Politica europea e desertificazione: testimonianze dal piano locale Land Care In Desertification Affected Areas From Science Towards Application Introduzione Politica europea e desertificazione: testimonianze dal piano locale Geoff A. Wilson Serie di Opuscoli: A Numero: 6 E’ fondamentale comprendere l’importanza della politica ed il suo ruolo nella desertificazione. Lo scopo di questo opuscolo A6 è di concentrarsi sul ruolo della politica nel decision‐making a scala locale. Saranno esaminate numerose politiche locali, strutturate una sull’altra a costituire una trama che informi il lettore sui problemi, i dibattiti e le preoccupazioni connessi alla policy‐making e alla desertificazione. L’opuscolo esaminerà prima i processi politici (i.e. come funziona la politica?) e farà chiarezza sulle complesse questioni riguardanti i processi di formulazione, emanazione e implementazione delle decisioni politiche. Il testo, poi, tratterà specificamente questioni e problematiche associate all’implementazione delle politiche nel Nord del Mediterraneo, evidenziando come i paesi europei del Mediterraneo abbiano spesso un policy style proprio, che può differire sostanzialmente da quello dei governi dell’Europa settentrionale ed occidentale. Infine, l’opuscolo si occuperà della politica in quanto driver e risposta alla desertificazione mediterranea. A questo scopo, il testo descriverà diversi esempi di risultati delle politiche (sia positivi che negativi) ottenuti in differenti zone del Mediterraneo settentrionale, esaminando la politica agricola in quanto driver chiave per la desertificazione nella valle del Guadalentin (Spagna), nella regione dell’Alentejo (Portogallo), nella Val d’Agri (Italia) e nell’isola di Lesvos (Grecia). Il booklet mostrerà che nessun dibattito sui risultati e sull’efficacia della politica, a livello locale, può essere compreso senza approfondire il legame tra politica e governi. L’emanazione di una disposizione non garantisce che essa venga rispettata sul piano locale. Spesso un provvedimento esiste ma, per diverse ragioni, non viene attuato. E’ a questo che si riferisce l’implementation gap. Tale scostamento sottolinea la necessità di verificare il “successo” di una politica, sondando l’impatto e l’efficacia di una decisione strategica a livello locale. Politiche e desertificazione nel Mediterraneo I paesi mediterranei spesso percepiscono le politiche provenienti da Bruxelles come regolamenti imposti dall’Europa settentrionale. Molti stakeholders mediterranei, quindi, sostengono che le direttive UE (e le conseguenti legislazioni nazionali) spesso mal si adattano alle effettive necessità dei paesi del Nord del Mediterraneo. I policy makers mediterranei preferirebbero applicare politiche atte a promuovere l’intensivizzazione delle attività agricole e del land use, mentre le politiche europee favoriscono l’estensivizzazione. In molti casi l’estensivizzazione non viene associata alla tutela dell’ambiente (e all’arresto della desertificazione) ma all’abbandono del territorio, esacerbando ulteriormente la desertificazione a livello locale (e. g. attraverso la carente manutenzione dei terrazzamenti; l’abbandono di un’agricoltura eco‐sostenibile). Un aspetto importante, e spesso trascurato, degli effetti delle politiche a livello locale è che le politiche possono agire sia da drivers (cause) che da soluzioni alla desertificazione. Nei Paesi del Nord del Mediterraneo, la politica agricola comunitaria (PAC) ha spesso peggiorato i processi di desertificazione, mentre le politiche ambientali hanno, per certi versi, aiutato a mitigare la desertificazione. Per esempio, la PAC fornisce aiuti ai produttori agricoli. Le politiche sono implementate e monitorate da agenzie nazionali, che spesso coinvolgono funzionari locali, le cui azioni risultano sovente al di fuori del controllo della Commissione Europea. L’ammontare dei contributi ricevuti da un’azienda agricola e, cosa più importante, l’area dei terreni o la quantità di bestiame ammissibili, risulta, in ultima analisi, a discrezione degli ufficiali amministrativi ministeriali. Le politiche per le Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM), relative ai seminativi, all’olio d’oliva, all’ortofrutta, alle carni ovi‐caprine, alle carni bovine, hanno un potenziale altamente rilevante nell’accelerare il processo di desertificazione. A partire dalla riforma della PAC nel 1992, tutti i contributi pagati attraverso il regime della lavorazione si basano sull’area territoriale, ciò ha incoraggiato gli agricoltori ad espandere il proprio terreno coltivabile, intensificando il processo di desertificazione. Le OCM carne definiscono dei requisiti relativamente al carico di bestiame per ettaro, e il regime per la carne di vitello prevede un premio di estensivizzazione per il quale il carico massimo è passato da 1 a 1,6 unità di bestiame per ettaro. Tali limiti sono risultati troppo elevati per le aree di pascolo in condizioni di fragilità ambientale, traducendosi spesso in un aumento del carico di bestiame per ettaro (piuttosto che in una diminuzione) con impatti potenzialmente drammatici sul processo di desertificazione. Nel Nord del Mediterraneo il carico di bestiame per ettaro tende ad aumentare a causa del cambiamento delle pratiche agricole (mancanza di rotazione del pascolo) o a causa degli aiuti ricevuti attraverso la PAC. Le quote di bestiame si sono particolarmente estese all’interno delle cosiddette “Aree meno favorite” dell’UE (aree marginali dal punto di vista agricolo ubicate spesso in zone collinari o montane). Le misure agro‐ambientali e agro‐forestali dell’UE, entrambe atte a mitigare la desertificazione, hanno evidenziato effetti diversi nel processo di riduzione della desertificazione. Queste politiche vengono spesso accusate di compromettere gli obiettivi ambientali e funzionare solo come fonte alternativa di reddito. In particolare, la regolamentazione agro‐ ambientale UE si presta a differenti interpretazioni nella fase dell’implementazione. I responsabili dell’applicazione di queste regolamentazioni ai livelli regionale e locale si trovano nella posizione critica di dover tradurre in pratica l’interpretazione dell’obiettivo di queste politiche. Alcuni piani (e. g. piani di rimboschimento) hanno ottenuto un relativo successo nel ritardare la desertificazione, mentre altri (specialmente quelli basati sull’intervento volontario degli agricoltori) non hanno portato, in genere, ad un sostanziale miglioramento del processo di desertificazione. Un altro elemento di preoccupazione è rappresentato dallo scarso peso finanziario di queste politiche, specialmente se confrontate con l’ammontare degli aiuti alla produzione legati al funzionamento della PAC. Accade spesso che gli effetti positivi delle misure agro‐ambientali e agro‐ forestali, in termini di reazione alla desertificazione, vengano controbilanciati da altre politiche che incoraggiano intensificazione e pratiche gestionali inadeguate. Le politiche ambientali hanno avuto un effetto più diretto sui processi di desertificazione a livello locale, anche se il modo in cui la desertificazione viene affrontata dalle politiche ambientali è stato, generalmente, soggetto a critiche. La politica ambientale UE ha provocato un notevole sviluppo della legislazione nazionale degli stati membri, anche se una questione completamente diversa è il modo in cui, o piuttosto se, la legislazione risultante viene applicata nella pratica. Le politiche agricole più rilevanti in merito alla desertificazione nel Nord del Mediterraneo sono la Direttiva Habitats, che individua zone protette soggette a limitazioni nella gestione; le direttive riguardanti la Valutazione di Impatto Ambientale e la Valutazione Ambientale Strategica, che stabiliscono l’iter per stimare l’impatto ambientale di potenziali progetti, piani e programmi; e la Direttiva Quadro Acqua, che assicura la protezione delle acque dalle sostanze inquinanti e fissa i requisiti per sistemi di gestione a scala di bacino idrografico. Il fallimento della politica nella lotta alla desertificazione a livello locale Le politiche non sono riuscite a gestire adeguatamente le problematiche della desertificazione nelle zone del Mediterraneo settentrionale, in alcuni casi tali politiche hanno persino esacerbato i problemi di desertificazione. Le principali cause di tale fallimento sono state: • Il rigido modello top‐down delle politiche UE, insieme alla mancanza sia di responsabilità che di consultazioni a livello regionale e locale, spiegano la creazione di misure non sostenibile sotto il profilo ambientale. • L'efficacia delle politiche è stata ulteriormente ostacolata dalle differenti agende politiche e dalle diverse interpretazioni che della desertificazione danno i diversi attori dell’Europa meridionale. • Qualsiasi elaborazione di nuove politiche riguardanti aree dell’Europa meridionale caratterizzate da problemi collegati alla desertificazione, necessitano di includere gli stakeholders locali in tutte le fasi: dalla formulazione, alla progettazione, all'esecuzione, al controllo e monitoraggio del successo o del fallimento della politica. Le conseguenze della desertificazione, in molte zone agricole del Nord del Mediterraneo, non sono sempre facilmente individuabili, ed è spesso difficile per gli agricoltori associare a specifici cambiamenti nell’uso del suolo l’aumento del rischio di desertificazione. Questa situazione è stata esacerbata dal fatto che la nozione di “desertificazione” è interpretata in modi diversi sia dai vari politicy‐makers preposti all’implementazione delle politiche atte a contrastarla, sia dagli agricoltori stessi. Ciò ha provocato gravi difficoltà nella corretta implementazione delle azioni e dei provvedimenti atti a combattere ed attenuare la desertificazione all’interno del Mediterraneo. Ci sono cinque motivi che spiegano il fallimento delle politiche di lotta alla desertificazione nel Nord del Mediterraneo: • Gli attori del settore agricolo tendono a predominare nel processo di decision‐making usando (troppo) le leve degli aiuti a livello aziendale (in particolare sovvenzioni); la componente legata sia alle competenze che agli interessi ambientali è particolarmente debole. Di conseguenza, le risorse naturali, come il suolo e l’acqua, vengono spesso percepite come fattori di produzione e fonti di reddito sia a livello aziendale che territoriale, piuttosto che come risorse naturali da gestire in modo sostenibile per mitigare la desertificazione. • La massimizzazione del reddito attraverso l’utilizzo degli aiuti europei e nazionali agli investimenti, per promuovere una produzione più competitiva e ad alto contenuto tecnologico, e il predominio degli interessi agricoli nei network politici, agiscono entrambi nella direzione di un aumento del degrado del suolo e delle risorse idriche. • Il danno da erosione potrebbe essere evitato, facendo rispettare più rigidamente le aree protette e le misure di conservazione già esistenti. Ciò significa che nel monitorare i risultati delle pratiche di conservazione, particolare attenzione deve essere prestata agli obiettivi ed agli interessi espressi dai soggetti preposti all’implementazione della politica. • Si stanno registrando cambiamenti in direzione di un utilizzo più sostenibile sotto il profilo ambientale dei sussidi e degli aiuti agli investimenti. Tuttavia, tali cambiamenti si verificano come risposta ad un ambiente già interessato da severi fenomeni di degrado piuttosto che essere il risultato di forze endogene sensibili provenienti dalle aree interessate. • Il modo in cui la desertificazione è spesso intesa e gestita è politico, collegato al consenso prevalente riguardo all’utilizzo “migliore” e “giustificato” delle risorse naturali locali. Quest’interpretazione è evidente nella allocazione dei finanziamenti per opere infrastrutturali su larga scala, come i trasferimenti idrici per l’irrigazione tra bacini idrografici adiacenti. Linee guida 1.L’opuscolo A6 ha evidenziato la complessità dell’attuale contesto politico europeo e nazionale che influenza il cambiamento del landuse in Europa meridionale, con i suoi numerosi effetti diretti ed indiretti sui processi di desertificazione. L'implementazione della politica deve essere più sensibile alla dimensione culturale ed ambientale della gestione del territorio. In particolare, è necessario stabilire canali per la partecipazione pubblica secondo quanto indicato nei Piani di Azione Nazionali ed in conformità con i principi di miglior politica e di issue ownership. 2. I land managers devono essere meglio informati circa l’estensione ed i sintomi di desertificazione nel loro territorio. 3. Alcune politiche in corso di definizione sembrano essere promettenti. Per esempio, la Strategy on Soil Protection UE (Strategia Suolo) contiene buoni requisiti per affrontare la desertificazione, anche se l'implementazione, a livello locale, deve essere migliorata e abbreviata. In più, l’European Spatial Development Perspective può fungere da incentivo per sviluppare un processo più trasparente e completo per la gestione e pianificazione del territorio. Infine, la condizionalità obbligatoria e le buone condizioni agronomiche ed ambientali (BCAA), introdotte dalla revisione di medio termine della PAC, aprono nuove opportunità per combattere i problemi di desertificazione. 4. Il quadro politico – in quanto driver fondamentale del cambiamento del landuse nell’Europa meridionale ‐ necessita di essere sostanzialmente trasformato. I risultati negativi prodotti dalle diverse politiche derivano in gran parte dalla mancanza di una politica europea di lotta alla desertificazione unificata e coerente, così come dalla mancanza di influenza esercitata dagli esperti e responsabili dell’ambiente. Si sono definiti degli approcci politici frammentari, in cui le politiche destinate ad attenuare la desertificazione sono state attuate attraverso interventi, a carattere europeo e nazionale, spesso scoordinati. Si dovrebbe arrivare alla definizione di un framework europeo unificato ed olistico contenente misure in grado di affrontare direttamente i problemi legati alla desertificazione e che riunisca le varie politiche, attualmente piuttosto differenti e separate, dagli effetti spesso negativi.