26 PESARO PRIMO PIANO il Resto del Carlino LUNEDÌ 10 MARZO 2008 ELEGANTISSIMA A lato una visione della Villa Imperiale, immersa nel verde affiora come un gioiello. Sotto, Guidobaldo Della Rovere ritratto dal Bronzino. Il dipinto è diventato un’icona anche per lo studio del cane che si trova a fianco del duca TERRA DEI DUCHI L’imperatore in persona pose la prima pietra I Della Rovere... il resto La Villa pesarese in un libretto di Luciana Miotto ER NOI PESARESI l’Impe- le. Una è la vecchia villa degli Sforriale è quella bella villona za, ex signori di Pesaro costruita che sta lassù quasi in cima al nel 1469... l’altra è un’ala nuova, la San Bartolo. Ma se ci chiedete per- cui architettura presenta, a prima ché si chiama così..., adesso lo leg- vista, incongruenze, controsensi, go e ve lo dico: perché la prima pie- ambiguità...». tra fu posta nel 1452 dall’imperatore Federico III di passaggio in cit- GRAZIE anche al contributo deltà. Figuratevi come la Fondazione Casrimaniamo quando, sa di Risparmio di leggiamo ancora, che SORPRENDENTE Pesaro, a illuminar«l’Imperiale è consici su questi e tanti L’edificio derata una delle ville altri segreti e partiè un punto più sorprendenti ed colarità di Villa Imdi riferimento enigmatiche del Cinperiale è la studiosa nell’architettura quecento. Girolamo Luciana Miotto nel Genga la progettò forbel libretto che si inse già nel 1523 e ne diresse il cantie- titola appunto «Villa Imperiale di re, tra interruzioni e penuria di Pesaro - Girolamo Genga», pubblimezzi, fino al 1538, per conto dei cato quest’anno dalla Marsilio Ediduchi di Urbino, Francesco Maria tori nella collana Universale ArchiDella Rovere e Leonora Gonzaga; tettura fondata da Bruno Zevi, ricpoi fino al 1547 per il loro figlio co anche di immagini, piantine e Guidobaldo, ma la villa non venne mappe. Non è una storia comune mai del tutto terminata. E’ compo- quella della nascita di un edificio sta di due costruzioni molto diver- come l’Imperiale che qualcuno ha se, collegate da un corridoio pensi- addirittura definito «una villa alla P rovescia», ma che evidentemente, così come Genga l’aveva progettata, rispondeva in pieno ai desideri di Francesco Maria della Rovere e di sua moglie Leonora Gonzaga. Dentro questi enigmi, che «più che delucidati vengono giustificati» ci conducono la novantina di pagine della Miotto, che ha insegnato storia dell’architettura italiana all’Università di Parigi VIII ed è membro attivo del Centre Interuniversitaire de Recherche sur la Renaissance italienne. Invece di andare a fare i «capiscioni» in altre parti d’Italia noi pesaresi faremmo bene a leggerci questo libretto a proposito di un monumento appena fuori da casa nostra, che non ha nulla da invidiare ad altri edifici «forestieri» per i quali noi andiamo sbavando e che è ritenuto «un’opera fra le più innovative del primo Cinquecento». Lo dicono la storia dei fatti e quella dell’architettura, narrateci entrambe in maniera rapida e piacevole dalla professoressa Luciana Miotto. Franco Bertini Il Palazzo Ducale di Pesaro raccontato da Anna Uguccioni PIU’ O MENO nello stesso periodo in cui sul San Bartolo sorgeva Villa Imperiale, nel cuore di Pesaro, in piazza, oggi, del Popolo, nasceva invece il Palazzo Ducale. Ristrutturando edifici precedenti, a dare il via alla costruzione di «una degna residenza» fu, nel 1445, Alessandro Sforza quando prese possesso della città. Fu in quella residenza che, nel 1465, si celebrarono gli indimenticabili festeggiamenti per le nozze di Costanzo Sforza con Camilla d’Aragona. Il Palazzo crebbe con i lavori dei Della Rovere tra il 1513 e il 1631. Negli anni Venti del Novecento il Palazzo mise su i «merli» e già dal 1860, con l’Unità d’Italia, era diventato sede della Prefettura di Pesaro e Urbi- no. Con questa premessa di Maria Rosaria Valazzi ha visto di recente la luce — sempre col sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro — un’altra guida utile e necessaria per noi pesaresi sempre un po’ smemorati per le bellezze di casa nostra: «Il palazzo Ducale - Guida illustrata» (Walter Stafoggia Editore), opera di Anna Uguccioni che ha rivisto ed arricchito un suo precedente libretto. Una pubblicazione «realizzata con tenacia e passione» e pertanto «sostenuta con assoluta convinzione», come scrive nella sua prefazione il prefetto Luigi Riccio. Un’ottantina di pagine ricche di llustrazioni con l’intento, dichiarato dalla stessa autrice, «di fornire un percorso più articolato ed esauriente dei contenuti artistici del Pa- lazzo con l’integrazione degli ambienti di cui non era stata fatta menzione nell’opuscolo originario». Rispetto all’edizione precedente, i nuovi cenni sono ai due giardini interni, alla Loggia detta del Genga, ai sotterranei e, soprattutto ai saloni di rappresentanza. Tranquilli, non sono pagine specialisticche e per eruditi, ma per cittadini che hanno a cuore la storia delle «cose» fra le quali vivono e attraverso le quali passa la storia loro e dei loro antenati. Il Palazzo Ducale, ricorda in proposito la Valazzi, «oltre a rappresentare la “memoria” più significativa della storia urbana conserva dunque dai tempi più antichi anche il ruolo di centro della vita istituzionale cittadina». f. b.