SIMBOLI E MITI Massimo Valentini Orffyreus e la macchina del moto perpetuo È possibile creare energia dal nulla? Disporre di una fonte d ’ en er gia praticamen te inesauribile e non inquinante, capace di dirigere i passi dell’umanità verso direzioni al momento impensabili? Il sogno di realizzare una fonte infinita di energia è vecchio quanto la storia della scienza. Un sogno, ma potremmo anche definirlo un’ossessione, che al pari della celebre Pietra Filosofale per trasformare il piombo in oro, ha attratto gli studiosi di tutte le epoche. Eppure, la sola possibile risposta a questo quesito sarebbe quella di costruire un qualche tipo di meccanismo capace di eterno movimento una volta fatto partire. Sarebbe, insomma, la celebre macchina del moto perpetuo. Scienziati, filosofi, studiosi di tutte le epoche hanno provato a realizzarla ma i loro sforzi sono stati tutti destinati al fallimento per una semplice ragione: se mai realizzare una macchina del genere fosse possibile, la Fisica come noi la conosciamo, e con essa le leggi che sottendono l’esistenza stessa del nostro uni verso, diverrebbero subito obsolete. Infatti, il primo principio della Termodinamica recita come l’energia non possa né crearsi, né distruggersi. Ciò significa che qualsiasi meccanismo, o dispositivo, atto a creare energia non può produrla dal nulla: è fondamentale che qualcosa, di solito un altro meccanismo o una fonte di energia, renda possibile al dispositivo stesso di funzionare. Moto perpetuo, invece, significa che un meccanismo di tale tipo, per definizione, non richiederebbe l’uso di combustibili o di altri meccanismi per muoversi: basterebbe solo un gesto ed esso funzionerebbe praticamente in eterno. Tra coloro che hanno provato, anche in tempi recenti, a realizzare questa straordinaria macchina, nessuno ha raggiunto la fama, e il triste destin o, di Johann Ernst Elias Bessler, passato alla storia col nome di Orffyreus. Johann Ernst Elias Bessler (1680- 1745), noto come Orffyreus A sinistra: il giovane Orffyreus riceve una ru ota gi o c a t tolo dal padre LA VITA Personaggio misterioso per eccell enza, nacque nel 1681 in una cittadina nei pressi di Zittau, Sassonia, da una famiglia di agri co l tori. Uomo dagli interessi variegati, studiò Medicina, Teologia, Ma tematica e Mecc a n i c a . Dopo gli studi, scelse di vivere da instancabile viandante non perdendo mai occasione di apprendere nuove discipline che la sua mente assorbiva con rapidità. Tra queste, il taglio delle pietre preziose, la fusione dei metalli, l’incisione su rame, la fabbrica492 GdM 41 SIMBOLI E MITI zione di armi. Dal maestro orologiaio Jacob Andrea Mahn, che aveva lavorato sui concetti alla base del moto perpetuo, Orffyreus imparò l’arte di fabbricare orologi. Imparò anche l’ebr aico a Praga e in seguito acquisì il titolo di dottore, dopo notevoli studi nel campo della Chimica. Grazie alla sua abilità con unguenti e ri m edi salvò la vita della figlia del fisico Christian Schuchmann, sindaco della città di Annaberg nell’Erzgebirge. Sposò la ragazza poco tempo dopo, ma il loro matrimonio finì dopo quattordici anni, a causa della morte di lei. Durante il matrimonio, attratto dalle leggi fisiche che governano il moto, il giovane ingegnere inseguì il sogno di realizzare una macchina che funzionasse grazie al moto perpetuo. Fece centinaia di progetti, schizzi, trascorse notti intere a disegn a re , immagi n a re . Mo l te vo l te tra l a s c i ava anche di nutrirsi o dormire, ma alla fine riuscì nel suo intento. Orffyreus, che era di carattere ombroso e facilmente portato all’irascibilità, reagì a quelle offese distruggendo il suo capolavoro tra gli insulti generali. Provato dall’esperienza, il suo carattere registrò un cambiamento. Se fino ad allora quell’uomo schivo e ten denzialmente silenzioso, ma cordiale con tutti, era sembrato alla gente solo riservato, cominciò invece a evitare le persone. Il suo nuovo atteggiamento era mosso da un solo desiderio: quello di proteggere a tutti i c osti il suo segreto per paura che individui senza scrupoli potessero tentare di rubarglielo. Egli bruciò allora i propri appunti, i suoi documenti e quasi tutti gli schizzi preparatori. Diede inoltre alle fiamme materiali e macchine incomplete. Ciò che non poteva bruciare lo seppellì, ma resosi comunque conto che la sua attività di studioso non poteva fare a meno di appunti e libri, risolse di criptare qu a n to avrebbe scri t to su ll ’ a r gomen to in LA PRIMA MACCHINA modo tale che nessuno avrebbe potuto comprenderne il significato. Nel 1712 era con la moglie a Gera, Turingia, per Proprio in queste condizioni si trovano i esporre al pubblico la sua prima macchina del moto quattro volumi che sono sopravvissuti alla sua perpetuo. Il con gegno era una ruota cilindrica epoca per arrivare fino a noi. Degno di nota è vuota, di circa un metro e venti di diametro e larga spec i a l m en te il Trattato delle Ma cch i n e ch e 12 centimetri. Assomigliava a un tamburo perché ai mostra ben 149 tra disegni e progetti, nessuno due lati, per nascondere agli sguardi degli astanti il di essi, però, rivelatore del meccanismo che la faceva funsegreto che tanto era decizionare, aveva usato un panno so a proteggere. Nel 1713 di tela cerata. La ruota era si recò a Draschwitz, vicicostruita in legno di quercia con no a Lipsia. Lì terminò una sola componente metallica: una ruota con le stesse un perno di acciaio che reggeva caratteristiche della prima, la ruota in senso orizzontale. ma più grande e potente. Una volta eserc i t a to un lieve Di nuovo il destino non gli impulso la ruota si av vi ava, sorrise e, davanti agli straaccelerava e poi raggiu n geva li lanciatigli dal nu ovo una velocità costante nel tempo. pubblico, distrusse anche Grazie a un complesso sistema questa macchina. di cavi e carrucole poteva eseAnche il famoso scienguire del lavoro sollevando pesi ziato Leibniz, però, tra gli fino a una trentina di kilogramaltri, fu incuriosito dalla mi senza mai arrestarsi. Questo macchina di Orffyreus, ma vero e proprio gioiello di ingepensava che fosse un falso. gneria meccanica, però, inconSguinzagliò comunque trò l’ostilità di chi la vide e il suo alcuni dei suoi informatoartefice fu accusato di essere un ri per raccogliere informaciarlatano se non un vero e prozioni sul congegno, penprio “inventore di Satana” persando che la macchina ché reo di av er costruito una fosse azionata grazie all’amacchina funzionante contro le ria compressa o da congeUna pagina del Trattato delle Macchine leggi di Dio. 42 492 GdM SIMBOLI E MITI gni a orologeria. Fu sorpreso, invece, quando i suoi uomini gli rivelarono che la macchina n on sem brava funzion a re secon do questi principi. Due anni più tardi, nel 1715, Orffyreus era a Merseburg dove costruì ed espose la sua terza ruota. Stavolta, le sue capacità tecniche produssero un congegno dal diametro di quasi 190 centimetri con una larghezza di 30. Per dimostrare la veridicità delle sue affermazioni chiese che il congegno fosse esaminato. La prova ebbe luogo il 31 ottobre del 1715 e prevedeva che la macchina fosse azionata sia in senso orario che antiorario, in modo da provare una volta per tutte che non era azionata da congegni a molla. Ma, nonostante la presenza di alcuni studiosi che rilasciarono un ce rtificato di autenticità del congegno, anche stavolta la folla gridò al ciarlatano. La macchina esposta a Merseburg nel 1715 tori vi furono anche alcuni oro l ogiai, categoria della quale il giovane inventore IL PRINCIPE MECENATE non aveva mai nascosto di Poi la svolta sembrò arrivare nel far parte, che affermavano 1716 grazie a Leibniz che cominciò a di poter replicare il congeprovare simpatia per il giovane. Parlò gno, ma nessuno di loro fu di lui al principe Lord Ka rl, in grado di costr uire un Langravio di He s s en - Ka s s el, uno meccanismo che eguagliasstato semi indipenden te dell a se quello di Orffyreus. Germania del XVIII secolo. Questi, Eppure, gli strali contro il a pp a s s i on a to di Meccanica, invitò giovane non si fecero Orffyreus a Kassel offrendogli alloga t ten dere e anche a gio nel castello di Weissenstein. Era la Hessen-Kassel c’era chi lo grande occ a s i one che il giovane considerava un imbroglioaspet t ava, perché impre s s i on a re ne, come il matematico positiva m en te il pri n c i pe sarebbe Claus Wagner che rifiutò equivalso a essere da lui protetto per persino di studiare la ruota tutta la v ita. Lord Karl lo nominò perché convinto che fosse consigliere tecnico della città e g li solo un trucco. consentì di poter continuare il suo Karl I, langravio di Hessen-Kassel (1654Per far tacere qu e s te lavoro. voci, Orffyreus pubblicò 1730), fu il mecenate di Orffyreus Orffyreus si superò e costruì la più un opuscolo dove spiegava grande delle sue invenzioni, una ruota di oltre tre che la sua invenzione “dipendeva dai pesi che metri e mezzo di diametro, spessa 36 centimetri. costituiscono il movimento perpetuo in sé, poiAnche i meccanismi di quest’ultima erano coperché da loro arriva il movimento universale che ti da un panno di tela cerata per motivi di segredevono eseguire, a condizione che il loro centro tezza. Il Langravio volle ispezionare il meccanidi gravità sia perfetto”. Il libretto mostrava anche smo di funzionamento della macchina, una prealcuni disegni del congegno, un imponente discauzione necessaria perché proteggere un ciarlapositivo composto da pesi e ingranaggi di legno e tano, per lui, avrebbe significato perdere l’onore. metallo. Ma anche Lord Karl, preso dai dubbi e Era tuttavia un uomo di parola e fece giuramendalle voci e anche per questioni di prestigio, chieto davanti al giovane di non rivelare mai a nessuse al giovane il test definitivo per mostrare una no quanto aveva visto. La macchina fu esposta volta per tutte che il meccanismo funzionava pubblicamente per parecchio tempo. Tra i visitadavvero grazie al moto perpetuo. Fu così che il 13 492 GdM 43 SIMBOLI E MITI ottobre del 1717 la ruota fu spostata presso un grande salone del castello. Alcuni funzionari di corte la esaminarono, quindi sigillarono la stanza in modo che nessuno potesse accedervi. Così, se il meccanismo funzionava grazie all’aria compressa o a un meccanismo a molla come gli orologi, i suoi ingranaggi si sarebbero scaricati, fermando la ruota. Ma quando, 14 giorni dopo, le porte furono aperte, la ruota continuava a girare senza problemi. Ma il langravio, pur soddisfatto degli eccellenti risultati, decise che la prova fosse completata da un nuovo test. Stavolta avrebbero assistito anche molti luminari dell’epoca e così il 12 novembre Lord Karl si presentò insieme al professor William Jacob Gravesande, di Leyda, membro della Ro yal Society e amico di Isaac Newton, a Friedrich Hoffman, medico ed esperto di Meccanica e a John Rowley, ideatore di strumenti matematici. Il gruppo esaminò con attenzione le parti non coperte e vide che effettivamente la ruota funzionava. Soddisfatti, sigillarono tutto e se ne andarono. IL SUCCESSO E LA RABBIA Dopo altri 14 giorni le porte del salone furono di nuovo spalancate e con grande soddisfazione del suo inventore, la ruota continuava tranquillamente a girare. Era il momento che Orffyreus aveva tanto atteso, quello del trionfo. Il gruppo stilò una relazione e la notizia che il meccanismo fosse autentico attrasse molti visitatori intenzionati ad acquistarlo per motivi di prestigio. Tra essi lo Zar di tutte le Russie Pietro il Grande, anche se proprio quando il nobile russo stava per invitare Orffyreus a corte, fu colto dalla morte, a soli 52 anni di età. Ma il destino non aveva finito di giocare col giovane studioso e assunse la forma del professor Gravesande che, nonostante tutto, era ancora scettico sulla faccenda. Questi fece allo scienziato molte domande, suscitando molto nervosismo nel già ombroso giovane. Così, quando il professore, forse per troppa curiosità, sollevò il panno di tela cerata che nascondeva alla vista i congegni della ruota, f u rioso Orf f yreus si arra bbiò e distrusse anche quest’ultima, magnifica macchina. Fu la classica goccia che fa trabocc a re il vaso: il Langravio, preoccupato per il carattere di quell’uomo, lo cacciò da Hessen-Kassel. Nonostante si fosse sempre mostrato più che convinto della validità della s ua macchina, non volle più replicare il congegno che quindi andò 44 perso per sempre. Quale fosse il misterioso principio di funzionamento che attivava il dispositivo egli non lo rivelò mai, neanche nell’ora della sua morte che avvenne il 30 novembre del 1745. Lo straordinario congegno, ossessione e vanto del suo inventore e degli studiosi di ogni epoca, era così perso per sempre. Ma chi era quest’uomo? Un ciarlatano che aveva solo inventato un meccanismo ingegnoso, capace di sottrarsi alla curiosità dei suoi contemporanei? O un genio che aveva da vvero costruito la macchina del moto perpetuo? Per la Fisica, un tale congegno non potrebbe esistere. Ciononostante, non possiamo neanche dire che gli esaminatori del periodo, persuasi, come i fisici odierni, del fatto che il moto perpetuo sia solo un sogno impossibile, fossero degli ingenui. Forse, Orffyreus ha inventato un meccanismo innovativo, ma non per questo in contrasto con la prima legge della Termodinamica. Anche perché non è certo un crimine voler proteggere la propria scoperta in un’epoca in cui il “copyright” non era ancora stato inventato. Da un esame oggettivo dei pochi documenti, e soprattutto delle testimonianze dei valenti studiosi dell’epoca, si evince che Orffyreus fosse un uomo di grande valore. Se realmente ha inventato una macchina straordinaria, forse un giorno coraggiosi studiosi potranno replicare il suo funzionamento. Fino a quel momento dobbiamo accettare che Orffyreus sia il nome capace di rammentare il sogno del moto perpetuo. BIBLIOGRAFIA Bülau Friedri ch , “Bessler- O rffyré”, in Geheime Ge sch i chten und räthsel h a f te Men schen, vo l . XI, F. A. Brodhaus, Leipzig 1859, pp. 248-260 (traduzione dal tedesco di Gianmarco Moretti). “Perpetual Motion”, Chambers’s encyclopædia: a dictionary of universal knowledge, vol. VII, W. and R. Chambers, London 1868, pp. 412-419. Planck Max, Das princ ip der erhaltung der energ ie, Leipzig, Druck und verlag, von B. G Teubner 1887 (trad. dal tedesco di Carlo Valente). Caforio Antonio, Ferilli Aldo, Nuova physica 2000, voll. I e II, Le Monnier 2002. 492 GdM