Storia E, Rivista quadrimestrale della Sovrintendenza Scolastica di Bolzano, Anno 6 n.1,2,3 -2008 Donne nella sollevazione di Christoph H. von Hartungen e Alessandra Zendron La mobilitazione di massa contro i francesi, pericolosi rivoluzionari e “anticristi”, coinvolse anche le donne tirolesi. Dal 1796 in poi le incontreremo in ogni avvenimento e scontro di rilievo. Si trattava, nella stragrande maggioranza, delle popolane, mentre le borghesi si fecero notare ben poco. Questo dato va rapportato all’epoca: il ceto borghese assimilava con facilità la dottrina libertaria, che chiedeva libertà e uguaglianza per gli uomini, ma non per le donne. Il Codice napoleonico, strumento di regolamentazione per antonomasia della nuova epoca borghese, codificava nei minimi dettagli la condizione di inferiorità della donna di fronte all’uomo, soprattutto al marito.1 Anche in Tirolo alle donne fu dapprima assegnato un ruolo passivo; nel 1796 fu pubblicato un opuscolo intitolato Armi per le figlie del Tirolo, ovvero: anche pregare significa combattere. Le tirolesi non si fecero impressionare troppo da tutto ciò e sostenevano largamente mariti, fratelli, padri e figli nella lotta contro l’invasore. Questo aiuto consisteva innanzitutto nelle disponibilità ad accollarsi il lavoro supplementare nei campi, mentre gli uomini partivano per difendere le frontiere. Poi, quando il fronte si avvicinava alla loro valle, al loro paese, davano una mano nei lavori di fortificazione, come portatrici di messaggi, come vivandiere e portaferiti; oppure diventavano infermiere o persino guardiane nel trasporto di prigionieri. 27 Ma non è tutto. Innumerevoli sono gli esempi nei quali proprio le donne incitavano alla resistenza e ne prendevano attivamente parte. Nella valle del Paznaun vicino all’Arlberg, in Vall’Aurina e altrove, si formarono vere e proprie compagnie di donne, che armate il più delle volte con forconi, riuscirono a cacciare momentaneamente i soldati nemici. Non c’è da meravigliarsi che la propaganda nemica, soprattutto bavarese, disegnasse le tirolesi come femmine truci, aggressive, assetate di sangue. Il romanticismo, corrente letteraria allora in pieno fiore, vide in esse invece il ritorno alle antiche virtù germaniche, alle quali accennava Tacito parlando delle mogli germaniche che incitavano e sostenevano i propri uomini in combattimento. La ragazza di Spinga o Katharina/ Catarina Lanz La ragazza di Spinga in Val Pusteria è certamente la più nota figura tirolese di quegli anni. La sua vera identità rimase a lungo ignota, sebbene si parlasse e si scrivesse quasi subito della sua apparizione. Nel marzo-aprile 1797 le truppe del generale Joubert marciano attraverso la Val Pusteria, a protezione del fianco sinistro dell’esercito napoleonico in avanzata nel Friuli. Esse vengono attaccate dalle alture, rispondono con un contrattacco, nel corso del quale giungono fino al paese di Spinga, dove i tirolesi oppongono un’accanita resistenza. Il comandante degli Schützen, il maggiore Philipp von Wörndle, nove mesi dopo lo scontro del 2 aprile 1797, narra il seguente episodio: “Tra altri, si vedeva una serva di Spinga che 27. J. L. Strickner, Scene di orrore dal Tirolo, particolare da un foglio con acquaforti colorate. Queste e altre immagini venivano usate per la propaganda anti tirolese, ma esprimevano anche lo sconcerto di un esercito regolare nei riguardi del popolo ribelle. storiae 37 28 stava sulla cinta del camposanto con la sottoveste allacciata e i capelli aperti, e che con decisi colpi di forcone ricacciò il nemico”. Questa notizia venne in seguito ripresa da varie pubblicazioni, soprattutto dall’Almanacco tirolese del 1802, ma senza citare il nome dell’eroica ragazza, che rimase anonima per decenni. Anche una commissione vescovile di Bressanone, incaricata di rilevare i danni di guerra, non ne seppe nulla, sebbene avesse il preciso incarico di consegnare alla ragazza una ricompensa di cinque ducati. Il 23 agosto del 1870 un giornale di Innsbruck pubblicò un articolo, nel quale la “ragazza di Spinga” venne identificata con Katharina Lanz, nativa di San Vigilio di Marebbe. Negli anni cruciali essa lavorava come domestica (“serva”) presso contadini di Spinga. Nel 1798 tornò nella valle natia, dove lavorò per molti anni nella canonica del decano Anton Trebo, poi come perpetua a Colle Santa Lucia, e infine ad Andraz (Pieve di Livinallongo BL). Qui mori, l’8 luglio 1854, e venne sepolta a Livinallongo. Per i ladini fu una gioia inattesa e sincera veder identificata come una di loro l’eroina più popolare. Presto sorsero iniziative per una lapide o un monumento. Nel 1882 vennero finalmente inaugurate una lapide sulla casa natale della Lanz e una croce commemorativa a Spinga. Il comune di Livinallongo fece erigere un suo monumento nel 1912, che nel 1915 venne “sfollato” davanti alle truppe italiane verso Corvara. Ivi rimase fino all’avvento del fascismo, quando la storia di Katharina Lanz fu dichiarata un mito e un falso storico, e il monumento trasferito nella fortezza di Rovereto. Solamente nel 1974 la statua tornò a Livinallongo. Nel frattempo 38 storiae un altro monumento venne eretto a San Vigilio di Marebbe (1971), la scuola media di Rio di Pusteria (comune che comprende anche Spinga) porta il suo nome. Ricerche hanno tuttavia dimostrato che anche nei paesi intorno a Spinga esistevano alcune famiglie dal cognome Lanz. La documentazione attualmente conosciuta non permette di dissipare il dubbio che l’episodio eroico abbia avuto veramente luogo e che non sia piuttosto una ricostruzione postuma, né tantomeno che la ragazza di cui le cronache parlano sia realmente una Katharina Lanz di Livinallongo. Il suo mito si diffuse sia a nord che a sud. Curioso che anche di recente un’organizzazione giovanile di un partito di destra di Pisa sia stato intitolato a Caterina Lanz. Giuseppina Negrelli A Primiero si tramandano le eroiche gesta di Giuseppina Negrelli (1790-1842), sorella del famoso ingegnere e progettista del Canale di Suez Luigi Negrelli. Vestita di abiti maschili, accompagnò suo padre, ufficiale degli Schützen, fino a Feltre, meritandosi l’appellativo di “ragazza di Spinga italiana”. Anche le altre donne di Primiero – come riferisce un rapporto del sottointendente von Menz il 15 giugno 1809 – presero parte attiva agli eventi: “E le donne occuparono una posizione, per spingere massi addosso al nemico”. 28. Robert Schindelmayer, La ragazza di Spinga, acquaforte, 1802. 29. Karl von Mayrhauser, L’episodio di eroismo anti bavarese dell11 aprile 1809 nella piana di Vipiteno. Nei diari monumentali del padre, scritti parecchi decenni dopo, tuttavia il ruolo di Giuseppina viene di molto sminuito. Le mantelle bianche di Lazfons Secondo la cronaca delle monache di Sabiona2, il 3 aprile 1797 le truppe francesi che stazionavano a Chiusa in attesa di proseguire verso il nord, risalirono oltre il convento di clausura per rispondere al fuoco dei contadini. Nella valle laterale di Lazfons si stavano radunando gruppi sempre più numerosi di contadini decisi a sbarrare l’accesso. Nella piccola frazione di Pradell si verificarono feroci scontri: i francesi duramente provati, ebbero la meglio. Nel frattempo su una collina poco distante si vide manovrare una truppa vestita di bianco. I francesi credettero di avere di fronte i rinforzi di regolari austriaci che in quegli anni vestivano effettivamente di mantelli bianchi. Invece erano le ragazze e le donne di Lazfons e Verdignes, che stavano muovendosi in modo vistoso, scendendo e risalendo la collina, portando con sé dei grossi mortai per i semi di papavero che da lontano potevano assomigliare a dei cannoni e facendo esplodere mortaretti. Presi di mira da bande sparse di contadini, e temendo di dover affrontare anche le truppe regolari, i francesi decisero di ritirarsi verso il convento di Sabiona, ma li fermò il sacerdote padre Josef Schweigl, che riuscì a combinare una tregua: i tirolesi promisero di smettere gli attacchi, i francesi di limitarsi all’occupazione della valle Isarco, lasciando libere le alture e le valli laterali. La comandante delle donne di Lazfons fu Margaretha Rautner, detta Thinner-Gretele. Nacque a Lazfons il 28 giugno 1767; si sposò il 20 giugno 1797 pochi mesi dopo la battaglia; ebbe sei figli e morì il 25 marzo 1825. Nel registro parrocchiale, all’atto nuziale, venne descritta come Virgo eroica; all’atto di morte Mulier eroica. Presso l’archivio parrocchiale è conservato un solenne elogio rilasciato dal governatore di Innsbruck su decreto imperiale del 23 gennaio 1800, per il contributo determinante delle donne di Lazfons e Verdignes alla battaglia del 3 aprile 1797. no in numerosi masi di proprietà del convento. Il convento fungeva da fortezza austriaca dando riparo ai soldati di passaggio, mentre nei periodi di occupazione francese, stabilivano accordi e tregue atte a salvaguardare le monache e i loro beni dal saccheggio e dalle violenze. Nel 1808 la Baviera dichiarò decaduta l’abbazia, invitando le suore a lasciare il convento. L’insurrezione del 1809 impedì all’ultimo istante l’esecuzione dell’ordine. Dopo la vittoria sul Bergisel, il vescovo Lodron di Bressanone dispose il ripristino del convento e il ritorno delle monache. In novembre però i francesi ritornarono. “Triste invece fu l’avvenimento con suora Benedicta (Senoner), che nella confusione si gettò per paura dei francesi giù per la ripida rupe, ai piedi della quale venne rinvenuta cadavere alcuni giorni dopo dagli stessi francesi. Il cadavere fu portato nel convento e ivi sepolto”. Si trattava di un suicidio, ma suor Benedicta ebbe sepoltura cristiana: si ritenne che fu spinta all’insano gesto dalla paura di perdere un bene più grande della vita, la verginità. Donna di ben altra tempra fu suor Magdalena Toldt (1755-1841). Molto energica, era rimasta con poche consorelle nel convento anche all’epoca della prima occupazione, nel 1797. Nel 1808 si oppose con successo alla svendita del mobilio da parte dei commissari bavaresi. Conservò la calma anche nel dicembre del 1809, quando i francesi decisero di trasformare il convento in fortezza, insediandovi due compagnie. Le poche suore non fuggite erano relegate in un’unica stanza, e dovettero assistere allo sfascio degli edifici, per incuria o per il rozzo comportamento dei soldati. Suor Magdalena indossò la divisa militare francese, abbandonò nottetempo il convento, e per vie traverse si diresse a Bolzano, dove riuscì a farsi ricevere dal generale comandante Baraguay Le monache di Sabiona Anche le suore benedettine di clausura, relegate sulla rupe sopra Chiusa, ebbero a soffrire molto durante gli anni del conflitto, come scrivono nella loro cronaca. Nel 1797 il convento fu più volte occupato dai soldati austriaci e francesi, e persino saccheggiato. Questi atti servivano per piegare la resistenza degli abitanti di Lazfons, che viveva- 29 storiae 39 d’Hillier, descrivendogli l’insostenibile situazione. Il generale le assicurò il suo appoggio: il giorno di Pasqua del 1810, i soldati furono ritirati. Il convento venne riconsegnato alle monache nel 1814, e ricostituito con decreto imperiale il 3 dicembre 1816. Nel 1833, nel convento vennero fatte da tecnici accompagnati dall’arciduca Giovanni, le misure per trasformarlo in fortezza. Gli Asburgo proseguivano l’intento di Napoleone. Ma il progetto non andò in porto e le monache – poche – vivono ancor oggi nella clausura di Sabiona. Le ragazze dello Sterzinger Moos Culmine delle azioni controrivoluzionarie tirolesi è l’anno 1809, in cui anche la partecipazione femminile alle attività belliche raggiunge il suo apice. Il nove aprile scoppia l’insurrezione e già il giorno dopo 5000 Schützen della Val Passiria, comandati da Andreas Hofer, marciano verso Innsbruck. Nella conca di Vipiteno truppe bavaresi (400 uomini con un cannone) sbarrano l’accesso al Brennero. Soprattutto il cannone incuteva rispetto ai tirolesi, al quale non osavano avvicinarsi e che vanificava ogni tentativo di attacco frontale. Il maggiore bavarese Spicher rifiutava la resa: come fare, come bloccare i dodici artiglieri che continuavano a lavorare imperterriti con il loro pezzo? Per caso, sulla piana si vedono tre carri carichi di fieno. Se solo si potessero spingere avanti… Nessun uomo è disposto a questa pericolosa missione. Allora si fanno avanti tre ragazze pronte a dirigere i carri: Anna Zorn o Zoder, Maria Porer o Hofer e Maria Pichler. Si mettono alla guida dei carri, mentre nel fieno sono nascosti alcuni tiratori scelti e muovono verso il cannone. Allora i soldati non sparavano sulle donne e questo segna il loro destino. Giunte a distanza ravvicinata, le ragazze abbandonano i carri, mentre i tiratori colpiscono uno dopo l’altro gli undici artiglieri. Il pezzo finalmente tace. Altri tirolesi si fanno sotto, un soldato dopo l’altro cade sotto i loro colpi, finche il maggiore, ferito, non ordina la resa. Virgo virilis Fervente combattente, una vera Virgo virilis, era Anna Jäger di Schwaz nell’Inntal, Sparava meglio di molti uomini e una volta, così si racconta, scaraventò un soldato nemico nel fiume Inn. Si 30. Maria Anna Moser, Anna Jäger, tempera. 31. La baronessa von Sternbach in una illustrazione tratta dal suo diario. 32. Illustrazione del libro di musica di L. A. Frankl (Andreas Hofer im Liede. 1884). Raffigura Andreas Hofer, la moglie Anna Ladurner, il loro maso Sandhof e la baita della Pfandleralm. 40 storiae 30 distinse per il suo coraggio e per la sua freddezza soprattutto nella quarta battaglia sul Bergisel (1. novembre), quando uccise alcuni soldati. Maria Theresia von Sternbach Maria Theresia nacque a Brunico il 20 maggio 1775, figlia dei cittadini Josef e Nothburga Obholzer. Presto rimase orfana del padre. Le cronache la descrivono come una ragazza diligente, seria, non priva di senso dell’umorismo. Superando l’opposizione del parentado sposò il quarantaquattrenne barone Franz von Sternbach di Villa Ottone. La coppia visse dapprima a Gais presso Brunico, dove nacquero due figli: Karl Matthias (futuro capostipite di una famiglia ancora oggi numerosa) e Adelhaid, morta all’età di due anni. In seguito Franz Andreas ereditò la tenuta paterna a Mühlau presso Innsbruck, dove la famiglia andò a stabilirsi. Qui il barone morì il 10 febbraio 1808, lasciando alla moglie il peso della famiglia e dell’amministrazione dei beni, compito non facile in quei tempi di guerra e di transizione. Ma il peggio doveva ancora venire. Therese von Sternbach prese attivamente parte ai preparativi insurrezionali. Sacrificò per la causa una parte notevole dei suoi beni: girava a cavallo vestita da uomo e armata di pistola per i paesi intorno a Innsbruck e nella città: cercava di mantenere saldo il fronte degli insorti, di evitare fughe insensate davanti al nemico, di calmare l’eccessiva sospettosità dei tirolesi, pronti a fucilare subito presunte spie o traditori. Salvò la vita a un capitano del genio austriaco, che gli Schützen ritenevano responsabile di uno scontro finito in una sconfitta. Anna Ladurner moglie fedele 31 Ai primi di agosto 1809 il maresciallo Lefèbvre, duca di Danzica, mosse alla riconquista del Tirolo. Arrivò fino a Innsbruck, dove sulle alture lo attendevano i tirolesi. Prima di attaccare battaglia, imprigionò alcuni notabili, tra i quali anche la baronessa Therese, mettendola prima agli arresti domiciliari e trasferendola poi a Innsbruck. Qui la situazione si faceva sempre più critica per i franco-bavaresi, insidiati in modo crescente dalle alture; essi se la presero con i prigionieri, minacciando di fucilarli. Il 14 agosto, un giorno prima di abbandonare la città agli insorti, i notabili furono trasferiti a Monaco come ostaggi. Durante il viaggio, in territorio bavarese, un tale rivolse alla Sternbach queste insultanti minacce: “Ecco la baronessa che custodiva nella sua cantina i cadaveri di quaranta bavaresi uccisi. Se io fossi il re, le farei staccare i seni con tenaglie roventi e strappare i capelli uno per uno”. A Monaco la baronessa rimase in arresto fino al 15 settembre, ripetutamente minacciata di morte. Il giorno seguente Therese von Sternbach fu trasferita alla fortezza francese di Strasburgo come prigioniera di stato. In dicembre fu autorizzata, sulla parola, a muoversi all’interno della città. Il regolamento concedeva ai prigionieri di stato mezzo pane militare al giorno, tutto il resto doveva essere comperato. La contessa, accanita fumatrice di pipa dovette rinunciare. Il 14 febbraio 1810, messa in libertà, si mise in viaggio e giunse a casa il 5 marzo. L’Austria si dimostrò riconoscente nei suoi confronti, premiandola, il 12 febbraio 1821, con la medaglia d’oro al valore civile. Le sue disavventure furono pubblicate in un diario arricchito nel 1823 di divertenti illustrazioni. Negli anni seguenti Therese von Sternbach si dedicò all’amministrazione delle sue proprietà terriere cui apportò notevoli migliorie. Morì il 15 aprile 1829 a Mühlau. Anna Ladurner moglie di Andreas Hofer, rimase all’ombra del marito durante la sua attività politica e militare, ma stette al suo fianco durante il duro periodo di latitanza. Hofer in alcune lettere dimostra una fiducia piena in lei, cui scrive spesso, affidandole compiti importanti per la conduzione della casa e della rivolta. Nata il 27 luglio 1765, figlia di Peter Ladurner del maso Plonerhof a Lagundo, il 21 luglio 1789 sposò Andreas Hofer, oste e commerciante di San Leonardo in Passiria. La coppia ebbe sette figli, sei femmine e un maschio. Anna si dedicò al lavoro nel maso e nell’osteria; incarichi molto gravosi, soprattutto per le prolungate assenze di suo marito, come commerciante di bestiame prima e capo politico poi. 32 storiae 41 33 Quando nel dicembre 1809 Andreas Hofer dovette nascondersi, Anna lo raggiunse insieme col figlio Johann la vigilia di Natale. Erano uniti anche il 28 gennaio quando avvenne la cattura. Anna e Johann furono anch’essi arrestati e trascinati a valle, il ragazzo a piedi nudi sulla neve e il ghiaccio, ciò che gli procurò lesioni permanenti. Madre a figlio furono rilasciati a Bolzano il 30 gennaio. Ritornarono al Sandhof, che dovette essere venduto all’asta nell’aprile dello stesso anno. Su invito della casa d’Austria, Anna Hofer si trasferì in luglio a Vienna. L’imperatore Francesco I le fece assegnare duemila fiorini in banconote e ottocento fiorini in monete. In settembre Anna fece ritorno in Tirolo. Nel 1818 l’imperatore le assegnò una pensione annua di cinquecento fiorini. Negli anni seguenti condusse vita ritirata al Sandhof, divenuto proprietà imperiale e dato in affitto alla famiglia Hofer. Anna Ladurner Hofer per propria volontà non partecipò alle solenni esequie del marito nella cappella di corte a Innsbruck (21 febbraio 1823). Sopravvisse a tutte le sue figlie. Morì il 6 dicembre 1836. alla ribalta. Annette von Menz nacque il 30 gennaio 1796 a Bolzano, figlia unica di Anton Melchior von Menz e di Maria Anna von Gumer, rampolli delle più ricche famiglie bolzanine. Dopo la prematura morte del padre e della madre, Annette era la più ricca ereditiera di Bolzano: possedeva otto palazzi in città e nei dintorni, altre case, numerosi poderi e forti quote in ditte commerciali e banche private. L’immensa fortuna veniva amministrata dal tutore Anton von Grabmayr, il quale era affiancato, come prescriveva il codice napoleonico, da un consiglio di famiglia composto da sei personaggi della Bolzano-bene di allora: Dominik von Kager, Johann Graff Barone von Ehrenfeld, Anton e Johann von Zallinger, Anton e Josef von Gumer. La giovinetta fu affidata alla governante francese Therese Nizole. Il 15 settembre 1811 il principe Eugenio Beauharnais, viceré del Regno d’Italia, (al quale Bolzano era stata aggregata un anno e mezzo prima), scriveva da Milano di aver accolto l’orfanella sotto la propria protezione, e di volerla avvicinare alla corte mediante il matrimonio col suo aiutante di campo, colonnello Barone della Croix. La notizia scoppiò come una bomba: per legge, fino al compimento del ventunesimo anno Annette von Menz La storia di questa donna si discosta molto dalle vite finora descritte, sia per l’ambiente sociale, sia per il motivo che portò la giovane Annette 33. Johann Trautner, Andreas Hofer, Anna Ladurner sua moglie e il figlio Johann. Acquaforte colorata di Norimberga. 34. Annette von Menz, 1796-1869. In: Bozen zur Franzosenzeit 1797-1814, Katalog zur Ausstellung (Museumsverein Bozen), Bolzano 1984. 42 storiae 34 di età, spettava al consiglio di famiglia dare o negare il consenso al matrimonio o meno. La ragazza dichiarò al consiglio di famiglia di aver conosciuto il barone attraverso la governante, di amarlo e di volerlo sposare. Constatata la giovane età – quindici anni e mezzo – si decise di chiedere il responso a un collegio medico composto dai dottori Trentinaglia, Dalla Torre e Oettel: esso espresse il parere che il matrimonio sarebbe stato funesto per la giovane, a causa della sua debole costituzione fisica. Forti di questo “parere” i consiglieri declinarono la proposta del viceré. Non erano disinteressati: sapevano che per legge il patrimonio della ricca ereditiera, una volta sposata, sarebbe sfuggito al consiglio per passare a disposizione del marito. Chi avrebbe potuto impedire al marito francese di spostare l’immensa fortuna da Bolzano? Tutti i membri del consiglio erano debitori di cospicue somme nei confronti del patrimonio Menz: dislocare il capitale avrebbe significato la loro rovina in un periodo di grave crisi economica. Come fare? Si pensò di allontanare da casa Menz la governante. Essa si stabilì in una casa vicina dove abitava il comandante della piazza di Bolzano, maggiore Armorelli; di lì poté continuare i suoi contatti con la ragazza. Si raccolsero informazioni sul conto del barone de La Croix: contrariamente alle sue apparenze giovanili (merito della quotidiana fatica del suo barbiere), aveva superato la quarantina, era vedovo e manteneva a Milano un’amante di nome Cantù. Un informatore milanese lo descrisse per giunta superficiale e irascibile. Tutte queste “notizie” furono subito comunicate ad Annette. Le dicerie, l’avversione dell’opinione pubblica e la dura opposizione del consiglio di famiglia indussero la governante Nizole e il colonnello de La Croix ad abbandonare la città verso la fine d’ottobre. La Croix morirà nel novembre 1812 durante il disastroso passaggio della Beresina in Russia; di madame Nizole si perse ogni traccia. Ma per i membri del consiglio di famiglia i guai non erano ancora finiti. Il viceré intervenne personalmente, non appena venne a sapere che lettere anonime infamavano il nome del suo aiutante di campo. Con un decreto dell’8 novembre 1811 impose l’immediato arresto dell’avvocato di fiducia dei consiglieri, Franz von Plattner, e un processo contro i membri del consiglio di famiglia. La causa fu discussa il 9 marzo 1812: gli imputati furono assolti dall’accusa di calunnia e diffamazione nei confronti del colonnello de La Croix, in considerazione del fatto che delle lettere non si riuscì a trovare traccia. Annette von Menz, , “la sposa francese” mancata, ignaro oggetto di tutte queste manovre, sposò il 6 maggio 1816 il nobile roveretano Carlo de’ Panzoldi di Monte Olivo. Rimasta vedova dopo pochi mesi, il 13 aprile 1819 si unì in seconde nozze con il conte Johann Ludwig von Sarnthein (1792-1867), dal quale ebbe sette figlie. Morì a Soprabolzano il primo luglio 1869. La storia della vedova del colonnello Ditfurth - Crudeltà e umanità dei tirolesi Il giorno del ritorno delle nostre truppe a Innsbruck [luglio del 1809 n.d.T.] sotto il comando di Wrede e Deroy, mi trovavo dietro Hötting, all’altezza degli avamposti. D’improvviso nel crepuscolo da un boschetto vennero fuori tre figure scure e correvano verso la nostra postazione. Presto potei distinguere che una di queste figure era un uomo che teneva appeso alla spalla il suo schioppo; una donna e un bambino sembravano accompagnarlo. I segnali che l’uomo dava, facevano capire che non era un intento ostile che lo portava alla nostra postazione; feci alcuni passi incontro ai nuovi venuti e fui non poco sorpreso di sentire le parole che uscivano dalla bocca della donne vestita con il più misero abito contadino, che essa pronunciava con un viso pallido e stravolto dall’angoscia: “ Signor sottotenente, Lei non mi riconosce più; sono l’infelice moglie del colonnello Ditfurth, questo è mio figlio, ed entrambi dobbiamo la vita a quest’uomo coraggioso”. La mia sorpresa è indescrivibile; credetti di vedere davanti a me una rediviva. Ascoltai dalle sue labbra la descrizione delle sue sofferenze. Quando il lontano 11 aprile 1809 nelle valli del Tirolo risuonarono le campane e la rivolta divampò in aperto incendio, e la passione non più tenuta a freno diede inizio alla battaglia sanguinosa e accompagnata da orrori di ogni sorta, i tirolesi, accorrendo da ogni parte, assalirono i bavaresi respingendoli verso la città e all’alba del giorno seguente Innsbruck era caduta nelle mani degli insorti. I coraggiosi bavaresi combatterono all’inizio con successo, ma poi per mancanza di munizioni furono sopraffatti dalle superiori forze dei tirolesi, che sotto il tuonare dei pezzi d’artiglieria, e del suono squillante delle campane a stormo e le selvagge grida di battaglia avanzavano continuamente. Durante queste scene di orrore, in una stanza, sprofondata in gravi preoccupazioni, sedeva la moglie del colonnello Ditfurth. Il ferreo dovere aveva chiamato il colonnello a capo del suo reggimento; il rumore della battaglia si avvicinava sempre di più all’abitazione della povera donna. Un clamore selvaggio e furioso la spaventò tanto da farla rientrare in sé; vuole fuggire dalla stanza con il suo bambino per mettersi al sicuro in un nascondiglio dall’assalto della folla; e qui le si para innanzi un uomo anziano e armato, le annuncia la morte del marito e le chiede di seguirlo, perché altrimenti lei sarebbe irrimediabilmente perduta. Le parole dell’uomo colpirono al cuore la moglie innamorata; nel suo dolore vorrebbe andare incontro alla morte per mano del nestoriae 43 35 mico, che aveva distrutto la felicità della sua vita trucidandole il marito – ma il piccolo e tenero bimbo si strinse ansiosamente a lei; il suo sguardo la strappò dal suo dolore e tremando ella seguì l’uomo, il cui contegno aveva risvegliato la sua fiducia. Ma già la fuga non è più possibile, i ribelli furiosi invadono la casa, tutto sembra perduto, non vi è più una via d’uscita; madre e bimbo appaiono già vittime di una tremenda vendetta. Qui l’uomo scorge la porta di un camino, l’apre, nasconde nel camino i suoi due protetti e si affretta incontro agli assalitori furenti apostrofandoli con le parole: “Seguitemi, seguitemi! Li ho visti fuggire di là!”. Così egli si precipita con i suoi compaesani di porta in porta, di stanza in stanza. I saccheggiatori prendono ogni cosa di valore, le suppellettili vennero distrutte imprecando, la casa frugata da cima a fondo, ma nessuno scopre il ricovero. Quando scese la notte, il tirolese arrivò e portò abiti da contadino. “È tempo di fuggire”, disse, “Seguimi, perché qui tu e il tuo bambino sareste vittime dei furiosi che incolpano tuo marito di aver dato la morte a diversi prigionieri tirolesi; come una pallottola ha dato a lui la morte, essi vorranno uccidere anche te e tuo figlio”. La donna spaventata seguì quasi senza volontà l’uomo, che la condusse in una piccola casa ai margini del sobborgo di Hötting. Qui rimase nascosta alcuni giorni, poi il tirolese condusse i suoi protetti, che qui erano messi in pericolo da una permanenza più lunga, in una caverna, in alto, sopra una gola sui monti. Aveva già portato là paglia e legna, e appena gli era possibile egli portava loro del cibo. Il poveretti rimasero in questo nascondiglio fino al momento sopra ricordato, quando il tirolese li condusse alla nostra postazione. Una permanenza terribile, un periodo di timori e pena, perché era facile che il loro protettore perdesse la vita in uno scontro o potesse perire in altro modo, e allora madre e figlio sarebbero stati vittime della fame. Ma la provvidenza li protesse ed entrambi si salvarono. Il buon Max [il re di Baviera Massimiliano Giuseppe n,d.T.], se sono stato informato esattamente, dotò il nobile tirolese, che aveva agito con la più pura e nobile intenzione e che seguì coloro che aveva salvato in Baviera, di un vitalizio. Da: BRONZETTI C. J., Erinnerung an Griechenland, aus den Jahren 1832-1835; mit einem Stahlstiche, Würzburg (Stahel’sche Buchhandlung) 1842 - Ricordo della Grecia negli anni 1832-1835; con una siderografia, Würzburg 1842. Traduzione di Alessandra Zendron e Christoph H. von Hartungen 44 storiae CRONACA DI SABIONA 1797-1814 Il sacerdote di Chiusa e studioso di storia locale Anselm Pernthaler trascrisse nel 1905 la cronaca delle monache benedettine di clausura del convento di Sabiona*. Questo aveva molte pertinenze, soprattutto masi, e possedeva molti preziosi oggetti di culto. La cronaca offre un’interessante immagine della vita del convento, delle sue relazioni con l’esterno, e degli avvenimenti nella valle sottostante che dallo sperone roccioso sopra la località di Chiusa potevano essere viste. Le suore inoltre cercarono di stabilire rapporti il più possibile cordiali con i “diavoli francesi”, per salvaguardare le proprie vite e proprietà. Ciononostante parteciparono alla guerra, dando ricovero ai militari austriaci, ma fecero resistenza, anche con il sostegno dei contadini infuriati quando l’esercito asburgico volle usare l’ottima posizione del convento come una fortezza - e mandando uomini equipaggiati all’esercito di Andreas Hofer. Questi non è mai nominato nella cronaca (almeno nella parte finora trascritta). Furono però contente ogni qualvolta ci fu pace, anche se – come in seguito al trattato di Luneville – ciò fu in seguito a una sconfitta dell’Austria. Ecco alcuni brevi brani, tratti da diversi periodi, ma sempre nel tempo delle invasioni napoleoniche. 1797 “Il giorno dopo– il 3 aprile – prestissimo si sentono rumori a Pardell. Fortissimi colpi spaventarono tutti i dintorni. I francesi risalirono numerosi oltre Sabiona e verso Torggl, sparando continuamente verso l’alto e infine dopo che un contadino era stato ucciso sopra il Nußbaum arrivarono a Pardell. Là però quando volevano già appiccare un incendio, non riuscirono. I contadini non si ritirarono e cacciarono i nemici con pietre e pallottole giù per la strada del ritorno dal Torggl. Bino alla 10 si sparò intensamente da entrambe le parti e ora i nemico devono correre fino a Sabiona. L’intero episodio per noi fu terribile. Vivevamo in ambasce per i poveri vicini, per i nostri preziosi, argenti della chiesa e l’archivio…” 1799 “Ma là in Venosta i nemici lasciarono tristi segni della loro crudeltà, non solo perché tutte le località che raggiunsero vennero saccheggiate, ma perché incendiarono Glorenza, Malles e Sluderno. Questi avvenimenti causarono un continuo armarsi dei tirolesi. Tutte le giudicature dovettero tenere pronte alla marcia le loro compagnie o partire. Riguardò quindi anche noi che dovemmo in parte o in tutti preparare un uomo per ogni maso e equipaggiarlo con cibarie, denaro, capi di abbigliamento”. 1801 “Dopo un’infelicissima campagna (degli austriaci contro i francesi) splendette inatteso il sole della pace. (…) Le costose sistemazioni degli Schützen, i fastidiosi acquartieramenti, le spese onerose per gli attacchi dei cavalli, e il rifornimento di barili, bagagli e avena grazie a Dio si interruppero e sia ringraziato Iddio che la pace fra poco verrà annunciata a gran voce ovunque!” 1809 “Subito dopo che cademmo sotto il governo bavarese, nel 1808, fummo disperse, dopo essere state saccheggiate. Vivevamo come pecore senza pastore, alcune di qua e altre di là, finché nel 1809 con il buon ordine del nostro vescovo siamo state finalmente richiamate qui”. (Traduzione Alessandra Zendron) Note * Attualmente è in corso la trascrizione delle cronache del monastero di Sabiona ad opera di Ingrid Facchinelli 1 “Nell’ambito del diritto di famiglia, per effetto del nuovo Codice Napoleonico, la donna perse gran parte dei diritti conquistati nel periodo rivoluzionario. Venne mantenuta solo l’uguaglianza fra figlio e figlia nel diritto ereditario. Il matrimonio continuò a rimanere un contratto civile, venne però sottolineato il suo valore “sacro”, definizione che nel 1816 consentì di far abolire la possibilità di divorzio, che in un primo tempo era stata mantenuta. Il Codice Napoleonico sanciva dunque la condizione di inferiorità della donna. Spettava al marito stabilire il comune luogo di residenza e la donna assumeva la nazionalità del marito. La moglie era soggetta all’autorizzazione maritale e non poteva “donare, alienare, ipotecare, acquistare, a titolo gratuito od oneroso” beni senza il permesso del marito o il suo consenso scritto, così come non poteva intentare cause o prendere decisioni che avessero validità legale. 36 35. Ludwig Braun, La morte del colonnello bavarese von Ditfurth il 12 aprile 1809 a Innsbruck. 36. Codice Napoleonico. Entrò in vigore nel Dipartimento dell’Alto Adige a partire dal primo luglio 1810. storiae 45 Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, di regola vigeva fra coniugi la comunione dei beni, la cui amministrazione spettava al marito; le eccezioni alla comunione dei beni erano previste dalla legge, ma non cambiava la sostanza del principio del controllo da parte del marito. Anche per quanto riguarda il regime dotale spettava al solo marito l’amministrazione dei beni dotali durante il matrimonio. Sulla base di una tradizione internazionalmente condivisa, era prevista una deroga all’autorizzazione maritale per le commercianti sposate in modo da non ostacolare l’economia; comunque il diritto civile di stipulare contratti valeva per le commercianti solo nell’ambito degli affari e non per le transazioni familiari. Anche nelle norme che regolavano il divorzio si trova codificata l’inferiorità della donna attraverso un diverso trattamento fra moglie e marito. L’infedeltà della moglie veniva punita severamente, mentre molto più lievi erano le pene per i mariti e solo nel caso in cui l’adulterio fosse stato commesso sotto il tetto coniugale. Con il Codice Napoleonico fu inoltre definitivamente proibita la recherche de la paternité (la ricerca di paternità) e di conseguenza fu annullato l’obbligo da parte del padre di provvedere al mantenimento di un figlio illegittimo”. “Il Codice austriaco, pur non prevedendo la parità tra moglie e marito, riconosceva alle donne sicuramente maggiori diritti rispetto al Codice Napoleonico. Non imponeva ad esempio l’autorizzazione maritale, la moglie poteva liberamente disporre del suo patrimonio, stare in giudizio e redigere contratti senza dover richiedere il permesso al marito come dimostra il seguente art. 1237 “Se i coniugi non hanno fatto a riguardo dell’impiego dei loro beni una speciale 37 46 storiae convenzione ciascuno conserva il precedente suo diritto di proprietà, e non ha verun diritto a ciò che l’altro coniuge acquista e in qualsivoglia modo gli perviene durante il matrimonio”. Il divorzio previsto per gli acattolici non prevedeva discriminazioni fra coniugi in caso di adulterio.” (Mostra sulla parità, realizzata dal Comitato Pari Opportunità Provincia di Bolzano, Merano, 2008): Il Codice Civile austriaco che entrò in vigore nel 1811 fu opera soprattutto dell’illuminista Carlo Antonio Martini, nato a Revò in Val di Non, docente di diritto naturale, consigliere dell’imperatrice Maria Teresa. Il codice è più snello di quello napoleonico, diviso in libri e paragrafi e non in articoli. Mentre il codice napoleonico considerava il matrimonio come un contratto, nel codice austriaco rimase un sacramento e quindi irrevocabile e indissolubile. 2 La trascrizione della cronaca del periodo della sollevazione e dei precedenti, si trova nel testo di Anselm Pernthaler, Kloster Säben zur Kriegszeit 1796-1814, Innsbruck, Druck der Wagner’schen Universitäts-Buchdruckerei, 1905. 37. Martens, Schedler, Il monastero di Sabiona, 1840. Incisione, Museo Civico Bolzano.