonti
Da Bologna seguiamo la Via Emilia Levante in
direzione Imola. Dopo Ozzano seguiamo le indicazioni per Settefonti e percorriamo via dei Billi e
via Tolara di Sopra, fino a raggiungere la località
Settefonti e l’indicazione, sulla destra, dell’Agriturismo Dulcamara.
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Legenda ALBERI CARTINA:
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E
F
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H
I
l
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N
O
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Q
R
S
T
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cipresso Palazza
quercia Madonna dei Boschi
cipressi Monte Calvo
ulivi Monte Calvo
quercia Giardino San Camillo
castagno Villa Salina
ulivo Coralupi
ulivo Casola Canina
quercia Ponte Idice
cipressi Mulino Grande
querce Mulino Grande
quercia torrente Centonara
pini Palazzo di Spagna
querce Palazzo Guidalotti
leccio S. Andrea
mandorli Dulcamara
quercia Villa Torre
gelso Villa Torre
giuggiolo Villa Torre
BIBLIOGRAFIA
“Le Chiese parrocchiali della diocesi di Bologna, ritratte e
descritte.” Bologna Litografia di Enrico Corty. Tipografia
di San Tommaso d’Aquino 1847, ristampa anastatica di
Arnaldo Forni Editore. San Giovanni in Persiceto - BO1997
Giuliano Serra, Adriano Vason, Itinerario storico-turistico
del territorio ozzanese, San Lazzaro di Savena, Lions club
Ozzano-Valle dell’Idice, 1992
Giuliano Serra, Adriano Vason, Borghi e Parrocchie Ozzanesi (fra memorie storiche, tradizioni e costumanze-cronache e documenti su uomini e fatti fino al XIX secolo)
Bologna TIPOARTE 1991
Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa, a cura del Centro Villa Ghigi, Editrice Compositori,
Bologna 1999
Stefanelli d.Evaristo, Bologna: Polifonia di voci, Libricooper 1981
Claudio Negrelli, La fontana dall’Armi a San Pietro di Ozzano - ricerche archeologiche e documentarie – Ed. All’insegna del Giglio, Firenze 2004
34
Francesca Cerioli, Ilaria Cornia, Bologna di selenite – Una
pietra racconta – Costa Editore, Bologna 2002
35
Il Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa comprende sistemi territoriali di grande valore
naturale, scientifico, storico-culturale e paesaggistico. Una realtà gestita e organizzata in modo unitario allo
scopo di conservare, ripristinare e migliorare l’ambiente naturale, sviluppare attività umane compatibili con la
protezione degli ecosistemi, svolgere attività di ricerca scientifica, didattiche e ricreative.
Il territorio del Parco è stato suddiviso in diverse zone con specifiche destinazioni d’uso e differenti zone di tutela
e protezione.
ZONA A
Zona di protezione integrale
comprende territori di grande interesse naturalistico e altamente vulnerabili, nei quali l’ambiente naturale è
protetto nella sua integrità. Qui sono consentite esclusivamente attività di tipo scientifico.
ZONA B
Zona di protezione generale
sebbene siano presenti ambiti naturali di elevato interesse la cui protezione è prioritaria, sono compatibili attività
di tipo agricolo e silvo-pastorale tradizionali e una fruizione escursionistica e ricreativa regolamentata.
ZONA C
Zona di protezione ambientale
sono consentite le attività agricole, forestali, zootecniche e altre attività compatibili con le finalità istitutive del
Parco.
ZONA di pre-parco
È costituita da aree maggiormente modificate dai processi legati alle attività dell’uomo, nelle quali possono essere svolte attività compatibili, finalizzate al miglioramento socio-economico delle comunità locali e alla fruizione
del Parco, coerentemente con le sue finalità.
RISPETTA LE NORME DEL PARCO
Si invita ad attenersi alle norme seguenti e si ricorda che il mancato rispetto comporta una sanzione amministrativa
♣ Mantenersi sul tracciato del sentiero
♣ Non accedere con mezzi motorizzati
♣ Non inoltrarsi nelle cavità naturali
♣ Non abbandonare rifiuti
♣ Non raccogliere fiori e altre piante, prodotti del sottobosco, frammenti di roccia e fossili
♣ Non disturbare in alcun modo gli animali selvatici
♣ Tenere i cani al guinzaglio
♣ Non urlare o produrre rumori inutili
♣ Non invadere le aree di pertinenza delle abitazioni private e le zone coltivate
♣ Non campeggiare e non accendere fuochi
Pubblicazione realizzata nel Giugno 2011 dal Parco Regionale Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa
Coordinamento generale: Arch. Lucia Montagni - Direttore del Parco
Ideazione, testi e immagini a cura di: Associazione Selenite - Bologna - www.selenitebo.it
Parco Regionale dei Gessi Bolognesi
e Calanchi dell’Abbadessa
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Itinerari narranti nel Parco