Gli anni Ottanta e la chiusura della
vertenza internazionale
Negli anni Ottanta si consolida il “modello sudtirolese” che porta a uno sviluppo progressivo dell’offerta
turistica, mantenendo la proprietà in mano locale ed
evitando le cementificazioni. Un modello che solo da
pochi anni si va perdendo, attraverso una serie di progressive “liberalizzazioni” che hanno aperto le porte
alla forte richiesta di seconde case e a modelli di turismo meno rispettoso della natura.
Nel turismo, allo sviluppo frenetico degli anni Settanta segue un forte cambiamento, con il miglioramento
qualitativo dell’offerta turistica, che eleva gli standard,
pur riuscendo a mantenere i prezzi bassi, con i contributi della provincia. Le stagioni turistiche si allungano,
quella sciistica viene pianificata grazie all’innevamento
artificiale.
Gli anni Ottanta sono anche tempo di crescita della
società plurilingue, a dispetto delle scuole e delle società sportive separate. Spazi relativamente indipendenti
come i sindacati, la Rai, la scuola, permettono a chi
vuole sperimentare la convivenza o studiare la storia
senza fini propagandistici, di sviluppare le proprie iniziative e di raccontarle.
Escono libri importanti per la riflessione storica, e nel
1989, dopo due anni di lavoro di un gruppo interetnico di storici, si apre la mostra sulle opzioni, in cui si
elabora dal punto di vista scientifico, ma con forti riflessi emozionali, l’esperienza più drammatica della
storia sudtirolese recente. In poco tempo 30.000 persone visitano la mostra, successivamente dispersa, ma
il cui catalogo rimane un segno raro e forte di rivisitazione comune di un momento cruciale del passato.
L’autonomia si consolida e si comincia a pensare alla
chiusura della vertenza internazionale. Nel 1984 nel
corso delle manifestazioni hoferiane a Innsbruck sfila
nuovamente, portata da venti uomini, la corona di spine. Il presidente del Tirolo applaude, non così Silvius
Magnago. Striscioni che inneggiano all’autodeterminazione appaiono nel capoluogo tirolese. E come in ogni
fase determinante della lunga vicenda, fra il 1986 e il
1988 hanno luogo una serie di attentati, sia a strutture
pubbliche che ad abitazioni private. Gli autori, componenti del gruppo “Ein Tirol” vengono scoperti, processati e condannati. Il loro seguito popolare è tuttavia
molto ridotto, a differenza che negli anni Sessanta. Alcuni monumenti servono da catalizzatori del conflitto
fra gruppi linguistici. Primo fra tutti il Monumento della
Vittoria a Bolzano, teatro di infinite provocazioni, ma
anche quello all’Alpino di Brunico. Solo negli anni
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142. Illustrazione di Paul Flora.
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143. Catalogo della mostra sulle Opzioni del 1939, allestita
nella sede del Museion di Bolzano nel 1989-90.
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144. Opuscolo dell’Union für Südtirol contro la chiusura della
vertenza altoatesina.
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Novanta le autorità civili e militari rinunciano a usare il
monumento di Bolzano come luogo di cerimonie.
Questo lo depotenzia, e anche la posa di una targa trilingue che illustra brevemente la storia, contribuisce a
questo scopo. “Il mal di pancia” tuttavia colpisce entrambi i gruppi, quando, verso la fine degli anni Ottanta, è in vista la chiusura del pacchetto. Esaurite quasi tutte le previsioni, concordate nel 1969 fra Italia e
Austria nel cosiddetto “calendario operativo”, ci si avvia alla chiusura della vertenza aperta nel 1960 all’ONU.
L’autonomia è solida. Al vertice del partito etnico è
avvenuto un cambio generazionale, con il passaggio
della presidenza della giunta da Silvius Magnago ad
Alois Durnwalder, ma a capo del partito è rimasto Magnago, per superare con la sua autorevolezza le voci
anche forti che si levano. A sostenere la posizione dei
contrari all’autonomia arriva la caduta della cortina di
ferro e del muro di Berlino, l’indipendenza della Slovenia e della Croazia, la riunificazione della Germania,
la fine quindi del tabù dei confini immodificabili. Nell’estate del 1991, Ferdinand Willeit, deputato e aspirante alla segreteria del partito, chiede in una lettera ai
membri del direttivo che le trattative siano sospese e
che si riproponga l’autodeterminazione. Nel settembre una manifestazione a Gries am Brenner, opera dell’organizzazione giovanile della Svp, lancia la parola
d’ordine della riunificazione del Tirolo. È un flop, ma
l’ideatore e organizzatore, poi fondatore del nuovo
partito dei Freiheitlichen ispirato all’analogo partito di
destra austriaco guidato da Jörg Haider, verrà ucciso
pochi anni dopo in circostanze misteriose dall’ideologo degli Schützen. Italiani e tedeschi, abituati a ricorrere a Vienna e Roma per chiedere sostegno alle loro
posizioni, temono di trovarsi soli gli uni di fronte agli
altri e si chiedono se lo statuto sarà in grado di tutelare
le minoranze nazionali da eventuali tentativi di sminuire
l’autonomia da parte dello stato e, dall’altro lato, se
saprà tutelare le minoranze interne. I ladini sono scettici e contrari alla chiusura, non ritenendo di essere
sufficientemente garantiti dalle normative fino ad al54 lora approvate. Infine è il senatore e giurista Roland
Riz che guida la maggioranza del partito nelle ultime
serrate trattative che conducono alla chiusura. Sentita
la Svp, ma anche diversi altri partiti presenti in Consiglio provinciale, l’Austria dà il via libera. Il 19 giugno
1992 all’ONU viene consegnata la cosiddetta quietanza liberatoria, in cui i due paesi confermano di avere
adempiuto alle raccomandazioni del 1960 e del 1961.
È la vittoria di chi ha avuto fiducia nella possibilità di
convivenza di popoli diversi in una stessa terra, e ha
lavorato, spesso contro le maggioranze, per stabilire
principi e regole che la rendano possibile. È tempo di
gioire. Ma il Sudtirolo ha troppo a lungo coltivato lo
scontento e la sfiducia reciproca, la separazione ha segnato profondamente la società. Perciò si fa finta di
niente e questo impedisce ancora per molto tempo di
saper usare fino in fondo lo strumento di convivenza
con tanta fatica conquistato.
Il caso della farmacia di Laces
Nell’estate del 1981 si accese fra Stato e Provincia
un conflitto che ebbe risonanza internazionale.
Oggetto del contendere era la conferma definitiva
del farmacista provvisorio del paese di Laces in Val
Venosta. Di origine sarda, parlava bene il tedesco,
era sposato con una sudtirolese, ma non era di madrelingua tedesca. La provincia non lo voleva confermare. La gente lo voleva. La farmacia venne chiusa e poi riaperta. Il farmacista, e la gente del paese,
alla fine ebbero ragione.
“La farmacia di Laces” venne innalzata inutilmente a spettacolo mediatico prima nazionale e poi addirittura internazionale. Noi [Kucera era caporedattore del telegiornale di Rai- Sender Bozen N.d.R.] in ogni caso volevano sapere che cosa ne pensavano i diretti interessati, cioè gli
abitanti di Laces di tutta la faccenda e mandammo quindi
una troupe televisiva per fare un’inchiesta nel paese venostano. Il risultato: con un’unica eccezione tutti gli intervistati
erano contentissimi del loro farmacista Giunio Tanchis. Chi
non era contento era invece Alfons Benedikter. Egli mise in
atto la sua annunciata minaccia e il 7 ottobre [1981 N.d.R.]
sparò in un grande articolo di apertura sul Dolomiten, nella
sua funzione di vicepresidente della giunta provinciale una
pagina contro il Sender Bozen, “complice” di coloro che combattevano contro la parificazione della lingua tedesca”.
HANSJÖRG KUCERA, Auf und ab um Südtirol, Haymon Verlag,
Innsbruck 1991.
145. La rivista della destra austriaca “Der Tiroler” si schiera contro la chiusura della vertenza altoatesina.
Il Consiglio provinciale approva il 7 giugno 1990 con
larga maggioranza una mozione che istituisce una
Commissione composta da rappresentanti designati
da Stato, Provincia autonoma e Comune di Bolzano,
con il compito di elaborare delle proposte riguardanti
il futuro del monumento alla Vittoria. Si tratta di un
segnale forte: per la prima volta si decide di fare qualcosa insieme per ridurre il potenziale conflittuale dei
monumenti contrapposti. La Commissione lavora
dall’11 giugno 1991 al 10 giugno 1992. Nella relazione finale si esamina il significato storico del monumento e si propone di superare il passato trasformandolo da simbolo a testimone della storia.
Ecco la proposta operativa della Commissione:
A) Realizzazione, nell’area compresa tra il torrente Talvera e
il monumento alla Vittoria, di un luogo storico, a partire dal
recupero di tracce del precedente monumento al Kaiserjäger (…);
B) Elaborazione di un’ampia raccolta di documentazione sui
due monumenti e, in generale, sullo sviluppo architettonicourbanistico di Bolzano nella prima metà di questo secolo.
Questo elaborato dovrebbe ssere messo a disposizione delgi
studiosi nei luoghi più idonei (biblioteca, museo). Inoltre elaborazione di un compendio sintetico di tale raccolta, con carattere divulgativo.
C) Ridedicazione del luogo e allestimento di uno spazio mussale in loco, con esposizione di reperti documentali sui due momunenti e sui più significativi eventi accaduti a Bolzano e nell’Alto Adige in seguito al trionfo dei nazionalismi dall’inizio del
secolo alal fine della seconda guerra mondiale.
La relazione della commissione finisce in un cassetto. Nonostante le sollecitazioni né provincia né comune
danno segno di voler attuare il progetto. In vista delle elezioni provinciali del 1993, si ripropone la questione
della toponomastica, e il conflitto riprende.
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146. Il Monumento alla Vittoria di Bolzano.
147. Silvius Magnago e Roland Riz al
congresso SVP nel 1991.
148. Il passaggio di consegne alla presidenza della Giunta Provinciale di Bolzano tra Silvius Magnago e Alois Durnwalder.
149. Gli ambasciatori all’ONU di Italia e Austria consegnano la quietanza
liberatoria al segretario generale il 19
giugno 1992.
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150. La copertina della Südtiroler Tageszeitung dà la notizia dell’assassinio di
Christian Waldner, Consigliere Regionale
dei Freiheitlichen.
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DOLOMITEN
Il quotidiano dei sudtirolesi e
molti non se lo meritano proprio.
Questo supplizio giornaliero non
è così dannoso per ciò che dice
ma soprattutto per quello che tace.
È anch’esso un prodotto della
Athesia, la casa editrice che ha
il monopolio dell’informazione.
Le sue opere sono il Khamasutra
del sudtirolo, in esse la regione
viene presentata in tutte le
posizioni e varianti possibili.
EDELWEISS
151. Copertina della rivista “Arunda” dedicata al tema della
identità.
VINO
I pochi vini sudtirolesi
veramente buoni e corposi
finiscono in Svizzera, come
del resto i conti migliori.
È anche un raro caso di
matrimonio misto* non
contrastato.
* È noto che buona parte dei vini sudtirolesi vengono tagliati
con uva meridionale.
Raro fiore di alta montagna
detto anche stella alpina.
Simbolo della SVP (partito
popolare sudtirolese) è ormai
visibile quasi esclusivamente
sui suoi manifesti elettorali.
ITALIANI
Sono in genere la causa di tutti
i mali del Sudtirolo. Ma se non
ci fossero con chi potrebbero
prendersela i sudtirolesi;
magari finirebbero per litigare
tra di loro ed allora addio
all’unità della stella alpina.
Gli italiani, prima della loro
estinzione totale verranno quindi
messi tra le specie protette.
Testi di Gianni Bodini, apparsi nel numero di Arunda dal titolo
“La croce dell’identità”.
regeln
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152. Il poeta sudtirolese Norbert C. Kaser.
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“La gente delle semirurali guarda la nuova città che sta sorgendo
e non capisce perché questa non
abbia alcun legame con la storia e
la vita delle semirurali, non comprende perché si sia voluta rimuovere dalla città la memoria del
quartiere”.
153, 154. L’abbattimento delle Semirurali a Bolzano.
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155. Testata del “Volksbote”, organo della Südtiroler
Volkspartei
Una nuova cosiddetta “cultura sudtirolese” non può esserci d’aiuto, perché ci separerebbe facilmente dall’ambito culturale
tedesco. Nella vita culturale sudtirolese deve quindi valere un solo criterio: ogni gruppo etnico coltivi la propria peculiare identità
culturale. Quanto più evitiamo reciproche commistioni tanto più eliminiamo superfici di attrito e tanto meglio ci capiremo – per
quanto ciò possa sembrare un paradosso. Quindi non una commistione (Ineinander) ma solo una rispettosa vicinanza (Nebeneinander), alla larga da ogni società mistilingue, nella consapevolezza che bisogna difendere e promuovere con ogni mezzo la lingua
materna; anche se l’apprendimento della seconda lingua deve pure essere curato e rafforzato.
“Volksbote”, 20 settembre 1979
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