Monica Monaco
UNA CICATRICE
SUL CUORE
Messaggi di una psicologa in chemioterapia
Proprietà letteraria riservata
© 2011 Screenpress Edizioni - Trapani
ISBN 978-88-96571-29-3
È vietata la riproduzione, anche parziale,
con qualsiasi mezzo effettuata compresa la fotocopia,
anche a uso interno o didattico, non autorizzata.
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Un immenso grazie...
A Paola e Giovanna,
stelle e angeli di questo mio percorso.
A mia sorella Lory che mi ha tenuto per mano,
aiutandomi con la sua forza
anche quando la mia cedeva il passo alla stanchezza.
Ai chirurghi e agli anestesisti
che mi hanno addormentato parlandomi
e mi hanno sorriso risvegliandomi.
Un grazie particolare al dott. Massimo Viola
per la sua disponibilità, per le sue parole e per i suoi silenzi.
Al primario che ha diretto la mia operazione,
il cui risultato mi permette di guardarmi
con affetto tutti i giorni.
Ai miei oncologi.
Al primario, il dott. Livio Blasi,
per la sua rassicurante presenza
e per la sua sensibilità alle sfumature
che mi ha trasmesso un’attenzione alle cure
in grado di farmi pensare ad una vita oltre la sopravvivenza.
Alla dott.ssa Annalisa Saetta
che ha tutta la mia stima, la mia gratitudine e il mio affetto
per il modo speciale con cui svolge la sua difficile professione.
Alla dott.ssa Valentina Maniaci
per la sua capacità di creare,
con la sua dolcezza e con i suoi modi delicati,
un clima di conforto e di serenità anche nei momenti più difficili.
Al dottor Gaetano Castronovo
un professionista e una persona straordinaria
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che mi ha aiutato a non temere le mie emozioni più paurose
e ad incontrare quella che sono diventata adesso.
Agli operatori sanitari, alle segretarie e agli infermieri
della chirurgia e del day hospital oncologico
per la pazienza, i sorrisi e la gentilezza che mi hanno rivolto.
Un grazie particolare a Laura, Lucia, Natale, Paola, Vincenzo e Patrizia.
Alla dottoressa Maria Baldacchino
che mi ha aiutato a vedere gradualmente la realtà
trasmettendomi al contempo coraggio e speranza.
Alla responsabile del reparto di medicina nucleare
della struttura a cui ho affidato gran parte delle mie cure,
per le sue parole importanti che hanno sollevato i miei pensieri
per scrutare oltre il muro delle emozioni più oscure.
Al dottor Domenico Galati, per la sua professionalità umana,
e per aver sostenuto le mie forze
con pazienti soluzioni quotidiane
che sono state importanti risorse nelle battaglie che ho condotto
per riprendere in mano la mia vita.
Un grazie speciale anche a Roberta
per la sua consueta gentilezza e pazienza.
Alla biologa e alla segretaria
del laboratorio di analisi che ha curato i miei prelievi
per tutta la chemioterapia.
Al personale medico e tecnico che ha curato la mia radioterapia
in un clima professionale, ma anche gentile e leggero.
Agli scienziati che hanno contribuito allo sviluppo
delle cure che hanno salvato la mia vita
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e quella di molte altre persone;
agli esperti che studiano
per non farci semplicemente restare in vita.
Ai miei genitori
per aver domato le loro paure
mostrandomi sempre uno spirito positivo.
Ai miei parenti lontani
che hanno superato la distanza con il loro pensiero quotidiano.
A mio cognato e alle mie nipoti per il loro affetto
che porta sorrisi e conforto nella mia vita.
A Marco ed Alba
per aver realizzato uno dei più grandi desideri,
donandomi una grande gioia
che ha alimentato la forza interiore necessaria per la mia lotta.
A Rocco per avermi spinto
ad affrontare subito il mio problema
e per avermi fatto sentire bella
anche quando il mio corpo veniva trasformato dalle terapie.
A Francesca per i suoi incoraggiamenti
che mi hanno portato ad iniziare a scrivere questo libro,
per avermi ricordato come sono
e per avere condiviso con me
tanti momenti di leggerezza e serenità
che mi hanno portato in vacanza dal mio piccolo inferno.
A Claudia per avermi fatto scoprire la sua amicizia
proprio in questo periodo della mia vita
e per la sua capacità di comprendere ed accettare ogni giorno
il mio arcobaleno di emozioni
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e per i suoi incoraggiamenti
che mi hanno fatto immaginare un futuro stimolante e gioioso.
A Massimo per il suo modo semplice e concreto
di farmi sentire la sua vicinanza
e per il suo affetto che attraversa il tempo e lo spazio.
Ai direttori ed ai colleghi del centro in cui lavoro
che hanno chiesto ogni giorno di me,
e tra questi un grazie particolare
ai miei colleghi dello Sportello Multifunzionale.
Ai miei tanti amici vecchi e nuovi, vicini e lontani,
che mi hanno fatto giungere con delicatezza messaggi di affetto,
o che hanno pregato per me,
e a coloro che mi hanno mostrato la loro disponibilità
riservandomi parole, gesti di affetto e pensieri positivi.
In particolare desidero ringraziare Annalisa, Eleonora, Giusi, Nicla, Tiziana, Beppe, Attilio, Germano, Gisa, Giuseppe, Angela, Tonia, Graziella,
Grazia, Giosella, Rossella, Gera e Tea.
A chi mi ha insegnato a danzare l’energia della vita
e a sentire viva la mia femminilità al di là
delle cicatrici e dei dolori.
Un grazie speciale a Tiziana e a Maria Strova,
due delle mie insegnanti che mi hanno trasferito
una preziosa risorsa che mi ha accompagnato
nella mia riabilitazione.
Al buon Dio che mi ha inviato il mio angelo della salvezza
che ha vegliato su di me e che ha deciso di restare al mio fianco.
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INTRODUZIONE
Questo libro è dedicato a tutti coloro che lottano
con dignità contro il cancro
attraverso la propria forza interiore
e/o con gli strumenti ed i metodi
della propria scienza.
Alcuni mesi fa mi è stato diagnosticato un cancro al seno. Dopo
l’operazione chirurgica ho iniziato le terapie per prevenire le ricadute, prima fra tutte la chemioterapia. In questo difficile periodo
ho maturato la decisione di scrivere questo libro con l’intento di
raccogliere e condividere le mie esperienze personali come paziente,
insieme alle informazioni che derivano da alcuni approfondimenti
svolti sia come appassionata della lettura che nella mia veste professionale di psicologa.
Essere una “professionista della mente” poteva darmi solo due
possibilità di fronte a questo evento della vita: aiutarmi oppure rendere tutto enormemente più complesso.
Auspicando il verificarsi della prima ipotesi ho scelto, tra le cure
a cui mi è stato proposto di affidarmi, di intraprendere anche un
percorso di aiuto psicologico con un collega che ha condiviso con
me la sua professionalità sostenuta dalla sua vivacità personale. Armata della fiducia che è riuscito ad attivare dentro di me, che non
è un passo scontato e semplice quando ci si incontra tra due professionisti mentre si rivestono due ruoli diversi, ho deciso di intraprendere un viaggio interiore fidandomi di me, di lui e della nostra
scienza.
Oggi posso affermare con certezza che, se non avessi realizzato
questo percorso, tutto sarebbe stato più doloroso, caotico e diverso.
Tutta la mia vita è stata cambiata profondamente dalla mia esperienza di paziente.
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Altrettanto determinante in questo periodo è stata la possibilità
di rifugiare nei “luoghi sicuri e lontani” in cui riescono a condurre
le pagine di alcuni libri, opuscoli ed articoli. Dentro di esse mi sono
tuffata spesso ricercando evasione, ma anche per rintracciare le informazioni provenienti da diversi approcci alla salute e da esperienze
di malattia e di cura che, passo dopo passo, potevano aiutarmi ad affrontare questo momento.
Ho stipulato dall’inizio delle terapie un patto con me stessa,
un accordo per cui ho scelto di vivere con dignità in ogni momento delle mie cure, accettando tutti gli aiuti sensati e difendendomi da quelli che potevano portarmi verso la resa o che,
più semplicemente, aumentavano la mia sofferenza togliendomi
energie.
Così, ho dichiarato ufficialmente guerra al cancro perché ho capito che, quando si sceglie di accettare tale sfida, bisogna mettercela
tutta, oppure quella che sembra una lotta diventa una rinuncia. In
questa guerra per la vita, infatti, è assolutamente inutile fingere di
gareggiare e poi lasciarsi schiacciare dalla paura e dalla disperazione
senza provare ad usare tutte le armi disponibili dentro se stessi, valutando l’utilità di quelle offerte dall’esterno.
Questa lotta insegna che bisogna fare tesoro delle proprie energie
per proseguire fino all’ultima battaglia, qualunque sia l’esito. E bisogna imparare a credere anche in una possibilità su mille, perché
a volte anche la scienza si sorprende quando si tradiscono le previsioni peggiori.
Partendo da statistiche prognostiche ottimiste su casi simili al
mio, ho accettato di percorrere la strada in salita. Per motivarmi e
per affrontare i momenti difficili ho anche iniziato ad utilizzare su
di me le conoscenze e le tecniche che ho imparato e che per anni
ho adottato con fiducia con i miei pazienti.
Durante questi mesi medici, psicologi, infermieri, pazienti, familiari di malati di cancro, amici, parenti e tante altre persone
“incrociate sul cammino” mi hanno offerto, in modi differenti,
una condivisione di esperienze, emozioni, saperi e prospettive di
vita.
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Alcuni di loro sono stati particolarmente d’aiuto nel corso del
“viaggio” che anche a me, come ad altri, piace ironicamente considerare e definire come una “rinascita sotto il segno del cancro”.
Ho scelto, tagliato e ricucito tutto ciò che poteva essermi utile e
ciò che poteva adattarsi a me e alle mie esigenze, pensando da subito di voler condividere tutto ciò che mi è stato utile con chiunque
volesse farne un fiducioso uso.
È a quanti si trovano coinvolti nella lotta al cancro con ogni
ruolo che desidero confidare questi miei piccoli segreti estratti e
conservati, goccia dopo goccia, vivendo queste esperienze di riflessione, di osservazione, di studio, di ascolto e di dialogo.
Tra queste pagine sono narrate storie e sono raccolti e conservati
messaggi contenenti metodi, idee e piccole strategie quotidiane che
mi hanno aiutato a trovare la forza di partecipare attivamente e con
speranza alle mie cure e che mi hanno portato a vivere questa mia
“nuova vita”, talvolta continuando a sorridere nel modo gioioso che
mi contraddistingue ed altre volte imparando ad accettare dentro di
me anche le mie emozioni buie senza la paura di esserne ingoiata.
Ogni altro approfondimento presente su argomenti connessi alla
cura oncologica è stato inserito per condividere con chi ne ha voglia
gli argomenti che hanno attratto il mio interesse personale e professionale.
Ricercando un titolo per questo testo ho scelto di adottare quello
che per me adesso rappresenta il simbolo di ciò che ho imparato in
questo periodo e della voglia di onorare e di far rispettare ogni
giorno della mia vita. Dal momento che non potrò fare a meno di
vederlo ogni giorno, infatti, è proprio il mio tatuaggio speciale, la
mia “cicatrice sul cuore” che deriva dalla rimozione chirurgica del
tumore che era localizzato nel mio seno sinistro, l’emblema delle
“pagine interiori” che voglio raccontare.
Desidero condividere queste mie “ricchezze” con chi lotta contro
il cancro (ma anche contro altre malattie difficili) semplicemente
perché ammiro persone che, beffate dal “caso” (o per chi preferisce
dal “destino”), si sforzano di dare un senso alla propria vita con pazienza e creatività. Ma stimo e desidero raggiungere anche quelli
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che sfidano le certezze e i limiti e si impegnano per migliorare la
propria esistenza o quella degli altri ogni giorno.
Spendo ancora poche parole per introdurre alla struttura speciale
di questo libro, in parte narrativa ed in parte scientifico-informativa.
In tale testo infatti sono stati introdotti i ritagli di una storia, ispirata in parte dalla mia esperienza di paziente e creata attingendo ai
miei ricordi che risultano, a detta di altri protagonisti, talvolta confusi
e trasformati probabilmente dall’azione dei farmaci e delle forti emozioni. Le narrazioni sono state arricchite volutamente con particolari
di fantasia o suggeriti da storie ascoltate da altri pazienti oncologici.
Ho aggiunto tali dettagli per mantenere la chiave ironica di scrittura,
per favorire la progressione narrativa quando mancavano i ricordi,
ma soprattutto per far comprendere meglio alcuni stati soggettivi
che possono essere sperimentati in una persona che affronta un tumore e per evidenziare alcune comuni dinamiche relazionali ed emozionali sulla cui importanza ho riflettuto personalmente.
Alternate alla parte romanzata il lettore troverà ampie sezioni dedicate ad informazioni su temi riguardanti aspetti psicologici applicati alla salute e all’oncologia, generalmente connesse ai contenuti
trattati attraverso la narrazione degli episodi antecedenti. Le sezioni
tecniche, scritte riprendendo le abitudini e le attività della mia professione e precedute dal simbolo dell’approfondimento, comprendono aree informative, sintesi operative ed esercizi pratici.
Gli argomenti trattati e le tecniche di aiuto psicologico a cui si
fa riferimento riguardano pertanto temi inerenti i vissuti che accompagnano le malattie neoplastiche e le relative terapie che esse
richiedono. Ritengo che potrebbero essere utili a pazienti, familiari,
medici, psicologi, infermieri ed altri operatori sanitari che si trovano, con compiti diversi, a dover affrontare i problemi che accompagnano la cura di un cancro.
Ci sono, infine, degli elenchi di comportamenti, utili per affrontare le terapie oncologiche, che ho sperimentato personalmente o
la cui utilità mi è stata riferita da altri pazienti o da esperti.
La lettura di questo libro può procedere in diversi modi, in base
ai propri interessi personali e professionali. Si può optare, ad esem12
pio, per la prosecuzione continua delle parti narrative a cui può seguire poi la scelta degli approfondimenti che incuriosiscono maggiormente il lettore. Oppure si possono semplicemente alternare le
narrazioni alle aree informative, saltando facilmente eventuali sezioni ritenute di minore interesse personale.
Qualunque sia la vostra scelta è arrivato il momento di proseguire scorrendo le pagine, perciò vi lascio alla lettura, augurando a
voi tutti una buona vita!
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[
UN CUORE NERO
“Nessuno ha tanto bisogno di una vacanza,
quanto chi ne ha appena avuta una”.
Elbert Green Hubbart
]
Tre mesi fa rientravo dal mio ultimo fine settimana di vacanze estive. Erano
i primi giorni di settembre ed era il mio trentottesimo compleanno, quello
che al momento considero il più brutto della mia vita con la convinzione
interiore che ne avrò ancora tanti da festeggiare ma che sceglierò luoghi e
modi diversi per farlo.
La sensazione sgradevole che portavo con me quel giorno però mi sembrava scollegata dagli eventi reali, come un presagio, una immagine sfumata senza contorni.
Una lite aveva accompagnato il mio pranzo e mi aveva tenuto silenziosa per l’intera giornata. Tuttavia è da molto tempo ormai che riesco a
non lasciare che qualcuno cambi completamente il mio umore. Inoltre ho
sempre pensato che, indipendentemente dal modo in cui si decide di trascorrerlo, si debba festeggiare interiormente il giorno in cui si è nati, perché
è un’occasione per celebrare l’amore verso se stessi e per onorare la propria
vita.
Perciò doveva esserci qualcos’altro che si muoveva agitandosi dentro di
me e provocandomi quella sensazione di catastrofe imminente. E mi apprestavo a scoprire presto di cosa si trattava.
Se mi avessero detto che un tumore avrebbe cambiato la mia vita più velocemente di quanto si possa immaginare, io avrei sorriso, avrei scrollato le
spalle e avrei detto “a me questo non può accadere!”.
Ma so anche che avrei mentito a me stessa e agli altri, perché la sola giustificazione che avrei potuto addurre a sostegno di tale certezza era la mia
convinzione di essere fortunata ed amata da Dio e dall’Universo.
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Certo, c’era anche la sicurezza di non avere casi familiari di patologie
oncologiche.
Ma allora non potevo comprendere che queste certezze potevano coesistere con il futuro che stavo per iniziare a vivere, perché a volte gli eventi
che accadono e che sembrano sfortuna e condanna mentre li vivi, possono
essere rivisti con maggiore calma nel tempo e venire reinterpretati come fortuna e salvezza.
Fino a quando non è cominciato tutto, ho sempre sentito di avere il
pieno controllo della mia vita e della mia salute: da sempre possiedo obiettivi chiari, mi alimento in modo piuttosto sano, pratico sport frequentemente ed il mio motto di fronte alle difficoltà, che mi ha sempre
accompagnato risuonando nella mia mente, dice “se il mondo cade, io mi
sposto!”.
Ma qualche giorno dopo il mio compleanno, questo senso di sicurezza
cominciava a vacillare e la mia angoscia senza nome cominciava a prendere
forma. Stavo scambiando poche parole al telefono seduta sul divano del
mio salone, qualche minuto prima di scendere per uscire a fare una passeggiata con Francesca. Conversando, lasciavo che la mia mano destra scivolasse dal collo al torace, avvicinandosi al seno sinistro, con un gesto fatto
un po’ per accompagnare quello che dicevo con un’enfasi affettiva ed un po’
per sistemare il decoltè.
Ed eccomi lì ferma, mentre arresto le mie parole, sento il viso caldo,
mentre realizzo tutto in un istante pur tentando di negarlo fin dall’inizio.
Tante immagini scorrono nella mia mente veloci mentre posso toccare chiaramente quello strano nodulo che è proprio sul mio cuore e che non sembra
qualcosa che appartiene al mio corpo.
“Da dove è venuta questa cosa qui?” mi chiedo. “E cosa è?”. È domenica
e, bene che debba andare, domani potrò saperne qualcosa di più.
Erano settimane che mi svegliavo un po’ attonita, incapace di comprendere il senso di un mio sogno ricorrente. In quest’ultimo sapevo di essere incinta e, mentre lo comunicavo ai miei cari, nessuno era contento, anche mia
madre che nella realtà avrebbe camminato a mezzo metro dal pavimento
per la felicità!
Al contrario, nel sogno tutti tacevano ed erano molto tristi. Solamente
mia sorella mi rispondeva e, con un’espressione sul volto addolorata ma al
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contempo risoluta, mi diceva che avremmo affrontato quello che stava accadendo.
Poiché ho qualche dubbio sull’esistenza di “sogni premonitori” preferisco
ipotizzare che questi episodi onirici siano frutto del lavoro del cervello che,
in qualche modo, riceve informazioni su ciò che sta accadendo nel corpo e
lo traduce nel linguaggio ritenuto più idoneo per tentare di comunicare
qualcosa che è urgente da affrontare. Il tutto per favorire l’adattamento e
la sopravvivenza a sostegno dei quali abbiamo in dotazione anche questo
“organo pensante” dal peso di poco meno di un chilo e mezzo.
Qualunque sia il modo in cui è accaduto, il risultato è che sia il tono
che le parole della mia “grande sorella” nel sogno erano molto simili a quelli
da lei usati realmente qualche settimana dopo, quando veniva effettuata
una ipotesi diagnostica. E anche l’espressione dei miei cari era quella del
sogno. Ma non era un bambino quello che cresceva dentro di me.
Il giorno dopo ho contattato un’amica di vecchia data della mia famiglia, una senologa in cui ripongo molta fiducia, la quale mi ha concesso
una visita urgente con relativa ecografia.
Dalla palpazione iniziale si ipotizza che possa trattarsi di una cisti. Ma poi
lei prova ad aspirare il liquido ed il suo viso diventa come quello delle persone
nel mio sogno. Lei è una grande professionista sia tecnicamente che umanamente, brava a nascondere le sue espressioni emotive, ma io sono tanto brava
e veloce a catturarle! Anni di allenamento sul riconoscimento delle microespressioni facciali mi consentono di riuscire a scorgere un piccolo segno di preoccupazione e qualche traccia di tristezza tra la sua fronte e le sopracciglia.
Penso: che bella sarebbe l’ignoranza a volte!
Così la vedo riflettere velocemente e mi dice che possiamo comunque risolvere tutto al meglio se facciamo presto e mi parla già della necessità di
un’operazione in tempi stretti, possibilmente entro una o due settimane.
Delicata, dolce ma decisa. Ha iniziato lei a spingermi verso il coraggio
che dovevo abbracciare con forza, sebbene in quel momento non me la sentissi proprio di buttarmi tra le braccia di quello che per me era solo un immenso vuoto interiore, un buco nell’anima, un pauroso volto senza nome.
Il giorno dopo continua il mio tour sanitario: vado a consegnare l’ago
aspirato da analizzare in laboratorio e poi faccio la mammografia e le visite
chirurgiche per sentire il parere di altri esperti.
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Avete presente quello che si insegna comunemente alle donne nel corso
dell’educazione sessuale in merito al mostrarsi oppure al lasciarsi toccare?
Quando accadono questi eventi bisogna dimenticare tutto perché, cambiando il motivo che alimenta i comportamenti, bisogna mettere da parte
il pudore e la gelosia per il proprio corpo, dimenticare la vergogna ed abbandonare anche la dignità, perché chiunque ha un titolo adeguato deve “visitare” il tuo corpo per esprimere il proprio parere. E come si abitua un
medico, presto si abitua anche un paziente a non provare più nulla, depredando alcuni gesti del valore quotidiano.
Durante questo intenso periodo di controlli e pareri medici ho realizzato
che le malattie riescono a trasportarti, alla velocità della luce, in un tempo
e in uno spazio davvero lontano da quello in cui vivi la tua vita ordinaria.
Nel giro di tre giorni ho consultato gli esperti più noti sul territorio in cui
vivo e ho speso un capitale, fortunatamente ancora detraibile fiscalmente!
Tutti la stessa cosa. Nessun dubbio. Si opera subito, anche se ognuno fa
una sua proposta sul dove e sulle procedure per arrivarci.
Comincio ad andare in giro con la mia carpetta di esami e carte sanitarie e, dopo tre giorni di incontri e tanta confusione in testa, decido di tornare per un giorno al lavoro al centro di orientamento, quantomeno per
distrarmi un po’ e per cercare di fare un po’ di chiarezza dentro di me. Riesco a concentrarmi poco sul lavoro tra una telefonata, un colloquio e qualche parola scambiata con i colleghi del mio settore.
È in questa giornata disordinata che la strada da seguire comincia a
spianarsi con la proposta di un’“amica-cugina” che, abbracciandomi commossa, mi chiede di considerare l’idea di andare a sentire un altro parere
in un ospedale che si trova in un piccolo centro della mia regione. Lì, infatti,
opera una équipe chirurgica di cui sua sorella, nonché altra mia “cugina”,
si fida molto dal momento che qualche anno fa si sono occupati di una persona a loro molto cara. A questo punto io dico: “abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno!”. E lascio che siano loro a prendere il contatto con la
struttura in questione, ormai stanca di incontrare nuovi medici e di visitare
ospedali e cliniche.
Il giorno della visita era buio e tempestoso, ma così tempestoso che, mentre percorrevamo con difficoltà la strada verso l’ospedale, sembrava che sul
vetro dell’auto buttassero secchi di acqua con rabbia e determinazione. Io,
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il mio fidanzato e mia madre abbiamo viaggiato con prudenza al suono di
rilassanti musiche anni venti, ma c’era un enorme contrasto tra quei ritmi
leggeri e gioiosi e quelli angoscianti che risuonavano dentro di me.
Una volta a destinazione, in ospedale mi accolgono e chiamano il dottore.
Ma quando quest’ultimo entra nella stanza e saluta i presenti io rimango “assente” per qualche istante perché, a questo punto, sono piuttosto sconvolta.
Il medico chiede con un tono serio e forse anche lievemente scocciato
dalla mia apparente insensibilità alla sua disponibilità: “chi è la paziente?”, cercando la risposta tra me e mia madre. Così io mi faccio avanti.
Riesco a malapena a mettere giù quattro parole che abbiano un senso, perché quando sono nervosa il mio linguaggio ne risente sempre parecchio in
termini di connessioni logiche tra le parole che riesco a pronunciare.
Poi tiro fuori la mammografia e gliela porgo, quasi come si fa con un documento di identità. Come si dice spesso “una immagine vale più di mille
parole!”. E lui capisce in meno di mezzo minuto cosa contiene quella mammografia che continua a guardare in controluce davanti ad una finestra,
con l’aria di chi parla poco ma dice tanto, muovendosi lentamente nella
stanza sulle note di un risonante e fastidioso silenzio.
La mia ecografia e la mia mammografia mostravano una formazione
definita “bilobata” che mi sembrava nettamente cuoriforme e che, per questa ragione, ho battezzato “cuore nero”, usando un’espressione che mi sembrava adeguata per definire qualcosa che cominciavo a non volere più
dentro di me. Per questo sapevo che dovevo collaborare per eliminarlo, anche
se non mi sentivo per nulla pronta a farlo.
Ma sapevo che sul lato sinistro del mio corpo, proprio sopra il mio cuore,
c’era un nodulo di natura quasi certamente maligna da rimuovere.
Tra i pensieri più strani che cominciavano a passarmi per la mente in
quei giorni, c’era anche quello che mi portava ad immaginare che il nodulo
non si fosse allocato lì per caso, dal momento che da troppo tempo sentivo
di aver messo una pesante pietra su alcune mie emozioni più profonde. A
partire da quella idea avevo lasciato che la mia fantasia costruisse l’ipotesi
che quella specie di “cuore di pietra” si fosse formato perché serviva, come
un fermacarte, a tenerle bloccate in modo da non dare troppo disturbo.
Ma queste idee bizzarre si sono concluse con l’accettazione che doveva
essere solo un caso che quella schifezza fosse nata proprio lì.
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un cuore nero