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SABATO 20 OTTOBRE 2012
il Cittadino
Primo Piano
INSEDIAMENTI RURALI DEL LODIGIANO ­ 262
LE VICENDE, LE MEMORIE, LE FIGURE DI UN MONDO CONTADINO SCOMPARSO
La sfida vincente del tenente Ponginibbi
Figlio dell’oste di Somaglia, si trasformò in agricoltore illuminato
A
gricoltori si nasce, il più delle
volte. Ma in alcune circostan­
ze lo si diventa anche per de­
stino. Sono sceso nella Bassa,
a Somaglia, addentrandomi in un
pomeriggio denso ancora di luci e di
tepori: durante il viaggio, mi sentivo
contento perché le strade erano inta­
sate da trattori, si procedeva a rilen­
to, non avevo l’ansia di rincorrere il
tempo e, attraverso il finestrino del­
l’auto, mi godevo una meravigliosa
campagna dentro la quale rifulgeva
una rigogliosa natura.
n BROGLIACCI DI MEMORIE
Ho avuto il privilegio di essere ospite
di Piercarlo Ponginibbi e di ripassa­
re tra le mani due brogliacci di me­
morie; le ha scritte durante la secon­
da guerra mondiale, su carta spessa
e marrone, forse utilizzata per im­
ballaggi di contenitori militari, il pa­
dre di Piercarlo: il tenente Luigi Pon­
ginibbi, che era della classe 1917; la
calligrafia sulle pagine è altrettanto
robusta, con i segni delle matite ben
incisi, a guisa di
veri graffiti, ogni
sillaba netta, in­
confondibile.
Nei diari, l’alter­
narsi dei giorni è
raccontato per
minuzie, dalla
sveglia mattutina
al rancio, dalle at­
tività di addestra­
mento ai rapporti
tra soldati. Spes­
so il tenente Pon­
ginibbi faceva ri­
ferimento alla
frequenza della
santa Messa, in
qualche pagina si
doleva per non
avere potuto fare la comunione, non
sentendosi in quelle circostanze in
piena grazia di Dio. Luigi era un fer­
vente cattolico e un generoso: non
negava ad alcuna confraternita
un’offerta, e spesso la sua cassetta
postale era intasata di giornalini ed
opuscoli, con allegati bollettini po­
stali, dei più diversi ordini e gruppi
religiosi. Sfoglio queste pagine di
diario e sentirei l’urgenza di farne
un tesoro condiviso per profonda
umanità ed interpretazione della
storia. E magari non mancherà l’oc­
casione, in un futuro.
n PRIGIONIERO DI GUERRA
Luigi Ponginibbi, originario di So­
maglia, nacque un mese dopo la rivo­
luzione comunista dell’ottobre 1917 e
morì ventidue anni dopo la caduta
del muro di Berlino: essendo di idee
opposte, sorrideva sornione rispetto
agli eventi del suo tempo.
Era un uomo d’azione ed ingegnoso,
con un forte senso imprenditoriale;
quando era militare, ad esempio,
aveva frequentato il corso ufficiali a
Torino e trovato una buona sistema­
zione negli uffici del comando: ma si
annoiava mortalmente ed aveva
chiesto, in più circostanze, di essere
inviato al fronte. Alla fine lo avevano
accontentato: era stato così spedito
in Sicilia, a presiedere un tratto di
costa dell’isola da Palermo a Baghe­
ria. Aveva il proprio quartiere gene­
rale a San Nicola l’Arena, in un ca­
stelluccio su un promontorio che
s’affaccia sul mare, a sette km da
Termini Imerese, ed ancora adesso
sui ruderi di quella struttura sono
visibili i bombardamenti subiti du­
rante il conflitto.
Finì che gli americani lo fecero pri­
gioniero, dandogli però la possibilità
di collaborare e cambiare bandiera.
che partitella tra amici. Piercarlo
Ponginibbi, infatti, è stato un bravo
calciatore tra metà gli anni Ottanta e
Novanta: uno che, a giocarci insie­
me, significava avere la possibilità di
potere rifilare almeno un paio di gol
agli avversari. Era un attaccante di
movimento, una punta con il fiuto
del goal, ai tempo d’oro spesso convo­
cato nella rappresentativa della re­
gione Lombardia. Ecco, andava bene
allentare il lavoro di libero professio­
nista, andava bene trascorre intere
giornate sulle zolle di terra, ma ai
classici quattro calci al pallone non
avrebbe mai e poi mai rinunciato.
Alcune
immagini
della cascina
San Giovanni
in Vida
di Somaglia,
di proprietà
della famiglia
Ponginibbi;
a sinistra
un angolo
della storica
corte
della Bassa
com’era
prima
della recente
ristrutturazione
Non gliel’avessero mai chiesto! Si
mostrò inflessibile e per nulla dispo­
sto a fare il voltagabbana: fu allora
inizialmente mandato in un campo
di prigionia a Tunisi, dove patì la co­
sa che più lo mortificava: la fame.
Dopo qualche tempo fu trasferito in
Francia, a Marsiglia, dove quasi a
compensare il primo periodo di di­
giuno, gli fu dato l’incarico di re­
sponsabile dei viveri per i reclusi.
Luigi Ponginibbi assolse il proprio
compito con grande scrupolo e sem­
pre nel ruolo del prigioniero, leale al­
la propria bandiera e fedele ai suoi
principi. Fu poi trasferito ancora,
questa volta in Germania. Senza ve­
nire meno alle proprie convinzioni,
ma rendendosi conto che l’esercito
italiano in quel momento non c’era
più, decise di collaborare con gli
americani e conseguentemente fu ri­
lasciato e fece ritorno in patria.
n LA PASSIONE AGRICOLA
A Somaglia, Luigi Ponginibbi si
chiese che strada dovesse intrapren­
dere per il suo futuro professionale;
egli era figlio di un oste, che aveva il
proprio locale nei piani inferiori del
castello del paese; Luigi aveva conse­
guito il diploma magistrale e ciò gli
dava la possibilità, superando un
concorso basato su materie interdi­
sciplinari, di partecipare al concorso
per segretario comunale. Fu così che
assunse questo prestigioso incarico:
ricoprì tale ruolo a Trezzano sul Na­
viglio, poi in provincia di Piacenza,
quindi a lungo nel paese di Fombio,
ed infine nel consorzio dei comuni
tra Ospedaletto Lodigiano e Orio Lit­
ta, dove rimase sin oltre la metà de­
gli anni Settanta.
Fu un funzionario scrupoloso come
nel suo carattere, con una passione
neppure tanto segreta: gli sarebbe
piaciuto possedere una cascina. Ne
parlava sempre di questo suo deside­
rio, anche in famiglia: la moglie, Gio­
vanna Veluti, originaria di Guarda­
miglio, sapeva in cuor suo che il ma­
rito sarebbe riuscito in questo suo
desiderio. Lei, oggi novantenne, era
comunque distante dal mondo agri­
colo: faceva la maestra di scuola ele­
mentare, ed infinite generazioni di
bambini sono passati sotto al suo pi­
glio severo, di vero stampo antico;
però gli scolari con lei crescevano
bene, senza fronzoli, e con il senso
del dovere: tanto che ancora oggi la
comunità di Somaglia ricorda sem­
pre con affetto e stima la propria sto­
rica maestra.
A mettere Luigi Ponginibbi nelle
condizioni di possedere la propria
cascinetta, fu giusto il figlio Piercar­
lo, architetto, e anch’egli agricoltore
per destino. Quest’ultimo aveva sa­
puto che a Somaglia era in vendita la
cascina San Giovanni in Vida, che
nell’Ottocento, epoca in cui risultava
della famiglia Pomati, era stata una
corte popolata da cinquanta persone.
Poiché Luigi Ponginibbi aveva un
evidente spirito d’iniziativa, e pensa­
va che nel combinare affari bisogna­
va sempre puntare in alto, si mise in
società con un suo caro conoscente,
Giovanni De Carli, ed insieme a lui
acquistò, oltre la cascina San Giovan­
ni in Vida, una seconda corte: la San
Daniele. Era il 1992, ed a quel tempo
la cascina San Giovanni in Vida era
condotta dalla famiglia Foletti.
n UN SOGNO REALIZZATO
Luigi Ponginibbi investì immediata­
mente come se, invece di avere fatto
tutt’altro mestiere, fosse sempre sta­
to un vero agricoltore di razza; le
uniche sue competenze agricole era­
no relative ad una dozzina di arnie
che nel passato, quando abitava in
un basso del ca­
stello del paese,
teneva nel giardi­
no limitrofo. Ma,
come detto, aveva
fiuto, ed un fortis­
simo senso del­
l’imprenditoriali­
tà: i campi furono
immediatamente
destinati alla col­
tivazione, e affi­
dati per la lavora­
zione ad un con­
toterzista, il lodi­
giano Luigi Peliz­
zoni. Ponginibbi
s e n i o r av e v a
un’infinità di
progetti, forse
davvero troppi
per decidere da
quale partire: era
convinto che le
porcilaie sareb­
bero state un affa­
re eccellente, e
s’era messo a stu­
diare su come e
dove impiantare
le strutture. Nel
frattempo il figlio
Piercarlo s’era
iscritto quale coltivatore diretto, li­
mitando il proprio impegno profes­
sionale d’architetto soltanto a casi li­
mitati, quando cioè un amico gli
chiedeva una consulenza e quindi fi­
nendo con lo svolgere quest’attività
gratuitamente. Per lui, a 31 anni, co­
minciava una nuova vita, con qual­
che incognita, ma con la consapevo­
lezza che, dietro ogni grande deside­
rio, non può che esservi sempre una
risposta adeguata. Ma su una cosa
non era disposto a rinunciare: la pos­
sibilità di fare una sgambata con il
pallone, allorchè si organizzava qual­
n LA CORTE RISTRUTTURATA
La società “Ponginibbi­De Carli” du­
rò dieci anni esatti, poi i due prota­
gonisti decisero di dividere le loro
strade: Giovanni De Carli con il fi­
glio Marcello rilevò la cascina San
Daniele, mentre Luigi Ponginibbi
con il figlio Piercarlo mantenne la
cascina San Giovanni in Vida, circa
1000 pertiche milanesi.
Nei dieci anni successivi Piercalo
Ponginibbi, confrontandosi con i col­
leghi agricoltori, studiando e docu­
mentandosi, ha percorso anche stra­
de alternative: sono state avviate col­
tivazioni di pomodori, soia, girasoli,
per poi tornare al mais che rappre­
senta, in definitiva, la coltura princi­
pale del basso Lodigiano.
Piercarlo, avvalendosi delle proprie
competenze di architetto, ha anche
ristrutturato la cascina: la corte ha
una struttura semplice, ed oggi
emergono i moderni laterizi con le
parti più antiche della possessione.
La casa padronale ha mantenuto
inalterato tutto il proprio fascino.
Come il padre, anche lui ha amato
istantaneamente l’attività agricola,
perché gli ha dato il senso pieno del
ciclo della vita: vedere la nascita di
una pianta, il suo sviluppo, la fase ul­
tima del raccolto, sono emozioni che
gli riempiono il cuore.
Certo, negli ultimi tempi è stato tut­
to leggermente più complicato: la
coltivazione non sempre riesce a ga­
rantire un guadagno; l’ascesa dei co­
sti invece sembra essere inarrestabi­
le. Ma Piercarlo ha avuto un buon
esempio: il senso della Provvidenza
del padre, il suo spirito volitivo ed
imprenditoriale, gli hanno lasciato
lezioni morali importanti. Così Pier­
carlo sa vedere il bicchiere sempre
mezzo pieno: l’agricoltura garantirà
guadagni minori, ma dà comunque
la possibilità di avere un’occupazio­
ne stabile. Una risorsa perciò impor­
tante rispetto ai desolati panorami
del mercato globale, con tassi di di­
soccupazione che sono sempre più
inquietanti. Tanto che l’agricoltura
oggi rappresenta un vero e proprio
sbocco occupazionale, a tal punto
che numerosi agricoltori, in questo
periodo di crisi economica, hanno
trovato sbocco in settori di nicchia,
come quello del vino o dei frutteti.
Anche Ponginibbi ha il suo settore di
nicchia: ha messo qualche arnia in
un campo e produce miele, ma è solo
per uso famigliare, una passione ere­
ditata probabilmente dal padre.
Nel congedarmi da lui, ho la piena
consapevolezza che non solo agricol­
tori, ma anche amici si diventa tal­
volta per destino: così aggiungo d’uf­
ficio Piercarlo Ponginibbi, agricolto­
re predestinato, architetto per studi
e competenze, nel novero dei miei af­
fetti.
Eugenio Lombardo
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