b i a e m d i b t t i i ni ri dir i n i itti d b ei bam TIMEOUT - ANNO XXIX - N. 1.2 -2014 d PERIODICO GIOVANILE DI CULTURA E SPORT periodico giovanile di cultura e sport Anno XXIX N. 1.2 Maggio 2014 DIRETTORE RESPONSABILE Virginio Mattoccia HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Beatrice Chiapponi, Veronica Palombo, Emanuele Costa, Claudio Cristofori, Maria Pia Tomassini, Laura Bacile, Antonella Sorriga, Alberto Tornatora, Augusto Bartolini, III Media C, Tiziana Daga, Domenica Camossi, Quinta Primaria B, Nicoletta Agozzino, Cristina De Caneva, Letizia Fallani, Emanuele Gagliardi, Terza Primaria A, Enrico Mattoccia, II Media C, Eugenia Elifani, II Media A, Vito Scammacca, Quarta Primaria B, Alice Franchetti, Elvira Scardaccione, Rebecca Sdoia, Alfonso Ussia, I Media A, Federico Guida, Terza Primaria B, Valeria Villani, Emanuele Costa, Fiamma Berardi, Aleardo M. Giovannangelo, Andrea Sicignano, Ernesto Michieli, Marco Mazzotta, Cleofe Della Valle, Dante Gandola, Benedetta Astolfi, G. Fiorani, M. Cataluddi. COMPOSIZIONE Satiz TPM FOTOGRAFIE Daniele Luxardo, Virginio Mattoccia, Lucio Brizi, Andrea Sicignano STAMPA Rotosud IN COPERTINA I Diritti dei bambini SOMMARIO PRIMO PIANO 4 Maria, la stella che ci porta a Dio 8 La convenzione sui diritti dell’infanzia 14 Il corso di scrittura creativa alla Scuola Media 16 Riunione della redazione di Time Out 22 26 28 30 32 38 40 42 46 48 50 52 58 60 62 63 64 66 72 78 80 88 90 94 CULTURA L’estetica del brutto XIV concorso letterario 2013/2014 Il catalogo delle opere del pittore Aurelio Mariani “Michelangelo, mon amour”! Il restauro del salottino Don Chisciotte al Quirinale DAY BY DAY Il Movimento Giovanile Lasalliano Due dieci e lode Terzo festival demerodiano della Scienza Schizzi di talento Progetto CLIMA in Burkina Faso Festival della Scienza della Scuola Media Le domande di la Bella e la Bestia Quelli di “Radio De Merode…” Natale con chi soffre “Io sono colei che mi si crede” Al festival della Scienza di Genova A scuola di legalità Foto e ricordi della Bella e la Bestia Visite culturali Scuola Media Un festival della Scienza “senza Scienza” SPORT Corsa campestre a Piazza di Siena Quinta campestre “Mario Presciuttini” Scientifico Campione De Merode Una bella sconfitta Distribuito presso Collegio S. Giuseppe Istituto DeMerode 3 primo piano di Alberto Tornatora Maria, la stella che ci porta a Dio “Una luce che rifulge nelle tenebre” (La Salle, Med. 164,1,2) E’ la conclusione della conferenza che il prof. Alberto Tornatora ha tenuto sul tema “Le stelle nella poesia e nella fede”, nel programma dei “Martedì lasalliani”. Per T.O. è un piacere ospitare questa riflessione sul nome Maria, “stella mattutina” Nella Lumen fidei, la prima enciclica firmata da Papa Francesco, commentando la domanda che Gesù rivolse a Marta in lacrime per la morte del fratello Lazzaro “Non ti ho detto che se credi vedrai la gloria di Dio?” (Gv.11,40), il pontefice scrive: “Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta”. (LF 1,1). L’immagine di Cristo risorto/stella matutina è tratta dall’Apocalisse (22,16): stella splendida matutina, la stella che brilla all’alba; è la luce di Cristo che procede dal passato in quanto luce della vita di Gesù sulla terra ma che è anche luce che viene dal futuro poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte. (cfr.LF 1,4) San Giovanni Battista De La Salle adopera invece l’espressione stella matutina una sola volta e la attribuisce alla Vergine Maria (E 10,1,2) perché, come spiega nella Med.164,1,2 “… partecipando della luce di Gesù suo figlio (che è venuto nel mondo per illuminare tutti gli uomini, benché molti non lo abbiano neanche conosciuto) è lei stessa una luce che rifulge nelle tenebre.” Maria è dunque, per partecipazione, une lumière qui luit dans les ténèbres. La particolare devozione di La Salle nei confronti di Maria è attestata pressoché dovunque nei suoi scritti: scrive infatti nella Meditazione 151 (3): “Lei è al di sopra di tutte le creature. Noi manifestiamo la nostra devozione verso i santi in alcuni giorni e momenti dell’anno ma quella che dobbiamo professare nei confronti della Vergine Santissima deve essere incessante.” Maria occupa i pensieri del Santo in ogni momento della giornata e per questo egli raccomanda di mettersi sotto la Sua protezione recitandole ogni giorno frequenti preghiere. Nell’opuscolo catechetico (sotto forma di domanda e risposta) Spiegazione dell’Ave Maria La Salle dice inoltre che il nome di Maria significa “signora e stella” spiegando che quest’ultimo epiteto le è dato perché lei è “la stella che conduce a Dio”. (DB4 12 01-02) Ma da dove ricava La Salle questa notizia sul significato del nome di Maria? 4 “I martedì lasalliani” sono un ciclo di incontri per tutti i componenti della Famiglia Lasalliana (docenti, frères, dipendenti, alunni) su alcuni temi formativi di pedagogia, spiritualità, attualità culturale, informazione e formazione lasalliana Ma da dove ricava La Salle questa notizia sul significato del nome di Maria? Il Fondatore dedica alla festività del santo nome di Maria (ricorrenza che oggi non è più presente nel calendario liturgico ma che allora si celebrava il 12 settembre) la meditazione 164 elaborata interamente sulla falsariga degli argomenti svolti da San Bernardo nella Omelia II in Lc. (1,26-27). E’ da lui che La Salle apprende il significato del nome di Maria quale stella maris: “E il nome della vergine è Maria. Spendiamo qualche parola su questo nome che si dice significhi stella del mare e che ben si adatta alla Vergine Madre. Ella è molto opportunamente paragonata ad una stella: così come l’astro emette il suo raggio senza diminuzione, così la Vergine mette al mondo suo figlio senza alterazione. Né il raggio diminuisce lo splendore della stella, né il figlio l’integrità della Vergine. Dunque è proprio lei la nobile stella di Giacobbe …” Bernardo fa riferimento alla tradizione degli Inni Liturgici che vengono fatti risalire a sei secoli prima, al sesto secolo della nostra era, in cui compare l’Inno Ave Stella Maris ; un testo che si fonda sulla testimonianza di San Gerolamo che nel volume sull’onomastica ebraica dei personaggi nominati nel libro dell’Esodo e nel vangelo di Matteo alla voce Maria nomina la stella di cui abbiamo parlato fino ad ora: stella che ha generato tanta letteratura e soprattutto copiosa e avvincente speculazione teologica. Una precisazione necessaria: in ebraico ci sono decine di diverse proposte di traduzione del significato del nome ebraico di Maria (Maryam) e le interpretazioni più diffuse dalla tradizione sono “mirra del mare” (mor yam), “signora del mare” (mari yam), e “goccia del mare” (mar yam). L’errore di un copista San Gerolamo, che era profondo conoscitore dell’ebraico sostiene che il nome di Maria possa significare stella maris (stella del mare), o amarum mare (mare amaro) aggiungendo anche che è opportuno sapere che in siriaco il nome significa “signora”. Ma 5 primo piano ⁄ maria, la stella che ci porta a dio Un’altra stella! Notiamo comunque che La Salle, nella meditazione... è stata proprio la tradizione manoscritta della Vulgata di Gerolamo che ha prodotto e perpetuato un errore di copiatura: quella che noi leggiamo stella maris doveva essere per la penna di Gerolamo stilla maris cioè “mar yam” ovvero “goccia del mare”. Gerolamo anche altrove (Isaia 40,15) dimostra di tradurre la parola ebraica mar con il termine latino stilla. Questo ci autorizza a pensare quanto sia davvero improbabile che egli potesse avere interpretato la prima sillaba del nome Maryam con la parola stella che nulla ha a che fare con l’ebraico mar. Possiamo facilmente intuire invece come possa essere avvenuta la sostituzione di stilla maris in stella maris: una lectio facilior (ovvero una lettura più facile, più immediatamente comprensibile per il devoto copista artefice dello scambio vocalico) una lettura che in questo caso forse sarebbe meglio definire lectio amabilior (ovvero più gradevole) favorita anche dalla suggestione dell’epiteto che esalta la virtù celeste della Vergine. Maryam ovvero “goccia del mare” (espressione che rivela un nesso logico evidente: la goccia d’acqua di mare) è diventata pertanto “stella del mare” ed ha inaugurato così un tanto affascinante, quanto infondato percorso ermeneutico, sviluppando nei secoli una fiorente letteratura al riguardo. Nel solco di questa tradizione originata dunque non da un errore di traduzione e/o interpretazione bensì da una trascrizione errata del testo della Vulgata di San Gerolamo si innesta il commento di La Salle che, nella sua meditazione sul nome di Maria, fa “sua” l’omelia di San Bernardo. Davvero tanto seducente e invitante doveva però apparire l’abbinamento Maria/stella al punto da condizionare e forzare, al limite del ragionevole, una interpretazione che lascia a dire poco dubbiosi. Il prevalere della lezione “stella” in luogo di “stilla” bene si prestava ad esaltare ulteriormente l’immagine di Maria celebrandola come fulgida portatrice di luce nella volta celeste. Tale e tanta doveva essere la suggestione di questo epiteto luminoso che non si è neanche posta sufficiente attenzione al significato dell’espressione “stella del mare”; ad una lettura più attenta invece non si può non provare qualche perplessità: l’unica interpretazione plausibile suggerisce che si voglia intendere una stella che dal cielo illumina in particolare la superficie del mare. E’ questa la versione che ha finito per prevalere sulla scorta dell’autorità di San Gerolamo che pure, come abbiamo visto, non avrebbe mai inteso riferirsi ad una stella. Un’altra stella! Notiamo comunque che La Salle, nella meditazione per l’Ottava della celebrazione dell’Immacolata, animato da uno spirito di totale devozione alla Madonna ci suggerisce, in maniera questa volta originale, che Maria al momento del concepimento, della creazione della sua santa anima, fu creata come una bella stella illuminata dalla Grazia di Dio. (Med. 83,1,1) E’ questa veramente una fulgida immagine di luce che, è proprio il caso di dirlo, riesce ad illuminarci pienamente; una felice intuizione che sarebbe di per sé sufficiente a inaugurare una forma di devozione ispirata alla figura della stella indipendentemente dalla tradizione acquisita che, come abbiamo visto, poggia su un errore di trascrizione e su un equivoco interpretativo. Ancora oggi il Superiore Generale Fratel Alvaro, ricorda la particolare devozione dei Fratelli a Maria quando, nella recente Lettera Pastorale (2013), definisce la Vergine Madre il modello “ideale dell’essere umano” (p.25), la “via privilegiata per vivere la consacrazione di Fratelli” (p.27) e si rivolge a lei, con affetto misto a venerazione, chiamandola Nostra Signora della Stella (p.23). stilla maris in stella maris: una lectio facilior 6 Il prof. Alberto Tornatora si intrattiene a conversare con i genitori e gli alunni di ...“stelle e di altro” dopo la conferenza “Le stelle nella poesia e nella fede” 7 primo piano di Augusto Bartolini la convenzione SUI DIRITTI DELL’INFANZIA I bambini della Scuola Primaria, riflettendo sui loro diritti, hanno realizzato dodici quadri e un bel calendario per i bisognosi di Scampia Nel periodo prenatalizio i bambini della Scuola Primaria hanno realizzato un bel calendario. La iniziativa ha ottenuto almeno tre successi: ricordare la dichiarazione dell’ONU sui diritti dei bambini, sintetizzare quanto i “GRANDI” hanno affermato sui loro diritti, anche se poi hanno fatto poco; contribuire ad un’opera di beneficienza, a favore delle iniziative sociali dei Frères a Scampia; mettere insieme le capacità in un lavoro di gruppo, sotto la direzione degli insegnanti. Sono pubblicate le didascalie che Augusto Bartolini ha scritto per i 12 quadri. “I bambini sono ciò che ci resta del Paradiso. I bambini sono la nostra speranza. I bambini sono il nostro futuro. I bambini sono l’eternità dell’umanità”! Ogni essere razionale dovrebbe dedicare grande attenzione a educarli e a considerarli qualcosa di talmente prezioso da renderli intoccabili! Ma non è così, purtroppo! Neanche la Carità Cristiana fa da supporto a colui che (quadro 3) si permette di far del male a un fanciullo, forse non esiste peccato più grave e orribile di quello che infrange i sogni e le speranze di un bambino. Gesù dice che “sarebbe meglio per lui se si legasse una macina al collo e si buttasse in mare”. E, forse, neanche i pesci lo vorrebbero. Il 20 novembre 1989, a New York, davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel famoso palazzo di Vetro, nasceva la “Convenzione sui Diritti dell’Infanzia”. Quest’accordo, tra 193 Nazioni di tutti i continenti, promuove e tutela i minori e racchiude tutti gli sforzi compiuti in tanti anni a difesa dei diritti dei bambini. E’ l’impegno di tutti i popoli ad assicurare un futuro migliore per tutti i bambini. Un impegno non fatto di parole, o garantito solo dai principi enunciati, ma poggiato su norme vincolanti. Nella storia del diritto internazionale la Convenzione è unica soprattutto perché: - è il trattato che ha ricevuto un quasi unanime consenso universale (è stato ratificato da 193 Paesi). La recente riforma della scuola ha sottolineato la centralità, nella didattica, dell’alunno come “persona”, e ha indicato la scuola come laboratorio privilegiato per iniziative formative nel campo dell’educazione interculturale, per contrastare ogni forma di discriminazione e come sede dell’insegnamento di “Cittadi- 8 nanza e Costituzione” in ogni ordine, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado, per conoscere la nostra Carta e poi i Diritti di tutti i bambini del mondo, così da garantire, nel futuro, la convivenza pacifica tra i popoli, la difesa dell’ambiente e la difesa dei nuovi diritti che si affacciano nel mondo contemporaneo. 9 Questo impone a tutti noi, come collettività, di assumerci la responsabilità di concorrere alla conoscenza, alla difesa e al continuo sviluppo di questi diritti, anche nel nostro vivere quotidiano. Maria Montessori affermava che “evitare i conflitti è opera della politica, costruire la pace è opera dell’educazione”. (L.F) primo piano ⁄ LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA Opera quindi a livello mondiale superando e accordando culture, religioni, ordinamenti e tradizioni di popoli diversi. - Nei contenuti rappresenta un punto di svolta: è il più importante strumento normativo che sancisce legalmente la “centralità dei bambini e dei ragazzi” nel mondo. Riconosce per la prima volta al fanciullo, in quanto individuo, un vero e proprio status come “titolare” di diritti sia all’interno della famiglia, sia nella comunità sociale in cui vive e cresce. - La valenza vincolante della Convenzione è rafforzata dall’azione di monitoraggio affidato ad un organismo di garanzia sopranazionale, il Comitato dei dieci: dieci persone che esaminano, indipendentemente e impar- “centralità dei bambini e dei ragazzi” nel mondo Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo zialmente, i rapporti degli Stati, li discutono e avanzano critiche e raccomandazioni. Gli articoli della Convenzione possono essere raggruppati in quattro categorie in base ai principi guida che informano tutta la Convenzione. I principi fondamentali della Convenzione sono: • Principio di non discriminazione: sancito all’art. 2, impegna gli Stati partecipanti ad assicurare i diritti sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione del bambino e dei genitori; • Superiore interesse del bambino: sancito dall’art. 3, prevede che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino deve essere una considerazione preminente; • Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo: sancito dall’art. 6, prevede il riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo. (L.F.) DIRITTO ALLA FAMIGLIA Non bastano guerre, distruzioni, malattie e tutto ciò che fa parte della debolezza umana, deve anche sperare in cuor suo che i suoi genitori abbiano la capacità di amarsi fino in fondo per non rischiare di trascorrere una fanciullezza sballottata e già segnata dall’incubo dell’abbandono DIRITTO ALLA VITA Già subito dopo il concepimento è minacciato da forze che mettono al primo posto interesse ed egoismo a discapito del suo sacrosanto diritto di far parte del mondo umano. E, se sopravvivrà a tale sciagura, non è detto che trascorra una fanciullezza dignitosa DIRITTO AL GIOCO, AL TEMPO LIBERO Se il grande pretende il suo spazio libero, per i suoi divertimenti e il suo relax, perché ai piccoli si impedisce di possedere uno spazio e un tempo tutto per lui? No, noi vogliamo gridare con tutte le nostre forze a favore di quella parte giovane dell’umanità costretta al lavoro come schiavi senza aver mai avuto il piacere di giocare DIRITTO ALL’AMICIZIA, AL RISPETTO, ALL’UGUAGLIANZA Siamo noi a scegliere le amicizie dei nostri figli. Guidiamoli nella scelta! Siamo noi a dover abituare i nostri figli al rispetto dell’altro e delle altrui cose. Siamo noi a dover dire alle nuove generazioni che il colore della pelle, il ceto sociale, la lingua, il censo, la nazionalità ... non rendono disuguali ma sono differenze che rendono l’umanità più varia e ricca. Diciamolo e non solo con le parole...! 10 11 primo piano ⁄ LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA DIRITTO ALLA CASA, ALLA PROTEZIONE, ALL’EDUCAZIONE, ALLO STUDIO E’ talmente ovvia la questione che gli uomini fanno del tutto per rendere il problema di difficile soluzione: chi è costretto a vivere in un tugurio da piccolo, chi sarà da grande? Di chi la responsabilità se quei bambini divenuti adulti vivranno poi ai margini o contro la società? DIRITTO ALLA SALUTE Se tutti i bambini del mondo sono preziosi, perché non tutti possono desiderare una vita più sana? Perché i grandi, che sono preposti alla loro salute, non si curano di tutti? Mancano le risorse? Ma per gli armamenti le risorse non mancano mai! Vogliamo cominciare a usare di più la ragione e meno l’egoismo, a reintrodurre il paradiso sulla terra? Cominciamo con il rispettare e far rispettare tutti i diritti di cui devono godere i nostri piccoli eredi e nel giro di poche generazioni, il male e tutti i suoi sottoprodotti sparirà e allora nascerà un’altra era dell’oro. (A. B.) 12 13 primo piano di Vito Scammacca IL CORSO DI SCRITTURA CREATIVA ALLA SCUOLA MEDIA Prendere confidenza con la scrittura fuori dalle regole dei compiti, scoprire la bellezza delle varie forme di comunicazione Il sette marzo si apre la terza edizione del corso di potenziamento intitolato “la scrittura creativa”. L’anno scolastico 2010/11 ha visto nascere, quasi per una scommessa, un progetto dedicato ai ragazzi e organizzato dal prof. Scammacca. Si parlava di una scommessa, perché non è facile trovare strategie in grado di motivare i ragazzi alla scrittura in un’epoca come la nostra, in cui la sintesi nella comunicazione è premiata e incoraggiata dai mezzi tecnologici che noi adulti mettiamo nelle mani dei figli e degli alunni. Riuscire a far scoprire il bello che c’è nello scrivere, per se stessi, per gli altri, per altri scopi che non siano necessariamente legati al tema in classe, è stata in fondo la scommessa che la scuola media ha voluto fare, un rischio che i professori coinvolti hanno voluto correre, un tentativo che alla scuola rimane per far vedere ai ragazzi ciò che studiano in classe da un’altra prospettiva. Il progetto nasceva infatti dalla attenzione che da sempre il Collegio S. Giuseppe riversa nei confronti dei ragazzi migliori presenti in ciascuna classe, quei ragazzi che potrebbero e vorrebbero far di più, ma che in qualche caso devono fare i conti con livelli di velocità di apprendimento differenti o di conoscenza inferiori all’interno delle proprie classi. Questo è un aspetto, si sa, che fa parte della vita, il confronto con persone diverse da noi è uno dei principi fondanti della nostra scuola, ma grazie al corso di scrittura creativa, quei ragazzi possono approfondire attraverso la creatività, a volte messa da parte nelle lezioni mattutine. Un bell’incoraggiamento che gli alunni hanno nel partecipare a un corso pomeridiano di questo tipo (e spesso non è agevole trovare un pomeriggio da mettere a disposizione della scuola, per scrivere e approfondire) è la gratificazione che essi riceveranno alla fine, quando verrà consegnato loro un opuscoletto contenente un’antologia delle migliori prove narrative e poetiche, scelte dal prof. curatore, selezionate tra tutte quelle svolte durante l’intero corso. Questa notizia, in genere, motiva i ragazzi in vista di una futura gratificazione: questo è ciò che la scuola sempre dovrebbe fare: dare fiducia ai ragazzi che crescono, dando loro gli strumenti per costruirsi il loro futuro. Il nostro corso ha durata quadrimestrale, si tiene una volta alla settimana, per un’ora e mezza circa; gli incontri si svolgono, per lo più, in questo modo: il prof. legge ad alta voce o chiede a uno degli alunni di leggere un brano fornito (può trattarsi di un passo di un romanzo, di una poesia, di un intero racconto), successivamente il prof. illustra le principali caratteristiche del testo, fa riflettere quindi gli alunni sulle tecniche che terza edizione del corso di potenziamento intitolato “la scrittura creativa“ 14 sottendono alla sua stesura, dà dei consigli di scrittura, infine assegna la consegna da svolgere durante il pomeriggio, eventualmente da concludere a casa. La maggior parte degli incontri si chiude con la lettura dei lavori iniziati o finiti da parte dei partecipanti. In ultimissima analisi l’insegnante dà dei consigli di lettura, chiedendo: - Vi è piaciuto scrivere una pagina di diario immaginario? - . A chi tra i ragazzi rispondesse affermativamente, egli consiglia la lettura, per esempio, del “Diario di Eva” di Mark Twain, da cui è stato tratto il passo letto ad alta voce che ha aperto l’incontro. Questa procedura consente alla scuola di appassionare anche alla lettura, con un metodo abbastanza innovativo: i ragazzi prima si impadroniscono, sperimentandole, di nuove tecniche, poi, se vogliono, sono chiamati a leggere quei testi scritti con quelle stesse tecniche. Non è sempre possibile spiegare in teoria quali sono le peculiarità di un testo scritto, soprattutto di stampo letterario, capirlo con la pratica, a partire dalla lettura preliminare di un esempio, è invece più agevole e più efficace sul piano didattico. In questa direzione sono stati potenziati gli incontri di scrittura creativa legati alla comprensione e alla produzione del testo poetico. Nell’ordine di come sono stati inseriti nel progetto, riguardano lo studio della figura retorica della sinestesia, che prevede l’accostamento di due termini (aggettivo e nome) che afferiscono a sfere sensoriali differenti (“un caldo appaluso”: caldo è legato alla sfera tattile; applauso alla sfera uditiva), e la produzione di un testo in versi incentrato sulla costruzione di tale figura, attraverso esercizi intermedi di difficoltà crescente che permettono agli alunni di prendere confidenza con questa tecnica. Lo studio di una forma di poesia tipicamente giapponese, l’haiku, è oggetto del secondo incontro sulla poesia; spesso scambia- Quando la lingua viene scomposta e rimessa in ordine, diventa gioco to per testo criptico o ermetico, in realtà si tratta di un testo prevalentemente descrittivo, impressionista a volte, ma che deve contenere in pochi versi l’essenza stessa di ciò che dice il titolo. L’ultimo della serie poesia, prevede la conoscenza di una categoria tematica arbitraria ma utile per gli studenti di scuola media, la poesia fantasticheria, una forma di evasione dalla realtà che, in genere, è molto gradita a chi ha tanta fantasia, come i nostri ragazzi. La lettura di testi di questo tipo incoraggerà gli alunni a mettersi alla prova nella stesura di una poesia che contenga elementi del loro mondo, tratti dalla loro fantasia, ma diventa anche un esercizio di tecnica poetica nella misura in cui dovranno provare a farlo scrivendo in endecasillabi sciolti! Gli esperimenti riguardano anche il testo narrativo, con prove relative al racconto in chiave parodica, da un altro punto di vista, di una storia già nota dalla parte di un personaggio secondario, cambiando le proporzioni degli oggetti e dei personaggi, sul modello di ciò che racconta Gulliver nel famoso romanzo di cui è protagonista e altri giochi letterari di questa risma. Quando la lingua viene scomposta e rimessa in ordine diventa un gioco. È allora, come insegnano molti maestri come Gianni Rodari e compagnia bella, che entrano in gioco i ragazzi: è nostro dovere farli partecipare. 15 di Fr. Virginio Riunione della redazione di Time Out “Ci vediamo nella sede degli exalunni, quella sala con le copertine di T.O. intorno alle pareti, vicino alla portineria”. Le “fantastiche” riunioni di T.O. tutte da scoprire Alle malcapitate Cleofe e Veronica manca solo il grembiulino della terza elementare, a vederle con quale compostezza, pazienza e ansia attendono; intanto Virginio passeggia con alcuni fogli in mano nel terrazzino, in attesa degli altri e di Beatrice, che fittamente parla con Stefania sulle scale: cosa si diranno, non alzano mai gli occhi, né “sputano mai”, come volgarmente si dice, ma certo, sono professoresse, nonché educatrici e non lo farebbero mai! Valentina e Rebecca “si sono date” con molto anticipo. Ora manca Virginio, è andato in cortile a parlare con gli amici. Beatrice arriva decisa, accende il tablet e inizia a dare suggerimenti e assegnare compiti. “L’affollata” riunione (con Veronica e Cleofe) ansima tra il silenzio spugnoso di Cleofe, e lo smarrimento di Veronica che si blocca davanti alla professoressa, anche perché negli occhietti, le brilla Valentina Marchei. “Per merito degli articoli su Time Out Raffaele, Paolo, Elena, Patrizia sono diventati giornalisti professionisti; Patrizia è addetta stampa alla regione Lombardia ...”. Esordisce Virginio, appena arriva e continua, orgoglioso del passato: “Noi facevamo la riunione di redazione dopo l’uscita di ogni numero (fino a 8 in un anno) e ci “tiravamo in faccia il fascicolo”, facendo tutte le possibili osservazioni negative; la più critica era Francesca, mai soddisfatta, ora fa la regista. Tu, Cleofe, cosa hai da dire su questo numero? Mi metto vicino a te così ti sento meglio”. Alla malcapitata si serra la bocca e neanche la loquela di Antonio, arrivato in soccorso della compagna di classe, la convince a sbilanciarsi. “Scusate, ma io devo andare”. Veronica fa la cartella e fugge. Rimangono Virginio e Antonio per l’interrogatorio, e Beatrice “a parare i colpi”. Alla fine si viene a sapere che il padre di Landi ha apprezzato gli articoli di La professoressa Beatrice Chiapponi inizia la riunione della redazione di T.O., per preparare il prossimo numero. La riunione è legale perché i partecipanti sono due, che è superiore a uno! 16 T.O. e anche ai “radiologi” di Radio Elle che in breve tempo sono saliti ai primi posti della classifica. È tardi, ragazzi, a domani per la premiazione e a mercoledì per la prossima riunione.” Chiude Beatrice. La riunione prossima ha di certo solo la data e il luogo, nella sede degli ex. All’ora fissata Virginio se ne è andato a passeggiare in piazza di Spagna e viene rintracciato dopo un’oretta e gli altri o sono assenti o aspettano. “Vi faccio vedere le copertine dei numeri precedenti”. Esordisce Virginio appena arriva nella sede degli exalunni ed anneghiamo per tutto il tempo in una serie di amarcord, causato dalle copertine di Time Out e dai numerosi paginoni-caricature di Emanuele Gagliardi intorno alle pareti. “Questo è Fr. Manlio, presente in tutti Antonio Landi, Veronica Palombo e Cleofe Della Valle: molto interessati alla riunione!! (La riunione procede spedita perché chi dorme, chi legge, chi sogna) Cioffi-Costa, che Cleofe ha gustato il quiz “pisicologicodemerodiano” e ha letto solo il suo articolo sul teatro, che Beatrice ha risolto i quiz delle due pagine finali con l’intento di suggerire le risposte ai lettori e far premiare i “suo redattori”. Antonio ancora parla, parla della copertina, del formato, degli articoli troppo lunghi, della mancanza di vignette, di belle foto d’attualità, della importanza di distribuire T. O. di venerdì e mai di sabato, della necessità di “esserci sempre” ... Sembra di sentirlo a Radio Elle. Virginio gli chiede in quale qualità sta qui: “Come T.O. o radio Elle”? La generosa Beatrice interviene: “Per tutti e due, perciò diamo il Mammut della Newton Compton ai redattori di “Vi faccio vedere le copertine dei numeri precedenti” Premiati di T.O. e Radio Elle con un “Mammut” della casa editrice Newton Compton, il 9.1.2013. Manca la prof. Beatrice, animatrice di T.O. Rebecca Sdoia, Valentina Villani, Veronica Palombo, Alfonso Ussia, M. Cleofe Della Valle, Carlotta Inserra, Laura Mansi, Antonio Landi, Paolo Citarella, M. Cristina Petitti, Chiara Blasetti, Carlo Grisostomi 17 primo piano ⁄ Riunione della redazione di Time Out Le vignette di Emanuele Gagliardi su Time Out del 2001 i numeri, quella è Francesca”. Beatrice ricorda a Laura e alla sua “ombra” Carlotta l’articolo sul teatro. Dialoga con Marco Lin, dagli occhi come due grani di pepe, e con i suoi due attendenti, muti come due convitati di pietra, sull’eventualità di un formato tablet di T.O. “Quella era la prima testata, copiata dal Time Out di Londra, con il tempo siamo arrivati a quella attuale, che ricalca il Time di N.Y”. Continua Virginio. Beatrice tenta di riportare il discorso a oggi e chiede ai numerosi partecipanti (tre in tutto, perché altri tre sono i “convitati di pietra”) di quanto tempo hanno bisogno per l’articolo, raccomanda di appuntarsi gli sfarfalloni dei compagni in classe e i lapsus degli insegnanti, perché essi non fanno errori, ma lapsus: vuole farne “una rubrica molto divertente”. “Sì, gli strilli si possono mettere sulla copertina, come questo numero che è del XXV di T.O.” Interrompe ancora una volta Virginio e prosegue diritto per altri 20 minuti nel racconto della festa per il XXV di Time Out. Beatrice aspetta con i fogli in mano, i presenti chiedono scusa, perché “si è fatto tardi” e vanno via. Beatrice conclude: “Abbiamo fatto una buona riunione, vedrete che il prossimo numero sarà un bel numero”! Forse voleva dire: “Non abbiamo fatto nessuna riunione; siamo in linea con gli anni passati. La previsione sul “bel prossimo numero” è una speranza. (V.M.) “Intorno a voi potete vedere quasi tutte le copertine di Time Out, con i poster delle caricature di Emanuele Gagliardi” Riunione della redazione di Time Out, negli anni ’90, all’epoca della direzione C.S.G.-I.D.M. di Fr. Vittorino Eusepi 18 19 A. Sorriga - G. Forconi - L’educazione fisica Fr. Manlio - La filosofia Fr. Virginio - Fr. Remo - Lo sport 20 Siamo nel 2001 ed Emanuele Gagliardi, già allora, così prevedeva la fine di insegnanti, frères e amici di T.O. Fr. Alessandro - Fr. Lucio - Il coro 21 CULTURA di Tiziana Daga L’Estetica del brutto In preparazione allo spettacolo “La Bella e la Bestia” la prof. Tiziana Daga ha tenuto agli studenti del Triennio una lezione sull’estetica del brutto e la sua evoluzione lungo le età culturali. Nella stessa mattinata Fr. Emanuele Costa ha guidato gli studenti sull’origine e l’evoluzione della stessa favola; il prof. Alberto Tornatora ne ha messo in evidenza uno dei possibili significati; infine la prof. Alessandra Cornelli, prima di una breve anteprima della spettacolo, ne ha illustrato le varie interpretazioni artistiche (Riportiamo una parte dell’intervento della prof. T. Taga, purtroppo privo del grande materiale didattico che ha accompagnato la sua lezione. Se il bello è opinabile, il brutto è certo. Ma poi è così vero? Quello che è certo è che il brutto, come il bello, è un concetto chiave dell’estetica di tutti i tempi e che ogni cultura, accanto a una propria concezione del Bello, ha sempre affiancato una propria idea del Brutto. Ma se in ogni secolo poeti, filosofi e artisti ci hanno lasciato ampie testimonianze sulla definizione del bello, diversamente è accaduto per il brutto, il quale ha avuto la sua prima trattazione autonoma solo nel 1853, quando il filosofo hegeliano Karl Rosenkranz pubblica l’Estetica del Brutto. L’autore, partendo dall’idea tradizionale del brutto come fratello gemello cattivo del bello, possibile errore che il bello contiene in sé, evidenzia come ogni estetica, in quanto scienza della bellezza, debba necessaria- mente affrontare anche il concetto di bruttezza. Ma quando Rosenkranz dalle definizioni astratte passa in rassegna le varie forme attraverso le quali questa idea si traduce, il brutto di natura, il brutto spirituale, il brutto nell’arte (e le diverse forme di scorrettezza artistica), l’assenza di forma, l’asimmetria, la disarmonia, lo sfiguramento e la deformazione (il meschino, il debole, il vile, il banale, il casuale e l’arbitrario, il rozzo), le varie forme del ripugnante il brutto di natura, il brutto spirituale, il brutto nell’arte 22 “Le Cauchemar” (1781), de Johann Heinrich Füssli. (Bridgeman Art Library) (il goffo, il morto e il vuoto, l’orrendo, l’insulso, il nauseante, il criminoso, lo spettrale, il demoniaco, lo stregonesco e il satanico), fa intravedere una sorta di “autonomia del brutto”, che lo rende qualcosa di ben più ricco e complesso che non una serie di semplici negazioni delle varie forme di bellezza. In altri termini: troppo per continuare a dire che il brutto è il semplice opposto del bello inteso come armonia, proporzione o integrità, considerando anche quanto la concezione che abbiamo dell’arte classica sia viziata dall’estetica neoclassica. Inoltre, non si può ricostruire una storia del brutto senza tener conto della diversa percezione che di questo abbiamo sia soggettivamente, sia relativamente al gusto dei tempi. E’ poi necessario anche distinguere tra quello che possiamo considerare il brutto in sé e quella che è la sua rappresentazione. Infatti Aristotele notava come la bruttezza ci può attirare irresistibilmente (come la visione di un cadavere) e come si possa “realizzare il bello imitando con maestria ciò che è repellente”. Già la mitologia greca nello sposare il più brutto degli dei, Efesto, alle più belle dell’Olimpo - da Afrodite (la dea della bellezza) a Charis (la Grazia) – rico- Le streghe di Goya 23 CULTURA ⁄ L’ESTETICA DEL BRUTTO il Rinascimento scopre il gusto del deforme comico e burlesco nosceva l’implicito rapporto che c’è tra gli opposti, testimoniando ancora una volta quanto sia sfumato il confine tra bello e brutto. Senza tener conto del fatto che Efesto (Vulcano) non è solo brutto, ma è soprattutto uno straordinario, portentoso artigiano capace di forgiare con il fuoco bellissimi oggetti dalla materia informe. Lo stesso mondo immaginato dagli antichi pullulava di orrende creature, basti pensare al mito del minotauro, metà uomo e metà toro, nato dal sacrilego amplesso della regina cretese Pasifae con il toro divino inviato da Poseidone, o a quel mostriciattolo di Priapo, che sconta con una triste solitudine le spropositate dimensioni del suo fallo. In questo contesto, e dalla coscienza di come il brutto ed il male siano insiti nella natura, nasce nei greci l’aspirazione ad un bello ideale, capace di superare l’imperfezione del reale, quel brutto che Platone vedeva come la naturale conseguenza dell’essere la realtà un riflesso del mondo delle idee. Tale aspirazione si tradusse nel canone, ovvero in quella misura capace di dare unità all’insieme attraverso la proporzione, che Policleto, nel V secolo a.C., rappresenterà nella sua scultura, destinata ad influenzare per secoli l’arte occidentale. Conseguente fu per i Greci associare la bellezza esteriore a quella interiore, concetto espresso nella kalokagatìa, (kalòs = bello e agatòs = buono), mentre all’opposto nell’arte, nella letteratura e, più tardi, anche nella finzione cinematografica, la bruttezza fisica, spesso descritta dall’artista negli aspetti più perversi e grotteschi, avrebbe acquistato sempre più una connotazione negativa, accompagnandosi con una naturale propensione alla malvagità e al brutto spirituale. Si pensi alla figura di Tersite, descritta da Omero nel II canto dell’Iliade; o alla deformità del gobbo e rachitico Riccardo III di Shakespeare, incarnazione della capacità corrosiva del potere; o ancora alle streghe di Goya, emblematiche immagini delle angosce e delle paure dell’uomo di tutti i tempi. Ma quanto sia semplicistico vedere anche nella bruttezza l’opposto del bello-buono lo dimostrano l’elogio che si tributava a brutti dall’animo nobile come il favolista greco Esopo o il filosofo Socrate. O, ancora, è luciferinamente illuminante scoprire come la parola Diavolo derivi dal greco diabolos che vuol dire “Colui che divide” e scoprire le tante e tante metamorfosi che l’immagine del principe delle tenebre ha avuto nel corso del tempo: da quella medioevale di male assoluto con sembianza di mostruoso caprone, alle seducenti fattezze di angelo ribelle caduto dell’età romantica. Con l’era cristiana il brutto entra a pieno titolo nella storia dell’arte e dell’estetica. La visione pancalistica dell’universo rafforza l’idea che il brutto, come il bello, sia necessario al disegno divino. E mentre nei cosiddetti secoli bui alle strade e alle città romane si sostituiscono gradualmente selve e foreste e alle pragmatiche certezze del diritto romano la speranza nella misericordia di Dio, nei monasteri sparsi in tutta Europa si producono meravigliose pagine miniate popolate da creature mostruose, fantastiche e con il ricorrente tema del labirinto da percorrere. Questo stesso Medioevo fantastico riempirà la paura dell’ignoto e del giudizio finale dei colori dell’Apocalisse di Giovanni, trasformando il brutto in un motivo di meraviglia mentre, con la rinascita delle città alla fine del Mille, la fede della gente trasformerà in bellezza l’umana sofferenza del corpo di Cristo in croce Se il Medioevo spalanca le porte all’estetica della soffernza e del brutto, il Rinascimento scopre il gusto del deforme comico e burlesco, come dimostra- Con l’era cristiana il brutto entra a pieno titolo nella storia dell’arte e dell’estetica 24 no il tono ora allegorico, ora scurrile del Gargantua e Pantagruel di Rabelais o certe curiose rappresentazioni fantastiche di Arcimboldo. Con il Barocco il brutto diventerà sempre più reale: se da una parte i martiri e le estasi diverranno sempre più persuasivi, dall’altra l’Inquisizione creerà nuovi mostri scatenando la caccia alle Streghe. L’Ottocento romantico scoprirà il gusto per il perturbante e il piacere dell’orrido, del proibito e del brutto nei suoi aspetti più misteriosi, facendo di molti mostri dei veri e propri eroi romantici come Quasimodo, protagonista del romanzo di Hugo. A chiudere questo breve excursus saranno i nuovi canoni dell’antigrazioso proposti dalle avanguardie artistiche del primo ventennio del Novecento, per le quali non esisterà più nessun canone. In particolare gli espressionisti e i dadaisti hanno fatto del brutto la loro bandiera, i primi spinti dall’urgenza di dare forma al disagio esistenziale dell’uomo contemporaneo, i secondi per il gusto di mettere in discussione e capovolgere con l’intelligenza dell’ironia i luoghi comuni della nostra società. Lo scopo di questo incontro vuole essere proprio questo, partendo dall’interessante libro Storia della Bruttezza, a cura di Umberto Eco (Bompiani, 2004) e passando in rassegna attraverso una sorprendente iconografia fatta di incubi, terrori e popolata da mostri, demoni, folli, deformità, presenze perturbanti e quant’altro, evidenziare quanto gli aspetti che hanno caratterizzato nel corso di tremila anni in Occidente sia il brutto di natura, sia il brutto spirituale, sia quello associato al concetto anticlassico di asimmetria e di disarmoniale, siano molto più complessi e articolati di quanto si possa comunemente pensare. Indagare questi aspetti può essere l’occasione per avvicinare il brutto inteso anche come antigrazioso, ovvero non necessariamente elegante o di buon gusto, secondo quelle diverse aspirazioni che, in tempi diversi e in diverse culture, hanno caratterizzato il desiderio di chi, nel tralasciare il “bello” e le sue regole, ha voluto rendere manifesto il gusto vero dell’esistenza. Quasimodo e Esmeralda 25 CULTURA XIV Concorso Letterario Anno Scolastico 2013-14 “Il vero potere è il servizio” (Papa Francesco) Lavoro assegnato: “L’affermazione di Papa Francesco offre una linea interpretativa al brano di Italo Calvino, tratto da “La giornata di uno scrutatore” e a un passaggio di “Lettera a una Professoressa” della scuola di Barbiana”. Commentare il passo selezionato, con l’ausilio di altre letture, di filmati, degli spunti di riflessione ed esperienze vissute” Triennio Liceo Classico e Scientifico 1° Classificato 2° Classificato 3° Classificato Lorenzo Peri Costanza Pavone Matteo Tagliatesta Biennio Liceo Classico e Scientifico III Scientifico B III Classico A III Classico A 1° Classificato 2° Classificato 3° Classificato Gemma Feri Sofia Ruggiero Carmelita Gatto II Classico B II Scientifico B II Classico B Vincitori XIV Concorso letterario: Lorenzo Peri - 3 sc. B - 1° Triennio; Matteo Tagliatesta - 3 cl A - 3° Triennio; Costanza Pavone - 3° cl A - 2° Triennio; Sofia Ruggero - 2 sc B - 2° Biennio; Carmelita Gatto - 2 cl B - 3° Biennio; Gemma Feri - 2°cl B - 1° Biennio 26 Roma, 19 marzo 2014 Festa di San Giuseppe Si sono distinti: Triennio Della Valle Maria Cleofe D’Emilio Carolina Ecari Giulia Era Veronica Fattori Alberto Giorgi Lucrezia Giuliani Alessandra Gugliotta Giorgio Lispi Ludovica Lupi Clara Mansi Laura Marchionne Lorenzo Mongiardo Lidia Penna Pierfrancesco Pontecorvo Benedetta Pugliese Matteo Stramaccioni Luca Tosti Alice Biennio 3 sc b 4 sc a 4 sc a 5 cl a 5 sc b 4 cl b 5 cl b 4 cl a 5 sc a 5 cl a 3 sc a 4 sc b 3 sc a 3 cl b 4 cl a 5 sc a 4 cl b 5 cl b D’Ascola Domenico Ercoli Domenico Fadda Valerio Maria Fischetti Francesca Liu Chiara Marchionne Alessia Palomba Ludovica Pierantozzi Leonardo Proietti Virginia Ussia Alfonso Voltolina Lavinia 27 1 cl a 2 cl a 2 sc a 2 sc a 1 sc a 1 sc b 2 sc b 1 cl a 2 cl a 1 cl b 1 cl b CULTURA di Enrico Mattoccia Presentato al Museo Diocesano di Velletri Catalogo delle opere del pittore Aurelio Mariani l pittore Valerio Mariani, di Velletri, fu ex-alunno dei Frères alla fine dell’800; ha affrescato la chiesa del Collegio; dipinto quadri del La Salle; lasciato numerose opere in Italia e in Europa nome e cognome: Sara Bruno, Silvia Felli, Antonio Iommelli, Alessandra Cosmi. Da notare che il loro lavoro è stato reso più duro dal fatto che i bombardamenti della seconda guerra mondiale, che hanno distrutto l’80% di Velletri, hanno distrutto anche tutti i documenti e alcuni quadri di Aurelio Mariani. Ognuno dei collaboratori ha illustrato un aspetto della personalità e dell’arte di Aurelio Mariani. Per sommi capi è stata ricordata anche la biografia del Pittore che, nato a Velletri nel 1863, dopo i primi studi in paese fu inviato a Roma in una scuola dei Fratelli delle Scuole Cristiane; a 18 anni ebbe il diploma di disegno che gli permise le prime esperienze; dopo alcuni anni ebbe la fortuna di incontrare l’architet- Nella tarda mattinata di Sabato 25 gennaio, per iniziativa ed organizzazione del Museo Diocesano, è stato presentato il catalogo delle opere del pittore Aurelio Mariani, certamente uno dei figli più famosi di Velletri. Erano presenti anche alcuni suoi parenti: Luciano ed Aurelio Mariani, Alessandra Malandrucco, Lea Pistilli, assieme ad un numeroso pubblico che la sala non è riuscita a contenere. Verso la metà della manifestazione è intervenuto per poco tempo anche il vescovo di Velletri, S.E. mons. Vincenzo Apicella, impegnato nella visita pastorale di una parrocchia. Don Marco Nemesi, direttore del Museo, ha presentato i quattro collaboratori che, con amore e passione, con sacrificio personale, viaggiando per tutta l’Italia, sono riusciti a raccogliere il materiale per arrivare ad un catalogo il più completo possibile. Sono tutti giovani, ma hanno saputo affrontare con coraggio e competenza, un lavoro che li ha impegnati per oltre un anno e mezzo; non è stato possibile conoscere i loro titoli accademici, perciò riportiamo solo Il primo a sinistra, Luciano Mariani, è un nipote del pittore. Gli altri sono i quattro oratori e curatori del catalogo, con il sacerdote direttore del Museo di Velletri, don Marco Nemesi. Esiste anche un altro nipote di Mariani, di nome Aurelio come lo zio. 28 to Fontana che lavorava a Piazza di Spagna dove i Fratelli delle Scuole Cristiane (“Lasalliani”) stavano erigendo una chiesa all’interno della scuola, in onore del loro fondatore Giovanni Battista De La Salle, canonizzato nel 1900; al Mariani furono affidati gli affreschi e numerosi quadri. Con gli stessi religiosi rimase sempre in ottimi rapporti, tanto che nel 1921, quando ad Albano Laziale acquistarono il palazzo Feoli per farne un seminario, lo restaurarono e a Mariani fu affidata la cura della Cappella: affrescò le due volte , dipinse la Via Crucis e altri quadri. Purtroppo la cappella e parte del palazzo furono distrutte nell’ultima guerra. Alla fine del 1800 il nostro Pittore tornò a Velletri e si stabilì in una abitazione al Corso, assieme al fratello e alla cognata; la prima opera veliterna fu un quadro di S. Eurosia, rappresentata prima del martirio. Per Velletri lavorò molto, sia nella Cattedrale che nel Comune; realizzò anche uno stendardo per le processioni e uno per l’arciconfraternita. Approfittando del fatto che il padre, gestore di un negozio di stoffe, aveva contatti col Friuli, anche egli si recò in quella regione e realizzò in loco parecchie opere. Ebbe contatti con la Francia e si recò diverse volte oltre le Alpi, però non sono state trovate sue opere. Quanto alla pittura è stato fatto notare che egli è contemporaneo di correnti moderne, le quali per cercare una loro strada ripudiavano la pittura “classica” del nostro Rinascimento, ma le ricerche del tempo e le così dette correnti “secessioniste” non interessarono Mariani. La pittura di Mariani tiene conto del contesto delle persone a cui è destinata, si ispira agli antichi, ma guarda anche la realtà; qualche volta replica opere del suo tempo, ma a modo suo; studiò molto la pittura sacra e anche i pittori Quattro bozzetti del pittore Aurelio Mariani per un quadro di S. Giovanni Battista De La Salle, conservati nel Collegio S. Giuseppe – De Merode. Alla fine del 1800 il nostro Pittore tornò a Velletri contemporanei ma non li imitò; egli mirava alla cattolicità, era molto preciso, anzi meticoloso, nell’esecuzione non solo delle opere, ma anche dei disegni, ai quali manca solo il colore per essere opere compiute come gli altri quadri. Tanti altri rilievi hanno fatto i quattro oratori, segno palpabile della loro preparazione; speriamo di poter conoscere il frutto dei loro studi e delle loro fatiche appena sarà possibile aver il volume del catalogo. Per ora ci basti aggiungere che Mariani è una gloria per Velletri e la città deve andarne fiera facendolo conoscere ancora di più di quanto è stato fatto finora: che non accada come al suo tempo che non lo comprese! Speriamo che l’iniziativa del Museo Diocesano sia la prima pietra di studi, mostre… che pubblicizzino il Pittore e le sue opere. 29 CULTURA di Tiziana Daga Michelangelo, Mon Amour Se si comincia a parlare di Michelangelo non si finisce più, ma neanche si può tacere di lui a 450 anni dalla morte. Celebrare gli anniversari non è un esercizio stupido di retorica vuota: se almeno per un momento si vive “quel riflesso della bellezza come fuoco di vivo tormento” che guidò Michelangelo. La prof. Tiziana Daga ci offre una riflessione sul “suo amour” Il 18 febbraio di quattrocentocinquantanni fa moriva, nella sua casa romana presso il foro di Traiano, Michelangelo. È difficile esaurire la complessità di un artista come Michelangelo; scultore, pittore, architetto e poeta, tutti campi in cui eccelse al punto da essere consacrato già dai contemporanei come un genio assoluto. Il suo nome, come quello di Leonardo e Raffaello, evoca subito gli splendori di una delle epoche più felici della cultura occidentale, il Rinascimento, e le sue opere bene incarnano le aspirazioni, le illusioni e i dubbi di quell’epoca: dagli eroici nudi giovanili come il David, fiero ba- luardo delle virtù repubblicane della sua Firenze, ai tremebondi e cadenti nudi del “Giudizio universale” della Sistina, incommensurabile documento delle inquietudini di tutto il Cinquecento. E se nella sistemazione del Campidoglio per Paolo III (1538) si coglie la sapiente misurazione di uno spazio perfetto al servizio della centralità dell’uomo, nelle pittoriche architetture-sculture delle Tombe medicee nella chiesa di San Lorenzo c’è già tutto il senso della profonda riflessione dell’artista sulla tragicità dell’esistenza umana. Quella stessa riflessione che costantemente si cela nella prosa intensamente espressiva che caratterizza i suoi sonetti. Scontroso, introverso, afflitto dalla sua condizione umana di diverso e condannato ad amori struggenti, visse intensamente apprendendo i segreti dell’arte da giovanissimo nella bottega di Domenico Ghirlandaio, uno dei tanti grandi maestri attivi nella Firenze di Lorenzo il Ma- gnifico. E, nei giardini di questi, presso il convento di San Marco, avrebbe studiato da vicino i modelli dell’arte classica, attraverso le opere collezionate dal Magnifico. Alla sua corte avrebbe poi conosciuto intellettuali del calibro di Poliziano e Marsilio Ficino che lo avrebbero iniziato al Neoplatonismo. Dagli esordi con opere all’antica, come il falso putto antico venduto al cardinale Riario che pretese indietro i soldi per poi commissionargli il Bacco oggi al Bargello, alle grandi commissioni nella Roma di Giulio II, che segnano non solo l’inizio di un intenso programma di rilancio della città eterna, ma anche l’apice di quel Rinascimento che la furia dei Lanzichenecchi avrebbe spazzato via con il Sacco del 1527. Dopo il definitivo abbandono di Firenze per Roma, continuò a vivere nella modesta casa di Macel de’ Corvi che gli avevano messo a disposizione fin dal 1513 gli eredi di Giulio II purché completasse il progetto della tomba del papa, scomparsa poi con gli sventramenti compiuti dopo il 1870. Nelle vicinanze di quella chiesa di San Silvestro al Quirinale nel cui chiostro si sarebbero consumati gli incontri con Vittoria Colonna, destinata ad essere l’amica della maturità e la confidente dei conflitti più intimi dell’artista e delle sue inquietudini religiose. E qui, nella Roma della Controriforma, celebrato come il più grande artista di tutti i tempi dai suoi stessi contemporanei, avrebbe trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita lavorando ai progetti dei vari cantieri promossi dal ponficato di Paolo III Farnese che, oltre al Giudizio Universale della Sistina, lo incaricherà di disegnare il nuovo Michelangelo, Cappella Sistina, creazione di Adamo Campidoglio e, a settantadue anni suonati, gli affiderà la direzione della fabbrica di San Pietro, per la quale il sommo artista realizzerà il progetto della cupola, ultimata dopo la sua morte da Giacomo della Porta. Fino alla fine la sua ricerca avrà soprattutto nella scultura, intesa come arte del levare, la sua espressione più alta; in particolare nelle varie rappresentazioni della Pietà, tema a lui assai caro fin da quando ancora giovane aveva guadagnato la fama con l’incantevole, levigata finitezza della Pietà di San Pietro. Finitezza che, negli anni successivi, si trasformerà in forme sempre più ruvide, incompiute, drammatiche, che trovano nella Pietà Rondanini, alla quale lavorò fino a qualche giorno prima della morte, la loro ultima e più tragica espressione. Scrive Michelangelo: “Se durante la mia giovinezza mi fossi reso conto che l’immortale splendore della bellezza di cui ero innamorato avrebbe acceso, rifluendo verso il cuore, un fuoco di infinito tormento, come avrei spento volentieri la luce nei miei occhi”. Come non essere “innamorati” di questo genio che in questa poliedricità esprime compiutamente l’idea di un’arte vissuta non come esercizio di stile, ma come ricerca interiore e spirituale, capace di esaltare e insieme riscattare la nostra dimensione umana. “O notte, o dolce tempo, benché nero, con pace ogn’opra sempre’al fin assalta; ben vede e ben intende chi t’esalta e chi t’onor ha l’intelletto intero” 30 31 CULTURA Il restauro del “Salottino Don Chisciotte” al Quirinale In anteprima il restauro del salottino “Don Chisciotte” del Quirinale, presentato agli alunni della Scuola Media del S. Giuseppe-De Merode, “testimonial di cultura” Ricordiamo il 14 febbraio di quest’anno non tanto per la festa di S. Valentino quanto per una visita privilegiata che abbiamo avuto il piacere di fare al Quirinale, la “Casa degli Italiani”, come la nostra guida l’ha subito definito. Questa visita è stata davvero privilegiata per l’evento e per le persone che ci hanno accompagnato: il nostro prof. Vito Scammacca, il preside Fr. Alessandro Cacciotti, il vice preside Fr. Giovanni Decina e ci siamo portati perfino Fr. Virginio come fotografo. E’ stata poi speciale la guida, la dott. Maria Angela San Mauro che ci ha accompagnato all’interno del Quirinale. Lei ci ha illustrato la storia, le fasi di costruzione dei giardini e del Quirinale, cominciando dal plastico nel cortile centrale. Inutile dire che non ne ricordiamo molti dei numerosi signori, papi, imperatori e re che hanno reso meraviglioso questo imponente Palazzo. Più facile ricordare lo “scherzo” dei giardinieri che, attivando la fontana dei mosaici, hanno intrappolato tra gli spruzzi alcuni nostri compagni; facile ancora ricordare la sorpresa degli specchi che moltiplicano all’infinito sale dorate e candelabri; indimenticabile la feritoia da cui il papa assisteva alla messa nella cappella Paolina; imprevisti i preparativi del personale di servizio per l’arrivo del Presidente dimissionario del Consiglio, on. Enrico Letta. Il primo incontro ufficiale è stato con il Rotary, guidato dal Governatore del Distretto 2080, Pier Giorgio Poddighe; l’ultimo incontro ufficiale c’è stato al termine della mattinata, con il prof. Louis Godart, Consigliere del Presidente della Repubblica per il Dipartimento della Tutela e Conservazione del Patrimonio Artistico. Tutto il nostro girovagare per il Giardini e il Palazzo era finalizzato a questo incontro, davanti ad uno schermo che trasmetteva in streaming le ultime rifiniture del restauro del “Salottino Don Chisciotte”, illustrate dal Dott. Giorgio Leone, Direttore del Museo della Galleria Corsini e Direttore dei Lavori per il Restauro e per la Soprintendenza del Patrimonio Storico, Artistico e Etnoantropologico per il Polo Museale della città di Roma. Il “salottino Don Chisciotte” una “Imprigionati dalla fontana”! Lo scherzo dei giardinieri del Quirinale: alcuni rimangono imprigionati nel cerchio dagli zampilli della fontana. 32 volta era la camera da letto del Papa Paolo V, poi divenne guardaroba. Per merito del Rotary Italia è stato completamente restaurato e si può di nuovo ammirare il bellissimo soffitto ligneo, le 90 testine di cherubini in cartapesta dipinta a olio e dorata, i fregi, gli animali, gli stemmi papali e tutte le dorature. Il prof. Louis Godart ci ha dato l’onore di presentarci in anteprima questo restauro, facendoci anche testimonial dell’iniziativa del Rotary, che intende “contribuire alla riscoperta dell’identità nazionale, scegliendo come via preferenziale la cultura e il patrimonio artistico nazionale”. Un bell’impegno: il Consigliere Culturale della Presidenza della Repubblica ci fa “ambasciatori di cultura, ci incarica di tramettere agli altri la ricchezza e unicità della nostra cultura”! Il compito è difficile e ci sentiamo onorati e incapaci. Il significato di essere “testimonial di cultura” ci è stato completato dalla dott. Claudia Minicuci, delegato per i Beni Artistici e Culturali del Rotary, Distretto 2080, anche coordinatrice del progetto di restauro e puntuale organizzatrice della giornata, a Lei va il nostro vivo ringraziamento: “Con questo restauro il Rotary intende far riscoprire ciò che di più grande abbiamo: l’identità culturale, consentendo al linguaggio artistico di arrivare alle generazioni future nella sua forma migliore. Il linguaggio artistico da sempre è espressione di comunicazione diretta, anche tra i popoli di diverse culture, rappresentando uno strumento di pace”. Come dire: “L’Italia ha un grande patrimonio artistico, conserviamolo, valorizziamolo, questa è la nostra ricchezza, questo il nostro contributo alla pace”. Il preside Fr. Alessandro Cacciotti consegna al dott. Louis Godart, consigliere culturale del Presidente della Repubblica, il crest e l’annuario della Scuola In attesa di entrare nel Quirinale si ammira il Palazzo e il panorama della città, approfittando della luminosa mattina di febbraio. Fra gli alunni la dott. Claudia Minicucci, Delegato distrettuale del Rotary per i Beni Artistici e Culturali e organizzatrice della nostra giornata al Quirinale Alla fine il Preside Frère Alessandro Cacciotti ha consegnato al prof. Louis Godart il crest della Scuola e l’annuario, a ricordo e a conferma di sentirci orgogliosi per aver visto in anteprima il restauro di questa opera preziosa e di essere stati scelti come testimonial dell’avvenimento e custodi, difensori e messaggeri della cultura italiana nel mondo. (V.M.) 33 CULTURA ⁄ Foto di gruppo degli alunni della Scuola Media nei giardini del Quirinale “A sedere si ascoltano meglio le spiegazioni”! Momento di relax nella cappella Paolina. “Ma quanti sono questi lampadari”? Galleria degli specchi e moltiplicazioni delle immagini 34 35 Immagini della visione in anteprima streaming del restauro del salottino Don Chisciotte e della visita al Quirinale 36 37 day by day Il Movimento Giovanile Lasalliano impegnato per Scampia e il progetto CLIMA La vitalità del Movimento Giovanile Lasalliano (MGL) nella vita interna associativa, nella presenza numerosa all’opera di Scampia e nel progetto CLIMA in Burkina Faso Se non fosse stato per la “grande cena” con lo chef Filippo Mantia pochi si sarebbero accorti della sua esistenza. Ma c’è, ed anche in buona salute, con gli incontri settimanali, con le iniziative sociali. E poi pare che i giovani dell’MGL si siano “affiliata” la istituzione di Scampia e il progetto CLIMA nel Burkina Faso, perché professori e alunni, divisi in due turni per più volte durante l’anno vanno a fare volontariato laggiù. Durante la settimana bianca si sono divisi in due turni per “lavorare” a Scampia e la trasmissione della RAITV “Sulla via di Damasco”, il 22 marzo vi ha dedicato anche diversi minuti. Cosa facciano di preciso non è facile capire, ma tornano entusiasti dalle riunioni, da Scampia e dall’Africa, come gli ultimi che sono stati nel Burkina Faso per collaborare al progetto CLIMA (Centre Lasallien d’Initiation aux Métiers de l’Agriculture). Cosa avrà di tanto attraente il malandato (eufemismo) quartiere napoletano? Cosa ci sarà di tanto bello nell’andare a fare scuola nei peggiori quartieri di N. York, nelle scuole Saint Michel, per di più durante le vacanze? Possibile che è più bello andare fra gli scugnizzi che andare a sciare? Ugualmente escono contenti dalle riunioni il giovedì e sono molto uniti fra loro. A loro viene rivolto il primo invito ogni volta che non c’è linguaggio da rinnovare, non c’è persona da rifiutare 38 c’è un’opera di volontariato da compiere. A loro guardano benevoli i Superiori ed i Frères. Assomigliano a quelli della “Azione Cattolica Giovani” di una volta. Quelli sapevano che il lunedì mattina erano interrogati; quelli erano i primi ad andarci di mezzo se la classe era indisciplinata; quelli erano chiamati al servizio in chiesa perché “gli altri si vergognano”; quelli venivano boicottati se proponevano una iniziativa ragionevole; quelli erano convocati durante l’anno scolastico per convegni, aggiornamenti, iniziative extrascolastiche, con spese a carico personale; se le luci rimanevano accese in una aula durante la notte o le sedie della sala non erano in ordine “sicuramente erano stati i giovani del gruppo”; per quelli il frère o l’assistente di turno doveva correre qua e là a “supplicare” una giustificazione, a “rinviare” una interrogazione, a ”spostare” un compito, a “giustificare” un ritardo. C’è chi si domanda cosa facessero quelli e cosa facciano questi, perché “parlano, parlano sempre, e sono problematici oltre ogni dire”. La risposta di ieri e di oggi è una e molto impegnativa, del Vangelo: “Venite e vedete”, “venite e ascoltate”, “venite e parlate”, ”venite e fate”. Non c’è tesseramento o quota da pagare, non c’è registro di frequenza da firmare, non c’è ritardo o assenza da giustificare, non c’è medaglia da ricevere a fine anno, non c’è divisa diversa da indossare, non c’è linguaggio da rinnovare, non c’è persona da rifiutare. Ma ci stanno tante altre cose da ascoltare, dire, fare, condividere. (V.M.) DUE MONDI A CONFRONTO Provenendo da una scuola che non ci fa mancare niente e avendo una famiglia che mi ama, non mi sono mai reso conto che ho sempre avuto tutto mentre questi bambini vivono con poco o nulla, anche se noi del De Merode siamo riusciti a strappare loro qualche sorriso. Ci siamo trovati subito in sintonia, pur provenendo da realtà diverse e abbiamo condiviso le nostre esperienze, abbiamo riso e scherzato insieme come se fossimo una grande famiglia, perché in fondo è questo il vero scopo di “Casa Arcobaleno”. Frère Enrico si è impegnato con tutte le sue forze per riuscire a fondere due realtà apparentemente diverse, infatti il legame creato con questi ragazzi non si romperà a causa della distanza, ma continuerà a lungo perché, anche attraverso la loro semplicità, sono riusciti a toccarci il nostro cuore. Ciao, ragazzi, ci vediamo a giugno. (Conclusione, come prima puntata, di una lunga relazione. Benedetta Astolfi e Dante Gandola 39 day by day Due dieci e lode “Bisogna essere visionari, credere agli ideali che stanno dietro ai grandi progetti”. Così la Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, incoraggia i giovani delle classi quarta e quinta scientifico A, in visita di studio sull’Europa alla Camera dei Deputati 2 1 La Presidente Laura Boldrini riceve dal preside Fr. Alessandro Cacciotti il crest e l’annuario del S. Giuseppe - De Merode 2 Le classi 4 e 5 scientifico A con la Presidente Laura Boldrini posano per una foto ricordo 1 lasciare ad altri la possibilità di decidere come sarà la UE del futuro. E’ vero – ha spiegato a chi le chiedeva conto dell’euroscetticismo diffuso – che l’euro ha portato l’Italia all’impoverimento, ma è stato un problema causato dallo scarso monitoraggio sui prezzi. E’ demagogico dire che bisogna uscire dall’euro o tornare agli stati-nazione. E’ una cosa fuori dal tempo, si deve andare avanti, non si può tornare indietro. Bisogna essere visionari, credere agli ideali che stanno dietro ai grandi progetti”. Alla fine dell’incontro la Presidente ha voluto fare una foto con tutto il gruppo, con sorpresa del personale della Camera. Precedentemente il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, on. Sandro Gozi, fresco di ritorno da Bruxelles, per un’ora aveva risposto alle domande di Ludovico Pizzillo, Romana Bazzicalupo, Giorgio Lanzetta, Giulia Ecari, Cristiana Masciotta, Ricardo Bellu, Ludovica Lispi, Francesco Fracassi. La prima motivazione che spinge uno studente a visitare Il primo dieci e lode alla Presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini, insieme a tutto il personale che ha organizzato la visita alla Camera delle due classi del Liceo Scientifico A. La mattina del 13 novembre la Presidente era impegnata con molti capi di governo o delegazioni dei paesi europei, presenti a Roma per il convegno su “Il valore dell’Europa: crescita, occupazione e diritti”, organizzato dalla Camera dei Deputati, eppure ha trovato una buona mezz’ora per rispondere alle domande di Carolina D’Emilio, Paolo Cardarelli, Marzia Di Genua, Francesco Spinola, Elisa e Giulia Gambarini sulle prospettive che l’Europa offre ai giovani, sulla crisi dilagante, sulla promozione della donna….Tra l’altro la Presidente ha affermato con decisione e convinzione: “ Andate a votare alle elezioni europee. Votare è sempre importante, perché la democrazia è una cosa seria e implica che ogni cittadino possa esprimere il proprio parere. Non andare a votare significa 40 3 la Camera dei Deputati è la curiosità. La televisione tante volte ci ha mostrato quell’emiciclo vuoto o affollato, tranquillo o agitato, per cui in tutti sorge il desiderio di vedere come è davvero quel palazzo, cosa c’è lì dentro. I Romani, e gli alunni del De Merode in particolare, sono passati tante volte davanti quel solenne Palazzo berniniano con indifferenza, curiosità, talvolta anche con rabbia per i guai dell’Italia. Alla curiosità spesso si aggiunge la facile velleità di “mandare a casa tutti”. Mai, come in questa occasione, la visita è stata conforme ai fini per cui “i Palazzi delle Istituzioni sono aperti” ai cittadini. La quarta e la quinta classe del Liceo Scientifico A sono andati a Montecitorio debitamente preparati, dopo aver fatto un percorso sull’Europa, in prossimità delle elezioni europee e nel giorno in cui nella “Sala della Regina” si ritrovavano le delegazioni dei 28 Paesi della U.E. Le Istituzioni hanno mostrato concreta disponibilità, accoglienza e attenzione ai 3 Incontro con la Presidente Laura Boldrini nella sua biblioteca sul tema dell’Europa problemi posti, sia da parte della Presidente che del Sottosegretario. Certamente quel Palazzo, dopo la visita, lo sentono meno lontano e più “nostro”. Il secondo dieci e lode va assegnato a tutti i giovani. La compostezza nel vestire, nel parlare, nel gesticolare, l’attenzione nel seguire le spiegazioni e le risposte alle domande, la valenza culturale delle domande stesse, la accettazione di una giornata diversa, ma non meno impegnativa di una giornata scolastica, con un intervallo più breve di quello ordinario per il buffet gentilmente offerto dalla Camera, hanno visibilmente impressionato tutti. Al primo impatto la Presidente ha esclamato “Ma sono elegantissimi, questi giovani”! L’espressione spontanea della Presidente sintetizza “il dieci e lode” che a fine mattinata il Preside, Fr. Alessandro Cacciotti, e l’Insegnante, Fr. Emanuele Costa hanno assegnato alle due classi. Un bel pareggio tra il gruppo di studenti e Camera dei Deputati! Ma pareggiare a quel livello è bello! (V.M.) 41 1 “Il Quadriportico dentro una bolla”! day by day 1 2-3 “Grimaldi Uno chiama Grimaldi Due”. “Mi senti, mi ascolti”? “Ricevuto, parla, ti ascolto” 4 Il banco della prof. Barbara Mandozzi con ‘le mille bolle blu’ 5 “Che scossa”! Terzo Festival Demerodiano della Scienza e Open Day Non ci sono gli scienziati di Genova, ma i “biologi” di Lucio che “parlano con il cuore in mano”, gli “elettricisti” di Vito che trasmettono scosse di ilarità, i “giocolieri” di Barbara che corrono dietro a “mille bolle blu” e tanti altri a fare del festival una “festa magica” 2 3 coincideva con la giornata dell’open day, per cui i visitatori della Scuola hanno trovato il quadriportico pieno di numerosi stand, e sono stati coinvolti dagli esperimenti che gli alunni, “scienziati-maghi”, eseguivano. I “maghi” più applauditi sono stati quelli del gruppo della prof. Barbara Mandozzi con le “mille e mille bolle blu”: così grandi, così belle, così colorate! Al centro del cortile campeggiava il museo di fisica del prof. Vito Cosentino e la sua squadra; il mistero della creazione e induzione della corrente elettrica ha suscitato il desiderio del brivido di una piccola scossa, che, come un “passa parola” rapido, allegro, ha attraversato tutto il cortile. Lo tieni nel palmo della mano, lo confronti con il tuo pugno, lo guardi nella rete rossa che lo fascia, ti chini per scovarvi i senti- Siamo tutti scienziati! Il festival della scienza è una vera festa per l’entusiasmo e l’interesse che suscita. L’iniziativa nasce dal festival di Genova, a cui ogni anno gli alunni della Scuola Secondaria Inferiore e Superiore partecipano, accompagnati dagli insegnanti Paolo Incani, Marina Pescarmona, Giovanna Zongoli, Marco Ierovante. Quest’anno il “festival demerodiano della scienza” “mille e mille bolle blu”: così grandi, così belle, così colorate! 42 4 5 6 “Sarà proprio vero che queste palline producono scintille 7 “Guarda che bolla grande e bella! Oh, è già scomparsa”! e danno una scossa? Proviamo” (Livia Adrower) 6 7 menti: non finiscono più le emozioni che dà un cuore umano, “strappato” dal torace e tenuto nel cavo di una mano: emozione riservata nello stand di biologia, allestito da Fr. Lucio e la sua squadra: si accolgono i visitatori proprio “con il cuore in mano!”. Ogni stand nasconde la sua sorpresa magica; suscita una emozione nuova; accende un desiderio profondo; strappa un applauso sincero. Complimenti a tutti i “magici scienziati” e “magici insegnanti”: Marco, Barbara, Marina, Lucio, Vito, Percibaldi, Incani, Zongoli. Sotto un’arcata del quadriportico si nascondono le informazioni della sezione internazionale del Liceo Classico (IGCSE, International, General Certificate Education - Univesity of Cambrige) con la supervi- sione della “madre lingua” inglese di Alice Warshaw. A dare ampie spiegazioni ci pensano le proff. Marina Pescarmona, Alessandra Cornelli, Barbara Pozzi, Beatrice Chiapponi, mente Claudia Taglietti conferma tutto con la perfezione fonetica inglese e italiana. Invece la semplicità e il “dolce suono” della lingua italiana, fondamento, almeno della Scuola Primaria, è affidato alla accoglienza degli insegnanti Augusto, Nicoletta, M. Rosaria, Paola, Silvia, Letizia: tutti assicurano che la lingua italiana non è la seconda o terza lingua, ma la prima e gode della massima attenzione! E’ un open day particolare, in cui la scienza, con la sua atmosfera magica, accresce la curiosità nei visitatori, desiderosi di conoscere, di verificare, di precisare, di prenotare (V. M.). 43 day by day 44 45 day by day di Veronica Palombo schizzi di talento Breve intervista alla professoressa Stefania Valentini sul laboratorio artistico pomeridiano la “Bottega dell’arte” Incuriosita dalle chiacchiere che girano nei corridoi demerodiani, ho deciso di andare a cercare le notizie nella Bottega d’Arte; devo ammettere che inizialmente ero un po’ nervosa, perché avrei dovuto fare una intervista alla mia professoressa. Come in ogni classe ho trovato il genio incompreso, il trio dei chiacchieroni ed il nullafacente, ma d’altronde senza queste tre caratteristiche che classe sarebbe? Come ho detto ho intervistato la professoressa responsabile del corso, Stefania Valentini. Che cos’è l’arte? “È la filosofia fatta materia e quindi un pensiero che si concretizza attraverso gli oggetti. Voi ragazzi ancora siete legati all’idea del bello ideale”. A lei cosa piace, Prof? “A me piace…, invece, l’arte non è solo un discorso estetico. A noi spesso piace ciò in cui inconsciamente ci rispecchiamo. Quindi l’arte significa anche provare emozione di fronte ad un’opera che deve avere non la bellezza, ma deve avere la capacità di rompere gli schemi e comunicarci qualcosa di forte che può essere l’amore, la malinconia, la tristezza o la gioia”. Durante le lezioni c’è distinzione tra i ragazzi più piccoli da quelli più grandi? “Quando mi pongo davanti ai ragazzi ho sempre delle sorprese, quindi, per me un ragazzo del primo anno può farmi un discorso talmente maturo e complesso che può essere cento volte migliore di uno del quinto anno, non è una questione di età”. L’alunno quando lavora fa tutto da solo o viene aiutato da lei? “Viene aiutato nell’avere fiducia in se stesso, io posso dire ad un ragazzo: “Ce la puoi fare!”; anche se in quel momento forse sono convinta che è difficile; invece, poi, succederà il miracolo. Chiunque ha delle possibilità e delle capacità; chi si arrende dall’inizio sbaglia; certo, uno non parte già bravissimo, ci sarà 46 un’evoluzione nel tempo; però, bisogna avere volontà, questo è l’importante”! Per capire qualcosa di più del laboratorio la “bottega dell’arte” ho deciso di intervistare il genio incompreso, l’alunna Carolina D’Emilio. Com’è l’esperienza della bottega d’arte? (Ridendo) Top…! E’ una bella esperienza, perché ti insegna varie tecniche che magari durante l’orario scolastico non vengono spiegate e poi ti permette una specializzazione, quindi è bello soprattutto se sei un’artista come me! Cosa ti ha spinto a partecipare a questo corso? L’amore per l’arte che ho sempre provato, fin da bambina. Da quanti anni partecipi a questo corso? Questo è il secondo anno, perché è stato aperto l’anno scorso. A lezione c’è chi ascolta, chi dorme e chi fa altro. 47 day by day di Laura Mansi Il progetto CLIMA in Burkina Faso L’esperienza di un mese di lavoro nel progetto CLIMA vale più di un anno nella più prestigiosa Università Durante l’estate scorsa alcuni studenti del S. Giuseppe-De Merode hanno effettuato un viaggio in Burkina Faso per partecipare attivamente alla realizzazione del progetto C.L.I.M.A. (Centro Lasalliano di Iniziazione ai Mestieri Agricoli) che offre formazione in ambito agricolo, allevamento e pescicoltura. I beneficiari del progetto sono giovani coppie sposate con bimbi piccoli, che si stabiliscono nel centro per due anni. L’obiettivo del progetto è quello di promuovere uno sviluppo rurale sostenibile in Burkina Faso, paese fra i più poveri dell’Africa, dove si registra insufficiente alimentazione, scarsità di acqua potabile e di servizi igienico-sanitari, deboli condizioni di salute, insufficienza di servizi educativi, diffuso analfabetismo. Laura Mansi, ha rivolto alcune domande ad Eleonora Munaretto, una delle protagoniste di questa esperienza, non certamente comprensibile interamente dalle poche domande. I giovani dell’MGL (Movimento Giovanile Lasalliano) hanno preso particolarmente a cuore il progetto CLIMA del Burkina Faso: il giorno 30 marzo hanno organizzato una cena di gala con lo chef Filippo La Mantia per raccogliere fondi a favore del progetto CLIMA. Risposte di Eleonora Munaretto alle domande di Laura Mansi sul progetto CLIMA nel Burkina Faso Ho letto che “Burkina Faso” significa “la terra degli uomini integri”. In che modo questa espressione trova riscontro nelle persone che hai conosciuto. Contrariamente a quanto mi aspettavo, ho incontrato persone davvero molto efficienti, molto competenti e preparate. Ad esempio i Frères che gestiscono il Centro sono tutti provenienti dal Burkina Faso (tranne uno) e, nonostante siano molto giovani (hanno all’incirca dai 30 ai 38 anni), fanno il loro lavoro con metodi, oserei dire, manageriali. Oltre ad essere molto seri e preparati, si sono rivelati anche attenti, gentili, disponibili e accoglienti. Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto ad intraprendere il viaggio? Innanzitutto la curiosità di andare a conoscere un Paese particolare e così distante dal nostro, sia da un punto di vista geografico, che culturale. Questa curiosità è stata alimentata dalle persone che ho conosciuto; infatti, sono partita con uno dei miei migliori amici che aveva già fatto questo tipo di esperienza negli anni precedenti. Quali sono le immagini più significative che ti porti dietro dopo questa esperienza? Mi porto dietro sicuramente l’immagine di uno stile di vita completamente diverso rispetto al nostro: molto più semplice ed es- uno stile di vita completamente diverso rispetto al nostro 48 parla neppure la lingua ufficiale, il francese, ma il dialetto locale) e culturali, il loro comportamento e atteggiamento è stato di grande apertura, gentilezza e disponibilità, non ci sono stati problemi nell’interazione. Infatti i Frères che gestiscono il Centro, i formatori e le famiglie ospiti ci hanno accolto in modo caloroso. Anche quando siamo andati ad incontrare le famiglie che avevano già ricevuto la formazione, e che quindi ormai erano tornate alla loro vita abituale, ci hanno accolto con molto calore, molta gentilezza, cosa che magari un po’ non ci aspettavamo perché pensavamo di andare ad invadere il loro cosmo famigliare. Questa è una cosa che ci ha particolarmente colpito. senziale, più pieno rispetto al nostro modo di vivere che molte volte è più comodo, ma allo stesso tempo più vuoto. Mi porto dietro la grande efficienza e competenza nella gestione degli orari, degli spazi, delle strutture, della formazione che avviene in un contesto dominato dalla povertà, malnutrizione, mortalità molto elevata, tasso di alfabetizzazione bassissimo, una speranza di vita drammaticamente inferiore rispetto agli standard occidentali. Persone che comunque, grazie alla formazione ricevuta, riescono a guardare con speranza al futuro e che hanno raggiunto l’autosufficienza. Ti sei ambientata facilmente? Quale accoglienza ti hanno riservato? Nonostante le barriere linguistiche (spesso non si 49 day by day FESTIVAL DELLA SCIENZA DELLA SCUOLA MEDIA Per evidenziare fenomeni fisici molto diversi il nostro filo conduttore è stata una bottiglia di plastica Gli “scienziati” della scuola media in attesa di discepoli! Quando alla fine della mattinata, entusiasti per il nostro lavoro e per i tanti visitatori che ci hanno dovuto far ripetere ognuno dei cinque esperimenti almeno una trentina di volte, nel congratularci per i risultati raggiunti, abbiamo chiesto al nostro professore cosa pensasse della nostra esperienza, lui ci ha risposto: Metti insieme una bottiglia di plastica, il nostro professore di Scienze Paolo Incani ed alcuni giovani scienziati di Scuola Media ed otterrai un magnifico ed esplosivo laboratorio di fisica e di chimica, degno di un Festival della Scienza. Le esperienze scientifiche che con l’aiuto del professor Incani abbiamo allestito nel nostro stand, erano cinque ed evidenziavano fenomeni fisici molto diversi l’uno dall’altro: dalle leggi dell’ottica a come avviene l’espansione dei gas in funzione della temperatura, dai principi dell’idrodinamica alla realizzazione di grande effetto di una vera e propria nube di gas condensati. “…cosa c’è di più bello per un insegnante del vedere i propri ragazzi appassionarsi allo studio delle materie che insegna, ed impegnarsi fino al punto di mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti, dedicandoci molto tempo e alcuni sacrifici aggiuntivi, per riuscire a trasmetterli ad altri”? Abbiamo utilizzato una bottiglia di plastica e altri materiali di semplicissimo reperimento, come un palloncino gonfiabile, un asciugacapelli, delle bustine di Idrolitina, una pallina da ping pong, alcol denaturato, acqua di rubinetto… A dispetto della semplicità dei materiali utilizzati, gli esperimenti sono stati tutti entusiasmanti e di grandissimo effetto ed hanno permesso di attirare moltissimi visitatori al nostro stand. (F. Borner, E. Conso, C. De Donno, L. Elifani, F. Micozzi, T. Molinari, B. Pirri, A. Polizzi, F. Torneo - Classe 3^ media sez. C) 50 51 day by day LE DOMANDE DI “La Bella e la Bestia” 2 Il musical “La Bella e la Bestia”, messo in scena magistralmente dal Quadriportico a Natale, ormai è archiviato, ma ci ha lasciato qualche domanda in sospeso. Chi è, dove è la madre di Bella? Perché la strega condanna anche i castellani? Dove ha imparato Bella ad amare? Che significa “Chi non sa amare è cattivo”? Quando la Bestia impara ad amare? Queste e tante altre domande gli spettatori hanno rivolto a Carlotta Fattori, protagonista del musical. Abbiamo chiesto ad alcuni bambini della Scuola Primaria di rispondere a qualche domanda. Ecco delle risposte interessanti. Alcune risposte dei bambini della maestra Domenica Camossi, Terza Primaria A La Bestia impara ad amare: quando il padre di Bella si ammala (Gabriele, Lorenzo); quando vede Bella gentile con lui (Christian, Carola); quando fa pace con Bella (Benedetta ); quando Bella lo ama ( Marcello, Costanza); quando Bella gli insegna tante cose (Benedetta); perché vede Bella che ama suo padre (Lucrezia, Matteo, Maddalena). La Strega condanna tutti gli abitanti del castello: perché sono i servi della Bestia (Christian, Leone, Costanza, Gioi, Marcello ); perché le streghe condannano sempre tutti (Carola); perché la Bestia doveva imparare ad amare da sola (Lidia, Giuseppe, Lucrezia, Benedetta, Ginevra). Sintesi delle risposte della Quarta Primaria B, della maestra Nicoletta Agozzino: la madre di Bella è morta per quasi tutti, per altri ha divorziato; la Strega condanna tutti perché sono una squadra; la Bestia impara ad amare quando Bella gli fa capire che è bello così come è. La Bestia impara ad amare quando legge la “Spada nella Roccia” con Bella; quando si sente apprezzato da Bella che lo rispetta e lo corregge. (V.M.) Per gli alunni di Cristina De Caneva, Quinta Primaria B: la madre di bella potrebbe essere fuori per lavoro; ha imparato ad amare seguendo l’esempio del padre e della madre; la Bestia comincia ad amare quando Bella lo fa sentire amato, oltre il suo aspetto; non sempre chi non sa amare è da giudicare cattivo; possiamo anche pensare che chi non sa amare non sia stato mai amato. 1 52 3 Per i bambini della maestra Letizia Fallani, Terza Primaria B: La madre è morta per un incidente e Bella e il padre hanno sofferto molto; gli abitanti del castello sono condannati perché vivono con il Principe, sono della sua famiglia e se non avessero avuto l’incantesimo sarebbero fuggiti, così anche loro sono interessati a liberarsi della maledizione; Bella è buona per merito del padre e perché legge tanti libri; Chi non sa amare è cattivo perché amare significa essere buono, generoso, aiutare gli altri, come fa Bella; invece la persona cattiva è egoista, razzista, prepotente come Gaston; 4 53 54 55 56 57 day by day di M. Cleofe Della Valle “Quelli di Radio De Merode…” Breve intervista ad Antonio Landi che si è improvvisato regista e conduttore di “Radio De Merode” (DM on air), nella struttura di Elleradio Vi siete appena svegliati e cercate disperatamente di rimettere a posto i pensieri, di ricordare cosa potrebbe chiedervi il prof. di latino o quello di filosofia – perché siete assolutamente sicuri che oggi ha in mente di chiamare proprio voi. O forse state cercando di svuotare la mente, ancora nel mondo dei sogni, e allora allungate il braccio e accendete la radio... DM on Air è il nome della trasmissione della nostra scuola, trasmissione che va in onda in giornate diverse su Elleradio (88100 MHz), ma che si può ascoltare facilmente anche online sul sito www.elleradio.it - e vi posso assicurare che ne vale la pena. L’idea di fondo del progetto è di mettere in competizione varie scuole (tra quelle partecipanti ci sono il Villa Flaminia, il Lucrezio Caro, l’Azzarita, il Sant’Apollinare - che al momento è in testa nella classifica delle più votate -, e molte altre), lasciando loro il compito di creare una puntata di un’ora circa da mandare in onda ogni settimana. Su Internet c’è un sito, www.highschoolradio.it, che permette agli ascoltatori di votare... e non solo la trasmissione preferita, ma anche il miglior regista, fonico, dj, reporter, conduttore: mollate tutto e prendete in mano quel cellulare, o quell’iPad, oppure precipitatevi davanti allo schermo di un computer, e votate Paolo Citarella, Chiara Blasetti, Carlo Grisostomi, Francesco Guerra, Maria Cristina Petitta e Vincenzo Rosati (categoria dei conduttori), Alessio Guerra (reporter), e Antonio Landi (regista). Ma poi riprendete subito in mano Time Out e finite di leggere, se volete saperne di più, ve lo dice in poche parole il mio compagno di classe Antonio Landi. 58 Cosa dovrebbe offrire un buon programma radio? Antonio Landi: Si dovrebbe articolare su diversi segmenti di categorie. DM on Air, che è la nostra trasmissione, ha come pilastri l’intrattenimento, ma soprattutto una trasmissione esige qualità nell’esposizione, qualità nei contenuti, che variano dalla musica alle diverse interviste, non a caso DM on Air ha anche offerto interviste di vario genere, e non dimentichiamoci che ascolta anche il De Merode stesso. Come sono stati assegnati i compiti? Io mi sono “auto-proclamato” regista. Gli speaker invece hanno deciso di prendersi il loro compito di reporter, autore, …. Sono stati accontentati tutti? Abbiamo cercato di accontentare tutti, in base anche alle necessità, perché all’inizio tutti sono arrivati che volevano fare gli speaker... ed è difficile, anzi impossibile, alternare dieci persone in una trasmissione di un’ora a settimana... inoltre siamo assolutamente contro le sostituzioni durante la puntata: abbiamo tre persone che restano lì per tutti i cinquantacinque i minuti. E’ complicato preparare una puntata? Preparare una puntata non è una cosa da poco. Richiede prima di tutto impegno, e una grandissima organizzazione. Raccogliamo interviste, cercando di montare un lavoro di qualità Quali sono le fasi della preparazione? Di solito prima ci vediamo e facciamo una riunione dove decidiamo l’argomento da trattare. Nel momento in cui la scaletta è finita, si passa alla parte fonico-tecnica, nella quale Paolo mi aiuta molto. Raccogliamo interviste, cercando di montare un lavoro di qualità – la qualità è l’obbiettivo principale. Facciamo anche una rubrica, che è una nota di grande merito per il De Merode, una rubrica di plagi musicali, plagi che vanno dagli anni Settanta fino ad oggi, e ha riscosso grandissimo successo. Nell’ultima fase ci riuniamo tutti insieme un’ultima volta per riordinare le idee. E questa secondo me è una fase importantissima. Comunque bisogna dire che una trasmissione radio si può organizzare solo fino a un certo punto. 59 day by day Natale con chi soffre Tombola! Ogni anno tutte le componenti della Scuola Media si distinguono per la vicinanza a chi soffre: bambini e anziani in solitudine, o in ospedale, o “in casa famiglia” “23…54…81…TOMBOLA”! che il 16 dicembre 2013, con il nostro prof. Paolo Incani ed in compagnia di alcuni genitori, ci siamo recati all’ospizio di Santa Francesca Romana in Trastevere, a fare un po’ di baldoria con i vecchietti ospiti e a portare loro in prima persona affetto e compagnia, facendo finta per un giorno che loro fossero i nostri nonni e che noi fossimo i loro nipoti. Il nostro professore però ci ha incoraggiati a stare con quelle persone in modo naturale. Effettivamente il nostro professore aveva ragione: in un attimo si è creato un clima molto bello, di confidenza e di serenità. Abbiamo così conosciuto, in brevissimo tempo, degli artisti, dei poeti, una maestra di scuola elementare, un’infermiera, un pittore di 92 anni. Da che mondo è mondo, Natale non è Natale se non si gioca a tombola. La tradizione vuole che in tutte le famiglie ci si riunisca attorno ad un tavolo, tutti insieme, nonni, zii, genitori e nipoti, impegnati nel chiassoso rituale dell’estrazione dei numeri da un sacchetto di tela, nel tentativo di aggiudicarsi i piccoli premi messi in palio per un ambo, una cinquina o un tombolino. Ciò che ci trascina coinvolgendoci nel gioco della tombola è lo stare riuniti tutti, il vociare, le chiacchiere del più e del meno che si fanno nell’attesa che venga estratto il numero successivo, mentre si sgranocchia una nocciolina o un pezzetto di torrone. Ed anche il rituale del rompere le bucce dei mandarini in tanti piccolissime parti per costruire dei rudimentali segna numeri, così come il profumo che si sprigiona nel farlo, sono tra le sensazioni più belle che ci regala il gioco della tombola. Quest’anno, che abbiamo già sperimentato il significato dell’iniziativa del “Natale con chi soffre”, abbiamo pensato che fosse possibile fare qualcosa di più, partecipando all’iniziativa in prima persona: ed è così Natale non è Natale se non si gioca a tombola 60 Ci è sembrato che, almeno per un pomeriggio, quegli sguardi tristi ed un po’ assenti si fossero trasformati in voglia di vivere e di raccontarsi, attraverso voci rauche e sorrisi senza denti…e noi, con il cuore pieno di gioia, abbiamo visto come, con pochissimo sforzo, siamo riusciti a fare qualcosa di bello per noi stessi e per queste persone. E’ inutile dirlo, ma ovviamente il pomeriggio è volato via e lasciare questi nuovi amici ci è dispiaciuto un po’ (II Media C). Basta un sorriso o un gioco per fare amicizia Il giorno in cui siamo andati a conoscere i bambini della casa famiglia “Paguri” per tutti noi è stato un giorno di riflessione. La prima domanda che mi sono posta nei giorni precedenti è stata se loro ci avrebbero accolto e considerato dei bambini solidali o dei bambini che sono venuti solo per “invadere” i loro spazi. I miei dubbi si sono sciolti non appena ho conosciuto alla casa famiglia una bambina molto simpatica e disponibile di nome Melania. Quando siamo arrivati lei ci ha salutato con un’aria allegra e un sorriso smagliante. Quando abbiamo salutato i vari membri della casa famiglia noi femmine ci siamo messe a giocare con Melania a “schiaccia cinque”, mentre i maschi si sono messi a giocare a pallone con gli altri maschi. Ci siamo subito accorti della loro socievolezza e soprattutto della loro vivacità. Questa esperienza mi ha fatto conoscere molte persone, ma soprattutto mi ha insegnato che tutti, in fondo, hanno un grande cuore (Eugenia Elifani - Prima Media C). Il regalo di un sorriso e una barzelletta Tutti noi della II media A siamo andati a fare visita agli anziani della casa di riposo “Sorelle dei poveri”, per trascorrere un pomeriggio speciale in loro compagnia. Siamo stati accolti da Suor Chiara che, con molta gentilezza, ci ha fatto accomodare in una grande sala luminosa dove erano disposti tavoli, sedie e poltrone. E’ stato divertente vedere l’entusiasmo e la partecipazione di quelle persone che esultavano e commentavano l’estrazione dei numeri della tombola, vinta da un anziano signore che, tutto “pimpante”, si è portato via il pacco più grosso. Al termine del gioco ci siamo intrattenuti raccontando barzellette e distribuendo caramelle. Abbiamo fatto ritorno a scuola, contenti di aver regalato una giornata allegra e diversa agli ospiti della casa di riposo (Gregorio De Rosa, Ugo Sala, Giulio Gatto, Alessandro Corsetti Seconda Media A). 61 day by day di Rebecca Sdoia “Io sono colei che mi si crede” AL FESTIVAL DELLA SCIENZA DI GENOVA “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro e una quando stai solo e resti nessuno” (Pirandello) Due giornate intense a Genova (29 - 30 ottobre), alla scoperta della città e delle meraviglie della Scienza Il tema del doppio mi affascina particolarmente, è una retta di cui non conosciamo né l’inizio né la fine, del resto, perché mai dovremmo conoscere qualcosa che ci appartiene a metà? La vita conosce il suo doppio nella morte, come l’amore lo conosce nell’odio, e come il vinto lo riconosce nell’eroe. L’identità non è mai “propria”: è appunto figlia d’innumerevoli padri; noi siamo la sintesi effimera delle migliaia di maschere che ci intessono. Idealmente siamo un manichino, per ogni sezione vitale abbiamo una maschera, simile ad un vestito, e non importa quanto siamo stanchi, perché la maschera è il bene comune. Nella società l’uomo deve indossare una maschera adatta all’omologazione. Il maestro della doppia identità, Luigi Pirandello, affermò: “C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro e quando stai solo resti nessuno”. E così, usiamo ma- Ogni anno il prof. Paolo Incani, nostro professore di matematica e scienze, organizza un “viaggio premio” a Genova, riservato agli studenti di terza media più meritevoli. schere che non ci appartengono, e nel buio delle nostre stanze rimaniamo soli, senza maschere, senza conoscenti, senza identità. Sul palcoscenico della vita sono tanti i ruoli che dobbiamo svolgere, siamo disposti ad indossare mille maschere per diventare protagonisti – ma protagonisti di cosa? Dietro al sipario le maschere cadono e si vedono le vere facce. La medicina per curare la doppia identità è l’amore, l’unico sentimento che non sa fingere. Quando si ama, si è solo ed unicamente se stessi, perché non ci sono limiti, contrasti, immaginazioni, non si sente il bisogno di essere un altro o di estraniarsi da ciò che si è. Attraverso l’amore si può scoprire la vera identità, si possono ritrovare i passi percorsi e si possono sfogliare le pagine del libro della nostra vita. Finalmente nell’abisso del doppio, si scorge vagamente una luce, da inseguire, prendere e collocare nell’animo. Bisogna ricordare che noi siamo noi, non siamo nostro padre, né nostra madre. Non siamo neppure il sogno di noi che loro speravano. L’amore ci permette di essere ancora il bambino che ride eternamente e la ginestra di fronte al vulcano. La medicina per curare la doppia identità è l’amore, l’unico sentimento che non sa fingere 62 questo avvincente laboratorio ci ha permesso di vedere come la chimica, attraverso semplici reazioni, dia vita a spettacoli stupefacenti e dirompenti: fiammate, vapori, piccole esplosioni e reazioni che cambiano alternativamente colore. Il primo laboratorio, dal titolo “La Scienza delle Olimpiadi Invernali”, ci ha fatto scoprire la fisica, la chimica e la psicologia dello sport invernale, attraverso alcuni giochi ed esperienze e gli sforzi che la ricerca compie per permettere di avvicinarsi allo sport, anche alle persone con gravi disabilità. Poiché il tema di questa edizione del Festival della Scienza è stato “La Bellezza”, i due laboratori del secondo giorno sono stati uno, dal titolo “Di Ciocca in Ciocca”, dove abbiamo fatto un viaggio attraverso la struttura del capello; l’altro, dal titolo “La Chimica della Bellezza”, che, un po’ con l’estro dell’artista ed un po’ con il rigore dello scienziato, ci ha fatto imparare come si crea un prodotto cosmetico efficace e che risponda alle rigide normative in fatto di trasparenza e sicurezza. Di tutt’altro genere è stato il secondo laboratorio, “13 Erbe Svizzere per una Caramella” dove abbiamo appreso come si producono le caramelle balsamiche, quali sono le erbe officinali con le loro proprietà. L’ultimo laboratorio della giornata si teneva in zona Madonna di Castello, arroccato su una ripa prospiciente il porto, dal titolo “Il Bello della Chimica”, (A cura di F. Borner, E. Conso, C. De Donno, L. Elifani, F. Micozzi, T. Molinari, B. Pirri, A. Polizzi, F. Torneo Classe 3^ media sez. C.) 63 day by day di Alice Franchetti di Elvira Scardaccione A Scuola di legalità “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana” (J.F. Kennedy) ANCHE IN MEZZO ALLA CAMORRA PENSARE CON LA PROPRIA TESTA tuazione in Campania e su ciò che è accaduto negli ultimi anni, nonché sulla particolare forma del linguaggio teatrale, che è diverso da quello poetico e letterario. Abbiamo capito che, nonostante ci fossero pochi elementi, il regista è riuscito molto bene e fa capire il dolore che può provare un bambino, vivendo in un ambiente dove la camorra comanda e in cui lo Stato è assente. Abbiamo anche capito quanto queste realtà, nonostante siano lontane da noi, debbano essere conosciute e affrontate. La morale dello spettacolo è che, nonostante si possa nascere in ambienti tristi come quello della camorra, si deve sempre cercare di pensare con la propria testa e non seguire il branco. Accompagnati dal prof. Scammacca, dalla prof. Vernaglia per la terza B, e dal prof. Randazzo per la terza C., alla sala Umberto abbiamo visto lo spettacolo “Il Macero”. Parla di un ragazzo che aveva vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza in mezzo alla camorra, in un paesino della Campania, non diventa un delinquente, ma decide di andare al nord, per trovare un lavoro e per essere un buon cittadino. Nello spettacolo c’è un solo personaggio e una scenografia essenziale. Attraverso il monologo l’attore è riuscito a raccontare benissimo la storia. A scuola abbiamo discusso di ciò che avevamo visto. Il nostro professore ci ha meglio informati sulla si- PER QUESTO MI CHIAMO GIOVANNI Siamo andati al teatro della Sala Umberto a vedere lo spettacolo sulla vita di Giovanni Falcone intitolato ”Per Questo mi chiamo Giovanni”, accompagnati dalla professoressa Elena Taglianozzi, la nostra coordinatrice e da tutta la IB, un po’ emozionata perché sapevo che lo spettacolo riguardava la mafia. Pur sapendo che la mafia esiste nella realtà, ho appreso che spesso nasce proprio sui banchi di scuola come ha spiegato un signore che ha conosciuto Gio- vanni Falcone e che, con lui, doveva fare un programma televisivo intitolato ”Lezioni di Mafia.” È stato un fatto nuovo per me, di cui ho preso coscienza con serietà e in particolare ho capito che anche da bambini si può essere coraggiosi e difendere il bene e la libertà di tutti. Non dimenticherò mai questo spettacolo, perché mi ha fatto aprire gli occhi sul mondo che mi circonda e mi ha aiutato a capirlo. 64 65 day by day Foto e ricordi di “La Bella e La Bestia” Questo gruppetto di ragazze sono del paese. Quando Belle allontana Gaston pensano: “Come si fa ad allontanare Gaston”? Queste ragazze pensano che Belle sia matta. Sono innamorate di lui e pronte a cadergli fra le braccia, ma sono altrettanto invidiose e gelose di Belle e del fatto che Gaston preferisca Belle a loro, forse le vere matte sono loro (Lavinia Venanzetti - Gabriele Conso) Belle assume un atteggiamento altruista, andando oltre l’umana ragione. Infatti dimentica come era stata trattata davanti alle sofferenze del padre e va anche oltre l’aspetto fisico scegliendo la via dell’amore (Carolina Salvati) Gaston e i suoi amici cantano e ballano prima che Gaston vada ad uccidere la Bestia. Canta e balla anche il servo perché sa che Gaston riuscirà ad uccidere la Bestia ed avere fra le sue braccia Belle. Tutti insieme cantano: “Gaston, il più bello! Gaston, il più forte Gaston”! (Raja Awad - Alessandro Cossiga) 66 67 day by day/foto e ricordi di “la bella e la bestia” Belle si trova nelle segrete del castello dove è imprigionato suo padre. Belle non vuole fuggire, e nasce tra loro un dialogo tenero “Non ti lascio anche se devo morire e ti voglio liberare subito”. “Fuggi, se viene Bestia potrebbe rinchiudere anche te” (Antonio Curzio Savarese - Chiara Martinelli) “Se vorrai conquistarla devi essere simpatico, colto, intelligente, devi tacere al momento giusto e vestirti meglio”. Sono i consigli di Lumière e Attaccapanni alla Bestia. Mentre Attaccapanni lo veste la Bestia pensa: “Io sono brutto, antipatico, arrogante, egoista e mi vesto come un animale”. Lumière e Attaccapanni lo costringono per una sera ad essere un gentiluomo (Ranieri Menichella - Sofia Conciarelli) Siamo nel rifugio della taverna. Gaston discute con il direttore del manicomio per far imprigionare ingiustamente il padre di Belle: Gaston conquisterebbe Belle e il direttore avrebbe un bel mucchietto di soldi. L’atteggiamento professionale di questo personaggio è scorretto perché trascura le persone che deve curare e pensa a fare soldi. Non si rende conto del male che ha fatto, che fa e farà a chi gli chiede aiuto, infliggendo nei loro cuori profondi dolori (Beatrice Trimani - Gaia Gianni) Letont e Tockins: due protagonisti de “La Bella e la Bestia”. Letont ha un carattere simpatico e durante lo spettacolo ci ha intrattenuto con la sua simpatia di gesti e parole; Tockins anche è simpatico, ha uno strano modo di parlare, è una persona colta e pensa molto prima di fare qualcosa (Edoardo Zurolo - Liang yan Dong - Manuel Giordani) 68 69 L’incantesimo della Strega ha coinvolto anche le persone che vivono nel castello. La Strega li ha trasformati, forse, per far sentire in colpa Bestia, oppure per proteggerli dalla voracità di Bestia. Se noi fossimo strati la Strega li avremmo trasformati in: in cane, in ragno; la tazzina in inchiostro; il cucchiaio in una sala diroccata; l’armadio in un libro di paura; lo specchio in un fantasma. Così avremmo reso il castello un luogo spaventoso e inquietante (Alessandro Gasparri - Fabrizio Ussia) Volendo immaginare un finale diverso abbiamo pensato questo. Belle non riesce a rompere l’incantesimo perché si sente ferita dal trattamento suo e del padre ed è anche preoccupata di amare una bestia, quindi torna a casa per cercare di dimenticarsi di quell’incontro. (Isabel Di Rienzo - Prisca Borri Angeletti) “Tu ci capisci qualcosa?” “Io sono venuto per vedere i miei amici” 70 “Il Frère ricorda il teatro al De Merode” (E. Gagliardi - 1995) 71 Vedere, Conoscere, Apprezzare, Ricordare, Conservare Roma è eterna e le sue bellezze infinite. Ogni tanto ne vediamo e gustiamo qualcuna ALLA RICERCA DELLA LAVANDA Con la mia classe, la I A, siamo andati all’orto botanico di Roma, in largo Cristina di Svezia. I professori che ci hanno accompagnato sono Scammacca e Zongoli. Io e Federico Tortorella dovemmo cercare la lavanda, avevamo girato in lungo e in largo per trovarla, ma alla fine era la prima pianta che avevamo visto. Ho potuto vedere una sequoia, non molto grande perché ancora giovane, di soli settantacinque anni, cosa che per una sequoia è pochissimo, perché arrivano fino a cinquemila anni! Una quercia di cinquecento anni era grossa tanto che servivano circa cinque uomini per abbracciarla! Ci siamo seduti sotto un gazebo giapponese con uno stagno a sinistra (bello, rilassante, con tanti pesciolini rossi) e a destra una bellissima vista di tutta Roma. Lì abbiamo fatto merenda e Roberto ci ha fatto assaggiare una mela appena colta. Durante la discesa abbiamo visto un albero che fa dei frutti giganti (il melo cotogno) poi siamo passati accanto un orto con l’aloe. Usciti dall’orto botanico, con i nostri professori siamo tornati in fretta a scuola. (Marco Mazzotta - Prima Secondaria Inferiore A) 72 LA LINGUA LATINA E LE PIANTE Durante la gita all’orto botanico abbiamo imparato molte cose, per esempio, esso appartiene a Villa Corsini dove è stata ospite la principessa Cristina di Svezia, questo era il suo giardino, poi con l’Unità d’Italia diventò l’orto botanico che noi tutti conosciamo, dal 1883 mantenuto dalla Università di Roma. All’entrata abbiamo visto alcune piante come il Cedrus Deodora, un esemplare alto trenta metri di centoventi anni, l’Iris Setina con foglie molto resistenti e l’Hypericum Perforatum con frutti e peli simili a spine. In seguito abbiamo visitato la serra delle piante succulente o grasse di cui sono molto interessanti le piante sasso, dette così per la loro somiglianza con le pietre, per tenere lontani gli animali, una di esse è la Litops Fulviceps. Nella serra si trovano anche i cactus e le aloe; un esemplare di aloe è l’Aloe Vera, che idrata la pelle. Il cactus, non avendo foglie, fa la fotosintesi nel fusto verde, e i suoi semi sono nella parte apicale. I cactus più particolari sono il Pereskia Aculeata, che, venendo dall’America Tropicale, è l’unico cactus con le foglie, e il Gymnocalycium Saglionis che è di colore rosso. Fuori dalla serra abbiamo osservato un raro esemplare di Wollemia Nobilis, unico in Italia e un Picea Excelsa: un abete rosso. Le piante possono essere usate per creare medicinali: per esempio la Camomilla guarisce il mal di stomaco e il Tarassaco fa bene al fegato, ma possono avere effetti collaterali. Infine abbiamo visitato l’area giapponese dove la Camomilla guarisce il mal di stomaco e il Tarassaco fa bene al fegato abbiamo fatto merenda e abbiamo visto il Platano Orientale. Abbiamo imparato che la direzione del muschio di un albero si trova a Nord. (Federico Guida) 73 “GEMME DELL’IMPRESSIONISMO” Con il nostro professore di lettere Scammacca e la nostra professoressa di arte De Luca siamo andati a vedere la mostra “Gemme dell’Impressionismo”. I nostri professori ci hanno dato delle informazioni, ma ci è stata preziosa la guida per avvicinarci ad artisti sommi, quali Monet, Manet, Renoir, Van Gogh, Redon, e tanti altri che si trovano in collezioni private e al National Gallery di Washington. (Elvira Scardaccione) LA COLLEZIONE NETTER DI MODIGLIANI La maggior parte delle opere di Modigliani appartengono alla collezione Netter. Jonas Netter era un acuto scopritore di talenti, che, grazie ad un poeta polacco (Leopold Zborowski), entrò in contatto con alcuni pittori tra cui Modigliani, che all’epoca era poco apprezzato, data la sua pittura originale e creativa con i volti femminili dai lunghi colli affusolati. Ma proprio questo colpì Netter, che diede il via ad una grande collezione e ad una solida amicizia. Nella mostra che abbiamo visitato la grande amicizia ci viene esposta con la ricostruzione di un tipico bar in un quartiere di Parigi degli anni ’20, dove trascorrevano molto tempo parlando e bevendo. Dunque una esposizione di quadri con un filo logico e le variazioni di un’unica sensazione del dolore: Utrillo che sfuggiva all’alcol dipingendo, Van Gogh che soffrì per molti anni di disturbi mentali. (Valeria Villani) Pamphili a commissionare il progetto di costruzione a Gian Lorenzo Bernini nel 1650. Nel 1694 il papa Innocenzo XII Pignatelli vi pose la sede dei tribunali pontifici, affidando il progetto di ampliamento del palazzo all’architetto Carlo Fontana. Nel 1871, dopo il trasferimento della capitale del regno d’Italia a Roma, cominciò la “terza vita” del palazzo: vi si stabilì la Camera dei deputati. Nel 1918 Ernesto Basile fu incaricato di aggiungere un nuovo edificio adiacente a quello berniniano e di costruire l’attuale Piazza del Parlamento. La guida ci ha successivamente accompagnato a visitare il “Transatlantico”, un ampio salone dove i deputati si possono riunire. E’ chiamato così perché ricorda le sale da ballo delle antiche navi, sul soffitto sono infatti scolpiti nel legno dei ti- L’EMOZIONE DI ESSERE NEL PARLAMENTO DI ITALIA A Montecitorio (o Camera dei Deputati) subito ci ha impressionato la magnifica e imponente struttura, frutto dell’impegno di famosi architetti. La guida ci ha spiegato che fu il papa Innocenzo X della famiglia pittura originale e creativa con i volti femminili dai lunghi colli affusolati 74 75 moni. Nella sala della “Regina”, invece, hanno luogo le conferenze ed è conservata una copia delle prime tre stampe della Costituzione della Repubblica Italiana. Abbiamo poi visitato la vera e propria Camera dei deputati dove abbiamo assistito a una votazione e abbiamo avuto l’onore di essere salutati dalla Presidente. Al momento del voto si sono illuminati dei pannelli con indicato il consenso o meno di ogni votante. Le luci rosse sono per il rifiuto, quelle verdi per il consenso e quelle bianche per l’astensione. E’ stato molto interessante ed emozionante riuscire a scorgere tra i deputati alcuni politici molto famosi! Ho apprezzato una gita così istruttiva e insieme ai miei amici mi sono divertita davvero. E non solo... ho imparato tante curiosità che sanno in pochi: per esempio che ogni deputato ha una cassetta della posta personale o che Montecitorio ospita una grande biblioteca con un milione di volumi! (Fiamma Berardi - III Secondaria Inferiore C) LA BELLEZZA DELLA FOTOGRAFIA La mostra del 125° del National Geographic si apre con una foto innovativa, in quanto fu scattata ad un isolotto delle isole Marchesi, nei primissimi anni del ‘900, da una barca che beccheggiava in mare aperto. La foto, rispetto alle immagini a cui siamo abituati oggi, potrebbe sembrare sgranata e poco nitida, ma per l’epoca in cui fu scattata, si trattava di un inimmaginabile progresso. L’ultima foto che ha colpito la nostra attenzione in modo particolare, è quella di una ragazza afghana con gli occhi di un intenso colore verde e che è stata presa come immagine rappresentativa della mostra. La foto è molto espressiva e la ragazza ritratta è davvero molto bella. 76 A distanza di alcuni anni, il fotografo McCurry che aveva ritratto la ragazza, torna in Afghanistan a cercarla per rifare lo stesso scatto dopo tanto tempo e per mettere in evidenza, attraverso quegli stessi occhi verdi, le sofferenze inflitte dalla guerra. Dopo una lunghissima ricerca, il fotografo ritrova la ragazza profuga in Pakistan. Nel frattempo è diventata una donna e la religione musulmana non le permette di scoprire il volto per lo scatto fotografico, così come era stato fatto in precedenza. Alla fine l’uomo riesce a convincere la donna a lasciarsi fotografare. una ragazza afghana con gli occhi di un intenso verde La seconda foto non è esposta alla mostra ma, appena ritornati a scuola, il nostro Professore l’ha trovata in internet e ce l’ha fatta vedere sulla LIM: è stata davvero toccante. (I ragazzi della 2^ C ed il Prof. Paolo Incani) 77 di Alfonso Ussia Un festival della scienza “senza scienza” Il Festival tra prove ed esperimenti falliti, tra divertimento e richiami, nel mondo imprevedibile e pasticcione della “scienza fatta in casa” Il De Merode organizza ogni anno il “Club delle Scienze”, un’iniziativa che coinvolge Medie e Liceo, rivolta ai ragazzi appassionati di scienze e interessati a mettere in pratica le teorie e i concetti appresi a scuola (in breve, a fare esperimenti fighi…). Il primo grande evento organizzato dal Club è la visita al “Festival della Scienza” che si tiene a Genova nel periodo di ottobre/novembre e dura circa 3 giorni. Nel viaggio di novembre 2013 sono stati coinvolti più di 50 ragazzi, divisi in gruppi con a capo un professore di riferimento. Dopo aver visitato gli stand (alcuni interessanti, altri pallosi…) siamo andati a mangiare da Eataly, un posto fico dove c’è di tutto! Lì il mio amico Bruno ha incontrato il “prof” Conor, maglia 17, ruolo ala destra nella Nomen Angels basketball team e non conoscendolo gli ha chiesto: “Tu mangiare piadina dentro a piano 3”? Conor ha risposto: “Ma che per caso mi stai prendendo per il c***?” La seconda sera tre miei amici stavano combinando casino in camera. Erano Edoardo, Federico, e il famoso Bruno. Ore 1:27 a.m.: bussa il Prof., sempre in agguato tra i lugubri corridoi dell’albergo. Edoardo fa: “ok prof, ora andiamo a dormire”. Ovviamente non è stato così. Egli entra di nuovo e inizia a irritarsi vedendo Edoardo che stava ridendo sotto i baffi. Il prof. esplode, scatena la sua ira funesta: “Edoardo, mettiti quel … di pigiama e vai a dormire su quel … di letto!” La visita al Festival della Scienza di Genova ha costituito 78 la “fonte d’ispirazione” per il “Festival demerodiano della Scienze”, organizzato nel mese di gennaio. Il sottoscritto un giorno ha portato tre o quattro buste piene zeppe di cavo isolato, amplificatore, uno speaker, un subwoofer, fluido non newtoniano, pellicola, nastro isolante, interruttori, assi di legno ec … Insomma, un bel po’ di roba, considerando che certuni non portavano niente, o altri, come Ludovico, davano buca alle riunioni. Sempre la stessa storia: Ludo diceva di venire alla riunione, dava buca e Giulia si inc*** ogni santa volta… (Giulia e Costanza, erano le nostre boss veterane che ci hanno guidato fino alla giornata X, 18 gennaio 2014). Io con i soliti bustoni pieni di roba, i miei vicini, tra cui Paolo, con due caraffe e un po’ di acqua colorata e il nostro caro Lillo, “il 2° Aristide” portava un battello ad alcool denaturato in miniatura e uno zippo per fare il figo. Io per fare il figo (e attirare la gente) ho dovuto “sacrificare” il mio stereo da 700 W, ma pare che la cosa abbia funzionato. Certo, tra tutte le casse attive presenti (4) e l’ampli per gli esperimenti fr. Alessandro avrà pagato una bolletta Enel molto salata… In pochissimo tempo mezzo liceo si è fiondato da noi, con Animals o altra House a palla, insomma, una figata pazzesca! Ore 10:30: il disastro. Finisce il fluido non newtoniano. Invio due miei compari a prendere la farina di patate necessaria. Delego l’impresa a Bruno e a Raimondo. Girano per i supermercati, ma non trovano niente. Ad un tratto, vagando per la Carrefour, scovano quei pacchetti fatidici di pseudococaina e me li portano correndo. I visitatori incavolati se ne erano già andati, e sono arrivati dei nuovi. Tutto filava liscio come l’olio quando… si fonde il fusibile dell’ampli per gli esperimenti. “Porca tr***!” pensavo. Ormai è finita!! Ma non ancora. La musica allo stereo continuava e nessuno si era accorto di niente, se non fosse per il mio sguardo tenebroso, freddo come il ghiaccio, di aver sfasciato il mio transistor per un semplice sovraccarico… Ma, come si dice a Roma, “Scialla, tanto si aggiusta”. Rimpacchettando tutto bene bene, me ne torno a casa, sfinito ma soddisfatto. Ragazzi, sì, intendo voi lettori, vi consiglio di provare sempre nuove esperienze e di proporre idee mai pensate. Il festival delle Scienze è un’occasione che avete per fare qualcosa di diverso. Sono le idee, che fanno cambiare il Mondo! Alfonso Ussia 79 sport Laura Bacile Antonella Sorriga Corsa campestre nel verde Piazza di Siena Piazza di Siena, ritrovo annuale dei migliori cavalli d’Europa, ritrovo annuale per la nostra corsa campestre. Contro le previsioni mattinata di tiepido sole autunnale, dai caldi colori di Villa Borghese Le due organizzatrici, proff. Laura Bacile e Antonella Sorriga si alternano alla partenza e al traguardo; le “ragazze segretarie” redigono le classifiche; Fr. Tiberio e il preside Fr. Alessandro premiano sul podio i vincitori di ogni categoria, mentre compagni di classe e amici applaudono, commentano, si scambiano battute; chi è arrivato secondo rimpiange la mancanza dell’ultimo sprint; invece gli ultimi raccontano del fascino di essere ultimo. Bella mattinata, utile alla salute e anche opportuna per scambiare due parole con i professori (V.M.) 80 LICEI Corsa Campestre - 1 Anno Femminile Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Cognome Pileri Onorato Marchionne Vincenti Voltolina Palombo Tagliatesta Caucci Marchetta Bellino Nome Carlotta Camilla Alessia Flaminia Lavinia Veronica Maria Sole Laura Sofia Virginia Classe 1 Classico B 1 Scientifico A 1 Scientifico B 1 Classico B 1 Classico B 1 Scientifico A 1 Classico A 1 Classico B 1 Classico B 1 Scientifico B 81 Tempo 3.41.32 3.48.49 3.51.77 3.53.32 3.53.71 4.05.46 4.09.49 4.11.71 4.12.17 4.12.69 sport Licei Corsa Campestre - 1 Anno Maschile Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Cognome Pierantozzi Pennacchi Ji Regina Crimi Chen Hu Campanelli Monastra De Vito Nome Leonardo Francesco Daniele Edoardo Edoardo Matteo Francesco Francesco Alessandro Filippo Classe 1 Classico A 1 Scientifico A 1 Scientifico A 1 Scientifico B 1 Classico B 1 Scientifico A 1 Scientifico A 1 Scientifico B 1 Scientifico B 1 Scientifico A Licei Corsa Campestre - 2/3 Anno Femminile Tempo 3.17.67 3.22.26 3.22.69 3.24.49 3.30.74 3.31.56 3.33.44 3.34.97 3.37.11 3.41.65 Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Cognome Gargari Parisi Blasetti Transi Ferrero Meneghello Cucchiara Fratta Fischetti D’Acierno Nome Ludovica A. Giulia Chiara Ilaria Emma Diletta Greta Flaminia Francesca Ludovica Classe 3 Classico B 2 Classico B 2 Scientifico A 3 Classico A 2 Scientifico A 2 Classico A 3 Scientifico A 2 Classico B 2 Scientifico A 2 Scientifico A Tempo 3.11.53 3.11.94 3.13.44 3.15.52 3.16.34 3.18.89 3.19.77 3.20.70 3.24.60 3.25.36 Licei Corsa Campestre - 2/3 Anno Maschile Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 82 Cognome Paruta Vertecchi Grisostomi Sansoni Zimatore Savarese Angioli Del Gallo Del Gallo Del Gallo Nome Edoardo Joris Carlo Federico Alessandro Marco Riccardo Giacomo Marco Filippo Classe 2 Scientifico B 3 Scientifico B 3 Scientifico B 2 Scientifico A 3 Classico B 2 Classico B 3 Scientifico B 2 Scientifico B 3 Classico B 2 Scientifico A 83 Tempo 4.42.51 4.44.21 4.45.65 4.47.04 4.53.80 5.00.02 5.00.96 5.01.28 5.11.21 5.12.64 sport 84 85 sport Licei Corsa Campestre - 4/5 Anno Femminile Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Cognome Andriola Tomasini Del Tosto Pontecorvo Terzoli Gambarini Chianese Di Bagno Bonano Ecari Nome Costanza Diletta Ludovica Benedetta Francesca Elisa Domitilla Delia Benedetta Giulia Classe 5 Classico B 5 Scientifico B 4 Classico A 4 Classico A 5 Scientifico A 4 Scientifico A 4 Classico A 5 Scientifico B 4 Scientifico A 4 Scientifico A Tempo 5.42.95 6.05.58 6.07.28 6.38.31 6.43.15 7.05.78 7.09.74 7.13.17 7.16.22 7.18.72 Licei Corsa Campestre - 4/5 Anno Maschile Posizione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Cognome Nicolini Di Lorenzo Damiani Chiavellati Consiglio Astolfi Franco Innacoli Cardarelli Diana Nome Carlos Antonio Edoardo Giovanni Piermarco Edoardo Tommaso Jacopo Paolo Ferdinando Classe 5 Classico A 5 Classico A 5 Classico A 5 Scientifico B 4 Classico A 4 Classico B 4 Classico A 4 Classico A 4 Scientifico A 5 Scientifico A 86 Tempo 4.34.71 4.39.07 4.41.93 4.42.60 4.48.60 4.50.22 4.50.78 4.53.48 5.03.10 5.07.36 87 sport 5° CAMPESTRE “FR.MARIO PRESCIUTTINI” Risultati Scuola Secondaria inferiore C.S.G. categoria classifica Nome Cognome C1 FEMMINILE 4° ALICE FRANCHETTI C2 MASCHILE 3° ANDREA NUZZO 5° ANDREA SERAFINI 1° FRANCESCO MEZZONI 2° GIULIO ACERNESE 6° ADRIANO INTALDI 7° LEONARDO PIOLDO C3 MASCHILE 88 89 Di testa o di piedi sono più forti”! sport di Gaetano Fiorani CAMPIONI DEL DE MERODE: Scientifico! Classico superato da cinque prodezze degli azzurri Alla fine è stato un trionfo. Lanzetta, Lanzetta, ancora Lanzetta, Ottaviani e ciliegina finale di Boidi. Una partita memorabile. Cataluddi, il tecnico del Classico, ha provato a nascondere la profonda amarezza per l’epilogo della sfida di San Giuseppe, ma i suoi occhi umidi li hanno notati in molti. Lacrime e rabbia anche tra i giocatori. Di Lorenzo era sceso in campo convinto di vincere, ed è stato battuto da Lanzetta. Magistrelli e Nicolini hanno guardato Grisostomi e Palermo sfrecciare sulle fasce, senza mai riuscire a fermarli. Perconti ha tentato più volte di liberar- si del marcatore e tirare in porta, ma è andato a sbattere sempre sul muro De Vincenzo. Adesso questi coltissimi e solitamente vincenti ragazzi, che non vestiranno più la maglia verde del Classico perché sono arrivati all’ultimo dei cinque anni di liceo, dovranno farsi una ragione della manita loro rifilata dallo Scientifico. Che la giornata sarebbe andata non proprio benissimo per il Classico si era capito già prima della partita. Ore 11.24: Fratel Alessandro prende il bigliettino dalle mani del fido Pasotti e annuncia alle classi del De Merode Curva Sud: “Una voce e un cuore grande così”! 90 schierate in fila il nome del vincitore del concorso letterario. Tutti si aspettavano che a spuntarla sarebbe stata qualche Ludovica o Lucrezia o Flaminia del Classico e invece niente. Il vincitore, ops, è Lorenzo Peri. Lorenzo Peri del terzo scientifico b che, tra l’altro, avevo scelto come portiere di riserva per la mia squadra. Alla fine non ha giocato neanche un minuto, Lorenzo (perbacco, Diana tra i pali è una sicurezza), ma il tema che ha scritto era veramente un piccolo gioiello. Alle 11.47 Fratel Tiberio in veste di speaker comunica agli oltre duecento spettatori assiepati sulle tribune che la partita sta per iniziare. Cinque minuti. Solo cinque minuti. La tifoseria del Classico accende un paio di fumogeni, verdi come le maglie dei suoi beniamini. Giusto una fiammata. Dopo il primo gol di Lanzetta, e fino al triplice fischio dell’arbitro Angalli, la “gioventù classica” - malgrado l’ammirevole entusiasmo del suo mentore Landi - resterà a guardare ammutolita la sconfitta della formazione allenata da Cataluddi. La squadra dello Scientifico - la mia squadra - fa il riscaldamento sotto la sua curva. Lanciati dal duo VollaroMarchini, i cori della tifoseria azzurra sovrastano ben presto le acute grida delle signorine del Classico. Io rimango a bordo campo a controllare i miei giocatori e impartisco le ultime raccomandazioni. In teoria dovrei stare in qualche angolo buio della sala Galilei a correggere le terze prove di latino. Invece sono qui, su questo campo di asfalto, uno dei cui lati è un possente, assurdo 91 bastione di cemento che dai giocatori viene usato per fare il batti-muro. Un campo di calcio che oggi ha l’onore di ospitare una finale, ma che nei giorni normali serve solo da parcheggio. Sono su questo campo a fare l’allenatore e vi dirò una cosa: sono al posto giusto. Sono dove devo essere. Perché - ascoltatemi bene - mentre fate quei rapidi passaggi e quei tentativi di tiro che si compiono nel pre partita, ragazzi, voi “ignari esprimete antiche cose meravigliose”. Antiche cose meravigliose. Fratel Tiberio mi chiede con quale modulo scenderemo in campo. Glielo dico da lontano, aiutandomi con le dita. Uno - tre - uno. Detto di Diana in porta, il resto della formazione di partenza è questo: De Vincenzo al centro della difesa, Palermo e Grisostomi sulle fasce. Lanzetta in cabina di regia. Giorgio è il leader della squadra. Quello a cui tutti passeranno la palla quando si sentiranno in difficoltà, quando avranno il fiato di un avversario sul collo. E faranno la cosa giusta, perché lui riesce a tenerla incollata ai piedi, la palla. Il terminale Sono su questo campo a fare l’allenatore e vi dirò una cosa: sono al posto giusto sport offensivo è Ludovico “il furioso” Ottaviani. Nel corso della partita entreranno e faranno la loro figura anche Anzuini, Boidi, Casali, Matacena. Di una sola cosa mi dispiace: del fatto che - per le esigenze superiori della squadra - qualche singolo calciatore, che ho convocato e che sogna di poter giocare fosse anche per una manciata di secondi, rimarrà per tutti e quaranta i minuti della sfida in panchina. Mi dispiace davvero tanto, ragazzi. Mi dispiace davvero tanto Umberto, Enzo, Filippo, ma il calcio è anche questo. Antiche cose meravigliose. Ore 11.52: fischio d’inizio. Primi passaggi a centrocampo. Primi tentativi delle due formazioni di penetrare nell’area avversaria. Ma in realtà sono sufficienti appena tre minuti, centottanta miseri secondi. Angalli fischia un calcio di punizione in favore dello Scientifico. Posizione molto defilata, giusto un paio di metri oltre la linea del centrocampo. Da lì alla porta difesa da Viviani sono tanti, tantissimi metri. Tutti i giocatori normali crosserebbero. Ma Lanzetta non ci pensa neanche un secondo. Prende la rincorsa e lascia a partire un missile pazzesco che va ad insaccarsi - letteralmente - sotto l’incrocio dei pali. Il copione si ripete a metà del primo tempo. Nuovo calcio di punizione. Da posizione, se possibile, ancor più defilata. Questa volta Lanzetta opta per un rasoterra chirurgico, sul primo palo. È di nuovo gol. La curva dello scientifico impazzisce. Io entro in campo per abbracciare il mio fuoriclasse. Si va negli spogliatoi sul risultato di 2-0. Al rientro in campo non è più Viviani a difendere la porta del Classico. Peccato, perché sui due gol non aveva davvero la minima colpa. È un eccellente portiere. Con questo giovanissimo atleta ho scambiato quattro chiacchiere al termine della partita, davanti a uno degli ottimi caffè preparati da Yari. Ho provato a rincuorarlo. Gli ho detto che avrà tante occasioni per rifarsi. Anche il suo sguardo deluso esprime antiche cose meravigliose. Nella ripresa si sono visti altri tre gol: uno di Lanzetta, questa volta su azione. Uno di Ottaviani. E uno, l’ultimo, quello del tripudio, di capitan Boidi. Come è stato bello abbracciare le maglie scivolose di sudore dei miei alunni goleador ed essere abbracciato da loro, sorridenti di quei sorrisi splendidi e fugaci. Pochi momenti come questi belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere. I ragazzi del Classico ci hanno provato, hanno provato a fare almeno il gol della bandiera. Hanno fatto vedere alcune belle cose, ma - complici una traversa dispettosa e un Diana in stato di grazia - sono rimasti a secco. Sono comunque usciti a testa alta. Uno di loro, Astolfi, è venuto a stringermi la mano. Ecco, Astolfi, tu sei uno di quei pochi (peccato siano pochi) che riescono a vincere anche nella sconfitta. E veniamo all’ultima immagine. L’ultima immagine di questa memorabile giornata. L’ultima immagine è questa: c’è Fratel Virginio con la sua macchina fotografica, pronto a scattare; c’è il Direttore che sta per consegnare la coppa dell’istituto; c’è la curva dello Scientifico che continua a cantare. E ci sono io. Ho appena detto a Lanzetta che è lui che deve alzare la coppa, ma Lanzetta mi urla che lui e gli altri giocatori vogliono che sia io a farlo. Io non rifiuto. Non ci penso nemmeno per un attimo di rifiutare. Fratel Alessandro è un convincente Michel Platini. Quella che mi sta per consegnare non sarà la Coppa dei Campioni, non ha neanche le grandi orecchie. Ma alzarla è bellissimo comunque. E mentre lo faccio so già che è un fotogramma che rimarrà per molto tempo impresso nella mia memoria. Festa è nell’aria, festa in ogni via. Se per poco, che importa? La vostra gloria, ragazzi, come un fiume d’amore orna il San Giuseppe de Merode. Gaetano Fiorani “Un giocatore del Classico imprigionato dalla gabbia dello Scientifico non può fare altro che arrendersi” 92 Il preside ha appena consegnato la coppa al prof. G. Fiorani, che insieme ai giocatori lancia un urlo contagioso di gioia. 93 sport di Michele Cataluddi UNA BELLA SCONFITTA Per il classico tutto è bello: le lettere, il mondo, la natura… la sconfitta nel calcio, ma non nella pallavolo Nel calcio dei fisici, i metafisici vengono sconfitti. E sonoramente. Questa è la lettura di primo livello che da tecnico della formazione “classico” che ha affrontato la selečao dello scientifico posso dare. Si dice che nel calcio attuale le giovani promesse vengano scelte dagli osservatori tenendo in gran conto le doti atletiche, tanto da scartare giocatori dai piedi buoni ma di piccola statura. Certo i Messi fanno eccezione e forse questa idea di eccezionalità ci ha indotti a presumere possibilità di vittoria sconfessate dalla realtà dei fatti. I criteri della selezione dei giocatori tenevano conto delle prestazioni del campionato per classi, dove è emerso il V Liceo classico A, già distintosi nelle prestazioni dell’anno scorso, con determinanti presenze nella sfida finale allora vinta ai rigori. Altre presenze interessanti sono state scelte nella primavera del biennio, quali il portiere Viviani e il capocannoniere Proietti. Infine, non conoscendo le doti calcistiche di tutti i giovani del triennio classico, ho consultato il capitano designato Federico Perconti, che dopo aver tentato di imporre dubbie clientele, è stato accontentato accogliendo le sue indicazioni di Astolfi, già adocchiato dal tecnico palleggiare in una piazza di Riva del Garda tornando dalla settimana bianca, e Zimatore, garantito dal compagno di squadra Di Lorenzo come elemento valido di centrocampo. Già nelle settimane antecedenti la gara, mentre pensavo ai moduli di gioco e scioglievo i dubbi sui convocati, avvertivo accendersi le attese da parte delle tifoserie, quotidianamente intercettato a rispondere alle domande di improvvisati intervistatori, che domandavano pronostici, anticipazioni tattiche e incitavano provocazioni. Anche con il tecnico avversario, lo stimato Prof. Fiorani, ci studiavamo nelle velate forme di scambi amicali di battute e opinioni, schermendoci dietro savie considerazioni sul valore dello sport e la giocosità dell’evento. Mi domandavo nel frattempo anche perchè fossi stato scelto, eletto, quale guida in così ardua tenzone, e ipotizzavo che, al di là delle mie ostentate passioni calcistiche, durante le lezioni attraverso metafore ricorrenti per spiegare come i miti platonici, i più elevati argomenti disciplinari, o nelle partitelle giovanilistiche organizzate nel pretesto di ideali educativi extracurricolari, al di là di questo, ipotizzavo ormai di essere quell’uomo del destino che avrebbe rilanciato un genio calcistico lasalliano, che avrebbe visto trionfare i miei ragazzi anche al di fuori dei battimuri dilettantistici del “cementone”. Questo il nome attribuito già ai miei tempi, di giocatore, più di vent’anni or sono, al parcheggio adibito a campo (o viceversa?) calpestato da tempo immemorabile da generazioni di alunni che, pur al di fuori frequentando i più rinomati e dunque attrezzati circoli della capitale, Nel calcio dei fisici, i metafisici vengono sconfitti 94 La squadra del classico, nella più nobile gara della pallavolo ha salvato l’onore, con l’apporto del “gentile sesso” non si sono mai sottratti, pena il disprezzo collettivo, ai tornei scolastici annuali. Così carico di storie, forte di certezze, gravido di vittoria, arrivavo al fatidico giorno, pur con simulata indifferenza. Percepivo nell’aria le emozioni che solo i più giovani sanno profondere negli eventi faceti, assistevo ancora solido ai preparativi delle tifoserie, chiassose e pur contenute dalle attente forze dell’ordine vicepresidenziali, finalmente riunivo in campo i miei ragazzi di verde adornati. Il giovane Viviani in porta, l’alto Astolfi centrale di difesa, Magistrelli e Di Lorenzo a dare velocità sulle fasce, Perconti regista offensivo, Zimatore rifinitore di centroattacco. Tutto girava come comandato per circa cinque minuti, fino alla punizione contro tirata dal fuoriclasse avversario, Lanzetta. Mi arrivò il rumore dell’impatto del pallone all’angolo alto dei pali, nella rete, prima dell’immagine corrispondente, del silenzio fermo dei giocatori verdi, del fischio che sancisce lo svantaggio, presagio di possibile sconfitta. Ma subito riprendeva il movimento, l’esultanza scomposta dei blu, la reazione a tratti incerta dei miei, la palla al centro e la ripresa del gioco. Il secondo goal subito fa più male, dissolve l’illusione dello svantaggio casuale, è già un giudizio d’inferiorità. I miei giocatori riprendevano gli schemi troppo leziosi contro la concretezza avversaria, l’inserimento del giovane Proietti a sostituzione dell’involontariamente falloso Zimatore portava maggiore spinta in avanti, ma si infrangeva nelle coperture e nei rientri a catenaccio dei blu. Nel fragore delle tifoserie, subentravano le riserve delle già nutrite schiere avversarie, reduci dalla sconfitta nella parallela sfida di pallavolo, dove la squadra del classico aveva già salvato l’onore dei grecisti, forse grazie all’apporto del gentil sesso, che in tal più nobile competizione ha portato al successo la nostra selezione. Prima dell’intervallo il veloce e atletico Nicolini sostituiva Astolfi nell’estrema posizione difensiva, davanti al coraggioso Viviani, che si opponeva in valorose parate all’aggravarsi dello svantaggio, finché il fischio di fine primo tempo non mi consegnava i combattenti affannosamente bisognosi di precetti tattici che non mi sovvenivano. Qualcosa mancava negli sguardi e nelle gambe, capivo allora i margini d’impotenza dell’allenatore, ma due goal come subiti possono essere realizzati. Tra i pali subentrava il portiere Damiani e il pallone ricominciava a correre lungo il rettangolo di cemento. La stabilità del risultato faceva credere in possibili rovesciamenti di forze, ma le lancette mi sembravano correre sul quadrante più in fretta dei miei giocatori sul campo. 95 sport L’atmosfera era paradossalmente ovattata, la concentrazione isolava alla periferia delle mie percezioni il fragore del tifo, i fumi e le trombe, le provocazioni dei curiosi e degli ironici. Continuavamo ad infrangerci nel muro difensivo degli avversari, in uno scomposto assedio, rischiando controffensive che non tardavano ad arrivare. Il bel Damiani si opponeva agli attacchi, tra promettente fortuna e agile presa, finché la strapotenza avversaria non riusciva a sfondare imponendo nella manciata degli ultimi minuti, distruttiva di ogni residua speranza, la fatidica tripletta che chiude lo scontro. 5 a 0. Una sconfitta che netta lascia senz’adito le interpretazioni, ci consegna la serenità di chi nulla più poteva, ci solleva dalle passioni degli slanci agonistici, per vincere la sfida ben più alta del fraterno abbraccio con i vincitori. Prima del gioco, l’importante è l’obiettivo del successo; durante, partecipare; dopo, essersi divertiti, aver espresso con il sudore e l’impegno la capacità di stare con gli altri, sul campo e intorno, tutti insieme, per la nostra squadra, quella della comunità del Liceo De Merode. In questi giorni successivi all’evento, come ogni tec- nell’ombra finalmente tacita vado immaginando promesse di vittoria futura nico di blasonato carniere, ho dovuto render conto a sostenitori delusi e compiaciuti avversari della nefasta sconfitta, ora ritratto in sornione silenzio, ora disponibile a generosi riconoscimenti quasi di ceduta vittoria, ora compassato in precisi giudizi analitici di calcistiche verità. Ma già vedo la disfida scorrere verso l’alveo della storia; nuove quotidianità ci sottraggono le luci dei riflettori e nell’ombra finalmente tacita vado immaginando promesse di vittoria futura, forgiando idee di gioco e osservando novelle generazioni di combattenti. Forse qualcun altro ne prenderà la guida; il destino, il popolo o chi ne decide le sorti farà la sua scelta. Michele Cataluddi Una azione dello Scientifico contrastata dal Classico Convinto e luminoso il tifo del classico, ma spento il gioco “Siamo venuti a dare una mano al classico, ma stiamo qui imprigionati per mancanza del biglietto” 96 97 L’anno scolastico è finito: se ancora non hai deciso cosa fare dopo il Liceo, Time out del 1993, oltre che augurarti buone vacanze, ti può aiutare per una scelta felice 99 98