Diversità come risorsa
Conoscere per aiutare
Istituto Comprensivo del Po
Ostiglia
A.S. 2011/2012
Finalità primaria dell’Istituto Comprensivo del Po è quella di promuovere e
favorire il processo di crescita e maturazione della persona, ponendo al
centro l’alunno. È sulla base dei “bisogni formativi” di quest’ultimo che si
identificano gli obiettivi di apprendimento relativi alla persona. Le capacità, gli
interessi, le motivazioni e la diversità di ogni alunno diventano la matrice per
la successione ordinata delle esperienze di apprendimento.
Ponendosi in quest’ottica, questo lavoro ha come obiettivo la promozione di
una più approfondita conoscenza delle specifiche diversità certificate fin
dall’entrata nei singoli gradi di scolarizzazione. Si propone perciò come risorsa
per una comune modalità di intervento, diretta e mirata. Ciò sia attraverso
una sintetica trattazione teorica delle più frequenti disabilità sia fornendo una
bibliografia per un maggiore approfondimento.
1
Indice:
La parte di trattazione delle patologie e disturbi che seguono nell’indice vengono trattati
proponendo una definizione, le eziologie più frequenti, le varie manifestazioni e modalità
di intervento didattico.
La sezione di rimando teorico per l’approfondimento dei temi è stata generalmente
suddivisa in bibliografia, sitografia e, in alcuni casi, videografia.
Autismo…………………………………………..
…………………………………….3
Down, sindrome di………………………….... …………………………….………6
Ipoacusia………………………………………..
………………….………………...8
Ipovisione……………………………………....
…………………………………..10
Ritardo cognitivo…………………..………..... …………………………………..11
Nell’ultima
parte
dell’opuscolo
si
trovano
ulteriori
riferimenti
bibliografici
d’approfondimento: di tematiche di cui non si è relazionato in maniera sistematica (per la
non certificazione dei casi o per la sporadicità delle diagnosi); di bisogni educativi speciali;
di buone prassi per il sostegno inclusivo; di riflessioni e indicazioni di pedagogia speciale.
Discalculia………………………………………..…
.…..……………………………13
Dislessia………………………………………......... …………………….…………..13
Disturbi dell’attenzione e Iperattività…….... ………..…………….…………14
Bisogni Educativi Speciali…………………….... ………..…………….…………14
Didattica inclusiva……………………………..… ………..…………….…………14
Strumenti di pedagogia speciale…………...... ………..…………….…………15
2
AUTISMO
DEFINIZIONE
L’autismo va inquadrato come un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (secondo gli ormai accreditati sistemi di
classificazione internazionali, ICD 10 e DSM IV) e non più come “Psicosi”, essendo ormai superata
l’interpretazione psico-relazionale dell’eziologia della patologia autistica. Secondo le indicazioni ormai
consolidate della letteratura internazionale, è appropriato considerare l’autismo come una patologia precoce
del sistema nervoso centrale che determina una disabilità complessa che colpisce pervasivamente la
comunicazione, la socializzazione e il comportamento. (Ministero della Salute, Tavolo nazionale di lavoro
sull’autismo, relazione finale 2008).
Si possono identificare due tipi di autismo: a basso funzionamento, associato a ritardo mentale e ad alto
funzionamento in presenza di intelligenza nella norma.
EZIOLOGIA
1) l’autismo viene interpretato come un disturbo comportamentale, che è la manifestazione finale di diversi
disordini organici (Battaglia e al., 2006).
2) I campi di ricerca riguardano soprattutto la genetica, la neurochimica e l’immunologia (Trottier et al.
1999).
MANIFESTAZIONI
Durante i primi anni di vita del bambino si possono notare anomalie di sviluppo dell’iterazione sociale, della
comunicazione e ristrettezza del repertorio di attività e interessi.
Criteri diagnostici per il disturbo autistico (DSM IV)
A. Un totale di sei (o più item) da (1), (2) e (3), con almeno due di (1), e uno di (2) e (3) ciascuno:
1. deficit qualitativo nell’interazione sociale, come risulta almeno in due delle seguenti:
a.
anomalie nell’uso di molteplici comportamenti non-verbali come contatto oculare,
espressioni facciali, posture corporee e gesti per gestire interazioni sociali;
b.
incapacità e interesse di stabilire una relazione adeguata al livello di sviluppo, con
coetanei;
c.
una mancanza di tentativi spontanei, per condividere gioia, interessi o realizzazioni
con altre persone (ad. es. una mancanza di mostrare, portare o indicare gli oggetti di
interesse);
d.
una mancanza di reciprocità sociale o emozionale.
2. Deficit qualitativi nella comunicazione, come risulta almeno in una delle seguenti:
a.
ritardo o deficit
totale nello sviluppo delle competenze linguistiche (non accompagnato da un tentativo di
compensazione, usando modalità alternative di comunicazione, come gesti o mimi);
b.
in persone con
linguaggio adeguato, un deficit notevole nell’abilità di iniziare o mantenere una
conversazione;
c.
uso stereotipato e
ripetitivo del linguaggio o linguaggio idiosincrasico;
d.
una mancanza di
gioco immaginativo o gioco sociale imitativo, in maniera variata e spontanea, ad un livello di
sviluppo adeguato.
3. Modalità di comportamento, attività ed interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati, come risulta
almeno in una delle seguenti:
a.
una
dedizione
assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati, anomali o per intensità o per
focalizzazione;
b.
la sottomissione del
tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici;
3
c.
manierismi motori
stereotipati e ripetitivi (ad es. imprimere alle mani atteggiamenti particolari, o movimenti
complessi con tutto il corpo).
d.
Accanimento con il
particolare di un oggetto.
B. Ritardo o funzionamento anomalo, almeno in una delle seguenti aree, con un esordio prima del terzo
anno di vita:
1. interazione sociale
2. linguaggio come usato nella comunicazione sociale
3. gioco simbolico o immaginativo
C. Lo sviluppo disturbato non può essere spiegato meglio da sindrome di Rett o da Disturbo
Disintegrativi dello Sviluppo
INTERVENTO DIDATTICO
Sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria e la secondaria di primo grado e comunque a seconda della
gravità del disturbo, si nota come per portare il bambino nel circolo delle interazioni sociali, si debbano
stimolare l’imitazione, la comunicazione emotiva e la condivisione di esperienze.
Per diminuire i deficit relativi all’interazione sociale reciproca è necessario sviluppare attenzione
congiunta attraverso:
- lo sviluppo dell’interesse per il viso umano;
- ridere e sorridere insieme in risposta alla stessa situazione;
- rispondere con la manifestazione di un’emozione al comportamento dell’altro che voleva
provocare una reazione emotiva;
- cogliere l’emozione dell’altro, la sua motivazione e adattare in qualche modo ad essa la
propria emozione;
- utilizzare l’espressione delle emozioni come strumento nello scambio sociale.
Per ridurre i deficit della comunicazione risulta invece necessario:
- comunicare con le immagini e le parole che il bambino è più motivato ad apprendere e/o che dovrà
usare più frequentemente;
- il linguaggio ricettivo deve precedere quello espressivo;
- evitare l’eccessiva verbalizzazione;
- attirare l’attenzione prima di parlare;
- adattare il livello del linguaggio a quello del bambino (struttura: come?; contenuto: cosa?);
- parlare di soggetti concreti (ciò che il bambino fa, ha appena fatto, sta per fare; ciò che conosce, i
suoi interessi, …);
- le parole nuove vanno insegnate singolarmente o in brevi frasi;
- procedere per piccole tappe;
- utilizzare tutte le forme possibili di comunicazione;
- mostrare di essere pronti ad ascoltare;
- creare situazioni che stimolino il linguaggio.
Il primo passo per insegnare la comunicazione è quello di scegliere un sistema di comunicazione adeguato
all’individuo. Nel caso in cui la persona sia in grado di imitare verbalmente le parole si può scegliere come
sistema di comunicazione il linguaggio verbale, altrimenti si consiglia di introdurre un sistema di
Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), intesa come l’insieme delle conoscenze, delle tecniche, delle
strategie e delle tecnologie attivabili per facilitare la comunicazione in soggetti che manifestano una
carenza/assenza temporanea o permanente nella comunicazione.
Per ridurre i deficit relativi alla modalità di comportamento e interessi, che sono ristretti, ripetitivi e
stereotipati all’età mentale della persona si consiglia di :
- facilitare le operazioni al bambino, raggirando le difficoltà e sfruttando i punti di forza;
- impostare una difficoltà alla volta lavorando sulle abilità emergenti;
4
-
strutturare lo spazio, il tempo e i materiali rendendoli prevedibili e costanti (checklist);
proporre attività facili e familiari;
sfruttare interessi concreti;
alternare nuove proposte o nuove variazioni con l’offerta di materiali o modalità di gioco già note e
amate;
introdurre novità che in qualche modo assomiglino ai materiali già noti.
BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association, “Diagnostic and statistical Manual of mental Disorders”, Fourth
Edition, Washington DC, 1994.
“Autismo e disturbi dello sviluppo”, rivista quadrimestrale a cura di Zappella M., Divisione di
Neuropsichiatria infantile, AO Senese.
Cottini L., “Che cos’è l’autismo infantile”, Carocci, 2002.
Dyrbjerg P., Vedel M., “L’apprendimento visivo nell’autismo. Come utilizzare facilitazioni e aiuti
tramite immagini”, Erickson.
Ianes D., Zappella M., “Facciamo il punto su…l’autismo. Aspetti clinici e interventi psicoeducativi”,
Erickson.
Jordan R. Powell S., “Autismo e intervento educativo. Comunicazione, emotività e pensiero”,
Erickson.
Pichal B, “Autismo- Disturbi Pervasivi dello Sviluppo”, corso di formazione USR Lombardia – Ufficio
XVI- Ambito territoriale di Mantova, Ottobre-Novembre 2011.
SIMPIA- Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza , “Linee guida per
l’autismo. Diagnosi e interventi”, Erickson.
Simpson R.L., Zionts P., “Cosa sapere sull’autismo. Concetti base e tecniche educative”, Erickson.
SIPES, Integrazione degli alunni con disturbi dello spettro autistico”, Erickson.
Solari S., Comunicazione aumentativa e apprendimento della letto-scrittura, Erickson.
Surian Luca, “L’autismo”, Il Mulino, 2005
Watson L., Lord C., Schaffer B., Schoper E., “La comunicazione spontanea nell’autismo. Secondo il
metodo TEACCH”, Erickson.
Xaiz C. Micheli E., “Gioco e interazione sociale nell’autismo. Cento idee per favorire lo sviluppo
dell’intersoggettività”, Erickson.
Zanobini M. e Usai M.C., Psicologia della disabilità e della riabilitazione, Franco Angeli 2005.
SITOGRAFIA
http://www.edscuola.it/archivio/handicap/hele.html
http://www.autismoonline.it/pag_scuola.htm
http://www.scienzeformazione.unipa.it
5
SINDROME DI DOWN
DEFINIZIONE
La sindrome di Down è una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma in più nelle
cellule di chi ne è portatore: invece di 46 cromosomi nel nucleo di ogni cellula ne sono presenti 47.
La conseguenza di questa alterazione cromosomica è una forma di disabilità caratterizzata da un variabile
grado di ritardo nello sviluppo mentale, fisico e motorio.
EZIOLOGIA
Nel 98% dei casi la sindrome di down non è ereditaria. Le possibili ipotesi eziologiche fino ad oggi formulate
(agenti chimici, radiazioni, infezioni virali, alterazioni metaboliche o endocrine materne) non sono state
avvalorate dalle ricerche condotte.
In definitiva si ritiene che l’insorgenza delle anomalie cromosomiche sia un fenomeno naturale, legato alla
fisiologia della riproduzione umana e anche molto frequente
CARATTERISTICHE
- ipotonia muscolare
- occhi a mandorla
- testa piccola, naso appiattito
- ritardo mentale di diversa intensità
- predisposizione ad affezioni respiratorie e malformazioni cardiache
QUANDO SI MANIFESTA
La presenza della sindrome di Down è diagnosticabile nel neonato, ma ancor prima della nascita con
l’amniocentesi o la villocentesi su donne considerate a rischio.
INTERVENTO DIDATTICO
Scuola dell’Infanzia
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-
Durante il primo anno di vita il bambino Down ha uno sviluppo simile a un coetaneo normodotato,
ma le interazioni tipiche (con gli oggetti e le persone) di questa fase si sviluppano in ritardo;
Nella scuola dell’infanzia sarà importante valorizzare le attività imitative e cooperative nonché i
giochi sociali-simbolici.
Tra gli obiettivi educativi fondamentali del progetto educativo individualizzato vi sono quindi ai primi
posti quelli comunicativi e sociali;
altrettanto importanti sono gli obiettivi relativi alle varie autonomie. Proprio fra i tre e i sei anni
diventano cruciali le autonomie relative al tenersi pulito, al collaborare nel vestirsi, al mangiare ecc.
Un attività cruciale nella scuola dell'infanzia è il disegno. L'idea che il disegno deve essere una
attività spontanea in cui non si interviene può essere particolarmente sbagliata per i bambini con
sindrome di Down, in quanto li lascia soli di fronte alla propria carenza. Proprio per evitare una
inadeguata caduta dell'autostima, che avrebbe effetti negativi sulla motivazione all'apprendimento
scolastico in generale, è opportuno aiutare il bambino a disegnare.
Attività precocemente volte all'apprendimento della lettura e della scrittura sono di norma da evitare.
Si può viceversa "lavorare" con l'uso dei primi numeri: fino a tre, ma anche fino a quattro o cinque.
Inutile (e forse controproducente in quanto si insegna a fare le cose senza capirle) è insegnare a
contare oltre il dieci.
Sempre più diffusa è la prassi di far frequentare l'asilo nido e/o la scuola dell'infanzia per un anno in
più. Nella grande maggioranza dei casi questa sembra una scelta adeguata, soprattutto se preparata
adeguatamente e, ovviamente, ben condivisa dai genitori. Ad esempio è importante che nell'ultimo
anno dell'asilo nido e in quello della scuola dell'infanzia il bambino stia progressivamente sempre più
con quelli che saranno i suoi compagni di scuola anche nell'anno successivo.
Scuola primaria
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Nell’affrontare gli insegnamenti scolastici diventa prioritario capire il grado di ritardo dell’alunno e la
discrepanza fra ciò che normalmente si chiede ai bambini iscritti nella classe frequentata dal
bambino con sindrome di Down e le sue effettive possibilità.
Ottimale è la situazione in cui l'allievo con sindrome di Down lavora nell'aula in cui ci sono tutti i
compagni e non in un'altra aula. E’ necessario trovare dei punti di contatto fra ciò che fa l’allievo con
sindrome di Down e ciò che fanno gli altri. Questo non significa fare le stesse cose , ma cose che si
riferiscono allo stesso argomento; questo obiettivo è più facilmente raggiungibile se si propongono
argomenti ampi, ricchi, e affrontabili a diversi livelli di difficoltà.
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Il lavoro cooperativo per piccoli gruppi è particolarmente adatto per una classe in cui è inserito un
allievo con sindrome di Down.
Il processo di apprendimento della letto-scrittura richiede vari anni e solo una minoranza di bambini
sa leggere e scrivere a livello di I elementare prima dei 9 anni. Un 30-40% dei ragazzi si trova nella
fase che genericamente chiamiamo pre-lettura e pre-scrittura.
Rispetto ad altri individui con lo stesso livello di disabilità intellettivo, quelli con sindrome di Down si
caratterizzano per un buon livello di comunicazione non verbale e per prestazioni inferiori a livello di
comunicazione verbale; le prestazioni sono inferiori nella produzione rispetto alla comprensione. La
pronuncia e l’articolazione sono danneggiate.
Problemi di udito e malformazioni della bocca e della cavità orale possono ostacolare la produzione
linguistica.
I consiglia il metodo globale nell’insegnamento-apprendimento della letto-scrittura.
Nell’area matematica può risultare utile favorire apprendimenti o utilizzazioni pratiche anche in
assenza delle competenze concettuali necessarie (es: uso dell’orologio e del denaro).
Nelle aree storico-geografico-scientifiche è fondamentale partire dal vissuto e dalle conoscenze
possedute.
E’ importante proporre attività al livello di prestazione del bambino per rinforzare le sue capacità e
appena più impegnative per favorire un ulteriore progresso.
Per quanto riguarda altre attività espressive e artistiche il bambino con sindrome di Down manifesta
meno problemi rispetto al disegno. Riconosciuta è la sua motivazione per la musica ed anche per la
danza. Buona può essere la sua disponibilità per le attività di drammatizzazione. Egli è aiutato dalle
sue buone capacità imitative.
Scuola secondaria di primo grado
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L'apprendimento della lettura e della scrittura richiede una età mentale di 4-5 anni. La grande
maggioranza degli allievi di scuola secondaria di I grado è in possesso di tali requisiti cognitivi ed è
quindi in grado di apprendere a leggere e scrivere, se vi è stato un opportuno insegnamento per
almeno 3 o 4 anni nel periodo precedente.
Quasi tutti gli alunni con sindrome di Down sono in grado di leggere singole parole, ma solo il 29%
riesce a leggere e comprendere semplici brani.
Nella scrittura le prestazioni sono nel complesso inferiori a quelle nella lettura;
Nell’area matematica si ritiene utile favorire apprendimenti o utilizzazioni pratiche anche in assenza
delle competenze concettuali necessarie; ad esempio fornendo strategie pratiche per la lettura
dell’orologio (usare uno digitale; in quello con le lancette dare più importanza alla lancetta più
piccola, ecc.), per capire quando una cosa costa molto o poco (ad esempio “i soldi di carta valgono
di più di quelli di metallo”);
Nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria di I grado c’è di norma un progresso anche
nelle capacità di studio e nell’autonomia, ma esso quasi sempre viene vanificato dal fatto che gli
argomenti da studiare sono più complessi e in definitiva l’aiuto esterno è sempre necessario.
COMPORTAMENTI PROBLEMATICI
Vengono segnalati comportamenti disadattivi o psicopatologici nel 25% circa degli individui con sindrome di
Down. I disturbi più frequenti sono disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività e comportamenti
oppositori e provocatori.
Se consideriamo anche i comportamenti problematici, anche se non gravi, le percentuali aumentano: almeno
un bambino con sindrome di Down su due è eccessivamente ostinato, disobbediente, polemico e impulsivo.
BIBLIOGRAFIA
A.A.V.V. “Progetti di vita per le persone con sindrome di Down. L’integrazione scolastica e lavorativa,
l’autonomia sociale, la condizione adulta, la sessualità”. Editore Del Cerro.
Hanson M. J., “L’insegnamento al bambino Down. Guida pratica per l’intervento precoce”, Erickson.
Vicari S., “La sindrome di Down”, Edizioni il Mulino, 2007.
Vicari S., “Lettura, scrittura e calcolo nella sindrome di Down. Percorsi di intervento”, Centro studi
Erickson.
SITOGRAFIA
www.edscuola.it
www.sindromedidown.it
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IPOACUSIA
DEFINIZIONE
Il termine ipoacusia indica una riduzione dell'udito; tale riduzione può essere di lieve, media o grave entità.
L'ipoacusia può essere monolaterale, bilaterale simmetrica o bilaterale asimmetrica.
L'udito è una funzione molto importante e una sua riduzione può compromettere seriamente la qualità della
vita di un soggetto.
EZIOLOGIA
Le cause sono soprattutto legate a fattori ereditari, ma hanno una loro incidenza anche le cause
traumatiche, quelle tossiche e quelle infettive.
CARATTERISTICHE
I segnali più comuni sono quelli di sentire meno bene i suoni, avere difficoltà nelle conversazioni e fare molta
fatica a capire le parole se sono pronunciate in presenza di rumore, necessità di farsi ripetere le frasi, errori
di comprensione nella conversazione.
Se un bambino presenta una ipoacusia grave o gravissima,congenita, o acquisita prima dello sviluppo del
linguaggio, non potrà sviluppare correttamente lo stesso in maniera spontanea. Verranno infatti a mancare a
questo bambino tutti quegli stimoli sonori, assimilando i quali invece egli stesso sarà in grado,
riproducendoli, di realizzare il linguaggio parlato.
La sensazione di isolamento che questa condizione causa porta ad emarginazione, porta a deficit dello
sviluppo globale della personalità del bambino, porta alla formazione di un individuo incompleto, incapace di
comunicare con gli altri, frustrato, in quanto non gratificato, già dalla più tenera età, da uno dei primi i
conforti che aiuta l'uomo e che e' la voce materna.
QUANDO SI MANIFESTA
L’ipoacusia può manifestarsi in tempi diversi a seconda delle cause che ne sono all’origine.
INTERVENTI DIDATTICI
Quando un bambino sordo arriva a scuola, l’insegnante individua quasi subito una serie di difficoltà
riguardanti sia l’area socio-affettiva che quella cognitiva, ma non è sempre in grado di metterle in relazione
con il deficit e quindi di agire adeguatamente per aiutare il bambino a superare l’handicap. La terapia più
usata è l’uso di protesi acustica o impianto, che comunque non è in grado di ripristinare al 100% la
funzionalità dell’orecchio; perciò l’uso di apparecchio o impianto deve essere sempre associato alla terapia
logopedica di abilitazione o riabilitazione.
Di solito il livello cognitivo è nella media, quindi l’alunno è in grado di seguire la programmazione di classe.
Tuttavia si rendono necessari sia da parte dell’insegnante che dei compagni alcuni accorgimenti e strategie
comunicative per poter comunicare più facilmente con il bambino sordo:
- mettersi sempre di fronte a lui quando si parla;
- accertarsi di avere il viso e la bocca ben illuminati;
- parlare in modo chiaro e semplice, senza usare frasi lunghe e con troppe subordinate;
- smettere di parlare quando si è girati a scrivere alla lavagna;
- parlare a turno uno per volta;
- toccare leggermente sul braccio il bambino per richiamare la sua attenzione, mai all’improvviso e
alle spalle;
- renderlo partecipe di tutto quello che avviene in classe e che a lui può sfuggire;
- coinvolgere la classe per far comprendere le difficoltà dell’alunno sordo, proponendo anche giochi di
simulazione;
BIBLIOGRAFIA
Basoli M., Ferraboschi A., Tagliapietre S., “Stimolare le abilità percettivo-udtive. Storie e script per
bambini ipoacusici”, Erickson.
Brogli V., “Percezione e discriminazione uditiva. Materiali per sviluppare il riconoscimento di sonorità
e le competenze metafonologiche., Erickson.
Deliri F., Dolza E., “Si fa per dire” teoria e pratica della lingua italiana dei segni, Editore Cartman
Nicastro R., “Training percettivo- uditivo. Attività di detezione, discriminazione, identificazione,
riconoscimento e comprensione”, Erickson.
8
Zatelli S.; Greco A. G. “Psicosociologia dell'audioleso”. Processi formativi e didattici nelle
istituzioni e nel territorio; Omega.
SITOGRAFIA
www.istitutosordiroma.it
www.mondoacustica.it
www.sordità.it
9
IPOVISIONE
DEFINIZIONE
L’O.M.S. prevede 5 categorie di minorazioni visive determinate misurando il visus (potere visivo) corretto
nell’occhio migliore:
- IPOVEDENZA LIEVE: visus inferiore a 3/10 e superiore a 1/ 10 o campo visivo compreso fra 20° e
60°;
- IPOVEDENZA GRAVE: visus compreso tra 1/10 e 1/20 o campo visivo compreso fra 10° e 20°;
- CECITA’ (LEGALE): visus compreso fra 1/50 e 1/20 o campo visivo compreso fra 5° e 10°;
CECITA’ GRAVE: visus inferiore a 1/50 fino alla percezione della luce o campo visivo inferiore ai 5° centrali;
- CECITA’ ASSOLUTA: non percezione della luce.
EZIOLOGIA
Le cause possono essere prenatali, perinatali o postatali. I difetti genetici sono da soli la causa più
importante di handicap visivo nell’infanzia, se poi si considerano i difetti genetici insieme agli altri fattori
prenatali questi spiegano l’eziologia fino ai 2/3 dei casi.
QUANDO SI MANIFESTA
Può manifestarsi in tempi diversi a seconda delle cause che ne sono all’origine.
INTERVENTO
Linee generali per consentire al bambino di utilizzare e migliorare adeguatamente la capacità di guardare,
conoscere, apprendere.
1. Tempi prolungati di attenzione visiva. E’ peculiare nel subvedente dare occhiate fugaci agli stimoli
che lo circondano, primo passo è prolungare questi tempi di attenzione visiva con proposte di stimoli
attraenti, in movimento, illuminati da pile di colori diversi che catalizzano l’attenzione e supportare
ogni proposta col linguaggio del linguaggio.
2. Inseguimento visivo. Lo sguardo necessita di una guida prolungata da parte dell’adulto, invita il
bambino a seguire lo stimolo, un oggetto in movimento da sinistra a destra e viceversa, prima
lentamente e poi più rapidamente.
3. Localizzazione. L’importante aiutare il bambino a localizzare uno stimolo che può presentarsi in punti
diversi dello spazio.
4. Esplorazione. Esso richiede l’integrazione di tutte le competenze (visive, uditive, tattili , linguistiche e
psicomotorie). Dato che l’informazione visiva è incompleta è importante che il bambino attraverso il
tatto integri la conoscenza con gli oggetti e la realtà che lo circonda. Dall’esplorazione corporea
tridimensionale si passerà successivamente alle conoscenze bidimensionali e alla rappresentazione
iconografica. E’ importante sempre verificare, tramite le varie attività espressive, la qualità, la
correttezza e la completezza della rappresentazione mentale memorizzata dal bambino.
Dall’esplorazione-riconoscimento di un solo oggetto, è necessario passare alla presentazione
graduale, lineare, di due o più oggetti per portare il bambino alla successiva organizzazione di uno
schema esplorativo circolare, tipico della visione d’insieme.
BIBLIOGRAFIA:
Bonfigliuoli C. e Pinelli M., “Disabilità visiva. Teoria e pratica nell’educazione per alunni non vedenti e
ipovedenti”, Erickson, 2010.
Caldin R., “Percorsi educativi nella disabilità visiva”, Erickson.
Colombo E., Dirigente area riabilitativa “La nostra Famiglia”, Bosisio Parini (CO).
Provveditorato degli studi di Milano, “Corso di aggiornamento problematiche dell’ipovisione e stesura
del piano educativo individualizzato”, 1995.
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RITARDO COGNITIVO
DEFINIZIONE
Condizione clinica eterogenea caratterizzata da un deficit dello sviluppo intellettivo; da una ridotta capacità
di far fronte alle richieste adattive del contesto sociale e ambientale; ha esordio precedente i 18 anni (DSM
IV)
Con riferimento alle prestazioni intellettive misurate in termini di Q.I. sono distinti quattro diversi gradi di
gravità:
- Ritardo mentale lieve: Q.I. da 50-55 a c.ca 70;
- Ritardo mentale moderato: Q.I. da 35-40 a 50-55;
- Ritardo mentale grave: Q.I. da 20-25 a 35-40;
- Ritardo mentale gravissimo: Q.I. sotto 20-25.
EZIOLOGIA
Tutt’oggi oggetto di discussione. Tuttavia, si possono identificare cause
BIOLOGICHE
genetiche alterazioni cromosomiche (es. sindrome di Down), ereditarietà dominante o recessiva
eziologia multipla;
non genetiche rischi prenatali (rosolia, toxoplasmosi, sifilide, citomegalovirus), perinatali
(prematurità, asfissia), postnatali (infezioni tipo meningiti).
AMBIENTALI
Ambiente gravemente deprivato (ritardo lieve);
Madri con ritardo.
NEL RITARDO MENTALE MODERATO, GRAVE e GRAVISSIMO E’ SEMPRE PRESENTE UNA CAUSA ORGANICA.
MANIFESTAZIONE
SVILUPPO COGNITIVO
- Pensiero concreto (no capacità astrazione);
- Rigidità mentale;
- Limiti nella capacità di pianificare;
- Limiti nelle attività immaginative-creative;
- Limiti nell’attenzione e concentrazione > fare cose semplici per permettere una buona attenzione e
concentrazione;
- Limitazioni nella memoria;
- Competenze linguistiche (non per DSL che hanno un QI in norma);
- Difficoltà negli apprendimenti scolastici > tempi molto più lunghi.
PERSONALITA’
- Ansia (legata al non riuscire a fare le cose);
- Paura dell’insuccesso (tendenza al ritiro);
- Impulsività;
- Iperattività;
- Bassa tolleranza alle frustrazioni;
- Passività (bisogna fare in modo che il bambino si metta in gioco);
- Eccessiva dipendenza dall’ambiente.
INTERVENTO
L’osservazione sistematica è un’insostituibile mezzo di accertamento delle abilità cognitive ma soprattutto
delle abilità sociali del bambino. Nell’ambito scolastico, può essere agevolmente e proficuamente utilizzata
dall’insegnate, sia curriculare che specializzato, ed integrata con altri mezzi di rilevazione. Per una buona
abilitazione cognitiva sono quindi cruciali una diagnosi precoce e una articolata valutazione dei vari aspetti
dello sviluppo cognitivo, associato con programmi di intervento mirato. L’intervento abilitativo non può
11
comunque esaurirsi nei primi anni di vita ma deve continuare almeno fino ai 18-20 anni, coinvolgendo anche
i familiari.
Si suggeriscono 10 regole d’oro:
1.
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3.
4.
5.
6.
7.
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9.
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Procedere dal reale livello del bambino per raggiungere obiettivi adeguati;
Fornire un feedback (i bambini hanno bisogno di sapere se sono stati bravi);
Usare modalità di facilitazione e rinforzo;
Giungere a modalità di autocontrollo nell’esecuzione (dare inizialmente un feedback e poi magari
coinvolgere ancora il bambino)
Puntare al potenziamento dell’attenzione simultanea;
Controllare la tendenza alla perseveranza (cercare di distogliere il bambino che è molto persistente);
Stimolare l’acquisizione di processi e rappresentazioni;
Favorire il passaggio alla decontestualizzazione;
Giungere alla generalizzazione del compito;
Valutare sempre l’efficienza delle funzioni, del livello di attenzione e dei meccanismi di controllo.
BIBLIOGRAFIA
Cornoldi C., “Difficoltà e disturbi dell’apprendimento”, IL Mulino, Bologna, 2007.
Lancioni G., Facilitare l’apprendimento. Metodologie e tecniche di apprendimento senza errori per
alunni con ritardo mentale”, Erickson.
Pfanner P., Marcheschi M., “Il ritardo mentale”, Il Mulino 2005.
Ricci C. Lancioni G., “Handicap grave. Ritardo mentale e pluriminorazioni sensoriali”, Rivista
quadrimestrale, Erickson.
Vicari S., Caselli M. C., Neuropsicologia dello sviluppo, Il Mulino, 2010.
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Si segnalano inoltre le seguenti risorse per l’intervento educativo:
DISCALCULIA
DSA (Disturbo specifico dell’Apprendimento)
BIBLIOGRAFIA:
Butterwoth B, Yeo D., “Didattica per la discalculia”, Erickson.
Ianes D., Lucangeli D., Mammarella I. C., “Facciamo il punto su… La discalculia”, Erickson
Marzocchi G. M., e Centro per l’Età Evolutiva, “La presa in carico dei bambini con ADHD e DSA,
Erickson
DISLESSIA EVOLUTIVA
(DSA- Disturbo specifico dell’apprendimento)
BIBLIOGRAFIA
“Dislessia. Giornale italiano di ricerca e clinica applicativa”, rivista quadrimestrale a cura di Stella G. e
Savelli E.
Cornoldi C., “Difficoltà e disturbi dell’apprendimento”, IL Mulino, Bologna, 2007.
De Grandis C., “La dislessia. Interventi della scuola e della famiglia”, Erickson.
Decreto attuativo del 12 luglio 2011 n. 5669 e Linee guida per il diritto allo studio degli alunni con
disturbi specifici di apprendimento rendono pienamente operativa la Legge 170/2010.
Fogarolo F., Scapin C., “Competenze compensative. Tecnologie e strategie per l’autonomia scolastica
degli alunni con dislessia e altri DSA”, Erickson.
Genovese E., Guidoni E., Guaraldi, Stella G., “Dislessia e giovani adulti: Strumenti compensativi e
strategie per il successo”, Erickson.
Ianes D., Cramerotti S., Tait M., “Facciamo il punto su… La dislessia”, Erickson.
Meloni M., Galvan N, Sponza N., Sola D., Dislessia strumenti compensativi, AID, 2004.
Pascoletti C., “La scrittura e i suoi errori”, Giunti, 2010.
Stella G., “La dislessia”, il Mulino, 2004.
Stella G., Grandi L., “Come leggere la dislessia e i DSA”, Giunti, 2011.
Stella G., Savelli E., “Dislessia oggi. Prospettive di diagnosi e intervento in Italia dopo la legge 170”,
Erickson.
SITOGRAFIA
www.aiditalia.org
“COME PUO’ ESSERE COSI’ DIFFICILE” video in rete
FILMOGRAFIA
Aamir Khan, “Stelle sulla terra”, 2000.
13
DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ
DDAI E ADHS
BIBLIOGRAFIA:
“Disturbi di attenzione e iperattività. Diagnosi, interventi e ruolo della scuola” rivista semestrale a
cura di Marzocchi G. M., Università di Milano- Bicocca.
Cornoldi C., De Meo T., Offredi T., Vio C., “Iperattività e autoregolazione cognitiva. Cosa può fare la
scuola per il disturbo da deficit di attenzione /iperattività” Erickson.
Di Pietro M., Bassi E., Filoramo G., “L’alunno iperattivo in classe. Problemi di comportamento e
strategie educative”, Erickson.
Ianes D., Marzocchi G.M., Sanna G., “Facciamo il punto su… L’iperattività. Aspetti clinici e interventi
psicoeducativi”, Erickson.
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI1
BES
BIBLIOGRAFIA:
Dovigo F., “Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica di alunni con Bisogni Educativi
Speciali”, Erickson.
Ianes D., “Bisogni Educativi Speciali e inclusione. Valutare le reali necessità e attivare tutte le
risorse”, Erickson.
Ianes D., Macchia V., “La didattica per i Bisogni Educativi Speciali. Strategie e buone prassi di
sostegno inclusivo”, Ericson.
Venuti P., “L’intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali. Il raccordo fra lavoro clinico, scuola e
famiglia”, Erickson.
1
Con Bisogni Educativi Speciali ci si riferisce a disturbi dell’apprendimento, difficoltà psicologiche,
comportamentali e relazionali, ma anche svantaggio socioculturale e varie differenze linguistiche, etniche e culturali.
14
DIDATTICA INCLUSIVA
BIBLIOGRAFIA:
Andrich
S., Miato L., “La didattica
metacognitivo”, Erickson.
inclusiva.
Organizzare
l’apprendimento
cooperativo
Booth T., Ainscow M., “L’index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella
scuola”, Erickson.
Canevaro A., Ianes D., “Buone prassi di integrazione scolastica. 20 realizzazioni efficaci”, Erickson
Canevaro A., L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Trent’anni di inclusione nella scuola
primaria”, Erickson.
Cristiani P., Giaconi C., “Qualità di vita e integrazione scolatica. Indicatori e strumenti di valutazione
per le disabilità”, Erickson.
Hierro Parolin I. C., “Imparare ad includere. Riflessioni ed esperienze per una scuola inclusiva”,
Erickson
Ianes D., Demo H., Zambotti F., Gli insegnati e l’integrazione”, Erickson.
Iqanes D., Canevaro A., “Facciamo il punto su… L’integrazione scolastica. Tendenze, strategie
operative e 100 buonne prassi”, Erickson.
Nocera S., “Il diritto all’integrazione nella scuola dell’autonomia. Gli alunni in situazione di Handicap
nella normativa scolastica italiana”, Erickson.
Suzič N., “Passi verso una scuola inclusiva. Dai principi alle competenze necessarie”, Erickson.
Vasquez A., “L’organizzazione della classe inclusiva”, Erickson.
Zambetti F., “Didattica inclusiva con la LIM. Strategie e materiali per l’individualizzazione”, Erickson.
STRUMENTI DI PEDAGOGIA SPECIALE
BIBLIOGRAFIA:
Coduri L., “Educare il bambino con disabilità”, Erikson
Fogarolo F., “Il computer di sostegno. Ausili informatici a scuola”, Erickson.
Franchini R., “Disabilità, cura educativa e progetto di vita”, Erickson.
Ianes D., Cramerotti S., “Il piano educativo individualizzato. Progetto di vita”, Erickson
Piazza V., “L’insegnante di sostegno. Competenze tecniche ed aspetti emotivi”, Erickson.
Scataglini C., Giustizi A., “Adattamento dei libri di testo. Semplificazione progressiva delle difficoltà”,
Erickson.
15
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