P. Gaspare Caione (1722-1809) – Italia.
Tra i più celebri redentoristi vissuti nel Settecento spicca il P. Gaspare Caione per le sue doti di
apostolo, numismatico e amministratore. Fu l’uomo di fiducia di S. Alfonso nelle ore più critiche, e il
superiore intuitivo di S. Gerardo, ch’era al vertice dell’eroismo.
Nel processo di beatificazione del Liguori fornì le testimonianze forse migliori, e tracciò intorno al
Majella appunti preziosissimi, su cui il P. Landi eburino, verso il 1783, elaborò la prima biografia,
pubblicata nello «Spicilegium historicum C. SS. R.» nel 1960.
Nato a Troia, il 4 agosto 1722, compì nel seminario di Napoli gli studi di umanità, rettorica, filosofia,
lingua francese e greca. Ricevuta la tonsura, non sentendosi inclinato al sacerdozio, si iscrisse nella
università regia alla facoltà di giurisprudenza, e si laureò «in utroque jure» con suffragi brillanti.
Tornato in Puglia, si dedicò al foro, impartendo pure lezioni di diritto canonico e civile a un gruppo
di giovani che aspiravano alla magistratura.
Nel 1745, incontrò Alfonso venuto in paese per predicare la S. Missione. Restò scosso dall’ansia
ardente di lui nel recupero delle anime più abbandonate. La lettura dell’opuscolo del santo intitolato:
«Avvisi spettanti alla vocazione» lo decise a lasciare il mondo che gli si apriva dinanzi lusinghiero.
Verso la metà di agosto del 1751, si portò a Deliceto per consultare il venerabile P. Cafaro.
Per dodici giorni fu ospite di S. Maria della Consolazione, ed ebbe occasione di abboccarsi con
Fratello Gerardo già famoso per le estasi e i prodigi.
L’austero p. Cafaro, non facile all’entusiasmo, approvò le disposizioni del postulante quasi trentenne,
e si affrettò a notificare il proprio parere favorevole al Fondatore, presentandoglielo siccome
«abilissimo» al ministero missionario. Sant’Alfonso accettò immediatamente l’avvocato, ordinando
che senza indugio, in calesse, si fosse recato a Ciorani per iniziarvi il noviziato.
Appena divenuto sacerdote fu assegnato a Materdomini, un punto strategico di apostolato per
l’Irpinia, le zone depresse del Cilento e la Basilicata.
Morto nel 1753 il P. Cafaro, superiore di Materdomini, sant’Alfonso creò superiore, dopo la rinunzia
del P. Mazzini, il giovanissimo p. Caione. L’anno appresso arrivò anche S. Gerardo, che doveva
concludervi la sua vita serafica all’alba del 16 ottobre del 1755.
Nei primi anni di rettorato, P. Caione si rese insigne nella storia religiosa di Materdomini per i suoi
incessanti lavori apostolici e le iniziative edilizie. Mons. Giuseppe Nicolai, arcivescovo di Conza, gli
palesò più volte la sua alta stima; né minore venerazione nutrì per lui il successore, Mons. Marcello
Capano-Orsini che, il 10-13 maggio 1761, venne a fare la visita alla comunità, allora non esente. Vi
trovò 16 padri, undici chierici studenti, e tredici fratelli coadiutori.
Nel recesso steso dal Cancelliere si susseguono, come altrettanti alleluia, almeno dieci volte gli incisi
«et laudavit» dell’Ecc.mo Ordinario circa il retto e oculato governo del P. Caione.
Nel 1764 infuriò la carestia nel Regno di Napoli, e Caposele, con oltre tremila abitanti, fu tra i più
colpiti dalla sciagura. L’intrepido Rettore di Materdomini, accantonata ogni altra faccenda, mobilitò i
suoi religiosi per far fronte ai luttuosi avvenimenti con solidarietà cristiana. Sul dorso di muli, spedì i
più validi nelle masserie remote per incettare legumi e frumento. Fiducioso nella Provvidenza, non
temé di vuotare i granai e la guardaroba per soccorrere i bisognosi. Il feudatario, che risiedeva a
Napoli, lo coprì di complimenti.
A luglio del 1764 scadeva intanto il triennio del suo rettorato e, secondo le Costituzioni del 1749,
avrebbe dovuto essere trasferito altrove. Ma il Principe Rota di Caposele si affrettò a scrivere una
lettera al P. Andrea Villani, datata 2 giugno, con questi termini: «Tra le più afflitte terre del Regno
annoverar si deve quella di Caposele, in cui la deficienza del necessario sostentamento ha cagionato
grande mortalità che, se è di molto minorata, si deve alla mano del zelantissimo P. don Gaspare
Caione, che ha fatto rilucere la sua cristiana pietà per i poveri. Può da ciò V. Riverenza ben
comprendere quanta sia la mia premura che detto P. Caione non sia amosso da Caposele, anzi con
ordine di obbedienza di farcelo trattenere » (Arch. Gen. C.SS.R.).
Il P. Villani (1706-1792), rampollo dei duchi di Sasso e Polla, prese in serio esame la proposta e, con
intesa di Sant’Alfonso, decisero di non essere intransigenti nella osservanza di uno statuto, e
confermarono il P. Caione nella carica. Lo riconfermarono anzi anche nel 1767, non senza, come
sembra, le pressioni dell’arcivescovo di Conza.
Il dinamico rettore non si addormentò sugli allori. Intensificò i corsi di esercizi ai sacerdoti, agli
ordinandi e ai borghesi che vi affluivano dalle diocesi limitrofe; sviluppò la locale associazione degli
artigiani; ultimò il bel campanile che fu inaugurato ne] 1770; sopratutto acerebbe la devozione
mariana, alimentandola con sode istruzioni e devote canzoncine come: «O amabile Maria » tuttora
ripetuta. Per la festività dell’ 8 settembre ascendevano la collina di Materdomini circa ventimila
pellegrini, che si accampavano nelle baracche coperte di fogliame.
Più tardi, S. Alfonso inviò il P. Caione a dirigere il nuovo e importante collegio di Benevento, capitale
del ducato Pontificio, eretto come tratto di unione tra i missionari redentoristi del Regno e quelli
degli Stati della Chiesa. Ivi compose qualche opuscolo ascetico e un libretto di poesie, fra cui è
rimasta inobliabile «Figlio, deh torna, o Figlio», che risuona ancora nelle missioni popolari.
La invasione dei soldati francesi lo trovò « nella città delle streghe » intento alle fatiche evangeliche
e alle ricerche di vetuste medaglie. Il Talleyrand, avendo conosciuto la sua perizia di archeologo,
ingiunse ai governatori napoleonici di non molestarlo; anzi lo nominò «governatore delle antichità di
Benevento» come riferisce Ingold in un suo volume edito a Parigi nel 1916.
Si spense serenamente nel 1809, a 88 anni: ne aveva passati 58 nella Congregazione, dei quali venti
come consultore generale. Era stato anche esaminatore sinodale nelle archidiocesi di Conza e
Benevento: pel suo carattere festevole e prudente fu sempre simpatico al clero, al popolo e alle
stesse autorità, che non gli lesinarono elogi
P. Oreste Gregorio
S. GERARDO, anno LXIV, maggio 1964, pag. 71.
P. Gaspare Caione, tra i più celebri redentoristi vissuti nel Settecento.
Noto per le sue doti di apostolo, numismatico e amministratore. Fu
l’uomo di fiducia di S. Alfonso nelle ore più critiche, e il superiore
intuitivo di S. Gerardo.
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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
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Altro Profilo
Nel giugno del 1753, il P. Mazzini, infermo, era costretto a portarsi a Pagani, e giungeva a
Materdomini, in qualità di superiore interino, il P. Giovenale in compagnia di F. Gerardo.
Francesco Giovenale era nato a Lacedonia nel 1719, ed entrò nel noviziato a Ciorani già sacerdote.
Era sua aspirazione: morire per le anime.
Per le sue preclari virtù fu anche maestro dei novizi e prefetto degli studenti. Fratel Gerardo ci ha
lasciato scritti i suoi proponimenti che ne rispecchiano la grande santità.
Il 1 maggio del 1782, dopo una vita santa, volava al cielo nella casa di S. Angelo a Cupolo.
Nell’agosto del 1754, era stato sostituito, nella carica di rettore della casa di Materdomini, dal dotto,
prudente e zelante p. Gaspare Cajone.
Nato a Troia, il 4 agosto 1722, vi esercitava con arte e con successo la professione di avvocato. Ma,
attratto dalle virtù di Alfonso, decise di seguirlo e, nel 1751, entrava nel noviziato di Ciorani.
Diresse con fortezza e soavità di spirito, per moltissimi anni, la comunità di Materdomini. La
costruzione del collegio, tanto a cuore di S. Alfonso e dell’arcivescovo Nicolai, prese un nuovo
sviluppo.
La sopraintendenza fu affidata a Fratel Gerardo, e l’arcivescovo di Conza, oltre a una cospicua
offerta, gli consegnò una lettera, con la quale incitava i proprietari a sostenere con offerte l’opera di
Dio. Con questo documento in tasca, Gerardo si spinse per quasi tutti i paesi della Valsele fino a
Vietri di Potenza, ritornando con abbondanti offerte, ma fiaccato nella salute.
Nella terribile e desolante carestia degli anni 1763-64, il P. Cajone si fece padre dei poveri, ma
alcuni caposelesi, colpiti da tanta generosità, tassarono con una imposta quel pezzo di pane che
Carlo III aveva assegnato ai Padri del Romitorio.
Il Cajone sollecitò la riunione del Consiglio per l’abolizione di quella imposta; non ottenne niente, fu
anzi esposto ad ogni sorta di contrarietà. Ne informò Alfonso e questi, il 5 agosto 1755, gli rispose:
«Sento le belle cortesie che ci ha fatto la plebe di Caposele. Bisogna vendicarsi. Accrescete le
limosine alla porta e beneficate questa plebe».
Per le sue eccellenti virtù di governo e per la sua vita intima fu molto stimato da S. Alfonso. Pose
mano alla costruzione del campanile sull’antico oratorio che, cominciato nel 1765, terminò nel 1770.
Nel 1853, un violento terremoto, che rovinò quasi tutta Caposele, lo lesionò e abbatté la parte
superiore, già danneggiata da un fulmine. Fu il Cajone a ricostruirlo.
Si deve a lui un vigneto da lui coltivato denominato il «pasteno Cajone ». Fu egli l’ultimo superiore di
S. Gerardo, ed ebbe la fortuna di accoglierne lo spirito, il 16 ottobre 1755.
Il 30 ottobre 1809, si addormentava placidamente nel Signore. Ottantotto anni di vita, di cui
sessanta da redentorista, furono un raggio luminoso di sole, che portarono la luce, il calore, la vita
alle anime assetate di verità e di giustizia.
Nel 1764, in qualità di Consultore Generale, aveva partecipato al Capitolo Generale presieduto da
Alfonso, e ne fu segretario.
P. Bernardino Casaburi
S. GERARDO, anno XLVII, settembre-ottobre 1947, pag. 102.
Prezioso manoscritto del P. Gaspare Caione (o Cajone) con gli appunti
sulla vita di Fratello Gerardo Maiella, di cui era Padre Superiore: uno
scritto di un contemporaneo, di un testmone e quindi di fondamentale
importanza per la bografia del grande Santo Gerardo Maiella.
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Altro Profilo
Il P. Gaspare Caione, nato a Troia (Foggia) nel 1722, studiò a Napoli giurisprudenza, coltivando in
pari tempo le lettere, a cui sentivasi più inclinato. Nel 1751, rapito dall’ideale della salvezza delle
anime più abbandonate delle campagne, entrò nel giovane Istituto Redentorista, che appena da un
biennio aveva conseguito l’approvazione pontificia.
Per le sue doti si rese presto caro a S. Alfonso e a S. Gerardo: del primo fu apprezzato consultore
generale e un po’ collaboratore nella stampa; del secondo fu superiore amato e confidente nel
collegio di Materdomini, acquistandosi fama indiscussa presso i posteri per le memorie biografiche
del Majella lasciateci manoscritte, prossime alla pubblicazione. [pubblicate].
P. Caione ebbe discreta erudizione umanistica: diede alla luce un libretto di graziose Canzoncine
spirituali, con le quali ingentilì le missioni popolari. Chi non ha inteso cantare gli inobliabili versi:
«Torna, deh torna, o figlio?… ». Sono suoi.
Il suo nome è rimasto legato a un Medagliere antico selezionato con perizia, che suscitò
ammirazione nei colti circoli napoletani, e che fu usurpato dal terribile ministro Talleyrand, quando
le truppe napoleoniche occuparono Benevento. Il numismatico dovette disfarsene e, per magra sua
consolazione, fu creato in cambio Custode del Museo Sannita.
Il prof. Alfredo Zazo, in Samnium (a. XXII, 1959, 5, not. 21), a proposito del decreto del 1806 che
ordinava ai religiosi non beneventani di allontanarsi dal Ducato, scrive: «Fu fatta eccezione per il P.
Caione, tenendosi conto della sua età avanzata e delle sue benemerenze culturali. Il Saint-Léon lo
propose al governatore De Beer come conservatore delle antichità di Benevento, con l’assegno di
cento ducati annui».
Morì il 30 ottobre 1809, a Benevento, nella nostra casa.
P. Oreste Gregorio
S. ALFONSO, anno 1960, pag. 23.
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