CIVILTÁ DELLO STRETTO Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara QUADERNI BAGNARESI Anno II – nr. 7 (Aprile 2013) TITO PUNTILLO FIGURE MEMORABILI DI BAGNARA Il cav. don Vincenzo Ciccone, pittore/decoratore e “rimator cortese” Note, ricerche e appunti UNO SPACCATO SULLA BAGNARA DI FINE-SIÉCLE E DURANTE IL TRIONFO DELL’ART NOUVEAU IL LIBERTY A BAGNARA Palazzo De Leo sulla via Garibaldi (particolare dell’«abbaino») ARCHIVIO STORICO FOTOGRAFICO BAGNARESE EDIZIONI BAGNARA CALABRA Aprile 2013 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 1 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara LA FORZA DALL'AMORE LA FEDELTA' PER SEMPRE T.P. Alla cara memoria di Splendido ragazzo felice! Noi ti ricorderemo per come riuscivi a infondere allegria e gioia di vivere a noi tutti, fra involtili di spatola, gelato al caffè, goduriose passeggiate lungo la via Marina e le lunghe ore sulla spiaggia, di fronte allo spettacolo dello Stretto che tanto ti ammaliava! Giandomenico! Ti ricorderemo sempre così e quel ricordo, accompagnerà il sorriso che in noi sorgerà spontaneo. Tito Puntillo Torino, Aprile 2013 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 2 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara QUADERNI BAGNARESI Redazione: Tito Puntillo, Piazza Rivoli, 7- 10139 Torino [email protected] – 338.75.87.681 Periodico dell’Archivio Storico Fotografico Bagnarese destinato ai Soci. Vi è l’obbligo di citare la fonte, nel caso di utilizzo del materiale documentario. Gli eventuali contributi si possono inviare per file a uno dei due indirizzi indicati. ---ARCHIVIO STORICO FOTOGRAFICO BAGNARESE Sito internet: Bagnaracalabra.biz Corrispondenza: [email protected] Direttore: Gianni Saffioti A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 3 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Proprietà letteraria riservata. Non copiare testi e figure senza l’autorizzazione dell’Autore. I rimandi bibliografici fanno riferimento esclusivamente a testi e documenti presenti nella mia biblioteca o che ho avuto modo di consultare in strutture pubbliche e presso privati. Gli inserti riferiti alla Pubblicità durante il periodo dell’Art Nouveau, fanno parte di una documentazione in parte rinvenibile nel raro volume CLELIA COSTA (a cura di), La pubblicità per bene, Ruggero Aprile ed., Torino 1969 e in parte proveniente da stampe conservate in Archivio Privato, Torino. E’ vietata la riproduzione del materiale. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 4 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Benevolo Lettore! Quando vagabondo per il mondo (e che le stelle ti siano propizie!) troverai un paese nella terra del Sud, dove si nasce e si muore insieme, fermati! Un paesino del Sud t’insegnerà che nella vita quel che conta veramente è amare. (L. CALOGIURI, E Dio disse: sia fatto il Sud, Editrice Salentina, Galatina 1975, pag. 315) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 5 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 6 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Il cav. Don Vincenzo Ciccone, nel 1900, pittore e “rimator cortese”. 1.- Note sulla figura di don Vincenzo Ciccone D urante la mia giovinezza, ho sempre avuto la cura di annotare frasi, proverbi e ricordi che sentivo dalle persone anziane del mio Paese. Questa abitudine mi ha permesso di accumulare una buona documentazione. Adesso essa è per me supporto integrativo alle ricerche storiche, perché consente di meglio comprendere mentalità e comportamenti della gente durante le fasi storiche esaminate. Ho ritrovato fra le mie carte, alcune note riguardanti un personaggio che a Bagnara per lunga pezza fece epoca. Don Vincenzo Ciccone (col fratello Francesco) era discendente di un’antica famiglia di decoratori, restauratori, pittori e pasticcieri. Tutti mastri valentissimi nella rispettiva attività e tutti attratti dal mondo dell’arte, nelle sue sfumature e sfaccettature. In particolare ne fu attratto don Vincenzo, che esercitava il mestiere di pittore e decoratore artistico, molto ricercato in Provincia per la sua maestria. Aveva infatti l’accortezza di tenersi sempre aggiornato sulle tendenze della moda: il prevalere delle tonalità di colore, lo stile del tratto e della prospettiva, la soggettistica riprodotta nelle opere, le avanguardie artistiche emergenti nella Milano e nella Venezia ove si svolgeva la versione più vibrante della Belle Époque di inizio secolo. Visitò quelle altre Città del Settentrione, oltre a Roma e Palermo, delle quali era un habitué. Alla fine rimase affascinato dalla vita del bel mondo borghese e aristocratico, che riempiva i teatri in occasione di grandi spettacoli di operetta e di lirica, frequentò i balli offerti in splendide dimore, gli ippodromi in occasione dei Gran Premi, durante le sfilate militari alla presenza di S.M. il Re, e via dicendo. Don Vincenzo, pur non avendo i mezzi per competere coll’agiatezza del bel mondo, riusciva sempre a farsi invitare e ebbe così modo di assaporare le manifestazioni alle quali partecipava, ne catalogava i rituali, s’informava di qualche pietanza o bevanda dal sapore di novità, studiava i balli, il rituale dei convenevoli, le frasi di circostanza e soprattutto, si documentava attentamente sul galateo e le sue ultime innovazioni e ammodernamenti. C osì alle competenze artistiche, davvero notevoli, Belle Époque: Donna Franca Florio e il Kaiser don Vincenzo aggiunse un savoir faire raffinato ed Guglielmo II°, in visita a Palermo, ritratti al parco della villa Florio all’Olivuzza. A destra s’intravvede elegante, formato da un linguaggio evoluto, con la figura dell’Imperatrice Augusta Vittoria. frequenti immissioni di ottimo francese e inglese-britannico, e da mise di gran classe: il cappello invernale a bombetta e un candido panama “Le Planteur” per l’estate, indossati su capelli sempre a posto a mezzo di brillantina profumata e con la scrima centrale dritta. La giacca tre-quarti di ottima lana sempre scura, il gilet di panno chiaro, la camicia di seta con papillon di raso dai colori vivi, un paio di guanti di leggerissimo cotone chiaro per le sere d’estate (da portare non indossati, ma à la main) e di morbida pelle capretto per l’inverno, il cappotto col colletto ornato di vaporosa e morbida pelliccia. Sopra le scarpe modello inglese, di luccicante vernice, indossava un paio di ghette con bottoni, una rarità per Bagnara dove, pure, diversi erano i membri del bel mondo borghese avvicinati al buon gusto e alla raffinatezza. Infine la chicca: d’estate don Vincenzo amava indossare per il mattino e il primo pomeriggio, una mise composta da abito di lino bianco, perfettamente pendant col cappello di panama, mentre per la sera, A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 7 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara indossava un freschissimo abito di cotone, prevalentemente di color marrone chiaro. Abiti di sartoria appositamente confezionati e opportuni per celare in qualche modo un fisico poco snello e che presto si sarebbe votato al pesantuccio «si anziché no», com’egli stesso amava far notare. Ovviamente don Vincenzo faceva parte del ristretto gruppo di cavalieri che accompagnavano le dame più in vista di Bagnara, durante i loro giri pasquali e natalizi, organizzati per offrire doni e denaro alle tante famiglie indigenti, e non mancava agli spettacoli, peraltro di ottima qualità artistica, che si tenevano a teatro, situato in fondo a quella che oggi è la via SS. Pietro e Paolo.1 Quando usciva a passeggio, ben curato nell’aspetto, i capelli, come cennato, con la scrima centrale, i larghi baffi ben pettinati, un mezzo toscano fra le labbra e lo sguardo compiaciuto, don Vincenzo faceva riferimento a un bastone di radica levigata e verniciata, con manico d’argento che terminava con la stilizzazione della testa di un’aquila, intarsiata in modo egregio. Il suo incedere sul marciapiede era solenne: il bastone appoggiava sul selciato, quindi faceva una mezza volée e riappoggiava sul selciato, e così in ripetizione, alternata una tantum da una giravolta completa a 360°. Ma capitava anche che il bastone dal selciato, fosse portato al livello della spalla, ove stazionava per qualche passo, proprio come un fucile portato spallarm. Certo don Vincenzo non somigliava a un altro frequentatore del corso di Bagnara dell’epoca, un frequentatore che faceva ormai parte del paesaggio, come lo fu Cicculanu in tempi più recenti. Avevo annotato il soprannome: Carminengs. Bella Époque: la "Bella Otero" Carminengs lo si trovava sul corso a qualsiasi ora del giorno: pantaloni lisi, fermati alla vita da una “cintura” di spago ed entro i quali affondava una maglia girocollo dal colore oramai indistinguibile. Indossava delle vecchie ciabatte di legno e viveva aiutando in varie circostanze: scarico merci, commissioni volanti, pulizie di scale e androni e quant’altro gli consentisse di racimolare mance e materiale commestibile. A Bagnara era comunque molto famoso per una circostanza che lasciava stupefatti chi aveva modo di assistervi quando gli venivano offerti i fichi d’india: li afferrava e li mangiava in due bocconi, con tutta la buccia! 2.- Il lavoro a Bagnara D ue Bagnara assolutamente differenti che convivevano un’unica realtà. Un contrasto sociale netto, deciso, ma a quell’epoca, casi estremi come questo, o quello che costituiva ancora all’epoca il penoso ricordo di Bruno Scataleo, eroe garibaldino dimenticato dai Bagnaroti e morto indigente e solitario,2 rientravano in una sorta di routine cadenzata dal lavoro. Si può affermare che a Bagnara il lavoro era comunque garantito per tutti. Certo si trattava di lavori durissimi, faticosi e poco remunerati. E si lavorava ovunque: i coffari nei bassi delle loro abitazioni, i scupettari sul marciapiede, gli arrotini in giro per il Paese con il loro carrettino, e poi c’erano i quadrarari (in genere tre): uno passava per le case a ritirare pentole e casseruole, un altro alimentava il fuoco della forgia ambulante e il terzo stagnava. Su ordinazione, fabbricavano in tempo reale ciocculatere, imbuti, palette, ecc., adoperando fogli di latta bianca. 1 Il primo teatro di Bagnara fu inaugurato proprio sul sito ove oggi sorge la Chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Su Bruno Scataleo v. il mio articolo in Archivio Storico Fotografico Bagnarese, ne ho riprodotto i passi più significativi qui, in Appendice. 2 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 8 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara C’era il cucullaru che passava stagionalmente fra le case di nutricato3 ancora esistenti, per comprare bachi da seta e c’erano gli artieri: custureri, cardaturi, scarpari, mastri jll’acqua, barberi, forgiari, falegnami, mannisi, rasolari, pescatori e marinari, contadini, circari, pastori, macellai, carbonai, oltre a fabbriche di candele, una cartiera, molini e pastifici, fabbriche di sapone, opifici, magazzini commerciali di farina, olio e vino, segherie, cantieri navali (molto apprezzati), una cava di pietrisco, drogherie e negozi di attrezzistica, e altro ancora! Il lavoro era il fondamento della Città anche se si recitava in un proverbio dell’epoca: U custureri ‘nfila pirocchi U forgiaru mina a mazza e manticìa Ma sempri stringi à currija U scarparu ticchi ticchi Sempri povari e mai ricchi E così si perpetuava l’ossequianza verso i padroni, ossequianza peraltro sopportata a stento dalle Bagnarote4: Quandu trasi ‘ntà casa ru patruni Ncumincia a vasari u culu ru porteri 3.- Mario Cesareo e Antonino Arena Non succedeva frequentemente che i due mondi si scontrassero. A Bagnara era fortissimo l’associazionismo operaio, talvolta con riflessi in quello religioso congregazionale. Vi erano esponenti come i maestri Cesario e Fiumanò, che riuscivano a infervorare gli animi, talvolta sfocianti in rivendicazioni anche di forte portata, indirizzate ai potenti e ai detentori di capitale. Nel 1907 avvenne ad esempio uno scontro verbale e scritto estremamente polemico fra Cesario e Arena in ordine al ruolo dei cattolici nelle rivendicazioni operaistiche verso un socialismo nazionale forte, unitario, in grado di governare una Nazione in deciso sviluppo. Cesario, riprendendo la grande polemica nazionale sulla questione, additava i cattolici come nemici della Patria. Non lo fece in calce a una circolare avente per oggetto la raccolta di fondi per organizzare una commemorazione in occasione del 46° anniversario della “entrata gloriosa” di Garibaldi in Bagnara. Ma a questa circolare di raccolta fondi, alla quale raccolta aveva aderito volentieri anche Arena, Cesario fece seguire un manifesto, di colore verde, che, testualmente, così informava: Cittadini! col più dolce dei sorrisi; a cui i ricordi e le speranze dànno fascino, i patriotti bagnaresi salutavano all’alba del 21 agosto 1860, Giuseppe Garibaldi, colui che tra i primi sognò e primo realizzò quel santo ideale che aveva ardentemente animato le genti d’Italia sull’epica lotta contro la tirannide. Cittadini! 3 Le case di nutricato erano abitazioni in parte arredate con ampi cestoni alle pareti ove si sistemavano le foglie di gelso sulle quali si adagiavano i bachi da seta, che se ne nutrivano. 4 Cfr.: TITO PUNTILLO, La Bagnarota, Archivio Storico Fotografico Bagnarese, Bagnara C. 2010. Ho riprodotto qui in Appendice il brano. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 9 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara nel 46° anniversario della data gloriosa ispiriamoci all’Eroe della patria e con l’animo temprato alle sue virtù continuiamo l’opera civile e patriottica da lui nobilmente iniziata. Per la dignità del nome italiano, spezziamo il falso patriottismo che, velando l’ardente sete del potere, trionfa ingiustamente sulla lealtà e sul merito, e cerchiamo di formare quella retta coscienza politica collettiva, la quale come un giorno diede all’Italia l’Unità, dimani quando saremo tutti uniti nel combattere l’analfabetismo, l’azione clericale, l’educazione clerico-antipatriottica, l’astuta ipocrisia in veste nera, il misoneistico e reazionario capitalismo, la politica sterile e sleale, darà alla terza Italia la vera libertà, la vera indipendenza. L’odierno, civile trionfo della Francia c’insegni che solo da tale lotta tenace può derivare l’ascensione morale e intellettuale, il miglioramento economico delle classi lavoratrici e la formazione della coscienza nazionale, che sono la garanzia dell’Italia forte e civile, quale fu pensata dai Grandi Italiani. Cittadini! Sicuri d’interpretare il vostro sentimento patriottico v’invitiamo oggi alle ore 17 a muovere in corteo dalla piazza del Popolo verso la lapide dell’Eroe. Il Comitato5 Apriti cielo! Arena si recò immediatamente presso la sede del Comitato Garibaldino, pretese di essere cancellato dagli aderenti alla manifestazione e di destinare le due lire versate in beneficenza. Passarono i giorni, durante i quali a Bagnara furono frequenti i disordini fra manipoli di studenti socialisti che manifestavano contro il clericalismo diffuso e asfissiante, e le forze di polizia, a protezione dei giovani cattolici, anche loro in corteo. Manifestazioni che sfociarono poi presto in contestazioni durissime contro il “potere municipale” in mano agli agrari, il ceto dirigente che appoggiava, anzi utilizzava, il clericalismo conservatore. Dopo circa una quindicina di giorni, giunse ad Arena l’opuscoletto redatto dal Cesario e intitolato “Nemici della Patria”.6 Altro non era che il sunto delle rivendicazioni proletarie da una parte, e le accuse al clericalismo conservatore dall’altra, convergenti alla fine nell’attacco al governo locale e centrale, in mano a politici illiberali e corrotti. Il titolo dell’opuscolo di Cesario peraltro, riprendeva provocatoriamente il titolo di un opuscolo di Arena del 1901, intitolato “Nemici Giovanni Boldini: Donna Franca Florio nel 1924 della Patria?”, resoconto stenografico di una (collezione di Villa Igea a Palermo) conferenza che Arena tenne al Circolo San Paolo di Reggio il 30 marzo 1901, di fronte al Cardinale Portanova e il proto Papa di Reggio mons. Cortese, oltre a un folto e attento pubblico.7 Una conferenza mirata a focalizzare il ruolo dei cattolici giocato nel corso delle guerre d’indipendenza e la formazione dell’Unità. 5 Manifesto del Comitato Garibaldino di Bagnara del 24 Agosto, 1907, Torino, Archivio Privato. Ebbi modo di consultare l’opuscolo nella collezione privata del gen. Iracà, a casa sua. Oggi l’opuscolo risulta introvabile nel giro dell’antiquariato librario, ma anche a Bagnara non se ne ha traccia. 7 ANTONINO ARENA, Nemici della Patria?, tip. F. Morello, Reggio C. 1901. 6 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 10 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Arena non perse tempo e nello stesso 1907 diede alle stampe un robusto opuscolo, dedicato a Mario Cesario e al Comitato Garibaldino Bagnarese. Vi tracciò energicamente la difesa del Cattolicesimo Sociale e l’onorabilità della sua persona.8 A infiammare gli animi, aveva in precedenza contribuito un’iniziativa dell’avvocato Francesco Spoleti, possidente, letterato ed esponente della buona borghesia bagnarese e anch’egli seguace del bon ton come don Vincenzo. Il 25 gennaio 1902 tenne una conferenza nel Teatro Comunale di Bagnara dal titolo provocatorio: “Pro-Divorzio”.9 Il testo di questa conferenza fu riproposto a stampa nel 1904, suscitando a Bagnara scalpore e proteste da parte cattolica e entusiastica adesione da parte della sinistra. Si tratta, nella sostanza, di una insistente difesa del ruolo della donna nella Società Moderna e della legittimità del sentimento, da equipararsi al rispetto delle leggi. Il dovere dell’unione matrimoniale è essenziale fino a che dura l’amore coniugale, spingendosi un poco oltre se i figli abbiano ancora bisogno della vicinanza dei genitori. Ma è indubbio che, cessato il sentimento che unisce due animi, gli attori debbano avere il diritto di restituirsi alla singolarità e cercare, eventualmente, altre convergenze. Poiché questa scelta deve esser legittima, ancor più legittimo e saldo ne risulterà l’unione coniugale. Ecco perché, secondo Spoleti, è opportuno, anzi indispensabile, separare il rito civile del Matrimonio, da quello religioso. Il primo è la legge matrimoniale; il secondo è la sacralità ricercata dal credente che vuole integrarsi nella tradizione religiosa. Il “partito” del matrimonio religioso, nella sostanza la Chiesa, non può e non deve ostacolare una legge civile giusta e necessaria, limitandosi a condannare il gesto nella sua sfera religiosa. Impedire una legge civile per motivi religiosi, è un atto grave di arretratezza sociale, di irresponsabile intolleranza verso le istituzioni dello Stato e dei suoi Cittadini. Parole durissime che fermentarono gli animi e accecarono di rancore i cattolici di Bagnara. Ancora nel 1908 si poterono avvertire gli strascichi della oramai complessa contrapposizione ideologica fra cattolici e socialisti a Bagnara. 8 ANTONINO ARENA, In mia difesa e dei miei principj, Tip. F. Morello, Reggio C. 1907. Un resoconto completo dell’accaduto è in: TITO PUNTILLO, Antonino Arena e il movimento cattolico bagnarese nel 1907, Calabria Letteraria, a. XXXIII, nn. 7-8-9 (Lu.-Set. 1985) da pg. 133. Fondatore dell’Azione Cattolica Bagnarese e Cittadino Onorario di Bagnara, Arena fu intollerante non solo verso l’opposizione di sinistra, ma anche verso quella di destra, che teneva il Clero di Bagnara in una sorta di gogna impedendogli di esercitare l’azione pastorale che altrove già viveva una propria maturità, nell’ampio dibattito, ricco di contenuti moderni, che andranno dalle posizioni radicali di Toniolo, alle teorie associative popolari di don Sturzo. La medesima tempra caratterizzò Mario Cesario, leader del Movimento Operaio e Contadino di Bagnara, movimento che andava costituendosi sulla scia del primo Socialismo e cogliendo l’eredità dell’ottocentesca Società Operaia di Mutuo Soccorso. L’idea mirava a formare un’organizzazione popolare in grado di rompere la cerchia di potere in mano a pochi magnati e rilasciare un sistema economico ove il libero lavoro individuale potesse affermarsi nell’ambito di una società più giusta e moderna. 9 FRANCESCO SPOLETI, Pro=Divorzio. Conferenza tenuta a Bagnara nel Teatro Comunale la sera del 25 gennaio 1902, tip. G. Lopresti, Palmi 1904. La conferenza, nella sostanza, si rifaceva al grande dibattito in corso in Italia sul ruolo degli Italiani nella qualità di “praticanti cattolici” e di cittadini osservanti delle leggi dello Stato. In particolare Spoleti richiama (o quantomeno era a conoscenza) le tesi di Carlo Salotti che indica nella vittoria della Chiesa la lotta intrapresa con lo Stato in Francia secondo il concetto che Cristo vince sul mondo e però dimenticando l’antica rivendicazione «gallicana» della Chiesa di Francia, vicina più allo Stato francese che alla Chiesa romana (cfr.: CARLO SALOTTI, La Francia e la Chiesa sul terreno della libertà, conferenza tenuta in Roma il 30 settembre 1906 nell’aula della Primaria Associazione Cattolica Artistico-Operaia, tip. pontificia dell’Istituto Pio IX, Roma 1907. Don Luigi Sturzo intervenne in tal senso il 29 dicembre 1905, al Circolo di Lettura di Caltagirone, nella quale rivendicò un contenuto democratico del programma dei cattolici nella formazione di un partito nazionale, evitando la “pregiudiziale politica” che in Francia aveva rovinato l’avvenire dei cattolici. I cattolici italiani resteranno diversi dai liberali e dai socialisti, liberi nelle mosse, …, con un programma consono, iniziale, concreto e basato sopra elementi di vita democratica … Non la monarchia, non il conservatorismo, non il socialismo riformista ci potranno attirare nella loro orbita: noi saremo sempre, e necessariamente, democratici e cattolici. Venivano così a intravvedersi le basi della Democrazia Cristiana, così come la concepì all’origine don Luigi Sturzo (cfr.: LUIGI STURZO, I problemi della vita nazionale dei cattolici italiani, Cultura Sociale, dicembre 1905 – febbraio 1906, Roma 1906, ristampato successivamente dalla Società Nazionale di Cultura, Roma 1906. Si veda anche: P. BIEDERLACK, La questione sociale; II edizione italiana accresciuta e migliorata sulla V edizione tedesca, con l’aggiunta di un capitolo sul femminismo, Roma 1907; ROMOLO MURRI, Battaglie d’oggi. Il programma politico della Democrazia Cristiana, Roma 1906; ROMOLO MURRI, Democrazia cristiana italiana (19011904), Roma 1905; ROMOLO MURRI, Un papa, un secolo ed il cattolicesimo sociale, Roma 1907). A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 11 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 4.- La manifestazione operaia del 1° maggio 1908 Per il Primo Maggio 1908, la Società Operaia di Bagnara aveva organizzata un’imponente manifestazione che prevedeva la partecipazione di tutti i rappresentanti delle Società Operaie e delle Cooperative Operaie della Provincia reggina. I treni si susseguirono fin dall’alba, provenendo dalla jonica e dalla linea tirrenica, e sbarcarono a Bagnara frotte di delegazioni con bandiere e striscioni. Lo stesso avvenne con le corriere che facevano confluire dall’Altopiano, le delegazioni pre- aspromontane. A mezzogiorno una ormai immensa folla di partecipanti, occupava metà del Corso, e tutte le piazze e gli slarghi che lo fiancheggiavano. Cominciò così a muovere lentamente con le bandiere in testa, verso lo slargo di Piazza del Mercato, ove era previsto il comizio commemorativo. A quel punto, tutte le campane delle chiese di Bagnara iniziarono a battere a morto. Molte donne s’insinuarono nel corteo, fomentate dai parroci, e strattonavano i mariti, i figli e i fratelli per convincerli ad abbandonare il corteo “peccaminoso” e “scellerato” mentre dalla Chiesa Madre, si fece giungere alla Banda di Villa San Giovanni, che apriva il corteo prima delle bandiere, la notizia che su di essa era stata lanciata una violenta scomunica. A questo punto le autorità civili di Bagnara si ritirarono e il corteo iniziò a sbandare. Si approssimava dunque la vittoria dei conservatori, dei ricchi possidenti che avevano sottomesso il Clero e minacciato le autorità civili. Vittoria certa, si pensò fra i reazionari, perché il Sindaco, intanto, ordinava alle due bande di Bagnara, di ritirarsi dalla Piazza del Mercato ove attendeva il corteo per iniziare un grande concerto a elementi unificati. Il corteo venne allora fermato dagli organizzatori e venne organizzato un “comizio volante” col quale si aggiornò il popolo su cosa stava accadendo. Nel contempo si lanciò un telegramma urgente su Sinopoli. La locale Società Operaia si mise in moto e nel giro di un’ora circa, il Corpo Musicale di Sinopoli era già a Bagnara mettendosi in testa al corteo insieme a quello, rinfrancato, di Villa S. Giovanni. Grandi ovazioni, sventolio di fazzoletti e cori popolari, animarono improvvisamente la manifestazione e la gente che era andata via, vi rientrò con maggiore determinazione . Prima di raggiungere Piazza del Mercato, il grande corteo, adesso di oltre 6.000 persone, salì a Porelli ove erano ad attenderlo l’Unione Operaia di Sinopoli, la Società Operaia di Sant’Eufemia d’Aspromonte e la Società Operaia di Melicuccà. Di fronte alle delegazioni di 33 Società Operaie, sulla Piazza del Mercato si tenne poi il grande comizio, poco dopo che la Società Operaia di Messina aveva raggiunto trionfalmente la Piazza. Il direttore della Camera del Lavoro di Messina, Giuseppe Toscano, fu accolto sul palco da una grande ovazione, che divenne delirio quanto egli esclamò: di contro i nuovi castelli eretti sui castelli vecchi del feudalesimo, il popolo oppone la sua personalità evoluta e forte. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 12 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Concetti ripresi dal prof. Vittorio Visalli che lodò il “risveglio civile” di Bagnara, dove pare che finalmente fosse cessata la vergognosa sovranità di conti e di baroni di contro à quali si erge poderosa e resoluta la sovranità del popolo. Questa sarà tanto più completa ed effettiva quando al lavoro cosciente sarà dovunque unita la cooperazione previdente e la forte associazione.10 5.- La commemorazione del 1907 a ricordo dell’ingresso di Garibaldi a Bagnara La manifestazione celebrativa dell’ingresso di Garibaldi a Bagnara, in effetti si tenne il 24 Agosto 1907 su quella che oggi è la via Nastari, di fronte a Palazzo Romano. Non si trattò di una manifestazione particolarmente sentita e alla fine risultò anche poco partecipata. Focosi discorsi e lunghi applausi, ma in tutti il pensiero corse indietro nel tempo, ed esattamente al 24 Agosto 1890, quando nel corso di una solenne cerimonia, si inaugurò la lapide commemorativa dell’ingresso di Garibaldi a Bagnara, avvenuto il 24 Agosto 1860. La lapide, che ancora oggi è al suo posto, porta la seguente iscrizione: IN QUESTA CASA ABITAZIONE DE LA FAMIGLIA ROMANO GIUSEPPE GARIBALDI SOSTÓ LA NOTTE DEL 24 AGOSTO 1860 TRA L’ESULTANZA DI TUTTO UN POPOLO VEGLIANTE ANSIOSO DE L’ALBA IMMINENTE FORIERA DE LA SUA LIBERTÀ AUSPICATA NE’L FATIDICO MOTTO «JTALIA E VITTORIO EMANUELE» °°°°°° JL MUNICIPIO DI BAGNARA COMMEMORANDONE IL TRENTESIMO ANNIVERSARIO Q.L.P. OGGI 24 AGOSTO 1890 Nel 1891 il Municipio provvide a fare pubblicare l’intera commemorazione ufficiale11 contenente il discorso introduttivo del Sindaco Vincenzo Denaro, seguito dalla prolusione di Girolamo Fiumanò e la presentazione a cura di Francesco Spoleti. La cerimonia si concluse con un commovente, lungo intervento di Natale Denaro e la lettura di una bella poesia in dialetto bagnaroto e di un sonetto di A. Alvaro. 10 Il resoconto completo è in Aspromonte, foglio democratico quindicinale, Sinopoli, 16 maggio 1908, a. I, nr. 4. Cfr. inoltre: ENZO BARILÀ, La manifestazione operaia del 1° maggio 1908 a Bagnara, Calabria Letteraria, a. XXXIII, nn. 7-8-9 (Lu.Set. 1985), da pag. 135. 11 Discorsi e versi pronunziati per l’inaugurazione d’una lapide commemorativa a Giuseppe Garibaldi in Bagnara Calabra, tip. L.Ceruso fu Gius., Reggio C. 1891 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 13 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Una precedente commemorazione s’era svolta a Bagnara il 17 giugno 1882, in occasione della morte di Garibaldi e anche quella volta il Municipio fece pubblicare il resoconto ufficiale dell’importante convegno.12 In quell’occasione l’introduzione fu letta dal Sindaco Vincenzo Parisio13, fece seguito un Discorso dell’avv. Sig. Domenico Minasi, e quindi un Discorso del dottor sig. Domenico Spoleti e una interessante serie di sonetti di Girolamo Fiumanò14, introdotti da una dedica15 6.- Girolamo Fiumanò e il problema dell’analfabetismo Come si nota, nella Bagnara di fine secolo XIX e inizio secolo XX, la vita scorreva in modo tutt’altro che tranquilla, ma, ripeto, non si hanno notizie di contrapposizioni di tipo, come dire, razziale, o di classe, fra popolo minuto e borghesia, tutti impegnati nell’interesse comune del lavoro e della produzione. E questo malgrado il fervore che animava i lavoratori. Lo statuto della Società Operaia di Bagnara già varato nel 1877, venne aggiornato nel 1879,16 mentre il sempre più ardente Fiumanò, nel 1901 fece ristampare i suoi interventi di incitamento all’organizzazione socialista del lavoro e alla cooperazione proletaria,17 e con decisione ammoniva già nel 1890:18 Bagnara è un paese felice sotto ogni aspetto; ma di questa felicità non s’avvantaggia di molto; perché alla comodità del vivere d’una gran parte dé suoi abitanti, non va unita l’educazione della mente e del cuore … Un Paese “felice” ove potevano capitare scene gustose e terribili nel contempo. Ho annotato a questo proposito, cosa avveniva ogni tanto nei locali del Municipio in occasione di matrimoni fra “terrazzani”. 12 Discorsi e poesie letti in onore dell’illustre generale Giuseppe Garibaldi sulla Piazza del popolo di Bagnara Calabra il giorno 17 giugno 1882, tip. L.Ceruso fu Gius., Reggio C. 1882. Va ricordato che simili cerimonie si svolsero un po’ ovunque in Calabria, ma resta memorabile quella tenuta da Rocco De Zerbi , volontario a 17 anni con Garibaldi in Sicilia nel 1860 e successivamente divenuto Luogotenente nel Regio Esercito, combattendo contro gli austriaci nel 1866. Medaglia d’argento al valor militare per le azioni anti brigantaggio condotte nel 1862 nell’avellinese contro il brigante Crocco. ROCCO DE ZERBI, In memoria di Giuseppe Garibaldi; discorso tenuto nella Sala Tarsia in Napoli l’8 giugno 1882. Sta in: Per la morte di Giuseppe Garibaldi. Discorso di Rocco de Zerbi, tip. Fata Morgana, Reggio C. 1932 (X). 13 Parole del Sindaco di Bagnara sig. Parisio Vincenzo, Rappresentante della R. Accademia Stesicorea, decorato della Gran Croce di Benemerenza, Croce distintiva d’onore, ecc., ecc. 14 GIROLAMO FIUMANÓ, Apoteosi, da pg. 27, in V sezioni 15 Grand comme le monde 16 Statuto della Società Operaria di Mutuo Soccorso di Bagnara Calabra, approvato dall’Assemblea generale il 1° giugno 1877 e modificato il 21 luglio 1879, TIP. G. Lopresti, Palmi 1880 17 GIROLAMO FIUMANÓ, Discorsi, Carrabba ed., Lanciano 1901. Contiene gli interventi: Nella festa della fondazione della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Bagnara Calabra, 3 giugno 1877; Nelle onoranze funebri a Giuseppe Garibaldi tenute in Piazza del popolo dal Municipio di Bagnara Calabra, 17 giugno 1882; Agli agricoltori di Bagnara nella festa di fondazione della loro Società, 7 giugno 1885; Alla Società Operaia di Bagnara nella festa del primo decennio della sua fondazione, 12 giugno 1887; Nella festa di fondazione della Società di M.S. dei pescatori di Bagnara, 8 gennaio 1888; Per la premiazione al valor civile di tre giovinetti bagnaresi, 3 giugno 1888; Nella festa di fondazione della Società di M.S. dei marinai di Bagnara, 8 ottobre 1888; Inaugurazione della Biblioteca Consociale di Bagnara calabra, 24 agosto 1890. 18 GIROLAMO FIUMANÓ, Inaugurazione della Biblioteca Consociale di Bagnara, cit., pg. 72. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 14 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara L’analfabetismo a Bagnara era pressoché totale fra la popolazione minuta, e raggiungeva l’apice fra i terrazzani delle contrade che raramente avevano contatti con la comunità costiera. Se questa conduceva una vita dinamica, votata al lavoro produttivo su base economica, e che coinvolgeva tutti: operai, imprenditori ecc., sull’Altopiano la vita scorreva su binari orientati alle cadenze dettate dalla Natura e l’unico interesse dei contadini era la terra e la sua coltivazione. A letto al tramonto per limitare il consumo dell’olio delle lucerne e sveglia al canto del gallo. Niente altro. I terrazzani oltre ad essere analfabeti dunque, comunicavano fra loro nel solo dialetto locale e l’italiano era per loro semplicemente una lingua straniera, sconosciuta e incomprensibile. Capitava, ovviamente, che questa gente dovesse celebrare un matrimonio e fosse necessario scendere a Bagnara per le pratiche civili che comprendevano anche la cerimonia di fronte al Sindaco e testimoni. Per i terrazzani non era che una incomprensibile procedura imposta loro “dalla legge”, perché riconoscevano valido solo il matrimonio religioso, da celebrarsi subito dopo. Quando capitava uno di questi matrimoni, il Sindaco, il Segretario Comunale o altra persona di spicco del Municipio, informavano qualche esponente della locale buona borghesia cosicché un gruppetto di persone distintamente vestite e seriose, accoglieva gli spaesati terrazzani che di fronte a quello splendore signorile, si annichilivano ancor più. Il Sindaco presentava i convenuti indicandoli pomposamente come grandi esponenti della Corte, del Papa e dell’Imperatore di Germania, desiderosi di partecipare a quella cerimonia dall’alto significato civile e sociale, e quindi si procedeva. Siccome, come cennato, i terrazzani non comprendevano l’italiano, veniva orchestrata una giravolta linguistica tesa a colpire i malcapitati il più brutalmente possibile. E così, la cerimonia raggiungeva il culmine quando il Sindaco, con fare solenne, recitava: Vuoi tu Carmelo Conflenti, grandissimo imbecille rincoglionito, prendere per tua legittima moglie la qui convenuta Giuseppa Lo Mastro, troiona di lungo corso e scorreggiatrice indefessa? E siccome i terrazzani non comprendevano cosa avesse detto il Sindaco, il Segretario, con fare serioso, suggeriva al Conflenti: Riciti ka sì E, così menato, il Conflenti, con sicurezza, rivolgeva un inchino al Sindaco sussurrando emozionato: Ka si! E quindi il Sindaco si rivolgeva alla donna e sempre solennemente, le poneva il quesito: E tu Giuseppa Lo Mastro, grandissima e celebratissima bombardona di lungo corso, dal deretano peloso, vuoi prendere per legittimo sposo il qui presente Carmelo Conflenti, destinato dal fato a divenire il tuo minchione prediletto per tutta la vita? E anche questa volta l’intervento del Segretario aiutava i terrazzani a svolgere il “rito”. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 15 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Le ingiurie poi continuavano con questi toni dopo la cerimonia, frammisti ai complimenti, gli auguri e i saluti finali. Congedati i novelli sposi, la comitiva convenuta al Municipio se la spassava poi in commenti, lunghe risate fino alle lacrime, godurie varie. Potrà sembrare un rituale infame, denigratore e ingiusto. Mettetela come volete. Ma questo era lo stile di vita, all’epoca. Va anche annotato che questo comportamento ingiurioso e irrispettoso della persona, aveva un contrappeso. Le classi emergenti di Bagnara appoggiarono e favorirono anche con contributi economici, il miglioramento culturale del Popolino, con scuole serali per gli adulti e sussidi per gli scolari bisognosi che altrimenti non sarebbero potuti andare a scuola perché destinati dalla famiglia al lavoro sui campi In questo senso fu apprezzata l’opera del Maestro Giuseppe Cesario a Pellegrina e del Maestro Vincenzo Cristina a Porelli, con aule serali per gli adulti tutti i giorni.19 Il Dott. Antonino Arena si affiancò all’iniziativa del Ministero aprendo a Bagnara una Biblioteca Popolare, subito dotata (col supporto della Biblioteca Popolare di Reggio) di una “base” di volumi dei classici della letteratura. La biblioteca fu arricchita nel tempo con una selezione delle edizioni in uscita, su base popolare e d’ispirazione cattolica. IL LIBERTY A BAGNARA Villa Saffioti in via Pietraliscia A riprova del doppio volto della buona borghesia bagnarese, per un verso irriguardosa verso le classi meno agiate, ma subito dopo sentitamente compartecipe, cito l’episodio del poverello che viveva in una baracchetta sotto l’attuale Piazza del Popolo e che una notte subì lo scherzo terribile di alcuni giovani studenti universitari benestanti della Città. 19 L’Ufficio della Delegazione Calabrese dell’Opera contro l’analfabetismo, fu aperto dall’Associazione per il Mezzogiorno a Catanzaro il 10 novembre 1921. Il Ministero aveva già l’anno precedente preso contatto con i Maestri, invitandoli a fissare l’orario delle lezioni, individuare la sede scolastica da destinarsi allo studio serale e a ricevere da Roma e Milano, il materiale scolastico (sussidiari, sillabari, cancelleria, cartelle per gli alunni, e materiale didattico-illustrativo per la classe). Catanzaro, immediatamente dopo l’insediamento della Commissione, prese in mano l’organizzazione dell’operazione, attivando gli ispettori scolastici, mentre le Prefetture inviavano ai Sindaci una direttiva affinché provvedessero all’illuminazione delle aule e all’attivazione di tutti i servizi di supporto. E fu un successo clamoroso, perché le domande di partecipazione superarono di gran lunga le attese. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 16 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Costoro imbracarono la baracchetta con delle funi al retro di un camion che quindi partì di scatto scoperchiando la povera abitazione. Il vecchietto si ritrovò, coricato, con “per tetto un cielo di stelle”! Al terrorizzato vecchietto gli venne poi elargita una consistente colletta con la quale poté costruirsi una nuova e un poco più confortevole baracca.20 7.- Un amore impossibile Come tutti gli agiati borghesi di Bagnara, don Vincenzo frequentava le riunioni salottiere che si svolgevano a turno nelle varie dimore patrizie, fra rosolio, vermouth, spumantino fresco e pasticceria di giornata Non erano stati ancora inaugurati il Circolo Bianco che avrebbe fatto capo ai De Leo, e quello rosso dell’architetto Albanese, e che poi confluiranno nel Circolo del Littorio e quindi nell’attuale Circolo Unione, per cui, a parte il foyer del teatro, le riunioni si svolgevano nelle diverse case private Si discuteva del più e del meno, talvolta in modo animato, soprattutto sui fatti di Roma e sulla situazione agricola locale, circostanze delle quali don Vincenzo era aggiornato, avendo avuto il privilegio di partecipare ai periodici incontri che si svolgevano in casa del dott. Antonino Arena, insieme al maestro Francesco Cilea e il grande incisore Sarino Papalia, soprannominato a Bagnara “U Friddu”, tutti interessati, in quanto proprietari terrieri, alle vicende del mondo contadino della Piana e dell’Altopiano. Questi incontri fra personalità celebri e celebrate, erano famosi a Bagnara perché i convenuti erano tutti sordi: Cilea con un grado medio-alto, Arena con una grado alto e Papalia sordo “come una campana”. Il risultato? Il Liberty a Bagnata (particolare di un balcone di Casa Ciccone sul corso Vittorio Emanuele) Un approssimativo restauro della cornice floreale, ha coperto di bianco il colore naturale della pregevolissima pietra di Siracusa Quelle riunioni si svolgevano a voce altissima, tanto alta che si sentiva parlare gli eminenti Maestri lungo la via Pietraliscia, ove la gente passava sorridendo con rispettosa comprensione. Durante gli incontri salottieri nelle case patrizie, veniva fuori un aspetto del tutto singolare di don Vincenzo. Egli interveniva nelle discussioni raramente, passando la maggior parte del tempo a sorseggiare, quando non a rilassarsi sulla poltrona con gli occhi chiusi, ancorché con l’udito vigile per captare ciò del quale si discorreva. 20 Sull’episodio, cfr.: TITO PUNTILLO, Cronache Bagnaresi, A.S.F.B. ed., Bagnara C. 2011 (visita il sito: Archivio Storico Fotografico Bagnarese) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 17 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara La gente riteneva che il comportamento solitario e introverso di don Vincenzo, fosse provocato dal persistente trauma per un amore giovanile andato perduto. Don Vincenzo fece parte del 1° Reggimento Reale "Nizza Cavalleria", dopo un addestramento alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, ed era stato inviato presso il distaccamento di Savigliano col grado di tenente. Il servizio militare lo entusiasmò e si sentì davvero partecipe al motto della Reale Arma di Cavalleria: Con impeto e ferreo cuore oltre l'ostacolo. Si dedicava, durante i momenti liberi, ad amene passeggiate e a visite ai comuni vicini, curiosando fra cantine che custodivano ottimi Roero Arneis, delicati Dolcetto delle Langhe, il Grignolino, il Barbaresco e monumentali Nebbiolo. O anche le tipiche trattorie, ove faceva tappa per le tome, il salame di cinghiale, i cappelletti e le insalatine aromatiche. Fu proprio in una di queste trattorie tuffate nella lussureggiante campagna della Provincia Granda, che don Vincenzo conobbe una splendida fanciulla, una tale Clelia Quaglia (come egli stesso ebbe sempre modo di precisare quando, con somma tristezza, raccontava a qualche amico i suoi sfortunati passati di gioventù). Era la figlia del trattore e si occupava dell’accoglienza, la sistemazione ai tavoli, le ordinazioni e la mescita delle bevande. Sorridente, affabile, sempre disponibile alla conversazione, attenta alle necessità dei clienti, Clelia colpì direttamente al cuore il giovane tenente di cavalleria. Fu un grande amore ricambiato, intenso, trascinatore. I due pianificarono grandi progetti per una vita rosea, tuffata in uno splendido futuro. Ma venne poi il giorno del congedo e don Vincenzo prese a Torino il treno alla volta del Sud. Sarebbe stata, nell’intenzione del bel tenente, una parentesi necessaria per sistemare gli affari domestici e organizzare a Monasterolo, vicino Saluzzo, la vita coniugale. Tornato a Bagnara, don Vincenzo si trovò nella necessità di intervenire nella gestione lavorativa della famiglia, essendo il padre ormai anziano e il fratello ancora troppo giovane per prendersi carico dei gravosi impegni familiari. Don Vincenzo scrisse a Clelia quasi ogni giorno e quasi ogni giorno Clelia rispondeva a quelle missive ansiose e cariche di speranza. Ma il tempo passò e anziché deresponsabilizzarsi, egli si trovò sempre più coinvolto nel lavoro, peraltro fortunato e carico di soddisfazioni. E così scriveva a Clelia: ancora un po’ di tempo e poi arriverò da te! Un giorno il postino recapitò a don Vincenzo l’ennesima lettera di Clelia. Ma questa volta la bella cuneese confessò a don Vincenzo di avere acquisito la certezza che egli non sarebbe più tornato a Monasterolo perché la vita paesana, a Bagnara, aveva preso il sopravvento sui sentimenti e in ogni caso era giusto così. La famiglia di don Vincenzo aveva bisogno di lui; lui dotato A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 18 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara di innata attitudine artistica, stava riscuotendo un successo notevole e lei, Clelia, non era nelle condizioni familiari di poter lasciare l’attività per ricongiungersi a lui a Bagnara. Era finita. Don Vincenzo soffrì disperatamente e alla fine, dopo molto tempo, se ne fece una ragione, ma da allora rimase come traumatizzato, incapace di credere che su questa terra ci potesse essere l’amore e la felicità. 8.- Le riunioni salottiere a Bagnara e il whisky “sbarcato” Una sera la discussione in casa Candido verté sul rapporto fra Stato e Chiesa, all’epoca argomento molto sentito, non essendosi ancora sopiti i dissapori per i fatti di Porta Pia del 1870 e col Vaticano sempre trincerato dietro il “Non Possumus” e la condanna del Modernismo. E accanto a questi eventi di portata nazionale, c’erano le solite beghe fra Carmelitani e Rosariani che nella sostanza, significavano concorrenza spietata fra i due Priori e il loro seguito e il dispotismo clericale sui fedeli, col preciso intento di sottarli al Movimento Socialista e all’Associazionismo proletario, mantenendoli lungo i binari del Cattolicesimo intransigente, alimentato dai possidenti locali e dai ricchi commercianti. A un certo punto uno degli ospiti pensò di interpellare anche don Vincenzo. - Don Vincenzo, voi cosa ne pensate circa l’ingarbugliato rapporto fra il nostro Stato e la Chiesa? Don Vincenzo si sollevò leggermente dalla posizione di torpore e tenendo il bastone con entrambe le mani davanti a sé, così rispose: - Tantum Religio potuit suadere malorum!21 E con questa frase, scioccante per tutto l’uditorio, don Vincenzo nella sostanza dichiarò di stare dalla parte dello Stato. Poteva anche capitare che qualcuna di quelle riunioni, terminasse con una cena di mezzanotte22 alla quale don Vincenzo certo non si distoglieva. Ottima forchetta e buongustaio, amava sorseggiare il vino descrivendone le qualità con espressioni astratte, talvolta incomprensibili, del tipo: Colore giallo paglierino di buona maturazione al sole diretto, sapore secco con tono di fragola di bosco e una punta di agro-lime, profumo arioso con tendenza alla rosa selvatica … Una volta capitò un giro di ottimo whiskey irlandese, giunto a Bagnara da Palermo con uno dei numerosissimi bastimenti incaricati di effettuare un trasporto di ceste da noi al Capoluogo siciliano, e si trattò davvero di un liquore inusuale nei salotti bagnaresi. 21 22 «La religione ha potuto indurre tante sciagure». La frase è tratta da LUCREZIO, De Rerum Natura, Libro I°, v. 101 A quei tempi si usava, fra i componenti della borghesia, imitare il dinner di tipo anglosassone, e quindi vi era Un déjeuner alle otto (Latte, caffè, frutta, yogurt, premute, brioches, ecc.) Una colazione a mezzogiorno (roastbeef, uova, verdura, frutta, ecc.) Un pranzo alle diciannove (primo piatto, secondo di pesce-carne-cacciagione e contorni cotti, frutta, dolce, liquori – in genere passito, porto, cherry, zibibbo) Una cena verso mezzanotte (consommé, prosciutti con crostini, vitel tonné, salmone, frutta, creme diverse, cognac) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 19 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Don Vincenzo prese il calice, ne annusò il contenuto e bevve un sorso con molta lentezza, lasciandoselo assaporare in bocca. Quindi sentenziò: Notevole questo whiskey! Stagionato certamente in piccole botti e filtrato con dell’ottima torba, che ha lasciato il gusto delle highlands ove soffia il vento, posando il suo respiro nebbioso sulle distese legnose dei boschi sempreverdi!23 Ma da dove proveniva la conoscenza che don Vincenzo possedeva sul Whisky e il modo di degustarlo? Ricordo che fu una delle domande che mi venne spontaneo porre al mio anziano interlocutore su quei fatti. Mi disse il mio più che anziano interlocutore (nel 1969) che in Sicilia il Whisky era conosciutissimo, senz’altro più che altrove nell’Italia Meridionale e quindi don Vincenzo, che a Palermo fu di casa, ebbe modo di conoscerlo e apprezzarlo. Tempo dopo eseguii delle ricerche e così potei ricostruire un quadro verosimile di questo aspetto. Palermo quale co-Capitale del nostro Regno Meridionale, era (in un certo senso è ancora) una Città aristocratica ove l’aura reale aleggia sovrana. Chi si reca a Palermo per la prima volta, dopo magari aver visitato città e città nel mondo, resta sorpreso, meravigliato per come e quanto Palermo sia regale e superba. Essa fu alla confluenza delle Civiltà Normanna e Araba, mirabilmente fuse in un’unica esplosione d’arte suprema in un ambiente ove la cultura mediterranea trovò la propria culla ideale! Palermo “madre” del Mediterraneo occidentale così come Venezia lo fu per il Mediterraneo orientale. Ferdinando IV di Borbone, rifugiatosi in Sicilia nel 1799 a seguito dell’invasione francese del Regno di Napoli e la costituzione della Repubblica Partenopea a matrice giacobina, fece della Palazzina Cinese la sua dimora preferita e il grande parco che la circondava e attraverso il quale il Re andava a caccia, venne indicato come il “favorito” del Re e dunque col tempo, l’amena località venne chiamata “La Favorita”. Già all’epoca, nel corteggio che il Re teneva a Palermo insieme al suo Primo Ministro, il britannico Lord Acton, erano ospiti fissi Lord Orazio Nelson e i suoi ammiragli e nel porto stazionava sempre una consistente flotta di Sua Maestà, pronta a incrociare sul Tirreno nella eventualità che la flotta galloispana uscisse da Tolone con l’intenzione di attaccare Palermo. Un’altra base munita di tutto il necessario per resistere ad assedi ma anche per colpire duro nel caso se ne fosse presentata la necessità, fu attrezzata a Messina attorno al suo porto naturale. Da qui partivano le continue crociere inglesi per sorvegliare le coste calabresi e l’ingresso del Canale dalla parte jonica. La vita dei marinai inglesi nelle Città siciliane, trascorreva tranquilla fra bettole, taverne e ristoranti, e la necessità di soddisfare le esigenze e le abitudini di costoro, obbligò gli esercenti a introdurre il whisky come bevanda che divenne presto la principale e iniziò a vendersi anche nei negozi. Anche a Corte il liquore venne introdotto con buon apprezzamento e la moda dilagò fra tutte le case patrizie che tenevano abitualmente salotto quasi tutte le sere. Ma fu nel 1806, coll’inizio del secondo esilio di Re Ferdinando in Sicilia, che il whisky divenne l’assoluto dominatore sulle tavole e nei bar dell’Isola. Nel luglio del 1811, Lord Bentinck divenne Real rappresentante di Sua Maestà presso la Corte di Re Ferdinando di Borbone e assunse il Governo dell’Isola divenuta di fatto un Protettorato Britannico. Sua Grazia affrontò il problema siciliano con determinazione e nel 1812 costrinse la Corte a concedere alla 23 Le “distese legnose” poeticamente elogiate da Ciccone, coprono in effetti il terreno di molti boschi scozzesi e irlandesi, e i locali abitanti usavano e ancor più oggi usano, diluire il loro whiskey ad alta gradazione, con proprio l’acqua di torba. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 20 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Sicilia una Costituzione liberale, suscitando l’ira della Regina Maria Carolina, che definì Sua Grazia la «bestia feroce». Ella fu costretta all’esilio e di fatto la Sicilia passò sotto l’influenza inglese fino alla Restaurazione. Anche a Messina l’Inghilterra rinsaldò la propria presenza attorno alla figura del Generale Steward, e stavolta con un esercizio più dinamico del potere militare lungo tutta la Costa. Questo perché sull’altra sponda del Canale, nel 1810 il Re di Napoli Gioacchino Murat aveva posto il quartier generale dell’Armata d’invasione della Sicilia, al Piale, sopra Campo Calabro e seguiva attentamente le scaramucce preparatorie all’invasione, che avvenivano sullo Stretto fra le cannoniere napoletane e le fregate britanniche.24 Torre Cavallo potenziata dalla batteria di Forte Gioacchino, oggi 24 L’invasione poi non avvenne perché l’Imperatore continuò a procrastinarne l’inizio e alla fine, a causa del mutato scenario militare in Europa, ritenne necessario concentrare altrove le forze e le strategie francesi. Il fortino del Piale aveva preso il posto di una vecchia torre costiera di avvistamento (simile a quella di Bagnara), conosciuta come Torre Piraina. Il Re Murat era giunto a Scilla il 3 giugno 1810 e da qui diede ordine di apparecchiare il campo militare sul Piale, operazione che durò fino al 5 luglio. Per potenziare ancor più la posizione, il Re fece costruire tre forti: il forte di Torre Cavallo, ancora oggi visibile, che accorpò l’antica Torre di guardia; il forte di Altafiumara, oggi riconvertito in un hotel di lusso e il forte del Piale sovrastante la Punta del Pezzo e munito di una torre telegrafica. Il piano d’invasione della Sicilia fu definitivamente cassato alla fine di settembre 1810 e l’esercito di Napoli abbandonò la posizione, lasciando al Piale e ad Altafiumara, due forti guarnigioni di difesa e al forte di Torre Cavallo un presidio di avvistamento. Il Piale venne totalmente rifatto nel 1888 e rinominato Forte Beleno. Non venne risparmiata neanche la vecchia e gloriosa posizione di Torre Piraino Il Forte venne bombardato dagli Alleati il 12 luglio 1943 provocando molte vittime fra i militari italiani della guarnigione. Fino al 1980, servì come polveriera militare custodita dall’Esercito con una guarnigione permanente di guardia e dopo tale data, come campo di servizio per i Carabinieri. Col tempo, il gloriosissimo complesso del Piale fu aggredito dalle costruzioni abusive e oggi è deturpato a causa dell’installazione di ripetitori e antenne per la telefonia. Il resto del Forte versa in totale abbandono. Recentemente si è formato un Comitato di Cittadini del Piale con l’intento di promuovere il recupero del sito attraverso un lodevolissimo progetto, al quale non si può che augurare il migliore dei risultati (cfr.: GIUSEPPE MORABITO, Il Territorio dello Stretto, Bieffe ed., Polistena 1998; LUIGI NOSTRO, Notizie storiche e topografiche attorno a tutti i paesi del Cenideo, dall'antichissima Colonna Reggina sino alla più recente Villa San Giovanni, a cura del Sistema Bibliotecario dello Stretto, Officine Grafiche ed., Villa San Giovanni 2005. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 21 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Il Forte del Piale oggi A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 22 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Le abitudini inglesi si rafforzarono e molte di esse vennero assimilate dai Siciliani. Fra questi, l’uso del Whisky, lo Cherry (che molto influenzò la natura e costituzione del Vino Marsala, mediando così fra l’ottimo vino locale e il maraschino che altrove invece si diffuse in modo notevole) e il Brandy anche se quest’ultimo in misura minore. A Messina divennero operative le munitissime basi della Real Cittadella, il Castello del SS. Salvatore, il Castello Gonzaga, il Castellaccio, il Fortino della Grotta e la spettacolare batteria di Torre Faro.25 Il Forte del Castellaccio oggi Resti della Real Cittadella di Messina Il Forte del SS. Salvatore oggi Castel Gonzaga oggi Lo “sbarco” a Bagnara del whisky avvenne dunque in modo davvero casuale, ma fu subito spiegato, anche se non accettato, per venire poi minimizzato così com’è ancora oggi. All’epoca il whisky si poteva trovare nel negozio di “distillerie e spiriti” di mastro Mimmo Perozzi. All’epoca però, i borghesi di Bagnara accettarono la bontà del whisky. E come al solito si divisero in due partiti: favorevoli (la minoranza) e contrari (la maggioranza). 25 Il Forte del Castellaccio è una delle strutture militari più antiche di Messina. Nel 1674, durante la rivolta antispagnola, Giacomo Avarna guidò i messinesi alla sua conquista che avvenne dopo una cruenta battaglia. Fu successivamente utilizzato come punto di osservazione sullo Stretto. E’ oggi dilapidato da costruzioni moderne, dopo aver subito lo scempio per la costruzione di una Città dei Ragazzi. Il Castello del SS. Salvatore fu eretto per volere di Carlo V, sulla vecchia sede dell’Archimandridato del SS. Salvatore al limitare della Penisola San Ranieri inglobando anche la vecchia torre di guardia di Sant’Anna. Sulla sua vecchia torre bastionata (ex “Forte Campana”), si eleva oggi la colonna che sorregge la statua della Madonna della Lettera benedicente i messinesi e la loro Città, all’ingresso del porto. Castel Gonzaga al Monte Pistelli (dettò anche Monte del Tirone) fu eretto nel 1540 per volere di Carlo V, durante il governo del Viceré don Ferrante I° Gonzaga. Ebbe il ruolo di difesa (unitamente al Castellaccio) di difesa di Messina dai lati della montagna peloritana. La Real Cittadella a cinque torrioni (baluardi) si trova all’imboccatura del porto, prospiciente lo Stretto, sulla Penisola di San Ranieri. Risale al XVII secolo. Resse l’assedio delle bande garibaldine e successivamente, dell’esercito d’invasione savoiardo e questo fino al 12 marzo 1861, ma ancor prima durante il violento bombardamento navale durante l’assedio di Messina del 1848, all’indomani della rivolta popolare contro i Borboni. E’ oggi per la sua massima parte e pur essendo un’opera di spettacolare architettura militare, in stato di abbandono. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 23 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 10.- Bon Ton a tavola e in gita Annotavo che don Vincenzo amava la buona tavola e partecipava dunque volentieri alle cene e alle scampagnate verso Aspromonte, che di solito riservavamo “merende” a base di parmigiana, involtini, polpette, pasta al forno, formaggi e insaccati tradizionali, torte e dell’ottimo, veramente ottimo vino. Don Vincenzo si sedeva celando a mala pena un sorrisetto compiaciuto, sparecchiava il tovagliolo ponendoselo sulle gambe e, in atteggiamento fra il disinvolto e il serioso, attendeva le portate, in genere pregustandosele. Vino bianco secco sul pesce, rosso “non mosso” sulle carni e le portate a base di sughi, spumantino finale, ben fresco, sulla frutta e i dolci. Una volta, stando in gita con gli amici ad Aspromonte, località Tre Aie, si stava a metà di un abbondantissimo e prelibatissimo (così me lo descrissero) pranzo di mezzogiorno. Le libagioni erano già corse a fiumi e l’allegria era suprema, incontrastata. Una gentile signora che stava effettuando il “giro” con una caraffa in terracotta piena di vino bianco rinfrescato a lungo sotto il freddo getto di una delle tre fontane, chiese a un colorito don Vincenzo: don Vincenzino, gradite del vino? Don Vincenzo tentò di volgersi verso la signora che le stava alle spalle, eseguendo una torsione di soli 30 gradi, a causa di un’artrosi di vecchia data. Per sopperire alla involontaria mancanza di riguardo, egli sollevò il braccio e con l’indice in evidenza, quasi a “dettare” una sentenza, esclamò:26 sul pesce mesci, sull’arrosto non restare! Fu questa una frase memorabile che probabilmente non è un costrutto cicconiano, forse il nostro la intese in qualche suo giro artistico romano o chissà dove. Ma fece epoca! Fu ripetuta in continuazione al posto del ripetitivo: si, grazie perché ritenuta più elegante e acconcia a esprimere meglio il “grazie” nel senso di apprezzamento per la squisita bevanda che veniva offerta. Poteva poi capitare che l’abbondante rifocillata causasse delle aerofagie, soprattutto fra gli anziani signori che dopo tali inderogabili impegni, si recavano speranzosi di una veloce digestione, verso le sedie sdraio, immancabili durante le scampagnate, o, se a Bagnara, nel bel salotto del Circolo ove, dopo trenta secondi da che seduti in poltrona, cadevano preda di un sonno profondissimo, gestito con la bocca semichiusa e qualche sonora russata intervallata da schiocchi di lingua. A queste sedute rituali, partecipava frequentemente don Vincenzo. Un pomeriggio di inizio primavera, stava don Vincenzo seduto in salotto con gli occhi socchiusi, intento ad ascoltare il ritmo della pioggia che cadeva sulla vineja adiacente il Circolo e all’improvviso don Ciccio Pentimalli, farmacista di Bagnara e 26 Nel 1872 Giuseppe Bernoni pubblicò a Venezia una pregevole raccolta di detti e proverbi italiani che si richiamavano ad abitudini e consuetudini radicate nella popolazione da secoli: GIUSEPPE BERNONI, L’igiene della tavola dalla bocca del popolo, ossia proverbi che hanno riguardo all’alimentazione, raccolti in varie parti d’Italia. Raccolti e ordinati da G.B., tip. G. Cecchini & C., Venezia 1872. Il proverbio originale dal quale don Vincenzo Ciccone ricavò il mitico «sul pesce mesci, sull’arrosto non restare» è riportato così: «Ai pesci mesci, alle fave non restare, a' maccheroni fa ciò che ti pare» (ivi pg. 48). Non è dato sapere se don Vincenzo abbia letto il testo di Bernoni o inteso il proverbio originale in qualche salotto romano. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 24 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara particolare adoratore della pennichella pomeridiana, si lasciò scappare un rutto cavernoso, perché a stento trattenuto. Involontario certamente e infatti lanciò immediatamente dopo verso gli astanti, un secco “pardon”! Don Vincenzo volle rimarcare l’incidente, se non altro per sdrammatizzarne i contenuti e allora, leggermente risalendo dalla posizione “scivolata” della poltrona, sentenziò: Orate porcis, et stutate lampi in cœlum! Nessuno ha mai saputo indicarmi il significato della frase, peraltro costruita utilizzando un «latino maccheronico» di pregevole scuola goliardica. Ma anche questa frase dovrebbe, a mio avviso, avere origini non direttamente da farsi risalire all’effervescente vena poetica di don Vincenzo. E tuttavia, anch’essa divenne memorabile e a lungo usata, dopo rutti e altre arie corporali. Ritengo che a tal punto molti fra i benevoli lettori si siano formati un’idea di cosa sia stato il borghese bagnaroto a cavallo fra due secoli, durante quella fase fantastica che si concluse con la Belle Époque, prima del disastro immane causato dalla Grande Guerra del 1915-18. Ma anche di cosa fosse Bagnara durante quella fase storica. Tutt’altro che un paesino tuffato nel sole e abbracciato dal mare, ove vivere nella tranquilla pace della Natura! Il «Fermento» bagnaroto aleggiava sulla Costa e si imponeva all’attenzione anche delle Comunità vicine. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 25 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 11.- La fortuna di Bagnara nel XX secolo Bagnara godette di notevole fortuna economica dall'inizio a tutti gli Anni Sessanta del XX secolo. Oltre alle diverse Arti e Professioni, nonché al lavoro dei rasolari, i pescatori e i contadini, la fortuna di Bagnara poggiava su una forte attività manifatturiera centrata nella lavorazione del legno, dalle origini remote e via via sviluppatasi fino a giungere a un gradiente di alta professionalità durante il XIX secolo. Si andò dalla sapiente coltura dei boschi di castagno (quando altrove si procedette a selvaggi disimboschimenti per far posto a pascoli), al lavoro dei mannesi e quindi alla trasformazione del legno in materia prima per il confezionamento di ceste, pali, paloni e filamenti, destinati soprattutto all'agricoltura e segnatamente alla costruzione dei filari a sostegno delle viti, lungo le rasole dell'attuale Costa Viola. Ma la maggior parte dei manufatti, veniva esportata via mare, sulle rotte di Marsiglia e Barcellona e soprattutto Palermo e la sua Conca d'Oro, perché destinata al confezionamento e spedizione degli agrumi e altre primizie deperibili. Durante il corso del XX secolo, come cennato, si ebbe il punto di massimo splendore di questa già florida economia, con l'accesso delle ceste nel mercato palestinese, ove l'agricoltura agrumaria era in forte sviluppo. Tutto questo fino all'introduzione della plastica nel mercato delle confezioni. L'innovazione, alla quale non fece séguito una repentina riconversione industriale da parte delle industrie locali, fece crollare il mercato delle confezioni in legno a Bagnara e così essa s'avviò verso un processo di degrado che ancora oggi, purtroppo, non pare avere fine. Le ceste erano definite "coffe" e il loro confezionamento era delegato a intere famiglie che provvedevano a mezzo di un lavoro artigianale di alta qualità e precisione. Le fasce di castagno preparate nelle segherie, venivano recapitate fra le varie case della cittadina, ove le famiglie di "coffari" vi si dedicavano, lavorando anche 12 ore al giorno perché poco remunerate a quantità confezionata. L'offerta di lavoro fu tale che dall'Altopiano giunsero nel tempo a Bagnara (XVIII e XIX secolo) intere famiglie che si adattarono a vivere fra baracche e casupole. Sicché mentre i padri lavoravano sulle rasole o fra i castaniti, il resto della famiglia confezionava coffe. La maggior parte dei Coffari di Bagnara era originaria di San Giorgio Morgeto, perché quei “naturali” meglio conoscevano l'attività boschiva e il trattamento del legno. Una immigrazione lenta ma costante durante i secoli cennati, insieme a quella che da Melicuccà, condusse la prima famiglia Florio a Bagnara. Le tradizioni della Montagna seguirono gli emigrati e da loro si custodirono a Bagnara, e questo dalla prima generazione a quelle successive, anche quando ormai i coffari poterono considerarsi a tutti gli effetti “nativi” di Bagnara. La maggiore di queste tradizioni era il culto secolare verso San Giorgio, che gli abitanti della Montagna consideravano il potente protettore/difensore dei campi e della salute delle famiglie, contro l'attacco del Male. A Bagnara il culto di San Giorgio dopo il 1908, si concentrò nella nuova chiesa dei SS. Pietro e Paolo e vicino alla massima concentrazione delle famiglie che lavoravano alle coffe, ora via Garibaldi. I Caruso, che erano esponenti della famiglia di grossi commercianti ed esportatori di Bagnara, concentravano la maggior parte dell'attività del business del legno e in particolare i rapporti fra coffari e segherie. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 26 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Fu dai Caruso recepita l'aspirazione dei coffari ad avere una propria festività, gratificata dalla devozione al Santo tanto amato. Fino a quel momento infatti, i Coffari festeggiavano l'annualità di San Giorgio come potevano, data la scarsità di mezzi economici da poter destinare al rito. I Caruso furono coloro che diedero accesso al rito di San Giorgio nella Chiesa dei SS. Pietro e Paolo, donando alla stessa una splendida statua. San Giorgio fu dunque il patrono dei Coffari di Bagnara, una classe di lavoratori che definire “eroica” è IL LIBERTY A BAGNARA La pregevole balconata di Casa Bellantonio alla via don Minzoni poco perché fu essa a sostenere con fatiche al limite della sopportazione e privazioni di ogni genere, la crescente ricchezza della Cittadina, poi espressasi in magnifici palazzi, ville e bel vivere. La Bagnara di don Vincenzo Ciccone e dei coffari, si esprimeva, a principio del XX secolo, attraverso: Una popolazione metropolitana di poco oltre 7.000 abitanti, che divenivano circa 9.600 con le frazioni. Capocolleggio uninominale comprendente Scilla, Villa San Giovanni, Campo Calabro, Sinopoli, Galatro, Sant’Eufemia d’Aspromonte. Era sede di Pretura (esercitava all’epoca il Pretore Nicola Cosentino, coadiuvato dal Cancelliere Raffaele Zagari). Erano attivi due Notai: don Totò Borruto e don Michele Minassi. L’Ufficio del Registro aveva come “ricevitore”, don Enrico Maschio. Era sede di magazzini di privative (monopoli) con servizio per la Città e i centri limitrofi. Il magazzino era coordinato da don Salvatore Messina. Ufficio postale di seconda classe e Ufficio telegrafico con orario continuato 3 corse al giorno di autobus Bagnara-Villa San Giovanni-Bagnara Un Delegato Scolastico mandamentale, svolgeva le funzioni di ispezione per l’intero Mandamento. All’epoca era responsabile don Paolo Tripodi A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 27 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Il possidente terriero don Antonio De Leo, era il vice-console del Portogallo A Bagnara erano attivi cinque alberghi: o Rosa Cosentino o Donna Gianna Leuzzi o Don Peppino Polimeni o Carmelina Versace o Don Sarino Lopresto Funzionava un negozio di vendita di armi (da caccia e da difesa personale oltre a una scelta IL LIBERTY A BAGNARA Palazzo Barilà sul corso Vittorio Emanuele (particolare di un balcone) varietà di armi bianche) con annesso laboratorio di riparazioni e manutenzioni. L’attività era gestita da mastro Vincenzino Patané Funzionava anche una banca, controllata indirettamente dalla famiglia De Leo. Era la Banca Popolare Cooperativa. Bagnara era sede di tre storici e rinomati cantieri navali, tutti gestiti da elementi di un’unica famiglia, che della cantieristica navale a Bagnara si occupava fin dal secolo XVI, i Barbara. Erano: o mastro Peppino Barbara o mastro Virgore Barbara o mastro Sante Barbara Cinque erano le botteghe che costruivano e vendevano botti per vini, liquori, prodotti caseari e conserve ittiche: o mastro Saro Leuzzi o mastro Pascalino Lopez o don Mimmo Parisi o mastro Fortunato Parisi A latere della fabbrica di botti, operava una schiera di forgiari specializzati nella manifattura di cerchioni. Gestivano l’importazione e vendita di cerchi e avevano laboratori attrezzati per la rifinitura e la riparazione del materiale. Erano coadiuvati da: A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 28 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara o o don Vincenzino Barilà mastro Peppino Tripodi Di particolare pregio era la produzione di candele di cera a Bagnara: di tutti i tipi e le dimensioni. Operavano tre botteghe di fabbricazione e vendita: o don Totò Dipino o don Mimmo Dipino o mastro Melino Frosina Un’altra merceologia di grande successo e rinomata in Italia, fu quella delle produzioni dolciarie. Iniziata come fornitura per cerimonie matrimoniali, battesimi, cresime e ricorrenze varie, si sviluppò nel tempo fino a divenire attività artigianale-commerciale di prim’ordine. All’epoca risultavano: i seguenti laboratori di produzione e vendita di confetteria, pasticceria e cioccolato: o D. Carmine e d. Virgore Cardona o don Melino Castellano o don Pascalino Castellano o don Cecè Castellano o mastro Mimmo Cardone o don Francescantonio Cardone Le attività dolciarie erano in un certo senso pilotate da quella che può considerarsi una delle attività simbolo di Bagnara: il torrone. Il torrone di Bagnara, a inizio del XX secolo era esportato in tutto il mondo. La grande fabbrica era di proprietà di don Francescantonio Cardone, il quale gestiva, come notato, anche quella confettiera e dolciaria. IL LIBERTY A BAGNARA Viste le necessità delle rasole, le barche, Villa Saffioti (particolare del cancello) le segherie e i cantieri navali, a Bagnara erano attive due fabbriche di cordame, entrambe facenti capo alla famiglia Coletta: o mastro Gianni Coletta o mastro Vincenzino Coletta Molto dinamica era l’attività di tre molini per la produzione di farine, attività gestita da o mastro Vincenzo Buonfiglio o mastro Nino Gaglioti o mastro Vincenzo Gaglioti, A Bagnara le farine di produzione locale, non destinate alla panificazione, alla produzione di dolciumi e alla produzione di pasta alimentare, erano vendute al dettaglio in due negozi: o mastro Demetrio Pedace o mastro Saverio Surace con attività commerciale molto sostenuta. Erano moltissime le famiglie che provvedevano al pane e alla pasta preparate in casa Le cerimonie matrimoniali, battesimi, cresime, funerali, erano particolarmente solenni a Bagnara, come cennato, e dunque esercitavano abilmente due fotografi, con laboratorio di sviluppo e vendita di materiale tecnico: o mastro Nino Denaro o mastro Mimmo Russo Anche le segherie rilasciavano materiale per la vendita al dettaglio per la costruzione di abitazioni, mobilio (del quale si occupava, con produzione di pregio, don Vincenzino Punturi), suppellettili, attrezzatura e quant’altro. La vendita avveniva in ampi magazzini di esposizione, con allegato macchinario per la rifinitura e la personalizzazione. Facevano capo a: o mastro Nino Buonfiglio o don Peppino Cacciola o don Sarino De Leo A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 29 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara o mastro Nino Leuzzi che univa l’attività a quella di bottaio, come sopra cennato o mastro Rocco Lupini o don Nicola Savastano o don Peppino Tripodi o mastro Rocco Ventre L’attività di don Vincenzino Barilà non riguardava solo il commercio delle botti e attrezzatura specifica. Possedeva un grande magazzino ove esercitava la vendita al dettaglio di cereali e di olio pregiato da tavola. Erano ben tre i magazzini per la vendita al dettaglio di olio a Bagnara o don Vincenzino Barilà o mastro Vincenzo Cutrì o don Totò Placanica Sempre collegati alla tradizione di cerimonie matrimoniali, battesimi, cresime, compleanni e quant’altro, funzionavano a Bagnara ben 4 negozi di oreficeria e quattro mastri ottonai, tutti con annesso laboratorio di riparazione, trasformazione, adattamento, ecc. Risulta che si eseguissero lavori pregiati tant’è che molta gente veniva a Bagnara dai paesi vicini per servirsi dei nostri mastri orafi: o mastro Alfonso Castellano o mastro Ciccio Foti o cav. don Pietro Peria o don Gianni & don Pietrino Saffioti o don Peppino Cristina (ottonaio) o mastro Gianni e mastro Gaetano Dato (ottonai) o mastro Saro Idà (ottonaio) o mastro Cecé Pirrotta (ottonaio) I forni a Bagnara erano sette: o commare Melina Calarco o mastro Loigi Dato o mastro Loigi Fedele o mastro Paolo Fedele o ditta fratelli Oriana o mastro Sarino Frosina o mastro Santi Frosina Accanto ai fornai, operavano anche tre fabbriche di pasta alimentare di tutti i tipi e misure: o don Cecé e donna Teresa Buonfiglio o mastro Mimmo Dato o mastro Peppino Frosina (l’arte applicata ai cereali fu conservata dalla famiglia Frosina fino alla metà del XX secolo) La famiglia Certo esercitava a Bagnara il commercio di saponi industriali e domestici e possedeva un laboratorio di produzione di un ottimo sapone artigianale all’olio di oliva. Due le attività della famiglia: o mastro Ciccio Certo o mastro Peppino Certo Sempre e ancora legata principalmente alle funzioni cerimoniali già più volte cennate, ma anche alla conservazione dei costumi locali e le necessità della buona borghesia locale, esercitavano a Bagnara ben diciassette negozi di abbigliamento, quasi tutti con annessa sartoria di confezionamento, riparazione e adattamento di abiti maschili e femminili: o don Carmine & don Ciccio Cardone o don Mimmo & don Sarino Cesareo o mastro Nino Corigliano o mastro Gianni Dato o mastro Gregorio Frosina o don Sarino Isaia o mastro Gianni Lopresto o mastro Cecé Macrì o don Ciccio Messina o don Peppino & don Totò Messina (con annesso negozio di tessuti) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 30 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara o mastro Sarino Papaglia o mastro Sarino Patané o mastro Cecé Punturi o don Paolo Spoleti o mastro Sarino Velardo o mastro Saro Vizzari Alle sartorie si aggiungevano i negozi di tessuti: o mastro Nino Cosentino o mastro Nino Dato o mastro Sarino Frosina o don Peppino Messina e ancora le tintorie specializzate: o mastro Mimmo Mangione o mastro Peppino Tripodi Vi era una fabbrica di sedie, oltre a numerose piccole attività, esercitate per lo più sul marciapiede avanti casa, per la produzione anche di scope di saggina: o mastro Nino Patané Come cennato nel testo, a Bagnara funzionava una bottega per la vendita di vini confezionati e sfusi. I vini sfusi erano locali e derivavano dalla vinificazione di ben 13 vitigni. Una vinificazione che era di qualità altamente superiore.27 L’attività era gestita da o mastro Peppino Versace Le attività classificate come professionali, erano le seguenti: o Farmacisti 1. Dr. Paolo Cardona 2. Dr. Ciccio Pentimalli 3. Dr. Paolo tripodi o o Medici e Medici chirurghi 1. Dr. Antonino Arena 2. Dr. Cesare Candido 3. Dr. Totò Candido 4. Dr. Enrico Cardone 5. Dr. Cecé Careri Pittori 1. don Vincenzo Ciccone (il primo “u Pitturi”) 2. don Peppino Ciccone 27 Per l’elenco, la descrizione e la classificazione delle viti coltivate in agro di Bagnara, si rimanda alla trattazione in: TITO PUNTILLO – ENZO BARILÀ, Civiltà dello Stretto, ecc., Periferia ed., Cosenza 1993 – esaurito ma ancora disponibile presso la Libreria Parrello di Bagnara. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 31 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara IL LIBERTY A BAGNARA Casa Capomolla sulla Piazza Municipio (particolare) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 32 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara IL LIBERTY A BAGNARA La splendida veranda in vetro e ferro battuto di Casa Candido, all'angolo fra il Corso Vittorio e via Catalano. La Casa Candido proseguiva con un tetto a cascata, ornato alla base da bellissime frange di legno lavorato. La veranda è adesso andata perduta, sostituita da una costruzione moderna e scontata. A completamento delle attività commerciali, industriali, manifatturiere e artigiane di Bagnara, ecco l’elenco delle attività al minuto: o Vendita di Calzature, Ciabattini e Botteghe artigiane di scarpe 1. m. Sarino & Salvatore Aiello 2. m. Ciccio Barilà 3. m. Ciccio Calarco 4. m. Sarino Candido 5. m. Nino Carbone 6. m. Peppino De Leo 7. m. Peppino & Ciccio Idà 8. m. Gino & Vincenzino Isaia 9. m. Pietro & Rocco Leonardis 10. m. Gaetano Macrì 11. m. Raffaele Macrì 12. m. Cecé Messina 13. m. Ciccio Molinaro 14. m. Pasquale Parisi 15. m. Mimmo Veneziano o Vendita di cereali 1. m. Serafino Barbaro 2. m. Sandro Barilà 3. m. Carmine Barillà 4. m. Mimmo Barilà 5. m. Peppino Barilà 6. m. Sarino Barilà 7. m. Cecé Barilà 8. m. Peppino Caratozzolo A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 33 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. o o o m. Rocco Certo m. Cecé Corigliano m. Peppino Dato m. Cecé Gentiluomo m. Pasquale Gioffré m. Mimmo Messina m. Nino Morello m. Ciccio Morello m. Mimmo Musumeci m. Cecé Santagati m. Gianni Spampinato m. Saverio Surace Drogherie 1. m. Saro Leonardis 2. m. Saro Marra 3. m. Nino Monteleone 4. f.lli Spoleti 5. m. Vincenzino Pavia Negozi di generi diversi 1. m. Achille Dato 2. don Eustacchio Del Gaudio 3. m. Gianni Farina 4. m. Vincenzo Pavia 5. m. Pasquale Punturi Lino e telerie pregiate 1. m. Vincenzo Barbaro 2. m. Antonio Cosentino A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 34 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 3. donna Nina Gioffré Negozi di vendita e riparazione (con laboratorio) di pellami 1. m. Vincenzino Caratozzolo 2. m. Vincenzo Ventre o Pizzicagnoli 1. donna Melina Calarco 2. m. Benedetto Donato 3. m. Ciccio Leonardis 4. m. Peppino Morello (il primo “brahatu”) 5. m. Sarino Santamaria (il primo “Suluvestru”) 6. m. Carmine Versace Le attività commerciali di Bagnara, come si nota facilmente, erano diversificate e tutte magnificamente funzionanti. Molta della produzione artigianale e industriale di Bagnara, veniva esportata insieme alle ceste e ai legnami semilavorati. Due gli spedizionieri che si occupavano di tutte le pratiche necessarie: o don Vincenzino Gentiluomo o don Vincenzino Russo Oltre ai Molini, lungo lo Sfalassà operava una grande cartiera, già di proprietà del Duca di Bagnara fino a tutto il Settecento e poi passata al Comune dopo la legge dell’abolizione della feudalità in Calabria. Ha funzionato fino a tutti gli Anni Cinquanta del XX secolo, per poi essere prima abbandonata e poi definitivamente annientata (si trattava di una costruzione del XVI secolo, ancorché più volte ampliata e ammodernata). Personalmente ho fatto in tempo a visitarla perché il maestro Dato in terza elementare ci accompagnò per farcela vedere in funzione (ma all’epoca tutte le classi, a turno, andarono alla Cartiera Ducale per vedere come nasceva la carta). Ricordo anche i camion stracarichi che percorrendo la via Garibaldi, portavano alla cartiera resti di carta, cartone e stoffe da riciclare in nuova carta. La cartiera di Bagnara produceva in grandi quantità tre tipi di carta: o Una carta ruvida, formato A3, di colore giallo paglierino, usata nei negozi alimentari prevalentemente per il pane o Una carta sempre in A3 da 90 milligrammi circa, di colore grigio chiaro, che veniva usata per la vendita degli spaghetti e del pesce o La mitica “carta oliata” in formato A4, che serviva per i commestibili con olio e burro ma anche per i formaggi teneri e le conserve salate. o Questa era la Bagnara d’inizio secolo XX, la Bagnara Belle Époque, popolata da una sofisticata piccola e media borghesia, e da una variegata classe proletaria, quasi tutta detentrice di un lavoro “in proprio”, oltre ai salariati che lavoravano nelle segherie e nelle botteghe artigiane e il consistente battaglione di ragazzi e ragazzini che andavano “a mastro”. Una Bagnara fiorente, bella e bellicosa. Manca nell’elenco della Bagnara laboriosa d’inizio secolo XX, il nome dell’avvocato Vincenzo Morello.28 28 Si veda: LINA ANZALONE, Storia di Rastignac. Un calabrese protagonista e testimone del suo tempo, Rubbettino ed., Soveria M. 2005, che tenta una faticosa difesa del personaggio, inviso a Gramsci ma ben di più alla sua Bagnara, verso la quale, nell’addio che egli scrisse dopo il “tradimento” elettorale, riversò odio e discredito. Il testo contiene una bibliografia A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 35 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara 12.- Vincenzo Morello Nel 1883 Morello era approdato a Bagnara coll’intenzione di aprire uno studio legale e dedicarsi all’avvocatura. Le risposte della cittadina non furono quelle attese dall’intraprendente Morello e così poco dopo lasciò Bagnara e fece fortuna altrove. Tornò a Bagnara, carico di gloria, nel 1895 chiamatovi dagli avversari di don Antonino De Leo, quale candidato alla Camera nella XIX legislatura. Si presentò disquisendo di politica nazionale, relazioni internazionali, critica letteraria, filosofia mentre più pertinenti furono i comizi dei sostenitori di don Antonino De Leo. Per battere il pericoloso avversario, De Leo cedette alle rivendicazioni contadine, promettendo la costruzione di stradine vicinali e l’ammodernamento dei villaggi agricoli. E in tale maniera, con 1420 voti, De Leo batté Morello, sostenuto da 950 voti. Gli interessi del potente possidente di Bagnara, erano salvi. competente ed esaustiva; ISABELLA LOSCHIAVO PRETE, Vincenzo Morello. Rastignac, vita e opere, Rubbettino ed., Soveria M. 1985 ma si tratta di una asciutta biografia del personaggio con una selezione di poesie e scritti vari. Più pertinenti sono le pubblicazioni di ADOLFO ORVIETO (Kodak): L’istantanea: Vincenzo Morello, Il Marzocco, IX, 1904 nr. 47; V.M. Rastignac, Infanzia e giovinezza di illustri contemporanei, IV, Firenze 1911; T. ROVITO, Letterati e giornalisti italiani contemporanei. Dizionario bio-bibliografico, Napoli 1922; M.MISSIROLI, Rastignac e il suo tempo, Uomini e giornali: i grandi giornalisti di ieri negli scritti dei giornalisti di oggi, a cura di S.Negro, Firenze 1947; G,NATALE, Vincenzo Morello, Almanacco Calabrese, 1952, vol. 2; L. ALIQUÓ RENZI – F. ALIQUÓ TAVERRITI, Gli Scrittori calabresi, Reggio C. 1955; G.GATTI, Gabriele D’Annunzio e Vincenzo Morello, Almanacco Calabrese, 1963, vol. 13; Altre notizie in Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani e, più recentemente, CARMELA GALASSO, Biografie di personaggi noti e meno noti della Calabria, L.Pellegrini ed., Cosenza 2009 . Altre indicazioni sono nell’ampia bibliografia contenuta nei testi citati. Nato a Bagnara nel 1860 da don Antonino Morello e donna Maria Grazia Gentiluomo, si laureò in giurisprudenza a Napoli e quindi si trasferì a Pisa ove fondò Il marchese Colombi (Il Marchese Colombi. Giornale di Cronaca italiana. Diretto da L. Fortis — Milano, La Direzione era in via Soncino Morati , 15 La stampa del giornale era a cura della tipografia Bortolotti di G. Prato). Dopo la laurea, nel 1883, si trasferì a Bagnara per esercitarvi l’avvocatura che abbandonò poco dopo per tentare fortuna migliore altrove. Ebbe parte attiva durante lo scandalo della Banca Romana, avendo assunto la difesa di Antonio Monzilli e Carlo Cecchi nel processo Romolo Murri. Difese anche l’onorevole Pennisi (Memoria in difesa delle ragioni dell’onorevole Pennisi dinnanzi la giunta delle elezioni, tip. Agostiniana, Roma 1921). Assunse quindi la carica di redattore ne Il Piccolo di Napoli polemizzando con Giovanni Bovio (lo accusò pubblicamente di errori marchiani e di copiose copiature) e quindi passò al Corriere di Napoli. Passò quindi a Roma, passando dal Don Chisciotte a Capitan Fracassa e quindi alla Tribuna ed è qui che iniziò a firmarsi Rastignac richiamandosi direttamente al celebre Eugène de Rastignac personaggio principale di Papà Goriot, la principale fra le novelle di Balzac. Fu fondatore e animatore di diverse altre testate, Morello fu amico di D’Annunzio frequentandone la casa. Qui si mise a corteggiare la moglie del Poeta, donna Maria Hardouin di Gallese. D’Annunzio alla fine s’accorse della tresca e apostrofò severamente la moglie fedifraga, la quale tentò il suicidio gettandosi da una finestra (cfr.: E. De Michelis, Guida a D’Annunzio, Torino 1988). Dopo la riconciliazione fra i due personaggi, l’amicizia risbocciò fiorente. Critico teatrale e letterario, anch’egli poeta (a modo suo) Sostenitore di Crispi, nemico giurato di De Petris, interventista per la guerra di Libia, nemico dichiarato di Giolitti e quindi fascista della prima ora, Morello fu nominato senatore nell’aprile 1923, accettò la nomina poiché nel Parlamento, il Senato era divenuto “il Senato di Mussolini”. Morello nel 1900, coi soldi di don Ignazio Florio, fondò e diresse L’Ora di Palermo, con un abbrivo iniziale notevole, anche per la partecipazione del D’Annunzio, prima di trasferirsi, due anni dopo, a Firenze quale direttore di Cronache Letterarie richiamando per la pubblicazione nella Rivista, firme eccellenti: Pirandello, Prezzolini, Cecchi, Bontempelli, Bacchelli, Diego Valeri. Si staccò dal movimento fascista nell’Aprile 1930. Morì a Roma il 30 Marzo 1933. V. MORELLO, Strofe, tip. Morano, Napoli 1881; Per Antonio Monzilli, Roma 1893; Processo Murri. I delitti della gente onesta; l’arringa pro-Secchi, Casa Editrice Nazionale, Roma 1906; Politica e bancarotta, Unione Cooperativa ed., Roma 1894; Il contratto agrario. Studii e proposte, Bertero ed., Roma 1899; Il teatro: una Musa scomparsa, La via italiana nel Risorgimento, III Serie, Firenze 1900; Il teatro del Quarantotto, L’energia Letteraria ; Sulla Francesca da Rimini del D’Annunzio, L’energia Letteraria; La flotta degli emigranti, Società Tipografica Editrice, Torino 1907; Il malefico anello, Treves ed., Milano 1910; L’amore emigra, tip. Editrice Nazionale, Roma 1912; I condottieri, Milano 1921; Il libro della guerra di Rastignac, Società Tipografico-Editrice, Torino 1915; L’Adriatico senza pace, Alfieri & Lacroix ed., Milano 1919; Il roveto ardente, Vallecchi ed., Firenze 1926; Dante, Farinata, Cavalcanti, Mondadori ed., Milano 1924; (a cura di) Scritti politici di Benito Mussolini, Milano 1924; in: La civiltà fascista illustrata nella dottrina e nelle opere, a cura di G.L.Pomba, Torino 1928; La dissoluzione del vecchio regime e Il nuovo regime e Mussolini, UTET, Torino 1928; La Germania si sveglia. Dopo Locarno e Thoiry, Cremonese ed., Roma 1931; Il conflitto dopo la Conciliazione, Bompiani ed., Roma 1932; Nell’arte e nella vita, Sandron ed., Palermo 1900; Pulvis et umbra, versi, tip. Forzani, Roma 1897; L’albero del male di Rastignac, B. Lux ed., Roma 1914; Leggendo, Napoli 1916; Germinal, La Concorrente ed., Bologna 1912 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 36 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Fu clamorosamente battuto dunque, per la migliore attendibilità sui programmi offerti dai deliani alle classi lavoratrici della Città, ancorché esse restassero ostili ai De Leo. Valse insomma, la praticità della politica rispetto ai suoi astratti ideali. Lasciò Bagnara indignato Bagnara insultandola in una serie di articoli, come ghetto malefico e ignorante e avvisando che mai più vi avrebbe rimesso piede. I Bagnaroti si ricorderanno di questo torto e lo cancelleranno dalla loro memoria e dalla loro vita. Fu da allora totalmente ignorato. Quando morì, Morello lasciò il proprio materiale letterario, compresa la biblioteca, al Comune di Reggio e al funerale tenutosi in Bagnara nel 1934, parteciparono praticamente solo le autorità locali e provinciali. Fu sepolto in un magnifico mausoleo, opera dell’architetto Carlo Pouchain, al quale si accedeva attraversando un lungo viale alberato. La notte successiva alla cerimonia, gli alberi furono tutti tagliati. Quando ero ragazzo (diciamo alla fine degli Anni Cinquanta) e gli anziani mi raccontavano queste cose, assumevano un’espressione seria e non esitavano a perpetuare la condanna verso questo personaggio ancora oggi ignorato dai più e avversato da chi conosce, almeno un poco, la storia di Bagnara. 13.- Lotta politica all’ultimo voto e clientelismo Bagnara bellicosa anche politicamente dunque. Bagnara era stata nominata Capocolleggio nel 1892 e quell’occasione risultò determinante per la vittoria di Carmelo Patamia, rappresentante della Sinistra Moderata.29 Nel 1897 i Socialisti di Bagnara, appoggiati dai gruppi progressisti, riuscirono a convogliare su Costantino Repaci oltre il 20% dei voti dei votanti nel Collegio di Bagnara. Ma la lotta politica s’infiammò negli anni successivi. Nel 1907 De Nava ottenne il sostegno cattolico a Reggio lanciando la lista Tripepi contro la lista Camagna, massone e anticlericale, in aperta e accesa polemica col cardinale Portanova. La competizione fu durissima, con scontri anche fisici, i cui riverberi sfiorarono Bagnara, dove i socialisti locali inneggiavano alla memoria e gloria di Garibaldi, condannando l’intromissione clericale nei fatti civili. Alla fine De Nava ebbe la meglio vincendo a Reggio e Bagnara e scelse proprio Bagnara come Collegio da rappresentare, da egli definito il “suo vecchio e fedele Collegio”.30 A metà marzo del 1909 (a terremoto ancora recente), Camagna si presentò a Reggio avendo ancora come avversario Giuseppe de Nava. Era forte l’ostilità verso un Giolitti restio a concedere maggiori sostegni finanziari e agevolazioni fiscali a Reggio martoriata. De Nava scelse ancora la baraccata Bagnara e quindi Camagna rientrò in lizza a Reggio contro Alessandro Tasca e vinse. Nel 1913 fece la sua prima comparsa il suffragio universale maschile, voluto da Giolitti come séguito del Patto Gentiloni. Contava di poterlo utilizzare per fare confluire i voti di larga parte della popolazione meridionale nelle sue liste. Camagna vinse facilmente sul socialista Peppino Mantica “il barone Rosso”, mentre a Bagnara, De Nava superava ancora lo sbarramento progressista che aveva messo in campo il patologo universitario napoletano Rocco Caminiti, originario di Villa San Giovanni. La coalizione socialista-radicale ebbe l’appoggio di tutte le Società Operaie ma i 2420 voti ottenuti, non furono sufficienti contro i 4492 ottenuti da De Nava. Troppo forte la coalizione dei latifondisti calabresi facenti capo alla famiglia De Leo, loro punto di riferimento. E in effetti, il dirottamento delle preferenze verso i candidati conservatori, era sempre un successo perché costituito da ampie fasce proletarie che votavano il candidato dei latifondisti in cambio di concessioni, privilegi, sussidi e migliori servizi comuni. Era un sistema clientelare oliato e praticamente imbattibile, quello che gravava su Bagnara, malgrado la resistenza strenua, talvolta disperata dei 29 Così in ROCCO LIBERTI, L’Ottocento: un’Età di crisi e di rinascita, Scilla. Storia, Cultura, Economia, Rubbettino ed., Soveria M. 2002 30 Ho optato per il collegio di Bagnara dal quale ebbi la prima elezione, e che per cinque volte mi confermò unanimemente il mandato. E così richiamò su di sé l’ira dei Socialisti e il giornale “Risurrezione” annotava: I superstiti lo vogliono deputato a Reggio, ma de Leo e Patamia non gli permettono di allontanarsi da Bagnara. Dovendo rappresentare a Bagnara il latifondo e a Reggio i preti e i nemici del latifondo, ha già stabilito di assentarsi in tutte le discussioni che si prestano all’equivoco. E così, anche, lo schieramento di de Nava cercava di avvicinarsi, tramite Camagna, al partito di Giolitti per meglio sfruttarne le potenzialità a proprio favore (I FALCOMATÀ, Giuseppe De Nava. Un conservatore riformista meridionale, Reggio C. 1977; GAETANO CINGARI, Storia della Calabria dall’Unità ad oggi, Laterza ed., Bari 1982) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 37 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara democratici e dei socialisti. E gli scontri che frequentemente si verificavano, vertevano proprio sulla denuncia del clientelismo praticato dai ricchi con lo scopo di mantenere inalterati i privilegi locali e provinciali, primo fra tutti l’elezione del Sindaco, le cariche municipali, gli uffici fiscali e doganali, il governo della produzione cerealicola, dell’allevamento, dell’agricoltura, dell’industria estrattiva del legno e sua lavorazione. E così Bagnara passò da una rappresentanza concessa a Saverio Vollaro ininterrottamente dal 1865 al 1882, a una conservatrice concessa ininterrottamente a De Nava, specchio riflesso dei De Leo.31 E mentre la battaglia per i diritti civili e la libertà continuava a Bagnara più accesa che mai, continuava anche la vita del bel mondo. Ebbe il suo apice nel 1911, quando iniziò la costruzione della Villa De Leo in un trionfo di liberty all’esterno, ma soprattutto all’interno, fra marmi pregiati, lampadari di cristallo, tappezzeria di seta, mobili e suppellettili di inestimabile valore e ambientazione “trionfale”, ad 31 Su Vollaro, Massone come Stefano Romeo, patriota e combattente antiborbonico nel 1848 e eminente deputato della Sinistra Calabrese, v. B. POLIMENI, Anarchici, socialisti e repubblicani in provincia di Reggio Calabria alla fine dell’Ottocento, Calabria Sconosciuta, XIX (1996), nr. 69 A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 38 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara iniziare dalla spettacolare scalinata d’onore del vestibolo, con passamano in mogano e finiture in bronzo cesellato, per finire alle vetrate intarsiate. La villa era circondata da un fiorente giardino, sistemato a isole fiorite, attorno a monumentali palme, alcune delle quali, di enorme valore botanico, come la Palma della Gran Canaria (Phoenix Canariensis) e la Palma Americana del Deserto (Washingtonia Philifera), presente nello Stato dell’Arizona. Il centro del giardino era dominato da un’araucaria (un’altra simile era nella Villa Lina, dirimpettaia alla Villa Foti), alla quale facevano da corolla palme mediterranee e fioriere d’alto e medio fusto. La Villa concentrò molte delle adunate fra benestanti locali e provinciali, e ospitò eminenti personaggi politici, intellettuali, scienziati, artisti. Nel 1925 ospitò il Duca di Pistoia, che volle venire a Bagnara dopo aver sentito discorrere molto bene a Corte, della caccia al pescespada; caccia che si praticava dall’inizio di Maggio a fine Luglio in quelle acque. Don Tommaso Ciccone fu l'ultimo della grande dinastia di mastri Accolto dalle autorità locali e provinciali, il Duca si recò sul sito decoratori, pittori, pasticcieri e commercianti ove stava la vedetta di Marturano e da colà ammirò la distesa del che operarono a Bagnara fino a tutto il XX golfo calabro mentre gli veniva spiegata la procedura della caccia. secolo. Nella villa fu servito un sontuoso rinfresco al quale partecipò tutta la società-bene di Bagnara. Il Comm. De Leo donò quindi all’Altezza Reale una copia pergamenata del carme “Xiphia” di Diego Vitrioli. Quindi il Duca si affacciò al balcone della villa per salutare la folla acclamante. Nella serata, dopo la colazione e il riposo, il Duca scese alla marina, ove l’attendeva una torpediniera e si imbarcò alla volta di Reggio, scortato da numerose palamitare bardate a festa.32 14.- La fine di un mito in un proverbio memorabile In questo clima ardente, composto da momenti di giuliva goduria pseudo-aristocratica, e momenti di forte lotta di classe, l’animo di don Vincenzo passava da stati di umore positivo, a lunghi momenti di disperazione nel constatare come la società stesse fatalmente scivolando nel baratro della volgarità e dell’istinto. Continuava a mantenere un’identità pregna di grande raffinatezza e quindi, ad esempio, mandava un bigliettino all’amico, avvisandolo di non poter rispettare l’appuntamento: Mio caro Commendatore: mi rincresce davvero non poter esser presente questa sera alla bella riunione festiva da te voluta e organizzata. Purtroppo un leggero insulto influenzale m’impedisce di onorare l’impegno come avrei voluto! Ti prego di rammentarmi presso la tua Signora con tanti doveri e con i miei migliori sentimenti e di accettare, mio cortese amico, i sensi della mia più profonda considerazione, espressa in amicizia sincera … Se questa era una missiva indirizzata a un amico, di diverso e più cerimonioso tenore era la missiva se indirizzata a una personalità di spicco. In genere terminava più o meno così: … Passo a rassegnarmi coi sentimenti della considerazione più distinta. Di lei Signore. Bagnara li …. Dev.mo et obbl.mo servitor vero Don Vincenzo Ciccone. Sul finire della sua bella stagione di vita, don Vincenzo divenne sempre più pessimista e odioso dell’assetto sociale che a Bagnara cominciava ad emergere, attraverso i “nuovi ricchi” e la maggior frequentazione dei terrazzani, della Bagnara bassa, una volta esclusivo paradiso dei benestanti ivi stanziali. 32 FRANCESCO CICCONE, Antonio De Leo nella vita e nelle opere, tip. S.Pezzino & Figlio, Palermo 1938 (XVI) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 39 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Scendevano la domenica e durante le festività per fare razzia di gelati e dolciumi e qualche comitiva si recava persino sulla spiaggia a prendere il bagno! Ma è proprio questa fase della vita di don Vincenzo che si ricorda a Bagnara. Taciturno, schivo, serioso e con scarsa voglia di comunicare. Una volta un giovane e giocoso universitario che lo incrociò sul corso mente egli passeggiava facendo giravoltare il bastone, lo salutò a voce alta e convinta: Cavaliere Ciccone, buon pomeriggio! Egli s’arrestò di scatto e, girandosi lentamente verso il giovanotto, rispose con una frase che restò memorabile a Bagnara. Qualcuno dei più vecchi, certamente rammenta per averla sentita ripetere, con un sorriso, da qualche suo vecchio parente: … In tempi in cui son cavalieri tutti i farabutti, i piglianculo e i domator di muli, chiamatemi amico e mi sollazzo! A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 40 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Bruno Scataleo Verso la fine del 1850, un giovanissimo contadino di Pellegrina, per una di quelle dannate circostanze che ogni tanto capitano in natura, rimase, in sequenza, orfano di padre e di madre. Si chiama Bruno Gramuglia ma tutti lo conoscevano come “’U Scataleju”, Bruno Scataleo. Frastornato, privo di mezzi di sussistenza, ormai al livello della disperazione, Scataleo fu accolto da D. Carmine Romano e, per suo conto, mandato a sorvegliare i pascoli che la famiglia possedeva in Aspromonte. Nella pace fra le montagne, a diretto contatto con la natura, il ciclo delle stagioni, la serenità fra le greggi, Scataleo acquisì una sensibilità interiore straordinaria e tale da fargli percepire i sentimenti con un ardore emozionale che divenne istintivo. Nel contempo, le sue frequentazioni in Casa Romano si fecero via via più assidue, sicché Scataleo visse in prima persona e in presa diretta, le vicende che vi si svolgevano. L’arresto di D. Carmine, il suo esilio a Marsiglia, il suo ritorno a Bagnara dopo la Costituzione Borbonica e la sua nomina a Sindaco. Soprattutto, Scataleo assimilò le discussioni che si svolgevano fra i Patrioti che si ritrovavano dai Romano ogni sera: le aspirazioni, i sogni, gli ideali mazziniani, le vicende dei garibaldini che sempre più s’avvicinavano allo Stretto, i piani per una grande vittoria dell’Italia contro il Regime Borbonico e i sogni per un successivo, felice destino di Bagnara, della Calabria, del Sud unito all’Italia redenta. Verso la fine di Giugno del 1860, D. Nicola, nella sua villa di Olivarelli, iniziò in segreto la preparazione di un’area attrezzata per accogliere lo sbarco garibaldino, scegliendo una zona strategica aspromontana, i Forestali. Durante questa fase, Scataleo, stando sempre da presso ai congiurati liberali, maturò intensi sentimenti patriottici, immaginandosi che con Garibaldi, sarebbe giunta la redenzione per i contadini, finalmente uniti al padrone in un abbraccio pieno di affetto e considerazione; come dire: la terra avrebbe unito i cuori dei proprietari e dei coloni in una abbarco “democratico”, insomma.. Il generale Cialdini (da: “Wikipedia) Non sapeva Scataleo, che nel centro della Sicilia, qualche giorno prima, le bande garibaldine guidate da Bixio, avevano massacrato alcune masse di contadini che, credendo Garibaldi un liberatore, s’apprestavano a occupare i campi di quei padroni, quasi tutti legati alla Massoneria dei Florio e dei Rubattino e fautori dello sbarco delle Camicie Rosse a Marsala, dopo la congiura di Cavour e del “Partito Siciliano” a Torino contro il Re Francesco II° di Borbone e le stesse aspirazioni mazziniane. senatore del regno e tiranno dell’ex regno delle due Sicilie A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 41 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Né poteva immaginarsi che dopo, lo stesso Garibaldi si sarebbe presentato davanti a Vittorio Emanuele II°, a Teano, consegnando alle truppe di occupazione piemontesi, un grande Regno e un gradissimo Popolo. La successiva invasione piemontese del Regno fu inesorabile e bagnata del sangue dei patrioti rivoltosi, soprannominati “briganti” e della prosopopea del Generale Cialdini, il “bombardiere” di Capua e Gaeta, comandante delle truppe che dal 1861 iniziarono gli eccidi di interi villaggi lucani e calabresi, massacratore di innocenti contadini rei di aver favorito la fuga e il nascondiglio dei “briganti”. Questo fu il Generale Cialdini: senatore del Regno, e luogotenente Generale per le Due Sicilie, servo della peggiore Massoneria piemontese. Non poteva saperlo Scataleo così come non lo seppero le popolazioni meridionali, entusiaste durante l’attraversamento del Regno da parte delle bande garibaldine. Se ne accorsero però subito dopo, quando, dopo il passaggio di Cialdini, le leggi e l’imposizione fiscale piemontesi, azzerarono l’economia meridionale e distrussero tutti i fattori produttivi del nostro Regno. Una immagine memorabile per Bagnara: 20 agosto 1860 Lo sbarco garibaldino fra Favazzina e Bagnara in una stampa dell’epoca venduta a Torino. Si notano le “Palamatare” con l’antenna a prua sormontata dalla caratteristica sfera “stellare” Sullo sfondo il Capo Marturano con sovrastante l’isolata costruzione già notata in E.Lear. (Torino, collezione privata – vietata la riproduzione) Scataleo dunque, non stette nella pelle e un impeto di felicità lo colse quando D. Carmine gli A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 42 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara passò le istruzioni per recarsi alla marina alla testa di una squadra di montanari, per accogliere i garibaldini e condurli, attraverso sentieri sicuri, ai Forestali. Così come i guardacoste borbonici non riuscirono a prendere contatto con le “Palamitare” pilotate dai valenti contrabbandieri sciglitani e bagnaroti, la Guardia Borbonica che aveva il suo Quartier Generale a Bagnara, perse subito il contatto con la colonna che si dileguava fra gli anfratti della costiera calabrese, guidata verso la montagna dai pastori di Bruno Scataleo. Una volta ai Forestali, fu subito decisa un’azione su Bagnara, con l’obiettivo di: 1. destabilizzare l’organizzazione della Guardia Borbonica; 2. favorire la fase finale dello schieramento garibaldino con lo sbarco della parte centrale della spedizione (che avverrà poi a Favazzina con De Flotte); 3. alimentare la rivolta popolare contro gli insediamenti militari e civili dei realisti. A Bruno Scataleo fu dunque dato l’incarico di «Scout» di una piccola spedizione che, attraverso le gole dello Sfalassà, penetrò a Bagnara prendendo contatto col reparto borbonico stanziale. Dopo un paio di scariche di fucileria, e quindi esaurita la sorpresa, la spedizione si ritirò immediatamente, sempre guidata da Scataleo, scartando fra sentieri sconosciuti agli esploratori borbonici e quindi facendo perdere le sue tracce. Ma Scataleo, nel marasma della breve battaglia, venne riconosciuto e, qualche giorno dopo sceso egli in paese per rifornimenti, arrestato e mandato alle fosse di Santo Stefano, la terribile fortezzaprigione di Messina. D. Carmine invece, riuscì a fuggire scendendo alla Catona ove prese un trasporto traghettando verso il Faro, al campo principale dei Garibaldini. le truppe del generale Cosenz stanno per sbarcate a Bagnara sullo sfondo, la rocca di Marturano (Torino, collezione privata – vietata la riproduzione) A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 43 Tito Puntillo Figure memorabili di Bagnara Terminato l’assedio di Messina, una volta che Capua s’arrese a Cialdini, Scataleo venne liberato e rientrò a Bagnara, sempre al seguito dei Romano con una fedeltà che s’era ulteriormente rinsaldata nel suo cuore. La Città gli volle dimostrare la sua riconoscenza sicché il Comune lo assunse alle sue dipendenze come messo e archiviarlo. Bruno Scataleo, così, passò gli anni della sua restante gioventù al servizio di Bagnara e per Bagnara e non ebbe né pretese altro. Il tempo trascorse inesorabile e con esso gli entusiasmi dei liberali e le gioie della “Liberazione”. Bagnara dimenticò. Un giorno, a 72 anni, Bruno Scataleo fu chiamato in Direzione egli fu comunicato che il suo servizio, data l’età, era da considerarsi concluso. Scataleo era stato dimesso, non era più al servizio del Comune e di Bagnara. Con sentimenti fra l’incredulo e l’irreale, Bruno Scataleo si ritrovò in mezzo alla strada e altro non seppe che fare che sedersi sulla scalinata del Municipio. Ogni giorno giungeva in quel luogo esattamente secondo l’orario di lavoro e lo abbandonava alla fine della giornata. Cosa faceva? Niente. Osservava la gente che entrava e usciva e il suo sguardo era di una dolcezza infinita; non chiedeva l’elemosina ma ossequiava i Signori del Palazzo e poi tornava a contemplare lontano, verso l’orizzonte, quasi a cercare sulla linea di demarcazione far il mare e il cielo, la visione di un passato che era stato carico di promesse e che forse stava adesso per giungere. Valeva la pena di aspettare, dopo le grandi sofferenze patite, si diceva Bruno Scataleo, eroe dimenticato di Bagnara. Una mattina non si presentò sulla scalinata del Municipio. Fu trovato morto sul suo povero lettino nella decorosa baracca che abitava. E poi di Bruno Scataleo si perse ogni traccia nella memoria storica di Bagnara. Qualche ricordo affettuoso fu conservato dai Romano e da qualche signore gentile che lo incontrava al mattino e riconosceva nel suo sguardo, la dignità e l’umiltà dell’eroe per davvero. E così lo descrisse in effetti Francesco Spoleti, in uno dei Ritratti di Provincia più commoventi, dato alle stampe nel 1900. Così lo ricordano i Romano. Non dimentichino i giovani di oggi che noi siamo stati un grande Popolo e fummo capaci di gesta di elevato valore fisico e morale; solo l’ignavia e la codardia dei Potenti ci oscurò l’orizzonte. Proprio per questo noi oggi, dobbiamo rivendicare con fierezza e determinazione la nostra Libertà, la Libertà per la Calabria. A.S.F.B. - QUADERNI BAGNARESI – a. II°, nr. 7 (Aprile 2013) | 44