VITA NEL MONDO
Siamo tutti
nelle mani
di Sarah
L’election day, il 4 novembre prossimo,
è ormai alle porte.
I candidati alla poltrona
di signore del mondo hanno ormai
sparato tutte (o quasi) le cartucce
ma dai sondaggi ancora non emerge
un chiaro vincitore.
A parte economia e crack delle banche
il principale tema di confronto è stato
la difesa della vita e della famiglia,
un tema nel quale i vescovi americani
sono entrati con una forza inusuale,
un tema nel quale la vera differenza
è destinata a farla la Palin,
candidato vice di McCain
ma soprattutto campione pro life
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ottobre 2008
C’
è la crisi dei mutui, il
prezzo del petrolio è instabile, la guerra contro i
talebani in Afghanistan non è
ancora vinta, ma nella campagna elettorale per l’elezione del
prossimo presidente degli Stati
Uniti, c’è un altro tema che occupa le pagine dei giornali e appassiona la gente: si tratta della
difesa della vita nascente e della
famiglia naturale.
Il tema delle legittimità dell’aborto era già stato oggetto
delle ultime due elezioni presidenziali, ed aveva visto le tesi
pro life prevalere su quelle favorevoli all’aborto, alla sua promozione ed piani per la riduzione
della nascite, e per i matrimoni
gay.
Questa campagna elettorale,
nonostante il sentimento pro life
non sia più solo espressione di
gruppi evangelici e cattolici, ma
condiviso da una larga parte
della popolazione, vede il partito democratico radicalmente
impegnato nella riproposizione
dell’ideologia maltusiana fatta
di aborti, sterilizzazioni, nuovi
contraccettivi, fondi per la lobby
antivita, programmi di riduzione
delle nascite per i Paesi in via di
sviluppo, provetta selvaggia, clonazione ecc
Se Obama vincesse le elezioni, le politiche antivita non riguarderebbero solo gli Usa, ma
Obama e McCain
in uno dei rari incontri-scontri tv
a cui hanno dato vita durante
la campagna elettorale
tutto il mondo, visto che l’orientamento su questi temi dell’amministrazione statunitense
influirebbe negativamente sulle
istituzioni internazionali come
l’Onu, la Banca mondiale, il
Fondo monetario internazionale,
l’Ocse, ecc.
Da caldissimo il tema della
vita nascente è diventato incandescente, da quando il 24 agosto, Nancy Pelosi, la Speaker of
the House (presidente della Camera dei deputati), che si dice
cattolica praticante, ha sostenuto che la condanna dell’aborto da parte della Chiesa
cattolica è storia recente che dovrebbe essere cambiata. Il 7 settembre, il senatore Joseph Biden,
candidato alla vicepresidenza
con Obama, anche lui cattolico,
ha aggravato il problema, sostenendo tesi di accettazione dell’aborto, davanti al pubblico
della trasmissione molto popolare “Meet the press” (incontra
la stampa).
Di fronte ad una così evidente “cattiva interpretazione”
dell’insegnamento cattolico in
materia, i vescovi statunitensi,
hanno reagito intervenendo
pubblicamente nel dibattito.
Ha iniziato l’arcivescovo di
Denver, monsignor Chapuit, a
proposito della posizione assunta
sull’aborto dal candidato democratico alla vicepresidenza, Joseph Biden. In una lettera aperta
diffusa in diocesi e alla stampa,
l’arcivescovo ha sottolineato che
la difesa della vita non è una questione di fede, ma di diritti umani.
Alla domanda su quando
abbia inizio la vita, Biden aveva
detto a Meet the Press che “si
tratta di un problema personale
e privato”.
“A dire il vero, - ha replicato
l’arcivescovo di Denver - la moderna biologia sa esattamente
quando la vita umana ha inizio:
al momento del concepimento.
La religione non ha niente a che
fare con ciò”.
Nell’intervista, il senatore ha
osservato che altre persone di
forte credo religioso non concordano con la visione della Chiesa
cattolica sull’aborto. E monsignor Chapuit ha risposto “E’ certamente vero che noi dobbiamo
conoscere le visioni degli altri e
cercare un compromesso quando
è possibile – ma non a spese del
diritto del nascituro alla vita.
L’aborto è un problema fondamentale; non è come la politica
interna o il prezzo del petrolio.
Esso comporta sempre l’uccisione
intenzionale di una vita innocente, ed è sempre, gravemente
sbagliato”.
Circa l’opinione, sostenuta da
Biden, secondo cui “i cattolici
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VITA NEL MONDO
non possono ‘imporre’ le loro visioni religiose al resto del Paese”
monsignor Chapuit ha sottolineato che “opporsi all’aborto è
materia di diritti umani, non di
opinioni religiose”.
L’arcivescovo di Denver ha
concluso affermando che ”se vogliamo essere cattolici, cattolici
americani, compresi gli uomini
pubblici che si presentano come
tali, dobbiamo operare di conseguenza. Dobbiamo mettere fine
alla “Roe” (la legge che autorizza
l’aborto negli Usa, ndr) e all’industria dell’aborto permissivo che
essa permette. In caso contrario
noi tutti – dai senatori e dai
membri del Congresso ai laici –
falliremo non solo come credenti
e discepoli, ma anche come cittadini”.
In merito all’insegnamento
magisteriale della Chiesa in materia di aborto, la commissione
per le attività Pro-Life della Conferenza episcopale degli Stati
Uniti ha diffuso un opuscolo intitolato: “Storia dell’insegnamento
della Chiesa sull’aborto”.
Per evitare interpretazioni
false del magistero, il saggio
della Conferenza episcopale statunitense cita il catechismo della
Chiesa cattolica (n. 2271) e ribadisce che: “Fin dal primo secolo
la Chiesa ha dichiarato la malizia
morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non
è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto
come un fine o come un mezzo,
è gravemente contrario alla
legge naturale”.
In risposta a chi sostiene che
questo insegnamento è cambiato
o che esso è di origine recente, i
vescovi argomentano ricordando
che “fin dall’inizio, i cristiani si
sono nettamente differenziati
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Sarah e suo marito
in occasione della nascita
del loro ultimo figlio
dalle culture pagane circostanti
proprio per il rifiuto dell’aborto
e dell’infanticidio. I primi documenti dell’insegnamento cristiano e la prassi successiva al
Nuovo Testamento nei secoli I e
II, la Didache (Insegnamento dei
dodici apostoli) e le lettere di
Barnaba condannano entrambe
queste pratiche, come avevano
fatto i primi concili regionali e
particolari”.
Pur non avendo le conoscenze
mediche e biologiche moderne,
la Chiesa si è sempre opposta all’aborto.
Nel V secolo d.C. questo rifiuto dell’aborto ad ogni stadio
di sviluppo fu affermato dal
grande vescovo-filosofo Sant’Agostino.
Nel XIII secolo San Tommaso
d’Aquino “condanna l’aborto
come gravemente sbagliato ad
ogni stadio di sviluppo, sostenendo che è un peccato ‘contro
natura’ rifiutare il dono di Dio di
una nuova vita”.
Dal XIII al XIX secolo, la Chiesa
“precisò e riaffermò la sua visione dell’aborto come un atto
intrinsecamente cattivo, che non
può mai essere moralmente giusto”.
I vescovi statunitensi sottolineano come “la scienza moderna
non ha cambiato il costante inse-
gnamento della Chiesa contro
l’aborto, ma ha manifestato
quanto esso sia importante e
ragionevole, confermando che
la vita di ogni individuo della specie umana comincia con l’embrione”.
Il saggio si conclude sostenendo che “dato il fatto scientifico che una vita umana comincia
con il concepimento, la sola
norma morale necessaria per
comprendere l’opposizione della
Chiesa all’aborto è il principio
che ogni vita umana ha una propria dignità, e quindi deve essere
trattata con il rispetto dovuto ad
una persona umana. Questo è il
fondamento della dottrina sociale della Chiesa, compreso il suo
insegnamento sulla guerra, la
pena di morte, l’eutanasia, le
cure sanitarie, la povertà e l’immigrazione. Al contrario, sostenere che alcuni esseri umani non
meritano rispetto o non devono
essere trattati come ‘persone’
(basandosi su fattori mutevoli
come l’età, la condizione di salute, il luogo o la mancanza di
abilità mentali o fisiche) significa
negare l’idea stessa di diritti
umani. Una simile tesi mina il rispetto per le vite di molte persone vulnerabili prima e dopo la
nascita”.
ANTONIO GASPARI
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