Storia E, Rivista quadrimestrale della Sovrintendenza Scolastica di Bolzano, Anno 6 n.1,2,3 -2008
Donne nella sollevazione
di Christoph H. von Hartungen e Alessandra Zendron
La mobilitazione di massa contro i francesi,
pericolosi rivoluzionari e “anticristi”, coinvolse
anche le donne tirolesi. Dal 1796 in poi le incontreremo in ogni avvenimento e scontro di rilievo.
Si trattava, nella stragrande maggioranza, delle
popolane, mentre le borghesi si fecero notare
ben poco. Questo dato va rapportato all’epoca:
il ceto borghese assimilava con facilità la dottrina libertaria, che chiedeva libertà e uguaglianza
per gli uomini, ma non per le donne. Il Codice
napoleonico, strumento di regolamentazione
per antonomasia della nuova epoca borghese,
codificava nei minimi dettagli la condizione di
inferiorità della donna di fronte all’uomo, soprattutto al marito.1 Anche in Tirolo alle donne fu
dapprima assegnato un ruolo passivo; nel 1796
fu pubblicato un opuscolo intitolato Armi per le
figlie del Tirolo, ovvero: anche pregare significa
combattere.
Le tirolesi non si fecero impressionare troppo da
tutto ciò e sostenevano largamente mariti, fratelli,
padri e figli nella lotta contro l’invasore. Questo
aiuto consisteva innanzitutto nelle disponibilità
ad accollarsi il lavoro supplementare nei campi,
mentre gli uomini partivano per difendere le frontiere. Poi, quando il fronte si avvicinava alla loro
valle, al loro paese, davano una mano nei lavori di
fortificazione, come portatrici di messaggi, come
vivandiere e portaferiti; oppure diventavano infermiere o persino guardiane
nel trasporto di prigionieri.
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Ma non è tutto. Innumerevoli sono gli esempi nei quali
proprio le donne incitavano
alla resistenza e ne prendevano attivamente parte. Nella valle del Paznaun vicino
all’Arlberg, in Vall’Aurina e
altrove, si formarono vere e
proprie compagnie di donne,
che armate il più delle volte
con forconi, riuscirono a cacciare momentaneamente i soldati nemici. Non c’è da meravigliarsi
che la propaganda nemica, soprattutto bavarese,
disegnasse le tirolesi come femmine truci, aggressive, assetate di sangue. Il romanticismo,
corrente letteraria allora in pieno fiore, vide in
esse invece il ritorno alle antiche virtù germaniche, alle quali accennava Tacito parlando delle
mogli germaniche che incitavano e sostenevano
i propri uomini in combattimento.
La ragazza di Spinga o Katharina/
Catarina Lanz
La ragazza di Spinga in Val Pusteria è certamente
la più nota figura tirolese di quegli anni. La sua
vera identità rimase a lungo ignota, sebbene si
parlasse e si scrivesse quasi subito della sua apparizione. Nel marzo-aprile 1797 le truppe del
generale Joubert marciano attraverso la Val Pusteria, a protezione del fianco sinistro dell’esercito
napoleonico in avanzata nel Friuli. Esse vengono
attaccate dalle alture, rispondono con un contrattacco, nel corso del quale giungono fino al paese
di Spinga, dove i tirolesi oppongono un’accanita
resistenza. Il comandante degli Schützen, il maggiore Philipp von Wörndle, nove mesi dopo lo
scontro del 2 aprile 1797, narra il seguente episodio: “Tra altri, si vedeva una serva di Spinga che
27. J. L. Strickner, Scene di orrore dal Tirolo, particolare da un foglio con acquaforti colorate. Queste e altre immagini
venivano usate per la propaganda anti
tirolese, ma esprimevano anche lo sconcerto di un esercito regolare nei riguardi
del popolo ribelle.
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stava sulla cinta del camposanto con la sottoveste
allacciata e i capelli aperti, e che con decisi colpi
di forcone ricacciò il nemico”.
Questa notizia venne in seguito ripresa da varie
pubblicazioni, soprattutto dall’Almanacco tirolese del 1802, ma senza citare il nome dell’eroica
ragazza, che rimase anonima per decenni. Anche una commissione vescovile di Bressanone,
incaricata di rilevare i danni di guerra, non ne
seppe nulla, sebbene avesse il preciso incarico
di consegnare alla ragazza una ricompensa di
cinque ducati.
Il 23 agosto del 1870 un giornale di Innsbruck
pubblicò un articolo, nel quale la “ragazza di
Spinga” venne identificata con Katharina Lanz,
nativa di San Vigilio di Marebbe. Negli anni
cruciali essa lavorava come domestica (“serva”) presso contadini di Spinga. Nel 1798 tornò
nella valle natia, dove lavorò per molti anni
nella canonica del decano Anton Trebo, poi
come perpetua a Colle Santa Lucia, e infine ad
Andraz (Pieve di Livinallongo BL). Qui mori,
l’8 luglio 1854, e venne sepolta a Livinallongo.
Per i ladini fu una gioia inattesa e sincera veder
identificata come una di loro l’eroina più popolare. Presto sorsero iniziative per una lapide o
un monumento. Nel 1882 vennero finalmente
inaugurate una lapide sulla casa natale della
Lanz e una croce commemorativa a Spinga.
Il comune di Livinallongo fece erigere un suo
monumento nel 1912, che nel 1915 venne “sfollato” davanti alle truppe italiane verso Corvara. Ivi rimase fino all’avvento del fascismo,
quando la storia di Katharina Lanz fu dichiarata
un mito e un falso storico, e il monumento trasferito nella fortezza di Rovereto. Solamente nel
1974 la statua tornò a Livinallongo. Nel frattempo
38 storiae
un altro monumento venne eretto a San Vigilio
di Marebbe (1971), la scuola media di Rio di
Pusteria (comune che comprende anche Spinga)
porta il suo nome.
Ricerche hanno tuttavia dimostrato che anche
nei paesi intorno a Spinga esistevano alcune famiglie dal cognome Lanz. La documentazione
attualmente conosciuta non permette di dissipare
il dubbio che l’episodio eroico abbia avuto veramente luogo e che non sia piuttosto una ricostruzione postuma, né tantomeno che la ragazza di cui
le cronache parlano sia realmente una Katharina
Lanz di Livinallongo.
Il suo mito si diffuse sia a nord che a sud. Curioso
che anche di recente un’organizzazione giovanile
di un partito di destra di Pisa sia stato intitolato
a Caterina Lanz.
Giuseppina Negrelli
A Primiero si tramandano le eroiche gesta di Giuseppina Negrelli (1790-1842), sorella del famoso
ingegnere e progettista del Canale di Suez Luigi
Negrelli. Vestita di abiti maschili, accompagnò
suo padre, ufficiale degli Schützen, fino a Feltre,
meritandosi l’appellativo di “ragazza di Spinga
italiana”. Anche le altre donne di Primiero – come
riferisce un rapporto del sottointendente von
Menz il 15 giugno 1809 – presero parte attiva agli
eventi: “E le donne occuparono una posizione,
per spingere massi addosso al nemico”.
28. Robert Schindelmayer, La ragazza di Spinga, acquaforte,
1802.
29. Karl von Mayrhauser, L’episodio di eroismo anti bavarese dell11
aprile 1809 nella piana di Vipiteno.
Nei diari monumentali del padre, scritti parecchi
decenni dopo, tuttavia il ruolo di Giuseppina
viene di molto sminuito.
Le mantelle bianche di Lazfons
Secondo la cronaca delle monache di Sabiona2, il
3 aprile 1797 le truppe francesi che stazionavano
a Chiusa in attesa di proseguire verso il nord,
risalirono oltre il convento di clausura per rispondere al fuoco dei contadini. Nella valle laterale di
Lazfons si stavano radunando gruppi sempre più
numerosi di contadini decisi a sbarrare l’accesso.
Nella piccola frazione di Pradell si verificarono
feroci scontri: i francesi duramente provati, ebbero la meglio. Nel frattempo su una collina poco
distante si vide manovrare una truppa vestita di
bianco. I francesi credettero di avere di fronte i
rinforzi di regolari austriaci che in quegli anni
vestivano effettivamente di mantelli bianchi.
Invece erano le ragazze e le donne di Lazfons e
Verdignes, che stavano muovendosi in modo vistoso, scendendo e risalendo la collina, portando
con sé dei grossi mortai per i semi di papavero che
da lontano potevano assomigliare a dei cannoni
e facendo esplodere mortaretti. Presi di mira da
bande sparse di contadini, e temendo di dover
affrontare anche le truppe regolari, i francesi decisero di ritirarsi verso il convento di Sabiona, ma
li fermò il sacerdote padre Josef Schweigl, che
riuscì a combinare una tregua: i tirolesi promisero
di smettere gli attacchi, i francesi di limitarsi all’occupazione della valle Isarco, lasciando libere
le alture e le valli laterali.
La comandante delle donne di Lazfons fu Margaretha Rautner, detta Thinner-Gretele. Nacque a
Lazfons il 28 giugno 1767; si sposò il 20 giugno
1797 pochi mesi dopo la battaglia; ebbe sei figli
e morì il 25 marzo 1825. Nel registro parrocchiale, all’atto nuziale, venne descritta come Virgo
eroica; all’atto di morte Mulier
eroica. Presso l’archivio parrocchiale è conservato un solenne
elogio rilasciato dal governatore
di Innsbruck su decreto imperiale del 23 gennaio 1800, per
il contributo determinante delle
donne di Lazfons e Verdignes
alla battaglia del 3 aprile 1797.
no in numerosi masi di proprietà del convento.
Il convento fungeva da fortezza austriaca dando
riparo ai soldati di passaggio, mentre nei periodi
di occupazione francese, stabilivano accordi e
tregue atte a salvaguardare le monache e i loro
beni dal saccheggio e dalle violenze.
Nel 1808 la Baviera dichiarò decaduta l’abbazia,
invitando le suore a lasciare il convento. L’insurrezione del 1809 impedì all’ultimo istante
l’esecuzione dell’ordine. Dopo la vittoria sul
Bergisel, il vescovo Lodron di Bressanone dispose il ripristino del convento e il ritorno delle
monache. In novembre però i francesi ritornarono. “Triste invece fu l’avvenimento con suora
Benedicta (Senoner), che nella confusione si
gettò per paura dei francesi giù per la ripida rupe,
ai piedi della quale venne rinvenuta cadavere alcuni giorni dopo dagli stessi francesi. Il cadavere
fu portato nel convento e ivi sepolto”.
Si trattava di un suicidio, ma suor Benedicta
ebbe sepoltura cristiana: si ritenne che fu spinta
all’insano gesto dalla paura di perdere un bene
più grande della vita, la verginità.
Donna di ben altra tempra fu suor Magdalena
Toldt (1755-1841). Molto energica, era rimasta
con poche consorelle nel convento anche all’epoca della prima occupazione, nel 1797. Nel 1808 si
oppose con successo alla svendita del mobilio da
parte dei commissari bavaresi. Conservò la calma
anche nel dicembre del 1809, quando i francesi
decisero di trasformare il convento in fortezza,
insediandovi due compagnie. Le poche suore
non fuggite erano relegate in un’unica stanza, e
dovettero assistere allo sfascio degli edifici, per
incuria o per il rozzo comportamento dei soldati.
Suor Magdalena indossò la divisa militare francese, abbandonò nottetempo il convento, e per
vie traverse si diresse a Bolzano, dove riuscì a
farsi ricevere dal generale comandante Baraguay
Le monache di Sabiona
Anche le suore benedettine
di clausura, relegate sulla rupe
sopra Chiusa, ebbero a soffrire
molto durante gli anni del conflitto, come scrivono nella loro
cronaca. Nel 1797 il convento fu
più volte occupato dai soldati austriaci e francesi, e persino saccheggiato. Questi atti servivano
per piegare la resistenza degli
abitanti di Lazfons, che viveva-
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d’Hillier, descrivendogli l’insostenibile situazione. Il generale le assicurò il suo appoggio: il
giorno di Pasqua del 1810, i soldati furono ritirati.
Il convento venne riconsegnato alle monache nel
1814, e ricostituito con decreto imperiale il 3
dicembre 1816. Nel 1833, nel convento vennero
fatte da tecnici accompagnati dall’arciduca Giovanni, le misure per trasformarlo in fortezza. Gli
Asburgo proseguivano l’intento di Napoleone.
Ma il progetto non andò in porto e le monache
– poche – vivono ancor oggi nella clausura di
Sabiona.
Le ragazze dello Sterzinger Moos
Culmine delle azioni controrivoluzionarie tirolesi è l’anno 1809, in cui anche la partecipazione
femminile alle attività belliche raggiunge il suo
apice. Il nove aprile scoppia l’insurrezione e già
il giorno dopo 5000 Schützen della Val Passiria,
comandati da Andreas Hofer, marciano verso Innsbruck. Nella conca di Vipiteno truppe bavaresi
(400 uomini con un cannone) sbarrano l’accesso
al Brennero. Soprattutto il cannone incuteva rispetto ai tirolesi, al quale non osavano avvicinarsi
e che vanificava ogni tentativo di attacco frontale.
Il maggiore bavarese Spicher rifiutava la resa:
come fare, come bloccare i dodici artiglieri che
continuavano a lavorare imperterriti con il loro
pezzo? Per caso, sulla piana si vedono tre carri
carichi di fieno. Se solo si potessero spingere
avanti…
Nessun uomo è disposto a questa pericolosa missione. Allora si fanno avanti tre ragazze pronte
a dirigere i carri: Anna Zorn o Zoder, Maria
Porer o Hofer e Maria Pichler. Si mettono alla
guida dei carri, mentre nel fieno sono nascosti
alcuni tiratori scelti e muovono verso il cannone. Allora i soldati non sparavano sulle donne e
questo segna il loro destino. Giunte a distanza
ravvicinata, le ragazze abbandonano i carri,
mentre i tiratori colpiscono uno dopo l’altro gli
undici artiglieri. Il pezzo finalmente tace. Altri
tirolesi si fanno sotto, un soldato dopo l’altro
cade sotto i loro colpi, finche il maggiore, ferito,
non ordina la resa.
Virgo virilis
Fervente combattente, una vera Virgo virilis, era
Anna Jäger di Schwaz nell’Inntal, Sparava meglio di molti uomini e una volta, così si racconta,
scaraventò un soldato nemico nel fiume Inn. Si
30. Maria Anna Moser, Anna Jäger, tempera.
31. La baronessa von Sternbach in una illustrazione tratta dal suo
diario.
32. Illustrazione del libro di musica di L. A. Frankl (Andreas Hofer
im Liede. 1884). Raffigura Andreas Hofer, la moglie Anna Ladurner,
il loro maso Sandhof e la baita della Pfandleralm.
40 storiae
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distinse per il suo coraggio e per la sua freddezza
soprattutto nella quarta battaglia sul Bergisel (1.
novembre), quando uccise alcuni soldati.
Maria Theresia von Sternbach
Maria Theresia nacque a Brunico il 20 maggio 1775, figlia dei cittadini Josef e Nothburga
Obholzer. Presto rimase orfana del padre. Le
cronache la descrivono come una ragazza diligente, seria, non priva di senso dell’umorismo.
Superando l’opposizione del parentado sposò il
quarantaquattrenne barone Franz von Sternbach di Villa Ottone. La coppia visse dapprima a
Gais presso Brunico, dove nacquero due figli:
Karl Matthias (futuro capostipite di una famiglia
ancora oggi numerosa) e Adelhaid, morta all’età
di due anni. In seguito Franz Andreas ereditò la
tenuta paterna a Mühlau presso Innsbruck, dove
la famiglia andò a stabilirsi. Qui il barone morì
il 10 febbraio 1808, lasciando alla moglie il peso
della famiglia e dell’amministrazione dei beni,
compito non facile in quei tempi di guerra e di
transizione. Ma il peggio doveva ancora venire.
Therese von Sternbach prese attivamente parte
ai preparativi insurrezionali. Sacrificò per la
causa una parte notevole dei suoi beni: girava a
cavallo vestita da uomo e armata di pistola per i
paesi intorno a Innsbruck e nella città: cercava di
mantenere saldo il fronte degli insorti, di evitare
fughe insensate davanti al nemico, di calmare
l’eccessiva sospettosità dei tirolesi, pronti a fucilare subito presunte spie o traditori. Salvò la
vita a un capitano del genio austriaco, che gli
Schützen ritenevano responsabile di uno scontro
finito in una sconfitta.
Anna Ladurner moglie
fedele
31
Ai primi di agosto 1809 il maresciallo Lefèbvre,
duca di Danzica, mosse alla riconquista del Tirolo. Arrivò fino a Innsbruck, dove sulle alture lo attendevano i tirolesi. Prima di attaccare battaglia,
imprigionò alcuni notabili, tra i quali anche la
baronessa Therese, mettendola prima agli arresti
domiciliari e trasferendola poi a Innsbruck. Qui
la situazione si faceva sempre più critica per i
franco-bavaresi, insidiati in modo crescente dalle
alture; essi se la presero con i prigionieri, minacciando di fucilarli. Il 14 agosto, un giorno prima
di abbandonare la città agli insorti, i notabili furono trasferiti a Monaco come ostaggi. Durante
il viaggio, in territorio bavarese, un tale rivolse
alla Sternbach queste insultanti minacce: “Ecco
la baronessa che custodiva nella sua cantina i
cadaveri di quaranta bavaresi uccisi. Se io fossi
il re, le farei staccare i seni con tenaglie roventi
e strappare i capelli uno per uno”.
A Monaco la baronessa rimase in arresto fino al
15 settembre, ripetutamente minacciata di morte.
Il giorno seguente Therese von Sternbach fu trasferita alla fortezza francese di Strasburgo come
prigioniera di stato. In dicembre fu autorizzata,
sulla parola, a muoversi all’interno della città.
Il regolamento concedeva ai prigionieri di stato mezzo pane militare al giorno, tutto il resto
doveva essere comperato. La contessa, accanita
fumatrice di pipa dovette rinunciare.
Il 14 febbraio 1810, messa in libertà, si mise in
viaggio e giunse a casa il 5 marzo. L’Austria si
dimostrò riconoscente nei suoi confronti, premiandola, il 12 febbraio 1821, con la medaglia
d’oro al valore civile. Le sue disavventure furono pubblicate in un diario arricchito nel 1823 di
divertenti illustrazioni. Negli anni seguenti Therese von Sternbach si dedicò all’amministrazione
delle sue proprietà terriere cui apportò notevoli
migliorie. Morì il 15 aprile 1829 a Mühlau.
Anna Ladurner moglie di Andreas
Hofer, rimase all’ombra del marito durante la sua attività politica
e militare, ma stette al suo fianco
durante il duro periodo di latitanza.
Hofer in alcune lettere dimostra
una fiducia piena in lei, cui scrive
spesso, affidandole compiti importanti per la conduzione della casa e
della rivolta.
Nata il 27 luglio 1765, figlia di Peter Ladurner del maso Plonerhof a
Lagundo, il 21 luglio 1789 sposò
Andreas Hofer, oste e commerciante di San Leonardo in Passiria. La
coppia ebbe sette figli, sei femmine e un maschio. Anna si dedicò
al lavoro nel maso e nell’osteria;
incarichi molto gravosi, soprattutto per le prolungate assenze di suo
marito, come commerciante di bestiame prima e
capo politico poi.
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Quando nel dicembre 1809 Andreas Hofer dovette nascondersi, Anna lo raggiunse insieme
col figlio Johann la vigilia di Natale. Erano uniti
anche il 28 gennaio quando avvenne la cattura.
Anna e Johann furono anch’essi arrestati e trascinati a valle, il ragazzo a piedi nudi sulla neve e il
ghiaccio, ciò che gli procurò lesioni permanenti.
Madre a figlio furono rilasciati a Bolzano il 30
gennaio. Ritornarono al Sandhof, che dovette
essere venduto all’asta nell’aprile dello stesso
anno.
Su invito della casa d’Austria, Anna Hofer si trasferì in luglio a Vienna. L’imperatore Francesco
I le fece assegnare duemila fiorini in banconote
e ottocento fiorini in monete. In settembre Anna
fece ritorno in Tirolo. Nel 1818 l’imperatore le
assegnò una pensione annua di cinquecento fiorini. Negli anni seguenti condusse vita ritirata al
Sandhof, divenuto proprietà imperiale e dato in
affitto alla famiglia Hofer. Anna Ladurner Hofer
per propria volontà non partecipò alle solenni
esequie del marito nella cappella di corte a Innsbruck (21 febbraio 1823). Sopravvisse a tutte le
sue figlie. Morì il 6 dicembre 1836.
alla ribalta. Annette von
Menz nacque il 30 gennaio
1796 a Bolzano, figlia unica di Anton Melchior von
Menz e di Maria Anna von
Gumer, rampolli delle più
ricche famiglie bolzanine.
Dopo la prematura morte del
padre e della madre, Annette
era la più ricca ereditiera di
Bolzano: possedeva otto palazzi in città e nei dintorni,
altre case, numerosi poderi
e forti quote in ditte commerciali e banche private.
L’immensa fortuna veniva
amministrata dal tutore Anton von Grabmayr, il quale
era affiancato, come prescriveva il codice napoleonico,
da un consiglio di famiglia
composto da sei personaggi
della Bolzano-bene di allora:
Dominik von Kager, Johann
Graff Barone von Ehrenfeld,
Anton e Johann von Zallinger, Anton e Josef von
Gumer.
La giovinetta fu affidata alla governante francese
Therese Nizole. Il 15 settembre 1811 il principe
Eugenio Beauharnais, viceré del Regno d’Italia,
(al quale Bolzano era stata aggregata un anno e
mezzo prima), scriveva da Milano di aver accolto
l’orfanella sotto la propria protezione, e di volerla
avvicinare alla corte mediante il matrimonio col
suo aiutante di campo, colonnello Barone della
Croix. La notizia scoppiò come una bomba: per
legge, fino al compimento del ventunesimo anno
Annette von Menz
La storia di questa donna si discosta molto dalle
vite finora descritte, sia per l’ambiente sociale,
sia per il motivo che portò la giovane Annette
33. Johann Trautner, Andreas Hofer, Anna Ladurner sua moglie e
il figlio Johann. Acquaforte colorata di Norimberga.
34. Annette von Menz, 1796-1869. In: Bozen zur Franzosenzeit
1797-1814, Katalog zur Ausstellung (Museumsverein Bozen), Bolzano 1984.
42 storiae
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di età, spettava al consiglio di famiglia dare o
negare il consenso al matrimonio o meno. La
ragazza dichiarò al consiglio di famiglia di aver
conosciuto il barone attraverso la governante, di
amarlo e di volerlo sposare. Constatata la giovane
età – quindici anni e mezzo – si decise di chiedere
il responso a un collegio medico composto dai
dottori Trentinaglia, Dalla Torre e Oettel: esso
espresse il parere che il matrimonio sarebbe stato
funesto per la giovane, a causa della sua debole
costituzione fisica.
Forti di questo “parere” i consiglieri declinarono
la proposta del viceré. Non erano disinteressati:
sapevano che per legge il patrimonio della ricca
ereditiera, una volta sposata, sarebbe sfuggito al
consiglio per passare a disposizione del marito.
Chi avrebbe potuto impedire al marito francese
di spostare l’immensa fortuna da Bolzano? Tutti
i membri del consiglio erano debitori di cospicue somme nei confronti del patrimonio Menz:
dislocare il capitale avrebbe significato la loro
rovina in un periodo di grave crisi economica.
Come fare? Si pensò di allontanare da casa Menz
la governante. Essa si stabilì in una casa vicina
dove abitava il comandante della piazza di Bolzano, maggiore Armorelli; di lì poté continuare i
suoi contatti con la ragazza. Si raccolsero informazioni sul conto del barone de La Croix: contrariamente alle sue apparenze giovanili (merito
della quotidiana fatica del suo barbiere), aveva
superato la quarantina, era vedovo e manteneva
a Milano un’amante di nome Cantù. Un informatore milanese lo descrisse per giunta superficiale
e irascibile. Tutte queste “notizie” furono subito
comunicate ad Annette.
Le dicerie, l’avversione dell’opinione pubblica
e la dura opposizione del consiglio di famiglia
indussero la governante Nizole e il colonnello
de La Croix ad abbandonare la città verso la fine
d’ottobre. La Croix morirà nel novembre 1812
durante il disastroso passaggio della Beresina in
Russia; di madame Nizole si perse ogni traccia.
Ma per i membri del consiglio di famiglia i guai
non erano ancora finiti. Il viceré intervenne
personalmente, non appena venne a sapere che
lettere anonime infamavano il nome del suo aiutante di campo. Con un decreto dell’8 novembre
1811 impose l’immediato arresto dell’avvocato
di fiducia dei consiglieri, Franz von Plattner, e
un processo contro i membri del consiglio di famiglia. La causa fu discussa il 9 marzo 1812: gli
imputati furono assolti dall’accusa di calunnia e
diffamazione nei confronti del colonnello de La
Croix, in considerazione del fatto che delle lettere
non si riuscì a trovare traccia.
Annette von Menz, , “la sposa francese” mancata, ignaro oggetto di tutte queste manovre, sposò
il 6 maggio 1816 il nobile roveretano Carlo de’
Panzoldi di Monte Olivo. Rimasta vedova dopo
pochi mesi, il 13 aprile 1819 si unì in seconde
nozze con il conte Johann Ludwig von Sarnthein
(1792-1867), dal quale ebbe sette figlie. Morì a
Soprabolzano il primo luglio 1869.
La storia della vedova del
colonnello Ditfurth - Crudeltà e
umanità dei tirolesi
Il giorno del ritorno delle nostre truppe a Innsbruck [luglio del 1809 n.d.T.] sotto il comando
di Wrede e Deroy, mi trovavo dietro Hötting,
all’altezza degli avamposti. D’improvviso nel
crepuscolo da un boschetto vennero fuori tre
figure scure e correvano verso la nostra postazione. Presto potei distinguere che una di queste figure era un uomo che teneva appeso alla
spalla il suo schioppo; una donna e un bambino
sembravano accompagnarlo. I segnali che l’uomo dava, facevano capire che non era un intento ostile che lo portava alla nostra postazione;
feci alcuni passi incontro ai nuovi venuti e fui
non poco sorpreso di sentire le parole che uscivano dalla bocca della donne vestita con il più
misero abito contadino, che essa pronunciava
con un viso pallido e stravolto dall’angoscia: “
Signor sottotenente, Lei non mi riconosce più;
sono l’infelice moglie del colonnello Ditfurth,
questo è mio figlio, ed entrambi dobbiamo la
vita a quest’uomo coraggioso”.
La mia sorpresa è indescrivibile; credetti di
vedere davanti a me una rediviva. Ascoltai
dalle sue labbra la descrizione delle sue sofferenze.
Quando il lontano 11 aprile 1809 nelle valli
del Tirolo risuonarono le campane e la rivolta
divampò in aperto incendio, e la passione non
più tenuta a freno diede inizio alla battaglia
sanguinosa e accompagnata da orrori di ogni
sorta, i tirolesi, accorrendo da ogni parte, assalirono i bavaresi respingendoli verso la città
e all’alba del giorno seguente Innsbruck era
caduta nelle mani degli insorti.
I coraggiosi bavaresi combatterono all’inizio
con successo, ma poi per mancanza di munizioni furono sopraffatti dalle superiori forze
dei tirolesi, che sotto il tuonare dei pezzi d’artiglieria, e del suono squillante delle campane
a stormo e le selvagge grida di battaglia avanzavano continuamente.
Durante queste scene di orrore, in una stanza,
sprofondata in gravi preoccupazioni, sedeva la
moglie del colonnello Ditfurth.
Il ferreo dovere aveva chiamato il colonnello a
capo del suo reggimento; il rumore della battaglia si avvicinava sempre di più all’abitazione
della povera donna. Un clamore selvaggio e
furioso la spaventò tanto da farla rientrare in
sé; vuole fuggire dalla stanza con il suo bambino per mettersi al sicuro in un nascondiglio
dall’assalto della folla; e qui le si para innanzi
un uomo anziano e armato, le annuncia la morte
del marito e le chiede di seguirlo, perché altrimenti lei sarebbe irrimediabilmente perduta.
Le parole dell’uomo colpirono al cuore la
moglie innamorata; nel suo dolore vorrebbe
andare incontro alla morte per mano del nestoriae
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mico, che aveva distrutto la felicità della sua vita trucidandole il marito – ma il piccolo e tenero
bimbo si strinse ansiosamente a lei; il suo sguardo la strappò dal suo dolore e tremando ella seguì
l’uomo, il cui contegno aveva risvegliato la sua fiducia.
Ma già la fuga non è più possibile, i ribelli furiosi invadono la casa, tutto sembra perduto, non vi
è più una via d’uscita; madre e bimbo appaiono già vittime di una tremenda vendetta. Qui l’uomo
scorge la porta di un camino, l’apre, nasconde nel camino i suoi due protetti e si affretta incontro
agli assalitori furenti apostrofandoli con le parole: “Seguitemi, seguitemi! Li ho visti fuggire di
là!”. Così egli si precipita con i suoi compaesani di porta in porta, di stanza in stanza. I saccheggiatori prendono ogni cosa di valore, le suppellettili vennero distrutte imprecando, la casa frugata
da cima a fondo, ma nessuno scopre il ricovero.
Quando scese la notte, il tirolese arrivò e portò abiti da contadino. “È tempo di fuggire”, disse,
“Seguimi, perché qui tu e il tuo bambino sareste vittime dei furiosi che incolpano tuo marito di
aver dato la morte a diversi prigionieri tirolesi; come una pallottola ha dato a lui la morte, essi
vorranno uccidere anche te e tuo figlio”.
La donna spaventata seguì quasi senza volontà l’uomo, che la condusse in una piccola casa ai
margini del sobborgo di Hötting. Qui rimase nascosta alcuni giorni, poi il tirolese condusse i suoi
protetti, che qui erano messi in pericolo da una permanenza più lunga, in una caverna, in alto,
sopra una gola sui monti. Aveva già portato là paglia e legna, e appena gli era possibile egli portava loro del cibo. Il poveretti rimasero in questo nascondiglio fino al momento sopra ricordato,
quando il tirolese li condusse alla nostra postazione. Una permanenza terribile, un periodo di timori
e pena, perché era facile che il loro protettore perdesse la vita in uno scontro o potesse perire in
altro modo, e allora madre e figlio sarebbero stati vittime della fame.
Ma la provvidenza li protesse ed entrambi si salvarono. Il buon Max [il re di Baviera Massimiliano
Giuseppe n,d.T.], se sono stato informato esattamente, dotò il nobile tirolese, che aveva agito con
la più pura e nobile intenzione e che seguì coloro che aveva salvato in Baviera, di un vitalizio.
Da: BRONZETTI C. J., Erinnerung an Griechenland, aus den Jahren 1832-1835; mit einem Stahlstiche, Würzburg (Stahel’sche
Buchhandlung) 1842 - Ricordo della Grecia negli anni 1832-1835; con una siderografia, Würzburg 1842.
Traduzione di Alessandra Zendron e Christoph H. von Hartungen
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CRONACA DI SABIONA 1797-1814
Il sacerdote di Chiusa e studioso di storia locale Anselm Pernthaler trascrisse nel 1905 la
cronaca delle monache benedettine di clausura
del convento di Sabiona*. Questo aveva molte
pertinenze, soprattutto masi, e possedeva molti
preziosi oggetti di culto. La cronaca offre un’interessante immagine della vita del convento, delle
sue relazioni con l’esterno, e degli avvenimenti
nella valle sottostante che dallo sperone roccioso sopra la località di Chiusa potevano essere
viste. Le suore inoltre cercarono di stabilire
rapporti il più possibile cordiali con i “diavoli
francesi”, per salvaguardare le proprie vite e
proprietà. Ciononostante parteciparono alla
guerra, dando ricovero ai militari austriaci, ma fecero resistenza, anche con il sostegno dei
contadini infuriati quando l’esercito asburgico
volle usare l’ottima posizione del convento come
una fortezza - e mandando uomini equipaggiati
all’esercito di Andreas Hofer. Questi non è mai
nominato nella cronaca (almeno nella parte
finora trascritta). Furono però contente ogni
qualvolta ci fu pace, anche se – come in seguito
al trattato di Luneville – ciò fu in seguito a una
sconfitta dell’Austria. Ecco alcuni brevi brani,
tratti da diversi periodi, ma sempre nel tempo
delle invasioni napoleoniche.
1797 “Il giorno dopo– il 3 aprile – prestissimo
si sentono rumori a Pardell. Fortissimi colpi
spaventarono tutti i dintorni. I francesi risalirono
numerosi oltre Sabiona e verso Torggl, sparando
continuamente verso l’alto e infine dopo che un
contadino era stato ucciso sopra il Nußbaum
arrivarono a Pardell. Là però quando volevano
già appiccare un incendio, non riuscirono. I contadini non si ritirarono e cacciarono i nemici con
pietre e pallottole giù per la strada del ritorno
dal Torggl. Bino alla 10 si sparò intensamente
da entrambe le parti e ora i nemico devono correre fino a Sabiona. L’intero episodio per noi
fu terribile. Vivevamo in ambasce per i poveri
vicini, per i nostri preziosi, argenti della chiesa
e l’archivio…”
1799 “Ma là in Venosta i nemici lasciarono tristi
segni della loro crudeltà, non solo perché tutte le
località che raggiunsero vennero saccheggiate,
ma perché incendiarono Glorenza, Malles e Sluderno. Questi avvenimenti causarono un continuo
armarsi dei tirolesi. Tutte le giudicature dovettero
tenere pronte alla marcia le loro compagnie o
partire. Riguardò quindi anche noi che dovemmo
in parte o in tutti preparare un uomo per ogni
maso e equipaggiarlo con cibarie, denaro, capi
di abbigliamento”.
1801 “Dopo un’infelicissima campagna (degli
austriaci contro i francesi) splendette inatteso il
sole della pace. (…) Le costose sistemazioni degli
Schützen, i fastidiosi acquartieramenti, le spese
onerose per gli attacchi dei cavalli, e il rifornimento di barili, bagagli e avena grazie a Dio si
interruppero e sia ringraziato Iddio che la pace
fra poco verrà annunciata a gran voce ovunque!”
1809 “Subito dopo che cademmo sotto il governo
bavarese, nel 1808, fummo disperse, dopo essere
state saccheggiate. Vivevamo come pecore senza
pastore, alcune di qua e altre di là, finché nel
1809 con il buon ordine del nostro vescovo siamo
state finalmente richiamate qui”.
(Traduzione Alessandra Zendron)
Note
* Attualmente è in corso la trascrizione delle cronache del monastero di Sabiona ad opera di Ingrid Facchinelli
1
“Nell’ambito del diritto di famiglia, per effetto del nuovo Codice Napoleonico, la donna perse gran parte dei diritti conquistati
nel periodo rivoluzionario. Venne mantenuta solo l’uguaglianza
fra figlio e figlia nel diritto ereditario. Il matrimonio continuò a
rimanere un contratto civile, venne però sottolineato il suo valore
“sacro”, definizione che nel 1816 consentì di far abolire la possibilità di divorzio, che in un primo tempo era stata mantenuta.
Il Codice Napoleonico sanciva dunque la condizione di inferiorità della donna. Spettava al marito stabilire il comune luogo
di residenza e la donna assumeva la nazionalità del marito. La
moglie era soggetta all’autorizzazione maritale e non poteva
“donare, alienare, ipotecare, acquistare, a titolo gratuito od oneroso” beni senza il permesso del marito o il suo consenso scritto,
così come non poteva intentare cause o prendere decisioni che
avessero validità legale.
36
35. Ludwig Braun, La morte del colonnello bavarese von Ditfurth il
12 aprile 1809 a Innsbruck.
36. Codice Napoleonico. Entrò in vigore nel Dipartimento dell’Alto
Adige a partire dal primo luglio 1810.
storiae
45
Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, di regola vigeva fra
coniugi la comunione dei beni, la cui amministrazione spettava al
marito; le eccezioni alla comunione dei beni erano previste dalla
legge, ma non cambiava la sostanza del principio del controllo
da parte del marito.
Anche per quanto riguarda il regime dotale spettava al solo marito l’amministrazione dei beni dotali durante il matrimonio.
Sulla base di una tradizione internazionalmente condivisa, era
prevista una deroga all’autorizzazione maritale per le commercianti sposate in modo da non ostacolare l’economia; comunque
il diritto civile di stipulare contratti valeva per le commercianti
solo nell’ambito degli affari e non per le transazioni familiari.
Anche nelle norme che regolavano il divorzio si trova codificata l’inferiorità della donna attraverso un diverso trattamento
fra moglie e marito. L’infedeltà della moglie veniva punita
severamente, mentre molto più lievi erano le pene per i mariti
e solo nel caso in cui l’adulterio fosse stato commesso sotto il
tetto coniugale.
Con il Codice Napoleonico fu inoltre definitivamente proibita
la recherche de la paternité (la ricerca di paternità) e di conseguenza fu annullato l’obbligo da parte del padre di provvedere
al mantenimento di un figlio illegittimo”. “Il Codice austriaco,
pur non prevedendo la parità tra moglie e marito, riconosceva
alle donne sicuramente maggiori diritti rispetto al Codice Napoleonico. Non imponeva ad esempio l’autorizzazione maritale, la
moglie poteva liberamente disporre del suo patrimonio, stare in
giudizio e redigere contratti senza dover richiedere il permesso
al marito come dimostra il seguente art. 1237 “Se i coniugi non
hanno fatto a riguardo dell’impiego dei loro beni una speciale
37
46 storiae
convenzione ciascuno conserva il precedente suo diritto di proprietà, e non ha verun diritto a ciò che l’altro coniuge acquista e
in qualsivoglia modo gli perviene durante il matrimonio”.
Il divorzio previsto per gli acattolici non prevedeva discriminazioni fra coniugi in caso di adulterio.” (Mostra sulla parità,
realizzata dal Comitato Pari Opportunità Provincia di Bolzano,
Merano, 2008):
Il Codice Civile austriaco che entrò in vigore nel 1811 fu opera
soprattutto dell’illuminista Carlo Antonio Martini, nato a Revò
in Val di Non, docente di diritto naturale, consigliere dell’imperatrice Maria Teresa. Il codice è più snello di quello napoleonico, diviso in libri e paragrafi e non in articoli. Mentre il codice
napoleonico considerava il matrimonio come un contratto, nel
codice austriaco rimase un sacramento e quindi irrevocabile e
indissolubile.
2
La trascrizione della cronaca del periodo della sollevazione e dei
precedenti, si trova nel testo di Anselm Pernthaler, Kloster Säben
zur Kriegszeit 1796-1814, Innsbruck, Druck der Wagner’schen
Universitäts-Buchdruckerei, 1905.
37. Martens, Schedler, Il monastero di Sabiona, 1840. Incisione,
Museo Civico Bolzano.
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Donne nella sollevazione