IL LAVORO, LA FLESSIBILITÀ, LA MEMORIA: NARRARE IL CAMBIAMENTO Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 1 INDICE Premessa 3 Introduzione 5 Oggetto dell’indagine 9 Il metodo qualitativo 11 Junior ed identità 16 - A. Ambiente ed identità 16 - B. Rapporto col lavoro 21 - C. La progettualità 35 - D. Flessibilità ed atipici 38 - E. Il mercato del lavoro 44 Senior ed identità 47 - A. Ambiente ed identità 47 - B. Rapporto col lavoro 55 - C. Progettualità e mercato 64 - D. Flessibilità ed atipici 68 Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 2 PREMESSA Da dove nasce l’idea di svolgere una ricerca sociale che indaghi se e come sta cambiando il rapporto che lega l’uomo al proprio lavoro? Essenzialmente possiamo dire che nasce da una riflessione basata su un assunto: i giovani lavoratori, che in questi anni stanno muovendo i primi passi nel mondo del lavoro, non vivono di certo lo stesso contesto socio-economico che invece ha accompagnato la crescita professionale dei loro padri. I cambiamenti in atto, l’allargarsi delle prospettive (e quindi potremmo dire delle insicurezze) in che modo, se lo fanno, influenzano i giovani nel vivere la propria vita professionale? Il lavoro è oggi, come nel passato, una dimensione esistenziale che plasma l’identità dell’individuo? Per fornire una chiave di lettura a queste domande, abbiamo impostato, come esposto nella parte introduttiva, una ricerca qualitativa che potesse mettere a confronto due generazioni di lavoratori. L’intento è di porre in comunicazione due mondi così diversi, quello dei “junior” e dei “senior” (come saranno identificati in fase d’analisi), per fornire un quadro del cambiamento sociale che scaturisca direttamente dalle voci dei singoli. L’analisi delle interviste, e soprattutto il riassunto complessivo di questa indagine, ha rappresentato un complesso lavoro di sintesi: il tema dell’identità in ambito lavorativo, per essere debitamente esplorato e approfondito, necessita di una serie complessa e articolata di contenuti da prendersi in considerazione: la ricchezza e l’ampiezza del questionario utilizzato, come si vedrà in fase introduttiva, hanno permesso di esplorare in maniera piuttosto esaustiva questo argomento. Si propone quindi una trattazione del tema che contempla varie parti, che vanno a costruire il quadro di insieme riguardante il tema dell’identità lavorativa, e che possiamo riassumere come segue: 1 – L’ambiente dell’azienda: conoscenza della propria azienda, attività e storia, adesione ad attività sindacali, percezione del proprio posizionamento nell’organizzazione, ambiente sociale vissuto. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 3 2 – Il rapporto col proprio lavoro: come si è appreso, eventuale formazione, gli aspetti meno graditi, il giudizio della propria esperienza complessiva, influenza sul concetto che si ha di se stessi. 3 – La progettualità: progettualità professionale, progettualità di vita. 4 – Il rapporto con la flessibilità: quale flessibilità si vive, il rapporto con gli atipici, conoscenza e atteggiamento nei confronti del mercato. 5 – Il mercato del lavoro: quanto lo si conosce, con quale livello di attenzione e dinamismo ci si relaziona ad esso. I temi che si sarebbero potuti approfondire sarebbero potuti essere anche altri, ma in relazione all’obiettivo di porre a confronto le due generazioni di lavoratori si può considerare questa serie di argomenti piuttosto esaustiva: da un lato riesce infatti ad approfondire la tematica dell’identità lavorativa individualmente intesa, indagando quanto e in che modo la professione svolta possa plasmare nel suo complesso l’identità dell’individuo; d’altro canto vengono esplorati aspetti della vita professionale, e sociale in genere, che consentono di mettere a diretto contatto il pensiero, le convinzioni e le divergenze tra i due gruppi presi in esame (si pensi al tema della flessibilità in ambito lavorativo, o al modo in cui ci si rapporta all’attuale mercato del lavoro). Nelle prossime pagine si chiariranno in modo sintetico gli aspetti più strettamente legati alla metodologia d’indagine, per poi addentrarsi in quella che sarà l’esposizione più dettagliata e analitica dei molti, stimolanti motivi di riflessione nati dal confronto dei ricercatori con i lavoratori intervistati. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 4 INTRODUZIONE METODOLOGICA Questa indagine esplorativa intende offrire un’istantanea socio-antropologica dell’identità e dell’esperienza dei lavoratori del veronese, in un momento di importanti e profondi mutamenti socio-economici che investono le logiche e le strutture dell’organizzazione lavorativa Veneta (e italiana tout court). La spinta verso la flessibilità, l’introduzione di nuove forme contrattuali, l’imporsi di un diverso modo di vivere e intendere l’identità professionale e il rapporto di lavoro: si tratta di una serie di fattori che, come sintetizzato nella tabella sotto riportata, riguardano anche la realtà veneta, seppur con sfaccettature particolari, che verranno meglio analizzate nel dispiegarsi della ricerca stessa. Ci troviamo quindi a vivere una fase di mutamento che necessita di una riflessione mirata, alla quale un lavoro come quello che qui si intende presentare saprà senz’altro contribuire. Tabella 1. Lavoratori in età compresa tra i 14 e i 29 anni avviati nei primi 6 mesi del 2000 per tipo di contratto e per età. Fonte: elaborazione Veneto Lavoro su dati Cpi 31/12/2000. Va sottolineato che le nuove forme di contratto non sono così diffuse nel nostro territorio: come si vedrà poi nello svilupparsi della ricerca, questo aspetto sembra legato a una precisa vocazione alla specializzazione professionale che non può contemplare, se non in misura ridotta e per figure poco specializzate, una rotazione frequente di personale all’interno dell’azienda. Si deve comunque considerare che, nella fascia di lavoratori con meno di Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 5 trent’anni, c’è una preponderanza di casi di introduzione al mondo del lavoro basata sulla contrattualistica atipica, a discapito del classico contratto a tempo indeterminato. Qualche dettaglio ulteriore viene fornito dalla tabella che riportiamo di seguito, riferita nello specifico al territorio veronese. Questa mostra come una consistente percentuale di imprese faccia uso di contrattualistica atipica. Tuttavia, come si vedrà successivamente, questa “atipicità” va ricondotta principalmente a forme contrattuali meno innovative (apprendistato, tempo determinato) rispetto ad altre di più recente introduzione (contratto a progetto, lavoro interinale). Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 6 Incidenza delle imprese che nel corso del 2003 hanno utilizzato personale con contratti temporanei (tempo determinato, interinali, collaboratori coordinati e continuativi, apprendisti e CFL) per settore di attività e classe dimensionale. Fonte: Unioncamere – Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2004. (*) imprese che hanno utilizzato almeno 1 dei contratti temporanei indicati. Il segno (-) indica un valore statisticamente non significativo. I totali contengono comunque i dati non esposti. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 7 Possiamo quindi dedurre che, nel territorio veneto e più specificamente veronese, la flessibilità assume forme particolari, legate a doppio filo alla peculiare situazione economico-sociale esistente, che sarà approfondita ed esplorata in seguito, alla luce dei contenuti emersi nel corso della somministrazione e dell’analisi delle interviste. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 8 1. Oggetto di indagine La ricerca ha preso il via con l’individuazione di quello che sarebbe stato l’oggetto del nostro studio: si è quindi individuato un campione adeguatamente rappresentativo a indagare i cambiamenti in atto all’interno del territorio veronese. Come mostrato in tabella, il comparto metalmeccanico di produzione, all’interno del nostro territorio, è il settore più importante in quanto a numero di addetti. Si tratta inoltre di un ambito, data l’importanza che riveste, all’interno del quale si registra una sostanziale uniformità nella distribuzione delle industrie tra le varie categorie dimensionali. Elaborazione CCIAA di Verona su dati Infocamere. Il settore in esame riveste inoltre una consistente influenza relativamente alla Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 9 situazione economica ed occupazionale del territorio veronese, essendo anche il comparto che, come rappresentato graficamente, ha contribuito in misura maggiore al flusso di esportazioni (dati del 2004) sul totale delle attività che originano flussi di merci in uscita. Fonte: elaborazione CCIAA di Verona su dati Istat. Per questo motivo la scelta è caduta sull’industria metalmeccanica all’interno della quale, per effettuare il confronto generazionale che abbiamo introdotto, sono stai intervistati in egual proporzione giovani lavoratori sotto i trent’anni, e dipendenti con esperienza, con età maggiore di cinquant’anni. Il totale delle interviste realizzate è di 50, uniformemente distribuite all’interno dei 5 gruppi di imprese, identificate in base alla dimensione (numero di addetti), che hanno efficacemente saputo rappresentare le varie dimensioni del metalmeccanico presenti sul territorio. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 10 2. Il metodo qualitativo In relazione alla metodologia, si è deciso di indagare l’identità e l’esperienza dei lavoratori di questo comparto industriale a partire da un approccio di tipo qualitativo. In sintesi, possiamo individuare una serie di caratteristiche o elementi che contraddistinguono, in misura più o meno accentuata, i metodi della ricerca qualitativa. Un primo elemento è il modo di porsi nei confronti dell'"oggetto" studiato (fenomeno, evento, situazione, persona ecc.). Tale oggetto o caso viene visto nella sua particolarità e unicità (prima di esaminare ciò che ha di simile o di diverso rispetto ad altri), e analizzato in maniera approfondita prima di fare affermazioni generali o comparative. Prima si concentra dunque l'attenzione sul singolo caso e successivamente, se il ricercatore lo giudica opportuno, cosa che non sempre accade, si effettuano confronti fra casi diversi per sviluppare una tipologia. Ciò che costituisce un "caso" dipende dagli interessi del ricercatore (ad esempio un individuo e il suo punto di vista; un'interazione che si verifica in un luogo e in un momento specifico; un contesto sociale e culturale in cui ha luogo l'evento). L'attenzione per l'unicità spiega anche l'interesse a salvaguardare e recuperare nell'analisi l'individualità dei partecipanti, che normalmente va perduta nella complessità delle manipolazioni statistiche, dove l'interesse è per la distribuzione del fenomeno studiato nella popolazione generale. Un secondo elemento che contraddistingue la ricerca qualitativa consiste nel fatto che il caso studiato viene visto nella sua globalità e complessità: ciò implica, da un lato, l'attenzione anche per proprietà/caratteristiche generalmente escluse come irrilevanti o non indagabili applicando strumenti di misura convenzionali (ad esempio diverse dalla quantità, ammontare, frequenza e intensità, solitamente misurati su scala numerica con livelli diversi di precisione, che possono andare dalla semplice registrazione della presenza o assenza all'utilizzo di unità di misura costanti). L'attenzione per la complessità dell'oggetto significa anche concepire il fenomeno studiato come un sistema, che Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 11 è più della somma delle sue parti, e focalizzarsi sulle loro complesse interdipendenze – rispetto alla tendenza ad estrapolare singole proprietà o caratteristiche per esaminarle isolatamente. Il ricercatore qualitativo evita inoltre di manipolare il contesto, ad esempio trasferendo il soggetto in laboratorio o forzando, mediante istruzioni sperimentali, il suo comportamento in una direzione particolare, ma cerca di studiare i fenomeni così come si manifestano spontaneamente nel "mondo reale" e nella sua esperienza. Non a caso il terzo elemento che contraddistingue la ricerca qualitativa è l'interesse per i significati che i partecipanti alla ricerca attribuiscono al mondo in cui vivono. I partecipanti sono visti come individui che - in interazione con le altre persone - sviluppano significati, li trasmettono, li modificano e agiscono a partire da essi. Questa attività è mediata dal linguaggio e dalla comunicazione verbale e non verbale, dalle azioni e dalle pratiche sociali. Il linguaggio, la comunicazione, l'interazione, l'azione nel contesto fisico, sociale, culturale, storico ecc. costituiscono pertanto gli strumenti attraverso cui possiamo risalire ai significati, e sono quindi l'oggetto di indagine centrale della ricerca qualitativa. In altre parole, quale che siano i suoi temi o le sue analisi, si può dire che la ricerca qualitativa muove sempre da un ampio interesse per l’analisi dei significati soggettivi (ad esempio cognizioni, affetti, intenzioni) che gli individui attribuiscono alle loro attività e ai loro contesti di vita. Essa presuppone dunque tre ipotesi teoriche generali: • Gli esseri umani agiscono sulla base dei significati che attribuiscono al mondo che li circonda. • I significati derivano dall'apprendimento sociale al quale sono soggetti i vari attori sociali nel corso della loro educazione culturale (altri importanti, gruppi di pari, cerchie di conoscenti, e così via). • Ciò che si apprende é negoziato e si modifica attraverso l'interazione con il mondo fisico e sociale. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 12 In questa tradizione di studi i ricercatori sono interessati dunque a studiare il modo in cui le persone attribuiscono significato a oggetti, eventi ed esperienze; cercano di ricostruire questo punto di vista soggettivo a partire dall'analisi del linguaggio, delle azioni e delle pratiche sociali e di stabilire come tutto ciò influenzi il loro comportamento. Questa prospettiva parte dunque dai soggetti coinvolti in una situazione studiata e dai significati che questa situazione ha per loro. Il contesto, le interazioni con gli altri individui presenti e, per quanto possibile, i significati sociali e culturali sono ricostruiti a partire da questi significati soggettivi. L'interesse dei ricercatori non é quindi per il linguaggio (o la comunicazione, l'azione ecc.) di per sé, bensì per ciò che esso consente di dedurre riguardo ai significati soggettivi di chi lo usa. Sul piano metodologico, questi obiettivi si traducono nello studio delle concezioni ingenue (folk knowledge) usate dalle persone per attribuire un significato al mondo, e nell'analisi delle narrazioni autobiografiche (storie di vita), ossia delle traiettorie biografiche ricostruite a partire dai punto di vista dei partecipanti. Dal punto di vista delle pratiche documentarie, questo approccio utilizza soprattutto interviste (o altro materiale verbale); le informazioni raccolte possono essere sottoposte ad analisi di natura diversa: del contenuto, qualitativa, narrativa. Un criterio di classificazione delle interviste "classico", adottato quasi unanimemente in letteratura, è il grado di strutturazione, cioè la misura in cui l'intervistatore predefinisce in maniera più o meno rigida i contenuti delle domande poste, l'ordine con cui vengono affrontati, e le alternative di risposta concesse dall'intervistato. Si tratta di una dimensione continua, che va dal minimo di strutturazione, in cui l'intervistatore interviene in misura molto limitata (ad esempio solo per introdurre gli argomenti o per sollecitare degli approfondimenti), lasciando all'intervistato il compito di organizzare e comunicare ciò che vuole come meglio crede, al massimo di strutturazione, in cui l'intervistatore decide le domande, l'ordine di presentazione e il formato delle risposte possibili. Il tipo di intervista utilizzato nel corso di questa ricognizione é stato di tipo semistrutturato. Questo approccio si fonda sul presupposto che tale metodo sia più Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 13 appropriato (rispetto all'intervista strutturata) per fare emergere i punti di vista dei partecipanti, non ponendo vincoli rigidi rispetto al momento, alla sequenza o al modo in cui gli argomenti sono affrontati. Può accadere, infatti, che le modalità e l'ordine logico con cui gli argomenti da trattare sono articolati dall'intervistatore non corrispondano al modo in cui gli intervistati strutturano la propria esperienza: contraddittorie, ad senza esempio che ciò si possono implichi avere errori di opinioni incoerenti, ragionamento, ma semplicemente delle reali contraddizioni e complessità del problema indagato; e l'uso di interviste semistrutturate può aiutare a esplorare proprio quelle aree in cui gli intervistati percepiscono contraddizioni e difficoltà. Con questa forma di intervista vi è pertanto il tentativo di instaurare un rapporto con l'intervistato e il desiderio di entrare, per quanto possibile, nel suo mondo psicologico e sociale. Il ricercatore parte di solito da un'idea generale dell'area di interesse e da alcune domande di ricerca, ma tenta anche di garantire all'intervistato la massima opportunità di esporre il suo punto di vista (o i propri interessi, le preoccupazioni), introducendo anche argomenti inizialmente non previsti, nel momento in cui si sente sollecitato a farlo. In questo senso le interviste semistrutturate sono uno strumento aperto e flessibile, e possono documentare prospettive di solito non rappresentate. Ovviamente, l'intervista semistrutturata é contraddistinta dal fatto che il ricercatore é guidato, nella somministrazione dell'intervista, da una traccia o "guida di intervista" (interview guide), che include una lista di domande o di aree tematiche da esplorare. Essa richiede pertanto di definire, almeno a grandi linee, prima dell'inizio dell'intervista, l'insieme dei temi che si vogliono esplorare. Nel caso specifico la guida è stata sviluppata in modo più o meno dettagliato, a seconda se il ricercatore fosse interessato a specificare più analiticamente i temi importanti in anticipo e se ritenesse che una particolare sequenza di domande andasse posta nello stesso modo o nello stesso ordine per tutti gli intervistati. L'intervistatore è rimasto pertanto libero di costruire una conversazione all'interno di un'area particolare, e la guida è servita semplicemente per assicurarsi di aver trattato tutti i temi importanti. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 14 Riguardo ai tipi di domande, in linea di principio si sono impiegate domande neutre piuttosto che pilotanti (quelle che anticipano le possibili risposte e le impongono all'intervistato) o con presupposto (che presumono un determinato stato di cose). L'intervistatore inoltre si é astenuto dall'esprimere giudizi, adottando un atteggiamento di rispetto, comprensione ed empatia e trasmettendo l'impressione che ciò che l'intervistato diceva fosse importante. E’ stato evitato anche il linguaggio gergale. Le domande sono state poste in modo da renderle familiari e non imbarazzanti o intrusive. Infine, si sono adottate quasi esclusivamente domande aperte. Le domande chiuse incoraggiano infatti risposte dicotomiche, invece di aiutare l'intervistato ad aprirsi rivelando i propri pensieri, sentimenti e convinzioni, aspetti fondamentali da esplorare per i fini e le caratteristiche della ricerca di cui si sta trattando. Come anticipato in fase di premessa, il lavoro di sintesi sull’insieme del materiale raccolto – in primis per la mole e la vastità delle opinioni, delle convinzioni e degli atteggiamenti verso il tema-lavoro – è stato laborioso e complesso. Si è ritenuto utile, per esporre in maniera più chiara quanto emerso in fase di intervista, richiamare le macroaree che di fatto sono andate a costruire la interview guide di riferimento (quindi l’ambiente aziendale, il rapporto col proprio lavoro, la progettualità, l’atteggiamento verso il nuovo tema della flessibilità e verso il mercato). Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 15 JUNIOR E IDENTITA’ I giovani che abbiamo intervistato, e che rivestono un ruolo tanto importante nel contesto della nostra ricerca, hanno in molti casi rappresentato una vera e propria “sorpresa”. Nonostante uno degli assunti fondamentali della ricerca qualitativa sia il fatto di porsi nei confronti dell’ “oggetto” studiato eliminando qualunque forma di preconcetto, dobbiamo ammettere che qualche genere di cliché, di argomento preordinato, ci si poteva aspettare venisse alla luce. Tra questi potrebbe venir annoverato il contatto presumibilmente complesso tra questi giovani e il mondo del lavoro atipico. O ancora, la concezione essenzialmente “volatile” e poco radicata della propria identità professionale. Di fatto molto di quello che ci si sarebbe potuti attendere è stato smentito: i junior hanno fornito risposte (o non-risposte) che aiutano a delineare un quadro inatteso, innovativo, tutto da approfondire. Vediamolo attraverso le principali tematiche che il questionario ha permesso di esaminare. A – L’AMBIENTE-AZIENDA Nella volontà di indagare in che modo il lavoro possa essere un motore di creazione e definizione dell’identità individuale, intendiamo iniziare con l’analizzare l’insieme degli aspetti di tipo “ambientale” che si sono approfonditi tramite le interviste somministrate. Di fatto tutto ciò che è azienda, dalle sue caratteristiche produttive al suo posizionamento sul mercato, dalla sua storia ed evoluzione alla sua politica di gestione del personale, può dire molto sul livello di coinvolgimento sociale e identitario del singolo lavoratore. In generale si può affermare che i junior intervistati sanno collocare per quanto genericamente l’attività di cui si occupa la propria azienda, anche se, di fronte a domande più specifiche che riguardino la composizione del personale o la storia passata della realtà in cui lavorano, non sanno dare risposte molto approfondite. Possiamo quindi dire che il livello di conoscenza che essi hanno delle aziende che li hanno assunti è abbastanza generico, per quanto non bassissimo, ed è in Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 16 particolar modo fallace se relazionato alla conoscenza relativa alle risorse umane impiegate nella loro realtà. Infatti sono state proprio le domande che intendevano approfondire il tema della composizione e gestione del personale ad aver messo in crisi i giovani intervistati: difficilmente vanno oltre una conoscenza che riguardi il proprio reparto, i colleghi con cui sono a stretto contatto. Si sono addirittura registrate cifre discordanti riguardanti il numero di persone impiegate in una stessa azienda. Per quanto riguarda poi l’impiego di lavoratori atipici, la disinformazione è quasi “ideologica”, legata a una volontà di distinzione e distacco da quell’universo (si veda la parte corrispondente, al paragrafo sul tema della flessibilità). “Saremo una… operai o compresi gli impiegati? Saremo una ventina penso… sì… operai ce ne saranno una quindicina… compresi anche i ragazzi delle cooperative…” (10) “Quanti siamo… mi fai una bella domanda… ignoro le persone che possano esserci qua dentro (in ufficio)… là fuori bene o male siamo… si divide in due turni, c’è chi fa il giornaliero come il mio caso, c’è chi invece fa il turnista… se vuoi sapere il numero esatto… ma, metti 10-15 dipendenti” (2) “… io non conosco ancora tutti benissimo… comunque in teoria da quello che ho sentito dire dovremmo essere un’ottantina di persone… penso divisi tra uffici, officine… persone sul cantiere…” (16) L’atteggiamento di distacco, a tratti di estraneità, nei confronti dell’ambienteazienda è altresì confermato dal sostanziale disinteresse nei confronti delle tematiche sindacali. Il coinvolgimento dei junior è piuttosto basso in questo senso, così come il conseguente livello di consapevolezza degli eventuali problemi interni. Il generale distacco dalle questioni sindacali è in definitiva in sintonia con la generale mancanza di coinvolgimento e identificazione espressa: lo scarso interesse, il basso livello di attenzione riferito alle dinamiche e alle questioni interne all’organizzazione aziendale rispecchiano in effetti il generale senso di Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 17 disinteresse e ridotto coinvolgimento che si registra trasversalmente alle interviste. Può essere significativo qui aprire una sintetica parentesi: la scarsa sindacalizzazione è anche un segno tipico delle nuove figure professionali, degli atipici, che, come sarà meglio esplorato poi, rappresentano il potenziale (e sconosciuto) “alter ego” di questi giovani dipendenti del settore metalmeccanico. In sostanza i junior intervistati, come si approfondirà nel capitolo dedicato al rapporto con i lavoratori atipici, attenti a distinguersi e a tenere a distanza il mondo degli atipici, sono i potenziali nuovi rappresentanti di quel settore. “Non sono iscritto. C’è… non so se fa qualcosa perché… cioè… non me ne sono mai interessato” (25) “Io non ho la tessera del sindacato, però comunque è attivo… partecipo alle assemblee, ogni tanto gli chiedo questo quell’altro… abbiamo almeno tre rappresentanti…” (28) “Ma, io… sì, fa qualcosina… diciamo… no, fa qualcosa, ti tiene informato di quello che vuole fare l’azienda, come vuole farlo… e basta… comunque… a me sinceramente più di tanto non mi interessa…” (17) La mansione che si svolge in una struttura ha, nel suo definirsi, una dimensione oggettiva, legata a parametri ben misurabili (come il livello o la retribuzione), e una dimensione, che qui a noi interessa considerare, dal carattere soggettivo più marcato, che è strettamente connessa alla percezione che il singolo vive relativamente all’importanza del proprio ruolo. Il tenore delle risposte fornite dai junior in relazione a questo tema è più frequentemente orientato verso una considerazione piuttosto bassa del proprio ruolo, o comunque verso la sottolineatura di una percezione di scarsa importanza da parte dell’organizzazione nel suo complesso. C’è anche tuttavia chi sottolinea la propria soddisfazione a svolgere quel determinato lavoro, proprio per l’importanza che sente di possedere in relazione alla filiera produttiva, o all’immagine dell’azienda. Il concetto di “immagine” è del resto un concetto che ritorna in più di un’intervista, e che può rivelarsi utile nella necessità di definire il livello di Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 18 identificazione (molto parziale e particolare, come si vedrà) dei giovani con l’azienda per cui lavorano. Si tratta di una questione peculiare, che merita di essere almeno in parte approfondita, e che paradossalmente si colloca a metà tra il senso di unione determinato dalla diversità con cui in qualche misura ci si deve confrontare (il lavoratore atipico, ad esempio) e la forzata estraneità che si intende esprimere nei confronti della dimensione lavorativa: l’immagine dell’azienda è il motore della particolare identificazione espressa dai junior, che, distanti e poco coinvolti dalla realtà in cui operano, sentono comunque di doverla salvaguardare, avere un ruolo attivo nella definizione dell’immagine dell’azienda, forse per dare agli altri una specifica percezione di sé, accettata e riconosciuta a livello sociale. “Sarebbe stupido non vivere positivamente la mia collocazione in azienda, sarebbe come combattere contro i mulini a vento!” (2) “A metà, livello medio, lavoro tranquillo. Ci sono lavori peggio del mio…” (25) “Mi sono sentito diverse volte apprezzato, ho dato idee che poi sono state ascoltate. Ma è anche giusto, perché se mi sentissi un numero cambierei lavoro, bisogna sempre aggrapparsi a qualcosa…” (6) “Insomma!… mi sento un po’… sì… come ultima ruota del carro, uno degli ultimi arrivati se non l’ultimo… e sì vabbè…!” (16) “La mia mansione per me è importante perché… cioè… il cliente vuole una certa qualità del prodotto, cioè passa di lì e gliela dobbiam dare, alla fine… se c’è qualche errore va scartata subito…” (28) “L’amministrazione non è che sia presa tanto in considerazione… nel senso che ti vedono come reparto che non fa niente, continuano a dire che è solamente un costo… a noi ci considerano così… l’ultima ruota del carro!” (31) Un ruolo significativo per questo tema è anche rivestito dalla percezione che il singolo lavoratore ha, e la conseguente descrizione che ne fornisce, dell’ambiente sociale in cui si trova inserito. La dimensione sociale in ambito lavorativo ha una rilevanza innegabile: se si pensa che le giornate di un lavoratore sono in buona parte impiegate nello svolgimento del proprio ruolo professionale, si comprende quanto l’ambiente Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 19 sociale che si vive in azienda debba influenzare la qualità di vita del singolo, il suo livello di coinvolgimento e identificazione con la realtà che lo circonda. Tendenzialmente viene fornita dai giovani una descrizione piuttosto “asettica”, poco coinvolgente e “coinvolta” dei rapporti interpersonali e della realtà umana in cui sono inseriti. Parlano per lo più di rapporti positivi, di eventuali problemi rari, dovuti a singole persone. Il clima che viene descritto è quello di una rete di rapporti superficiali, all’interno della quale il junior è inserito per la sola durata delle ore di lavoro, dopo le quali questa rete cessa di esistere. In alcuni casi è stata descritta la creazione di legami un po’ più stretti, legami che non sono tanto approfonditi dal junior in risposta alla domanda esplicita (che rientra nei toni “asettici” di cui si è detto sopra), ma che vengono messi in evidenza nel momento in cui l’intervistato dichiara di intrattenere rapporti con alcuni colleghi anche al di fuori dell’orario di lavoro. Si tratta di due domande distinte, poste in punti differenti del questionario, che mettono in evidenza la percezione “formale” che della socialità sul posto di lavoro hanno gli intervistati: nell’ambito della parte riguardante la loro quotidianità in azienda i giovani parlano di rapporti superficiali e poco vissuti, nella parte relativa al tempo libero si scopre che alcuni di loro trascorrono le serate o la domenica con dei colleghi di lavoro. La cosa che salta agli occhi, nel quadro fin qui descritto, è il livello di estraneità e scarsa consapevolezza che i giovani hanno dell’ambiente-azienda che li circonda. Le domande che sono state loro poste hanno portato a risposte abbastanza vaghe, e soprattutto accompagnate da un implicito atteggiamento di sarcastico stupore, che sembrava comunicare un messaggio per il quale sarebbe stato pretenzioso da parte del ricercatore aspettarsi da loro risposte precise (fra le righe non è stato infrequente leggere qualcosa che suonava come: “perché dovrei sapertelo dire proprio io?”). Nell’ambito della nostra analisi non ci soffermeremo, se non in parte, sull’approfondimento del linguaggio non verbale: tuttavia, per questo tema specifico, non possiamo evitare di sottolineare l’importanza che questo tipo di Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 20 comunicazione ha rivestito. Le affermazioni raccolte non avrebbero detto così tanto se considerate nella loro esclusiva componente verbale: in questo caso l’atteggiamento generale, la mimica e il tono della conversazione hanno in realtà comunicato molto di più delle singole parole che i junior hanno espresso. Come si è visto si tratta di un quadro che, analizzato nel suo complesso, indica la tendenza, da parte dei junior, a considerare il luogo di lavoro, l’ambiente in cui sono inseriti come un semplice sfondo, oseremo dire quasi inerte, di quelle ore della giornata in cui svolgono la loro professione. Non sembra quindi esserci una componente ambientale che sappia attivamente farsi spazio tra gli aspetti che concorrono a definire l’identità lavorativa del singolo. Quello che dovrebbe essere il microcosmo di riferimento all’interno di ogni singola giornata diviene un semplice riempitivo che i junior non osservano criticamente, che non interessa loro conoscere nell’insieme della sua organizzazione e del suo funzionamento. La prospettiva di interesse e volontà di approfondimento sembra mantenersi entro una dimensione estremamente limitata (entro il proprio settore, entro la cerchia di colleghi coi quali si condivide la mansione in azienda), andando così a marcare in modo netto un “territorio” (spesso viene sottolineato dagli operai, ad esempio, che loro non ne sanno niente di come funziona in ufficio – e si legge tra le righe una sorta di ovvia liceità in questo), uno spazio preciso, delimitato, al di fuori del quale sembra non ci possa essere contatto. La questione centrale è che questo “territorio”, limitato e tendenzialmente chiuso, non rappresenta una fonte di riconoscimento e identificazione per i junior: come si diceva, l’atteggiamento è di distacco, di monotona accettazione di un piccolo “guscio”, non cercato, non desiderato, poco vissuto, all’interno del quale si esplica una fase “inevitabile” della propria giornata: il lavoro. B – JUNIOR E LAVORO Arriviamo al cuore della tematica che stiamo esplorando se parliamo più nello specifico di “lavoro”: quindi di effettiva mansione quotidianamente svolta, di professionalità acquisite, di crescita e implementazione delle proprie abilità e Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 21 competenze. Il ruolo specifico che il singolo riveste, le funzioni che ricopre, le caratteristiche e capacità che mette in campo rappresentano nel complesso un insieme di temi di riferimento per indagare l’identità lavorativa. Relativamente agli aspetti identitari più strettamente legati al singolo e alla percezione che egli ha di se stesso in relazione al lavoro che svolge, va fatta un’iniziale precisazione: le domande interne al questionario, legate a questo tema, sono domande che non si sono rivelate di immediata comprensione, per la loro complessità e per (ci permettiamo di ipotizzare, alla luce della nostra ricerca) la scarsa propensione all’introspezione sui temi in gioco. Si tratta di domande miranti più che a verificare la capacità di comprensione dei singoli, a indurre un percorso di auto-riflessione nell’occasione dell’intervista, che ha assunto caratteri più o meno “tortuosi” in relazione alla propensione e all’abitudine individuale alla considerazione critica della propria professionalità e del proprio lavoro. Spesso sono quindi nate incomprensioni e risposte poco coerenti con i quesiti posti, che tuttavia hanno saputo fornire una serie di informazioni nuove, inattese, che hanno arricchito il nostro quadro di riferimento. Chiaramente il non detto, o comunque le risposte che non si sono rivelate pienamente coerenti con le domande poste, ha fornito ulteriori spunti ed elementi interpretativi utili alla ricerca. Coerentemente con un’ottica di lettura del dato di tipo qualitativo, anche questo genere di lacune o l’atteggiamento assunto vanno a costituire aspetti di fondamentale importanza da tenere in costante considerazione. Il primo aspetto sul quale intendiamo concentrare la nostra attenzione in relazione al tema è l’approfondimento delle modalità attraverso cui i giovani dichiarano di aver appreso il proprio lavoro. Tipicamente la fase di addestramento, di introduzione al mondo del lavoro, è ricordata da chi ha più esperienza anche in relazione alle persone grazie alle quali si è imparato quel lavoro, la figura o le figure che hanno fatto da autentica guida nel percorso di apprendimento e ingresso in quel mondo. In effetti anche per quanto riguarda i junior va registrata una porzione di risposte che parla di svariate forme di affiancamento (più o meno ufficiali), Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 22 grazie a cui i giovani hanno potuto imparare (secondo alcuni letteralmente “copiando”) da colleghi con maggior esperienza. Riteniamo vada comunque posto in evidenza chi, in relazione a questo tema, ha fornito risposte molto più indirizzate a sottolineare la propria intraprendenza, la propria capacità di carpire segnali informali utili, e di sapersi “arrangiare”, anche mettendosi in gioco in terreni non strettamente legati al proprio ruolo principale (ricorre con una certa frequenza il termine “jolly”, che i junior usano per definirsi, a sottolineare la propria capacità di adattarsi e apprendere nuove mansioni, a seconda della necessità contingente). Infine non va dimenticato chi, sottolineando la coerenza tra il lavoro che svolge e la sua preparazione teorica, pone in evidenza l’utilità che per il lavoro ha significato il suo percorso scolastico. “Sono geometra, studio lettere, ho cominciato a fare il data entry, mi hanno insegnato lì a fare fatture, a fare i pagamenti… mano mano mi spiegano e imparo! Ho dei punti di riferimento, però mi arrangio da solo, insomma, finchè posso…” (33) “Un po’ di esperienza da solo e un po’ di affiancamento… praticamente serviva una persona lì, e sono andato lì e poi mi piaceva il lavoro… tra un po’ guardare di qua e guardare di là e un po’ uno che avevo vicino…” (25) “Ho imparato da uno vecchio, diciamo… dal mio collega che più o meno ha sempre fatto questo lavoro qua… quasi due anni di affiancamento… adesso sono un po’ da solo, ma se ho qualche problema lo chiamo” (28) “Io sono affiancato a un mio collega adesso, fino a tutto l’anno, e dopo… beh, ovviamente devo far corsi… e basta, si impara… ci sono un sacco di leggi da imparare…” (18) “Ho imparato un po’ anche nel lavoro precedente, che comunque era un’impresa un po’ più piccola quindi anche la ragazza con cui lavoravo aveva più tempo per seguirmi, per spiegarmi le cose… poi anche qua, sì, più che altro l’impegno… ovviamente su certe cose… devo sempre chiedere…” (31) “Mi ha insegnato il responsabile interno… la scuola non mi ha insegnato niente… penso che si impari di più un anno in questa ditta o in un’altra che magari tre anni di scuola!” (20) “Già il fatto di aver avuto un diploma in ragioneria mi ha aiutato tanto… poi ho avuto la ragazza che sostituivo… mi ha affiancata per due mesi…” (34) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 23 La sensazione dominante è che i giovani spesso siano di fatto lasciati a se stessi, mentre la percezione che loro hanno della propria situazione di “apprendisti senza guida” è di una specie di privilegio, una possibilità (ambita) di dimostrare quanto si vale, di mettere in gioco la propria auto-gestione a dimostrazione di una distorta forma di capacità professionale. In sostanza quello che sembra venire a galla è un’idea per cui farsi valere in ambito lavorativo significa non tanto aver appreso in maniera approfondita la “tecnica”, la professionalità relativamente a una determinata mansione, quanto il “sapersi arrangiare”, il sapersi barcamenare nelle varie mansioni che quel lavoro può richiedere (e qui entra in gioco il rapporto con la flessibilità di mansione, che verrà approfondita più avanti). Del resto si delinea un quadro coerente con l’attuale situazione economica, nella quale il ruolo professionale di un giovane difficilmente rimarrà per trent’anni lo stesso. La sensazione rimane tuttavia quella di una certa incoscienza, di una mancanza di collegamento effettivo ed efficace tra questa esaltazione della rotazione dei ruoli e le nuove esigenze espresse dal mercato. Tema “collaterale” a quello ora esposto, al quale è utile accennare, è quello della formazione: l’investimento in interventi formativi, percorsi di aggiornamento e approfondimento di temi (anche di tipo tecnico) può dire molto sulla lungimiranza e sul tipo di politica che si è messa in campo per incrementare la professionalità di questi giovani. Specularmente, per il singolo junior, aver o meno investito in formazione può essere un indicatore per comprendere non solo il livello di crescita e aggiornamento professionale ma, ciò che più conta per i nostri fini, il livello di “adesione” alla propria professionalità e identità lavorativa. Buona parte degli intervistati dichiara di non aver mai fatto formazione, di non aver seguito alcun tipo di corso relativo alla sua attività professionale. Una porzione di junior parla nelle interviste dei corsi obbligatori cui ha partecipato (in primis i corsi durante il periodo di apprendistato), dai quali comunque dichiara di non aver tratto grandi benefici. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 24 Va sottolineata anche la presenza di una parte di intervistati che parlano di diversi interventi formativi, interventi che riguardavano da vicino il loro ruolo professionale e dei quali sembrano effettivamente apprezzare l’utilità. “Ho fatto un corso di computer… facevamo, praticamente, era come se una giornata di lavoro, no, 8 ore… facevamo un’ora ogni materia… poi ci hanno rilasciato anche degli opuscoli, a casa ogni tanto me li vado a rivedere…” (27) “Adesso dovrò fare un corso per gestione qualità e sicurezza… non so se lo fanno qui o a Milano… ho fatto il corso sulla privacy, dopo ho fatto il corso di excel avanzato, e dopo un corso sulle reti, cablaggio strutturato…” (18) “Vorrebbero farmela fare, ma non solo a me… per imparare il sistema nuovo, il discorso merci, commercio, magazzino… io sarei anche disposto, ma mi sono sempre arrangiato, imparo da solo…” (33) “… alcuni corsi, sempre con l’apprendistato però esterni, quelli fatti dalla Regione, che però ho visto che non servono più di tanto… forse ci vorrebbero corsi più specifici… dopo io sono stato messo in un corso dove eravamo dalle impiegate-segretarie fino ai commerciali… e io mi sentivo un pesce fuor d’acqua… dovrebbero essere più mirati…” (13) “Nei lavori precedenti quando c’era la possibilità di fare corsi li ho sempre fatti tutti… da quello antincendio… un corso di primo soccorso, poi ho fatto… però mi dispiace perché purtroppo questi corsi qua non li ho mai certificati… se non con il classico foglio di carta da pane che… valore zero!... comunque sia avevo fatto anche un corso per carrellista… e qua mi avevano fatto fare un corso di antinfortunistica e di utilizzo dei carri ponte…” (2) I giovani sembrano comprendere in qualche misura il valore della formazione, che l’abbiano fatta o meno: la necessità di aggiornamento, il generico richiamo che il mercato fa di continuo a nuove professionalità e alla necessità di figure specializzate probabilmente contribuisce a creare questo atteggiamento di fondo, per cui comunque la formazione ha un carattere, potremmo dire, asetticamente positivo, intendendo con questo termine una concezione acritica dei junior, formulata sulla base delle generiche esigenze espresse solitamente dal mercato. Anche se una certa dose di critica individuale va registrata, per lo meno in chi ha investito del tempo nella formazione e riesce a motivare la sua insoddisfazione nei confronti dell’esperienza specifica. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 25 Si può comunque affermare che l’atteggiamento generale si colloca su un piano di coerenza con quanto già affermato, ovvero la tendenza a considerare negativamente l’appiattimento su un preciso ruolo professionale – che necessiterebbe di una formazione mirata e specifica. Il rapporto con il proprio lavoro è generalmente fatto anche di singoli aspetti poco graditi, che magari si vorrebbero cambiare. Di fronte a questa domanda i junior hanno fornito essenzialmente risposte di due tenori differenti: una parte degli intervistati indica come aspetto meno gradito del proprio lavoro specifiche fasi o caratteristiche della loro mansione (come rispondere al telefono ai clienti, o essere vicini a un collega con cui non si va d’accordo); un’altra porzione di intervistati ha invece addotto caratteristiche che appaiono più generali, “sostanziali”, riguardando in modo diretto l’organizzazione del lavoro all’interno del loro settore. Infine, vanno citati quei casi in cui gli intervistati non hanno indicato nessun aspetto particolare in relazione alla domanda che è stata loro posta. “… un aspetto negativo… c’è tanto da leggere…” (18) “Mi piace di meno… risponderei i fornitori! Veramente ci son dei giorni che ricevi 60 telefonate… diciamo, rispondere ai fornitori mi piace meno…” (32) “Ce ne sarebbero tante ma non ce ne sarebbe nessuna… forse… una parte dell’organizzazione del lavoro… si è stabilito che la macchina non dovrebbe mai fermarsi… invece tante volte non succede… e secondo me è una percentuale di produzione che se ne va a fine anno diciamo…” (6) “Poche soddisfazioni… di vedere il tuo lavoro finito… è un lavoro molto… che dà motivo di lavorare agli altri quello che faccio io… cioè… non è che sono io che faccio qualcosa… quello è l’aspetto che mi manca di più, di vedere qualcosa di mio…” (16) “La cosa che mi piace meno forse è proprio il fatto che mi manca il contatto personale, forse il fatto di essere sempre seduta lì… è un lavoro tanto statico, poco dinamico…” (34) Come si può intuire da questi stralci alla domanda i giovani hanno risposto nelle maniere più svariate, tuttavia è innegabile la predominanza di un atteggiamento Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 26 di “distacco”, di scelta dei difetti da indicare più legata alla necessità di rispondere alla domanda che non a una forma di riflessione meditata. L’impressione che ne deriva è di un lavoro vissuto in maniera piuttosto superficiale, senza porsi troppe domande e senza indagare in maniera approfondita la valenza, l’influenza e la portata della propria attività professionale. Il tutto va evidentemente a inserirsi in quel quadro (si vedano anche le considerazioni a margine del tema del concetto di sé, o quelle riguardanti la conoscenza della propria azienda da parte dei giovani) di sostanziale “distacco” e potremmo dire cesura con il resto della loro vita. Per quanto i giovani abbiano generalmente alle spalle al massimo una manciata di anni di lavoro, il concetto di “esperienza professionale”, inteso come percorso di cambiamento e di approccio a situazioni nuove non può non venir considerato. Anzi, l’approfondimento di questo tema nelle interviste somministrate ai junior ha posto in evidenza una tendenza all’analisi che riguardo ad altri argomenti non si era registrata. Si tratta di una propensione analitica che, a prescindere dalla coerenza o “correttezza” (se di questa si può parlare) delle risposte, non si è riscontrata altrove (come riguardo i temi del concetto di sé, o la descrizione dell’ambiente sociale in cui si è inseriti). In generale possiamo dire di esserci trovati di fronte a una capacità di analisi e approfondimento piuttosto limitata, probabilmente legata alla scarsa propensione e abitudine a porsi domande di questo tenore, legate al tema del lavoro. Solo una precisazione: gli aspetti che abbiamo di seguito sintetizzato, in relazione alle risposte che abbiamo ricevuto, ad alcuni potranno non sembrare strettamente legati al concetto di “esperienza” professionale. Tuttavia, considerato che questo è stato l’ordine di affermazioni che abbiamo raccolto, ci è parso corretto sintetizzarle come segue, dato che anche il concetto di “esperienza” professionale che ne esce può essere un dato significativo per la presente ricerca. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 27 Intendiamo tenere in costante considerazione che anche il dato poco coerente con il quesito posto ha un suo significato, per l’apporto che può dare, per le lacune, gli atteggiamenti e le convinzioni di cui può essere il sentore. Una parte dei junior intervistati ha espresso un giudizio sostanzialmente negativo della propria esperienza professionale, legandolo essenzialmente alla ripetitività del proprio lavoro, e quindi alla scarsa soddisfazione personale che ne deriva, oltre che alla mancata occasione di sviluppare una professionalità più vicina alle proprie aspirazioni (si parla quindi di opportunità sfuggite, di impieghi “ideali” etc.); in quest’ottica è evidente quanto la componente economica del lavoro sia la molla essenziale per continuare a portarlo avanti (visto che comunque, come si vedrà, questi soggetti non si dichiarano attivamente alla ricerca di un’occupazione alternativa). “Il giudizio… ma, non saprei… cioè… secondo me… è più sul rosso che sul verde! Più che altro per il livello di soddisfazione perché insomma… il lavoro qua non è che dia… anche perché a me piace stare a contatto con la gente…” (28) “Beh, questo è un lavoro che si fa sempre le solite cose eh! Alla fine non è che… sì, quando hai imparato quello che dovevi imparare dopo non è che hai una progressione su cose nuove… può cambiarti la misura di un pezzo ma è sempre lì” (20) “La giudico… intanto mi mangio le unghie, adesso, perchè quando ero sotto militare (ho fatto il carabiniere) potevo farci la firma… me le sto mangiando ancora le unghie… vedendo adesso cosa sto facendo, vero… però non ho avuto neanche tante occasioni… la fortuna mi ha fatto studiare quello che ho voluto, però mi ha detto: guarda che finito il militare se non fai la firma nei carabinieri devi andare a lavorare perché qua… è stata più una ragione perché servivano soldi… non ho mai avuto la fortuna di fare il salto di qualità… magari avere qualcosa di mio… e quindi mi sono sempre adeguato ai lavori che ho trovato…” (10) in altri casi gli intervistati pongono in evidenza il livello di crescita professionale che la loro seppur breve esperienza ha saputo apportare, anche se va sottolineato che in questo gruppo non manca di certo chi, in relazione alla domanda in questione, collega in maniera esplicita (ponendoli a quanto pare sullo stesso livello) crescita professionale e soddisfazione retributiva. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 28 “(La mia esperienza lavorativa) è una crescita continua…” (5) “Il giudizio… ottimo non posso dirlo, però più che buono… distinto! Medio alto direi… anche a livello di crescita, di soddisfazioni” (34) C’è poi una parte di intervistati che ha fornito risposte più problematiche, criticamente formulate, evidenziando una percezione complessa e articolata del proprio ruolo e della propria identità professionale: si tratta di persone che in alcuni casi hanno esperienze precedenti che si discostano dal lavoro che stanno svolgendo attualmente, quindi junior che alla luce di quelle esperienze valutano il proprio presente; o ancora, si tratta di persone che, pur poco soddisfatte dal lavoro che svolgono, hanno la tendenza a concentrarsi sui lati positivi (buona remunerazione, orario poco pesante…) per riuscire a conviverci serenamente, trovandoci un motivo di crescita. “C’è da imparare da tutte le parti e da insegnare da tutte le parti, per cui in qualsiasi lavoro, per quanto umile o che non ti piace, comunque qualcosa da imparare lo trovi sempre” (6) “In generale è buono come giudizio… ovviamente in tutti i lavori ci sono i pro e i contro… ad esempio il lavoro di commessa mi piaceva perché avevo delle soddisfazioni… secondo me il lavoro di impiegata ti dà meno soddisfazioni, ovviamente è meno impegnativo sotto un certo aspetto… hai le tue ferie sicure…” (31) “Sono contento delle risposte che ho avuto… nel senso che dove sono andato mi sono sempre state riconosciute capacità, mi è sempre stata data la possibilità di come dire avanzare professionalmente… per adesso però a tale avanzamento non è mai stato se non in parte adesso… cioè il parallelismo che volevo farti: all’avanzamento di incarico professionale non è mai stato avanzato con l’asterisco anche l’avanzamento economico… rimango fondamentalmente ottimista…” (2) Questo tema ha evidentemente messo in luce alcuni aspetti degni di nota, che aiutano a problematizzare il quadro di riferimento. Anzitutto, quello che in prima battuta salta agli occhi è che l’esperienza professionale viene spesso identificata con il lavoro che si svolge più che con un percorso complessivo di crescita ed evoluzione: in sostanza la prospettiva sembra piuttosto angusta, poco proiettata verso il futuro e anche verso il proprio Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 29 passato (solo in alcuni casi il concetto di “esperienza” è stato in effetti discusso nella sua più corretta accezione, che non può prescindere da una storia che si ha alle spalle, per quanto breve). Inoltre, e questo non è di certo un dettaglio, più che di esperienza professionale i junior parlano di esperienza lavorativa (anche se non esplicitamente), prescindendo nella maggior parte dei casi da quegli aspetti umani e caratteriali che innegabilmente sono influenzati da un determinato ruolo professionale. Quella tra esperienza professionale e lavorativa è una distinzione non immediata, che tuttavia ci sembra significativo considerare: con esperienza lavorativa intendiamo la somma dei ruoli e delle mansioni che il junior ha esperito, mentre l’esperienza professionale è evidentemente un concetto che va oltre, coinvolgendo la sfera delle abilità, competenze e sensibilità affinate, che spesso prescindono dallo specifico ruolo che si riveste. Spicca all’interno di diverse interviste il ripetersi dell’elemento retribuzione: il tema dell’esperienza professionale è in molti casi legato a doppio filo al discorso economico, o perché lo stipendio rappresenta la molla fondamentale per continuare a svolgere un lavoro per il quale non si prova alcun interesse, o perché l’eventuale soddisfazione espressa in relazione alla propria esperienza non è disgiunta da considerazioni economiche. Questa dimensione sembra quindi essere fondamentale nei junior che, spesso poco soddisfatti e coinvolti dal proprio lavoro, bloccati in un atteggiamento di fissità e passività nei confronti del mercato (si veda la parte sulla flessibilità), trovano lo stimolo centrale nell’aspetto retributivo. Uno dei punti che si sono rivelati più problematici (e quindi, verrebbe da dire, interessanti) in relazione alla definizione della propria identità lavorativa, è stata l’influenza che il lavoro svolto esercita sul concetto di se stessi. Questa domanda ha messo in crisi più di un intervistato, e questo sembra sottolineare quanto poco i giovani si interroghino sul proprio lavoro, sull’incidenza che esso ha sulla loro vita quotidiana. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 30 Uno degli “slittamenti” tipici che il quesito ha assunto, cosa determinata evidentemente dalla scarsa comprensione che i giovani hanno dimostrato nei confronti della domanda, è stata la descrizione della propria personalità, relazionata al lavoro che svolgono. O meglio: la descrizione della propria personalità sul luogo di lavoro e al di fuori di questo. Ma iniziamo intanto col considerare che genere di risposte sono state fornite dagli intervistati. Una prima porzione di interviste registra risposte semplicemente negative, in cui, dopo una fase riflessiva più concentrata, verrebbe da dire, sul contenuto della domanda che sulla riposta, l’intervistato nega quest’influenza, oppure la liquida con “un’espressione-baluardo” che torna in più di un’intervista: “non mi porto a casa il lavoro”. “Ma, forse… io sono un ragazzo che si ambienta un po’ su tutti i lavori… quindi non vado a vedere il lavoro dove ci si sporca di più… il lavoro non ha influito proprio per niente (sul concetto di sé stesso)… è indipendente…” (8) “Se vado a casa e mi viene in mente che sono insicuro di quello che ho fatto magari ci penso un attimo però dopo mi torna in mente il giorno dopo quando devo venire qua… però non è che se non riesco a fare una cosa me la porto a casa e poi continuo a pensarci…” (20) Diversi sono quei casi in cui c’è coerenza tra la domanda e la risposta: si tratta di quei junior che riconoscono una forma di influenza che il lavoro deve aver avuto sul concetto che hanno di se stessi, anche se le risposte in quest’ambito non vanno oltre un certo grado di approfondimento, portando esempi un po’ scontati e ripetitivi (tendenzialmente a essere indicato è il livello di autostima, la sicurezza in se stessi, e concetti analoghi). “Magari mi sono sentito più sicuro di me stesso, più autonomo… per il fatto dello stipendio…” (16) “Ho una buona autostima di me stessa, e sicuramente il lavoro mi ha dato l’opportunità di rafforzare questa…” (34) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 31 “Lì va a periodi, comunque bene o male come carattere sono più o meno lo stesso, non è che mi faccio influenzare più di tanto perché… cioè, oltre al lavoro ho altre cose da fare dunque mentalmente mi passo via…” (28) “C’è stato un periodo che pensavo di essere un fallito… tutti i miei amici facevano i rappresentanti… poi l’ho superato, me la cavo egregiamente anche così… riesco a vivere da solo e a stare con mio figlio” (10) Molto interessanti sono quei casi in cui, come già accennato, la risposta si è traslata verso un genere di argomenti che esulavano dal quesito: essenzialmente il tema che più frequentemente è stato messo in gioco è la personalità. Personalità che è influenzata in parte dal lavoro, o personalità che prosegue diritto per la sua strada senza farsi “sviare” da questo aspetto dell’esistenza quotidiana. Questo tipo di fraintendimento sembra essere legato ad argomentazioni che anche altrove saranno introdotte, e che riguardano la tendenza da parte dei junior a voler negare o comunque ridimensionare una qualche forma di coinvolgimento nei confronti del proprio lavoro. Il fatto di mettere in campo il concetto di “personalità” significa probabilmente per i junior parlare di quella che è l’immagine di sé che mostrano agli altri, più che la considerazione che possono avere di se stessi. In tal senso è rintracciabile quindi una certa coerenza con la volontà di mettere in campo il livello di (lodabile, nella loro ottica) autonomia dall’ambito lavorativo – si pensi ai toni distaccati che sono stati registrati in tante parti del questionario. “Quello che io sono qui dentro lo sono anche fuori” (5) “Non è proprio il fatto di fare questo lavoro, perché alla fine diciamo che è un lavoro come un altro… mi ha fatto crescere, diciamo, mi ha reso autonomo, a livello economico e a livello anche di persona…” (17) “Ero molto chiusa… da quando sono venuta qua ti devi relazionare non solo con i colleghi col lavoro, ma anche coi fornitori… devi tirar fuori un po’ le unghie… mi sono trovata ad essere impacciata un po’ all’inizio, perché sono timida, avevo tante cose da dire ma non riuscivo a dirle, e i fornitori ti chiamano anche non contenti, a volte sono anche arrabbiati, devi saper rispondere… adesso vedo che il carattere è cambiato” (32) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 32 “Se su 24 ore lavori 10 ore sicuramente il lavoro incide su come si matura, su come uno vede le cose” (11) “Il lavoro mi influenza relativamente… tendo a essere piuttosto organizzato perché il lavoro me lo chiede” (13) Infine, va registrato anche il caso di chi, nella risposta data, evidenzia la semplicità e la ripetitività del proprio lavoro, negando la possibilità che una mansione tanto monotona possa influenzarlo a livello di percezione di sé. “Non c’è mai una cosa in cui mi posso mettere in gioco, e il risultato possa cambiare in modo completamente inatteso… (il lavoro) è sempre una cosa banale, di routine” (6) Quello che si può ricavare da questo tenore di risposte è che, se si lasciano per un momento da parte le risposte coerenti ma un po’ ripetitive, sembra esistere una concezione di fondo per cui farsi influenzare, in quanto a considerazione di se stessi, dal lavoro che si svolge viene visto in maniera piuttosto negativa. C’è una tendenza a negare un coinvolgimento “personale” in relazione al lavoro, ovvero un coinvolgimento per il quale la propria personalità risulta influenzata dalla mansione nella quale si è occupati. La dimensione lavorativa ne esce quindi come un momento disgiunto dal resto della giornata, nel quale sostanzialmente si adotta un agire convenzionale che non rispecchia il proprio essere. Per i junior sembra essere un motivo di vanto sottolineare la differenza di atteggiamento che hanno nella vita privata rispetto al comportamento che assumono nel mondo del lavoro. Quasi a sottolineare con forza che “no, quello che passa otto ore al giorno in azienda, in realtà non sono io, la mia vita si svolge altrove”. Non è un dettaglio ricordarsi che queste persone, come registrato in altre parti delle interviste, spesso non sembrano vivere una dimensione privata tanto intensa da adombrare completamente le numerose ore della giornata che trascorrono in azienda. Quello che si registra è dunque la negazione di un processo di influenza che comunque, in qualche misura, deve pur esistere: in più di un’intervista si può rintracciare una sostanziale coerenza, ad esempio, tra la mansione svolta e Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 33 l’atteggiamento espresso dal junior, indubbiamente “viziato” da una sostanziale (inconscia?) adesione al microcosmo di cui si fa parte (l’officina, piuttosto che l’ufficio commerciale), del quale sembra siano in qualche misura assimilati, “negoziati”, modi di pensare e atteggiamenti. E il senso di appartenenza a un preciso gruppo, a una categoria interna all’azienda implica spesso un atteggiamento di fondo che può in determinati casi significare un’assunzione di maggior sicurezza, un senso di “protezione” che il proprio ruolo apporta. Il concetto di sé chiaramente c’entra fino a un certo punto con questo genere di riflessione, ma è innegabile che rintracciare tali dettagli nel quadro delle risposte ricevute aiuta a far luce su aspetti altrimenti poco chiari e scarsamente definiti. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 34 C – LA PROGETTUALITA’ Per esplorare quale sia il rapporto tra i giovani e il mondo del lavoro uno dei metri sicuramente più interessanti da considerare è il livello di progettualità espresso. È chiaro come questo ordine di argomenti possa esulare da quello che è il lavoro attualmente svolto, andando invece a coinvolgere la sfera del futuro e delle aspirazioni personali: tuttavia quello che sarà poi interessante indagare, al di là dei desideri e dei “sogni” che ognuno porta con sé, è la realistica potenzialità progettuale dei junior, la capacità che hanno di guardare al futuro e di considerare le proprie possibilità di crescita e realizzazione in maniera effettivamente pratica a propositiva. Vediamo quali sono i caratteri fondamentali che si sono registrati nelle interviste: anzitutto si può affermare che in generale il livello di progettualità è piuttosto basso, questo per il fatto che, anche laddove un qualche obbiettivo sia stato indicato, sembra trattarsi per lo più di obbiettivi generici, peraltro piuttosto frequenti all’interno delle interviste, non supportati da atteggiamenti o premesse pratiche che li avvicinino allo statuto di realizzabili. I dati che sono stati raccolti relativamente al tema della progettualità potrebbero essere in parte viziati dalla prudenza che alcuni junior potrebbero aver messo in campo nel timore di esporsi relativamente a un loro desiderio di cambiamento professionale. Tuttavia, nella somministrazione delle interviste, possiamo dire che questo sembra essersi verificato in minima parte, vista la buona percentuale di junior che ha indicato il desiderio di una nuova dimensione professionale, lamentando in certi casi anche i difetti del proprio lavoro. Nel delineare le principali forme di progettualità a livello professionale, abbiamo pensato fosse corretto di sintetizzare i dati raccolti in 3 gruppi principali. C’è chi, in relazione ai progetti che si sta costruendo per il futuro, parla del desiderio di lavorare in proprio, di poter o aprire un’attività autonoma o di entrare nell’azienda di famiglia, nella quale spesso già lavora nel “tempo libero” – così definito dai junior intervistati: evidentemente indicare con questa espressione quello che di fatto è un tempo dedicato a un secondo lavoro, spesso Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 35 pesante e impegnativo, dice molto sul livello di impegno e sulla concezione di fondo che anima questi giovani (il fatto che siamo nell’area economica del nord est non può essere ignorato). In tal senso l’esperienza in azienda può da un lato ridursi a un semplice veicolo di introito economico, dall’altro, in più casi, appare come una possibilità di accumulare esperienze e competenze poi spendibili nella dimensione autonoma. “Ho qualcosa in mente, che servono sempre i soldini… vediamo se va in porto, è un po’ un casino al giorno d’oggi… praticamente a me piacerebbe aprire una videoteca… adesso ci stiamo informando per capire com’è la storia…” (28) “Il mio sogno per dirti è quello di aprirmi un negozio mio, che non c’entra niente con quello che sto facendo adesso… però se avessi l’occasione mi piacerebbe!” (31) “Sì, mi è venuto in mente di cambiare lavoro… ho già un lavoro a casa dei miei… mio papà fa il vino praticamente, commercia il vino, mia mamma ha un negozio… se cambio, cambio per lavorare a casa… per far qualcosa di mio…” (20) “La mia idea sarebbe quella di mettermi in proprio, cioè… conseguire l’abilitazione da parte del collegio dei periti alla progettazione degli impianti, e dopo mettermi in proprio”; “Sto pensando al futuro… uscire dall’azienda, mettermi in proprio…” (13) C’è anche chi indica una via di crescita all’interno della realtà in cui si trova inserito, convinto di poter avanzare in ambito aziendale, senza dimenticare un corrispondente miglioramento del trattamento economico. “Progetti che sto pianificando no… io magari spero sempre qualcosa nel lavoro, magari avere uno stipendio per riuscire a viver meglio, che magari nel futuro, morosa o non morosa, mi sposo o non mi sposo… non ho tante ambizioni, però al momento cerco di far strada nel lavoro…” (16) “Dal punto di vista lavorativo mi do da fare proprio per poter avere quel minimo di budget che ti possa permettere di uscire di casa in maniera dignitosa… ottimismo ragionato… di sicuro tra dieci anni ci saranno, saranno già state buttate le basi, le fondamenta per un buon avanzamento di livello…” (2) “Mio padre cerca di orientarmi positivamente, di indirizzarmi il più alto possibile… quindi…”; “Le aspettative sono quelle di un giorno riuscire a sostituire mio padre… non so tra quanti anni però… sono partito con questo intento insomma… da gavetta, facendo un po’ tutti i settori insomma…” (18) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 36 Infine, alcuni junior intervistati hanno messo in evidenza gli aspetti negativi del proprio lavoro, indicandoli come le molle che potrebbero portarli a cambiare, anche se va sottolineata una generale “inedia” nei confronti del potenziale cambiamento. Sembra che accanto alle lamentele, al vago desiderio di cambiamento o evoluzione, non ci sia un autentico progetto di miglioramento della situazione, ma più un desiderio generico e difficilmente realizzabile. “Mi piacerebbe o far carriera qua o mettermi in proprio… appunto per avere la possibilità di farmi una vita… mi piacerebbe una casa, sposarmi… mettermi a posto diciamo…” (17) “Ho sempre programmato tutta la mia vita, non ho mai lasciato niente al caso! Io ho sempre considerato il lavoro come una cosa fondamentale, adesso forse che ho quasi 30 anni cerco un po’ di equipararlo anche alla vita familiare… dovrò un attimo far coincidere le cose, rinunciando un po’ da una parte un po’ dall’altra.” (34) Sembra trattarsi quindi più di un desiderio vago e inconsistente, forse frutto di un preciso, diffuso modello di vita e di lavoro che indica nella dimensione autonoma il raggiungimento della soddisfazione e della piena realizzazione. Più che parlare di progettualità sarebbe quindi più corretto parlare di aspirazioni, genericamente intese, che non sembrano collegate in maniera fattiva a un progetto realistico e realizzabile. In quest’ottica il lavoro da dipendenti che i junior svolgono attualmente sarebbe nel migliore dei casi una “palestra” all’interno della quale affinare le proprie abilità professionali da mettere poi in campo sul terreno dell’autonomia. Tuttavia non va dimenticato (e in questo senso lo scarso legame col reale è palese) come il giudizio più frequente che viene dato dai junior della loro esperienza è un giudizio, se non del tutto negativo, spesso ricollegato al puro aspetto economico, cioè a una componente che non è in grado di creare expertise o di affinare le abilità del lavoratore. Di pari passo si muovono, nella maggior parte dei casi, i progetti relativi alla vita personale: se alcuni di questi giovani stanno gettando le basi per un futuro familiare definito, in molti non se ne stanno preoccupando. Significativo è Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 37 tuttavia considerare che, tra questi, più d’uno indica nella famiglia e nell’autonomia dal nucleo d’origine la sua sicura progettualità, avendo tuttavia alle spalle contratti che non concedono molto all’investimento economico (come l’apprendistato), o mancando addirittura di un/a partner. Ancora una volta, sembra profilarsi più l’influenza di un modello sociale preciso e radicato che una fattiva ed efficace progettualità individuale. D – IL RAPPORTO CON LA FLESSIBILITA’E GLI ATIPICI La flessibilità è un fenomeno che, per il rilievo che riveste nell’attuale dibattito socio-economico, non poteva essere ignorato. Indagare in che modo i giovani vivano e percepiscano la flessibilità ha significato apportare alla ricerca un sicuro arricchimento e una prospettiva interpretativa nuova. Vediamo perché. Molto di quello che i giovani pensano in relazione al fenomeno della flessibilità è stato desunto da quello che non hanno detto: questo è un dato fondamentale da considerare, perché proprio le lacune conoscitive, le distorsioni definitorie e i dubbi che i junior hanno espresso hanno messo i ricercatori nella posizione di comprendere quale sia l’atteggiamento fondamentale dei giovani lavoratori nei confronti della flessibilità: non la conoscono, non sono a contatto con la flessibilità nello svolgimento del proprio lavoro, ne hanno una concezione nebulosa e vaga, comunque fondamentalmente distaccata e falsamente critica. Anzitutto il dato fondamentale da sottolineare è il bassissimo livello di consapevolezza che hanno evidenziato nei confronti della questione. In sostanza ci si è trovati di fronte in molti casi a un’espressione interrogativa e dubbiosa in seguito alla domanda posta a bruciapelo riguardante la flessibilità. L’intervistatore ha quindi dovuto mettere in campo forme di “riflessione guidata” relative alla tematica, per andare ad indagare quale sia la percezione del fenomeno da parte dei giovani dipendenti, altrimenti muti e perplessi nei confronti dell’interrogativo inatteso. Essenzialmente il concetto di flessibilità che emerge dal confronto con gli intervistati è un concetto di flessibilità molto edulcorato, soft. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 38 Si tratta del resto delle forme di flessibilità che vengono impiegate nel settore di riferimento, il metalmeccanico di produzione nel veronese, settore nel quale la flessibilità intesa come porzione di personale sottoposta a forme di contratto atipico risulta decisamente ridotta. È strettamente legata a questa realtà l’altissima meccanizzazione e la conseguente specializzazione che caratterizza il settore in esame, nel quale quindi l’impiego di manodopera atipica, solitamente poco specializzata, conosce bassi tassi di impiego, e comunque in settori essenzialmente marginali all’interno del processo produttivo. Per sintetizzare quelle che sono le principali forme di flessibilità con cui i giovani dipendenti del settore metalmeccanico entrano in contatto, si possono anzitutto distinguere i seguenti aspetti: - flessibilità in relazione all’orario di lavoro: è l’aspetto preponderante all’interno delle nostre interviste. In qualche maniera tutti gli intervistati hanno posto in evidenza la variabilità del proprio orario, variabilità legata a motivazioni svariate, collegate da un lato al ruolo rivestito dalla singola persona, dall’altro al tipo di organizzazione aziendale. Ecco quindi che se alcuni junior indicano le classiche ore di lavoro straordinario, altri indicano forme di flessibilità per cui il monte ore settimanale rimane costante, e così via… “Lavoriamo 9 ore al giorno… non è come chi timbra il cartellino, c’è un rapporto abbastanza familiare…” (11) “Beh, noi siamo pagati mensilmente, abbiamo un tot mensile… a prescindere dall’ora più l’ora meno…” (13) “Di straordinari ne faccio parecchi… ci sono dei picchi, non è una cosa costante o comunque prevedibile: i due momenti prevedibili sono fine anno e inizio anno, e il ritorno dalle ferie…” (34) “Straordinari io personalmente è da due anni che non li faccio, sempre per la questione che c’è poco da fare… in precedenza ne facevo molti di più.” (28) “Sto lì anche nove ore a volte!... in teoria ci dovrebbero essere le famose ore di recupero… io non le segno perché avendo il contratto a tempo determinato cosa me le segno a fare? Mi sembra anche di prenderli un po’ in giro…” (33) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 39 “Noi facciamo praticamente 45 ore settimanali… noi in busta paga quello che prendiamo non va a ore, è un forfait quello che prendiamo mensilmente, quindi straordinarie ne vengono fatte ma poi pensiamo noi a recuperarle…” (31) - flessibilità in relazione alla mansione: si tratta di un aspetto evidenziato da una porzione (comunque piuttosto ampia) di junior intervistati, e che a nostro parere va trattato in relazione a due principali prospettive che i lavoratori hanno saputo comunicare: una positiva, legata al carattere formativo e costruttivo che secondo alcuni questa forma di flessibilità ha; una negativa, connessa a una tendenza al demansionamento e allo svilimento dello specifico ruolo del dipendente. “Il mio è un lavoro dinamico, molto flessibile… Io sono arrivata qui come jolly dell’ufficio, poi mi sono trovata a fare dei lavori che faceva il responsabile dell’ufficio… come carattere mi ricordo sempre da dove sono venuta, sono partita da zero” (5) “Avere la possibilità di conoscere più aspetti dell’azienda in cui si lavora è una bella cosa, ti rende più conscio e più consapevole” “Sono la burbetta che sgobba per gli altri! Praticamente mi danno tutto da fare, di tutto di più…!” (33) “Nell’azienda in cui lavoravo lì, sì, facevo l’impiegata però poi venivo un po’ sfruttata… diciamo… oltre a fare l’impiegata… dove vi fare anche un po’ di ufficio acquisti… Luisa fai questo? Sì lo faccio! Quindi quando dai qualcosa cosa succede? Succede che mi mandavano anche in fabbrica… ti trovavi a non fare più l’impiegata, ma a fare un po’ di tutto…” (32) L’aver raccolto, da parte dei junior intervistati, definizioni di flessibilità così (verrebbe da dire) anacronistiche, va a costituire un importante motivo di riflessione. Negli anni in cui non si fa che parlare di Legge Biagi, lavoro interinale, precariato, questi giovani con meno di trent’anni non vanno al di là di una forma di flessibilità legata all’orario di lavoro: evidentemente, nonostante i giornali siano colmi di notizie relative al nuovo mercato del lavoro, i junior non sono interessati ad approfondire tali notizie, forti anche del fatto che il fenomeno non li riguarda, considerato il settore produttivo in cui sono impiegati. Ma questo non può esimerci dal formulare una considerazione, e cioè che, viste le stime per il Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 40 settore, l’utilizzo dell’atipico è destinato a crescere in modo importante all’interno del settore metalmeccanico. Questo vuol dire che, nei junior, c’è un livello di preparazione bassissimo nei confronti dei cambiamenti che ormai sembrano inevitabili. Il rapporto coi lavoratori atipici è del resto un’altra tematica cruciale, volendo approfondire il rapporto con la flessibilità. L’aspetto più eclatante, che va qui sottolineato, è che le due domande sui lavoratori atipici e sulla flessibilità nella maggior parte dei casi sembra siano state percepite come a sé stanti: ovvero, il lavoro atipico non viene percepito, dai junior impiegati nel settore metalmeccanico, come una forma di flessibilità. Le due cose sono per la quasi totalità dei casi distinte. Mentre, in linea generale, ci si sarebbe attesi un collegamento quasi automatico tra il concetto di flessibilità e il tipo di contratto cui il singolo è sottoposto. Una cosa che va tenuta in considerazione, e che getta una luce interessante sulle questioni definitorie cui, inevitabilmente, in questi anni e su questi temi ci si deve riferire, è che anche le (poche) persone, tra gli intervistati, che hanno avuto contatto diretto col mondo dell’interinale o della cooperativa, non collegano in modo univoco questa loro esperienza all’idea di flessibilità. Come già si è detto, i lavoratori atipici, all’interno del settore che stiamo considerando, sono ancora utilizzati in misura ridotta, anche se, come prevedono le ricerche XY, si tratta di cifre destinate a crescere nei prossimi anni in maniera importante. Ad oggi, tuttavia, la percezione di questa categoria da parte dei dipendenti junior del settore metalmeccanico presenta caratteristiche che sembrano riguardare categorie considerate marginali, quasi ininfluenti. Volendo quindi approfondire questo tema, possiamo ritrovare alcuni caratteri fondamentali del modo in cui i lavoratori atipici sono percepiti in questo specifico settore. Nella maggioranza delle interviste il quadro che ne risulta è quello di un impiego molto ridotto dell’atipico, a tratti addirittura assente. Tendenzialmente i junior Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 41 intervistati sottolineano la scarsa incisività numerica degli eventuali atipici presenti in azienda, e sottolineano anche la semplicità dei ruoli che vengono loro affidati. Nel contesto del settore metalmeccanico risulta che gli atipici di cui si fa uso sono impiegati principalmente in quei settori nei quali non è necessaria una specializzazione o una preparazione approfondita (spesso si tratta del magazzino, o del reparto spedizioni). Si tratta inoltre di lavoratori con cui i dipendenti hanno contatti per lo più scarsi e superficiali: il lavoratore atipico non solo fa un lavoro marginale e ripetitivo, ma è anche una figura con la quale non si ha interesse a intrattenere un rapporto positivo, per “l’evanescenza” della sua presenza. Si avverte nelle interviste un desiderio piuttosto evidente di “distinguersi” dai colleghi atipici, che in queste realtà sembrano costituire una categoria a parte, che i dipendenti non sanno di fatto inquadrare in maniera appropriata (non sono neppure utilizzati come esempio di flessibilità!). “A dire la verità ho appena sentito che adesso ne hanno presi, però non sono sicuro… fino adesso da come so io non ce ne sono mai stati” (20) “Ce ne sono, non tanti, su 120 saranno 3-4… proprio nel momento in cui magari, soprattutto nel reparto spedizioni c’era più bisogno, venivano assunti questi qua solo per alcuni periodi” (34) “Per ora non ci sono cooperative… forse ne abbiamo preso qualcuno per l’ufficio tecnico… penso interinale… che abbiamo usato per un paio di mesi… serviva una mano quindi…” (18) “Vengono utilizzati atipici… li ho visti passare o per sostituzioni di maternità o per lavori… recentemente sono stati utilizzati per sistemare l’archivio…” (5) “Nelle varie aziende (io lo vedo perché registro le fatture) abbiamo ditte che forniscono lavoro temporaneo… in questa sede non mi sembra… penso con mansioni o comunque di pulizia, oppure riguardanti l’officina… comunque non a livello contabile, impiegatizio…” (31) C’è insomma un’idea abbastanza diffusa per la quale i lavoratori atipici non solo svolgono i lavori più semplici, ma li svolgono spesso anche male, con poco impegno; non solo non sanno trasmettere “un’immagine” adeguata dell’azienda, ma a volte la danneggiano per loro inclinazioni all’alcool, alla delinquenza… si tratta quindi di una percezione che nega una forma di professionalità a queste Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 42 persone, a tratti “colpevolizzate”, quasi fosse loro responsabilità l’incapacità di trovare un impiego fisso e professionalizzante. È inoltre frequente l’identificazione tra il lavoratore atipico e lo straniero. Una parentesi: già in precedenza si è introdotto il tema dell’immagine dell’azienda, un concetto che, anche se a volte non esplicitamente, torna in molte interviste e sembra andare a costituire, volendo dare un’interpretazione “contestualizzata” della cosa, il corrispondente dell’”ego imprenditoriale” che si vedrà per gli intervistati senior (ovvero il loro livello di coinvolgimento e identificazione con gli interessi e gli ideali del titolare della ditta). Sembra trattarsi di forme di identificazione e “preoccupazione” similari, anche se evidentemente più sostanziali e profonde nel caso dei senior (“pensano” come il titolare), più superficiali ed evanescenti nei junior (vogliono “apparire” come parte di un’azienda vincente e positiva). “La giustificazione che trovano tutti è che gli italiani non vanno a fare i lavori che fanno gli stranieri… secondo me è una grande idiozia, io andrei a fare anche il lavoro più umile che esiste a questo mondo, per essere pagato.” (6) “Ma lì sono tutti punti di domanda, non si sa che persone vengano, la maggior parte sono tutti extracomunitari”. “Ci sono sempre facce nuove, gente nuova, devo sempre ricominciare da capo. In un anno hai sempre da insegnare… stanno qua una settimana, due settimane, il massimo è stato tre ore!”. (sugli atipici) “Su 10, 8 sono un fallimento, e la ditta non può più assumere gente per perderci…” (10) Non essendoci pressoché contatto tra il dipendente e l’atipico, e sulla base della mancanza di conoscenza di cui si è detto, viene a crearsi tra le due categorie una forma di separazione netta, che non dà adito a contatti o scambi, e il cui carattere paradossale risiede nella sostanziale comunanza di destini tra i due gruppi. Se oggi l’atipico è lo sconosciuto, la presenza impalpabile e ignorata, in un domani neppure troppo distante il suo posto potrebbe essere preso dal ventenne dipendente per cui la manifestazione più spinta della flessibilità è il suo sabato mattina di ore di lavoro straordinario. Il Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona trattamento riservato 43 generalmente agli atipici, l’atteggiamento di distacco e indifferenza che i giovani esprimono è preoccupante anche nella misura in cui passare al di là della barricata è, nell’attuale mercato del lavoro, possibile per non dire probabile. E il livello di preparazione che i junior hanno nei confronti di questa eventualità è davvero ridotto. E – IL MERCATO DEL LAVORO Questa impreparazione nei confronti del cambiamento è del resto confermata dalla domande che abbiamo rivolto ai giovani circa il loro livello di interesse e di informazione relativamente ai mutamenti in atto nel mondo del lavoro: una nettissima maggioranza confessa candidamente il suo livello di disinformazione riguardo i cambiamenti in atto. Non si tratta semplicemente di una mancanza di interesse nei confronti del dibattito e dell’attualità economica che si può leggere sui giornali, ma di una generale tendenza alla passività verso tutto ciò che è mercato del lavoro: con questo intendiamo sottolineare che i junior dichiarano di non tenere sott’occhio gli annunci di lavoro, di non essere interessati a tenersi aperte possibili strade di evoluzione e cambiamento professionale. Questo tipo di atteggiamento è particolarmente preoccupante, e va a costituire un dato di significativo interesse, in relazione da un lato alla limitata soddisfazione che i giovani esprimono nei confronti del lavoro che fanno e della propria esperienza professionale complessiva, dall’altro in relazione all’innegabile alta probabilità che hanno di finire nel mare dell’atipicità, e quindi di far parte di quella categoria di lavoratori che escludono dal proprio orizzonte e che non considerano di fatto come “colleghi”. L’impreparazione a gestire un eventuale futuro di lavoro atipico è evidente: si tratta di una dimensione professionale per cui il dinamismo, la capacità e la voglia di tenersi aggiornato sui mutamenti in atto sono fondamentali. Coloro i quali si dichiarano informati sui cambiamenti in atto lo sono unicamente in relazione alle loro specifiche necessità: ad esempio persone che hanno la patente C cercano di fare attenzione ai soli annunci che cercano autisti, o Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 44 ancora, chi intende cambiare lavoro cerca informazioni per farsi spazio in un’azienda nella quale un parente potrebbe collocarlo... “I telegiornali politici sgrandano le cose… mi tengo informato, però come sono i telegiornali adesso ti dicono una cosa in realtà può essere un’altra” (27) “sono un po’ a contatto con gente che vive questi problemi, ma non li seguo più di tanto… quando trovo i miei colleghi… gli chiedo come va, facciamo due parole, e sento parlare di questi problemi… nessun problema!” (17) “direi che mi arrivano un po’ più per caso… non è che seguo molto…” (32) “diciamo poco… il mio difetto è quello che non mi piace tanto leggere… però io di mio devo leggere abbastanza per imparare… quindi giornali e quotidiani non è che ne leggo tanti, potrei essere più informato… la legge Biagi l’ho sentita nominare ma non mi sono mai interessato…” (18) Quello che in sostanza viene a galla è una situazione di scarsa consapevolezza e informazione nei confronti di un problema che evidentemente riveste un ruolo rilavante nell’attualità socio-economica. La percezione che si ha è quella di un dibattito che “sfiora” questi giovani senza tuttavia coinvolgerli, da un lato per l’estraneità delle tematiche al loro lavoro quotidiano, dall’altro per la concezione negativa dell’informazione a livello massmediale che diversi junior esprimono. Questa bassa considerazione dei mass media è un tema inaspettato, che si è manifestato in più interviste. Tuttavia sembra delinearsi come una concezione acriticamente formulata, legata a generici pareri carpiti qua e là, più che a una convinzione cui si è giunti tramite una forma di riflessione individuale. Cosa da sottolineare, a mancare è anche un “atteggiamento flessibile” da parte del singolo, che non sembra essere in grado di attivarsi positivamente nel panorama attuale, di cambiamento ed evoluzione profonda, né di (eventualmente) ricollocarsi con la giusta grinta e consapevolezza nel mercato del lavoro. Le prospettive che si delineano sono quindi piuttosto anguste, poco proiettate verso una crescita personale e professionale che possa rendere questi giovani attivi protagonisti della loro vita ed evoluzione lavorativa. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 45 A margine di queste considerazioni vanno comunque ricordati alcuni singoli casi che hanno saputo evidenziare, al contrario, un’attenzione precisa e puntuale nei confronti dei mutamenti in atto nel mondo del lavoro, attenzione determinata da situazioni personali specifiche, come parenti o conoscenti coinvolti in forme di lavoro atipico, quindi singoli coinvolti in maniera più o meno diretta dalla questione. “Sì, mi tengo informato… anzitutto chi si ferma è perduto!… sembrerebbe quasi che il mio interesse ultimo fosse la busta paga… “chi si ferma è perduto” in questo particolare contesto può essere anche visto al contrario… ad esempio guardando gli annunci economici adesso come adesso uno si può rendere conto che primo sono diminuiti, sono meno quelli seri, sono aumentate le stupidaggini… caspita, la casa vorea comprarmela anca mi! Con l’Adecco non so quante case potrei comprarmi, o quanta possibilità mi sia data!...” (2) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 46 SENIOR E IDENTITA’ Chi sono i senior? Al di là di una semplice distinzione di età, va detto che in relazione allo svilupparsi e all’esprimersi dei dati raccolti in fase di intervista i senior rappresentano quella parte di universo di riferimento che si può efficacemente sintetizzare con il termine “uniformità”. I senior sono le persone che nella maggioranza dei casi hanno visto crescere l’azienda per la quale lavorano, che non hanno praticamente mai cambiato ditta e manifestano quindi una sorta di affezione per la realtà nella quale operano. Sono, per dirla con un’altra espressione sintetica, i “coinvolti”, nel senso che, vivendo un forte senso di identificazione con l’azienda (o, in alcuni casi, avendolo quanto meno vissuto in passato), sono informati e attivi nei confronti delle questioni interne e delle dinamiche organizzative e sociali. Manca, come può essere almeno in parte comprensibile, una puntuale informazione riguardante il fenomeno della flessibilità e del lavoro atipico, aspetto per il quale tuttavia solo in parte sono accostabili ai junior, nel senso che (come sarà approfondito nella parte corrispondente) i senior sembrano aver sviluppato un modo più riflessivo e problematico di considerare e accostarsi al mondo del lavoro atipico, probabilmente determinato dall’esperienza e dal bagaglio professionale e umano accumulato in anni di lavoro. Aspetto che, come risulta evidente, farà la differenza rispetto ai giovani in relazione a molte tematiche. A – L’AMBIENTE-AZIENDA Ciò che i senior esprimono relativamente all’azienda in cui lavorano indica una strada interpretativa precisa e piuttosto uniforme, all’interno del complesso delle interviste somministrate: hanno una conoscenza approfondita della realtà in cui sono inseriti, alle spalle hanno quantomeno diversi lustri di lavoro presso quella stessa ditta, sanno sintetizzare efficacemente funzioni e organizzazione interna, anche alla luce di quella che è stata la profonda evoluzione che l’azienda per cui lavorano ha conosciuto (si pensi all’avvento dell’informatizzazione), e che loro hanno vissuto in prima persona. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 47 “Se non sbaglio ci sono ventuno operai e sei impiegati… la ditta è abbastanza giovane… hanno formato questa società quindici anni fa, e da allora la ditta è sempre progredita. Noi facciamo impianti elettrici in genere.” (12) “Dovremmo essere sull’ottantina di persone… abbiamo varie strutture, abbiamo la struttura del magazzino, officina elettrica, officina meccanica, uffici tecnici, gli uffici di produzione esterna, e dopo abbiamo gli uffici amministrativi… personale che opera direttamente fuori in cantiere mi sembra siano sedici diciassette…” (14) “Settore meccanico, macchine utensili e montaggio… noantri faremo i tornitori… l’azienda ha diversi settori, disposti in tante… tornitura, montaggio, elettromeccanico. Fa tutto un gruppo però… qua da noi, qui saremo in venticinque trenta operai…” (22) “All’incirca saremo un… quattrocentoventi persone, tutti i vari reparti… quando sono arrivato io eravamo… mi sembra quattordici. Qualche periodo di crisi c’è stato, però non da risentirne, non da rimanere a casa oppure…” (24) In questo senso quindi l’identità del singolo dipendente sembra essere legata a doppio filo alla propria azienda, non fosse altro per il lungo periodo di tempo che in quel contesto si è vissuti. Alla semplice domanda riguardante l’attività svolta dalla ditta in cui si è impiegati, i senior hanno spesso fornito risposte che hanno di parecchio ampliato le prospettive del questionario: di fronte a una domanda precisa, riferita a una singolo aspetto dell’azienda in questione, questi lavoratori nella maggior parte dei casi hanno sviluppato discorsi complessivi molto più ampi e ricchi di argomenti, fornendo un quadro generale piuttosto circostanziato dell’azienda, della sua storia e del personale che vi è impiegato. In alcuni casi non è stato semplice arginare il “racconto” (perché di questo si è trattato) che la prima domanda del questionario ha innescato: questi lavoratori hanno espresso una profonda voglia di raccontarsi, di parlare della propria esperienza professionale e dei traguardi, più o meno importanti, che si sono raggiunti in una vita di lavoro. Ciò che si ricava da queste riflessioni è un senso di identificazione col proprio lavoro che tuttavia, come sarà poi ripreso nel momento in cui si arriverà alla trattazione della specifica domanda riguardante il concetto di sé, sembra Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 48 profilarsi come un processo inconscio, sul quale il lavoratore non ha quasi mai riflettuto e del quale non ha sostanziale conoscenza, autonomamente elaborata. Un'altra osservazione che introduciamo ora ma che sarà poi ulteriormente approfondita è la non infrequente identificazione che il dipendente senior dimostra di vivere con la dirigenza aziendale: alcune affermazioni, relative sia al sistema produttivo che all’organizzazione delle risorse umane, sembrano essere pronunciate dai titolari più che da dei dipendenti. Questo significa essenzialmente due cose, alla luce delle tematiche che qui interessa approfondire: anzitutto che la prolungata permanenza nella stessa azienda, l’esperienza, vissuta sulla propria pelle, dell’evoluzione e della crescita di quella data realtà, porta a un elevato livello di coinvolgimento, di identificazione con gli interessi globali della ditta; inoltre sembra giocare in questo contesto un ruolo importante la propensione, che come si vedrà è stata rilevata in molte interviste, a considerare il lavoro autonomo come impiego “ideale”. Ora, se i giovani ancora possono sperare, per quanto in modo poco realistico e poco propositivo, di poter arrivare a un’attività in proprio, i cinquantenni questa opportunità l’hanno vista svanire da qualche tempo: nonostante ciò, la crescita professionale che hanno vissuto con gradualità e costanza in una stessa azienda li ha portati a sentirsene pienamente responsabili. Un altro aspetto che merita di non venir tralasciato, e che sottolinea ulteriormente alcune delle affermazioni fin qui riportate, è quello riguardante una sensazione implicita che in molti casi i senior hanno comunicato: il fatto di sentirsi in qualche misura “della vecchia guardia”. La lunga esperienza in azienda, l’inserimento spesso avvenuto in una fase quasi pionieristica, la lunga sedimentazione in quello stesso ambiente: sono tutti aspetti che concorrono a far sì che queste persone sentano (e, a volte, vivano oggettivamente), un trattamento ben diverso di quello riservato alle nuove leve. Ci sono casi, ad esempio, in cui la prassi dell’utilizzo di un oggetto comune nella quotidianità aziendale, il badge (in sostanza il vecchio “cartellino”), introdotto da qualche anno, ha coinvolto i giovani, le nuove leve, senza intaccare le abitudini dei senior Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 49 che da tempo sono impiegati in quella azienda, di fatto esonerandoli dall’utilizzo di questo nuovo strumento. Segnali così espliciti e forti sono rari, ma danno la misura di quello che in qualche modo è lo spartiacque esistente tra lo “zoccolo duro” dell’azienda e i giovani che vi si avvicendano. Coerentemente col quadro fin qui descritto, va sottolineata una sostanziale conoscenza di tematiche e attività sindacali: all’interno delle varie aziende, naturalmente in misura variabile, tutti i senior hanno saputo indicare storia e principali punti nodali relativi a questo specifico tema. Riguardo all’adesione attiva, accanto ad alcuni che continuano a occuparsi di tali questioni, va registrato anche chi dichiara di aver abbandonato negli ultimi anni un ruolo attivo a livello sindacale. “Sì, è presente… prima non esisteva proprio, è da poco… però ha una funzione diciamo più di rappresentanza che… per lo meno qua. Fuori, nei magazzini penso che abbia un ruolo più importante…” (3) “Non lo so, perché io son due tre anni che non… prima sì. È non tanti anni che è entrato qui. È due tre anni che voglio esserne fuori” (23) “Esiste, c’è la commissione interna, regolarmente composta, c’è il responsabile dei lavoratori per la sicurezza, c’è anche una trattativa con la direzione…” (29) “Che partecipi alla vita sindacale, no. Sono iscritto al sindacato però non è che vado… se partecipare si intende andare all’assemblea in fabbrica, quello sì…” (44) Visto il livello di conoscenza e coinvolgimento fin qui descritto, è interessante chiedersi come si sentano collocati i senior all’interno dei contesti nei quali operano: in che modo percepiscono il proprio posizionamento nel complesso dell’organizzazione aziendale? Per sintetizzare quanto emerso dalle interviste si deve dire che in linea generale c’è la percezione di un posizionamento adeguato, se non di grande importanza, nell’organizzazione generale dell’azienda. Se qualcuno non parla in termini propriamente entusiastici della propria collocazione, sottolinea comunque Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 50 l’utilità del ruolo che svolge riguardo il complesso della produttività e della “buona salute” dell’azienda. “Beh, cioè… il fatto del contatto con il fornitore, il fornitore penso sia molto importante per un’azienda come la nostra… se si brucia il fornitore ci si brucia una bella fetta di vendite e quindi una bella fetta di guadagno per l’azienda…” (1) “Bene, non ho nessun problema…” (9) “Cioè… io in questo momento sono arrivato al vertice diciamo di questo sistema, tra 5 anni ce ne sarà un altro al mio posto probabilmente… io sono arrivato al massimo dove potevo arrivare…” (12) “Tutti all’interno dell’azienda quel poco che fanno, cioè… qualsiasi persona è importante per il lavoro che svolge… uno può vedere sotto un’ottica differente l’importanza di una persona più che un’altra… quello che conta è l’importanza dell’azienda… uno si deve sentire non importante, si deve sentire utile, si deve sentire partecipe…” (14) “Beh, insomma… diciamo che per quello che è… un servizio, diciamo, non un punto di riferimento, però un qualcosa che può contribuire al benessere dell’azienda. Non mi sento un punto cardine, però qualcosa che può servire all’azienda… ecco, quello sì!” (19) “Io sto bene qua, non è che mi lamento… non è che ho dei poteri decisionali… io praticamente eseguo alla lettera il disegno… più operativo, decisionale no, oppure decisionale nei confronti dei miei ragazzi…” (23) Questo ad indicare che, anche a livelli medio-bassi, il senso di identificazione, o per meglio dire di “realizzazione”, che si vive in relazione al proprio lavoro è una componente preponderante, legata essenzialmente, a quanto pare, al contributo che si sente di dare alla produttività globale dell’azienda: il senior sente su di sé, per quanto semplice possa essere il suo compito, la responsabilità di contribuire al benessere e al successo dell’azienda, percepita quasi come una sua “creatura”, come un prodotto del proprio impegno e della propria costanza, per averla vista in molti casi nascere e accrescersi attraverso lunghi anni di lavoro. Evidentemente questo genere di riflessione si ricollega al più ampio discorso relativo all’identificazione del dipendente con i principi dell’imprenditore, atteggiamento che da qui in avanti indicheremo come “ego imprenditoriale”. Si tratta di un concetto che può in un certo senso rappresentare il filo conduttore di Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 51 molti dei temi riguardanti i senior che si sono esplorati attraverso il questionario somministrato: come vedremo sarà ripreso e approfondito anche più avanti, e, aspetto più interessante, in prospettiva comparativa con l’universo dei giovani. Non possiamo qui esimerci dal ricordare qualche caso, raro ma esistente, di personale senior che ha posto in evidenza un malcontento sostanziale nei confronti del meccanismo lavorativo in cui è inserito, meccanismo che sembra essersi innescato di recente, portando il lavoratore a riconsiderare un vissuto lavorativo percepito in precedenza in modo sostanzialmente sereno: stiamo sempre parlando di persone che vivono, professionalmente parlando, nello stesso contesto da molto tempo, e che indicano fasi passate in cui la soddisfazione personale era un caposaldo del proprio lavoro, mentre da qualche tempo questo tipo di gratificazione è venuta meno. “Oggi come oggi? Sotto le scarpe… ho responsabilità di quello che faccio perché son sempre stato responsabile di quello che faccio, indipendentemente dalle mansioni che avevo… ma il morale è a terra!” (7) Si tratta, lo ripetiamo, di casi sporadici, che sono comunque indicatori di una precisa esigenza espressa dai senior, cioè quella di credere in qualche misura in quello che fanno, riuscire a identificarsi con i valori espressi dalla realtà in cui operano per arrivare a mettere in gioco quell’ego imprenditoriale cui già si è accennato. Anche quest’ultima categoria, quella dei “delusi”, esprime una sostanziale consonanza con i colleghi che la pensano diversamente, nel momento in cui descrive la passata percezione del proprio lavoro e del proprio posizionamento in azienda, legata a doppio filo a un preponderante senso di realizzazione, in un contesto altamente motivante, in cui ognuno sentiva di dare il proprio contributo alla realizzazione di un processo complessivo. Come esposto altrove, non può essere ignorato il sostrato socio-economico del quale stiamo parlando, in cui predominante è la presenza sul territorio di imprese di dimensioni medio-piccole, nelle quali i rapporti professionali sono Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 52 tipicamente improntati a un livello di coinvolgimento piuttosto spiccato, per cui la creazione di uno spirito “aziendalista” è molto frequente e costituisce un punto di forza dell’attività. Inoltre, altro aspetto da tenere in considerazione è il pur non spintissimo (si veda la parte relativa alla flessibilità) impiego di personale atipico, l’introduzione in azienda di politiche e forme di gestione che per forza di cose iniziano a strizzare sempre più l’occhio a una filosofia tendenzialmente flessibile. Può essere che in alcuni casi questi mutamenti inneschino dei cambiamenti di clima che i senior percepiscono in maniera negativa. Passiamo ora ad approfondire aspetti meno formali del vivere l’organizzazione aziendale, come i legami sociali e interpersonali che si creano. Va detto che i senior, all’interno dell’ambito lavorativo, trovano in genere maggiori stimoli a livello sociale di quanto invece espresso dai giovani: coltivano amicizie, hanno rapporti che dal posto di lavoro si allargano al tempo libero, hanno in sostanza una percezione e un modo di vivere la componente sociale del loro essere inseriti in un’organizzazione ben più attivo e propositivo di quanto visto per i loro giovani colleghi. Questo è vero per i rapporti che si creano così come per i conflitti in atto: se è vero che per i giovani il clima sociale è vissuto in modo sostanzialmente piatto, in positivo come in negativo, per i senior, dato il livello di coinvolgimento registrato, anche i conflitti con i colleghi sono vissuti in maniera problematica e intensa. Il lavoro diviene quindi una dimensione all’interno della quale la socialità del singolo si esprime in maniera decisiva, andando ad influenzare anche il tempo della vita che al lavoro non appartiene. Si manifesta, dal punto di vista dei rapporti interpersonali, una sorta di continuità e coerenza globale tra la dimensione lavorativa e quella del tempo libero, coerenza che sembra manifestarsi anche nell’attitudine caratteriale espressa dai senior. Questi lavoratori, al contrario di quello che si è registrato per i giovani, sembrano mettere in campo anche in ambito lavorativo i loro “veri” Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 53 se stessi: ciò che i cinquantenni esprimono attraverso le loro risposte è una sostanziale autenticità nel modo di porsi, una spontaneità di atteggiamento che nel caso dei giovani era senz’altro meno spiccata. I junior peraltro, vale la pena qui ricordarlo, vantano spesso di saper mantenere un atteggiamento di distacco dall’ambito lavorativo, riservando la propria dose di “autenticità” al tempo libero. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 54 B – SENIOR E LAVORO Nel caso dei senior è particolarmente significativo sottolineare con quali modalità essi dichiarano di aver imparato il loro lavoro: questo per la sostanziale uniformità che si riscontra nelle risposte e per l’essenziale coerenza e continuità che sembrano aver vissuto in relazione alla propria crescita professionale. Per sintetizzare quanto rilevato in sede di intervista, va detto che i senior indicano generalmente un periodo di affiancamento ben preciso e ufficializzato alle origini della propria esperienza lavorativa, basato quindi su un rapporto costruttivo e prolungato con quello che oggi potremmo definire un “tutor”, ovvero con la persona di maggior esperienza che è in grado di insegnare il lavoro, il “mestiere”, al personale più giovane e inesperto. “La mia fortuna è di aver avuto dei maestri sicuramente molto dotati, che sono riusciti a trasferire le loro conoscenze e le loro capacità, che io sono stato ben contento di cogliere, e quindi di poter sfruttare al meglio…” (4) “Ero entusiasto perché lavoravo con un’altra persona, venivo a lavorare con un’altra persona che conoscevo perché lavoravamo nell’azienda precedente… che tra l’altro era stato il mio… quello che mi ha insegnato, dai sedici anni ero stato il suo “bocia”…” (7) “Diciamo che ho imparato con calma… pianin pianin, col tempo, ecco… el capo che gh’era prima, quello commerciale…” (9) “Le basi si imparano a scuola perché leggere il disegno si impara a scuola per cui… poi adesso come adesso fare i cablatori così serve esperienza… quindi c’è il capo officina che comunque ha molta esperienza… se c’è bisogno di qualcosa si chiede… al lavoro serve qualcuno che ha esperienza, che puoi chiedere…” (15) “Allora, quando sono arrivato io praticamente c’era uno che aveva due anni più di me… a parte che la tecnologia, sì, c’era, però nella maniera più basilare possibile… e quello che sono riuscito ad acquisire e a imparare l’ho imparato vedendo gli altri… ho avuto delle forme di affiancamento…” (24) Questo momento di affiancamento e apprendimento di regole e abilità è ricordato dalla maggior parte dei senior con una certa dose di nostalgia, oseremmo dire con un coinvolgimento quasi affettivo, a dimostrazione della buona considerazione che questi lavoratori hanno di quelli che non esitano a Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 55 definire i loro “maestri”. Questo contatto iniziale con i lavoratori più esperti in sostanza si profila nei loro racconti come un momento importante, altamente formativo all’interno del percorso professionale, che ha saputo garantire un preciso e proficuo passaggio di competenze le quali, proprio per il tono descrittivo che in molte interviste si è registrato, sembrano andare oltre l’aspetto puramente professionale o tecnico per abbracciare un contesto più globale, arrivando a sfociare in un campo che non è eccessivo definire “scuola di vita”. Naturalmente il contesto in cui questo tipo di percorso si colloca è un contesto che è di parecchio mutato col passare degli anni. Quello che viene da chiedersi è in sintesi se un passaggio di competenze così strutturato, graduale e “ciclico” abbia senso nell’attuale organizzazione del lavoro. Le risposte che sono state raccolte tra i giovani sembrano suggerire che questo tipo di affinità può solo parzialmente esistere, proprio perché anche le forme più edulcorate di flessibilità presenti nel settore che stiamo considerando determinano in ogni caso un’influenza sul concetto di lavoro che i giovani costruiscono nel loro immaginario: il ripetersi del concetto di “jolly”, quindi di una forma di professionalità legata più al fatto di essere in grado di ruotare nella filiera organizzativa del lavoro che saper svolgere a dovere una precisa mansione, la dice lunga su come questo genere di concetti si siano evoluti e, probabilmente, siano cambiati in modo radicale. Si può comunque dire che nell’ambito dell’introduzione di nuovo personale in azienda, i lavoratori con più esperienza rimangono per forza di cose il punto di riferimento per chi si sta iniziando a misurare con quel determinato lavoro, e arrivano così a divenire, per quanto in modo meno strutturato e continuo di un tempo, i “maestri” dei giovani di oggi: il passaggio di abilità e competenze ai lavoratori inesperti è oggi meno definito e coerente di quanto fosse in passato, tuttavia, seppur cambiando spesso “discente” e, ci azzardiamo a dire, riscontrando un sempre minor livello di coinvolgimento e motivazione, i senior sono ancora oggi il punto di riferimento per coloro i quali approcciano il mondo del lavoro. In questo senso si può forse azzardare un’ipotesi: dal raffronto tra le testimonianze raccolte tra i due gruppi viene a galla un aspetto particolare per Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 56 cui in ogni caso i cinquantenni, pur avendo in parte perso il proprio ruolo a livello strettamente tecnico-professionale, rimangono il riferimento per l’universo “informale” che definisce l’organizzazione. I senior conoscono l’ambiente sociale, i valori condivisi e i comportamenti più o meno accettati. I giovani dunque, almeno coloro i quali vengono introdotti con una prospettiva di continuità e crescita in una data azienda (il che, come si è visto, è predominante nelle nostre interviste), continuano almeno sotto certi aspetti a vedere nei senior una guida nell’universo informale che caratterizza l’organizzazione. Anche in relazione al tema della formazione, lo scenario si delinea in termini piuttosto differenti rispetto a quanto visto per i giovani: va registrata una più elevata percentuale di senior che dichiarano di aver preso parte a interventi formativi. In molti parlano di corsi a contenuto prevalentemente tecnico, magari strettamente legati all’utilizzo di un determinato macchinario, o a un preciso momento di cambiamento in ambito aziendale, come l’introduzione del sapere informatico (non dimentichiamoci che si tratta di lavoratori che hanno intrapreso il loro percorso professionale quando il computer come oggi lo conosciamo ancora non esisteva). Anche chi non indica precisi interventi formativi sviluppati a livello aziendale, sottolinea comunque la coerenza della propria preparazione scolastica con la mansione che poi ha svolto per un’intera vita di lavoro. “Noi abbiamo cominciato con un computer che era collegato al gestionale, non c’era il mouse, era solo tastiera, perciò… dopo quando hanno cambiato c’era bisogno di adoperare anche il mouse, allora ci hanno fatto, diciamo di base, excel, word quelle robe lì… ci hanno fatto anche sì sui bilanci, c’hanno dato una panoramica generale…” (3) “E’ stato fatto un corso di computer… dopo ci sono dei corsi, però sono brevi… il resto viene dato dalle società costruttrici, cioè tutte le novità ormai vengono presentate dalle case costruttrici… la ditta ha organizzato alcuni corsi, però son sempre brevi…” (12) “A livello aziendale han fatto delle specie di… per esempio è venuta, hanno fatto delle riunioni dove prendevano a gruppi delle persone, per migliorare… per far capire l’importanza della qualità del prodotto, in maniera che la gente si rendesse responsabile del lavoro che faceva…” (23) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 57 “Sono stati fatti dei corsi professionali… sui materiali sui quali lavoriamo, su come comportarsi in certi casi… sul tecnico.” (41) La sensazione di fondo rimane essenzialmente quella di una certa continuità, di un processo di crescita e affermazione professionale graduale, iniziato con precise regole e modalità di inserimento e proseguito in maniera del tutto coerente con queste premesse. La formazione in questo senso ha giocato un ruolo, se non di primo piano, comunque significativo: questi interventi, al di là dell’acquisizione di nuove conoscenze, al di là degli aspetti formativi in senso stretto, sembrano aver costituito momenti di approfondimento e riconferma della propria identità professionale, occasioni tramite cui rafforzare l’adesione e la motivazione nello svolgere il proprio lavoro. Questo tipo di considerazioni sono tanto più significative se confrontate alla discontinuità (e, a volte, scarsa coerenza) registrata in relazione alla formazione nel caso dei giovani. I senior esprimono in generale un aumento della motivazione, un incremento della adesione al proprio ruolo, anche solo per il fatto di aver visto l’azienda predisporre un investimento per il miglioramento della loro professionalità. Si tratta di una prospettiva per la quale, quindi, la formazione ha un valore di riconferma di un cammino professionale coerente. Diverso è il discorso, come si è visto, relativo ai giovani: in quel caso la considerazione dell’opportunità formativa (ove contemplato!) sembra avere un carattere, per così dire, più individualista, ovvero sotteso all’utilità effettiva che l’intervento può avere in relazione all’attività lavorativa globalmente intesa, alla carriera del singolo, non tanto al ruolo specifico rivestito in quell’azienda. Riguardo agli aspetti meno graditi del proprio lavoro i senior hanno fornito risposte che in parte si può dire ricalchino le distinzioni viste per i colleghi più giovani: i senior, infatti, indicano in alcuni casi aspetti poco rilevanti e banali del loro lavoro, ma per lo più mettono in campo caratteristiche centrali riguardanti il proprio ruolo, che influenzano in modo diretto la produttività e l’organizzazione interna. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 58 “Ecco, mi pesa a me il fatto di star fermo, sì. Faccio quel metro lì, un po’ di movimento, uno scalino, diciamo, sono quei due passi…” (7) “Veniamo forniti da ditte esterne… quello è sempre stato un mio… danno dei problemi! Perché i pezzi di fusione non vengono mandati in ditta perfetti… è una cosa che mi dà no fastidio, però ostacola un po’ il lavoro…” (23) “Bisognerebbe avere un’altra persona come ce l’avevo una volta, che facesse il mio lavoro quando non ci sono. Questo sì… due galli in un pollaio non ci possono stare, allora, avevo una persona che mi sostituiva quando io non c’ero, ovviamente questa persona è cresciuta insieme a me… quello che a me piacerebbe avere sarebbe un secondo” (24) “Di meno… di meno sono quando, proprio perché è chiaro che anche altri uffici lavorano, non lavorano in quelle condizioni, che poi ti mettono in difficoltà…” (29) Questo cosa significa? Sembra significare che, nel momento in cui il senior è portato a riflettere in modo critico e problematico sulle cose, torna a galla l’ego imprenditoriale (e quindi una sorta di “affezione” per il proprio lavoro) che si è già posto in evidenza per altri temi. Mentre la mancanza di riflessione o coscienza autentica sarà il leit motiv relativo ad altri argomenti, in questo caso va posta in evidenza una non infrequente riflessione, realizzata a monte, relativa ai problemi e ai meccanismi interni all’azienda. Verrebbe da dire che i senior conoscono bene la propria azienda ma non riescono a mettere in discussione la propria identità in relazione ad essa. L’impressione che si ha è che le risposte di stampo più scontato che si sono registrate siano più legate alla necessità di dare una risposta che a una riflessione autentica; le risposte invece più problematiche sono il frutto di un approfondimento che il senior, per indole personale o per la posizione che occupa, ha già realizzato autonomamente. E proprio da queste risposte traspare ancora una volta la “missione” di produttività e salute aziendale che il singolo dipendente sente sulle proprie spalle: l’elencazione di aspetti negativi che riguardino la scarsa produttività piuttosto che il rallentamento di un determinato processo, sono deciso indice di un senso di profonda e innegabile identificazione con l’azienda in cui si opera. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 59 In genere quindi non sono indicate caratteristiche negative che riguardino un angusto orizzonte individuale, ma piuttosto gli aspetti sostanziali di cui si è detto: l’azienda, la sua salute, le potenzialità produttive. Che tutto questo diventi preoccupazione del dipendente è al tempo stesso sorprendente e significativo, ai fini di definire il senso di adesione alla realtà di cui ci stiamo occupando. Giudicare la propria esperienza professionale dopo trent’anni di lavoro o dopo cinque è enormemente differente: ecco quindi che, anche in relazione alla domanda in questione, le risposte fornite dai senior si discostano da quanto visto per i junior, nonostante l’assonanza di alcuni specifici aspetti ci possa portare a riflettere in prospettiva comparativa. Vediamo perché. In generale si può affermare che i senior sono sostanzialmente soddisfatti della loro esperienza professionale: se è vero che in pochi ne sono totalmente entusiasti, è rarissima l’incidenza di chi in questo senso esprime un malcontento deciso. “Soddisfacente, cioè, io non mai avuto da lamentarmi… qua bisogna correre, non ce n’è… noi produciamo, noi alla fine del mese dobbiamo fatturare” (12) “Diciamo… in quarant’anni anni di lavoro uno può avere dei momenti un po’ critici… però nel complesso quando uno si sente partecipe di una situazione…” (14) “Par mi l’è positiva, la mia. La mia personale l’è… parchè trovo tante sodisfasioni, disen, a star qua dentro, a narghe drio ala gente, o adiritura farme quel che g’ho da far, parchè quando semo in dificoltà la se fa la roba, tuti quanti, par mi l’è una roba molto positiva!” (30) “Non so se i giovani d’oggi sarebbero pronti a fare le fatiche che ho fatto io… diciamo che in linea di massima io non posso che esser contento… uno pensa sempre ai soldi… diciamo che io sono contento del lavoro che ho fatto, personalmente… io personalmente sono soddisfatto, è un pregio e un onore lavorare, anche se qualcuno qua… quelli che criticano ci sono sempre, ci saranno sempre, però non vanno mica a lavorar da un’altra parte, restano qua…” (40) La “sedimentazione” in uno specifico ambito sociale e professionale, la continuità ed evoluzione della propria esperienza, gli aspetti personali ed esistenziali che comunque quel determinato lavoro ha permesso di realizzare, il tutto non disgiunto dall’idea che la pensione è vicina e che si sta parlando di un mondo che Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 60 si abbandonerà a breve: a quanto pare tutto questo getta una luce essenzialmente positiva sul proprio vissuto lavorativo. I senior sono in una fase della vita nella quale si è soliti “tirare le somme”, e loro sembrano farlo senza troppi rancori, sapendo vedere il bicchiere mezzo pieno, senza per questo ignorare quello mezzo vuoto: accanto quindi alla considerazione di ciò che si è potuto realizzare, anche al di là dell’ambito lavorativo, si riflette su quello che si sarebbe potuti diventare, e per vari motivi non si è diventati. I senior parlano in più di un caso di occasioni professionali sprecate, per incapacità propria, per insufficiente intraprendenza. E se per alcuni a essere indicati sono stati ruoli lavorativi in ambito statale, in altri l’idea del lavoro in proprio, della creazione di una ditta autonoma è preponderante. Questo ci riporta ai junior, all’ideale dell’autonomia cullato ma non realizzato (né reso realizzabile). Un ideale che, considerato il tenore delle risposte dei senior, sembra desunto dalle generazioni che li hanno preceduti. Quindi, nonostante il quadro generalmente positivo, non dobbiamo dimenticare chi ricorda episodi o opportunità passate che sono scivolate via, e che hanno lasciato in qualche modo un senso, se non di insoddisfazione, di curiosità repressa, di intentato. “Quando sono andato a lavorare, allora pensavo di potermi staccare e mettermi per conto mio, avere un’azienda mia personale. Questo sarebbe stato il mio intento, poi però ho visto che va bene così… certo, se avessi un’azienda con cinquecento operai sotto, mi chiamassi io XXX sarebbe diverso, ecco! Penso che sia per tutti una cosa del genere…” (1) “Lei deve sapere che finchè lavoravo qua avevo fatto domanda alla posta, mi era arrivato un telegramma che ero stata assunta anche là, e non… ci sono andata, sono rimasta qua, anche se all’inizio per me è stata un po’ dura…” (3) “S’era partido subito a torme ‘na bottega, volea torme… se no mi me piasea sempre tanto el commercio… ‘na bottega de scarpe… ghe l’avarea anca adeso el sogno de tormela ma… ormai… ghe pensarà el fiol, se ‘l vol farlo!” (9) “Io ho sempre fatto il mio lavoro, nel miglior modo possibile… però non ho mai avuto, voluto, sentito l’istinto di andare avanti… per esempio per me il lavoro del capo reparto è stressantissimo, non mi va… a me va bene così… io ho fatto un concorso alle poste da giovane… abbiamo dovuto fare tre mesi di scuola…” (23) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 61 “Avevo perso un concorso all’Enel… avevo avuto l’occasione di entrarci e ormai… vuoi perché forse ero tenero di età, ero giovane, avevo paura di affrontare di nuovo un’altra esperienza, qua orami sapevo più o meno com’era il clima e l’ambiente… dopo magari me ne sono un po’ pentito…” (24) In questo quadro non si può tuttavia ignorare il caso di chi, nel formulare un giudizio della propria esperienza lavorativa, vede nel passato una positività che è decisamente andata scemando negli ultimi anni, nei quali il lavoro e i concetti che lo fondano avrebbero subito cambiamenti radicali e profondi. “Giudizio complessivo… allora diciamo… 1980-2000: esperienza positiva, supercontento, quasi onorato, diciamo, di lavorare in questa azienda… fino al 2000 potevo dare dieci e lode! Adesso è cambiato il mio modo di pensare… non si è più tanto galvanizzati, lo si era un tempo…” (7) Uno degli argomenti che hanno fornito maggiori spunti di riflessione, oltre che risposte inattese, è stato senza dubbio quello riguardante l’influenza che il lavoro ha avuto sul concetto di sé. Anche nel caso dei senior valgono almeno in parte le precisazioni fatte per i junior: la domanda non è stata pienamente compresa da tutti gli intervistati, e anche qui il tema della personalità spesso ha costituito l’argomento verso il quale le risposte si sono traslate. Tuttavia, in linea generale, si è arrivati a una più compiuta esplorazione della tematica, rispetto a quanto visto per i giovani, nonostante i risultati ottenuti, come accennato, si siano rivelati piuttosto eclatanti e inattesi. In effetti quello che naturalmente ci si attenderebbe dopo aver analizzato altri temi del questionario, temi che fin qui non hanno fatto che enfatizzare l’identificazione del senior con il proprio lavoro, il coinvolgimento che egli vive a livello aziendale, non si esplica nelle domande relative al concetto di sè: laddove si sono avute risposte coerenti con il quesito, va rilevata una prevalente negazione di ogni eventuale influenza che il lavoro possa avere avuto in tal senso. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 62 “E’ un esame… è un problema che non mi son mai posto… è una domanda che non mi son mai fatto… cioè, non è che il mi carattere si sia modificato in funzione del lavoro o viceversa… non mi risulta almeno!” (1) “Sono rimasta quella che ero… io sono cresciuta, il lavoro è importante, però non mi ha cambiato la vita, non m’ha portato a un cambiamento, diciamo, “oddio, sono soddisfatissima, ho cambiato completamente, ho fatto carriera!”, no, in quel senso lì no…” (3) “Io ormai ho una certa età, la psicologia diversa… ormai quello che potevo dire ho detto, alla mia età quello che potevo fare ho fatto… il posto che ho è che questo, non posso pensare di avere altro… mi sento realizzato…” (12) “E’ una scelta che… perché mi son reso conto che il lavoro… ci sono cose che per il mio carattere non ho potuto intraprendere… vedendo com’è il mondo del lavoro, vedendo cosa c’è in mezzo a ‘sto lavoro… mi sono diretto verso la tranquillità…” (23) “In un certo qual modo la crescita qua dentro g’ha subentrà un po’ un atimo d’evoluzion nel me caratere… son cresù n’atimin con la mentalità dell’azienda… parchè mi fuori dall’ambiente de lavoro son molto ma molto diverso, quando entro qua dentro do me stesso, quando esco sempre responsabile de quelo che fo, però son una persona completamente diversa…” (24) “Sì, sì, sì, tanto. A parte la maturazione, ma anche come modo di vedere e valutare le persone, di stare tante volte zitta invece di… “sparare”, perché ti confronti… secondo me il confronto fa crescere la persona…” (43) Come è possibile che persone per le quali non solo il lavoro che svolgono, ma l’ambiente sociale dell’azienda, il rapporto con l’organizzazione nel suo insieme oltre che l’identificazione ideale con i principi della dirigenza, sono di estrema importanza neghino che il concetto di sé possa in qualche modo esserne stato influenzato? Com’è possibile che persone che vantano una conoscenza approfondita di quella determinata realtà produttiva, della quale hanno assunto il gergo, i tecnicismi, il savoir-faire e l’atteggiamento mentale di fondo, neghino un’influenza di questo tipo? Nello svolgersi delle interviste questo tipo di legame è stata in molti casi una costante, che i ricercatori hanno ravvisato e che ha costituito spesso il punto di forza delle interviste più rappresentative. Eppure i diretti interessati di questo aspetto sembrano non rendersi conto, lo negano (così come fatto da molti junior) arrivando ad assumere quell’atteggiamento, già registrato per l’altro Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 63 gruppo, per cui un’influenza di questo tipo sarebbe da considerarsi sotto una luce negativa. Sembra in sostanza rimanere in sottofondo l’eco di quel “io il lavoro non me lo porto a casa”, nonostante l’impressione sia che i senior il lavoro, inteso come insieme di atteggiamenti, regole, informali e valori condivisi, non solo lo portano a casa, ma segna ogni momento della loro vita. Si è registrata quindi una discrepanza netta ed evidente tra quello che nella spontaneità dell’atteggiamento gli intervistati esprimono attraverso lo svilupparsi della somministrazione del questionario, e ciò che con sicurezza questi lavoratori affermano in relazione alla domanda esplicita relativa alla costruzione del concetto di sé: riflettendo su questo, la conclusione alla quale si può giungere è che i senior (o, potremmo dire, in generale l’universo cui ci siamo riferiti) non sono soliti riflettere sulle interconnessioni esistenti tra il proprio io e il lavoro che svolgono, non hanno la propensione a pensare il proprio lavoro come una componente identitaria, di rafforzamento e influenza sul proprio modo di essere. Questa tendenziale passività critica sembra essere una cifra che accomuna quindi i due gruppi. La differenza sostanziale sta nel fatto che i senior, dopo anni di “immersione” e contatto con un microcosmo preciso e ben definito, evidenziano a ogni piè sospinto l’influenza che questo ambiente (quello del lavoro) ha avuto sulla loro persona e sul loro modo di pensare. Ogni parola, riferimento, atteggiamento e tono denota una a quanto pare inconscia adesione a un mondo, a un settore, a un reparto del quale si è, o si stati, parte integrante. Anche in quei rari casi nei quali, come si è visto, si contrappone un passato di realizzazione a un presente scarsamente stimolante, rimane una consolidata e basilare adesione all’ambiente in cui si è “nati” e cresciuti professionalmente, e che solo negli ultimi anni si è iniziato a percepire come estraneo. C – LA PROGETTUALITA’ E IL MERCATO Affrontare il tema della progettualità con persone di mezza età che hanno oramai una vita che, presumibilmente, è definita a livello sociale come familiare, significa esplorare due principali argomenti: da un lato il livello di progettualità Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 64 che questi lavoratori avevano non appena iniziato il loro percorso professionale, dall’altro il modo in cui vedono (o vorrebbero fosse) il futuro dei loro figli, per lo più giovani che da poco sono entrati nel mondo del lavoro, o stanno per entrarvi. Considerata da questo punto di vista, la progettualità è una tematica che si ricollega quindi in maniera piuttosto diretta alla conoscenza e all’impressione che i senior hanno dell’attuale mercato del lavoro: pertanto ci è parso corretto qui trattare i due temi in abbinamento. In relazione alla propria giovinezza i senior esprimono in generale, come comprensibile, un alto grado di prevedibilità: quando queste persone hanno intrapreso la strada del lavoro avevano già davanti a sé un percorso di massima segnato, che riguardava non solo il proprio futuro professionale ma, soprattutto, la loro vita familiare. Chiaramente trent’anni fa era ancora preponderante un determinato modello sociale, legato alla creazione di una famiglia, all’ottenimento di un posto di lavoro che sarebbe rimasto sostanzialmente lo stesso fino alla pensione. Tuttavia va fatta una precisazione, determinata dal fatto che in pochi hanno esplicitamente sottolineato il collegamento tra il proprio lavoro e le proprie scelte di vita: sembra che intraprendere una strada di realizzazione come quella sopra descritta fosse talmente naturale da venir fatto in maniera quasi automatica, senza lo svilupparsi di una fase critica precisa. Possiamo quindi parlare di un’implicita progettualità a lungo termine, dietro a frasi che solo in minima parte comunicano questa impressione. Si tratta evidentemente di un’interpretazione basata sull’analisi globale delle interviste, considerando ancora una volta la componente puramente verbale in abbinamento a quella non verbale, che ha saputo sottolineare, a riconferma di quanto visto in altri quesiti, la scarsa propensione riflessiva che gli intervistati hanno evidenziato relativamente al proprio lavoro e, nel caso specifico, al legame tra il lavoro e le loro scelte di vita. “A dir la verità non c’ho neanche mai pensato… mi son sposato perché mi son sposato, non perché andavo a lavorare o per che tipo di lavoro facevo… la casa me la son comprata perché mi son comprato la casa, e non perché era necessario avere la casa per lavorare…” (1) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 65 “Il giovane che parte adesso parte con un’altra mentalità rispetto alla mia… io trentuno anni fa, trentadue, c’era un’altra mentalità… io ho conosciuto gente che dove erano c’erano stati per trent’anni, trentacinque, sono partiti che avevano i pantaloncini corti, sono arrivati a sessanta che sono andati in pensione sempre in quella ditta…” (15) “Il lavoro ti dà la possibilità di fare delle cose, sicuramente perché… di soldi ce ne vogliono sempre di più ogni giorno…” (19) “Non si vedeva l’ora di compiere diciotto anni e prender la patente… di essere indipendenti, acquistare una macchina… prima macchina, ’69: la Cinquecento, naturalmente… quelle aspettative lì, di essere indipendenti” (23) “L’aspettativa era di guadagnare bene per un po’ e poi fare la vita spendendola in maniera diversa. Naturalmente questo a sedici anni, le cose sono poi cambiate, nel senso che guadagnare un bel po’ non si poteva… quello si è capito un po’ dopo!” (37) Il discorso si fa più problematico e interessante se si passa al tema dell’auspicato futuro lavorativo dei figli, quindi all’esplorazione di una forma di progettualità “riflessa”: i lavoratori indicano, per i giovani d’oggi, la dimensione autonoma come la migliore tra le possibili modalità di realizzazione professionale. “Io effettivamente ho detto sempre a mio figlio che se io oggi avessi vent’anni non andrei a lavorare in un’azienda, se ho un diploma mi iscriverei alla mia categoria e farei il libero professionista…” (14) “Però… diciamo che non è rose e fiori… secondo me bisogna lasciare lo spazio, sempre guidandolo, anche a lui di fare le sue scelte… diciamo che ultimamente ci sono dei problemi, proprio nell’ambito del lavoro, si fa fatica trovare lavoro…” (19) Chiaramente anche questo dato va “epurato” da una serie di fattori che non si possono non tenere in considerazione: si pensi alla predilezione per il lavoro in proprio espressa anche altrove dai senior, si pensi al modello socio-economico dominante sul nostro territorio, legato ancora una volta alla piccola impresa e all’alta diffusione della dimensione autonoma. Tuttavia in questo quadro va registrato e sottolineato un dato preciso, che indica una discrepanza piuttosto importante tra junior e senior e che, a ben guardare, ha un carattere parzialmente paradossale: i senior Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona sembrano essere 66 decisamente più informati e coscienti nei confronti del mercato del lavoro, dei mutamenti in atto, dell’attuale situazione occupazionale. “Sa cosa c’era? Che non avevamo la fobia di trovare lavoro, perché si trovava molto facilmente… non c’era quello che penso che i giovani stanno provando adesso, il terrore di trovare un posto di lavoro o cosa, oppure accettare tutto… noi avevamo molta più scelta perché si stava espandendo, le aziende cominciavano a sorgere allora… c’era la scelta. Invece vedo oggi nei giovani che c’è molto terrore, insomma, una preoccupazione, ecco… c’ho un figlio e una figlia, di conseguenza guardo ogni tanto… mi piace questo settore, mi informo sempre. So che i contratti cambiano e tutte quelle cose lì…” (3) “Dura, la vedo dura perché assumono difficilmente, tanti contratti a termine, hanno anche questi… lavori interinali, che sopperiscono un po’ a questi alti e bassi di richiesta di mercato… è un po’ dura… ho consigliato di studiare a mia figlia, già è difficile trovare lavoro se si ha qualcosa in mano, se si ha niente il destino è quello… non è che il mercato lascia prospettive rosee…” (7) “Sento quello che c’è però non mi intrometto dentro più di tanto… so che ci sono i giovani d’oggi, ecco, hanno dei problemi perché magari non vengono… cioè l’assunzione può essere a tempo determinato… parlo anche a volte con dei ragazzi che fanno degli stage, così…” (19) “O è un giovane che riesce a entrare in un posto statale, di banca e che si siede dietro il tavolino, oppure… non si riesce a fare prospettive a lungo termine. Il mondo d’oggi offre molte cose, lì è questione di carattere delle persone…” (26) Si delinea quindi uno scenario per cui le informazioni che naturalmente dovrebbero essere appannaggio dei giovani che vivono sulla propria pelle (o sono a un passo dal farlo) i problemi legati all’attuale precariato sono approfondite da lavoratori in età quasi pensionabile. Questo tipo di paradosso sembra essere legato da un lato al livello di coscienza e coinvolgimento che questi ultimi sono abituati a vivere in relazione all’ambito professionale, dall’altro alla necessità, manifestata da molti senior, di preoccuparsi del futuro dei propri figli che evidentemente appaiono anche ai loro stessi genitori inseriti in un meccanismo occupazionale problematico e difficoltoso e, ciò che più conta, privi degli strumenti utili ad affrontare la questione. Del resto questa impressione sembra essere supportata in modo adeguato da quanto espresso in sede di intervista dai junior stessi. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 67 D – IL RAPPORTO CON LA FLESSIBILITA’ E GLI ATIPICI Come si rapportano i senior al fenomeno della flessibilità? Si tratta evidentemente di persone che da anni svolgono lo stesso lavoro, spesso all’interno della stessa ditta, per i quali quindi il fenomeno della flessibilità non può che essere un elemento che li tocca in minima parte, e che li coinvolge, se lo fa, in modo indiretto (si pensi a eventuali problemi lavorativi dei figli etc…). Il fondamentale dato da tenere in considerazione è, nuovamente, la sostanziale assenza o il ridottissimo impiego della flessibilità nelle azienda in cui i senior lavorano. Questo evidentemente porta alla definizione di forme di flessibilità molto limitate, nelle modalità di applicazione, se non addirittura a una negazione della presenza di una vera flessibilità interna al proprio settore. Vediamo quali sono in sintesi le affermazioni raccolte tra i senior. Possiamo distinguere quattro principali categorie di flessibilità che i lavoratori con più esperienza indicano all’interno delle interviste. Una parte dei senior intervistati nega che nella sua azienda esistano forme di flessibilità, ricordando semplicemente la variabilità dell’orario o la possibilità di ruotare a livello di mansione, ma ponendo in evidenza il dubbio che queste non siano in effetti vere forme di flessibilità. “… è un artigianato molto raffinato, per cui il personale è abbastanza specializzato… la flessibilità è presente in maniera ridotta per quanto riguarda gli orari di lavoro e il tipo di persona...” (37) C’è poi chi indica forma di flessibilità che potremmo definire “soft”, includendo in questa categoria alcune delle caratteristiche che già sono state esplorate in relazione ai junior, cioè l’identificazione della flessibilità con forme di organizzazione del lavoro (orario flessibile, mansioni variabili) che confermano la sostanziale distanza del settore, e soprattutto dei suoi dipendenti, dalle forme più spinte di flessibilità. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 68 “Quando c’è poco da fare si fanno le otto ore, magari si fa qualche giorno di ferie… sarebbe meglio non farle quando c’è fretta perché quando poi prendi un lavoro che si vede che c’è quasi sempre fretta perché hanno tempi ristretti, ci sono delle consegne da rispettare… ce la facciamo anche noi magari la flessibilità perché si vede quando c’è poco da fare…” (15) “Essendo un’azienda che praticamente può lavorare anche in situazioni… magari lavorare il sabato e la domenica così… dobbiamo operare anche in quei periodi lì, oppure se ci sono dei cantieri da finire si deve fare…” (19) Va detto che c’è comunque chi identifica la flessibilità esistente all’interno dell’azienda per cui lavora con la percentuale di lavoratori atipici presente. Si tratta spesso di una percentuale ridotta, e dagli impieghi piuttosto limitati e scontati (in magazzino, alle spedizioni – in contesti in cui la professionalità è generalmente piuttosto bassa). “Sì, certo, utilizziamo anche lavoratori interinali e di cooperativa… c’è chiaramente una flessibilità, il fatto stesso che usiamo lavoratori interinali e cooperativa è un fatto dovuto a momenti di mercato che nel nostro settore non sono mai costanti…” (4) Va sicuramente riportato anche il caso di chi, alla luce della propria esperienza lavorativa, indica una forma di flessibilità “professionale”, che non va semplicemente appiattita sulla flessibilità di mansione di cui già si è parlato. Si tratta piuttosto di un adeguamento del lavoro verso nuove forme di professionalità, per cui le aziende devono adattare continuamente il proprio personale alle più innovative esigenze produttive e di organizzazione interna. “C’è stata una variazione dei ruoli abbastanza… varia… anche perché un’azienda per aggiornarsi bisogna che ogni anno faccia una ristrutturazione, se no… il problema sarebbe creare più che nuovi stimoli, creare nuove forme, sempre dello stesso lavoro però, di professionalità, all’interno dell’azienda… la persona stessa crea un qualcosa di nuovo nel suo lavoro, nel lavoro che faceva prima, che prima si faceva un certo tipo di lavoro ed era solo quello…” (14) Si tratta evidentemente di una forma di flessibilità positivamente intesa, che va a totale vantaggio dell’azienda e (almeno in apparenza) del lavoratore, che in Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 69 quest’ottica dovrebbe essere formato e seguito per garantire un continuo miglioramento delle sue capacità e abilità professionali. Questo tipo di atteggiamento, già riscontrato in precedenza in numerose altre risposte fornite dai senior, corrisponde allal tendenza per la quale il dipendente, a livello di motivazioni di fondo e soprattutto in quanto a prese di posizione riguardo svariati problemi, arriva a far coincidere le proprie considerazioni e riflessioni con quelle che dovrebbero essere appannaggio dell’imprenditore. Infine, una ulteriore forma di flessibilità indicata da alcuni senior riguarda non tanto la gestione del personale e l’organizzazione interna all’azienda, quanto piuttosto la gestione del prodotto, le cui differenziazioni quantitative a livello produttivo sono gestite in alcuni casi senza far ricorso a manodopera temporanea ma incaricando ditte esterne di svolgere quel preciso lavoro, creare quel determinato pezzo, etc. “…le persone grosso modo non ci siamo mai spostati molto dal numero di persone lavorative, di maestranze che abbiamo, colmando gli eventuali picchi con forniture esterne, chiedendo un apporto esterno, anche di prodotto già finito, non solo di semilavorato o accessorio di materia prima… dei milleottocento pezzi (che compongono il prodotto) ci sono dei pezzi relativamente difficili che possiamo fare in modo di farceli fare autonomamente a prodotto finito da fuori, per cui colmiamo insomma…” (29) Questa forma di flessibilità è probabilmente quella maggiormente in sintonia con le caratteristiche peculiari del settore in esame: pensare di sostituire con la produzione esterna la necessità di personale temporaneo si rivela in effetti coerente con l’alta specializzazione che caratterizza questo settore, nel quale altrimenti i lunghi periodi di addestramento necessari andrebbero a cozzare con il carattere intrinsecamente instabile del lavoro temporaneo. Per quanto riguarda il mondo degli atipici, va detto che i senior evidenziano atteggiamenti e impostazioni piuttosto differenti rispetto a quelle che si sono viste in precedenza relativamente ai junior. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 70 Indubbiamente anche per i senior si tratta di un mondo, di una “parentesi” della società che in linea di massima non conoscono. Tuttavia l’atteggiamento di fondo è per vari aspetti sostanzialmente diverso. Alcune delle caratteristiche che si erano descritte per i junior non si trovano più, o vengono modificate in modo piuttosto profondo. - il distacco, l’ego imprenditoriale: l’aspetto più eclatante che si è evidenziato si è già riassunto nell’espressione “ego imprenditoriale”, atteggiamento per il quale anche su questo tema le affermazioni raccolte nelle interviste esprimono un certo “distacco” nei confronti della questione atipici. L’atipico in quest’ottica diventa una possibilità per l’azienda, un’opportunità produttiva, tramite la quale si può non solo rispondere in tempo reale alle esigenze di mercato contingenti, ma, soprattutto, si può avere a disposizione “capitale umano” da testare, in modo tale che l’azienda possa essere tutelata dalla sciagurata possibilità (paventata nella maggior parte dei casi, a quanto pare, dai dipendenti!) di doversi accollare il peso di manodopera improduttiva, inadeguata o dannosa. “Secondo me è molto importante che ci sia questa flessibilità proprio per lo sviluppo del lavoro, perché il fatto che un’azienda deva assumere una persona per avere un dipendente che gli svolga un determinato lavoro, lo deve assumere, e poi se lo deve mantenere finchè muore, a tutti i costi, a qualsiasi costo, per me è un deterrente enorme per lo sviluppo aziendale… che ci sia invece la possibilità di sia da parte del lavoratore di dire “beh, io adesso faccio un po’ di questo, poi magari vedo che di là c’è da fare di più, vado a fare quello là”, e sia da parte dell’azienda che dice “beh, sì, adesso ho bisogno di cinque dipendenti in più… però dopo alla fine quelli lì non mi servono più e quindi li mando via… oppure ne assumo uno mi accorgo poverino che è una testa di… e che non ha voglia di lavorare… quello devo avere la possibilità di liberarmene… invece adesso non è possibile purtroppo!” (1) “Stagisti di solito usiamo… in officina e anche negli uffici qualche volta. Periodi magari, nel boom di lavoro, periodo estivo che di solito c’è più lavoro e allora subentra lo stagista o lo stagionale o chi per esso insomma… la vedo molto, molto… come si dice… non un cane che morsica, ma una cosa molto positiva…” (24) “Abbiamo avuto fino a poco tempo fa degli interinali perché sembrava che l’interinale mettesse sul mondo del lavoro delle persone qualificate. In realtà abbiamo riscontrato una Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 71 cosa mediocre, insomma… no, persone molto motivate perché tutti hanno bisogno di lavorare perché tirare avanti al giorno d’oggi è dura per tutti, per cui la buona volontà da parte loro c’è, solamente che si trovava un po’ generalizzato il discorso… non trovavi la forma o le persone professionalmente che l’azienda chiede per certi settori specifici…” (29) La domanda che viene da porsi è: questo “ego imprenditoriale”, così ricorrente nelle risposte dei senior, ha un qualche legame col fatto che stiamo analizzando una realtà del nord est italiano, cioè una realtà nella quale la piccola imprenditoria, il “mettersi in proprio”, sembra costituire l’obiettivo primario dei singoli, la normalità occupazionale? La risposta sembra doversi indirizzare verso il sì, considerando che, e come si è visto nella parte relativa alle prospettive personali, la dimensione del lavoro in proprio per molti è il “sogno mancato”, l’occasione che in un passato più o meno recente non hanno saputo cogliere: per questo la loro esperienza in azienda, un’esperienza tipicamente prolungata, graduale, continuata, li ha portati a sentirsi parte del sistema organizzativo che contribuiscono a far funzionare, parte talmente importante da risultare pietra fondante del sistema stesso. Da qui ad appropriarsi dell’idea dell’organizzazione nel suo complesso il passo è breve, specie se c’è un alto livello di identificazione (e, come visto, c’è) con gli ideali e l’immagine che l’azienda ha dato di sé attraverso gli anni. Queste sono innegabilmente le persone che l’azienda l’hanno fatta crescere, e questa “missione” sembra venga vissuta in maniera molto profonda. La cosa che lascia perplessi è che l’atteggiamento di fondo (l’acritica convinzione che la flessibilità sia un fenomeno positivo) sembra negare qualunque possibilità che il problema arrivi a coinvolgerli in modo diretto: i loro figli non sono forse parte di una generazione che con questo concetto di lavoro dovrà convivere e, presumibilmente, fare i conti in prima persona? Va anche detto che all’interno del nostro gruppo di senior non manca chi mette sul piatto della bilancia (conferendogli un peso relativo molto elevato) la messa in discussione di quelli che vengono indicati come i diritti di base all’interno del mondo del lavoro. I concetti che vengono messi in gioco sono piuttosto forti, si parla di dignità messa in discussione, di situazioni sgradevoli. L’impressione è Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 72 quindi quella di persone che avvertono una certa degenerazione nell’insieme dei cambiamenti a cui assistono: si tratta comunque di osservatori che godono di una prospettiva di lettura privilegiata, che conservano col lavoro il rapporto che tradizionalmente hanno sempre avuto, ma, proprio per questa loro diversità nei confronti dell’attuale mercato, si interrogano e si stupiscono della situazione che si va delineando. “Io penso che senz’altro è utile, nel momento in cui naturalmente i lavoratori vedono garantiti i loro diritti, se vogliamo…” (4) “Io penso che la flessibilità del lavoro è stato quando sono aumentati il numero di disoccupati… la flessibilità è stato un tentativo di far entrare nel mondo del lavoro più gente… non mi sembra una bella cosa, a livello di dignità della persona, ma penso che sia l’unica soluzione che hanno i giovani per entrare nel mondo del lavoro. Purtroppo adesso, penso che sia dappertutto, il male minore è dire “non hai le stesse garanzie dei dipendenti, non hai la sicurezza del dipendente, ma almeno cominci, dopo se hai le capacità eccetera, impari un lavoro e ti metti in proprio… piuttosto di restare a casa, è meglio che c’hai un lavoro temporaneo”, però questo a livello di dignità della persona può durare cinque anni, sei anni, sette anni… ma basta! Uno deve riuscire… a entrare.” (12) “Ho vissuto negativamente l’entrata in azienda di persone flessibili, o comunque in contratto a termine, perché ho visto veramente una situazione molto brutta… io ho sempre pensato nella dignità della persona che lavora… non è possibile per te darmi ulteriori mansioni non pagandomi qualcosina in più… con le persone flessibili in azienda questo non esiste più… questi, sotto ricatto, perché lo vedi, lo tasti con mano sta situazione, si adoperano a far tutto… è una situazione veramente sgradevole… la propria dignità, a cominciar da questo… è una cosa che fa paura…” (37) Verrebbe da parlare, per questi senior, di un buon livello di conoscenza dei fenomeni in atto, della loro capacità di comprendere, alla luce dell’esperienza passata e della percezione del cambiamento che da questa deriva, i risvolti problematici della questione. Del resto a livello di conoscenza del mercato del lavoro i senior hanno effettivamente saputo dimostrare un buon livello di informazione, legata da un lato a interessi di tipo personale, dall’altro alla frequente necessità di raccogliere indicazioni per i figli, impegnati nella ricerca di un primo lavoro. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 73 L’atteggiamento di questi cinquantenni verso il mondo atipico è tuttavia piuttosto passivo, in parte critico, perché, a quanto sembra, non può sussistere una sintonia di percezione del problema tra i giovani atipici e i senior che assistono all’evolversi della situazione: manca negli atipici, a parere dei senior, un senso dell’unione, del “collettivo”, che i cinquantenni, alla luce della loro formazione ed esperienza, sentono in maniera evidentemente più forte. L’atipico, nella situazione di intrinseca temporaneità e “volatilità” che si trova a vivere, si caratterizza per un fondamentale individualismo, per un’incapacità di “fare gruppo” con i suoi colleghi atipici. Un ulteriore aspetto che è utile sottolineare riguardo questo tema, e che è in grado di portarci ad effettuare degli interessanti paralleli con quanto si è già detto per i giovani, è il livello di “emarginazione” che i senior riservano agli atipici rispetto a quanto si è visto fare da parte dei junior. In entrambi i casi i gruppi di dipendenti in qualche modo “escludono” dal proprio campo socio-organizzativo questa categoria, ma a ben guardare junior e senior lo fanno in maniera differente: come già si è visto, i junior “escludono” dal proprio orizzonte sociale di rapporti gli atipici in quanto poco professionalizzati, negativamente definiti in quanto a status sociale, assimilati spesso a categorie marginali (immigrati, ad esempio); i senior invece, in maniera più critica e problematica, arrivano comunque a una forma di esclusione legata essenzialmente a opportunità e esigenze produttive, motivata quindi sì dalla scarsa professionalità degli atipici, ma collegata in modo molto stretto all’organizzazione globale del lavoro, interna alla struttura aziendale. Va infine registrata un ultimo genere di opinione in relazione alla flessibilità, e più nello specifico alla situazione in cui si trovano gli atipici: il pessimismo, la considerazione fondamentalmente negativa che alcuni senior hanno di questo nuovo stato di cose. Evidentemente la critica va a svilupparsi legandosi alla concezione ben più statica che i senior hanno dell’esperienza lavorativa. Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 74 “Ma io forse faccio parte della vecchia guardia, tipo che io la mia concezione sarebbe stata di avere un lavoro e tenerlo sempre… quando ti piace naturalmente… adesso che si parla della flessibilità che del posto del lavoro non è mai sicuro in pratica e tutto… io dico per fortuna io ormai sono arrivato a un punto che insomma se mi fregano, mi fregano di poco… rispetto a uno giovane che parte adesso…” (15) “La flessibilità io la vedo come una cosa bruttina nell’ambito del lavoro in generale, perché è una parola che mi sa tanto di attesa per esser licenziato… viene un po’ manovrata ‘sta flessibilità, secondo me… bisogna vedere se viene usata nel modo giusto o se viene usata per altri sbocchi” (23) Performa srl – Via Albere 29a – 37138 Verona 75