L’ex chiesa di San Maurizio a San Candido Attilio Piller Roner Molte volte, camminando per il tranquillo paese di San Candido, si passa per Via Castello. Non ci si immagina certo che quella casa tuttora abitata, con i gerani alle finestre e le galline nel giardino, sia sorretta da muri molto antichi, ancora di origine medievale. (fig. 1) Quasi per caso sono venuto a conoscenza che in passato quell’abitazione era una chiesa e mi sono accorto che, appesa al muro esterno dell’edificio in una posizione non facilmente visibile, vi era (ed è) affissa una targa in rame che lo ricorda: Ex chiesa di San Maurizio; Prima documentazione storica 1272; Restauro 1479; Sconsacrazione 1786. Sono sicuro che solo i paesani più anziani conoscano la vera storia di quest’antica costruzione, mentre gli altri abitanti di San Candido, quelli dei paesi vicini ed i turisti sono abituati ad avere 1 64 storiae 2 sotto gli occhi libri, opuscoli e cartoline riguardanti solo la più famosa Collegiata e la chiesa barocca di San Michele. Purtroppo sono a noi pervenuti pochissimi documenti relativi alla storia di questa costruzione sacra, anche se in tempi passati doveva essere probabilmente una meta molto frequentata dai pellegrini. I due storiografi Sinnacher1 e Tinkhauser2 attenendosi alla tradizione orale, scrissero che la prima parrocchiale di San Candido - più precisamente la parrocchiale degli abitanti della vicina Sesto - fu proprio la chiesa di San Maurizio. La prima menzione è del 1272, ma molto probabilmente la chiesa esisteva già nel XII secolo. Alcuni dati ci possono portare ad affermare che il complesso sacro fu eretto in una data compresa tra il 962 e il 973, quando Ottone I fu eletto imperatore del Sacro Romano Impero germanico. Presumibilmente la chiesa di San Maurizio fu costruita proprio attorno a questa data in quanto San Maurizio era il santo patrono degli Ottoni e degli imperatori tedeschi e Ottone I, a testimonianza di ciò, già nel 961 aveva intrapreso dei grandi lavori di costruzione ed arricchimento della cattedrale di Magdeburgo3 per accogliere le reliquie del santo. Il personaggio storico Maurizio (Mauritius derivato da Maurus, Maure(tanien), in tedesco Moritz) era il leader leggendario della Legione Tebea, insieme di truppe elitarie dell’Impero Romano che si rifiutò di perseguitare le popolazioni del Vallese convertitesi al Cristianesimo e di rendere omaggio alle divinità romane. Maurizio soffrì il suo martirio ad Aganum, che oggi si chiama Saint Maurice e si trova, per l’appunto, nel cantone svizzero del Vallese. I suoi resti furono portati come reliquie nel duomo dei Santi Mauritius e Caterina di Magdeburgo dove, come detto, fu venerato quale santo patrono degli Ottoni e degli imperatori tedeschi. Sorsero molte chiese in suo onore e le città, fra cui anche San Candido, lo includevano nei loro stemmi municipali, raffigurandolo come un cavaliere dalla pelle scura, per ricordarne la provenienza africana. L’aspetto dell’edificio subì molti cambiamenti nel corso dei secoli, sia a causa dei diversi incendi avvenuti nella zona sia per le vicende storiche che lo interessarono. La sua forma attuale risale in parte alla ricostruzione quattrocentesca e in parte ai lavori di trasformazione in abitazione, successivi alla Soppressione del 1786. In seguito a questi ultimi, l’unica navata, già divisa in tre campate, fu privata della volta e scompartita in piani. In basso fu realizzata la stalla e al primo piano, come avviene solitamente nelle case rustiche, trovò spazio il fienile. L’abside fu divisa in due piani e nell’ultimo piano del corpo principale furono sistemati vari ambienti d’abitazione. La cucina fu collocata in una piccola stanza addossata all’abside, che poteva forse essere la vecchia sagrestia o la base dell’antico campanile ormai distrutto. D’ora in poi, a partire da quanto appena scritto e riferendoci solamente a questo rifacimento quattro- settecentesco (poiché della costruzione precedente non è rimasto nulla), tenteremo una ricostruzione più dettagliata possibile di esso, con l’aiuto delle poche fonti disponibili: documenti dell’epoca, guide artistiche più o meno recenti, alcune raffigurazioni settecentesche, supposizioni e confronti con le chiese delle zone limitrofe. La pianta dell’attuale casa è quella della chiesa quattrocentesca. Dell’antica costruzione sono rimaste visibili le basi delle volte, una parte dell’arco del coro4 e i muri perimetrali. La pianta (fig. 3) mostra una navata rettangolare, che misura dodici metri e mezzo sul lato lungo e otto metri e mezzo su quello corto. Sul lato est della navata è collegato, per mezzo di due spalle lunghe un metro ciascu- 1. Cartolina illustrata di San Candido, 1929. 2. L’ex chiesa di San Maurizio nel suo aspetto attuale. 3. Pianta dell’edificio risalente al 1936 e che mantiene le stesse caratteristiche di quella quattrocentesca. 4. Incisione su rame del 1740. In basso al centro è raffigurata la chiesa di San Maurizio. 3 4 na, l’ex coro di forma poligonale. I due lati del coro, che seguono la direzione del lato lungo della navata, misurano tre metri e sessanta centimetri, i due obliqui ne misurano tre e il lato parallelo alla facciata misura tre metri e venti centimetri. A sud, a metà fra la navata e il coro, è presente un altro ambiente, l’attuale cucina, dove un tempo forse sorgeva il campanile. L’ubicazione di quest’ultimo non è però certa. In un’incisione su rame del 1740, infatti, conservata ora nel museo della Collegiata di San Candido, è raffigurato il paese pusterese in quell’epoca. (fig. 4) La riproduzione non è precisa, in quanto nelle varie costruzioni presenti mancano sempre alcuni elementi. In basso al centro, incisa nelle sue linee fondamentali, è raffigurata anche la chiesa di San Maurizio. Si può notare che il campanile è situato a nord della chiesa e non a sud come l’attuale pianta dell’edificio potrebbe far pensare. Tranne questo piccolo dubbio sul posizionamento, l’aspetto della torre campanaria del XV secolo è facilmente ricostruibile, poiché proprio in quel periodo tutte le chiese pusteresi storiae 65 5 6 adottarono la stessa tipologia. La pianta era sicuramente quadrata e la copertura era di forma ottagonale, stretta fra quattro timpani triangolari, tipologia che sostituì il tetto in pietra a piramide a base quadrata, utilizzato fino a quel momento. Il materiale con cui era costruita tale copertura era solitamente il legno, più facile da lavorare e più leggero della pietra, adoperata ormai solamente per i muri. Per comprendere l’aspetto storico dell’edificio c’è d’aiuto una breve descrizione di esso realizzata da Josef Weingartner nel 1923, prima che alcuni devastanti lavori di restauro mutassero completamente la struttura antica. Il Weingartner scrisse nel suo libro Die Kunstdenkmäler Südtirols: “San Maurizio. Costruzione: menzionata 66 storiae nel 1272, è stata riconsacrata nel 1479 dopo un restauro o nuova costruzione. Chiesa che oggi è stata accorpata ad un fienile, si possono ancora vedere la conclusione poligonale del coro, lo zoccolo (piedistallo-basamento) con i suoi parallelepipedi obliqui (inclinati) ed esternamente, in rilievo la data 1471. La volta gotica del coro, con chiave di volta rotonda, è stata demolita nel recente 1946 e al suo posto sono stati costruiti degli appartamenti.”5 Dalla data di riconsacrazione del 1479 si può ragionevolmente supporre che la riedificazione gotica dell’edificio risalga al periodo immediatamente precedente e che, al di là di un aggiornamento stilistico, fu forse motivata dalla necessità di sostituire la chiesa precedente probabilmente danneggiata nel 14136 a causa del grande incendio avvenuto nel paese. Oltre a ciò, la descrizione dà un’idea di come potesse essere la volta del coro, visto che non esiste nessuna rappresentazione fotografica di essa prima del suo smembramento. Il tardo gotico tedesco piacque molto in Val Pusteria e probabilmente influenzò la costruzione di molte chiese della zona, che, prima delle modifiche subite in seguito, potrebbero aver avuto le stesse caratteristiche di quella di San Maurizio. Infatti, l’arte romanica fu predominante in Alto Adige fino all’inizio del Duecento, quando fu lentamente affiancata da quella gotica che, in Pusteria, si attestò a partire dalla seconda metà del Trecento. Quel che è certo è che, prevalentemente nella seconda metà del Quattrocento, molte chiese della Val Pusteria edificate in stile romanico furono adattate al nuovo gusto tardo gotico sulla base di progetti realizzati da architetti locali. In sintesi, si può affermare che le chiese tardo gotiche locali di piccole dimensioni erano caratterizzate da un’unica navata coperta da un soffitto ligneo. Solitamente il complesso terminava con un coro a pianta poligonale coperto da una volta a costoloni e le finestre, che non dovevano più illuminare tre navate bensì una sola, erano più piccole rispetto al primo gotico e avevano principalmente forma ogivale. La chiesa di San Maurizio a San Candido aveva certamente queste caratteristiche principali, unite ad alcuni accorgimenti architettonici, utilizzati spesso dagli architetti della zona per rendere il loro lavoro più personale. Una particolarità la distingueva dalle altre chiese dell’Alta Pusteria: il coro poligonale (fig. 5) non partiva direttamente dai muri piani della navata, ma era collegato ad essa tramite due spalle ed era più basso rispetto al resto della struttura. Non si conosce con certezza il nome dell’architetto della chiesa di San Maurizio anche se molti indizi conducono verso Sigmund da Stegona. A quest’ultimo si deve la costruzione della chiesa di Santa Maddalena a Villabassa (fig. 6), anch’essa di origine romanica e riedificata verso il 1470. La pianta di questo edificio coincide con quella della chiesa di San Maurizio, così come la tipo- logia del coro poligonale, più stretto e più basso rispetto alla navata e collegato ad essa tramite due spalle. Questo particolare architettonico caratterizzava i lavori di Sigmund da Stegona e fu adottato da pochi altri in Pusteria, ed è questo uno dei motivi per cui si pensa che abbia lavorato anche al progetto per la realizzazione di San Maurizio. Altri elementi comuni si riscontrano nella navata dove le costole poggiano su semicolonne rotonde sporgenti, mentre nel coro le semicolonne sono poligonali: ciò, per San Maurizio, è testimoniato dai resti esistenti e dalla descrizione fornita dal Weingartner. Ma le corrispondenze non si limitano agli aspetti architettonici. La consacrazione della chiesa di Santa Maddalena a Villabassa avvenne il 16 giugno 1493 ad opera del vescovo ausiliario Konrad Reichhard. All’interno la chiesa è decorata da numerosi affreschi realizzati attorno al 1491 da Simone da Tesido, presunto pittore di corte di Leonardo, ultimo conte di Gorizia, che fu il committente dei dipinti e dei lavori per la nuova chiesa. L’attribuzione dell’affresco è dettagliatamente spiegata da Leo Andergassen in un articolo dedicato al pittore.7 Questo fatto ricollega nuovamente la chiesa di Villabassa con quella di San Candido, in quanto Simone da Tesido lavorò anche nella chiesa di San Maurizio. Nella chiesa di San Candido, il pittore realizzò due affreschi (le Opere di Misericordia e il Ciclo di San Sebastiano ora conservati al Museo Civico di Bolzano) (fig. 7 e 8) che, grazie ad un’iscrizione ora persa, si sono fatti risalire al 15038. Questa data è un po’ lontana dal termine dei lavori della chiesa e, in prima battuta, sarebbe difficile pensare ad una collaborazione diretta tra l’architetto e il pittore. 7 Probabilmente però i due affreschi non sono stati realizzati nello stesso periodo, ma uno di essi, quello raffigurante le Opere di Misericordia, dovrebbe essere di una quindicina d’anni anteriore al Ciclo di San Sebastiano. In quest’ultimo infatti si notano gli evidenti influssi della pittura di Michael Pacher che influenzò notevolmente, attraverso la traduzione un po’ più popolaresca di Friedrich Pacher, lo stile artistico di Simone da Tesido. Per mezzo del Pacher Simone dovette assimilare i venetismi, specialmente di colore, che rendono tanto caratteristico il Ciclo di San Sebastiano e per i quali anche il contatto diretto 8 5. Coro poligonale dell’ex chiesa di San Maurizio. È visibile lo scarto presente tra la navata e il coro. 6. La chiesa di Santa Maddalena a Villabassa. 7. Affresco dell’ex chiesa di San Maurizio raffigurante Le Opere di Misericordia. 8. Affresco dell’ex chiesa di San Maurizio raffigurante Il ciclo di San Sebastiano. storiae 67 9a 9b con l’ambiente pittorico dei Tolmezzini e qualche viaggio nel Veneto ebbero la loro parte. Difficilmente, infatti, la bella figura così venetamente sentita del San Sebastiano si potrebbe concepire con i soli mezzi dell’ambiente pusterese e così pure il gioco delle tonalità, che solo il contatto col Veneto poteva rendere così fine e vibrante.9 Probabilmente Simone, in quanto presunto pittore di corte di Leonardo di Gorizia sposatosi con Paola Gonzaga nel 1470, ebbe la fortuna di conoscere personalmente il Mantegna che lavorò, come si sa, per la famiglia Gonzaga. Il pittore pusterese imparò molto da quest’artista, anche se il pittore italiano che incise di più sulla sua arte fu Giovanni Bellini, cognato del Mantegna. Bellini coniugò il plasticismo metafisico di Piero della Francesca e il realismo umano di Antonello da Messina con la profondità cromatica tipica dei Veneti, aprendo la strada al cosiddetto “tonalismo” veneto e subì 9. Dettagli del Ciclo di San Sebastiano (a) e delle Opere di Misericordia (b). 68 storiae anch’egli l’influenza del Mantegna, che lo fece entrare in contatto con le innovazioni del Rinascimento fiorentino.10 L’influenza del Mantegna su Bellini è evidente nell’espressività dei volti e nella forza emotiva che trasmettono i paesaggi sullo sfondo. A Padova, Bellini conobbe inoltre la scultura di Donatello, che in questo periodo impresse una carica espressionistica alla sua opera (come nella scultura lignea di santa Maddalena), avvicinandosi ad uno stile più vicino all’ambiente nordico. Sempre attraverso l’arte del cognato, Giovanni adottò la composizione serrata, la prospettiva rigorosa, il disegno preciso e lineare. Il mondo del Bellini fu meno incorruttibile, meno archeologico e meno impassibile di quello del Mantegna e il suo colore fu più profondo. Nel Bellini vi fu anche più umanità nei sentimenti espressi: tenerezza, gioia o dolore. Giovanni rappresentò la natura, fatto del tutto nuovo, con tanta verità quanto amore e spesso le sue composizioni si stagliano su fondali paesaggistici dove si riconoscono la campagna o le colline della provincia veneziana. Tutto ciò, anche se i risultati non furono di certo gli stessi, tentò di essere assimilato da Simone da Tesido e l’affresco di San Candido è un esempio importante. I bei colori, lo sfondo, la prospettiva e la linearità delle figure della rappresentazione del Martirio di San Sebastiano richiamano pertanto l’arte di Giovanni Bellini. Questa esperienza artistica non è ancora presente però nell’affresco raffigurante le Opere di Misericordia, che sembrerebbe esser stato realizzato da Simone prima del contatto con l’arte veneta, basandosi solamente su canoni stilistici tipicamente sudtirolesi. I due affreschi della chiesa di San Maurizio, inoltre, sembrano essere stati dipinti con modalità diverse: molto più preciso e “ricco” di esperienza quello di San Sebastiano, “povero”, rude e veloce quello delle Opere di Misericordia (fig. 9). La probabile diversa datazione dei due affreschi è confermata anche dal loro diverso stato di conservazione: in buono stato la prima, assai rovinata la seconda; inoltre l’iscrizione che indicava come data di realizzazione il 1503 era situata proprio sotto all’affresco di San Sebastiano. Le Opere di Misericordia di San Candido appaiono poi molto simili ad altre pitture, sempre di Simone da Tesido, presenti a Castel Badia11. La somiglianza delle teste (fig. 10) e delle tecniche realizzative sono stupefacenti e per questo motivo si potrebbe supporre che la pittura di San Candido sia stata compiuta qualche anno più tardi rispetto a quella di Castelbadia del 147412 circa. Se ciò fosse vero, le Opere di Misericordia della chiesa di San Maurizio dovrebbero essere state dipinte subito dopo l’erezione dell’edificio, avvicinando così il lavoro dell’architetto a quello di Simone da Tesido e ciò porterebbe un ulteriore conferma all’ipotesi che l’architetto dell’ex chiesa di San Candido fu proprio Sigmund da Stegona. 10a Sembrerebbe, infatti, che i due artisti, Sigmund e Simone, lavorassero in società e che il pittore di Tesido affrescasse gli edifici appena compiuti dell’architetto di Stegona. Questa consuetudine è sostenuta anche da Leo Andergassen, che parlando della chiesa di San Giovanni in Val Aurina, scrive: Ad un progetto di Sigmund von Stegen dovrebbe risalire anche la costruzione di San Martino in Ahrn, del 1502-1503. Il suo monogramma si trova sull’arco di trionfo. Se risultasse certa la provenienza della tavola di Simon con i due san Giovanni da questa stessa chiesa, cosa che sarebbe peraltro plausibile, sarebbe possibile ritrovare uno stretto rapporto di lavoro tra il pittore e l’architetto Sigmund anche nel caso della valle Aurina.13 Gli esempi di una loro certa collaborazione sono molti: la cappella di Castel Bruck, residenza del conte Leonardo di Gorizia a Lienz, il santuario di Santa Maria a Dobbiaco, la cappella cimiteriale di San Giacomo a Tesido, la chiesa di Santa Maddalena a Villabassa e la chiesa di San Martino in Valle Aurina. Se il loro lavoro in società fosse attestato, e l’esempio di Castel Bruck è una prova da non sottovalutare visto l’importanza della commissione, e si considerasse anche la particolare tipologia della pianta dell’edificio tipica dell’architetto di Stegona precedentemente descritta, si potrebbe dire che Sigmund da Stegona fu molto probabilmente l’architetto della chiesa di San Maurizio a San Candido. 10. Dettagli dell’affresco di Castel Badia (a) e delle Opere di Misericordia (b). 10b Naturalmente questa è solo una supposizione basata su una serie di coincidenze, di confronti e di possibilità, in quanto purtroppo nessuna traccia è rimasta del sigillo dell’architetto operante nel cantiere quattrocentesco di Via Castello. Note SINNACHER A., Beyträge zur Geschichte der bischöflichen Kirchen Säben und Brixen in Tyrol, Bressanone 1820-1837. 2 TINKHAUSER G., Topographisch-historisch-statistische Beschreibung der Diözese Brixen mit besonderer Berücksichitigung der Kulturgeschichte und der noch vorhandenen Kunst und Baudenkmäler der Vorzeit, vol. I, Bressanone 1855. 3 Magdeburgo (tedesco Magdeburg), città della Germania centrosettentrionale, capitale dello stato confederato della SassoniaAnhalt, sul fiume Elba. 4 Dal punto di vista architettonico il coro è uno dei nomi che può assumere la struttura della chiesa in prossimità dell’altare maggiore. Lo si usa per indicare la parte della navata delle chiese gotiche all’estremità opposta all’ingresso. 5 Traduzione personale dal testo: WEINGARTNER J., Die Kunstdenkmäler Südtirol, Bd. 1, Bozen 1951, p. 622. 6 KÜHEBACHER E., Paesaggio culturale e artistico del territorio di San Candido, Verona 2003, p. 27. 7 ANDERGASSEN L., Simon von Teisten. Pittore di corte del conte Leonardo di Gorizia?, in I goriziani nel medioevo, Görz 2001, p. 186. 8 WEINGARTNER J., Die Kunstdenkmäler Südtirol, Bd. 1, Bozen 1951, p. 483. 9 RASMO N., Il recupero degli affreschi di Simone da Tesido dalla ex chiesa di San Maurizio a San Candido, in: “Kultur des Etschlandes”, 1948, p. 163. 10 PRUNER I., Giovanni Bellini, in “Vivi il centro”, Roma, settembre 2008, p. 34. 11 Castello del decimo secolo a.C. situato nel paese omonimo nelle strette vicinanze di Brunico. 12 La data è ricavata dal testo: KNÖTIG K., Die Sonnenburg im Pustertal, Bozen 1985, p. 84. 13 ANDERGASSEN L., Kirchenkunst im Ahrntal. Ein Gemeindebuch, Steinhaus 1999, p. 227. 1 storiae 69