ARTE DEL COSTRUIRE
Juan Martín Piaggio
Giorgio Brambilla
Premio “Opera Prima 1996”
Nell’opuscolo allegato alla
Rivista sono illustrati nel
dettaglio i risultati della quinta
edizione del “Premio Opera
Prima basata sull’uso del
laterizio faccia a vista”,
promosso con cadenza biennale
dall’ANDIL Assolaterizi.
Nelle pagine che seguono se
ne riporta una breve sintesi
critica
Il premio viene attribuito, con cadenza
biennale, a opere realizzate da progettisti con meno di dieci anni di iscrizione
ai rispettivi albi professionali, nelle quali
giochi un ruolo importante il laterizio
faccia a vista, senza alcuna limitazione
tipologica o dimensionale.
L’edizione ‘96 ha visto la partecipazione
di 50 concorrenti, provenienti non solo
dall’Italia, ma anche da altri paesi: merito anche della diffusione internazionale
di “Costruire in Laterizio”.
Il giudizio della Giuria riflette questa
natura “cosmopolita” del concorso: dei
sei edifici premiati, uno è in Spagna ed
un’altro addirittura in Brasile (ma progettato a Parma).
Il livello medio delle proposte è piuttosto elevato, come si può evincere anche
dalle illustrazioni 8÷12, che rappresentano una piccola campionatura degli
edifici non premiati, che ci sembrano
particolarmente interessanti, ad indicare
una raggiunta maturità dell’uso del laterizio faccia a vista nella cultura del
costruire, e questo deve aver reso il
lavoro della Giuria particolarmente difficile.
Sei sono le opere che la giuria ha
voluto premiare ex-æquo, tipologicamente diversissime fra di loro: una chiesa, un edificio amministrativo, un convento, una piscina, un intervento di
arredo urbano atipico ed una sola villa
unifamiliare, tema spesso predominante
tra le “opere prime”; queste opere propongono letture molto diverse del lessico moderno e danno un’indicazione di
quanto sia variegato il campo del possibile, in questo scorcio di millennio in
cui ormai sono tramontate le idologie,
anche in campo architettonico.
Silvio Amendola e Mario Solinas,
architetti a Perugia, hanno progettato a
Ellera Umbra un edificio per una
società di polizia privata.
Costruito in una periferia che non è
più campagna ma non è ancora città,
disseminata di edifici industriali, questo
edificio, per ovvie ragioni di sicurezza,
si presenta come un solido doppio
baluardo di chiaro mattone.
Tra i due corpi, una galleria coperta a
tutta altezza, coperta da una semivolta
di lamiera, costituisce lo spazio più
significativo della costruzione: essa è
attraversata orizzontalmente dalle passerelle che mettono in comunicazione i
due corpi di fabbrica, ed è tagliata in
diagonale dalla scala di comunicazione
tra i piani.
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Gabriele e Oscar Buratti, fratelli architetti attivi in Lombardia, sono stati premiati per una villa unifamiliar e a
Casorezzo, nella pianura della Lombardia occidentale, in vista delle Alpi, di cui
hanno curato anche l’arredamento fin
nei minimi particolari.
Un difficile incastro di volumi è stato
risolto con leggerezza, adoperando una
falda unica, sorretta da grandi travi in
legno lamellare che si prolungano all’esterno a formare una veranda, come elemento unificante. I grandi serramenti,
gli angoli svuotati, i parapetti in vetro
trasparente e i montanti in acciaio satinato contribuiscono a creare questa sensazione di leggerezza.
All’esterno le superfici sono tese e
rivestite da materiali che sembrano sottili membrane; in particolare la parete che
conclude il corpo delle camere segue
una morbida curva aperta verso il paesaggio delle Alpi, rivestita di intonaco e
perline di legno, protetta da un aereo
sbalzo della falda di copertura.
Paola Conti, architetto a Piacenza, ha
costruito sulle prime propaggini dell’Appennino, dietro a Piacenza, una piscina
a servizio di un’elegante villa liberty. Il
“gesto insediativo” consiste nella creazione di un piano, fortemente marcato
da una riquadratura in calcestruzzo con
campi in laterizio, tra le maglie della
quale viene ricavata la piscina.
Due setti in laterizio faccia a vista
nascondono le strutture di servizio della
piscina.
Il progetto è completato da alcune tettoie in profilati d’acciaio ricoperte da
cannicci, disposte liberamente sul piano
riquadrato. Il primo dei due setti è
segnato da una serie di corsi sporgenti,
che ne esaltano l’orizzontalità, proiettando lo sguardo verso l’infinito orizzonte
della pianura.
Di sera, sottolineate da un’oculata illuminazione a filo pavimento, queste linee
orizzontali costituiscono un ricco fondale per l’azzurro della piscina.
1. Opera premiata: arch. Silvio Amendola, arch.
Mario Solinas, Nuova sede della “Vigilanza Umbra”,
Ellera Umbra (Pg).
2. Opera premiata: arch. Gabriele Buratti, arch.
Oscar Buratti, Villa unifamiliare, Casorezzo (Mi).
3. Opera premiata: arch. Paola Conti, Piscina presso
Piacenza.
4. Opera premiata: arch. Emilio Faroldi, arch. Maria
Pilar Vettori, Chiesa di S. Anna, Jundiaí (S.Paolo, Brasile).
5. Opera premiata: arch. Cherubino Gambardella,
“Torre del vento”, Bagnoli (Na).
6. Opera premiata: arch. Txema Onzain Barcena,
Residenza per religiose, Ostello Giovanile, Eguino
(Alava, Spagna).
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Emilio Faroldi e Maria Pilar Vettori,
architetti a Parma, hanno progettato a
Jundiaí, alla periferia di Säo Paulo, in
Brasile, una chiesa per una comunità
molto povera.
La chiesa sorge isolata dall’ambiente
circostante nel centro di un piazzale
recinto da un basso muretto in pietra e
laterizio. Essa si pone come un fortilizio
marcato da due robuste torri angolari,
dal ritmo insistentemente scandito da
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7. L’opuscolo allegato alla rivista contenente le opere
premiate.
8. Arch. Tiziana Lorenzelli, Edificio artigianale,
Calolziocorte (Lc).
9. Arch. Alessandro De Luca, arch. Valeria Lelli,
Pensilina di ingresso per una scuola, Melara (Sp).
10. Arch. Josep Maria Fabregat i Estragués,
Casa unifamiliare, Premia de Dalt, Maresme
(Spagna).
11. Arch. Paolo Simonetti, Casa unifamiliare,
Arceto (Pr).
12. Bunuel Group, ing. Nicola Squarcella, arch.
Gennaro Cocola, arch. Antonio Pompilio,
Negozio di fiori e piante, San Giovanni Rotondo (Fg).
una serie di setti in calcestruzzo. L’accesso avviene attraverso un’aspra gradinata in cemento, che si conclude in un
piccolo portale aperto ai piedi di una
gigantesca croce di vetro-cemento, che
soprattutto la sera, esaltata dall’illuminazione interna, diventa un forte segnale
da “ecclesia triumphans” in questa che è
ancora per la chiesa terra di evangelizzazione.
reti metalliche –; in secondo luogo la
costruzione può dirsi “sperimentale” per
la metodologia di progettazione, che si è
basata su alcune indicazioni generali di
orientamento, ma senza fare ricorso a
disegni esecutivi.
Cherubino Gambardella, architetto a
Napoli, ha progettato a Bagnoli, tra gli
edifici abbandonati della gigantesca
acciaieria dell’Italsider, ora dismessa,
una leggera costruzione in legno, corda
e canne, che ha voluto battezzare
“Torre del vento”.
Si tratta di una tettoia, affacciata verso
il maestrale,che conduce a una torre
cava, ispirata ai “bagdir” pachistani,
dove l’aria, scaldandosi, sale, producendo in ogni stagione una brezza rinfrescante.
L’edificio si può dire “sperimentale” in
molti sensi: in primo luogo perché riscopre le tecnologie primitive delle tende
dei nomadi, che oggi vengono definite
biocompatibili, le quali, al contrario di
tutto quello che era avvenuto in questo
luogo in precedenza, sono reversibili,
non inquinanti, e fanno uso di molto
materiale di recupero – i mattoni che
compongono i muretti laterali del percorso, ad esempio, sono posati a secco
su letti di sabbia e tenuti insieme con
José Maria (Txema) Onzain, architetto con studio a Barcellona, ha costruito
a Eguino nei Paesi Baschi, sua terra d’origine, una residenza per religiose
con annesso ostello giovanile.
Il linguaggio adottato è quello minimalista di tagli netti e superfici levigate a
cui ci ha abituato la prolifica scuola di
Barcellona. I materiali sono il cemento a
vista di una tonalità chiarissima, mirabilmente gettato, il legno mordentato dei
serramenti e i mattoni di due diverse
colorazioni, uno rosso carico, locale, e
uno giallo dorato proveniente dal sud
della Spagna.
Le celle delle monache richiamano
sicuramente quelle del Le Corbusier di
La Tourette, così come la “macchina” dei
serramenti, in cui la funzione illuminante è distinta da quella aerante, lasciata a
una stretta anta in legno pieno, arretrata
rispetto al filo della facciata, che crea
una vibrante zona d’ombra che incornicia il serramento.
L’ostello giovanile compone con rigore il difficile tema della residenza collettiva, ponendo l’accento, giustamente,
sul “meccanismo” di distribuzione
interna.
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ANDIL-ASSOLATERIZI
Sezione Produttori
Laterizi Faccia a Vista
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PREMIO OPERA PRIMA 1996
212 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
213 COSTRUIRE IN LATERIZIO 57/97
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Premio “Opera Prima 1996”