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La Chiesa, l’Opus Dei
e il Codice da Vinci
Un caso di comunicazione globale
Juan Manuel Mora
edusc
INDICE
INTRODUZIONE
9
PARTE I
UN FENOMENO DI MARKETING E DI COMUNICAZIONE 15
1. Il Codice da Vinci come fenomeno editoriale
1.1. Il contenuto del libro: in un ambito di simboli
1.2. Vittoria di un “best-seller”?
1.3. Il New York Times pone alcune domande
1.4. Le prime reazioni
15
16
18
21
25
2. Il film
2.1. Un caso senza precedenti: lanciare un “blockbuster” nell’era di
Internet
2.2. Una comunicazione integrata: la spoletta informativa
2.3. Le reazioni intorno al film
2.4. Alcune ombre sul successo della Sony
26
26
32
36
43
PARTE II
LA GESTIONE DELLA CONTROVERSIA
47
1. La pubblicazione del romanzo
1.1. Una fiction presentata come realtà
48
50
2. L’annuncio del film
51
3. Cambia lo scenario
3.1. La diagnosi
3.2. Le tre vie
3.3. I fattori di complessità 3.4. Gli obiettivi del piano di comunicazione
55
57
58
62
67
5
Indice
3.5. Cinque principi d’azione
3.6. I consigli degli esperti
3.7. La proposta finale
71
74
76
4. Le azioni dei Dipartimenti di Comunicazione dell’Opus Dei 78
4.1. Le posizioni pubbliche
78
4.2. La disponibilità verso i mezzi di comunicazione
83
4.3. Offrire contenuti informativi: “be newsworthy”
94
4.4. Le immagini
104
4.5. Internet
105
4.6. Dopo la “prima”
109
5. Altre iniziative di carattere personale
110
6. Gli elementi per un bilancio
116
Un’esperienza condensata in dieci parole
121
Allegati
Allegato 1: Dichiarazione pubblicata nella pagina web dell’Opus
Dei (30.09.2003)
Allegato 2: Intervista di Marc Carroggio all’Agenzia Zenit
(12.01.2006)
Allegato 3: Comunicato del DC dell’Opus Dei a Roma
(14.02.2006)
Allegato 4: Intervista a Manuel Sánchez Hurtado in El Mercurio
(19.02.2006)
Allegato 5: Comunicato del DC dell’Opus Dei in Giappone
(06.04.2006)
Allegato 6: Intervista a Terri Carron in www.opusdei.us
(09.05.2006)
Allegato 7: Comunicato del DC dell’Opus Dei a Roma
(11.05.2006)
Allegato 8: Comunicato del DC dell’Opus Dei a Roma
(17.05.2006)
Allegato 9: Intervista al prelato dell’Opus Dei in
Le Figaro-Magazine (21.04.2006) e Specchio – La Stampa
(20.05.2006)
Allegato 10: Intervento al V Seminario Professionale degli uffici di
comunicazione della Chiesa (27.04.2006)
Allegato 11: Editoriale “Lo splendore della carità”,
bollettino Romana (01.06 2006)
127
6
128
130
135
137
142
145
148
150
152
157
178
Il vento dà coraggio
a chi sa navigare
Anonimo castigliano
INTRODUZIONE
Quando si scrive un libro bisogna pensare al patto che si stabilisce fra l’autore e il lettore. Quest’ultimo deve sapere sin dalle
prime pagine se ha tra le mani un’opera di fiction o di storia, se la
narrazione seguirà una sequenza cronologica o se avrà una diversa struttura narrativa, se lo scrittore adotta una prospettiva esterna all’azione che racconta, oppure un punto di vista soggettivo.
Una volta che il patto è stabilito, di solito in modo implicito, si
dà per scontato che il libro rispetterà le regole del gioco, non farà
giravolte né salti che disorienterebbero il lettore o, almeno, non
li farà senza avvisare.
Può essere dunque opportuno cominciare queste pagine con
alcune premesse che aiutino a capire il significato, il contenuto,
il punto di vista e la finalità di questo libro. Date le particolari
circostanze del caso, mi sembra preferibile stabilire un patto di
lettura non tacito, ma esplicito.
In primo luogo, bisogna motivare il perché di questo libro.
Fra gli anni 2003 e 2006 il romanzo e il film Il Codice da Vinci
sono stati molto presenti nell’opinione pubblica internazionale. Il
fenomeno ha avuto soprattutto un carattere commerciale: vendite milionarie, grandi investimenti e buoni affari. Non è stato un
avvenimento di particolare valore letterario o cinematografico,
9
Introduzione
né artistico in generale, almeno secondo l’opinione più diffusa tra
gli specialisti. In ogni caso, non sembra arrischiato affermare che
quella del libro è stata una fama presa in prestito: per esempio, Il
Codice da Vinci è diventato famoso perché parlava della religione
cattolica, della Chiesa, del Vangelo, di temi che riguardano da
vicino centinaia di milioni di persone. Di conseguenza, le campagne di marketing si ripercuotevano direttamente sulla Chiesa
Cattolica, chiamata, suo malgrado, a venire alla ribalta.
Anche l’Opus Dei, tra gli anni 2003 e 2006, è stato oggetto
di particolare attenzione da parte dei mezzi di comunicazione.
In quegli anni, i dipartimenti di comunicazione della prelatura
hanno risposto a numerose richieste di informazione avanzate
da giornalisti e da molte altre persone a causa delle notizie pubblicate intorno al libro e al film. Per informare sul lavoro fatto
da questi dipartimenti, il 27 aprile 2006 durante un Seminario
internazionale rivolto ai responsabili della comunicazione di alcune istituzioni della Chiesa, riuniti a Roma per uno scambio di
esperienze, è stata presentata una relazione apposita.
Il fenomeno continuò a interessare molti anche dopo l’uscita del film, il 19 maggio 2006. A titolo di esempio, in Italia,
Gran Bretagna e Stati Uniti sono già stati condotti tre lavori di
ricerca sul lavoro compiuto dai dipartimenti di comunicazione
dell’Opus Dei sulla questione Il Codice da Vinci: tutt’e tre sono
menzionati in queste pagine. Sono apparsi anche alcuni articoli
in pubblicazioni specializzate nel campo delle relazioni pubbliche o della comunicazione corporativa e c’è qualche case study di
business schools che affronta tale questione.
Molti esperti della comunicazione hanno suggerito esplicitamente la convenienza di mettere per iscritto queste esperienze, e
ciò per diversi motivi: delimitare bene le caratteristiche del caso,
evitare gli equivoci che si potrebbero produrre con il passare del
tempo e dei ricordi e, infine, condividere con altri esperti la lezione imparata in questi anni.
Le pagine che seguono sono una risposta a questi suggerimenti. In qualche modo, questo libro può intendersi come espressione
10
Introduzione
della linea di trasparenza informativa svolta dai dipartimenti di
comunicazione dell’Opus Dei. Qui sono riassunte tutte le azioni
di comunicazione intraprese, le relative motivazioni e gli obiettivi. In nessun modo si vogliono proporre come modello professionale questi dipartimenti, che, come si verificherà lungo queste
pagine, hanno beneficiato dell’aiuto e del consiglio di numerose
persone. I risultati, che alcuni hanno considerato positivi, si possono attribuire in gran parte a un insieme di circostanze favorevoli, a metà strada tra la buona sorte e la provvidenza. Inoltre,
come capita sempre nell’esercizio della comunicazione, le lezioni
migliori sono quelle impartite dai propri errori.
Avendo spiegato l’origine del libro, ne è stata dichiarata anche la finalità. Questo testo è scritto pensando ai professionisti
della comunicazione; specialmente a quelli che si dedicano alla
comunicazione istituzionale e in particolare a coloro che lavorano nelle istituzioni della Chiesa, che talvolta si vedono coinvolti
in controversie dalla gestione difficile.
Come s’intuisce facilmente dalla casa editrice che lo pubblica, esso ha come destinatari più diretti gli studenti della Facoltà di Comunicazione dell’Università della Santa Croce, che si
stanno preparando a esercitare in futuro questa professione. Tale
circostanza ne spiega lo stile accademico e la struttura, che ha
la forma di un caso di studio; il contenuto si divide in due parti
ben distinte: nella prima sono raccolti i dati salienti sulle campagne di marketing svolte dagli editori del libro e dai produttori
del film, insieme con le reazioni del pubblico coinvolto; nella
seconda, invece, si studia l’azione promossa dai dipartimenti di
comunicazione della Prelatura. Pensando agli studenti, sono stati
aggiunti alcuni allegati con i documenti più importanti che possono aiutare a rendersi conto in modo esauriente dei dati e delle
riflessioni del libro nel suo insieme.
Ora dobbiamo riferirci al punto di vista di chi ha scritto questo libro. Il lettore avrà già constatato che non sta ascoltando la
voce di un narratore onnisciente esterno alla storia, ma che si
trova davanti a un testimone soggettivo, una voce che non dà una
11
Introduzione
visione completa del fenomeno di cui tratta. L’autore, che ha partecipato da Roma ai fatti narrati, attraverso il dipartimento della
comunicazione della Prelatura, può riassumere le informazioni
raccolte e l’esperienza accumulata, ma non è nelle condizioni di
valutare tutte le circostanze del caso, e perciò non ha intenzione
di formulare giudizi né valutazioni: questo sarà compito di altri
osservatori. Il libro aspira soltanto a essere una fonte documentale che, assieme ad altre, può essere utile a chi desidera analizzare
un caso di comunicazione che ha interessato molte persone.
Il caso ha, infatti, alcuni elementi che lo rendono interessante. Prima di tutto, il suo ambito mondiale: il fenomeno riguarda
un gran numero di Paesi e si svolge in maniera globale, con una
certa unità di tempo. Inoltre, concorrono qui generi diversi della
comunicazione: fiction scritta e audiovisiva, giornalismo, marketing, pubblicità, relazioni pubbliche e comunicazione corporativa. Però sono coinvolte anche altre aree della conoscenza, come
la religione e la storia, il management e la strategia. Forse questo
carattere poliedrico è uno degli aspetti che rendono più attraente
il fenomeno per gli esperti di discipline molto diverse.
È importante chiarire che questo non è un libro di carattere religioso, ma un libro sulla comunicazione istituzionale. In
queste pagine si incontreranno parecchi riferimenti a opere che
danno risposta ai contenuti de Il Codice da Vinci: libri scritti da
storici, teologi, biblisti. Ma il proposito di questo documento è
più modesto: come ho già detto, vuol essere uno strumento di
lavoro per addetti ai lavori della comunicazione, un aiuto alla
gestione della comunicazione delle istituzioni, specialmente per
la comunicazione della Chiesa Cattolica.
La comunicazione è un’attività collettiva. Chi lavora nei dipartimenti di comunicazione delle organizzazioni sa che tutti i
membri di una organizzazione sono in qualche modo i portavoce, gli ambasciatori dell’istituzione stessa nel proprio ambiente.
Questo libro, inoltre, è il frutto di un’attività collettiva, il risultato del lavoro di un centinaio di persone. È in un certo senso la registrazione di una realizzazione corale, di un concerto polifonico.
12
Introduzione
L’autore si è limitato a far sì che la registrazione fosse fedele al
suono originale, depurando i rumori di fondo e le interferenze.
In un libro come questo, il capitolo dedicato ai ringraziamenti dovrebbe essere molto lungo. Anzitutto vorrei esprimere la mia
gratitudine al prelato dell’Opus Dei, Mons. Javier Echevarría,
per il suo impegno verso la comunicazione, per il suo appoggio
costante e per la sua fiducia. Gli esperti della comunicazione istituzionale sapranno apprezzare l’importanza di questi valori.
Dovrei riempire pagine intere con i nomi delle persone il
cui contributo è stato imprescindibile. Non è possibile riferirsi
a tutti in modo particolare, ma non sarebbe giusto omettere i
nomi dei professori Alfonso Nieto, Francisco J. Pérez-Latre e
Marc Carroggio, ai quali si debbono gran parte dei dati raccolti
in questo lavoro; o quelli dei giornalisti John L. Allen, Miriam
Diez, Austen Ivereigh ed Enric González, maestri nell’arte di
fare domande, che è la pietra di paragone della comunicazione
istituzionale. Le persone che lavorano nei dipartimenti di comunicazione dell’Opus Dei nei vari Paesi non devo citarle nell’elenco dei ringraziamenti, ma come i veri autori di questo testo.
13
PARTE I
UN FENOMENO DI MARKETING
E DI COMUNICAZIONE
Il Codice da Vinci (in seguito, CDV) è stato un fenomeno di
marketing commerciale e di comunicazione di idee. Le pagine
che seguono si propongono di analizzare le sue caratteristiche.
La portata del fenomeno comprende: un libro, un film, alcuni
contenuti e soprattutto un certo numero di persone che leggono e vedono. Anche se ovviamente possono esserci molti tipi
di approccio al caso, noi qui analizzeremo la sua dimensione di
marketing e di comunicazione. Cominciamo dal libro.
1. Il Codice da Vinci come fenomeno editoriale
Come abbiamo detto, il fenomeno determinato dal CDV tra
gli anni 2003 e 2006 ha un interesse particolare perché a configurarlo convergono diverse materie: fiction, marketing, relazioni
pubbliche, giornalismo, reputation management, responsabilità
sociale d’impresa, religione. Questo giustifica l’interesse suscitato
dal caso anche nei giornali e nelle televisioni del mondo intero.
Come ciclo di notizie e strategia di comunicazione è anche de15
Parte I
gno di esame per la sua straordinaria durata. Quando lo si studia,
salta agli occhi la sua dimensione quantitativa. Binda sostiene
che quando la dimensione quantitativa supera un certo valore
diventa “qualificante”1. Vale a dire, esso costituisce già un indice
di qualità – se buona o cattiva, lo dirà il lettore –. La quantità
qualifica, ma non conferisce valore. In questo caso, ci troviamo
davanti a un predominio della quantità sulla qualità.
1.1. Il contenuto del libro: in un ambito di simboli
Il CDV tratta delle vicende di Robert Langdon, brillante
professore di “simbologia religiosa” di Harvard, che si trova a
risolvere l’assassinio di Jaques Sauniére, curatore del Museo del
Louvre di Parigi. Robert Langdon fa squadra con Sophie Neveu,
crittologa della polizia di Parigi, per decifrare una serie di indizi
che Sauniére ha lasciato prima di essere ucciso. Nella storia si
scoprirà che il curatore è il nonno di Sophie. Il tema si inserisce
nell’antica ricerca del Santo Graal.
Il racconto inizia con l’assassinio di Jacques Sauniére che,
oltre ad essere curatore del Louvre, è l’ultimo Gran Maestro del
Priorato di Sion, organizzazione clandestina custode di un grande segreto che potrebbe far tremare la Chiesa Cattolica, ponenedo in questione la divinità di Cristo.
Poco prima di morire, Sauniére, cosciente dell’importanza
del segreto che solo lui conosce, lascia una serie di indizi a sua
nipote Sophie e a Robert Langdon. Per i protagonisti, il compito
di decifrare l’enigma è complicato dal fatto che un braccio del
Vaticano (l’Opus Dei) è disposto a tutto pur di impossessarsi del
segreto.
Il titolo del romanzo si riferisce, tra le altre cose, al fatto che
il corpo di Sauniére era stato trovato nel Museo del Louvre, denudato e nella stessa posizione dell’ “uomo di Vitruvio”, il famoso
Cfr. Stefano Binda, Una strategia per comunicare nel caso Da Vinci, Master di
Relazioni istituzionali, Università di Camerino, 49 pagg., Milano 2006.
1
16
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
disegno di Leonardo, con un messaggio criptico scritto sul corpo
e un pentagramma disegnato sullo stomaco con il suo sangue.
L’interpretazione di messaggi occulti in opere di Leonardo come
la Monna Lisa e L’Ultima Cena, legate al concetto del sacro
femminile, ha una parte rilevante nella soluzione del mistero.
Due misteri di scienza e di fiction
Il conflitto ruota attorno alla soluzione di due misteri: quali segreti copriva Sauniére?; Chi è il mandante dell’assassinio? Il
romanzo ha diverse trame, legate a vari personaggi, che alla fine
convergono. Per svelare i misteri del caso bisogna risolvere una
serie di indovinelli, che includono anagrammi e puzzle numerici.
In mezzo a diverse vicissitudini la coppia formata da Robert Langdon e Sophie Neveu scopre che Sauniére conosceva
il segreto del Santo Graal, che in realtà non era un calice ma il
grembo di Maria Maddalena, che aveva avuto una relazione con
Gesù, dalla quale era nata una bambina, capostipite di una dinastia. Langdon e Neveu devono cercare l’assassino di Sauniére per
entrare in possesso della prova della realzione tra Gesù e Maria
Maddalena. Nel loro percorso investigativo, i due protagonisti
scoprono che la Chiesa ha soppresso ottanta vangeli antichi che
negavano la divinità di Gesù, promuovevano Maria Maddalena
a regina degli apostoli e celebravano culti alla sapienza e alla sessualità femminile.
Il libro conferisce un ruolo di spicco all’Opus Dei, facendo
un ritratto assai distante dalla realtà di questa istituzione della
Chiesa Cattolica fondata da san Josemaría Escivá nel 19282. Due
personaggi del romanzo appartengono all’Opus Dei. Silas, una
delle personalità più singolari della storia, è un monaco albino
2
La sua missione consiste nel diffondere questo messaggio: il lavoro e le circostanze quotidiane sono occasione di incontro con Dio, di servizio agli altri e di miglioramento della società. L’Opus Dei collabora con le chiese locali, offrendo mezzi di
formazione cristiani (lezioni, ritiri, direzione spirituale da parte di sacerdoti...), indirizzati a persone che desiderino migliorare la loro vita spirituale e il loro apostolato. Per
avere maggiori informazioni sull’Opus Dei e sul suo fondatore, si veda: www.opusdei.
org e www.josemariaescriva.info.
17
Parte I
dall’infanzia traumatica che presenta una psocologia squlibrata,
da fanatico religioso3. Il vescovo Aringarosa, nella finzione capo
dell’Opus Dei, che ha una funzione fondamentale nell’intrigo.
Il romanzo specula sull’idea che Costantino, l’imperatore
romano del IV secolo, abbia soppresso i vangeli dei primi tempi per ragioni politiche e imposto la dottrina della divinità di
Gesù Cristo nel Concilio di Nicea del 325. Uno dei personaggi
del libro afferma che la storia la scrivono i vincitori, parole che
Dan Brown ripete nel suo sito web, come per indicare che l’opera non è una semplice fiction. Tuttavia, numerosi teologi sono
d’accordo sul fatto che la presentazione che si fa del Concilio di
Nicea è una delle deformazioni più evidenti del libro: la divinità
di Gesù faceva parte degli insegnamenti della Chiesa da molto
tempo prima del 325. Buona parte delle teorie cospiratorie del
libro provengono da un best seller precedente, Holy Blood, Holy
Grail, pubblicato negli anni ’80, che si basa su documenti trovati
nella Biblioteca Nazionale di Francia, che in seguito è stato dimostrato essere falsi.
Come si può constatare il racconto mescola realtà e finzione,
antiche leggende con elementi storici, miti pagani e credenze religiose. Tutti questi elementi facevano presagire che il romanzo
avrebbe condizionato le credenze di una generazione che, in larga parte, ignora la Bibbia e la storia della Chiesa.
1.2. Vittoria di un “best-seller”?
Il romanzo di Dan Brown è stato pubblicato il 18 marzo 2003
dalla casa editrice Doubleday. La tiratura iniziale fu di 85.000
copie4. Il lancio del libro è avvenuto con investimenti pubblicitari
e promozionali senza precedenti nel mercato editoriale. Alla fine
del 2002 Doubleday ha inviato gratuitamente circa 10.000 copie
3
Come è noto, l’Opus Dei reale è un’istituzione formata da laici e sacerdoti
secolari e non ci sono monaci che appartengono alla Prelatura.
4
Cfr. Soorya Tejomoortula, Marketing The Da Vinci Code, case study, ICFAI,
Center for Management Research (ICMR), 2006.
18
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
a venditori e redattori di recensioni, allo scopo di incrementare
la visibilità del romanzo. Molti librai hanno avuto occasione di
parlare con Dan Brown durante cene organizzate dalla casa editrice. Inoltre, lo stesso autore ha telefonato a un gran numero di
persone chiedendo che raccomandassero il libro.
Il lancio è stato accompagnato da annunci su quotidiani
come il New York Times o USA Today, da un concorso in Internet
col titolo “Crack the Code” e un tour di Dan Brown in sei città5.
In totale, Publishers Weekly ha stimato che il costo totale della
campagna si è aggirato intorno al milione di dollari.
Dal momento del lancio del libro, ciò che oggi si chiama
“word-of-mouth”, il passaparola, è diventato la principale strategia di marketing. Le raccomandazioni personali erano la strada
per accrescere il prestigio del romanzo. Una inchiesta pubblicata
dalla BBC nel marzo del 2005 collocava l’opera di Brown come
la più raccomandata da altri lettori in quell’anno6.
Barnes & Noble, una delle grandi catene di librerie nordamericane, ha voluto anch’essa aderire a questa strategia, distribuendo un totale di 5.000 copie del romanzo a lettori e critici
che potevano raccomandarlo ad altre persone. Lo sforzo ha fatto
aumentare le vendite nelle librerie della catena, dove il romanzo
è stato il più venduto nei due anni successivi7.
Vendite milionarie
In una settimana il CDV si collocò al primo posto nell’elenco
dei libri più venduti. Il romanzo aprì queste graduatorie, nella categoria della fiction, per 31 delle 51 settimane del 2004 e
quell’anno, secondo il Publishers Weekly8, vendette 6,8 milioni di
copie. Nel 2005 rimase nell’elenco per tutte le 51 settimane, e nel
Cfr. Charlotte Abbott, “Code Word: Breakout”, Publishers Weekly, 27.01.03.
“Word-of-mouth ‘winner for books’”, http://news.bbc.co.uk, 03.03.05.
7
Cfr. Soorya Tejomoortula, Marketing ‘The Da Vinci Code’, case study, ICFAI,
Center of Management Research (ICMR), 2006.
8
Cfr. Daisy Maryles, “It’s Déja Vu All Over Again”, Publishers Weekly,
10.01.05.
5
6
19
Parte I
2006 continuò ad esservi per 43 settimane9. Le vendite aumentarono anche per gli altri romanzi di Dan Brown, come Angeli &
Demoni o Deception Point 10.
I risultati per Doubleday furono impressionanti, con un flusso di vendite che si mantenne costante per più di tre anni. Il 28
marzo 2006 la casa editrice presentò il lancio di cinque milioni
di copie rilegate con copertine leggere, come un’azione dal duplice obiettivo: rispondere alla domanda dei lettori e alimentare
l’aspettativa creata dall’allora prossima uscita del film. Nel marzo
del 2006, tre anni dopo il lancio iniziale, il libro aveva superato i
40 milioni di copie vendute.
Doubleday: una visione commerciale
Doubleday è una delle più grandi case editrici del mondo e
fa parte del gruppo Random House, proprietà di Time Warner.
Fondata nel 1897, fu acquistata da Random House nel 1998. È
anche legata, dal punto di vista societario, a Bertelsmann, sicché in essa confluiscono due dei cinque gruppi di comunicazione più importanti del mondo: Time Warner11 e Bertelsmann. Si
tratta della maggiore compagnia editoriale degli Stati Uniti, con
una quota di mercato che supera il 28,4% in rilegatura rigida e il
25,6% in rilegatura leggera. Seguono Penguin, Simon & Schuster e HarperCollins, ma nessuna delle tre raggiunge il 20% in
nessuna delle due categorie12.
In data 25 aprile 2006, poco prima dell’uscita del film, il romanzo di Dan Brown aveva venduto nel mondo 43 milioni di copie. Solo in Italia, secondo il giornale torinese La Stampa13, contava già 72 edizioni e aveva venduto 2.775.000 copie. Il 7 maggio
Rachel Abramowitz parlava nel Los Angeles Times di 50 milioni
Cfr. Daisy Maryles, “Bestsellers ’06”, Publishers Weekly, 08.01.07.
Cfr. Daisy Maryles, “Brown’s Backlist Bright”, Publishers Weekly, 14.06.04.
11
Time Warner ha cambiato il nome da AOL Time Warner a Time Warner
nel 2003.
12
Cfr. Daisy Maryles, “Bestsellers ’06”, Publishers Weekly, 08.01.07.
13
“Dan Brown. Nel nome del Padre, del Figlio e del sacro femminino perduto”,
La Stampa, 25.04.06.
9
10
20
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
di copie vendute14. Il 22 maggio Peter J. Boyer comunicava che
del libro erano state stampate “più di sessanta milioni di copie”15.
Come si può vedere nella Tabella 1, il ciclo di vendite ha avuto
una durata straordinaria e il film ha contribuito a prolungarlo.
Gli incassi dovuti alla vendita del libro, secondo Dan Burstein, si stimano in più di un bilione di dollari. Time Warner
tentò subito di applicare la ricetta del CDV ad altri lanci editoriali, come il romanzo La historiadora di Elizabeth Kostova,
pubblicato nel 2005 da Little Brown, un’altra casa editrice del
gruppo.
Tabella 1
Evoluzione delle vendite de “Il Codice da Vinci” (2003 – 2008)
Marzo
Dicembre
Aprile
Maggio
Gennaio
2003
2004
2006
2006
2008
85.000 (tiratura iniziale)
6.800.000
43.000.000
60.000.000
64.000.000
1.3. Il New York Times pone alcune domande
Il romanzo mette in evidenza due problemi di fondo, che il
New York Times contribuisce a mettere a fuoco fin dall’aprile del
2004.
Da una parte, il libro mescola fiction e realtà, o più precisamente presenta la fiction come realtà, in modo ambiguo16. Il
New York Times notava che il libro poteva sembrare un semplice
passatempo, “però si apre con una pagina intitolata ‘Fatti’. Questa pagina conclude: ‘tutte le descrizioni di arte, architettura, documenti e rituali segreti di questo romanzo rispondono al vero”17.
14
Cfr. Rachel Abramowitz, “Fans, foes living up for Da Vinci Code”, Los Angeles Times, 07.05.06.
15
Cfr. Peter Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing The Da Vinci Code to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
16
“Let fiction be fiction”, Da Vinci Code Response Group, Statement,
05.05.06.
17
Cfr. Laurie Goodstein, “Defenders of Christianity Rebut The Da Vinci
21
Parte I
Storia e invenzione s’intrecciano in un romanzo che – secondo
il giornale di New York – descrive l’Opus Dei “come una setta
sadica e sinistra”18.
Questa mescolanza di fiction e realtà è potenzialmente
esplosiva. Un buon esempio, che coincide temporalmente con il
CDV, è il lancio nel marzo del 2006 del film turco La Valle dei
Lupi, la produzione più costosa nella storia del cinema turco, con
un costo di 8,4 milioni di euro. Un fatto vero, l’arresto avvenuto
il 4 luglio 2003 da parte dell’esercito statunitense di undici militari turchi accusati di terrorismo nel Kurdistan iracheno, serve
da base per la fiction. Il film inventa episodi di grande crudeltà,
ridicolizza i militari americani – descritti come mercenari violenti e immorali – e poi si diverte con i particolari del medico ebreo
che estirpa organi ai prigionieri di Abu Ghraib19. Le reazioni del
pubblico furono immediate, specialmente in Turchia e in paesi
europei come la Germania, dove c’è un folto gruppo di turchi immigrati: in questi ambienti il film ebbe un successo spettacolare.
Ma per il ministro dell’Interno della Baviera era così profondamente antiamericano e antisemita che non si poteva proiettare in
Germania. In realtà, La Valle dei Lupi ha provocato un’autentica
crisi diplomatica.
La mescolanza irresponsabile di realtà e finzione arreca pericoli evidenti. Il pubblico reagisce ai ritratti audiovisivi verosimili,
che finiscono con l’influenzare gli stili di vita e le interpretazioni
della realtà. Il cinema amplifica questi effetti per la potenza che
hanno le immagini. Per valutare l’importanza di questo tema è
interessante conoscere la credibilità che i lettori concedevano al
contenuto del romanzo CDV. Un sondaggio fatto nel Regno
Unito dal Da Vinci Code Response Group dimostrò il grado di
credulità del pubblico. Il sondaggio fu fatto pochi giorni prima
dell’uscita del film, tra il 12 e il 14 maggio 2006. Fu intervistato
un campione rappresentativo a livello nazionale di 1.005 britanCode”, New York Times, 27.04.04.
18
Cfr. Ibidem.
19
Cfr. Valeria Chiari, “Mamma li turchi”, Il Cinematografo, 23.02.06.
22
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
nici adulti. Il 22% degli intervistati aveva letto il libro. Solo uno
ogni tre di questi lettori considerava false le affermazioni secondo
cui Gesù si era sposato con Maria Maddalena e aveva avuto figli.
Il 59% pensava che c’era qualcosa di vero in queste affermazioni.
Il 36% credeva che la Chiesa Cattolica nasconde la verità su Gesù
Cristo. Uno ogni tre lettori pensava che il Priorato di Sion è un
organismo reale che esiste fin dal Medio Evo e il 17% riteneva
che l’Opus Dei ha ordinato o eseguito qualche assassinio.
In base ai risultati di un altro sondaggio fatto in Francia, uno
ogni quattro francesi pensava che il CDV si basasse su fatti reali,
come ha pubblicato l’agenzia di notizie AFP l’11 maggio 200620.
Con le informazioni che forniscono questi sondaggi, è difficile sostenere che la miscela di fiction e realtà non abbia conseguenze.
Un altro problema del CDV, prospettato all’inizio dal New
York Times, è l’equilibrio tra libertà di espressione e rispetto.
Quelli che erano stati coinvolti dal racconto del romanzo (i cristiani di tutte le confessioni) constatarono che la loro storia e le
loro credenze erano trattate in modo sconsiderato e che alcune
persone erano anche “criminalizzate”. Su questa linea, il New
York Times scriveva il 27 aprile che “i critici del Codice da Vinci
sono protestanti, evangelici e cattolici che considerano il romanzo zeppo di passi che inneggiano al femminismo, all’anticlericalismo e alle forme di culto pagano, come una nuova infiltrazione
liberale nella cultura”, e si sentono offesi.
La mancanza di rispetto verso il pubblico è un problema non
raro nel campo della comunicazione. Qui possiamo citare un
esempio, che ha alcuni elementi d’interesse per il caso che stiamo
studiando. In occasione del lancio della video-console Play Station III, la Sony presentò in Olanda un annuncio provocatorio.
I cartelloni della pubblicità presentavano una donna bianca che
afferrava in modo aggressivo la faccia di una donna di colore,
Cfr. “One in four French believe Da Vinci Code based on fact”, AFP,
11.05.06.
20
23
Parte I
mentre un testo diceva “La Play Station portatile bianca sta arrivando”, come ha informato un comunicato dell’agenzia Reuters
pubblicato su USA Today21. La modella bianca rappresentava il
nuovo e la nera l’antico, che doveva essere superato. Le proteste
si sollevarono subito, in Olanda e in molti altri Paesi, dove la notizia era arrivata via Internet. L’annuncio fu considerato razzista
e la Sony dovette ritirarlo. A sua difesa la Sony affermò che la
campagna pubblicitaria era diretta solo al mercato olandese e che
era sua intenzione sottolineare soltanto il contrasto tra la PSP
nera di quel momento e la nuova PSP di color bianco. La Sony,
oltre a rinunciare alla campagna pubblicitaria, chiese scusa: “Riconosciamo che il fatto di un’immagine specifica può aver causato
preoccupazione in alcuni Paesi non direttamente coinvolti dalla
pubblicità. Alla fine, abbiamo rinunciato alla campagna”, disse
Sony, che ritirò l’immagine anche dal sito web olandese di PSP,
mentre chiedeva scusa a chi era stato danneggiato dall’annuncio.
L’importanza di rispettare le credenze fa parte del Codice di
responsabilità corporativa della Sony, dove si può leggere ciò che
segue: “Il personale [...] non farà azioni o commenti, o calunnie religiose o razziali, battute o ogni altro commento che possa
creare un ambiente di lavoro ostile”22. Nicole Seligman, vicepresidente di Sony, scrive nel sito web della società che “l’impegno
di apertura, di etica e di integrità... deve essere il DNA della
compagnia”23.
1.4. Le prime reazioni
La reazione al CDV da parte dei cristiani non si fece attendere. La casa editrice cattolica Our Sunday Visitor pubblicò un
libro e un opuscolo come risposta al romanzo. Anche la Chiesa
Cfr. “Sony pulls controversial Dutch PSP ad”, USA Today, 12.07.06. L’informazione proviene da un comunicato dell’agenzia Reuters.
22
Cfr. Sony Group Code of Conduct, 28.05.03, n. 2.4.
23
Nicole Seligman, “Sony’s Commitment to a Culture of Openness, Ethics and
Integrity”.
21
24
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
evangelica luterana negli Stati Uniti pubblicò una propria guida.
Tra le pubblicazioni promosse da varie confessioni cristiane per
confutare il Codice vi sono: Breaking the Da Vinci Code (Darrell
R. Bock), The Da Vinci Deception (Erwin W. Lutzer) e Cracking
Da Vinci’s Code (James L. Garlow, Peter Jones). Sono numerosi
anche i libri e i saggi cattolici pubblicati in altri Paesi.
Il primo intervento pubblico della gerarchia cattolica, che
ebbe una vasta ripercussione, avvenne il 16 marzo 2005 ed ebbe
come protagonista Tarcisio Bertone, allora arcivescovo di Genova e oggi Segretario di Stato del Vaticano. Il cardinale Bertone,
resosi conto dell’ampia diffusione del libro in alcuni ambienti
cattolici, fece alcune dichiarazioni che – come detto – ebbero una
vasta eco, nelle quali raccomandava ai cattolici di non leggere il
libro, e naturalmente di non diffonderlo24.
Poco dopo ci fu la dichiarazione ufficiale della Commissione
scientifica della Conferenza Episcopale della Polonia, che il 29
aprile 2005 diffuse un comunicato del suo presidente, nel quale si
diceva: “Detto libro anticattolico è stato tradotto in decine di lingue e venduto in milioni di copie. Tenendo conto che l’autore del
romanzo mescola con assoluta libertà dati storici con il prodotto
della sua immaginazione, presentando il tutto in veste scientifica,
come presidente della Commissione Scientifica della Conferenza
Episcopale Polacca, mi sento obbligato a prendere posizione al
riguardo. Per milioni di persone questo romanzo è la prima fonte
di conoscenza, e forse l’unica, della storia della Chiesa e della
dottrina cristiana. Presentare questi ambiti in modo ingannevole
può avere conseguenze molto gravi”.
2. Il film
2.1. Un caso senza precedenti: lanciare un “blockbuster” nell’era di
“Ce ne siamo accorti tardi, ma il libro di Dan Brown va fermato”. Intervista
fatta da Paolo Cavallo e pubblicata su Il Secolo XIX, 17.03.05.
24
25
Parte I
Internet
C’erano buoni motivi per pensare che il film sarebbe stato un
grande successo, quello che gli esperti dell’industria cinematografica denominano “blockbuster”25. Il marketing del film fu un
elaborato sforzo oggi conosciuto come strategia di “buzz marketing”. Questa espressione indica la diffusione tra le persone di
idee, mode e marchi in modo analogo a quello delle malattie
contagiose.
Nella promozione del film sono state applicate queste tecniche su scala globale, seguendo la strategia adottata nel lancio del
libro, con un investimento totale che il Wall Street Journal valutò di 40 milioni di dollari solo negli Stati Uniti26. La campagna di
marketing, per la sua dimensione, si può considerare unica nella
storia del mercato del divertimento. Richiede un importante numero di azioni a livello di comunicazioni convenzionali e non
convenzionali molto diverse: libro, film, siti web, videogiochi,
telefoni mobili, DVD e, soprattutto, merchandising.
I diritti del romanzo erano i più richiesti di Hollywood quan27
do Sony li acquistò nel giungo del 2003 . Sony è una grande
multinazionale, con sede a Minato, Tokyo. Alcuni dati illustrano
le attuali dimensioni del suo business. Nel 2008 il volume di affari ha raggiunto gli 88.000 milioni di dollari con 3.694 milioni
di entrate nette. L’azienda dispone di 180.500 dipendenti. È uno
dei principali produttori di elettronica, video, telecomunicazioni,
consolle di videogiochi e prodotti di teconologia informatica per
consumatori e professionisti.
La compagnia si divide in cinque segmenti: elettronica, videogiochi, intrattenimento (cinema e musica), servizi finnanziari
e altro. Sony ha incrementato la sua presenza nel mondo del ci25
Si considerano “blockbusters” i film che incassano al botteghino più di 100
milioni di dollari in un tempo relativamente breve.
26
Cfr. John Lippman, “Da Vinci Damage Control”, Wall Street Journal,
17.03.06.
27
Cfr. Peter J. Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing ‘The Da Vinci Code’ to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
26
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
nema con l’acquisizione nel 1989 della Columbia Pictures e nel
2005 della Metro Goldwyn Mayer (e attraverso di questa anche
la United Artists).
Il film utilizzò la scia lasciata dal best-seller: si prevedeva
un sicuro successo al botteghino, con la possibilità di un secondo film successivo. L’indice di conoscenza del film da parte del
pubblico, secondo le statistiche, si collocava intorno al 96% e più
28
del 60% degli intervistati, secondo il New York Times , diceva
di essere interessato. Con una aspettativa così grande, Sony non
voleva lasciare nulla al caso: optò per professionisti di prestigio e
fece rilevanti investimenti.
Nel mese di marzo del 2006 il Wall Street Journal stimava il
costo totale del film attorno ai 125 milioni di dollari29. A maggio
la rivista New Yorker parlava già di “più di duecento milioni di
dollari”30.
Furono scelti il regista Ron Howard e il produttore Brian
Grazer, che nel loro percorso professionale avevano già vinto nove Oscar. Tenevano loro compagnia il noto sceneggiatore
Akiva Goldsman e un cast zeppo di stelle internazionali, dove si
distinguevano Tom Hanks, Ian McKellen, Alfred Molina, Paul
Bettany e i francesi Jean Reno e Audrey Tautou. La colonna sonora fu affidata al premiato compositore Hans Zimmer. Si può
avere un’idea dell’importanza del lancio dal fatto che la rivista
Newsweek gli dedicò la sua “cover story” come avvenimento dell’anno nel suo primo numero del 200631.
Cfr. Sharon Waxman, “Question: How do you market a movie that was near
100 percent public awareness, yet has been seen by almost no one? Answer, as Sony
Pictures sees it: Very, very carefully”, The New York Times, 16.05.06.
29
Cfr. John Lippman, “Da Vinci Damage Control”, Wall Street Journal,
17.03.06.
30
Cfr. Peter J. Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing ‘The Da Vinci Code’ to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
31
Cfr. Devin Gordon, “The ‘Code’ Breakers. The most popular and controversial novel of our time hits the screen in May. An exclusive report on the second coming
of ‘The da Vinci Code’ ”, Newsweek, 26.12.05.
28
27
Parte I
Seguire la scia di un best-seller era un importante fattore
di marketing; ma nello stesso tempo costituiva un rischio per
nulla disprezzabile, per due motivi. Prima di tutto, perché non
era possibile contare sull’effetto sorpresa, dato che il pubblico
conosceva già la trama; ma soprattutto perché l’aspettativa era
così alta quanto difficile da soddisfare, in quanto si trattava di
raccontare una storia che, secondo alcuni esperti, era molto arduo adattare al cinema32.
Marketing per cristiani
In previsione di possibili reazioni negative, la Sony aveva assunto, sin dal primo momento, una ditta esperta in “reputation
management”, la Sitrick & Co., e in seguito una ditta (Grace
Hill Media) specializzata nel marketing tra gruppi cristiani. Tale
questione era venuta in primo piano dopo i grandi successi di
The Passion e de Le cronache di Narnia, due film a tema o sfondo
religioso. Alcuni hanno affermato, probabilmente con ragione,
che è difficile capire il fenomeno del CDV senza tenere conto
dell’impatto causato da The Passion di Mel Gibson, nel cui contesto Hollywood aveva ricominciato a parlare di “valori cristiani”33.
Quando, nel novembre del 2004, cominciò la produzione del
film CDV, il clima intorno all’opera di Dan Brown era cambiato.
Il suo best-seller veniva criticato per le sue gravi lacune teologiche, storiche e artistiche. La questione era seria, perché una parte
dell’attrattiva del libro si basava sulla sua presunta veracità. Inoltre nel 2003 la Sony aveva subito tre grandi insuccessi con Amore
estremo, Bad Boys II, e Charlie’s Angels, e non poteva permettersi
altri rovesci.
La Sony decise dunque di rivolgersi, come si è detto, a Sitrick e a Grace Hill: era meglio avere i cristiani dentro il cinema
piuttosto che alla porta a fare “picchetti” o a boicottare il film.
The Passion di Mel Gibson aveva dimostrato la capacità di moCfr. John Wauck, www.davincicode-opusdei.com.
Cfr. Peter J. Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing ‘The Da Vinci Code’ to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
32
33
28
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
bilitare il pubblico cristiano e, nello stesso tempo, i benefici immediati sulla strategia di marketing che una controversia poteva
avere. Diceva Allan Mayer, di Sitrick, “non è che ai grandi studios
non piaccia la controversia; quello che temono è una controversia
che sfugga al loro controllo. E questo succede quando la gente
comincia a usare un film come fosse una pallina nella sua personale partita di tennis”34.
Grace Hill Media è una ditta alla quale si rivolgono coloro
che vogliono corteggiare un pubblico cristiano. Aveva collaborato con Disney nella promozione delle Cronache di Narnia, un
film zeppo di allegorie cristiane. Ha partecipato anche al lancio
della serie di libri “Left Behind” tra il pubblico degli evangelici.
Per consiglio di Grace Hill Media e sotto la direzione di Jonathan Bock, la Sony avviò due siti web (The Da Vinci Challenge
e The Da Vinci Dialogue)35, nel tentativo di coinvolgere i gruppi cristiani nel dibattito pubblico sul CDV. Bock, che era stato
pubblicista di uno studio cinematografico e in quel momento era
docente di Nuovo Testamento nel seminario teologico di Dallas,
aveva già dimostrato la sua abilità in operazioni del genere.
Alcuni gruppi cristiani, fra i quali numerosi evangelici, a partire dal febbraio 2006, intervennero con entusiasmo nel sito web
“The Da Vinci Dialogue”. Alla Sony piaceva questa reazione,
perché i cristiani che intervenivano nel sito web non inviavano ai
loro correligionari il messaggio “non vedete questo film”. Tuttavia altri cristiani ritenevano che partecipare a questo dialogo, che
partiva dal fatto che la Chiesa era la causa di un gran cover up,
non aveva alcun senso e li trasformava “in utili sciocchi”, come
diceva Barbara Nicolosi, sceneggiatrice cinematografica e “blogger” influente in alcuni settori di Hollywood.
34
Cfr. Peter J. Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing ‘The Da Vinci Code’ to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
35
Cfr. Laurie Goodstein, “A Pulpit Online for Critics of the Da Vinci Code
Film”, New York Times, 09.02.06.
29
Parte I
Secondo un’informazione del New York Times36, la Sony
chiese ad alcuni esperti un parere sulla possibilità che la sceneggiatura non seguisse alla lettera il romanzo per non offendere i
cristiani. Mentre lo sceneggiatore Akiva Goldsman stava ancora
lavorando alla bozza, arrivarono le opinioni di alcuni teologi di
Harvard, Notre Dame e Princeton. Il consenso degli esperti era
chiaro: non sarebbe stato problematico inserire temi religiosi e
biblici come base di un “thriller”, ma molte persone si sarebbero
sentite a disagio se non fosse risultato chiaramente che il film era
una fiction.
“È cinema, non religione”
Malgrado le raccomandazioni degli esperti e il desiderio esplicito manifestato dalla compagnia di evitare una reazione negativa
di gruppi religiosi37, la Sony incoraggiò una certa ambiguità. Jim
Kennedy, portavoce di Sony, sottolineò diverse volte che il film “è
un thriller, non un trattato di religione”. La società continuava ad
alimentare la controversia evitando di dare risposta alle questioni
di fondo che l’opinione pubblica si poneva. Da parte sua, Dan
Brown ha sempre detto (sia pure con sfumature diverse) che il libro aveva una base storica e ha dichiarato anche a Charles Gibson
in Good Morning America, un programma televisivo molto seguito
della catena ABC, che “se il libro non fosse stato una fiction le sue
affermazioni di fatto non sarebbero cambiate”38.
La Sony ribadiva che si trattava di una storia di fiction. Perché i realizzatori non hanno voluto mai includere questa affermazione come disclaimer all’inizio del film? La resistenza al disclaimer era singolare, perché Ron Howard e Akiva Goldsman lo
avevano incluso nel loro grande successo A Beautiful Mind, come
36
Cfr. Sharon Waxman, “Da Vinci film: What role for religion”, International
Herald Tribune, 06.08.05. Ved. anche Sharon Waxman, “Sprinkling Holy Water on
The Da Vinci Code”, New York Times, 07.08.05.
37
Cfr. John Lippman, “Da Vinci Damage Control”, Wall Street Journal,
17.03.06.
38
Cfr. Peter J. Boyer, “Hollywood Heresy. Marketing ‘The Da Vinci Code’ to
Christians”, New Yorker, 22.05.06.
30
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
mise in evidenza in un comunicato The Catholic League for Religious and Civil Rights39.
L’ambiguità era una parte importante della strategia. Simon
Jenkins, scrivendo di tale questione sul giornale britannico The
Guardian40, si mostrava convinto: “Non ho alcun dubbio che
questa rivendicazione indiretta di veracità costituisca la base della
fenomenale attrattiva del libro”. Perciò il disclaimer o avvertenza
non si poteva includere – continuava Jenkins – perché “avrebbe
demolito la falsa verosimiglianza del film”. E sarebbe stata una
smentita della campagna di marketing, che si serviva di aforismi
come “seek the truth”, cerca la verità.
L’assenza del disclaimer ebbe alcune conseguenze per la commercializzazione del film, soprattutto in Asia. La Media Development Authority di Singapore lo dichiarò un film per maggiori
di 16 anni proprio perché ritenne che il pubblico non avrebbe
potuto distinguere la fiction dalla realtà. In India, a causa della
pressione esercitata dai settori cristiani si dovettero tagliare dodici minuti di pellicola perché fosse tollerata la distribuzione. Vi
furono conseguenze per l’uscita e per la classificazione per età del
film in paesi come la Corea del Sud, le Filippine o la Tailandia,
come si vedrà più avanti. Nel Regno Unito si dovette modificare
la colonna sonora perché fosse considerata adatta a tutti.
Il segreto come strategia
Oltre a tentare di orientare e controllare il dibattito pubblico
attraverso le pagine web, la Sony scelse, come strategia di comunicazione, il mistero e la suspense sui contenuti. Di conseguenza,
ridusse al minimo le informazioni sul film messe a disposizione
dei giornalisti.
Durante i mesi che precedettero la “prima” non vi furono
proiezioni del film, né ai giornalisti fu distribuita alcuna docu39
Cfr. The Carholic League for Religious and Civil Rights, “Sony, Ron Howard,
not averse to disclaimers”, 17.03.06.
40
Cfr. Simon Jenkins, “Facts should be taskmasters, and there is no exemption
for fiction”, The Guardian, 26.05.06.
31
Parte I
mentazione, né furono date risposte chiare a chi poteva essere
coinvolto, ma solo dicerie. Come scrisse il New York Times, il
film, come il libro, basò la promozione e il lancio sul mistero e
sul segreto, cosa che non ha evitato il dibattito e le polemiche41.
Per Scott, “una parte della ingegnosa strategia di marketing della
Columbia Pictures è consistita nello stimolare mesi di dibattiti e
di speculazioni, mentre non si faceva vedere il film a nessuno fino
all’ultimo istante”42.
Il segreto come strategia è stato elogiato dal produttore Brian
Grazer43. Per limitare la possibilità che qualcosa filtrasse nell’era
dei blogs, La Sony soppresse qualunque visione preliminare del
film per un pubblico particolare, un sistema che gli studios utilizzano abitualmente per analizzare le reazioni del pubblico e fare
eventuali correzioni. Questa volta il film fu mostrato soltanto a
un gruppo molto ristretto di parenti e amici di quelli che avevano
lavorato al film. La Sony utilizzò i loro commenti informali invece di cercare un uditorio più professionale.
2.2. Una comunicazione integrata: la spoletta informativa
Una tecnica che si utilizza spesso nel mercato della comunicazione consiste nel provocare con una piccola spoletta informativa reazioni sociali più o meno spontanee che favoriscano le
tendenze già presenti nella società. Per il CDV la tendenza era
la curiosità e la naturale inclinazione delle persone verso la soluzione di un mistero.
Cfr. Sharon Waxman, “Question: How do you market a movie that was near
100 percent public awareness, yet has been seen by almost no one? Answer, as Sony
Pictures sees it: Very, very carefully”, The New York Times, 16.05.06.
42
Cfr. A.O. Scott, “A Code That Takes Longer to Watch Than Read”, The
New York Times, 17.05.06. La Columbia Pictures, appartenente al gruppo Sony, è la
produttrice del film; in pratica, la Columbia Pictures equivale alla Sony Pictures o alla
Sony Columbia.
43
Cfr. Sharon Waxman, “Question: How do you market a movie that was near
100 percent public awareness, yet has been seen by almost no one? Answer, as Sony
Pictures sees it: Very, very carefully”, The New York Times, 16.05.06.
41
32
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
In questo caso furono utilizzati vari pretesti allo scopo di creare
la massima aspettativa della “prima”: “buzz marketing”, pagine web,
applicazioni per telefoni cellulari, marketing del turismo, concorsi,
video-giochi. L’uso di tutti questi strumenti di marketing richiede la partecipazione delle aziende leader nel loro settore di attività. Perciò la comunicazione integrata della Sony potè contare
sulla collaborazione del principale motore di ricerca di Internet
(Google), di esperti in marketing interattivo per i film di Hollywood (Big Spaceship), di un grande operatore di telefonia mobile vincolato alla Sony (Sony Ericsson) e di specialisti in giochi
per telefoni mobili (Kayak Interactive).
Google e il gioco on-line
Un’applicazione concreta è stata la creazione della prima
campagna di marketing di un film attraverso Google, che si è
modellata nel gioco on-line “Da Vinci Code Quest”. Google era
lo scenario perfetto per rivolgersi agli esperti di tecnologia e agli
utenti di giochi on-line e creare un clima di aspettativa. In questo modo, la Sony riuscì parzialmente a riposizionare il film che,
dall’essere una pellicola sulla storia e la religione, finì con centrarsi sul mistero e la soluzione di un codice segreto. Per far ciò
si avvalse della collaborazione del campione mondiale di puzzle,
Wei-Hwa Huang, che disegnò 24 puzzle per il gioco.
L’accordo di Google con Sony, annunciato nell’aprile del
2006, ha un certo rilievo perché si tratta della prima volta che si
concedeva a un cliente l’accesso alle pagine iniziali personalizzate
del noto motore di ricerca. Tra l’11 e il 19 maggio, data della
prima uscita del film, Google incluse in quelle pagine un puzzle
con un enigma che invitava gli utenti a utilizzare, per risolverlo,
Google Search, Google Maps, Google SMS o Google Video.
I primi 10.000 che avrebbero completato i puzzle sarebbero
stati invitati a una finale. Per disegnare l’immagine di queste
azioni pionieristiche, Google fece un accordo con l’agenzia Big
33
Parte I
Spaceship, uno studio creativo con sede a New York44 che svolge
soluzioni di marketing per Internet e disegna pagine web per i
grandi lanci degli studi di Hollywood. La promozione esigeva
che si entrasse nel concorso attraverso Google e che si aprisse un
conto postale di Gmail e una pagina personalizzata in Google.
Il vincitore ricevette come premio alcune vacanze a New York,
Parigi, Londra e Roma.
Nei telefoni cellulari
Sony ha anche una partecipazione, attraverso Sony Ericsson,
nell’industria della telefonia mobile. Nell’aprile del 2006 questa
“joint-venture” annunciò nella sua pagina web un concorso con
sei puzzle criptati45. Tra i giocatori che avrebbero risolto i puzzle,
diciassette sarebbero stati scelti per il concorso finale a Parigi, ma
bisognava utilizzare telefoni Sony Ericsson con i loro servizi di
navigazione. Oltre al concorso, Sony Ericsson si mise d’accordo
con Sony Pictures per utilizzare i suoi telefoni nel film, mediante
il tipico esercizio di cobranding. Gli attori avrebbero utilizzato
modelli come il K600, il P910 e lo Z300. La campagna si sarebbe
svolta in 23 paesi d’Europa, Asia e America Latina da aprile fino
all’uscita del film46.
Anche Kayak Interactive si unì alla campagna. Si tratta di
una delle principali compagnie di giochi per telefoni mobili del
mondo. D’accordo con Sony Pictures ideò due giochi basati sulla
trama e i personaggi del film per contribuire alla sua promozione
in tutto il mondo il giorno della prima47.
44
Cfr. Pamela Parker, “Da Vinci Code Premio Breaks New Marketing Ground
for Google”, www.clickz.com/news/article.php/3599586, 18.04.06. Sull’agenzia Big
Spaceship si può consultare: www.bigspaceship.com. Tra i suoi clienti, oltre la Sony
Columbia figurano Miramax, Paramount, 20th Century Fox e Dreamworks. Ha fornito elementi di marketing interattivo a film come I Robot, Catwoman, La leggenda di
Zorro o Gangs of New York, al grande successo televisivo Lost, della ABC, o alla pagina
web di Nike Air.
45
http://www.sonyericsson.com/davincicodetrail.
46
Sony Ericsson Mobile Communications. “Be part of The Da Vinci Code
adventure with Sony Ericsson”, www.webwire.com, 27.04.06.
47
Games Press, “Kayak and Sony Pictures Digital to bring select Sony Pictures
34
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
Il turismo del Codice
Anche l’industria del turismo partecipò alla campagna di
marketing. Eurostar, per esempio, strinse un accordo con il
CDV, così come Visit Britain, Visit London, Visit Scotland e La
Maison de France, enti ufficiali britannici e francesi di turismo:
“Due milioni di visitatori vanno annualmente in Gran Bretagna
con Eurostar: la nostra campagna collegata – dicevano i responsabili – inviterà i visitatori a seguire le orme di Robert Langdon,
l’eroe del libro”48.
Gli scenari delle riprese del film divennero mete turistiche,
generando “tours” specifici del CDV. Così accadde con la cattedrale di Lincoln, il castello di Belvoir, gli studios Shepperton, il
Museo del Louvre o la chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. L’operazione risultava sufficientemente interessante per attirare i visitatori statunitensi.
Una strategia dal doppio volto?
Alcuni hanno definito la strategia di marketing che è stata
utilizzata come una “strategia dal doppio volto”: nel percorso dal
successo del libro al successo del film si cercava di coinvolgere
persone interessate alla religione e di non provocare reazioni negative, a costo di mantenere una certa ambiguità, per cui si manteneva un’apparenza di rispetto nella forma, mentre si mancava
di rispetto alle credenze nelle questioni di fondo. Nello stesso
tempo si puntava ad arrivare a un pubblico di massa con la strategia del silenzio e della suspence, proponendo la storia come un
mistero da svelare.
entertainment properties to mobile game market”, www.mobileindustry.biz, 18.10.05.
Ved. anche: Dean Takahashi, “Da Vinci Code heads to smallest screen: Kayak Interactive to make cell phone games timed for film release”, www.mercurynews.com,
18.10.05.
48
Nota di stampa, “Eurostar to spearhead The Da Vinci Code tourism compaign as it becomes film’s global partner”, www.eurostar.com, 09.01.06.
35
Parte I
2.3. Le reazioni intorno al film
Alcuni dati ci aiutano a inquadrare lo studio delle reazioni. Si
stima che negli Stati Uniti il CDV abbia venduto 33,3 milioni di
biglietti di ingresso al cinema. È una cifra rilevante, anche se non
arriva neppure alla metà di un altro grande lancio di Sony, Spider-Man 2, che nel 2002 aveva venduto 69,5 milioni di biglietti49.
Siamo comunque intorno alle decine di milioni di spettatori a
livello mondiale.
Come si può valutare la reazione di questi spettatori? Non
sembra arrischiato dire che la maggioranza ha visto soltanto
un’avventura; altri hanno reagito in maniera diversa al carattere
chiaramente offensivo del film.
Nacquero infatti alcuni movimenti che invitavano al boicottaggio, come TFP50, un ente che si proponeva di organizzare
1.000 proteste contro il film51 (alla fine è riuscito a suscitarne più
di 2.000 solo negli Stati Uniti). Tuttavia, in genere, negli ambienti cristiani la tentazione del boicottaggio piano piano aveva ceduto
il passo a libri e sessioni informative sul cristianesimo, come segnalava la Associated Press del 10 maggio 200652. Gli organizzatori
di queste sessioni pensavano che fare proteste rumorose avrebbe
potuto fare pubblicità a un film che non aveva ancora assicurato il
successo. Peraltro su questo punto non tutti furono d’accordo.
Il 15 aprile 2006 nella Basilica di San Pietro, durante la predica del Venerdì Santo alla presenza del Papa, il Predicatore della
Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, si pronunciò contro il libro e contro il film, senza nominarli. Cantalamessa affermò che milioni di persone erano indotte “da abili manipolatori di
antiche leggende a credere che Gesù, in realtà, non sia mai stato
crocifisso”. Nel contesto della liturgia di quel giorno disse che
49
html.
Ved. i dati completi su http:home.earthlink.net/~mrob/pub/movies/topadj.
“Da Vinci Protest Gather Steam”, www.carholicmatch.com, maggio 2006.
Ved.: www.tpf.org/davincicode.
52
Cfr. Richard N. Ostling, “Da Vinci Code Boycott Sidestepped in U.S.”, Associated Press, 10.05.06.
50
51
36
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
“Cristo continua a essere venduto, non più ai capi del Sinedrio
per trenta denari, ma a editori e librai per migliaia di milioni di
denari. Nessuno riuscirà a frenare questa ondata speculativa, che
crescerà con l’uscita imminente di un certo film”53.
Pochi giorni dopo monsignor Angelo Amato, della Congregazione per la Dottrina della Fede, mise in evidenza l’offesa alla
verità rivelata che il film rappresentava e fece un richiamo alla
responsabilità in occasione degli attacchi alla religione54.
Il giornale Avvenire, edito dalla Conferenza Episcopale Italiana, il 4 maggio 2006 affermava che era possibile boicottare il
film “in nome della tolleranza”55. Il vicariato di Roma aveva anche sollecitato la rimozione di un cartello pubblicitario del film
collocato sulla facciata della chiesa di San Pantaleone, in fase di
restauro nel centrale Corso Vittorio56. Negli ambienti ecclesiastici la preoccupazione era evidente.
Altri adottarono un atteggiamento diametralmente opposto.
Così successe con Richard J. Mouw, che dirige il Fuller Theological Seminary a Pasadena e che era intervenuto nel Da Vinci
Challenge, il sito web promosso da Sony. Persone come lui pensavano che, anche se il libro conteneva deformazioni importanti,
“la buona notizia è che molte persone stanno parlando di Gesù”.
Bisogna dire che molti ritennero questa diagnosi, oltre che ottimistica, decisamente ingenua.
Un crescendo di voci
Le critiche arrivavano da numerosi settori cristiani, non solo
cattolici. Rowan Williams, l’arcivescovo anglicano di Canterbury,
53
Cfr. Juan Lara, “El Vaticano ataca al ‘Codigo da Vinci’ y demas ‘manipuladores’ de la verdad”, Agencia Efe, 15.04.06.
54
Cfr. in: Direzione strategica della Comunicazione nella Chiesa. Nuove sfide, nuove
proposte, Edusc, Roma 2007, pagg. 105-121.
55
Francesco Ognibene, “La libertà di sottrarsi alla gigantesca impostura”, Avvenire, 04.05.06. Cfr. Orazio La Rocca, “E la Chiesa disse ‘boicottatelo’”, La Repubblica,
05.05.06.
56
Cfr. Marco Tosatti, “Il Vaticano: boicottate il Codice da Vinci”, La Stampa,
29.04.06.
37
Parte I
dedicò il suo sermone di Pasqua del 2006 a criticare l’opera di
Brown, che secondo lui rendeva “automaticamente sospetta”57 la
storia del cristianesimo.
Mikhail Dudko, portavoce del patriarcato di Mosca della
Chiesa Ortodossa Russa, pubblicò un comunicato il 1° marzo
2006 dal titolo “La Chiesa Ortodossa Russa contraria alla proiezione del Codice da Vinci”58.
Anche Ted Baehr, uno dei leader evangelici in tema di comunicazioni, scrisse su World, rivista evangelica degli Stati Uniti59. Il 21 aprile 2006 Jean Torkelson, sul Rocky Mountain News,
di Denver, parlava dell’alleanza tra cattolici e protestanti per
confutare le tesi del film60. Il 22 aprile 2006 il Sydney Morning
Herald rispecchiava lo stesso clima di unanimità in Australia, tra
cattolici, anglicani e battisti, fra gli altri61.
Le lamentele andavano ben oltre l’ambito cristiano. Il 5
maggio 2006 David Klinghoffer spiegò i pericoli che il Codice
rappresentava anche per gli ebrei62: “come ebrei non ci sta bene
che la cultura in cui viviamo susciti fantasie e inganni a spese di
una religione che non è di moda. Il successo del libro di Brown,
ora trasformato in ‘blockbuster’ cinematografico, è veramente
una brutta notizia”. Brown presenta la religione come una cospirazione e “gli anti-semiti fanno lo stesso” perché “creano una
storia sul giudaismo piena di menzogne e cospirazioni”, e questo
poi ha una serie di conseguenze.
57
Cfr. John J. Miller, “Seeking Truth at the Movies”, Wall Street Journal,
28.04.06.
58
Cfr. “Russian Orthodox Church Against Screening Da Vinci Code”, RIA
Novosti, 01.03.06.
59
Cfr. “Ted Baehr, “Da Vinci Code: Compromising with evil”, Movieguide,
01.03.06.
60
Cfr. Jean Torkelson, “Churches target Da Vinci. Catholics, Protestants join to
rebut claims of upcoming movie”, Rocky Mountain News, 21.04.06.
61
Cfr. Linda Morris, “Read the book? Now go to the religious service”, The
Sydney Morning Herald, 22.04.06.
62
Cfr. David Klinghoffer, “Why Jews Should Worry About The Da Vinci
Code”, The Jewish Week, 05.05.06.
38
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
Il 24 maggio di quell’anno un altro influente intellettuale
ebreo, Bernard-Henri Lévy, si dichiarava contrario al CDV in
un articolo che aveva il significativo titolo di “Ebreo e agnostico,
ma contro il Codice sto con la Chiesa”63.
Fu in Asia che la reazione dei gruppi religiosi rischiò di mandare a monte la prima proiezione del film64. È assai significativo che questo sia accaduto in un contesto nel quale, anche se i
cristiani sono una minoranza, tutti sanno molto bene quanto sia
importante il rispetto delle credenze per una convivenza pacifica
tra i cittadini.
In India, un paese a maggioranza indù con solo diciotto milioni di cattolici, il governo, a causa delle lamentele, rimandò
provvisoriamente la prima del film. Nella Corea del Sud, che ha
tredici milioni di protestanti e 4,6 milioni di cattolici, un tribunale respinse la richiesta di impedire la proiezione. Il consiglio
cristiano della Corea, un’alleanza di 63 denominazioni protestanti, dichiarò di rispettare la decisione del giudice, però manifestò anche il desiderio di boicottare il film perché si rendeva
conto che macchiava la santità di Gesù e distorceva i fatti.
In Tailandia, la Sony dovette ricorrere in appello contro una
decisione governativa che eliminava gli ultimi dieci minuti della
pellicola, dopo di che alcuni leader religiosi dichiararono che il
suo contenuto era insultante. Nelle Filippine il film fu approvato,
ma con la qualifica di “autorizzato solo per adulti”. Il Consiglio Nazionale delle Chiese di Singapore, paese a maggioranza
musulmana, che aveva sollecitato la proibizione di proiettare il
film, iniziò un programma di sessioni informative per confutare
diversi aspetti della trama. Le autorità competenti autorizzarono
la proiezione solo per chi aveva superato i 16 anni perché “solo un
pubblico maturo può essere capace di discernere e differenziare
finzione e realtà”.
63
Cfr. Bernard-Henri Lévy, “Ebreo e agnostico, ma contro il Codice sto con la
Chiesa”, Corriere della Sera, 24.05.06.
64
Cfr. “Bans, protests, boicots. Protest was brewing in several countries”, CNN,
18.05.06.
39
Parte I
Tra gli offesi c’erano anche gli albini, rappresentati nel libro
e nel film dal “cattivo”, un monaco albino assassino. La loro organizzazione nazionale statunitense segnalò, attraverso il portavoce Michael McGowan, che il CDV era il film numero 68 dal
1960 in poi interpretato da un albino malvagio, e che questo era
intollerabile65.
La reazione dei cattolici
Come era successo prima con il libro, diverse organizzazioni si allearono per far conoscere la risposta al CDV: “Catholic
Exchange sta coordinando gli sforzi per pubblicare un libro ponderoso dal punto di vista culturale e si propone di unire le proprie
forze con quelle di altri gruppi cattolici come Ascension Press,
Catholic League, Human Life International e altri”66. Gli sforzi
includevano le apparizioni in programmi e altri mezzi di comunicazione con ascolti milionari come Today Show, Inside edition,
CNN e MSNBC.
Il “Da Vinci Code Response Group” britannico si presentò al
pubblico il 5 maggio 2006 e, dopo aver dimostrato attraverso un
sondaggio l’impatto che le idee diffuse dal CDV stavano esercitando nell’opinione pubblica, si mise a disposizione dei mezzi di
comunicazione per commentare il film dal punto di vista cattolico, anche se non si trattava di un organismo ufficiale della Chiesa. Austen Ivereigh, direttore delle comunicazioni del cardinale
arcivescovo di Westminster, era il coordinatore del gruppo, del
quale facevano parte altre dieci persone: un abate benedettino,
due sacerdoti, teologi e professori universitari e altri esperti della
comunicazione.
Il “Da Vinci Code Response Group” apparve con un comunicato dal titolo “Let fiction be fiction”, in cui si spiegava che “il
gruppo si è formato perché il CDV è una fiction mascherata da
65
Cfr. “Bans, protests, boicots. Protest was brewing in several countries”, CNN,
18.05.06.
66
Cfr. Mary Kochan, “Catholic Response to the Da Vinci Code is Building”,
Catholic Exchange.
40
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
realtà. Crediamo che sia divertente e innocuo nella misura in cui
sia considerato una fiction. Non crediamo in condanne, boicottaggi o proteste”. Tuttavia – proseguivano – l’inganno del Codice
“può essere rafforzato dal film, perché le immagini sono molto
più potenti delle parole”, e dichiaravano che se la Sony avesse
inserito un’avvertenza sul carattere fittizio dei contenuti del film
sarebbero stati soddisfatti. Dopo aver elencato alcuni errori di
Dan Brown, consigliavano: “il nostro primo messaggio a quelli
che pensano di vedere il film è: si divertano, ma non credano”.
Concludevano affermando che “la storia del vero Gesù è molto
più attraente del vangelo secondo Dan Browm”67.
La risposta istituzionale
La Chiesa Cattolica reagì istituzionalmente attraverso comunicati e dichiarazioni in tutto il mondo. Qui menzioneremo
alcuni pronunciamenti dell’episcopato (in particolare, delle conferenze episcopali), che furono più numerosi in Asia e in America. Vi furono molte altre dichiarazioni di vescovi, ma qui si
citano soprattutto quelle che riflettono la posizione dell’intero
episcopato di un Paese. Si tratta di commenti che hanno varie
caratteristiche in comune: richiamano al rispetto delle credenze,
mettono in evidenza le deformazioni storiche presenti nel film,
considerano la situazione come un’occasione per insegnare e cercare l’alleanza con i credenti di tutte le confessioni.
La maggior parte delle reazioni al film si produssero durante
il 2006. La “Catholic Communication Campaign” della conferenza episcopale statunitense comunicò l’8 marzo l’inaugurazione
del sito web “Jesus decoded”68, con l’obiettivo esplicito di “dare
informazioni corrette sulla vita di Gesù, sull’origine del cristianesimo e sull’insegnamento cattolico per rispondere alle affermazioni che si fanno nel best-seller Codice da Vinci”69. Nello
67
Cfr. “Let fiction be fiction”, Statement by Da Vinci Code Response Group,
05.05.06.
68
Ved.: www.jesusdecoded.com.
69
Cfr. “Jesús Decoded site launched to counter claims in Da Vinci Code”, Cath-
41
Parte I
stesso mese la conferenza episcopale statunitense pubblicò anche
un opuscolo di sedici pagine intitolato “The Authentic Jesus” e
annunciò il documentario di un’ora “Jesus decoded”, preparato
per essere trasmesso dalle stazioni affiliate alla catena NBC nella
terza settimana di maggio. Dopo l’annuncio dell’episcopato statunitense, le reazioni si susseguirono in tutto il mondo.
Il 30 marzo si pronunciò l’episcopato del Messico, che invitava “a lavorare insieme con altri credenti” a causa di “una nuova
manifestazione di intolleranza contro coloro che hanno una visione religiosa del mondo”70. Azioni analoghe ebbero per protagoniste, fra le altre, le conferenze episcopali di Brasile71, Ecuador72, Perù73, Repubblica Ceca74, Filippine75 e Costarica76.
olic News Service, 08.03.06.
70
Cfr. “La Iglesia ante el Código da Vinci”, Conferenza Episcopale Messicana,
30.03.06.
71
La Conferenza Episcopale del Brasile, attraverso il suo presidente, il cardinale
Geraldo Majilla Agnelo, affermò che “è deplorevole che il romanzo, in una veste pseudo-scientifica, tratti in maniera leggera e irrispettosa le convinzioni più sacre dei cristiani”. Ved.: ”Escarecimientos sobre o Código da Vinci”, Cardinale Geraldo Majilla
Agnelo, Arcivescovo di Sâo Salvador da Bahia, Presidente della CNBB, 10.04.06.
72
Il 28 aprile fu pubblicata una lunga dichiarazione dei vescovi del Paese “vista
la mancanza di rispetto alla coscienza religiosa degli ecuadoriani – nella gran maggioranza cristiani e cattolici –, e la disinformazione che la società ha subito”. Cfr. “Declaración de los obispos de Ecuador”, Mons. Néstor Herrera, vescovo di Machala,
Presidente della Conferenza Episcopale Ecuadoriana, Quito, 28.04.06.
73
Il 5 maggio i vescovi del Perù vollero rivolgere una loro riflessione a “cattolici,
cristiani, musulmani ed ebrei, oltre che agli intellettuali non credenti che si sentano
offesi dai numerosi errori storici e artistico-culturali, creati con l’unica finalità di originare grandi ricavi lucrativi”. Conferenza Episcopale Peruviana, Lima, 05.05.06.
74
L’8 maggio il portavoce della Conferenza Episcopale Ceca, Martin Horálek,
aggiunse la sua alle altre dichiarazioni pubbliche affermando a Praga che Dan Brown,
per farsi pubblicità, ingiuriava i simboli cristiani più importanti (Conferenza Episcopale Ceca, ACI, Praga, 08.05.06).
75
La Conferenza Episcopale delle Filippine pubblicò un comunicato il 10 maggio, nel tentativo di chiarire le preoccupazioni del pubblico, perché “non si può negare
che la fiction definisce l’immaginazione, risveglia emozioni e forma associazioni mentali”. Il comunicato includeva una guida per rispondere alle affermazioni del romanzo
di Dan Brown.
76
In Costarica la Chiesa comunicò il 12 maggio che non avrebbe boicottato il
film, però avvertiva il pubblico che i suoi contenuti erano falsi, iniziando così una campagna informativa sull’inconsistenza storica del film, in modo da mettere “sull’avviso
42
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
L’11 maggio la Conferenza Episcopale dell’India affermò
che “le persone di buona volontà devono rispettare dovunque la
fede della comunità cristiana”. Immediatamente nel Paese la situazione si trasformò in un incubo per l’agenzia distributrice77.
In questo clima un gruppo di leader cristiani videro il film il 17
maggio, rispondendo a un invito del ministro dell’Informazione
e Radiodiffusione, Priyaranjan Dasmunshi. Dopo la proiezione
dichiararono che la storia “era inaccettabile”78, sollecitando nello
stesso tempo che fosse esibito un avviso dal significato inequivocabile sul fatto che i contenuti del film erano fiction, dunque
un disclaimer, di una durata minima di 15 secondi. In questa dichiarazione congiunta i leaders cristiani comunicavano che “la
comunità cristiana si pronuncia a favore della libertà di fede e di
espressione, nonché del dovere di rispettare la inviolabilità di ciò
che è sacro”.
2.4. Alcune ombre sul successo della Sony
Nel mercato della comunicazione non vi sono successi o insuccessi assoluti, perché in esso confluiscono realtà verificabili e
non. Secondo alcuni dati, si può affermare che il film è stato un
successo mondiale di cassetta, ma le critiche ricevute sono state
quasi universalmente negative fin dalla presentazione a Cannes.
i fedeli” prima del suo lancio (Mons. Hugo Barrantes, arcivescovo di San José, Costa
Rica, 12.05.06.
77
Il 12 maggio l’arcivescovo di Goa, Filipe Neri Ferrao, invitò i cattolici ad
astenersi dal vedere il film e precisò che “ogni autore o cineasta sa che il modo più
sicuro di far denaro è diffondere qualche argomento che generi controversie e divisioni
tra le persone”. Il cardinale Vithaythil, del Kerala, la zona dell’India che ha più fedeli
cattolici, diffuse un altro comunicato il 13 maggio. Vithaythil deprecava lo sforzo fatto
“per distorcere la storia” e diceva che “il romanzo ha già creato molta confusione e dolore alle persone che credono e onorano Gesù Cristo. Il secolarismo dell’India rispetta
tutte le religioni senza mostrare un favore indebito a nessuna di esse. In un Paese come
questo, sarebbe veramente deplorevole che si proiettasse un film di questa natura”.
Terminava la sua dichiarazione dicendosi fiducioso che le autorità mai ne avrebbero
permesso la proiezione in India.
78
Cfr. “Christian Leaders Declare da Vinci Code’s Storyline Unacceptable, Request for Bold and Lingering Disclaimer As Fiction”, New Delhi, 18.05.06.
43
Parte I
Per esempio, il 21 maggio il quotidiano di Barcellona, La
Vanguardia, intitolava “Codice avariato” la sua critica al libro e
al film: “un romanzo molto mediocre trasformato in supervendita planetaria e un film ancora più mediocre che monopolizza
il cartellone cinematografico”79. Affermazioni di questo tipo diventano abituali nei mezzi di comunicazione di prestigio in tutto
il mondo: New York Times80, CNN81 o Gazeta Wyborcza82. Il New
Yorker riassumeva: “due ore e mezzo di sofferenza”83.
“Il considerevole talento degli attori nel film si disperde” e
“la struttura stessa della trama e i suoi cambiamenti repentini
sembrano sciocchi, arbitrari e assolutamente artificiali”, scriveva
Michael Medved, un popolare critico cinematografico. Per Hollywood Reporter, una pubblicazione influente nell’industria del
cine, il film è un “puzzle gonfiato e poco maneggevole”84. Anche
fonti abituali di consultazione in fatto di critica cinematografica
come Rotten Tomatoes riferiscono di una bassa valutazione sia da
parte degli esperti che degli spettatori85. Lo stesso direttore, Ron
Howard, riconobbe a MSNBC che le recensioni in maggioranza
negative erano per lui “frustranti”86.
Queste reazioni possono confermare che i risultati, siano essi
positivi o negativi, non si rispecchiano mai solo nei numeri. La
difficile valutazione di ciò che è intangibile riguarda le persone
e le loro opinioni. Che valore si può dare al rigetto della critica,
ancora di più se è quella di Cannes?
La spettacolare campagna di marketing e i grandi investimenti fecero sì che il pubblico considerasse il film come “irriCfr. “Código averiado”, La Vanguardia, 21.05.06.
Cfr. “A Code That Takes Longer to Watch Than Read”, The New York Times,
17.05.06.
81
Cfr. “Early Viewers Pan ‘Da Vinci Code’ Film Release”, CNN, 17.05.06.
82
Cfr. “Los spin doctors de Sony empiezan a tener problemas”, Gazeta Wyborcza, Varsavia, 17.05.06.
83
Cfr. Anthony Lane, “Heaven can wait”, The New Yorker, 29.05.06.
84
Cfr. “Early Viewers Pan ‘Da Vinci Code’ Film Release”, CNN, 17.05.06.
85
Ved.: www.rottentomatoes.com/m/da_vinci_code/
86
Ved.: www.msnbc.msn.com/id/12861318/
79
80
44
Un fenomeno di marketing e di comunicazione
nunciabile” e accorresse a vederlo in gran numero. I risultati del
botteghino sono stati di oltre 758 milioni di dollari lordi incassati
dalla prima fino a che il film scomparve dagli schermi; il 71,3%
degli incassi fu ottenuto fuori degli Stati Uniti. Da questa cifra
bisogna dedurre gli ingenti costi di produzione, marketing e distribuzione.
Non c’è dubbio che il film ebbe una partenza straordinaria:
224 milioni di dollari nel primo fine settimana, dei quali 77 negli Stati Uniti. A livello mondiale fu il secondo film in quanto
a risultati al botteghino nel 2006, e il quarto negli Stati Uniti.
Questi risultati, in parte, sono dovuti a una buona strategia di distribuzione: benché ciò abbia comportato un costo elevato, dato
il numero di copie occorrenti, il film uscì simultaneamente in un
gran numero di sale (per esempio, la metà di quelle esistenti in
Spagna o in Italia), sicché raccolse l’onda di curiosità dei lettori
del romanzo e riuscì a ridurre al minimo l’impatto delle critiche
negative e della risposta poco entusiasta degli spettatori.
Il fatto è che nella classifica degli incassi di tutti i tempi, il
film si colloca in un posto di rilievo: alla data odierna, al numero 2487. Malgrado questo risultato, l’insoddisfazione che si creò
intorno al suo debutto contribuì a fare in modo che il suo effetto
durasse poco tempo e che le vendite successive in DVD non siano state quelle immaginate dalla Sony.
La lezione per il marketing appare chiara: le vendite (al cinema, il risultato al botteghino) non possono giustificare tutto.
Anche il prestigio di eminenti professionisti della settima arte
con un curriculum pieno di successi, come Tom Hanks, Paul Bettany, il regista Ron Howard e lo sceneggiatore Akiva Goldsman
può risultare intaccato.
Quando si avvicinava il lancio del film la situazione economica della Sony era eccellente. L’utile netto della compagnia
giapponese nell’anno fiscale 2005 era stato di 1,1 bilioni di dollari. I risultati che presentava il CEO Howard Stringer erano
87
Dati di gennaio 2008.
45
Parte I
buoni; però Stringer “doveva superare ancora due sfide: restaurare l’immagine di marca della Sony e riprodurre i successi che
avevano fatto grande la compagnia”88. Perciò si trattava di creare
“champion products”.
Gli investimenti furono ingenti. “La Sony non ha paura”89
come intitolava il Corriere della Sera. Michael Layton, presidente della Sony Pictures Entertainment, in una intervista concessa
durante il festival di Cannes e pubblicata il 19 maggio, dichiarava
di essere tranquillo. Era certo di guadagnare molto denaro con
il CDV; ma se così non fosse stato, erano in programma altre
occasioni, altre “prime” in quell’anno90. Insomma, si sperava che
il CDV fosse un “blockbuster”.
Se i risultati economici del film non furono del tutto negativi,
le conseguenze sulla reputazione della compagnia sono ancora da
calcolare. Infatti il marketing e le vendite non sono tutto. Dopo
la controversia del CDV, Sony aveva nuovi “champion products”,
ma la sua immagine non si era fortificata. E le cifre, come fu dimostrato poco dopo, sono mutevoli. Nel 2006 Sony ha perduto
400 milioni di dollari a causa di un problema nella fabbricazione
delle batterie, che si riscaldavano pericolosamente.
Cfr. Martin Fackler, “Sony’s chief delivers strong first results”, International
Herald Tribune, 28.04.06, 11.
89
Cfr. Giancarlo Radice, “Film venduti via web? La Sony non ha paura”, Corriere della Sera, 19.05.06.
90
Cfr. Ibidem.
88
46
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