UN ERRORE CAPITALE NON PRENDERE MALTA
I piani per lo sbarco erano pronti dal 1938 ma non disponevamo ne dei mezzi, ne gli specialisti
necessari per l’azione.
Cosi perdemmo la guerra nel Mediterraneo.
Nell’ultima guerra Malta è stata la spina nel fianco per l’Italia. Stando a tutti i buoni propositi e ai
piani operativi (pronti fin dal 1938), avrebbe dovuto essere occupata subito, nel giugno 1940,
perché già nel 1938 si riteneva che una sua “neutralizzazione” non sarebbe stata sufficiente. Invece
Malta rimase in mano gli inglesi, che la consideravano indifendibile, finchè ad un certo punto
Londra si convinse che non solo era difendibile, ma costituiva un asso da giocare in continuazione.
Pensarono addirittura di far partire da Malta reparti che occupassero Pantelleria, rendendo ancor più
grave la situazione nelle comunicazioni fra l’Italia e l’Africa settentrionale. Poi, per fortuna, non ne
fecero niente e Pantelleria cadde soltanto pochi giorni prima dello sbarco in Sicilia, nell’estate 1943.
Che Malta fosse importante, gli inglesi lo avevano capitolino dai tempi di Napoleone,tanto che la
occuparono nel 1802. Ancora nel 1860, come si ricorda in operazione C-3; Malta di Mariano
Gabriele (Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 1975), l’Ammiraglio di divisione F.W.
Martin, comandante in capo della Mediteranean Fleet, scriveva all’Ammiragliato a Londra che era
importante avere una formazione potente nel Mediterraneo. Erano gli anni di Garibaldi, e il canale
di Suez non era stato ancora aperto. Il Mediterraneo non era ancora “l’arteria dell’impero”.
Nel corso della prima guerra mondiale, Malta fu base, come Corfù, delle flotte alleate contro le
marine imperiali delle Potenze Centrali. Fra le due guerre l’importanza di una catena di basi da
Gibilterra a Malta ad Alessandria non fu mai abbastanza Sottolineata. Era qualcosa che Mussolini
stava minacciando, con la sua impresa etiopica, e che aveva fatto drizzare le orecchie a Winston
Churcill. Questi, sulle prime, aveva addirittura pensato alla possibilità di sgombrare il Mediterraneo,
perché la flotta britannica in quel mare, anche se rinforzata con l’intera forza rimasta in patria, non
avrebbe potuto sostenere il peso della marina e della aviazione italiana. Il fatto è che agli inglesi
Malta interessava soltanto per il porto di La Valletta protetto da numerose fortificazioni e da molti
cannoni. L’armamento contraereo, invece, era estremamente deficiente, e ciò aveva messo paura
all’Inghilterra in quel momento di ostentazione bellica italiana.
Dopo l’Etiopia l’allarme britannico crebbe con la guerra di Spagna per l’episodio dell’”Harvock”
silurato, per fortuna senza essere colpito, dal sommergibile “Iride” italiano, ancorchè ceduto alla
marina franchista, e per il blocco e la “pirateria” dei nostri sommergibili contro i mercantili che
rifornivano la repubblica.
Immediatamente prima della seconda guerra, per Roma Malta era considerata da occupare
immediatamente e audacemente. Il piano DG 10/A2, redatto dall’Ufficio piani dello Stato Maggiore
della Marina nel novembre 1938, prevedeva la presa dell’isola, “come indispensabile premessa a
qualunque nostra operazione in grande stile in Africa settentrionale”. Occorreva un “indispensabile
dominio temporaneo nel centro del Mediterraneo”. Perchè temporaneo non si comprende bene, date
tutte le premesse politiche sul Mare Nostrum allora in auge. Ma tutti erano d'accordo: la Marina,
che aveva studiato i piani; il generale Pariani, capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che avrebbe
dovuto fornire le truppe., l'Aviazione, che avrebbe dovuto appoggiare l'operazione. Invece,
nell'aprile 1939, si andò in Albania, dando un nuovo fronte marittimo alla Marina che aveva già
abbastanza guai per suo conto.
Churchill voleva reagire immediatamente occupando Corfù, e di prevenire questa mossa inglese
parlarono a Mussolini, Badoglio, Pariani, Cavagnari e Valle, gli ultimi tre caopi di Stato Maggiore
delle tre Forze Armate. Corfù meglio di Malta, si disse allora. Poi non se ne fece niente. Intanto a
Londra si parlava di calamitous error, errore disgraziato e apportatore di guai, a proposito di una
difesa di Malta, considerata intenibile perchè non produceva abbastanza da mantenere la sua
popolazione, perchè era indifendibile a tanta breve distanza dalle coste italiane (50 miglia da
Catania), perche circondata da sommergibili, aerei, Mas italiani.
BATTELLI DA PESCA e piroscafi mercantili d'anteguerra, utilizzati dopo opportune modifiche per
addestrare la truppa a un progettato sbarco su Malta. Ma una volta scoppiato il conflitto, Benito Mussolini
ritenne inutile l'occupazione dell'isola.
L'ammiraglio Cunningham, the man on the spot, l'uomo che aveva trascorso buona parte della sua
vita di marinaio in Mediterraneo e che era responsabile della difesa dell'isola, chiedeva invece aerei,
cannoni, carbone, grano e navi, a dispetto di un partito filo-italiano che da tempo soffiava sul fuoco.
In realtà, l'elemento italiano a Malta era scarsissimo e sembrava anzi, anzi che i maltesi non
volessero saperne degli italiani. Al contrario, a Roma si pensava che un ammutinamento dei
duemila uomini del reggimento maltese avrebbero facilitato la nostra occupazione....
Nemmeno Churchill, che era tornato ministro della marina ( salutato dal radiogramma Winston is
back diramato a tutta la flotta, ( è tornato Winston), e che aveva ancora una Gallipoli da far
dimenticare ai suoi connazionali, nemmeno Churchill, diciamo, si fidò di Cunningham, preferì
mantenere il dirottamento del traffico mercantile dal Mediterraneo alla rotta del Capo di Buona
Speranza.
A fianco di Cunningham, che aveva assunto il comando della flotta del Mediterraneo, arrivò a
Malta il commodoro F.H.M. Maynard, un neozelandese che subito si diede a battere cassa; più
aerei, più cannoni, più carbone, più grano, più armi, più carri armati, più munizioni. Senza peraltro
ottenerne.
Gli inglesi sapevano che Malta era difficile da attaccare. La costa meridionale è buona parte di
quella settentrionale sono guarnite da un bastione di roccia verticale alto quasi 150 metri. A
nord_0vest c'erano varie baie e piccoli golfi che avrebbero potuto prestarsi ad uno sbarco, ma pochi
chilometri all'interno si apriva una profonda spaccatura naturale, lungo la quale era costituita la
"Victoria Line" una linea di difesa in direzione nord-sud difficilmente valicabile. Sarebbero occorse
almeno un paio di divisioni di paracadutisti, in una operazione in grande stile tipo quella tedesca di
Creta nel 1942, che avrebbe potuto comunque subire la stessa sorte: una vittoria di Pirro.
La flotta inglese, poco prima che l'Italia entrasse in guerra, nel 1940, aveva ritenuto opportuno
sgombrare da Malta e ritirarsi ad Alessandria.
L'aviazione aveva lasciato ben poca cosa sul posto, perche come si è detto, l'opinione comune nelle
alte sfere era che Mata fosse indifendibile. I tedeschi pensavano che gli italiani avrebbero attaccato
risolutamente e in forze quello scoglio in mezzo al mare. I giapponesi ( era l'poca del tripartito, o
Roberto" dalle iniziali delle tre capitali, Roma, Berlino, Tokio) erano sicuri che prima di dichiarare
guerra Roma avrebbe attaccato di sorpresa e occupato l'isola. Loro l'avrebbero fatto senz'altro.
Come fecero, poi, a Pearl Harbor: un gesto piratesco di sorpresa, che non riuscì però a neutralizzare
nè la base, ne le portaerei americane.
A Roma si era predisposto tutto per l'attacco, ma poi si era scoperto che mancavano le navi
adatte,mancavano gli aeroplani adatti e i paracadutisti non c'erano. Perchè il piano prevedeva un
impiego di quarantamila uomini per neutralizzare i quindicimila difensori, che in realtà erano
quattromila, e l'utilizzazione di un certo numero di imbarcazioni "a perdere" incagliate in costa,
dopo aver effettuato lo sbarco. Si sarebbero dovute usare le "motobette", unità da carico con 500
uomini a bordo ciascuno; ne sarebbero occorse ottanta, mentre in Italia ne avevamosoltanto cinque.
Si pensava di utilizzare piccoli piroscafi o motonavi fra mille e duemila tonnellate di stazza lorda,
da incagliare in costa e recuperare, semmai, a cose fatte. Bisognava però aprirle a prua, in modo da
renderli simili ai mezzi da sbarco che abbiamo tanto invidiato ai marines americani. Per mezzi
pesanti, si srebbero dovute usare zattere a rimorchio, che però mancavano anch'esse.
Occorrevano paracadutisti, ma non erano stati addestrati, e occorreva un notevole appoggio aereo:
trecento bombardieri e duecento caccia, oltre agli apparecchi che dovevano intervenire dalle loro
basi della Sicilia, di Pantelleria e dalla Tripolitania. Per sfruttare la sorpresa, si sarebbe dovuto
bombardare Malata per cinque giorni consecutivi, interrottamente, prima dello sbarco, e impiegare
bombe incendiarie alla vigilia dell'azione. Era comunque preoccupante il fatto che la flotta
d'invasione avrebbe dovuto partire nel pomeriggio del giorno precedente lo sbarco dal porto di
Augusta, per arrivare sull'obbiettivo all'alba, perchè la velocità massima del convoglio sarebbe stata
di 10 nodi. Il tutto senza tener conto di una possibile reazione francese da Biserta, e inglese da
Alessandria. Naturalmente, sarebbe dovuta intervenire anche l'intera flotta, a protezione della
grande operazione anfibia...
Come piano, era eccellente a tavolino. Purchè vi fossero stati tutti i pezzi di quel "gioco di guerra".
Mancavano invece, come si è visto, le "motobette", mancavano i piroscafi, mancavano almeno
cinque divisioni di fanteria particolarmente addestrate, e mancavano soprattutto i cinquecento aerei
da impiegare. Quanto alle forze aree "normali", la 2^ squadra di base in Sicilia aveva a disposizione
cinque stormi da bombardamento in quota, 137 aerei trimotori S.79, un gruppo da bombardamento
con aerei S.85 di base a Pantelleria ma non idonei all'impiego ed esistenti solo sulla carta, tre gruppi
da caccia, e cioè 26 Macchi 200 a Catania, 17 biplani CR 42 e 26 Cr 32 già antiquati, operanti da
Palermo e da Trapani. C'erano tre idrosoccorso Cant. Z.506 ad Augusta, In tutto 209 aerei, le cui
prestazioni erano inferiori a quelle di molti aerei nemici.
Per fortuna non se ne fece niente, un pò perchè la Marina disse che il piano non poteva venire
attuato, un pò perchè lo Stato Maggiore generale osservò con rara lungimiranza, che non sarebbe
stato necessario, un pò perchè Mussolini era convinto che la guerre sarebbe finita subito: e cioè non
appena noi fossimo scesi in campo contro la Francia in ginocchio e contro l'Inghilterra minacciata
di invasione dalle coste della Manica. Quindi non valeva la pena di sciupare piroscafi e uomini che
non erano stati addestrati nè all'imbarco nè allo sbarco, nè tantomeno a una traversata di dodici ore
in convoglio in mare , sia pure calmo, di notte. La fanteria avrebbe inoltre dovuto essere armata con
armi automatiche leggere (forse i Breda30, i fucili mitragliatori d'ordinanza alla fanteria, terrore dei
fanti che se ne intendevano), bombe a mano, e di lanciafiamme. Esaurite le quali, se per caso si
fosse alzato il mare o fosse intervenuta la flotta inglese, con che cosa sarebbero stati riforniti quei
quarantamila uomini?E se la guarnigione di Malta avesse reagito a cannonate o con quel centinaio
di carri armati di cui disponeva?
Esercitazione con speciali pontoni, sempre in vista dello sbarco a Malta. I mezzi impiegati erano inefficienti.
Una cosa è certa: di aviazione, gli inglesi, non ne avevano e i tre campi dell'isola erano in pessime
condizioni. Lo ricorda Cameron in un libro che è forse il migliore che sia stato scritto sull'epopea di
Malta: Red Duster White Ensign ( Red come chiamavano con sdegnoso affetto la bandiera
mercantile i marinai inglesi;; la White Ensign è invece la bandiera di combattimento della Royal
Navy, bianca con la croce rossa di San Giorgio).
Ne riportiamo alcuni passi. "Le risorse di Malta alla vigilia della guerra erano, per essere prudenti,
pietosamente inadeguate: grazie alla parsimonia dei vari governi e dei vari capi di Stato Maggiore
che si erano avvicendati, Malta, nel 1939, aveva meno di quattromila uomini, viveri con cinque
settimane appena, quattordici cannoni per la difesa costiera, un solo aereo operativo e soltanto
quattro vecchi aeroplani ancora imballati. I viveri erano al sicuro, le grotte di La Valletta e Notabile,
poche centinaie di tonnellate di farina di grano, di carne congelata, zucchero, caffè e the. Non
v'erano praticamente riserve di verdura fresca e olio d'oliva che costituivano la base del nutrimento
della popolazione locale. La maggior parte dei cannoni costieri erano a difesa di un centinaio di
miglia di costa, all'imbocco, del porto grande, mentre le spiagge del nord dell'isola erano
virtualmente senza difesa".
"Quanto ai tre aeroporti", ricorda ancora Ian Cameron,"a parte Ta Venezia dove fecero scalo fino a
giugno gli aerei di linea italiani, solo quello di Luqa era apparentemente operativo, dotato di piste
incrociate, di piazzole e di attrezzature efficienti: Hail Far era costituito da una striscia erbosa
stretta fra ostacoli naturali e pericolosa, mentre Takali, come Hal Far, non aveva piste, era stretto fra
colline, ed essendo stato realizzato sul letto di un lago prosciugato, si trasformava in un mare di
fango dopo ogni pioggia. Quanto a Luqa, che era il migliore, era stato completato soltanto a metà:
appaltato a un reparto del genio era stato lasciato a metà quando il reparto era stato trasferito in
Francia dove sembrava avesse lavori più urgenti da sbrigar. I caccia c'erano, sulla carta: quattro
gruppi di Hurricane MK2, e due gruppi di bombardieri Wellington e ricognitori Blenheim. Ma il
commodoro Maynard sapeva che non sarebbero mai arrivati: erano necessari altrove. E poi un
radiogramma del ministero dell'Aeronautica da Londra parlava chiaro, in data 14 maggio "Non vi
sono prospettive immediate di disponibilità di sorta di aerei per Malta".
In guerra si sa, bisogna arrangiarsi, con poco e far durare quel poco più che si può. E' un principio
valido sotto ogni bandiera. Maynard doveva fare di più, far durare il più a lungo possibile quel
qualcosa che si chiamava "niente". Però ebbe fortuna. Su una banchina della base di Kalafrana, nel
1939, eranostati depositati, imballati, diciotto biplani "Sea Gladiator", la versione navale per
portaerei del caccia "Gloster Gladiator" (un apparecchio simile al nostro CR 4, ma munito di radio,
abitacolo chiuso e quattro mitragliatrici.
I diciotto cassoni, dal numero di matricola N 5518 al N 5535, erano di dotazione alle portaerei
"Furios e Glorious", in manovra nel Mediterraneo. Sarebbero stin usati come riserva dell'aviazione
di marina, se e quando necessario.
Diamo la parola a Nicola Malizia, col suo Inferno su Malta (Mursia Milano 1976), che fornisce
ancora dati più precisi di quelli di Cameron, Maynard seppe di quegli aerei e chiese al
Contrammiraglio Willis, comandante della Marina a Malta, se avesse potuto servirsene. Gran bontà
dei cavalieri antichi... aerei vecchi, appartenenti a un'altra forza armata, ancora imballati: e lui
chiede l'autorizzazione. Ma con la stessa magnanimità Willis disse si, dando notevole prova di
indipendenza di giudizio, perchè l'Ammiragliato, a Londra li aveva destinati alla portaerei "Eagle",
che avrebbe dovuto arrivare a Malta. Ma Williscome Cunningham, come altri insofferenti e
permalosi capi britannici, era dello stampo di Nelson, e disse a Maynard di accomodarsi. Maynard
prelevò i cassoni N 5519, N5520, N 5525 e N 5531, e li fece trasportare a Hal Far, a disposizione
della RAF, agli ordini dello Squadron Leader ( maggiore W.D. J. Michiei), anche se i quattro aerei
costituivano una sezione soltanto, che poteva essere affidata ad un sottotenente.
L'avventura non è finita. Non si trovavano meccanici d'aviazione capaci di rimontaregli aeroplani, e
non c'erano pezzi di ricambio. Ma esisteva una squadra di arsenalotti della sezione lavori aerei di
Kalafrana, agli ordini del sottotenente Collins, venuto dai sottufficiali, capace di far volare anche
una macchina da cucire a pedali. Costui fece davvero volare i quattro "Sea Gladiators",privati di
gancio di arresto da portaerei, del battellino subventrale, dei sistemi di segnalazione in uso in
Marina.
La difficoltà successiva era che nessuno li sapeva pilotare. Ogni aereo si pilota in un modo diverso e
occorre un "passaggio", una specie di patente, per aver in dotazione un apparecchio che costa soldi.
Fu scovato un sergente pilota J.N. Robertson, che veniva da una scuola della Marina e che sapeva
come funzionava il "Sea Gladiator". Questi fece da istruttore ai "colleghi", un capitano e due
tenenti, poi a un maggiore ad altri tenenti giunti di rincalzo. La pattuglia dei senza paura riuscì a
racimolare qualche ora di volo, prima di essere dichiarata "operativa" . In maggio, pochi giorni
prima dell'entrata in guerra dell'Italia, uno dei quattro aerei si danneggiò in atterraggio e fu messo a
fare da "regina dell'Hangar", cioè da "officina ricambi". Gli americani chiamano ciò
"cannibalizzare": ogni pezzo che serve, viene prelevato dall'aereo regina.
Così a difendere Malta contro la nostra Aeronautica rimasero in tre, e furono immediatamente
soprannominati "Fede", "Speranza" e "Carità". Divennero famosi. Furono un simbolo della lotta
dell'isola contro i nostri attacchi, effettuati di malavoglia, in numero insufficiente, con forze
inadatte, bombe inadatte e senza uno scopo ben preciso. Quando intervennero i tedeschi a fare
brutalmente sul serio, con il loro X Corpo aereo, era già tardi. Gli inglesi avevano imparato che
Malta si poteva rifornire. E lo stavano facendo
Minuscoli carri armati e traballanti motocarri vengono scaricati da speciali pontoni e battelli durante un esercitazione di
sbarco. L'occupazione di Malta (vanamente studiata) avrebbe probabilmente dato tutt'altro esito alla nostra guerra sul
mare.
Tratto da Navi e Marinai opuscolo n° 39
Scarica

un errore capitale non prendere malta