Don Venanzio Floriano Don Domenico Cascasi COME Maria, CON Maria L’esperienza mariana nella vita del beato Giacomo alberione Fondatore della Famiglia Paolina 1 2 Don Venanzio Floriano Don Domenico Cascasi COME Maria, CON Maria L’esperienza mariana nella vita del beato Giacomo alberione Fondatore della Famiglia Paolina 3 SIGLE AAP = Alle Suore di Gesù buon Pastore. Raccolta delle meditazioni e delle istruzioni di don Giacomo Alberione, registrate su nastro magnetico. ACV = AnimA e CoRPo PeR il VAnGelo. Raccolta degli opuscoli, pubblicati negli anni 1953-1957. AD = AbunDAnteS DiVitiæ GRAtiæ Suæ. Storia carismatica delle luci ricevute. Ae = l’APoStolAto Dell’eDizione, manuale direttivo di formazione e di apostolato. CiSP = CARiSSimi in SAn PAolo. Raccolta delle lettere, articoli, opuscoli, scritti inediti di don Giacomo Alberione dal 1933 al 1969. iA = iPSum AuDite, meditazioni del Primo maestro alle Pie Discepole. Gm = GRAnDezze Di mARiA (maria nostra speranza), 31 considerazioni sui Hm = HæC meDitARe, serie seconda. Raccolta di prediche del Primo maestro. SC = Sono CReAto PeR AmARe Dio. Diario giovanile, scritto nell’anno 1903. mV = miHi ViVeRe CHRiStuS eSt. Ricordi del Primo maestro ai Sacerdoti paolini. principali privilegi della Vergine. PrRA 117 = ReGinA APoStoloRum. bollettino Casa Generalizia Figlie di San Paolo. RdA = ReGinA DeGli APoStoli, 33 istruzioni su maria, Regina degli Apostoli. istitutO “GEsù saCErdOtE” E “saNta FaMiGLia” Circonvallazione Appia 162 - 00179 RomA tel. 06 78.42.609 - 06 78.42.455 - Fax 06 78.69.41 http://www.stpauls.it/istit/santafamiglia.htm http://www.stpauls.it/istit/gesusac.htm In copertina: riproduzione della tela (mq 3,30x5,70) della Regina degli Apostoli di G. B. Conti, Alba 1935 4 Che siate conosciuta, o Maria! Che siate pregata, o Maria! Che siate predicata, o Maria! Che, per voi, tutti seguano Gesù, Via e Verità e Vita. Queste effusioni d’amore che il nostro Padre Fondatore rivolgeva alla Mamma Celeste hanno per noi tutti un valore di consegna: conoscere, pregare, vivere, diffondere la devozione alla Madonna, Madre di Dio e Madre nostra, Madre e Modello di ogni discepolo di Gesù. Quando, nell’ormai lontano 1953, don Alberione seppe che l’allora papa Pio XII aveva indetto un Anno Mariano, egli salutò questa iniziativa con le parole: «Abbiamo appreso questa disposizione con la più viva gioia». Non vi sembra, quindi, legittimo ritenere che, dal cielo, l’amatissimo Padre Fondatore abbia accolto con gioia ancora maggiore la nostra scelta di vivere il 2006 come particolare Anno Mariano? «Conoscere maria, imitare maria, pregare maria, zelare maria»: è stata la consegna che lui aveva dato allora a tutti i suoi figli e figlie spirituali. La medesima consegna egli oggi riaffida a noi: «Conoscere maria, imitare maria, pregare maria, zelare maria…: i privilegi di maria, le sue virtù, la sua dignità, la sua missione, la sua vita, la sua immacolata concezione in relazione all’assunzione al cielo, la sua missione universale di grazia, le sue feste liturgiche, le molte preghiere che le si rivolgono, specialmente il rosario… Conosci tua Madre! ecco l’invito da rivolgere a tutti: sempre, ma specialmente nell’anno mariano… Rassomiglia a tua Madre!» (1953). 5 Queste convinzioni e certezze del nostro Padre Fondatore sono il motivo che ci ha spinto alla presente pubblicazione, che contribuirà a consolidare ed aumentare il nostro affidamento a Maria, a farla maggiormente entrare nelle nostre parrocchie e nelle nostre famiglie, perché possa esercitare quel servizio che Dio stesso le ha affidato: essere madre, maestra e Regina nostra. Mentre sono certo di interpretare i sentimenti di tutti manifestando pubblicamente tanta fraternità, stima e gratitudine a don Domenico Cascasi e a don Venanzio Floriano per le preziosissime riflessioni che ci offrono con questa pubblicazione, auspico che esse servano a suscitare in ciascuno di noi quei sentimenti che hanno plasmato, in un crescendo continuo, la persona del nostro Fondatore, fino a fargli raggiungere la statura di Cristo. Sac. Innocenzo DANTE ssp Delegato ist. Santa Famiglia 6 i LuOGHi MariaNi NELLa Vita dEL BEatO GiaCOMO aLBEriONE Tra le tante “modalità” che rendono mirabile la Famiglia Paolina, è il ruolo che ha avuto Maria nella vita del beato Alberione. Ci diceva: «Vi è bisogno di Gesù; lo dà Maria. Non lo ha dato soltanto all’umanità in generale, ma lo dà in particolare ad ognuno, ad ogni anima che lo desidera, che lo accoglie per tenerlo sempre con sé» (CISP 375). Per questa ragione tutti i santi hanno ritenuto la devozione a Maria necessaria: non in senso assoluto, perché solo Dio è necessario per salvarsi. La devozione a Maria è necessaria per volere di Dio, perché Dio ha deciso così; e non tocca di certo a noi presumere di poter mettere in discussione una decisione di Dio. Ebbene, stupisce l’amore per Maria che il beato Alberione ha coltivato intensamente, imparato fin dalla più tenera età, sulle ginocchia della mamma; maturato così tanto a nostro beneficio da consegnarci un florilegio mariano che ammonta a ben 1500 pagine, scritte in onore di Maria. A monte, però, vi è una realtà che stupisce ancora di più: l’amore che Maria ha dimostrato per questo suo figlio, chiamato da Dio ad una missione importantissima; una vita, quella del nostro Beato, così segnata dalla presenza di Maria che non poteva non concepire qualcosa di grande come ossequio: ecco il Santuario romano della “Regina degli Apostoli”. Difatti, scorrendo la sua vita, con stupore scopriamo che nei momenti fondamentali è sempre presente un Santuario mariano; questo fatto ci aiuta a capire le radici della sua profonda spiritualità mariana e le feconde illuminazioni che gli sono state concesse. 7 Maria è come un cielo sereno sempre illuminato dal Sole divino; e sempre disposto a ricevere lo splendore dei suoi raggi ed a trasmettere la luce nelle menti di chi cerca Dio e la salvezza (ACV, p. 44). 8 santa Maria del salice a Fossano “santuario del Battesimo” Verso il 1000 nel villaggio di nome Fraschea sorse una chiesa dedicata a “Sancta maria de Salicis”; e quando nel 1236 si costituì il comune di Fossano, probabilmente verso il 1252 si costruì entro le mura la nuova chiesa parrocchiale dedicata a Santa maria del Salice. Chiusa al culto, passò nel 1807 in proprietà privata. nel 1825 fu riacquistata dal vescovo mons. Franzoni, per riportarvi la sede parrocchiale. nel 1881 il parroco, don Giuseppe trivella, si accinse a una serie di lavori di restauro e di consolidamento; ma ben presto, per l’umidità, prese a rovinarsi in modo sempre più irrimediabile, fino a giungere al 1915 quando si decise la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, poco distante dalla precedente. Solo nel 1958, con mons. lorenzo berardo, cominciarono i lavori di costruzione della chiesa vera e propria con l’annesso campanile, dedicata – così la scritta incisa sulla facciata – «A Dio Onnipotente e a Maria SS.ma Mediatrice di tutte le grazie». Già all’inizio della sua vita vi è un Santuario mariano. il piccolo Giacomo è nato a San lorenzo di Fossano (Cuneo) il 4 aprile 1884. Appena pochi mesi prima, nel novembre 1883, la famiglia aveva traslocato in una casa di campagna di questa frazione. era la cascina delle “Due Peschiere”, una villa di campagna dei conti Ramazzotti di torino, di cui gli Alberione erano affittavoli. la chiesa della frazione a quel tempo non era parrocchia; aveva solo “diritto di fonte”: il rettore (così era chiamato) poteva battezza9 re, ma non gli era lecito celebrare gli altri sacramenti. Solo nel 1928 la chiesa di San lorenzo venne eretta a parrocchia. ebbene, la chiesa dipendeva da un Santuario della città di Fossano: Santa Maria del Salice. il 14 maggio 1964, don lorenzo berardo morto ultracentenario (1884-1988) - scrisse a don Alberione: «Le scrive il vecchio parroco della parrocchia dei suoi natali. San Lorenzo di Fossano (Cuneo) – Chiesa parrocchiale Sebbene la chiesa di in cui fu battezzato Giacomo il 5 aprile 1884 San Lorenzo, in cui V.S. Rev.ma ricevette il santo Battesimo, in quel tempo e fino a pochi decenni addietro succursale di questa parrocchia, sia ora divenuta sede parrocchiale, tuttavia la parrocchia della Madonna del Salice, di cui ottant’anni fa V.S. Rev.ma divenne membro, si gloria di aver visto sorgere sul proprio orizzonte un luminoso astro per il firmamento della santa Chiesa di Gesù Cristo e si compiace di tramandarne il ricordo ai posteri, insieme con le lodi per il gran bene operato dal medesimo». Don Giacomo Alberione rispondeva alla lettera il 19 dello stesso mese: «Rev.mo don Lorenzo Berardo, ringrazio vivamente di quanto ha scritto. Sempre ricordo la parrocchia della Madonna del Salice, dove sono stato fatto cristiano» (barbero G., Un uomo, un’idea, p. 51). notiamo, allora, una serie di quelle “coincidenze” che manifestano quanto la presenza di maria sia stata viva nella vita del beato Alberione. 10 • nel 1922 il Fondatore ebbe un sogno. Vide la madonna aureolata di luce che gli diceva: «Sono la madre della divina Grazia». • la lettera di mons. berardo a don Alberione porta la data del 14 maggio 1964. il parroco nomina ancora “Santa maria del Salice” (v. foto, pag. 9), ma la lettera è scritta dalla canonica della nuova chiesa fatta costruire, essendo ormai fatiscente la vecchia a motivo dell’umidità. la nuova chiesa porta lo stesso nome di “Santa maria del Salice”, ma è dedicata a Maria mediatrice di tutte le grazie (v. foto, pag. 12). • inoltre, l’anno della lettera è il 1964, che segnava la conclusione del Concilio; Concilio a cui don Alberione aveva presenziato come superiore generale, presentando 24 proposte alla Commissione preconciliare. la prima proposta era formulata così: «Definizione del dogma di maria Fossano (Cuneo) – Mons. Lorenzo Berardo mediatrice universale delle (1884-1988), parroco di Santa Maria del Salice grazie». • Questo desiderio era già nel suo cuore quando nel 1912 scriveva la storia della “madonnina” di Cherasco; il libro ha appunto il titolo La beata Vergine delle Grazie. • nel quinto punto della coroncina alla Regina degli Apostoli, don Alberione ci porta a contemplare maria che in cielo è stata proclamata “dispensiera di tutte le grazie”. • Per questa ragione ha lasciato ai suoi figli e figlie un desiderio e un compito. Scriveva sul “San Paolo” (dicembre 1953): «Dopo il grande impulso al culto di maria SS., dato da sant’Alfonso maria de’ liguori, il mondo cattolico si è abituato a desiderare 11 ed ha emesso fervidi voti perché il Papa procedesse a definire solennemente tre privilegi riguardo alla nostra cara madre celeste… l’Immacolato Concepimento, l’Assunzione corporea al cielo e la Mediazione universale della grazia. Già le prime due verità sono state segnate con il sigillo dell’infallibilità pontificia. i paolini portano nel cuore un vivo desiderio: che venga anche aggiunto il terzo nell’ora da Dio segnata; ad onore della SS. trinità, a vantaggio delle anime e della Chiesa, ad esaltazione della SS. Vergine» (CiSP 589). Fossano (Cuneo) – Chiesa di Santa Maria del Salice, dedicata a Maria mediatrice di tutte le grazie 12 Madonna dei Fiori a Bra “santuario della consacrazione” la sera del 29 dicembre 1336 una giovane sposa della cittadina bra (Cuneo), egidia mathis, prossima a diventare madre, ritornava a casa quando ebbe un brutto incontro. Due soldati di ventura si erano appostati presso uno dei piloni della madonna, che ancora costellano le campagne del braidese. egidia avvertì il pericolo, si slanciò verso il pilone invocando a gran voce l’aiuto della madonna e cadde in ginocchio. All’improvviso dalla nicchia si sprigionò una luce vividissima che abbagliò i ribaldi, i quali presi dallo spavento fuggirono, mentre egidia vide apparire sorridente la Vergine. lo spavento e l’emozione agirono sulla giovane madre in attesa, per cui si compì il lieto evento: il bambino vagiva accanto a lei, mentre tutt’intorno al pilone i numerosi cespugli di pruni selvatici che lo circondavano erano improvvisamente fioriti. egidia raccolse il suo bambino in uno scialle e corse alla città per dare la notizia del prodigio… tutti accorsero verso il luogo del miracolo… e tutti poterono costatare come il pruneto con i suoi rami ischeletriti e senza foglie…, appariva un cespuglio vivificato dal soffio della primavera, nonostante il freddo inverno e la neve abbondante. in quel luogo fu costruita dapprima una “piccola cappella”, ma i devoti vi convenivano sempre più numerosi; solo all’inizio dell’anno 1628, quasi tre secoli dopo, si decise di costruire un santuario ad opera del romita fra Gallino Craveri. il più grande venne inaugurato il 3 settembre 1978 (v. foto, pag. 16). maria aveva finalmente una sua degna dimora, anche se la pietà popolare sembra ancor oggi preferire il piccolo e vecchio santuario. la madonna, apparsa ad una donna incinta il 29 dicembre 1336, è la protettrice delle donne partorienti. le mamme braidesi, per consuetudine, consacrano il frutto del loro seno a maria; ancor oggi si possono contemplare festoni azzurri e rosa ai lati dell’altare a lei 13 dedicato. Anche mamma teresa consacrò i suoi figli alla madonna dei Fiori. il beato Alberione scriveva nel 1956: «la madre ci aveva tutti consacrati a maria, Regina dei Fiori, man mano che siamo nati». Questa consacrazione segnò profondamente la vita del piccolo Giacomo. il suo primo impegno mariano riguarda proprio questo Santuario. ne parla nel libro “mihi vivere Christus est”. era una promessa da ragazzi, ma la mamma esigeva già la fedeltà nel mantenere: «Avevo nove anni e, tornando da scuola, ho detto lieto alla mamma: “Vedi, mamma, Bra (Cuneo) – Santuario Madonna dei Fiori: quadro che rappresenta l’intervento sono stato promosso!”. ma non osavo di Maria in difesa di Egidia Mathis dire anche ciò che avevo promesso; ed avevo promesso di accendere una candela alla madonna dei Fiori. la mamma ha indovinato e quasi mi ha sgridato: “Adagio a promettere! ma essere poi generosi ad adempiere; va’ e non accendere una candela piccola”; e mi ha dato una moneta più grande» (mV 114). il severo monito a essere fedeli alle promesse fatte e nel contempo ad essere generosi (“non una candela piccola”) era rimasto impresso nel cuore del piccolo Giacomo. e ne ha fatto costante richiamo per i suoi parenti che invitava sempre e con insistenza a una visita al Santuario e a una preghiera fervorosa a maria; e a non lasciare quel luogo senza accendere a maria una candela non piccola ma grossa. l’ultimo fratello, tômalin, morto a 96 anni, raccontava che ogni anno pellegrinava alla madonna dei Fiori. Doveva ringraziarla per la grazia della vita: nella ritirata di Russia una granata aveva ferito gravemente due suoi commilitoni, lasciando lui perfettamente illeso. in quel momento aveva invocato la madonna dei Fiori. era il 6 giugno 1917. Quel giorno, ogni anno, si vestiva a festa; giunto al Santuario, si 14 confessava, si comunicava, pregava la madonna e poi accendeva una candela non piccola ma grossa. Fu fedele a questo impegno per 50 anni. il 1900 è l’anno del sofferto sbandamento del giovane Giacomo; era entrato l’anno 1896 nel Seminario di bra; vi fu dimesso il 7 aprile 1900. l’orgoglio del giovane rimase profondamente ferito. la mamma, preoccupata, pellegrinò a piedi al Santuario della madonna dei Fiori per raccomandarle la vocazione di suo figlio. Don Alberione stesso riconobbe che la sua vocazione fu salva proprio grazie ad un intervento della Vergine. lo afferma nel Diario giovanile, Sono creato per amare Dio, che risale all’anno 1903: «la grazia di Dio e maria mi salvò» (SC 93). All’inizio del diario scrive: «maria ha sempre tenuto sospeso il fulmine di Dio, mater misericordiæ, per i tuoi peccati e con tante grazie ti costrinse ad andare a Gesù, e poi questo a perdonarti» (SC 25). Ancora nel “Diario” racconta di un giovane che «era solito avere molta fiducia in maria SS.», che aveva «una figlial confidenza» nella sua protezione; che era solito visitare ogni giorno e da cui fu sempre esaudito. il giovane è chiaramente da identificarsi in Giacomo Alberione; il Fondatore usa il fatto personale come racconto edificante per mettere in luce quanto sia feconda la devozione a maria. lo zio di cui parla è lo zio Giacomo, morto nel 1914, ormai ottantenne, nel tentativo di fermare un cavallo imbizzarrito. Questo zio non andò mai molto d’accordo con i genitori del nostro Fondatore; eppure alla fine lasciò tutti i suoi averi ai figli di michele; aiutato da lui, il giovane seminarista Alberione riuscì a pagare la retta nel Seminario di Alba. Così conclude il racconto: «Questa è una grazia Bra (Cuneo) – Santuario Madonna segnalatissima della Vergine SS. e semdei Fiori: la statua della Vergine immersa nel pruneto fiorito pre ne la ringrazia» (SC 129). 15 Gli ex voto, nel corridoio a sinistra del piccolo Santuario, sono numerosi e di notevole valore artistico; oltre a testimoniare la fede dei braidesi e non nell’intercessione di maria, manifestano come la mediazione universale di maria abbia nel cuore del beato Alberione radici ben profonde. tra i tanti, vi è anche un ex voto della famiglia Alberione (vedi foto accanto). Vi si rappresenta il papà che, entrando in cascina con il carro trainato dal bue, non si accorge del figlioletto Giovanni che gli corre incontro, e lo travolge sotto le ruoti del carro. la mamma, con Bra (Cuneo) – Madonna dei Fiori: le braccia alzate verso il cielo, invoca la ex voto della famiglia Alberione madonna dei Fiori. il quadro, di fattura artigianale, porta la scritta: “G.R. 1898 – Alberione Giovanni”. non è di certo il fratello del nostro Fondatore che a quel tempo aveva già 19 anni. Agli storici l’ardua sentenza di stabilire… Don Alberione continuò a pellegrinare al santuario della madonna dei Fiori; e con i primi ragazzi, il 22 maggio 1916, dalla casa di via mazzini in Alba, volle fare una visita alla Vergine dei Fiori; e dopo aver pregato ai suoi piedi per ringraziarla della sua protezione e per l’opera iniziata, fece tappa da un fotografo e assieme ai suoi giovani si fece fare il “ritratto”. È la prima foto storica di famiglia. Bra (Cuneo) Tra il pilone dell’apparizione il vecchio e il nuovo Santuario Madonna dei Fiori 16 Madonna delle Grazie a Cherasco “santuario delle lacrime” i documenti storici dicono che già verso il 1240 esisteva nel luogo, dove ora sorge il piccolo Santuario, un pilone dedicato a maria Vergine delle Grazie. Sul muro del vano vi era un’immagine rappresentante a destra maria SS. col bambino Gesù fra le braccia e a sinistra san Giovanni battista in atto di venerarli entrambi. Verso il 1620, per sottrarre l’immagine alle profanazioni dei soldati di ventura, la pittura venne ricoperta alzandovi innanzi un sottile muro. Sul muro che la nascondeva si dipinse l’effigie di colui che dava il nome al pilone: San Giovanni battista prope muros. Con il passare del tempo si perse la memoria del dipinto. la riscoperta della vecchia immagine della madonna delle Grazie avvenne l’anno 1760 durante la visita pastorale del vescovo di Asti, mons. Sammartino. il fatto richiamò molta gente, che accorse per ammirare e venerare la miracolosa immagine (v. foto, pag. 18). nel 1762 iniziò la costruzione dell’attuale piccolo Santuario, di stile neoclassico, di forma ottagonale, ricoperto di una cupola “svelta e lanciata”, sulla cui sommità si apre un cupolino molto grazioso. È chiamato dai cheraschesi “la madonnina” per distinguerlo dal Santuario “maria Salus populi”, detto “la madonna”. nei ricordi dell’infanzia, tômalin, l’ultimo fratello di don Alberione, ne fa un cenno: «io sono andato tante volte a messa con Giacomino, anche nei giorni feriali e sempre nei giorni festivi; andavamo a San martino e qualche volta alla madonnina». la storia del Santuario è la prima fatica come scrittore del nostro Fondatore. Con questo libro iniziò l’apostolato delle edizioni. Fu 17 stampato nel 1912, due anni prima dell’inizio delle fondazioni. Porta il titolo: La B. Vergine delle Grazie in Cherasco (La Madonnina). Memorie – Ossequi. nella dedica del suo libro, don Alberione scrive che la storia del Santuario è stata da lui raccontata «per riconoscenza e per ottenere una buona morte». Riconoscenza per che cosa? Val la pena ripercorrere il volume, trascrivendo due paginette, per comprendere le ragioni di questa riconoscenza. È ammirevole e commovente l’enfasi con la quale l’autore descrive l’incontro dei primi pellegrini con l’immagine di maria Vergine, rinvenuta dopo secoli di dimenticanza: «Erano le primizie di quei tanti devoti, che da un secolo e mezzo accorrono ogni giorno al nostro santuarietto; erano i fortunati che venivano a ricevere le prime grazie che di là Maria SS. avrebbe dispensato. Il giorno dopo tutta la città conosceva lo scoprimento… Quanti potevano s’affrettavano a venire alla chiesa: tutti ammiravano, pregavano, accendevano candele… Questo è quanto risulta all’esterno; ma chi potrà dire i sentimenti interni di quei tanti devoti? E le corrispondenze affettuose e intime di Maria SS.? A me sembra che abbia dovuto ripetersi la scena di una madre che si ritrova, dopo una lunga assenza, in mezzo ai suoi figli. La madre è tutta tenerezza, commossa sino alle lacrime: i figli esultano della gioia più cordiale. A me sembra che abbia dovuto ripetersi la scena di una grande regina, quando ritorna a visitare e beneficare il suo popolo. I sudditi più bisognosi fanno a gara per farle conoscere le proprie miserie e supplicarla di qualche soccorso; la regina ascolta e distribuisce i suoi doni con magnificenza davvero regale. Non è, difatti, Maria SS. Madre e Regina? Ella è anzi la più tenera delle madri; ella è la più potente delle regine; ma una 18 Regina che non sa castigare, sa solo aver pietà e beneficare. Dio ti salvi, o Regina, Madre di misericordia: vita, dolcezza, speranza nostra» (o.c., pp. 41-43). nell’ultima pagina di questa storia don Alberione esprime quello che sentiva ogni volta che varcava la soglia di questa piccola chiesa: «In questo Santuario si è quasi costretti a pregare… Quanti in esso hanno pianto e pregato, quanti furono consolati, quanti sono venuti a implorare e a ringraziare! A chi conosce un po’ da vicino il Santuario è ben nota la verità di queste parole» (o.c., p. 63). Parole autobiografiche! in poche righe don Alberione descrive l’itinerario sofferto della sua vita di adolescente, di giovane, anche quella dolorosa del fallimento. lo possiamo definire “il Santuario delle lacrime”. Giustamente aveva scritto nel Diario giovanile: «la grazia di Dio e maria mi salvò» (SC 93). La copertina del primo libro scritto da don Alberione, in cui narra la storia del Santuario “La Madonnina” 19 Madonna della Moretta ad alba “santuario dell’apostolato” la madonna, venerata in questo luogo, è una riproduzione dell’icona che si trova nel santuario di moretta – un paesino della provincia di Cuneo – a cui viene attribuito il seguente miracolo. nel 1684 una donna di nome maria era andata a chiamare il veterinario Antonio Ghiglione, perché venisse a visitare le sue mucche, colpite da una malattia infettiva. Sconsolata per non averlo trovato, la donna sulla via del ritorno si fermò davanti al pilone della madonna pregandola con fede e devozione. Giunta a casa trovò tutte le bestie guarite. la notizia si diffuse rapidamente e l’immagine, che rappresentava il miracolo (v. foto, pag. 22) divenne oggetto di grande devozione. nel 1685 un signore di Alba, Giovanni Antonio marengo, dopo una visita al Santuario di moretta, decise di erigere nei suoi poderi un pilone, riproducendovi l’icona del miracolo. il modesto pilone divenne oggetto di grande devozione e meta di pellegrinaggi; avvennero anche miracoli, per cui alcuni anni dopo si sentì la necessità di erigervi una cappella. nell’anno 1900 gli oblati di San Giuseppe di Asti acquistarono la cappella e fecero costruire l’attuale Santuario, che fu inaugurato e benedetto da mons. Giuseppe Francesco Re il 30 agosto 1908. il Santuario è stato un luogo mariano molto caro a don Alberione. È tenuto dai Padri oblati di San Giuseppe marello di Asti. Chierico nel Seminario di Alba (Cuneo), in cui vi era entrato nell’ottobre del 1900, ne ha seguito con passione la costruzione. Sacerdote e Fondatore, egli andò spesso a chiedere a maria luce, forza, aiuto nei momenti difficili o a dirle “grazie” per la sua potente intercessione. 20 ma l’importanza di questo luogo mariano è data da quello che avvenne il 12 settembre 1913. ne fa cenno nella storia carismatica: «il Vescovo, quando si trattò di cominciare, fece suonare l’ora di Dio incaricandolo di dedicarsi alla stampa diocesana, la quale aprì la via all’apostolato» (AD 30). il fatto sembra possa essere così ricostruito. era l’ultimo giorno di un triduo che il Signor teologo (come allora veniva chiamato don Alberione) era stato invitato a tenere nel Santuario della moretta. mons. Giuseppe Re, presente l’ultimo giorno del triduo, rimase profondamente colpito dal fervore di quel suo giovane prete nel trattare il tema “Maria ha come principale apostolato quello di dare Gesù al mondo”. in embrione era già delineata la devozione mariana che il beato Alberione ci consegnerà: maria è una madre che non stringe tra le braccia Gesù (funzione protettiva), ma lo offre a tutti (funzione oblativa). ma diamo la parola a don Alberione stesso. nell’omelia, tenuta in occasione del suo 50° anniversario di sacerdozio (1907-1957) nel Santuario “Regina degli Apostoli” in Roma, ricorda questo luogo e questo momento: «Ogni giorno sulle orme dell’apostolo. L’autorità della Gerarchia un giorno ci ha messi sopra una strada ed apostolato diversi da quello fino allora ordinariamente seguito. Questo avvenne una sera quando il Vescovo di Alba intervenne alla predica sul nome di Maria, in cui io invitavo i fedeli a stabilire il regno materno di Maria che porta Gesù Cristo al mondo, come suo apostolato. Subito dopo mi chiamò per dirmi: “ora al tuo ordinario ministero sacerdotale ne assegno ed aggiungo un altro, di molto impegno”. Me ne indicò la via: la stampa in diocesi… Di lì tutto lo svolgimento» (CiSP 179). il luogo è la sacrestia del Santuario. Da allora assunse la direzione del settimanale diocesano Gazzetta d’Alba, fondato nel 1882 da mons. lorenzo Pampurio. era il segno tanto atteso che faceva scoccare “l’ora di Dio”. meno di un anno dopo, il 20 agosto 1914, don Alberione iniziava la prima fondazione della Famiglia Paolina, la Società San Paolo. 21 notiamo l’importanza dell’affermazione “di lì tutto lo svolgimento”: • ha sì il significato “dal momento che ho assunto l’impegno di seguire la stampa in diocesi”; • ma è soprattutto chiaro il significato locale e temporale: da quel luogo e in quel giorno; da un luogo che era un santuario mariano e in un giorno in cui si festeggiava il nome di maria, dopo un’appassionata meditazione sull’importanza della sua presenza nella storia, che ha come apostolato fondamentale quello di dare Gesù al mondo. Da questa esperienza sono maturate alcune affermazioni categoriche che ci ha consegnato in seguito: «Perché l’apostolato sia fruttuoso, è moralmente necessario che sia accompagnato dalla devozione a maria. infelice chi, andando avanti negli anni, perde o almeno lascia affievolire in sé questa devozione» (Hm ii, 69). «non si può portare a termine nessun apostolato senza maria. mettete maria a Regina dell’apostolato, se volete che questo fiorisca. Deve venire Gesù, ma precede maria… mettete il vostro apostolato sotto la protezione di maria» (Pr RA, 152). Alba (Cuneo) Santuario della Moretta: quadro che riproduce il miracolo. La Madonna tiene sulla mano una pera, segno della fecondità della terra 22 Madonna di Langa a Benevello “santuario della guarigione” Del tempo di don Alberione a benevello (Cuneo) resta solo la chiesetta “madonna di langa” antichissima. non se ne conosce bene la storia. È dedicata alla “Vergine dell’Annunciazione”. Venne ripulita e restaurata per ricordare il cinquantesimo di sacerdozio di don luigi brovia, parroco del paese. Svetta su una collinetta poco distante dal paese ed è ancora oggi luogo di preghiera e mèta di pellegrinaggio per i contadini della langa. All’interno sulla parete di destra del presbiterio si nota una lapide a ricordo delle preghiere rivolte alla madonna dai bambini del paese per il ritorno dei loro papà dalla prima guerra mondiale. benevello è il luogo delle degenza del beato Alberione. Sappiamo che nel giugno 1923, a pochi anni dalla fondazione, si ammalò gravemente. Aveva 39 anni. Don Alberione stesso accenna a questa malattia: «Si aggiunga la poca salute. “non lo salverete. la tbc lo sta prendendo”, dicevano al vescovo» (AD 112). i medici gli avevano dato dai 18 ai 24 mesi di vita. Don Alberione prese tale verdetto molto sul serio; e, dietro consiglio del vescovo mons. Francesco Giuseppe Re, pensò che il luogo ideale per la sua degenza fosse la canonica di benevello. Don brovia, felice di ospitarlo per tutto il tempo necessario, chiese unicamente che per assisterlo ci fosse una persona più giovane e più robusta della sua vecchia perpetua. Don Alberione restò a benevello fino ai primi di settembre dello stesso anno e guarì perfettamente smentendo le previsioni dei 23 medici. «A San Paolo va attribuita la guarigione del Primo maestro» (AD 64), affermerà con chiarezza. Successivamente raccontò d’aver avuto un sogno; gli apparve il Divin maestro che lo rassicurò circa l’istituto incominciato da pochi anni. È il sogno che tutti conosciamo, in cui riceve le tre frasi, trascritte in tutte le cappelle e le chiese della Famiglia Paolina; per volere del maestro divino un vero e proprio programma di vita: «Non temete. Io sono con voi – Di qui voglio illuminare – Abbiate il dolore dei peccati». Gli anziani del paese hanno tramandato la memoria delle frequenti, quasi quotidiane, visite che il chierico Alberione compiva alla chiesetta, in devoto pellegrinaggio, recitando il rosario lungo il sentiero che congiungeva il paese alla cappella. Anche da sacerdote egli mantenne la buona abitudine della visita in preghiera, quando gli era possibile; durante la degenza, quando le forze glielo permettevano, vi si recava recitando il santo Rosario. nell’estate del 1923 don brovia, attraverso il bollettino parrocchiale, invitava i devoti di benevello a supplicare la madonna di langa a voler ridonare la salute a don Alberione; mentre nel bollettino del gennaio 1924 comunicava a tutti con gioia il pieno recupero delle forze da parte del signor teologo, grazie alle preghiere rivolte alla madonna di langa. Benevello (Cuneo) – La strada che il beato Alberione percorreva per giungere alla Chiesetta dell’Annunciazione 24 santuario della regina degli apostoli Cuore mariano della Famiglia Paolina una vita così segnata dalla presenza di maria, non poteva non concepire qualcosa di grande che la onorasse. ecco il maestoso Santuario romano, dedicato alla Regina degli Apostoli. È vero, è frutto della fedeltà ad un voto fatto all’inizio della disastrosa seconda guerra mondiale; ha però alla radice questa straordinaria riconoscenza. il Santuario romano è il cuore mariano della Famiglia Paolina; è l’espressione più alta della devozione mariana che il beato Giacomo Alberione ha desiderato inculcare in ciascuno di noi, suoi figli. 25 lo possiamo qualificare in quattro obiettivi che il beato si è proposto direttamente o indirettamente. 1) saNtuariO dELLa riCONOsCENza. – Come abbiamo visto fino ad ora, nei momenti più significativi della sua vita, vi è sempre un Santuario: all’inizio della sua esistenza; nel momento cruciale del fallimento a 16 anni, la mamma lo aveva nuovamente consacrato alla madonna dei Fiori di bra. Dirà: «la grazia di Dio e maria mi salvò», e si riferisce a quel Santuario. Anche nel vivere la sofferenza del fallimento vi è un Santuario, dove andò sovente a pregare e a piangere; così vi è un Santuario che segna la guarigione dalla tbc che, al parere dei medici, gli assicurava solo diciotto mesi di vita; e vi è un Santuario che apre la sua vita all’apostolato specifico della comunicazione sociale. una presenza mariana così puntuale non poteva non suscitare quegli impulsi di riconoscenza che non si accontentano di dire “grazie”. il Santuario alla Regina degli Apostoli è il frutto visibile di questa riconoscenza. 2) saNtuariO dELLa FEdELtà ad uN VOtO. – il voto è stato fatto dal beato Alberione all’inizio della disastrosa seconda guerra mondiale che fece nel complesso 55 milioni di morti. Al termine del conflitto ne iniziò subito la costruzione, criticato da molti che giudicavano il tempo inopportuno per una spesa di quella mole. egli rispose: «Maria ha mantenuto la promessa, noi dobbiamo mantenere la nostra». nel febbraio 1950 scriveva sul “San Paolo” (si stava terminando il Santuario, che sarà dedicato il 1954): «Prima della guerra ci siamo impegnati così: Se tutte le persone saranno salve, costruiremo un tempio alla Regina degli Apostoli. Il voto ci impegnava tutti. Abbiamo ottenuta la grazia, ora dobbiamo tutti cooperare. La promessa dura ancora, come perdura tuttora la protezione sui nostri in pericolo. Si deve soprattutto pregare… le chiese non si fanno tanto di mattoni quanto con dei rosari. E il nuovo tempio sarà centro di irradiazione di grazie innumerevoli» (CiSP 462). 26 Ricorda ancora il voto il giorno 8 dicembre 1954, nel giorno conclusivo della dedicazione del Santuario: «Con l’odierna dedicazione del Santuario… compiamo due atti: 1) chiudiamo un periodo di ansie per i pericoli incontrati durante l’ultima, lunga, tremenda guerra dalla Famiglia Paolina; 2) apriamo un altro periodo che si illumina di luce nostalgica e materna di Maria… Sono circa 15 anni, dacché si era scatenata la seconda guerra mondiale: essa causò tantissime vittime… già allora la Famiglia Paolina era sparsa in diverse nazioni e composta di molti membri e tanti di essi giorno e notte stavano trepidanti nel timore di una morte tragica. Le pene e i timori di ognuno si assommavano nel cuore del Primo Maestro. Questi, preso consiglio, fiducioso per molte esperienze nella bontà di Maria nel maggior pericolo… prese l’impegno: “O Maria, Madre e Regina degli Apostoli, se salverai tutte le vite dei nostri e delle nostre, qui costruiremo la chiesa nel tuo nome”…». Per farci comprendere come fu veramente materna la protezione di maria, porta alcuni casi concreti di un suo intervento. Dice sempre in quell’occasione: il 28 dicembre 1943 Splendida inquadratura della cripta del Santuario 27 «verso le ore 14, le sirene diedero l’allarme; uno stormo di aerei da bombardamento avanzandosi da Ostia verso Roma si avvicinava a queste case paoline. Tutti, allora, si diressero verso la grotta-rifugio! Questo era l’ordine; e tutti i giovani e professi vi accorrevano. Il Primo Maestro volle rendersi conto anche delle Figlie di San Paolo; e si avviò verso la loro casa passando per il sentiero di allora. A circa metà strada una bomba cadde a pochi metri; qualche scheggia sfiorò il capo. La maggior pena fu per qualche Figlia che indisposta arrivava al rifugio per ultima ed a stento sorretta dalle sorelle; e per qualche altra che dovette rimanere per il male a letto pur confortata da una suora di molta carità. Passato il pericolo fu preso l’impegno ed anche stabilito il posto e il modo con cui sarebbe costruito: locali sotto-chiesa, e la chiesa che dominasse le case; e Maria rimanesse al centro in mezzo ai suoi figli e figlie… Tu, Maria, ci hai salvati; con una protezione che ha del prodigioso: dal Giappone alla Francia». Don Giacomo Alberione ritenne di dover precisare il luogo stesso del voto: «Il luogo della promessa è presso a poco il centro della chiesa costruita; ed è compreso nel circolo segnato nel pavimento e circoscritto dalle parole lapidarie: “…Al termine dell’Anno mariano, usciti incolumi dalla tremenda guerra, i Figli offrono alla Madre in adempimento del loro voto, il giorno 8 dicembre 1954» (CiSP 595-597). 3) saNtuariO dELLE VOCaziONi. – Ai piedi del portone di ingresso sono incise nella pietra le parole: «Accoglici, o Madre, Maestra e nostra Regina; prega il Figlio tuo perché mandi operai alla sua messe». Varie sono le motivazioni per cui don Alberione volle il Santuario, ma questa è la prioritaria. uno scritto autografo, molto probabilmente risalente al 1958, contenuto in un taccuino persona28 le, riporta: «Santuario. – la divozione alla Regina Ap. – Centro vocazioni. – Centro cooperatori. – Centro famiglie cristiane». nel 1946, quando il Santuario era appena all’inizio della sua costruzione, don Alberione scriveva: «Sarà la chiesa delle vocazioni scelte, formate e vissute secondo il cuore di Gesù Cristo. Qui specialmente si adempirà il precetto-invito del maestro Divino: “Pregare il padrone della messe che mandi buoni operai per la mietitura”. Diremo molte volte: “Accoglici, o madre e Regina nostra, prega il tuo Figlio, padrone della messe, perché mandi buoni operai alla sua messe”» (Unione Cooperatori Apostolato Stampa, genn.febbr. 1946). 4) saNtuariO MariaNO a LiVELLO di CHiEsa uNiVErsaLE. – il tema narrativo – descritto nelle tre chiese (sottocripta, cripta e chiesa superiore) – è il seguente: “Via humanitatis, per Mariam in Christo et in Ecclesia” (la via dell’umanità per mezzo di maria in Cristo e nella Chiesa). la mariologia alberioniana prende il via dalla sottocripta. la trinità SS.ma troneggia dietro l’altare: progetta la creazione per Tre dei 24 mosaici della “Via humanitatis”, che doveva percorrere tutta la sottocripta La creazione L’incoronazione di Maria Ss.ma Mosaico della SS.ma Trinità 29 dare inizio al “cammino dell’umanità” attraverso 24 pannelli in mosaico, di cui solo quattro realizzati (i primi due della serie a destra e gli ultimi due a sinistra); presentano la storia della salvezza: Creazione – Redenzione – Vita della Chiesa – eternità beata. Gli altri attendono tempi migliori. nella cripta la narrazione prosegue, presentando nei due paliotti dell’altare la vocazione e la missione della madonna: in uno, preannunziata nel Protovangelo (Gn 3,15) e nell’altro, annunziata nella “donna dell’Apocalisse” (Ap 12,1ss); ai lati della mensa sono rappresentati i profeti che hanno descritto qualche aspetto della nascita del Redentore; nella calotta le donne più significative dell’Antico testamento, che diventano figure di maria: La calotta della cripta che esalta “le donne della Bibbia” • Ester (est 2-10), regina di Persia, favorita del re Assuero, con la sua intercessione ottiene la salvezza degli ebrei dalla distruzione decretata dal perfido Aman, consigliere del re; • Giuditta (Gdt 8-16) interviene contro oloferne e ne recide la testa; • Sara (Gn 17-23), moglie di Abramo, di cui Dio vince la sterilità, 30 antenata del popolo eletto, diventa per la sua fede la madre del nuovo popolo di Dio; • Abigail (1Sam 25) salva la sua famiglia dall’ira di Davide, offeso da suo marito, nabal; rimasta vedova, sposa Davide. nella chiesa superiore, “basilica-santuario” che funge anche da chiesa parrocchiale, la narrazione raggiunge il suo culmine. Qui è descritta, con mosaici, marmi e affreschi, la vita della madonna, madre dell’intera umanità, associata intimamente all’opera redentrice del Figlio. una serie di otto quadri-affreschi, opera di A. G. Santagata, rappresenta i momenti principali della vita di Gesù e di maria Santissima e occupa la superficie della cupola inferiore. Questi quadri convergono nella gi-gantesca figura della “mater humanitatis”, che con il suo manto Raffigurazione di Maria “Madre dell’umanità” protegge il Papa (Pio Xii) e l’intera umanità, attorniata da schiere di angeli. nella cupola superiore è raffigurato al centro il simbolo dello Spirito Santo, la colomba, circondato La Sacra Famiglia di Nazaret L’istituzione dell’Eucaristia, presente Maria 31 Il magistero di Gesù, assistito dalla Madre da tre vasti cerchi concentrici di angeli, che dirigono il loro volo verso la Vergine. nei pennacchi dei quattro pilastri su cui poggia la cupola, sono ricordati i dogmi mariani: Madre di Dio (Concilio di efeso, 431), Sempre Vergine (Papa martino i, 649), Immacolata Concezione (Pio iX, 8 - 12 - 1854); Assunzione al cielo (Pio Xii, 1° - 11 - 1950). Splendido mosaico della Regina degli Apostoli, che si trova nella basilica (metri 6,10x13,5) 32 il mosaico sopra l’altare maggiore, opera di enrico Gaudenzi e Sergio Selva, rappresenta maria nell’atto di donare Gesù al mondo. È l’apice della devozione mariana del beato Giacomo Alberione, che insisteva non tanto sulla funzione protettiva della maternità di maria, ma sulla funzione oblativa: dare Gesù al mondo. Ai suoi piedi vi è il gruppo costituito dagli Apostoli, dagli evangelisti e dall’apostolo Paolo; il loro apostolato, alla scuola di maria apostola, è appunto quello di dare Gesù a tutti. nel paliotto dell’altare maggiore, con un intuito tutto particolare, don Alberione volle fosse raffigurata maria all’ultima Cena, in cui Gesù istituisce l’eucaristia. mentre da una parte l’apostolo Giuda esce «nella notte» per compiere il tradimento, dall’altra maria entra nella sala della cena. Possiamo avere un’idea della ricchezza della teologia mariana del nostro Fondatore. 5) La FEdELtà di Maria. – Don Alberione afferma chiaramente che maria continuerà ad essere fedele al voto. nel febbraio 1950 scriveva sul “San Paolo”: «Prima della guerra ci siamo impegnati così: Se tutte le persone saranno salve, costruiremo un tempio alla Regina degli Apostoli. il voto ci impegnava tutti. Abbiamo ottenuta la grazia, ora dobbiamo tutti cooperare. la promessa dura ancora, come perdura tuttora la protezione sui nostri in pericolo. Si deve soprattutto pregare…» (CiSP 462). il beato Alberione nel 1947 fece costruire l’ospedale “Regina Apostolorum” ad Albano per curare le consorelle malate di tbc. A quel tempo il terreno che lo circondava era una distesa di piante di olivi, che fruttavano un buon olio per le varie comunità paoline. ora si gode il verde stupendo di un parco curato nei minimi dettagli. È appunto nel passaggio da uliveto a parco che si sperimentò la protezione di maria. Con l’ampliamento dei padiglioni, gli ulivi divennero un grave fastidio per la polvere e il disordine che procuravano. la superiora interpellò la comunità per la sostituzione; ma l’attaccamento affettivo che si crea indusse la comunità a bocciare la proposta. la superiora soprassedette; ma l’anno dopo, senza più interpellare la comunità, dette ordine di tagliare tutte le piante. in un ulivo, vicinissimo ad un padiglione, la sega del taglialegna vibrò vicinissima ad un percussore di un ordigno bellico che – non si sa come – si era infilato nel tronco senza esplodere. lo spavento non fu poco. Si chiamò l’artificiere per disinnescare la bomba. Con stupore comunicò che il percussore era talmente consumato che sarebbe bastata una giornata di caldo più intenso per farla esplodere. 33 Nessuna più grande ricchezza si può dare a questo mondo povero ed orgoglioso che Gesù Cristo. Maria diede al mondo la grazia in Gesù Cristo; continua ad offrirlo nei secoli. Mediatrice universale della grazia, ed in questo ufficio è madre nostra. Il mondo ha bisogno di Gesù Cristo Via Verità e Vita. [Maria] lo dà per mezzo degli apostoli e degli apostolati. Ella li suscita, li forma, li assiste, li incorona di frutti e di gloria in cielo (AD 182) 34 iL MEssaGGiO MariaNO dEL BEatO GiaCOMO aLBEriONE Per capire l’importanza della presenza di Maria nella vita della “Famiglia Paolina”, occorre risalire sì agli scritti di don Alberione, ma anche alla sua vita, e soprattutto al periodo dell’infanzia. Difatti, il grande amore per Maria, vissuto da tutti i santi e da tutti i grandi fondatori, ha sempre la sua radice nell’amore tenero e forte che hanno saputo inculcare in loro i genitori fin dalla più tenera età. È qualcosa che è cresciuto con il latte materno. Così scriveva nel 1956: «La madre ci aveva tutti consacrati a Maria, Regina dei Fiori, man mano che siamo nati; quindi fin dalle ginocchia della madre avevamo imparato ad amare profondamente la Madonna». Ma l’amore a Maria va continuamente risvegliato per non perdere l’aggancio con l’amore succhiato come il latte. Difatti così diceva alle Figlie di San Paolo: «Era facile pregare la Madonna quando eravamo piccoli. La mamma ci prendeva le manine, le congiungeva assieme e poi diceva: “Ave Maria”; e noi, magari un po’ distratti, per far piacere alla mamma, pronunciavamo le parole. Quante volte la mamma ci avrà portato in chiesa davanti alla Madonna e ci avrà consacrati a Maria! Dunque, pregare Maria lo facevamo già da piccoli, a quattro o cinque anni» (Pr RA 117). La conclusione è ovvia: a maggior ragione lo dobbiamo fare ora. 35 36 Maria Madre, Maestra e regina Dal florilegio mariano che ammonta a più di 1500 pagine scritte a gloria di maria, insieme a stupende preghiere e infiniti rosari, di cui ha riempito le sue giornate e soprattutto le lunghe notti insonni, cerchiamo di ricavare le verità fondamentali che danno corposità alla nostra devozione. nell’intuire la forte necessità di un “ritorno al Vangelo” per risanare la famiglie e la società, ebbe netta la percezione dell’importanza di maria: «Chi arriverà all’immedesimazione in Cristo? la via per arrivare a questa unione è maria. Chi è più devoto di maria, si unirà più intimamente a Gesù Cristo» (Hm Viii, 131). È vero, maria esiste per Gesù; non si può parlare di maria se non in rapporto a Cristo. Appunto per questo, maria ha il suo posto autentico nella vita cristiana se diviene la via a Gesù Cristo: per Mariam ad Jesum. Da questa verità fondamentale, trasmessa da tutti i grandi devoti di maria, don Alberione fa scaturire le intuizioni sul ruolo di maria nella nostra vita di consacrati e di apostoli. «Gesù è il vertice del cristianesimo, maria è la scala. Dove entra la devozione a maria si ottiene come frutto la devozione a Castelgandolfo (Roma) - Chiesa Suore Apostoline: Gesù Cristo» (Gm 35). Maria Regina degli Apostoli di D. Moroder 37 «l’apostolo sappia a tempo e luogo levare il lembo che cela al nostro sguardo la vita intima della Vergine santa; e faccia risaltare come essa sia semplice, ordinata, invidiabile agli stessi angeli. Vita che si riassume in quello che dovrebbe essere l’ideale di ogni cristiano: tutto per Gesù, tutto con Gesù, tutto in Gesù» (Ae 204). «la madonna ci porti sempre più vicini a Gesù; come ha dato Gesù ai pastori, ai magi, al tempio. Questo è il suo altissimo ufficio: dare Gesù in terra ed in cielo. “mostraci, dopo questo esilio, Gesù”» (CiSP 47). Da queste pensieri così densi possiamo evidenziare gli aspetti dell’apostolato mariano che più hanno affascinato don Alberione. 1) Maria è L’aPOstOLa PEr “Apostola”: è il titolo con cui la qualifica più sovente. Perché è l’Apostola? la risposta di don Alberione è sintetica: perché “diede al mondo Gesù”. in latino “diede” è tradotto con “edidit”, da cui deriva la parola “edizione”. Da questa intuizione l’apostolato delle edizioni o della comunicazione sociale, assume una profonda impronta mariana, appunto perché lo scopo è quello di “dare al mondo Gesù”. un pensiero stupendo di don Alberione: «Con il nome di “edizione” non intendiamo Ariccia (Roma) – Regina degli Apostoli: studio di Teodoro Licini che si conserva soltanto un libro; noi intendianella Casa “Divin Maestro” mo altre cose. la parola “edizione” ha molte applicazioni: edizione del periodico, edizione di chi prepara il copione per la pellicola, di chi prepara il programma per la televisione, di chi prepara le cose da comunicare per mezzo della radio». tutto questo lo facciamo come maria, la quale – continua ECCELLENza. – 38 don Alberione – «“edidit nobis Salvatorem”, come dice la liturgia; la Vergine ci diede il Salvatore. usa il verbo “edidit”». nel nostro apostolato, come maria, noi “editiamo”, diamo al mondo Gesù Cristo. Questa puntualizzazione piacque così tanto a Paolo Vi che nel discorso ai capitolari paolini ebbe a dire: «maria diede al mondo il Verbo incarnato; voi siete chiamati a dare al mondo il Verbo incartato» (22 aprile 1969). 2) Maria, MadrE, MaEstra rEGiNa. – Dall’impegno di essere Apostola, che qualifica essenzialmente tutta l’esistenza terrena e celeste di maria, don Alberione fa scaturire i tre titoli con cui ci invita ad onorare la sua presenza nella nostra vita di apostoli: Madre, Regina e Maestra. E a) Madre degli apostoli. maria può dare al mondo Gesù perché lo ha partorito nel suo seno. ecco allora i due verbi che fanno di maria una perfetta “apostola” e un’autentica madre: “vivere” e “dare”. Roma – Santuario Regina degli Apostoli: • Vivere Gesù: è l’“anima delMaria con gli Apostoli (particolare della cupola) l’apostolato”. l’apostolo, per generare la vita nelle anime, deve vivere ciò che vuole comunicare. il primo apostolato ha sempre come “oggetto” se stessi; il primo annunzio l’apostolo lo deve fare a se stesso. «Prima santificarsi e poi santificare», ci diceva don Alberione. È una legge inderogabile della comunicazione: non si può dare quello che non si vive, perché «la vita griderà sempre più forte delle parole che diciamo» (emerson). San benedetto afferma che si può dare soltanto per sovrabbondanza. • Dare Gesù: è la “natura dell’apostolato”. Quel Gesù – nato, cresciuto e vissuto in me – va spontaneamente partecipato perché 39 anche altri abbiano a crescere in questa esperienza. e i modi per comunicarlo sono svariatissimi; don Alberione ha intuito che la “predicazione orale” era un modo troppo circoscritto; e ci ha affidato la “predicazione strumentale”, in cui si fa uso di tutti i mezzi della comunicazione. Questo modo di concepire la maternità di maria pone in luce non la funzione protettiva della madre, ma la funzione ablativa. ecco la maternità oblativa. nella iconografia tradizionale si presenta normalmente della maternità la funzione protettiva: la mamma tiene in braccio il figlio con un amore che commuove; dal volto e dal gesto della mamma sprigiona quell’amore che avvolge il frutto delle viscere. Quando si parla di “amore viscerale” si intende proprio l’amore di una donna per il proprio bambino. ma si tende a dimenticare che la maternità è un servizio, quindi è in funzione del dono. È la maternità Statua della Regina degli Apostoli oblativa che qualifica essenzialmente di sr. Angelica Ballan, Pia Discepola l’amore di una madre per il frutto del suo seno. il figlio non è proprietà della madre o del padre. l’amore è per sua natura oblativo: non trattiene ma offre; e non solo se stesso, ma il frutto più bello dell’amore: il figlio. Giustamente maria diventa madre di tutti coloro che generano la vita. Quel «nato da donna» di Gal 2,4 ci dice che maria ci porta Gesù, ci dona suo figlio. il suo impegno non è semplicemente portarci a Gesù, ma portarci Gesù. nella iconografia della nostra spiritualità mariana, maria non tiene in braccio il bambino, ma dona il bambino. era questo il chiodo fisso di don Alberione: Maria è Madre, perché ci dona Gesù; maria, madre delle famiglie, perché nelle famiglie porta Gesù. Per esprimere questa verità pretendeva che si rappresentasse il bambino tra le mani di maria, staccato dal corpo della 40 mamma; di modo che il gesto di “donare” Gesù fosse comprensibile a tutti. evidentemente con il materiale del tempo (marmo, legno, gesso) non era possibile rappresentare il bambino staccato dal corpo della mamma; dopo un po’ di tempo le braccia della mamma avrebbero ceduto al peso. ma questa “santa cocciutaggine” ci fa comprendere il senso vero della maternità di maria: ha accettato di dare un corpo al figlio di Dio, così da offrirlo alla morte per la nostra salvezza. e questa tragica verità l’ha portata sempre nel cuore dal momento in cui il vecchio Simeone le preannunziò che «una spada le avrebbe trafitto il cuore» (lc 2,35) Questa verità rivela l’autentica portata della maternità e della paternità: ognuno di noi è chiamato a generare la vita, fisica e spirituale, a seconda della missione affidataci. ma coloro che generiamo alla vita – e che sono divenuti nostri figli o perché generati alla vita fisica o alla fede – non diventano in nessun modo nostra proprietà. il pericolo di fuorviare è sempre presente! Quando un giovane, alla fine della stupenda lettera che aveva scritto a un sacerdote per ringraziare il Signore, si firmò: «Giuseppe, tuo figlio generato nella fede», quanto in quel momento l’aveva sentito suo! invece l’aveva generato la fede, perché a sua volta potesse compiere nel suo futuro ministero la funzione paterno-materna nei confronti degli altri. Quindi, noi li generiamo per • offrirli a Dio, così da guidarli alla comprensione del progetto di Dio su di loro; • offrirli al mondo, così da permettere che a loro volta diventino capaci di generare la vita nelle persone loro affidate. occorre ribadire che l’aspetto della maternità e paternità oblative rischia di mancare nell’esperienza della vita consacrata e di coppia; questa mancanza determina le maggiori immaturità nella persona. Se viene a mancare non è di certo per colpa di Dio, perché ognuno di noi viene rivestito della stessa paternità-maternità di Dio; solo in una profonda immersione in Dio sperimentiamo le sue “viscere materne”; altrimenti ci ritroviamo a sfogare le nostre frustrazioni attaccandoci esageratamente alle persone o al lavoro apostolico. 41 Alba (Cuneo) – Chiesa San Paolo: quadro della Regina degli Apostoli nell’omonima cappella, di Piero Dalle Ceste 42 b) regina degli apostoli. Di ogni apostolo maria è Regina non perché si pone al di sopra di tutti, ma perché si prende cura di tutti: è una regalità di servizio, non di potere. «maria ha il compito di formare, sostenere, coronare di frutti gli apostoli di tutti i tempi» (CiSP 579). le sue cure regali saranno volte a formare in ciascuno di noi l’apostolo, che per don Alberione ha queste caratteristiche: • «è un santo che accumula tesori e ne comunica l’eccedenza alle anime». evidente il richiamo all’insegnamento di san benedetto, che diceva ai suoi monaci di non essere mai “canali”, ma “cisterne”. l’apostolo deve sempre dare non per svuotamento ma per troppo pieno. Se l’apostolo non cura la vita interiore, cessa di essere tale; • «porta Dio nella propria anima e lo irradia attorno a sé». la solita regola espressa con un’altra immagine. il verbo “irradiare” indica la pienezza di vita che l’apostolo deve comunicare. «l’apostolato della beata Vergine è come il sole: manda raggi benefici di luce, di calore e di salute» (Gm 59); • «ama tanto Dio e le anime che non può comprimere in sé quanto sente e pensa»; proprio come Paolo: «l’amore di Cristo ci spinge» (2Cor 5,14); «Guai a me se non evangelizzassi» (1Cor 9,16); • «ostensorio che contiene Gesù Cristo e spande una luce ineffabile intorno a sé». immagine importante: nell’ostensorio chi spande la luce non è l’ostensorio, ma Gesù; la grandezza dell’apostolo non sta in quello che fa (la bellezza dell’ostensorio, anche se questa può colpire), ma nel lasciarsi usare come strumento da Gesù; • «è un vaso di elezione che riversa, perché troppo pieno, e della cui pienezza tutti possono godere». È ripetuto con altra immagine il concetto di san benedetto: l’apostolo non può essere canale ma cisterna che dà per troppo pieno; • «è un tempio della Trinità, la quale è sommamente operante, per cui l’apostolo trasuda Dio da tutti i pori». È la più bella definizione dell’apostolo: trasudare Dio da tutti i pori. 43 Don Alberione conclude: « ora, con questo ritratto, esaminate il volto di persone, vicine o lontane; riconoscete in esse l’apostolo? in sommo grado, con inarrivabile somiglianza, questo è il volto di Maria» (RdA 34-35). la funzione di formare apostoli è stata iniziata da maria nel cenacolo; per cui don Alberione ci invita a tornare alla prima devozione che si ebbe nella Chiesa: « la prima devozione che troviamo nella Chiesa è la devozione alla Regina degli Apostoli, come si è espressa nel cenacolo. Si è un po’ affievolita e oscurata nel trascorrere dei secoli. A voi il dolce incarico di raccogliere i fedeli attorno a maria Regina degli Apostoli… torniamo alle sorgenti. Alle sorgenti troviamo maria Regina degli Apostoli» (Hm Viii, 80). c) Maestra degli apostoli. un titolo importante, che scaturisce dalla coscienza profonda di essere “grande” – come afferma sant’Agostino – perché perfetta “discepola” di Gesù suo Figlio. nell’opuscolo “mARiA DiSCePolA e mAeStRA” dell’anno 1959 (cf CiSP 1331-1351) don Alberione così esordisce: «la nostra devozione verso Gesù Cristo Divino maestro verrà perfezionata se preparata e preceduta dalla devozione a maria maestra». e afferma che in maria le due componenti “discepolato-magistero” si armonizzano in modo profondo, rispettando una verità fondamentale: • Gesù è l’unico maestro, il maestro per natura; • maria e noi tutti siamo sempre discepoli per natura. Siamo maestri per vocazione quando il maestro Divino nell’intimità con lui ci autorizza ad annunziarlo. Anche noi siamo maestri solo a patto di tener viva la coscienza di essere sempre discepoli. Se perdiamo questa coscienza, diventiamo maestri e pastori che pascono se stessi illudendosi di pascere il gregge (cf ez 34,1ss). la nostra funzione non è mai “sostitutiva”, ma “vicaria”. nel Vt un sacerdote sostituiva l’altro, un pastore del popolo sostituiva l’altro; ora noi non possiamo agire “al posto di”, ma unicamente “in nome di”. la vera dignità dell’apostolo non è quella di essere maestro, ma di essere discepolo. Questa è stata l’autentica grandezza di maria: perfetta discepola di suo Figlio; per questo a pieno diritto è divenu44 ta nostra maestra. metterci alla sua scuola – diceva Paolo Vi – «ci obbliga a subire il suo fascino, il suo stile evangelico, il suo esempio educatore e trasformante: è una scuola che ci fa cristiani». 3) Maria, MadrE dEL BuON PastOrE. – nella cappella delle Suore Pastorelle ad Albano laziale (Roma) vi è il grande mosaico, che raffigura maria la “divina Pastora”, Gesù giovanetto e gli apostoli Pietro e Paolo; il mosaico è stato preparato su indicazione dello stesso Fondatore, che aveva contattato il prof. Santagata; ma nel 1955 si rivolse a suor ecclesia Gastaldi, Pia Discepola del Divin maestro. la sua ope-ra su tela è conservata nel salone, che è stato la sede di una primitiva cappella. Don Alberione ha dato del quadro della Pia Discepola un profonda e suggestiva interpretazione: «il quadro, che rappresenta maria madre del Divino Pastore e i santi Apostoli Pietro e Paolo, è tutto un programma di vita, un conforto, un risveglio alla fiducia. Gesù pascola le pecorelle; l’erba che Gesù e maria offrono alle Albano Laziale (Roma) – Chiesa di Gesù buon Pastore: mosaico della divina Pastora pecorelle indica l’alimento dato da loro, mostrano il loro affetto per le pecorelle. Accanto ci sono gli apostoli Pietro e Paolo. Pietro è in atteggiamento di preghiera: raccomanda e affida la chiesa a maria; Paolo indica maria alle pecorelle» (don Alberione, Alla Sorgente, 15 aprile 1956). il mosaico della chiesa riprende l’idea ispiratrice. Don Alberione, nella sua predicazione, vi fa spesso compiaciuto riferimento, in par45 ticolare nelle feste della congregazione delle Suore di Gesù buon Pastore: la ii domenica dopo Pasqua, dedicata a Gesù buon Pastore (ora è la iV di Pasqua); la solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo il 29 giugno; maria madre del buon Pastore il 3 settembre. in una di queste circostanze ebbe a dire: «È una predica il quadro che avete, dove è rappresentata la divina Pastora, la quale ha accanto a sé Gesù giovinetto in atto di pascere le pecorelle, come lei pasce le pecorelle; poi a destra e a sinistra i due apostoli: Pietro che raccomanda la Chiesa a maria, Paolo che la sospinge verso maria… maria sta in mezzo come la divina Pastora. Questo titolo a maria compete, perché ella è madre del divin Pastore e perché ella ha tanto sofferto per le anime e tanto in cielo si preoccupa della salute delle anime, dei peccatori e degli infelici che sono fuori della Chiesa e di quelli che vogliono camminare nella via della santità e della giustizia… maria protegge il Pastore universale della Chiesa, il Papa» (AAP, 1959, nn. 57-58). 4) La dONNa dELL’EquiLiBriO. – È la qualifica che le riassume tutte, un aspetto della personalità della madonna, che piacque molto a don Alberione, appunto perché è stato sempre cosciente della difficoltà di salvare contemporaneamente l’anima dell’apostolato (= vivere Gesù: dimensione contemplativa) e la natura dell’apostolato (= dare Gesù: dimensione attiva). ecco riassunta in poche parole questa esigenza dell’equilibrio che ci deve portare a guardare a maria: « Grande scoglio e difficoltà si trova nell’unire le due vite. Si è tentati di squilibrio! teniamo gli occhi fissi su san Paolo, su maria e sul divin maestro» (Pr SP 225). tutta la vita di maria è stata una meravigliosa sintesi degli opposti: • fu vergine e madre; • fu umile e nello stesso tempo alta più che creatura, • schiava del Signore e nello stesso tempo cosciente che tutte le generazioni la chiameranno beata; • è una sconosciuta popolana di israele ed è regina del mondo, • è l’umile sposa di un falegname di nazareth ed è contemporaneamente in una relazione unica con la SS. trinità: figlia del Padre, madre del Figlio, sposa dello Spirito Santo; 46 • è contemplazione silenziosa della Parola che in lei si è fatta carne ed è intensa iniziativa di servizio e di amore verso tutti. maria è veramente il “segno grande” apparso nel cielo dell’umanità. Per questo motivo «maria corrispose perfettamente alla sua missione, alla sua vocazione e ai disegni di Dio… noi pure abbiamo una vocazione speciale e con tanta catena di grazie iddio ci avvinse che siamo stati costretti ad arrenderci» (mV 40). Vocazione speciale quella di maria, quella di don Alberione, e quindi anche la nostra; con le stesse grazie ma anche con gli stessi pericoli di squilibrio. Per questo maria ha avuto una parte così importante nella vita del nostro Fondatore; la deve avere anche nella nostra. in lei dobbiamo anche noi contemplare l’ineffabile composizione delle “due vite”, in un equilibrio perfetto. «la Vergine santa seppe accogliere e conciliare in sé i due metodi di vita; seppe unire i meriti, la gloria di questi due generi di vita: fu la più vicina al Figlio suo e nel medesimo tempo fu colei che più di ogni altro operò per farlo conoscere al mondo» (iA i, 115). non possiamo essere paolini senza una forte devozione a maria! Frattocchie (Roma) – Badia Cistercense ALMA ÆQUILIBRII MATER (S. Maria dell’Equilibrio) …della cui festa non esiste data perché da mane a sera va invocata nell’estate del 1967 un monaco, intento alla meditazione mattutina, subisce maggiori distrazioni del solito perché di continua gli ritorna alla fantasia la parola “equilibrio”. lo stesso giorno, mentre in soffitta riordina cose fuori uso, ecco capitargli tra mano una lastra di bronzo con il rilievo della orante alma aequilibrii mater” (s. Maria dell’equilibrio) Riprodotta a colori su tela da fratel Armando Panniello, la venerata immagine viene oggi conservata nel monastero. Papa Paolo Vi, ricevutane copia nel settembre del 1968, raggiante in volto esclamava: «Santa maria dell’equilibrio!… Ah, proprio quella che ci vuole!». 47 Alba (Cuneo) – Chiesa San Paolo: quadro della Regina degli Apostoli, di G.B. Conti, dipinto su precise indicazioni del beato Giacomo Alberione (si trova nella sacrestia della Chiesa) 48 il quadro di Maria regina degli apostoli “Come Maria, con Maria”. l’intento dello slogan, che dà il titolo al libro, è quello di presentare maria come modello di ogni apostolato. Per entrare in modo fecondo in questo tema, essenziale per il beato Alberione che lo sintetizza nel titolo “maria, Regina degli Apostoli” e ce la presenta nella sua “funzione oblativa”, è opportuno riflettere sugli elementi del quadro che la rappresenta. nel quadro della Regina degli Apostoli sono riassunti la devozione e l’insegnamento del nostro Fondatore. nella tarda età don Alberione dalla finestra del suo studio in Roma (via Alessandro Severo, 56) guardava sovente il Santuario “Regina Apostolorum”; un complesso di tre piani: il santuario vero e proprio, la cripta che custodisce le spoglie del beato timoteo Giaccardo e la sottocripta con il corpo del beato Giacomo Alberione. il Santuario è l’espressione della riconoscenza alla Regina degli Apostoli del nostro Fondatore e la fedeltà ad un voto fatto durante l’ultimo conflitto mondiale. era il suo santuario. Quando fu inaugura49 to, il beato Don Giacomo Alberione disse nell’omelia: «Passato il pericolo, fu preso l’impegno […]. la chiesa che dominasse le case: e maria rimanesse al centro: in mezzo ai suoi figli e figlie». e il Santuario della Regina degli Apostoli sorge veramente al centro delle costruzioni paoline. Veniamo al quadro del nostro itinerario mariano che meglio descrive la mariologia del beato Alberione: il quadro della Roma - Santuario della Regina degli Apostoli: mosaico dell’abside dell’altare maggiore Regina degli Apostoli, posto sopra l’altare dell’abside (foto sopra). È il mosaico centrale. Se voi osservate la figura degli apostoli, sono tutti, diciamo così, sullo stile moderno; se invece guardate 50 la figura di san Paolo, vi differisce nello stile. Perché? Quando don Alberione vide il mosaico ultimato, non gli piacque l’aspetto che aveva san Paolo e volle che fosse rifatto, avendo come modello di riferimento l’immagine del quadro della Regina degli Apostoli che sta ad Alba e che oggi si trova nella sacrestia del tempio San Paolo, il grande dipinto di Gian battista Conti (cf con foto di pag. 48). Perché questa richiesta, che offese Gaudenzi, l’autore del mosaico, costretto ad eseguire una immagine di san Paolo che non sentiva sua? il puntiglio del beato Giacomo Alberione aveva un profondo significato: san Paolo, nella riproduzione del Conti voluta dal Fondatore, sta guardando fisso ad un punto, ed è illuminato dalla luce che viene da questa sorgente, da cui è avvolta la madonna. Quindi fissa la luce e guarda a Maria. Con questo, il beato Alberione affidava a noi suoi figli e figlie l’impegno di imitare Paolo in questa sua contemplazione. “Come maria, con maria”. il quadro che sta ad Alba è sempre stato considerato dal Fondatore come il quadro modello fondamentale della pietà dei paolini. un ricordo personale: don Alberione nel maggio 1962 mi affidò la Direzione dei Cooperatori Paolini; non erano passati tre mesi che mi chiamò perché desiderava far stampare dei poster del quadro della Regina degli Icona cara a don Alberione perché rappresenta bene la Apostoli del Conti; di questo “maternità” della Vergine Maria dovevo fare la stampa nel suo insieme, inoltre della sola immagine della madonna e poi della sola immagine di San Paolo. Quando gli portai le tre bozze mi disse: «Sì, 51 vanno bene!». osservando però l’immagine di san Paolo aggiunse: «Peccato che abbia la barba… che sembra una scopa. Però l’atteggiamento è quello giusto: guarda verso maria». Come maria! una delle prime raffigurazioni di maria Regina degli Apostoli la troviamo nella pittura che occasionalmente è stata rinvenuta nella Chiesa di sant’Apollinare a Roma. nel 1647 la caduta del calcinaccio, che copriva la parete, ci donò la figura di maria tra gli Apostoli Pietro e Paolo. il bambino Gesù si china verso san Paolo e maria verso san Pietro. i due Apostoli diventano simboli di ogni apostolato. invece, la raffigurazione classica di maria Regina degli Apostoli è Roma – Chiesa di S. Apollinare (sec. XV): q u e l l a che la la Vergine Maria tra gli apostoli Pietro e Paolo (portico) pone nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo assieme agli Apostoli. ed è quella voluta da san Vincenzo Pallotti, Fondatore della Società dell’Apostolato Cattolico. nel quadro del Pallotti occorre notare un particolare: vicino alla madonna ci sono altre donne; e poi c’è san Giovanni e san Pietro inginocchiati. la presenza dello Spirito Santo è rappresentato dalle fiammelle. È l’icona classica della madonna nella sua funzione di Regina degli Apostoli, giorno di Pentecoste. Don Alberione, in un primo tempo aveva in mente questo quadro. Anzi, Regina degli Apostoli venerata occorre ricordare che la prima devozione dai Pallottini, fondati da san Vincenzo Pallotti mariana della Società San Paolo non è 52 stata la Regina degli Apostoli, ma l’immacolata, retaggio della mariologia del Seminario di Alba, dove don Alberione ricevette la sua formazione. nel primo abbozzo delle Costituzioni della Società San Paolo del 1921, don Alberione aveva voluto dai suoi figli una particolare devozione verso l’immacolata. Alba (Cuneo) - Chiesa San Paolo: quadro della Regina degli Apostoli, commissionato nel 1923 alla domenicana suor Cecilia Verra (corridoio della sacrestia) ma già nel 1923 chiama maria “immacolata Regina degli Apostoli”. nello stesso anno si rivolge ad una suora domenicana di Alba, suor Cecilia Verra, e le commissiona il nuovo quadro. inizialmente sembra che la madonna in mano avesse il rotolo del Vangelo [appunto storico di don Giovanni battista Perego), ma era così strano questo particolare che la parte graffiata ha dato vita ad una mano che non è venuta poi tanto bene e quindi è stata vista come se additasse il cielo; vi è la presenza dello Spirito, ma maria è molto staccata dagli Apostoli. A questo primo quadro è seguito quello di Giovanni battista Conti; questo è la sintesi della teologia mariana che don Alberione insegnerà ai suoi figli e figlie. 53 1) Guardiamo innanzitutto gli Apostoli: • 1 San Giacomo lo individuiamo dal bastone. Richiama il senso del pellegrinaggio, quale deve essere la vita di ogni uomo. San Giacomo di Compostella, in Spagna, ne è il continuo richiamo. • Abbiamo poi 2 san matteo, esattore delle imposte, che risponde prontamente al “Seguimi” di Gesù (mt 9,9). • 3 San tommaso con la squadra in mano, quasi a voler misurare con la ragione la verità della risurrezione di Gesù; e si sentirà dire: «beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno» (Gv 20,29). 8 1 3 9 10 2 11 4 5 12 6 13 7 14 54 • • • • • • • • • 4 San bartolomeo tiene fra le mani la sua pelle, su cui è dise- gnata una testa, segno del suo martirio. Gli studiosi sono concordi nell’identificare bartolomeo nel maestro della legge natanaele (Gv 1,45-49). Di solito sulla pelle i pittori raffigurano la propria immagine. Segue 6 san Filippo, il discepolo che ha il carisma del “vedere” e del “far vedere” (cf Gv 1,44); eppure, durante l’ultima Cena con Gesù, è lui che fa la domanda: «mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14,8). Poi viene l’immagine di 7 san luca, che guarda inginocchiato verso la madonna. Sta con la penna in mano quasi per ricevere l’ispirazione su quello che deve dire di maria. e scrive il vangelo inginocchiato. San luca è quello che parla di più su maria: i primi due capitoli del suo libro sono chiamati “il vangelo dell’infanzia”. 5 San Giovanni, colui che “Gesù amava” e che dopo la morte di Gesù «prese con sé» maria (Gv 19,27). troviamo poi la figura di 13 Pietro che parla a 14 marco. Pare dirgli: «Guarda che dobbiamo fare quello che ha fatto maria». la figura di 10 san Giacomo il minore la si identifica perché veste al modo dei Giudei, essendo egli particolarmente osservante della legge. 9 San Giuda taddeo e 11 san Simone lo zelota. 8 Sant’Andrea porta la croce ad X, per indicare la modalità del suo martirio. la figura di 12 Paolo poi domina su tutto il quadro, l’apostolo che ha ricevuto il suo mandato direttamente da Cristo, che gli è apparso sulla via di Damasco. 2) osserviamo in modo particolare come maria è rappresentata in questo quadro. Richiama molto l’eucaristia. Quando il 1° maggio 1935 il beato Alberione collocò il quadro nel tempio di San Paolo ad Alba nell’omelia tenuta disse: «ella, nel nostro quadro, riassume l’idea dell’eucaristia fatta col suo verginale sangue; offre il frutto suo benedetto, Gesù, lo presenta come tenendo con soavissimo amore un’ostia vivente, santa, gradita a Dio» (CiSP 37). 55 ed è fortemente significativa la luce dell’eucaristia che splende dietro alle sue spalle; ma il centro però rimane sempre Gesù. nella mano destra, le tre dita benedicenti sono rivelazione di Dio uno e trino: pur piccolo, già maestro, che rivela la SS. trinità. le due dita piegate dicono il mistero della sua natura umana unita alla natura divina. nella mano sinistra tiene il rotolo del Vangelo che indica la rivelazione. insomma, quel rotolo che nel quadro della Cecilia Verra forse era stato posto nella mano della madonna, ora passa nella mano di Gesù. 3) in questo quadro viene soprattutto evidenziata l’importanza dell’apostolato delle edizioni. C’è un angelo (qui sotto a sinistra) che dà a Giovanni l’ordine di scrivere alle sette Chiese. È l’espressione che troviamo nell’Apocalisse: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese…» (Ap 1,11). Particolare che evidenzia Maria Regina che dona Gesù presente nell’Eucaristia Particolare degli Angeli che indicano “la missione paolina”: attingere dalla Bibbia e trasmetterla all’umanità l’altro angelo (sopra a destra) porta scritto «Scrutate le Scritture». Si cita il Vangelo secondo Giovanni: «Voi scrutate le Scritture, […] sono proprio esse che mi rendono testimonianza» (Gv 5,39). 56 l’invito all’apostolato delle edizioni è dato anche dal numero di libri che gli apostoli tengono in mano. lo tiene san matteo, san Giovanni, san luca, san marco, san Pietro e san Paolo. Questi libri stanno tutti ad indicare che maria “edidit Verbum Dei”, cioè diede alla luce la Parola di Dio; tanto che Paolo Vi, per qualificare l’importanza del nostro apostolato, citando i Padri, aveva detto ai Capitolari della Società San Paolo: «maria ha dato alla luce il Verbo incarnato, voi date alla luce il Verbo “incartato”». Quindi, per don Alberione la Famiglia Paolina deve continuare la missione di maria. ecco perché voleva che Paolo guardasse verso la madonna. “Come maria, con maria”, per compiere l’apostolato delle edizioni. Come è importante capire questa verità! noi abbiamo i Discepoli del Divin maestro intimamente legati ai sacerdoti: insieme formano la Società San Paolo; una è la Congregazione, unica è la professione, unico è l’apostolato. Per don Alberione, le mani del sacerdote che tengono l’eucaristia sono uguali alle mani del discepolo che tengono in mano il Vangelo e lo diffondono. Cristo nell’eucaristia, Cristo nel Vangelo. il nostro apostolato unisce intimamente eucaristia e Vangelo: unico è il Verbum Vitæ. non c’è vocazione più alta e più nobile di quella di portare il Vangelo in tutta la terra, in ogni parte del mondo. l’apostolato della San Paolo e delle Paoline, considerato da chi ci guarda superficialmente, sarà molto facilmente qualificato come “commercio”; questa sarà sempre la “spina” che porteremo nella carne. Però è la vocazione più bella e più alta che ci sia: si tratta di portare la Parola della vita. Come maria, con maria! nel 1960, tre anni prima del Concilio, una figlia di San Paolo era andata a presentare ad un Vescovo la possibilità di diffondere la bibbia a mille lire. il Vescovo le disse: «non si può fare! la popolazione non riesce a capire. Assolutamente no! Voi non avrete mai il permesso nella mia Diocesi». Ritornata a casa, incontra don Alberione e gli racconta il caso. il Fondatore risponde: «Va’ dal Vescovo e fa’ di nuovo la proposta di portare la bibbia in tutte le famiglie; e se ti dice che non riescono a capirla, tu domandagli: “Quando i suoi fedeli fanno la Comunione, riescono a capire che cosa ricevono”. Però non dire che te l’ho detto io». 57 ecco l’intima unione che c’è fra la bibbia nelle famiglie e la Comunione. Portare l’eucaristia nella famiglia e portare la bibbia nella famiglia, è la stessa cosa per don Alberione. È lo stesso Gesù, che maria ha editato. Per don Alberione, maria è la prima casa editrice: «Edidit Verbum Dei». 4) Si pone, ora, un interrogativo. Come mai nel quadro non è raffigurato il simbolo dello Spirito Santo? la risposta a questa domanda manifesta una verità basilare per comprendere bene la prima parte del discorso fatto. nel 1953 per celebrare i quarant’anni della fondazione si stava preparando un libro intitolato: Mi protendo in avanti. Presero l’impegno della realizzazione tre sacerdoti della Società San Paolo: don Giovanni Roatta, don Renato Perino e don Valentino Gambi. Per l’occasione chiesero a don Alberione di avere notizie sui motivi che lo spinsero alla fondazione della Famiglia Paolina. Don Alberione non aveva dato risposta, poi – scrive don Roatta – «venni chiamato da don Alberione, il quale mi disse queste poche parole: “Vorrei far sapere questo, che mi pare importante: che dopo la mia morte non si parli più di me, ma solo di san Paolo: lui è il Fondatore, il modello, il padre, l’ispiratore per noi…”. non molto tempo dopo mi chiamò di nuovo… mi consegnò una serie di originali in formato piuttosto grande, scritti fittissimi, con la sua calligrafia minuta; e mi disse: “Vedete se possono servirvi”. erano i manoscritti di quello che fu poi il libro Abundantes divitiæ gratiæ suæ». nel manoscritto che si conserva (vedi qui sotto), ci sono queste parole, da lui depennate e quindi non pubblicate nel primo testo 58 stampato, ma riportate poi in quello stampato nel 1985: «In uno dei sogni interrogò Maria che potesse ora fare la Famiglia Paolina di ossequio e quale omaggio attendesse dalla cristianità in questo momento storico. Maria si mostrava avvolta in luce di oro-bianco come la Piena di Grazia. Udii: “Sono la Madre della divina Grazia”. Questo risponde al bisogno attuale della povera umanità. Occorre far conoscere l’ufficio che Maria attualmente compie in cielo: mediatrice universale della grazia» (AD 201). nel sogno don Alberione sente urgente una domanda che è anche di tutti i paolini: che cosa fare? che cosa fa l’istituto Santa Famiglia, che cosa fanno i Paolini? Fare, fare, fare… e noi spesso facciamo consistere l’apostolato solo nell’agitazione. Che cosa potrebbe fare la Famiglia Paolina di ossequio? Quanto si attende oggi dalla cristianità? la risposta di maria: «Sono la madre della divina Grazia». Se osserviamo attentamente la risposta di maria, troveremo in essa quell’insegnamento molto profondo, che vorrei fosse il fine di tutte le nostre attività, il fine di ogni nostra attività. È importante quella parola: divina Grazia. Immagine di Maria, “la Madre della divina Grazia” ebbene, per dimostrare il valore apostolico della definizione “sono la madre della divina Grazia”, mi servirò prima di un ricordo personale e poi del pensiero di H. u. von balthasar e di Paolo Vi. Quando ero piccolo, ho sentito questo vocabolo “grazia” come la cosa più importante da chiedere a Dio. mia nonna, persona analfabeta, non sapeva leggere. Quando arrivavano le lettere degli zii che si trovavano in guerra, era il postino a dirle: «la manda Antonio» o «È di Francesco»; lei si metteva la lettera sul petto e aspettava che 59 arrivasse mio papà perché gliela leggesse. ebbene, più di una volta mi invitò ad andare in chiesa a pregare per gli zii che erano in guerra. inginocchiato vicino a lei, spesso mi diceva: «la prima cosa che dobbiamo chiedere è la grazia dell’anima». non sapevo che cosa significasse, ma intuivo che era una cosa molto importante, più importante del ritorno a casa degli zii. Questo è l’insegnamento ricevuto da una cristiana analfabeta. l’esempio ci richiama la sensibilità di tanti fedeli che vivono in grazia di Dio e sono mossi dallo Spirito: la prima cosa che dobbiamo chiedere è la grazia dell’anima. in seguito la riflessione teologica mi ha dato l’occasione di approfondirne il significato. oggi, riprendendo il vocabolo “divina Grazia”, dobbiamo sentire crescere in noi la meraviglia. Che cosa è questa “divina Grazia”? È importante l’aggettivo “divina”: è la grazia che viene da Dio. e che cosa è? È la bellezza stessa di Dio che per amore si comunica all’uomo, alla creatura umana. la bellezza stessa di Dio. la “divina Grazia” è lo splendore di Dio. È la luce di Dio, è la sua Gloria che Dio per amore gratuitamente comunica alla creatura. e vuol fare della creatura un essere divinizzato dello stesso splendore di Dio. Questo è il senso della vera bellezza. Quando noi parliamo di bellezza, dobbiamo guardare alla bellezza che c’è in Dio; tutte le volte che delle persone si sono accostate alla sua Gloria, alla sua luce, al suo Splendore – non si sa come definirlo – la persona è stata trasfigurata. A chi l’ha comunicata in modo massimo? A maria! Quando l’uomo vede questa bellezza, come è successo a mosé che si è avvicinato a Dio nel roveto ardente, l’uomo rischia di morire. • mosè, caduto per terra, sente la voce: «togliti i calzari, la terra dove stai è santa» (es 3,7-8). • elia si coprì il volto con il mantello quando vide la Gloria di Dio (1Re 19,13). • isaia esclama: «ohimé! io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono… eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti» (is 6,5). • ezechiele cadde «con la faccia a terra (ez 1,28). 60 • San Paolo sulla via di Damasco è accecato dalla Gloria di Gesù. (At 9,4). • Sul monte della trasfigurazione gli Apostoli, nel vedere la Gloria di cui era circondato Gesù, vengono come presi dal sonno (cf mt 17,1ss). È una bellezza che va al di là delle categorie che abbiamo su questa terra. maria si presenta come la madre della divina Grazia, avvolta totalmente da questa luce e immersa in questo splendore. ebbene, la luce che emana da maria è la presenza dello Spirito Santo. la luce è il simbolo classico della presenza dello Spirito. la luce, che emana intorno a maria, indica quello che lo Spirito Santo ha operato nella sua vita. in maria Dio viene anzitutto «per mostrare se stesso, per irradiare lo splendore del suo amore eterno e trinitario, attuato nella gratuità totale, la quale ha il vero amore in comune con la vera bellezza» (H. u. von balthasar) Quando ci troveremo davanti alla bellezza accecante di Dio e all’amore bruciante di Dio contempleremo la grazia, la bellezza estrema. noi non riusciremo mai a capire la nostra vocazione se non alla luce dello splendore di Dio che si fa presente in maria. Paolo Vi, in un discorso rivolto ai partecipanti del Congresso mariologico e mariano il 16 maggio 1975, affermava che per parlare di maria «si possono seguire due vie. la via della verità, anzitutto, cioè della speculazione biblico-storico-teologica, che riguarda l’esatta collocazione di maria nel mistero di Cristo e della Chiesa: è la via dei dotti, quella che voi seguite, necessaria certamente, di cui si avvantaggia la dottrina mariologica. ma vi è anche, oltre a questa, 61 una via accessibile a tutti, anche alle anime semplici: è la via della bellezza…». e parlando della bellezza continua: «maria è la “piena di grazia”, cioè, noi possiamo dire, la piena di Spirito Santo, la luce del quale in lei rifulge di un incomparabile splendore. Sì, abbiamo bisogno di guardare a maria, di fissare la sua bellezza incontaminata, perché i nostri occhi troppo spesso sono offesi e quasi accecati dalle ingannatrici immagini di bellezza di questo mondo» Sintetizzando possiamo dire: Maria, Regina degli Apostoli, è tale perché “è la Madre della divina Grazia”. Per mezzo di maria viene a noi il Verbo incarnato, irradiazione della gloria di Dio, così da santificare tutta l’umanità. Dobbiamo tenere aperto questo solco che ci ha indicato il beato Alberione e che oggi ci indica anche la Chiesa. benedetto XVi, da cardinale, ha detto nella Via Crucis: «la Chiesa deve risplendere di questa luce. occorre pulirla dalla sporcizia che ha». ma la Chiesa non sono i cardinali, siamo ciascuno di noi. la Chiesa è “la pienezza di Cristo” (pleroma tou Christou). la parola greca ha un forte significato ed è usata da san Paolo per indicare la pienezza della divinità in Cristo. l’uomo Gesù ha la pienezza della divinità. tanto è vero che i padri greci dicevano: «Quel Dio che l’universo non può contenere, quel Dio che supera i confini dell’universo, si è chiuso nel tuo grembo, o Vergine maria». Come maria è stata colma dello Spirito di Gesù Cristo, così la Chiesa deve avere la pienezza di Cristo. Pienezza! Piena di che cosa? Della Parola di Gesù, dell’eucaristia, dello Spirito Santo. Soltanto quando si è pieni, si ha l’apostolo, «colui che irradia Dio da tutti i pori» (don Alberione). Solo avendo questa pienezza di Cristo possiamo irradiare lui. ed è questa la missione della Chiesa. Questo è l’apostolato. 62 inDiCe introduzione 5 i - i luoghi mariani nella vita del beato Giacomo alberione (don Venanzio Floriano) 7 Santa maria del Salice a Fossano “Santuario del battesimo” 9 madonna dei Fiori a bra “Santuario della consacrazione” 13 madonna delle Grazie a Cherasco “Santuario delle lacrime” 17 madonna della moretta ad Alba “Santuario dell’apostolato” 20 madonna di langa a benevello “Santuario della guarigione” 23 Santuario della Regina degli Apostoli Cuore mariano della Famiglia Paolina 25 ii - il messaggio mariano del beato Giacomo alberione 35 maria madre, maestra e Regina (don Venanzio Floriano) 37 il quadro di maria Regina degli Apostoli (don Domenico Cascasi) 49 63 64