di Angela Amico
Il giorno delle nozze è passato in un turbine sfocato, più leggero di un refolo di vento, più
inconsistente della seta ricamata di cui era cucito l'abito bianco. La camminata lenta e compassata
lungo la navata della chiesa ritmava lo stessa cadenza dei passi del condannato al patibolo e l'omelia
del parroco dal naso rubizzo troppo simile a tutte le altre per ritenersi memorabile. Poi il riso bene
augurante, la giostra dei baci e degli auguri e il pranzo, la torta, i confetti...finito.
Adesso la sposa si rigira nel letto, dopo una notte resa insonne dall'attesa prima e dalla lieve
delusione di poche carezze rapide e di un ruvido dolore poi. L'odore dell'uomo che le dorme a fianco è
nuovo e poco rassicurante; il suo respiro pesante riempie la stanza da letto, sollevando le coltri bianche
e ricamate, approntate da tre vergini, come da tradizione. Un altro di quei irrinunciabili rituali di chi
dalla terra e dalla campagna ha tratto benessere e storia.
Sotto la luce della notte chiara la vigna veglia anch'essa. Il vento leggero scuote i pampini verdi
che rimandano riflessi argentei, quando appena la luce della notte ne colpisce i dorsi palmati. Si è
scelto quel giorno per le nozze, in modo da mostrare agli invitati la tenuta dal grande vigneto,
l'argenteria ben lustra, la casa piena di fiori e i filari coi grappoli rossi a penzolare come rubini dal collo
di una nobildonna. Domani si vendemmia, e lei sarà già lontana, in città, sposa dell'avvocato scelto dal
padre tradizionalista e autoritario, che dice sempre che la vigna non è cosa da femmina. E lui solo una
figlia femmina ha, e l'ha ben sposata ad un uomo solido, serio.
La vigna non è cosa da femmina. Contro il roboante parere paterno la sposa, fino a ieri, ha
seguito con cura quei filari antichi, indossando sconvenienti calzoni da lavoro, sovrintendendo le cure
dei contadini, staccando gli acini, misurando i trattamenti stagionali, acquistando riviste e opuscoli per
confrontare vitigni, tecniche e novità straniere. Scoprendo, ad esempio, che la vite è una pianta
ermafrodita, maschio e femmina assieme. Aiutando gli uomini a stendere la rete di protezione contro
la grandine con la stessa cura con cui le donne di casa ieri le hanno coperto il capo e il viso con velo
nuziale. Contro la grandine cattiva del cielo, e contro quella peggiore della vita. Da sotto il velo
quell'uomo incontrato poche volte gli era sembrato impacciato, quasi tenero.
Se la vigna non è cosa da femmina, non è detto che il vino sia per forza cosa da maschi. Al
pranzo di nozze lo sposo, spaesato, non aveva saputo distinguere il vino più giovane servito con gli
antipasti da quello d'annata che aveva accompagnato gli arrosti. La sposa aveva notato l'ignoranza del
marito e le si era scurito di colpo il cuore, e fatto presagire distanze incolmabili, silenzi di anni,
incomprensioni. Però, col viso arrossato dal vino, lo sposo l'aveva baciata dietro la richiesta tintinnata
sui bicchieri dagli invitati, e il tocco le era parso tiepido e lieve.
Poi era venuta la notte. Il marito non aveva manifestato apprezzamento né per la biancheria
preziosa né per le ciglia scure della sposa, e si era concentrato ad occhi chiusi, senza un sussurro né
una carezza preliminare. I baci le erano sembrati salati e troppo umidi, e i movimenti di lui poco fluidi,
innaturali. Le oscure indicazioni fornite dalla madre non erano state di alcun aiuto e le erano rimaste
addosso una insoddisfazione muta e una serie di domande inespresse.
Si veste silenziosa e scende le scale. Il portone cigola rumorosamente, ma la sposa raggiunge i
filari con pochi passi lunghi e veloci. Le radici annodate alla terra sono materne e solide. La vigna non
è cosa da femmina, dice suo padre. Ma cosa c'è di più femminile che questo avvinghiarsi alla terra,
femmina anch'essa, e trarne nutrimento? Il grappolo, nella mano della sposa, è fatto di acini rotondi,
perfetti come il ventre di una donna incinta, pieni di vita. Una promessa di futuro, fluida di sangue,
accesa di calore. Il movimento rapido del polso e della cesoia la pacificano e la riportano al ritmo
antico della vendemmia, che da domani uomini a lei noti da anni riporteranno a vita nuova, mentre lei
comincerà una vita nuova in compagnia di un estraneo. Raccoglie ad uno ad uno i grappoli, che
cadono pesanti nella cesta, come lacrime silenziose. A ogni grappolo un pensiero scuro si allontana, e
la sposa colora dello stesso rosso dell'uva quei pensieri mattutini. Non è forse questo la vendemmia?
La fine del ciclo dell'uva e l'inizio del nuovo ciclo del vino. Forse potrà raccontargli della vigna, un
giorno di questi. E se lui ascolterà, potrà chiedergli il tempo di capire e di essere capita, di diventare
compagni. E forse potranno nascere figli e figlie, che ameranno la campagna, come lei. Forse potrà
spiegargli del vino, e delle botti. La sposa ritorna a casa, con un grappolo in mano. Il marito dorme
ancora, il volto sconosciuto da bambino smarrito in un sogno e le mani aperte, indifese. Nella luce del
mattino la stanza da letto sembra più intima, meno grande. L'abito da sposa appeso allo specchio
dell'armadio è una nuvola pacifica e dentro il letto il corpo caldo del marito odora meno straniero, più
accogliente. La sposa gli poggia il grappolo sulle mani aperte. Comincia la vendemmia, domani.
Scarica

La vigna non è cosa da femmina - Festival del Verde e del Paesaggio