Don Venanzio Floriano
Don Domenico Cascasi
COME Maria, CON Maria
L’esperienza mariana
nella vita del beato Giacomo alberione
Fondatore della Famiglia Paolina
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Don Venanzio Floriano
Don Domenico Cascasi
COME Maria, CON Maria
L’esperienza mariana
nella vita del beato Giacomo alberione
Fondatore della Famiglia Paolina
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SIGLE
AAP
= Alle Suore di Gesù buon Pastore. Raccolta delle meditazioni e delle
istruzioni di don Giacomo Alberione, registrate su nastro magnetico.
ACV
= AnimA e CoRPo PeR il VAnGelo. Raccolta degli opuscoli, pubblicati
negli anni 1953-1957.
AD
= AbunDAnteS DiVitiæ GRAtiæ Suæ. Storia carismatica delle luci ricevute.
Ae
= l’APoStolAto Dell’eDizione, manuale direttivo di formazione e di apostolato.
CiSP
= CARiSSimi in SAn PAolo. Raccolta delle lettere, articoli, opuscoli,
scritti inediti di don Giacomo Alberione dal 1933 al 1969.
iA
= iPSum AuDite, meditazioni del Primo maestro alle Pie Discepole.
Gm
= GRAnDezze Di mARiA (maria nostra speranza), 31 considerazioni sui
Hm
= HæC meDitARe, serie seconda. Raccolta di prediche del Primo maestro.
SC
= Sono CReAto PeR AmARe Dio. Diario giovanile, scritto nell’anno 1903.
mV
= miHi ViVeRe CHRiStuS eSt. Ricordi del Primo maestro ai Sacerdoti paolini.
principali privilegi della Vergine.
PrRA 117 = ReGinA APoStoloRum. bollettino Casa Generalizia Figlie di San Paolo.
RdA
= ReGinA DeGli APoStoli, 33 istruzioni su maria, Regina degli Apostoli.
istitutO “GEsù saCErdOtE” E “saNta FaMiGLia”
Circonvallazione Appia 162 - 00179 RomA
tel. 06 78.42.609 - 06 78.42.455 - Fax 06 78.69.41
http://www.stpauls.it/istit/santafamiglia.htm
http://www.stpauls.it/istit/gesusac.htm
In copertina: riproduzione della tela (mq 3,30x5,70) della Regina degli Apostoli di G. B. Conti, Alba 1935
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Che siate conosciuta, o Maria!
Che siate pregata, o Maria!
Che siate predicata, o Maria!
Che, per voi, tutti seguano Gesù,
Via e Verità e Vita.
Queste effusioni d’amore che il nostro Padre Fondatore rivolgeva alla Mamma Celeste hanno per noi tutti un valore di consegna:
conoscere, pregare, vivere, diffondere la devozione alla Madonna,
Madre di Dio e Madre nostra, Madre e Modello di ogni discepolo
di Gesù.
Quando, nell’ormai lontano 1953, don Alberione seppe che l’allora papa Pio XII aveva indetto un Anno Mariano, egli salutò questa iniziativa con le parole: «Abbiamo appreso questa disposizione
con la più viva gioia».
Non vi sembra, quindi, legittimo ritenere che, dal cielo, l’amatissimo Padre Fondatore abbia accolto con gioia ancora maggiore la nostra scelta di vivere il 2006 come particolare Anno
Mariano?
«Conoscere maria, imitare maria, pregare maria, zelare maria»:
è stata la consegna che lui aveva dato allora a tutti i suoi figli e
figlie spirituali. La medesima consegna egli oggi riaffida a noi:
«Conoscere maria, imitare maria, pregare maria, zelare maria…:
i privilegi di maria, le sue virtù, la sua dignità, la sua missione, la
sua vita, la sua immacolata concezione in relazione all’assunzione al
cielo, la sua missione universale di grazia, le sue feste liturgiche, le
molte preghiere che le si rivolgono, specialmente il rosario…
Conosci tua Madre! ecco l’invito da rivolgere a tutti: sempre, ma
specialmente nell’anno mariano… Rassomiglia a tua Madre!»
(1953).
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Queste convinzioni e certezze del nostro Padre Fondatore sono
il motivo che ci ha spinto alla presente pubblicazione, che contribuirà a consolidare ed aumentare il nostro affidamento a Maria,
a farla maggiormente entrare nelle nostre parrocchie e nelle
nostre famiglie, perché possa esercitare quel servizio che Dio stesso le ha affidato: essere madre, maestra e Regina nostra.
Mentre sono certo di interpretare i sentimenti di tutti manifestando pubblicamente tanta fraternità, stima e gratitudine a don
Domenico Cascasi e a don Venanzio Floriano per le preziosissime
riflessioni che ci offrono con questa pubblicazione, auspico che
esse servano a suscitare in ciascuno di noi quei sentimenti che
hanno plasmato, in un crescendo continuo, la persona del nostro
Fondatore, fino a fargli raggiungere la statura di Cristo.
Sac. Innocenzo DANTE ssp
Delegato ist. Santa Famiglia
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i LuOGHi MariaNi
NELLa Vita dEL BEatO GiaCOMO aLBEriONE
Tra le tante “modalità” che rendono mirabile la Famiglia Paolina,
è il ruolo che ha avuto Maria nella vita del beato Alberione.
Ci diceva: «Vi è bisogno di Gesù; lo dà Maria.
Non lo ha dato soltanto all’umanità in generale,
ma lo dà in particolare ad ognuno, ad ogni anima che lo desidera,
che lo accoglie per tenerlo sempre con sé» (CISP 375).
Per questa ragione tutti i santi hanno ritenuto
la devozione a Maria necessaria:
non in senso assoluto, perché solo Dio è necessario per salvarsi.
La devozione a Maria è necessaria per volere di Dio,
perché Dio ha deciso così; e non tocca di certo a noi presumere
di poter mettere in discussione una decisione di Dio.
Ebbene, stupisce l’amore per Maria che il beato Alberione
ha coltivato intensamente, imparato fin dalla più tenera età,
sulle ginocchia della mamma;
maturato così tanto a nostro beneficio
da consegnarci un florilegio mariano
che ammonta a ben 1500 pagine, scritte in onore di Maria.
A monte, però, vi è una realtà che stupisce ancora di più:
l’amore che Maria ha dimostrato per questo suo figlio,
chiamato da Dio ad una missione importantissima;
una vita, quella del nostro Beato,
così segnata dalla presenza di Maria
che non poteva non concepire
qualcosa di grande come ossequio:
ecco il Santuario romano della “Regina degli Apostoli”.
Difatti, scorrendo la sua vita,
con stupore scopriamo che nei momenti fondamentali
è sempre presente un Santuario mariano;
questo fatto ci aiuta a capire le radici
della sua profonda spiritualità mariana
e le feconde illuminazioni che gli sono state concesse.
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Maria è come un cielo sereno sempre illuminato dal Sole divino;
e sempre disposto a ricevere lo splendore dei suoi raggi
ed a trasmettere la luce nelle menti
di chi cerca Dio e la salvezza (ACV, p. 44).
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santa Maria del salice a Fossano
“santuario del Battesimo”
Verso il 1000 nel villaggio di nome
Fraschea sorse una chiesa dedicata a
“Sancta maria de Salicis”; e quando nel
1236 si costituì il comune di Fossano,
probabilmente verso il 1252 si costruì entro le mura la nuova chiesa
parrocchiale dedicata a Santa maria del Salice.
Chiusa al culto, passò nel 1807 in proprietà privata. nel 1825 fu riacquistata dal vescovo mons. Franzoni, per riportarvi la sede parrocchiale. nel 1881 il parroco, don Giuseppe trivella, si accinse a una serie di
lavori di restauro e di consolidamento; ma ben presto, per l’umidità,
prese a rovinarsi in modo sempre più irrimediabile, fino a giungere al
1915 quando si decise la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale,
poco distante dalla precedente.
Solo nel 1958, con mons. lorenzo berardo, cominciarono i lavori di
costruzione della chiesa vera e propria con l’annesso campanile, dedicata – così la scritta incisa sulla facciata – «A Dio Onnipotente e a
Maria SS.ma Mediatrice di tutte le grazie».
Già all’inizio della sua vita vi è un Santuario mariano. il piccolo
Giacomo è nato a San lorenzo di Fossano (Cuneo) il 4 aprile 1884.
Appena pochi mesi prima, nel novembre 1883, la famiglia aveva
traslocato in una casa di campagna di questa frazione. era la cascina delle “Due Peschiere”, una villa di campagna dei conti
Ramazzotti di torino, di cui gli Alberione erano affittavoli.
la chiesa della frazione a quel tempo non era parrocchia; aveva
solo “diritto di fonte”: il rettore (così era chiamato) poteva battezza9
re, ma non gli era lecito celebrare gli altri
sacramenti. Solo nel
1928 la chiesa di San
lorenzo venne eretta a
parrocchia.
ebbene, la chiesa dipendeva da un Santuario della città di
Fossano: Santa Maria
del Salice.
il 14 maggio 1964,
don lorenzo berardo morto ultracentenario
(1884-1988) - scrisse a
don Alberione:
«Le scrive il vecchio
parroco della parrocchia dei suoi natali.
San Lorenzo di Fossano (Cuneo) – Chiesa parrocchiale Sebbene la chiesa di
in cui fu battezzato Giacomo il 5 aprile 1884
San Lorenzo, in cui
V.S. Rev.ma ricevette il santo Battesimo, in quel tempo e fino a
pochi decenni addietro succursale di questa parrocchia, sia ora
divenuta sede parrocchiale, tuttavia la parrocchia della Madonna
del Salice, di cui ottant’anni fa V.S. Rev.ma divenne membro, si gloria di aver visto sorgere sul proprio orizzonte un luminoso astro
per il firmamento della santa Chiesa di Gesù Cristo e si compiace di
tramandarne il ricordo ai posteri, insieme con le lodi per il gran
bene operato dal medesimo».
Don Giacomo Alberione rispondeva alla lettera il 19 dello stesso mese:
«Rev.mo don Lorenzo Berardo, ringrazio vivamente di quanto ha
scritto. Sempre ricordo la parrocchia della Madonna del Salice, dove
sono stato fatto cristiano» (barbero G., Un uomo, un’idea, p. 51).
notiamo, allora, una serie di quelle “coincidenze” che manifestano quanto la presenza di maria sia stata viva nella vita del beato
Alberione.
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• nel 1922 il Fondatore ebbe un sogno. Vide la madonna aureolata di luce che gli diceva: «Sono la madre della divina Grazia».
• la lettera di mons. berardo a don Alberione porta la data del 14
maggio 1964. il parroco nomina ancora “Santa maria del
Salice” (v. foto, pag. 9), ma la
lettera è scritta dalla canonica
della nuova chiesa fatta
costruire, essendo ormai fatiscente la vecchia a motivo dell’umidità. la nuova chiesa
porta lo stesso nome di “Santa
maria del Salice”, ma è dedicata a Maria mediatrice di
tutte le grazie (v. foto, pag. 12).
• inoltre, l’anno della lettera
è il 1964, che segnava la conclusione del Concilio; Concilio
a cui don Alberione aveva presenziato come superiore generale, presentando 24 proposte alla Commissione preconciliare. la prima proposta
era formulata così: «Definizione del dogma di maria
Fossano (Cuneo) – Mons. Lorenzo Berardo
mediatrice universale delle
(1884-1988), parroco di Santa Maria del Salice
grazie».
• Questo desiderio era già nel suo cuore quando nel 1912 scriveva
la storia della “madonnina” di Cherasco; il libro ha appunto il
titolo La beata Vergine delle Grazie.
• nel quinto punto della coroncina alla Regina degli Apostoli, don
Alberione ci porta a contemplare maria che in cielo è stata proclamata “dispensiera di tutte le grazie”.
• Per questa ragione ha lasciato ai suoi figli e figlie un desiderio e
un compito. Scriveva sul “San Paolo” (dicembre 1953): «Dopo il
grande impulso al culto di maria SS., dato da sant’Alfonso
maria de’ liguori, il mondo cattolico si è abituato a desiderare
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ed ha emesso fervidi voti perché il Papa procedesse a definire
solennemente tre privilegi riguardo alla nostra cara madre celeste… l’Immacolato Concepimento, l’Assunzione corporea al
cielo e la Mediazione universale della grazia. Già le prime due
verità sono state segnate con il sigillo dell’infallibilità pontificia.
i paolini portano nel cuore un vivo desiderio: che venga anche
aggiunto il terzo nell’ora da Dio segnata; ad onore della SS.
trinità, a vantaggio delle anime e della Chiesa, ad esaltazione
della SS. Vergine» (CiSP 589).
Fossano (Cuneo) – Chiesa di Santa Maria del Salice, dedicata a Maria mediatrice di tutte le grazie
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Madonna dei Fiori a Bra
“santuario della consacrazione”
la sera del 29 dicembre 1336 una giovane sposa
della cittadina bra (Cuneo), egidia mathis,
prossima a diventare madre, ritornava a casa
quando ebbe un brutto incontro. Due soldati di
ventura si erano appostati presso uno dei piloni
della madonna, che ancora costellano le campagne del braidese. egidia avvertì
il pericolo, si slanciò verso il pilone invocando a gran voce l’aiuto della madonna
e cadde in ginocchio.
All’improvviso dalla nicchia si sprigionò una luce vividissima che abbagliò i
ribaldi, i quali presi dallo spavento fuggirono, mentre egidia vide apparire sorridente la Vergine. lo spavento e l’emozione agirono sulla giovane madre in
attesa, per cui si compì il lieto evento: il bambino vagiva accanto a lei, mentre
tutt’intorno al pilone i numerosi cespugli di pruni selvatici che lo circondavano
erano improvvisamente fioriti.
egidia raccolse il suo bambino in uno scialle e corse alla città per dare la notizia del prodigio… tutti accorsero verso il luogo del miracolo… e tutti poterono
costatare come il pruneto con i suoi rami ischeletriti e senza foglie…, appariva
un cespuglio vivificato dal soffio della primavera, nonostante il freddo inverno e
la neve abbondante.
in quel luogo fu costruita dapprima una “piccola cappella”, ma i devoti vi convenivano sempre più numerosi; solo all’inizio dell’anno 1628, quasi tre secoli
dopo, si decise di costruire un santuario ad opera del romita fra Gallino Craveri.
il più grande venne inaugurato il 3 settembre 1978 (v. foto, pag. 16).
maria aveva finalmente una sua degna dimora, anche se la pietà popolare sembra ancor oggi preferire il piccolo e vecchio santuario.
la madonna, apparsa ad una donna incinta il 29 dicembre 1336,
è la protettrice delle donne partorienti. le mamme braidesi, per
consuetudine, consacrano il frutto del loro seno a maria; ancor oggi
si possono contemplare festoni azzurri e rosa ai lati dell’altare a lei
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dedicato. Anche mamma teresa consacrò i suoi figli alla madonna dei
Fiori. il beato Alberione scriveva nel
1956: «la madre ci aveva tutti consacrati a maria, Regina dei Fiori, man
mano che siamo nati». Questa consacrazione segnò profondamente la vita
del piccolo Giacomo.
il suo primo impegno mariano
riguarda proprio questo Santuario.
ne parla nel libro “mihi vivere
Christus est”. era una promessa da
ragazzi, ma la mamma esigeva già la
fedeltà nel mantenere: «Avevo nove
anni e, tornando da scuola, ho detto
lieto alla mamma: “Vedi, mamma, Bra (Cuneo) – Santuario Madonna dei
Fiori: quadro che rappresenta l’intervento
sono stato promosso!”. ma non osavo
di Maria in difesa di Egidia Mathis
dire anche ciò che avevo promesso;
ed avevo promesso di accendere una candela alla madonna dei
Fiori. la mamma ha indovinato e quasi mi ha sgridato: “Adagio a
promettere! ma essere poi generosi ad adempiere; va’ e non accendere una candela piccola”; e mi ha dato una moneta più grande»
(mV 114).
il severo monito a essere fedeli alle promesse fatte e nel contempo ad essere generosi (“non una candela piccola”) era rimasto
impresso nel cuore del piccolo Giacomo. e ne ha fatto costante
richiamo per i suoi parenti che invitava sempre e con insistenza a
una visita al Santuario e a una preghiera fervorosa a maria; e a non
lasciare quel luogo senza accendere a maria una candela non piccola ma grossa.
l’ultimo fratello, tômalin, morto a 96 anni, raccontava che ogni
anno pellegrinava alla madonna dei Fiori. Doveva ringraziarla per la
grazia della vita: nella ritirata di Russia una granata aveva ferito gravemente due suoi commilitoni, lasciando lui perfettamente illeso. in
quel momento aveva invocato la madonna dei Fiori. era il 6 giugno
1917. Quel giorno, ogni anno, si vestiva a festa; giunto al Santuario, si
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confessava, si comunicava, pregava la madonna e poi accendeva una
candela non piccola ma grossa. Fu fedele a questo impegno per 50
anni.
il 1900 è l’anno del sofferto sbandamento del giovane Giacomo;
era entrato l’anno 1896 nel Seminario di bra; vi fu dimesso il 7 aprile 1900. l’orgoglio del giovane rimase profondamente ferito. la
mamma, preoccupata, pellegrinò a piedi al Santuario della madonna
dei Fiori per raccomandarle la vocazione di suo figlio.
Don Alberione stesso riconobbe che la sua vocazione fu salva
proprio grazie ad un intervento della Vergine. lo afferma nel Diario
giovanile, Sono creato per amare Dio, che risale all’anno 1903: «la
grazia di Dio e maria mi salvò» (SC 93). All’inizio del diario scrive:
«maria ha sempre tenuto sospeso il fulmine di Dio, mater misericordiæ, per i tuoi peccati e con tante grazie ti costrinse ad andare a
Gesù, e poi questo a perdonarti» (SC 25).
Ancora nel “Diario” racconta di un giovane che «era solito avere
molta fiducia in maria SS.», che aveva «una figlial confidenza»
nella sua protezione; che era solito visitare ogni giorno e da cui fu sempre
esaudito. il giovane è chiaramente da
identificarsi in Giacomo Alberione; il
Fondatore usa il fatto personale come
racconto edificante per mettere in luce
quanto sia feconda la devozione a
maria. lo zio di cui parla è lo zio
Giacomo, morto nel 1914, ormai ottantenne, nel tentativo di fermare un
cavallo imbizzarrito. Questo zio non
andò mai molto d’accordo con i genitori del nostro Fondatore; eppure alla
fine lasciò tutti i suoi averi ai figli di
michele; aiutato da lui, il giovane seminarista Alberione riuscì a pagare la
retta nel Seminario di Alba. Così conclude il racconto: «Questa è una grazia Bra (Cuneo) – Santuario Madonna
segnalatissima della Vergine SS. e semdei Fiori: la statua della Vergine
immersa nel pruneto fiorito
pre ne la ringrazia» (SC 129).
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Gli ex voto, nel corridoio a sinistra
del piccolo Santuario, sono numerosi e
di notevole valore artistico; oltre a
testimoniare la fede dei braidesi e non
nell’intercessione di maria, manifestano come la mediazione universale di
maria abbia nel cuore del beato
Alberione radici ben profonde. tra i
tanti, vi è anche un ex voto della famiglia Alberione (vedi foto accanto). Vi si
rappresenta il papà che, entrando in
cascina con il carro trainato dal bue,
non si accorge del figlioletto Giovanni
che gli corre incontro, e lo travolge
sotto le ruoti del carro. la mamma, con Bra (Cuneo) – Madonna dei Fiori:
le braccia alzate verso il cielo, invoca la ex voto della famiglia Alberione
madonna dei Fiori. il quadro, di fattura
artigianale, porta la scritta: “G.R. 1898 – Alberione Giovanni”. non
è di certo il fratello del nostro Fondatore che a quel tempo aveva già
19 anni. Agli storici l’ardua sentenza di stabilire…
Don Alberione continuò a pellegrinare al santuario della madonna dei Fiori; e con i primi ragazzi, il 22 maggio 1916, dalla casa
di via mazzini in Alba, volle fare una visita alla Vergine dei Fiori; e
dopo aver pregato ai suoi piedi per ringraziarla della sua protezione e per l’opera iniziata, fece tappa da un fotografo e assieme ai suoi
giovani si fece fare il “ritratto”. È la prima foto storica di famiglia.
Bra (Cuneo)
Tra il pilone
dell’apparizione
il vecchio e
il nuovo Santuario
Madonna dei Fiori
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Madonna delle Grazie a Cherasco
“santuario delle lacrime”
i documenti storici dicono che già verso il 1240
esisteva nel luogo, dove ora sorge il piccolo
Santuario, un pilone dedicato a maria Vergine
delle Grazie.
Sul muro del vano vi era un’immagine rappresentante a destra maria SS. col bambino Gesù
fra le braccia e a sinistra san Giovanni battista
in atto di venerarli entrambi. Verso il 1620, per
sottrarre l’immagine alle profanazioni dei soldati di ventura, la pittura
venne ricoperta alzandovi innanzi un sottile muro. Sul muro che la
nascondeva si dipinse l’effigie di colui che dava il nome al pilone: San
Giovanni battista prope muros.
Con il passare del tempo si perse la memoria del dipinto. la riscoperta della vecchia immagine della madonna delle Grazie avvenne l’anno
1760 durante la visita pastorale del vescovo di Asti, mons.
Sammartino. il fatto richiamò molta gente, che accorse per ammirare
e venerare la miracolosa immagine (v. foto, pag. 18).
nel 1762 iniziò la costruzione dell’attuale piccolo Santuario, di stile
neoclassico, di forma ottagonale, ricoperto di una cupola “svelta e lanciata”, sulla cui sommità si apre un cupolino molto grazioso.
È chiamato dai cheraschesi “la madonnina” per distinguerlo dal
Santuario “maria Salus populi”, detto “la madonna”. nei ricordi
dell’infanzia, tômalin, l’ultimo fratello di don Alberione, ne fa un
cenno: «io sono andato tante volte a messa con Giacomino, anche
nei giorni feriali e sempre nei giorni festivi; andavamo a San
martino e qualche volta alla madonnina».
la storia del Santuario è la prima fatica come scrittore del nostro
Fondatore. Con questo libro iniziò l’apostolato delle edizioni. Fu
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stampato nel 1912, due anni prima dell’inizio delle fondazioni. Porta
il titolo: La B. Vergine delle Grazie in Cherasco (La Madonnina).
Memorie – Ossequi. nella dedica del suo libro, don Alberione scrive
che la storia del Santuario è stata da lui raccontata «per riconoscenza e per ottenere una buona morte». Riconoscenza per che cosa? Val
la pena ripercorrere il volume, trascrivendo due paginette, per comprendere le ragioni di questa riconoscenza.
È ammirevole e commovente l’enfasi con
la quale l’autore descrive l’incontro dei
primi pellegrini con l’immagine di
maria Vergine, rinvenuta dopo secoli di dimenticanza:
«Erano le primizie di quei tanti
devoti, che da un secolo e mezzo
accorrono ogni giorno al nostro
santuarietto; erano i fortunati che
venivano a ricevere le prime grazie che di là Maria SS. avrebbe
dispensato. Il giorno dopo tutta la
città conosceva lo scoprimento…
Quanti potevano s’affrettavano a venire alla chiesa: tutti ammiravano, pregavano, accendevano candele… Questo è quanto
risulta all’esterno; ma chi potrà dire i sentimenti interni di quei
tanti devoti? E le corrispondenze affettuose e intime di Maria SS.?
A me sembra che abbia dovuto ripetersi la scena di una madre che
si ritrova, dopo una lunga assenza, in mezzo ai suoi figli. La
madre è tutta tenerezza, commossa sino alle lacrime: i figli esultano della gioia più cordiale. A me sembra che abbia dovuto ripetersi la scena di una grande regina, quando ritorna a visitare e beneficare il suo popolo. I sudditi più bisognosi fanno a gara per farle
conoscere le proprie miserie e supplicarla di qualche soccorso; la
regina ascolta e distribuisce i suoi doni con magnificenza davvero
regale.
Non è, difatti, Maria SS. Madre e Regina? Ella è anzi la più
tenera delle madri; ella è la più potente delle regine; ma una
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Regina che non sa castigare, sa solo aver pietà e beneficare. Dio ti
salvi, o Regina, Madre di misericordia: vita, dolcezza, speranza
nostra» (o.c., pp. 41-43).
nell’ultima pagina di questa storia don Alberione esprime quello
che sentiva ogni volta che varcava la soglia di questa piccola chiesa:
«In questo Santuario si è quasi costretti a pregare… Quanti in
esso hanno pianto e pregato, quanti furono consolati, quanti sono
venuti a implorare e a ringraziare! A chi conosce un po’ da vicino
il Santuario è ben nota la verità di queste parole» (o.c., p. 63).
Parole autobiografiche! in poche righe don Alberione descrive
l’itinerario sofferto della sua vita di adolescente, di giovane, anche
quella dolorosa del fallimento. lo possiamo definire “il Santuario
delle lacrime”. Giustamente aveva scritto nel Diario giovanile: «la
grazia di Dio e maria mi salvò» (SC 93).
La copertina del primo libro scritto
da don Alberione,
in cui narra la storia
del Santuario
“La Madonnina”
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Madonna della Moretta ad alba
“santuario dell’apostolato”
la madonna, venerata in questo luogo, è
una riproduzione dell’icona che si trova nel
santuario di moretta – un paesino della provincia di Cuneo – a cui viene attribuito il
seguente miracolo. nel 1684 una donna di
nome maria era andata a chiamare il veterinario Antonio Ghiglione, perché venisse a visitare le sue mucche, colpite da una malattia infettiva. Sconsolata per non averlo trovato, la
donna sulla via del ritorno si fermò davanti al pilone della madonna
pregandola con fede e devozione. Giunta a casa trovò tutte le bestie
guarite. la notizia si diffuse rapidamente e l’immagine, che rappresentava il miracolo (v. foto, pag. 22) divenne oggetto di grande devozione.
nel 1685 un signore di Alba, Giovanni Antonio marengo, dopo una
visita al Santuario di moretta, decise di erigere nei suoi poderi un pilone, riproducendovi l’icona del miracolo. il modesto pilone divenne
oggetto di grande devozione e meta di pellegrinaggi; avvennero anche
miracoli, per cui alcuni anni dopo si sentì la necessità di erigervi una
cappella.
nell’anno 1900 gli oblati di San Giuseppe di Asti acquistarono la
cappella e fecero costruire l’attuale Santuario, che fu inaugurato e
benedetto da mons. Giuseppe Francesco Re il 30 agosto 1908.
il Santuario è stato un luogo mariano molto caro a don
Alberione. È tenuto dai Padri oblati di San Giuseppe marello di
Asti. Chierico nel Seminario di Alba (Cuneo), in cui vi era entrato
nell’ottobre del 1900, ne ha seguito con passione la costruzione.
Sacerdote e Fondatore, egli andò spesso a chiedere a maria luce,
forza, aiuto nei momenti difficili o a dirle “grazie” per la sua potente intercessione.
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ma l’importanza di questo luogo mariano è data da quello che
avvenne il 12 settembre 1913. ne fa cenno nella storia carismatica:
«il Vescovo, quando si trattò di cominciare, fece suonare l’ora di
Dio incaricandolo di dedicarsi alla stampa diocesana, la quale aprì
la via all’apostolato» (AD 30). il fatto sembra possa essere così ricostruito.
era l’ultimo giorno di un triduo che il Signor teologo (come allora veniva chiamato don Alberione) era stato invitato a tenere nel
Santuario della moretta. mons. Giuseppe Re, presente l’ultimo
giorno del triduo, rimase profondamente colpito dal fervore di quel
suo giovane prete nel trattare il tema “Maria ha come principale
apostolato quello di dare Gesù al mondo”. in embrione era già delineata la devozione mariana che il beato Alberione ci consegnerà:
maria è una madre che non stringe tra le braccia Gesù (funzione
protettiva), ma lo offre a tutti (funzione oblativa).
ma diamo la parola a don Alberione stesso. nell’omelia, tenuta
in occasione del suo 50° anniversario di sacerdozio (1907-1957) nel
Santuario “Regina degli Apostoli” in Roma, ricorda questo luogo e
questo momento:
«Ogni giorno sulle orme dell’apostolo. L’autorità della Gerarchia un giorno ci ha messi sopra una strada ed apostolato diversi
da quello fino allora ordinariamente seguito. Questo avvenne una
sera quando il Vescovo di Alba intervenne alla predica sul nome di
Maria, in cui io invitavo i fedeli a stabilire il regno materno di
Maria che porta Gesù Cristo al mondo, come suo apostolato.
Subito dopo mi chiamò per dirmi: “ora al tuo ordinario ministero
sacerdotale ne assegno ed aggiungo un altro, di molto impegno”.
Me ne indicò la via: la stampa in diocesi… Di lì tutto lo svolgimento» (CiSP 179).
il luogo è la sacrestia del Santuario.
Da allora assunse la direzione del settimanale diocesano
Gazzetta d’Alba, fondato nel 1882 da mons. lorenzo Pampurio. era
il segno tanto atteso che faceva scoccare “l’ora di Dio”. meno di un
anno dopo, il 20 agosto 1914, don Alberione iniziava la prima fondazione della Famiglia Paolina, la Società San Paolo.
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notiamo l’importanza dell’affermazione “di lì tutto lo svolgimento”:
• ha sì il significato “dal momento che ho assunto l’impegno di
seguire la stampa in diocesi”;
• ma è soprattutto chiaro il significato locale e temporale: da
quel luogo e in quel giorno; da un luogo che era un santuario
mariano e in un giorno in cui si festeggiava il nome di maria,
dopo un’appassionata meditazione sull’importanza della sua
presenza nella storia, che ha come apostolato fondamentale
quello di dare Gesù al mondo.
Da questa esperienza sono maturate alcune affermazioni categoriche che ci ha consegnato in seguito: «Perché l’apostolato sia fruttuoso, è moralmente necessario che sia accompagnato dalla devozione a maria. infelice chi, andando avanti negli anni, perde o almeno lascia affievolire in sé questa devozione» (Hm ii, 69). «non si
può portare a termine nessun apostolato senza maria. mettete
maria a Regina dell’apostolato, se volete che questo fiorisca. Deve
venire Gesù, ma precede maria… mettete il vostro apostolato sotto
la protezione di maria» (Pr RA, 152).
Alba (Cuneo)
Santuario della Moretta:
quadro che riproduce il miracolo.
La Madonna tiene sulla mano una pera,
segno della fecondità della terra
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Madonna di Langa a Benevello
“santuario della guarigione”
Del tempo di don Alberione a benevello
(Cuneo) resta solo la chiesetta “madonna di
langa” antichissima. non se ne conosce bene
la storia. È dedicata alla “Vergine dell’Annunciazione”.
Venne ripulita e restaurata per ricordare il
cinquantesimo di sacerdozio di don luigi
brovia, parroco del paese. Svetta su una collinetta poco distante dal paese ed è ancora oggi luogo di preghiera e
mèta di pellegrinaggio per i contadini della langa.
All’interno sulla parete di destra del presbiterio si nota una lapide a
ricordo delle preghiere rivolte alla madonna dai bambini del paese per
il ritorno dei loro papà dalla prima guerra mondiale.
benevello è il luogo delle degenza del beato Alberione. Sappiamo
che nel giugno 1923, a pochi anni dalla fondazione, si ammalò gravemente. Aveva 39 anni. Don Alberione stesso accenna a questa
malattia: «Si aggiunga la poca salute. “non lo salverete. la tbc lo sta
prendendo”, dicevano al vescovo» (AD 112). i medici gli avevano
dato dai 18 ai 24 mesi di vita.
Don Alberione prese tale verdetto molto sul serio; e, dietro consiglio del vescovo mons. Francesco Giuseppe Re, pensò che il luogo
ideale per la sua degenza fosse la canonica di benevello. Don
brovia, felice di ospitarlo per tutto il tempo necessario, chiese unicamente che per assisterlo ci fosse una persona più giovane e più
robusta della sua vecchia perpetua.
Don Alberione restò a benevello fino ai primi di settembre dello
stesso anno e guarì perfettamente smentendo le previsioni dei
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medici. «A San Paolo va attribuita la guarigione del Primo
maestro» (AD 64), affermerà con chiarezza. Successivamente raccontò d’aver avuto un sogno; gli apparve il Divin maestro che lo rassicurò circa l’istituto incominciato da pochi anni. È il sogno che tutti
conosciamo, in cui riceve le tre frasi, trascritte in tutte le cappelle e
le chiese della Famiglia Paolina; per volere del maestro divino un
vero e proprio programma di vita: «Non temete. Io sono con voi –
Di qui voglio illuminare – Abbiate il dolore dei peccati».
Gli anziani del paese hanno tramandato la memoria delle frequenti, quasi quotidiane, visite che il chierico Alberione compiva
alla chiesetta, in devoto pellegrinaggio, recitando il rosario lungo il
sentiero che congiungeva il paese alla cappella. Anche da sacerdote
egli mantenne la buona abitudine della visita in preghiera, quando
gli era possibile; durante la degenza, quando le forze glielo permettevano, vi si recava recitando il santo Rosario.
nell’estate del 1923 don brovia, attraverso il bollettino parrocchiale, invitava i devoti di benevello a supplicare la madonna di
langa a voler ridonare la salute a don Alberione; mentre nel bollettino del gennaio 1924 comunicava a tutti con gioia il pieno recupero delle forze da parte del signor teologo, grazie alle preghiere
rivolte alla madonna di langa.
Benevello (Cuneo) – La strada che il beato Alberione percorreva per giungere
alla Chiesetta dell’Annunciazione
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santuario della regina degli apostoli
Cuore mariano della Famiglia Paolina
una vita così segnata dalla presenza di maria, non poteva non
concepire qualcosa di grande che la onorasse. ecco il maestoso
Santuario romano, dedicato alla Regina degli Apostoli. È vero, è
frutto della fedeltà ad un voto fatto all’inizio della disastrosa seconda guerra mondiale; ha però alla radice questa straordinaria riconoscenza.
il Santuario romano è il cuore mariano della Famiglia
Paolina; è l’espressione più alta della devozione mariana che il
beato Giacomo Alberione ha desiderato inculcare in ciascuno di
noi, suoi figli.
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lo possiamo qualificare in quattro obiettivi che il beato si è proposto direttamente o indirettamente.
1) saNtuariO dELLa riCONOsCENza. – Come abbiamo visto fino
ad ora, nei momenti più significativi della sua vita, vi è sempre un
Santuario: all’inizio della sua esistenza; nel momento cruciale del
fallimento a 16 anni, la mamma lo aveva nuovamente consacrato
alla madonna dei Fiori di bra. Dirà: «la grazia di Dio e maria mi
salvò», e si riferisce a quel Santuario. Anche nel vivere la sofferenza del fallimento vi è un Santuario, dove andò sovente a pregare e a
piangere; così vi è un Santuario che segna la guarigione dalla tbc
che, al parere dei medici, gli assicurava solo diciotto mesi di vita; e
vi è un Santuario che apre la sua vita all’apostolato specifico della
comunicazione sociale.
una presenza mariana così puntuale non poteva non suscitare
quegli impulsi di riconoscenza che non si accontentano di dire “grazie”. il Santuario alla Regina degli Apostoli è il frutto visibile di questa riconoscenza.
2) saNtuariO dELLa FEdELtà ad uN VOtO. – il voto è stato
fatto dal beato Alberione all’inizio della disastrosa seconda guerra
mondiale che fece nel complesso 55 milioni di morti. Al termine del
conflitto ne iniziò subito la costruzione, criticato da molti che giudicavano il tempo inopportuno per una spesa di quella mole. egli
rispose: «Maria ha mantenuto la promessa, noi dobbiamo mantenere la nostra».
nel febbraio 1950 scriveva sul “San Paolo” (si stava terminando
il Santuario, che sarà dedicato il 1954):
«Prima della guerra ci siamo impegnati così: Se tutte le
persone saranno salve, costruiremo un tempio alla Regina
degli Apostoli. Il voto ci impegnava tutti. Abbiamo ottenuta la
grazia, ora dobbiamo tutti cooperare. La promessa dura
ancora, come perdura tuttora la protezione sui nostri in
pericolo. Si deve soprattutto pregare… le chiese non si fanno
tanto di mattoni quanto con dei rosari. E il nuovo tempio sarà
centro di irradiazione di grazie innumerevoli» (CiSP 462).
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Ricorda ancora il voto il giorno 8 dicembre 1954, nel giorno conclusivo della dedicazione del Santuario:
«Con l’odierna dedicazione del Santuario… compiamo due
atti: 1) chiudiamo un periodo di ansie per i pericoli incontrati durante l’ultima, lunga, tremenda guerra dalla Famiglia
Paolina; 2) apriamo un altro periodo che si illumina di luce
nostalgica e materna di Maria… Sono circa 15 anni, dacché si
era scatenata la seconda guerra mondiale: essa causò tantissime vittime… già allora la Famiglia Paolina era sparsa in
diverse nazioni e composta di molti membri e tanti di essi
giorno e notte stavano trepidanti nel timore di una morte
tragica. Le pene e i timori di ognuno si assommavano nel
cuore del Primo Maestro. Questi, preso consiglio, fiducioso
per molte esperienze nella bontà di Maria nel maggior
pericolo… prese l’impegno: “O Maria, Madre e Regina
degli Apostoli, se salverai tutte le vite dei nostri e
delle nostre, qui costruiremo la chiesa nel tuo
nome”…».
Per farci comprendere come fu veramente materna la protezione
di maria, porta alcuni casi concreti di un suo intervento. Dice sempre in quell’occasione: il 28 dicembre 1943
Splendida inquadratura della cripta del Santuario
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«verso le ore 14, le sirene diedero l’allarme; uno stormo di
aerei da bombardamento avanzandosi da Ostia verso Roma
si avvicinava a queste case paoline. Tutti, allora, si diressero
verso la grotta-rifugio! Questo era l’ordine; e tutti i giovani e
professi vi accorrevano.
Il Primo Maestro volle rendersi conto anche delle Figlie di
San Paolo; e si avviò verso la loro casa passando per il sentiero di allora. A circa metà strada una bomba cadde a pochi
metri; qualche scheggia sfiorò il capo.
La maggior pena fu per qualche Figlia che indisposta arrivava al rifugio per ultima ed a stento sorretta dalle sorelle; e
per qualche altra che dovette rimanere per il male a letto pur
confortata da una suora di molta carità.
Passato il pericolo fu preso l’impegno ed anche stabilito il
posto e il modo con cui sarebbe costruito: locali sotto-chiesa,
e la chiesa che dominasse le case; e Maria rimanesse al centro in mezzo ai suoi figli e figlie… Tu, Maria, ci hai salvati;
con una protezione che ha del prodigioso: dal
Giappone alla Francia».
Don Giacomo Alberione ritenne di dover precisare il luogo stesso del voto:
«Il luogo della promessa è presso a poco il centro della chiesa costruita; ed è compreso nel circolo segnato nel pavimento e circoscritto dalle parole lapidarie: “…Al termine
dell’Anno mariano, usciti incolumi dalla tremenda guerra, i
Figli offrono alla Madre in adempimento del loro voto, il
giorno 8 dicembre 1954» (CiSP 595-597).
3) saNtuariO dELLE VOCaziONi. – Ai piedi del portone di
ingresso sono incise nella pietra le parole: «Accoglici, o Madre,
Maestra e nostra Regina; prega il Figlio tuo perché
mandi operai alla sua messe».
Varie sono le motivazioni per cui don Alberione volle il
Santuario, ma questa è la prioritaria. uno scritto autografo, molto
probabilmente risalente al 1958, contenuto in un taccuino persona28
le, riporta: «Santuario. – la divozione alla Regina Ap. – Centro
vocazioni. – Centro cooperatori. – Centro famiglie cristiane».
nel 1946, quando il Santuario era appena all’inizio della sua
costruzione, don Alberione scriveva: «Sarà la chiesa delle vocazioni
scelte, formate e vissute secondo il cuore di Gesù Cristo. Qui specialmente si adempirà il precetto-invito del maestro Divino:
“Pregare il padrone della messe che mandi buoni operai per la mietitura”. Diremo molte volte: “Accoglici, o madre e Regina nostra,
prega il tuo Figlio, padrone della messe, perché mandi buoni operai
alla sua messe”» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, genn.febbr. 1946).
4) saNtuariO MariaNO a LiVELLO di CHiEsa uNiVErsaLE. – il
tema narrativo – descritto nelle tre chiese (sottocripta, cripta e
chiesa superiore) – è il seguente: “Via humanitatis, per Mariam in
Christo et in Ecclesia” (la via dell’umanità per mezzo di maria in
Cristo e nella Chiesa).
la mariologia alberioniana prende il via dalla sottocripta. la
trinità SS.ma troneggia dietro l’altare: progetta la creazione per
Tre dei 24 mosaici della “Via humanitatis”, che doveva percorrere tutta la sottocripta
La creazione
L’incoronazione
di Maria Ss.ma
Mosaico della SS.ma Trinità
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dare inizio al “cammino dell’umanità” attraverso 24 pannelli in
mosaico, di cui solo quattro realizzati (i primi due della serie a
destra e gli ultimi due a sinistra); presentano la storia della salvezza: Creazione – Redenzione – Vita della Chiesa – eternità beata. Gli
altri attendono tempi migliori.
nella cripta la narrazione prosegue, presentando nei due paliotti dell’altare la vocazione e la missione della madonna: in uno, preannunziata nel Protovangelo (Gn 3,15) e nell’altro, annunziata nella
“donna dell’Apocalisse” (Ap 12,1ss); ai lati della mensa sono rappresentati i profeti che hanno descritto qualche aspetto della nascita
del Redentore; nella calotta le donne più significative dell’Antico
testamento, che diventano figure di maria:
La calotta della cripta che esalta “le donne della Bibbia”
• Ester (est 2-10), regina di Persia, favorita del re Assuero, con la
sua intercessione ottiene la salvezza degli ebrei dalla distruzione decretata dal perfido Aman, consigliere del re;
• Giuditta (Gdt 8-16) interviene contro oloferne e ne recide la
testa;
• Sara (Gn 17-23), moglie di Abramo, di cui Dio vince la sterilità,
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antenata del popolo eletto, diventa per la sua fede la madre del
nuovo popolo di Dio;
• Abigail (1Sam 25) salva la sua famiglia dall’ira di Davide, offeso da suo marito, nabal; rimasta vedova, sposa Davide.
nella chiesa superiore, “basilica-santuario” che funge anche
da chiesa parrocchiale, la narrazione raggiunge il suo culmine. Qui
è descritta, con mosaici, marmi e affreschi, la vita della madonna,
madre dell’intera umanità, associata intimamente all’opera redentrice del Figlio.
una serie di otto
quadri-affreschi,
opera di A. G. Santagata, rappresenta i
momenti principali
della vita di Gesù e di
maria Santissima e
occupa la superficie
della cupola inferiore. Questi quadri convergono nella gi-gantesca figura della
“mater humanitatis”,
che con il suo manto
Raffigurazione di Maria “Madre dell’umanità”
protegge il Papa (Pio
Xii) e l’intera umanità, attorniata da schiere di angeli. nella cupola superiore è raffigurato al centro il simbolo dello Spirito Santo, la colomba, circondato
La Sacra Famiglia di Nazaret
L’istituzione dell’Eucaristia, presente Maria
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Il magistero di Gesù, assistito dalla Madre
da tre vasti cerchi concentrici di angeli, che dirigono il loro volo
verso la Vergine.
nei pennacchi dei quattro pilastri su cui poggia la cupola, sono
ricordati i dogmi mariani: Madre di Dio (Concilio di efeso, 431),
Sempre Vergine (Papa martino i, 649), Immacolata Concezione
(Pio iX, 8 - 12 - 1854); Assunzione al cielo (Pio Xii, 1° - 11 - 1950).
Splendido mosaico della Regina degli Apostoli,
che si trova nella basilica (metri 6,10x13,5)
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il mosaico sopra l’altare
maggiore, opera di enrico
Gaudenzi e Sergio Selva,
rappresenta maria nell’atto
di donare Gesù al mondo. È
l’apice della devozione
mariana del beato Giacomo
Alberione, che insisteva non
tanto sulla funzione protettiva della maternità di
maria, ma sulla funzione
oblativa: dare Gesù al
mondo. Ai suoi piedi vi è il
gruppo costituito dagli
Apostoli, dagli evangelisti e
dall’apostolo Paolo; il loro
apostolato, alla scuola di
maria apostola, è appunto
quello di dare Gesù a tutti.
nel paliotto dell’altare maggiore, con un intuito tutto
particolare, don Alberione
volle fosse raffigurata maria
all’ultima Cena, in cui Gesù
istituisce l’eucaristia.
mentre da una parte
l’apostolo Giuda esce «nella
notte» per compiere il tradimento, dall’altra maria
entra nella sala della cena.
Possiamo avere un’idea della ricchezza della teologia mariana del
nostro Fondatore.
5) La FEdELtà di Maria. – Don Alberione afferma chiaramente che maria continuerà ad essere fedele al voto. nel febbraio 1950
scriveva sul “San Paolo”: «Prima della guerra ci siamo impegnati
così: Se tutte le persone saranno salve, costruiremo un tempio alla
Regina degli Apostoli. il voto ci impegnava tutti. Abbiamo ottenuta
la grazia, ora dobbiamo tutti cooperare. la promessa dura ancora,
come perdura tuttora la protezione sui nostri in pericolo.
Si deve soprattutto pregare…» (CiSP 462).
il beato Alberione nel 1947 fece costruire l’ospedale “Regina
Apostolorum” ad Albano per curare le consorelle malate di tbc. A
quel tempo il terreno che lo circondava era una distesa di piante di
olivi, che fruttavano un buon olio per le varie comunità paoline. ora
si gode il verde stupendo di un parco curato nei minimi dettagli.
È appunto nel passaggio da uliveto a parco che si sperimentò la
protezione di maria. Con l’ampliamento dei padiglioni, gli ulivi
divennero un grave fastidio per la polvere e il disordine che procuravano. la superiora interpellò la comunità per la sostituzione; ma
l’attaccamento affettivo che si crea indusse la comunità a bocciare
la proposta.
la superiora soprassedette; ma l’anno dopo, senza più interpellare la comunità, dette ordine di tagliare tutte le piante. in un ulivo,
vicinissimo ad un padiglione, la sega del taglialegna vibrò vicinissima ad un percussore di un ordigno bellico che – non si sa come – si
era infilato nel tronco senza esplodere. lo spavento non fu poco. Si
chiamò l’artificiere per disinnescare la bomba. Con stupore comunicò che il percussore era talmente consumato che sarebbe bastata
una giornata di caldo più intenso per farla esplodere.
33
Nessuna più grande ricchezza si può dare
a questo mondo povero ed orgoglioso
che Gesù Cristo.
Maria diede al mondo la grazia in Gesù Cristo;
continua ad offrirlo nei secoli.
Mediatrice universale della grazia,
ed in questo ufficio è madre nostra.
Il mondo ha bisogno di Gesù Cristo Via Verità e Vita.
[Maria] lo dà per mezzo degli apostoli e degli apostolati.
Ella li suscita, li forma, li assiste,
li incorona di frutti e di gloria in cielo
(AD 182)
34
iL MEssaGGiO MariaNO
dEL BEatO GiaCOMO aLBEriONE
Per capire l’importanza della presenza di Maria
nella vita della “Famiglia Paolina”,
occorre risalire sì agli scritti di don Alberione,
ma anche alla sua vita,
e soprattutto al periodo dell’infanzia.
Difatti, il grande amore per Maria,
vissuto da tutti i santi e da tutti i grandi fondatori,
ha sempre la sua radice nell’amore tenero e forte
che hanno saputo inculcare in loro i genitori
fin dalla più tenera età.
È qualcosa che è cresciuto con il latte materno.
Così scriveva nel 1956:
«La madre ci aveva tutti consacrati a Maria,
Regina dei Fiori, man mano che siamo nati;
quindi fin dalle ginocchia della madre avevamo imparato
ad amare profondamente la Madonna».
Ma l’amore a Maria va continuamente risvegliato
per non perdere l’aggancio con l’amore
succhiato come il latte.
Difatti così diceva alle Figlie di San Paolo:
«Era facile pregare la Madonna quando eravamo piccoli.
La mamma ci prendeva le manine,
le congiungeva assieme e poi diceva: “Ave Maria”;
e noi, magari un po’ distratti,
per far piacere alla mamma, pronunciavamo le parole.
Quante volte la mamma ci avrà portato in chiesa
davanti alla Madonna e ci avrà consacrati a Maria!
Dunque, pregare Maria lo facevamo già da piccoli,
a quattro o cinque anni» (Pr RA 117).
La conclusione è ovvia:
a maggior ragione lo dobbiamo fare ora.
35
36
Maria Madre, Maestra e regina
Dal florilegio mariano che ammonta a più di 1500 pagine scritte
a gloria di maria, insieme a stupende preghiere e infiniti rosari, di
cui ha riempito le sue giornate e soprattutto le lunghe notti insonni, cerchiamo di ricavare le verità fondamentali che danno corposità alla nostra devozione.
nell’intuire la forte necessità di un “ritorno al Vangelo” per risanare la famiglie e la società, ebbe netta la percezione dell’importanza di maria: «Chi arriverà all’immedesimazione in Cristo? la via
per arrivare a questa unione è maria. Chi è più devoto di maria, si
unirà più intimamente a Gesù Cristo» (Hm Viii, 131). È vero,
maria esiste per Gesù; non
si può parlare di maria se
non in rapporto a Cristo.
Appunto per questo,
maria ha il suo posto
autentico nella vita cristiana se diviene la via a Gesù
Cristo: per Mariam ad
Jesum. Da questa verità
fondamentale, trasmessa
da tutti i grandi devoti di
maria, don Alberione fa
scaturire le intuizioni sul
ruolo di maria nella nostra
vita di consacrati e di apostoli.
«Gesù è il vertice del
cristianesimo, maria è la
scala. Dove entra la devozione a maria si ottiene
come frutto la devozione a Castelgandolfo (Roma) - Chiesa Suore Apostoline:
Gesù Cristo» (Gm 35).
Maria Regina degli Apostoli di D. Moroder
37
«l’apostolo sappia a tempo e luogo levare il lembo che cela al
nostro sguardo la vita intima della Vergine santa; e faccia risaltare
come essa sia semplice, ordinata, invidiabile agli stessi angeli. Vita
che si riassume in quello che dovrebbe essere l’ideale di ogni cristiano: tutto per Gesù, tutto con Gesù, tutto in Gesù» (Ae 204). «la
madonna ci porti sempre più vicini a Gesù; come ha dato Gesù ai
pastori, ai magi, al tempio. Questo è il suo altissimo ufficio: dare
Gesù in terra ed in cielo. “mostraci, dopo questo esilio, Gesù”»
(CiSP 47).
Da queste pensieri così densi possiamo evidenziare gli aspetti
dell’apostolato mariano che più hanno affascinato don Alberione.
1) Maria è L’aPOstOLa PEr
“Apostola”: è il
titolo con cui la qualifica più
sovente. Perché è l’Apostola?
la risposta di don Alberione è
sintetica: perché “diede al
mondo Gesù”. in latino “diede”
è tradotto con “edidit”, da cui
deriva la parola “edizione”. Da
questa intuizione l’apostolato
delle edizioni o della comunicazione sociale, assume una
profonda impronta mariana,
appunto perché lo scopo è
quello di “dare al mondo
Gesù”.
un pensiero stupendo di
don Alberione: «Con il nome
di “edizione” non intendiamo
Ariccia (Roma) – Regina degli Apostoli:
studio di Teodoro Licini che si conserva
soltanto un libro; noi intendianella Casa “Divin Maestro”
mo altre cose. la parola “edizione” ha molte applicazioni: edizione del periodico, edizione di chi
prepara il copione per la pellicola, di chi prepara il programma per
la televisione, di chi prepara le cose da comunicare per mezzo della
radio». tutto questo lo facciamo come maria, la quale – continua
ECCELLENza. –
38
don Alberione – «“edidit nobis Salvatorem”, come dice la liturgia;
la Vergine ci diede il Salvatore. usa il verbo “edidit”».
nel nostro apostolato, come maria, noi “editiamo”, diamo al
mondo Gesù Cristo. Questa puntualizzazione piacque così tanto a
Paolo Vi che nel discorso ai capitolari paolini ebbe a dire: «maria
diede al mondo il Verbo incarnato; voi siete chiamati a dare al
mondo il Verbo incartato» (22 aprile 1969).
2) Maria, MadrE, MaEstra
rEGiNa. – Dall’impegno di
essere Apostola, che qualifica
essenzialmente tutta l’esistenza
terrena e celeste di maria, don
Alberione fa scaturire i tre titoli
con cui ci invita ad onorare la sua
presenza nella nostra vita di apostoli: Madre, Regina e Maestra.
E
a) Madre degli apostoli.
maria può dare al mondo Gesù
perché lo ha partorito nel suo
seno. ecco allora i due verbi che
fanno di maria una perfetta “apostola” e un’autentica madre:
“vivere” e “dare”.
Roma – Santuario Regina degli Apostoli:
• Vivere Gesù: è l’“anima delMaria
con gli Apostoli (particolare della cupola)
l’apostolato”. l’apostolo, per
generare la vita nelle anime, deve vivere ciò che vuole comunicare. il primo apostolato ha sempre come “oggetto” se stessi; il
primo annunzio l’apostolo lo deve fare a se stesso. «Prima santificarsi e poi santificare», ci diceva don Alberione. È una legge
inderogabile della comunicazione: non si può dare quello che
non si vive, perché «la vita griderà sempre più forte delle parole che diciamo» (emerson). San benedetto afferma che si può
dare soltanto per sovrabbondanza.
• Dare Gesù: è la “natura dell’apostolato”. Quel Gesù – nato, cresciuto e vissuto in me – va spontaneamente partecipato perché
39
anche altri abbiano a crescere in questa esperienza. e i modi per
comunicarlo sono svariatissimi; don Alberione ha intuito che la
“predicazione orale” era un modo troppo circoscritto; e ci ha
affidato la “predicazione strumentale”, in cui si fa uso di tutti i
mezzi della comunicazione.
Questo modo di concepire la maternità di maria pone in luce non la funzione protettiva della madre, ma la
funzione ablativa. ecco la maternità
oblativa. nella iconografia tradizionale si presenta normalmente della
maternità la funzione protettiva: la
mamma tiene in braccio il figlio con un
amore che commuove; dal volto e dal
gesto della mamma sprigiona quell’amore che avvolge il frutto delle
viscere. Quando si parla di “amore
viscerale” si intende proprio l’amore di
una donna per il proprio bambino.
ma si tende a dimenticare che la
maternità è un servizio, quindi è in
funzione del dono. È la maternità
Statua della Regina degli Apostoli
oblativa che qualifica essenzialmente
di sr. Angelica Ballan, Pia Discepola
l’amore di una madre per il frutto del
suo seno. il figlio non è proprietà della madre o del padre. l’amore è
per sua natura oblativo: non trattiene ma offre; e non solo se stesso,
ma il frutto più bello dell’amore: il figlio. Giustamente maria diventa
madre di tutti coloro che generano la vita.
Quel «nato da donna» di Gal 2,4 ci dice che maria ci porta Gesù,
ci dona suo figlio. il suo impegno non è semplicemente portarci a
Gesù, ma portarci Gesù. nella iconografia della nostra spiritualità
mariana, maria non tiene in braccio il bambino, ma dona il bambino.
era questo il chiodo fisso di don Alberione: Maria è Madre, perché ci dona Gesù; maria, madre delle famiglie, perché nelle famiglie
porta Gesù. Per esprimere questa verità pretendeva che si rappresentasse il bambino tra le mani di maria, staccato dal corpo della
40
mamma; di modo che il gesto di “donare” Gesù fosse comprensibile a tutti.
evidentemente con il materiale del tempo (marmo, legno, gesso)
non era possibile rappresentare il bambino staccato dal corpo della
mamma; dopo un po’ di tempo le braccia della mamma avrebbero
ceduto al peso. ma questa “santa cocciutaggine” ci fa comprendere
il senso vero della maternità di maria: ha accettato di dare un corpo
al figlio di Dio, così da offrirlo alla morte per la nostra salvezza. e
questa tragica verità l’ha portata sempre nel cuore dal momento in
cui il vecchio Simeone le preannunziò che «una spada le avrebbe
trafitto il cuore» (lc 2,35)
Questa verità rivela l’autentica portata della maternità e della
paternità: ognuno di noi è chiamato a generare la vita, fisica e spirituale, a seconda della missione affidataci. ma coloro che generiamo
alla vita – e che sono divenuti nostri figli o perché generati alla vita
fisica o alla fede – non diventano in nessun modo nostra proprietà.
il pericolo di fuorviare è sempre presente! Quando un giovane,
alla fine della stupenda lettera che aveva scritto a un sacerdote per
ringraziare il Signore, si firmò: «Giuseppe, tuo figlio generato nella
fede», quanto in quel momento l’aveva sentito suo! invece l’aveva
generato la fede, perché a sua volta potesse compiere nel suo futuro ministero la funzione paterno-materna nei confronti degli altri.
Quindi, noi li generiamo per
• offrirli a Dio, così da guidarli alla comprensione del progetto di
Dio su di loro;
• offrirli al mondo, così da permettere che a loro volta diventino
capaci di generare la vita nelle persone loro affidate.
occorre ribadire che l’aspetto della maternità e paternità oblative rischia di mancare nell’esperienza della vita consacrata e di coppia; questa mancanza determina le maggiori immaturità nella persona. Se viene a mancare non è di certo per colpa di Dio, perché
ognuno di noi viene rivestito della stessa paternità-maternità di
Dio; solo in una profonda immersione in Dio sperimentiamo le sue
“viscere materne”; altrimenti ci ritroviamo a sfogare le nostre frustrazioni attaccandoci esageratamente alle persone o al lavoro apostolico.
41
Alba (Cuneo) – Chiesa San Paolo: quadro della Regina degli Apostoli
nell’omonima cappella, di Piero Dalle Ceste
42
b) regina degli apostoli. Di ogni apostolo maria è Regina non
perché si pone al di sopra di tutti, ma perché si prende cura di tutti:
è una regalità di servizio, non di potere. «maria ha il compito di formare, sostenere, coronare di frutti gli apostoli di tutti i tempi»
(CiSP 579). le sue cure regali saranno volte a formare in ciascuno
di noi l’apostolo, che per don Alberione ha queste caratteristiche:
• «è un santo che accumula tesori e ne comunica l’eccedenza alle
anime». evidente il richiamo all’insegnamento di san benedetto, che diceva ai suoi monaci di non essere mai “canali”, ma
“cisterne”. l’apostolo deve sempre dare non per svuotamento
ma per troppo pieno. Se l’apostolo non cura la vita interiore,
cessa di essere tale;
• «porta Dio nella propria anima e lo irradia attorno a sé». la
solita regola espressa con un’altra immagine. il verbo “irradiare” indica la pienezza di vita che l’apostolo deve comunicare.
«l’apostolato della beata Vergine è come il sole: manda raggi
benefici di luce, di calore e di salute» (Gm 59);
• «ama tanto Dio e le anime che non può comprimere in sé quanto sente e pensa»; proprio come Paolo: «l’amore di Cristo ci
spinge» (2Cor 5,14); «Guai a me se non evangelizzassi» (1Cor
9,16);
• «ostensorio che contiene Gesù Cristo e spande una luce ineffabile intorno a sé». immagine importante: nell’ostensorio chi
spande la luce non è l’ostensorio, ma Gesù; la grandezza dell’apostolo non sta in quello che fa (la bellezza dell’ostensorio,
anche se questa può colpire), ma nel lasciarsi usare come strumento da Gesù;
• «è un vaso di elezione che riversa, perché troppo pieno, e della
cui pienezza tutti possono godere». È ripetuto con altra immagine il concetto di san benedetto: l’apostolo non può essere
canale ma cisterna che dà per troppo pieno;
• «è un tempio della Trinità, la quale è sommamente operante,
per cui l’apostolo trasuda Dio da tutti i pori». È la più bella
definizione dell’apostolo: trasudare Dio da tutti i pori.
43
Don Alberione conclude: « ora, con questo ritratto, esaminate il
volto di persone, vicine o lontane; riconoscete in esse l’apostolo? in
sommo grado, con inarrivabile somiglianza, questo è il volto di
Maria» (RdA 34-35).
la funzione di formare apostoli è stata iniziata da maria nel
cenacolo; per cui don Alberione ci invita a tornare alla prima devozione che si ebbe nella Chiesa: « la prima devozione che troviamo
nella Chiesa è la devozione alla Regina degli Apostoli, come si è
espressa nel cenacolo. Si è un po’ affievolita e oscurata nel trascorrere dei secoli. A voi il dolce incarico di raccogliere i fedeli attorno
a maria Regina degli Apostoli… torniamo alle sorgenti. Alle sorgenti troviamo maria Regina degli Apostoli» (Hm Viii, 80).
c) Maestra degli apostoli. un titolo importante, che scaturisce dalla coscienza profonda di essere “grande” – come afferma
sant’Agostino – perché perfetta “discepola” di Gesù suo Figlio.
nell’opuscolo “mARiA DiSCePolA e mAeStRA” dell’anno 1959 (cf CiSP
1331-1351) don Alberione così esordisce: «la nostra devozione
verso Gesù Cristo Divino maestro verrà perfezionata se preparata e
preceduta dalla devozione a maria maestra». e afferma che in
maria le due componenti “discepolato-magistero” si armonizzano
in modo profondo, rispettando una verità fondamentale:
• Gesù è l’unico maestro, il maestro per natura;
• maria e noi tutti siamo sempre discepoli per natura. Siamo maestri per vocazione quando il maestro Divino nell’intimità con lui
ci autorizza ad annunziarlo.
Anche noi siamo maestri solo a patto di tener viva la coscienza
di essere sempre discepoli. Se perdiamo questa coscienza, diventiamo maestri e pastori che pascono se stessi illudendosi di pascere il
gregge (cf ez 34,1ss). la nostra funzione non è mai “sostitutiva”, ma
“vicaria”. nel Vt un sacerdote sostituiva l’altro, un pastore del
popolo sostituiva l’altro; ora noi non possiamo agire “al posto di”,
ma unicamente “in nome di”.
la vera dignità dell’apostolo non è quella di essere maestro, ma
di essere discepolo. Questa è stata l’autentica grandezza di maria:
perfetta discepola di suo Figlio; per questo a pieno diritto è divenu44
ta nostra maestra. metterci alla sua scuola – diceva Paolo Vi – «ci
obbliga a subire il suo fascino, il suo stile evangelico, il suo esempio
educatore e trasformante: è una scuola che ci fa cristiani».
3) Maria, MadrE dEL BuON PastOrE. – nella cappella delle
Suore Pastorelle ad Albano laziale (Roma) vi è il grande mosaico,
che raffigura maria la “divina Pastora”, Gesù giovanetto e gli apostoli Pietro e Paolo; il mosaico è stato preparato su indicazione dello
stesso Fondatore, che aveva contattato il prof. Santagata; ma nel
1955 si rivolse a suor ecclesia Gastaldi, Pia Discepola del Divin
maestro. la sua ope-ra su tela è conservata nel salone, che è stato
la sede di una primitiva cappella.
Don Alberione ha
dato del quadro della
Pia Discepola un profonda e suggestiva
interpretazione: «il
quadro, che rappresenta maria madre
del Divino Pastore e i
santi Apostoli Pietro
e Paolo, è tutto un
programma di vita,
un conforto, un risveglio alla fiducia.
Gesù pascola le pecorelle; l’erba che Gesù
e maria offrono alle Albano Laziale (Roma) – Chiesa di Gesù buon Pastore:
mosaico della divina Pastora
pecorelle indica l’alimento dato da loro, mostrano il loro affetto per le pecorelle.
Accanto ci sono gli apostoli Pietro e Paolo. Pietro è in atteggiamento di preghiera: raccomanda e affida la chiesa a maria; Paolo indica
maria alle pecorelle» (don Alberione, Alla Sorgente, 15 aprile
1956).
il mosaico della chiesa riprende l’idea ispiratrice. Don Alberione,
nella sua predicazione, vi fa spesso compiaciuto riferimento, in par45
ticolare nelle feste della congregazione delle Suore di Gesù buon
Pastore: la ii domenica dopo Pasqua, dedicata a Gesù buon Pastore
(ora è la iV di Pasqua); la solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo
il 29 giugno; maria madre del buon Pastore il 3 settembre.
in una di queste circostanze ebbe a dire: «È una predica il quadro che avete, dove è rappresentata la divina Pastora, la quale ha
accanto a sé Gesù giovinetto in atto di pascere le pecorelle, come lei
pasce le pecorelle; poi a destra e a sinistra i due apostoli: Pietro che
raccomanda la Chiesa a maria, Paolo che la sospinge verso maria…
maria sta in mezzo come la divina Pastora. Questo titolo a maria
compete, perché ella è madre del divin Pastore e perché ella ha
tanto sofferto per le anime e tanto in cielo si preoccupa della salute
delle anime, dei peccatori e degli infelici che sono fuori della Chiesa
e di quelli che vogliono camminare nella via della santità e della giustizia… maria protegge il Pastore universale della Chiesa, il Papa»
(AAP, 1959, nn. 57-58).
4) La dONNa dELL’EquiLiBriO. – È la qualifica che le riassume
tutte, un aspetto della personalità della madonna, che piacque
molto a don Alberione, appunto perché è stato sempre cosciente
della difficoltà di salvare contemporaneamente l’anima dell’apostolato (= vivere Gesù: dimensione contemplativa) e la natura dell’apostolato (= dare Gesù: dimensione attiva). ecco riassunta in
poche parole questa esigenza dell’equilibrio che ci deve portare a
guardare a maria: « Grande scoglio e difficoltà si trova nell’unire le
due vite. Si è tentati di squilibrio! teniamo gli occhi fissi su san
Paolo, su maria e sul divin maestro» (Pr SP 225).
tutta la vita di maria è stata una meravigliosa sintesi degli
opposti:
• fu vergine e madre;
• fu umile e nello stesso tempo alta più che creatura,
• schiava del Signore e nello stesso tempo cosciente che tutte le
generazioni la chiameranno beata;
• è una sconosciuta popolana di israele ed è regina del mondo,
• è l’umile sposa di un falegname di nazareth ed è contemporaneamente in una relazione unica con la SS. trinità: figlia del
Padre, madre del Figlio, sposa dello Spirito Santo;
46
• è contemplazione silenziosa della Parola che in lei si è fatta carne ed è intensa iniziativa di servizio e di amore verso tutti.
maria è veramente il “segno grande” apparso nel cielo dell’umanità. Per questo motivo «maria corrispose perfettamente alla sua
missione, alla sua vocazione e ai disegni di Dio… noi pure abbiamo
una vocazione speciale e con tanta catena di grazie iddio ci avvinse
che siamo stati costretti ad arrenderci» (mV 40).
Vocazione speciale quella di maria, quella di don Alberione, e
quindi anche la nostra; con le stesse grazie ma anche con gli stessi
pericoli di squilibrio. Per questo maria ha avuto una parte così
importante nella vita del nostro Fondatore; la deve avere anche
nella nostra. in lei dobbiamo anche noi
contemplare l’ineffabile composizione
delle “due vite”, in un equilibrio perfetto.
«la Vergine santa seppe accogliere e
conciliare in sé i due metodi di vita;
seppe unire i meriti, la gloria di questi
due generi di vita: fu la più vicina al
Figlio suo e nel medesimo tempo fu colei
che più di ogni altro operò per farlo
conoscere al mondo» (iA i, 115). non
possiamo essere paolini senza una forte
devozione a maria!
Frattocchie (Roma) – Badia Cistercense
ALMA ÆQUILIBRII MATER
(S. Maria dell’Equilibrio)
…della cui festa non esiste data
perché da mane a sera va invocata
nell’estate del 1967 un monaco, intento alla meditazione mattutina, subisce maggiori distrazioni del solito perché di continua gli ritorna alla fantasia la parola “equilibrio”. lo stesso giorno,
mentre in soffitta riordina cose fuori uso, ecco capitargli tra mano una lastra di bronzo con il rilievo della orante alma aequilibrii mater” (s. Maria dell’equilibrio)
Riprodotta a colori su tela da fratel Armando Panniello, la venerata immagine viene oggi conservata nel monastero. Papa Paolo Vi, ricevutane copia nel settembre del 1968, raggiante in volto
esclamava: «Santa maria dell’equilibrio!… Ah, proprio quella che ci vuole!».
47
Alba (Cuneo) – Chiesa San Paolo: quadro della Regina degli Apostoli, di G.B. Conti, dipinto
su precise indicazioni del beato Giacomo Alberione (si trova nella sacrestia della Chiesa)
48
il quadro di Maria
regina degli apostoli
“Come Maria, con Maria”. l’intento dello slogan, che dà il
titolo al libro, è quello di presentare maria come modello di ogni
apostolato. Per entrare in modo fecondo in questo tema, essenziale per il beato Alberione che lo sintetizza nel titolo “maria, Regina
degli Apostoli” e ce la presenta nella sua “funzione oblativa”, è
opportuno riflettere sugli elementi del quadro che la rappresenta.
nel quadro della Regina degli Apostoli sono riassunti la devozione
e l’insegnamento del nostro Fondatore.
nella tarda età don Alberione dalla finestra del suo studio in
Roma (via Alessandro
Severo, 56) guardava
sovente il Santuario
“Regina Apostolorum”;
un complesso di tre
piani: il santuario vero
e proprio, la cripta che
custodisce le spoglie del
beato timoteo Giaccardo e la sottocripta con il
corpo del beato Giacomo Alberione.
il Santuario è l’espressione della riconoscenza alla Regina degli
Apostoli del nostro
Fondatore e la fedeltà
ad un voto fatto durante l’ultimo conflitto
mondiale. era il suo
santuario.
Quando fu inaugura49
to, il beato Don Giacomo Alberione disse nell’omelia: «Passato il
pericolo, fu preso l’impegno […]. la chiesa che dominasse le case: e
maria rimanesse al centro: in mezzo ai suoi figli e figlie». e il
Santuario della Regina degli Apostoli sorge veramente al centro
delle costruzioni paoline.
Veniamo al quadro del nostro itinerario mariano che meglio
descrive la mariologia del beato Alberione: il quadro della
Roma - Santuario
della Regina degli Apostoli:
mosaico dell’abside
dell’altare maggiore
Regina degli Apostoli, posto sopra l’altare dell’abside (foto
sopra). È il mosaico centrale. Se voi osservate la figura degli apostoli, sono tutti, diciamo così, sullo stile moderno; se invece guardate
50
la figura di san Paolo, vi differisce nello stile. Perché? Quando don
Alberione vide il mosaico ultimato, non gli piacque l’aspetto che
aveva san Paolo e volle che fosse rifatto, avendo come modello di
riferimento l’immagine del quadro della Regina degli Apostoli che
sta ad Alba e che oggi si trova nella sacrestia del tempio San Paolo,
il grande dipinto di Gian battista Conti (cf con foto di pag. 48).
Perché questa richiesta, che offese Gaudenzi, l’autore del mosaico, costretto ad eseguire una immagine di san Paolo che non sentiva sua?
il puntiglio del beato Giacomo Alberione aveva un profondo
significato: san Paolo, nella riproduzione del Conti voluta dal
Fondatore, sta guardando fisso ad un punto, ed è illuminato dalla
luce che viene da questa sorgente, da cui è avvolta la madonna.
Quindi fissa la luce e guarda
a Maria. Con questo, il beato
Alberione affidava a noi suoi figli
e figlie l’impegno di imitare
Paolo in questa sua contemplazione.
“Come maria, con maria”. il
quadro che sta ad Alba è sempre
stato considerato dal Fondatore
come il quadro modello fondamentale della pietà dei paolini.
un ricordo personale: don
Alberione nel maggio 1962 mi
affidò la Direzione dei Cooperatori Paolini; non erano passati tre
mesi che mi chiamò perché desiderava far stampare dei poster
del quadro della Regina degli
Icona cara a don Alberione
perché
rappresenta bene la
Apostoli del Conti; di questo
“maternità” della Vergine Maria
dovevo fare la stampa nel suo
insieme, inoltre della sola immagine della madonna e poi della sola
immagine di San Paolo. Quando gli portai le tre bozze mi disse: «Sì,
51
vanno bene!». osservando però l’immagine di san Paolo aggiunse:
«Peccato che abbia la barba… che sembra una scopa. Però l’atteggiamento è quello giusto: guarda verso maria». Come maria!
una delle prime raffigurazioni di
maria Regina degli Apostoli la troviamo nella pittura che occasionalmente è stata rinvenuta nella Chiesa
di sant’Apollinare a Roma. nel 1647
la caduta del calcinaccio, che copriva
la parete, ci donò la figura di maria
tra gli Apostoli Pietro e Paolo. il
bambino Gesù si china verso san
Paolo e maria verso san Pietro. i due
Apostoli diventano simboli di ogni
apostolato.
invece, la raffigurazione classica
di maria Regina degli Apostoli è
Roma – Chiesa di S. Apollinare (sec. XV): q u e l l a
che
la
la Vergine Maria tra gli apostoli
Pietro e Paolo (portico)
pone nel
Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo
assieme agli Apostoli. ed è quella voluta
da san Vincenzo Pallotti, Fondatore
della Società dell’Apostolato Cattolico.
nel quadro del Pallotti occorre notare un
particolare: vicino alla madonna ci sono
altre donne; e poi c’è san Giovanni e san
Pietro inginocchiati. la presenza dello
Spirito Santo è rappresentato dalle fiammelle. È l’icona classica della madonna
nella sua funzione di Regina degli
Apostoli, giorno di Pentecoste.
Don Alberione, in un primo tempo
aveva in mente questo quadro. Anzi,
Regina degli Apostoli venerata
occorre ricordare che la prima devozione
dai Pallottini, fondati da
san Vincenzo Pallotti
mariana della Società San Paolo non è
52
stata la Regina degli Apostoli, ma l’immacolata, retaggio della
mariologia del Seminario di Alba, dove don Alberione ricevette la
sua formazione. nel primo abbozzo delle Costituzioni della Società
San Paolo del 1921, don Alberione aveva voluto dai suoi figli una
particolare devozione verso l’immacolata.
Alba (Cuneo) - Chiesa San Paolo:
quadro della Regina degli Apostoli,
commissionato nel 1923
alla domenicana suor Cecilia Verra
(corridoio della sacrestia)
ma già nel 1923 chiama maria “immacolata Regina degli
Apostoli”. nello stesso anno si rivolge ad una suora domenicana di
Alba, suor Cecilia Verra, e le commissiona il nuovo quadro.
inizialmente sembra che la madonna in mano avesse il rotolo del
Vangelo [appunto storico di don Giovanni battista Perego), ma era
così strano questo particolare che la parte graffiata ha dato vita ad
una mano che non è venuta poi tanto bene e quindi è stata vista
come se additasse il cielo; vi è la presenza dello Spirito, ma maria è
molto staccata dagli Apostoli.
A questo primo quadro è seguito quello di Giovanni battista
Conti; questo è la sintesi della teologia mariana che don Alberione
insegnerà ai suoi figli e figlie.
53
1) Guardiamo innanzitutto gli Apostoli:
• 1 San Giacomo lo individuiamo dal bastone. Richiama il senso
del pellegrinaggio, quale deve essere la vita di ogni uomo. San
Giacomo di Compostella, in Spagna, ne è il continuo richiamo.
• Abbiamo poi 2 san matteo, esattore delle imposte, che risponde prontamente al “Seguimi” di Gesù (mt 9,9).
• 3 San tommaso con la squadra in mano, quasi a voler misurare con la ragione la verità della risurrezione di Gesù; e si sentirà dire: «beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno»
(Gv 20,29).
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4 San bartolomeo tiene fra le mani la sua pelle, su cui è dise-
gnata una testa, segno del suo martirio. Gli studiosi sono concordi nell’identificare bartolomeo nel maestro della legge
natanaele (Gv 1,45-49). Di solito sulla pelle i pittori raffigurano
la propria immagine.
Segue 6 san Filippo, il discepolo che ha il carisma del “vedere” e del “far vedere” (cf Gv 1,44); eppure, durante l’ultima Cena
con Gesù, è lui che fa la domanda: «mostraci il Padre e ci basta»
(Gv 14,8).
Poi viene l’immagine di 7 san luca, che guarda inginocchiato verso la madonna. Sta con la penna in mano quasi per ricevere l’ispirazione su quello che deve dire di maria. e scrive il
vangelo inginocchiato. San luca è quello che parla di più su
maria: i primi due capitoli del suo libro sono chiamati “il vangelo dell’infanzia”.
5 San Giovanni, colui che “Gesù amava” e che dopo la morte
di Gesù «prese con sé» maria (Gv 19,27).
troviamo poi la figura di 13 Pietro che parla a 14 marco. Pare
dirgli: «Guarda che dobbiamo fare quello che ha fatto maria».
la figura di 10 san Giacomo il minore la si identifica perché
veste al modo dei Giudei, essendo egli particolarmente osservante della legge.
9 San Giuda taddeo e 11 san Simone lo zelota.
8 Sant’Andrea porta la croce ad X, per indicare la modalità del
suo martirio.
la figura di 12 Paolo poi domina su tutto il quadro, l’apostolo
che ha ricevuto il suo mandato direttamente da Cristo, che gli è
apparso sulla via di Damasco.
2) osserviamo in modo particolare come maria è rappresentata
in questo quadro. Richiama molto l’eucaristia. Quando il 1° maggio
1935 il beato Alberione collocò il quadro nel tempio di San Paolo ad
Alba nell’omelia tenuta disse: «ella, nel nostro quadro, riassume
l’idea dell’eucaristia fatta col suo verginale sangue; offre il frutto
suo benedetto, Gesù, lo presenta come tenendo con soavissimo
amore un’ostia vivente, santa, gradita a Dio» (CiSP 37).
55
ed è fortemente significativa la luce
dell’eucaristia che splende dietro alle
sue spalle; ma il centro però rimane
sempre Gesù. nella mano destra, le tre
dita benedicenti sono rivelazione di Dio
uno e trino: pur piccolo, già maestro,
che rivela la SS. trinità. le due dita piegate dicono il mistero della sua natura
umana unita alla natura divina. nella
mano sinistra tiene il rotolo del Vangelo
che indica la rivelazione. insomma, quel
rotolo che nel quadro della Cecilia Verra
forse era stato posto nella mano della
madonna, ora passa nella mano di Gesù.
3) in questo quadro viene soprattutto evidenziata l’importanza dell’apostolato delle edizioni. C’è un angelo (qui
sotto a sinistra) che dà a Giovanni l’ordine di scrivere alle sette
Chiese. È l’espressione che troviamo nell’Apocalisse: «Quello che
vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese…» (Ap 1,11).
Particolare che evidenzia
Maria Regina che dona Gesù
presente nell’Eucaristia
Particolare degli Angeli che indicano “la missione paolina”:
attingere dalla Bibbia e trasmetterla all’umanità
l’altro angelo (sopra a destra) porta scritto «Scrutate le Scritture».
Si cita il Vangelo secondo Giovanni: «Voi scrutate le Scritture, […]
sono proprio esse che mi rendono testimonianza» (Gv 5,39).
56
l’invito all’apostolato delle edizioni è dato anche dal numero di
libri che gli apostoli tengono in mano. lo tiene san matteo, san
Giovanni, san luca, san marco, san Pietro e san Paolo. Questi libri
stanno tutti ad indicare che maria “edidit Verbum Dei”, cioè diede
alla luce la Parola di Dio; tanto che Paolo Vi, per qualificare l’importanza del nostro apostolato, citando i Padri, aveva detto ai
Capitolari della Società San Paolo: «maria ha dato alla luce il Verbo
incarnato, voi date alla luce il Verbo “incartato”».
Quindi, per don Alberione la Famiglia Paolina deve continuare la
missione di maria. ecco perché voleva che Paolo guardasse verso la
madonna. “Come maria, con maria”, per compiere l’apostolato
delle edizioni. Come è importante capire questa verità!
noi abbiamo i Discepoli del Divin maestro intimamente legati ai
sacerdoti: insieme formano la Società San Paolo; una è la
Congregazione, unica è la professione, unico è l’apostolato. Per don
Alberione, le mani del sacerdote che tengono l’eucaristia sono uguali alle mani del discepolo che tengono in mano il Vangelo e lo diffondono. Cristo nell’eucaristia, Cristo nel Vangelo. il nostro apostolato
unisce intimamente eucaristia e Vangelo: unico è il Verbum Vitæ.
non c’è vocazione più alta e più nobile di quella di portare il
Vangelo in tutta la terra, in ogni parte del mondo. l’apostolato della
San Paolo e delle Paoline, considerato da chi ci guarda superficialmente, sarà molto facilmente qualificato come “commercio”; questa
sarà sempre la “spina” che porteremo nella carne. Però è la vocazione più bella e più alta che ci sia: si tratta di portare la Parola della
vita. Come maria, con maria!
nel 1960, tre anni prima del Concilio, una figlia di San Paolo era
andata a presentare ad un Vescovo la possibilità di diffondere la
bibbia a mille lire. il Vescovo le disse: «non si può fare! la popolazione non riesce a capire. Assolutamente no! Voi non avrete mai il
permesso nella mia Diocesi». Ritornata a casa, incontra don
Alberione e gli racconta il caso. il Fondatore risponde: «Va’ dal
Vescovo e fa’ di nuovo la proposta di portare la bibbia in tutte le
famiglie; e se ti dice che non riescono a capirla, tu domandagli:
“Quando i suoi fedeli fanno la Comunione, riescono a capire che
cosa ricevono”. Però non dire che te l’ho detto io».
57
ecco l’intima unione che c’è fra la bibbia nelle famiglie e la
Comunione. Portare l’eucaristia nella famiglia e portare la bibbia
nella famiglia, è la stessa cosa per don Alberione. È lo stesso Gesù,
che maria ha editato. Per don Alberione, maria è la prima casa editrice: «Edidit Verbum Dei».
4) Si pone, ora, un interrogativo. Come mai nel quadro non è
raffigurato il simbolo dello Spirito Santo? la risposta a questa
domanda manifesta una verità basilare per comprendere bene la
prima parte del discorso fatto.
nel 1953 per celebrare i quarant’anni della fondazione si stava
preparando un libro intitolato: Mi protendo in avanti. Presero l’impegno della realizzazione tre sacerdoti della Società San Paolo: don
Giovanni Roatta, don Renato Perino e don Valentino Gambi. Per
l’occasione chiesero a don Alberione di avere notizie sui motivi che
lo spinsero alla fondazione della Famiglia Paolina.
Don Alberione non aveva dato risposta, poi – scrive don Roatta –
«venni chiamato da don Alberione, il quale mi disse queste poche
parole: “Vorrei far sapere questo, che mi pare importante: che dopo
la mia morte non si parli più di me, ma solo di san Paolo: lui è il
Fondatore, il modello, il padre, l’ispiratore per noi…”. non molto
tempo dopo mi chiamò di nuovo… mi consegnò una serie di originali in formato piuttosto grande, scritti fittissimi, con la sua calligrafia
minuta; e mi disse: “Vedete se possono servirvi”. erano i manoscritti di quello che fu poi il libro Abundantes divitiæ gratiæ suæ».
nel manoscritto che si conserva (vedi qui sotto), ci sono queste
parole, da lui depennate e quindi non pubblicate nel primo testo
58
stampato, ma riportate poi in quello stampato nel 1985: «In uno dei
sogni interrogò Maria che potesse ora fare la Famiglia Paolina di
ossequio e quale omaggio attendesse dalla cristianità in questo
momento storico. Maria si mostrava avvolta in luce di oro-bianco
come la Piena di Grazia. Udii: “Sono la Madre della divina
Grazia”. Questo risponde al bisogno attuale della povera umanità.
Occorre far conoscere l’ufficio che Maria attualmente compie in
cielo: mediatrice universale della grazia» (AD 201).
nel sogno don Alberione sente
urgente una domanda che è anche di
tutti i paolini: che cosa fare? che
cosa fa l’istituto Santa Famiglia, che
cosa fanno i Paolini? Fare, fare,
fare… e noi spesso facciamo consistere l’apostolato solo nell’agitazione. Che cosa potrebbe fare la Famiglia Paolina di ossequio? Quanto
si attende oggi dalla cristianità? la
risposta di maria: «Sono la madre
della divina Grazia». Se osserviamo
attentamente la risposta di maria,
troveremo in essa quell’insegnamento molto profondo, che vorrei fosse il
fine di tutte le nostre attività, il fine
di ogni nostra attività.
È importante quella parola: divina
Grazia.
Immagine di Maria,
“la Madre della divina Grazia”
ebbene, per dimostrare il valore
apostolico della definizione “sono la
madre della divina Grazia”, mi servirò prima di un ricordo personale e poi del pensiero di H. u. von balthasar e di Paolo Vi.
Quando ero piccolo, ho sentito questo vocabolo “grazia” come la
cosa più importante da chiedere a Dio. mia nonna, persona analfabeta, non sapeva leggere. Quando arrivavano le lettere degli zii che
si trovavano in guerra, era il postino a dirle: «la manda Antonio» o
«È di Francesco»; lei si metteva la lettera sul petto e aspettava che
59
arrivasse mio papà perché gliela leggesse. ebbene, più di una volta
mi invitò ad andare in chiesa a pregare per gli zii che erano in guerra. inginocchiato vicino a lei, spesso mi diceva: «la prima cosa che
dobbiamo chiedere è la grazia dell’anima». non sapevo che cosa
significasse, ma intuivo che era una cosa molto importante, più
importante del ritorno a casa degli zii. Questo è l’insegnamento
ricevuto da una cristiana analfabeta. l’esempio ci richiama la sensibilità di tanti fedeli che vivono in grazia di Dio e sono mossi dallo
Spirito: la prima cosa che dobbiamo chiedere è la grazia dell’anima.
in seguito la riflessione teologica mi ha dato l’occasione di approfondirne il significato.
oggi, riprendendo il vocabolo “divina Grazia”, dobbiamo
sentire crescere in noi la meraviglia. Che cosa è questa “divina
Grazia”? È importante l’aggettivo “divina”: è la grazia che viene da
Dio. e che cosa è? È la bellezza stessa di Dio che per amore si comunica all’uomo, alla creatura umana. la bellezza stessa di Dio. la
“divina Grazia” è lo splendore di Dio. È la luce di Dio, è la sua
Gloria che Dio per amore gratuitamente comunica alla creatura. e
vuol fare della creatura un essere divinizzato dello stesso splendore
di Dio. Questo è il senso della vera bellezza.
Quando noi parliamo di bellezza, dobbiamo guardare alla bellezza che c’è in Dio; tutte le volte che delle persone si sono accostate
alla sua Gloria, alla sua luce, al suo Splendore – non si sa come
definirlo – la persona è stata trasfigurata. A chi l’ha comunicata in
modo massimo? A maria!
Quando l’uomo vede questa bellezza, come è successo a mosé che
si è avvicinato a Dio nel roveto ardente, l’uomo rischia di morire.
• mosè, caduto per terra, sente la voce: «togliti i calzari, la terra
dove stai è santa» (es 3,7-8).
• elia si coprì il volto con il mantello quando vide la Gloria di Dio
(1Re 19,13).
• isaia esclama: «ohimé! io sono perduto, perché un uomo dalle
labbra impure io sono… eppure i miei occhi hanno visto il re, il
Signore degli eserciti» (is 6,5).
• ezechiele cadde «con la faccia a terra (ez 1,28).
60
• San Paolo sulla via di Damasco è accecato dalla Gloria di Gesù.
(At 9,4).
• Sul monte della trasfigurazione gli Apostoli, nel vedere la Gloria
di cui era circondato Gesù, vengono come presi dal sonno (cf mt
17,1ss).
È una bellezza che va al di là delle categorie che abbiamo su questa terra. maria si presenta come la madre della
divina Grazia, avvolta totalmente da
questa luce e immersa in questo
splendore. ebbene, la luce che
emana da maria è la presenza
dello Spirito Santo. la luce è il
simbolo classico della presenza dello Spirito. la luce,
che emana intorno a maria,
indica quello che lo Spirito
Santo ha operato nella sua
vita.
in maria Dio viene anzitutto
«per mostrare se stesso, per irradiare lo splendore del suo amore
eterno e trinitario, attuato nella gratuità totale, la quale ha il vero amore in
comune con la vera bellezza» (H. u. von balthasar)
Quando ci troveremo davanti alla bellezza accecante di Dio e
all’amore bruciante di Dio contempleremo la grazia, la bellezza
estrema.
noi non riusciremo mai a capire la nostra vocazione se non alla
luce dello splendore di Dio che si fa presente in maria.
Paolo Vi, in un discorso rivolto ai partecipanti del Congresso
mariologico e mariano il 16 maggio 1975, affermava che per parlare di maria «si possono seguire due vie. la via della verità, anzitutto, cioè della speculazione biblico-storico-teologica, che riguarda
l’esatta collocazione di maria nel mistero di Cristo e della Chiesa: è
la via dei dotti, quella che voi seguite, necessaria certamente, di cui
si avvantaggia la dottrina mariologica. ma vi è anche, oltre a questa,
61
una via accessibile a tutti, anche alle anime semplici: è la via della
bellezza…».
e parlando della bellezza continua: «maria è la “piena di grazia”,
cioè, noi possiamo dire, la piena di Spirito Santo, la luce del quale
in lei rifulge di un incomparabile splendore. Sì, abbiamo bisogno di
guardare a maria, di fissare la sua bellezza incontaminata, perché i
nostri occhi troppo spesso sono offesi e quasi accecati dalle ingannatrici immagini di bellezza di questo mondo»
Sintetizzando possiamo dire: Maria, Regina degli Apostoli,
è tale perché “è la Madre della divina Grazia”. Per mezzo
di maria viene a noi il Verbo incarnato, irradiazione della gloria di
Dio, così da santificare tutta l’umanità. Dobbiamo tenere aperto
questo solco che ci ha indicato il beato Alberione e che oggi ci indica anche la Chiesa. benedetto XVi, da cardinale, ha detto nella Via
Crucis: «la Chiesa deve risplendere di questa luce. occorre pulirla
dalla sporcizia che ha». ma la Chiesa non sono i cardinali, siamo
ciascuno di noi. la Chiesa è “la pienezza di Cristo” (pleroma tou
Christou). la parola greca ha un forte significato ed è usata da san
Paolo per indicare la pienezza della divinità in Cristo.
l’uomo Gesù ha la pienezza della divinità. tanto è vero che i
padri greci dicevano: «Quel Dio che l’universo non può contenere,
quel Dio che supera i confini dell’universo, si è chiuso nel tuo grembo, o Vergine maria». Come maria è stata colma dello Spirito di
Gesù Cristo, così la Chiesa deve avere la pienezza di Cristo.
Pienezza! Piena di che cosa? Della Parola di Gesù, dell’eucaristia, dello Spirito Santo. Soltanto quando si è pieni, si ha l’apostolo,
«colui che irradia Dio da tutti i pori» (don Alberione). Solo avendo
questa pienezza di Cristo possiamo irradiare lui. ed è questa la
missione della Chiesa. Questo è l’apostolato.
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inDiCe
introduzione
5
i - i luoghi mariani nella vita del beato Giacomo alberione
(don Venanzio Floriano)
7
Santa maria del Salice a Fossano
“Santuario del battesimo”
9
madonna dei Fiori a bra
“Santuario della consacrazione”
13
madonna delle Grazie a Cherasco
“Santuario delle lacrime”
17
madonna della moretta ad Alba
“Santuario dell’apostolato”
20
madonna di langa a benevello
“Santuario della guarigione”
23
Santuario della Regina degli Apostoli
Cuore mariano della Famiglia Paolina
25
ii - il messaggio mariano del beato Giacomo alberione 35
maria madre, maestra e Regina
(don Venanzio Floriano)
37
il quadro di maria Regina degli Apostoli
(don Domenico Cascasi)
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COME Maria, CON Maria COME Maria, CON Maria