20/03/2013
“Memoria” di Francesco Jerace
Pala Marmorea.
E non ”avventura” della
89 anni a oggi 2013 io sottoscritto
Francesco Jerace parlerò dopo tanti
preceduto.
A distanza di
che sono il
storici che
cugino di
mi hanno
In questi ultimi sessanta anni, sulla grande scultura della
Deposizione del Duomo di Santa Marina di Polistena ne ho sentite
di cotte e di crude. Si divertirono in molti a scrivere e
riscrivere e ognuno disse la sua. Non mi consta, che ne parlò mai
un vero scultore, di quelli che sanno tenere nelle mani mazzetta e
scalpello.
Forse mi è sfuggito qualche nome, ma non credo che
mai scultore con la S maiuscola diede uno sguardo a quei marmi
divinamente scolpiti. Solo il critico Sgarbi, in visita alla
Chiesa
Matrice
Santa
Marina,
vedendo
la
“pala”
marmorea
disse:”Sono ornati Napoletani”.
Si parlò di molti proverbi, non si disse mai delle ricerche fatte
dallo scultore Francesco Jerace; non si citò mai quell’opuscoletto
da lui fatto nel 1924 e stampato in Napoli dalla Tipografia della
R.Università dalla R. Accademia di Archeologia Lettere e Belle
Arti Via SS.Filippo e Giacomo 21.
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In quello
stesso opuscoletto si scopre con sorpresa una stampa
dimenticata,
forse mai vista o non capita,messa nell’ultima
pagina a paragone con la “pala.”marmorea di Polistena. Non sto a
elencare tutto il testo che Jerace fece per ritrovare l’autore
della grandiosa scultura.
Nè vi dirò le peripezie fatte e il racconto fatto a Jerace dal
Canonico P. Calcaterra. Tutto l’altare rimase per ben trent’anni
sotto le macerie della distrutta Chiesa per il terremoto del 1783.
Nel 1813 per opera del Principe di Ardore fu fatto dissotterrare
e da mani sapienti, riedificato il tutto nel punto esatto dove si
trova oggi,con aggiunta di una lapide a completamento del lavoro
dettata dall’Arc. Prenestino nel 1823.
Dieci anni pieni dal 1813 al 1823 per poter rimettere a posto il
manufatto sbriciolato.
La lapide indicativa
oltre che fatta su
diverso marmo bianco venato di Carrara molto scadente ,fu un vero
mistero a carattere occulto, scritta anche in latino e quel MDIII
senza avere certezza dell’epoca in cui fu scolpita veramente
l’opera, e da chi? Fu una fantomatica fandonia.
Un vero abuso del Prenestino fu quello di scrivere, senza avere un
documento certo. Se è veritiera la storiella del vascello arenato
sulla spiaggia di Taureana-Gioia Tauro, come
potevano essere
certi che la scultura era stata scolpita precisamente nel MDIII e
poi la specificazione di quel III.
Ciò fa capire che con i frammenti raccolti sulla spiaggia, ci
doveva essere una pergamena o documento a seguito dell’importante
carico marmoreo . Come mai questo interessantissimo documento il
Prenestino lo ignorò completamente?. Non fece ricerca alcuna se ci
fosse datazione. Non ne parlò Francesco Jerace per
rispetto del
Prenestino ma la dico io: non si pubblicano notizie quando non
sono certe. Non esistette quindi la scatola nera, e neppure si è
trovata negli scavi assieme ai frammenti.
Il documento si briciolò nell’acqua di mare? Non esistette traccia
alcuna e la data MDIII fu dettata a caso al marmista che la
incise. Vero imbroglio grossolano preparato dal Prenestino.
La precisione fu tale
per novanta anni.
MDIII
e da questo errore
si fantasticò
“ La parte inferiore dell’altare è un insieme di differenti marmi, rapportati, aggiustati
insieme , poichè il ripristino subito più volte e in differenti epoche , ha dovuto avvenire con
frammenti estranei alla compagine marmorea dell’opera originaria. La “pala” marmorea si
compone di due colonne joniche ornati alla base, chiudente un alto rilievo,
complessivamente di quattordici figure, di circa un metro e trenta ognuna; la mensa e la
trabeazione inquadrano il tutto, che misura un’altezza di quasi dieci metri per cinque. In
alto, una mezza figura dell’Eterno Padre benedicente culmina il divino Sacrificio. Gli ornati
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sono disposti con il solito accorgimento dello scultore campano anno quella fluidezza
quella tenerezza di tocco che è suo altissimo privilegio.(Le Chiese di Napoli sono ricche di
tale tipica decorazione). La figurazione è sapientemente disposta è la più che il Maestro
abbia ideata e plasmata”.
E facile scorgere come lo statuario abbia curato la costruzione
di ogni personaggio con appropriata elaborazione; ma nelle Marie a posto, mano e
cuore,poiché in quelle figure assurge alla più viva espressione dello strazio umano.
Demetrio Salazar ha documentato, anche con tavole illustrate le opere insigni dei nostri
sommi, poiché l’autore delle “Vite degli Artisti” ha dimenticato di proposito o ha criticato,
con penna mordace, molti nostri valentuomini, includendo anche il grande scultore
Campano. Eppure dal mezzogiorno d’Italia sommi artisti: da Antonello da Messina a Mattia
Preti, da Luca Giordano e Francesco Solimena e
purtroppo oggi portano altri nomi!
tanti altri lasciarono opere che,
Il disprezzo per la produzione artistica dell’italia
meridionale era arrivata a tal punto che si poteva avere una tela del Mattia Prete per
poche lire.
Il Jerace dice ancora: Girando per le Chiese di Napoli ed in quelle indicate dal De
Dominicis, per accertarmi se la Papa da lui descritta a pag.56 vol. II si trovasse nella
Chiesa di San Giovanni a Carbonara ho dovuto constatare che non vi esiste nulla di ciò
che afferma il De Dominicis. Né ve la Pala eseguita per concorso dal Santacroce
Che ho rinvenuta poi nella Chiesa di S. Maria delle Grazie a Caponapoli. “ Da quanto ho
innanzi citato risulta evidente che la mia ostinata indagine è giunta al più fortunato incontro
giacchè la “Deposizione di Polistena sia per la sua disposizione figurativa sia per la
tecnica e sia per fatti drammatici è uno dei due bassorilievi dell’antico concorso fatto da
Giovanni da Nola cioè Merliani da Nola.
Il grande artefice del Mausoleo dedicato a D: Pedro di Toledo nella Chiesa di San
Giacomo, l’autore della cappella di S. Severino e di tante altre opere insigni. La Pala
marmorea polistenese oltre alla descrizione data dal De Domicicis la tecnica indica in
modo preciso l’autore del marmo che abbiamo amorosamente studiato. Giovanni Merliani
pittore, scultore e architetto,emulo del Montorsoli, del Santacroce, l’artista insigne della
fontana di S: Lucia, di via Toledo, degli altari delle Chiese di San Domenico di Monte
Oliveto, di Santa Chiara ecc. Il Merliani fu spesso ammirato e studiato dagli stranieri; ma i
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nostri studiosi lo trascurarono, la critica di Giorgio Vasari da Carlo Tito Dalbuono, da
Demetrio Salazar, dal Di Giacomo, da Filangieri di Candida e da Giuseppe Ceci.
Si ammira, invece nella Chiesa di S. Maria delle Grazie a Caponapoli
un’altra
deposizione del Nolano fatta posteriormente, di altre proporzioni e condizioni.
L’armoniosa opera del Nolano è fra le più belle sue creazioni artistiche elevata per
disposizione figurativa e per nobiltà d’espressione artistica.”
Dall’elenco
delle
pubblicazioni
di
Riccardo
Nardi
ed
altri:
tutte opere di Giovanni Merliani da Nola.Seconda metà del 500 San
Sebastiano
(Melfi
Potenza).San
Antonio
di
Padova(Cancellara
Potenza)Santa Caterina e L’Annunziata, Crocefisso (Rivello Potenza
chiesa di San Antonio da Padova. Madonna col Bambino (San Mauro
Forte Matera).In Prospettiva 1514 1516. Figura virile in atto di
adorare
San
Giuseppe
o
un
pastore
(Firenze
Edizione
Polistampa).San Sebastiano nella Chiesa di San Pietro a Maiella in
Napoli(Paparo Edizione).L’Altare maggiore di San Giovanni a
Carbonara sculture ritrovate tra Napoli
e Terra di Lavoro 1545e
1565. Giovanni da Nola e Girolamo Santacroce in Santa Maria delle
Grazie a Caponapoli.La sovrapposizione dei due nomi al solito i
moderni,lo fanno e attribuiscono l’opera ad ambedue gli scultori.
Questo fu uno stralcio di poche pagine; chissà quante altre opere
sono all’attivo del Merliani e non si conoscono.
Opera certa di Giovanni Merliani da Nola stampata nel 1924.
Indizio: da paragonare, le croci, con la “pala” di Polistena.
La stampa dell’opuscolo di Fracesco Jerace tutti gli, scritici non lo presero
mai in considerazione.
Chi sapeva dell’opuscolo sorvolò in alto con molta retorica.
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La schiodata
o pietà.
Opera pregevole mai fatta vedere a Polistena proveniente.
dall’opuscolo di Francesco Jerace
del 1924.
Nota: l’opuscolo originale del 1924 lo conserva la famiglia
Morani.
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Polistena lì 20/03/2013
Aspettavo con ansia questa strabiliante notizia dai frati della Chiesa di Santa
Maria delle Grazie Maggiore di Caponapoli è un luogo di culto di Napoli: e ubicata a
margine del largo omonimo, nel centro storico della città. Per corrispondenza è arrivata
la notizia oggi 20/03/2013, il tempio conserva importanti opere d’arte, tanto che fu
definito il museo della scultura napoletana del Cinquecento. Negli anni 1516 al 35 fu
oggetto di un importante intervento di ripristino .Negli anni settanta il tempio, ricco di
opere d’arte subì diversi furti e devastazioni .Contiene opere di Domenico Antonio
Vaccaro, Girolamo D’Auria ecc. Le più importanti opere . da me richieste. La Statua
della Madonna di Giovanni da Nola che mi si dice che è anche autore di un rilievo
raffigurante la Deposizione, poi in rilievo l’incredulità di San Tommaso di Girolamo
Santacroce, mentre si trova ancora una seconda Deposizione di Giovanni da Nola. La
chiesa sebbene rappresenti un vero e proprio scrigno dell’arte napoletana, versa in grave
stato di degrado. Questo mi fu scritto:
Francesco Morani, cultore e chiarificatore anche per parte di Francesco Jerace.
Sigillo originale.
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“Memoria” di Francesco Jerace